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Full text of "Storia delle arti del disegno presso gli antichi"

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STORIA 

DELLE 

ARTI  DEL  DISEGNO 


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STORIA 

delle 

ARTI  DEL  DISEGNO 

PRESSO  GLI  ANTICHI 

D  I 


GIOVANNI  WINKELMANN 


Tradotta  dal  Tedefco 

E  IN  QUESTA  EDIZIONE  CORRETTA  E  AUMENTATA 
DALL’  ABATE 

CARLO  Fi  A  ■ 

GIURECONSULTO 


TOMO  SECONDO . 


IN  ROMA 

DALLA  STAMPERIA  PAGL1ARINI 
MDCCLXXXIII. 

eox  Lieta  za  d t  s v e  sui  ori . 


Curri  in  omni  genere  ,  tura  in  hoc  ipfo  y  magna  quee- 
dam  eft  vis  ,  incredibilifque  naturce  .  Omnes  enim 
tacito  quodam  fenfu  ,  fine  ulta  arte  ,  aut  ratione , 
quee  fiint  in  artibus  3  ac  rationibus  recla ,  ac  prava 
dijudicant . 

Cicero  De  Orau  lib.  ni.  cap.  jo.  n.  jpf. 


STORIA 


DELLE  ARTI  DEL  DISEGNO  PRESSO  GLI  ANTICHI. 


LIBRO  SETTIMO. 

Meccanismo  della  Scultura  predo  i  Greci  , 
e  loro  Pittura . 

Capo  I. 

Maniera  een  cui  i  greci  artijli  lavorarono  -  Modelli  in  creta  .  .  . 
t  lavori  in  gefso  —  Piccoli  intagli  rilevati  in  avorio  ,  in  argento  , 
t  in  bronzo  —  Lavoro  delle  Jìatue  in  marmo  .  .  -.  abbozzo  .  . .  e  ul¬ 
tima  mano  —  Sculture  in  marmo  nero  .  .  .  in  alabajìro  ...  in  ba- 
falte  .  .  .  e  in  porfido  —  BaJJì-rilievi  —  Figure  rejlaurate  —  Gem¬ 
me  ..  .  maniera  d' inciderle  .  . ,  notizia  delle  più  pregevoli ...  sì 
incife  ...  che  in  rilievo  . 

.Abbiamo  ne  Libri  antecedenti  efamìnata  ,  a  così  dire  ,  la 
teoria  delle  Arti  del  Difegno  predo  i  Greci  ;  e  in  quello  ne 
confidereremo  la  pratica  ,  cioè  il  meccanifmo  con  cui  eflì 

lavo- 


LIB.  VII. 

CAP.  I. 

Maniera  con 
cui  i  greci  ar¬ 
ti  (li  lavoraro¬ 
no  . 


Modelli  in 
creta  . ,  t 


6  Meccanismo  della  Scultura 

lavoravano .  Della  Tenitura  parleremo  principalmente  ,  e  da¬ 
remo  pofeia  un’idea  della  loro  pittura. 

jf.  i.  Prendendo  il  nome  di  fcultura  in  un  fenfo  efte- 
fo  ,  comprendiamo  in  elio  anche  il  modellare,  l’ incidere, 
e’1  fondere  (i)  .  Si  modellò  la  creta  e’1  gelfo  ,  s’ intagliò 
l’avorio  e  ’l  legno  ,  fi  fcolpirono  i  faflì  di  varie  qualità  , 
s’ incinero  le  gemme,  e  fi  fufero  i  metalli.  Di  quelli  parle¬ 
remo  nel  Capo  feguente  .  Nulla  fi  dirà  de’ lavori  in  legno  , 
perchè  neffun’  opera  di  jquefta  materia  s’  è  fino  a  noi  con- 
fervata  (a)  . 

jf.  2.  Comincerò  dalla  creta  ,  che  naturalmente  dev’  ef- 
fere  fiata  la  prima  materia  adoperata  dagli  artifti  (b)  ,  e  ,  uni¬ 
tamente  al  geffo  ,  dev’avere  fervico  per  modellare  ,  come 
ferve  anche  oggidì  (c)  .  Che  fi  modellafte  collo  fiecco  lo 
dimofira  il  baffo-rilievo  in  marmo  d’Alcamene ,  con  elio  in 
mano  ,  efiftente  nella  villa  Albani  ,  del  quale  noi  diamo  la 
figura  a  principio  di  quello  Libro  (d)  .  Gli  artifti  però  fer- 
vianfi  anche  delle  dita  ,  e  particolarmente  delle  ugne  per 
lavorare  con  maggior  dilicatezza  alcune  parti  più  fine  .  A 
quell’  ufo  fi  riferifee  un  detto  del  famofo  Policleto  ,  fecon¬ 
do  cui  la  parte  più  difficile  dell’efecuzione  era  quando  la 
creta  attaccava!!  alle  ugne  ,  o  fra  l’ugna  e  la  carne  intro- 
mettevafì  :  "Otuv  ìv  opu%i  ó  7ni\à$  yivnmi  (a)  .  Quelle  parole 

non 


.(Ò  La  fcultura  nel  fenfo  fuo  rigorofo  e 
diretto  fi  rifecifce  ai  lavori  in  marmo  ,  chia¬ 
mandoli  p/ajiica  l'arte  di  far  le  figure  di  ter¬ 
ra  ,  ftatuaria  l'arte  di  gettarle  in  bronzo  ,  e 
intaglio  l’arte  di  farle  ni  legno  .  Aveano  tai 
nomi  anche  gli  antichi ,  come  fi  vede  preifo 
Plinio  lib.34..  cap.j.  J'ecì.i  6.  ,  e  l.qf.  cap.i  z. 

(a)  Ma  però  fe  ne  è  parlato  nel  Tomo!, 
pag.  2 s-  ejegg. 

(b)  Vedi  Tomo  1.  pag.zo.  c  fegg. 

(c)  Scrive  Plinio  l.  33.  c.  r 2.  feci.  44. ,  che 
dopo  Lififtrato  non  fi  lavorava  fiatila,  o  fimu- 
lacro,  che  non  fe  ne  facelfe  il  modello  in  creta. 

(d)  Prometeo  fi  vede  pure  collo  (lecco  in 
mano  ,  e  la  figura  Culle  ginocchia  in  un  baf¬ 
fo-rilievo  del  Mufeo  Capitolino  riportato  dal 


Battoli  Admir.  Antiq.  Roman .  Tab.  6j.  ,  dal 
Montfaucon  Antiquit.  Expl.  Tom.  I.  par.  il. 
pag.  24.. ,  e  ultimamente  da  Foggini  Mufeo 
Capito!.  Tom.  ll^.  Tao.  2/.  pag.i  1  g.  Si  vede 
anche  in  una  gemma  predo  il  Galeotti  Gem¬ 
ma  antiq.  l'ut.  &c.  Tab.  3.  n.  1 . e  prefio 
altri  . 

(u)  Plutarch.  Sympof.  lib.  2.  probi.  3.  oper. 
Tom.  il.  pag.  636.  C.  [  Plutarco  riporta  lo 
lldfo  detto  De  profeRu  in  vircut.  fent.  in  fi¬ 
ne  ,  pag.  SS.  princ.  :  Po/icleti  diclum  3  qui 
difficillimum  opus  trattare  eos  pronunciavit  , 
quibus  ad  unguem  lutum  pervenerit .  tTs  at 
*?t  «noe»  •  itfóiUTai  .  Non  pare  che 

voglia  dire  altro  in  a  nendue  i  luoghi  ,  fe  non 
che  la  parte  più  difficile  era  appunto  quando 


presso  i  Greci,  e  loro  Pittura.  7 

non  fono  fiate  finora  ben  intefe  dagl’interpreti,  eFrancefco 
Gìunio  (a)  che  traduce  :  cnm  ad  unguem  exigitur  lutum  ,  non 
ne  rende  il  vero  fenfo  .  11  verbo  cfvxiZiir  ,  o  ì%cr di¬ 
nota  qui  quegli  ultimi  tocchi  che  lo  {cultore  dava  coll’ugna 
al  Tuo  modello  ;  e  quello  chiamavafi  xlvvufiog  .  All’ufo  di 
finire  il  modello  coll’ ugna  fi  rapporta  pure  l’ efprelfione 
Oraziana  : 

.  .  ad  unguem 

Fattus  homo . (b) 

Perfeftum  decies  non  cafligauit  ad  unguem  (c)  ; 
come  all’ufo  di  adoperare  principalmente  il  pollice  nel  far 
figure  di  cera  fi  riferifcono  chiaramente  le  parole  di  Gio¬ 
venale  : 

Exi gite  ut  mores  teveros  ceti  pollice  ducat , 

%)t  Jì  quis  cera  <u  ultimi  facit . (d) 

jf.  3.  Un  chiaro  fcrittore,  il  conte  di  Caylus  ,  leggendo 
in  Diodoro  (e)  che  gli  ardili  egiziani  aveano  lavorato  fe¬ 
condo  un’efatta  norma  ,  laddove  i  greci  determinavano  a 
occhio  le  necefiarie  proporzioni ,  s’ è  argomentato  di  quindi 
conchiudere  ,  che  quelli  non  fi  valeflero  punto  di  modello 
pe’  loro  lavori  (a)  .  Ma  è  facil  cofa  il  dimofirargli  l’oppo- 
fio  ,  non  folo  co’ modelli  in  creta  anche  tuttora  efiftenti  di 
fiatue  ,  de’ quali  parlammo  nel  Libro  I.  Capo  il.  ;  ma  ezian¬ 
dio  con  una  gemma  del  mufeo  Stofchiano  (f)  ,  oye  rappre- 

fen- 


LIB.  VII. 
CAP.  !.. 


altro  non  rimaneva  a  fare  ,  che  dar  gli  ulti¬ 
mi  ritocchi  coll’ugna  ai  modelli  di  creta  ; 
lenza  cercare  fé  quella  s' intromettefle  all’u¬ 
lna  e  al  dito  :  il  che  più  facilmente  poteva 
luccedere  nel  maneggiare  la  creta  per  fare  il 
modello  ,  anziché  nel  ritoccarlo  quando  era 
già  quafi  finito.Peraltro  ficcome  oggidì  comu¬ 
nemente  non  fi  adopra  Pugna  a  tal  effetto,  po¬ 
trebbe  darli  anche  altra  (piegazione  al  paf- 
fo  di  Plutarco  ,  più  conforme  a  qualche  ma¬ 
niera  di  dire  ,  o  a  qualche  altra  ufanza  degli 
antichi  artifti  ,  che  noi  non  conofciamo  :  Co¬ 
me  ,  per  efempio  ,  che  il  modello  è  vicino  al¬ 
la  fua  perfezione ,  quando  l’artifta  è  giunto 


a  fare  anche  le  e  (fremita  ,  e  le  ugne  della 
figura  . 

(a)  Cara/.  Piclor.  in  P  olici.  p.  16S .  [Giu- 
nio  feguita  la  traduzione  di  Silandro  ,  e  de¬ 
gli  altri  . 

(b)  lìb.  r.  fierm.  6.  verf.  32. 

(ir)  De  arte  poet.  verf.  234. 

(et)  Sat.y.  verf.  237.  Confi.  Rutgerf.  Var. 
leB.  lib.  1 .  cap.  2.  pag.  8. 

(e)  lib.  1.  circa  fin. 

(a)  Vedi  Tomo  ì.pag.  120.  e  feg. 

(fi)  Deficript.  des  pierr.  grav.  au  Cab.  de 
Stofich  ,  cl.  3.  feci.  1.  n.  6.  pag.  31  /. 


8  Meccanismo  dexla  Scultura 

1  fentafì  Prometeo  che  prende  lè  mifure  della  l'uà  ftatua  col 
‘  filo  a  piombo ,  come  vedelì  nella  figura  che  noi  daremo  in 
appreflo  .  I  pittori  devon  avere  la  mifura  negli  occhi  ;  ma 
gli  (cultori  hanno  in  ogni  tempo  dovuto  adoperare  la  fqua- 
dra  ed  il  circolo  ,  anche  per  modellare ,  eflendo  quello  la¬ 
voro  una  preparazione  alla  (cultura . 

:èflb!av0riin  4‘  Formavanfi  anticamente  di  gefio  ,  oltre  i  model¬ 
li  (a)  ,  le  immagini  delle  divinità  pei  poveri  (a)  ;  e  forfè  di 
tal  materia  pur  furono  le  figure  de  più  celebri  uomini  ,  che 
Varrone  fpediva  da  Roma  in  altri  paefi  (i)  . 

jf.  5;.  Sono  pervenuti  fino  a  noi  alcuni  degli  antichi  baf¬ 
fi-rilievi  in  gefio ,  e  de’  bellifiìmi  fe  ne  fono  ritrovati  nelle 
volte  di  due  camere ,  e  d’un  bagno  predo  Baja  non  lungi  da 
Napoli  (b)  .  Ometto  i  bei  baflì-rilievi  ne’fepolcri  di  Poz- 
zuolo  ,  poiché  non  fono  di  gefio ,  ma  di  calcina  e  pozzo¬ 
lana  .  Quelli  lavori  quanto  più  fono  badi  „  tanto  più  dili- 
cati  apparifcono  e  belli  ;  ofiervafi  però  che  dar  volendo  gli 
artifti  a  que’  lavori  di  molto  baffo-rilievo  diverfe  e  varie  de¬ 
gradazioni  ,  fegnavano  con  un  più  profondo  contorno  ciò 
che  fui  fondo  piano  dovea  comparir  rilevato  .  Pertanto  deve 


(a)  Di  gefio  fi  facevano  anche  le  forme 
per  copiare  le  ftatue  fin  dai  tempi  anteriori 
a  Infiltrato  ,  Plin.  lib.q  y.  cap.i  2.  feci. 4.4.. 

(.a)  Prudent.  Apoth.verf.yz6.  [  Prudenzio 
parla  di  Giuliano  l’apoftata  ,  il  quale  foleva 
mettere  il  capo  fotto  una  (tatua  d'Apollo  in 
gcflo  per  venerazione  : 

Quin  &  Apollineo  frontem  fubmittere  gy- 
pso  . 

Degl'  idoli  di  gefio  ne  parla  anche  Arnobio 
Adv.  Gent.  lib.  6.  p.  zo  1.  Giovenale  Sat.  z. 
verf.4..  fa  menzione  delle  molte  figure  del  fi- 
lofofo  Crilìppo  ,  che  in  gefio  fi  facevano  ; 
-Paufania  lìb.g.  cap.32.  pag.yy q.  nomina  una 
(tatua  di  Bacco  di  tal  materia ,  e  dipinta  ;  e 
Plinio  lib. 36.  cap.zy.  feci. yq.  fcrive  ,  che  (è 
ne  facevano  figurine  ,  e  balli-rilievi  per  ador¬ 
nare  i  palazzi . 

(0  I  ritratti  degli  uomini  illuftri  pel  mon¬ 
do  fpediti  da  M.  Varrone  ,  fino  al  numero  di 
fcttecento  ,  non  dovettero  efier  fatti  in  gef- 
fo  ,  ma  dileguati  fulla  pergamena  con  uno  0 


con¬ 
più  colori.  Plinio  lib.  qy.  cap.  2.  feti.  2. ,  da 
cui  abbiamo  quefto  racconto  ,  parla  d'imma¬ 
gini  d’uomini ,  che  chiuderli  poteano  ,  e  che 
erano  inferite  ne’  codici  delle  opere  loro  .  Da 
quell’  efprefiìone  pliniana  infenis  volantini- 
bus  .  .  .  aliquo  modo  imaginibus  fi  può  argo¬ 
mentare  che  tali  copie  fodero  con  leggiera 
tinta  efeguice  .  {  Mi  pare  che  Plinio  dica, 
che  Varrone  inferiva  nelle  fue  opere  i  ritratti 
degli  uomini  illuftri ,  che  lodava  ,  o  de'  quali 
parlava  ,  non  già  nelle  opere  di  efiì .  Marcus 
V arre  benigniamo  invento  ,  infenis  volumi- 
num  fuorum  fecunditati  ,  non  nominibus  tan¬ 
tum  feptingentorum  illuftrium  ,  fed  &  aliquo 
modo  imaginibus  :  non  pajfus  intercidere  fi¬ 
gurai  ,  auc  vetufiatem  ivi  contro  homines 
valere  ,  inventar  muneris  edam  Diis  invi¬ 
diosi  ,  quando  ìmmortalitatem  non  folum  de¬ 
di  t  ,  verum  edam  in  omnes  terras  mifìt  ,  ut 
pnfentes  effe  ubìque  ,  &  Claudi  pojfent  . 

(b)  Quelti  ,  e  quell’altro  apprello  del  tem¬ 
pio  d' Iride  fono  di  ftucco  , 


presso  i  Greci  ,  e  loro  Pittura  .  9 

confiderarfi  come  una  rarità  il  baffo-rilievo  in  geffo  d’ una  =====■ 
cappelleria  nel  cortile  ,  detto  prtpljSoXaq  (a)  ,  del  tempio  LIB,vn' 
ù  Ifide  a  Pompeja  ,  rapprefentante  Andromeda  con  Perfeo  ,  s"lP‘1' 
in  cui  la  mano  dell’eroe,  che  tiene  la  tefla  di  Medufa ,  fu 
fatta  interamente  fiaccata  dal  muro  :  effa  è  caduta  ,  ma  fi 
vede  il  luogo  dove  fporgeva,  e  v’è  tuttora  il  ferro  necef- 
fario  per  foflenerla  (a)  . 

jf.  6.  Si  lavorò  anticamente  pur  molto  in  avorio  (b)  ;  e  piccoli  mta- 
tutto  ciò  che  in  effo  ,  o  in  argento  ,  o  in  bronzo  intagiia-Jvorìo™1  l* 
vafi  ,  venia  detto  toreutice  (c)  ;  intorno  alla  qual  voce  mal 
s’appongono  sì  i  moderni  che  gli  antichi  interpreti  ,  dan¬ 
dole  il  lignificato  di  un  lavoro  fatto  al  torno  .  Le  parole 
7rp9i/r/x»  ,  rofitvft*  ,  tonnina  ( b )  ,  mpi vms  ,  e  vrp ivvìt;  tifate  ove 
fi  tratta  de’  mentovati  lavori ,  e  degli  artefici  che  vi  fi  oc¬ 
cupavano  ,  non  derivano  già  da  Wpvos  (  torno  ,  noto  flro- 
mento- de’ tornitori  ) ,  a  cui  non  fi  può  riferire  neffuno  dei 


palli  addotti  da  Enrico  Stefano  ,  come  offervò  egli  medefi- 
rao  ;  ma  hanno  la  loro  radice  nel  vocabolo  npog  ,  che  li¬ 
gnifica  chiaro  ,  e  propriamente  fi  ufa  come  epiteto  d’una 
Tom.  II.  B  voce 


(ù)  PauH  Gl.  2.  cap.  27.  pag.  iyz. ,  c.  29. 
pag.  179.  Un.  j.  ,  cap.  32.  pag.18 6.  Un. 28 
cap.34.pag.193.lin.17. 

(a)  Qui  h  può  aggiugnere ,  che  gli  anti¬ 
chi  lavoravano  anche  di  fmalto  ,  facendone 
de’  baffi-rilievi ,  telte  ,  e  figure  co’  fuoi  colori 
in  tutte  le  patti  Amili  a’  naturali ,  come  of- 
ferva  il  Buonarruoti  O'fferva 3.  iftor.  fopra  ale. 
medagl.  prefa^.  pag.  XVII.  con  una  te  lì  a  di 
Fauno  ,  e  un'altra  d'un  Sileno  -,  e  pag.  XX. 

(b)  Ved.  Tom.  1.  pag.  27.  e  fegg. 

(c)  Fidìa  ,  al  dire  di  Plinio  lib.  34.  cap.  8. 
feci.  19.  %.  /-  fu  il  primo  che  fece  di  tali  lavo¬ 
ri  con  buon  fucceflo  ,  e  poi  vi  riufeì  a  perfe¬ 
zione  Policleto  ,  §.  2.  :  Primus  (  Phidias  ) 
artem  toreuticen  aperuijfe  ,  atque  demonf  ruf¬ 
fe  merito  judkatur  .  A  2.  :  Judicatur  (  Poli- 
cletus  )  toreuticen  fic  erudiJTe  ,  ut  Phidias  de- 
monflraff'e  ..  Così  credo,  che  polla  fp legarli 
OficW aperuiffe ,  atque  demon  (truffe  :  Vuol  dire 
Plinio  ,  che  Fidia  aveva  introdotto  l'ufo  più 
frequente  di  quei  lavori  (  come  pare  che 
polla  arguirli  dai  tanti  artifti  ,  che  probabil¬ 
mente  tutti  viflero  dopo  di  lui ,  e  vi  fi  refero 


celebri  ,  per  atteftato  dello  Hello  /.  3  3.  c.  12. 
feci,  ss-  ,  fib.  34.  cap. 8 .  feci. 1 9.  $.  2 /.  ne 
aveva  facilitata  l'arte  ,  e  vi  fi  era  refo  famolb 
per  gli  ornamenti  fatti  al  Giove  olimpico, 
come  fcrive  Io  Hello  nel  lib.  36.  cap.  sfeci.  4. 
§.  4.  Nè  fo  accordarmi  al  fìgnor  Falconet , 
che  nelle  fue  Notes  fur  troia  li-or.  de  Fluir 
l’anc.  liv.  34.  chap.  8.  pag.  80.  81.  (Euvr.. 
Tom.ul.  fa  dire -a  quefio  Icrittore,  che  Fidi* 
il  primo  abbia  feoperto  ,  e  infegnato  l'arte  di 
far  baffi-rilievi  in  metalli ,  per  poi  convincerlo 
di  errore  coll'autorità  di  Anacreonte  ,  che 
viffie  quali  cent'anni  prima  di  Fidia  ,  e  ne 
parla  nelle  fue  Odi  17.  18.  c  51.  ;  cotl’efem- 
pio  dell'arca  di  Cipfelo  deferitta  da  Paufania 
lib. 4.  cap. 17.  pag. 419.  ,  e  fegg.  ;  e  degli  altri 
fatti  da  Batticle  ,  di  cui  parla  quello  medefimo 
autore  lib. 3.  cap.  1 8.  pag.  2  ss-  >  non  dicendo 
per  altro  l’età  ,  in  cui  vivelle  .  Il  noflro  Au¬ 
tore  ,  che  nella  prima  edizione  di  quefia  fio¬ 
ria  era  caduto  nello  Hello  errore  ,  che  in  que¬ 
fia  feconda  rimprovera  agli  altri  ,  avea  prefo 
per  lavori  fatti  al  tomo  quelli  di  Fidia  . 

(6)  Virg.  Cui.  verf.  66. 


IO 


Meccanismo  della  Scultura 

T‘  "  ~~  11  •"  voce  chiara  e  ben  diftinta  (a)  .  Sembra  pertanro  che  la  pa- 
lib.vji.  ro]a 

7 vpH>Tix.ìì  fia  Hata  ufata  per  indicare  un  lavoro  a  rilie— 
CAP-I‘  vo  ,  differente  dal  lavoro  incavato  delle  gemme  ,  che  di- 
ceafì  àtayhvQov  ;  onde  lì  chiamava  propriamente  un 

intaglio  a  figure  rilevate ,  e  perciò  ben  difcernibili  e  chia¬ 
re  ,  nel  qual  fenfo  ha  qualche  analogia  col  lignificato  della 
voce  Tc'pos  (*)  .  E  poiché  queft’arte  occupava!!  principalmen¬ 
te  in  piccole  cofe  ,  e  minuti  fregi  ,  perciò  Plutarco  ,  par¬ 
lando  d’Aleffandro  ,  terzo  figlio  di  Perfeo  ultimo  re  de’ Ma¬ 
cedoni  (a)  ,  il  quale  per  tai  lavori  erafi  fatto  celebre  in 
Roma  ,  unì  la  voce  mpii 'tip  con  ,  cioè  lavorare 

in  cofe  minute  . 

jf.  7.  Alcone  di  Mila  in  Sicilia  doverebbe  riputarli  il 
primo  ardila  di  quella  maniera  ,  ie  potefiimo  prellar  fede 
ad  Ovidio  (b) ,  il  quale  lo  fa  anteriore  alla  guerra  di  Troja, 
ove  rammentando  i  doni  fatti  da  Anio  re  di  Deio  ad  Enea, 
parla  d’una  tazza,  lavoro  di  quell’artifta ,  e  annovera  colo¬ 
ro  che  dianzi  aveanla  pofleduta  .  Ma  qui  il  poeta  cade  in 
un  manifello  anacronifmo  ;  poiché  Mila  fu  edificata  alcuni 
fecoli  dopo  l’incendio  di  Troja,  come  fi  può  vedere  nella 
Sicilia  del  Cluverio  ;  febbene  nè  quelli  nè  i  commentatori 
d’ Ovidio  ne  abbiano  offervato  l’errore  (c)  . 

(tatue  in  màr- '  ^CLl^l,ra  in  falTb  fu  principalmente  efercitata  fu 

mo  i  marmi  (1)  ,  e  talora  eziandio  fu  più  dure  pietre  ,  quali 

fono  il  bafalte  e’1  porfido. 

$■  9.  La 


(a)  Non  può  pero  dirfì  ,  che  tutti  gl’in¬ 
terpreti  ,  e  fcrittori  abbiano  errato  intorno  al 
vero  fenfo  di  quelle  parole  ;  come  tra  gli  al¬ 
tri  le  ha  capite  ,  e  fpiegate  Arduino  al  cìt. 
hb.  34..  cap.  8.  feS.  ,  0.  2.  noe.  33.  di  Pli¬ 

nio  3  e  Salmafio  Exercit.  Plin.  in  Sol.  cap. 3 z. 
Tott.  1 I.p.tiS.e  fcg.  molto  diffiifamente  . 

(*)  Si  rifehiara  così  il  vocabolo  roptiVt 
ufato  da  Dione  Grifoftomo  Orar.  33.  pag. 
307.  D.  ,  ove  parla  di  tazze  intagliate  ,  te 
quali  t  Anta  c  rirxt  mi  rsp t/»<  aveano ,  cioè 
erano  circondate  di  fregi  e  ornate  di  balli-ri¬ 


lievi  :  il  traduttore  mal  a  proposto  l'intefe 
di  lavori  fatti  al  torno  . 

(u)  in  /Etili,  op.  Tom.  T.  pag.  27/.  A. 

(/>)  Metani.  lìb.i  3.  verf.  67  p. 

(c)  Sicil.  antiqua  ,  lib.  z.  cap.  3.  pag.  30  r . 
_  (t)  11  fignor  Winkelmann  nella  prima  edi¬ 
zione  di  quella  Storia  tratta  in  un  paragrafo 
particolare  dei  più  belli  e  più  celebri  marmi 
della  Grecia  ;  e  non  ben  li  vede  ,  perchè  ,  vo¬ 
lendo  egli  migliorare  ed  accrefcere  1’  Opera 
fua  ,  abbia  qui  o.nelTo  tal  paragrafo  .  Di  due 
marmi  nominatamente  ivi  ragiona ,  del  pa~ 


presso  i  Greci,  e  loro  Pittura.  ii 

jj\  9.  La  maggior  parte  delle  (fatue  fon  fatte  d* un  foi  •  -  — 
pezzo  ,  la  qual  cofa  avea  pure  ordinata  Platone  (a)  nella  ^ 

fua  repubblica  .  Ciò  non  oflante  v’ha  delle  figure  di  mar¬ 
mo  ,  alle  quali  fin  da  principio  fu  attaccata  la  teffa  lavo¬ 

rata  a  parte  ,  come  ad  evidenza  fi  vede  nelle  tefie  di  Niobe 
e  delle  lue  figlie  ,  in  quelle  di  due  belle  Palladi  della  villa 

Albani  (a),  e  delle  Cariatidi  fcoperte  nel  1761.  (b).  Talora 

B  2  vi 

rio  ,  detto  anche  hlydn of  dal  monte  di  que-  Cap.  2  2.  feci.  46. ,  che  prendeva  il  luftro  in 
fio  nome  nell’ itola  di  Paro  ,  e  del  pentelico  guifa  da  fervile  di  terfiflimo  fpecchio,  Sueton. 
fomminiftrato  da  una  cava  vicina  ad  Atene  ,  in  Domit.  cap.  14..  Un  candore  accoltameli 
feopertavi  da  Biza  di  Naflo  ,  che  ne  lece  le  all'avorio  aveva  il  coralitico  o  fungano,  Plin. 
tegole  al  tempio  di  Giove  olimpico  nell  ohm-  lib. 36.  cap.  8 .  Jed.  14.1  e  d  un  bianco  livido 
piade  lxxxvii.  ,  Paufan.  lib. 3.  c.i  o.p.398.  con  macchie  fanguigne  erano  i  marmi  di 
princ.  [  Biza  non  ifeoprì  la  cava,  ma  {òlamen-  Lesbo,  e  di  JaJJe_ .  Altre  fpecie  di  bianchi  mat¬ 
te  introduce  il  primo  le  regole  di  marmo  mi  meno  celebri  palio  botto  filenzio  .  Sareb- 
pentelico  ,  per  coprire  il  detto  tempio;  e  lo  be  oggidì  quali  impedibile  il  diftinguere  ne‘ 
prova  Paufania  colli  due  verli  greci  ,  che  tu-  monumenti  greci  ,  che  ci  rimangono  ,  tutte 
rono  lcolpiti  lulla  baie  della  {‘tatua  ,  che  gli  le  fpecie  diverte  dei  marmi  .  Oltre  i  marmi 
fu  eretta  in  Nalfo  :  bianchi ,  inoltrimi  ne  aveano  i  Greci  di  varj 

Naxi  h&c  Latoidei  fccit  follerà  a  By^s  ,  colori  e  diverlamente  macchiati ,  il  carijiio , 

Cui  primum  feda  eji  tegula  de  lupine  .  ]  odia  eubeo  di^  color  verde  mare  ;  il  eh  io  a  piu 
Maggior  ufo  di  quello  che  dell'  alno  fecero  colori  ,  ma  lpecialmente  venato  di  nero  ;  il 
gli  antichi  Greci  ,  talché  di  dicci  {fatue  ,  nove  tenario  di  due  fpecie  ,  una  nera  ,  l'altra  d'un 
erano  di  marmo  pentelico  ,  ed  una  di  patio  .  bel  verde  ,  che  era  pure  il  color  del prafino  ; 

Id.  pajjim .  Il  pentelico  ,  febbene  men  candì-  il  frigio  con  rotonde  macchie  di  color  di  pon¬ 
do  del  marmo  di  Carrara,  Plin .  lib.  36.  c.  y.  pota  ;  Valabandico  ,  il  lidio,  Yonichite  ,  il 
princ.  ,  era  però  di  palla  più  dolce  e  molle  ;  conchite  ,  e  più  altri  che  veder  fi  polfono 
onde  lavoratali  quali  come  una  cera  .  Fecero  preflo  il  Catiofilo  De  antiq.  marmor.  pag.  3. 
gli  antichi  delle  pregevoliflìme  {fatue  in  a-  &  J'eqq.  Servirono  quelli  principalmente  per 
mendue  quelli  marmi  .  S’inganna  dunque  le  colonne.  Quando  s’ introduce  in  Roma  il 
Ifidoro  Orig.  lib.  1  6.  cap.  5. ,  dicendo  che  di  gullo  d’ intonacare  di  marmo  le  pareti,  gu- 
mafmo  pario  non  fi  poffon  avere  che  de'  pie-  {lo  portatovi  da  Mamurra  ,  e  riprovato  da 
coli  pezzi  atti  bolo  a  far  vali  .  [  Vedi  fopra  Plinio  lib.  36.  cap.  6.  feci.  7. ,  non  folo  vi  fi 
Tom.  l.pag.i  zi .  not.  a.]  Altri  bianchi  mar-  trafportarono  i  più  bei  marmi  della  Grecia  e 
mi  avea  la  Grecia.  Tal  era  1  '  imeqio  cavato  dell’Afia  ,  ma  fi  argomentarono  gii  artifli  di 
dal  monte  Imeto  preflo  Atene  ,  Strabono  /.  q.  colorirli  col  pennello  ,  ed  anche  di  connet- 
pag.  613.  princ.  Tom.  1. ,  ed  il  porino  che  terne  uno  con  l'altro  ,  incaflrando  ,  come  di» 
traevafi  dall' Elide  provincia  confinante  col  ce  Plinio  Hb.  gy.  cap. 1.  ,  un  ovato  di  numi- 
Peloponefo  .  Il  primo  aflomigliava  nel  can-  dico  in  una  tavola  di  Jìnnadico  :  due  marmi 
dorè  al  pentelico  ,  al  pario  il  fecondo  ,  fe  che  si  il  traduttor  italiano  Domenichi ,  che 
non  che  n’era  aliai  più  leggiero  ,  Plin.  I.  36.  il  francefe  du  Pinet  hanno  prefi  per  due  per¬ 
ca/!.  17.  feci.  28.  :  e  di  quello  erano  lab-  fonaggi .  In  queft'arte  i  moderni  artifli  ro- 
bricati  i  due  famofi  tempj  d’Apollo  delfico  ,  e  mani  Iranno  certamente  fuperati  gli  antichi  . 
di  Giove  olimpico  ,  Herodct.  lib.  y.  cap.  62.  Molti  marmi  fimili  a  quei  della  Grecia  vanta 
pag.  401.  ,  l’auf.  lib.  3.  cav.io.  pag.zpS.  anche  la  Sicilia,  de’ quali  eruditamente  ra- 
prìnc.  Celebre  per  la  biancliezza  era  firmi-  gioirà  Agoflino  Tetamo  Dijfert.  VII.  voi.  I. 
mente  il  marmo  d’  Efebo  ,  feoperto  da  Poffi-  Saggi  di  Dijfert.  dell' Acc.  Palerm. 

doro  pallore  ,  a  cui  perciò  gli  Efefini  decreta-  (a)  De  leg.  lib.i  z.  oper.  Tom.  il.  p.  osa¬ 

rono  divini  onori .  Bianco  pure  era  il  marmo  princ. 

tafo,  e’1  p  roto  tufo  ;  ma  in  quello  {correvano  (a)  Una  c  quella  di  cui  abbiamo  data  la 

alcune  vene  nericce  ,  V.  Salmaf.  Exerc.  Plin.  figura  nella  Tavola  XIII.  Tomo  I. 

in  Solin.  cap. 37.  Tom.  I.  p.  4  py.  col.  2.  C.  :  (b)  Ora  nella  (leda  villa  ,  come  abbiamo 

come  alcune  vene  gialle  nel  Jengite  ,  altro  già  detto  nel  Tomo  precedente  pag.  441 .  n.  a. 
marmo  bianco  della  Cappadocia  ,  Plin.  1. 36. 


12  Meccanismo  della  Scultura 

a==9==»vi  furono  pure  attaccate  le  braccia  ,  e  tali  fono  nelle  due 
ljb.  vii.  rnentova(;e  Palladi  .. 

jf.  io.  Le  membra  che  reflavano  fiaccate  dal  corpo  della 
figura  ,  attaccarvi!!  folcano  dagli  antichi ,  come  fi  ufa  anche 
oggidì ,  con  un  foftegno  o  puntello  ..  Ciò  fi  offerva  in  alcune 
flatue  ,  e  anche  ove  forfè  era  inutile  ,  come  in  un  Ercole 
elìdente  nel  giardino  interno  del  palazzo  Borghefe  ,  in  cui 
l’ertremità  del  membro-  virile  è  foflenuta  da  un  piccolo  ci¬ 
lindro  di  marmo  non  più  grorto  d’ una  penna  da  fcrivere , 
che  vi  fi  vede  tuttora  fra  il  mentovato  membro  e  i  tefli- 
coli  .  Quell’Èrcole  fi  è  così  ben  confervato  ,  che  può  an¬ 
noverarli  fra  le  più  rare  figure  di  Roma  :  è  affatto  intero  » 
fe  non  che  gli  mancano  le  cime  di  due  dita  del  piede ,  che 
probabilmente  non  farebbono  tronche  ,  fe  non  averterà 
fporto  in  fuori  dello-  zoccolo  . 

...-abbozzo- ....  jf.  n,  Soleano'  pur  gli  antichi  lavorare  le  loro  flatue  a 
un  diprertò  come  i  noftri  [cultori  ,  cominciando  a  farne 
l’abbozzo  .  Abbiamo  un  argomento  di  ciò  nella  figura  mu¬ 
liebre  d’un  Fiume  poco  men  che  coloflale  ,  che  dianzi  flava 
nel  palazzo  d’Erte  a  Tivoli  ,  ed  ora  è  nella  villa  Albani  . 
Le  parti  inferiori  di  quella  rtatua  fono  grortolanamente  ab¬ 
bozzate  ,  onde  nelle  offa  principali ,  ricoperte  dal  panneg¬ 
giamento  ,  fono  flati  lafciati  alcuni  punti  follevati  che  fer¬ 
vano  di  norma e  fi  toglievan  poi  quando  fi  finiva  la  fla- 
tua  .  Lo  rteflo  fi  pratica  anche  oggidì . 

...  e- ultima  jf.  12.  Quando  la  rtatua  era  terminata  ,  o  le  fi  dava  il 

aliano.  q 

pulimento  e  1  luftro  ,  prima  colla  pomice  (a)  »  indi  col  piom¬ 
bo  e  col  tripoli ,  ovvero  lo  fcultore  vi  ripartiva  lo  fcarpel- 

lo . 

(a)  Plinio  ljb.  36.  cap.  j.  feti.  to',  narra,  predo  fi  adoprarono  altre  pietre,  portate 
che  gli  attilli  fi  fervivano  a  tale  effetto  di  dall’Armenia.  Al  dire  di  Vitruvio  lìb.7.  c.q., 
certa  pietra  detta  najjo  ,  così  detta  ,  come  ivi  le  di  cui  parole  fi  riportano  qui  apprefio  al 
nota  Arduino  ,  perchè  fi  preparava  in  Naffo  capo  IP.  §.  7.  ,  fi  ftrofinavano  le  flatue  con 
nell’ ifola  di  Creta ,  benché  fi  trovafle  nell'  cera  confidente  ,  odia  di  candela  ,  econnet- 
ifola  di  Cipro  .  Aggiugne  Plinio  ,  che  in  ap-  ti  pannilini .  Non  dice  però  le  quello  fi  lilafi- 


presso  i  Greci,  e  loro  Pittura.  13 

lo  .  Quello  faceali  probabilmente  ,  dopo  che  le  s’era  data* 
la  prima  mano  di  pulimento  colla  pomice  ,  per  due  moti¬ 
vi  ;  cioè  per  meglio  imitare  la  verità  delle  carni  e  del  pan¬ 
no  ,  e  perchè  lì  era  oflervato  che  le  più  finite  e  dilicate 
parti  ,  quando  fono  foverchiamente  luftrate  ,  riflettono  sì 
vivamente  la  luce  che  veder  non  fi  può  il  minuto  lavoro , 
nè  conofcere  la  diligenza  dell’artifta  .  Aggiungali  che ,  fic- 
come  chi  luftra  le  fiatue  non  è  mai  lo  fcultore  medefimo  , 
facilmente  dallo  ftrofinamento  ne  fono  corrolì  e  cancellati 
i  più  fini  e  forfè  i  più  lignificanti  tratti  (a)  ;  e  perciò  alcuni 
antichi  maeftri  ebbero  la  pazienza  di  ripaflare  l’ intera  fia¬ 
tila  ,  e  tutta  nuovamente  ritoccarla  collo  fcarpello  ,  dopo 
che  aveva  avuta  la  prima  mano  di  pulimento  .  Ciò  non 
oftante  la  maggior  parte  delle  fiatue ,  ben  anche  coloflali , 
furono  perfettamente  luftrate  ,  come  fi  vede  dai  pezzi  d’un 
pretefo  Apollo  coloflale  del  Campidoglio  (b)  .  Così  pulite 
fono  ,  nelle-  parti  almeno  che  rapprefentano  la  carne ,  due 
tefte  coloflali  di  Tritoni  *  e  quelle  pur  coloflali  di  Tito  e 
diTrajano  nella  villa  Albani.  Pertanto  il  detto  del  filofofo 
Lacide  (c)  ,  che  ricusò' l’ invito  del  re  Attalo  ,  „  perchè  i  re 
,,  dovean  eflere  guardati  da  lungi  come  le  fiatue  „  ,  non 
deve  di  tutte  intenderli,,  come  non  può  applicarli  a  tutt’ i 
re  r  le  mentovate  opere  fono  lavorate  con  tanta  delicatezza 

e  si 


LIB.  VII. 
CAP.  I. 


fé  per  le  fiatile  nuove  a  dar  loro  il  Iufiro  ;  o  preziolà  ,  che  lega  infenfibilmente  le  tinte, 
fe  per  pulire  le  vecchie  ,  e  per  ricoprirvi  le  rende  pili  Ioavi ,  e  più  morbide  ,  e  che  fo- 
qualche  difetto  ;  come  fi  ufa  da  qualche  mo-  lamente  può  dare  alle  pitture  quel  venerabile 
derno  arrida  nei  lavori  di  marmo ,  e  di  al-  vecchio  del  tempo ,  che  vi  lavorava  fu  con 
tre  pietre  generalmente  .  _  pennelli  Sniffimi ,  e  con  incredibile  lentezza , 

(a)  Cosi  fcrive  l' Algarotti  Lettere  fopra  la  ficcome  egli  apparve  allo  Spettatore  in  quella 
pittura' ,  lett.  i .  oper.  Tom.  VI.  pag.  7.  ,,  Si  fua  vifione  pittorefca  ,  , . 
dolgono  in  Francia  che  ripulendoli  ,  fiarei  (b)  Fra  le  fiatue  più  luftrate  polTono  ve- 
per  dire  con  pocapulitezza  ,  le  fiatue  di  Pu-  derli  anche  in  Campidoglio  nel  cortile  del 
get  ,  e  di  Girardon  ,  che  fono  ne’  giardini  di  palazzo  dei  Confervatori  quelle  dei  due  pri- 
Verfaglia,  ne  viene  rafchiato  via t  epidermo,  gionieri  ,  delle  quali  già  li  è  parlato  nel 
e  quel  fior  di  carne  ,  onde  pare  fi  rammollì-  Tomo  hpag.4.26.  ,  e  fi  riparlerà  in  apprelfo 
fcail  marmo  e  poi  fi  lagna,  che  per  ravvi-  lib.XI.  cap.i.%.  17.  lo  fono  a  legno  che 
vare  gti  antichi  quadri  de 'gran  maeftri  Tin-  riflettono  la  luce  come  fpecchi  . 
toretcor  Tiziano  ,  ed  altri  „  ne  levino  via  le  (c)  Preflo  Laerzio lib,  4.  fegm.  6i~ 
unioni,  i  veJamenti,  e  quella  patina  tanto 


LIB.  VII. 
CAP.  I. 


14  Meccanismo  cella  Scultura 

e  sì  finite ,  che  poflono  guardarli  da  vicino  ,  come  le  gem¬ 
me  incife  . 

<f.  13.  Fra  le  fiatile  ,  a  cui  è  Hata  data  l’ultima  mano 
collo  fcarpello  ,  belliflimo  è  il  Laocoonte  ,  e  un  occhio  at¬ 
tento  potrà  in  efio  fcorgere  con  quant’ arte  e  con  quanta 
franchezza  fia  flato  adoperato  lo  fcarpello  per  non  .  perdere 
nel  pulirlo  Defilino  di  que’ tratti  più  dilicati  e  maeflri  .  La 
pelle  di  quella  flatua  ,  in  confronto  di  quelle  che  fono  lu¬ 
crate  e  -lifcie  ,  fembra  alquanto  ruvida  ;  ma  può  alTbmi- 
gliarfi  ad  un  morbido  velluto  in  paragone  d’un  lucido  ra- 
fo  ;  o  ,  per  valermi  d’un  efempio  più  acconcio  ,  può  para¬ 
gonarli  alla  pelle  degli  antichi  Greci  ,  allorché  non  l’aveano 
lifciata  ancora  e  ammorbidita  pel  continuo  ufo  de’ bagni  caldi 
e  delle  fingili  introdotto  dalla  mollezza  de’ Romani  (a)  :  fullc 
carni  loro  forgeva ,  a  così  dire  ,  una  fana  trafpirazione  ,  li¬ 
mile  alia  prima  lanugine  che  velie  un  mento  giovanile  (*)  , 
I  due  grandi  leoni  di  marmo  trafportati  da  Atene  a  Vene¬ 
zia  ,  e  polli  all’ingrefio  dell’arfenale  ,  fono  nella  flefia  ma¬ 
niera  finiti  col  folo  fcarpello  ,  come  fi  richiede  per  bene 
imitarne  il  pelo  e  la  giubba . 

ff.  14,  II 


(  a )  -Concederò  ,  clie  l’ufo  di  tali  bagni  , 
e  delle  ftrigili  folle  ignoto  ai  primi  Greci  ; 
ma  non  già  che  lìa  (fato  introdotto  dalla 
mollezza  de’  Romani  ;  edendo  certo ,  che 
quelli  da’  Greci  lo  hanno  apprcfo  ,  e  predo 
di  edì  era  cognito  anche  prima  di  Omero  , 
come  fi  rileva  dalle  opere  di  lui ,  e  molto  più 
frequente  lì  andò  rendendo  in  appred'o  ,  paf- 
fando  pofcia  ai  Romani  ,  che  ne  adottarono 
anche  le  parole  proprie  di  tutte  le  code  ,  che 
lo  concernevano  .  Vegg.  Laurenti  De  baln. 
&  med.  antìq.  fJiediaJma  ,  cap.  z.  ,  Calali 
De  therm.  &  baln.  ver.  ,  Ferrari  De  balneìs, 
po/i  init.  ,  Denina  1 /lori a  della  Grecia  ,  To¬ 
mo  il.  lèi.  VII.  capo  ul.  Mercuriale  ,  ciré 
coll’autorità  d’ Ippocrate  vuol  provare  ,  De 
arre  gymnafi.  lib.i .  cap.i  o.  princ. ,  che  rari 
uladero  il  bagno  ai  tempi  di  quel  gran  me¬ 
dico  ,  forfè  non  lo  avrà  letto  bene  De  vìctus 
rat.  in  morb.  acut.  feci.  3.  §.114.  ,  ove  an¬ 
zi  fa  capire  l’oppoflo  ,  e  lo  configlia  come 
un  ottimo  rimedio  j  c  folo  fi  agna  ,  che  non 


fi  avedero  luoghi  più  comodi  ,  c  tutte  le  code 
necedarie  a  tal  fine  .  Per  l’ufo  delle  Ungili  fi 
può  vedere  la  gemma  rapprefentante  Tideo 
data  nel  Tomo  l.  pag.r  6 1 .  ,  e  ciò  che  ne  ho 
detto  alla  pag.  1  Sp.  ;  e  può  odervarfi  in  Se¬ 
nofonte  De  exped.  Cyri  3  lib.i.  pag.  246.  D., 
che  Xenia  capitano  di  Ciro  Minore  ne’  lu¬ 
percali  da  lui  celebrati  ne  dillribuì  di  quelle 
d'oro  . 

(*)  Quelli  paragoni  potranno  forfè  rif- 
chiarare  un’efpredione  di  Dionifio  Alicarnaf- 
feo  ,  non  ben  intefa  finora  ,  meglio  che  tut¬ 
te  le  difpute  di  Salnufio  Not.  in  Tercull.  de 
pali.  p.  234.  j  &  Confut.  animadv.  And.  Cer¬ 
corii  ,  p.  173. ,  e  di  Petavio  Andr.  Kerckoct. 
Mafrigopk.  part.  3.  pag.  106.  Dionifio,  par¬ 
lando  della  maniera  di  fcrivere  di  Platone  , 
u fa  quelle  voci  :  c  x™vS 

c  ri *t  [  anriqua  illa  inv  rs.^as  \ 

Epijl.  ad.  Cn,  Pomp.  de  Piar.  oper.  Tom.  ri. 
pag.  204.  Un.  7.  Non  potrebb’ ella  l'efpref- 
fione  di  Dionifio  [  intenderli  e  fpiegarfi  di 


presso  i  Greci  ,  e  loro  Pittura  .  i  ? 

jf.  14.  Il  marmo  nero,  di  cui  v’era  una  cava  neH’Ifola 
di  Lesbo  (a)  ,  fu  lavorato  più  tardi  del  bianco  ;  trovali  però 
fatta  menzione  d’una  (tatua  in  quel  marmo  fcolpita  da  un 
antico  artifta  d’Egina  .  La  più  dura  e  più  fina  fpecie  di 
marmo  nero  è  quella  che  chiamali  volgarmente  pietra  di  pa¬ 
ragone  ;  e  di  quella  ci  fono  pervenute  alcune  figure  inte¬ 
re  ,  cioè  un  Apollo  nella  galleria  del  palazzo  Farnefe  ,  il 
cosi  detto  dio  Aventino  nel  mufeo  Capitolino  ,  amendue 
maggiori  dell’umana  llatura  (a)  ,  i  due  mentovati  Centauri 
più  piccoli  della  grandezza  naturale  (  che  dianzi  appartene¬ 
vano  al  card.  Furietti ,  ed  ora  elidono  nel  fuddetto  mufeo  )  , 
fui  di  cui  zoccolo  leggonfi  fcritti  i  nomi  de’  loro  fcultori 
Aristea  ,  e  Papia  d’Afrodifio  (b)  .  Sono  di  grandezza  natu¬ 
rale  in  marmo  nero  fcolpiti  un  Satiretto  in  atto  di  danza¬ 
re  ,  ed  un  Lottatore  che  tiene  in  mano  un’ampolla  d’olio. 
Si  vedono  amendue  nella  villa  Albani ,  e  trovati  furono  dal 

lìanor  card.  Alefiandro  nelle  ruine  dell’antica  città  d’Anzio, 

£> 

ove  davano  in  una  camera  tonda  non  lungi  dal  teatro  ,  in- 
fieme  ad  un  Giove  e  ad  un  Efculapio  del  medefimo  fado  e 
d’eguale  grandezza  .  In  marmo  nero  ,  oltre  le  datue  di  Itile 
greco  ,  alcune  ne  abbiamo  lavorate  ad  imitazione  delle  egi¬ 
ziane  ,  difepolte  nella  villa  d’ Adriano  a  Tivoli  ,  delle  quali 
ho  parlato  nel  Libro  il.  Capo  IY. 

jf.  1?.  Va- 


lib.  vìi. 
cap.  1. 

Sculture  in 
marmo  ne¬ 
ro. . . 


quel  ruvido  e  lanugirofo  dell' antichità  \  La 
voce  non  dee  qui  prenderli  in  un  fen- 
fo  allegorico  e  ftiracchiato  ,  ma  naturale  e 
ovvio  ,  cioè  della  prima  lanugine  che  adom¬ 
bra  un  mento  ;  poiché  ha  quello  medefimo 
fenlo  quando  fi  adopra  per  indicare  la  cor¬ 
teccia  lanuginofa  de' pomi,  come  preflo  Ari- 
llofane  Nub.  verf  g-r 4..  [Doveva  dire  Win- 
kelmann  ,  che  Ariftofane  la  prende  in  quel 
fenfo  appunto ,  non  già  nel  fenfo  della  la- 
nuoinota  corteccia  de"  pomi  ,  de’ quali  non 
parla  ]  ;  c  fe  fi  paragoni  tale  eCprelITone  all' 
applicazione  che  io  fo  della  (delia  immagine 
per  la  pelle  di  Laocoonte  ,  fi  vedrà  che  Dio- 
nilìo  ha  voluto  dire  la  medelima  cola  .  Har- 
dion  Sur  une  lettre  de  De nys  d' Alicarnafe  a 
Pompée  ,  pag.  1  28.  ,  che  dopo  i  mentovati 


fcrittori  ha  tentato  di  rifehiarare  quella  fra¬ 
le  ,  non  ha  fatto  che  accrefcere  oleurità  . 
Con  quell'immagine  fi  fpiegano  pure  le  iiter& 
•mriìtùpAya.1  [  eleganti  ]  di  Cicerone  ad  Att. 
lib.14.  ep.  7. 

(al  Philoftr.  De  vit,  foph.  lib„  2.  num.  1 . 
Herod.  cap.  8.  Tom.  ri.  pag.  yjS.  ,  [  altre  a 
Tenaro  ,  e  in  Africa  pivi  celebri ,  Plin.  Iib.g6. 
cap.  1  8.  feci.  2p. 

(a)  E  fono  amendue  di  bafalte  verde  .  Di 
paragone. è  la  llatua  di  un  eroe  nudo  con 
una  figurina  allato  involta  in  un  manto  nel 
calino  della  villa  Negroni  full’ Efquilino  ;  ed 
è  rimarchevole  non  oflante  l' ignoranza  di 
chi  1'  ha  reflaurm  . 

(b)  Sono  di  bigio  morato  . 


1 6  Meccanismo  della  Scultura 

jf-  Varia  è  la  durezza  di  quello  marmo:  il  più  te¬ 
nero  è  anche  il  più  nero  ,  detto  da  noi  nero  antico  ;  ma 
quello,  che  anche  oggidì  fi  cava,  come  vetro  facilmente  fi 
fpezza  .  Il  marmo  de’ mentovati  Centauri  da  taluno  ,  a  ca¬ 
gione  di  fua  durezza,  è  flato  creduto  una  pietra  d’Egitto \ 
ma  alla  menoma  prova  che  gli  fi  dia  ,  fe  ne  conofce  la 
differenza . 

1 6.  Più  duro  del  marmo  bianco  comune  k  l’alabaflro 
orientale  ;  e  poiché  quefto  ,  come  ogni  altro  alabaflro  ,  è 
comporto  di  Arati  laminofi  ,  nè  ha  un  grano  feguente  ed 
uniforme  ,  come  il  marmo  ,  facilmente  fi  fchieggia ,  e  più 
difficile  ne  riefce  il  lavoro  .  Se  vogliamo  giudicarne  dai  mo¬ 
numenti  che  ancor  ci  reftano  ,  par  che  non  fia  mai  fiata 
fatta  una  figura  intera  di  neffuna  fpecie  d’alabaftro  ;  ma  che 
almeno  le  eftremità  ,  cioè  la  terta  ,  le  mani  e  i  piedi ,  vi 
fiano  fempre  fiate  aggiunte  d’altra  materia  ,  e  probabilmen¬ 
te  di  bronzo  (a)  .  Abbiamo  però  in  quefto  fallo  de’  bulli  e 
delle  tefte  :  nelle  virili  e  barbate  è  fiata  Juftrata  la  carne  , 
ma  ruvida  fu  lafciata  la  barba  .  Di  quelle  una  fola  fe  n’è 
eonfervata  in  Roma  ,  anzi  la  fola  parte  anteriore  ,  odia  il 
volto  d’una  terta  d’Adriano  ,  efiftente  nel  mufeo  Capitolino . 

jf.  17.  Pra  le  figure  d’alabaftro  abbiamo  due  Diane  mi¬ 
nori  della  grandezza  naturale  ,  la  più  grande  delle  quali  Ila 
in  cafa  Verofpi ,  e  la  più  piccola  nella  villa  Borghefe  ;  ma, 
come  teftè  avvìfai  ,  non  v’  è  d’alabaftro  che  il  belliffimo 
panneggiamento ,  effendone  di  bronzo  e  di  moderno  lavoro 
i  piedi,  le  mani ,  e’1  capo  .  Sono  amendue  di  quella  fpecie 
d’alabaftro  ,  che  dicefi  agatino  per  avere  il  colore  dell’aga¬ 
ta, 

(a)  Ne  eccettueremo  almen*  le  figure  pie-  Bcnnajo-1775.  fra  fan  Paolo  tre  cartelli  ,  e 
cole  ;  e  tra  le  altre  una  femminile  dell’altez-  Chauflaie  in  Francia  ,  portata  quindi  in  Pa- 
za  di  pollici  18.,  di  candidiamo,  e  pulitiflimo  rigi ,  e  da  altri  creduta  una  Venere  ,  da  altri 
alabaftro  ,  feopertafi  in  un'apertura  di  terre-  una  Cleopatra  ,  da  altri  una  Rodope  .  Vcd. 
ne  fattali  per  una  feorta  di  terremoto  li  16.  Antologia  Romana  177 4-.  num.X.  pag.77. 


presso  i  Greci  ,  e  loro  Pittura  .  17 

ta  ,  cui  fi  avvicina  pure  nella  durezza  .  Un’altra  Diana  di  = 
fimil  pietra  è  nella  villa  Albani ,  refiaurata  però  nella  metà 
inferiore.  La  più  grande  fiatua  d’alabafiro  a  me  nota  è  un 
torfo  armato,  icolpito  con 'tutta  la  maefiria  ,  il  quale  è  fiato 
trafportato  a  fant’  Idelfonfo  in  Ifpagna  col  mufeo  Odefcal- 
chi  :  anch’efio  ha  la  tefia  ,  le  braccia ,  e  le  gambe  di  bron¬ 
zo  indorato  ,  lavoro  d’un  recente  artefice  ,  che  pretefe  rap- 
prefentarvi  un  Giulio  Cefare  .  Nè  alcun  qui  mi  rammenti  la 
grande  fiatua  fedente  di  bianco  alabafiro  di  Tebe  nella  villa 
Albani,  di  cui  ho  parlato  nel  Libro  il.  (a)  :  ella  è  lavoro 
egiziano,  ed  io  qui  fol  tratto  de’ greci. 

jf.  18.  Alle  figure  appartengono  gli  Ermi  ,  e  i  bufti  - 
Quattro  Ermi  della  grandezza  ordinaria  lavorati  in  alabafiro 
fiorito  ,  con  tefie  antiche  di  marmo  giallo  ,  adornano  la  villa 
Albani,  e  fon  quelli  i  foli  ch’io  abbia  veduti .  De’ bulli  o,  a 
parlare  più  efattamente  ,  de’  panneggiamenti  del  bullo  ,  o  petti 
fe  ne  vedono  cinque  nel  mufeo  Capitolino  ;  quei  d’Adriano  » 
di  Sabina ,  di  Settimio  Severo  fono  in  alabafiro  agatino  ;  e 
in  alabafiro  fiorito  fon  quei  di  Giulio  Cefare  ,  di  Faufiina 
maggiore  ,  ed  un  altro  d’alabaftro  più  grolfolano  ,  fu  cui  è 
fiata  adattata  la  tefia  di  Pefcennio  Nigro  .  Tredici  petti  di 
quella  fpecie  di  marmo  Hanno  nella  villa  Albani,  tre  de’ qua¬ 
li  fon  di  grandezza  naturale  ,  e  due  di  quelli  fon  di  quell' 
alabafiro  che  ,  per  la  fomiglianza  che  ha  colla  mela  cotogna 
quando  è  cotta  ,  chiamali  cotognino  :  di  fimil  pietra  è  il  men¬ 
tovato  torfo  di  s.  Idelfonfo  .  Il  terzo  petto  ,  come  pur  gli 
altri  dieci  minori  del  naturale  ,  fon  d’alabafiro  agatino  .  Un 
confimile  petto  con  tefia  muliebre  vedefi  nella  cafa  del  maT- 
chefe  Patrizi-Montorio  (b)  . 

Tom.  IL  C  jf.  19.  I  gre- 


LIB .  VJL. 
.CAP.  I. 


(a)  Capo  IV.  $.r g.  pag.i 37.  zione  lo  poffiede  il  fignor  cavaliere  de  Aza- 

(8)  Altro  parimente  con  tefia  muliebre  dì  ra  ;  e  vi  li  crede  effigiata  Antonia  maggiore  . 
alabafiro  orientale  della  maggior  conferva-  Vedi  appiedo  al  capo  il.  §.  zi. 


1 


1 8  Meccanismo  della  Scultura 

-  jf  .19.  I  greci  fc  ulto  ri  non  folo  nell’alabaftro  impiega- 

„  '  ’  tono  il  loro  (carpello  ,  ma  eziandio  nel  duro  bafalte  (1)  , 

...in  bafalte...  SÌ  di  color  ferrigno  che  verdognolo  .  Di  quello  fallo  però 
io  non  ho  veduta  che  una  fola  (tatua  intera  di  color  neric¬ 
cio  ,  cioè  un  Apollo  ,  maggiore  della  grandezza  naturale , 
ma  d  un  mediocre  lavoro  ,  il  quale  in  una  vecchia  (lampa 
in  rame  è  (lato  pubblicato  come  un  Ermafrodito  ,  e  tale  è 
(tato  pur  creduto  dal  conte  di  Caylus  (a)  .  Di  bafalte  ver¬ 
dognolo  è  il  torfo  d’una  figura  virile,  di  grandezza  naturale 
nella  villa  Medici ,  che  moftra  d’efier  l’avanzo  d’una  delle  più 
belle  (fatue  dell’antichità  ;  e  non  può  guardarli  fenz’ammira- 
zione  ,  o  1  fapere  dello  lcultore  fi  confideri  ,  o  s’efamini  la 
finezza  del  lavoro  .  Dalle  tede  di  bafalte  ,  che  ci  fono  ri- 
mafie  ,  ben  fi  fcorge  che  i  più  grand’ artifii  han  voluto  fo- 
vente  in  quello  fafio  far  pompa  di  tutta  la  loro  abilità  (a)  . 

J3 .  20.  Nè  rare  fono  le  tede  e  i  bulli  di  bafalte ,  lavo¬ 
ro  de’ greci  artifii  .  Delle  prime,  oltre  quella  di  Scipione  , 
una  ve  n  era  di  giovane  eroe  nel  palazzo  Verofpi ,  pofiedu- 
ta  ora  dal  fignor  di  Breteuil ,  dianzi  Ambafciatore  di  Malta 
a  Roma  ,  e  un  altra  teda  ideale  di  donna  fi  vede  nella  villa 
Albani  polla  fu  un  antico  petto  con  panneggiamento  di  por¬ 
fido  .  Eeliifiìma  però,  tra  tutte  le  tede  di  bafalte  farebbe  fenza 

dub- 


,  '  f°nor  Guettard  Mém.fur  e  defcrivendone  fa  natura  Io  riconobbe  di  co- 

U  bdjalte  aes  ano.  & des  modernes  ,  non  iìa-  lor  ferrigno  e  afiai  duro-,  A  giudizio  inoltre 
mo  ben  licuri  ,  le  gli  antichi  dellero  il  nome  del  citato  Guettard  non  ci  rimane  iieflun 
01  bafalte  alla ;  nella  pietra  ,  che  noi  così  chia-  monumento  riconofciuto  dagli  antichi  come 
nnamo  ,  [ed  io  credo  che  ne  fimo  lìcurilìinii  di  bafalte  .  La  (fatua  del  Nilo  circondata  da 
per  tiguaido  almeno  al  balalte  nericcio  anti-  puttini ,  la  quale  lì  vede  in  Campidoglio  ,  c 
Cu  ’  j  1ra-  .  Diamo  monumenti  ,  convenendo  d 'un  falfo  calcare  e  diverfa  da  quella  che  ,  al 
ala  detenzione  ,  che  ne  fa  Plinio  lib.36.  c. 7.  dir  di  Plinio  eie.  Iib.q6.  c. 7.  feci.  1 1 .,  fece  Ve- 
J  ,  1 1  ' ,°r  c“ere  cloc  della  durezza  ,  e  del  fpafiano  collocare  nel  tempio  della  Pace  .  Cir- 
colore  del  (erro  ;  come  abbiamo  già  notato  ca  l’origine  del  bafalte,  oltre  quello  che  ne 
nel  1  omo  1.  paga  zg.  noe.  b.  ]  .  Dopo  Plinio  abbiamo  detto  nel  Tomo  I.  pag.  128.,  può 
[a  cui  doveva  aggiugncre  fanc  Ilìdoro  Orig.  vederli  negli  Opufculi  (celti  ann.  i  77 p.  P .  I. 
lib.  1  6.  cop.  J.  ,  a  fuo  avvilo  ,  il  primo  a  pag.  86.  ,  la  Dilfertazione  del  fig.  Bcrgmann, 
vf  i  Sv 1  *te  u  Agrippa  nel  fecolo  che  ne  attribuifee  la  formazione  all'azione 
Avi.  (gualche  cenno  pero  molto  prima  dell'  unita  del  fuoco  e  dell’acqua. 

Agnppa  ne  fece  Papia,  Lexy.  Bafantes,  ferir-  {a)  Ree.  d’Antiq.  Tom.  /  ti.  paga  z 0. 

tore  del  lesolo  XI. ,  che  ehtamollo  bafantes  ,  (a)  Vedi  fopra pag.  i  p.  not.  a. 


presso  i  Greci  ,  e  poro  Pittura  .  tg 

dubbio  ,  fé  fotte  intera  ,  quella  che  è  prefTo  di  me,  e  di  = 
cui  non  altro  s’è  confervato  che  la  fronte  ,  gli  occhi  ,  le 
orecchie ,  e  i  capelli ,  dalle  quali  parti  fi  riconofce  che  un 
giovane  rapprefentava  in  grandezza  naturale  .  Il  lavoro  della 
capigliatura ,  si  in  quefta  tetta  che  in  quella  del  palazzo  Ve- 
rofpi  ,  è  diverfo  da  quello  che  fi  vede  nelle  tette  virili  di 
marmo  ;  cioè  i  capelli  non  fono  metti  a  ciocche  fciolte  , 
come  in  quette  ,  nè  a  ricci  traforati  col  trapano  ;  ma  vi 
fono  efprefli  come  recifi  ,  corti ,  e  pofcia  con  fino  pettine 
compotti  ,  quali  vederli  fogliono  fulle  tette  virili  ideali  in 
bronzo  ,  in  cui  par  che  ogni  capello  fia  ttato  indicato  di- 
ftintamente  .  Oflervifi  però  che  nelle  tette  ricavate  dal  vero 
diverfo  è  il  lavoro  de’  capelli .  M.  Aurelio  a  cavallo,  e  Set¬ 
timio  Severo  nel  palazzo  Barberini  ,  hanno  i  capelli  ricciuti 
nella  fletta  maniera  che  le  loro  figure  in  marmo  .  L’Èrcole 
del  Campidoglio  ha  fitti  e  crefpi  i  capelli  ,  quali  fempre 
aver  li  fuole  quello  dio.  Nella  capigliatura  della  mentovata 
tetta  mutilata  v’è  un’arte  e  una  diligenza  ttraordinaria  e  ini¬ 
mitabile  ;  e  colla  medefima  finezza  è  lavorata  in  durittìmo 
bafalte  verdognolo  la  chioma  d’un  torlo  di  leone  difterite 
nella  vigna  Borioni  (a)  .  Vedali  ciò  che  di  quette  due  tette 
ho  detto  dianzi  ,  parlando  delle  orecchie  de’  Pancrazia- 
fti  (b)  .  Lo  ftraordinario  luftro  e  pulimento  che  è  flato  da¬ 
to  ,  e  che  dar  conveniva  a  quefta  pietra  ,  congiunta  alla 
finezza  delle  parti  che  la  compongono  ,  ha  impedito  che  vi 
s’ attaccatte  quella  crolla,  la  quale  fuole  formarli  fu  i  più 
fini  marmi  ;  e  perciò  tali  tette  furono  trovate  fotterra  pu¬ 
lite  e  lucide  ,  come  fe  ufcite  fodero  allora  dalle  mani  dell* 
artefice  . 

C  2  jf.  21.  Del- 

(a)  Ora  reftaurato  nella  villa  Albani  in-  pofleduta  da  Ini  ,  e  dell'  altra  del  fìgnor  di 
contro  alla  flatua  di  breccia  egiziana  ,  di  cui  Bretcuil ,  delle  quali  parla  nel  Tomo  1.  li¬ 
ti  è  parlato  nel  Tomo  I.  pag.  /  zp.  bro  il.  capo  IV.  §.  p.  pag.  i  zp.  ,  e  qui  ap- 

(*)  Credo  cioè  che  voglia  dire  della  tcfta  preflb  lib.  X.  cap.  il.  §.  i  p. 


LIB.  VII. 
CAP.  I. 


20  Meccanismo  della  Scultura 

■  -ui-aj  jf.  21.  Delle  opere  in  porfido  ho  parlato  nel  Libro  il.  (a) 
iib.vii.  QVe  fpiegat0  in  qual  maniera ,  e  con  quali  ftromenti  tal 
...  e  ìd  por- pietra  fi  lavo  rafie  .  Per  tanto  fu  di  ciò  non  tratterrommi  lun¬ 
gamente  ,  e  dopo  d’aver  data  un’idea  della  maniera  di  la¬ 
vorare  i  vali  di  porfido  ,  additerò  alcuni  degli  antichi  lavori 
greci  che  ci  rimangono  in  quello  fallo  . 

jf.  22.  Mal  informato  fu  certamente  chi  fcrifie  non  fa- 
perfi  da’ moderni  più  lavorare  il  porfido  ( a );  e  diede  prove 
d’una  puerile  credulità  il  Vafari  ( b )  ,  fcrivendo  che  Cofmo 
de’ Medici  gran  duca  di  Tofcana  avea  trovata  un’acqua  atta 
ad  ammollirlo  .  11  lavoro  in  porfido  non  è  punto  un  fegre- 
to  preflo  i  nofiri  artifti  ,  e  v’ha  delle  opere  in  quella  pietra 
fatte  a’ dì  nollri  riguardevoli ,  qual  è  fra  le  altre  il  coperchio 
dell’antica  urna  nella  fontuofa  cappella  Corfini  in  s.  Giovanni 
in  Laterano  di  Roma  (e)  .  Quello  pezzo  ,  che  flava  dianzi  fotto 
il  vellibolo  del  Panteon  ,  fervi  probabilmente  nelle  terme  di 
M.  Agrippa  a  quel  tempio  contigue  ,  ficcome  inferir  fi  può 
dalla  forma  ftefia  del  vafio  ;  onde  era  naturalmente  fenza  co¬ 
perchio  ,  e  quello  fe  gli  dovè  fare  ,  allorché  fu  dellinato  a 
fetvire  pel  depofito  di  Clemente  XII.  (c)  .  Varie  tefte  di  por¬ 
fido  lecerli  a  Roma  nel  fecolo  feorfo  ,  in  cui  quella  pietra 

piuc- 


00  Capo  IV.  §.  r  o.  pag.  i  29.  fegg. 

(a)  Juvenel  de  Carlenc.  Efs.fur  l'  hifi.  des 
belies  lettr.  Tom.  IV.  Arts  mechan.p.  29  p. 
e  296, 

(b)  Vite  de'  Piti.  Introdu Tom.I.  p.4.0. 
[  E  molto  diverfo  il  difeorfo  di  queflo  fcrit- 
tore  :  Dice  che  mancando  alla  perfezione 
delle  atti  il  (a'per  lavorare  perfettamente  il 
porfido  ,-  Cofmo  fece  di  non  fo  che  erbe  ftil- 
Ja-r  un’acqua  di  tanta  virtù,  che  fpegnendovi 
dentro  ferri  bollenti  faceva  una  tempera  du- 
rifTima  . 

(  ff)  Molto  è  più  ragguardevole  il  reftauro 
facto  in  quelli  anni  alluma  di  fant'  Elena  ,  di 
cui  fi  riparlerà  nel  libro  XII.  capo  rii.  §.  2.  , 
con  tante  figure  ,  e  cavalli  di  quali  tutto  ri¬ 
lievo  .  Oggidì  gli  artriti. in-  Roma  fanno  af- 
lottigliare  il  porfido  a  fegno  di  farne  Icacole 
da  tabacco  ,  e  calle  da  orologi  • 


(c)  11  Vafari  al  luogo  citato  pag.  jy.  cre¬ 
de  che  quello  vafb  fervide  di  urna  (èpolcra- 
le  ;  ed  è  più  probabile  dante  la  Cita  forma,  e 
altezza-,  e  che  non  ha  alcun  buco  folito  ve¬ 
derli  nelli  Vali  da  bagni  :  ma  non  faprei  ap¬ 
provale  la  congettura  degli  antiquari  al  tem¬ 
po  di  Flaminio  Vacca  ,  i  quali ,  coiti'  egli  ri- 
ferifee  nelle  fue  Memorie  ,  num.  yp.  ,  penfa- 
vano  che  anticamente  forte  porto  in  cima  al 
portico  della-  Rotonda  ,  colle  ceneri  dr  M.  A- 
grip^a  ;  fapendo  noi  da  Dione  Caldo  H.ift. 
I.  P4-.  c.  28 .  pag.7  p  9.  Tom.I..  che  Augnilo 
fece  feppellirc  Agrippa  nel  fepolcro  ,  che  avea 
dellinato  per  sè  .  Può  aver  fervito  anche  per 
qualche  fontana  incontro  al  Panteon  ,  nella 
quale  gettartelo  acqua  i-  due  leoni,  clic  v'erano 
infieme  quando  fu  trovata  ,  e  poi  furono  po¬ 
lli  alla  fontana  Felice  a  Termini  da  Siilo  V. , 
come  narra  lo  Hello- Vacca. 


presso  i  Greci,  e  loro  Pittura  .  21 

piucchè  oggidì  vi  abbondava  ,  e  vi  fono  ,  fra  le  altre  ,  quelle 
dei  dodici  Cef^ri  nel  palazzo  Borghefe  . 

jf.  23.  Ma  fra  i  lavori  in  porfido  i  più  pregevoli  per  la 
difficoltà  ,  e  quafi  direi  inimitabili  ,  fono  certi  vafi  intera¬ 
mente  voti,  e  affottigliati  alla  grofiezza  d’una  penna  co’ lo¬ 
ro  contorni ,  e  fcanalature  all’orlo  ,  sì  nel  piede  cfie  nel  co¬ 
perchio  ,  in  guifa  che  al  primo  vederli  fi  conofce  tolto  ,  che 
fono  flati  lavorati  al  torno  .  Quelli  vafi  furono  trovati  den¬ 
tro  antichi  fepolcri ,  incalfati  nel  travertino  ;  per  la  qual  cofa 
sì  perfetti  e  interi  fi  fono  confervati  .  11  più  bello  fi  vede  nel¬ 
la  villa  del  cardinale  AlelTandro  Albani ,  e  colto  tre  mila  feu¬ 
di  al  Papa  Clemente  XI. 

jf.  24.  Che  gli  antichi  artilti  lavoralfero  al  torno  anche 
va  fi  di  altre  pietre  ,  ce  lo  attelta  Plinio  (a)  ;  e  ciò  ch’egli  dice 
altrove  delle  cencinquanta  colonne  del  labirinto  ,  fabbricato 
nell’ifola  di  Lenno  ,  tutte  lavorate  al  torno,  è  un  chiaro 
indizio  dell’abilità  de’ più  vetufii  artefici  in  quello  mecca- 
nifmo  .  Tali  colonne  Itavano  sì  ben  polle  in  bilico  ,  che  an¬ 
che  un  fanciullo  poteafe  far  girare  (b)  . 

jf.  2?.  Quefi:’ arte  di  lavorare  i  vafi  di  porfido  tennefi 
come  un  arcano  ,  fino  a  che  al  fignor  card.  Albani  riufeì 
di  togliere  quello  pregiudizio  ,  e  di  far  vedere  che  pur  oggidì 
i  noltri ,  non  meno  degli  antichi  artefici  ,  fanno  tornire  il 
porfido  con  farne  efeguire  uno  perfettamente  .  Vero  è  però 
che  colla  tre  volte  più  l’incavare  un  vafo  che  il  dargli  l’e- 
flerna  forma  ,  e  tredici  meli  di  lavoro  al  torno  s’ impiega- 
tono  per  il  fuddetto  .  Tutti  gli  altri  vafi  di  porfido  polli 
ne  palazzi  e  nelle  ville  di  Roma  fon  lavori  moderni  di  for¬ 
ma  inelegante  ,  e  quando  fon'  voti  ,  vedefi  che  fono  inca¬ 
vati  a  cilindro  :  il  che  fi  fa  con  una  grolla  canna  di  rame , 

1  ar- 

Ca)  Hi.  36.  cap.  22.  feti.  44.-  {b)  ih.  cap.  1 3.  feci.  1 9.  §.  J. 


LIB. VII. 
CAP.  I. 


LIB.  VII. 
CAP.  I. 


Baffi-rilievi . 


22  Meccanismo  della  Scultura 

larga  quanto  il  vano  che  vuoili  nel  vafo  ;  e  quella  vien  gi¬ 
rata  per  mezzo  d’un  adattato  manubrio  . 

jf.  26.  E’  da  notarli  che  le  llatue  di  porfido  hanno  la 
tella  ,  le  mani  ,  e  i  piedi  di  marmo  ,  anziché  della  llelTa  pie¬ 
tra  (a)  .  Nella  galleria  del  palazzo  Chigi ,  che  è  Hata  trafpor- 
tata  in  Drefda  ,  v’era  in  porfido  una  teda  di  Caligola,  ma  era 
moderna  ,  e  imitata  da  quella  di  bafalte  nel  mufeo  Capitolino: 
moderna  è  pure  una  tella  di  Vefpaiiano  della  llefia  pietra 
nella  villa  Borghefe  .  Le  quattro  figure  tutte  di  porfido  ,  po¬ 
lle  a  due  a  due  nel  palazzo  del  Doge  a  Venezia  ,  fon  la¬ 
voro  greco  del  ballo  impero  o  de’  tempi  polleriori  :  e  mo- 
ftrò  d’elìer  ben  poco  intelligente  dell’arte  Gerolamo  Mag¬ 
gio  ,  fcrivendo  che  quelle  rapprefentavano  i  liberatori  d  Ate¬ 
ne  ,  Armodio  e  Arillogitone  {a)  . 

jT.  27.  Poche  cole  dirò  de’  balli-rilievi  fcolpiti  nelle  fin 
qui  mentovate  materie  .  Non  devo  però  paffare  fiotto  filen- 
zio  l’ingiulla  accula  che  vien  data  generalmente  agli  anti¬ 
chi  fcultori  ,  cioè  che  fiu  i  balli-rilievi  ,  non  facendo  elfi 
nefluna  degradazione  nelle  figure  ,  abbiano  a  tutte  dato  un 
eguale  fporto  e  rilievo  .  Quella  obbiezione  contro  1  abilità 
degli  antichi  ardili  è  Hata  pubblicata  anche  ultimamente  da 
Pafcoli  nella  fina  Prefazione  alle  vite  de’ Pittori;  ma  ho  già 
detto  altrove  (b)  quanto  poco  conto  far  fi  debba  di  quello 
fcritcore  .  Per  dimollrare  il  contrario  ,  potrei  qui  indicare 
molti  de’ balli-rilievi  che  Hanno  in  Roma  allo  (guardo  de 
curiofi  pubblicamente  efpolli  ;  ma  alcuni  folo  ne  additerò 
ne’  quali  le  varie  degradazioni  delle  figure  fono  più  fenfibi- 
li  .  Tale  è  principalmente  il  beliilììmo  balio-rilievo  del  pa¬ 
lazzo  Rufipoli  da  me  pubblicato  ne’  miei  Monumenti  antichi  (h)  . 
La  figura  principale  rapprefentante  il  giovane  Telelo  è  ivi  sì 

fol- 

(*)  Come  è  ,  tra  le  altre  ,  la  Roma  fulla  (b)  Tomo  I.  in  fine  . 
fontana  nella  piazza  del  Campidoglio .  C^)  Num.72. 

(a)  Mifcell.  lib.  2.  cap.  6. 


presso  i  Greci  ,  e  loro  Pittura  .  23 

follevata  dal  fondo  ,  che  fra  quello  e  la  fella  entrano  due  di-  - - 

fa  :  dietro  a  Teiefo  Ila  un  cavallo  ,  che  per  conferenza  U3'VIl‘ 

^  ^  ^  ^  I 

dev’elfere  molto  men  rilevato  ,  e  prelfo  a  quello  è  un  vec¬ 
chio  fuo  fcudiere  ancor  più  leggiero  e  baffo  .  Rimpetto  a 
Teiefo  fiede  Auge  fua  madre  ,  di  cui  egli  impalma  la  delira  ; 
e  quella  ,  febbene  più  rilevata  che  lo  fcudiere  e  ’l  cavallo  ,  lo 
è  manco  del  figlio  ,  almeno  riguardo  alla  fella .  Pendono  in 
alto  una  fpada  ed  uno  feudo  ,  che  fono  con  fomma  legge¬ 
rezza  indicati  .  Hanno  limili  degradazioni  un  Satiro  che  giuo- 
ca  con  un  cane  nella  villa  Albani  ,  e  due  fagrifizj  ,  il  più 
grande  de’  quali  rapprefenta  Tito  .  Vedafene  la  figura  ne’ miei 
Monumenti  antichi  (a)  . 

jf.  28.  Al  meccanifmo  della  fcultura  appartiene  il  rap-  Figure reftatv- 
pezzamento  che  fi  feorge  in  parecchie  figure,  le  quali  dan-1**6’ 
neggiate  ne’ tempi  antichi  ,  allora  o  poco  dopo  furono  re- 
flaurate  .  Quello  talvolta  faceafi  per  rimediare  ai  difetti  del 
marmo  guaito  o  mancante  per  l’opera  che  fcolpir  fi  voleva  ; 
e  talora  per  rimettervi  ciò  che  erane  fiato  rotto  in  feguito 
di  tempo  . 

jf.  29.  Riparavanfi  i  difetti  del  marmo  collo  Hello  marmo 
pello  ,  per  mezzo  d’uno  fiucco  con  cui  riempievafi  il  voto  , 
e  fi  fuppliva  alla  mancanza  ;  ficcome  ho  olfervato  nella  co- 
feia  d’una  Sfinge  fiotto  gli  ornati  d’un’ara  infranta,  feoper- 
tafi  l’anno  1767-  nell’ifola  di  Capri  prelfo  Napoli,  e  collo¬ 
cata  nel  muleo  Hamiltoniano  . 

jf.  30.  Il  refiauramento  delle  parti  mutilate  faceafi  anti¬ 
camente  ,  come  fi  fa  oggidì ,  cioè  con  un  perno  ,  il  quale 
per  mezzo  de’pcrtugi  opportuni,  metà  entra  nel  vecchio  ,  e 
metà  nell’aggiunta  ,  e  l’una  parte  all’altra  fortemente  attaccata 
folliene  (a)  .  Tal  perno  era  per  lo  più  di  bronzo  ,  ma  talora 

an- 

(“)  Num.  17S,  rem.  aclio  2 3.  §.  Item  f.  Da  quefto  giurecon- 

(a)  Poi  lì  fermava  col  piombo  .  Paolo  nelle  Alito  ,  e  da  Pomponio  nella  /.  Si  ftacuam  14.. 

Pandette  Uè.  6.  eie.  z.  De  rei  vindic,  l.  In  De  auro  ,  argento  &c.  legato  ,  abbiamo  che 


LIB.  VII. 
CAP.  I. 


24  Meccanismo  della  Scultura 

anche  di  ferro  ,  qual  fi  vede  ,  per  omettere  molte  altre  fia¬ 
tile  ,  dietro  alla  bafe  del  Laocoonte  (a)  .  11  bronzo  è  però 
da  preferirli ,  poiché  non  produce  una  ruggine  dannofa  al 
marmo  (b)  ,  come  il  ferro  che  lo  corrode  tutto  all’intor¬ 
no,  principalmente  fe  refli  efpofìo  .aH’umidità  ,  come  fi  vede 
nel  torfo  delle  figure  d’un  Apollo  e  d’una  Diana ,  fcoperte 
a  Baja  ,  e  da  me  già  dianzi  mentovate.  In  quello  il  ferro  an¬ 
cor  vifibile  ,  con  cui  flava  attaccata  al  bullo  la  tella  rimef- 
favi ,  ed  or  nuovamente  perduta ,  ha  comunicato  il  color  di 
ruggine  fino  alla  metà  del  petto  .  Per  ovviare  a  quello  male 
gli  antichi  attaccavano  le  colonne  o  i  pilaflri  di  marmo  bian¬ 
co  alle  bali  con  perni  di  bronzo  ,  ficcome  ognuno  può  ve¬ 
dere  anche  al  dì  d’oggi  nelle  bafi  de’ pilaflri  del  tempio  di 
Serapi  a  Pozzuolo  (c)  . 

jf.  31.  Mi  fi  chiederà  per  avventura  in  qual  tempo  tali 
flatue  mutilate  furono  ,  e  dagli  antichi  refiaurate  .  Sembrerà 
flrano  che  ciò  dicafi  fucceduto  ne’  tempi ,  in  cui  l’arte  fioriva; 
e  pur  è  vero  .  Il  mutilamento  delle  greche  flatue  è  in  parte 
avvenuto  nella  Grecia  fleffa  ,  quando  gli  Achei  combattevano 
contro  gli  Etolj  ,  ficcome  più  diffufamente  dirò  ne’  Libri  fe- 
guenti  ;  in  parte  allorché  dalla  Grecia  in  Roma  trafportar  fi 
vollero  i  più  bei  monumenti  dell’arte  ;  e  in  parte  in  Roma 
medefima  .  Del  guaflo  dato  alle  flatue  in  Grecia  fono  pro¬ 
babilmente  un  teflimonio  quelle  che  furono  fcoperte  a  Ba¬ 
ja  » 

le  ftatue  {oleifero  reftaurarfi  con  braccia ,  la  ruggine  ,  o  verderame  ;  e  che  gli  antichi 
gambe ,  o  altri  pezzi  preli  da  altre  ftatue  .  per  guardamelo  folevano  ungerlo  con  olio  , 

(a)  Non  li  vede  altro  perno  in  quello  o  con  pece  fquagliata  .  ...... 

gruppo  ,  le  non  dietro  al  braccio  (iniftro  di  (c)  Un'  altra  ragione  ,  per  cui  gli  antichi 
Laocoonte  ,  ove  tino  fc  ne  vede  di  metallo  popoli  tutti  facevano  ufo  del  bronzo  ,  e  an- 
per  raffermarlo  col  braccio  deliro  della  figu-  che  del  femplice  rame  (  ellendo  il  bronzo 
ra  di  uno  dei  figli  ,  ove  li  era  rotto  il  mar-  un  comporto  di  rame  ,  di  ftagno  ,  e  di  al¬ 
mo  ;  e  non  può  elfere  antico  .  tre  materie  )  nelle  ftatue  ,  nelle  fabbriche , 

(b)  Ved.  Caylus  Ree.  d'Antiquit.  Tom.  il.  nelle  armi  ,  negli  utenlili ,  e  generalmente  in 
Anciq.R0m.prine.pag.2yq.,  ove  fa  la  Ideila  tutti  gli  {frumenti  ,  per  li  quali  ora  ado- 
riflemone  per  tutti  gli  ufi  ,  che  gli  antichi  prafi  il  ferro  ,  li  è  perchè  ve  n’era  in  mag- 
facevano  del  bronzo  principalmente  per  gli  gior  abbondanza  ,  che  di  ferro  .  Vegg.  Go- 
edifizj  .  Plinio  lib.  qq..  c.  q.  feci.  21 .  ollerva  ,  guet  Delia  Orig.  delle  hggi  ,  delle  arti  ,  ec. 
che  il  bronzo  luftrato  più  facilmente  prende  Tom.  I.  par.  I.  lib.  il.  are.  ri.  cap.  1  r. 


presso  i  Greci,  e  loro  Pittura.  2$ 

ja ,  poiché  colà ,  ov’erano  le  più  famofe  ville  de'  Romani  , 
dacché  le  arti  predo  quelli  s’ introdulTero  fino  alla  loro  de¬ 
cadenza  ,  non  furono  mai  tifate  ollilità  .  Egli  è  credibile  per 
tanto  che  sì  quelle  che  le  altre  llatue  ,  le  quali  per  avventu¬ 
ra  così  rappezzate  fcoprirannofi  a  Baja  o  in  que’  contorni  , 
fiano  fiate  portate  gualle  dalla  Grecia,  e  allora  rellaurate  ; 
poiché  dopo  gli  Antonini  cadde  l’arte  ad  un  tratto  dal  fuo 
fplendore  ,  e  più  non  fi  pensò  a  rellaurarne  i  pregevoli  mo¬ 
numenti  .  Lo  Hello  polliamo  dire  in  parte  delle  opere  che 
in  Roma  llelTa  trovanfi  mutilate  ,  fe  non  che  qui  denno  ave¬ 
re  grandemente  fofferto  e  per  l’incendio  di  Nerone  (a)  ,  e 
pel  tumulto  di  Vitellio  ,  in  cui  i  foldati  fi  difefero  nel  Cam¬ 
pidoglio  col  precipitar  fu  i  nimici  le  llatue  (b)  . 

jT.  32.  Io  non  parlo  qui  fe  non  di  que’ lavori  mutilati  che 
dagli  antichi  medefimi  furono  rellaurati  ,  e  non  già  di  quelli 
che  rotti  e  gualli  fi  difotterrarono  in  feguito  ,  e  che  proba¬ 
bilmente  lono  lagrimevoli  monumenti  dell’irruzione  de’ popoli 
fettentrionali ,  che  Roma  ,  il  Lazio  ,  l’ Italia  tutta  ,  e  la  Grecia 
medefima  devallarono  (c)  .  Troppo  m’è  dolorofa  la  rimem¬ 
branza  di  tanto  danno  ,  ed  io  qui  parlar  deggio  de’  lavori 
dell  arte  ,  non  del  loro  dillruggimento  . 

jf.  33.  Refla  che  per  ultimo  trattiamo  delle  gemme  in¬ 
cile  ,  e  della  maniera  con  cui  fono  Hate  lavorate  .  Ha  diffu- 
lamente  intorno  a  ciò  fcritto  il  fig.  Manette  (d)  ,  non  folo 
parlando  di  tutte  le  pietre  dure  e  preziofe  ,  in  cui  l’arte 
degli  antichi  s  è  efercitata  ;  ma  ha  altresì  chiaramente  efpollo 
il  meccanifmo  del  lavoro  ,  quale  ,  fecondo  lui ,  Bufarono  i 
Greci ,  e  quale  fi  tifa  oggidì . 

Tom.  II.  D  jf.  34.  Le 

(a)  Suetonio  in  Ner.  cap.  38.  capitolino.  Suetonio  in  Aulo  Vittll.  c.if. 

(b)  Vitellio  cioè  coltiinfe  Sabino  ,  e  gli  (c)  Vedi  apprello  libro  XII.  capo  ultimi» 
altri  Flaviani  a  entrare  in  Campidoglio ,  ove  §.  j.  e  6. 

li  oppi Cile  incendiando  il  tempio  di  Giove  (d)  Traile  dts  pierr.  gra\.  ec. 


LIB.  VII. 
CAP.  I. 


Gemme . .  „ 


2 6  Meccanismo  della  Scultura 

—  — jj',  34.  Le  più  celebri ,  tra  le  pietre  dure  ,  che  in  mag- 
db  vii.  gjQr  COpja  (JeUe  altre 'furono  nobilitate  dall’arte  greca  ,  fono 
CA‘  "  ’  la  corniola,  la  calcedonia  col  giacinto,  e  l’agata  coll’agato- 
nice  (a)  .  Quelle  fervirono  pei  lavori  in  rilievo  ,  offia  pe’ cam¬ 
mei  ,  e  quelle  pei  lavori  incavati . 

maniera  3S*  Non  v’ è  chi  quello  ignori  ;  ma  nelTuno  ha  faputo 
tfmcrderie...  ancora  ben  determinare  in  qual  maniera  incidelTero  gli  anti¬ 
chi  le  loro  gemme .  Ch’  eglino  adoperalTero  puntine  di  dia¬ 
manti  legati  fu  un  ago  d’acciajo  ,  ce  ne  fa  fede  Plinio  (a)  ; 
ma  egli  poi  non  ci  dice  fe  di  quelli  diamanti  fi  fervifiero  , 
come  fanno  dello  fcarpello  i  nollri  intagliatori  in  legno  ;  ov¬ 
vero  fe ,  attaccando  l’ago  diamantato  fu  una  ruota ,  lavoraf- 
fero  col  torno  ,  ficcome  far  fi  fuole  generalmente  oggidì  (b)  . 
Vi  fono  de’chiaii  fcrittori  sì  per  l’una  che  per  l’altra  opinio¬ 
ne  ,  ed  io  non  fono  tale  da  voler  qui  decidere  la  quiftione  . 
Softerrei  però  che  gli  antichi  conofceffero  l’ufo  della  ruota  e 
del  torno  ,  del  che  veggonfi  indizj  in  quelle  gemme ,  il  cui 
lavoro  è  flato  Col  abbozzato  ,  ma  non  finito  . 

jf.  36'.  Po  (leggo  io  fielTo  un’agatonice  lavorata  a  rilievo 
d’un  pollice  e  mezzo  di  diametro  ,  trovata  due  anni  fa  nelle 
catacombe  di  Roma  ,  in  quella  medefima  terra  che  fui  luogo 
fletto  era  fiata  ben  vifitata  ,  e  quindi ,  affinchè  nulla  fi  perdette 
delle  reliquie  de’  Santi  che  ivi  avrebbero  potuto  effiere  ,  por¬ 
tata  alle  Cappuccine ,  le  quali  nel  crivellarla  vi  trovaron  la 
detta  gemma  .  Pregevole  è  quefla  non  tanto  per  la  bellezza 
del  colore  ,  quanto  perchè  rapprefenta  un  tratto  della  fioria 
eroica ,  che  non  ci  è  pervenuto  ,  eh’  io  fappia  ,  fu  neffiun 
monumento  ,  cioè  Peleo  padre  d’Achille  allorché  ,  cacciando 
in  un  bofeo  con  Acafto  ,  e  da  quello  lafciato  indietro  ,  s’ad- 

dor- 

(a)  E  fafàrdenic»,  l'opalo  ,  ed  altre ,  del-  (b)  Oggidì  fi  mette  della  polvere  di  dia^ 
le  quali  parla  Plinio  I.37.  c.g.  fief.  r  4.  efegg.  mante  umettata  con  olio  filila  ruota  di  rame, 
(a)  Uh.  37.  cap.  4.  (e&.  tj.[  Solino  Poly-  o  d'acciajo  ,  la  quale  girando  opera  filila  pie- 
hijl.  cap „  pa.  tra .  Vegg.  Baillou  Mem.préf.  cc.  pag.  1  74. 


presso  i  Greci  ,  e  loro  Pittura  .  27 

dormente  ;  del  che  avvedutili  i  Centauri  voleano  ucciderlo  ,  = 
ed  uno  di  quelli  è  in  atto  di  gettarli  addollo  un  gran  falfo  ; 
ma  Chirone  lo  dello  e  falvò  ,  come  in  quella  gemma  lo 
falva  Pliche ,  con  cui  lì  volle  indicare  la  di  lui  vita  falvata  (a)  ■ 
Quella  gemma  li  vedrà  nella  terza  parte  de’  miei  Monumenti 
antichi  inediti . 

37-  Che  gli  antichi  pei  lavori  in  gemme  adoperalìero 
delle  lenti  che  ingrandilTero  gli  oggetti  è  molto  verolimile* 
febbene  non  ne  abbiamo  nefliina  prova  diretta  (i)  .  Chi  fa 
che  quella  utile  anzi  necefìaria  invenzione  non  fiali  ne’ tem¬ 
pi  ofeuri  perduta  come  molte  altre  ,  quale,  a  cagion  d’efem- 
pio  ,  è  quella  del  pendolo  ?  Ne’ tempi  di  mezzo  fervianfi  di 
quello  gli  Arabi  per  mifurare  il  tempo  colle  uguali  Tue  ofcil- 

D  2  Ia- 

Maggiore  di  Firenze  ,  dal  quale  pur  fi  rileva 
effer  egli  morto  nel  1317-  Se  pel  ritrovamento 
degli  occhiali  fomma  lode  fi  è  acquiftato 
l'Armati  ,  non  minore  al  certo  fi  deve  a 
F.  Alettandro  Spina  dell'Ordine  de' Predicato¬ 
ri  ,  Tuo  contemporaneo  .  V,  Redi  Len.  To¬ 
mo  1.  oper.  Tom.  IV.  Pag.  67.  Quelli  al  io- 
io  vederli ,  da  per  sè  (tefio  ,  trovò  la  manie¬ 
ra  di  lavorarli ,  ingegnandola  ancora  liberal¬ 
mente  a  chi  avelie  voluto  approfittartene  : 
motivo  per  cui  divennero  quelli  in  breve 
tempo  noti  e  comuni  ad  altre  nazioni  .  [  A- 
vanti  di  Salvino  d'Armato  degli  Armati  par¬ 
lò  delle  lenti  ,  e  degli  occhiali ,  Rogerio  Ba¬ 
cone  de’  Frati  Minori  inglefe  di  nazione  nella 
tua  opera  ,  che  viene  intitolata  Opus  majus, 
diflincl.venu.lt.  cap.ult.  p.  352.  ;  anzi  ,  come 
bene  olTerva  anche  il  P.Becchetti  Concin.  deli 
ifior.  ecclefiaft.  ec.  Tom.  XV.  lib.  LXXV. 
5».  XLV1. ,  li  fuppone  già  inventati  da  al¬ 
tri  .  Ecco  le  di  lui  parole  :  Si  homo  afpiciat 
literas  ,  b  alias  res  minutas  per  medium  cry- 
ftalli  ,  vel  vitrì ,  vel  alterius  pcrjpicui  Jup- 
gojiti  literis  ,  &  fit  portio  minor  fphere  ,  ca¬ 
put  convexitas  flit  verfus  ocu/um  ■  &  oculus 
Jìt  in  aere  ,  longc  melius  videbit  literas  ,  & 
apparebunt  ei  majores  .  Nam  fecundum  veri- 
tatem  canonis  quinti  de  ff.ks.ri co  (  o  come  in 
altro  codice  perfpicuo  j  medio  ,  infra  quod  eft 
res  vel  citra  ejus  eentrum  ,  b  cujus  convexi¬ 
tas  eft  verfus  oculum  ,  omnia  concordane  ad 
magnitudintm  ,  quia  angulus  major  eft  ,  fub 
quo  videtur  ,  &  imago  eft  major ,  b  loctis 
imaeinis  eft  propinquior  ,  quia  res  eft  inter 
oculum  ,  &  eentrum  ^  b  ideo  hoc  in ft rumen¬ 


ta)  Apollod.  hb.  9.  cap.  1 2 .  S.g.,  Schol. 
Pind.  Nemeft  4.  verf  sj.  [  Chirone  falvò  Pe- 
leo 1  dopo  che  fi  era  dettato  ,  ed  era  ftato  af- 
falito  dai  Centauri . 

(1)  Non  è  ftato  il  folo  Winkelmann  fra  i 
moderni  autori  ,  il  quale  abbia  creduto  noto 
agli  antichi  l'ufo  degli  occhiali  per  ingrandi¬ 
re  e  rifehiarare  l'oggetto .  Molti  foftenitori 
di  tale  opinione  novera  il  di.  Domenicoma- 
tia  Man  ni  Rag.  r.  degli  Occhiali  ,  Tom.  IV. 
Racc.  d’ Opujc.  fcìent.  Da  un  patto  di  Plinio 
lib.  7.  cap.  p  q .feci.  pp.  mal  intefo  ,  e  da  un 
fuppolro  verfo  di  Plauto  furono  eflì  tratti  in 
errore  ,  e  nello  fletto  vieppiù  confermati  da 
un’antica  ifcrizione  mal  interpretata  ,  nella 
quale  fatti  menzione  di  ceno  Patroclo  fab¬ 
bro  ocularìario  pretto  Aldo  Manuzio  ,  Rei- 
nefio  ,  Grutero  ,  ec.  Quel  tanto  ,  a  cui  arrivò 
rinduftria  degli  antichi,  fi  fu  di  adoperare 
un  vafo  di  vetro  ripieno  di  limpid’acqua ,  pila 
detto  da  Seneca  Quell,  nat.  lib.  i.c.6.  ;  il 
qual  vaio  collocava!!  fra’l  lume  e  gli  oggetti 
per  rifchiaratli  ed  ingrandirli  :  maniera  che 
pretto  alcuni  artigiani  fuol  praticarli  anche 
a’  dì  noftri .  Volendoci  noi  attenere  a’  docu¬ 
menti  recati  dal  fignorManni  Rag.a.ibid., 
contro  i  quali  nulla  oppor  fi  può  di  ragione¬ 
vole  ,  riconofcer  dobbiamo  l’ invenzione  de¬ 
gli  occhiali  ufeita  da  Firenze  ,  citta ,  ove  for¬ 
fè  maggiore  ne  era  il  bifogno  ;  e  l' inventor 
di  elfi  Salvino  d’Armato  degli  Armati  fulla 
fine  dei  lèccio  XIII.  Tal  gloria  gli  vieneat- 
tribuita  non  folo  da  alcuni  Icrittori  vicini  a 
que’  tempi  ,  ma  dal  medefimo  fuo  epitafio  , 
che  una  volta  vcdcali  nella  chicfa  di  s.  Maria 


LiB.  Vii. 
CAP.  I. 


2?  Mec  canismo  della  Scultura 

Jazioni  ;  ma  fé  dall’erudito  Eduardo  Bernardo  (a)  non  fi  folTe 
LIB' vn‘  ciò  ritrovato  negli  fcritti  di  quella  nazione  ,  noi  avremmo 

CAP.  I.  °  1 

tuttora  creduto  ,  che  Galileo  ne  avelie  il  primo  fatta  la  fco- 
perta . 

jf.  38.  A  quelle  ofiervazioni  fulla  maniera  d’incidere  le 
gemme  e  pietre  dure  aggiugnerò  alcune  notizie  fui  medefi- 
mo  foggetto  .  Soleano  gli  antichi  metter  lotto  la  gemma  una 
foglia  d’oro  .  Plinio  ciò  rapporta  riguardo  al  grifolito  che 
non  era  ben  trafparente,  affine  di  dargli  maggior  fuoco  (a); 
ma  fappiamo  che  lo  flelTò  faceafi  con  qualche  altra  pietra  che 
non  avea  bifogno  di  quello  lume  non  fuo  ,  come  vedefi  in 
una  belliffima  corniola  ,  di  un  fuoco  eguale  a  quello  d’un 
rubino,  in  cui  Agatangelo  ,  greco  ardila  ,  incile  la  fella  di 
Sello  Pompeo  .  Quella  pregevolifiima  gemma  legata  colla  men¬ 
tovata  foglia  in  un  anello  di  circa  un’oncia  d’oro  ,  fu  trovata 
in  un  fepolcro  prellb  a  quello  di  Cecilia  Metella  ;  e  dopo  la 
morte  dell’antiquario  Sabbatini ,  nelle  cui  mani  era  pervenu¬ 
ta  ,  comprolla  al  prezzo  di  200.  feudi  il  conte  di  Luna- 
villa  ,  da  cui  la  ereditò  fua  figlia  la  duchefia  di  Calabritto  a 
Napoli . 


jf.  39.  Non  farà  difearo  ,  io  mi  lufingo  ,  agli  amatori 

.  .  .  notizia  ■y  7  o  ’  o 

delie  piu  pie-  delle  belle  arti,  che  io  qui  accenni  brevemente  alcune  delle 

geveii  .  .  ^  1 

più  pregevoli  fra  le  antiche  gemme  ;  e  ficcome  diffidi  cola 
non  è  il  vederne  almeno  la  copia  fulle  palle  di  vetro ,  o  fu 

gii 


tum  cjl  utile  fenibus ,  Ù  habentìbus  oculos  de - 
biles  :  E  dijlincl.  alt.  cap.  ult.  parla  dei  tele- 
ièopj..  Gli  antichi ,  per  avvilo  di  M.  Varrone 
De  ling.  Jat.  Lib.  6,  princ. ,  per  veder  meglio 
oggetti  di  color  bianco  ,  come  lavori  minuti 
d’avorio.  Il  fervivano  di  fecole  nere  ;  egli  pe¬ 
rò  non  dice  come  .  Ma  per  ciò  ,  che  riguarda 
l’ufo  delle  lenti  predò  gli  antichi  ararti ,  é 
decifa  la  quertione  ,  aderendoci  il  rtgnor  Du- 
tens  Origine  des  découv.  attrib.  aux  mod > 
Tom.  ri.  par.  ni.  chap.i  o.  §.  27S.  p.  224. 
di  averne  vedute  parecchie  antiche  nel  reai 
mufeo  di  Portici  di  maggior  forza  di  quelle 
ulate  ordinariamente  dai  moderni  ararti . 


Alcune  non  hanno  che  quattro  linee  di  fuoco; 
ed  una  meno  forte  trovata  nelle  rovine  d’Er- 
colano  dice  di  podederla  egli  ftello  .  Per  ri¬ 
crearli  poi  la  villa  quando  erano  fianchi  gli 
artifti  guardavano  uno  fmeraldo  ,  che  col  fuo 
color  verde  era  di  follievo  .  Plinio  lib.  37. 
cap.  j.  feci.  17. 

(a)  Epift.  ad  Huntingtonem  ,  Tranf.Phi- 
lofoph.  amo  1ÓS4.  num.ipS.  pag  jÓ7.,  e 
num.  1  63.  ,  Dutens  loc.  cit.  chap.  6.  §.  240. 
pag.  1 37. 

(a)  lib.  37.  c.ap.  0.  feti.  42.  [Dice  che  vi 
fi  metteva  una  foglia  d'oricalco  . 


presso  i  Greci  ,  e  loro  Pittura  .  29 

gli  zolfi,  potranno  così  paragonarle  con  altre  che  loro  ca-  — ' - 

dranno  fott’occhio  ,  e  non  fenza  fondamento  giudicarne.  Ri- 

.  CA P •  1  • 

ftringerommi  a  quelle  fole  che  ho  io  Peno  vedute  o  in  origi¬ 
nale  ,  o  fu  e  fatte  imprefiìoni  .  Parlerò  prima  delle  incife  ,  in¬ 
di  delle  rilevate  ,  ìtro%n  ,  ^  stolti  ( a )  . 

jf.  40.  Fra  le  gemme  incife  ,  cominciando  dalle  tefle  ,  •••  sì  incife ... 
quella  d’unaPallade  col  nome  dell’ incifore  Aspasio  nell’ im¬ 
periai  mufeo  di  Vienna  ,  quella  d’un  giovan  Ercole  nel  muleo 
Stofchiano  ,  e  principalmente  quella  dello  fteffo  giovan  eroe 
india  in  uno  zaffiro  da  Gnajo  o  Cnejo  nel  muleo  Strozzi  a 
Roma  ,  fono  lavori  eccellenti  ,  e  darci  polTono  la  più  alta 
idea  della  perfezione  ,  a  cui  era  Hata  portata  quell’arte  .  Pof- 
fo  pure  con  ragione  qui  nominare  fra  gli  Antichi  di  quello 
mufeo  la  tefta  d’una  Medufa  ,  non  la  celebre  calcedonia  in¬ 
dia  da  Solone  ,  che  è  il  ritratto  d’una  bella  perfona,.  anzi¬ 
ché  una  bellezza  ideale  (a)  ,  ma  una  più  piccola  in  corniola  . 

Vanno  del  paro  con  quella  il  pretefo  Tolomeo  Aulete  nel 
mufeo  del  re  di  Francia ,  che  verolìmilmente  è  un  Ercole  in 
Lidia,  come  ho  dimoilrato  nel  Tomo  1.  (b)  ,  la  pocanzi  men¬ 
tovata  tella  di  Sello  Pompeo  india  da  Agatangelo  ,  e  quella  di 
Giulia  figliuola  di  Tito  ,  india  da  Evodo  in  un  gran  berillo, 
efillente  nell’abazia  di  s.  Dionifio  a  Parigi  ( b )  . 

jf.  41.  Tra  le  figure  intere  incile  in  gemme  è  fommamen- 
te  pregevole  Perfeo  lavoro  di  Dioscoride  nel  mufeo  Farnefia- 
no  a  Napoli  ,  di  cui  però  non  deefi  portar  giudizio  fulla 
Rampa  pubblicatane  ,  ove  gli  è  tolta  tutta  l’aria  giovanile  . 

Hanno  pure  molto  merito  Ercole  ed  loie  incili  da  Teucro 
nei  mufeo  granducale  a  Firenze,  l’Atalanta  del  mufeo  di  Stofch, 
e  un  ignudo  giovane  che  porta  fulle  Ipalle  un  troco  (  cerchio 
di  bronzo  che  ferviva  per  certo  giuoco  )  in  una  bianca  e  traf- 

,  •  pa" 

00  Sext.  Einp.  Pirrh.  hypot.  lib.  2.  cap.  7.  antiq.  grav.  pi.  6$.  ,  ne  dà  la  figura  in  rame  . 

princ.  ■  (B)  Libro  V.  cupo  V.  ^.p.pag.jóo* 

(a)  Vedi  Tomo  I.  pag.324..  ,  Stofch  Picrr.  (b)  Stofch  lo c.  cit.pl.33. 


30  Meccanismo  della  Scultura 

a-g - parente  corniola  del  fignor  Byres  architetto  fcozzefe  in  Ro- 

^ap']11  ma  '  pubblicata  quella  gemma  (a)  ;  ma  la  figura  non 

agguaglia  la  beltà  dell’originale ,  ove  fra  le  altre  parti  bel- 
liffima  è  l’orecchia  (a)  . 

icvòcheinri’  42'  De^e  gemme  rilevate  odia  cammei,  che  celebri 
perfone  rapprefentano  ,  merita  il  primo  luogo  il  bullo  d’Au- 
guilo  in  una  calcedonia  di  color  di  carne,  alta  più  d’un  palmo 
romano  ,  e  incorporata  alla  biblioteca  Vaticana  con  tutto  il 
mufeo  del  Cardinal  Garpegna  .  Buonarruoti  ce  ne  ha  data  la 
figura  e  la  defcrizione  (b) .  Ha  pur  molto  pregio  il  Caligola  , 
che  comprò  in  Roma  il  fignor  generale  Waimoden  minillro 
plenipotenziario  della  gran  Brettagna  predo  l’ Imperiai  corte 
di  Vienna  . 

jf.  43.  I  due  Tritoni  del  fignor  Jennings ,  il  Giove  che 
fulmina  i  Titani  incifo  da  Atenione  nel  mufeo  Farnefiano  a 
Napoli  (  di  cui  daremo  la  figura  a  principio  del  Libro  X.  ) , 
e  quello  che  fi  moflra  a  Semele  nel  mufeo  del  Principe  di 
Piombino  a  Roma  ,  fono  affai  pregevoli  tra  le  gemme  antiche 
rapprefentanti  figure  intiere  a  rilievo  .  Ma  a  neffuna  certa¬ 
mente  cedono  due  gemme  elìdenti  Luna  preffo  il  fignor 
Mengs  (b)  ,  e  l’altra  nel  mentovato  mufeo  Piombino  ,  lavo¬ 
rate  in  maniera  che  quali  tutto  il  contorno  delle  figure  d’un 
belliflìmo  bianco  è  rilevato  ,  e  cupo  n’è  il  fondo  :  la  prima 
rapprefenta  Andromeda  e  Perfeo  fedenti  fu  un  letto  (c) ,  e  la 
feconda  il  giudizio  di  Paride  in  cinque  figure  .  Non  polliamo 

im- 

(a)  Monum.  arte.  ined.  num.igó.  no,  non  era  da  riprenderne  sì  afpramente 

(a)  Quella  gemma  è  moderna  ,  e  lavoro  Winkelmann  ,  fino  a  dire  ,  che  moftrò  di 
del  fignor  Pichler  giuniore  uno  de'  più  valenti  eflere  sfornito  di  tutto  ciò  ,  che  fpetta  alla 
artifti  in  quello  genere.  ElTendogli  Hata  ru-  perizia  antiquaria ;  come  fcrifle  il  fig.  abate 
bata  ,  fu  innocentemente  venduta  per  antica  Bracci  DiJJert.  fopra  un  clipeo  vot.  ec.  prefa{. 
al  fignor  Byres ,  dalle  cui  mani  pafsò  in  Pari-  pag.  7. 

gi  :  e  non  fi  farebbe  riconofciuta  forfè  mai  (b)  OJfcrv.  fopra  ale.  med.  pag.  4f. 
per  moderna  ,  fe  non  folle  per  cafo  ritornata  (b)  Dopo  la  di  lui  morte  comprata  dalla 
in  mano  dello  ftelfo  Pichler  ,  il  quale  torto  la  Imperatrice  di  tutte  le  Rurtìe  per  5000.  feudi 
riconobbe  ,  e  la  confefsò  per  opera  fua  .  E  romani  . 

fe  fra  tanti  valentuomini  non  vi  fu  pur  uno ,  (c)  O  piuttofto  fu  d’uno  fcoglio . 

che  iapclfe  riconofcerla  per  lavoro  moder- 


presso  i  Greci  »  e  loro  Pittura  .  3 1 

immaginarci  una  perfezione  maggiore  ,  fia  nel  difegno  ,  fia 

nel  lavoro  (a)  .  Nello  fletto  mufeo  fi  vede  una  Ninfa  fedente  LIB  Vn 
.  .  .  .  .  ,  cap.  r. 

incifa  in  un  agatomce  (b)  ,  alta  circa  un  mezzo  palmo  ,  che 

è  il  più  bel  pezzo  nel  fuo  genere  ,  e  forfè  il  folo  che  fi  trovi 

nel  mondo  . 

(a)  Quella  feconda  non  agguaglia  il  me-  (»)  È  una  corniola  venata  di  calcedonia . 
rito  del  tal  tra  . 


Ca- 


LIB.  VII. 
CAP.  II. 


De’  lavori  in 
bronzo  . 

I  Greci  arti- 
iti  lo  prepara¬ 
vano  per  get¬ 
tarlo  . ... 


32  Meccanismo  della  Scultura 

£?--■  ■ -  - - - ,  , 


Capo  II. 

De  lavori  in  bronzo  —  I  greci  artijìi  lo  preparavano  per  gettarlo  .  .  . 
nelle  forme  —  Quindi  fufo  lo  univano  ...  e  faldavanlo  -  Intarla¬ 
tura  fattavi  fopra  -  Patina  verdognola  —  lndoravafi  il  bronzo  — 
Due  maniere  d’indorare  —  Talora  fit  pur  indorato  il  marmo  -  Com- 
mettevanfi  gli  occhi  alle  figure  --  Ragguardevoli  fatue  di  bron¬ 
zo  ..  .  nel  ninfeo  d’ Ercolino  .  .  .  a  Roma  . . .  nella  villa  Albani  .  .  . 
a  Firenze  ...  a  Venezia  .  .  .  a  Napoli .  .  .  in  Ifpagna  .  .  .  in  Ger¬ 
mania  ...  e  in  Inghilterra  —  Delle  monete  falfificate  e  indorate  . 

I 

Il  meccanifmo  de’ lavori  in  bronzo  confitte  principalmente 
nella  fufione  del  metallo  .  A  quella  lo  preparavano  gli  anti¬ 
chi  ,  come  fi  ufa  oggidì ,  mefcolandovi  dello  ftagno  ,  affin¬ 
chè  fi  fendette  più  facilmente  (a)  ;  poiché  ,  quando  non  v’è 
fufficiente  copia  di  ttagno  ,  il  bronzo  non  vuole  fcorrere  ,  e 
allora  dicefi  incantato  .  Narrava  a  quello  propofito  Benvenuto 
Cellini ,  celebre  ed  efperto  fonditore ,  che  ,  avendo  egli  a 
gettare  una  ftatua  ,  ordinò  che  mentre  definava  fi  aprifle  il 
foro  del  fornello  ,  onde  il  fufo  metallo  colafle  nell’apprettata 
forma  ;  e  quando  uno  degli  operaj  venne  ad  avvifarlo  che 
la  fufione  erafi  fofpefa  ,  diedegli  i  piatti,  e  tondi  di  ftagno, 
di  cui  fervivafi  ,  acciò  li  gettalfe  nel  forno  ;  il  che  eftendo 
flato  fatto  ,  il  bronzo  acquiftò  immantinente  la  neceftaria 
fluidità  (b)  . 

/.  1.  Per  avere  una  più  ficura  e  facile  fufione  fi  getta¬ 
vano  talora  delle  figure  di  rame  ;  e  di  tal  materia  fono  i  quat¬ 
tro 

(a)  Plinio  Uh.  34.  cap.  8.  feti.  zo. ,  e  ivi  forza  terribile  del  fuoco  ,  fece  prendere  tut- 

Arduino  not.  9.  ti  i  fuoi  piatti  ,  fcudelle ,  e  tondi  di  ftagno , 

(b)  Cellini  racconta  nella  (uà  vita  p.27 5.  ,  i  quali  erano  in  circa  duecento ,  e  in  parte 
che  aflìfteva  al  getto  d'una  ftatua  ;  e  avendo  li  mife  a  uno  a  uno  nelli  canali  ,  e  parte 
veduto,  che  il  metallo  non  correva  per  ef-  li  fece  gettare  dentro  alla  fornace  j  con  che 
ferii  confumata  la  lega  dello  ftagno  colla  la  fufione  andò  a  perfezione , 


presso  i  Greci,  e  loro  Pittura.  33 

tro  cavalli  di  Venezia  ,  de’ quali  parlerò  più  lòtto  .  Si  pre-  ■ 
feriva  anche  il  rame  al  bronzo,  quando  voleanfi  indorare  le  LIB-WI' 
fiatile  ,  sì  perchè  quello  più  facilmente  di  quello  s’indora  ,  sì 
perchè  colla  meno  ,  e  vana  farebbe  Hata  la  fpefa  nei  bronzo 
che  doveva  elfere  coperto  . 

jf.  2.  A  quella  necelfaria  addizione  dello  llagno  ai  bron¬ 
zo  quando  ha  fotferto  nella  fua  prima  compofizione  dob¬ 
biamo  attribuire  tutti  que’  bucolini ,  o  bullolette  che  olfer- 
viamo  negli  antichi  lavori  ;  poiché  lo  llagno  ,  come  materia 
più  fluida ,  venendo  più  facilmente  confluito  dall’azione  del 
fuoco  ,  lafcia  nel  bronzo  voti  gl’  inferiti zj  che  occupava  ,  e 
lo  rende  quali  limile  ad  una  pomice  ,  e  aliai  leggiero  .  Que¬ 
lla  leggerezza  è  ben  fenlibile  fulle  grandi  monete  ,  dette 
medaglioni ,  che  fono  Hate  nel  fuoco  ;  e  loro  altresì  avviene 
che  eliendo  private  dello  llagno  ,  quali  della  loro  parte  oleo- 
fa  ,  fe  dopo  d’eflere  Hate  difotterrate  fidano  per  qualche  tem¬ 
po  efpofte  all  aria  o  all’umido  ,  veftonli  d’una  patina  verde 
che  il  vecchio  bronzo  corrode  e  dillrugge  . 

jf.  3.  Per  dire  qualche  cofa  delle  forme  ,  in  cui  gli  anti- ... nelleforme. 
chi  gettavano  il  bronzo ,,  olferverò  che  ognuno  dei  quattro 
cavalli,  polli  fui  portale  della  chiefa  di  s.  Marco  a  Venezia, 
è  fiato  fufo  in  due  forme  ,  delle  quali  ognuna  comprcndeane 
la  metà  pel  lungo  ,  cioè  dalla  tella  alla  coda  :  in  tal  modo 
non  era  neceflario  rompere  la  forma  dopo  il  getto  ,  liccome 
far  li  fuole  generalmente  (a)  . 

jf.  4.  Ne’  lavori  di  getto  è  pur  da  oflervarli  l’arte  con  Quindi  funi- 
cui  i  varj  pezzi  di  metallo  a  varie  riprefe  gettati  inlieme  fi'*1110''" 
univano  ,  principalmente  preflo  i  più  antichi  ,  i  quali  in 
tal  maniera  formavano  le  fiatile  ,  attaccandone  fra  di  loro 
Tom.  IL  jE  le 


(a)  Per  fare  le  forme  gli  antichi  fi  fervi-  te  a  Plinio  tib.ii.  cap.io.fecl.  20.  2.  ;  e 
\  ano  della  creta  ntelcolata  con  fiore  di  fa-  lo  ha  notato  anche  \finkelmann  atei  1  om.I. 
una  ,  come  bene  olìerva  TArduino  nelle  no-  pag.  2  j.princ. 


LI 8.  VII. 
CAP.  il. 


34  Meccanismo  della-  Scultura 

le  parti  con  de’ chiodi  :  così  fu  lavorato  il  Giove  a  Sparta  da 

Learco  di  Reggio  della  fcuola  di  Direno  e  Scilli  (a) . 

jf.  Quello  più  facil  metodo  di  formare  le  rtatue  li  con- 
fervò  anche  ne’  tempi  pofteriori ,  come  appare  da  fei  figure 
muliebri  di  grandezza  naturale  e  meno  nel  mufeo  d’Ercola- 
no  ,  nelle  quali  non  folo  attaccate  fono  le  tette  ,  le  mani ,  e  i 
piedi  ,  ma  nemmeno  d’un  pezzo  folo  è  il  corpo;  e  tutt’i 
pezzi  fono  innettati  fra  di  loro  cogl’incaftri  fatti  in  quella 
forma  l>=C|  »  che  noi  chiamiamo  a  coda  di  rondine .  Il  breve 
manto  delle  accennate  figure ,  comporto  di  due  pezzi ,  uno 
dinanzi  e  l’altro  di  dietro,  vien  in  tal  maniera  unito  inficine 
fulle  lpalle  ,  ove  rapprefentali  abbottonato  . 

jf.  6.  Con  quello  metodo  gli  antichi  li  elimevano  dal 
pericolo  delle  fulioni  fallate ,  o  mancanti ,  che  troppo  dif¬ 
ficilmente  fi  evitano  ne’ getti  delle  intere  rtatue  ,  principal¬ 
mente  fu  alcune  parti  (a)  .  Quando  pur  quelli  falli  accadeva¬ 
no,  vi  li  apportava  il  riparo  con  un  rappezzamento  ,  di  cui 
vedonlì  le  tracce  ne’ mentovati  cavalli  di  Venezia ,  ove  i  pezzi 
mancanti  fono  attaccati  con  de’  chiodi  ,  come  li  può  vedere 
dalle  medelìme  figure  in  rame  che  ne  abbiamo  (b)  .  Io  pof- 

feg- 


(c)  Pauf.  lib.  i.  c.ip.  i  j.  pag.  z  r  i .  in  fine . 

_  (*">  Gli  antichi ,  per  quanto  (crive  Filone 
di  Bifanzio  De  Jepcem  orb.fipett.  cap.f.p.r  3. 
non  facevano  {tatua  alcuna  ,  intendendo  di 
grandi  ,  tutta  d’un  ibi  getto  ;  ma  le  facevano 
a  pezzi  membro  per  membro  ,  unendoli  poi 
infieme  a  norma  del  modello  ,  che  ne  ave¬ 
vano  fatto  da  principio  :  Simulacra  arrìfices 
primitm  fingane  ,  dei.ide  in  membra  divìja 
confian: ,  Tandem  omnia  rette  compofita  erì¬ 
gane  .  Ma 'non  dice  come  unilTero  le  parti , 
fe  per  mezzo  di  chiodi  ,  o  di  falciatura  .  Il 
cololfo  famofo  di  Rodi  fu  fatto  anche  a  pez- 
■zi  ,  ma  in  altro  modo  ;  cioè  ,  come  feguita  a 
dire  Filone  ,  prima  fi  gettava  una  parte  ,  co¬ 
minciando  dalle  gambe,  la  quale  poi  fi  cir¬ 
condava  tutta  di  terra,  e  fopra  vi  fi  gettava 
l'altra  ;  e  cosi  di  mano  in  mano  .  Dal  che 
pare  ^  che  polliamo  arguire  ,  come  olferva 
Guafco  De  t‘U finge  dee  fin.  1.  par.  eh. XIV 
FaG-<  SO-  >  gli  antichi  fapeffero  unire  il 


getto  freddo  al  caldo  ;  come  fra  i  moderni 
Fu  praticato  dal  le  Moine  nella  ftatua  eque- 
lf  re  gettata  in  Bourdeaux  ,  a  cui  fece  la  metà 
fuperiore  con  un  fecondo  getto  per  riparare 
al  primo  fallato  . 

(b)  Si  veda  anche  per  elempio  la  Tav.  V. 
del  Tomo  antecedente  di  quella  Storia .  Quel 
taglio  ,  che  dal  mento  feende  fino  alle  fpalle 
della  figura  ,  indica,  che  elfa  fu  rotta  in  quel 
luogo  ,  o  era  vicina  a  romperli  ;  e  da  tempo 
an  tic  biffi  mo  fu  afibdata  con  un  perno  della 
ftelfa  materia  lotto  al  mento  ,  che  fi  vede 
indicato  anche  nella  det-a  Tavola  .  Nelle  al¬ 
tre  figure  in  bronzo  ,  che  ho  veduto ,  e  fpe- 
cialmente  in  una  mezza  gamba  di  cavallo 
grande  quali  al  naturale  ,  i  molti  falli  ,  che 
v’  erano  flati ,  fi  vedono  rappezzati  con  de’ 
piccoli  pezzi  quadrilunghi  dello  {fello  metal¬ 
lo  ,  perfettamente  faldati  ,  per  quanto  mi 
pare  ,  collo  flelfo  metallo  ,  come  ora  dire¬ 
mo  ,  che  facevano  gli  antichi . 


presso  i  Greci,  e  loro  Pittura.  3? 

fecgo  un  pezzo  ,  che  verofimilmente  è  una  rappezzatura  d’un  — — 
getto  fallato ,  e  che  appartenne  ad  una  giovanile  {fatua  d’uo-  cAp  ^ 
mo  di  grandezza  naturale ,  di  cui  ,  oltre  quello  pezzo  ,  non 
s’ è  confervata  che  la  fella ,  la  quale  flava  dianzi  nel  mufeo 
de’  Certofini  a  Roma  ,  ed  è  ora  nella  villa  Albani .  Quello 
rapprefenta  le  parti  fefluali  ,  che  alla  llatua  erano  Hate  ag¬ 
giunte  di  poi  ;  ed  è  rimarchevole  ,  che  interiormente  in  quel¬ 
la  parte ,  a  cui  corrifponde  il  pettignone  ,  veggonfi  tre  let¬ 
tere  greche  inx  lunghe  un  palmo  ,  che  mai  non  fi  fareb- 
bono  potute  vedere  fe  non  faceafi  in  pezzi  la  llatua .  Mont- 
faucon  fu  mal  informato  quando  credè  che  la  llatua  di  M. 

Aurelio  a  cavallo  folle  battuta  a  martello  ,  anziché  lufa  (a) . 

jf.  7.  La  faldatura  nelle  figure  in  bronzo  degli  antichi  fi  v^oe  Gddl“ 
fcorge  ne’  capelli  e  nelle  ciocche  pendenti  sì  ne  prifchi  la¬ 
vori  che  in  quelli  del  fior  dell’arte  .  Il  più  antico  monumen¬ 
to  ,  ove  ciò  fi  ravvili  ,  e  al  tempo  Hello  una  delle  più  ve- 
tulle  opere,  è  un  bullo  femminile  del  mufeo  d’Ercolano, 
in  cui  dalla  fronte  fino  alle  orecchie  a  quattro  o  cinque 
giri  vi  hanno  cinquanta  ricci ,  che  fembran  fatti  d’un  fil  di 
ferro  ,  grofìb  quanto  una  penna  da  fcrivere  ,  e  vi  fono  l’un 
full’ altro  faldati .  I  capelli  di  dietro  fono  fatti  a  treccia ,  e 
circondante  il  capo  .  Nel  mufeo  medefimo  ha  i  capelli  ùmil¬ 
mente  faldati  una  giovane  fella  virile;  e  un’altra  tella  ,  che 
fembra  eflere  un  ritratto  ,  ha  così  attaccati  fellantotto  ricci  , 
oltre  quelli  che  le  pendono  fciolti  fui  collo  ,  e  che  fono 
flati  gettati  infieme  alla  tefta  medefima  .  Ognuno  di  que’  ric¬ 
ci  è  fimile  ad  una  piccola  llrifcia  di  carta  rotolata  e  quindi 
tefa  pei  due  capi ,  onde  vien  a  prendere  una  forma  fpirale . 

Cinque  e  più  fpire  hanno  quelli  che  cadono  fulla  fronte  : 
quelli  che  pendono  fui  collo  ne  hanno  perfin  dodici  ,  e  tutti 
hanno  ai  due  lati  incifa  full’orlo  una  linea  . 

E  2 


(a)  Di ar,  ìlclL  Cap.i  3.  frinì'.  pavido. 


jf.  8.  Che 


3#  Meccanismo  delia  Scultura 

«^=3=  jf,  8.  Che  queft’ufo  fiali  mantenuto  preflo  gli  artifti  an~ 

cap?/'  C^e  ne’Più  bei  temPi  ’  aPPare  da  una  tefta  ideale  del  me» 
defimo  mufeo  ,  che  generalmente  vien  detta  la  tefta  di  Plato 
ne;  ed  è  lenza  dubbio  uno  de’ più  bei  lavori  in  bronzo  ,  che 
ci  abbia  tramandato  l’antichità  ;  ha-  quefta  eziandio  i  ricci 
alle  tempie  faldati  (a)  . 

fcSS?  i*--  9-  Diremo  pur  qualche  cofa  delle  intarfiature  in  bron¬ 
zo  .  11  diadema  dell’Apollo  Saurofìonos  (  Lucerticida  )  nella  vil¬ 
la  Albani ,  le  bah  di  alcune  figure  del  mufeo  Ercolanenfe ,  e 
alcuni  lavori  riferiti  dal  Buonarruoti  0)  fono  di  bronzo  in- 
tarfiati  d’argento  .  Ufavafi  anche  talora  di  fare1  alle-  ftatue  le 
ugne  d  argento  ,  sì  alle  mani  che  ai  piedi ,  come  vedefi  in 
due  figurine  del  mufeo-1  d’Ercolano  ;  e  tale  era  una  ftatua 
rammentata  da  Paufania  (J>)  (b)  .  I  quattro  cavalli  indorati , 
che  il  celebre  e  ricco-  oratore  Erode  Attico  fece  collocare  a 
Corinto  ,  aveano-  Pugna  d’avorio  (c)-. 

Patins  verdo-  fi  ■  i  o.  Nè  dee  qui  paftarfi  fotto  filenzio  quel  colore  che 
acquifta  il  bronzo  col  tratto  di  tempo  ,  e  che  accrefce  pregio 
alle  ftatue  .  Nafce  quefto  colore  da  una  patina  verdognola  che 
tanto  piu  e  bella  ,  quanto  più  fino  è  il  bronzo  ,  e  da’Ro- 
mani  chiamava!!  <zmgo  ,  onde  a  ragion  fu  detta  da  Orazio  nobi¬ 
li*  utrugo  (c)  .  11  metallo  di  Corinto  prende  un  verde  lucido  (d)  , 
qual  fi  vede  filile  monete  e  fu  qualche  ftatuina  (d)  .  Le  ftatue 
e  le  tefte  del  mufeo  d’Ercolano  fono  d-’un  verde-cupo  ,  che  però 

è  ar- 

(a)  Dal  giu  reco  n  fui  to  Paolo  nel  luogo  ci-  trovò  l’arte  di  falciare  il  ferro  col  ferro  me- 
?r\j  ra  a^,a  P^S'2  3-  not-  A*  abbiamo,  che  delìmo,  fu  un  certo  Glauco  da  Scio  .  Paufania 
li  ialdatlero  alle  Ifratue  arichc  le  braccia  ,  le  lìb.io.  cap.  i  6  .  pag.  834. 
gambe,  ed  altre  parti  relfraurate;  e  che  fi  (d)  Pref.- alle  ofjerv.  fopra  alcuni  medagL 
lalclava  o  col  piombo  (volendo  forfè  inten-  pag.  XIX. 

•dcre  del  piombo  bianco,  o  (fragno  ,  di  cui  (£)  lib.  r.  cap, 2.4.  pag*yy  ,princ. 
par  _a  Plinio  iia.34.cap.!  7.  felì.48.  )  ,  0  collo  (b)  Un  buffro  riportato  in  rame  dal  P.  Pà- 

'L ,  j.°  metallo  5  nelle  quali  maniere  li  ufava  ciaydi  Monum.  Pelop.  Tom.  il.  pag.  6 9.  ha 

ialdare  anche  1  argentò  , ^ come  fi.  rileva  da  le  labbra  d*argento . 

Pomponio  nella /.  Quid-quid  27^.  prìnc.  ff.  De  (c)  Idem  lió.  2.  cqp.i . pag.t  1  g.princ. 

aaquir.  rer.  dom .  L’oro  ,  al  dire  dello  dello  (c)  Non  ho  faputo  trovare  ove  dia  alla 

1  limo  lib.33.  cap.  j.  JeU.2p. ,  lì  faldava  colla  patina  l’epiteto  di  nobile  . 
cnlocoPa  ,  temperata  con  ruggine  di  Cipro  ,  ( d )  Plin.  lib. 37.  cap.  1 0.  feti,  j j. 

Jànna  di  fanciullo ,  e  nitro  .  Il  primo ,  che  (d)  Queffro  metallo  più  tardi  degli  altri  li 


potsso  i  Greci  ,  e  loro  Pittura  .  37 

è  artifiziale  ;  poiché  eflendo  flati  tutti  que’  monumenti  tro-  1 

vati  rotti  e  in  pezzi,  fu  necertario  unirli  infieme  e  falciarli  LIB'vn‘ 

»  CAT,  u 
eoH’ajuto  del  fuoco  ,  che  diltrulìe  l’antica  patina,  onde  vi 

fu  data  la  nuova  :  ofìervandofi  generalmente  che  ,  quanto  ha 
un  più  bel  verde  la  patina  ,  tanto  più  antico  è  il  lavoro  ;  col¬ 
la  qual  maflìma  gli  antichi  preferir  folevano  le  antiche  fia¬ 
tile  alle  moderne  . 

jf.  11.  Molte  Hatue  di  bronzo  fono  Hate  indorate  ,  come  jndoravafi  il 
dimoftra  l’oro  Hello  ,  che  ancora  fi  fcorge  nella  (fatua  eque- 
rtre  di  M.  Aurelio  (a)  ,  negli  avanzi  della  quadriga  che  ftava 
nel  teatro  d’Ercolano  (1)  ,  nei  quattro  cavalli  di  Venezia  ,  e 
nell’Èrcole  del  Campidoglio  (4)  (2)  .  Che  l’indoratura  fiali 
confervata  in  lavori  rimarti  per  molti  fecoli  fotterra  ,  attribuirli 
deve  alla  grortezza  delle  foglie  d’oro  ,  che  gli  antichi  non  uba¬ 
vano  tirare  a  tanta  fottigliezza  ,  come  facciam  noi  (b)  ;  e 
Buonarruoti  ne  ha  latta  vedere  la  differenza  (b)  .  Quindi  è  che 
sì  belle  e  sì  frefche  fono  le  indorature  di  due  camere  nelle 

rui- 


copriva  di  verde  rame ,  o  patina  ,  come  notò 
Cicerone  Tufcul.  qus.fi.  lib.  4..  cap. 14.  Vedati 
anche  Plutarco  Cur  nunf  Pythia  non  reddat 
orac.  carmcprinc.  ,  op.  Tom.  il.  p.  qp  p. ,  ove 
cerca  la  ragione  per  cui  (fuetto  metallo  pren- 
dclfc  la  patina  .  Plinio-  lib.  34.  c.i  r  .feci.  26. 
rifcrifce  varie  maniere  di  fare  artificiofamen- 
te  il  verde  rame  ;  ma  non  dice ,  che  li  ado- 
pratfe  a  colorirne  i  lavori  dell’arte. 

(a)  Scipione  Metello  di  guelfe  (fatue  e- 
queltri  indorate  ,  ne  collocò  una  turma  in 
Campidoglio.  Cicerone  ad  Attic.  l.ó.ep.i. 
Vedi  qui  appretto  cap.  IV.  §.  penule. 

(1)  Di  quetta  quadriga,  e  delle  varie  vi¬ 
cende  a  cui  fu  loggetta  ,  parla  a  lungo  l’Au¬ 
tore  nella  lettera  ,  che  nel  17A1.  fcrilfe  al  con¬ 
te  di  Bruhi  Culle  fcoperre  d’Ercolano  vag.  2  2. 
&  feqq.  Ivi  pure  ragiona  di  tutri  quali  quegli 
altri  monumenti  Ercolanenfi  che  nell’  Opera 
prefente  ha  egli  non  di  rado  indicati  .  [  Vedi 
anche  le  lettere  dello  (tetto  Autore  ,  che  da¬ 
remo  nel  Tomo  ni.  di  quetta  edizione  ro¬ 
mana  ;  e  Tomo  I.  pag.  289.  not.  a. 

(u)  MafFei  Racc.di  Statue  ant.  Tav.  20. 
fif)  ]n  Velleja  (  città  tra  Piacenza  e  Parma' 
che  fu  coperta  da  un  monte  ,  probabilmente 
nel  fecondo  fccolo  ,  e  fu  a  calo  feoperta  e 
fgombrata  in  parte  non  fono  molti  anni  ) 


furono  difotterràti  varj  bronzi  e  trafportat» 
poi  a  Parma  .  Tra  quefti  vedefi  una  tetta  co- 
loffate  dell’  imperadore  Adriano  di  rame  do¬ 
rato  ,  alta  1?.  pollici ,  che  appartenne  ad  una 
(tatua  ,  di  cui  s’è  pur  trovata  una  mano  ,  un; 
piede  ,  e  parte  del  paludamento  . 

(ni  Sapevano ‘tirarle  fottilidime  ,  come  at— 
tetta  Plinio  lib.  33.  cap.  6.  feci.  32.  ;  ma  non 
ne  facevano  ufo  ,  perchè  l  argento  vivo  che 
ti  adoprava  per  dorare  ,  come  li  dice  qui  ap¬ 
prettò  ,  faceva  comparire  l’oro  di  un  color 
pallido;  perciò  adopravano  grolle  foglie,  O 
le  raddoppiavano  .  Gl'  indoratori  ,_  che  vole¬ 
vano  rubare  ,  come  tiegue  a  dir  Plinio  ,  tro¬ 
varono  l'arre  di  correggere  quefto  difetto  , 
tifando  la  chiara  d’uovo,  o  l'idrargiro  (che 
male  in  qualche  lelfico  li  rraduce  per  argento 
vivo)  invece  dell’argento  vivo  .  Plin.  l.cit. 
cap.  8'.  jeft.  41 .  La  vera  maniera  dunque,  e 
più  ricevuta  ,  come  più  grandiofa  ,  e  più  du¬ 
revole  ,  era  coll'argento  vivo ,  e  foglie  d’oro 
grolfe  :  JEs  inaurati  argento  vivo  ìegitimum 
erat ,  l.c.  c.  3. feci.  20.  ;  ò  come  fcrive  Vitru- 
vio  lib.  7.  cap. 8.  :  Nequc  argetitum  ,  neque  ss 
fine  eo  potefi  recle  inaurati  . 

(&)  Ofserv.  iflor.  fopraalc.  med.  Tav.  30. 
pag.  370.  c  371. 


38  Meccanismo  della  Scultura 

mine  del  palazzo  de’  Cefari  nella  villa  Farnefe  fui  Palatino  ,  che 
fembrano  fatte  di  recente  ,  malgrado  l’umidità  cagionata  dalla 
terra  ,  che  le  copre  .  Non  fi  pollano  ivi  vedere  fenza  mara¬ 
viglia  le  fafce  difpolle  a  forma  d’archi ,  e  dipinte  in  color  az¬ 
zurro  con  figurine  in  oro  (a)  .  L’indoratura  s’ è  pur  confer- 
vata  nelle  mine  di  Perfepoli  (a)  . 

jf.  t  2.  Indorali  a  fuoco  in  due  maniere  affai  note  .  L’una 
dicefi  indorare  allo  fpadaro  ,  offa  alla  maniera  degli  fpadari , 
cioè  applicando  le  foglie  d’oro  fui  metallo  che  vuoili  indo¬ 
rare  .  L  altra  chiamali  amalgama ,  ed  eccone  il  proceffo  .  Si  fa 
fcioglier  1  oro  nell  acqua  forte  ,  vi  fi  verfa  quindi  dell’argento 
vivo  ,  e  fi  mette  a  un  fuoco  leggiero  ,  finché  tutta  l’acqua 
fvapori  :  quindi  1  oro  s’unifce  al  mercurio  ,  e  ne  rifulta  una 
palla  ,  con  cui  ,  finché  è  ben  calda  ,  fi  llropiccia  il  metallo 
dopo  d’averlo  ben  pulito  (b)  .  Sembra  a  principio  che  fe  gli 
fia  data  una  vernice  nera  ,  ma  efponendolo  nuovamente  al  fuo¬ 
co  ,  tutto  il  mercurio  fvapora ,  e  riman  puro  e  lucidillimo 
l’oro.  Quella  maniera,  in  cui  s’incorpora  a  così  dire  ,  e  fi 
compenetra  l’oro  col  metallo ,  era  ignota  agli  antichi  :  effi 
non  fapean  indorare  fe  non  colle  foglie  d’oro  ,  dopo  d’aver 
coperto  o  ftrofinato  col  mercurio  il  metallo  (b)  ;  onde  ,  co¬ 
inè  dilli  pocanzi ,  la  durata  dell’oro  negli  antichi  monumen¬ 
ti 


(a)  V’è  qualche  differenza  da  quefta  de- 
fcrizione  . 

(a)  Greave  Defcript.  des  Antiq.  de  Perfe- 
polis  ,  pag.  z  i 

(b)  Secondo  che  fi  ufa  in  Roma  ,  c  come 
■viene  anche  efpofto  nell'  Enciclopedia  ,  art. 
Dorare  ,  l' oro  fi  mette  a  liquefare  coll’ar¬ 
gento  vivo  in  un  crociuolo  ,  finché  fi  amal¬ 
gamano  ,  o  fi  unifcono  infieme  come  un  un¬ 
guento  ;  poi  fi  ravviva  ,  o  come  dicono  qui 
gl'indoratori,  fi  fchiarilce  il  pezzo  da  indo¬ 
rarli  con  acqua  forte  al  fuoco  ,  e  in  appreffo 
vi  fi  {fende  fopra  con  uno  {frumento  un  fuo- 
lo  di  quella  miftura  ,  dalla  quale  per  mezzo 
del  fuoco  fvaporando  il  mercurio  ,  refta  l’oro 
fortemente  attaccato  ,  e  quafi  incorporato  al 
metallo  .  Ciò  fia  detto  in  coerenza  di  quello  , 
che  dice  il  noftro  Autore  5  che  del  refto  l'o¬ 


perazione  è  molto  più  lunga  come  fi  deferi- 
ve  nell’  Enciclopedia  . 

0>)  Plin.  lib.  33.  cap.  6.  feci.  32.  [  Queffo 
fcrittore  nel  cap.  3.  feB.  zo.  efpone  meglio  il 
metodo  ,  che  fi  teneva  nell’  indorare  il  rame  , 
e  il  bronzo.  S’infuocava  prima  il  metallo, 
e  fi  batteva  ,  poi  fi  finorzava  con  fale  ,  ace¬ 
to  ,  e  allume  .  Dopo  fi  ripuliva  ,  c  dal  colore 
rilucente  fi  capiva  fe  era  purgato  abbaftanza. 
Si  rimetteva  quindi  al  fuoco  ,  e  portato  a 
quel  grado  di  calore  neceffario  vi  fi  fpargeva 
fopra  della  pomice  ,  dell’allume  ,  e  dell’argen¬ 
to  vivo  mcfcolati  inlieme  per  meglio  fchiarir- 
lo  ;  e  dopo  tutto  ciò  vi  fi  (fendevano  le  foglie 
d’oro  .  Credo  che  il  fignor  Dutens  Orig.  des 
decouv.  attrib.  aux  mod.nl.  par.  ch.3.  §.201. 
Tom.  il.  pag.  si  ■  non  avrà  letto  tutto  intie¬ 
ro  quelito  luogo  di  Plinio  ;  mentre  colle  fole 


presso  i  Greci  ,  e  loro  Pittura  .  39 

ti  non  ad  altro  devefi  che  alia  grofTezza  delle  foglie  ,  la  quale 
è  tuttora  vifibile  nel  cavallo  di  M.  Aurelio  . 

jf.  13.  Gli  antichi  adoperavano  la  chiara  dell’uovo  per  in¬ 
dorare  il  marmo  (a)  ;  ma  oggidì  i  noftri  artefici  li  fervono  dell 
aglio  con  cui  lo  ftrofinano  ,  e  poi  vi  ftendon  fopra  una  leg¬ 
giera  mano  di  getto  ,  fu  cui  applicano  le  foglie  d’oro  .  Altri 
in  vece  d’aglio  ufano  il  latte  di  fico  ,  cioè  quel  fuco  che  efce 
dal  picciuolo  del  fico  ,  quando  fpiccafi  immaturo  ancora  ,  e 
che  è  fomm amente  penetrante  e  cauftico  .  In  alcune  ttatue 
fcorgonfi  tuttora  indizj  d'indoratura  nei  capelli  e  nel  pan- 
neggiamento  ,  come  vedeanfi  nella  bella  Pallade  di  Poitici 
quando  fu  fcoperta  ;  anzi  fi  trovano  delle  tette  intere  indo¬ 
rate  ,  qual  è  ,  Ira  le  altre  ,  una  tetta  d  Apollo  nel  muieo  Ca¬ 
pitolino  .  Quarant  anni  la  li  trovò  la  parte  inferiore  a  una 
tetta  ,  che  fembrava  un  Laocoonte  ,  la  qual  era  indorata  ;  ma 
l’oro  ,  in  vece  d’etter  dato  fui  getto  ,  eravi  ttato  applicato 
immediatamente  fui  marmo  . 

jf.  14.  Al  meccanifmo  della  fcultura  appartengono  gli  oc¬ 
chi  incaftrati ,  quali  trovanfi  in  molte  tette  sì  di  marmo  che 
di  bronzo  .  Nè  parlo  io  già  di  quegli  occhi  argentei  incafiati 
in  tetta  alle  figurine  di  bronzo  ,  delle  quali  parecchie  fen 
veggono  nel  mufeo  d’Ercolano  ,  nè  delle  gemme  incaftrate 
entro  la  pupilla  d’alcune  grandi  tette  di  bronzo  per  imitare 
il  colore  dell’iride,  quali  vedeanfi  nella  Pallade  d’avorio  la¬ 
vorata  da  Fidia  ( a )  ,  e  in  altra  Pallade  collocata  nel  tempio 
di  Vulcano  in  Atene  ,  la  quale  avea  perciò  gli  occhi  cilettri , 

y\u.v- 


parole  ,  che  ho  riportate  Copra  pag.  37.  no¬ 
ta  8.  ,  e  con  quelle  di  Vitruvio  ivi  pur  rife¬ 
rite  ,  (labili (ce  ,  che  gli  antichi  indoratfero 
anche  nella  maniera  dei  moderni  accennata 
pocanzi  . 

(a)  Plinio  lib.  33.  cap.  3.  feti.  20. 

(a)  Plat.  Hypp.  maj.  op.Tom.  I.p.  290.  C. 

[V  inkelmann  nel  Tratt.  pre/im.  ai  Monum. 
arte.  ined.  par.  il.  capo  I V.  pag.  LV.  a  quello 


(ledo  proposto  ha  fcritro  per  equivoco  Giove 
olimpico  di  Fidia  ,  in  vece  della  Pallade  latta 
dallo  Ile (To  arrida ,  come  qui  dice  bene  ;  e  il 
lignor  Falconet ,  che  pur  dice  di  aver  rincon¬ 
trato  Platone  al  luogo  citato  ,  poteva  «pire 
l’equivoco  ,  e  non  farne  argomento  di  una 
forte  critica  all'Autore  ,  come  fa  nella  tua 
diceria  Sur  deux  ouvrages  de  P hidias  ,  Qtuvr. 
Tom.  V.  pag.  ps- 


LIE.  VII. 

CAP. II. 
Talora  fu 
pur  indorato 
il  marmo  . 


Commette- 
vanli  gli  oc¬ 
chi  alle  figu¬ 
re  . 


LIB.  VII. 
CAP.II. 


4°  Meccanismo  della  Scultura 

■yhcivx,oi) 5  mug  ò^&a.hftod s  ( a )  .  Tali  cole  fono  già  fiate  tifa  al¬ 
tri  offervate  ,  e  altronde  molto  importanti  non  fono  per 
l’arte.  Io  parlo  principalmente  del  bulbo  intero  incaflrato 
nell’occhio  ,  e  fatto  d’un  marmo  candidiamo  e  tenero  det¬ 
to  -palombino  (i)  .  Quello  v’era  talora  non  dolo  incaflrato., 
ma  fortemente  attaccato  ,  come  -vedeft  in  una  bella  tefla 
muliebre  preffo  il  Ag.  Cavaceppi  ,  nella  quale  entro  il  con¬ 
cavo  dell  occhio  ,  sì  fotto  che  nel  tondo  ,  veggonA  ancora  i 
forellini  in  cui  il  bulbo  era  Affato  .  Avean  occhi  Affarti  non 
folo  le  Agure  degli  dei  ,  ma  quelle  eziandio  degli  uomi¬ 
ni  (a)  ,  come  argomentaA  da  quella  flatua  dello  fpartano 
Jerone  ,  da  cui  caddero  gli  occhi  prima  della  battaglia  di 
Leutra ,  nella  quale  reftò  uccifo  ;  e  A  pretefe  allora  che  la 
fua  morte  dal  danno  avvenuto  alla  fua  ffatua  veniffe  indica¬ 
ta  ( b )  .  ScorgeA  ciò  ancor  più  chiaramente  in  alcune  tefte 
del  mufeo  Ercolanenfe  ,  ove  Affatri  occhi  hanno  il  più  gran¬ 
de  dei  due  buffi  d’Èrcole,  una  piccola  tefta  d’ignoto  gio¬ 
vane  ,  un  buffo  di  donna  ,  ed  il  pretefo  buffo  di  Seneca  . 

Tali  teffe  fon  già  da  lungo  tempo  efpofte  al  pubblico  (b)  , 
ma  ne  fu  pofcia  fcoperta  un’  altra  con  Amili  occhi ,  unita¬ 
mente  all’ Erme  marmoreo  fu  cui  flava  con  quello  nome 

incifo  :  CN  .  NORBANI  .  SORICIS  . 

jf.  1 5\  Ma  particolari  fra  tutti  fono  gli  occhi  della  bel- 
liffìma  tefta  cololfale  d’Àntinoo  nella  villa  Mondragone  a 
Erafcati  (c) ,  edellaMufa  nel  palazzo  Barberini-,  di  cui  par¬ 
lerò 


GO  Piuf.  /ii.r.  Cap.i 4. pag.gó.  ltn.8. 

(1)  Tra  i  mentovati  bronzi  di  Velleja  v'è 
una  tefta  femminile  ,  alta  un  palmo  e  mez¬ 
zo  ,  con  occhi  d’alabaftro  ,  e  un  piccol  Er¬ 
cole  Bibace  ,  alto  poco  più  d’un  palmo  ,  con 
occhi  d'argento  ,  fui  cui  zoccoletto  leggefi  la 
feguente  ancor  inedita  ifcrizione  : 

BODALICIO  .  CVLTOR. 

HERCVL  .  DOM1TIVS  . 

SECVNDIO  .  OB  HON. 

PATROC  .  SH  .  DED . 


(a)  E  delle  bcftie ,  come  li  aveva  di  fme- 
raldi  quel  leone  di  marmo  pollo  al  fepolcro 
del  regolo  Errnia  nell’ilola  di  Cipro  ;  ed  era¬ 
no  così  lucenti ,  che  i  tonni  In  mare  al  ve¬ 
derli  fuggivano.  Plinio  lib.^p.  c.j.  feft.i  7. 

(b)  Plutarch.  Cur  nunc  Pythla  non  redàat 
orac.  carm.  ,  oper.  Tom. il.  pdg.397.  E. 

(b)  E  date  nel  Tomo  V. ,  olita  nel  Tomo  I. 
de’ bronzi  di  quel -Mufeo. 

(c)  Monum.  ant.  ined.  par.  ni.  cap.  XI T » 
m1m.17g.pag.zgj. 


LIB.  VII. 
CAP.  I. 


presso  i  Greci  ,  s  loro  Pittura  .'  41 

lerò  in  apprelfo  .  In  quella  il  bulbo  dell’occhio  è  formato  = 
del  fuddetto  marmo  palombino  ,  ma  intorno  intorno  le  pal¬ 
pebre  e  negli  angoli  vi  fi  fcorge  ancora  l’ indizio  d’una  fot- 
tiliflìma  foglia  d’argento  ,  con  cui  probabilmente  avea  l’ar- 
tifta  tutto  coperto  il  bulbo  ,  alfine  d’imitare  col  lucido  dell’ 
argento  il  bianco  della  cornea  ,  che  tende  alquanto  al  ce¬ 
ruleo  ,  tagliandone  poi  nel  mezzo  il  circolo  dell’ iride:  que¬ 
lla  è  incavata ,  ed  ha  in  sè  un  forellino  più  profondo  al  luo¬ 
go  ove  fi  fuppone  il  lume  dell’occhio;  ond’ è  probabile  che 
sì  Funa  che  l’altro  fodero  indicati  da  due  differenti  pietre 
preziofe  ,  analoghe  pel  colore  a  quelle  parti  dell’occhio  che 
doveano  rapprefentare  .  Incaffati  nello  ftelfo  modo  erano  gli 
occhi  della  mentovata  Mufa  ,  come  fi  argomenta  da  un  avan¬ 
zo  di  fottil  foglia  d’argento  rimaftole  fra  le  palpebre  (a)  . 

(f.  16.  Poiché  fra  tutti  gli  antichi  monumenti  dell’arte  Ragguarde- 

r  .  ,  .  .  r  .  voli  llatue  dì 

più  rari  degli  altri  lono  1  lavori  in  bronzo,  lpero  che  non  bronzo... 
farà  difcaro  al  mio  leggitore  ,  fe  qui  gl’ indicherò  i  più  rag¬ 
guardevoli  bronzi  antichi  che  fino  a  noi  fi  fono  conferva¬ 
ti  ,  e  che  non  molti  erano  prima  che  fi  fcoprilfero  quelle 
città  che  il  Vefuvio  ha  diftrutte  e  fepolte  . 

jf.  17.  Non  credali  però  che  io  voglia  qui  tutte  nomi¬ 
nare  le  opere  in  bronzo  del  mufeo  Ercolanenfe  ,  che  polfie- 
de  un  immenfo  teforo  in  quello  genere  :  troppo  lunga  fa¬ 
rebbe  ,  e  qui  non  necelfaria  imprefa  .  Mi  ballerà  l’indicarne 
alcune  più  ragguardevoli  ftatue  di  grandezza  naturale  ,  tan¬ 
to  più  che  in  molti  luoghi  di  quella  Storia  già  di  molti  altri 
monumenti  di  quel  mufeo  ho  fatta  menzione  .  Ma  poiché 
in  Roma  ,  e  più  ancora  negli  altri  luoghi  i  bronzi  antichi 
fon  rari ,  tutte  rammenterò  le  ftatue  e  le  tefte  a  me  note  , 
omettendo  però  quelle  figure  che  non  fono  più  grandi  di 
Tom.  II.  F  due 

(a)  Tare  che  vi  follerò  artifti,  che  unica-  alla  pag.  27.  net.  1 .  ,  e  da  un  altro  predo  lo 
mente  ircaftraifero  gli  occhi  ;  arguendoG  da  Spon  Mifcell.  ec.  feci.  6.  p.232.,  e  Buonar- 
qucl  fabbro  oculari  ario  ,  di  cui  li  è  pailato  ruoti  OJJcry,  iji.fopra  ale.  mcd.pref.p  .XII. 


_ _  1  V 

LIB.  VII. 
CAP. II. 


...  nel  rnufea 
d'Ercolano  t*r 


42  Meccanismo  della  Scultura 

due  palmi ,  e  che  numerolìffime  fono  ,  principalmente  di  la¬ 
voro  etrufco  .  Se  però  indicheronne  alcune  ,  faranno  opera 
greca ,  e  d’un  merito  {ingoiare  . 

jf.  18.  Fra  le  ftatue  di  grandezza  naturale  d’Ercolano  le 
più  ammirabili  fono  un  giovane  Satiro  che  fiede  e  dorme  r 
tenendo  la  delira  fui  capo  ,  e  la  finiflra  pendente  (a)  ,  e  un 
altro  Satiro  ubbriaco  fdrajato  fu  un  otre  ,  fotto  il  quale  è 
Uefa  una  pelle  di  leone  (b)  ,  Quello  Satiro  colla  linillra  lì 
folliene  ,  e  colla  delira  alzata  Ha  in  atteggiamento  di  fare 
fcoppio  colle  dita  in  fegno  d’allegrezza  ,  com’era  la  llatua 
di  Sardanapalo  che  vedeali  ad  Anchiale  nella  Cilicia  (a)  ,  e 
come  s’ufa  anche  oggidì  in  alcuni  balli.  Più  pregevole  an¬ 
cora  a  molti  riguardi  è  un  Mercurio  fedente  (c)  ,  inchina¬ 
to  avanti  col  corpo  ,  il  quale  llende  indietro  la  gamba  fi- 
nillra  ,  e  fi  appoggia  fulla  man  delira  ,  rellandogli  ancor 
nella  finillra  una  parte  del  caduceo  .  Quella  llatua  ,  oltre 
l'efier  bella  ,  è  pur  rimarchevole  per  un  affibbiaglio  in  for¬ 
ma  di  piccola  rofa  ,  pollo  in  mezzo  della  cavità  che  {or¬ 
mali  al  di  fotto  del  piede  ,  e  per  le  Aringhe  de’ talari  ivi 
legate  ,  le  quali  ,  ficcome  impedirebbongli  di  polar  a  terra 
il  piede  fenza  incomodo  ,  così  fembrano  melfe  per  indicare 
che  quel  Mercurio  non  è  fatto  per  correre  ,  ma  bensì  per 
volare  .  Del  fuo  mento  ,  che  ha  una  fofietta  al  di  fotto  ,  ho 
già  parlato  altrove  (o)  .  Dopo  di  quelle  tre  lìatue  fono  llati 
difepolti  due  giovani  Lottatori  ignudi  di  grandezza  natura¬ 
le  ,  che  Hanno  un  contro  l’altro  ,  e  colle  braccia  in  atteg¬ 
giamento  di  venir  alle  prefe  nel  miglior  modo  (e)  .  Quelle 
llatue  hanno  il  loro  luogo  in  differenti  llanze  ,  e  poflono 

con 


(a)  Bronci  d' Ercolano  ,  Tom. ri.  Tav. 4.0.  fla  flatua  di  Sardanapalo  ,  e  all’ufo  di  quello 
(bÌ  Ivi  1  av.  4-z.  e +3.  Ne  abbiamo  par-  fcoppio  predo  gli  antichi  i  dotti  Accademici 
lato  nel  Tomo  l.pag.  zgz.  r.ot.*.  Ercolancfi  nelle  olfetvazioni  fulle  dette  Tu¬ 

ia)  Strab.  lib.  1 4.. pjg.  98  S.  C. ,  Plutarch.  Mole  4.2.  e  44. 

De  forti t.  AUxandri  ,  Orat.  2.  op.  Tom.  ri.  (c)  Tav.  20  -  42. 

pag.446.C-  [  Ateneo  l.i  z.  c.y.  p.pzg.  D.  ;  (d)  Tomo  1.  lib.  V.  capo  V.  §.23.  p.  37 z. 

s  può  vederli  ciò  ,  che  fcrivono  intorno  a  que-  (s)  Tav.  j8.  e  pg. 


presso  i  Greci  ,  t  loro  Pittura  .  43 

con  ragione  annoverarli  fra  i  più  pregevoli  monumenti  ri-®=— =^=* 
mattici  dell’antichità-;  il  che  fi  può  dire  eziandio  delle  quat- 
tro  o  cinque  fiatue  muliebri  in  atto  di  danzare ,  polle  iulia 
ficaia  che  conduce  al  mufieo  ,  non  meno  che  di  quelle  de’Ce- 
fari  ,  e  delle  romane  imperatrici  ,  più  grandi  ancora  delle 
mentovate ,  e  che  fi  vanno  fucceffivamente  reftaurando  .  Efi- 
fendomi  propofto  d’indicare,  tra  le  ftatue  di  quello  mufieo, 
quelle  fioltanto  che  fono  di  grandezza  naturale  ,  ometto  di 
parlare  del  pretefo  Aleflandro  e  d’un’Amazzone  ,  amendue  a 
cavallo  e  alte  tre  palmi  (a)  ,  di  un  Ercole  ,  di  molti  Sileni , 
altri  fedenti  filigli  otri ,  ed  altri  a  cavallo  di  eflì ,  i  quali  fier- 
vlano  per  bocche  di  fontane  ,  e  di  altre  figure  di  confimil 
grandezza  ,  oltre  le  più  piccole  che  moltifiìme  fono  .  Cosi 
nulla  dirò  de’ventiquattro  bulli ,  parte  di  grandezza  naturale 
e  parte  minori  ,  i  quali  fono  fiati  pubblicati  nel  Tomo  V. 
del  mufieo  d’ErcoIano. 

jj\  19.  Non  ofierei  afterire  che  maggior  numero  d’anti-  ..a  Roma... 
chi  bronzi  fia  in  quel  mufieo  ,  che  in  tutta  Roma  ;  ma  tengo 
per  fermo  elfiervi  colà  maggior  numero  di  fiatile  ,  fiebbene 
pur  qui  parecchie  io  ne  polla  annoverare  .  Comincierò  dal 
Campidoglio  .  Oltre  la  ftatua  equeftre  di  M.  Aurelio  poco 
men  che  colofiale  polla  fulla  piazza  del  Campidoglio  ,  v’  è 
nel  cortile  interno  alla  delira  la  pretefia  tella  colofiale  di 
Commodo  ,  ed  una  mano ,  che  probabilmente  appartennero 
alla  medefima  fiatua  .  Nel  palazzo  de’ Confiervatori  fi  vede 
il  famofo  Ercole  maggiore  della  grandezza  naturale ,  che  ha 
tutta  ancora  l’antica  indoratura  :  di  grandezza  naturale  lono 
la  ftatua  d’ un  Camillo,  olila  d’un  di  que’  fanciulli  che  mi- 
niftravano  ne’  fiagrificj  in  femplice  fottovelle  fuccinta  (b)  , 
quale  foleano  elfi  portare  ,  e  quale  lor  vien  data  fu  varj 

F  2  balfi- 


Vedi  Temo  ].  ptig.  38  p.  t  feg. ,  ove  fc  (b)  Vedi  Tom.l.  pag.320.  not,<2. 
a’-c  .parlato  dall'Autore  ,  e  da  me  , 


LIB.  VII. 


C.AP.II. 


44  Meccanismo  della  Scultura 

baffi-rilievi ,  e  quella  d’un  altro  fanciullo  fedente  che  fi  cava 
una  fpina  da  un  piede  (a)  .  E’  pur  ivi  la  Lupa  etrufca  che 
allatta  Romolo  e  Remo  ,  di  cui  s’  è  parlato  nel  Lib.  111.  (b), 
il  bullo  che  palla  fotto  il  nome  di  Bruto  ,  e  due  oche  o 
pruttollo  anitre  ,  che  fono  Hate  indorate  ,  come  la  Diana 
triforme  del  mufeo  Capitolino,  la  quale  però,  non  avendo 
più  che  un  palmo  d’altezza  ,  non  dev’effiere  qui  rammemo¬ 
rata  .  Indorati  Umilmente  fono  due  pavoni  di  bronzo  polli 
nel  giardino  interno  del  palazzo  Vaticano  ,  vicino  ad  una 
gran  pigna  dello  Hello  metallo  ,  la  quale  avea  forfè  fervito 
di  ornamento  fulla  cima  del  fepolcro  d’Adriano  (c)  ,  entro 
cui  è  Hata  trovata  (o)  . 

$.  20.  Poche  flatue  di  bronzo  veggonfì  nelle  altre  gal¬ 
lerie  e  mufei  di  Roma  .  La  più  nota  è  quella  di  Settimio 
Severo  nel  palazzo  Barberini  (e)  ,  in  cui  però  moderno  la¬ 
voro  fono  le  braccia  e  i  piedi  :  ivi  pur  è  la  mentovata  fi¬ 
gura  etrufca  tenente  un  cornucopia  di  recente  lavoro  ,  e 
nel  mufeo  di  quello  palazzo  conferva!!  un  bel  buHo  fem¬ 
minile  . 

Jf.  21.  11  mufeo  del  collegio  Romano  abbonda  di  anti¬ 

che  opere  in  bronzo  ,  che  però  fono  per  lo  più  piccole 
figure  (f)  .  Le  più  grandi ,  rapprefentanti  un  fanciullo  e  un 

Bac- 


(a)  Quelle  tre  vegganfi  pretto  Vaffei  Racc. 
di  fiat.  Tav.  20.  24..  e  23. 

(b)  capo  ni.  %.  1 1  -pag.  202. 

(c)  Come  viene  rapprcfentata  in  tante 
{lampe  in  rame  . 

(d)  Narra  Flaminio  Vacca  nelle  fue  Me¬ 
morie  ,  n.  ó  1 che  lia  (lata  trovata  nel  fonia- 
re  la  chiefa  vecchia  della  Trafpontina  ,  alle 
radici  del  Maufoleo  di  Adriano  ,  ove  crede 
che  faceife  fine  al  medehmo  come  imprefa 
di  quell' imperatore  .  Altri  opinano  ,  che  ab¬ 
bia  fervito  alia  piramide  degli  Scipioni  ,  al¬ 
tri  al  fepolcro  di  Onorio  .  Ma  non  può  edere 
quella  (ietta  pigna  ,  di  cui  parla  un  canonico 
antico  romano  in  un  manofcritto  conferva- 
to  nell'archivio  della  lagriftia  Vaticana  ,  in 
cui  dcfcrive  lo  (lato  della  Bafilica  Vaticana 
a'  Tuoi  tempi  ;  c  le  parole  del  quale  vengono 


riportate  dall’ Orlandi  nella  nota  al  Nardini 
Roma  antica  ,  lib. 7.  cap.i  3.  in  fine  ,  p.4.30.; 
imperocché  fcrive  ,  che  una  tal  pigna  era  bu¬ 
cata  nelle  noci  per  gettar  acqua  ,  e  che  fer- 
viva  ad  una  fontana  del_  Panteon  :  Pinea 
etnea  ,  qui  fuit  coopertorium  cum  Jinino  i- 
neo,  &  deaurato  fiupet  fiatuam  Cybelis  matris 
deorum  in  foramine  Pantheon  ,  in  qua  vide- 
licet  pinea  fubterranea  fiftula  plumbea  fub- 
miniftrabat  aquam  ex  fi'orma  fabatina  ,  qui 
toro  tempore  piena  pnHebat  aquam  per  fora- 
mina  nucum  omnibus  ea  indigeatibus  :  il  che 
non  fi  può  dire  di  quelta  del  Vaticano  ,  che 
non  è  bucata  . 

(e)  Maffei  loc.cit.  Tav.  pz. 

(f)  Si  polTono  vedere  in  parte  porrate  in 
rame,  e  defcritte  dal  P.Contucci  nel  T.I.e  ri. 
della  defcrizione  dei  bronzi  di  quel  Mufeo . 


presso  i  Greci  ,  e  loro  Pittura  .  45: 

Bacco  ,  comprefovi  lo  zoccolo  pur  antico  ,  oltrepattano  di  —  - — 
poco  i  tre  palmi  :  ivi  è  la  bella  tetta  d’Apollo  di  grandez- 
za  naturale  ,  di  cui  s’è  dianzi  parlato  ,  ed  una,  alquanto 
minore  ,  tetta  giovanile  indorata  .  La  figura  del  fanciullo  in 
atto  di  correre  (a)  ,  potteduta  dianzi  dal  rinomato  antiqua¬ 
rio  Sabbatini ,  è  ora  pretto  il  fignor  Belifario  Amidei  ,  che 
comprolla  per  3J0.  feudi  romani. 

/f.  22.  Fra  le  ville  o  cafe  di  diporto  a  Roma,  tre  fono 
qui  da  rammentarli  principalmente  ,  cioè  Lodovifi  ,  Mattei , 
ed  Albani  .  V’è  nella  prima  una  tetta  colottale  di  M.  Aure¬ 
lio  ,  e  nella  feconda  una  tetta  alquanto  offefa  ,  che  diedi 
di  Gallieno  (b)  . 

jf.  23.  La  villa  Albani  è  ,  dopo  del  Campidoglio  ,  il  luo- yìii* 
go  di  Roma  in  cui  favi  maggior  copia  di  lavori  in  bron¬ 
zo  ;  e  quanto  ivi  contieni!  fu  tutto  comperato  o  feoperto 
dal  fignor  cardinale  Aleflandro  ,  che  la  villa  fletta  con  regia 
magnificenza  ha  fatta  edificare  .  Due  tette  in  bronzo  vi  fo¬ 
no  di  grandezza  naturale,  una  d’ un  Fauno,  e  l’altra  d’  un 
giovali  eroe,  che  dicefi  di  Tolomeo,  non  per  altro  che  per 
efler  cinta  d’un  diadema.  Amendue  collocate  furono  fu  un 
butto  moderno  ,  e  la  feconda  è  quella  di  cui  ho  fatta  men¬ 
zione  nel  Capo  antecedente  ,  parlando  delle  parti  naturali 
fegnate  al  di  dentro  con  lettere  greche  (c)  .  Vi  fi  vedono 
cinque  fatue  ,  due  delle  quali  fi  fono  confervate  intere , 
due  hanno  di  bronzo  la  tetta,  le  mani  ,  e  i  piedi,  ma  d’a- 
labaltro  n’ è  il  panneggiamento:  e  intera  è  pur  la  quinta, 
che  di  tutte  è  la  più  bella  e  la  più  grande  .  Le  due  prime 
ftanno  fu  i  loro  zoccoli  antichi  di  bronzo  ,  ed  hanno  circa 

tre 

(a)  O  piuttoflo  in  atto  di  equilibrarti  reg-  nel  Mufeo  Pio-Clementino  ,  ove  le  fi  è  elar¬ 

gendo  un  fellone ,  o  altra  cola  nell'angolo  tato  un  belliffimo  petto  di  alabastro  fiorito 
di  qualche  tempio  ,  a  cui  ne  farà  (lato  con-  ritrovato  negli  ultimi  fcavi  della  villa  Negro- 
trapollo  un  altro  .  ni  full’  Efquilino  . 

(b)  Monum.  Matthij.Tom.il.  Tab.lt.  (c)  pag.  jj. 
fig.  1.  È  di  Triboniano  Gallo  ,  ed  è  pallata 


LIB.  VII. 
CAP. II. 


...a  Firenze .. 


4 6  Meccanismo  della  Scultura 

tre  palmi  d’ altezza  :  una  di  quelle  rapprefenta  un  Ercole 
nell’attitudine  del  Farnefe  ,  e  fu  pagata  dal  fignor  cardinale 
£oo.  feudi  romani  ;  l’altra  è  una  Pallade ,  che  appartenne 
dianzi  alla  regina  Crifìina  di  Svezia,  e  gliene  collo  800.  Le 
altre  due  figure  infieme  unite  di  varj  pezzi  fono  una  Palla¬ 
de  ,  ed  una  Diana  .  La  quinta  è  il  bell’Apollo  Saurodìo - 
nos  (a)  ,  di  cui  già  più  volte  ho  parlato  in  quella  Storia  ,  e 
ne  parlerò  nuovamente  ,  mentovando  le  opere  di  Prassitele  , 
di  cui  potrebbe  crederli  lavoro  :  ha  cinque  palmi  d’altezza 
comprefavi  l’antica  bafe  (a)  .  Fu  fatta  difotterrare  quella  lla- 
tua  dal  fig.  cardinale  medefimo  in  una  fua  vigna  fui  colle 
Aventino  fotto  la  chiefa  di  fanta  Balbina . 

jf.  24.  Non  fembreranno  certamente  eccellivi  i  riferiti 
prezzi  a  chi  ha  letto  in  Cicerone  che  a’  fuoi  tempi  in  Roma 
ne’ pubblici  incanti  le  figure  in  bronzo  di  mediocre  gran¬ 
dezza  (  Jìgnum  antimi  non  magnum  )  vendeanfi  H-S  CXX.  mil- 
libus  (b) ,  cioè  3000.  zecchini  (b)  ;  e  dì  troverà  che  ,  febbene 
ve  ne  fofie  allora  molto  maggior  copia  che  oggidì  ,  pur  a 
più  caro  prezzo  fi  comperavano  .  Si  potrà  quindi  inferire 
quanto  apprezzar  fi  debba  il  mentovato  Apollo  di  grandez¬ 
za  poco  men  che  naturale  ,  efiendo  uguale  ad  un  ben  for¬ 
mato  fanciullo  di  dieci  anni . 

jf.  2j.  La  galleria  Granducale  a  Firenze  è  dopo  Roma 
il  luogo  ,  in  cui  flavi  maggior  copia  d’ antiche  figure  in 
bronza  .  Oltre  molte  piccole  llatue  ,  due  ve  ne  fono  di 
grandezza  naturale  e  ben  confervate  :  una  è  velli  ta  alla  ro¬ 
mana ,  ma  nell’orlo  del  panneggiamento  ha  incili  de’ carat¬ 
teri  etrufehi  ;  e  l’altra  ,  feoperta  a  Pe'faro  prelTo  il  mar  adria- 
tico ,  pare  che  rapprefenti  un  giovati  eroe  ignudo  .  Ivi  pure 

Ha 

(e)  V.  Monum.  ant.  ined.  par.  I.  cap.  1 8.  te  iti,  §.  LXV.  pag. ij6. princ.  Vedi  appret¬ 
ta  i  ■  pag.  4.6.  n.  40.  fo  lib.  IX.  capo  ni.  §.  1  jj.. 

(a)  Sono  palmi  quattro  ,  ed  once  Tei ,  co-  (£)  in  Verr.  AB.  2.  lib.4..  cap.  7. 
me  lo  notò  anche  il  P.  Paoli  nella  più  volte  (b)  Non  zecchini ,  aia  feudi . 
lodata  opera  Della  relig.  de  Gentili ,  ec.par- 


presso  i  Greci  ,  b  loro  Pittura  .  47 

{la  la  famofa  Chimera  ,  moftro  comporto  d’un  leone  e  d’una 
capra  ,  con  un’  etrufca  epigrafe  .  Ometto  la  Pallade  di  gran¬ 
dezza  naturale  ,  che  folo  intera  e  bella  ha  la  tefta  ,  ed  è 
malconcia  nel  refto.  Ben  mi  ricorda  d’aver  fatta  menzione 
di  quelli  lavori  nel  Libro  ili.  Capo  il.  (a)  ;  ma  era  necefla- 
rio  di  nuovamente  indicarli  in  quello  luogo  (b)  . 

jf.  26.  Forfè  Venezia  avrebbe  dovuto  nominarli  prima 
di  Firenze  ,  a  cagione  di  quattro  cavalli  di  grandezza  naturale 
di  rame  indorati ,  porti  fulla  porta  della  chiefa  di  s.  Marco  . 
Quelli  cavalli  furono  preli  a  Collantinopoli  nel  fecolo  XIII.  > 
allorché  per  breve  tempo  vi  lignoreggiarono  i  Veneziani. 
Oltre  quelli  monumenti  ,  che  fono  unici  nel  loro  genere  , 
non  v’ è  ,  ch’io  fappia ,  nertun’ altra  figura  grande  antica  di 
bronzo  .  Non  rammenterò  le  figure  del  mufeo  Nani ,  perchè 
fon  troppo  piccole  (c)  ,  nè  la  tefta  che  è  in  cafa  Grimani, 
poiché  non  l’ ho  veduta  ,  e  non  vuò  qui  riportarmi  al  giudi¬ 
zio  altrui  . 

jf.  27.  A  Napoli  nel  cortile  interno  del  palazzo  Colo- 
brano  v’ è  la  belliftìma  tefta  di  cavallo  ,  che  dal  Vafari  viene 
erroneamente  attribuita  al  Donatello  fcultor  fiorentino  (d)  . 

Nel 


(a)  p.e  ro.pag.tgp.e  i$o. 

(b)  Per  maggior  efattezza  riporterò  qui 
ciò  ,  che  di  quelle  quattro  figure  fcrive  il  fig. 
Lanzi  nella  più  volte  citata  defcrizione  di 
quella  galleria  inferita  nel  Giornale  de'  Let¬ 
terati  j  Tom.  XLVI1.  cap.  2.  pag.  41.  „  La 
prima  ,  eh  e  una  Minerva  ,  non  e  finita  ;  an¬ 
zi  alla  rozzezza  ,  che  vi  rimane  ,  e  a’  due  ca¬ 
naletti  ,  pe’  quali  fu  introdotto  il  bronzo  nel¬ 
la  forma  ,  può  congetturarli  ,  che  folle  già 
un  fallo  getto  non  ripulito  dall'artefice  .  L'ef- 
fer  trovata  in  Arezzo  molila  che  fu  opera  di 
fondi tor  etrufeo  r  e  la  maravigliofa  bellezza  , 
che  vi  fi  vede  ,  fa  conofcere  ,  che  all’antica 
Etrurianon  mancarono  i  fuoi  Lifippi .  Bella  , 
e  unica  per  la  lunga  ifcrizione  etrufca  ,  è  la 
ftatua  ,  che  (iegue  d'Aulo  Metello  ,  o  Metel- 
lino  ;  fe  già  que’  caratteri  dicono  ciò  ,  che  ne 
parve  agli  antiquarj  .  La  terza  è  una  chimera 
col  nome  etrufeo  ,  che  pretende!!  eflere  quel 
dell'artefice .  L'ultima  è  ftatua  di  un  Giova¬ 


ne  ,  che  in  villa  de' corti  capelli  ,  e  dell’atto 
limile  a  un  Genio  in  bronzo  del  Muleo  Bar¬ 
berini  ,  crederei  anzi  un  Genio ,  che  un  Bac¬ 
co  ;  quantunque  io  veneri  l'opinione  contra¬ 
ria  per  1  autorità  di  quegli ,  che  la  difefero  j 
fra’  quali  fu  il  Bembo  ,, .  Delle  altre  molte 
figure  in  bronzo  di  poca  grandezza  ,  che 
danno  nella  galleria  medenma  ne  parla  a 
lungo  quello  dotto  efpofitore  nel  c.  3.  p.  S4- 
e  fegg. 

(c)  Ne  riporta  alcune  il  P.  Paciaudi  nell* 
opera  fuà  Monumenta  Peloponnefia  ,  ec.  ; 
ma  qui  fi  deve  almeno  ricordare  la  figura 
greca  di  antichilfimo  Itile  ,  di  cui  ha  parlato 
Winkelmann  nel  Tomo  I.  pag.  io . ,  riporta¬ 
ta  dallo  ftclfo  P.  Paciaudi  nella  detta  opera 
Tom.  il.  pag.  si.  ,  lenza  però  indicarne  la 
grandezza . 

(d)  Vite  de' piu.  eccell.  pitt.  fiult.  ed  archit. 
Tom.  il.  nella  vita  di  quello  artidap.r  66.» 
ove  l'editore  ha  notato  lo  sbaglio  del  Valari . 


48  'Meccanismo  della  Scultura 

Nel  reai  mufeo  Farnefe  fon  molte  figurine  in  bronzo  5  ma 
per  la  maggior  parte  moderne  e  di  cattivo  gufto  .  Lo  ftefto 
dicali  della  collezione  Porcinari ,  ove  il  pezzo  più  grande  è 
un  fanciullo  alto  tre  palmi  di  mefchino  lavoro  .  La  figura 
più  pregevole  è  un  Ercole  alto  un  palmo  ,  che  ha  la  pelle 
di  leone  avviluppata  al  braccio  ftniftro  ;  e  fembra  eiTer  ope¬ 
ra  etrufca  (i). 

. . .  in iifpa-  jf.  28.  Ignoro  quali  antiche  figure  in  bronzo  fiano  in 
Francia  (a)  .  In  Ifpagna  ,  col  mufeo  Odefcalchi  comprato  dalla 
regina  Elifabetta  Farnefe  per  joooo.  feudi  (b)  ,  v’è  Hata  por¬ 
tata  una  tefta  di  grandezza  doppia  della  naturale ,  rappre- 
fentante  un  giovanetto  :  trovali  ora  a  fant’  ldelfonfo  . 

... inGerm»-  jf.  2 9.  In  Germania  vedelì  a  Salisburgo  una  ftatua  di 
grandezza  naturale  ,  di  cui  parlerò  al  Lib.  Vili.  Capo  IV.  11 
re  di  Prullia  pofliede  una  figura  ignuda ,  che  tiene  alzate  al 
cielo  le  mani  e  lo  fguardo  ,  limile  in  ciò  ad  una  egualmen¬ 
te  ignuda  ftatua  di  marmo  di  grandezza  naturale  ellftente 
nel  palazzo  Panfili  fulla  piazza  Navona  .  Pollo  qui  pur  ram¬ 
ni  e  n- 


LIB.  VII. 
CAP.  II. 


(1)  Altri  antichi  lavori  in  bronzo  efiftono 
in  altre  parti  d’ Italia  .  Nel  reai  mufeo  di  To¬ 
rino,  oltre  la  celebre  Tavola  Iliaca  ,  detta  an¬ 
che  Bembica  dal  celebre  card.  Bembo  ,  che  ne 
fii  poffellore ,  vi  fono  de'  bronzi  difotterrati 
nella  diftrutta  città  d’  Induftria  .  Di  alcuni 
bronzi  di  Parma  abbiamo  parlato  nelle  due 
note  precedenti ,  e  molte  altre  ftatuette  vi  fi 
fono  trovate  nel  medelimo  luogo  pregevoli 
pel  lavoro  ,  ma  tali  che  per  la  loro  piccolez¬ 
za  non  denno  elfere  qui  rammentate  .  Non 
parliamo  della  famofa  Tavola  Trajana  già 
pubblicata  [  dal  Muratori  ]  ,  nè  d’altra  tavola 
pur  di  bronzo  ,  larga  14.  once  fu  19.  d’altez¬ 
za  ,  che  facea  parte  d'una  Tavola  molto  più 
eltefa ,  contenente  alcune  leggi  relative  alla 
Gallja  Cifalpina  .  Quella  è  inedita  ancora  . 
[  Nè  parleremo  delle  fàmofe  Tavole  Era- 
clcenli  illuftrace  dal  Mazocchi ,  nè  di  tanti 
altri  monumenti  di  quello  genere  trovati 
non  ha  molto  .  ] 

A  Pavia  fulla  piazza  del  Duerno  v’è  la  fta¬ 
tua  equeftre  ,  detta  il  Regifole  ,  creduta  da 
alcuni  di  Commodo  ;  ma  che  rapprefenta 
Lucio  Vero ,  come  diradi  al  libro  XII.  ca¬ 


po  ri.  §.  1 0.  Avremmo  noi  pure  un  prege¬ 
vole  monumento  di  quella  fpecie  ,  le  l’ igno¬ 
rante  avidità  non  avelie  fatta  fpezzare  e  fon¬ 
dere  una  ftatua  colollale  ,  trovata  a  principio 
di  quello  fecolo  a  Lambrate  ,  fito  dittante  tre 
miglia  da  Milano  .  Una  parte  del  piede  ed 
un  pezzo  di  panneggiamento  coperti  di  bel- 
lillìma  patina  verdognola  ,  elidenti  predo  ri 
fignor  D.  Carlo  de’  Matchelì  Trivulh ,  ci  tan¬ 
no  argomentare  quanto  maeftrevolwente  fof- 
fe  lavorata.  .  .  , 

(a)  Nel  giardino  reale  di  Verfaules  vi  e 
la  ftatua  di  un  giovane  nudo  ,  incifa  in  rame 
da  Simone  Tomallino  nel  fuo  Recueil  des 
Jlat.  ,  group.  ee.  de  Verfaìlles,  Tom.l.  pl.26.} 
e  per  quanto  egli  dice  nella  f»a  prefazione  , 
dovrebbe  avere  6.  in  7.  palmi  di  altezza  .  A 
quella  li  polfono  unire  le  molrilfime  figure 
riportate  dal  conte  di  Caylus  nella  fua  gran¬ 
de  Raccolti  di  antichità  tante  volte  citata  , 
benché  fiano  per  la  maggior  parte  di  poca 
grandezza  >  e  qualcuna  riportata  dal  padre 
ìvlontfaucon  nell’altra  fua  Raccolta  . 

(b)  Comprato  dal  re  Filippo  V.  perigeo», 
doppie  ,  che  fanno  circa  7 $ 000.  feudi  . 


presso  i  Greci  ,  e  loro  Pittura  49 

meritare  una  tefta  diVenere,  minor  della  grandezza  natura-  — * 

le  ,  fu  un  antico  butto  di  bell’alabaftro  orientale  ,  che  fu  LIB‘  VH" 
donata  dal  lìg.  cardinale  Alettandro  Albani  al  principe  eredi-  c415'11' 
tario  di  Brunfwich  . 

jj\  30.  Degli  antichi  lavori  in  bronzo,  che  potrebbero  ...  in  ingbil- 
ettere  in  Inghilterra ,  un  bolo  n’  è  a  mia  notizia ,  cioè  il  bu¬ 
llo  di  Platone  che  fi  dice  aver  ricevuto  il  duca  di  Devon- 
shire  dalla  Grecia  trent’anni  fa  .  Dicefi  fomigliantiffimo  al 
vero  ritratto  di  qiiel  filofofo  ,  che  aveane  fcritto  il  nome 
fui  petto  *  e  che  al  principio  del  fecole  antecedente  ,  ef- 
fendo  flato  imbarcato  per  la  Spagna  ,  fi  perdè  in  un  nau¬ 
fragio  .  A  quello  pur  fomiglia  un  Erme  del  mufeo  Capito¬ 
lino  ,  annoverato  fra  le  figure  non  conofciute  (a)  - 

31.  Tra  i  lavori  in  bronzo  ,  fe  meno  confiderevoli  Delie  mone- 
delie  ftatue  e  d’altre  grandi  opere  fono  le  monete  ,  fono  te 
ette  però  fovente  più  importanti  per  le  cognizioni  che  fom- 
miniflrano  ;  e  alla  maggior  parte  de’  miei  leggitori  faranno 
utili  le  notizie  che  quelle  riguardano  ;  poiché  ,  laddove 
pochi  hanno  l’opportunità  di  vedere  ftatue  antiche  di  bron¬ 
zo  ,  molti  pofledono  ,  e  quali  tutti  veder  poflono  delle  an¬ 
tiche  monete ,  le  quali  ,  e  per  la  piccolezza  loro  e  per  la 
copia  in  cui  ci  pervennero  ,  in  ogni  colto  paefe  s’incon¬ 
trano  .  Per  quella  ragione  già  innumerevoli  libri  abbiamo 
intorno  alle  monete  antiche  ,  e  in  parecchi  eziandio  fi  ra¬ 
giona  della  maniera  con  cui  furono  coniate  ;  onde  io  po¬ 
che  cofe  ne  dirò  (b)  . 

Tom.  IL  G  32.  Ve- 


(a)  Varj  lavori  di  bronzo  collocò  nel  fuo 
Multo  il  ligr.oi  Conyers  Middleton  ,  e  poi  li 
diede  incili  in  iame  ntlla  tua  opera  intitolata, 
Antiquitates  Middittoniaaa,  ,  nella  quale  de- 
Icrivt  il  detto  luo  Muleo  .  Egli  pe-ò  non  di¬ 
ce  la  grandezza  . 

C»)  l'o.lono  qui  nominarli  alcuni  de'prin- 
cipalt  di  quciu  fcritrori  per  coloro  ,  che  noa 


fono  molto  vertati  in  quella  materia  :  e  fo¬ 
no,  TAgoftini,  l'Erizzo  ,  l'Avercampio  ,  l'Ar- 
duino  ,  Vaillant ,  Spanhemio,  Buonanuoti , 
Begero  ,  Bandurio  ,  Haym  ,  Gefnero  ,  Morel¬ 
li,  Pellerin,  Frolich,  Patino,  Eckhell,  Dutens, 
Neumann  ,  Magnati  .  Altri  poflono  vederli 
P  fello  Hirfch  Bihtiotkeca  numismatica . 


?o  Meccanismo  della  Scultura 

1  jf.  32.  Vedonfi  delle  antiche  monete  greche  coniate'con 
'  _  f  '  ’y  doppio  impronto,  uno  incavato  e  l’altro  rilevato  .  Tali  pur 
fono  alcune  monete  d’ imperatori  e  di  famiglie  romane  .  In 
quelle  l’impronto  incavato  vi  fu  fatto  per  abbaglio  ;  ma 
dei  due  differenti  conj  o  ponzoni  fi  veggono  didimamente 
le  prove  fu  alcune  monete  :  ed  io  pollo  molfrarne  una  ,  in 
cui  Nettuno  dal  lato  rilevato  ha  la  barba  e  i  capelli  cre- 
fpi ,  la  velie  gli  pende  fulle  braccia  per  dinanzi ,  e  gira  in¬ 
torno  all’orlo  un  fregio  di  due  cordoncini  d’una  teffitura 
poco  fretta  ;  laddove  dalla  parte  incavata  è  fenza  barba 
con  chioma  lifcia  :  pendegii  per  di  dietro  la  vede  ,  e  vi  gi¬ 
ra  intorno  una  ghirlanda  di  fpiche  :  da  amendue  i  lati  il 
tridente  è  rilevato  .  Il  fignor  abate  Barthelemy  è  d’opinio¬ 
ne  che  ne’ primi  tempi  le  monete  fodero  battute  fopra  il 
conio  col  martello  in  guifa  che  naturalmente  venifiero  ad 
avere  nel  rovefcio  un  campo  quadrangolare  ed  incavato . 
Odervafi  che  l’impronto  delle  monete  sì  ne’ primi  tempi, 
che  mentre  l’arte  fioriva ,  per  lo  più  è  quali  piano  (a)  ;  ma 
ne’ l'ecoli  feguenti  ed  ai  tempi  degl’ imperatori  romani  ve- 
defi  quedo  più  rilevato  . 

fai  ficcare  §•  33 •  Meritano  la  nodra  attenzione,  non  meno  delle 
e  indorate,  monete  legittime  ,  quelle  che  dagli  antichi  medefimi  fono 
date  falfificate  ,  delle  quali  altre  fono  date  coperte  d’ar¬ 
gento  ,  altre  d’oro  .  Le  prime ,  che  fono  di  rame  vedito 
d’una  fottìi  foglia  d’argento,  s’incontrano  fovente  fra  le 
monete  de’ Cefali.  Più  rare  fon  le  feconde,  e  una  ve  n’ha 
nel  mufeo  del  duca  Caraffa  Noya  colla  teda  e  nome  d  Alef- 
fandro  il  Grande  sì  ben  confervata  che  l’inganno  non  fi  può 
conofcere  da  altro  che  dal  pelo  (b)  .  Porterò  qui  un’  ifcrizione 

eli- 

(a)  La  retta  di  Aieflandro  il  Grande  nella  nelle  OJfervaj.  ijìor.  fopra  aie.  medógl. ,  non 

monera  ,  che  daremo  in  appreflo  incifa  in  poche  ve  ne  fono  de’ Cetari  in  metallo  rollo, 
rame  ,  è  molto  ben'  rilevata  .  o  giallo  ,  che  iono  ftats  ir.argsr.iate  ,  o  do- 

(b)  Fra  quelle ,  che  illuftra  il  Buonarruoci  race  ,  e  anche  prima  inargentate  ,  e  poi  do- 


presso  i  Greci,  e  loro  Pittura. 
efifiente  nella  villa  Albani  e  non  ancor  pubblicata ,  in  cui  fi 
fa  menzione  dell’arte  d’ indorar  le  monete  . 


D  M 

EEC1T  M1NDIA  HELPIS.  C.  IVLIO.  THALLo 
MARITO.  SVO  BENE  MERENT1  QVI  EGIT 
OFF1C1NAS  PLVMBARIAS.  TRAST1BERINA 
ET  TRIGARI  SVPERPOS1TO  AVR1  MONETAE 
NVMVLARIORVM.  QVI  VIXIT  ANN.  XXX1IIMVI 
ET.  C.  IVLIO  THALLO  FILIO  DVLC1SSIMO  QVI  VIXIT 
MESESI1II.  DIES  XI  ET  SIBI  POSTERISQVE  SVIS  (a)  . 


rate  .  E  ficcome  tante  fe  ne  ritrovano ,  io 
non  le  direi  con  tal  licurezza  fallificate  dagli 
antichi  ;  giacche  l'inganno  li  poteva  (coprire 
facilmente  $  ma  crederei  piuttolto ,  che  ciò 
folle  fatto  per  gialle  ragioni ,  e  forfè  nella 
zecca  della  per  elfer  date  in  regalo  a  perlone 
cofpicue  ;  oppure  ,  che  i  particolari  fe  le  fa- 
celìero  indorare  per  la  loro  bellezza ,  e  per 
confervarfele  ,  come  penlà  il  Buonarruoti  l.c. 
Tav.  qo.pag. 373. 

(a)  Ho  ridotta  cosi  queda  lapide  alla  fua 
vera  lezione  ,  come  era  data  anche  riportata 
nel  Giornale  de'  Letterati  ,  Tom.  VI.  p.  258. 
anno  1772.  Non  vi  lì  parla  punto  dell’arte 
d’ indorare  ;  ma  loltanto  di  un  Cajo  Giulio 
Tallo  ,  che  fu  padrone  ,  o  direttore  ,  e  fopra- 
dante  (  come  può  fpiegarlì  in  amendue  i  fen¬ 
di  ,  quell’  egit  officinas  )  a  due  botteghe  ,  ove 


li  lavorava  il  piombo  ,  fituate  una  nella  re¬ 
gione  di  Trallevere  ,  e  l'altra  nella  regio¬ 
ne  IX.  in  quella  parte  ,  che  li  chiamava  Tri¬ 
gono  ;  e  in  lèguito  ,  oppure  nello  dello  tem¬ 
po  ,  anche  direttore  di  coloro  ,  che  lavora¬ 
vano  le  monete  d’oro  .  Credo  che  ognuno 
polla  edere  facilmente  perfuafo  ,  che  quedo 
ne  è  il  vero  fenfo  ;  onde  non  mi  edenderò  di 
più  a  ripeterne  le  prove  ,  che  darà  altrove  in 
una  lunga  efpolizione  il  più  volte  lodato  li- 
gnor  abate  Gaetano  Marini  adai  vantaggio- 
lamente  noto  anche  per  le  fue  molte  eiudi- 
zioni  nella  materia  riguardante  la  lapidaria  . 
Il  eh.  Autore  della  Jflit.  andquaric-numifm. 
avendo  traferirta  quella  ifcrizione  alla p.  qg. 
come  qui  la  riportava  Winkclmann  ,  vi  ha 
per  confegucnza  ripetuti  i  medefimi  errori . 


G  2 


Ca 


LIB.  Vii. 
CAP.  II. 


Meccanismo  della  Scultura 


9tS£SZ~SS=2=SÌSi 

L 1  3 •  V n  1  fTS, _ i _ i — ’■  ' r r  ■■■.  i - -  ■  ■-■  .ju-i-i....  meenC) 

CAP.  III. 

C  A  P  O  III. 

Velia  pittura  prefso  i  Greci  —  Antiche  pitture  [coperte  -  Difegni 
d’ alcune  -  Pitture  originali  ...  di  Roma  .  .  .  d’ Ercolano  ...  di 
cui  defcrìvonfi  quattro  de’  più  bei  pezzi  .  .  .  e  due  altri  difepolti 
a  Pompeja  -  Autori  di  tali  pitture  , 

Delia  pittura  Avendo  sì  lungamente  trattato  della  {cultura*  ragion  vuole 

Stello  i  Greci.  .  .  ...  °  „ 

che  non  omettiamo  di  parlare  dell  arte  di  dipingere  prello 
gli  antichi  *  e  polìiam  ora  farlo  con  fondamento,  recando¬ 
ci  ,  oltre  le  notizie  tramandatecene  dagli  fiorici ,  molte  cen¬ 
tinaia  d’antichi  quadri  feoperti  in  Ercolano  ,  e  nelle  altre 
città  fepolte  fotte  le  ceneri  del  Yefuvio  .  Ancorché  le  pit¬ 
ture  rimaCeci  non  fiano  che  mediocri  ,  da  effe  nondimeno 
pofllamo  in  qualche  modo  inferire  qual  inerito  avellerò  le 
più  pregevoli,  e  dobbiamo  riguardarle  come  fortunati  avan¬ 
zi  d’un  lagrimevole  naufragio  . 

Antiche pittu'--  jf.  i.  Prima  d’efaminare  il  meccanifmo  e  l’indole  dell’ 
ricoperte.  antica  maniera  di  dipingere  darò  in  quello  Capo  uno  Co¬ 
rico  ragguaglio  delle  antiche  pitture  pervenuteci ,  l’età  rin¬ 
tracciandone  e  gli  autori . 

jf.  2.  In  Roma  molte  antiche  pitture  fi  fono  feoperte , 
ma  parecchie  ,  o  per  l’incuria  de’ maggiori  o  per  la  fola 
azione  dell’aria,  fono  Cate  guaCate  e  diCrutte ,  com’è  pur 
avvenuto  d’ alcune  feopertefi  in  mia  prefenza  :  l’aria,  che 
giugne  a  penetrare  nelle  camere  a  volta  rimaCe  per  molti 
fecoli  ingombre  dalla  terra  o  chiufe  ,  non  folo  altera  i  co¬ 
lori  delle  pitture  che  ivi  fono  ,  ma  la  Cella  intonacatura 
del  muro  corrode  e  guaCa  . 


J>'.  3-  Ta- 


presso  i  Greci  ,  s  loro  Pittura  .  $3 

jf.  3.  Tale  è  flato  forfè  il  deflino  di  varie  pitture  delle 
quali  oggidì  altro  più  non  abbiamo  che  i  difegni  coloriti 
ferbatifì  nella  biblioteca  Vaticana  ,  prefTo  il  fignor  cardinale 
Albani ,  e  altrove  .  Quelle  ,  che  difegnate  veggonfì  nella  Va¬ 
ticana  ,  erano  per  la  maggior  parte  ne’  bagni  di  Tito  .  I  di¬ 
fegni  fono  di  Sante  Bartoli  e  di  Francefco  fuo  figliuolo  , 
i  quali  probabilmente  non  li  fecero  fui  luogo  medefimo , 
ma  li  ricavarono  da  altri  più  antichi  ,  tratti  dalle  pitture 
originali  ai  tempi  di  Raffaello  (1).  Quattro  pezzi  di  quefle 
pitture  ho  pubblicati  ne’ miei  Monumenti  antichi  (2)  .  11  pri¬ 
mo  (a)  ,  tratto  dai  mentovati  bagni ,  è  comporto  di  quattro 
figure  ,  e  rapprefenta  Pallade  Mufica  con  due  tibie  in  ma¬ 
no  ,  quali  in  atto  di  volerle  gettare  ,  poiché  una  Ninfa  dei 
fiume  ,  in  cui  la  dea  fi  fpecchia  ,  l’avvifa  che  ,  dando  fiato 
allo  ftromento  ,  le  fi  sformano  le  fembianze  .  Nel  fecondo  (b) 
fi  vede  Pallade  che  prefenta  un  diadema  a  Paride  ,  offeren¬ 
dogli  iJ  regno  dAfia,  le  a  lei  vuol  dare  il  pomo  deftinato 
alla  più  bella  .  Il  terzo  (c)  ,  comporto  di  quattro  figure , 
rapprefenta  Piena  ,  dietro  alla  cui  fedia  s’appoggia  una  don¬ 
na  che  è  forfè  una  delle  fue  ancelle  ,  e  probabilmente 
Allianaffa ,  che  è  la  più  nota  fra  le  medefime  .  Dirimpetto 
a  lei  Ila  Paride  in  piedi  ,  che  prende  in  mano  un  dardo 
dall  Amore  pollo  fra  lor  due,  mentre  Elena  ne  tocca  l’ar¬ 
co  .  Nel  quarto  (d)  di  cinque  figure  deefi  ravvilare  Tele¬ 
maco 


ri)  Che  le  Terme  di  Tuo  lianoTtate  Cco- 
perte  ai  tempi  di  Raffaello  ,  e  che  quelli  ab 
bia  imitata  quella  maniera  nelle  famofe  log¬ 
ge  del  Vaticano  lo  dimodra  il  lìg.  abate  Car¬ 
nuti  coll  autorità  di  fcrittori  contemporanei  ; 
e  appare  evidentemente  al  fole  confrontare  i 
dilegni  delle  logge  con  quei  delle  terme  ,  ef- 
lendo  (fati  amendue  ultimamente  pubblicati 
anche  coi  proprj  colori .  Vi  fu  pure  chi  Co- 
Ipetto  che  le  danze  delle  Terme  di  Tito  fieno 
poi  date  nuovamente  rinchiufe  e  riempiute 
di  terra  per  arte  di  Raffaello  medefimo ,  af¬ 
fine  di  comparire  egli  dello  l'inventore  di 
quella  nuova  maniera  ;  ma  tal  fofpetto ,  trop¬ 


po  ingiuriolb  ai  talenti  di  quell’ impareggia¬ 
bile  arrida  ,  non  ha  alcun  lodo  fondamento  . 

(ri  Il  fignor  Vink'Imann  ne'fuoi  Monu¬ 
menti  da  una.  molto  più  edefa  ed  erudita  de- 
fcrizione  e  fpiegazione  delle  quattro  qui  ri¬ 
ferite  pitture  .  Altri  conlimili  difegni  tratti 
dall'antico  proponead  da  fpiegare  ,  quando 
ciò  fcriffe  . 

(u)  Monum.  ani.  ined.  par.  I.  cap.  p.  ri.  2. 
pag.  20.  n.  iS. 

(b)  ibid.par.  il.  cap.  z.  num.  2.  pag.  1  j6. 
num.  1 1  p. 

(c)  ibìd.  num.  i  1 4-pag.i  SJ. 

C d )  ibid.  num.  1 6  a.  pag.  zi  4. 


LIB  VII. 
CAP:  III. 
Difegni  d’ai- 
cune  . 


LIB. VII. 
CAP.  III. 


Pitture  origi¬ 
nali  .  . . 

..  di  Roma... 


$4  Meccanismo  della  Scultura 

maco  in  compagnia  di  PiGllrato  nella  cafa  di  Menelao  , 
ove  Elena  al  figlio  d’UlilTe,  dolente  per  non  poter  trovare 
il  padre  ,  offre  in  un  cratere  o  tazza  profonda  il  nepente , 
bevanda  che  facea  dimenticare  i  mali  e  la  rimembranza  do- 
lorofa  delle  perfone  perdute  . 

jf.  4.  Oltre  i  difegni  delle  antiche  pitture  ,  alcune  tut¬ 
tora  ne  efiflono  ,  cioè  una  pretefa  Venere  e  una  Roma  nel 
palazzo  Barberini ,  le  così  dette  Nozze  Aldobrandine  ,  il  pre- 
tefo  M.  Coriolano  ,  e  1’  Edipo  della  villa  Altieri ,  oltre  fette 
pezzi  efiflenti  nella  galleria  del  collegio  Romano  ,  e  due  nella 
villa  Albani . 

$■  Di  grandezza  naturale  fon  le  due  prime  .  Roma 
è  fedente  ,  e  Venere  giacente  ;  in  quella  pittura  però  Carlo 
Maratta  rellaurò  alcune  cofe  ,  e  fra  le  altre  l’Amorino  (a)  . 
Fu  efia  trovata  nello  fcavare  i  fondamenti  del  palazzo  Bar¬ 
berini  ,  e  credefi  che  ivi  pure  fia  Hata  fcoperta  la  figura  di 
Roma  .  In  un  ms.  unito  alla  copia  di  quefta  pittura  fatta 
per  ordine  dell’imperatore  Ferdinando  III.  ,  leggefi  che  fu 
fcoperta  nel  1656.  prelTo  il  battolerò  di  Collantino  (a);  dal 
che  s’  è  argomentato  che  opera  fia'  del  IV.  fecolo  .  Io  ledi 
però  in  una  lettera  ms.  del  commendator  del  Pozzo  a  Nic¬ 
colò  Heinfio  ,  che  fu  trovata  quella  pittura  ai  fette  d’aprile 
nel  1 655.;  ma  non  vi  fi  dice  in  qual  luogo:  la  Chaufìe  ne 
badata  la  definizione  (b)  .  Un’altra  pittura  detta  Roma  trion¬ 
fante  (r)  ,  compolla  di  molte  figure  ,  che  vedeafi  altre  volte 
nel  medefimo  palazzo  ,  or  più  non  v’  è  :  forfè  infracidi  e  fi 
disfece  ,  come  il  pretefo  Ninfeo  ( d )  . 

jf.  6.  Le  nozze  Aldobrandine ,  dove  fi  vedono  molte  fi¬ 
gure  alte  circa  due  palmi  ,  difepolte  furono  non  lungi  da 

fan- 

(a)  Vedi  Tom.  1.  pag.  38  y.  n.  b.  e  la  dà  pure  il  fignor  Lens  Le  eojlume  ec. 

(.a)  Lamb.  Comment.  de  aug.  bibl.  c&f.vin-  pian.  32.  fig  1 06. 

dob.  Tom.  11I.  IH.  3.  adait.  1  6.  pag.  376.  (e)  Spon.  Retk.  d'antiq.  pag.  1  py.  ,  Montf. 

(b)  Muf.  Rom.  Jecl.  K .  cap.  V.  pag.  tip.  Ani.  expl.  Tom.  l.par  il.  pi.  193.  n.2. 

ea.it.  1  690.  [La  figura  la  da  alla  pag.  32.,  (à)  Holft.  Comment.  in  vet.  pici,  nyrnph. 


presso  i  Greci  ,  e  loro  Pittura  .  $$ 

Tanta  Maria  Maggiore  nel  luogo  ov’  erano  altre  volte  gli  orti 
di  Mecenate  (a)  .  Rapprefentanlì  in  quella  pittura  ,  ficcome  ho 
dimoflrato  ne’  miei  Monumenti  antichi  ( b )  ,  le  nozze  di  Peleo 
e  di  Teti  ,  predo  i  quali  le  tre  dee  delle  flagioni ,  o  piut- 
toflo  tre  Mule  Tuonano  la  cetra  e  cantano  l’epitalamio  .  Ve¬ 
dali  ciò  che  pur  ho  detto  intorno  a  quella  pittura  nelle  Ri¬ 
cerche  full’ allegoria  (c)  . 

jf.  7-  La  quarta  pittura  ,  cioè  il  pretefo  Coriolano  ,  non 
è  già  perduta  ,  come  pretende  du  Bos  (d)  ;  ma  vederli  può 
anche  oggidì  nelle  terme  di  Tito  ,  in  quel  luogo  ove  tro¬ 
vato  fu  il  Laocoonte  (a).  L’ Edipo  (e),  almeno  nello  llato 
in  cui  trovafi  attualmente  ,  è  inferiore  alle  fin  qui  mento¬ 
vate  pitture.  In  quella  però  deve  notarli  una  particolarità, 
e  lorle  non  ancora  ofiervata  da’  moderni  ;  poiché  1’  ha  omef- 
la  lo  llelTo  Bellori  pubblicandone  il  difegno  .  Nella  parte 
fuperiore ,  ove  la  pittura  è  quali  del  tutto  cancellata ,  ve- 
aefi  come  in  lontananza  un  alino  e  ’l  fuo  conduttore  che 
con  un  pungolo  lo  fpigne  innanzi  ;  ed  è  quello  fenza  dub¬ 
bio  l’alino  fu  cui  Edipo  caricò  la  sfinge  che  aveafi  recata 
dal  monte,  e  portolla  quindi  a  Tebe  .  Ma  ciò  non  fi  è  da¬ 
gli  altri  divilato  ,  perchè  l'opra  tal  pittura  fono  flati  dati 
de’  nuovi  colori  . 

jf.  8.  Le  antiche  pitture  ,  che  ferbanfi  nel  mufco  del  col¬ 
legio  Romano  ,  tratte  furono  in  quello  lecolo  da  una  camera 

alle 


(a)  Zuccaro  Idèa  de'  Pittori  ,  lib.  z.  p.37. 

(.b)  Par.  I.  cap.i  n.  pas.6o. 

(<0  pug-.qS.  &  $Q. 

(<0  Rèflex,  fur  la  poef.  ec.  feci. 37.  Tom.I. 
Pag-  17*. 

(a)  Ne  dà  la  figUTa  La  ChaulTe  Pici,  anti¬ 
qua,  ec.  Tab.i .  (opra  un  poco  cfatto  difegno. 
Il  noftro  Autore  in  altro  propolito  nella  Pre- 
f?h  ai  Monum.  ant.  ined.  p.  XXIJ1.  così  ne 
fcrive  :  „  La  pittura  antica  che  s’è  conferma¬ 
ta  nelle  tenne  di  Tito  ,  ove  credei!  figurato 
Marco  Coriolano  alla  certa  dell’armata  in  at¬ 
to  di  combatter?  contro  la  patria  ,  e  la  ma¬ 


dre  di  lui  e  la  conforte  che  gli  fi  fanno  in¬ 
contro  co'  loro  figliuoli ,  oltre  eifere  la  (lam¬ 
pa  diverfa  della  pittura  ,  vedefi  in  quella  el- 
prefio  un  avvenimento  accaduto  in  luogo 
chiufo  ,  ciò  che  non  può  adatrarfi  all'abboc¬ 
camento  di  Coriolano  con  la  madre  ,  e  con  la 
conforte  ,  tenutoli  in  campo  aperto  ;  doven¬ 
doli  piuttorto  riferire  ai  Ettore  ,  e  ad  An¬ 
dromaca  ;  tanto  più  che  la  donna  ,  la  quale 
parla  col  pretefo  Coriolano,  non  è  attempata, 
come  lo  moftra  la  (lampa  ,  ma  giovane  . 

(e)  Bellori  Pici.  vet.  in  fepulcr.  Nafin. 
Tab.i  p. 


LIB.  VII. 
CAP.  III. 


L1B.  Vii. 
CAP.  III. 


S '6  Meccanismo  della  Scultura 

alle  radici  del  monte  Palatino  dalla  parte  del  Circo  Maflimo „ 
I  migliori  pezzi  fono  un  Satiro  che  beve  a  un  corno  ,  alto 
due  palmi  ,  e  un  paefe  con  figure  grandi  un  palmo  ,  fupe- 
■riore  a  molte  pitture  di  paefì  (coperte  ad  Ercolano  (a)  .  Nel¬ 
lo  ftelTo  luogo  e  al  tempo  medefimo  s’ è  fcoperta  una  delle 
due  pitture  della  villa  Albani  :  fu  fcelta  allora  ,  fra  le  altre 
fette  ,  dal  fignor  abate  Franchini  minillro  del  Gran  Duca  di 
Tofcana  ,  dal  quale  ebbela  il  Cardinal  Palfionei  ,  dopo  la 
cui  morte  pafsò  nella  mentovata  villa  .  Vedefi  incifa  in  ra¬ 
me  da  Morghen  ,  come  un’  appendice  alle  pitture  anti¬ 
che  pubblicate  dal  Bartoli ,  e  più  efattamente  dilegnata  ve¬ 
derli  può  ne’ miei  Monumenti  antichi  ( a )  .  V’ è  nel  mezzo  fu 
una  bafe  una  piccola  figura  ignuda  ,  che  ha  l’elmo  incapo, 
lo  feudo  nella  finifira  ,  e  nella  delira  una  mazza  circondata 
di  molte  punte,  limile  a  quelle  che  ufaronfi  ne’ balli  tempi. 
Sul  pavimento  da  una  parte  è  una  piccol’ara,  dall  altra  un 
gran  braciere ,  e  da  amendue  follevali  in  alto  il  turno  .  Stan¬ 
no  ai  due  lati  due  figure  muliebri  veliate  ,  cinte  il  capo  di 
diadema:  una  fparge  l’incenfo  full’ara  ,  e  l’altra  fembra  far 
lo  ftelTo  full’accefo  carbone  del  braciere  colla  delira  ,  men¬ 
tre  colla  lìnillra  regge  un  piatto  di  frutti  ,  che  pajono  fichi . 
Rapprefentali  qui  a  mio  parere  un  fagrifizio  che  fanno  a 
Marte  Livia  ed  Ottavia  moglie  l’una  ,  e  l’altra  Lorella  d’Au- 
gufto  ,  come  far  lo  foleano ,  efcludendone  gli  uomini  ,  al 
primo  di  marzo  le  matrone  romane  nella  feda,  che  perciò 
chiamava!!  matronale  (b)  .  E’  forfè  quello  quel  medefimo  fa- 

gri- 

(a)  Le  pitture  ,  che  Ranno  in  queflo  Ma-  Autore  ,  che  daremo  nel  Tomo  ni. ,  e  altro- 
feo  ,  e  lì  fanno  vedere  per  antiche  ,  oltre-  ve  .  Quella  ,  che  viene  lodata  dal  Montfaucon 
padano  i  fettanta  pezzi .  Sarebbe  lunga  cofa  Diar.  icaiic.  cap.  16.  pag.  233.,  e  dal  Ga¬ 
li  voler  qui  efaminare  fe  fieno  veramente  an-  leotti  Gemmi  anc.  liner,  pan.  il.  Tab.  VI. 
tiche  tutte  ,  o  nella  maggior  parte  ,  oppure  fig.  V.  ,  rapprefentante  un  architetto  veftito 
di  mano  modem»  ,  come  tali  fi  vogliono  tut-  di  verde  coll'  archipendolo  in  mano  ,  ed  altri 
teda  molti  ,  e  tra  gli  altri  dal  iignor  abate  (frumenti,  trovato  in  un  fepolcro  fulla  via 
Amaduzzi  nella  delcrizionc  delle  pitture  dei  Appia  ,  ora  più  non  vi  efiife  . 

Dapiferi,  delle  quali  parleremo  qui  apprefib  ,  ( a)  num.  1  77. 

pag.  30.  ,  in  una  nota  alle  lettere  del  noftro  (A)  Ovid.  Faft.  lib.  3.  verf.  iyo. 


presso  i  Greci  ,  e  loro  Pittura  $7 

grìfizio  di  cui  parla  Orazio  (n)  ,  latto  da  quelle  due  romane  ■ 
pel  felice  ritorno  d’Augufto  dalle  Spagne  ;  egli  però  non  di¬ 
ce  a  qual  dio  fagrificaffero  . 

jf.  9.  L’altra  pittura  della  villa  Albani ,  fcoperta  alcuni 
anni  fa  in  una  camera  d’un  antico  pago  o  borgo  fulla  via 
Appia  a  cinque  miglia  da  Roma  ,  ha  un  palmo  e  mezzo  di 
lunghezza  ,  e  la  metà  di  larghezza  ( b )  .  Vi  li  rapprefenta  un 
paefe  con  fabbriche  e  figure  d’uomini  e  d’animali,  dipinto 
con  molta  franchezza,  con  graziolo  colorito,  e  con  grande 
intelligenza  di  prolpettiva  per  la  lontananza  .  L’edifizio  prin¬ 
cipale  è  una  porta  d’un  arco  lolo  ,  con  una  trave  incallrata 
negli  ftipiti  e  folfenuta  da  una  catena  di  ferro  ,  che  fcorre  fu 
una  girella  per  alzarla  o  abballarla  al  bilogno  .  Sopra  l’arco 
v’  è  una  llanza  per  la  fentinella  .  La  porta  conduce  a  un 
ponte  ,  fu  cui  pallano  de’  buoi ,  e  fotto  cui  fcorre  un  fiume 
che  va  a  gettarli  in  mare.  Sulla  riva  è  un’alta  pianta,  fra 
i  rami  della  quale  Ifa  una  fpecie  d’armatura  di  tetto  ,  e  vi  li 
veggono  pendenti  delle  tenie  o  bende  alla  pianta  offerte  (c)  . 
Così  prelfo  Stazio  ( d )  ,  Tideo  padre  di  Diomede  per  onorar 
Pallade  appefe  ad  una  pianta  a  lei  facra  delle  bende  purpu¬ 
ree  con  orlo  bianco  ;  e  così  di  gemme  preziofe  ornò  Serfe 
un’altra  pianta  (e)  .  Sotto  l’albero  vedefi  un  fepolcro  :  e 
diffatti  foleano  quelli  prelfo  gli  antichi  all’ombra  delle  pian¬ 
te  elevarli  (a;  ,  anzi  talora  da  ehi  le  piante  forgeano  (f)  . 
La  perfona  ,  che  fovr’un  altro  di  quelli  fepolcri  li  ripofa  , 
indica  qui  forfè  la  via  pubblica  ,  lungo  la  quale  foleano  i 
Romani  colimi  re  i  loro  tumuli  (b)  . 

Tolti.  IL  H  jf.  io.  Non 


LIB.  VII. 
CAP. III. 


CO  Carm.  lib.  3.  Ode  14.  verf  j\ 

(fi)  Monum.  ant.  r.um.zoS . 

(c)  Philoftr.  Iloti,  db.  2.  11.3  4.  op.  Totk.iI. 
pae.Spp..  Piud.  Lontr.  Cjyrnm.  db. 2.  v.i  0 0 9. 

(d)  ìheb.  /ib.2.v.73X.,& iib.i  2.V.4Q2., 
E  ul  !  6 y  v.  Lib.  4.  catm.  4.  v.  p2 . 

(e)  /LLan.  y ur.  hi  fi.  Lib. 2.  cap.i 4. 


CO  Properzio  lib.  2.  cleg.13.  verf.33.  e  34. 
dcliderava  che  un  lauro  facelle  ombra  al  luo 
lepelcro  . 

(/)  Hor.  Epod.  $.  verf.  17.  ,  Plin.  lib.i  6. 
cap.44.Ject.  SS. 

(b)  Vedali  quella  pittura  appreflo  in  fron¬ 
te  al  lib.  XI.  j  incita  in  rame  , 


LIB.  VJI. 
CAP. Ili- 


$8  Meccanismo'  della  Scultura 

jf.  io.  Non  parlerò  qui  d’ altri  piccoli  pezzi  d’antiche 
pitture  fcopertifì  negli  anni  1722.  e  1724.  nelle  mine  de! 
palazzo  de’  Cefari ,  poiché  a  cagione  della  muffa  non  fono 
più  riconofcibili  .  Quelli  ,  elfendo  flati  fiaccati  dal  muro 
coll’  intonacatura  ,  furono  collocati  nel  palazzo  Farnefe  fui 
Palatino,  e  quindi  trafportati  a  Parma  ,  e  pofcia  a  Napoli, 
ove  con  altri  preziofì  avanzi  d’antichità  rimafero  per  più  di 
vent’  anni  chiufì  nelle  loro  cade  in  flanze  umide ,  coficchè 


quando  ne  furon  poi  tratti  fuori ,  appena  più  vi  fi  vedeano 
indizj  della  pittura  :  in  tale  flato  lono  oggidì  efp olii  a  Capo 
di  monte.  Una  Cariatide  coll’intavolato  che  follie  ne  ,  tro¬ 


vata  nelle  mentovate  mine  ,  fi  è  ben  confervata  ,  ed  è  ora 
a  Portici  fra  le  pitture  d’ Ercolino  .  Un  altro  pezzo  della 
pittura  palatina  rapprefentante  Elena  che  ,  fcendendo  dalla 
nave,  s’appoggia  a  Paride  ,  è  flato  indiò  e  pubblicato' nell" 
Opera  di  Turnbull  fulla  pittura  degli  antichi  (a)  . 


(a)  Vinkelmanti  nella  prima  edizione  ih 
quello  luogo  nominava  anche  le  pitture  del¬ 
la  piramide  di  Ceftio ,  dicendole  fvanite  ,  e 
cancellate  dall’umidità:  il  che  no n  è  total¬ 
mente  vero  .  Se  ne  pofibno  vedere  le  figure 
in  rame  date  dal  Falconieri ,  che  le  illuftrò 
con  una  lunga,  dillertazionc  inferita  in  ap¬ 
pendice  alla  Roma  antica  del-  Nardini  .  Tra 
le  pitture  trovate  fui  principio»  di  quello  fe- 
colo  in  Roma  ,  una  ne  comprò  il  fig.  Middle- 
ton  ,  e  la  pubblicò  col  reità  del  ino  ninfeo' 
nell'opera  dianzi  citata  A  ttiquitates  Middle- 
toniam  :  altra  comprata  da!  dotror  Mead  pa¬ 
rimente  ingiefe  è  data  in  rame  dal  fig.  Dygby 
in  fronte  della  fua  edizione  di  Orazio  Fiacco 
fatta  in  Londra  nel  174*).  ,  e  ne  parla  anche 
du  Bos  Refìex :  far  la  poef.  ec.  Tom.  I.Jict.37. 
pag.  37 S.  Il  Cardinal  di  Rohan  ne  portò  un’ 
altra  in  Francia  ,  che  poi  donò  al  duca  d’Or- 
leans  ,  trovata  pure  in  Roma  nel  1721.  fui 
monte  Efquiiino  .  Se  ne  da  il  rame  e  la  de¬ 
finizione  dal  fig.  Marcati  de  Mautour  nell' 
Academ.  des  Infcript.  Tom.  V.  HiJÌ.  p.  zq7. 
Di  certe  altee  ,  che  nel  1702.  furono  trovate 
nelle-  rovine  dell’ antica  Capua ,  ed  altre  in 
una  villa  tra  Napoli  ,  ed  il  Vefuvio  nei  1709. 
ne  parla  du  Bos  l.cit.  pag.pSo.  Ma  quelle  che 
meritano  particolar  menzione  Coro  le  feo- 
pe cte  negli  anni  lcorfi  fui  detto  monte  Efqui- 
Jiuo  ,  e  fui  Celio .  Le  póme  furono  trovate 


jf.  ri.  Quan- 

nella  villa  Negroni  l’anno  1777  Effe  confi- 
ftono  in  tredici  quadri  di  poca  altezza ,  tut¬ 
ti  dipinti  di  buona  maniera  con  fifone  ,  ed 
emblemi  di  Venere  ,  di  Adone  ,  di  Bacco 
d’Arianna  ,  ed  ornamenti  bellilTuni  .  Furono 
fui  luogo  ftclfo  vendute  ad  un  rnglelé  ,  e  for¬ 
fè  dopo  qualche  tempo  avranno  lofterto  dan¬ 
no  ,  come  ha  detto  Winkelmann  che  accader 
fuole  alle  pitture  antiche  allorché  vengono  ef- 
pofte  all’aria  .  Se  ne  fecero  peròi  difegni- ,  tre 
de’quali ,  ora  pofTeduti  dal  lìgnor  cavaliere  de 
Azara  ,  volle  efcguirli  fi  fignor  Mengs  ,  e  co¬ 
lorii  li  ,  come  avrebbe  fatto  anche  degli  a’tri 
fe  folfe  fbpravìlluto  ;  e  nove  ne  tono  già  in¬ 
cili  in  rame  .  Il  fignor  cordigliere  Bianconi 
pensò  allora  ,  che  ove  furono  feoperte  vi 
potei!;  edere  un  luogo  di  delizie  appartenen¬ 
te  a  Lucilla  moglie  di  Lucio  Vero- ,  e  figlia 
di  M.  Aurelio ,  e  di  Fauftina  ;  argomentan¬ 
dolo  da  un  medaglione  de!  re  di  Francia  ri¬ 
portato  dal  Vaillant  Numifm.  ec,  Tom.  ni. 
pag.  t  pf.  ,  nel  rovefeio  del  quale  fi  vede  rap- 
prelèntato  il  foggetto  che  è  in  una  di  quefti 
quadretti  colorito  dal  fignor  Mengv  ;  cioè  un' 
ara ,  fu  cui  fta  in  piedi  un  Amorino  alato  ,  e 
vicina  una  donna  llolata  ,  che  colla  deftra 
fienaie  un  albero,  da  cui  cade  capovoltomi 
altro  Amorino  quali  che  foffe  un  pomoj  c 
nel  diritto  vi  è  la  ceda  di  Lucilla  colla  i f cri— 
zione  .  Un  limile  medaglione  le  pelliede  sai- 


presso  i  Greci  ,  i  loro  Pittura  .'  $9 

jf.  11.  Quando  parea  che  folle  perduta  ogni  fperanza 
di  trovare  antiche  pitture  ,  accadde  la  rimarchevole  fcoper- 
ta  delle  città  fepolte  dal  Vefiivio  ,  dalle  quali  furono  tratti 
mille  e  qualche  centinaja  di  pezzi  d’ intonaco  di  muro  di¬ 
pinto  ,  ed  elpofii  nel  muieo  Ercolanenfe  .  Alcuni  trovati  fu¬ 
rono  in  Ercolano  medefimo  ,  altri  nella  città  di  Stabbia  ,  e 
gli  ultimi  in  Pompeja  ,  che  s’è  più  tardi  fcoperta  .  - 

fi'.  12.  Le  quattro  più  ragguardevoli,  tra  le  pitture  d’Er- 
colano  ,  trovate  fui  muro  in  certe  nicchie  d’un  tempio  ro¬ 
tondo  ,  rapprelentano  Tefeo  dopo  d’aver  uccifo  il  Minotau¬ 
ro,  la  nafcita  di  felelo  ,  Chirone  e  Achille,  Pan  e  Olim¬ 


po  .  In  Tefeo  non  fi  vede  certamente  l’idea  della  bellezza 
di  quel  giovan  eroe  che  fu  prefo  per  una  fanciulla  al  fio 
arrivo  in  Atene  (a)  .  Avrei  voluto  vederlo  con  lunga  e  fciol- 
ta  chioma,  qual  egli  e  Giafone  ,  allorché  entrò  per  la  pri¬ 
ma  volta  in  Atene  ,  portarla  foleano  .  Doveva  Tefeo  anche 
nel  retto  iomigliare  allo  ttetto  Giafone  ,  qual  ci  vien  dipinto 
da  Pindaro  (b)  cotanto  bello  ,  che  n’  era  prefo  da  maravi¬ 
glia  il  popolo  al  vederlo,  e  credea  di  mirare  Apollo  o  Mar¬ 
te  .  Nella  pittura  di  Telefo  1  Ercole  non  fomiglia  punto  al 

H  2  <?re« 


clic  Tilluftre  prelato  Gaetanì  ;  cnoi  ne  dare¬ 
mo  la  figura  in  apprefio  Vedali  l’Antologia 
Romana  anno  17S0.  n.32.  Tom  VI.  p.  231. 
t  fegg.  Le  altre  (coperte  lui  Celio  vicino  all' 
ofpedale  di  s.  Giovanni  in  Laterano  nel  1780., 
aneli’ elle  di_  molto  buon  pennello,  fono  in 
numero  di  lette,  delle  quali  non  fono  andate 
efenti  dall’anzidetta  difgrazia  ,  che  due  ,  c 
mezza ,  polTedutc  ora  cali’  Emo  lìg.  Cardinal 
Palletta  pro-teforiere  di  Sua  Santità .  Rap- 
prelentavano  fecce  belli  giovani  di  grandezza 
naturale  vediti  di  un  abito  di  color  cangian¬ 
te  ,  uniforme,  non  piu  veduto  ,  diodo ,  e 
lungo  oltre  mezza  gamba  .  Hanno  capelli 
biondi  chi  corti ,  e  chi  lunghi  lino  alle  fpal- 
le  ,  rea  tutti  legati  con  una  fettuccia  ad  ufo 
di  diadema  ;  e  al  piede  nudo  fono  cinti  di 
un  galante  fandalo  aliai  leggiero  .  1  primi 
lei  in  atto  di  camminate ,  portano  ciafcuno 
un  piatto  di  vivande  ,  parte  cotte  ,  e  parte 
crude  :  1  ultimo  ,  che  ha  degli  ornamenti  al¬ 
quanto  divelli  all’  abito  ,  fta  fermo  in  piedi 


in  atto  come  di  prefentare  un  bicchiere  ,  che 
tiene  nella  delira  follevaro  al  pari  della  teda , 
ed  ha  accanto  due  vali .  Sono  date  incile,  e 
pubblicate  nell'anno  Icorfo  1785.  da  Gio.  M. 
Ladini  chier.  regol.  Somafco  con  due  diverfe 
fpiegazioni  delli  eh.  dgnoi  ab.  Amaduzzi ,  e 
l’ gnor  ab.  Giovenazzi  ,  il  primo  de' quali 
penta,  che  quei  giovani  minidrallero  ad  un 
convito  profano  ,  e  l  adro  ad  un  religiofo  , 
de’ quali  molto  abbonoava  l'antica  romana 
luperdizione  ,  e  forfè  dei  Salj .  Si  noti  final¬ 
mente  Terrore  del  P.  Montfaucon  ,  il  quale 
nel  fuo  Diar.  icalic.  cap.16.  pag.  233.  dava 
per  antiche  certe  pitture  del  Maufolee  d’An- 
gudo  in  Campo  Marzo  ,  che  fono  moderne  , 
come  già  notò  ficoioni  nelle  fue  OlTervazio- 
ni  (u  quel  Diario  ,  pag.  31 .  ;  e  conlìllono  in 
alcune  canne  ,  e  foglie  con  un’  arma  papale 
in  parte  rovinata . 

{a)  Pauf.  lib.j.  cnp.  1  p ,  pag.  4.4.  princ. 

(d)  Tyth.  One  3.  \cj.  131.  Jlqq. 


LI  15.  VII. 
CAP. III. 

. . .  d’ErcoLi' 


LIB .  VII. 


CAP.III. 


6o  Meccanismo  della  Scultura 

5  greco  Alcide  ,  e  affai  volgari  fembianze  hanno  le  altre  tefte  , 
Achille  fta  cheto  e  inoperofo  ,  ma  affai  lignificante  n’ è  il 
volto  :  fi  fcorge  ne’ Tuoi  tratti  un’idea  che  prefagifce  un  fu¬ 
turo  eroe  ,  e  negli  occhi  Tuoi  ,  che  con  grandiffima  atten¬ 
zione  tien  filli  in  Chirone  ,  fi  ravvila  una  viva  avidità  di  la- 
pere  per  compiere  preffo  il  corfo  della  Tua  giovanile  idru- 
zione  ,  e  rendere  poi  gloriola  con  grandi  imprefe  la  breve 
carriera  de’ giorni  Tuoi.  Se  gli  vede  in  fronte  un  nobil  pu¬ 
dore  ,  e  quali  il  rimprovero  di  fua  poca  abilità  ,  per  cui  il 
fuo  irti  tutore  gli  ha  levato  di  mano  il  plettro  con  cui  Tuo¬ 
nava  la  lira  ,  per  correggerlo  ove  aveva  errato  .  Egli  è  ap¬ 
punto  quale  lo  vuole  Aridotele  (a)  :  la  dolcezza  e  i  vezzi 
della  gioventù  fono  in  lui  miffi  alla  fenfibilità  e  al  nobile 
orgoglio  , 

jb  13.  Sarebbe  defiderabile  che  i  quattro  difegni  fui  mar¬ 
mo  ivi  pur  elidenti  ,  ne’ quali  v’è  il  nome  delle  perfone  e 
dell’autor  medefimo  ,  chiamato  Alessandro  Ateniefe  ,  foffer 
di  mano  d’un  qualche  celebre  maeffro  ;  ma  elh  non  ci  dan¬ 
no  certamente  una  grande  idea  della  fua  abilità  :  le  fifono- 
mie  delle  tede  fon  volgari  ,  e  ne  fon  mal  difegnate  le  ma¬ 
ni  ;  e  ognuno  altronde  ben  fa  che  le  edremità  delle  figure 
umane  fanno  ,  piucchè  le  altre  parti  ,  conofcere  il  merito 
dell’artida  .  Quede  pitture  monocromatiche,  cioè  d’un  lo! 
colore  ,  fatte  fono  col  cinabro  ,  che  è  dato  poi  annerito 
dal  fuoco  .  Di  queda  maniera  di  dipingere  parlerò  nel  Capo 
feguente  . 

jf.  14.  Le  più  belle  fra  quede  pitture  fono  le  Danzatri¬ 
ci  ,  le  Baccanti  ,  e  i  Centauri  ,  alti  meno  d’  un  palmo  ,  e 
dipinti  fu  un  fondo  nero,  ne’ quali  fi  fcorgono  i  tratti  d’un 
dotto  e  franco  artida  .  Vedendoli  fui  principio  sì  bei  pezzi, 
che  fatti  pareano  d’un  fol  colpo  di  pennello  ,  fi  defiderava 

di 


(a)  Rhet.  lib.  I.  cap.  f. 


presso  i  Greci,  e  loro  Pittura.  ói 

di  (coprirne  copia  maggiore,  e ’l  defiderio  fu  compiuto  alla  “““*=■“» 

C  j  i  ^  lib.  vii. 

fine  del  1761. 

CAP. Ili, 

ij.  Nello  fcavare  fra  le  ruine  diSrabbia  (a),  fu  tro-  ...dicuidè- 
vata  una  camera  quali  tutta  vuota,  ove  gli  opera]  vedendo  froTcf  pczi 
al  bado  di  un  muro  terra  loda  ,  e  fcavandovi ,  quattro  pezzi 21 
di  pittura  fcoprirono  ;  ma  nel  volerla  fgombrare  ne  furono 
rotti  due  colla  zappa .  Erano  quelli  quattro  pezzi  tagliati  e 
(laccati  dal  muro  ,  indi  appoggiati  l’un  all’altro  a  due  a 
due  ,  perchè  avedero  maggior  confidenza  ,  in  guifa  però 
che  la  parte  dipinta  reda(Te  in  fuori  .  Che  quelle  pitture 
non  fiano  date  portate  colà  da  altrove,  com’io  ed  altri  con¬ 
getturammo  a  principio  ,  ma  fiano  date  anticamente  (lac¬ 
cate  dal  muro  in  quel  luogo  dedb  ove  fi  trovarono  ,  lo 
hanno  in  feguito  dimodrato  le  fcoperte  fatte  nella  città  di 
Pompeja  ,  ove  anche  oggidì  nelle  cafe  fgombrate  dalla  terra 
veggonfi  e  tede  e  pitture  intere  (laccate  dal  muro  ;  il  che 
fu  fatto  probabilmente  nel  tempo  dedo  che  le  ceneri  avean 
cominciato  a  coprire  la  città  .  Forfè  que’  miferi  abitatori ,  i 
quali  ebber  tempo  prima  che  fuggidero  ,  di  mettere  in  fal- 
vo  una  parte  delle  loro  ricchezze ,  dopo  quel  funedo  acci¬ 
dente  ,  avendo  il  monte  celiato  di  mugghiare  ,  tornarono 
all’abbandonata  città  ,  e  aprendoli  ima  (Irada  alla  loro  cafa 
fra  le  ceneri  e  le  pomici  ,  tentarono  di  tralportarne  non 
folo  gli  arredi  e  le  maderizie  ,  ma  eziandio  le  llatue  ,  come 
appare  dai  loro  piedellalli ,  che  foli  vi  fi  trovarono  .  E  fic- 
come  vediamo  che  hanno  perfino  levati  i  cardini  di  bron¬ 
zo  dalle  porte  ,  e  gli  dipiti  di  marmo  ,  è  ben  probabile 
che  tentadero  pure  di  portar  via  le  pitture  .  Non  trovan¬ 
doli  di  quede  le  non  alcune  poche  daccate  dal  muro  ,  dob¬ 
biamo  credere  che  una  nuova  pioggia  di  ceneri  ,  quella  for¬ 
fè 

(a)  Nelle,  fcavaziom  di  Portici  fatte  in  fe-  mici  nella  dcfcrizionc  delle  Tavole  numerate 
firaro  del  1761.  ,  come  fi  dice  dagli  (Accade-  qui  apprelfo  . 


/ 

6 2  Meccanismo  della  Scultura 

"  ■  fe  che  fini  di  feppellire  la  città  ,  abbia  ciò  impedito  ,  ed 

lxb.vìI.  abbja]j  pur  obbligati  a  lalciar  dov’ erano  i  quattro  pezzi 

CAP.  III.  ,  ^  < •  . 

già  tagliati . 

fi.  16.  In  quelli  la  pittura  ha  tutt* all’ intorno  tre  lille 
di  vario  colore  :  la  più  ellerna  è  bianca  ,  quella  di  mezzo 
violacea  ,  e  verde  la  terza  ,  contornata  da  una  linea  di  co¬ 
lor  cupo  :  quelle  tre  lille  non  fono  più  larghe  che  la  punta 
dèi  dito  mignolo  ,  e  fiotto  di  elle  v’  è  un’altra  fitrificia  bianca 
larga  un  dito  .  Le  figure  fono  alte  due  palmi  romani  e 
due  onde  . 

jf.  17.  Sebbene  quelle  pitture  fieno  filate  pubblicate  (a) 
dopo  la  prima  edizione  della  mia  Opera  ,  ciò  non  oftante  , 
non  ho  giudicato  opportuno  di  fiopprimere  quanto  già  avea- 
ne  fcritto  ,  perchè  l’Opera  delle  pitture  d’ Ercolano  è  nelle 
mani  di  pochi ,  e  mi  lufingo  altronde  di  averne  indovinata  la 
vera  lignificazione  . 

jf.  18.  La  prima  fiembra  rapprefentare  un  poeta  tragico 
fedente  ,  voltato  di  faccia  ,  con  velie  bianca  che  gli  arriva 
fino  ai  piedi  ,  quale  gli  attori  tragici  portarla  foleano  ( b )  , 
con  maniche  lunghe  lino  al  pollo  della  mano  .  Ei  fiembra 
un  uomo  di  cinquantanni,  ed  è  lenza  barba  (*)  .  La  larga 
falcia  a  color  d’oro  ,  che  tien  fiotto  il  petto  ,  ha  qualche 
rapporto  colla  Mula  tragica  ,  che  fiuole  generalmente  avere 
una  cintura  più  larga  delle  altre  (r)  .  Egli  tien  nella  deltra 
un  ballone  o  ficettro  ,  lungo  quanto  un’alabarda,  nella  cui 
cimi  v’  è  un  fregio  largo  un  dito  a  color  d’oro  ,  limile  a 

quel- 

GO  Pict.  d’Ercol.Tom.  IV.  Tav.  41 .  42.  nuti ,  hanno  la  barba  ,  e  l’ha  pure  Efchilo 
43.  Ù  44.  fu  una  corniola  del  mufco  Stofchiano  De- 

(i)  Lucian.  Jup.  trag.  §.  41 .  oper.  Tom.  il.  Jcript.  des  pierr.  grav.  du  Cab.  de  S'ofck  , 
pag.688.  [e  in  Cy.iico  ,  §.  1  6.  Tom.  al.  et.  4.  Je8.  1.  n.  pi .  pag.417. ,  ove  un’aquila 
pag.  S48.  gli  lafcia  cadere  fui  capo  la  teftuggine  per  cui 

(*)  Probabilmente  qui  rapprefentafi  uno  morì  .  Se  ne  veda  la  ligura  ne’  miei  Monti¬ 
ósi  celebri  poeti  tragici  della  Grecia  ,  ma  qua-  mentì  antichi ,  num.i  67. 
le  ei  lì  a  non  fi  può  determinare  .  Sofocle  ed  (c)  V.  Monum.  ant.  ined.  Par.  I.  cap.  18. 
Earipide  ne’ bulli ,  che  di  loro  ci  fon  perve-  in  fine  ,  pag.  j6.  num.  46. 


presso  i  Greci  ,  e  loro  Pittura  .  63 

quello  che  ha  in  mano  Omero  nella  Tua  apoteofì  (a)  (*)  .  Gli 
attraverfa  amendue  le  cofce  ,  e  copre  in  parte  la  Tedia  un 
panno  roflo-cangiante  (b)  ,  Tovra  cui  alla  finillra  pofa  la 
fpada  foderata  ,  ch’egli  colla  manca  mano  impugna  ,  ed  ha 
verde  il  centurino  .  Quella  fpada  può  avere  lo  Hello  li¬ 
gnificato  che  nella  figura  dell’  Iliade  nella  detta  apoteofì , 
la  quale  è  così  armata  ,  perchè  contiene  la  maggior  parte 
degli  avvenimenti  eroici  acconci  ad  efler  argomento  di  tra¬ 
gedia  .  Volge  a  quell’uomo  le  fpalle  una  figura  muliebre,  che 
ignudo  ha  l’omero  deliro  ,  e  di  giallo  è  vellita  (c)  (**)  .  Ella 
ha  piegato  a  terra  il  deliro  ginocchio  innanzi  ad  una  ma- 
fchera  ornata  di  alta  e  lunga  capigliatura  detta  oyxos  ,  poli¬ 
ta  fu  una  fpecie  di  baie  ,  entro  una  cafietta  poco  profonda  , 
i  cui  lati  fono  intagliati  dall’alto  al  ballo  ,  e  da  cui  pende 
un  panno  azzurro  con  due  bianche  falce  ai  due  lati  ,  ter¬ 
minate  da  due  cordoncini  »  che  finifeono  in  un  nodo  .  La 
figura  Ila  con  un  pennello  o  calamo  fcrivendo  fu  una  ba- 
fe  ,  che  da  ella  vien  ombreggiata  ,  forfè  il  nome  d’una  tra¬ 
gedia  ;  non  vi  fi  feorgono  però  lettere  ,  ma  foltanto  alcuni 
tratti  irregolari  .  Quella,  a  mio  parere  ,  è  Melpomene,  e  lo 
argomento  anche  dai  capelli  tirati  fu  e  legati  dietro  fulla 
tella  ,  quali  portarli  foleano  le  vergini  .  Dietro  alla  mafehe- 
ra  Ha  un  uomo  ,  che  con  ambe  le  mani  ad  un  lungo  ba- 

Hone 


LIB.  VII. 
CAP. 111. 


(a)  Nel  palazzo  Colonna  ,  portata  in  ra¬ 
me  più  correctamente  da!  fig.  ab.  Vifconri  in 
fine  del  Tomo  I.  del  Mufeo  Pio-Clementino  . 

(*)  Nella  guada  figura  fedente  d’Euripide 
col  fuo  nome  ,  elìdente  nella  villa  Albani ,  e 
da  me  pubblicata  n c'  Monum.  ant.  n.i  68.  , 
vedefi  ancor  un  redo  d’un  fimil  lungo  bado- 
ne ,  cui  impugnava  la  mano  del  braccio  man¬ 
cante  .  Potrebbe  metterli  in  mano  ad  Euripi¬ 
de  ,  eome  agli  altri  tragici ,  un  tirlo ,  qual 
gli  fu  dato  nel  redaurarlo ,  fecondo  l’autore 
d’un  epigramma  fatto  fopra,  di  lui  ncll’Anthol. 
i  ib.  $.  num.  4. 

^  -  •  •  .  Ty  leftffQa/ 

Otti  ri  fiv  6vjUsAvi<r»v  Ir  AtJAv  Supza 

irticstùi  » 


[  .  .  ;  .  erat  enirn  videre 

Ut  olim  in  pulpitis  Athenicnfibus  thyr- 
fos  vibrans  . 

(b)  Gli  Accademici  dicono  roffo  incarnato. 

(c)  La  vede  di  color  cangiante'  tra  il  verde 
e  il  giallo  ,  con  una  cinta  a  color  di  rofa  ,  e 
la  fopravede  ,  o  manto  ,  che  le  ricade  fulle 
cofce  ,  e  fui  piede  dedto  ,  è  di  color  cangiante 
in  lacca  ,  e  in  turchinetto  .  Cosi  gli  delTi . 

(**)  Barnes  nel  fuo  Euripide  ,  Phcenifs. 
verf.14.g8.  ,  ha  tradotto  rsxiVa  xpcDcótas’a»  » 
fola  fimbriata  ,  quando  dovea  tradurre  fia¬ 
la  crocea  .  Par  che  dubitaile  le  gli  antichi 
portalfero  vedi  di  color  giallo  . 


LIB.  VII. 
CAP.  III. 


6 4  Meccanismo  della  Scultura 

Itone  s’appoggia,  e  guarda  la  donna  che  fcrive  ,  cui  pur 

mira  la  figura  dell’uomo  ledente  . 

jf.  19.  La  feconda  pittura  è  comporta  di  cinque  figure. 
La  prima  è  una  donna  afiifa  con  un  omero  ignudo  ,  coro¬ 
nata  d’ellera  e  di  fiori ,  e  tien  nella  finirtra  un  rotolo  ,  ofiìa 
un  volumetto  aperto  che  accenna  coll’indice  della  delira. 
La  verte  è  di  color  paonazzo  ,  e  gialle  ne  fono  le  fcarpe  o 
piuttorto  le  pantufole  colla  fuola  rolla  .  Sta  dirimpetto  a 
quella  una  donna  ,  che  fuona  una  fpecie  d’arpa  detta  barbytos , 
alta  quattro  pollici  e  mezzo  ;  e  tien  nella  delira  una  chiave 
da  accordare  ,  terminata  fuperiormente  in  due  uncini  a  fo- 
miglianza  della  Y  ,  fe  non  che  quelti  fono  alquanto  ripie¬ 
gati  ,  come  chiaramente  fi  vede  in  due  fimili  ftromenti  di 
bronzo  ,  de’  quali  uno  è  nel  mufeo  Ercolanenfe  lungo  cin¬ 
que  pollici  ,  i  cui  uncini  terminano  in  telèe  di  cavallo  ,  e 
l’altro  aliai  elegantemente  ornato  trovali  nel  mufeo  Hamil- 
toniano  .  Forfè  una  limile  chiave  cogli  uncini  ripiegati  in 
dentro  tiene  in  mano  Erato  fu  un’altra  pittura  Ercolanenfe  , 
anziché  un  plettro  ,  come  altri  pretefe  (a)  ;  tanto  più  che 
quello  le  farebbe  inutile  ,  tuonando  ella  il  falterio  colla  fi¬ 
nirtra  .  L’arpa  della  noftra  figura  ha  fette  caviglie  ,  dette 
da’ Greci  àvrv £  ^?p«Jar  (b)  ,  ed  altrettante  corde.  In  mezzo 
a  quelle  due  figure  muliebri  fiede  un  tibicine  ,  vellito  di 
bianco  ,  che  fuona  al  medefimo  tempo  due  tibie  lunghe 
mezzo  palmo  e  diritte  (*)  ,  e  le  tiene  in  bocca  a  traverfò 
una  bianca  benda  ,  chiamata  rcptor  ,  qòp/3/ov  ,  e  q.op/3uà, 
la  quale  parta  fopra  le  orecchie  ,  e  va  a  legarfegli  dietro 
alla  tella  (a)  .  Si  fcorgono  Lulle  tibie  varj  tagli  per  indicare 
i  diverli  pezzi  di  cui  fono  compolle  ,  cioè  le  diverte  por¬ 
zioni 

(a)  Pitt.  d'Ercol.  Tom.  il.  Tav.  6.  labilmente  quelle  che  fi  chiamavano  doriche; 

(£)  Eurip.  Hippol.  v.i  1  jf.  [  Jugum  ckor-  le  frigie  erano  ripiegate  in  fuori . 
darum  .  (a,)  Vedi  Tomo!,  pjg.  360. 

(*)  Le  due  lunghe  tibie  diritte  erano  prò- 


presso  i  Greci  ,  e  loro  Pittura  ; 
zioni  di  canne  coi  loro  nodi  ,  poiché  non  la  fola  lìringa  , 
o  lo  zufolo  ,  ina  le  tibie  eziandio  colle  volgari  canne  fa- 
ceanlì ,  fe  non  che  per  quelle  generalmente  fi  adoperavano 
le  canne  che  forgevano  prefio  l’Orcomeno  nella  Beozia  (a)  , 
le  quali  efiendo  lenza  nodi  poteano  fomminillrar  tibie  d’un 
pezzo  folo  (*)  .  OiTervo  qui  che  fu  gli  antichi  monumenti  , 
ove  i  tibicini  ora  fuonano  una  tibia  fola  ,  cioè  la  finiilra  , 
ed  ora  due  :  quelle  fono  di  grofiezza  eguale  ,  laddove  ,  fe¬ 
condo  Plinio  (<i)  ,  la  finiilra  elfer  dovea  maggiore,  poiché 
formava!!  quella  colla  parte  inferiore  della  canna  ,  mentre 
della  parte  fuperiore  fi  Iacea  la  delira  (i)  .  Stanno  in  piedi 
dietio  la  fedia  della  prima  due  figure  virili  coronate  di  fron- 
di  verdi  con  delle  bacche  :  quella  che  fi  vede  di  profilo  è 
vellita  di  color  verde  mare  (e)  ,  e  l’altra  ha  l’abito  paonaz¬ 
zo  .  1  capelli  di  tutte  le  figure  di  quello  quadro  fono  di 
color  bruno  . 


Tom.  IL 

(a)  Plinio  /ti. r  6.  cap.3y.fecl.66. 

(*)  Le  tibie  compolte  di  varj  pezzi ,  co¬ 
me  quelle  della  nortra  pittura ,  chiamavaolì 
s 1  o.T'-pi'i ,  gradarle  ;  poiché  aveano  ,  a  cosi 
dire,  divertì  gradi  .  Trovandoli  nel  ninfeo 
Ercolanenfc  molti  pezzi  di  tibie  i  quali  non 
hanno  l' incaltro  per  commetterli  uno  nell’ 
altro  ,  ne  viene  per  confeguenza  che  dovean 
edere  lòftenuti  da  un  lungo  tubo  o  cilindro 
interno  .  Didatti  così  formavano  le  tibie  lo¬ 
ro  gli  antichi  ,  e  tal  tubo  era  di  metallo  ,  o 
d  un  legno  ti  aforato ,  quale  tuttavia  li  feor- 
ge  nel  detto  mufeo  in  due  pezzi  di  tibia  im¬ 
pietrita  ,  e  nel  mufeo  Cortonenle  conferva!! 
un  antica  tibia  d'avorio  col  tubo  interno 
d' argento . 

(a]  tip./  6.  cap.j j.  feci.  66. 

(i)  A  quella  a°giugnerlì  poflono  alcun  'al¬ 
tre  oflcrvaziom  (opra  le  tibie  degli  antichi, 
rifguan'anti  la  divertir  loro  materia  e  ftrut- 
tura  .  Per  ciò  che  fpetta  la  materia  ,  altre  era¬ 
no  di  bulbo,  Ovii.  Metam.  lib.i 4.  v. y  37. -, 
altre  di  oda  di  cervo  o  di  capra  ,  Athen. 
li’3-  f.  c.zy.  p.i  X 2.  D.  ,  &  Callim.  Hymrt.  in 
Diari,  re  f. 244.  ,  cd  altre  di  metallo,  quali 
fpccialmentc  u  fa  vanii  alla  guerra,  Barthol. 
Ve  ni.  i  cc.  Hi.  y.  c.  7  1  Fìigj  e  gli  Etrufchi 
iianno  col'.uinat*  nelle  loro  tibie  di  adattarvi 
un 'apertura  i  corno  a'  codone  ,  odia  a  queir 
dire. .'.ita  dond'ef.e  il  fiato  ,  Eufth.  Commetti. 


I  jf  20.  Quat- 

in  Homer.  lliad.  £  ,  &  Athen.  Hi.  4.  in  fine. 
Maggiori  varietà  ancora  ,  che  non  nella  ma¬ 
teria  ,  feorgevanfì  nella  forma  e  (bruttura  lo¬ 
ro  .  11  lignor  Winkelmann  nc  ha  accennate 
alcune  :  noi  colia  feorta  del  Battolino  ,  del 
Meuilìo  ,  del  Caufco  de  la  Chaude  ,  c  dell' 
Anonimo  Maurino  [ilP.  Martin]  ne  aggiu- 
gneremo  delle  altre  .  Benché  la  maggior  par¬ 
te  delle  antiche  tibie  s'allargade  all'ertremità, 
alcune  nondimeno  ve  n’erano  di  forma  cilin¬ 
drica  ,  de  la  Chaude  Muf.  Rom.  Tom.  il. 
feci.  4.  ,  &  Winkelmann  Monum.  ant.  ìned. 
num  1 8.  ,  cqme  i  moderni  flauti  traverlieri . 
Variavano  efl'c  eziandio  ne'  fòri  aperti  al  lun¬ 
go  dell-  iftrumcnto .  Semplici  erano  quelli  in 
alcune  tibie  ;  ma  in  altre  afzavalì  al  di  fopta 
una  fpccie  d' imbuto  .  Né  in  tutte  era  eguale 
il  numero  de’  fori  fuddetti  ,  (ìccomc  nemme¬ 
no  era  eguale  in  tutte  l’ imboccatura  .  Una 
(ingoiatila  per  ultimo  ,  che  non  hanno  le  al¬ 
tre  antiche  tibie  ,  ravvila!?  in  una  di  elle  di 
forma  frigia  ,  efprefla  in  un  ballo-rilievo  del 
Louvre  di  Parigi  ,  la  quale  vien  riportata  dal 
Monaco  anonimo  [  P.  Martin  j  della  congre¬ 
gazione  di  fan  Mauro  ,  Expl.  de  div  mon. 
Jingul.  p.39.  11  fuo  codone  non  vedelì  ivi  ri¬ 
piegato  ,  come  quello  delle  altre  ,  ma  forma 
un  angolo  ,  colicché  fembra  quali  una  pipa  da 
tabacco  .  [  Vedali  anche  l’opera  del  Bonanni . 
(b)  Turchino  . 


LJB.  VII. 
CAP.  III. 


66 


LJB.  VII. 
CAP. IH. 


Meccanismo  della  Scultura 
jf.  20.  Quattro  figure  muliebri  compongono  la  terza 
pittura  :  la  principale  è  voltata  di  profpetto  ,  e  fiede  te¬ 
nendoli  colla  finiilra  il  manto  ,  che  dietro  le  arriva  fin  fui 

capo  :  quello  panno  è  di  color  violato  (a)  ,  con  una  Uri- 

fcia  verde  mare  ;  la  velie  è  di  color  carneo  (b)  .  Appoggia 
la  delira  fulla  fpalla  d’ una  bella  e  giovane  donna,  dipinta 

di  profilo  in  bianco  ammanto  ,  che  le  Ha  vicina  ,  e  filila 

di  lei  fedia  fi  appoggia  follenendofi  colla  delira  il  mento. 
La  prima  figura  tiene  i  piedi  fu  una  predella  ,  indizio  di 
dignità  .  Preflo  a  quelle  è  un’  altra  bella  figura  muliebre 
voltata  di  faccia,  che  fi  fa  acconciare  i  capelli:  tien  la  de¬ 
lira  fui  petto  e  la  finiilra  pendente  colle  dita  in  atteggia¬ 
mento  di  voler  intonare  o  tafleggiare  fui  clavicembalo  : 
bianca  n’ è  la  velie  con  maniche  llrette  e  lunghe  fino  ai 
polli,  e  paonazzo  n’è  il  manto  con  un  orlo  a  ricamo  lar¬ 
go  un  pollice.  Più  alta  è  la  figura  chela  Ha  acconciando, 
e  mefiti  in  profilo  ,  in  guifa  però  che  fi  vede  anche  un  poco 
dell’oppollo  fovracciglio  ,  e  in  quello  che  è  e  fp  re  fio  ,  i  peli 
fono  più  vifibili  che  nelle  altre  figure  .  Gli  occhi  e  le  lab¬ 
bra  infieme  llrette  ne  efprimono  l’attenzione  .  A  lei  vicina 
è  una  piccola  tavola  con  tre  piedi  alta  cinque  pollici  ,  co- 
ficchè  arriva  fino  a  mezza  cofcia  della  figura  che  le  Ha  ac¬ 
canto  :  ben  lavorato  n’  è  il  defco  ,  fu  cui  è  una  cafiettina 
con  parecchie  fronde  di  alloro  ,  vicino  ad  una  fafcia  vio¬ 
lacea  (c)  ,  apprefiata  forfè  per  fregiarne  i  capelli  della  figu¬ 
ra  che  fe  li  la  acconciare  .  Sotto  alla  tavola  è  un  bel  vafo 
con  manico  ,  alto  poco  men  di  ella  :  il  colore  e  la  trafpa- 
renza  indicano  eh’  è  di  vetro  . 

jf.  21.  Due  uomini  ignudi  e  un  cavallo  formano  il  quar¬ 
to  quadro  .  Uno  fiede  voltato  di  faccia ,  e  mollra  nel  fem- 

bian- 

(a)  D’ oro  .  della  carne ,  ed  ha  una  balza  di  color  ceruleo  . 

(b)  L'abito  interiore  è  bianco,  ed  è  lottile  in  (c)  Delle  due  fafeette  ,  che  vi  fono  l’opra , 

modo,  che  fa  trafparire  avanti  al  petto  il  color  una  è  bianca  ,  l'altra  è  rolliftra  . 


\ 


presso  i  Greci  ,  e  loro  Pittura  .  67 

biante  infieme  alla  giovinezza  molto  fuoco  e  fagacità  ,  e== 
molta  attenzione  ai  detti  dell’altra  figura  ;  onde  potrebbe  Llu  Wi 

1  CAP. Ili 

prenderli  per  Achille  .  Sul  Tedile  è  un  panno  rollo  fangui- 
gno  ,  o  piuttodo  purpureo  ,  che  gli  vien  a  coprire  una  par¬ 
te  della  cofcia  al  luogo  ove  fi  pofa  la  man  finidra  :  rollo 
è  pur  il  manto  che  gli  pende  dietro  ,  forfè  perchè  tal  colo¬ 
re  conviene  ai  giovani  eroi  ed  ai  guerrieri  ;  e  diffatti  ufavan- 
lo  generalmente  in  guerra  gli  Spartani .  Gli  appoggi  ,  odia 
le  braccia  della  Tedia  ,  fono  molto  alte  ,  e  fodenute  da  due 
Sfingi  pofate  fui  fedile  ,  quali  veggonfi  in  un  baffo  rilievo 
d’un  Giove  fedente  nella  villa  Albani  (*)  :  fu  un  di  quelli  ap- 
poggi  pofa  il  braccio  deliro  .  Appiè  della  fedia  v’è  una  fpa- 
da  nel  fodero  con  una  correggia  verde  all’ufo  de’ Tragici, 
alla  quale  pende  attaccata  per  mezzo  di  due  anelli  movi- 
bili  nella  guarnitura  fuperiore  del  fodero  .  L’altra  figura  in 
piedi  s’appoggia  ad  un  badone  ,  che  colla  man  finidra  tiene 
fotto  la  delira  afcella  ,  quale  rapprefentafì  Paride  in  una  gem¬ 
ma  incifa  ( a )  :  ha  la  delira  follevata  quali  in  atto  di  conta¬ 
re  ,  e  tiene  una  gamba  incrocicchiata  fulfaltra  .  Manca  la 
fella  a  queda  figura  e  al  cavallo.  Potrebb’ elfer  quedi  An¬ 
tiloco  ,  il  minore  dei  figli  di  Nedore  ,  che  fa  al  dolente 
Achille  il  ragguaglio  della  morte  di  Patroclo  ,  e  il  luogo 
ivi  rapprelentato  potrebbe  figurare  la  tenda  d’Achille  ,  olììa 
la  cala  di  tavole,  in  cui  quelTeroe  trovava!!  allora  (1). 

$•  22.  Oltre  quelle  pitture  ,  ve  ne  fono  alcune  altre 
della  medelima  mano  ,  ma  non  ben  confervate  .  La  più  rag¬ 
guardevole  ,  non  pubblicata  ,  rapprefenta  un  Apollo  cinto 
di  raggi  il  capo  ,  e  fedente  fui  carro  del  fole  ,  come  dagli 

I  2  avan¬ 

ci)  Battoli  Adm.  Antìq.  Rom.  Tab.48.  Omero  liìad.  iib.ult.  xerf.  4.50.  chiama  ten¬ 
etele  la  Sfinge  per  un  Griffo  .  Vedi  Mone-  da  l’abitazione  d'Achille  eretta  nel  campo  a 
faucon  Antiq.  expl.  Tom.  I.  pLi  j.fig.  z.  guifa  d  ura  cala  di  legno  col  tetto  di  canne  . 

(■a)  Monum.  ant.  ined.  num.i  12.  Tal  tenda  ravvila  egli  in  una  bella  gemma, 

(1)  Avverte  l'Autore  nei  Min.  ant.  ined.  che  riporta  in  quel  numero  1151. 

Pan.  il.  cap.  1 1 .  pag.  1  pò.  num.  1  zq.,  che 


LIB.  VII. 


68  Meccanismo  della  Scultura 

avanzi  di  raggi  di  due  ruote  viene  indicato  .  Quella  figura 
c  p  ni  è  ignuda  dalla  metà  in  fu  ,  e  ha  un  panno  verde  fulle  co- 
fce  ,  forfè  per  indicare  che  il  verde  e  lieto  ammanto  della 
terra  divien  vifibile  allo  fpuntar  del  fole  .  Sul  deliro  omero 
di  quell’ Apollo  fcorgefi  una  bella  mano  muliebre  d’una  fi¬ 
gura  perita  ,  la  quale  folleva  in  alto  un  bianco  fottil  pan¬ 
no  ,  che  quella  divinità  velava.  Tal  figura  è  probabilmente 
l’Aurora  ,  che  ,  dopo  di  avere  fcoperto  il  fole  alla  terra, 
ritirali  indietro  . 

jf.  23.  Quelle  pitture  formate  a  figurine  diligentemente 
lavorate  facean  defiderare  che  fe  ne  trovaflero  delle  maggio¬ 
ri  ,  d’un  pennello  più  franco  ,  e  d’una  più  ardita  maniera . 
Arrife  a  quello  defiderio  la  forte ,  allorché  in  una  gran  ca¬ 
mera  difepolta  a  Pompeja  dietro  al  tempio  d’ìfide,  trova- 
ronfi  due  larghi  pezzi  di  pittura  collocati  poi  nel  mufeo 
Frcolanenfe . 

tri"  "dff^poltfa  $•  2  4-  ^  ^  rapprefenta  la  favola  d’Ifide  ,  o  d’io,  e  le 

Pompe]» .  figure  hanno  la  metà  della  grandezza  naturale  .  In  una  Io 

ha  due  corna  in  capo  (a)  ,  ed  è  ignuda-  fino  alle  reni  ,  dad- 
dove  le  cade  poi  fino  alle  cofce  la  velie  .  ElTa  è  portata  da 
un  Tritone,  o  da  un  Proteo  ,  a  cui  fiede  fulla  fpalla  fini- 
lira,  mentre  quelli  colla  fua  finillra  mano  l’abbraccia:  aJui 
tienfi  colla  manca  ,  e  ilende  la  delira  ad  una  bella  e  intera¬ 
mente  coperta  figura  muliebre  ,  la  quale  del  pari  colla  man 
delira  gliela  llringe  ,  tenendo  nella  finillra  un  ferpente  corto, 
ma  di  grolTo  e  rigonfio  collo  .  Siede  quella  figura  fu  un 
baiamento  ,  e  dietro  a  lei  Ila  un  fanciullo  giuocando  con 
una  fitula.  »  olila  vafo  facro  .  Dietro  al  fanciullo  vedefi  la 
figura  d’un  giovane  ,  che  ha  ignudo  l’omero  finillro  ,  ed  è 
probabilmente  Mercurio  ,  avendo  nella  finillra  un  caduceo 
con  una  fi  tuia  aliai  minore  della  mentovata  pocanzi ,  la  quale 

pen- 


(a)  Vedi  Tomai,  pag.gz. 


presso  i  Greci  ,  e  loro  Pittura  .  6g 

pende  foftenuta  fui  pollo  del  braccio  .  Una  quarta  figura  in 
piedi  ,  come  Mercurio  ,  tien  fimilmente  nella  delira  un  filtro, 
e  nella  finiltra  una  fottìi  verga  :  tranne  il  Tritone  ,  tutte  que¬ 
lle  figure  hanno  un  panneggiamento  bianco  .  Il  Tritone 
olila  Proteo  forge  dal  mare,  o  dal  Nilo  dietro  agli  fcogli , 
fu  i  quali  par  che  biancheggi  l’onda  fpumofa  ,  e  v’  è  fotto 
un  cocodrillo  di  color  d’acciajo  :  alla  delira  v’  è  una  Sfinge 
fu  una  fpecie  di  piedeltallo  . 

jf.  2J.  La  feconda  pittura  rapprefenta  Io  ,  Mercurio, 
ed  Arco  -  Quella  fiede  cornuta  in  bianco  ammanto  ,  Mer¬ 
curio  in  piedi  appoggiafi  fulla  cofcia  finiltra ,  pofandone  il 
piede  fu  una  roccia.  Il  caduceo  che  tiene  nella  finiltra  ma¬ 
no  è  d’ una  particolar  maniera  ,  poiché  i  ferpenti  ne  fono 
doppiamente  attorcigliati  :  colla  delira  porge  la  firinga , 
odia  lo  zufolo  ad  Argo  .  Ha  quelli  la  figura  d’un  giovane 
con  un  panno  rodo  fulle  fpalle  ,  fenza  aver  niun  altro  di- 
flintivo  (i)  . 

jj'.  2 6.  Ho  defcritte  quelle  pitture  fecondo  la  madama 
dell’arte  ,  ciò  notando  e  ciò  omettendo  che  vorremmo  no¬ 
tato  od  ometto  nelle  definizioni  delle  pitture  tramandateci 
dagli  antichi .  Didatti ,  quanto  non  fapremmo  noi  grado  a 
Paufania  ,  fe  delle  migliori  opere  de’ celebri  dipintori  dato 
ci  avelie  un  sì  editto  ragguaglio  ,  come  di  quella  di  Poli- 
gnoto  a  Dello  (2)  ? 


(1)  Le  detenzioni  nelle  Pitture  d'Ercolano 
fono  differenti  non  folo  perché  molte  cofe 
da  Winkelmann  notate  vi  lì  omettono  ,  e  vi- 
ceverfa  ,  ma  perchè  diverti  diconfi  fovente  i 
colori  de’ panneggiarne.-.:;  ,  Quella  divertirà 
ralcercbb’ella  mai  dall  altera?  ione  del  colore 
cagionata  dall'aria  nel  tempo  feorfo  tra  tela¬ 
rne  che  ne  ha  fatto  \t'ickclmann  ,  e  quello 
che  ne  fecero  gli  Editori  della  infigne  opera 
delle  pitture  Er  olanenn  5  [  No  certamente, 
ma  dall’ aver  forfè  quegli  E  htori  vedute  le 
pitture  con  più  comodo  ,  e  diligenza  .  Io  ho 
riportate  in  nota  foltarto  le  differenze  ;  e  veg¬ 
ga::!!  le  lettere  di  Winkelmann  nel  Tomo  ni. 


jf.  2  7-  Chie- 

(V)  Due  furono  i  famofi  quadri  dipinti  da 
Poiignoto  in  Delfo  ,  de  quali  fece  Paufania 
una  (lorica  definizione  Ito.  1  o.  c.  25.  p  S  jp. 
jcqq  Raoprefcntava  il  primo  la  prefa  ai  T  ro- 
ja  coli’  imbarcamento  de’ Greci ,  1  altro  la  di- 
’foefa  d’Uliffe  all’inferno  .  Il  fig-  ab.  Gedoyn 
jìcit-i.  des  lafiript.  Tom.  FI.  Métti.  P-4-4-S • 
feto,  feti  (Te  una  Differrazione  fopra  il  primo  ; 
e  promife  di  trattare  pur  dell'altro  ,  ma  non 
1’  ha-  poi  fatto  .  f 1  a  le  v  .vi  e  ofTervazioni  pio- 
polle  da  lui  (opra  di  quel  quadro  ,  avverte 
[pie.  4.^.]  che  ogni  figura  iei  rapprefen- 
tata  dillir creali  col  proprio  nome:  ufanza 
e". e  ,  tanto  lungi  dall’avere  sfigurato  unapit- 


LIB.  VII. 
CAP.  III. 


LIB.  VII. 
CAP.  III. 
Autori  di  ta¬ 
li  pitture. 


70  Meccanismo  della  Scultup-a 

jf.  27.  Chiederà  qui  forfè  il  leggitore  fe  le  pitture  sì 
d’ Ercolino  che  di  Roma  ad  un  greco  artirta  attribuir  fi 
debbano  o  ad  un  romano  .  Le  poche  nozioni  che  intorno 
a  ciò  abbiamo  ,  rendono  fominamente  difficile  lo  fciogli- 
mento  di  tal  quilèione  ;  e  fe  in  una  delle  mentovate  opere 
il  pittore  ateniefe  non  v’  averte  apporto  il  proprio  nome, 
faremmo  tuttora  incerti  a  qual  nazione  attribuirli  dovefiero . 
Sappiamo  però  che  fin  dai  più  antichi  tempi  i  Romani  di 
greci  pittori  fervironfi  non  folo  nella  capitale  (a)  ,  ina  ezian¬ 
dio  nelle  piccole  città,  come  in  Ardea  non  lungi  da  Roma 
prerto  il  mare  ,  ove  il  tempio  di  Giunone  dipinto  fu  da 

M.  Lu- 


tura  ,  giudica  egli  averle  piuttofto  accrefciu- 
to  un  pregio  .  E  si  gli  fembra  acconcia  quella 
ufanza  che  la  vorrebbe  rillabilita  dai  moder¬ 
ni  maeftri  dell’arte ,  dove  almeno  non  folle 
il  lòggetto  per  sè  Hello  noto  abbaftanza  .  La 
pittura  pero  con  tal  mezzo  ,  anziché  vantag¬ 
gio  ,  ne  rifentirebbe  detrimento  ;  poiché  i  no¬ 
mi  fparfi  pel  quadro  ,  occupando  un  (ito  non 
proprio  ,  verrebbero  a  fconcertar  la  limme- 
tria  ,  e  ad  impedire  il  rapporto  dei  vai  j  og¬ 
getti  .  E  flato  quello  un  difetto  fcufabile  nel¬ 
la  prima  infanzia  dell'arte  ,  e  nel  fuo  riforgi- 
mento  ne’  lecoli  XIV.  e  XV.  ;  ma  ne’  tempi  , 
in  cui  dominò  il  buon  gullo  ,  fenoli  guardati 
i  pittori  di  qualche  grido  di  commettere  li¬ 
mile  mancamento  .  La  pittura  ha  da  farli  in¬ 
tendere  fenz’  interprete  :  quando  quello  ab- 
bifogni ,  egli  è  indizio  che  il  pittore  non  ha 
faputo  ben  efprimere  il  fuo  foggetto  .  Al  più 
potrebbe!!  permettere  l’ ifcrizione  ,  ma  al  di 
fuori  del  quadro  ,  dove  s 'avelie  a  rapprefen- 
tar  un  foggetto  di  ambigua  o  di  troppo  ofcu- 
ra  nozione  .  [  Le  ifcrizioni  li  trovano  fre¬ 
quentemente  fu  i  vali  chiamati  etrufchi  ,  e  di 
alcune  fe  ne  è  parlato  nel  Tomo  I.  cap.  I V. 
pag.  2.17.  efeg.  ,  nel  qual  capo  li  è  veduto 
quanto  lia  per  lo  piu  eccellente  il  difegno 
delle  pitture  ,  che  vi  fono  rapprefentate  ;  che 
perciò  non  poliono  dirli  lavori  dell’  infanzia 
della rte  .  ] 

Dopo  il  (ignor  Gedoyn  ripigliò  lo  flelfo  ar¬ 
gomento  il  lig.  conte  di  Caylus  Hi  fi.  dei' Ac. 
des  infcr.  Tom.  XIII.  p.  pj.  edit.  in  1  2. ,  che 
prele  ad  efporre  anche  il  fecondo  quadro  di 
Poiignoto  .  Anzi  per  darne  un'idea  più  diltin- 
ta  ,  fece  egli ,  feguendo  la  fcorta  di  Paufania, 
difegnare  ed  incidere  all’acqua  forte  amendue 
que'  quadri  dal  (ignor  le  Lorrain  ,  da  cui  non¬ 
dimeno  non  fono  flati  efeguiti  troppo  felice¬ 


mente  ;  e  fors’  anche  in  alcune  parti  non  cor- 
rifponde  l’ ideata  copia  del  (ig.  di  Caylus  al 
vero  originale  di  Poiignoto  .  Secondo  Paula- 
nia  l’oggetto  principale  nel  primo  quadro  era 
l’ imbarcamento  de’  Greci ,  dietro  il  quale  ve¬ 
nivano  di  mano  in  mano  gli  altri  oggetti  fino 
alla  città  di  Troja  ,  che  era  uno  degli  ultimi 
punti  di  villa  .  Ma  il  (ig.  di  Caylus  col  muro 
di  Troja  ,  che  Epeo  (la  abbattendo  ,  ha  divido 
per  meta  il  quadro  ,  adeguandone  una  parte 
all’  imbarcamento  de’  Greci  con  tutti  quégli 
oggetti  defcritti  da  Paufania  fino  al  fatto  di 
Epeo,  e  l’altra  parte  alla  citta  di  Troja  col 
redo  che  l’ iilelTb  Paufania  vide  nel  quadro  . 
Molto  meno  s’  accolta  la  copia  all'originale 
nella  rapprefentazione  della  fuddetta  città  . 
Nella  copia  vedeli  quella  ornata  di  numerofe 
flatue  e  colonne  ,  delle  quali  Paufania  non 
fa  vernn  cenno  :  nè  probabilmente  faranno 
fiate  da  Poiignoto  efprelTe  ,  avendo  egli  vo¬ 
luto  ferbar  il  collume  .  Le  colonne  e  le  fla¬ 
tue  di  marmo  erano  ancor  ignote  al  tempo 
della  guerra  trojana  ;  ed  Omero  flelfo  ,  cne 
dopo  alcuni  fecoli  la  defcrilfe  in  verfi  ,  non 
ne  fece  mai  menzione  . 

(a)  Vi  furono  però  anche  i  pittori  romani 
almeno  dal  fecolo  V.  di  Roma  ;  poiché  Fabio 
nell'anno  450.  dipinfe  il  tempio  della  Salute  , 
e  quindi  Pacuvio  fece  un  quadro  per  il  tempio 
di  Ercole  .  Plinio  Lib.  3 p.  cap.  4.  feci.  7.  Win- 
kclmann  li  nomina  qui  apprello  nel  lib.  Vili, 
cap.  IV.  %  20.  e  2 1 .  ;  e  fe  v’erano  quelli  pit¬ 
tori  romani  ,  perchè  non  potevano  efTervcne 
degli  altri  l  Forfè  lo  era  quel  Papirio  Vitale 
arte  piciorìa  nominato  in  una  ifcrizione  di 
villa  Mattei  predo  lo  Spon  Mifcell.  erud.  anr. 
feci. 6.  p.2  2  0.  ,  e  Monum.  Matthej.  Tom.nl. 
cl.io.  ‘Tab.62.  num.i  0.  pag.i  1  g. 


PRESSO  I  GREtl  ,  E  LORO  PITTURA  .  7 1 

M.  Lumo  greco  d’Etolia,  che  era  un  Ilota  fuggi afco  ,  cioè 
uno  fchiavo  degli  Spartani  (a)  .  Di  ciò  facea  fede  il  luo  pro¬ 
prio  nome  fcrittovi  in  lingua  romana  ,  e  in  caratteri  delia 
più  antica  torma  (a)  .  Dal  contello  di  quanto  narra  Plinio 
de’ due  greci  pittori  Damofilo  e  Gorgaso  ,  i  quali  dipinfe- 
ro  il  tempio  di  Cerere  in  Roma,  e  lotto  la  pittura  il  pro¬ 
prio  nome  fcrilTero  ,  appar  che  quello  ne’ primi  anni,  an¬ 
ziché  ne’  tempi  potleriori  della  repubblica  ha  avvenuto  (/?)  . 
E’  in  oltre  verohmile  che  greco  lavoro  fiano  la  maggior 
parte  delle  pitture  rimalleci  ;  poiché  i  ricchi  romani  avean 
al  loro  fervigio  i  pittori  ch’erano  liberti ,  e  per  conleguen- 
za  elfer  non  poteano  originalmente  romani  (b)  ;  del  che  ar¬ 
gomen¬ 
ta)  Plin.  lib.  4 f.  cap.t  o.  fili. qy.  di  nazione,  come  dice  Io  Dello  Autore;  e 

•.  Scr‘ve  Plinio  lib. 35.  c.  1 0.  feci. 37.  che  che  loro  opere  fiano  le  enumerate  pitture  ,  e 
1  verfi  in  lode  di  M.  Ludio  erano  ferirti  in  ca-  tante  altre  fatte  in  Roma  ?  Per  poter  foDe- 
ratteri  antichi  latini  ;  e  nello  De/lo  libro  c.q.  nere  tale  opinione  converrebbe  dire  in  primo 
JeB.6.,  chele  pitture  erano  più  antiche  ai  luogo,  che  tali  pittori  follerò  Dati  fatti  fchia- 
•Roma  .  Può  vederli  ciò  che  offerva  intorno  vi ,  e  condotti  in  Roma  prima  dei  tempi  di 
alla  lingua  ,  in  cui  erano  Dritti  quei  verfi  ,  il  AuguDo  ,  quando  fu  conquiData  la  Grecia  , 
eh.  Tirabofchi  Storia  della  Letter.  hai.  T.  I.  o  aì  più  lungo  da  AuguDo  medefimo  ,  fecon- 
par.  I.  §.  XII.  do  che  Winkelmann  dilcorre  apprelfo  lib.  X. 

(o)  Id.  lib.qq.  cap.  r  2.  feci.  pq.  [  Al  più  fi  capo  ni.  §. -?2.  e  feqq. ,  e.  libro  XI.  capo  I. 
potrà  raccogliere  da  Plinio  ,  che  queDi  artiDi  §.  1 1 .  ;  poiché  dopo  che  furono  ridotti  a  do- 
non  fiano  Dati  negli  ultimi  tempi  della  repub-  vere  i  Greci ,  più  non  vi  furono  latti  fchia- 
bh ca  di  Roma  ;  perocché  elfi  fecero  anche  dei  vi  :  in  fecondo  luogo  dovrebbe  anche  dirli  , 
lavori  di  terra  cotta  per  quel  tempio,  come  di-  che  quei  che  (opraviilero  ,  mutando  affatto  il 
ce  Plinio  loc.cit. ,  e  forfè  qualche  fimulacro  ;  loro  lfile  ,  fi  adattallero  alla  maniera  intro- 
e  tali  fimulacri  di  terra  cotta  non  fi  fecero  più  dotta  da  Ludio  fotto  lo  Delfo  AuguDo  ,  di  cui 
dopo  la  conquiDa  dell'Afia  ,  come  egli  fcrive*  Winkelmann  parla  qui  apprelfo  nel  §.  zS.  ,  e 
lib.qq..  c.y.  Jecl.i  6.  L’elogio  in  verfi  fu  poDo  fecondo  quella  maniera  faceffero  nello  Dello 
loro  dal  popolo  di  Ardea  .  giro  d'anni  le  citate  pitture  di  Roma ,  e  quel¬ 

la)  Gli  antichi  Romani  tenevano  gli  fchia-  le  d' Ercolano  ,  Stabbia ,  e  Pompeja  ,  che  tut- 
vi  al  loro  fèrvizio  per  tutti  gli  uffizj  e  di  ne-  te  fatte  fono  alla  maniera  di  Ludio ,  come 
celhtà  ,  e  di  piacere  ,  come  può  vederli ,  fra  più  a  lungo  foDiene  Winkelmann  nel  libro 
gli  altri nei  trattati ,  che  hanno  fatto  intor-  Vili,  capo  ni.  §.  q.  e  4..:  il  che  non  potreb- 
no  ad  cfli  ,  ed  ai  loro  impieghi  ,  il  Pignorio  be  lòDenerfi  .  ÀI  più  concederemo  ,  che  ai 
e  il  Popmà  .  Vi  tenevano  anche  di  quelli ,  che  tempi  di  AuguDo  qualche  pittore  greco  fatto 
dipingelfcro  ,  come  fi  prova  dalla  /.  Forte  fchiavo  (  come  greco  potrebbe  crederli  quell’ 


‘IMpd  piclorem  28.  Jf.  De  rei  vini.  ,  e  /.  Inde 
Neratius  22.  G  Item  Julianus  q.  Jf.  Ad  leg. 
Aquil.  ;  e  (è  poi  li  mettevano  in  libertà  ,  li 
facevano  promettere  ,  che  occorrendo  loro  di 
far  fare  qualche  pittura  doveffero  e(Ti  liberti 
elfer  tenuti  a  farla  fenza  pagamento  ,  /.  Ha 
opere.  2  q.  Jf.  De  oper.  liberi.  .  Ciò  fia  detto 
perchè  taluno  non  equivochi  per  il  dire  ,  che 
fa  il  noDro  Autore  ,  che  i  (ignori  tenevano 
al  loro  fèrvizio  i  liberti .  Ma  potrà  poi  dirli , 


Eracla  liberto  di  Livia  nominato  in  una  ifcri- 
zione  del  colombaio  dei  liberti ,  e  (irvi  di 
queDa  auguDa  prelfo  il  Gori  ,  num.  126.  ) 
abbia  lavorato  alla  maniera  di  Ludio  a  qual¬ 
cuna  di  dette  pitture  ;  ma  dopo  tal  tempo  o 
avranno  lavorato  i  greci  artiDi ,  che  veniva¬ 
no  a  cercar  fortuna  nella  capitale  dell’  impe¬ 
ro  ;  o  pittori  romani ,  come  lo  erano  quelli , 
che  feguita  a  nominare  qui  il  noDro  Autore, 
Papirio  Vitale  citato  da  me  nella  nota  a.  alla 


LIB.  VII. 
CAP.  III. 


che  queDi  fervi ,  c  liberti  pittori  follerò  greci  pag.yo. ,  Quinto  Pedio  ,  e  il  noDro  giureeon- 


LIB.  VII. 


CAP. III. 


72  Meccanismo  dell'a  Se  tilt  uè.  a 

gomento  fono  il  nome  d'un  liberto  pittore  ai  tempi  de’ Ce- 
fari  ,  ferbacofi  fu  un’  ifcrizione  d’ Anzio  nel  Campidoglio  (u) , 
e  ciò  che  leggiamo  d’un  portico  pur  d’Anzio  ,  fu  cui  Nero¬ 
ne  da  un  liberto  fece  dipingere  de’  gladiatori  (a)  .  E  poiché, 
eccetto  alcune  poche  pitture  tratte  fuori  da  un  tempio  d’ Er¬ 
odano  ,  le  altre  tutte  ,  che  rimangonci  ,  ornavano  le  cafe 
campellri  o  altre  private  abitazioni ,  è  probabile  che  quelle 
pure  fiano  lavori  de’ liberti  .  11  mentovato  pezzo  ,  fu  cui  Jeg- 
gelì  DIDV  ,  è  forfè  opera  d’un  liberto  nato  o  educato  in 
Roma .  Aggiunganfi  a  quelle  congetture  le  lagnanze  di  Pli¬ 
nio  fui  decadimento  della  pittura  ,  ch’egli  attribuire  in  par¬ 
te  al  non  eiìere  quell’arte  efercitata  da  perfone  onorevoli: 
non  ejì  fpe  ciato,  honejlis  manibus  ( b ) .  E’  vero  che  non  era  que¬ 
lla  abbandonata  ai  liberti  a  fegno  che  fi  riputalfe  inonorato 
chiunque  1  efercitava ,  poiché  cittadini  romani  erano  proba¬ 
bilmente  Amulio  che  dipinfe  la  cafa  aurea  di  Nerone  ,  e  Cor¬ 
nelio  Pino  che  ,  unitamente  ad  Accio  Prisco  ,  diedero  fag¬ 
gio  della  loro  maellria  nelle  pitture  del  tempio  della  Virtù 
e  dell’  Onore  rellaurato  da  Vefpafiano  (c)  ;  ma  certamente 
in  Roma  non  era  generalmente  la  pittura  l’occupazione  pro¬ 
pria  d’uomini  ingenui  e  liberi  ,  ficcome  in  Grecia;  e  paf- 
fando  alle  mani  degli  fchiavi  e  de’ liberti  fotto  i  primi  Ce- 

fari , 


fulto  Antiftio  Labeone  ,  che  videro  ai  tempi 
di  Augufto  ,  e  Turpilio  cavaliere  romano, 
die  fiori  al  tempo  di  Plinio  ,  come  quelli  ar¬ 
reda  lib.  3 S .  cap.  4..  feci.  7.  ;  ovvero  taranno 
flati  fchiavi  di  barbare  nazioni ,  o  figli  loro 
anche  fervi,che  aveano  imparato  l'aite  in  Ro¬ 
ma  ,  come  quelli ,  de’ quali  fi  parla  nella  pri¬ 
ma  delle  leggi  ,  che  ho  citate  pocanzi  .  E 
certamente  lavoro  di  quegli  fchiavi  greci  non 
poilono  edere  le  pitture  delle  Terme  di  Tito  ; 
molto  meno  quelle  trovate  fui  monte  Elqui- 
lino  ,  die  ho  citate  alla  pag.yS.  ,  fe  furono 
fotte  al  tempo  di  Lucilla;  e  forfè  neppur  quel¬ 
le  del  monte  Palatino  .  Non  fap  ei  dire  di 
chi  liano  lavoro  le  mentovate  nozze  Aldo- 
brandine  ;  ma  bensì  credo  poter  dire  franca¬ 
mente  ,  che  non  lono  il  celebre  quadro  di  E- 
chione.,  che  fiorì  celi’ olimpiade  cvu.  e  di¬ 


pinfe  nella  Grecia  ,  come  pretende  il  fignor 
Dutcns  Origine  des  aecouv.  ec.  T.  il. pur.  ni. 
chap.  n 2$  i .  pag.  232.  n.  2  sedendone 
ben  diver  o  il  foggetto  ,  che  era  una  vecchia  , 
la  quale  con  faci  in  mano  faceva  feorta  ad 
una  novella  fpofa  notabile  per  l'aria  di  vere¬ 
condia  ,  con  cui  era  rapprdentata  ;  come  cre¬ 
do  vaia  intelo  Plinio  tib.  ?  j.  c.  i  8.  feci.  36. 
§.  g.  :  anus  lampadas  prxferens  ,  &  nova  nu- 
pta  verecunàii  notabili s  . 

(a)  Vulp.  Tab.  Andai,  illufir.  pag.i  7. 

(a)  Plin.  iib. 3 3.  cap. 7.  feci  33. 

( b )  Plin.  lib. 3 3.  cap. 4..  feci.  7. 

(c)  Id.  lib  tf.  cap.t  o.Jeci.  37.  \  Tale  do¬ 
vrebbe  edere  flato  anthe  Ardilo  ,  che  li  refe 
celebre  in  Roma  poco  prima  di  Augu  io,  co¬ 
me  fcrive  Plinio  in  qudto  Hello  luogo  . 


presso  i  Greci  ,  e  loro  Pittura  .  73 

fari  ,  non  potè  a  meno  di  non  contraerne  un  certo  avvili¬ 
mento  .  Quindi  fi  vide  fpogliata  della  fua  priftina  dignità  , 
e  con  quella  fi  perdè  quell’antica  maeftna ,  di  cui  non  tro- 
vavanfi  più  nemmeno  i  veftigi  ai  tempi  di  Petronio  (a)  . 

jf.  28.  Nella  decadeva  della  pittura  molta  parte  pur 
ebbe  quella  nuova  maniera  introdotta  da  Ludio  fotto  Au- 
gulto  di  ornare  le  camere  con  paefi  ,  bofchi  ,  vedute  ma¬ 
rittime  ,  e  con  altre  fitfatte  cole  infignificanti  ( a )  :  del  che 
lagnali  Vitruvio  ,  olfervando  che  dianzi  le  pareti  ornavanfi 
di  pitture  illruttive  rapprefentanti  la  mitologia  o  la  fioria. 
eroica  ;  ond’ eroica  chiamarli  potea  la  pittura  di  que’ tem¬ 
pi  (1)  .  Dell’arte  di  dipingere  prelfo  i  Romani  parlerò  nuo¬ 
vamente  al  Capo  IV.  del  Libro  feguente  . 


f  a)  Saryr.  pag.  gzi . 

(a)  Plin.  /oc.  cit. 

(1)  Benché  fieno  flati  affai  fecondi  d’ idee 
i  greci  pittori  ,  neffuno  però  ,  per  quanto  fi 
può  raccogliere  dalle  notizie  a  noi  pervenute, 
tentò  d’allontanar!!  da  quella  mamma  gene¬ 
ralmente  adottata  di  dipingere  foltanto  ogget¬ 
ti  animati  :  facendo  altrimenti  avrebbero  e- 
glino  creduto  di  degradare  la  pittura  e  loro 
lteffi  .  Qualcuno  appena  ,  fra  tanti  ,  diede!! 
a  dipingere  oggetti  ridicoli  e  comici  .  Tale 
fu  un  certo  Tireico  ,  che  volle  dagli  altri  di- 
ftinguerfi  col  rapprefentar  botteghe  d'artieri , 
afini,  cole  comeftibili  ,  ed  altre  fintili  ba- 
je  ,  Plin.  lib.jy.  cap.r  0.  feci. 37.  Tale  fu  pur 
Calade  ,  che  Plinio  ibid.  ci  dà  per  un  buon 
pittore  ,  il  quale  nel  dipingere  oggetti  ridico¬ 
li  è  flato  il  Calotta  de’  fuoi  tempi .  L’ ifteffo 
Calade  ed  Antifilo  applicaronfi  a  dipingere 
eziandio  comicas  tabtllas ,  come  le  chiama 
Plinio  fuddetto  ibid.  :  e  quefte  ,  come  offer- 
va  il  fig.  di  Caylus  Reflex,  fur  quelq.  pajfag. 
du  I.35.  de  Piine  ,  il.  pare.  Acad.  des  In- 
feript.  Tom.  XXV.  Mém.  pag.  1° 2. ,  erano 


probabilmente  que’  cartelli  efpofti  fulla  porta 
de'  teatri ,  come  fi  ufa  anche  oggidì  in  Ita¬ 
lia  ,  rapprefentanti  in  diverfi  piccoli  riparti- 
menti  le  principali  azioni  della  commedia  di 
quel  giorno  .  Un  bel  quadro  ,  ma  d’ ignoto 
autore  ,  flava  fimilmente  efpofto  nel  Foro  di 
Roma  ,  ove  l’effigie  era  efpreffa  d'un  uomo 
gaulefe  ,  che  la  lingua  metteva  fuori  dalla 
bocca  in  una  ftrana  maniera  ,  Plin.  ib.  cap.  4. 
feci.  S .  Ai  nominati  pittori  aggiugnerfi  può 
anche  Paufone  ,  Arift.  De  republ.  lib.S.  c.  /. 
in  fine  ,  di  cui  parla  più  fiotto  il  n offro  Auto¬ 
re  .  Alcuni  hanno  ofiato  eftendere  la  carica¬ 
tura  perfino  agli  dei .  Così  Ctcfiloco  allievo 
d'Apelle  dipinle  Giove  che  partorifee  Bacco  , 
avendolo  rapprefèntato  con  una  mitra  mu¬ 
liebre  in  capo  ,  e  contorcenteli  come  una  par¬ 
toriente  tra  le  levatrici  e  lo  fchiamazzo  delle 
dee,  Plin .  lib.3 5.  cap.i  1 .  fe£l.  40 .  §.  3  2.  Lo 
fteflo  pur  fece  l’artifta  del  vafo  etrufeo  da 
noi  riportato  nel  Tomo  I.  pag.238 . ,  ove  rap- 
prefentanfi  gli  amori  del  medefimo  Giove  e 
di  Alcmena  .  Veggafene  la  delcrizione  alla 
pag.  228- 


GJ'kjv- 1  "rrr. 


Tòni.  IL 


K 


Ca¬ 


lie.  vii. 
CAP. HI. 


UB.  VII. 
CAP.  IV. 


74 


Meccanismo  della  Scultura 


C  A  P  o  1  V. 

Meccani  fino  della  -pittura  —  Monocromi  .  .  .  /àwz  col  bianco  ...  co/ 
rofso  ...  e  col  nero  —  Colorito  —  Lumi  ed  ombre  —  Maniera  di 
contornare  ...  e  di  dipingere  a  f ecco  —  Stame  dipinte  —  Carat¬ 
tere  di  tre  antichi  pittori  —  Decadenza  della  pittura  —  Lavoro  a 
mufaico  . 


Meccanifmo  Le  notizie  full’antica  pittura  trafmefleci  dagli  fcrittori  ,  e 

potute  acquiftare  dai  monumenti  di 
queft’arte  fino  a  noi  confervatifi  ,  ci  fomminiftrano  de’ lu¬ 
mi  per  determinare  in  parte  almeno  la  maniera  di  dipingere 
ufata  dagli  antichi  .  Quefta  ,  come  tutte  le  altre  arti ,  s’andò 
perfezionando  a  poco  a  poco  . 

Monocromi...  jf-  i-  A  principio  (a)  la  pittura  era  d’un  fol  colore  ,  e 
le  figure  erano  fegnate  con  femplici  linee  ,  per  lo  più  rofle 
fatte  col  cinabro  o  col  minio  ( a )  .  Alcuni  in  vece  del  rof- 
lo  ufarono  il  bianco  ,  e  così  dipingea  Seusi  (b)  .  Gli  antichi 
fepolcri  di  Tarquinia  prefio  Corneto  ,  de’ quali  ho  parlato 
altrove  (c)  ,  fon  dipinti  coi  contorni  bianchicci  fu  un  fon¬ 
do  fcuro  .  Tal  maniera  di  dipingere  chiamavafi  monochroma- 
tica ,  cioè  d’un  fol  colore  (i)  . 


quelle  che  abbiamo 


(a-)  Prima  di  ogni  altra  cofa  imparava!!  a 
ben  difegnare  fopra  tavolette  di  bullo  :  il  qua¬ 
le  ftudio  ,  dopo  del  pittore  Panfilo  ,  di  cui  fi 
parlerà  in  appreflo  ,  cominciando  prima  in 
Sidone  ,  poi  in  tutta  la  Grecia  ,  fi  facea  fare 
a  tutti  i  fanriulli  ingenui  prima  d’ogni  altro 
ftudio,  Plinio  lib.qj.  cap.  r  8.  feti.  36.  §  8. 

(a)  Plin.  lib.33.  cap.y.  feti. 39. 

(b)  Id.  lìb.gj.  cap. p.  feci. 36.  §.  2. 

C c )  Lib.  ni.  cap.  ri.  pag.  1  pz. 

(1)  Plinio  ,  che  in  più  luoghi  della  fua  Sto¬ 
ria  naturale  fa  menzione  delle  pitture  mono- 
cromatiche  ,  l’origine  ne  ripete  da'  tempi  più 
remoti .  Secondo  lui  lib.33.  cap. 3.  feci. 3.  in- 


jf.  2.  A  que- 

cominciò  a  formarli  il  primo  embrione  della 
pittura  dai  tratti  condotti  intorno  l’ombra  get¬ 
tata  da  un  corpo  fui  muro  .  A  quella  prima 
più  rozza  maniera  (uccedette  l'altra  di  pinge- 
re  con  un  folo  colore  :  maniera  detta  perciò 
monocromatica  ,  che  ,  fecondo  lo  lìelfo  Pli¬ 
nio  ,  erafi  mantenuta  fino  a’  giorni  fuoi .  Il 
fignor  conte  di  Caylus  Refi,  fur  quelq.  pafs.  du 
tivre  33.  de  Plin.  pr.  pare.  Acad.  des  ìnfcript. 
Tom.  XXV.  Mém.pag.  1  jp.feq. ,  pretende 
d’inferire  da  alcuni  palli  pliniani  eflervi  flati 
due  generi  di  pitture  monocromatiche  ,  ed  a- 
mendue  comporti  di  più  d'un  colore  .  Confi- 
fteva  il  primo  a  fuo  avvifo ,  nel  difegnare 


presso  i  Greci,  e  loro  Pittura.  7$ 

.ff.  2.  A  quefta  fembra  doverti  applicare  la  voce  Xìvko- 
ypctquv  (  bianco-pingere  )  tifata  da  Arinotele  ( a )  ,  e  finor  po¬ 
co  intefa  da’  fuoi  traduttori  .  Parlando  egli  delle  tragedie  , 

K  2  di¬ 


na.  VII. 
CAP. IV. 

. . .  fatti  col 
bianco  . . , 


fa  di  nn  fondo  colorato  i  profili  foltanto  dell' 
oggetto  con  un  altro  colore  ;  c  il  fecondo  nel 
dare  il  chiaro- fciiro  ,  fe  non  eguale  ,  non  mol¬ 
to  diffimile  almeno  da  quello  che  fi  ufi  pre- 
fen temen te  .  Io  però  non  ravvilo  in  Plinio 
clic  una  (ola  maniera  ,  la  quale  clcguivafi 
collo  (fendere  fui  campo  ,  che  occupar  dovea- 
no  le  figure  ,  il  cirabio  ,  o  il  minio  ,  Plin. 
iii.M  cap.y .  ficchi g.  ,  od  ai'clie  il  bianco  , 
id .lib.ij  cap.g.fieB.  26.  Sopra  quello  colore 
uniforme  compieva  poi  il  pittore  il  fuo  dile¬ 
gno  coi  neceffarj  tratteggiamenti  ,  i  quali 
probabilmente  formavand  con  una  tinta  ne¬ 
ra  ,  che  cfl'er  dovea  pur  quella  di  tutto  il  fon¬ 
do  del  quadro  Dalle  pitture  ,  che  vcggonlì 
fu  i  vali  etrulehi ,  efeguiti  per  lo  più  nella 
maniera  divilara  ,  trarli  può  T  idea  delle  ve- 
tufte  pitture  monocromatiche  ,  come  avver¬ 
te  T  ideilo  nofiro  Autore  . 

Gli  antichi  ebbero  bensì  anche  la  pittura 
rifiutante  dai  lumi  e  dalle  ombre  :  pittura, 
che  chiamar  potrebbefi  a  chiaro-fcuro.  Que¬ 
llo  genere  però  non  rammentali  ,  che  io  fiap- 
pia  ,  da  Plinio  ,  ma  fol  da  Filollrato  Vita 
Apoll.  lib.  2.  ca-,  2  2.  oper.  Tom.  I.  pag.  y  j.  , 
il  quale  rò  ct»sv  xp"i“£’T‘i5  lo  nomina  ,  pit¬ 
tura  cioè  lenza  colore  ;  poiché  gli  oggetti  in 
ella  non  diftingueanfi  con  divelle  tinte  e  co¬ 
lori  ,  ma  foltanto  con  lineamenti  nel  fondo 
medefimo  imprefii .  Ecco  ciò  che  Filollrato 
ne  fcrive  : ,,  Si  ufa  ,  dic’egli  ,  dipingere  qual- 
,,  che  volta  con  alcuni  lineamenti  lenza  co- 
»  lore  .  Tal  pittura  dir  dobbiamo  che  rifiliti 
„  unicamente  dall'ombra  e  dai  lumi .  Vi  fi 
„  ravvifa  in  erta  la  ralfomiglianza  dell’og- 
„  getto  ritratto  ,  lafifonomia,  l’indole,  la 
,,  vergogna,  l'audacia,  quantunque  non  fie- 
„  no  quelli  allctti  follenuti  dai  colori  .  Nè 
,,  vi  manca  la  vivacità  del  fangue  ,  e  lefpref- 
,,  don  de’  capelli  e  della  della  nafeente  lanu¬ 
ti  gine  .  Ed  avvegnaché  femplici  fieno  e  per- 
„  ferramento  uniformi  quede  pitture  ,  ci  rap- 
,,  prefentano  nondimeno  la  faccia  dell’uomo 
,,  o  bianca  o  gialliccia  ,  come  li  c  voluto  ri- 
,,  traila  .  Anzi  fe  la  figura  d’un  Indiano  fi 
,,  (ara  dileguata  con  tai  bianchi  Iineamen- 
,,  t:  ,  lo  Ipctratore  ravvifcrallo ,  come  fe  fol- 
„  le  nero  .  Il  nalb  limo  ,  i  capelli  ricciuti ,  la 
»  gonfiezza  delie  labbra  ,  ed  un  certo  dupo- 
„  re  lparfo  fui  vifo  rende  nero  ciò  ,  che  l'oc- 
„  chio  vi  vede  bianco  ,  e  a  chi  lo  voglia  con- 
,,  (iderar  bene ,  lo  rapprefenterà  per  un  In- 
,,  diano  „  .  Le  figure  con  la  punta  d’uno  di- 

lc  difegnate  full’ intonacatura  ancora  recente 


delle  pareti  ,  colle  quali  ,  nel  fecolo  XVI. 
Ipecialmente  ,  fi  è  praticato  di  ornar  le  cale 
al  di  fuori ,  non  fon  elleno  una  fpecie  di  quel¬ 
le  antiche  pitture  fien^a  colore  da  Filollrato 
deferiate  ?  [  Io  credo  che  Filodrato  vada  in- 
tefo  diverfamente  da  ciò  ,  che  dice  fecondo 
la  detta  verdone  tutta  alterata  .  Egli  parla 
di  pittura  a  femplice  contorno  ;  dicendo , 
che  uno  può  capire  il  lòggetro  d  una  pit¬ 
tura  non  Imamente  quando  elfo  è  dipinto  a 
uno  ,  o  più  colori  ;  ma  ancora  quando  da 
dipinto  a  femplice  contorno  ,  purché  però 
abbia  già  in  mente  l’ idea,  del  medefimo  :  e 
per  cfeinpio  ,  dice  ,  fi  può  capire  ,  clic  una 
pittura  di  tal  maniera  rapprefenta  un  nero 
Indiano  .  e  capirvi  anche  nei  lineamenti  del 
volto  un'aria  di  verecondia  ,  o  di  fierezza  , 
non  Colo  fe  da  dipinto  a  contorno  di  coior 
nerp  ,  ma  anche  di  color  bianco  ;  imperocché 
uno  che  già  abbia  in  mente  l'idea  dell’India¬ 
no  ,  tolto  lo  riconofce  in  quella  pittura  al  ve¬ 
dergli  il  nafo  dirlo  ,  c  fchiacciato  ,  crefpi  i  ca¬ 
pelli  ,  le  guancie  gonfie ,  e  un  non  fio  che  di 
fcintillante  negli  occhi  .  Eccone  l'efatta  ver¬ 
done  latina  fecondo  l’edizione  dell’  Oleario , 
di  cui  mi  fervo  ;  e  potrà  ognuno  giudicarne  . 
Piclur am  (  parla  Apollonio' a  Dami  )  non  eam 
fiolam  mihì  videris  pittare  ,  qus.  coloribus  ab- 
fiolvitur nempe  unus  edam  color  vereribus  il- 
lis  piBoribus  fiatis  erat  :  incrementa  vero  ca- 
piens  ars  quatuo r  adkibuit ,  inde  plurcs  edam ; 
at_  <S’  lincarum  piHuram  ,  &  quod  coloribus  dc- 
flìtuitur ,  quod  ex  umbra  &  luce  compofitum 
ejl  ,  piclur  am  fias  efi  appellare  :  in  tali  bus 
enim  edam  fimilitudo  cemitur  ,  figura  item  , 
&  mens  ,  &  pudor  ,  &  audacia  .  Atqui  colo¬ 
ribus  dcfiituuntur  ifis. ,  rreque  fanguinem  ,  aut 
come.  ,_aut  barbe,  nitorem  reprsfientant  :  fied 
fimplici  colore  piche  fiuficum  tamen  hominem, 
refierunt ,  candidature  .  Sique  Indorum  ifto- 
rum  aliquem  albis  lineamends  pinxerimus  , 
tamen  niger  videbitur  .  Nafi enim  fimitas  ,  & 
eredi  capillorum  cinni  ,  tum  gene  protube- 
rantes  ,  &  micans  quidpiam  quafi  in  oculis 
efficiunt ,  ut  nigra  appareant  ,  quloculis  fub- 
jiciuntur  ,  atque  Indurti  reprsfientent  fipecìan- 
tibus  ,  quorum  efi  a/iquod  in  videndis  ifiis 
judìcium  .  Quapropter  dixerim  ego  &  eos  ,  qui 
pi  Borie  artìs  opera  afpiciunt  ,  imitatrice  opus 
liabere  facultate  .  Ncmo  enim  laudaverit  pi- 
Bum  equum  ,  aut  taurum  ,  qui  animai  illud 
mente  non  intueatur  ,  cujus  fimìlitudinem  re - 
fert . 

(T)  Poet.  cap.6.  op.  Tom,  IV.  pag.  8, 


LIB.  VII. 


CAP. IV. 


...  col  rollo .. 


...e  col  nero 


Meccanismo  della  Scultura 
'dice  che  quelle,  nelle  quali  il  poeta  o  non  s’è  curato  d’in- 
trodurvi  della  pafiìone  ,  o  non  v’ è  riufcito  ,  polfono  alTo- 
migliarfi  alle  pitture  a  cui  manca  l’efprelììone  ,  o  perchè  il 
pittore  ,  ancorché  abbia  adoperati  i  più  bei  colori ,  pur  non 
ha  faputo  ubarne  in  maniera  da  Soddisfare  l’occhio  dello 
Spettatore  ,  o  perchè  ha  tutto  dipinto  il  quadro  col  bolo 
color  bianco  (  eÌKÓm  )  ;  e  con  tal  voce  volle 

forfè  Arinotele  alludere  a  Seusi  ,  il  quale,  come  teftè  s’è 
ofbervato  ,  in  tal  maniera  dipingeva ,  e  delle  cui  pitture  avea 
detto  poco  prima  ,  che  erano  Senza  (  efpreflìone  )  .  Ap¬ 
pare  quindi  quanto  fianfi  allontanati  dal  vero  benho  dell’au¬ 
tore  Daniele  Heinfio  ,  il  quale  tradubfe  :  quarti  qui  creta  fin- 
gala  diflinfle  delineat  ;  e  Callelvetro  che  così  interpretollo  : 
Perciocché  cofa  fimile  avviene  ancora  nella  pittura  ,  poiché  così 
non  diletterebbe  altri  ,  avendo  dijlefì  belliffimi  colori  confufamen- 
te  ,  come  farebbe  fe  di  chiaro  e  di  f curo  aveffe  figurata  un  im¬ 
magine  ( a )  . 

jf.  3.  Monocromi  dipinti  col  bolo  rollo  fono  i  quattro 
mentovati  dilegni  fu  tavole  di  marmo  bianco  del  mubeo 
Ercolanenfe  ,  dalle  quali  lì  può  inferire  che  quella  prima  e 
originale  maniera  di  dipingere  fiali  per  lungo  tempo  con- 
lervata  .  Sebbene  il  colore  di  quelli  dibegni ,  pel  caldo  delle 
ceneri  e  degli  altri  corpi  volcanici  che  Ercolano  coprirono  , 
fiali  annerito  ;  vi  fi  veggono  tuttavia  le  tracce  del  rollo  pri¬ 
mitivo  . 

jf.  4.  I  più  ragguardevoli  e  i  più  numero!!  monumenti 
di  quella  maniera  di  dipingere  ,  che  ci  fiano  rimalli  ,  gli  ab¬ 
biamo  ne’ vali  di  terra  cotta  ,  de’ quali  a  lungo  parlammo 
al  capo  IV.  del  Libro  III.  Sono  elìì  per  la  maggior  parte 
dipinti  col  bolo  nero  fui  rolficcio  ,  color  naturale  dell’ar¬ 
gilla  ebpolla  al  fuoco  ,  e  polfono  perciò  chiamarli  mono- 

cro¬ 
ia)  Poet.  d'Arift.  yolgar.  Par. .  ul.pag.i  34. 


presso  i  Greci  ,  e  loro  Pittura  .  77 

cromi  .  In  fimil  maniera  fi  dipingono  anche  oggidì  de’ vali 
in  ogni  paefe  . 

jf.  5.  I  belli  Almi  pezzi  fra  le  pitture  Ercolanenfi  ,  che 
rapprefentano  donne  danzanti  ,  Ninfe  ,  e  Centauri  in  figure 
alte  un  palmo  fu  un  fondo  fcuro  ,  fembran  eflere  fatte  con 
quella  preftezza  con  cui  mettonfi  lulia  carta  1  primi  pcn- 
fieri  d’un  difegno  . 

jf.  6.  Quando  la  pittura  cominciò  a  perfezionarli  ,  dopo 
che  furono  trovati  i  lumi  e  le  ombre ,  s’andò  più  oltre ,  e 
determinolfi  fra  quelli  e  quelle  il  color  naturale  proprio 
d’ogni  parte  ,  che  i  Greci  chiamavano  il  tono  del  colore  : 
termine  dell’arte  che  noi  pure  ufiamo  ,  dicendo  ,  il  vero 
tono  del  colore  .  Plinio  ,  che  traduce  la  voce  litoq  ,  fplen- 
dor ,  dice  elìer  quello  diverfo  dal  lume  ,  e  fra  mezzo  il  lume 
e  1  ombra  ;  perciocché  diffatti  nè  i  lumi  nè  le  ombre  non 
danno  il  vero  colore  d’un  oggetto  .  Così  ,  a  mio  parere  , 
deve  interpretarli  queft’ofcuro  e  finor  mal  intefo  luogo  di 
Plinio  (a)  .  Studiando  i  pittori  antichi  l’armonia  del  color 
principale  ,  giunfero  a  perfezionare  il  colorito  ,  per  mezzo 
di  tinte  inlieme  Irammille  e  di  varj  colori  impallati ,  l’unio¬ 
ne  de  quali  diceali  da  Greci  àpotoy»'  («)  .  I  colori  torti  e  pieni 
chiamavanfi  da  Romani  fatu.ri ,  e  diluti  quelli  ,  che  tendeva¬ 
no  più  al  chiaro  ,  ed  erano  d’una  tinta  più  leggiera  ( b )  . 

jf.  7-  Si  può  fare  un’  ofiervazione  generale  ,  ed  è  che 
1  antica  pittura  era  più  atta  a  dare  un  certo  grado  di  vita 
e  una  certa  verità  di  carnagione  che  la  moderna  ,  in  cui  i 
colori  llemprati  a  olio  per  la  fola  azione  dell’aria  e  del 
tempo  s  alterano  e  s’ ofcurano  (1)  .  Aggiungali  che  gli  an¬ 
tichi 


(a)  Il  conte  di  Caylus  Reflex,  far  quelq. 
pji/s  du.  tivreqj.  de  Piine  ,  1.  par.  Acad. 
des  Injcnpt.  Tom.  XX V.  Mém.  pag.t6q.  lo 
Spiegava  per  un  lume  di  mezzo  /per  raccor¬ 
do  ,  il  tono  ,  la  forza  d' un  qua  Irò  . 

(<U  t’3 S- c- S-f'ti.  Deinde  adjeàas  efi  fplen- 


dor  ,  alias  hic  quam  lumen  y  quem  ,  quia  inter 
hoc  &  umbram  effet,  appellaverant  tononjcom- 
mijfuras  vero  colorum,  &  tranjìtus,  karmogen. 
( b )  Plin.  lib.  p.  cap.zp.  feci.  64. 

(1)  Se  gli  antichi  fapellero  dipingere  non 
folamence  a  frefco  ,  ma  anche  a  olio  ,  è  una 


LIB.  VII. 
CAP.  IV. 


Colorito . 


LIB .  VII. 
CAP.  IV. 


78  Meccanismo  della  Scultura 

ticlii  nel  dipingere  (opra  del  legno  preferivano  il  fondo 

bian- 


quiftione  dibattuta  fra  gli  eruditi  .  È  più  pro¬ 
babile  però  che  quella  maniera  (ia  Hata  loro 
ignota  ,  almeno  come  ufafi  dai  moderni  do¬ 
po  il  fiammingo  Giovanni  van  Eick  »  che  ne 
fu  l' inventore  fui  principio  del  fecolo  XV. , 
[  come  fi  crede  volgarmente  ;  ma  può  ben 
provarli  una  tale  invenzione  più  antica  di 
quel  pittore  ,  le  poffiamo  trarre  giudo  fon¬ 
damento  da  ciò  ,  che  riferifce  il  eli.  fig.  Lef- 
fing  bibliotecario  del  principe  di  Brunfwik,  di 
trovarli  cioè  nella  biblioteca  del  principe  di 
\folfenbuttel  un  manoferitto  d'un  certo  Teo¬ 
filo  ,  che  ville  nel  fecolo  X.  ,  o  XI.  al  più 
tardi ,  ove  non  folo  quelli  fa  menzione  del¬ 
la  pittura  a  olio  ,  ma  ne  ha  infegnato  l’ar¬ 
te  fino  alla  preparazione  dell'olio,  quali  per 
non  lafciarne  dubbio  alcuno.  Veggafi  l’An¬ 
tologia  Romana  anno  1775.  num.n.  Tom. il. 
pag.  4-p.  e  fegg.  In  oltre  il  fignor  Criftiano  de 
Mechel  nella  definizione  ,  che  fece  nel  1781. 
dei  quadri  della  imperiale  ,  e  regia  galleria  di 
Vienna,  ftampata  poi  nel  178;.  ,  dà  notizia 
di  un  quadro  a  olio  di  un  certo  Tommafo  de 
Munna  ,  col  nome  fcrittovi  in  quelli  due 
verfi  : 

Quis  Opus  hoc  finxit  Thomas  de  Mulina 
pinxit  : 

Quale  vides  Lccior  Rarifìni  Filius  Au- 
cior  . 

e  colla  data  del  1197.  Non  mi  ellendo  di  più 
a  parlare  di  altri  quadri  elidenti  in  altre  par¬ 
ti  ,  creduti  anteriori  a  van  Eick  ,  perchè  non 
è  qui  luogo  a  diffondermi  fu  tal  quellione  , 
che  meglio  efaminerà  il  diligente  e  dotto  ca¬ 
valiere  d'Agincourt  nella  continuazione  della 
Storia  delle  arti  dalla  loro  decadenza  fino  al 
riforgimcnto  .  ]  Ma  ebbero  elfi  in  vece  un’al¬ 
tra  foggia  di  dipingere  ,  di  cui  i  moderni  fi¬ 
no  a’ di  noftri  ignorano  l'ufo  .  Encauftica  di- 
ccvafi  quella  ,  perchè  efeguita  col  fuoco ,  odia 
per  inuftione  .  Non  elfendo  avanzato  quadro 
alcuno  di  tal  forte  ,  che  fi  fappia  ,  per  poter¬ 
ne  formar  giudizio  ci  conviene  rivolgerci  a 
quel  poco  che  l’opra  di  ciò  ,  e  in  termini  poco 
chiari  fcrifie  Plinio  .  Afferma  egli  /.  jp.  c.i  1. 
feci.  41 .  elfcrfi  anticamente  dipinto  coll’cn- 
caulto  in  due  maniere  ,  colla  cera  cioè  e  col 
cejìro  ,  cflla  col  bulino  nell’avorio  :  cera  ,  & 
in  ebore  cejiro  ,  idefi  vincalo  .  Alle  due  accen¬ 
nate  maniere  una  terza  ne  aggiugne  in  ap- 
prclTo  per  le  navi  ,  dicendo  elfcrfi  adoperato 
a  quell’effetto  il  pennello  intinto  nelle  cere 
Quagliate  col  fuoco  :  pittura  ,  che  non  gua- 
fìavafi  punto  nè  per  fole  ,  nè  per  vento  ,  nè 
pel  falfo  dell’acqua  .  Chi  (lato  (la  l’inventore 
di  dipingere  colle  cere  ,  e  per  inuftione  ,  ce¬ 
ti*  pingere  ,  ac  picìuram  inurere  ,  il  medefi- 
mo  Plinio  confclfa  di  non  faperlo  .  Olferva 


foltanto  che  attribuir  non  poteafene  l’inven¬ 
zione  ad  Ariftide ,  perfezionata  poi  da  Praf- 
fitele  ,  come  credevano  alcuni  ;  poiché  prima 
di  elfi  fecero  delle  pitture  encauftiche  Poii¬ 
gnoto  ,  Nicànore  ,  ed  Agelilao  .  Panfilo  al¬ 
tresì  maellro  d’Apelle  non  fidamente  eferci- 
tolTi  nell’encauftica  ,  ma  l'arte  iftelfa  infegnò 
a  Paufania  .  • 

Un’altra  maniera  più  fimplice  di  dipingete 
per  inuftione ,  o  piuttofto  di  colorare  a  fuoco 
un  muro  con  una  tinta  eguale  accennali  da 
Vitruvio  lib.  7.  cap.  q.  ,  che  infegnò  per  tal 
modo  a  confervare  fui  muro  il  minio  ,  facile 
altronde  a  fcolorarfi  .  „  Dopo  che  avrà  il  pit- 
,,  tore  ,  die’ egli,  renduto  lifeio  e  ficco  il 
,,  muro  ,  vi  fpanda  fopra  con  un  grolfo  pen- 
,,  nello  della  cera  cartaginefi  fciolta  al  fuoco 
,,  con  un  poco  d’olio.  Indi  accodandovi  un 
„  recipiente  di  ferro  con  carboni  acceli  lo  ri- 
,,  fcaldi  in  guifa  che  faccia  fudar  quella  cera 
,,  col  muro,  riducendo  il  tutto  ai  uno  flato 
,,  uniforme  .  Poi  con  cera  confidente  e  con 
,,  netti  pannilini  lo  vada  ftrofinando  ,  come 
,,  fi  ufa  colle  ftatue  di  marmo  „  .  Quali  lo 
dello  ripete  Plinio  lib.  37.  cap. 7.  feci. 4.0.  ,  fi 
non  che  per  rifcaldare  il  muro  vorrebbe  fi  ad- 
operallero  carboni  di  galle  . 

Ricavali  in  primo  luogo  daie  riferite  tefti- 
monianze  che  per  fare  una  pittura  encauftica 
della  prima  fpecie  bifognava  innanzi  ogni  co- 
fa  aver  pronte  le  cere  impaliate  coi  colori  . 
A  queft'efifeteo,  come  nota  Seneca,  e  Varrone 
De  re  ruft.  lib.  p.  cap.  17.  ,  ufarono  i  pittori 
certe  cadette  a  varj  ripartimenti ,  ove  tene¬ 
vano  dìfcolorcs  ceras  .  La  preparazione  di  tali 
colori  farà  fiata  probabilmente  quella  mede- 
fima  che  Varrone  e  Plinio  riportano  adope¬ 
ratali  per  dipingere  fui  muro  ,  vale  a  dire  li 
faranno  meli!  a  cuocere  con  la  cera  ,  aggiu- 
gnendovi  una  leggiera  dofe  di  olio  .  Quegli 
lielli  colori  ,  tifati  per  dipingere  a  frefeo  ,  u- 
faronli  anche  per  le  pitture  encauftiche  .  co¬ 
me  in  altro  luogo  ci  avvifa  il  citato  Plinio 
lib.  ff.  cap. 7 .  fed.pi .  Si  aveva  in  oltre  a  ri¬ 
fcaldare  il  fondo  del  quadro  dopo  d’effervi 
flati  applicati  i  colori  :  lo  che  accenna  il  Na¬ 
turatila  coH’efprefllon  e  piotar  am  inurere  ..  Fi¬ 
ccali  tal  inuftione  con  carboni  acceli  polli  iu 
un  recipiente  ,  oppure  con  una  ladra  infuo¬ 
cata  ,  come  abbiamo  da  Plutarco  De  fera 
Num.  vind.  oper.  Tom.  il.  pag.póS.  :  e  que¬ 
lli  forfè  fono  quegli  arnefi  pittorefehi ,  che 
dagli  antichi  giureconfulti  detti  furono  cau¬ 
teri  ,  come  da  Marciano  nella  /.  hem  picio- 
ris  1  7.  ff.  De  inftrucìo  ,  vel  inflrum,  leg.  Se 
coll’  inuftione  avéanfi  a  far  fvaporare  tutte  le 
particelle  fluide  dei  colori  e  del  fondo  ,  dovea 
quella  e  (Te  re  gagliarda  anzi  che  no  .  Rellava 
per  ultimo  il  lifeiar  la  pittura  con  altra  cera  e 


presso  i  Greci 


e  loro  Pittura  . 


79 


con  pannilini  :  con  clic  formava!!  una  fpccic 
di  vernice  ,  la  quale  hanno  coflumato  Ipcil'o 
gli  antichi  maeltri  di  .mettere  anche  Tulle  al¬ 
tre  pitture  a  hello  per  renderle  piu  durevo¬ 
li  ,  più  belle  ,  c  più  rilucenti  .  Qualche  volta 
i  pittori  ,  per  dinotar  la  pittura  encaulHca 
efeguita  da  loro  ,  vi  hanno  fcritto  ItUavau 
(  fatta  per  inuflione  )  .  Così  ufarono  fra  gli 
altri  Nicia  c  Lilippo  ,  Plin.  lib.pp.  capi.  p. 
jett.i  0. ,  &  c.t  1 .  fici.qp.  :  dal  che  lì  può  in¬ 
ferire  che  poca  divertita  vi  folle  nell'apparen¬ 
za  tra  le  altre  e  le  pitture  encaufliche  :  al¬ 
trimenti  inutile  farebbe  (lato  l'avverti  mento. 
Tali  torta  di  pitture  effer  doveano  delle  altre 
più  durevoli .  Ciò  dà  per  fuppolìo  Plutarco 
in  Amator.  oper.  Tom.  il.  pag.  7  pp.  C. ,  al¬ 
lorché  paragona  le  immagini ,  che  in  noi  ri- 
traggonli  dalla  femplice  villa  ,  alla  pittura  a 
fretco  ;  quelle  ,  che  la  villa  c’  imprime  al  ve¬ 
dere  un  oggetto  amato  ,  alla  pittura  encau- 
flica  .  Le  prime  facilmente  fvanifeono  ,  lad¬ 
dove  le  altre  lungamente  confervanfi  nella 
memoria  .  Siccome  aliai  antica  fu  l'invenzio¬ 
ne  delle  pitture  encaufliche  ,  e  (è  ne  fece  ufo 
ne' tempi ,  in  cui  pochi  colori  adoperavano 
nel  dipinger  a  fiele o  ,  così  pochi  colori  vi  fa¬ 
ranno  in  elle  entrati  ,  c  fors’ anche  pochi 
tratti  e  pochi  lineamenti  .  Io  immagino  che 
faranno  a  un  di  preilo  riufeite  come  le  pit¬ 
ture  dei  vali  detti  etrufehi  :  e  chi  fa  che  que¬ 
lle  non  (iano  elleno  pure  pitture  encaufliche? 
Le  figure  e  gli  altri  difegni  rapprefentati  fu 
que’  vali  fono  per  lo  piu  monocromatici ,  ol¬ 
ila  d'un  folo  colore  ,  e  quello  gialliccio  ,  per 
cui  dillaccanli  dal  fondo  feuro  demedefimi . 
Sono  elle  in  oltre  fu  di  una  materia  ,  alla 
quale  applicarli  porca  l'inuflione  ;  ed  un  cer¬ 
to  lullro  vi  li  Icorge  ,  effetto  probabilmente 
di  quella  lifeiatura  che  dar  folevali  colla  cera 
a  si  fatti  lavori  .  Ateneo  e  lo  Scolialle  di  Teo¬ 
crito  in  Idy!.  1 .  vali  rammentano  dipinti  con 
ceia  a  varj  colori  ;  e  Plinio  lib.  36.  cap.  zp. 
fiJ.  64-  ,  parlando  delle  terme  d'Agrippa  , 
oiicrva  che  tutte  le  opere  in  terra  cotta  vi  e- 
rano  in  hmil  guifa  dipinte  .  Dall’analili  però , 
che  il  fignor  d’ Hancarville  fece  dei  colori  di 
alcuni  vali  etrufehi ,  non  rifulta  che  favi  in 
elfi  entrata  la  cera  .  Vedali  ciò  che  dicemmo 
nella  nota  1.  al  Capo  IV.  del  Libro  III.  nel 
Tomo  antecedente  pag.  228. 

E  quella  leconda  forte  di  pittura  encaultica 
indicarci  da  Plinio  lib  qp.  c.i  i.fiff.4.1. ,  in 
ebore  cefiro  ,  idefi  rinculo  ,  in  quale  manie¬ 
ra  fara  ella  mai  tiara  eleguita  ?  Il  tello  è  olcu- 
ro  ,  e  forfè  vi  li  deve  fòttintendere  qualche 
parola  ,  quale  farebbe  fialpto  ,  od  altra  limi¬ 
le  ,  dinotante  edere  flato  l'avorio  lavorato 
col  cefiro ,  termine  greco  ,  viriculum  detto 
dai  Latini ,  e  bulino  dagl'italiani.  Animella 
P/r  tanto.  òupfl'ù'tc rprerazione  ,  farebbe  egli 
aflurdo  il  dire  che  alle  figure  incavate  con 
leggiera  mano  nell'avorio  fieni!  adoperati  i 


colori  encauflici ,  c  fiali  con  quelli  efeguito  il 
metodo  praticato  colle  altre  pitture  di  tal  lor-  ''li¬ 

te?  Lala  ciziccna  ne'  primi  anni  di  Marco  Var-  CAP.  IV 
rone  chiara  li  rendè  in  Roma  nel  dipingere 
col  cellro  in  avorio,  Plin.  loc.  eie. fieli.  4.0. 

§•  43- 

Sopra  la  terza  fpccic  di  pittura  encaullica, 
con  cui  dipingcanli  le  navi ,  ci  ha  dato  una 
dillèitazione  Caylus  Acad.  aes  Inficript.  Tom. 

XXnil.  Mem.pag.17p.fiqq.Tai  pittura  fa¬ 
centi  fulla  prora ,  o  lulla  poppa  ,  ove  li  lbleva 
effigiare  il  Dio  tutelare  della  nave  ,  o  qualche 
di  lui  (imbolo  o  attributo  ,  Lucian.  in  Navig. 

§.  p.  op.  T0m.11Lp.2p1.  ,  Qvid.  Trift.  Lib.  1 . 
eleg.  p.  verfi.z.  ò’  Jeqq.  Una  Cibelc  fulla  pop¬ 
pa  d'un  vafcello  dipinta  coioribus  ufiis  ci  vien 
accennata  da  Ovidio  Faft.  lib.  4.  rerfi.27p. 

Una  fintile  dipintura  li  è  verifimilmentc  ulata 
anche  fulle  porte  delle  cale  :  del  che  fono  un 
indizio  una  greca  ifcrizione  predo  Salmatio 
LTin.  Exercit.  in  Sol.  Polyhifi.  c.20.  Tom  1. 
p.164.  li.,  in  cui  rammentali  s ynxccit  8up£y, 
e  un  epigramma  d'Aufonio  num.  26.  v.io. 

&  1 1. ,  in  cui  fi  legge  : 

Ceris  inurens  januarum  limino  , 

Et  atriorum  pegmata  . 

L'ultima  delle  quattro  maniere  di  dipingere 
a  fuoco  ,  cllendo  la  più  femplice  di  tutte  ,  è 
pur  quella  fu  di  cui  fi  fono  più  chiaramente 
lpiegati  Plinio  e  Vitruvio .  Fra  le  molte  ve¬ 
rnile  muraglie  feopertefi  in  varj  tempi  e  in 
varj  luoghi  colorate  d'una  tinta  uniforme  , 
egli  è  facile  che  alcune  fieno  Hate  di  quelle 
dipinte  per  inuftione  .  Si  è  continuato  a  far 
ufo  di  pitture  encaufliche  per  lo  meno  lino 
al  VI  fecolo  ,  poiché  fe  ne  fa  qualche  cenno 
da  Procopio  De  sai  fi  Jufiin.  lib.i.  cap.i  0.  ;  c 
nelle  leggi  di  Giultiniano  ,  ove  parlali  del 
cauterio  de’ pittori  loc.  eie  Anche  nelle  me¬ 
morie  de'  lecoli  fulfeguenti  s'incontrano  non 
di  rado  nominati  i  colori  encauftici  e  l‘en- 
caulto  ;  non  ci  conila  tuttavia  elferfi  quelti 
adoperati  nella  maniera ,  con  cui  gli  ufaro¬ 
no  i  più  antichi  pittori  .  Che  che  ne  fia  ,  ciò 
che  avvi  di  certo  fi  è  che  coll'andar  degli  an¬ 
ni  fi  è  fmarrita  quell'arte  nell’Europa  ,  come 
nota  il  Bulengero  De  pici,  plafi.fiat.  lib.i. 
cap. 6.  ;  e’1  nome  foltanto  ne  rimale  a  quel¬ 
la  tinta  nera  ,  fatta  ella  pure  a  fuoco  ,  che 
gì  Italiani  poi  dilfero  inchioflro  . 

Non  è  però  gran  tempo  che  rifvegliodi  il 
defiderio  di  rimetterla  in  pratica,  e  due  illu¬ 
da  (oggetti  nella  Francia  vi  li  applicarono  ef¬ 
ficacemente  ,  cioè  il  detto  conte  di  Caylus  è 
il  fignor  Barhelier  .  Ne  tentò  quelli  il  proget¬ 
to  nell'anno  1149.  ,  (ebbene  con  efito  non 
troppo  felice  .  Dopo  pochi  anni  propofe  l'al¬ 
tro  le  fue  idee  fopra  di  ciò  all'Accademia  del¬ 
la  pittura  di  Parigi ,  e  nell'anno  17^4.  fece  e- 
feguirc  dal  fignor  Vien  un  quadro  encaullico 
d  una  celta  di  Minerva ,  il  quale  con  altri  due 


LIB.  VII. 
CAP.  IV. 


Lumi ,  ed  orti 
bre . 


8o  Meccanismo  della  Scultura 


bianco  ( a )  ,  e  forfè  fu  quello  principio  cercava!!  ,  come  di¬ 
ce  Platone  (b)  ,  la  più  candida  lana  per  darle  il  miglior 
colore  porporino  . 

j)'.  8.  Quello  è  quanto  fappiamo  riguardo  al  colorito 
degli  antichi  .  Per  ciò  che  fpetta  alla  maniera  loro  di  di¬ 
pingere  ,  di  quella  fola  pittura  parlar  polliamo  che  facealì 
fui  muro  ,  e  che  diverfa  era  prelfo  di  loro  dalle  pitture 
fui  legno  ,  come  lo  è  anche  oggidì  predo  di  noi  . 

Jf-  9.  Nella  maggior  parte  delle  antiche  pitture  fui  muro 
i  lumi  e  le  ombre  fon  date  per  mezzo  di  tratteggiamenti , 
in  linee  ora  parallele  ,  ora  incrocicchiate  ,  dette  da  Plinio 
incifurae  ( c )  :  quella  maniera  fi  ufi  anche  oggidì  nelle  pit¬ 
ture  fui  muro  ,  e  chiamali  tratteggiare  .  In  altre  pitture  però 
le  mafie  intere  delle  tinte  vengono  or  follevate ,  or  abballate 
dalla  diverfità  de’  colori  or  più  chiari ,  or  più  cupi ,  come  of- 
fervafi  nella  pretefa  Venere  del  palazzo  Barberini ,  ne’  defcritti 
quattro  bei  pezzi  del  mufeo  Ercolanenfe  ,  e  in  altre  pittu¬ 
re  che  fono  Hate  con  diligenza  finite  ,  Su  alcuni  pezzi  però 
dello  Hello  mufeo  e  ,  fra  gli  altri  ,  in  quello  che  rappre- 
fenta  Chirone  e  Achille  ,  vedonfi  amendue  le  maniere  di 
ombreggiare  :  Achille  è  dipinto  a  intere  mafie  di  tinte  ,  e 
Chirone  è  tratteggiato  . 

fi.  io.  T.a 


quadri  accompagnati  d’ una  nuova  memoria 
nell'anno 1 75 5-.  furono  da  lui  prefentati  all' 
Accademia  delle  belle  lettere  .  Il  rumore  ,  che 
tal  novità  deftò  nel  pubblico  ,  molle  il  fignor 
Bachelier  a  ripigliare  i  fuoi  tentativi  ;  e  mol¬ 
ti  quadri  dipinfe  per  inuftione  ,  che  gli  riu- 
fcirono  più  felicemente  del  primo  .  Lo  ftef- 
fo  fìgnor  conte  di  Caylus  toc.  eie.  ci  ha  ef- 
polto  le  quattro  diverte  maniere  ,  con  cui  ha 
tentato  di  rillabilire  la  pittura  encaultica  .  So¬ 
no  (fate  le  medefime  deferitte  dal  fig.  Mon- 
noye  nell’  Enciclopedia  ,  art.  Encaufiique  ,  il 
quale  aggiunte  altresi  le  cinque  praticate  dal 
fìgnor  Bachelier .  Egli  è  d'uopo  nondimeno 
confeltare  che  niuna  di  effe  corrifponde  efat- 
tamente  alle  ufate  dagli  antichi ,  e  da  Plinio , 
da  Vitruvio  ,  e  da  altri  defcritteci  . 

(a)  Galen.  De  ufu  pan.  lib.i  0.  cap.q.  oper. 


Tom. TV.  pag.  si4~  E.  [Parla  (oltanto  di 
quelli ,  che  dipingevano  tulle  pelli  bianche  , 
(e  forte  erano  le  pergamene  )  i  quali,  per  non 
faticarti  la  viltà  col  lempre  Itar  filli  fui  color 
bianco  ,  adoperavano  altri  colori  cerulei  ,  e 
fofchi  :  Memoriam  tìbi  rejicere  conabimur  ,  in 
primis  quidern  piclorum  ,  &  potiflimum  quan¬ 
do  in  albis  corii  s  pingunt  (crai  «v  atvaa  a 
«Ti^Gtpa/f  ypuyuHW/  )  ,  offenditur  enim  facile 
eorum  vifus  fi  omni  remedio  fuerit  defiitutus  ; 
quod  fané  prudentes  ,  colores  cceruleos  ,  ac 
fufeos  apponunt ,  in  quos  fubinde  intuentes  , 
recreant  oculos  ,  ac  reficiunt .  Teofrafto  Hi  fi. 
plant.  lib.q.  cap.i  0.  ,  e  lib.p.  cap.  S.  dice  che 
adopravano  tavole  di  abete  . 

(fi)  De  republ.  I.4..  0p.T0m.1l.  p.4-zg.D . 
(c)  lib.  33,  infine  . 


presso  i  Greci,  e  loro  Pittura.  8r 


jf.  io.  La  mentovata  prima  maniera  di  dipingere  a  ferri- ===== 
plici  tratti  di  color  bianco  fi  confervò  anche  dopo  che  fi  L1B'  vu' 

*  t  r  CAP.  IV. 

feppc  dare  alle  figure  il  color  proprio  ad  imitazione  del  ve-  Maniera  di 
ro  ,  e  fervla  per  difegnare  ,  poiché  faceanfi  col  pennello  { COIUornare  ••• 
contorni  di  color  bianco,  ai  quali  s’applicava  poi  il  con-* 
venevole  colorito  .  Abbiamo  di  ciò  una  prova  in  un  lungo 
pezzo  di  muro  dipinto  feoperto  a  Pompeja  ,  da  cui  s’èper 
la  maggior  parte  fcagliato  il  colorito  in  guifa  che  lol  vi  fo¬ 
no  rimarti  i  contorni  bianchi .  Da  querto  pur  fi  argomenta 
aver  gli  antichi  ufato  difegnare  le  loro  pitture  fui  muro  di- 
verfamente  da’  moderni  ;  poiché  quelli  fogliono  fulla  frefea 
intonacatura  del  muro  difegnare  i  contorni  incavandoli  con 
un  ferro  acuto  ;  laddove  gli  antichi  ,  avendo  più  frequenti 
occafioni  di  dipingere  fui  muro,  aveano  acquirtata  maggiore 
abilità  ,  e  co!  loio  pennello  lapean  le  figure  efattamente  de¬ 
lineare  .  Diffatti  in  nefluna  delle  tante  centinaja  di  pitture 
del  mufeo  Ercolanenfe  ho  veduti  i  contorni  incavati . 


Jf.  il.  E’  da  offervarfi  per  ultimo,  che  le  fuddette  pit-  ...e  dì  dipin¬ 
ture  ,  per  la  maggior  parte  almeno  ,  non  fono  già  fiate  di- "  ^  a  C^°  ' 
pinte  fulla  calcina  umida  ,  ma  fui  muro  già  fecco  ;  la  qual 
cofa  chiaramente  fi  orterva  in  alcune  figure  che  fi  fono  co¬ 
me  sfogliate  e  fiaccate  ,  onde  fi  vede  il  fondo  fu  cui  fono 
fiate  dipinte  (i)  Più  chiaramente  ancora  ciò  fi  ravvifa  nel 
mentovato  quadro  di  Chirone  ed  Achille ,  in  cui  gli  ornati 
Tow.  II.  L  dell’ 


(i)  Davano  gli  antichi  dei  colori  diverfì 
per  fare  il  fondo  ,  come  vedelì  in  alcune  ve- 
tuflc  pitture  ,  e  come  li  ra.roglie  apertamen¬ 
te  da  Plinio  ùb.jf  cap.  6.  ft ci.  2.6. ,  il  quale 
afferma  che  i  pittori  prima  d’adoperare  il 
pennello  foleano  applicar  alla  tavola  la  (an¬ 
dine  ,  poi  colla  ch:a  a  d  uovo  (temprarvi  un 
colore  ,  e  l'opra  quefto  nella  (fella  guifa  un 
altro  .  Cosi  fotto  il  porporino  mettevano  una 
mano  di  ver  Je-fcuro  ,  e  lotto  il  minio  ,  per 
renderlo  rilucente  ,  una  -  ano  di  porporino  . 
Un’altia  ancor  piu  (ingoia  c  maniera  riporta 
il  medefimo  Plinio  ih.  cap  i  o.  fc^.37.  %.  zo. 
praticata  da  i  rotegene  per  riparare  dalle  in¬ 


giurie  del  tempo  lo  ftudiato  fuo  quadro  di 
Jalifo  ,  lavoro  di  fette  anni,  Plut.  in  Demec. 
op.  Tom.Lpag.Sp8.  E.  ,  &  jtlian.  Var.hìfl. 
lib.i  2.  cap. 4.1 .  ,  fu  cui  ben  quattro  volte  re¬ 
plicò  gli  (felli  colori  l'uno  fopra  l’altro  ,  ac¬ 
ciocché  ,  fe  mai  fi  folle  guadata  la  prima  fu- 
perficie  ,  lì  potelle  averne  torto  un’altra  egua¬ 
le  .  Il  Perrault  e  il  de  Piles  con  altri  pigliano 
motivo  dal  riferito  racconto  di  tacciar  Plinio 
come  di  troppo  credulo  o  di  poco  intenden¬ 
te  .  Plinio  però  parla  d'un  quadro  elìdente  in 
Roma  a' giorni  Tuoi  nel  tempio  della  Pace, 
ed  efpofto  alla  villa  di  tutti .  Se  querto  non 
forte  ftato  tale  ,  come  egli  lo  rapprefenta  ,  fa- 


LIB.  VII. 
CAP.  IV. 


Statue  dipin¬ 
te  . 


82  Meccanismo  della  Scultura 

dell’ordine  dorico  polii  dietro  alle  figure  fono  itati  dipinti 
prima  di  quelle  in  una  maniera  affatto  oppofla  a  quella  che 
s’ ufa  oggidì  ;  poiché  i  noltri  pittori  in  un  quadro  fanno 
prima  le  figure  ,  e  pofcia  il  fondo  ;  e  così  dee  farli  natu¬ 
ralmente  . 

jf.  12.  Per  nulla  omettere  di  ciò  che  riguarda  la  pittu¬ 
ra  degli  antichi  rammenterò  qui  la  ftatua  di  Diana  del  mu- 
feo  Ercolanenfe  ,  lavorata  nel  più  vetullo  Itile  ,  in  cui  non 
folo  dipinti  fono  gli  orli  della  velie  ,  ma  eziandio  altre 
parti  del  panneggiamento  .  Sebbene  quella  fiatila  ,  come  s’è 
detto  al  Libro  III.  Capo  II.  (a)  ,  etrufca  lìa  anziché  greca, 
pur  s’ inferifce  da  un  luogo  di  Piatone  ,  che  vi  folfe  anche 
tra  i  Greci  un  (imil  ufo  (b)  .  Dice  quello  filofofo  ,  addu- 
cendo  una  fimilitudine  :  Se  colui  che  ci  vede  dipingere 

,,  le  fiatile  ,  volefie  rimproverarci  perchè  non  applichiamo 
„  alle  più  belle  parti  i  più  vaghi  colori  ,  perchè  ,  a  cagion 
„  d’efempio  ,  gli  occhi  che  fon  certamente  la  più  bella  parte 
„  della  figura  ,  indichiamo  con  color  nero  ,  anziché  con  uno 
,,  imalto  porporino  ec.  ,,  :  Tlrrvip  oùv  oiv  eì  v/xxs  dpSptuvms 
ypxt^oVTas  7rpoTèh'SMP  av  tis  i'^tyi  ,  "Xt'yuv  Iti  où  t<?7;  xxX- 
"Xtgoìì  toÌj  £ tool)  vx  JtaAÀ/^a  Qapfjictitx,  7rcoriSi(Aiv  .  et  yx p  0- 
(f0a>.pto7,  xà.'h'Xtg-ov  ov  ,  ovx  capita  ivct}\vi}\iu[x.Zvot  i'.tp  ,  dÀ\x 
fuAar/.  a.  r.  A.  ( a )  .  Io  ho  tradotto  il  lenlo  di  quelle  pa¬ 
role  come  le  ho  intefe  (c)  ;  e  non  le  intenderò  in  altro 
modo  finché  non  mi  fi  dimoftri  che  la  voce  aWp iìg  ,  la 
quale  generalmente  lignifica  una  flatua ,  polfa  lignificare  an¬ 
che 

rebbefi  niello  al  cimento  d’elfere  da  chichefia  (a')  ^.12.  pag.  182. 

liconvenuto  di  fallita.  Per  poter  i  moderni  (b)  Può  vederli  anche  il  P.  Anfaldi  Defa- 
negare  quello  fatto  bifognerebbe  che  làpef-  ero,  &  pubi,  apud  Ethnic.  pici.  tab.  ufu  ,  c.  6. 
fero  tutt’i  fegreti  degli  antichi .  E  chi  fa  che  pag. q  2 .  e  fegg.  -,  e  ciò  che  abbiamo  detto  coll* 
Protogene  non  polfedell'e  quello  di  comporre  Autore  nel  Tomo  1.  pag.  21.  e  22.,  e  qui  a- 
i  colori  con  tale  gradazione  di  glutine  ,  olila  vanti  pag.  S.  not.  a. 

di  colla ,  che  lqvat  fi  potelfe  la  prima  luper-  ( a )  De  republ.  lib.  4.  princ.  oper.  Tom.  il. 

fide  fenza  guadar  la  feconda  ,  levar  la  fecon-  pag.  420.  C. 

da  .  fenza  guadar  la  terza ,  e  la  terza  fenza  (c)  E  come  già  le  aveva  intefe ,  e  tradotte 
.guadar  l’ultima  ì  Serrano  in  latino  ,  ed  altri . 


presso  i  Greci  ,  e  loro  Pittura  .  83 

che  una  pittura  :  del  che  lafcerò  che  altri  ha  giudice  .  ~*~i — 1  " J- 

(f.  13.  Siccome  pocanzi  due  ofcuri  palli  d’Arillotele  e  LIB,vn* 

y  J  r  x  cap.  iv. 

di  PJinio  mi  hanno  data  occalione  di  parlare  del  colorito  carattere  di 

degli  antichi  ;  così  il  giudizio  che  porta  quel  filofofo  di  tre  [or?.ntlclupK' 

pittori  ,  mi  apre  il  campo  a  ricercarne  il  loro  carattere  . 

Polignoto  ,  die’  egli  ,  ha  dipinte  le  figure  miglio  ,  Pausone 

ph  volgarmente  ,  e  Dionisio  pii  fomiglievolmente  (a)  .  Non  fo 

fe  il  lìgnor  conte  di  Caylus  tocchi  quello  luogo  ,  e  fe  , 

parlandone  ,  abbiane  comprefo  il  vero  fenfo  .  Non  avendo 

10  ora  nè  il  tempo  nè  il  comodo  di  efaminare  gli  Atti  ac¬ 
cademici  che  trattano  dell’antica  pittura  ,  ove  probabilmen¬ 
te  quello  palio  d’Arillotele  li  vorrà  rifehiarare  ,  mi  conten¬ 
terò  di  qui  efporre  Ja  mia  opinione  ,  lafciando  al  leggitore 
la  cura  di  confrontarla  coll’interpretazione  degli  altri  (1)  . 

Nulla  dirò  del  traduttore  Callelvetro  ,  il  quale  non  ha  intefo 

11  fu.ldetto  telfo  .  Ecco  quel  che  in  mio  lenlo  ha  voluto  dire 
Aditotele  .  Polignoto  ha  dipinte  le  fue  figure  meglio  (  fic- 
come  fecondo  lui  (b)  avrebbe  dovuto  fare  ogni  buon  pit¬ 
tore  )  ,  cioè  fi  follevò  al  di  fopra  delle  fembianze  comuni 
e  dell’ordinaria  figura  degli  uomini  ;  poiché  egli  ,  come  la 
maggior  parte  degli  antichi  pittori  ,  ellendo  folito  a  rap- 
prefentare  la  mitologia  e  la  fioria  eroica  ,  ha  pur  fatte  le 
lue  figure  limili  agli  eroi  ,  ed  efprelfe  la  natura  nel  fio  più 
bello  ideale  .  Più  volgari  e  balle  ,  che  efier  non  fogliono 
comunemente  ,  erano  le  figure  di  Pausone  ;  nè  ciò  proba¬ 
bilmente  gli  fi  attribuifee  a  biafimo  ,  poiché  Aditotele  Io 
annovera  fra  i  gran  maeltri  ,  e  lo  colloca  prelTò  a  Poli- 
gnoto  :  altronde  il  filofofo  fa  qui  la  fimilitudine  dei  tre 

L  2  pit¬ 


ta)  Poet.  cap.  2. 

(1)  Tra  le  molte  ed  erudite  Dilfertazioni 
fopra  le  Atti  del  Dileguo  del  lìgnor  conte  di 
Caylus  ,  e  riportate  nelle  Memorie  di  lette¬ 
ratura  ,  non  ne  ho  rifeontrata  alcuna  ove  ci¬ 
tili  quello  palio  di  Ariftotele  .  Parla  bensì  il 


Caylus  de'  fuddetti  maeftri  Reflex,  far  quelq. 
pajs.  da  l.  qj.  de  Piine  ,  ni.  pare.  Acad.  des 
Injcript.  Tom.  XXV.  Mém.  pag.ipo.  feqq. 
ma  ne  parla  foltanto  p  re  ilo  ciò  cnc  di  loro 
fcrille  Plinio  . 

(i)  ibU,  cap.  1  /. 


LIB.  VII. 
CAP.  IV. 


84  Meccanismo  della  Scultura 

pittori  per  rifchiarare  le  tre  diverfe  maniere  d’ imitazione 
(  pufavo-ìuv  )  sì  nella  poefia  che  nella  danza,  quali  dicendo  : 
ficcome  le  figure  di  Polignoto  fono  quel  che  in  poefia  è 
la  tragedia  ,  che  fqjo  fi  occupa  di  avvenimenti  eroici  ;  così 
le  figure  di  Pausone  debbono  raflomigliarfi  alla  commedia , 
in  cui  il  carattere  delle  perfone  più  caricato  fi  rappresenta, 
come  die’ egli  ftefio  nel  medefimo  capo:  »  fxiv  (  ) 

^e/p«5,  «'  Si  (Tpcty  coìta)  fii'Xrìxì  (ju/jmtQcu  /2vMtcu  mv  ivv  a)  , 
e  lo  ripete  nel  feguente  capo  quinto  dicendo  :  K aptaìia  fatati- 
tris  (b)  :  cioè  che  per  migliorare  i  colmali  negli 

uomini  la  commedia  ne  efprime  le  follie  più  grandi  che  real¬ 
mente  non  fono  ,  affinchè  fiane  vieppiù  fenlibile  il  ridicolo  . 
Quindi  è  da  conchiuderfi  che  Pausone  abbia  dipinti  più  fog- 
getti  comici  che  tragici  o  eroici ,  e  che  avefle  un  partico- 
lar  talento  di  rapprefentare  quel  ridicolo  che  è  lo  feopo 
della  commedia  ;  poiché  il  ridicolo  ,  profiegue  Arinotele  , 
fa  veder  le  perfone  fotto  l’afpetto  il  più  ignobile  (  tqv  ad - 
<r%poì!  ìct  7Ò  ytXclov  fxóp iov  )  (c)  .  Dionisio  ,  il  quale  pur  era 
uno  de’  più  famofi  dipintori  (a)  ,  teneva  un  luogo  di  mezzo 
fra  i  primi  due,  ed  era  riguardo  a  Polignoto,  coni’ Euri¬ 
pide  riguardo  a  Sofocle  ;  poiché  quelli  rapprefentò  le  eroi¬ 
ne  delle  fue  tragedie  quali  efier  doveano  ,  e  quegli  le  fece 
quali  erano  diffatti  .  Dionisio  ,  dice  Eliano  ( b )  ,  imitò  Pon- 
gnoto  in  tutto  ,  fuorché  nel  fublime  (  /T-AwV  nò  [tiyi&ovs  )  . 

f.  14.  In  confeguenza  di  quello  giudizio  fui  carattere 
de’ mentovati  ardili  dobbiamo  dare  a  ciò  ,  che  dice  Plinio 
de’medefimi  ,  una  lignificazione  ben  diverfa  da  quella  che 
attribuir  fi  fuole  generalmente  alle  fue  parole  .  Dionisio  , 
die’  egli ,  non  altro  mai  dipinfe  che  uomini  ,  e  fu  perciò  detto 

Van¬ 
iti)  In  eadem  differenti  &  Tragedia  ,  &  (c)  Turpitudini  e[i  partitala  ridicu/um  . 

Comoedia  feparata  eft  :  h&c  enim  pejores  3  il-  (a)  PI  in.  lib.Zf.  capa  i .  JeS.4.0 . 

la  mcliores  imicari  vult  y  quam  il  3  qui  nunc  (b)  ar.  hift.  lib.4..  cap.  2.  [  E  così  ha  ca- 

fint .  pici  quefti  palli ,  con  quello  di  Plinio  ,  che  iic- 

(e)  Comoedia  imitano  pejorum  .  gue  ,  I’erizonio  a  quello  luogo  diEliauo  . 


presso  i  Greci,  e  loro  Pittura.  S£ 

V  Antropografo  (*)  ;  cioè  egli  dipinfe  gli  uomini  lotto  le  for-  ■  ■  4 

me  naturali  della  nofira  fpecie  ,  non  fublimandoli  l'opra  l’ef-  LIB‘  vn* 
fer  d’uomo,  e  da  ciò  gli  venne  il  cognome  di  pittor  d’uo-  CAP,IV* 
mini .  Nè  ciò  in  altra  guifa  egli  poteva  efeguire  ,  fuorché 
col  dare  alle  Tue  figure  ancorché  eroiche  ,  la  fomiglianza  di 
perfone  viventi,  prendendo  probabilmente  de’ modelli  natu¬ 
rali,  fenza  nulla  aggiugnervi  d’ideale,  come  far  fi  fuole  nei 
difegni  delle  accademie  . 

jf.  i  Sulla  decadenza  della  pittura  molte  lagnanze  abbia-  Decadenza 
mo  degli  antichi  fcrittori ,  e  principalmente  di  Vitruvio  (a)  .  C  ,lpittuu' 
Quell’  architetto  romano  acremente  declama  contro  l’ufo 
introdottoli  a’  fuoi  tempi  di  coprir  le  pareti  delle  cafe  e 
delle  ftanze  con  pitture  infignificanti ,  che  non  occupano  Io 
fpirito  nè  ifiruifcono  ,  laddove  gli  antichi  Greci  rapprefenta- 
vano  col  pennello  la  fioria  de’ loro  dei  e  de’ loro  eroi  .  Que¬ 
lle  infilile  pitture  condanna  pur  Luciano  ,  dicendo  ;  io  vorrei 
nelle  pitture  non  fol  vedere  delle  città  e  de’ monti  ,  ma  ezian¬ 
dio  degli  uomini ,  e  fcorgere  ciò  che  fanno  e  che  dicono  (a)  . 

jf.  1 6.  Alla  pittura  appartiene  il  lavoro  a  mufaico  ,  che  Lavoro  a  mu. 
è  una  vera  pittura  fatta  talora  di  pietruzze  naturali  (b)  ,  efaiC0‘ 
talora  di  palle  di  vetro  colorate  e  infieme  unite  .  Della  pri¬ 
ma  fpecie  fono  generalmente  quelle  che  fono  formate  di 
piccole  pietruzze  quadrate  bianche  e  nere  ;  e  anche  nei  la¬ 
vori 


(*)  Dionyfnis  nih.il  uliud  quam  homines 
pinxit  ,  oh  id  Anthropographus  cognomina- 
tus  [  loc.  eie.  cap.  t  8.  feti. 37.  Per  ciò  che  ri¬ 
guarda  1  palli  di  Aditotele ,  e  di  Eliano  mi 
pare  ,  che  il  noltro  Autore  li  abbia  in  cefi  a 
dovere  .  Ma  diverto  è  il  parlare  di  Plinio  . 
Egli  elpone  1  varj  generi  di  pitture,  ne' quali 
11  telerò  eccellenti  alcuni  pittori  ;  tra  i  quali 
Pireico  ru  dei  più  valenti  in  tare  {oggetti 
baili ,  come  già  fi  è  notato  alla pag.73.  n.  1.1 
Serapione  era  tamoio  per  le  decorazioni  ;  ma 
non  tape  va  dipingere  figure  umane  ,  allop- 
potto  di  Dionilìo  ,  il  quale  altro  non  fapeva 
dipingere,  che  uomini  ;  e  perciò  era  chiama¬ 
to  antropogr..fo  ,  Per  conciliare  infieme  que¬ 


lli  fcrittori  non  potrebbe  dirli  ,  che  Dionifio 
folle  un  pittor  di  ritratti ,  e  che  per  confe- 
guenza  non  dipingere  altro  che  figure  uma¬ 
ne  ,  come  dice  Plinio  ;  e  le  dipingerti:  al  na¬ 
turale  ,  come  vogliono  Aditotele  ,  ed  Eliano  : 
Non  fo  come  quella  difficolta  Ila  sfuggita  al 
minuto  critico  lìgnor  Fai  onet  nelle  fue  note 
ai  libri  di  Plinio  ,  che  trattano  dell'arte . 

(a)  Vedi  apprerto  lib.  T'ilt.  capo  ni.  §.  4. 

(a)  Contemplane.  %.  6.  op.  Tom.  il.  p.  +97. 

(b)  Apulejo  Metam.  l.p.  orine,  op.  Tom.  I. 
pag.142.  parlando  della  cala  di  Pliche  ,  dice, 
che  pavimenta  ipfa  lapide  pretiofo  c&fìm  di¬ 
minuto  in  -varia  piotarti  genera  diferimina- 
bancur . 


86  Meccanismo  della  Scultura 

—— vori  più  fini  di  quefla  maniera  ,  fatti  di  femplici  pietre  , 
LIB'  Vi1,  fembra  che  fi  fchivaffe  di  adoprare  i  colori  forti  e  vivi ,  co- 
CAP' IV‘  me  il  rollo ,  il  verde  ec.  ,  forfè  perchè  non  v’ è  neffun  mar¬ 
mo  che  abbia  que’  colori  particolari  d’un  bel  tono  :  nel  più 
bel  mufaico  di  quella  fpecie  ,  che  fon  le  colombe  del  mu- 
feo  Capitolino  (a)  ,  non  fono  flati  adoperati  fe  non  colori 
deboli  e  ,  come  a  dire  ,  mezze-tinte  .  Ma  non  voglio  per 
quello  alferire  che  in  mufaico  adoprati  non  folfero  i  colori 
gialli,  rolli,  ed  altri;  il  che  dall’ ifpezione  oculare  verrebbe 
fmentito  .  Io  parlo  foltanto  della  vivezza  maggiore  di  alcuni 
fra  que’  colori  (b)  .  I  mufaici  della  feconda  fpecie  ,  cioè  di 
palle  di  vetro,  hanno  tutt’i  colori  pofìibili  ;  e  tali  fono  due 
pezzi  del  mufeo  Ercolanenfe  ,  lavoro  di  Dioscoride  di  Samo  , 
de’ quali  fi  riparlerà  nel  Libro  XII.  (c)  . 

jf.  17.  Quello  lavoro  ferviva  principalmente  pei  pavi¬ 
menti  nei  tempj  e  nelle  altre  fabbriche  ,  e  in  feguito  fi  ado¬ 
però  eziandio  nelle  volte  ,  come  fi  vede  anche  oggidì  in  un 
fotterraneo  della  villa  d’ Adriano  a  Tivoli,  e  come  s’è  pur 
fatto  sì  nella  gran  cupola  che  ne’  cupolini  di  fan  Pietro  a 
Roma  (d)  .  I  pavimenti  fon  fatti  di  pietruzze  larghe  quanto 
l’ugna  del  dito  mignolo  infieme  unite  :  alcuni  fono  flati  ri¬ 
dotti  a  tavole ,  che  veggonfi  nel  mufeo  Capitolino  e  in  varie 
cafe  di  Roma  .  Nel  celebre  mufaico  di  Paleflrina  le  pietre 
fono  della  fleffa  grofiezza  .  Nelle  ftanze  più  ragguardevoli , 
ove  i  pavimenti  erano  di  pietre  bianche  o  nere  ,  talora  nel 
mezzo  e  in  altri  lati  v’ erano  de’ fregi  a  più  colori  ,  e  tale 

è  il 


(a)  Vali  appiedo  libro  Xfì.  capo  I.  §.  5.  e  ne  riparlerà  \finkelmann  nel  libro  XII. 

(b)  Si  ollerva  però  in  tanti  pezzi  di  mutai-  cap.  iti.  §.  1.  Potrebbe  intenderai  anche  di 

ci  fatti  di  pietruzze  ,  che  i  colori  vivi ,  come  volte  a  mufaico  il  luogo  di  Stazio  ,  che  ho 
il  verde  ,  e  altri ,  fono  Itati  fatti  di  pezzetti  portato  nel  detto  Tomo  I.  pag.37.  ,  come  ivi 
di  fmalto  .  ho  accennato  ;  e  l’ altro  parimente  libro  1. 

(c)  capo  1.  §.  1  0.  c  11.  Sylv.  cap.  3.  verf.  5  3. ,  fpiegato  bene  dal  Pe- 

(d)  E  anticamente  nel  tempio  di  s.  Collan-  tavio  nelle  note  a  Temiltio  Orat.i  S.P.3.S6., 
za  ,  di  cui  ho  parlato  alla  prefazione  degli  e  dall' Arduino  colle  di  lui  paiole  nelle  note  a 
Editori  Yiennefi  nel  Tom.  I.  pag.  xxxj.  n.  a.,’ Plinio  iib. 36.  cap.zp.  Jeci.60. 


* 


prèsso  i  Greci,  e  loro  Pittura.  87 

è  il  nuifaico  d’una  camera  fcoperta  alcuni  anni  fa  parimenti 
a  Paleftrina  (1)  .  I  mufaici  che  fono  d’un  lavoro  finiflìmo 
trovanlì  come  incalliti  fra  fottili  laltre  di  marmo  al  di  fotto 
e  a’  fianchi  ,  oppure  rinchiufi  da  mufaico  più  groffolano  . 
Tali  fono  le  mentovate  colombe  del  mufeo  Capitolino  ,  e  i 
detti  due  pezzi  di  Dioscoride  trovati  nel  pavimento  di  due 
camere  a  Pompeja  . 


(1)  Pretendono  molti  che  il  mufaico  abbia 
avuto  origine  nella  Pelila  .  In  prova  di  ciò  li 
luol  citare  quel  pavimento  nel  palazzo  del  re 
All nero  niello  coi  marmi  a  diverlì  colori  imi¬ 
tante  la  verità  della  pittura  ,  Efther  c.  r.  v.6. 
Da  quello  però  lì  ricava  foltanto  che  fiali  ivi 
efercitata  tal  arte  ,  ma  non  già  che  v’  abbia 
avuta  l’origine  .  Plinio  lib. 36.  c.  2  j.  feci.  60. 
elprelTamentc  l'attribuifce  a’  Greci .  Che  che 
nella,  i  mufaici ,  (pecialmentc  ne' pavimen¬ 
ti  ,  fono  aliai  antichi ,  e  ne  fecero  un  ufo  fre- 
quentilTimo  non  meno  i  Greci  che  i  Romani . 
V.  Athen.  lib.  12.  cap.i  i.princ.  pag.  529.  D. 
[  Tanto  il  pavimento  di  Demetrio  Falerno  ,  di 
cui  parla  Ateneo  ,  come  quello  di  Alfuero  , 
non  erano  di  mulaico  ,  ma  di  pezzi  più  gran¬ 
di  di  marmo  a  varj  colori ,  che  imitavano  in 
certo  modo  la  pittura  ,  come  ollerva  anche 
il  P.  Niccolai  nell'efpofizione  del  detto  libro 
di  Eller  Di/fert.iJ.  pag.yo.  Ma  per  il  redo  fi 
veda  la  celebre  opera  di  monlig.  allora  ,  poi 
Cardinal  Furictti  De  Mufivìs  .  ì  Nel  decadi¬ 
mento  univerfale  delle  arti  quella  non  fi  per¬ 
de  affatto  ,  ma  fi  mantenne  ancora  con  qual¬ 
che  luftro  in  Coftantinopoli  ,  dove  quali  tut¬ 
te  le  chiefc  e  le  cafe  erario  adorne  di  mufai¬ 
ci  ,  e  da  dove  ne’  balli  tempi  i  compolitori  di 
dii  erano  chiamati  in  Italia  per  farne  de’  li¬ 


mili  .  Sulfillono  ancora  in  Roma  ,  in  Vene¬ 
zia  ,  in  Ravenna  ,  in  Milano  e  altrove,  mufai¬ 
ci  nelle  volte  e  cupole  delle  chiefe  compolli 
per  la  maggior  parte  di  minuti  pezzi  di  ve¬ 
tro  ,  a  cui  fi  è  applicata  una  foglia  d’oro  . 
Dalla  maniera  non  meno  che  dalle  ifcrizioni 
in  lingua  greca  che  talora  vi  fi  leggono  ,  ben 
fi  feorge  quello  elTere  lavoro  di  greci  artifli  . 
Allorché  rilòrfero  le  belle  arti  in  Italia  ,  an¬ 
che  i  mufaici  ridotti  furono  in  uno  flato  mi¬ 
gliore  ,  perfezionato  poi  in  quelli  ultimi  tem¬ 
pi  in  Roma  ,  che  (ola  oggidì  alimenta  i  mae- 
flri  di  quell’arte  .  Ciò  non  ottante  in  tutte  le 
pitture  fatte  a  mulaico  ravvifa  il  fi g.  de  Jau- 
court  nell'  Enciclopedia ,  art.  Mofaique  ,  qual¬ 
che  cola  di  duro  ,  per  cui  non  producano  il 
loro  effètto  che  in  dillanza  ;  onde  non  le  giu¬ 
dica  atte  che  a  rapprefentare  de'  grandi  qua¬ 
dri  :  nè  crede  ellervi  opere  in  piccolo  di  que¬ 
llo  genere ,  che  vedute  da  vicino  appaghino 
l’occhio.  Ta!  giudizio  però  non  s’accorda 
punto  con  quello  di  molti  altri  conofcitori , 
che  in  quelli  quadri ,  fatti  a  così  dire  per  l’e¬ 
ternità  ,  riconofcono  una  perfetta  imitazione 
del  pennello  ,  sì  nei  grandi  che  nei  piccoli , 
i  quali  al  par  di  quelli  rendono  l’occnio  pie¬ 
namente  pago  . 


LIB.  VII. 
CAP.  IV. 


LI- 


LIBRO  OTTAVO. 

Progredì  e  Decadenza  dell’Arte  predfo  ì  Greci 
e  predo  i  Romani . 

cvjfe's 

Capo  I. 

Introduzione  —  Stile  antico  dell'  arte  prejfo  ì  Greci  --  Monumenti 
che  di  ejjo  ci  rimangono  .  .  .  fulle  monete  ...  e  ne' marmi  —  Carat¬ 
teri  di  quejìo  Jìile  —  Imitazione  di  ejjo  fatta  ne'  tempi  pojìeriori  — 
Quejìo  fervi  di  preparativo  allo  file  fuhlime  . 

Introduzione.  La  fìoria  de’ progredì  e  della  decadenza  delle  Arti  del  Di- 
degno  predo  i  Greci  non  è  meno  importante  per  l’edenza 
dell’arte  che  le  ricerche  fatte  ne’  Libri  precedenti  ;  anzi  fi 
verrà  con  ciò  a  meglio  determinare  la  giufiezza  ,  e  a  co- 
nofcere  il  pregio  de’vetufti  monumenti. 

§.  t  .  Scaligero  divide  in  quattro  epoche  principali  la 
fioria  della  greca  poefia,  come  Fior©  la  fua  fioria  romana; 

e  noi 


Progressi  e  Decadenza.  dell’Arte  ec.  89 

e  noi  potremmo  dividere  in  cinque  le  epoche  della  Storia 
dell’Arte  prelTo  i  Greci ,  confederandone  cioè  il  principio  , 
l’incremento  ,  la  perfezione  ,  la  decadenza  ,  ed  il  fine  ;  parti 
che  hanno  del  rapporto  ai  cinque  atti  d’  un’  opera  teatrale  . 
Ma  poiché  il  fine  d’una  cofa  va  oltre  anche  al  fuo  termine, 
ci  contenteremo  di  confìderar  quella  Storia  fotto  quattro  a- 
fpetti  ioltanto  ,  o  quattro  Itili  divedi ,  fucceflìvamente  adot¬ 
tati  da  quegli  arditi  .  L’antico  durò  fino  a  Fidia  .  Quelli  uni¬ 
tamente  ad  altri  valenti  maeflri  di  quell’età  portò  l’arte  alla 
fua  grandezza  ;  onde  lo  Itile  di  quell’epoca  può  chiamarfì 
Itile  fublime  .  Da  Prassjtele  fino  a  Lisjppo  e  ad  Apelle  ac- 
quiltò  maggior  grazia  ed  eleganza  ,  e  può  quello  chiamarli 
lo  Itile  bello  .  Qualche  tempo  dopo  di  quelli  maeflri  e  del¬ 
le  loro  l'cuole  l'arte  efercitata  da  fervili  imitatori  cominciò 
a  decadere  ;  onde  chiameremo  quello  Itile  d 'imitazione  ,  il 
quale  durò  finché  l’arte  a  grado  a  grado  fi  corruppe  e 
mancò  . 

$.  2.  Volendo  trattare  dell’antico  Itile  ,  ne  efamineremo 
i  principali  monumenti  rimaltici  ,  e  potremo  con  ciò  cono- 
feerne  le  proprietà  :  vedremo  quindi  il  paffaggio  da  quello 
Itile  al  fublime  . 

Jf.  3.  Fra  i  monumenti  ,  i  più  antichi  e  autentici  che 
addur  fi  pollano  ,  fono  alcune  monete  ,  della  cui  vetultà  fan¬ 
no  lede  sì  l’impronto  che  l’ifcrizione  ;  ed  eflendo  quelle 
coniate  nelle  ItelTe  città  a  cui  appartengono  ,  fi  può  con 
franchezza  conchiudere  che  folle  quello  lo  flato  delle  arti 
in  que’ luoghi  e  a  que’ tempi  .  L’ifcrizione  in  tali  monete 
va  a  rovelcio,  cioè  dalla  delira  alla  finillra  ,  maniera  di  fcri- 
vere  che  lungo  tempo  avanti  Erodoto  doveva  aver  celiato 
d  effere  in  ufo  ;  poiché  quello  llorico  ( a )  ,  per  indicare  la 
diverfità  de  collumi  e  delle  ufanze  fra  gli  Egizj  e  i  Greci , 
Tom.  II.  M  addu- 

Cu)  Ut,  2.  cap.j6.pag.  120, 


LIB.VllI. 
CAP.  1. 


Stile  antica 
dell'arte  pref- 
fo  i  Greci . 


Monumenti 
rimaftiei . .  . 


. .  .  fu  He  mo¬ 
nete  . . . 


LIB.VIII. 
CAP.  I. 


90  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

adduce  ad  efempio  lo  fcrivere  da  delira  a  finiilra  che  quelli 
facevano  .  Non  fo  che  altri  abbia  dianzi  fatta  quella  ofler- 
vazione  ,  che  può  molto  fervire  a  determinare  il  tempo  ,  in 
cui  fi  cangiò  preflo  i  Greci  la  maniera  di  fcrivere  ;  tempo 
certamente  molto  anteriore  all’olimpiade  lxxvii.  ,  in  cui  Ero¬ 
doto  viveva  (a)  . 

§.  4.  Paufania  ( a )  altronde  narra  ,  che  fotto  la  llatua 
d’Agamennone  in  Elide  (  la  quale  era  una  delle  otto  llatue 
lavorate  da  Onata  di  altrettanti  eroi  che  chiefero  di  com¬ 
battere  in  duello  con  Ettore  )  l’ ifcrizione  andava  dalla  de¬ 
lira  alla  finillra  .  Or  fapendofi  che  Onata  viveva  poco  pri¬ 
ma  della  fpedizione  di  Serfe  contro  de’ Greci,  cioè  nell’o¬ 
limpiade  Lxxii.  ,  e  non  molto  prima  di  Fidia  ,  fi  può  così  a 
un  di  preflo  determinare  il  tempo  in  cui  quelli  cangiarono 
la  maniera  di  fcrivere  . 

jf.  Nel  novero  delle  più  antiche  monete  alcune  ve 
n’ha  delle  città  della  Magna  Grecia  ,  e  principalmente  di  Si- 
bari  ,  di  Caulonia  ,  e  di  Poflìdonia  o  Pello  nella  Lucania  . 
Le  prime  non  polfono  certamente  eflere  polleriori  all’olim¬ 
piade  lxxii.  ,  in  cui  Sibari  fu  da’ Crotoniati  dillrutta  (b)  ;  e 
altronde  la  forma  delle  lettere  colle  quali  è  fcritto  il  no¬ 
me  della  città  indica  tempi  molto  anteriori  (*)  .  Il  bue  fu 
quelle  monete  ,  come  il  cervo  fu  quelle  di  Caulonia  ,  fo¬ 
no  molto  informi.  Sulle  monete  antichilfime  di  quella  città 
v’è  un  Giove,  e  un  Nettuno  fu  quelle  di  Poflìdonia  di  bel- 

lilfi- 


(a)  Nacque  Erodoto  fui  principio  dell'o- 
linwiade  ixxi  v. ,  e  recitò  le  fue  ilo  rie  nella 
ixxxi.  ,  come  ollerva  Vfertelingio  nella  pre¬ 
fazione  alle  medefime  nella  fua  edizione  ,  di 
cui  ci  ferviamo  .  Veggali  anche  apprclfo  li¬ 
bro  IX.  capo  I.  §.18. 

(a)  lib.p.  cap.zó. pag.444. 

(A)  Herod.  lib.6.  c.z  i .  pag.447.  ,  [e  hb.p. 
cap.44.  pag.3 9  z.  Più  a  lungo  ne  raccontala 
ftoria  Diodoro  lib.i  z.  9.  c  1  0.  pag.  48 3. 
<  484. ,  ove  alla  linea,  53.  \fclfelingio  fcrive. 


che  forte  diti  rutta  Sibari  circa  l’anno  terzo 
dell'olimpiade  lx vii. 

(*)  Leggeli  in  erte  [  prerto  il  P.  Magnali 
Mifcell.  Numifm.  Tom.I.  Tab.  33.  YM  ,  e 
Tab.33.  ]  VM  in  luogo  di  EY  ,  e  ùmilmente 
ad  una  M  ralfomiglia  la  Sigma  fulle  monete 
di  Portìdonia  [  predo  lo  ite-ilo  Magnati  To¬ 
mo  IT~.  Tab.  47  -  pi.  ;  in  altre  però  Tab.46. 
32.  e  fi.  è  un  vero  2  .  ]  La  Rko  P  ha  una 
piccola  coda  P  .  Caulonia  è  fcritto  in  quello 
modo  A VAU  [  eie.  Tom.I.  Tab.  12.  ri.  1. 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani.  pi 

littìmo  impronto  bensì ,  ma  in  quello  flile  che  generalmen¬ 
te  fi  chiama  etrufco  .  Nettuno  tiene  il  tridente  in  forma 
d’una  lancia  in  atto  di  ferire  ,  ed  è  ignudo  ,  come  pure  il 
Giove  fummentovato  ,  fe  non  che  ha  un  panno  piegato  e 
ravvolto  intorno  alle  braccia  (i)  ,  quali  per  fervirfene  di 
feudo  ;  nella  fletta  guifa  che  Giove  fu  una  gemma  porta  la 
fua  egida  avvolta  intorno  al  braccio  liniftro  (a)  .  Così  in 
mancanza  di  feudo  armavanfi  talora  il  braccio  gli  antichi 
nel  combattere  ,  liccome  narrano  Plutarco  d’Alcibiade  (b)  , 
e  Livio  di  Tiberio  Gracco  ( c )  .  L’impronto  di  tali  monete 
è  incavato  da  una  parte  e  rilevato  dall'altra  ,  come  s’è  detto 
al  Capo  li.  del  Libro  VII.  (a)  . 

jf.  6.  Se  fotte  vero  che  i  Greci  foltanto  lino  afl’olim- 
piade  l.  avettero  adoperata  la  C  in  luogo  della  T  ,  farebbe 
molto  incerto  e  dubbiofo  quanto  noi  dicemmo  fin  qui  dell’ 
antico  flile  ;  poiché  v’  ha  delle  monete  d’un  belliflìmo  co¬ 
nio  nelle  cui  lettere  v’è  la  C  per  la  T  ,  e  fra  le  altre  po¬ 
trei  addurne  ad  efempio  una  delie  città  di  Gela  in  Sicilia 
ileritta  CEAA2  con  una  biga  da  una  parte,  e  dall’altra  un 
Minotauro  (b)  .  Ma  ficcome  gli  fcrittori  (tt)  ,  che  pretendo- 

M  2  no 

evo  fe  ne  trovano  di  tal  forte  incufe  non  tan¬ 
to  per  isbaglio  del  monetiere  ,  come  di  tutte 
lo  pretende  il  P.Jobert  Scienza  delle  meda¬ 
glie  ,  Tomo  I.  Inllr.S.  pag.  172.,  feguito  da 
Vfir  kelmann  fopra  pag.  pò.  $.3  2. ,  ma  anco¬ 
ra  fatte  a  bella  porta  . 

(u)  Monum.  ant.  ined.  num.  p. ,  Defcript. 
des  pierr.  grav.  da  Cab.  de  Stofch,  cl.2.  feci. 3. 
n.  4.8 .pag.  3!).  4.0. 

(b)  Alcib.  in  fine  ,  op.  Tom.I.p.  21 3.  C. 

(c)  lib.  2 p.  cap.  16. ,  V.  Scalig.  Conjecì.  in 
Varron.  de  li  ng.  lat.princ.  pag.  8 .  &  io. 

(a)  §.  32.  gag.  pò. 

(b)  Predo  Cartelli  nella  Tavola  premefla 
alla  fua  opera  Sicilia ,  &  objacent.  inful.  tc. , 
num.  24.  ,  e  Parata  Sicilia  'Numifm.  Tab.  C. 
num.  3. ,  il  quale  ne  riporta  altre  nella  Tavola 
ftelTa  num.i  0.  eie.,  e  Tab  CI.  n.i  1.  e  13. 
colla  ftelTa  ifcrizione  ,  e  rovefeio  diverfo  ,  e 
T ab.  XCIX.  num.  1 .  e  4. 

{.d)  Reinold.  Hiji.  Ut.  grac.  6*  lai.  pag.  37. 


(0  Vedanlì  quefte  monete  nella  Lucania 
Numi  [malica  del  P.  Magran  Tabb.  19  -  26. 
ta  elle  però  ;1  panno  non  è  ravvolto  intorno 
alle  braccia  ,  ma  gettatovi  fopra  in  maniera 
che  ora  attraverfa  le  (palle  ,  ora  il  petto  ,  e 
j  ili  -Pcn<^c  a  un  él*  Prerto  come  all'Apollo 
del  ballo  rili  evo  di  cui  abbiamo  data  la  figura 
a.. a  pag  1.  del  Tomo  I.  [  Di  quefte  monete 
una  in  argento  ,  che  noi  daremo  in  appretta  , 
e  ne  parleremo  più  a  lungo  nell’  indice  delle 
1  avole  tn  rame  nel  Tomo  i il. ,  la  illuftra  il 
hgnor  avvocato  Mariotti  in  due  ditlertazioni 
ltampate,  una  in  Roma  nel  1761.  ,  della  quale 
«T/-  oooratillima  menzione  fautore  della 
Jiiblioeeca  moaeraa ,  ai  4.  giugno  176?.  ,  ed  i 
Giornali  .i  di  Firenze  5.  ottobre  1766.  ;  l’altra 
anno  1764. ,  di  cui  parla  anche  l'autore 
della  aneli,  numifm.  lib.  r .  c.  4..  n.  3.  ; 

e  una  terza  ne  pubblicherà  più  diffufa  ;  pro¬ 
vandovi  Ira  le  altre  cofe  ,  che  non  (blamente 
le  antiche  monete  italiane  incute  ,  ma  ezian¬ 
dio  fra  le  confolari ,  e  imperiali ,  e  del  medio 


LIB. Vili. 
CAP.  I. 


L1B  Vili. 
CAP.  I. 


9  2  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

no  di  fi  {Tare  all’olimpiade  l.  il  tempo  ,  in  cui  s’ introduce 
nel  greco  alfabeto  la  r  ,  non  apportano  di  quella  loro  opi¬ 
nione  neflun  valevole  argomento  ,  perciò  da  tali  monete 
non  può  ricavarfi  motivo  di  dubbio  full’epoca  da  noi  data 
all’antico  llile  (i)  . 

(f.  7.  Meritano  d  efiere  qui  rammentate  quattro  tazze  di 
finiflìm’  oro  fomiglievoli  ai  nollri  piattellini  da  caffè  ,  tro¬ 
vate  negli  antichi  fepolcri  di  Girgenti  ,  ed  elìdenti  ora  nel 
muffo  di  monfignor  Lucchefi  vefcovo  di  quella  città  (a)  . 
Siccome  gli  ornati  di  quelle  tazze  fono  in  certo  modo  li¬ 
mili  nel  lavoro  alle  mentovate  monete  ,  così  polliamo  con¬ 
chiudere  che  fieno  lavori  della  medefima  età  .  Due  di  quede 
tazze  hanno  intorno  all’orlo  ederno  un  fregio  di  tori  ,  e 
può  tal  orlo  chiamarli  un  lavoro  a  conio  ,  ben  ravviandoli 
che  è  dato  fatto  con  un  ponzone  incifo  in  rilievo  ,  con 
cui  li  è  coniato  l’oro  per  di  dentro  ,  affine  di  fare  il  rilievo 
al  di  fuori  .  Le  altre  due  tazze  hanno  intorno  all’orlo  un 
fre  gio  a  puntine  .  Per  rendere  qualche  ragione  de’fummen- 
tovati  tori  non  è  neceffario  di  rimontare  all’egiziano  Api, 
decorre  ha  fatto  il  poffefiore  di  tali  monumenti  (2)  ;  poi¬ 
ché  predo  i  Greci  i  tori  foleano  confecrarli  al  Sole  ,  e  ti¬ 
ra  va- 


(1)  Nelle  Tavole  del  più  antico  alfabeto 
•reco  efpolle  dai  dotti  Monaci  della  congre¬ 
gazione  di  fan  Mauro  Nouv.  traité  de  dipi. 
Tom.l.  fec.  pan.  feci.  z.  chap.i  j.  pag.  67$. 
pi.  X.  ,  c  da  loro  esattamente  formate  fu  dei 
monumenti  della  Grecia  ,  incominciando  dall’ 
anno  1100.  fino  al  400.  avanti  l’era  criftia- 
na  ,  la  lettera  Gamma  vedefi  fempre  a  un  di 
predo  come  la  moderna  r.  Tal  forma  ha  pu¬ 
re  nella  celebre  ifcrizione  ^svrpoifu^òr  ,  con¬ 
dotta  cioè  a  guifa  di  folciti  alternativamente 
dalla  delira  alla  finillra  e  dalla  fimflra  alla  de¬ 
lira  ,  fcopertali  dall’  abate  Fourmont ,  Acad. 
des  Infcript.  Tom. XV.  Mém.  pag.zp  p.feqq., 
nelle  rovine  della  città  d’Amiela  ,  che  li  cre¬ 
de  il  monumento  in  tal  genere  il  più  _  vern¬ 
ilo  ,  attribuendofegli  quali  tre  mila  anni  d’an- 
tichira  .  Non  incontrali  quella  lettera  in  for- 
jna  di  C  ,  o  di  G  le  non  ne’  monumenti  di 


400.  anni  prima  dell’era  volgare ,  e  in  altri 
dal  fecolo  terzo  criftiano  fino  al  quinrodeci- 
mo  ,  iid.  ibid.  pag.  6 8 1 .  pi.  XI.  Siegue  da  ciò 
efiere  Hata  di  ufo  più  antico  predo  i  Greci  la 
Gamma  in  forma  di  r ,  che  non  la  Gamma 
formata  come  un  C  o  un  G  .  [La  trovo  però 
fomigliante  a  un  di  predo  a  quelle  due  for¬ 
me  nell’  alfabeto  ionico  dal  P.  a  Bennettis 
Chronol.  &  critic.  ni/l.  ec.  Tom.  I.  proleg.  /. 
§.  CI.  pag.  233.  portato  fino  all’ anno  714. 
avanti  l’era  crilliana  . 

(a)  Winkelmann  nel  Tomo  I.  libro  ni. 
capo  IV.  §.  a  q.  pag.  zzi.  dice  due  fole  ;  ma 
farà  forfè  per  una  i'viila  . 

(1)  Tale  è  pur  l'opinione  dell’autore  del 
Viaggio  in  Sicilia  ,  e  nella  Magna  Grecia 
deferitto  in  varie  lettere  dirette  al  fig.  abate 
NI  iukelmann  ,  leu.  I. 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani  .  93 

davano  il  cocchio  di  Diana  .  Poffono  eziandio  quelli  ani¬ 
mali  ,  principalmente  fu  alcune  monete  della  Magna  Grecia, 
confiderai-!!  come  emblemi  dell’  agricoltura  ,  e  forfè  come 
tali  furono  impreffi  fulle  più  antiche  monete  sì  de’ Greci  (a)  , 
che  de’  Romani  ( b )  . 

$■  8.  Malgrado  i  vantaggi  che  ebbero  gli  artilli  greci 
per  formarli  l’idea  della  bellezza,  quella  però  non  nacque 
fpontaneamente  fulle  opere  loro  ,  come  l’oro  nel  Perù  ,  nè 
feppero  rapprefentarla  i  primi  maellri  dell’arte  ,  ficcome  ap¬ 
pare  dalle  più  antiche  monete  liciliane  di  que’ luoghi  llefli , 
ove  in  apprelfo  le  monete  più  belle  fi  coniarono  .  Appog¬ 
gio  a  quella  mia  afTerzione  fono  le  antichiffime  e  rare  mo¬ 
nete  di  Leonzio  ,  di  Meffina  ,  di  Segelle  ,  e  di  Siracufa  da 
me  efaminate  nel  mufeo  Stofchiano  .  Due  di  quell’ ultima 
città  pollono  vederli  incile  in  rame  alla  fine  del  libro  an¬ 
tecedente  pag.  87-  ■'  la  fella  è  una  Proferpina  ,  la  quale, 
come  le  altre  telte  delle  mentovate  monete  ,  è  difegnata 
alla  maniera  della  tella  di  Pallade  fulle  più  antiche  mone¬ 
te  ateniefi  ,  e  in  una  flatua  di  quella  dea  nella  villa  Al¬ 
bani  .  Non  fon  belle  le  forme  di  nefllina  parte  ,  e  per  con- 
feguenza  efier  non  può  bello  il  complelTo  del  tutto  :  gli  oc¬ 
chi  fon  lunghi  e  fchiacciati  ;  il  taglio  della  bocca  tira  all’ 
insù  ;  il  mento  è  mefchino  ed  acuto  ,  fenza  quel  tondeg- 
giamento  che  gli  dà  grazia  ;  i  capelli  fon  medi  a  piccoli 
ricci  fomiglievoli  agli  acini  d’uva  ,  dai  quali  pur  talora  eb¬ 
bero  il  nome  predo  i  più  antichi  poeti  greci  (c)  :  per  le 
quali  cofe  fulle  teile  muliebri  dalle  fole  fembianze  non  ben 
fi  dillingue  il  fello  ;  e  perciò  alcune  antiche  telle  muliebri 

di 

(a)  Schol.  Arilìoph.  in  Avib  v.i  io 6.  Tom.  I.  pagao 3.  B.  ,  e  Qiufi.  Rom.  n.  XLI. 

(b)  Plin.  lib.i  8.  cap.  3.  feci.  3.  [  Plinio  in  Tom.  il.  pao.  274.  in  fine  ,  Scrivono,  che  vi 
quello  luogo  ,  t  lib.3 3.  cap.  3.  fecta  3.  &  ice,  folte  in  qualcuna  imprelìa  l'effigis  del  bove  , 
che  v'era  imprelìa  una  pecora  ,  da  cui  le  mo-  della  pecora  ,  e  del  porco  . 

nere  furono  dette  pecunia  .  Varrone  De  vita  (c)  Plutarch.  Confo!.  Avoli,  pagò.  [Non 
Pop.  Rom.  liba. ,  e  Plutarco  in  Poplic.  oper,  ho  trovato  ove  lo  dica  . 


LIB.  Vili. 
CAP.  I. 


LIB.V1II. 
CAP.  I. 


...  c  ne’marmi 


94  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

di  bronzo  ,  alquanto  maggiori  della  grandezza  naturale  nel 

mufeo  d’  Ercolano  ,  fono  Hate  prefe  per  figure  virili  (a)  . 

jf.  9.  Chechè  ne  fia  però  ,  il  rovefcio  di  quelle  mo¬ 
nete  può  dirli  elegante  ,  non  folo  per  la  diftinta  impreso¬ 
ne  ,  ma  eziandio  pel  difegno  della  figura  .  Ma  tanta  diffe¬ 
renza  vi  palla  tra  1  dilegnare  in  piccolo  e’1  difegnare  in 
grande  ,  che  da  quello  a  quello  non  fi  può  tirare  una  giu- 
fta  e  ficura  confeguenza ,  effendo  molto  più  facil  cofa  di  ben 
difegnare  una  figura  intera  di  circa  un  pollice  che  una  fola 
teff  a  d’egual  grandezza  (1)  .  E’  pure  da  offervarfi  che  nelle 
forme  della  mentovata  cella  fi  ravvifano  le  proprietà  degli 
Itili  egiziano  ed  etrufco  ,  il  che  ferve  a  confermare  quanto 
ne’  precedenti  Libri  dicemmo  delia  fomiglianza  delle  figu¬ 
re  ne’  primi  tempi  dell’  arte  preffo  i  popoli  che  le  fecero 
fiorire  . 


jf.  io.  Da’ lavori  in  bronzo  palliamo  ai  marmi  .  Deggio 
qui  prevenire  che  nell’ apportare  efempi  di  antichi  monu¬ 
menti  in  prova  delle  mie  aflerzioni  ,  di  que’  foli  mi  fervirò 
che  ho  io  ItelTo  avuti  fott’ occhio  ed  efaminati  ;  ben  fapen- 
do  che  avviene  dei  difegni  come  dei  racconti ,  ai  quali  ogni 
bocca  per  cui  paflano  ia^  qualche  aggiunta. 

jf.  11.  La 


fa')  Come  Winkelmann  alla  pag.  4;.  qui 
avanti  ha  prefa  per  teda  d'Apollo  la  teda  di 
bronzo  nella  galleria  del  Collegio  romano  , 
che  a  me  ,  e  ad  altri  pare  piuttolfo  feminile  . 

(1)  Chi  fa  ben  contornare  una  figura  in 
piccolo  ,  lo  faprà  anche  in  grande  ,  doven¬ 
doli  in  amendue  i  cali  camminare  digli  fteffi 
principi  e  ffguitar  le  delle  regole  .  Ma  poi¬ 
ché  nelle  piccole  figure  perdonfi  molti  linea¬ 
menti  ,  che  hanno  luogo  nelle  grandi ,  nelle 
quali  in  oltre  le  proporzioni  c  i  rapporti  pi¬ 
gliar  fi  debbono  in  ifpazj  più  edefi  ,  che  l'oc¬ 
chio  non  arriva  a  comprendere  fotto  uno 
fguardo  folo  ,  da  ciò  deriva  ,  a  mio  avvifo  , 
la  maggiore  difficolta  d’efèguire  in  grande  , 
che  non  in  ridretto  ,  l’opera  medefima  Al¬ 
tre  ragioni  ancora  danno  gli  arridi  ;  c  perciò 
^fecondo  le  regole  dell’arte  s’infegna  a  dife¬ 
gnare  ,  e  a  modellare  in  grande  per  poi  la¬ 
vorare  in  piccolo  j  non  mai  alloppofto  .  Al¬ 


trimenti  fi  potrebbe  dire  ,  che  ogni  buon 
miniatore  ,  o  cifellatore  fapeffe  dipingere  , 
e  fcolpire  in  grande  ugualmente  ,  il  che  non 
riefee;  come  più  facilmente  riefee  lavorare  an¬ 
che  in  piccolo  a  chi  fa  lavorare  in  grande  .  ] 
Chechè  ne  fia  però  ,  io  non  potrò  giammai 
indurmi  a  credere  che  la  teda  di  Proferpina 
nel  diritto  delle  riportate  medaglie  fia  riufei- 
ta  sì  rozza  e  dura  per  mancanza  di  feienza 
od  arte  nel  fuo  autore  ,  il  quale  feppe  sì  be¬ 
ne  efeguire  il  rovefcio  .  Nel  difegnar  queda 
teda  avrà  egli  probabilmente  prefo  il  mo¬ 
dello  da  qualche  antichiffima  figura  della  dea 
venerara  dai  Siracufani .  EfTendo  duro  e  forte 
l'orieiralc,  dina  e  forte  avrà  dovuto  eflerne 
pur  la  copia  .  La  deffa  ragione  può  fervire  a 
fpiegar  la  differenza,  rifletto  tal  difcpno  , 
fenfibiliffima  ,  che  in  varie  antiche  medaglie 
palla  l  a  l' impronto  del  diritto  e  quello  del 
rovefcio . 


presso  r  Greci  b  presso  i  Romani.  95 

fi'.  11.  La  più  antica  ftatua  di  quello  ftile  fembra  e  fiere 
la  mentovata  Pallade  di  grandezza  naturale  efìllente  nella 
villa  Albani  ,  che  è  Hata  ultimamente  reflaurata  Q)  .  Le 
fembianze  del  volto  e  le  forme  delle  parti  fono  tali  ,  che 
fe  avelfe  una  tella  di  bafalte  terrebbe!!  per  un  lavoro  egi¬ 
ziano  .  La  tella  è  affitto  limile  alle  mentovate  tefle  mulie¬ 
bri  lidie  antiche  monete  greche  ,  e  potrebbe  pure  fervire  a 
dar  un  idea  dello  ff ile  etrufco  .  Egli  è  pertanto  da  crederli 
che  i  Romani  ,  tralportando  nella  loro  capitale  dalla  Gre¬ 
cia  quelle  ed  altre  sì  antiche  flatue  ,  non  altro  li  propo¬ 
ne  fiero  ,  che  di  fare  una  compiuta  ferie  de’ monumenti  dell’ 
arte  greca  dal  luo  principio  lino  alla  perfezione  ;  per  il 
quale  motivo  anch  io  le  ho  qui  nominate  . 

jf-  12.  Gli  amatori  delle  antichità  giudicano  lavoro  di 
quello  primo  Hde  un  baffo-rilievo  del  mufeo  Capitolino  da 
me  pubblicato  (/>)  rapprefentante  tre  Baccanti  ed  un  Fauno 
coll’epigrafe  KAAAIMAXOS  EIIOIEI  (  Callimaco  fece  )  (c) . 
Plinio  fa  menzione  d  un  artefice  di  quello  nome  detto  Ka- 
xi&Tixvo;  ( d )  (  biafimatore  delle  proprie  opere  )  ,  perchè  non 
n  era  mai  loddisfatto  abballanza  ;  e  liccome  ha  rapprefen- 
tata  in  marmo  una  danza  di  Spartane  ,  credono  alcuni  di 
ravvifarla  in  quelto  bafio-rilievo  (e)  .  Ma  non  combinano 
i  tempi,  e  n’è  altresì  dubbia  l’ifcrizione  .  Quello  lavoro  è 
del  più  antico  Bile  ,  almeno  fecondo  l’idea  che  ne  abbia¬ 
mo  ,  e  Callimaco  non  vivea  certamente  prima  di  Fidia  , 
benché  Felibien  ,  fenz’addurne  alcuna  prova,  lo  filli  all’o- 
limpiade  lx.  (f)  .  Paufania  non  Io  mette  al  paro  de’  gran 
maellri  ,  onde  avrebbe  a  dirli  che  in  un  tempo  abbia  vi- 

vuto 


(a)  Monam.  arte.  intd.  num.  i  7. 

(A)  Mon  .  ant.  ined.  a  principio  del  TratC. 
Prelìm.  ec. 

(c)  Fontanini  Ant.  Hort.  HA.  1.  cap.6., 
Montf.  Ani.  expl.  Tom.  I.  par.  il.  pi.  174. 

fa-  t- 


(d)  lib.  34..  cap.  8.  feci. 19. 

(e)  Fontan.  /oc.  eie. ,  Lu  :ac.  Muf  Capito/, 
pag.  ?6. 

(/)  Hifi.  des  Arch.  lib.i.  pag.tS.  [  Dice 
poco  dopo  l'olimpiade  lx. 


LIB. Vili. 
CAP.  I. 


LIB.  Vili. 
CAP.  I. 


96  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

vuto  da  poterli  uguagliare  .  Egli  fu  ,  al  dire  dello  Hello 
Paufania,  quello  che  introduce  nella  fcultura  l’ufo  del  tra¬ 
pano  ( a )  ,  e  immaginò  il  capitello  corintio  come  dice  Vi- 
truvio  ( b )  :  altronde  veggiamo  che  il  trapano  doveva  efier 
già  noto  all’autore  del  Laocoonte  ,  che  fiorì  ne’ più  bei  tem¬ 
pi  dell’arte,  come  appreflo  vedremo,  e  l’ha  adoperato  ne’ 
capelli,  nella  tefia  ,  e  nelle  profonde  pieghe  del  panneggia¬ 
mento;  e  Scopa  ,  che  è  probabilmente  l’autore  della  Niobe, 
come  fi  dirà  parimente  a  fuo  luogo  ,  edificò  nell’olimpia¬ 
de  xcvi.  un  tempio  con  colonne  d’ordin  corintio  ( c )  .  Do¬ 
vrebbe  per  tanto  quello  Callimaco  aver  vifiuto  al  tempo 
de’ più  grandi  ardili  ,  e  prima  anche  di  Scopa  ,  il  quale 
prima  fiorì  dell’autore  del  Laocoonte  :  la  qual  epoca  non 
fi  accorda  poi  coll’ordine  ,  in  cui  Plinio  novera  gli  ardili . 
Quello  nome  altronde  fe  lolle  fiato  fcritto  ai  tempi  in  cui 
fu  fatto  il  baffo-rilievo  ,  in  quella  maniera  leggerebbe!!  , 
KAAAIM AKHOS  (d)  ,  o  KPLir^fiK*  ty  come  legge!!  fu 
un’ ilcrizione  delle  mine  d’Amicla  (e)  ,  e  non  già  KAAAI- 
MAX02  ;  poiché  la  X  fu  immaginata  da  Simonide  [f)  non 
prima  dell’  olimpiade  lxxii.  ,  e  introdotta  in  ufo  pubblico 
fol tanto  nell’olimpiade  xciv.  (a)  (i)  .  F  .quindi  probabile 
che  1  ilcrizione  fiavi  fiata  fatta  molto  tempo  dopo  il  lavoro 

del 


(A  Pauf  lib.  t.  cap.  26.  pag.  64.  lin.  29. 
Je.1ì-  1  Paufania  lo  dice  inferiore  di  merito  ai 
piti  grandi  artifti  ;  ma  che  in  diligenza  non 
la  cedeva  ad  alcuno  ,  come  dicono  anche  Vi- 
truvio  ,  e  Plinio  . 

{b'j  Vitr.  lib.  4.  cap.  r. 

(0  Pauf .  lib.  8 .  cap.44.pag.69q. 

(/)  V.  Reinold.  Hìfl.  Ut.  grate.  (4  lat.  pag. 9. 

(e)  Nouv.  traiti  de  dipi.  Tom.  I.  pi.  FI. 
pag.  6 1  6.  [Ho  porrata  qu:fta  parola  nella 
torma,  che  ha  in  queft'opcra  lei  Maurini  , 
diverta  molto  da  quella  data  da  Winkelmann 
qui  ,  e  nel  Trattato  prelim.  ai  jYlonum.  ant. 
capo  IV.  pag.  LXIII. 

( /")  Alar.  Vidtorin.  De  arte  gramm.  lib.  1. 
pag.  2449.  col.  1 . 

(a)  Vedi  appreflo  lib.  IX.  capo  1  §.tg. 

(0  Se  Callimaco  avelie  vifluto  iu  que1  ri¬ 


moti  tempi  ,  ne’  quali  da  alcuni  fi  fifla  la  tua 
epoca  ,  avrebbe  potuto  beniflìmo  eitere  fcritto 
il  fuo  nome  colla  X.  Quantunque  non  ilèor- 
quella  lettera  nella  citata  antichiflìma 
iicrizione  ,  monumento  di  quali  tremila  an¬ 
ni  ,  come  già  fi  è  detto  not.i.  p.  92.  dove  il 
nome  d'un  Caliima  o  è  fcritto  nella  maniera 
qui  diftgnata  da  Winkelmann  ;  ciò  non  o- 
ftante  incontrali  la  Ilefla  lettera  X  in  tre  al¬ 
tre  ifcrizioni  di  fette  e  più  fecoli  anteriori 
all'era  lu  1  letta  ,  le  quali  feoperte  furono  dall* 
abate  Fourmont  ,  e  pubblicate  nell’iftoria 
della  rea!  Accademia  delle  il  rizioni  di  Parigi 
Tom.XVl.  p.ioj.feqq.  [Il  che  conferma 
l’opinione  di  quelli  ,  che  preflo  Plinio  lib.  7. 
cap.  ;6.  feci.  47.  ,  la  volevano  introdotta  da 
Palamede  ai  tempi  della  guerra  di  Troja  . 


LIB.VIII. 
CAP.  I. 


presso  f  Greci  e  presso  i  Romani  .  97 

del  bafforilievo  da  qualche  antico  impofiore  ,  come  il  no-! 
me  di  Lisippo  fu  una  (fatua  d’  Ercole  a  Firenze  ,  che  febbene 
fia  antico  ,  è  però  pofteriore  ai  tempi  in  cui  fu  quella  fcol- 
pita  ,  come  vedremo  nel  Libro  X.  Capo  I.  Aggiungali  che 
quello  ballo-rilievo  è  flato  trovato  ad  Orta  ,  luogo  abitato 
già  dagli  Etrufchi  ,  il  che  porge  un  nuovo  argomento  per 
farlo  creder  opera  d’etrufco  (carpello  ,  giacché  ne  ha  altron¬ 
de  tutt’i  caratteri  (a)  ;  febbene  tanta  lia  la  fomiglianza  fra 
l’antichiflìmo  Itile  de’  Greci  e  quel  degli  Etrufchi,  che  il  baf¬ 
fo-rilievo  polla  tenerli  per  greco  ,  come  terremmo  per  opere 
etrufche  alcuni  dei  mentovati  vali  dipinti ,  fe  non  vi  li  leg¬ 
ge  fiero  fcritte  greche  parole  (b)  . 

jT.  13.  Potremmo  dell’antico  Itile  dare  indizi  più  diltinti  Caratteri  di 


e  certi  fe  rimalta  ci  folle  maggior  copia  di  lavori  in  marmo , 
e  principalmente  di  balli-rilievi ,  nei  quali  pur  li  ravvifarebbe 
la  più  antica  maniera  della  compolizione  e  dell’  efprelfio- 
ne  (c)  .  Se  però  dalla  forte  efprelllone  ,  che  fi  fcorge  fulle 
piccole  figure  delle  monete  ,  polliamo  conchiudere  che  al¬ 
trettanto  facefiero  quegli  arditi  colle  figure  grandi ,  dobbia¬ 
mo  dire  che  molta  e  viva  azione  loro  defiero  ,  imitando  in 
qualche  modo  gli  uomini  de’  tempi  eroici ,  i  quali  operan¬ 
do  fecondo  l’impulfo  naturale  ,  non  metteano  alcun  freno 
alle  loro  inclinazioni  .  Ciò  acquilterà  ancor  maggiore  pro¬ 
babilità  ,  ove  fi  faccia  il  paragone  degli  antichi  monumenti 
greci  cogli  etrufchi ,  ai  quali  fi  credono  fomiglianti . 

Tom.  II. 

(a)  Fontanini /oc.  eie.  flrive  che  flava  colà 
nella  villa  Nuzzi  ;  e  può  elTervi  flato  trafpor- 
tato  in  quelli  ultimi  fecoli ,  o  ne'  tempi  an¬ 
tichi  .  Se  loffie  flato  lavoro  etrufco  farebbe 
probabile  ,  che  gli  Aedi  Etrufchi  lo  avellerò 
voluto  attribuire  ai  Greci  ?  Le  ragioni  di  Win- 
kelmann  non  provano  molto  ;  onde  confide¬ 
ranno  bene  che  il  foggetto  del  marmo  com¬ 
bina  con  quello ,  di  cui  parla  Plinio  ;  che  il 
tempo  ha  deteriorato  il  lavoro  non  poco  ;  e 
che  non  li  può  provare  in  qual  epoca  preci- 
famente  abbia  vivuto  Callimaco  ,  non  mi 
pare  improbabile  che  Ha  di  lui  opera  ,  come 


quello  Itile  , 


N  jf.  14.  Per 

crede  anche  Foggini  Muf.  Capic.  Tom.  IV. 
Tav.  4.3. ,  ove  lo  dà  in  rame  ;  o  che  lia  al¬ 
meno  una  copia  antica  . 

(b)  Vegg.  Tom.  I.  pag.  217. 

(c)  Merita  tutta  l’attenzione  dei  conoAfl 
tori  una  tefta  di  filofofo  in  marmo  bianco 
trovata  negli  flavi  di  Tivoli ,  ove  erano  le 
delizie  de’  Pifoni ,  ed  ora  poffeduta  dal  fignor 
cavaliere  de  Azara  ,  che  crede  polla  ravvifar- 
vilì  Ferecide  .  Effa  è  certamente  della  più  an¬ 
tica  maniera  .  Ne  daremo  la  figura  in  appret¬ 
to  ,  e  ne  riparleremo  nell’indice  delle  Tavole 
in  rame  nel  Terzo  Tomo  . 


LIB.  Vili. 
CAP.  I. 


98  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

jf.  14.  Per  ciò  che  fpetta  all’efecuzione ,  è  qui  da  offer- 
varfi  che  più  pretto  apprefero  gli  arditi  a  ben  ornare  che  a 
rapprefentare  la  bellezza  ;  e  ne  abbiamo  un  efempio  nella 
mentovata  Pallade  della  villa  Albani ,  in  cui  balle  e  volgari 
fono  le  fembianze ,  laddove  la  velie  n’  è  lavorata  coll’ultima 
finezza ,  Quello  volle  forfè  dir  Cicerone  ,  allorché  parlando 
di  certe  figure  d’avorio  dell’  dola  di  Malta  rapprefentanti  la 
Vittoria  ,  dice  che  antichillime  erano  ,  ma  con  tutta  l’arte 
lavorate  (a)  .  Sembra  edere  avvenuto  alla  fcultura  ciò  che 
narra  Aditotele  della  tragedia ,  in  cui  molto  prima  s’era  per¬ 
fezionata  l’efprellìone  e  l’elocuzione  ,  che  la  traccia  e  lo  fcopo  . 

jf.  15.  Può  farli  quella  medefima  offervazione  pe’ tempi 
a  noi  più  vicini  ,  ne’ quali  i  predecelfori  de’ noltri  grandi 
arditi ,  comechè  aitai  lontani  dal  rapprefentare  il  vero  bel¬ 
lo  ,  pur  con  grandiltìma  pazienza  finivano  le  opere  loro  ; 
anzi  gli  delti  Michelangelo  e  Raffaello  ,  fecondo  l’avvifo  di 
un  poeta  inglefe  (b) ,  immaginavano  con  fuoco  ,  e  con  flem¬ 
ma  efeguivano  .  Si  fcorge  fingolarmente  la  grande  uniformi¬ 
tà  d’un  lavoro  finiflìmo  nelle  opere  di  que’ tempi  che  pre- 
cederono  la  cognizione  del  bello  ,  e  nominatamente  in  di- 
verlì  depoliti  lavorati  da  Sanfovino  (a)  e  da  altri  fcultori  al 
principio  del  fecolo  XVI.  Ivi  affai  mediocri  fono  le  figure, 
ma  gli  ornati  fon  tali ,  che  potrebbono  fervir  di  modello  ai 
noltri  arditi ,  e  Itare  al  confronto  degli  antichi  lavori . 

jf.  16.  Ecco  in  breve  gl’indizj  e’1  carattere  dello  Itile 
antico  .  Il  difegno  era  energico,  ma  duro,  forte,  e  fenza 
grazia;  onde  la  troppo  forte  efprefflone  facea  torto  alla  bel¬ 
lezza  .  Ma  lìccome  l’arte  era  allora  unicamente  confacrata 
agli  dei  ed  agli  eroi ,  le  cui  Iodi ,  diceva  Orazio  ,  fu  molle 
e  dolce  lira  cantar  non  conviene  ,  così  per  mezzo  della  du¬ 
rezza 

(a)  n  Vcrr.  aft.  2.  lìb.  4..  cap.  4.6.  (a)  Nella  chicfa  di  faata  Maria  del  Popola 

(i)  Rofeomm.  Efsay  on  Poecry  .  in  Roma  , 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani  .  99 

rezza  medefima  dava  alle  loro  figure  una  certa  grandezza  e 
maeftà  .  Direbbe!!  che  l’arte  era  dura  ,  come  la  legislazione 
di  que’  tempi  ,  che  ogni  leggiero  misfatto  puma  colla  mor¬ 
te  ( a )  .  In  quelli  caratteri  dell’antico  Itile  v’ha  una  degra¬ 
dazione  tanto  maggiore  ,  quanto  che  per  lunghilhmo  tratto 
di  tempo  efio  durò  ;  onde  una  grandiflìma  differenza  fi  rav- 
vifa  tra  le  opere  prime  e  le  ultime ,  comechè  appartengano 
tutte  ad  uno  Itile  medefimo  . 

jj\  17.  Dovremmo  credere  che  durafle  tuttavia  quell’an¬ 
tico  Itile  in  Grecia  anche  quando  le  arti  fiorivano  ,  fe  pre¬ 
dar  volelfimo  una  piena  fede  ad  Ateneo  ( b )  .  Narra  quello 
fcrittore  che  il  poeta  Stelìcoro  fu  il  primo  a  rapprefentar 
Ercole  colla  pelle  di  leone  ,  colla  clava  ,  e  coll’arco  ;  ed  Er¬ 
cole  così  armato  vedefi  in  molte  gemme  dello  Itile  antico  . 

Ora  Stelìcoro  ,  contemporaneo  di  Simonide  ,  viveva  all’olim¬ 
piade  lxxii.  (e)  ,  cioè  nel  tempo  in  cui  Serfe  molfe  contro  la 
Grecia  ;  e  Fidia  ,  il  quale  portò  l’arte  al  fuo  più  alto  punto 
di  perfezione  ,  fioriva  nell’olimpiade  lxxxiii.  (a)  ,  vale  a  dire 
pochi  anni  dopo  .  Converrebbe  dunque  credere  che  nello  Iti¬ 
le  antico  ancora  fi  lavoralfe  in  Grecia ,  quando  lo  Itile  bello 
già  vi  fi  era  introdotto  .  Ma  Strabone  riferifce  a  più  antichi 
tempi  la  rapprefentazione  de’mentovati  attributi  di  Ercole  (d) , 
facendone  inventore  Pifandro ,  coevo  d’Eumolpo  come  vo- 
glion  taluni ,  mentre  altri  vogliono  che  fiorifie  nella  xxxm. 
olimpiade  ;  ed  avverte  che  le  più  antiche  figure  d’Alcide  nè 
clava  aveano  nè  arco  . 

jf.  18.  Bifogna  però  efiere  ben  cauto  quando  giudicare  imitazione  dì 
fi  vuole  dell’età  d’un  antico  lavoro  ;  poiché  ha  talora  tutta  tempi  pofte- 
l’apparenza  d’un  Antico  etrufco  o  greco  ciò  che  non  è  forfè  non  ' 

N  2  fe 

(a)  Thucyd.  llb.  3.  cap. 4.3.  pag.igp.  (c)  Bentley’s  Difsert.up.Phalar.pag.36. 

(A)  Deipnof.  llb.  1  2 cap.  1 .  p.p  1 2.  in  fine .  (a)  Plinio  lih.  34.  cap.  S .  feci.  19. ,  ovvero 

Conf.  Defcript.  des  pierr.  grav.  du  Cab.  de  ixxxiv.  fecondo  la  lezione  di  Arduino . 

Stofch  ,  tl.  2.  feci.  16.  n.iy  1 8 .  pag.  zy  3,  (d)  Ceogr.  lib,  1  p . pag.i 00 g.B.Tom.  il. 


LIB.YJII 
CAP.  I. 


ioo  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

fé  non  un’imitazione  degli  artefici  poPeriori  fatta  o  per  ave¬ 
re  de’ modelli  delle  antiche  opere  (a)  ,  o  per  copiare  i  fimu- 
lacri  divini  dello  Pile  più  vetuPo  ,  onde  conciliar  loro  una 
maggiore  venerazione  ;  poiché  ficcome  un  afpro  tuon  di  vo¬ 
ce  ,  al  dir  d  un  vecchio  fcrittore  (b)  ,  accrefce  energia  e  forza 
al  difcorfo  ,  così  una  certa  durezza  nella  figura  fa  maggiore 
impreffione  nello  fpettatore  .  Ciò  non  deve  qui  intenderli 
riguardo  al  folo  nudo  nelle  figure  ,  ma  eziandio  riguardo  ai 
panneggiamenti  ,  alla  capigliatura  ,  ed  alla  barba  . 

jf.  19.  Renderò  quell’  avvertimento  più  chiaro  coll’efem- 
pio  di  due  affatto  limili  balli-rilievi  della  villa  Albani  ,  di  cui 
daremo  in  quello  Libro  la  figura .  Ivi  tutte  le  dee  fono  ve- 
llite  fecondo  la  più  antica  maniera  etrufca  ;  ma  a!  vedere  il 
tempio  difegnato  nell’ordine  corintio  ,  e  al  mirare  nel  fregio 
efprefie  delle  corfe  e  de’ cocchi ,  che  fono  indizio  di  arte  gre¬ 
ca  ,  fi  prenderebbe  quel  balfo-rilievo  per  un  greco  lavoro 
del  più  antico  Pile  :  nè  il  vePito  delle  figure  difconverreb- 
be  ,  poiché ,  come  più  volte  s’è  detto  ,  l’antico  greco  all’e- 
trufco  s’alfomiglia  .  Il  contrario  però  inferir  fi  deve  dall’ordi¬ 
ne  delle  colonne  del  tempio  ,  che  fecondo  Vitruvio  fu  un  ri¬ 
trovato  de’  tempi  poPeriori  ;  onde  dobbiamo  credere  che 
imitato  fia  quanto  nel  balfo-rilievo  fi  fcorge  d’antico  Pile  . 
Altronde  il  tempio  non  è  punto  fatto  a  fomiglianza  degli 
etrufchi ,  poiché  quePi  non  aveano  fregio  :  ed  i  mutuli  del 
tetto  aveano  un  grande  fporto  fopra  le  colonne  del  portale 
e  fopra  i  muri  della  cella,  in  guifa  che  lo  fporto  de’ mu¬ 
tuli  era  uguale  ad  un  quarto  dell’altezza  della  colonna  ;  e 
ciò  faceafi  ,  affinchè,  non  avendo  la  cella  un  portico  all’in¬ 
torno  (a)  ,  potelfe  il  popolo  Parvi  al  coperto  dalla  piog¬ 
gia. 

(u)  Coftantin.  Porphyrogcn.  Excerpta  ex  celle  de' medelimi ,  quando  anzi  ne  furono 
Nicol.  Damafi.  pag.  514..  v.  Ttxxm«  .  C(TÌ  gl'inventori  ,  come  lì  dimoftra  a  lungo 

( \b )  Demctr.  Phal.  De  eloc.  dal  più  volte  lodato  P.  Paoli  nelle  fue  Anti- 

(a)  Non  può  dirli  che  gli  Etrufchi  non  chità  di  Petto  alla  Diilertazione  terza . 
avellerò  il  portico  intorno  a’  cempj ,  ed  alle 


presso  i  Greci  e  presso  i  Rox\iani  .  ioi 

già .  Si  rende  così  chiaro  un  palio  di  Vitruvio  che  non  era 
fiato  ben  intefo  finora  (*)  . 

jf.  20.  Quella  imitazione  più  chiaramente  ancor  fi  rav¬ 
vila  in  una  figura  a  rilievo  di  Giove  Con  barba  più  lunga 
del  folito  ,  e  coi  capelli  che  gli  cadono  dinanzi  lùgli  ome¬ 
ri  ,  vellito  e  ornato  alla  più  antica  maniera  .  Eppure  è  que¬ 
llo  un  lavoro  del  tempo  de’  Romani  fiotto  i  Cefiari  ,  ficcome 
appare  dall’ificrizione  ,  IOVI  EXSVPERANTISSIMO  ,  e  dalla 
forma  medefima  delle  lettere  .  Quella  ificrizione  è  Hata  pub¬ 
blicata  dallo  Sponio  lenza  la  figura  ( a )  .  Forfie  col  rappre- 
fentar  Giove  fiotto  quella  forma  fi  è  creduto  di  dargli  una 
più  rimota  origine  ,  e  conciliargli  così  una  maggior  venera¬ 
zione  .  Secondo  il  più  antico  filile  è  veflita  la  Speranza  in 
una  piccola  figura  della  villa  Lodovifi  ,  la  quale  ,  per  quanto 
rilevali  dalla  ificrizione  romana  (**)  polla  nello  zoccolo  ,  è 
lavoro  del  fecondo  fiecolo  de’  Cefiari  ;  e  fiomiglievole  a  que¬ 
lla  è  la  figura  della  flefla  divinità  filile  monete  degl’impera¬ 
tori  da  me  vedute  ,  e  particolarmente  fu  una  dell’Imperatore 
Filippo  il  vecchio  (b)  .  Così  a’  nollri  tempi  s’imitano  i  pan¬ 
neggiamenti  de’ ritratti  fatti  alla  maniera  di  Vandick  ,  perchè 
alla  perfiona  che  fi  ritrae ,  ed  al  pittore  Hello  rieficono  più 
vantaggiofi  che  i  moderni  veHiti  fioverchiamente  flretti .  Ram¬ 
menterò  a  quefio  propofito  due  Vittorie  di  grandezza  natu¬ 
rale 


LIB.  Vili. 
CAP.  I. 


(*)  Vitruv.  lib.  4.  cap.  7.  Supra  trabes  & 
fupra  parietes  trajeciurs.  mutulorum  quarta 
parte  altitudinis  columns.  projiciantur.  [L’Au¬ 
tore  confonde  qui  i  collumi  antichi.  Gli  E- 
trufehi  ne'  tempi  più  remoti  ufarono  uno 
xporto  grande  oltre  i  muri  per  ftarvi  al  co¬ 
perto  .  Quello  fpotto  dette  origine  alle  co¬ 
lonne  ,  che  eflì  medefìmi  aggiunterò  per  reg¬ 
gere  lo  fporto  troppo  grande  ,  e  ne  nacque¬ 
ro  i  portici  .  Sopra  di  quelli  feguitò  la  gron¬ 
da  ad  e /Ter  portata  in  ruora  la  quarta  parte 
dell’altezza  d’una  colonna  ,  come  dice  Vitru¬ 
vio  ;  ma  quella  quarta  parte  non  era  eforbi- 
tante  ,  perchè  non  eccedeva  un  diametro  .  Si 
vegga  il  P.  Paoli  loc.  cit. ,  ove  in  nuova  ma¬ 
niera  illultra  tutto  il  detto  capo  di  Vitruvio  , 


che  non  è  flato  finora  capito  ,  e  da  taluno 
anche  è  flato  emendato  lenza  fondamento  . 

la)  Mifcell.  erud.  antiquit.  feci.  4.  princ. 
pag.  71.  V.  Defcript.  des  pierr.  grav.  du  Cab . 
de  Stojck  ,  cl.  2.  feci.  q.  r1.7p.pag.46. 

(**)  L’ifcrizione  da  me  per  la  prima  volta 
pubblicata  nella  Defcript.  des  pierr.  grav.  du 
Cab.de  Stofck  ,cl.  z.  feci. 17 .  n.18 qz.p.qo 2. 
è  la  feguente  : 

Q.  AQVILIVS  .  DIONYSIVS  .  ET  . 

NOKIA  .  FAVSTINA  .  SPE.Vl  .  RES 
TITVERVNT  . 

( b )  Pedrufi  I  Cef.  in  metallo ,  Tom.  VI. 
Tav,  6.  n,  j.  6.  e  8.  11  difegno  n’è  feorretto , 


LIB.  Vili. 
CAP.  I. 


102  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

■  rale  elìdenti  a  Sanfouci ,  villa  di  S.  M.  Pruttiana ,  che  hanno 
Pretti  i  piedi ,  e  fottengonfi  Tulle  dita  :  tal  politura  (  la  quale 
a  chi  non  ne  intende  la  lignificazione  ,  cioè  l’atto  di  vola¬ 
re  ,  fembra  sforzata  )  farebbe  un  argomento  di  rimota  an¬ 
tichità  ,  fe  non  li  rilevalTe  il  contrario  dal  nome  romano 
fcritto  loro  fui  dorfo  nelle  fafce ,  che  ivi  e  fui  petto  s’incro¬ 
cicchiano  .  A  quelle  fafce  doveano  elfer  legate  le  ale  ,  che 
fors’ erano  di  bronzo  . 

jf.  21.  Tali  fono  le  pretefe  felle  di  Platone  ,  le  quali  real¬ 
mente  altro  non  fono  che  Ermi ,  fatti  ad  imitazione  delle  pie¬ 
tre  ,  a  cui  impolle  furono  le  prime  felle  ,  come  s’è  detto  a 
principio  di  quella  Storia  .  Vedeli  in  effe  efprefla  or  con  più 
or  con  meno  d’arte  una  diverfa  antichità  .  11  più  pregevole , 
tra  i  moltittimi  che  fono  in  Roma  ,  è  il  pretefo  Platone  della 
Farnefina  ;  ma  il  più  bello  pafsò  a’  tempi  miei  da  Roma  in  Si¬ 
cilia  ,  e  vedefi  in  Palermo  nel  collegio  che  fu  de’Gefuiti.  La 
tetta  è  perfettamente  limile  a  quella  d’una  ttatua  virile  vellita 
alta  nove  palmi  (*)  ,  la  cui  fottovelle  è  di  fottil  panno  ,  indi¬ 
cato  dalle  moltilììme  e  minute  pieghe  ,  ed  ha  un  pallio  che  , 
pattando  fotto  il  braccio  deliro  ,  va  a  ricoprire  il  lìnillro  ap¬ 
poggiato  fui  fianco  .  Nell’orlo  di  quella  parte  di  manto  ,  che 
è  gittata  fulla  fpalla  ,  leggefi  CAPAANAnAAAOC  (**)  .  Di 
quella  ttatua  ho  parlato  a  lungo  altrove  (a)  ,  e  ne  ho  data  la 
figura  (b)  .  Allorché  fu  metta  alla  luce  la  ttatua  fi  fecero  in 
Roma  profonde  ricerche  per  indagare  chi  fotte  il  Sardana- 

palo 


(*)  Quella  fìatua  fu  difotterrata  nel  17Ó1. 
P.r  .  °.  Frafcati  colle  quattro  mentovate  Ca¬ 
riatidi  .  [  Ora  è  nel  Mufeo  Pio-Clementino  . 
Ne  dà  la  figura  un  poco  meglio  difegnata , 
c  mcifa  ,  il  fignor  Cavaceppi  ,  clic  prima  ne 
era  il  poflefiore  ,  nella  fua  Raccolta  di  ant. 
ftatue  ,  ec.  Tom.  ni.  Tavola  27.  ;  e  nella 
Tav.  28.  dà  la  figura  delle  Cariatidi  pofledu- 
tc  anche  da  lui  prima  che  andaflero  alla  villa 
Albani ,  come  abbiamo  notato  nel  Tomo  an¬ 
tecedente  pag.4.11.  not.  a. 


(**)  La  A  trovali  qui  raddoppiata  ,  come 
nella  voce  TIOAAIE  in  luogo  di  IIOAI2  , 
la  una  moneta  in  bronzo  della  città  di  Ma¬ 
gnolia  .  Così  talora  fi  trova  fcritto  K £Stxn« 
in  vece  di  Kv/3t»i $  Cibele  ,  c  Pctilla  in  luo¬ 
go  di  Petilìa  ,  città  della  Lucania  . 

(.a)  Monum.  antichi  ined.  Par,  ni.  cap,  1 , 
pag.  zip.  220. 

(b)  ibid.  num.  1 63.  , 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani  .  103 

palo  ivi  rapprefentato  ,  non  potendovi/]  ,  a  cagione  della 
barba  prolifia  ,  ravvifare  colui  cui  la  mollezza  e  la  voluttà 
renderono  famofo ,  e  che  ogni  giorno  per  effeminatezza  fa- 
ceafi  radere  la  barba  .  Avendo  io  trovato  che  due  erano 
Rati  i  Sardanapali  re  d’Allìria ,  de’  quali  il  primo  fu  faggio 
e  valorofo  ,  effeminato  e  molle  fu  l’altro  ,  potei  con  molta 
probabilità  a /ferire  che  a  quello  fo/fe  Hata  eretta  la  fìatua  . 
Noti/ì  però  che  ,  febbene  li  trovaffe  una  figura  virile  con 
abiti  donnefchi ,  non  dovremmo  toffo  inferirne  che  il  molle 
Sardanapalo  fiafi  voluto  ivi  rapprefentare  (a)  ;  poiché  le  ve¬ 
lli  d’un  altro  fe/fo  dar  fi  potrebbono  con  fondamento  an¬ 
che  al  filolofo  Ariftippo  ,  a  cui  cofa  indifferente  era  or  da 
uomo  veftirfi  or  da  donna  (a) . 

jf.  22.  Furono  date  limili  fembianze  alle  teffe  d’un  Bacco 
indiano  ,  fe  non  che  in  quelle  per  le  forme  più  grandiofe 
di/tingueafi  la  divinità  dalle  comuni  teffe  degli  Ermi  .  Una 
di  quelle  figure  di  Bacco  è  nel  palazzo  Farnefe  ,  ma  belliffì- 
ma  fra  tutte  è  quella  del  fignor  Cavaceppi .  Uno  ff ile  ancor 
più  antico  fi  è  voluto  imitare  in  una  ftatua  muliebre  di 
marmo  nero  grande  al  doppio  del  naturale,  nel  mufeo  Ca¬ 
pitolino  ,  fcopertofi  nella  villa  d’Adriano  a  Tivoli .  Ha  elfa 
le  braccia  pendenti  ,  e  attaccate  al  corpo ,  come  la  ftatua 
d’Arrachione  ,  vincitore  ne’ giuochi  olimpici  dell’olimpia¬ 
de  li  v.  ,  defcrittaci  da  Paufania  (b)  .  Che  tale  ftatua  però  sì 
antica  non  fìa  ló  dimoftra  la  maniera  del  lavoro  ,  e  fi  co- 
nofcerebbe  ancor  più  chiaramente  fe  avefte  la  prima  fua  fe¬ 
lla  ,  come  erroneamente  credè  Bottari  ,  il  quale  perciò  ne 
fece  un  lungo  trattato  nel  fuo  mufeo  Capitolino  (b)  ;  ma  la 

tefta 


WH*  quella  ftatua  qualche  fomiglianza 
colla  figura  creduta  di  Trinialcione  ,  di  cui  fi 
e  parlato  nel  Tomo  I.  pag.zo g.  §.#. 
r  Sfxt- Empyr.  PyrrA.  hyp.lib.  r.  cap.14, 
1  Dice  che  (limava  indifference  cola  che  l'uo¬ 
mo  fi  veda  da  donna  j  e  lib,  3,  cap.  2  -f ,  che 


accettò  una  vede  feminile  ,  che  gli  efibì  il 
re  Dionifio  di  Sicilia  .  Vedi  anche  (opra  To¬ 
mo  I.  pag.  44.0.  noe.  B. 

(i)  lib.  8.  cap.  40.  p.  682.  [Vedi  Tomo  I» 
pag.  1 2 .  prìnc. 

(b)  Tomo  ni,  Tav,8i . 


LIB.VIII. 
CAP.  I. 


104  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

g==c~~'  3  teda  n’è  moderna  e  lavorata  a  capriccio  ,  fé  non  che  fi  è 
CA  '  lo  Tenitore  fludiato  di  continuare  in  ella  quelle  grofle  cioc¬ 
che  di  capelli  ,  che  le  fi  erano  in  parte  confervate  Tulle 
fpalle .  Dopo  che  Tu  refiaurata  la  fiatua  Te  ne  trovò  la  vera 
tefia  nella  mentovata  villa ,  e  Tu  comprata  dal  card,  di  Poli- 
gnac  ,  nel  cui  muTeo  di  antichità  Tara  anche  oggidì  (a)  (i)  . 
diprepara^ivo  Le  proprietà  del  più  antico  fiile  Tecero  fìrada  alio 

biimelWe  fu*^^e  Liblime  ;  e  da  quello  derivò  l’eTpreflione  Torte  e  la  ri¬ 
gida  eTattezza,  poiché  nella  durezza  medefima  de’ più  anti¬ 
chi  lavori  fi  Tcorgono  i  contorni  eTattamente  diTegnati ,  e  vi 
fi  ravviTa  quanto  Tofle  il  Tapere  e  l’abilità  deH’artifta  ,  che 
tutto  Tapea  mettere  Totto  lo  Tguardo  .  Forfè  anche  in  quelli 
ultimi  tempi  l’arte  Tarebbe  giunta  alla  Tua  perfezione  ,  Te  i 
noftri  artifti  avefiero  TcrupoloTamente  Teguito  Michelangelo  , 
imitandone  i  contorni  e  Tatti  e  la  Torte  eTprelfione  di  tutte  le 
parti .  Siccome  nello  fiudiare  la  mufica ,  o  uno  firaniero  lin- 
guaggio  ,  colà  i  toni ,  e  qui  le  fillabe  e  le  parole  pronunciar 
fi  devono  con  forza  e  precifione ,  per  giugnere  poi  a  pro¬ 
durre  una  pura  armonia ,  e  la  dolcezza  e  fluidità  della  pro- 
nunciazione  acquiftare  ;  così  nel  diTegno  fi  giugne  ad  eTpri- 
mere  la  verità  e  la  bellezza  delle  Torme,  non  già  per  mezzo 
di  tratti  incerti ,  vaghi,  o  troppo  leggieri ,  ma  bensì  pei  con- 

tor- 


(a)  Ora  in  poffeffò  di  fua  Maeftà  Pruffiana. 

0)  Quanto  dicemmo  in  altra  nota  pag.pS. 
rlfpettp  alle  medaglie  ,  nel  di  cui  diritto  fi 
ravvifa  uno  fiile  divedo  da  quello  del  rove- 
feio  ,  fi  può  adattar  ancora  ai  baili-  rilievi  e 
ad  altri  lavori  rapprelentanti  divinità  o  eroi , 
dove  un  più  recente  fiile  vedefi  accoppiato 
con  uno  più  antico  .  Era  il  primo  d'inven¬ 
zione  dell’artifia  ,  dal  quale  perciò  formar  fi 
deve  il  giudizio  non  meno  della  fua  capaci¬ 
tà  ,  che  del  tempo  in  cui  fu  efeguita  l'opera  . 
Era  I  altro  di  femplice  imitazione  ,  in  cui  non 
cflendo  egli  libero  ,  ci  vien  tolto  quindi  il 
mezzo  di  giudicar  della  fua  abilità  e  di  de- 
terminarne  il  tempo  .  Se  la  figura  di  quella 
divinità  o  di  quell'eroe,  che  avea  egli  a  ripro- 
diirjx ,  lolle  fiata  di  fiile  antico  e  duro ,  do- 


vea  altresì  efeguire  la  copia  collo  fiile  mede- 
fimo  ;  come  appunto  farebbe  oggidì  qualun - 
que  eccellente  dipintore  che  avelie  a  copiare 
una  di  quelle  rozze  divotc  immagini  de'bafiì 
tempi  .  Siffatte  copie  o  imitazioni  non  fono 
fiate  sì  rare  prefTo  gli  antichi  :  la  perfetta  raf- 
fomiglianza  che  ìcorgefi  in  divedi  lavori  di 
tal  forte  ,  fottratti  dalle  ingiurie  de’  tempi , 
ne  fono  una  prova  .  [  E  fra  i  tanti  può  no¬ 
minarli  il  bado-rilievo  della  villa  Albani ,  di 
cui  fi  è  parlato  dall’Autore  fopra  nel  §.  i  p. 
p.  100.  Ve  ne  fono  tre  iftefli  in  quella  villa  .  J 
Un  fido  occhio  fino  di  perito  conofcitore  può 
difeernere  fra  quefti ,  quando  manchino  gli 
altri  contraffegni  ,  quale  fia  l’originale,  e 
quale  la  copia . 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani.  io£ 

torni  robufti  e  decifi  ,  ancorché  un  po’  duri .  In  egual  modo 
nei  tempi  in  cui  l’arte  s’avanzava  a  gran  palli  verfo  la  fua 
perfezione  follevofil  la  tragedia  per  mezzo  di  uno  ftile  confi- 
mile  ,  cioè  per  quella  efprefìlone  forte  e  grandiofa  elocuzio¬ 
ne  ,  di  cui  feppe  valerli  Eichilo  ,  onde  dare  della  dignità  ai 
fuoi  attori ,  ed  alla  verofimiglianza  la  forza  del  vero  .  L’arte 
oratoria  medelìma  negli  ferirti  di  Gorgia  ,  che  ne  fu  l’ inven¬ 
tore  ,  aveva  un  non  fo  che  di  poetico  (a)  . 

$.  24.  Notili  qui  il  giudizio  d’un  ignorante  pittore  ,  che 
volle  farli  anche  autore  e  fcrittore  come  du  Frefnoy  ,  fe¬ 
condo  il  quale  opere  antiche  devono  chiamarli  quelle  che 
furono  fatte  tra  i  tempi  d’AlelTandro  il  Grande  e  quei  di  Fo¬ 
ca  (b)  .  Egli  erra  sì  nel  Aliare  il  principio  che  nel  determinare 
il  fine  dell’epoca  ;  poiché  noi  abbiamo  de’  monumenti  dell’ar¬ 
te  (  liccome  già  vedemmo  ,  e  farà  ancor  più  chiaramente  di- 
mollrato  in  apprelTo  )  anteriori  ad  Alefiandro  :  altronde  l’e¬ 
poca  delle  arti  del  difegno  finifee  prima  di  Coftantino  .  Egual¬ 
mente  falfa  è  l’opinione  di  coloro  i  quali ,  col  Montfaucon  ( c ) , 
credono  che  non  efilta  più  alcun  lavoro  di  greco  fcarpello  , 
fe  non  de’ tempi  ne’quali  i  Greci  foggiaceano  ai  Romani . 

00  Arift.  Rhet.  lib.q.  c.  x .  f  Vedi  appiedo  (c)  Am.  expl.  Tom. ni.  Ivo.  r.  c.i.  ttum.p. 
lib.  IX.  capo  I.  §.  1 S.  [  Dice  che  pochi  monumenti  di  quelli  edito- 

(Ai  Des  Piles  Remarques  far  l' art  de  la  no  in  paragone  degli  altri  fatti  appreflò  . 
peint.  de  du  Frefnoy  ,  pag.i  oj. 


Tom.  11. 


O 


Ca- 


1 


LIB.  Vili. 
CAP.  I. 


LIB.VIII. 
CAP.  II. 


Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 


io5 


C  A  P  o  II. 

Stile  fublime  -  Suoi  caratteri  ~  Monumenti  che  di  ejjo  ci  rimangono  — 
Stile  bello  --  I  [noi  caratteri  fono  .  .  .  la  morbidezza  nel  difegno  . . . 
e  la  grazia  ...  or  fublime  .  .  .  or  -piacevole  ...  or  bafsa  e  comica  — 
Delle  figure  de’  puttini . 

Stile  fublime.  Celiando  cominciarono  a  fplendere  in  Grecia  i  tempi  della 
filofofia  e  della  libertà ,  l’arte  medefima  più  libera  divenne 
Suoi  caratteri,  e  più  fublime  .  L’antico  ftile  fi  fondava  da  principio  fu  re¬ 
gole  prefe  immediatamente  dalla  natura  ;  ma  effe  ben  preffo 
fe  ne  allontanarono  ,  e  divennero  ideali  ,  onde  fi  lavorava 
meno  ad  imitazione  della  verità  che  a  norma  di  quelle  re¬ 
gole  .  L’arte  aveafi  ,  a  così  dire  ,  foggiata  una  natura  fua  pro¬ 
pria  .  Sopra  tal  fiftema  s’innalzarono  i  grandi  maeftri ,  ftu- 
diando  di  ravvicinarli  alla  verità  della  natura  .  Quella  loro 
infegnò  a  dare  nelle  figure  un  contorno  morbido  e  dolce  a 
quelle  parti  ,  che  dianzi  dure  erano  ,  foverchiamente  rifen- 
tite  ,  e  caricate ,  e  a  rendere  più  decenti  e  moderati  gli  at¬ 
teggiamenti  e  le  moffe ,  che  dianzi  troppo  erano  forzate  ;  in 
fomma  a  formar  opere  che  mofiraffero  meno  dottrina  ,  ma 
più  belle  foffero  e  grandiofe  .  Migliorando  l’arte  fu  quelli 
principi  ,  celebri  fi  renderono  Fidia  ,  Policleto  ,  Scopa  , 
Alcamene  ,  Mirone  ,  ed  altri  maellri  di  que’  tempi  .  Il  loro 
Itile  può  chiamarli  il  fublime  ,  poiché  ne’loro  lavori ,  oltre 
la  bellezza ,  ebber  in  mira  principalmente  il  grandiofo  (a)  . 

jf.  i.  Bifo- 


(a)  Tale  appunto  è  il  giudizio  ,  che  ne 
porta  Demetrio  Falereo  De  elocuc.  §.  XI V. , 
paragonando  due  divertì  itili  di  elocuzione 
alli  due  itili  dell'arte  ;  all'  antico  cioè  ,  e  a 
quello  di  Fidia ,  il  primo  de’  quali  era  fecco , 


e  mefchino  ;  il  fecondo  inoltrava  della  dili¬ 
genza  unita  ad  una  maniera  grandiosa  :  lin¬ 
de  &  edolatum  habet  quìddam  fuperior  locu- 
tio  ,  &  leve.  Quemadmodum  &  vele  rum  Jì- 
mulaera  ,  quorum  ars  videbatur  contrario  , 


presso  i  Greci  e  presso  r  Romani  .  107 

jf.  1.  Bifogna  qui  diltinguere  il  difcgno  duro  dall’affilato 
o  tagliente,  affinchè  ove,  per  efempio  ,  fi  veggono  nelle  fi¬ 
gure  della  più  fublime  bellezza  le  fovracciglia  affilate  ,  que¬ 
fto  non  abbia  a  prenderli  per  una  durezza  di  difegno  ,  e  co¬ 
me  un  avanzo  del  più  antico  Itile  ;  poiché  già  di  fopra  ofler- 
vammo  che  ciò  era  fondato  nella  giulta  idea  della  bellezza  . 
Egli  è  verofimile  però  ,  e  fi  può  inferire  da  qualche  pafio 
degli  antichi  fcrittori  che  il  difegno  di  quello  Itile  fublime 
confervalìe  ancora  un  non  fo  che  di  rettilineo  e  d’angolofo  ; 
la  qual  proprietà  fembra  indicata  dalle  voci  quadrato  o  ango¬ 
lare  ,  con  cui  lo  dillinguevano  {a)  . 

jf.  2.  ElTendo  que’gran  maellri  ,  come  Policleto  ,  i  le¬ 
gislatori  delle  proporzioni  ,  i  quali  le  mifure  d’ogni  parte 
precifamente  in  tutt'i  fuoi  punti  Affarono  ,  è  ben  probabile 
che  all’efattezza  del  difegno  una  parte  facrificaffero  della 
beltà  delle  forme  (*)  .  Indi  è  che  nelle  loro  figure  fcorgeafi 
il  fublime  ,  bello  si  ,  ma  tale  che  ,  paragonandolo  ai  mor¬ 
bidi  contorni  de’ loro  fuccefibri ,  'inoltrava  una  certa  durez¬ 
za  ;  e  quella  appunto  tu  rimproverata  a  Callone  ,  ad  Egia  , 

O  2  a  Ca- 


&  teouitas  (  i  ì,  t  :  eorum 

Vero  ,  qui  fecuti  funt ,  locutio  Phidit  operibus 
jam  Jìmilis  e[i  ,  habens  quiddam  &  amplum  , 
&  exquijitum  jìmul  (  ti  /aijoMÌc»  axf//Sìs 
Smu  1  . 

(a)  Plin.  lib.  14.  cap.  8 .  felì.i  p.  §.2.  [  Cre¬ 
do  che  il  dg.  Falconet  Notes  fur  le  34..  lìvre 
de  P/ine ,  a  quefto  luogo  citato,  num.  p.  , 
aeuvr.  Tom.  ni.  pag.i  1 6-Jegg.  ,  abbia  ragio¬ 
ne  di  dire  ,  che  inkelmann  ha  male  intefo  , 
e  applicato  at  contorni  rettilinei  il  termine  di 
uadratc  ufato  da  Varrone  predo  Plinio  l.cit. 
non  già  di  angolari  )  parlando  delle  ftatue 
di  Policleto  ;  poiché  Plinio  poco  dopo  nel 
§.  6.  cfpredàmente  ripete  lo  ftedb  fentimen- 
to  parlando  della  ftatura  ,  o  proporzione  del¬ 
le  uatue  degli  antichi ,  i  quali  le  facevano 
larghe  di  vita  anzi  che  no ,  o  come  direm¬ 
mo  ,  piuttollo  tozze  ,  quali  erano  gli  uomini 
naturalmente  :  al  quale  difetto  rimediò  Li- 
fippo  ,  che  fece  le  fue  più  fvelte  ,  e  gracili  : 
Statuarie,  ani  p/urimum  traditur  contulifte  , 
capillum  exprimcndo  }  capita  minora  / denu¬ 


do  ,  quam  antiqui  :  corpora  graciliora  ,  fic- 
cioraque  ,  per  qua  proceritas  ftgnorum  major 
videtur .  Non  habet  latinum  nomen  fymme- 
tria  ,  quam  diligentiftìme  cuflodivit ,  nova  , 
intaclaque  ratione  quadrala s  veterum  ftaturas 
permutando  :  vulgoque  aicebat  ,  ab  illis  fa - 
cìos ,  quales  effent  ,  homines  :  a  fe  ,  quales 
viderentur  effe  . Nello  (fedo  fendo  adopra  quel¬ 
la  parola  quadrata  Suetonio  parlando  della 
ftatura  di  Vefpadano  nella  di  lui  vita  c.20.  : 
Statura  fuit  quadrata  ,  compaSis  ,  firmifque 
membris  ;  Cornelio  Cello  De  med.  lib.  2. 
cap.  1.  ove  dice  ,  che  quella  è  la  miglior  co- 
ftituzione  di  un  corpo  :  Corpus  habilijfimum 
quadrai  um  e  fi  ,  ncque  gracile  ,  ncque  obefum; 
ed  altri ,  che  potrebbero  addurli . 

(*■)  Se  le  Canefore  in  terra  cotta  ,  di  cui 
parlerò  piti  Torto  ,  fodero  ,  decome  io  im¬ 
magino  ,  copie  delle  famofe  Canefore  di  Po¬ 
licleto  ,  potremmo  da  quel  baffo-rilievo  ri¬ 
cavare  un  piu  deuro  indizio  del  carattere  di 
quefto  ftile  ,  e  della  durezza  di  difegno  che 
lo  diftingueva  .  Vedi  lib.  IX.  cap.  ti.  §.  17. 


LIB.  Vili. 
CAP.  il. 


LIB.  Vili. 
CAP.  II. 


108  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

a  Canaco  ,  a  Calamide  ( a )  ,  e  a  Mirone  medefimo  ( b )  :  feb- 
bene  tra  quelli  Canaco  foffe  polteriore  a  Fidia  ,  effendo 
fcolaro  di  Policleto  (c)  ,  e  fiorile  neH’olimpiade  xcv.  (a)  . 

.  jf.  3.  Tal  rimprovero  fatto  dagli  fcrittori ,  i  quali  giu¬ 
dicar  vollero  d’ un’arte  che  non  ben  conofceano ,  fu  talora, 
egualmente  mal  a  propofito  ,  ripetuto  a’  noflri  giorni  ri¬ 
guardo  agli  artiffi  moderni  .  Così  le  figure  di  Raffaello , 
nelle  quali  fi  fcorge  in  mezzo  ai  più  arditi  tratti  un  dife- 
gnar  franco  ,  e  un  contornare  efatto  ,  da  alcuni ,  che  le  han¬ 
no  paragonate  colla  morbidezza  de’ contorni,  e  colle  molli 
e  ritondette  forme  del  Correggio  ,  fono  fiate  riputate  ta¬ 
glienti  e  dure  ;  e  tal  giudizio  ne  portò  Malvalla ,  uomo  di 
poco  gufto  ,  che  ha  fcritte  le  vite  de’ pittori  bolognefi  . 
Nello  flefib  modo  ad  un  inerudito  lettore  afpri  fuonano  ,  e 
fembrano  rozzi  e  negligentati  gli  Omerici  numeri ,  e  l’antica 
rnaeflà  e  nobile  facilità  di  Lucrezio  o  di  Catullo  ,  in  con¬ 
fronto  dei  maeftofi  verfi  di  Virgilio  ,  e  dei  teneri  modi  d’Ovi- 
dio  .  Luciano  però  annovera  la  flatua  dell’Amazzone  Sofan- 
dra  ,  lavoro  di  Calamide  ,  tra  i  quattro  più  eccellenti  mo¬ 
delli  della  beltà  femminile  ;  poiché  defcrivendo  egli  una  fua 
ideale  bellezza  ,  non  folo  prende  da  quella  llatua  l’intero 
panneggiamento,  ma  eziandio  l’aria  modella  del  volto,  e’1 
forrifo  palleggierò  e  coperto  (d) . 

jf.  4.  E’  da  notarli  altresì  che  nell’arte  lo  flile  d’una  data 
epoca  non  è  generale  a  tutti  gli  artefici  ,  come  tutti  non 
hanno  lo  fleffo  flile  gli  fcrittori  contemporanei  .  Diffatti  fe 
degli  antichi  Scritti  non  altri  ci  follerò  pervenuti  fuorché 
quei  di  Tucidide  ,  non  giudicheremmo  noi  erroneamente 
che  ,  ficcome  quello  florico  ,  così  fcritto  aveffero  con  tal 
brevità  e  concifione  da  renderli  ofcuri  anche  Platone  ,  Lifia  , 

e  Se- 

Quinti!.  In  fi.  orat.  lib.iz.  cap.10.  (a)  Vedi  apprefTo  al  libro  IX.  capo  ili , 

< ,b )  Plin.  loc.cit.  §.  3.  §.  2.  e  fegg. 

(f)  Pauf.  lib.6.  cap.i 3.  pae.48 3.  lin, 27.  {d)  Imag.  §,  6.  op ,  Tom.1I.pag.464* 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani  .  109 

e  Senofonte,  le  parole  de’ quali  fomigliano  alle  acque  d’un 
rufcello  ,  che  placidamente  fcorre  ? 

jf.  Dello  itile  fublime  alcuni  monumenti  abbiamo  ,  fu 
i  quali  verificare  in  qualche  modo  le  noitre  olfervazioni  ge¬ 
nerali  .  Il  più  eccellente  ,  e  direi  quafi  il  folo  che  fi  vegga 
in  Roma  ,  è  la  già  più  volte  mentovata  Pallade  della  villa 
Albani  (a)  alta  nove  palmi ,  che  non  dee  confonderli  coll’al¬ 
tra  itatua  della  ItelTa  dea  del  più  antico  itile  nella  villa  mede- 
lìma  (b)  .  A  queita  viene  in  feguito  la  Niobe  colle  figlie  nella 
villa  Medici  (c) .  Queita  Pallade  è  ben  degna  de’  grandi  arti- 
iti  di  queit’epoca  ;  e  un  giudizio  tanto  più  ficuro  polliamo 
portare  fu  di  eifa ,  quanto  che  la  teita  ha  tutta  la  fua  bellez¬ 
za  originale  ,  ed  è  sì  intera  come  fe  veniife  ora  dalle  mani 
dello  fcultore  .  EiTa  ha  tutti  gli  efpoiti  indizj  dello  itile  fu¬ 
blime  ,  e  vi  fi  fcorge  una  certa  durezza  che  meglio  concepir 
fi  può  che  defcrivere ,  e  per  cui  fembra  che  le  manchi  nel 
fembiante  quella  grazia  che  a  lei  ne  verrebbe  ,  fe  ritondati 
ne  follerò  alquanto  e  raddolciti  i  tratti;  quella  grazia  cioè , 
che  nella  feguente  epoca  dell’arte  diede  il  primo  Prassitele 
alle  fue  figure ,  ficcome  più  fotto  vedremo  .  La  Niobe  e  le 
fue  figlie  devono  fenza  dubbio  riguardarli  come  lavori  del 
medefimo  Itile  (d)  .  Quelto  però  non  ifcorgefi  già  a  quell’a¬ 
ria  di  durezza  che  ci  ha  guidati  a  filfare  l’antichità  della  Pal¬ 
lade  ;  ma  piuttolto  ad  una  certa  increata  idea  di  bellezza  ,  e  a 
quella  femplicità  fublime  che  nella  forma  del  volto  fi  x avvi- 
fa  ,  anzi  nell’  intero  difegno  ,  nel  panneggiamento  ,  e  nell’e- 
fecuzione  medefima  .  Tal  bellezza  è  come  un’ idea  nata  fenza 
l’ajuto  de’fenfi;  un’idea,  quale  formerebbe!!  in  un  intellet¬ 
to  perfpicace  ,  in  una  felice  fantafia  che  follevarfi  fapefie  fi¬ 
no  alla  contemplazione  della  beltà  divina  .  Quella  grande 

fem- 

(a)  Tav.  XIII.  Tomo  I.  ze  nel  quinto  gabinetto  . 

(b)  Monum.  artt.  ined.  num.  1 7.  (d)  Vedi  appreso  al  lib,  IX.  capo  g, 

(c)  Ora  nella  galleria  Granducale  a  Firca- 


LIB.VIlI. 

cap.  ir. 

Monumenti, 
che  di  elio  ci 
rimangono . 


ìm'Z' 
. . .  h 


un.  v  ni, 
CAP.  II. 


Stile  bello . 


Suoi  caratte¬ 
ri .. . 


no  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

femplicità  ed  unità  delle  forme  è  tale  ,  che  l’opera  fembra 
non  aver  coftata  neffuna  fatica  all’artitta  ,  e  direbbe!!  qui 
prodotta  col  penfiere  ,  o  con  leggiero  foffio  formata .  Così 
l’agile  mano  del  gran  Raffaello  ,  pronta  ad  efeguire  le  fue 
idee ,  difegnò  con  un  fol  tratto  di  penna  un  belliflimo  con¬ 
torno  d’una  tetta  di  fanta  Vergine  ,  e  tale  cheipiu  non  l’ebbe 
a  ritoccare  nel  dipingerla . 

jf.  6.  Dello  Itile  fublime  non  fi  polfono  con  efattezza 
tutti  indicare  i  caratteri  ,  perchè  ci  mancano  le  opere  di 
que’  gran  maeftri  che  l’arte  riformarono  .  Riguardo  ad  effe 
polliamo  a  coloro  paragonarci ,  i  quali  ottervando  una  tetta 
antica  logora  dal  tempo  e  malconcia  ,  l’idea  vi  riconofcono 
della  perfona  che  rapprefenta  ,  fenza  difcernervi  il  merito 
del  lavoro  ;  come  allora  che  da  lungi  fi  oflerva  e  riconofce 
alcuno  lenza  diftinguerne  i  lineamenti  del  volto  .  Ma  non 
così  avviene  di  quello  ttile  che  introduffero  i  loro  fuccelfo- 
ri  ,  e  che  io  chiamerò  qui  ttile  bello  .  Potrò  parlarne  con 
maggior  ficurezza  ,  poiché  alcune  delle  più  belle  figure 
dell’antichità  ,  fino  a  noi  pervenute  ,  fono  inconrrattabil- 
mente  de’ tempi  in  cui  quello  ttile  fioriva  ;  e  quelle  delle 
quali  l’età  non  ci  viene  con  certezza  indicata,  pottbno  ri¬ 
guardarli  per  lo  meno  come  un’imitazione  di  ette  .  Lo  ttile 
bello  nelle  arti  del  difbgno  cominciò  da  Prassitele  ,  e  giun- 
fe  al  più  alto  punto  di  perfezione  ai  tempi  di  Lisippo  e 
d’ApEXLE  ,  ficcome  più  fotto  dimottreremo  (a)  ;  onde  l’epoca , 
in  cui  fiorì  ,  dee  Affarli  poco  avanti  ad  Aleffandro  il  Gran¬ 
de  fino  ai  primi  fuoi  fuccettori . 

jf.  7-  11  carattere  principale ,  per  cui  quello  ttile  dal  fu¬ 

blime  diftinguefi  ,  è  la  grazia  ;  e  fotto  quello  afpetto  v’è  fra 
i  tettò  mentovati  ardili  e  i  loro  predecelfori  quel  rapporto 
che  fcorgefi  fra  Guido  e  Raffaello  ne’tempi  a  noi  più  vicini . 

.  Qi?e' 

(a)  libro  x.  cupo  I. 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani  .  1 1  r 

Quella  verità  rifaJterà  meglio  dall’efame  che  farò  del  dife- 
gno  ,  e  della  grazia  propria  allo  ftile  bello  . 

jf.  8.  Nel  difegno  fi  cominciò  ad  evitare  quell’angolofo 
che  vedeafi  ancora  nelle  ftatue  de’ grandi  ardili ,  come  di  Po- 
licleto  ,  e  1  arte  ne  fu  principalmente  debitrice  a  Lisippo  , 
che  imitò  la  natura ,  piucchè  fatto  non  avevano  i  fuoi  pre- 
deceftari  ( a )  ,  tondeggianti  facendo  i  contorni  delle  figure  , 
che  quelli  iacevano  taglienti  ;  e  di  quella  maniera  denno 
probabilmente  intenderli  quelle  ftatue  che  Plinio  chiama 
quadrate  (a)  ,  giacché  anche  oggidì  chiamali  quadratura  (b) 
quel  modo  di  difegnare  ad  angoli .  Ma  non  ottante  quello 
cangiamento  nel  difegno  ,  continuarono  a  fervir  di  norma 
agli  ardili  le  forme  della  bellezza  adottate  nello  ftile  antece¬ 
dente  ,  poiché  n  era  Hata  inaeftra  la  più  bella  natura  .  Quindi 
è  che  Luciano  (c) ,  defcnvendo  una  bella  donna ,  ne  prefe  il 
completo  e  le  parti  principali  dagli  ardili  dello  ftile  fubli- 
me  ,  e  dai  loro  fucceftbri  1  eleganza  e  quell’ attrattiva  che 
piace  .  Dovea  nel  fembiante  famigliare  alla  Venere  di  Len- 
no  ,  opera  di  Fidia  ;  ma  nei  capelli  ,  nelle  ciglia  ,  nella 
fronte  alla  Venere  di  Prassitele  ,  della  quale  pur  volea  lo 
iguardo  tenero  e  lulmghiero  .  Le  mani  dovean  etter  quelle 
della  Venere  d  Alcamene  ,  fcolaro  di  Fidia  ;  febbene  ,  quan¬ 
do  nelle  definizioni  di  belle  mani  trovanfi  addotte  in  efem- 
pio  quelle  di  Pallade  (d) ,  intenderli  debba  probabilmente  la 
Pallade  di  Fidia  fteflo  ,  come  la  più  celebre  .  Abbiamo  già 
oftèrvato  che  le  mani  fcolpite  da  Policleto  riputavanfi  le 
più  belle  di  tutte  (e)  . 

Jf.  9.  I  la- 

fi*1». tib.34.  cap.S.feci.ip.  $.  6.  (e)  ibld.  num.top.  [Ho  già  notato  ne! 

t  a;  Ho  tatto  vedere  il  contrario  qui  avanti  Tdtno  I.  pag.  zi  z.  net.  k.  ,  che  quello  luogo 

°7'  n0t'  a'  t  ,  ,  ,  _  .  nonvaintefo  delle  mani  fcolpite  da  Polide- 

^oma7ZO  idea  del  Tempio  della  Pìtt.  to  ,  ma  della  di  lui  perizia  nello  feolpire  :  nel 
caP'  4--Pdf-‘S-  qual  fenfo  ,  e  antonomafticamente  per  le  o- 

yi  §•  °P-  Tom.  til.p.  jf.6j.feq.  pere  ,  parlano  tanti  altri  fcrittori  quando  no- 

(.a)  Anthol. lib.p.  num.ioo.  vérf.i.  minano  le  mani  di  un  artifta  j  come  tra  gli 


UB.V1II. 
CAP. 41. 
...  la  morbi¬ 
dezza  nel  di¬ 
fegno  . . . 


iI2  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

jj\  9.  I  lavori  dello  Itile  fublime  in  confronto  di  quei 
dello  Itile  bello  po-fiono  aflomigliarfi  agli  uomini  de’  tem- 
pi  eroici ,  e  agli  eroi  ileflì  d’Omero  ,  in  paragone  de’  col¬ 
ti  e  civili  abitatori  d’Atene  ,  mentre  quella  repubblica  era 
in  fiore  .  Facciamo  un  confronto  più  fondato  fui  vero  : 
paragoniamo  i  primi  lavori  all’eloquenza  di  Demoftene  ,  1 
fecondi  a  quella  di  Cicerone .  Siccome  1  orator  d  Atene  ne 
rapifce  con  violenza ,  e  quel  di  Roma  foavemente  ci  attrae  ; 
così  quelle  grandi  opere  non  ci  lafciano  tempo  di  riflettere 
full  e  bellezze  dell’  efecuzione  ,  le  quali  ne  lavori  fufleguenti 
fi  moltrano  anche  non  ricercate  ,  come  rifaltano  le  bellez¬ 
ze  oratorie  di  Cicerone  in  mezzo  ad  una  luce  generale,  che 
nafce  dai  principj  dell’eloquenza  . 

jf.  io.  La  grazia  ,  altro  principale  diftintivo  dello  Itile 
bello  ,  Ita  nel  getto  ,  fi  manifefta  nell’azione  e  nella  molta 
del  corpo  ,  ed  ha  pur  luogo  nel  getto  del  panneggiamen¬ 
to  ,  e  in  tutto  ciò  che  al  veftimento  appartiene  .  Gli  arditi 
fucceflori  di  Fidia  ,  di  Policleto  ,  e  de’ loro  contempora¬ 
nei  ,  andarono  più  che  quelli  in  traccia  della  grazia ,  e  fep- 
pero  efprimerh  ne’ loro  lavori;  e  fe  i  primi  a  ciò  non  giun¬ 
terò  ,  ne  fu  cagione  la  fublimità  delle  idee  loro  ,  e  la  rigida 
efattezza  del  loro  difegno  .  Quello  punto  merita  una  parti¬ 
colare  confiderazione  . 

jf.  11.  Que’gran  maellri  dello  Itile  fublime  non  altra 
bellezza  aveano  ricercata  fuori  di  quella  che  confitte  in  una 
perfetta  armonia  delle  parti  e  in  un’  efpreffione  fublime  : 
aveano  cercato  il  vero  bello ,  anziché  il  graziofo  .  E  poiché 

del 

Marziale  Hi.  4.  tpigr.39.  verf.  p.fegg.  t 

Solus  Praxitelìs  manus  ,  Scop&quc  , 

Solus  Phidiaci  tcreuma  etti  , 

Solus  Mentono s  habes  labores  ; 

ed  altri  predo  il  Volpi  nelle  note  a  Properzio 
lib.g.  eleg.z1.v-30,  pag.S+t, 


altri  Petronio  Satyr.  pag.311._t  Zeuxidis 
manus  vidi  nondum  vetuftatis  injuria  viciasj 
Silio  Italico  Sylv.  lib.i.  cap.p.  verf. 47.: 

Vidi  artes  ,  vetcrumque  manus  ,  variifque 
metalla 
Viva  modis . 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani.  113 

del  bello  una  fola  è  la  vera  idea  ,  che  è  la  più  fublime  e 
Tempre  limile  a  sè  fieffia  ;  perciò  quegli  artifèi  l’aveano  di 
continuo  prefente  alla  loro  immaginazione  ,  collantemente 
tendeano  ad  imitarla,  e  doveano  quindi  riufcirne  fomiglie- 
voli  i  lavori .  A  quella  cagione  probabilmente  afcrivere  dob¬ 
biamo  la  ralTomiglianza  che  lì  ravvila  fra  la  tefta  di  Niobe 
e  quella  delle  di  lei  figlie ,  tra  le  quali  non  fi  fcorge  altra 
differenza  fe  non  quanta  rifultar  ne  deve  dall’età  e  dal  gra- 
do  di  bellezza  : 

. facies  non  omnibus  una  ; 

Nec  diverfa  tamen  ,  qualem  decet  ejfet  fororum  ( a )  . 
jf.  12.  E  ficcome  era  regola  fondamentale  dello  filile  fu¬ 
blime  di  effigiare  sì  nel  volto  che  nell’atteggiamento  gli  dei 
e  gli  eroi  fcevri  di  tutto  ciò  che  dipendea  dai  fenfi  ,  liberi 
dagl’interni  tumulti  delle  paffioni ,  in  un  perfetto  equilibrio 
di  fenfibilità  ,  e  con  un’anima  tranquilla  Tempre  uguale  a  sè 
fieffia  ;  perciò  non  fon  effi  andati  in  traccia  d’una  certa  gra¬ 
zia  ,  nè  fi  hanno  efpreffia  .  E’  vero  però  che  a  ben  efprimere 
una  lignificante  ed  eloquente  tranquillità  d’animo  fi  richie¬ 
de  una  mente  affili  elevata  ;  poiché  l’imitazione  d’uno  fiato 
sforzato  ,  dicea  Platone  (*)  ,  può  in  varj  modi  efeguirfi  ; 
laddove  lo  fiato  d  un’  anima  tranquilla  e  faggia  nè  facilmen¬ 
te  s’imita,  nè  imitato  agevolmente  comprende!!  dal  volgo  . 

$.  13.  L’arte  cominciò  a  follevarfi  con  sì  efatte  e  rigide 
idee  della  bellezza  ,  come  ad  ingrandir!!  comincia  per  mezzo 
di  leggi  auftere  una  ben  governata  repubblica  .  Le  antiche 
figure  poffono  ,  come  già  s’è  detto  ,  paragonar!!  ai  femplici 

Tom.  IL  P  co- 

(<z)  Ovili.  Metam.  lìb.  z.  v.  13.  14..  quum  femperfbi  ipf  fi  fmìlìs ,  ncque  facile 

(*)  De  hepubl.  Lio.  op.  Tom. il. p.604-  '  pojfumus  imitar] ,  neque  dum  illum  imitaci 
TIoxx»,  pf/xiitu  xai  t  c  /  x  r  x  m  r  >  t»  àja-  injiituimus  ,  facile percipitur  a  turba  in  thea- 

rrurixòr ,  t»  cff  «ferii* -,r  Scc.  [  Mos  ille  ad  tram  videlicet  ex  variis  hominum  generibus 
querelai  ,  &  indig ..  tionem  feje  efundens  ,  confutate  :  affici  us  enim  ab  ipfs  alieni  ft 
plurimam  ,  multiplicemque  imitationem  cc-  imitatio  . 
pie  :  prudentem  vero  ,  &  gacatum  morem , 


LIB.VIII. 
CAP. II. 


LIB.  Vili. 
CAP. II. 


...  or  fubli- 
me  .  . . 


114  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

coltami  degli  uomini  di  que’ tempi.  I  primi  fucceflori  dei 
grandi  maeflri  dell’  arte  non  fecero  come  Solone  riguardo 
alle  leggi  di  Dracone ,  cioè  non  s’allontanarono  dalle  loro 
maflìme  ;  ma  come  i  più  accorti  legislatori  ,  temperando 
colla  faggezza  le  prifche  troppo  autiere  leggi ,  più  utili  le 
renderono  e  più  miti ,  così  quegli  artifli  fludiaronfì  di  av¬ 
vicinare  vieppiù  alla  natura  e  le  forme  che  dagli  antichi  era¬ 
no  fiate  difegnate  fecondo  un  fìftema  loro  proprio  ,  e  la 
beltà  fublime  che  nelle  flatue  de’  primi  maeflri  era  quali 
un’idea  attratta  dalla  natura  :  ne  rifultò  quindi  una  mag¬ 
gior  varietà  .  Deetl  intendere  in  quello  fenfo  la  grazia  ,  che 
diede  un  nuovo  rifalto  alle  opere  dello  Itile  bello  . 

jf.  14.  A  quella  Grazia  che,  hccome  le  Mufe  (a)%  non 
fu  venerata  che  fotto  due  divertì  nomi  pretfo  gli  antichi 
Greci  (b)  ,  fembra  che  tìano  pure  flati  attribuiti  due  diffe¬ 
renti  caratteri,  come  alla  madre  di  Amore,  di  cui  è  com¬ 
pagna  .  Una ,  Umile  della  Venere  celefte  ,  è  di  più  fublime 
origine  ,  collante  ed  immutabile  ,  come  le  leggi  eterne 
delfarrnonta  ,  di  cui  effa  è  figlia  ;  e  a  quella  ebbe  mente 
Orazio  quando  nominò  una  loia  Grazia  ,  di  cui  le  altre 
due  fuppongontì  forelle  (e)  .  L’altra  ,  come  la  Venere  nata 
da  Dione  ,  è  più  foggetta  alla  materia  :  etfa  è  figlia  del  tem¬ 
po  ,  e  compagna  della  prima  Grazia  ,  olila  della  celefte  ,  per 
annunziarla  a  coloro  che  non  ne  fanno  i  miflerj  .  Dilcen- 
de  volentieri  dal  fublime  fuo  grado;  e  compiacente,  fenza 
però  avvilirti  ,  fi  comunica  a  coloro,  che  la  vanno  conlìde- 
rando  ;  non  è  foverchiamente  avida  di  piacere  ,  ma  nem¬ 
meno  ama  di  rimanerti  negletta  o  non  curata .  All’oppoflo 
la  prima  Grazia  ,  compagna  degli  dei  (d)  ,  fufficiente  a  sè 

flef- 

(a)  Confer  Liceti  Refponfa  de  qu&C.  per  (c)  Carni,  lib.  3.  od.  r  p.  verf.i  6. ,  Itb.  4. 
tpift.pag.66.  "  od.  7.  verf.  /. 

(/>')  Pauf.  lib.  2.  cap.i  S.  pag.zj4.  liti. 28.,  (à)  Hom.  Hymn.  in  Veri,  vcrj.gj.  [  Le  di- 

lib.  p.  cap.  3 $.  pag.  pSo.  V,  Eurip.  Iphig.  in  cc  tutte  tre  compagne  degli  dei , 

Aal.  verf.  jjj. 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani  .  1 1  ; 

della  non  fi  offre  ,  ma  vuol  edere  ricercata  :  e  troppo  fu- 
blime  è  l’elTer  fuo  per  renderli  comunemente  fenfibile  ,  poi¬ 
ché  al  dir  di  Platone  (*) ,  la  cofa  fuprema  non  ha  immagi¬ 
ne  .  Ella  s’intertiene  coi  favj ,  ma  ritrofa  fi  moflra  ed  aufiera 
colla  gente  incolta  e  vile  :  nafconde  le  pallioni  dell’anima , 
perchè  fi  avvicina  alla  tranquillità  della  natura  divina  ,  cui  i 
grandi  ardili ,  giuda  fefprellìone  degli  antichi  fcrittori ,  ftu- 
diavano  di  rapprefentarfi  ( a )  .  Quello  però  ,  che  in  eda  Ru¬ 
llerò  fembra  e  inelegante,  può  radbmigliarfi  alle  frutta  acri , 
le  quali  ,  fecondo  l’ olfervazione  di  Teofrallo  (b)  ,  d’ordi¬ 
nario  più  odorole  fono  che  le  dolci  ;  e  fi  fa  altronde  che 
penetrante  elfer  deve  e  fenfibile  ciò  che  ha  da  muovere  ed 
allettare  .  I  Greci  hanno  paragonata  la  prima  Grazia  coll’ar¬ 
monia  jonica  ,  e  la  feconda  colla  dorica  ( c )  ;  e  noi  potrem¬ 
mo  radomigliarle  ai  due  diverfi  ordini  d’architettura  di  quel¬ 
le  delle  nazioni  . 

$■  i  J.  Il  padre  de’ poeti  Omero  (d)  conobbe  queda  Gra¬ 
zia  ,  che  s’introduce  ne’ lavori  dell’arte  ,  e  la  rapprefentò 
fiotto  la  figura  della  bella  e  leggermente  vedita  Aglaja  o 
Talia  ,  conforte  di  Vulcano  (e)  ,  che  perciò  gli  vien  data 
per  compagna  di  layoro  (/)  nella  creazione  della  divina 
Pandora  (g)  .  La  Grazia  è  queda  ,  che  Pallade  versò  fovra 
Ulifie  (h)  ,  e  di  cui  cantò  il  fublime  Pindaro  (i)  .  A  lei  fi 
confecrarono  gli  artidi  dello  dile  fublime  :  guidò  eda  lo 
fcarpello  di  Fidia  nella  formazione  del  Giove  olimpico , 

.  *  P  2  nel- 


(*)  inVolit.  op.  Tcm.il.  pag.  286.  princ. 

Taii  cf  ai  /iiyirtit  xal  riyiuntirci  tv« 

fnv  tf'/'uxc,  ai/,,  ifìt  7cVs  avfifwsrcvc  . 

[  Rerum  porro  ilìarum  ,  quorum  maxima  & 
grai  iffima  fune  momento  ,  nulla  ejì  tam  ejf- 
caciter  exprefa  imago  >  ad  hominum  fenjum 
Ctptumci  e  efformara  . 

( a )  Plato  II  Republ.  lib. 2.  oper.  Tom.  il. 
P£g.  377.  E.  f  P  iprende  i  poeti ,  e  i  pittori , 
che  lapprefenta'ano  la  divinità  con  tutt’altri 
attributi  da  quelli ,  che  le  convenivano . 


(b)  De  cauj.  plant.  lib.  6.  cap.  2  2 . 

(cj  V.  Arili.  De  Republ.  lib. 8.  c.7.  f  Tratta 
dell’arrroma  dorica  e  della  frigia  ,  e  delle  lo¬ 
ro  diverfe  qualità  . 

(<f)  lliad.  lib  i  8 .  verf.38 2. 

(e)  ibid.  verf.38  3. 

(/)  Piate  in  Poli:,  op.  Tom. il.  p. 274.  C. 

( g )  Helìod.  Thecgcn.  verf.$2  2. 

0i)  Pie m.  OdiJJ.  lib.8 .  verj.i  8. 

(/)  Oiymp.  1.  yerj.  g.  [Parla  del  fole  di 
mezzo  giorno , 


LIB.  Vili. 
CAP.  II., 


LIB.VIII. 
CAP.  li. 


...  or  piace¬ 
vole  . . . 


116  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

nella  cui  bafe  vedeafi  rapprefentata  collo  ftefìo  Giove  fui 
cocchio  del  Sole  (a)  .  Della  fu  che  l’arco  altiero  delle  di 
lui  fovracciglia  amorevolmente  piegò  nella  forma  che  diffat- 
ti  avea  la  figura  originale  dell’artifta  ,  e  fui  di  lui  maefto- 
fo  Iguardo  parve  verfare  la  dolcezza  e  la  beneficenza  .  Fu 
della  che  aftìftita  dalle  fue  forelle ,  dalle  dee  delle  ftagioni  e 
della  beltà  ,  coronò  in  Argo  la  tefta  di  Giunone  ( b )  educata 
da  quelle  dee  (c)  :  tefta  che  dirli  poteva  opera  fua  ,  perchè 
a  lei  fomigliante  ,  e  perchè  guidata  avea  la  mano  di  Po- 
licleto  in  efeguirla  .  Ella  l’innocente  e  coperto  forrifo  es- 
primea  della  Sofandra  di  Calamide  ,  e  nafcondeafi  con  bella 
modeftia  fulla  di  lei  fronte  e  negli  occhi  ,  e  nella  elegante 
femplicità  del  getto  del  di  lei  panneggiamento  fcherzava . 
Da  ella  ajutato  e  condotto  il  gran  maeftro  della  Niobe  lì 
follevò  alla  regione  delle  idee  incorporee  ,  ed  arrivò  al  fe- 
greto  di  unire  fui  medefimo  volto  le  angofce  di  morte  colla 
più  fublime  bellezza;  e  divenne  creatore  di  que’puri  {piriti , 
e  di  quelle  anime  celefti  ,  le  quali  fenza  punto  muovere  i 
fenfi  eccitano  la  mente  a  contemplare  la  perfetta  bellezza. 
Quelle  figure  dilfatti  fembrano  non  eflere  ftate  formate  per 
le  paflìoni ,  ma  folo  averle  adottate  . 

jf.  1 6.  Gli  artifti  dello  ftile  bello  accoppiarono  colla  pri¬ 
ma  la  feconda  Grazia  ;  e  come  prelfo  Omero  Giunone  pren¬ 
de  il  cinto  di  Venere  per  comparire  più  amabile  agli  occhi 
di  Giove ,  così  que’gran  maeftri  ftudiaronfi  di  accompagnare 
la  beltà  fublime  con  una  grazia  più  fenfibile  ,  e  di  rendere 
il  grandiolo  più  gradito  per  mezzo  di  quella  piacevolezza 
che  ci  previene  .  Quefta  Grazia  piacevole  fi  fè  vedere  a  prin¬ 
cipio  nella  pittura  ,  per  cui  alla  fcultura  fi  comunicò  .  Il 
pittore  Parrasio  divenne  per  efla  immortale  ;  a  lui  primo 

fi  pa- 

(u)  Pawf.  lib.j.  c.i  r .  p<rg.  4.0$.  princ .  (t)  idem  lib,  2.  c.i  pag.14.Os  in  fine . 

<0)  id.  lìt>.2.  lin*  20. 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani.  117 

fi  palesò  ,  ma  non  tardò  poi  più  d’un  mezzo  fecolo  a  com¬ 
parire  fui  marmo  e  fui  bronzo  :  che  tanto  tempo  appunto 
fcorfe  fra  Parrasio  coevo  di  Fidia  e  Prassitele  ,  le  cui 
opere ,  da  quanto  fi  fa  ,  per  una  particolar  grazia  da  quelle 
de’  fuoi  predeceflori  diftinguevanfi  (a)  . 

jf.  17.  Come  Parrasio  può  dirli  il  padre  di  quella  Gra¬ 
zia  nell’arte  ,  cosi  Apelle  (/>)  dirfene  porrebbe  il  pittore, 
poiché  feppe  renderfela  propria  (c)  ;  e  quella  fola  ,  ad  efclu- 
lìone  delle  altre  due  forelle ,  efprelfe  in  un  fuo  quadro  (d) . 
Può  qui  oflervarfi  che  entrambi  quelli  grandi  ardili  fon  nati 
fotto  il  voluttuofo  clima  della  Jonia,  e  in  un  paefe  ,  ove 
qualche  fecolo  prima  era  flato  dotato  della  Grazia  fublime 
il  padre  de’  poeti  :  poiché  fappiamo  elTere  fiata  Efefo  la  pa¬ 
tria  dei  due  tnentovati  pittori  ;  e  forfè  Apeile  da  un  altro 
Apelle  venuto  a  Smirne  colle  Amazzoni  traeva  l’origine  ;  e 
avea  così  qualche  confanguinità  con  Omero  ,  fra  i  di  cui  an¬ 
tenati  quell’ Apelle  s’annovera  (e)  .  Parrasio  dotato  d’una 
tenera  fenfibilità  ,  fu  cui  pur  influiva  la  dolcezza  del  clima, 
ed  illruito  da  un  padre  ,  che  aveafi  acquillata  della  riputa¬ 
zione  nell’arte ,  portoli!  ad  Atene ,  ove  divenne  l’amico  del 
favio  ,  del  maeftro  della  grazia  ,  Socrate  ,  il  quale  la  fece 
conofcere  a  Platone  e  a  Senofonte  . 

jf.  18.  La  varietà,  che  s’introdufle  allora  nell’efpreflìo- 
ne  ,  non  nocque  punto  all’armonia  e  alla  grandezza  dello 
ftile  bello.  L’anima  allora  fi  manifeftò  ne’lavori,  come  fot¬ 
to  una  tranquilla  fuperficie  d’acqua  ,  e  non  mai  con  impe¬ 
to  e  violenza  .  Nell’efpreflione  di  patimenti  ,  il  più  acerbo 
dolore  ,  come  nel  Laocoonte  ,  reftava  rinferrato  nell  inter¬ 
no  ;  e  la  gioja  ,  come  molle  auretta  che  appena  fcuote  le 

fron- 

(12)  Lucian.  Imag.  §.  6.  op.  Tom. il.  p.4.63.  (e)  Suida  v.  "0/unpe  t.  [Dice  che  Meone 

W  Plin.  lib.fj.  c.i 0.  feci. 36  figlio  di  Apelle  ,  e  padre  di  Omero  venne  a 

(0  JEUzn.  V ar.  hift.  lib.t  z.  cap.4.1 .  Smirne  colle  Amazzoni  • 

W)  Paul.  lib,g,  c.jj.  pagati  1.  in  fine , 


LIB.V1II. 
CAP.  II. 


e 


LIB.  Vili. 
CAP.  II. 


. .  .or  balta  e 
comica . 


r  1 8  Progressi  e  Decadenza  dell  Arte 

5  rondi ,  Tpandevafi  leggermente  fui  vifo  ,  qual  vedefi  in  una 
Leucotea  del  Campidoglio  (a)  ,  e  nelle  tette  Tulle  monete 
delTifola  di  NafTo  .  L’arte  filofofava  colle  paflioni ,  come  con 
ette  ,  al  dir  d’Arittotele ,  fìlofofa  la  ragione  :  <rv[ji$t\oro($à 

70/ $  77et9ìrl  . 

jf-  19.  Siccome  non  è  sì  facil  cofa  il  diftinguere  la  Gra¬ 
zia  Tubiime  dalla  piacevole  ,  per  darne  una  chiara  idea  a  co¬ 
loro  almeno  che  Tono  al  caTo  di  veder  Peonia  ,  indicherò  due 
monumenti ,  Tu  i  quali  Te  ne  potranno  ttudiare  le  differenze  . 
Vadali  nel  palazzo  Barberini  ,  e  ivi  fi  veda  la  prima  Grazia 
Tubiime  in  una  MuTa  maggiore  della  grandezza  naturale  ,  che 
tiene  in  mano  una  grande  lira  ,  /3*'p/3iroi;  :  quetta  ttatua  ,  a 
mio  credere,  è  verofimilmente  opera  ò’Agelada  maettro  di 
Policleto  ,  come  fi  dirà  più  fiotto  ,  e  perciò  anteriore  a 
Fidia  .  Mentre  fi  ha  ancor  freTca  in  mente  l’ immagine  di 
quetta  MuTa  ,  fi  palli  nel  vicino  orto  del  Quirinale  ,  e  vi  s’ofi- 
Tervi  un’altra  MuTa  colla  medefima  lira  ,  e  collo  tteffb  pan¬ 
neggiamento  .  Paragonando  allora  l’una  coll’altra  ,  nella  bel¬ 
la  e  avvenente  tetta  della  Teconda  fi  ravvifierà  chiaramente 
efprefla  la  Grazia  piacevole  (b)  . 

jf.  20.  Sì  la  piacevole  che  la  Tubiime  Grazia  Tol  conven¬ 
gono  ,  com’  ognuno  ben  Tente  ,  alla  bellezza  ideale  e  Tubli- 
me  ,  nella  di  cui  rapprefientazione  debbono  cffere  efiprefle  . 
L’azione  della  Grazia  però  anche  più  s’ettende  ,  e  trovali 
TparTa  Tu  quelle  Torme  eziandio  ,  che  non  hanno  la  perfietta 
idea  della  beltà ,  appunto  per  Tupplire  col  graziofio  alla  man¬ 
canza  del  bello  .  Quetta  è  la  Grazia  infieriore  ,  propria  prin¬ 
cipalmente  de’puttini,  ne’ quali  le  Torme,  che  cottituificono 

il 

(a)  Parla  forfè  della  tetta  data  nei  Monum.  pollo  Palatino  di  Scopa  lodato  da  Plinio  /.  •? 6. 

antichi  ined.  num.  jp.  c.  j .  jcci  4.  §.  7.  ;  e  il  fuo  merito  non  e  tanto 

(b)  Quefta  ftatua  palfata  ora  al  Mufeo  quanto  crede  qui  il  noflro  Autore  ;  ma  bensì 
Pio-Clementino  ,  e  data  in  rame  nel  Tomo  I.  da  un’idea  di  buon  originale  .  Della  Mula  di 
di  elfo  Tav.  23. ,  viene  riconofciuta  dal  lig.  Barberini  .vedi  apprclTo  lib.  IX.  capo  1.  §.  zi, 
abate  Vifconti  per  una  copia  del  famofo  A- 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani.  119 

il  bello  ,  non  fono  ancora  interamente  fviluppate  ;  onde  delle 
altre  due  prime  Grazie  non  fono  ancor  fufcettibi li  .  Potrebbe 
quella  Grazia  chiamarli  comica ,  dando  alle  altre  due  l'ag¬ 
giunto  di  tragica  e  d’epica  . 

jf.  21.  La  Grazia  comica  lì  vede  efprelfa  nelle  tefle  d’al- 
cuni  Fauni  e  di  qualche  Baccante  per  mezzo  d’un  rifo  gio¬ 
viale  ,  per  cui  gli  angoli  della  bocca  tendono  in  fu  ;  e  olfer- 
valì  che  ,  ove  la  giovialità  vien  efprelfa  da  quelli  tratti  ,  il 
volto  ha  fempre  un  profilo  volgare  e  compreffo  ,  odia  il 
nafo  incavato  .  Quella  Grazia  è  propria  eziandio  alle  tefle 
del  Correggio;  onde  Grazia  Correggeva  vien  detta,  avendo 
elle  il  teilè  mentovato  carattere  . 

jf.  22.  Può  quindi  fpiegarli  in  qual  fenfo  predo  Platone 
la  voce  sV/^atp/s  ,  graziofo  ,  prendeali  come  linonimo  di  <ri/xo's , 
di  nafo  compreffo  o  limo  ( a )  ,  e  perchè  Arilleneto  (è)  dice 
fu  He  tracce  dello  ilefìò  Platone  ;  ù  6  fx'v  Tiq  twv  viav  ori 
<riuòs ,  p/$  7rxpx  <rot  kA\iS-&s  t -T zivèt t ou  .  Quella  voce  cri- 

fxòs  ligniùca  propriamente  un  nafo  incavato  ,  ed  è  il  contra¬ 
rio  di  ypu7rò<;  ,  che  denota  un  nafo  foderato  ed  aquilino, 
nel  cui  oppoflo  pare  a  prima  villa  non  poterli  efprimere 
nelfuna  grazia  .  Da  Lucrezio  però  polliamo  ricavare  intorno 
a  ciò  qualche  lume  ,  e  giullificare  Platone  ,  argomentando 
fecondo  il  noto  alhoma  de’ matematici  che,  fe  due  cole  con¬ 
vengono  con  una  terza  ,  convengono  pur  fra  di  loro  .  Prelfo 
il  poeta  latino  limo  (  fimulus  )  prefo  dal  greco  < ri/aòq  è  un 
finonimo  di  "EiAivot; ,  Sileno,  di  cui  è  pur  linonimo  eV/^ap/5 , 
graziofo  ,  elfendo  prelfo  i  Greci  comprefi  fotto  il  nome  di  Si¬ 
leno  eziandio  i  Satiri  e  i  Fauni  ,  dei  quali  è  propria  una 

cer- 

00  De  RepubJ.  /.j-,  0p.  Tom. ri.  p. 4.74.  D.  gratiofus  a  vobis  dicicur ,  &  eo  nomine  Un¬ 
ii  oi/x  ovts  »o/iìrs  rpà;  rad'  «usi'  ;  l  uìr  datur  edam  :  aquilinum  ,  regium  appelUtis  . 

(A)  iib.t.  epifi.iS.pag.i  2f.  Itaquejuye- 
vpu  1  .  toù  J'ì  t»  >pu»ò»  ,  (3*tì \/xò*  num  fi  quis  fimus ,  laudai  tanquam  concin- 
ipart  «Tra;  .  [  Nonne  ita  foletis  effe  affecii  num  , 
ergaformofos  i  Hit  nimirum  quia  fimus  eji , 


LIB.VIII. 
CAP. II. 


LIB.  Vili. 
CAP.  II. 


v. 

Delle  figure 
de  pur  uni . 


120  Progressi  i  Decadenza  dell’Arte 

= certa  grazia.  Quindi  pure  fi  fpiega  come  per  quefia  grazia, 
che  chiamammo  anche  grazia  fanciullefca ,  l’efprefiìone  oi/xà 
ythav ,  applicata  all’Amore  in  un  greco  epigramma  (a)  ,  deb¬ 
ba  intenderli  non  del  nafo  fimo  ,  ma  del  di  lui  furbo  c  in¬ 
ficine  graziofo  forrifo  ;  e  perciò  in  un  altro  epigramma  vien 
nominato  lo  fteflo  Amore  fenza  raggiunto  di  er/juo'c  ( b )  . 

jf.  23.  Per  dare  una  più  chiara  idea  di  quefia  grazia  ad¬ 
durrò  qui  ad  efempio  una  non  guafia  tefia  della  fiatua  d’una 
Baccante,  efifiente  nella  villa  Albani .  Non  potendo  efia  cre¬ 
derli  un  ritratto  copiato  da  un  volto  naturale ,  deve  confide¬ 
rai  come  una  bellezza  ideale  ;  e  ciò  non  oftante  ha  un  pro¬ 
filo  incavato  ,  e  gli  angoli  della  bocca  e  gli  occhi  tirati  in 
fu  alla  maniera  d’alcuni  Fauni  ;  dal  che  deggiamo  inferire 
che  gli  antichi  artifii  nelle  figure  delle  Baccanti  ,  comechè 
ideali ,  efprimelìero  quella  che  grazia  chiamava!!  da  Sileno  o 
da  Fauno  .  Sovviemmi  a  quello  propofito ,  che  i  Romani  per 
giuoco  chiamarono  fimo  l’imperator  Galba  (c)  ,  febbene  al¬ 
tronde  avelie  quelli  un  nafo  aquilino  (a)  .  L’autore  del  mufeo 
Capitolino  unifce  infieme  quelle  due  proprietà  ,  e  ci  narra 
feriamente  che  Galba  non  folamente  aveva  il  nafo  aquilino ,  ma 
anche  fchiacciato  (d)  ,  fenza  riflettere  che  ciò  rinchiude  una 
manifella  contraddizione  .  I  commentatori  di  Suetonio  non 
toccano  punto  quella  difficoltà ,  che  a  mio  parere  vien  Li¬ 
bito  fciolta  ,  ove  la  voce  fimo  prendali  qui  per  antonoma- 
fia  ,  come  dicono  i  grammatici  ,  cioè  dicendo  per  giuoco 
l’oppollo  di  quello  che  fi  vuole  lignificare  ;  e  in  tal  cafo 
chiamarono  fimo  o  nafo  fchiacciato  quell’imperatore  per 
beffeggiare  il  rilevato  fuo  nafo  . 

$•  24.  Ignoriamo  fe  gli  artifii  dello  fìile  fublime  ,  che 
aveano  per  ilcopo  le  figure  perfette  de’  corpi  adulti ,  fianfi 

ab- 

(d)  Anthol.  lib.  7.  n.  1  j.  v.  4.  edic.1600,  (c)  Suet.  in  Galba  ,  cap.13. 

pag.jS  j.  [  Simis  naribus  ridens  .  (a)  Lo  fteiTo  ivi  ,  cap.21. 

(£)  ibid.pag.j8j.fcq.  (d)  Bonari  Muf.  Capic,  Tom.  il.Tav.i g. 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani.  121 

abbacati  fino  ad  imitare  le  forme  de’  bambini  incomplete  e 
di  fuperflua  carne  ridondanti  .  Sappiamo  però  che  i  loro 
fuccelfori ,  lavorando  nello  ftile  bello  ,  mentre  cercavano  il 
delicato  e’1  piacevole  ,  rapprefentarono  fovente  la  natura 
qual  fi  vede  nella  prima  fanciullezza  .  Aristide  ,  che  dipin- 
fe  una  madre  morta  col  figlio  alle  poppe  (a)  ,  avrà  proba¬ 
bilmente  dipinto  in  quello  un  puttino  da  latte  .  L’  Amore 
filile  più  antiche  gemme  fu  rapprefentato  non  come  un  bam¬ 
bino  ,  ma  come  un  giovanetto  ,  qual  vedelì  fu  una  bella 
gemma  del  commendator  Vettori  a  Roma  (b)  ,  la.  quale,  a 
giudicarne  dalle  lettere,  con  cui  è  fcritto  il  nome  dell* in- 
cifore  $Prn//OS  ,  è  una  delle  più  antiche  che  abbiano  il 
nome  dell  artefice  .  Ivi  Amore  è  giacente  ,  fe  non  che  alcun 
poco  fi  folleva  come  per  giuocare  ;  ha  grandi  ale  d’aquila, 
quali  dar  loleanfi  ne  primi  tempi  dell’arte  a  tutte  quali  le 
divinità  ,  e  tiene  una  conchiglia  aperta  della  fpecie  delle  bi¬ 
valve  .  I  fuccefiori  di  Frigillo  come  Solone  e  Trifone  fece¬ 
ro  1  Amor  più  bambino  ,  e  più  brevi  ale  gli  diedero  :  fotto 
tal  forma,  nella  maniera  de’ puttini  del  Fiammingo  ,  fi  vede 
1  Amore  fu  moltifiìme  gemme  .  Così  pure  formati  fono  i 
puttini  fulle  pitture  d’ErcoIano  ,  e  fpecialmente  fu  una  di 
fondo  nero  ;  e  lono  della  della  grandezza  ,  come  le  belle  fi¬ 
gure  delle  danzatrici  ivi  dipinte  . 

Jf.  2$'.  Fra  i  più  bei  puttini  di  marmo  elìdenti  in  Roma 
meritano  d  edere  annoverati  un  Cupido  dormente  nella  vil¬ 
la  Albani ,  un  puttino  che  giuoca  con  un  cigno  nel  Campi¬ 
doglio  (r)  ,  uno  che  cavalca  una  tigre  nella  villa  Negro- 
Tom.IL  6  ni 


^in/  li.b-?S-  cap.io.  fea.36. 

\.b)  Dejcrtption  dts  pitrr.  grav.  au  Cab.  de 
òtojcn  ,  cl.z.  Jefl.i  1.  n.y 3 1 .  pag.i  37. 

(c)  MuJ.  Capir.  Tom.  ni.  Tav.  64.  [  Sen¬ 
za  perdei  fi  in  rante  fpeculazioni ,  come  ha 
fatto  morfigr.or  Bottari  nella  fpiegazione  di 
quella  figura  ,  che  erede  un  {imbolo  dell'  in¬ 
verno  ,  io  crederei  che  ella  non  fofle  altro 
che  una  copia  di  un  conlunile  gruppo  fatto 


in  bronzo  dal  famofo  Boeto  di  un  fanciullo, 
che  in  una  maniera  graziofa  ftrozzava  un’ 
oca  :  infans  eximie  anferem  firangulat ,  co¬ 
me  fcrive  Plinio  lib.34..  cap.8  feti.  1  p.  §.2.?./ 
ttafportato  dalla  Grecia  in  Roma  da  Nerone, 
e  collocato  da  Vefpafiano  nel  tempio  della 
Pace  ,  come  fembra  poterli  raccogliere  da 
ciò  ,  che  fitgue  a  dire  Plinio  . 


122  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

=r==  ni  (a)  ,  ove  pur  fono  due  Amorini  ,  de’  quali  uno  fa  paura 
gap  n'  all  altro  con  una  mafchera  ;  e  quelli  ballar  poflono  a  mo- 
flrarci  quanta  abilità  avellerò  gli  antichi  ardili  a  ben  imi¬ 
tare  la  natura  nell’età  fanciullefca .  Il  più  bel  puttino  però 
che  ci  relli  dell  antichità  ,  febbene  mutilato  ,  è  un  Satiretto 
di  circa  un  anno  ,  e  di  grandezza  naturale  ,  elìllente  nella 
villa  Albani:  è  quello  in  alto  rilievo,  e  tale  che  ne  fporge 
fuori  quali  intera  la  figura  :  egli  ,  coronato  d’ellera  ,  Ila 
bevendo  (  probabilmente  da  un  otre  che  vi  manca  )  sì  vo- 
luttuofamente  e  con  tanta  avidità  ,  che  le  pupille  fon  del 
tutto  rivolte  alfinsu  ,  e  appena  vedefi  una  traccia  della  llella 
dell’occhio  che  è  incavata  (b)  .  Quello  pezzo,  e’1  bell’ Ica¬ 
ro  ,  a  cui  Dedalo  attacca  le  ale  ,  lavorato  in  fimil  manie¬ 
ra  (a)  ,  fono  flati  fcoperti  alle  radici  del  monte  Palatino  dal¬ 
la  parte  del  Circo  Mafiìmo  .  I  fin  qui  addotti  monumenti 
polfono  fervire  a  dillruggere  un  antico  generalmente  rice¬ 
vuto  pregiudizio  che  gli  antichi  nel  rapprefentare  i  puttini 
fieno  flati  inferiori  ai  moderni  . 

jf.  26.  Quello  flile  bello  dell’arte  greca  s’  è  mantenuto 
per  un  tempo  confiderevole  dopo  Alelfandro  il  Grande  in 
varj  ardili ,  i  cui  nomi  fino  a  noi  pervennero  ,  come  dimo- 
ftrerò  in  apprelTo ,  traendone  argomento  sì  dai  marmi  che 
dalle  monete  . 


(a)  Di  cui  fi  è  parlato  nel  Tomo  l.p.  39 1. 
noe.  a. 

(b)  Quello  Satiretto ,  o  ,  a  parlare  più 
propriamente  fecondo  l'ufo  degli  antichi  Ro¬ 
mani  ,  Faunetto  ,  ora  è  fallato  al  Mufeo  Pio- 
Clemenrino  ;  e  gli  è  fiata  adattata  nel  re- 
fiaurarlo  una  piccola  tazza  in  atto  di  acco- 
fiarfela  alla  bocca  con  ambe  le  mani  ,  e  di 
bere .  Nello  ftefio  Mufeo  vi  è  un  altro  bel- 
lillimo  putto  ,  anche  in  marmo  bianco ,  il 
quale  puerilmente  ftende  la  mano  fopra  un' 


oca  ftando  appoggiato  fu  d'  un  fianco  .  Può 
dirli  di  circa  un  anno  conliderandofene  la 
pinguedine  conveniente  a  quella  età  ,  e  il  non 
avere  denti  benché  abbia  la  bocca  aperta  .  È 
fiato  trovato  in  uno  fcavo  fatto  non  è  gran 
tempo  vicino  a  Genzano  .  Altri  belli  putii  in 
marmo  li  trovano  in  altri  mufei  di  Roma  ,  e 
in  qualche  cafa  privata  ,  che  potrebbero  qui 
annoverarli  . 

(a)  Monum.  ant.  ined.  num.gf,  [  e  nella 
ftelfa  villa  Albani  nel  calino  . 


Ca- 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani  . 


123 


LIJB.VIU. 

CAP.nr. 


C  A  P  O  I  I  I. 


Decadenza  delle  arti  del  difegno  prejfo  i  Greci  .  .  .  cagionata,  dalla 
fpirito  d’imitazione  ...  dalla  foverchia  diligenza  nelle  piccole 
cofe  ...  e  dall’  introdottofi  Jìile  egiziano  —  Caratteri  dello  Jìile 
nella  decadenza  dell’ arte  —  Fecerfi  allora  molti  ritratti  ,  e  poche 
Jìatue  .  .  .  ed  una  poco  fiiblime  idea  fi  ebbe  della  beltà  negli  ulti¬ 
mi  tempi  -  Sono  di  quefla  età  quafi  tutte  le  urne  fepolcrali  —  La¬ 
vori  fatti  fuor  di  Roma  —  Buon  gufo  fifienutofi  malgrado  la  deca¬ 
denza  -  Monumento  firavagante  e  informe  ,  che  pur  fi  lavoro  di 
greco  fcarpello  —  Recapitolazione  —  Avvertimento  . 


Aveano  gli  antichi  arridi  sì  bene  ftudiate  le  proporzioni  e 
le  forme  della  bellezza  ,  ed  aveano  sì  precifamente  determi¬ 
nati  i  contorni  delle  figure  che  ,  lenza  contravvenire  alle 
regole ,  nè  eftenderfi  poteano  in  alcun  modo  nè  riftringerfi . 
L’idea  del  bello  era  (lata  portata  al  più  alto  grado  ;  e  poi¬ 
ché  le  cofe  umane  hanno  un  punto  fiffo  e  (labile  ,  l’arte 
che  far  non  poteva  ulteriori  progredì ,  dovè  retrocedere ,  e 
decadere  . 


Decadenza 
«ielle  aiti . . . 


jf.  1.  Gli  dei  e  gli  eroi  edendo  (lati  rapprefentati  in  •  •  cagionata 
tutte  le  politure  e  le  azioni  podìbili  ,  troppo  difficil  era  d'imitazione... 
l’immaginarne  delle  nuove  (1)  ,  e  s’aprì  in  tal  guifa  la  via 
all’  imitazione  .  Quella  limitava  e  deprimeva  lo  fpirito  ,  e 

Q_  2  qu  an- 


(1)  E  egli  poi  vero  quanto  qui  afferifee 
1  Autore  ,  che  gli  dei  e  gli  eroi  fieno  flati 
rapprelentati  lotto  tutti  gli  attcggiamecti 
pollìbili ,  e  che  la  Comma  delle  forme  £a  fia¬ 
ta  ,  a  così  dire,  efaufta  ,  talché  fia  di  poi 
riufeito  impofiibile  l' immaginarne  delle  nuo¬ 
ve  ì  Volendoci  noi  attenere  all'arte  fteffa  del 
difegno  ,  riconofcercmo  di  leggieri  che  un 
foggetto  Colo  può  effer  efprclTo  in  molte  e 
Tempre  nuove  maniere  .  In  quante  guile  non 
è  mai  fiata  dipinta  la  facra  Famiglia  non  fo- 
lamente  da  più  pennelli  eccellenti ,  ma  dal 


Colo  Raffaello  ,  lenza  che  nondimeno  fiafi 
efaufia  la  materia  ;  Se  gli  artifti  aveffero  con¬ 
tinuato  ad  eflere  fedeli  ed  efatti  imitatori  de' 
loro  maeftri  ,  non  farebbe  al  certo  decaduta 
l'arte  ,  finche  almeno  mancato  non  foffe  chi 
con  premj  e  con  mercedi  avelie  fomentata 
ne'  medefimi  la  nobile  emulazione  .  Il  rifor- 
gimejno  delle  arti  in  Italia  ebbe  il  fuo  prin¬ 
cipio  dall  imitazione  delle  opere  grandi  de¬ 
gli  antichi .  La  cagione  per  tanto  della  deca¬ 
denza  dell'arte  ,  le  affolliamo  Vitruvio  /.  7. 
eap.  f.  ,  è  fiato  un  certo  fpirito  di  novità  , 


1-24  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

=g=—  "  quando  non  fi  poteva  fuperare  Prassitele  e  Apelle  ,  nem- 
CAp  n  meno  11  riulciva  a  pareggiarli:  ]  imitatore  rimaneva  Tempre 
'  al  di  fiotto  del  fino  modello  .  E’  avvenuto  all’arte  come  alla 
filofiofia  ;  e  v  ebbe  in  quella  come  in  quella  degli  eclettici 
o  raccoglitori  che  ,  non  avendo  ballante  genio  per  inven¬ 
tare,  filudiaronfi  di  unire  in  un  fiolo  quel  bello  che  in  molti 
vedeano  difiperfio  .  E  ficcome  gli  eclettici  ,  fatti  copi  Hi  della 
filofiofia  delle  diverfie  ficuole  ,  poco  o  nulla  d’originale  fiep* 
per  produrre  (a)  ;  così  nell’arte  ,  quando  fi  tenne  la  mede- 
fima  via  ,  niente  piu  afpettar  fi  potè  d’originale  ,  e  perfet¬ 
tamente  coerente  nelle  lue  parti  .  Di  più  :  come  que’ filo- 
fofi  ,  facendo  gli  eflratti  delle  grandi  opere  degli  antichi  , 
furon  cagione  che  quelle  neglette  fi  perderono  ;  nello  Hello 
modo  i  raccoglitori  ed  imitatori  nelle  arti  del  difiegno  fece¬ 
ro  sì  che  traficuraronfi  i  lavori  originali  de’ gran  maeflri . 

chu^diligenza  ^ '  2'  ^P'r'to  d’ imitazione  ,  mancante  delle  cogni- 

rdk  piccole  zioni  necefiarie ,  rendè  il  difiegno  timido  ,  e  fi  cercò  di  fup- 

plire  al  fapere  per  mezzo  d’una  diligenza  minuta  ,  che  a  po¬ 
co  a  poco  degradandoli  venne  ad  occuparli  di  quelle  pic¬ 
cole  cole  che  nel  fiore  dell’arte  erano  a  ragione  traficurate, 
come  fivantaggiofie  alla  grandezza  dello  Etile  .  A  propofito  di 
quelli  arditi  ben  dille  Quintiliano  (a)  che  molti  avrebbono 
fatti  meglio  che  Fidia  Hello  gli  ornati  al  di  lui  Giove  olim- 


pcr  c«i  cfTendofi  lafciato  da  banda  il  vero  e  il 
naturale  feguitato  dai  maggiori ,  fi  fece  più 
cafo  dello  firavagante  e  del  maravigliofo . 
Secondo  Plinio  però  lib.  gp.  cap.i.  il  morivo 
è  fiato  il  gufto  pei  marmi  preziofi  ,  e  pei  la¬ 
vori  in  oro  ,  coi  quali  in  vece  di  quadri  co- 
privanfi  le  pareti  .  Un'altra  cagione  di  ciò  fi 
aflcgna  da  Petronio  Satyr.  pag.  gzg..  ,  cioè 
in  parte  una  infaziabile  avidità  di  ricchezze 
da  gettarli  poi  in  ogni  fona  di  vizio  ,  in  par¬ 
te  una  certa  torpidezza  di  fpirito  :  effetto 
della  totale  corruttela  de’  cofiumi ,  per  cui 
non  faceafi  verun  conto  delle  belle  opere 
dell'antichità  ,  oppure  divenivan  elle  l'ogget¬ 
to  della  critica  .  Secondo  i  diverfi  tempi  han¬ 
no  avuto  luogo  tutte  le  addotte  cagioni  del 


pi- 

decadimento  dell'arte  predo  gli  antichi  :  quel¬ 
la  indicata  da  Vitruvio  è  fiata  come  la  foriera 
delle  altre  ,  delle  quali  parlano  Plinio  e  Pe¬ 
tronio  .  Uno  fpirito  di  novità  ùmile  a  quel¬ 
lo  ,  di  cui  fi  querelava  Vitruvio  ,  ripiodottofi 
predo  molti  de'  moderni  artifti  ,  fecondato 
di  più  dal  genio  de’  ricchi  (ignori ,  ha  recata 
già  un  crollo  fenfibile  non  meno  alla  pittura 
che  alla  (tatuarla  ed  all’architettura  :  havvi 
motivo  di  temere  che  anche  le  altre  cagioni 
non  abbiano  alla  fine  a  portar  loro  un  colpo 
fatale  . 

(a)  Vegg.  Bruckero  Hiftor.  cric,  pkiloj. 
Tom.  il.  per.  il.  par.  I.  lib.  1.  c,  il.  feci.  Ir, 
pag.itg.fegg. 

(a)  Lift.  Orat.  lib.  z,  cap.g. 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani.  12 £ 

pico  (a)  .  Quindi  è  che  ,  (Indiando  efli  d’evitare  tutte  le 
pretefe  durezze  di  Itile  ,  e  di  tutto  efprimere  con  mollezza 
e  dolcemente,  renderono  bensì  più  ritondette  ,  ma  (nerva¬ 
te;  più  gentili,  ma  infignificanti  quelle  parti,  che  dai  loro 
antecefiori  erano  fiate  efprefìe  con  forza  ,  onde  infipida  e 
fiaccata  divenne  l’arte  medefima  ,  come  avvenir  fuole  ad 
un’  afcia  ,  che  ottufa  fi  rende  più  prefto  fui  molle  tiglio  , 
che  fulla  dura  quercia  .  A  quella  ltefla  cagione  deve  afcri- 
verfi  il  decadimento  della  bella  letteratura  ;  e  per  quella  la 
mufica  perdendo  ,  come  l’arte  ,  la  fua  mafchia  energia  (a)  , 
divenne  effeminata  e  molle  .  Si  guaita  fovente  il  buono  men¬ 
tre  con  troppo  raffinamento  fi  cerca  l’ottimo  ,  come  per  lo 
più  è  nocevole  alla  lalute  di  chi  fta  bene  il  volere  ftar  me¬ 
glio  .  Ma  in  quella  guifa  che  fi  fprezza  un  adulatore,  e  un’ 
anima  dura  e  inflefiìbile  s’ammira  ,  così  è  probabile  che  al¬ 
lora  i  veri  conofcitori  portafTero  lo  Hello  giudizio  fulle  ope¬ 
re  dell’arte  delle  quali  parliamo  ,  paragonandole  con  quelle 
dello  Itile  fublime  ,  anzi  con  quelle  che  erano  più  antiche 
ancora  .  Sotto  il  regno  degl’imperatori  o  poco  prima  co- 
rr/inciarono  gli  arditi  ad  efprimere  in  marmo  la  capigliatura 
cadente  e  fciolta  ,  e  ne’ ritratti  a  indicare  ben  anche  i  peli 
delle  fovracciglia ,  la  qual  cofa  dianzi  non  erafi  mai  prati¬ 
cata 


(a)  Forfè  Quintiliano  fe  averte  parlato  da 
artilla  avrebbe  dovuto  penfare  ,  e  dire  così  ; 
ma  dice  tutto  l'oppodo  ;  come  ha  rilevato  an¬ 
che  ii  lig  Falcone!  Sur  deux  ouvrag.  de  Phi- 
dias ,  auvr.  Tom.V.  p.i  op.  Egli  dice  ,  che  un 
valente  oratore  deve  Capere  anche  le  cofe 
piu  minute  dell’arte  oratoria  ;  e  lo  conferma 
col  paragone  di  Fidia  ,  dicendo  ,  che  altri¬ 
menti  farebbe  lo  Hello  ,  che  il  voler  preten¬ 
dere  ,  che  un  altro  artilla  avelie  fatto  meglio 
di  quel  gran  maedro  gli  ornamenti  della  (ta¬ 
tua  del  Giove  olimpico  :  Nifi  forte  Jovem 
quidem  Phidias  optime  fecit  ,  illa  auttm  , 
qua  in  ornameatum  operis  ejus  accedunt  ,  a- 
lius  meiius  elaboraffet  :  e  in  fatto  il  paragone 
c  giudo  ;  perchè  Fidia  appunto  fece  anche  gli 
ornamenti  della  fua  Ratua  ,  in  barto-rilicvo  , 
come  narrano  Paufania  lib.  j.  c.i  i.  pag.  4.02, 


feg.  ,  e  Plinio  lib.  qó.  cap.  p.  feci.  4.  §.  4 ■  ,  il 
quale  aggiugne  ,  che  erto  fece  vedere  con  tut¬ 
ti  quelli  lavori  ,  quanto  forte  eccellente  nel 
lavorare  in  piccolo  erme  in  grande  :  Hac  Junt 
obiter  dilla  de  artifice  numquam  fatis  lauda¬ 
to  :  fimu!  ut  nofeatur  i/lam  magrxitudinem 
aqua  lem  fuiffe  &  in  parvis  ;  e  lo  abbiamo 
notato  già  Copra  pag.  p.  ,  ove  lì  è  parlato  del¬ 
la  di  lui  maedria  nel  fare  balli-rilievi  .  Lo 
dello  Plinio  lib.  14.  can.S  feB.ip.  §.  6.  acce¬ 
da  di  Lilippo  ,  che  alTeflere  valente  nei  gran¬ 
di  lavori  aggiugneva  un  impegno  particolare 
nell' attendete  anche  alle  cole  più  minute: 
Propria  hujus  videntur  effe  arguti  a  operimi  , 
cufiodita  in  minimis  quoque  rebus  :  e  cosi  po¬ 
trebbe  farli  vedere  di  altri  de  pili  bravi  arditi. 

(a)  Plurarch.  De  mufica  ,  oper.  Tom,  il» 
pag.  1142.  B. 


LIB.  Vili. 
CAP.  III. 


1 26  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 


LJB.  Vili. 
CAP.  III. 


cata  in  marmo  .  Ciò  però  fi  è  fatto  nel  bronzo  ,  poiché  fu 
una  belliffima  teda  giovanile  di  quefto  metallo  unita  a  un 
petto  di  grandezza  naturale,  nel  regio  mufeo  Ercolanenfe, 
che  fembra  rapprefentare  un  eroe  (*)  ,  le  fovracciglia  fono 
mollemente  incife  full  olio  deH’occhio  ,  che  è  affai  affilato  (a)  . 
Si  quello  che  un  altro  bullo  femminile  d’eguale  grandezza 
fono  flati  fenza  dubbio  lavorati  ne’ buoni  tempi  dell’arte. 

Sap- 


(*)  Quefto  bufto  è  lavoro  d’Apollonio  fi¬ 
glio  d'Archia  ateniefe  ,  ficcome  appare  dall1 
ifcrizione  :  APOAAONIOZ  APXIOY  A- 
©HNAIOZ  EPOHXE  ,  non  già  APXHOY 
come  ha  letto  Bajardi  Cat.  de'Mon.  d'Ercol. 
num.zip.  pag.170.,  nè  EPOIHZE  ,  come 
vuole  Martorelli  De  reg.  th.  cal.  lib.2.  cap.p. 
pag.  4.24.  J1  primo  prende  EPOHSE  ,  che 
dovrebb’  edere  EnOIHSE  per  un’antica  ma¬ 
niera  di  fcrivere  ;  il  che  può  effer  vero ,  quan¬ 
do  fi  voglia  derivare  dall'antico  verbo  eolico 
to(m  .  V.  Chishull  Antiq.  afiac.  ad  infcr.  fig. 
pag.  gp.  Quefto  ftelfo  verbo  però  fi  trova 
ulato  da  alcuni  poeti  ,  Ariftoph.  Equit.  alì.i. 
fi.  3.  verfi  464.  ,  Theocr.  Idyl.io .  verf.qS.  , 
ed  alla  medefima  maniera  è  fcritto  nell’epi¬ 
grafe  della  Venere  Medicea,  e  in  un’altra 
ifcrizione  nella  cappella  di  Pontano  a  Napo¬ 
li  ,  de  Sarno  Vita  P ontani ,  p.97.  ,  la  quale 
certamente  è  d’un  tempo  pofteriore  .  Ho  pu¬ 
re  incontrata  quefta  voce  nell’ ifcrizione  fe- 
guente  ricavata  dai  mss.  di  Fulvio  Urlino , 
efiftenti  nella  biblioteca  Vaticana  : 

C  O  A  CjO  N 
A  I  A  Y  M  O  T 
TTXHTI 

enoHCg 
M  N  H  M  H  C 
X  A  P  I  N  . 

Trovafi  eziandio  fu  un’ ifcrizione  della  villa 
Altieri  ,  c  nella  raccolta  di  Caylus  Ree.  d' An¬ 
tiq.  Tom.  il.  Antiq.  grecq.  pi.  73.  ;  onde  non 
è  si  inufitata  ,  conte  pretende  Gori  Muf.  Fior. 
Statuti  j  Tab.  26.  pag.  3 3. ,  nè  un  si  grand’ 
errore  per  cui  doveiTe  il  fignor  Manette  Trai¬ 
ti  des  pierr.  grav.Tcm.I.  pag.  102.  credere 
fuppofta  l’ ifcrizione  deila  Venere  Medicea, 

[  ripetendo  le  ragioni  del  Cori .  Si  può  an¬ 
che  vedere  ciò  che  fcrive  intorno  a  quefta 
ifcrizione  il  fignor  Falconet  Difcujpon  un  pcu 
pedantefque  far  la  Venus  de  Mcdicis  ,  txupr. 


Tom.  il.  pag.  3  29.  fiegg.  Io  aggiugnerò  qui 
una  ottervazione  :  cioè  che  ultimamente  nel 
ripulire  dal  tartaro  ,  e  dalla  calce  l’ara  di  A 1- 
cefti  collocata  nel  gabinetto  xv.  della  galleria 
Granducale  a  Firenze,  vi  fi  è  feoperta  filila  ba¬ 
ie  l’ifcrizione  ,  che  porta  il  nome  dello  frui¬ 
tore  :  KAEOMENH2  EriOIEI  :  Cleomene 
faceva .  Il  nome  di  Cleomene  ricordato  an¬ 
che  da  Plinio  lib.36.  cap.3  .feft.4.  §.10.  con; 
ferma  la  (inceriti  dello  fteflo  nome  ,  che  ha 
l’artifta  fcritto  fulla  bafe  della  Venere  fuddet- 
ta  ;  e  dal  confronto  dello  (file  porta  chi  ne  ha 
il  comodo  efaminare  fe  da  lo  fteflo  fcultore 
di  amendue  que’  monumenti ,  e  (e  abbia  fio¬ 
rito  nell’epoca  degli  allievi  di  Traditele  ,  e  di 
Lifippo  ,  fecondo  varie  congetture  ,  al  dire 
del  fignor  Lanzi ,  che  ci  dà  notizia  di  quella 
feoperta  nella  più  volte  citata  deferizione  di 
quella  galleria  inferita  nel  Giornale  de’ Let¬ 
terati  Tom.  XLV11.  anno  1782.  art.l.  c.t  3. 
pag.i  67.  ;  ma  poi  refta  da  rifletterli  fui  ver¬ 
bo  ,  che  qui  è  EriOIEI  ;  e  fulla  Venere  la 
tanto  contrattata  parola  EnDESEN  ,  di  cui 
parlano  Gori  ,  Mariette  ,  ed  altri  .  Il  citato 
fignor  Falconet ,  il  quale  propende  a  credere, 
che  il  vero  nome  dell'autore  della  Venere  fia 
Diomede  anziché  Cleomene  ,  perchè  così  è 
fcritto  u  diverfi  gefli  di  quella ,  che  fi  tro¬ 
vano  in  Olanda  ;  e  che  full'originale  di  Firen¬ 
ze  tal  nome  pofla  edere  (fato  convertito  in 
quello  di  Cleomene  dopo  che  furono  farti 
que’  gefli ,  perchè  non  fotte  noto  il  nome  di 
Diomede  ,  non  avrà  forfè  letto  il  Mattiti  Rac¬ 
colta  di  ftatue  ,  co.  alla  Tavola  17.  ove  ne  dà 
la  figura  ,  e  avverte  appunto  ,  che  il  vero  no¬ 
me  è  Cleomene,  mutato  fui  rame  in  quello 
di  Diomede  dall'intagliatore  difattento  :  e 
forfè  da  quefta  figura  in  rame  farà  l’errore 
pattato  ai  gefli  .  Converrà  però  dire  ,  che 
l’ intagliatore  ,  o  il  difegnatore  abbia  sbaglia¬ 
to  anche  nell'altra  parola  ,  e  che  non  vi  abbia 
badato  lo  fteflo  Maffei  ,  ferivendo  EIIOIEI 
invece  di  EFUIEZEN;  feppure  quefti  non  l'ha 
corretta  ,  come  vuole  il  Gori  /.  cit. 

(a)  Bronci  d'Ercol.  Tom.  I.  Tav.  43.  46. 
ove  è  creduto  di  Augufto  giovane . 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani.  127 

Sappiamo  altresì  che  ne’ più  antichi  tempi  ,  e  prima  anche  = 
di  Fidia  ,  indicava!!  il  lume  dell’occhio  fulle  monete  (a),  L1B‘vm' 
onde  appare  che  gli  artirti  abbiano  Tempre  con  maggior  CAP,n1, 
minutezza  lavorato  il  bronzo  che  i  marmi  .  E’  probabile 
però  che  abbiano  cominciato  a  ciò  ufare  prima  nelle  terte 
ideali  d’uomo  che  in  quelle  di  donna  ;  poiché  il  fecondo 
de’ due  mentovati  bulli,  che  fembran  elfere  dell’iftelTa  ma¬ 
no  ,  ha  le  fovracciglia  indicate  femplicemente  con  un  arco 
affilato  alla  maniera  antica  . 

jf.  3.  La  decadenza  dell’arte  dovè  necelìariamente  fcor-  ...e intin¬ 
gerli  da  coloro,  che  ne  paragonavano  i  lavori  colle  opere  le  egiziano.*" 
dello  ftile  fublime  e  bello  ;  e  quindi  è  da  crederli  che  alcu¬ 
ni  lìanlì  argomentati  di  richiamare  la  grande  maniera  de’ lo¬ 
ro  rinomati  maellri  .  E  poiché  tutte  le  cole  umane  fono  in 
una  rivoluzione  perpetua,  per  cui  lì  va  a  terminare  ove  eralì 
incominciato  ;  quindi  avvenne  che  gli  artirti  ,  volendo  rifor¬ 
mare  gli  abulì  ,  imitarono  lo  ftile  antico  ,  il  quale  pe’  con¬ 
torni  poco  men  che  retti  molto  all’egiziano  s’alTomiglia  .  In 
quello  fenlo  congetturai  una  volta  doverli  intendere  un  o- 
fcuro  palio  di  Petronio  ,  ove  parla  della  pittura  ,  e  che  io  in- 
tell  dell  arte  generalmente  prefa  .  Parlando  egli  della  deca¬ 
denza  della  pittura  ,  l’afcrive  fra  le  altre  cagioni  ad  una 
certa  maniera  egiziana  introdottavi!! ,  dicendo  :  Piclura  quo¬ 
que  non  alluni  exitum  fecit  ,  pojìquam  JEgyptiorum  audacia  terni 
magna  artis  compendiariam  invenit  (a)  .  L’ofcurità  di  quello 
palio  conlllle  principalmente  nella  voce  compendiariam  ;  e  al¬ 
cuni  commentatori ,  come  Burmanno  ,  fi  fono  contentati  di 
addurre  altri  tefti ,  ove  la  medellma  parola  s’incontra,  men¬ 
tre  altri  hanno  ingenuamente  confeflato  di  non  intenderla  , 
e  di  non  aver  nemmeno  congetture  da  proporre  per  ifpie- 

gar- 


(a)  Come  io  è  nella  moneta  d'Alelfandro  fa  dal  Mufeo  Borgiano  in  Velletri . 
:1  Grande  data  qui  avanti  alia  pag.i  oy. ,  pxe-  (a)  Pecron.  Sai.  pag.  i  o. 


LIB.VII1. 
CAP.  III. 


128  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

■garla,  come  Francefco  Giurilo  {a)  .  Que’  commentatori  nè 
aveano  forfè  la  neceffaria  cognizione  deli’  arte  ,  nè  aver  po- 
teano  fott’  occhio  le  pitture  antiche  ;  ma  dacché  mille  e  più 
pezzi  di  quelle  fe  ne  fono  ora  difotterrati  nelle  ruine  delle 
città  fepolte  dal  Yefuvio  ,  io  mi  lufingo  di  potere  con  qual¬ 
che  verofimiglianza  indicare  il  vero  lignificato  delle  parole 
petroniane  .  In  parecchie  di  quelle  pitture  veggonfi  lunghe 
e  llrette  fafce  ,  alte  poco  più  d’un  palmo  romano  (b) ,  che 
fono  a  luogo  a  luogo  interfecate  ,  ed  hanno  nello  fpazio 
di  mezzo  dipinte  fovra  un  campo  nero  delle  figurine  all’ufo 
egiziano  :  nelle  parti  che  fervono  d’ interfecamento  e  negli 
orli  fi  vedono  varj  llravaganti  ornati  ,  ai  quali  fono  frarn- 
mille  immagini  capricciofe  e  fantalliche  .  Forfè  quella  ma¬ 
niera  di  dipingere  con  figure  egiziane  frammille  ad  imma¬ 
gini  moftruofe  è  quell’arte  che  da  Petronio  vien  detta  ars 
compendiaria,  JEgyptiorum  ;  e  n’ebbe  probabilmente  tal  nome, 
perchè  era  un’  imitazione  della  maniera  con  cui  gli  Egizj  le 
cafe  loro  dipingevano  (1)  .  Anche  oggidì  nell’Egitto  fuperiore 
veggonfi  de’ palazzi  e  de’  tempj  ferbatifi  quali  interi  ,  folle- 
nuti  da  (terminate  colonne  ,  le  quali  al  par  delle  pareti  e 
delle  volte  fono  dall’alto  al  baffo  dipinte  e  coperte  di  ge¬ 
roglifici  incavati  ,  ficcome  s’è  già  detto  nel  Libro  IL  Ca¬ 
po  IV.  (a)  . 

Jf-4-  A  que* 

(а)  De  pici.  ver.  lìb.z.  cap.t  1.  pag.t  qo.  die  orientali  de’ bei  colori  .  Conviene  però 

(б)  Piu.  d'Ercol.  T.  Tav.68.  6p.feq.  che  la  voce  Etlypa  fi  ula  da  Plinio  in  un  (en¬ 
fi)  Il  fignor  Paw  Recherches  phiiof.  /ur  les  fo  ben  differente  ;  ma  è  nota  ,  ioggiunge 

Egyptiens  ,  &  les  Ckinois  ,  Tom.  il.  par.  2.  egli ,  la  licenza  di  Petronio  nelle  figure  e  nel- 
feci.  4.  pag.  27 4.  non  approva  quella  (piega-  le  metafore  ;  [  non  pero  a  legno  di  parlare 
zione  delle  parole  di  Petronio  ,  e  pretende  barbaramente  .  I!  fignor  Paw  doveva  poi  ol- 
doverfi  leggere  Etty^orum  in  vece  di  -Egy-  fervare  ,  che  Virruvio  non  fi  lagnava  ,  che 
ptiorum  .  Sotto  il  nome  di  Eflyra  intende  l'arte  decadeffe  per  ragione  del  dilegno  ,  ma 
un'arte  particolare  di  copiare  fàcilmente  i  per  li  foggetti ,  che  rapprefenravano  1  pitto- 
migliori  quadri  ,  per  cui  ,  anche  lenza  lape-  ri,  i  quali  parevano  moliti  per  la  compoii- 
re  il  difegno  ,  fi  fidavano  i  contorni  e  i  trat-  zione  :  il  che  non  fi  farebbe  potuto  dire  le 
ti  principali,  che  riempievaofi  poi  de’ colori  avellerò  copiato  i  quadri  degli  antichi .  veg- 
convenevoli  .  Quell’arte  ,  dic’egli  ,  portò  un  gali  la  nota  feguente  . 
colpo  mortale  alla  pittura  :  fi  trafcurò  il  di-  (a)  pag.  142.  Tomo  I. 
fegno  ,  e  folo  fi  pensò  a  procurarfi  dalle  In- 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani.  129 

jf.  4.  A  quefta  immenfa  copia  di  geroglifici  e  di  fig-u- 
rine  paragona  dunque  Petronio  quegli  ornati  sì  ripieni  d’im¬ 
magini  e  di  figure  infignificanti  ,  de’ quali  a’ tempi  fuoi  co¬ 
munemente  s’occupava  la  pittura  ;  e  queft’arte  fu  da  lui 
chiamata  compendiaria  ,  perchè  in  un  riifretto  luogo  tante 
e  sì  diverfe  cofe  ,  quafi  in  compendio,  accozzava.  Pare  che 
a  quella  maniera  di  dipingere  debbano  riferirli  le  lagnanze 
di  Vitruvio  ( a )  fopra  la  pittura  de’  fuoi  tempi  ,  in  cui ,  di¬ 
ceva  egli,  non  v’è  punto  di  verità,  e  dipingonfi  de’ molili, 
anziché  le  vere  immagini  delle  cole  :  mine  finguntur  tecìoriis 
inonjìra  potitis  ,  quam  ex  rebus  finitis  imagin.es  certae  (1)  .  Or 
poiché  ,  fecondo  Vitruvio  ,  la  pittura  era  in  fiore  quando 
negli  antichi  edifizj  rapprefentavanfi  le  immagini  degli  eroi  , 
la  mitologia  ,  e  la  lloria  con  una  perfetta  imitazione  del  ve¬ 
ro  ;  neceflariamente  dovettero  ,  a  così  dire  ,  tarparli  le  ale 
a  quell’arte  allorché  s’  introduce  Tabulo  di  rapprefentare 
oggetti  infignificanti  ,  moltruolì  e  Urani  ,  ond’efia  mifera  di¬ 
venne  ,  s’avvilì  ,  e  fi  perdè  (a)  .  Ofiervifi  qui  che  per  lo  più 
la  moltitudine  delle  figure  in  un  quadro  ,  come  talora  la 
Tom.  IL  R  fo- 


LIB.VIII. 
CAP. III. 


(a)  lìi.  7.  cap.  f. 

(1)  Tali  pitture  diconfi  da  noi  grotteschi 
o  arabefehi  ;  e  fori  e  le  qui  deferitte  e  difap- 
provate  da  Vitruvio  ,  fono  limili  a  quelle 
delle  Terme  di  Tito  in  Roma  ,  che  fcoperte 
furono  ai  tempi  di  Leone  X.  ,  e  imitate  allo¬ 
ra  dal  gran  Raffaello  nelle  legge  Vaticane  ;  e 
che  nuovamente  trovate  in  quelli  ultimi  an¬ 
ni  ,  fono  Hate  nel  177 6.  e  fegg.  pubblicate 
in  gran  foglio  da  Lodovico  Mirri .  Il  lìgnor 
abate  Carletti  ,  che  ha  (piegate  quelle  pitture 
Le  ant.  carri,  delle  Terme  di  Tito  ,  ec.  ,  p.  q. 
fi  argomenta  di  folteneme  il  merito  ,  dicen¬ 
do  che  piacer  devono  per  la  vaghezza  ,  e 
perchè  nella  ftravaganza  loro  fomigliano  ai 
fogni  che  pur  dilettano  ,  ancorché  fan  fallici 
liano  e  rapprefentino  cofe  che  non  pollono 
efifterc  in  natura . 

(a)  Perchè  meglio  s'intenda  la  fpiegazione 
data  da  Winkelmann  al  palio  di  Petronio  ,  ri¬ 
porterò  per  eftefo  le  parole  di  Vitruvio  fecon¬ 
do  la  traduzione  del  fig.  marchcfe  Galiani .  ,, 
Quelle  pitture  però  ,  che  erano  dagli  antichi 


copiate  da  cofe  vere  ,  fono  ora  per  depravato 
collume  difufate  ;  giacché  lì  dipingono  fu  gli 
intonachi  mollri  piuttolìo  ,  che  immagini  di 
cofe  vere  .  Così  in  vece  di  colonne  lì  pongo¬ 
no  canne  ,  e  in  vece  di  frontefpizj  arabelchi 
fcanalati  ornati  di  foglie  ricce  ,  e  di  vitic¬ 
ci  :  o  candelabri  ,  che  reggono  figure  fopra 
il  frontefpizio  di  piccole  cafette  ,  o  molti 
gambi  teneri ,  che  forgendo  dalle  radici  con 
delle  volute  racchiudono  fenza  regola  figu¬ 
rine  fedenti  :  come  anche  fiori  ,  che  ufeiti  dai 
gambi  terminano  in  mezzi  bulli ,  limili  alcu¬ 
ni  ad  effigie  umana  ,  altri  a  beltie  :  quando¬ 
ché  quelle  cofe  non  vi  fono  ,  non  vi  pollono 
elfere  ,  nè  mai  vi  fono  Hate  :  e  pure  quelle 
nuove  ufanze  hanpo  prevaluto  tanto  ,  che 
per  ignoranti  fallì  giudizj  fi  difprezza  il  vero 
valore  delle  arti .  Come  può  mai  infatti  una 
canna  veramente  follenere  un  tetto  ,  o  un 
candelabro  una  cafa  cogli  ornamenti  del  tet¬ 
to  ,  o  un  gambicello  cosi  fottile  e  tenero  fo¬ 
llenere  una  figura  fedente  ,  o  pure  da  radici , 
e  gambi  nafeere  mezzi  fiori ,  e  mezze  figu- 


LIB.  Vili. 
CAP.  III. 


Caratteri  del¬ 
lo  Itile  nella 
decadenza . 


130  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

foverchia  abbondanza  in  altre  cole ,  è  un  argomento  di  mi- 
feria  :  così  i  re  di  Siria  ,  al  dir  di  Plinio  (a)  ,  coftruivano 
di  cedro  le  navi  loro  ,  perchè  non  aveano  abete ,  il  cui  le¬ 
gno  è  men  pregevole  ,  ma  alla  navigazione  più  acconcio  (b)  . 

jf.  s1.  Che  nella  decadenza  dell’arte  fi  foffe  introdotto  uno 
Itile  diverfo  dall’antico  lo  dimoftra  ,  fra  gli  altri ,  un  palio 
di  Paufania  (a)  ,  il  quale  narra  che  una  facerdoteffa  delle  Leu- 
cipidi  Febe  ed  llaira  ad  una  delle  loro  due  fiatue  fece  leva¬ 
re  1  antica  tefta  ,  immaginandoli  di  renderla  più  bella  con 
farlene  foftituire  una  nuova  lavorata  fecondo  l'arte  d' oggidì  ;  le 
quali  parole  il  fignor  Gedoyn  ,  acni  qui  la  fua  moda  veniva 
in  acconcio  ,  traduce  :  fecondo  la  moda  prefente  (c)  .  Potrebbe 
quello  Itile  chiamarli  piccolo  baffo  e  mozzato  ,  poiché  ivi 
tutto  è  mefehino  e  tozzo  quello  ,  che  nelle  antiche  figure 
faceafi  grandiofo  e  rilevato  .  Non  devefi  giudicar  però  di 
quello  Itile  filile  fiatile  ,  alle  quali  è  fiato  dato  il  nome  dalle 

tefte 


re  ?  E  pure  gli  uomini  non  ottante  che  ten¬ 
gano  per  falle  quelle  cofe  ,  non  folo  non  le 
riprendono  ,  ma  anzi  fe  ne  compiacciono  , 
non  riflettendo  fe  portano  ellere  ,  o  no  que¬ 
lle  cofe  :  onde  la  mente  guada  da'  fallì  giudi¬ 
zi  non  può  difeernere  quello  ,  che  può  ef- 
lere  ,  o  non  edere  per  ragione  ,  e  per  regole 
di  decoro  .  Ni  mai  li  debbono  (limare  pit¬ 
ture  ,  che  non  fiano  limili  al  vero  :  ed  ancor¬ 
ché  fodero  dipinte  con  eccellenza  ,  pure  non 
fe  ne  deve  dar  giudizio  ,  fe  non  fe  ne  trove¬ 
rà  prima  col  raziocinio  la  ragione  chiara  ,  e 
fenza  difficolta  „  .  Secondo  quella  maniera  , 
almeno  in  qualche  parte  ,  lì  poflono  dire 
molte  pitture  del  mufeo  Ercolanefe  ,  e  tra  le 
altre  quelle  riportate  nel  Tomo  ni.  di  elle 
Tav.  jp.  36. ,  Tom.  V.  Tav.  73  -  76. ,  oltre 
quelle  citate  fopra  da  Winkelmann  .  È  però 
da  notarli  ,  che  queda  maniera  di  dipingere 
non  è  quella  di  Ludio  ,  come  crede  il  nollro 
Autore  qui ,  e  fopra pag.  73.  §.  28. ,  fuppo- 
nendo  ,  che  le  pitture  di  detto  mufeo  nano 
tutte  della  (teda  maniera  ,  come  ho  accenna¬ 
to  fopra  pag.  71.  col.  2.  .  Vitruvio  avea  par¬ 
lato  prima  della  maniera  di  dipingere  vedu¬ 
te  ,  paefini  copiati  dal  naturale  ,  porti,  fiu¬ 
mi  ,  fonti ,  bofehi ,  pallori ,  cale  di  campa¬ 
gna  ,  tempj ,  ed  altri  conlimili  foggetti ,  che 
appunto  fi  vedono  generalmente  nelle  dette 
pirture  Ercolanefi  j  e  nc  avea  parlato  lodan¬ 


dola  ,  e  poi  dolendoli  nel  principio  delle  pa¬ 
role  riferite  ,  che  non  folle  più  ufata  .  Vero 
è  eh’  egli  non  nomina  Ludio  ,  ma  parla  cer¬ 
tamente  della  di  lui  maniera  ;  e  ci  fa  capire 
che  non  ne  folle  quegli  l’ inventore  ,  come 
pare  voglia  dir  Plinio  lib.  33.  cap.t  0.  feft. 37. 
con  quel  primus  inflituic,  ma  foltanto  il  pro¬ 
pagatore  ,  come  bene  oflerva  il  lodato  Ga- 
liani  pag.  280. 

(a)  lib.iS.  cap.4.0.  ftft.76.  §.  2. 

(b)  Plinio  toc.  cit.  lo  dice  anche  degli  Egi¬ 
ziani  ,  tra  i  quali  Diodoro  lib.i .  §.37.  p.  63. 
nomina  il  re  Sefodri  ,  che  dedicò  in  un  tem¬ 
pio  d’  Egitto  una  nave  di  cedro  lunga  x8o. 
cubiti  ,  dentro  foderata  doro  ,  e  fuori  d'ar¬ 
gento  .  Degli  uni  e  degli  altri  lo  dice  pure 
Teofrado  Hifi.  piane,  lib.  6.  cap.  8. ,  copiato 
forfè  da  Plinio  ;  ma  però  aggiugne  ,  che  il 
cedro  è  attiffimo  a  far  navi  egualmente  che  il 
pino  ,  e  l’abete  :  infatti  le  navi  ,  e  altri  legni 
che  fi  fanno  all’Avana  in  America  col  cedro 
riefeono  a  maraviglia  e  per  la  leggerezza  ,  c 
incorruttibilità  .  Caligola  ,  per  puro  ludo  , 
come  narra  Suetonio  nella  di  lui  vita  cap.  37., 
fece  fare  di  cedro  alcune  navi  di  quelle  dette 
liburniche . 

(a)  lib. 3.  cap.  1 6.  pag.  24.7.  princ. 

(cì  Tom.  I.  pag.  288.  loc.  cit.  :  En  la  rc- 
préfentant  commi  Ics  femmes  fe  mettent  au~ 
jourd'hui  . 


presso  i  Greci  e  Presso  i  Romani.  13 i 

tede  che  hanno  ,  poiché  molte  volte  ,  non  effendolì  trovata 
la  propria  e  originale  loro,  he  n’è  foftituita  un’altra. 

jf.  6.  Quando  l’arte  vieppiù  avvicinava!!  all’intera  fua  de¬ 
cadenza  ,  ben  poche  flatue  fcolpivanfi  in  confronto  delle  mol- 
tillime  che  erano  fiate  lavorate  negli  antichi  tempi  ;  e  allora 
la  principal  occupazione  degli  ardili  era  di  far  de’  ritratti , 
cioè  tefle  e  bulli  (a)  ,  Con  tai  lavori  li  dillinfe  l’arte  negli 
ultimi  tempi ,  lino  a  che  affatto  lì  perdè  .  Non  dee  pertanto 
parerci  sì  forprendente ,  come  lo  fembrò  ad  alcuni ,  che  lìa- 
no  mediocri ,  e  in  parte  ancora  belle  le  telle  di  Macrino  ,  di 
Settimio  Severo  ,  e  di  Caracalla  ;  poiché  tutto  il  merito  di 
tali  opere  conhlle  nella  diligenza  .  Forfè  Lisippo  non  avreb¬ 
be  fatta  una  tella  migliore  che  quella  di  Caracalla  efillente 
nel  palazzo  Farnefe ,  ma  certamente  lo  fcultore  di  effa  non 
farebbe  mai  arrivato  a  fare  una  figura  eguale  a  quelle  di 
Lisippo  . 


jf.  7.  Credeali  in  que’ tempi ,  contro  il  parere  degli  an¬ 
tichi  ,  che  1  abilità  d  uno  fcultore  confiflefle  in  dare  un  for¬ 


te  rifalto  alle  vene  ;  e  full'arco  di  Settimio  Severo  fcorgonli 
quelle  eziandio  fulle  mani  di  figure  femminili  ideali  ,  cioè 
delle  Vittorie  ,  che  portano  i  trofei .  Si  penfava  che  l’efpref- 
fione  della  forza ,  la  quale ,  fecondo  Cicerone  (a)  ,  è  un  di- 
ftintivo  generale  delle  mani ,  dovette  ravvifarfi  anche  fu  quel¬ 
le  di  donna,  ed  effervi  nella  mentovata  guifa  indicata  .  In  ciò 
pure  ,  avanti  che  le  arti  in  Italia  rinafceflero ,  faceafi  confi- 
flere  1  abilità  degli  fcultori  ;  e  anche  oggidì  un  olfervatore  , 
che  non  abbia  gullo  nè  cognizioni ,  ammira  quello  lavoro 
delle  vene  eziandio  quando  fon  fuor  di  luogo  .  Gli  antichi 


}  (a)  Ai  tempi  di  Plinio ,  ed  anche  prima 
s  introduce  in  Roma  la  moda ,  deridi  pub¬ 
blicamente  con  delle  fatire  ,  di  mutare  le  te- 
(ic  alle  ftatue  antiche  di  uomini  iiluftri ,  a- 
dattandovene  delle  nuove  ,  Plin.  lib.g  /.  c.  2. 
Jtft.  2.  princ .  :  e  quefta  farà  una  ragione  per 


R  2  pe- 

cu  i  fi  trovano  tante  datue  ,  principalmente 
delle  togate  ,  fenza  la  teda  propria  ;  o  al¬ 
meno  con  teda  lavorata  a  pane  :  onde  non 
avrà  da  prenderli  per  regola  generale  siò  che 
ha  dritto  Winkelmann  qui  avanti  pag.  j  i , 
(u)  Acad.  lib.i .  cap.  /, 


LIB.VHI. 
CAP. III. 
Fecerli  poche 
ftatue,  e  mol¬ 
ti  ritratti . . . 


...  ed  aveafì 
una  poco  fu- 
Mime  idea  del 
bello  . 


L1B.  Vili. 
CAP.III. 


Urne  fepol- 
crali  di  quell' 
«poca . 


132  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

però  avrebbono  ciò  biafimato ,  come  pur  riprefo  avrebbono 
quel  mal  avveduto  fcultore  che  avelie  fatte  Tulle  zampe  d’un 
leone  in  atto  di  correre  le  ugne  che  fporgelfer  fuori  ;  il  che 
farebbe  contro  natura  ,  poiché  l’animale  andando  le  tiene  ri¬ 
piegate  in  dentro  e  celate  .  Con  quanta  dilicatezza  gli  fcul- 
tori  de’  bei  tempi  dell’arte  indicalfero  le  vene  ,  vedelì  nei  fram¬ 
menti  d’  una  llatua  cololfale  del  Campidoglio  ,  e  nel  collo 
d’una  tella  pur  cololfale  di  Trajano  nella  villa  Albani .  L’arte 
può  in  qualche  modo  paragonarli  agli  uomini  .  Come  in  que¬ 
lli  ,  per  avvifo  di  Platone  ,  crefce  il  piacer  di  cicalare  a  mi- 
furache  il  gullo  perdono  dei  piaceri  fenfibili  ;  così  in  quella 
fottentrano  le  bagattelle  in  luogo  dello  Hile  fublime  ,  che  più 
non  li  conofce  . 

jf.  8.  Sono  lavori  di  quelli  tempi  la  maggior  parte  delle 
urne,  e  molti  de’ balli-rilievi ,  che  originalmente  formavano 
i  lati  di  urne  quadrilunghe  .  Fra  quelli ,  fei  ne  ho  olfervad 
che  belliPìmi  fono  fovra  tutti  gli  altri,  e  devon  elfere  de’ più 
antichi  .  Tre  ve  n’  ha  nel  mufeo  Capitolino  .  Il  più  grande 
rapprefenta  la  contefa  tra  Agamennone  e  Achille  per  Crifei- 
de  (a)  ,  il  fecondo  le  nove  Mufe  (b)  ,  ed  il  terzo  una  pugna 
contro  le  Amazzoni  (c)  ;  fui  quarto  ,  nella  villa  Albani ,  li 
vedono  le  nozze  di  Peleo  e  Teti  cogli  dei  e  le  dee  delle 
pagioni ,  che  loro  recano  dei  doni  (d)  ,  il  quinto  e ’l  fello, 
nella  villa  Borghefe  ,  rapprefentano  la  morte  di  Meleagro,  e 
la  favola  d’Atteone  .  Que’  balli-rilievi ,  che  fono  Pati  fatti  a 
parte ,  e  non  per  ornamento  delle  urne  ,  diPinguonli  da  un 
orlo  rilevato  . 

Jb  9-  La 

(a)  Mufeo  Capltol.  Tom,  IV.  Tav.  1  -  4.,  (b)  Ivi  Tav.  26.  Se  ne  è  parlato  nel  Io- 

cd  è  l’urna  di  cui  ho  parlato  nel  Tom.I.  p.40.  mo  1.  pag.^33.  noi.  b.  ,  pag.  337.  not.  a. 
not.  b.  Ne  parla  più  a  lungo  il  noftro  Autore  (c)  Ivi  Tav.  23. 

nei  Monum.  ant.  ined.  Par.  il.  c.  6.  p.166.;  (d)  Monum.  ant.  ined.  n.i  1 1 .  ,  ove  1  Au- 

t  più  minutamente  ,  variando  in  qualche  co-  tore  Par. il.  cap.  1 .  §.  2.  pag.i  ji  .  e  Jegg.  ne 
fa  da  \finkelmann  ,  Foggini  nella  elpofizio-  da  una  lunga  elpolizione  . 
ne  delle  dette  Tavole  . 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani  .  133 

jf.  9.  La  maggior  parte  delle  urne  fepolcrali  lavoravano  ! 
dagli  fcultori  per  efporle  in  vendita  ;  e  ciò  s’inferifce  dalle  rap- 
prefentazioni ,  che  non  hanno  neflun  rapporto  nè  colla  per- 
fona  a  cui  1’  urna  ha  fervito  ,  nè  coll’  incifovi  epitafio  .  Ab¬ 
biamo  di  ciò  un  efempio  in  una  della  villa  Albani  ,  alquan¬ 
to  guaita  ,  il  cui  lato  anteriore  è  divifo  in  tre  campi .  Nel 
deliro  v’è  Ulifle  legato  all’albero  della  nave  per  tema  di  ce¬ 
dere  al  canto  lufinghiero  delle  Sirene  ,  delle  quali  una  Tuona 
la  lira  ,  l’altra  la  tibia  ,  e  la  terza  canta  tenendo  in  mano 
un  rotolo  .  Hanno  elle  i  foliti  piedi  d’uccello  ,  ma  infolita 
cola  è  il  vederle  tutte  e  tre  avvolte  in  un  manto  .  Nel  fi- 
niltro  'v’è  rapprefentata  un’adunanza  di  filofofi  .  Nel  mezzo 
v’è  l’ifcrizione  leguente,  la  quale  colli  due  balli-rilievi  non 
ha  il  menomo  rapporto  ,  e  noi  qui  la  diamo  per  non  efìere 
(tata  da  neltun  altro  pubblicata: 

A  0  A  N  A  0UU  N  MSPOniUN 
O  Y  A  £  I  C  .  £  $  Y  .  TOYAS  .  CSBHPA 
0  H  C  £  Y  C  .  A  I  A  K I  A  A  1 
MAPTYPgC  .  £ I C  I  .  AOTOT 
ATXfl  .  C  (JU  <I>  P  O  N  A  .  TTNBOC  .  & 

M  A  I C  .  AATONSCCI  .  CEBHPAN 
KOYPHN  .  CTPTMONIOT  .  nAl 
AOC  .  AMTMON  .  gXi'JN 
OIHN  .  O  Y  K  .  H  N  £ I K  £  .  Il  O  A  Y  C 
BIOC  .  O  Y  A  8  .  TIC  .  OYnuu 
S  C  X  £  .  TA$OC  .  XPHCTHN 
AAAOC  .  Y  $  .  HSAIlJJI  (a) 

fi.  io.  Quan¬ 
ta)  Aggiungeremo  qui  la  traduzione  latina  letterale  di  quello  epigramma  . 

lmmortalis  nullus  hominum  natus  efl  .  Hujus  Severa  , 

Thefeus  ,  Aiacida  teftes  fu.ru  fermonis  . 

Glorior  ego  tumulus  meis  lateribus  koneftam  Severam  . 

Puellam  (  feu  filiam  )  incomparabilem  pueri  (  feu  filii  )  Scrymonu  tenetlS  s 
Qualem  malta  e-tas  non  protulit  *  ncque  aliquis  ufquedutn 
Tumulus  alias  fub  fole  tenuit  (  ita  )  optimum  . 


LIB.  Vili. 
CAP. III. 


134  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

-■■■■  -rr  jf.  io.  Quando  fi  parla  dei  monumenti  dell’arte  nella  fua 
lib.  vili,  decadenza ,  è  necefiario  che  ben  fi  diftinguano  le  opere  che 

Lavori  fatti  in  Grecia  o  in  Roma  furono  lavorate  ,  da  quelle  che  for- 
fuordiRoma.  fnaron^  nej]e  aitre  cjt(;à  e  co]onie  del  romano  impero;  e 

tale  oflervazione  non  folo  riguarda  i  lavori  in  marmo  o  in 
altre  pietre ,  ma  s’eftende  eziandio  alle  monete  .  Circa  que¬ 
lle  già  è  fiata  notata  la  differenza  ,  e  fi  fa  che  le  monete 
coniate  fuor  di  Roma  al  tempo  degl’  imperatori  non  ugua¬ 
gliano  quelle  che  coniate  furono  nella  capitale  ;  ma  non  è 
fiata  ancora  notata  la  fiefia  differenza  riguardo  alle  opere  di 
marmo  .  Si  ravvifa  però  chiaramente  ne’  baffi-rilievi  che  tro- 
vanfi  a  Capua  ed  a  Napoli  ,  uno  de’ quali  nel  palazzo  Co- 
lobrano  ,  rapprefentante  alcune  fatiche  d’Èrcole,  fembrar  po¬ 
trebbe  un  lavoro  de’  mezzi  tempi  .  Ancor  più  evidentemen¬ 
te  fi  fcorge  tal  differenza  nelle  tefte  di  varie  divinità  fcolpite 
ne’faffi  che  chiudevano  gli  archi  efteriori  dell'antico  anfitea¬ 
tro  di  Capua ,  due  delle  quali  fono  ancora  al  proprio  fito , 
cioè  Giunone  e  Diana .  Tre  altre  di  quefte  pietre  ,  rappre- 
fentanti  Giove  Ammone  ,  Mercurio  ,  ed  Ercole  ,  vedonfi  im¬ 
murate  nel  palazzo  del  Configlio  della  nuova  città  chiamata 
altre  volte  Cafilino .  In  appreffo  avrò  occafione  di  parlare  sì 
dell’anfiteatro,  che  del  teatro  di  quefta  città  ,  La  maggior 
parte  delle  mentovate  figure  non  fono  già  di  marmo  ,  non 
eflendovi  marmo  bianco  nell’Italia  inferiore  ,  ma  d’una  bian¬ 
ca  e  dura  pietra  ,  di  cui  fon  pur  comporti  per  lo  più  gli 
appennini  sì  in  quel  regno ,  che  nello  Stato  ecclefiaftico  . 

Jf.  il.  La  fiefia  differenza  può  ravvifarfi  nell’architettura 
de’  tempj  e  delle  altre  fabbriche  che  fotto  i  cefari  s’innal¬ 
zarono  in  Roma  in  confronto  di  quelle  che  al  tempo  me- 
defimo  fi  coftruirono  nelle  città  provinciali .  Si  ha  di  ciò  un 
argomento  in  un  tempio  di  Milaffo  nella  Caria,  che  ad  Au¬ 
guro  e  alla  città  di  Roma  era  dedicato  ;  e  nell’arco  eretto 

.in 


t 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani  ì  13? 

in  onore  del  medefimo  Auguflo  a  Snfa  nel  Piemonte  ,  ove 
i  capitelli  de’  pilaflri  hanno  tal  forma  che  non  fembra  mai 
effere  fiata  adottata  dagli  architetti  romani  (a)  . 

$.  12.  Può  l’antichità  riputarli  a  gloria  che  ,  fino  alla 
decadenza  delle  arti  del  difegno  ,  Teppe  conofcere  e  far  tra¬ 
vedere  la  primiera  Tua  grandezza  .  Non  fi  eflinfe  mai  inte¬ 
ramente  ne’  Greci  il  genio  de’padri  loro  ;  e  le  opere  de’tempi 
pofleriori ,  comechè  mediocri  fiano  ,  pur  veggonfi  lavorate 
fecondo  le  mafilme  de’gran  maeflri  .  Le  tede  conlervarono 
l’idea  generale  della  prilca  beltà;  e  nell’attitudine,  nell’azio¬ 
ne  ,  nel  panneggiamento  veggonfi  ancora  le  pure  tracce  della 
verità  e  della  femplicità.  L’eleganza  affettata,  la  grazia  mal 
intefa ,  e  come  sforzata ,  il  gefto  fmoderato  e  pieno  di  con- 
torfioni  ,  che  pur  fi  ravvifano  anche  nelle  migliori  opere  di 
moderni  foultori  ,  non  lufingarono  mai  il  guflo  degli  antichi . 
Anzi,  volendo  noi  efaminare  la  capigliatura ,  troveremo  delle 
eccellenti  ftatue  del  terzo  fecolo  ,  che  poffono  rifguardarfi 
come  fcolpite  ad  imitazione  degli  antichi  lavori .  Tali  fono 
due  Veneri  di  grandezza  naturale  ,  nel  giardino  dietro  al 
palazzo  Farnefe  ,  le  quali  hanno  ancora  la  prima  loro  tefla. 
Una,  che  è  affai  bella,  l’ha  propriamente  di  Venere,  e  l’al¬ 
tra  di  una  matrona  romana  di  quel  fecolo  (b)  ;  fi  vede  in 
amendue  la  medefima  acconciatura  de’capelli  allora  ufata  : 

e  fi- 

(  a)  Potremo  eccettuarne  il  tempio  diNimes  gono  generalmente  .  Si  veda  CterifTeau  ,  che 
in  trancia  ,  conofciuto  lotto  il  nome  di  Mai-  ne  dà  la  deferizione  ,  e  le  tavole  in  rame  nel- 
fon  quarrée  ,  che  il  fig.  Barthelemy  Mém.fur  le  Tue  Aruiq.  de  F rance  ,  prém.  part.  Arttiq. 
ies  anc.  monum.  de  Rome  ,  Acad.  des  Infir.  de  Nifmes  ,  princ.  È  dedicato  a  Lucio  ,  e  Ca- 
Tom.  XXl^III.  Mém.  pag.  f  8  o.  dice  dapa.  jo  cefari  figli  adottivi  di  Augufto  ,  come  li 
ragonarfi  ai  più  belli  avanzi  di  Roma  ,  e  di  rileva  dalla  ifcrizione  pofta  fulla  facciata  qua* 
Atene  ;  e  gli  arridi,  e  i  letterati  neconven-  le  fiegue  : 

C.CAESARI .  AVGVSTI . F.  COS.  L.  CAESARI .  AVGVSTI.F.  COS.  DESIGNATO 
PRINCIP1BVS  .  1VVENTVTIS 

(b)  Sono  ritratti  amendue  ,  e  la  prima  Co-  Carlo  Albicini  per  edere  trafportate  nel  reai 
la  ha  la  teda  fua  attaccata  .  L’altra  teda  è  Mufeo  di  Napoli  .  Vedi  la  nota  degli  Editori 
cattiva  ,  e  moderna  .  In  quedo  tempo  ,  ch’io  Milanefi  in  fine  del  Libro  XI. 
ferivo ,  fi  redaurano  dal  valente  fruitore  fig. 


LIB.  Vili. 
CAP.  III. 

Buon  gudo 
anche  nella 
decadenza. 


i %6  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

=====' e  limile  acconciatura  ha  una  men  bella  Venere  della  mede- 
^ApVm'  fima  grandezza  in  Belvedere  (a)  .  Può  annoverarli  fra  le  bel¬ 
le  fiatile  giovanili  un  Apollo  della  villa  Negroni  in  figura 
d’un  giovane  di  quindici  anni  ;  la  fua  tella  però  non  è  già 
quella  d’un  Apollo  ,  ma  bensì  d’un  principe  della  famiglia 
imperiale  di  que’ tempi  (i)  .  Si  trovavano  dunque  ancora  de¬ 
gli  ardili  che  le  belle  figure  degli  antichi  fapeano  imitare  . 
Monumento  $•  I3-  Prima  di  terminare  quello  Capo  voglio  qui  efpor- 
fira vagante.  ■  re  a]cune  mje  olfervazioni  fu  un  lavoro  llraordinario  d’ una 
fpecie  di  bafalte  ,  efillente  in  Campidoglio  (b)  .  Rapprefenta 
quello  una  grolla  fcimia  fedente,  le  cui  zampe  davanti  s’appog¬ 
giano  fulle  ginocchia  ,  e  le  manca  la  tella  .  Sul  deliro  lato  della 
bafe  di  quella  figura  v’è  incifa  una  greca  ifcrizione  ,  che  così 
dice  :  „  Fidia  e  Ammonio  figli  di  Fidia  fecero  „  .  Quella  ifcri¬ 
zione  ,  che  da  pochi  è  Hata  oflervata  ,  era  in  certe  carte  , 
da  cui  la  copiò  Reinefio  (a),  ove  era  femplicemente  indica¬ 
ta  ,  fenza  additare  il  monumento  fu  cui  fi  legge  ;  e  fe  non 
avelie  i  più  manifelli  indizj  d’antichità  crederli  dovrebbe  fup- 
pofta  .  Tal  monumento  in  apparenza  difpregevole  può  me¬ 
ritare  l’efame  degli  eruditi  ;  ed  io  proporrò  intorno  ad  elfo 
le  mie  congetture  . 

jf.  14.  Erafi  llabilita  in  Africa  una  colonia  greca  ,  che  Pi - 
thecufsae  (  da  7ri$nx.os  fcimia  )  chiamollì  a  cagione  delle  molte 
fcimie  che  in  que’ contorni  abitavano  .  Tal  bellia,  al  rife¬ 
rire 

(a)  Rapprefenta  Salluftia  Balbia  Orbiana  00  Infcript.  cl.  2.  n.  62. ,  &  ex  eo  Cuper. 
moglie  d'Aleifandro  Severo  ,  come  già  ho  Apoth .  Hom.  p,  1 34.,  [  Reinefio  porta  1  ilcri- 
accennato  nel  Tomo  I.  pag.  4.1 0.  not.  a.  ,  e  2Ìone  intiera  ,  come  era  forfè  anche  ai  tempi 
come  fi  ridirà  in  appreflo  al  cupo  IV.  §.  i.  dell’  Olftenio  ,  di  cui  cita  le  fchede  ,  o  carte 
(1)  Se  la  bella  tella  ,  qui  accennata  ,  rap-  inedite  ,  in  quella  maniera  : 
prefenta  un  principe  di  que’  tempi ,  eflendo  _  „  _____ 

quella  ricavata  dal  naturale  dimollra  che  lo  4IAIAC  KAI  AMMONIOC  AMiOTEPOI 
fruitore  fapeife  far  qualche  cofa  di  più  che  4>IAIOY  EnOIOYN 

imitare  .  Lo  Hello  dir  fi  può  della  bella  teda 

della  dama  romana ,  de’  bulli  di  Macrino ,  di  Fidia  e  Ammonio  l’uno  e  l’altro  figli  di  Fi- 
Settimio  Severo,  e  di  Caracalla  rammentati  dia  fecero  .  Ora  è  mutilata  l’ultima  parola 
di  fopra  da  Winkelmann  ,  ne’quali  egli  ravvi-  della  prima  linea  ,  e  le  tre  ultime  lettere  dell’ 
fa  de’cratti  di  fingolare  bellezza  e  perfezione  .  altra  parola  accanto  .  Il  figma  ha  la  forma 
(b)  Nel  coitile  del  palazzo  de'Cenfervatori,  dà  C  ,  non  di  2  ,  come  porta  Reinefio  . 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani.  137 

rire  di  Diodoró  (a)  ,  teneafi  colà  come  facra ,  e  venia  da 
que’Greci  venerata  ,  come  il  cane  in  Egitto  .  Libere  viveano 
le  fcimie  nelle  cafe  ,  ciò  che  loro  piaceva  prendendone  ;  e 
quelle  genti ,  che  loro  aveano  date  delle  denominazioni  par¬ 
ticolari  per  onorarle,  prendeano  pofcia  i  nomi  loro  per  im¬ 
porli  ai  proprj  figliuoli  .  Or  io  congetturo  che  la  fcimia  di 
Campidoglio  folle  un  idolo  di  que’  Greci  pitecufei ,  (colpito 
da  Fjdia  e  Ammonio  ,  ardili  di  quel  paefe  ;  altrimenti  io  non 
veggo  altro  mezzo  di  (piegare  come  i  nomi  di  due  arditi 
greci  legganfi  fu  un  firnil  modro  dell’arte  .  Sappiamo  che 
Agatocle  re  di  Sicilia  andò  ad  aflalire  i  Cartaginefi  in  Airi- 
ca  ,  e  che  Eumaco  Tuo  generale  ,  penetrando  fin  nel  paefe 
di  que’Greci,  una  delle  loro  città  depredò  e  didrufie  ;  ma 
non  dobbiamo  quindi  inferire  che  fin  d’allora  fia  quella  fci- 
mia  (lata  trafportata  dall’Africa  in  Sicilia  ,  come  un  monu¬ 
mento  (Iraordinario  ;  poiché  la  forma  delle  lettere  dell’ifcri- 
zione  ,  che  hanno  de’tratti  fimili  alle  ercolanenfi  ,  indicano 
un’epoca  aliai  pofteriore  .  E’  per  tanto  da  crederfi  piuttodo 
che  tale  fcimia  aliai  più  tardi  fia  (lata  fcolpita ,  e  dal  paefe 
de’ Pitecufei  portata  in  Roma  fotto  gl’imperatori;  la  qual 
congettura  rendefi  ancor  più  verofimile  per  due  parole  ri- 
mafteci  fui  lato  finidro  della  bafe  d’una  latina  ifcrizione  .  Que¬ 
lla  comprendeva  quattro  linee  ,  ma  è  data  si  guada  che  ora 
non  altro  chiaramente  fi  legge,  fuorché  VII.  COS  (*)  .  Quin¬ 
di  potrebbe  crederfi  che  quella  colonia  greca  fu  di  de  fi  e  an¬ 
cora  in  Africa  ai  tempi  del  mentovato  Diodoro  ,  e  v  avelie 
fin  a  que’ di  mantenuta  l’antica  fuperdizione  (a)  .  Nè  queda 
Tom.  IL  S  (el¬ 
fi a )  llb.zo.  §.fS.  Tom.  7I.pag.4-4p.  Ma  ,  come  avvifammo  ,  le  lettere  indicano 

(*)  Quelle  note  fe  fi  volefiero  riferire  ai  l’età  de'cefari  ,  in  cui  non  è  raro  di  trovare 
tempi  dèlia  repubblica  non  ad  altri  potreb-  il  fettimo  confidato  .  [  Nella  detta  ifcrizione 
bono  convenire  che  a  C.  Mario ,  il  quale  fu  COS.  vi  fi  les^e  chiaramente  ;  ma  il  numero 
confole  per  la  fetcima  volta  :  avanti  di  lui  VII.  non  ho  laputo  trovarvelo  . 
nefluno  avea  fatti  più  confidati  di  Valerio  (a)  Quello  monumento  non  meritava  tan- 
Corvino  ,  che  pure  non  oltrepafisò  il  fieflo  ,  te  ollervazioni .  Rapprefienta  un  cercopiteco, 
Plutarch.  in  C.  Mario ,  op.  Tom.  I.  p.422.  B.  o  fcimia  colla  coda  ,  limile  in  tutto  a  quello 


LIB.  Vili. 
CAP.  III. 


LIB.V1II. 
CAP.  III. 


Recapitola- 
eione  . 


138  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

fcimia  è  il  folo  monumento  africano  che  fiaci  noto  .  Nella 
galleria  di  Yerfailles  fi  vede  una  ftatua  muliebre  di  marmo, 
che  vien  creduta  una  Vefiale  (a)  ,  e  dicefi  trovata  a  Benga- 
zi ,  che  fi  vuole  fondata  filile  mine  di  Barca  capitale  della 
Numidia . 

jf.  1  <>'.  Rifulta  dal  fin  qui  detto  ne’ tre  primi  Capi  di  que¬ 
llo  Libro  poterli  fidare  quattro  differenti  gradi  nello  Itile 
de’ greci  artifti  ;  cioè  il  fecco  e  duro,  il  grande  ed  angolo- 
fo  ,  il  bello  e  morbido  ,  e  quello  degl’  imitatori . 

jf.  id.  A  quelli  llili  corrifpondono  le  quattro  epoche  : 
la  prima  dai  cominciamenti  dell’arte  avrà  durato  fino  a  Fi¬ 
di  a;  la  feconda  da  quello  fino  a  Prassitele  ,  Lisippo  ,  e 
ApellEs  la  terza  avrà  avuto  fine  colla  fcuola  di  quelli  gran 
maeltri  ;  e  la  quarta  durò  fino  all’intero  decadimento  delle 
arti  del  difegno  .  Il  fiore  dell’arte  foltennefi  poco  più  d’un 
lecolo ,  cioè  cento  venti  anni ,  quanti  ne  fcorfero  da  Pericle 

alla 


della  villa  Albani ,  di  cui  fi  è  patlato  ne!  To¬ 
mo  I.  pag.  $  8.  not.  b.  ,  e  fe  n'  é  data  la  figura 
nella  Tav.  IX.  ;  fuorché  è  un  poco  più  gran¬ 
de  ,  c  non  ha  teda ,  che  ha  il  fecondo  .  11  no- 
ftro  Autore  per  darne  la  fpiegazione  ha  tro¬ 
vato  nel  detto  luogo  di  Diodoro  una  cofa  , 
che  non  v'é  fiata  mai  ;  perocché  egli  non  di¬ 
ce  altro  le  non  che  Eumaco  capitano  di  Arca- 
gato  generale  di  Agatocle  tiranno  di  Sicilia 
penetrò  nell’Africa  Superiore  ,  ove  erano  tre 
città  ,  da  lui  prefe  ,  le  quali  aveano  il  nome 
dalle  fcimie  e  per  la  quantità  che  ve  n’era  , 
c  per  il  culto  loro  preftato  da  quegli  abitan¬ 
ti  ;  e  che  fe  fi  fodero  dovute  nominare  con 
nome  greco  ,  per  tale  ragione  potevano  chia¬ 
marli  I7/8:tKov<nrai  Pithecujf/i  ;  niente  parlan¬ 
do  di  colonia  greca  ,  ma  dicendo  anzi  barba¬ 
ri  quegli  abitanti  .  Troveremo  più  facilmente 
la  ragione  ,  che  cerca  Winkelinann  degli  au¬ 
tori  di  quella  figura,  fe  riflettiamo,  che  quella 
fcimia  era  venerata  nell’Egitto  ,  come  già  no¬ 
tammo  al  luogo  citato  del  Tomo  anteceden¬ 
te  ,  e  alla  pag.  8  p.  e  pp.  ;  e  come  potrebbe 
provarli  con  tante  altre  autorità  ,  e  monu¬ 
menti  oltre  quello  della  citata  Tav.  IX.  ,  fra 
i  quali  può  nominarli  una  figurina  di  ella  be¬ 
ffa  grande  circa  un  pollice  ,  che  ha  feryito 


di  amuleto  ,  ed  ha  incifi  da  una  parte  dei  ge¬ 
roglifici  ,  cuftodira  nel  Mufeo  Borgiano  in 
Vellctri  .  Che  difficoltà  vi  farebbe  a  credere 
che  Fidia  e  Ammonio  l’abbiano  fatta  in  Alef 
fandria  ,  o  in  altra  citta  di  quel  regno  ,  ove 
erano  ftabiliti  i  Greci ,  per  ufo  di  quelli ,  fe 
la  veneravano ,  o  degli  felli  Egiziani  2  Po¬ 
trebbe  aver  feryito  a  qualche  fuperftiziofo 
della  Grecia  ftefia  ,  giacche  abbiamo  da  Sedo 
Empirico  Pyrrhon.  hyp.  l.p.  c.24.  p.  1 S S-  In¬ 
cile  v’era  cola  chi  non  arrolfiva  di  preftar  ve¬ 
nerazione  alle  tante  beltie  dell’Egitto  .  Vera¬ 
tro  alcune  ifole  vicine  ad  Utica  in  Africa , 
dette  Pitecujfe  dalle  fcimie  ,  nominate  da 
Scilace  Peripl.  pag.  48.  j  e  così  chiamava!! 
un’ ilbla  del  mar  tirreno  incontro  alla  Cam¬ 
pania  ,  ove  era  una  città  greca  fecondo  lo 
flelfo  Scilace  pag.  3.  ,  di  cui  parla  Winkel- 
mann  Tom.  I.  pag. zi  1 .  ;  e  l'ifola  era  fiata 
così  chiamata  per  le  fcimie  ,  che  vi  furono 
mandate  per  fare  fcherno  a  quegli  abitanti  , 
fe  crediamo  a  Servio  ad  JEneid.  lìb.p.  v.71  j. 
Vegg.  Salmafio  Plin.  exercit.  in  Solin.  cap.g. 
Tom.  I.  pag.  <5  8. 

(a)  Tomalfin  Rccueil  des  fiat,  group,  ee, 
de  Verfailles  ,  Tom.  1.  pi.  p. 


LIB.  Vili. 
CAP.  III. 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani.  139 

alla  morte  d’Alefìandro  il  Grande  ,  dopo  di  cui  cominciò 
a  declinare  . 

jf.  17.  Riandando  i  varj  periodi  dell’arte’,  trovo  molta 
analogia  tra  i  tempi  antichi  e  i  più  vicini  a  noi ,  e  in  que¬ 
lli  pur  ravvilo  quattro  Itili,  e  quattro  epoche  principali;  fé 
non  che  quello  che  in  Grecia  fuccedè  lentamente  ,  qui  av¬ 
venne  quali  tutto  in  un  tratto  ;  e  dove  prelTo  i  Greci  l’arte 
allontano!!!  a  poco  a  poco  dalla  lublimità  e  dalla  eccellen¬ 
za  a  cui  era  giunta  ,  prelTo  di  noi  dal  più  alto  grado  ,  a 
cui  era  fiata  portata  dai  due  gran  genj  del  dilegno  (  e  di 
quello  foto  io  qui  parlo  )  ,  cadde  repentinamente  quando 
efìì  mancarono  . 

18.  Sino  a  Raffaello  e  Michelangelo  Io  Itile  era  fla¬ 
to  lecco  e  duro  ;  e  nel  richiamar  l’arte  alla  fua  perfezione 
quelli  non  ebbero  gli  eguali  .  Vi  fu  quindi  un  vuoto  in  cui 
regnò  il  cattivo  gulto  ,  e  a  quello  fuccedette  lo  Itile  degl’i¬ 
mitatori  ,  quali  furono  i  Caracci  colla  loro  Scuola  e  i  loro 
feguaci  :  quello  periodo  durò  fino  a  Carlo  Maratta.  Se  però 
fi  parli  della  fcultura  femplicemente ,  brevilfima  n’è  la  ilo¬ 
ria  :  quell’arte  fiorì  con  Michelangelo  e  Sanfovino  ,  e  perì 
con  loro  (1)  .  Algardi  ,  Fiammingo  ,  e  Rufconi  vennero  un 
fecolo  dopo  . 

Jf.  19.  Quanto  ho  detto  fin  qui  full’arte  de’ Greci ,  Ferii- Amrtimcnta 
dizione  che  v  ho  Iparfa  ,  e  le  ofìervazioni  che  a  luogo  a  luogo 
vi  ho  inlerite  ,  tutto  può  fervire  sì  alfamatore  che  all’artilta, 
in  guifa  che  efaminando  efìì  pure  le  cofe  da  me  indicate ,  e 

S  2  leg- 

u1  Willkc,™ann  tri  pittori  il  (citi  dalla  (cuoia  d'amcndue  i  no- 

1.?  ‘.contraP?ftj .  .gli  ha  alte-  minati  eccellenti  maeftri .  Anche  nella  fcultu- 
ì  -.irmrfv. Aurigi  p-eruo  'nyenhitiili.  Che  ra  ,  benché  non  abbia  continuato  ad  edere 

Raffaeli  \nn  MA^Ult0  a  Michelangelo  e  a  efercitara  con  quella  macftria  che  ammirali 
“7™  abbiano  potuto  Ihr  loro  del  nelle  opere  dello  dello  Michelangelo  e  del 
nofrirrtn*  •  n,f  c^n  cn/°  ^  ammette  dai  co-  Sanfovino  ,  ciò  non  per  ranco  non  molto  do- 
I  ’  ma '-he  dopo  1  medefimi  abbia  per  po  di  eiTì  lo  Scilla  e  il  Porta  milaneli ,  il  Ser- 

Al  ; .  empo  dominato  in  generale  un  gufto  zana  ed  altri  bravi  fcultori  hanno  lafciato  del- 
1  V  •*  n?n  sacco™era  si  facilmente  da  chi  le  opere  affai  pregiate  in  Roma  fteffa  e  al¬ 
ba  vedute  le  opere  di  Giulio  Romano  e  di  al-  trove . 


LIJJ.VIII. 
CAP.  III. 


z 


14°  Progressi  b  Decadenza  dell’Arte 

leggendo  gli  autori  che  fu  queft’argomento  hanno  fcritto, 
avranno  ancor  molto  da  aggiugnervi .  Devono  elfi  però  nel 
contemplare  i  rimanici  monumenti  dell’arte  greca  aver  per 
principio  che  in  quelli  nulla  v’ha  di  piccolo  ,  e  ciò  che  fem- 
bra  facile  ed  ovvio  è  per  avventura  limile  all’  uovo  di  Co¬ 
lombo  .  Nè  fi  pretenda  di  tutte  verificare  in  un  mefe  o  due 
in  Roma  le  offervazioni  da  me  fatte,  ancorché  abbiali  il  li¬ 
bro  alla  mano  .  Siccome  il  più  e  ’l  meno  è  ciò  che  dilìingue 
un  artifta  dall’altro  ,  così  dalle  piccole  cofe  fi  conofce  un 
buon  olfervatore  ;  e  ’l  piccolo  porta  al  grande  .  Altro  è  lo 
ftudio  full’arte  degli  antichi  ,  altro  è  la  fcienza  dell’antiqua¬ 
ria  :  in  quella  è  difficile  lo  fcoprire  qualche  cofa  di  nuovo , 
febbene  i  pubblici  monumenti  dell’arte  s’efaminino  a  quell’og¬ 
getto  ;  ma  riguardo  all’arte,  eziandio  ne’più  conofciuti  lavo¬ 
ri ,  vi  fi  può  fempre  trovare  qualche  parte  o  qualche  rap¬ 
porto  inoffervato  .  11  bello  e  l’utile  non  poffbno  concepirli 
al  primo  fguardo  ,  come  pretendea  d’aver  fatto  certo  pittor 
tedefco  ,  che  due  fole  fettimane  fi  trattenne  in  Roma  :  ciò 
che  è  diffìcile  e  di  pefo  non  rella  alla  fuperficie  ,  ma  dee 
cercarli  al  fondo.  L’uomo  fenfibile  ,  al  primo  vedere  una  bel¬ 
la  Ratiia ,  rimane  forprefo  ,  come  colui  che  mira  per  la  pri¬ 
ma  volta  l’oceano:  lo  fguardo  fi  perde  a  principio,  ma  con¬ 
tinuando  a  mirare ,  cella  la  commozione  dello  fpirito  ,  e  l’oc¬ 
chio  fatto  più  tranquillo  palla  dal  tutto  ad  efaminare  le  par¬ 
ti  .  Un  buon  olfervatore  deve  fpiegare  a  sè  11  e  fio  le  opere 
dell’arte  ,  come  fe  avelie  a  elporre  ad  altri  un  antico  fcrit- 
tore  ;  poiché  avviene  al  guardar  quelle,  come  a  leggere  un 
libro  :  fi  crede  d’intenderlo  quando  fi  legge  ;  ma  non  s’in¬ 
tende  più  quando  fi  deve  interpretare  ,  e  fi  richiede  allora 
uno  ftudio  profondo  ajutato  da  eflefe  cognizioni  :  altro  è 
leggere  Omero ,  altro  è  leggendo  tradurlo  . 

Ca- 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani  . 


141 


«D 


LIB.Vi]  I, 
CAP.  IV. 


C  A  P  O  I  Y. 


Arti  del  difegno  prefso  i  Romani  --  Opere  di  romani  artìjìi  ...  col 
loro  nome  —  Imitar on  ejjì  i  lavori  de  fi  Etrufchi  ...  e  non  ebber 
mai  uno  Jìile  loro  proprio  -  Stato  delle  arti  in  Roma  .  .  .  fotto  i 
re  ..  .  ne ’  primi  fecoli  della  repubblica  . .  .fino  all’olimpiade  cxx. . . 
ne’  tempi  della  feconda  guerra  punica  ...  e  della  guerra  contro  An¬ 
tioco  .  .  .  e  dopo  la  conquifia  della  Macedonia  —  Conclufione  . 


mani  attilli . 


Quantunque  la  fioria  delle  arti  del  difegno  preffo  i  Ro-  Arti  del  dite- 
mani  fìa  generalmente  comprefa  in  quella  delle  arti  greche ,  Romani . 
pure  dobbiamo  trattarne  a  parte  ,  e  fare  delle  ricerche  lu 
i  loro  artifti ,  poiché  molti  de’noftri  antiquarj  parlano  d’uno 
itile  particolare  alle  opere  romane. 

jf.  1.  V’ebbe  didatti  altre  volte,  e  v’ha  anche  oggidì  sì  Opere  diro- 
delle  ftatue  che  de’ bafìi-rili evi  con  romana  epigrafe  o  col  no¬ 
me  di  romano  artefice.  Tale  è  la  ftatua  feoperta  due  fecoli 
fa  predo  s.  Vito  nell’arcivefcovato  di  Salisburgo  ( a )  ,  e  per 
ordine  di  quel  celebre  arcivefcovo  e  cardinale  Matteo  Lan- 
gio  efpofta  nella  fua  refidenza  al  pubblico  .  Effa  è  di  bron¬ 
zo  ,  di  grandezza  naturale  ,  e  fomiglia  nell’attitudine  al  pre- 
tefo  Antinoo  ,  o  piuttofto  Meleagro  di  Belvedere  (a)  .  Una 
fatua  fimile  pur  di  bronzo  ,  colla  medefima  epigrafe  nella 
fleffa  infoìita  parte  ,  cioè  fu  una  cofcia ,  vedefi  nel  giardino 
reale  di  Aranquez  in  Ifpagna  .  La  ftatua  di  Salisburgo  nella 
figura  ,  che  n’è  fiata  pubblicata  ,  rapprelentafi  con  un  accet¬ 
ta  ,  che  fenza  dubbio  è  un’aggiunta  fattavi  pofteriormente  da 

un 


(a)  Grut.  lnfcr.  Tom.  ni.  pag.pgg.  n.  3. 
(a)  Winkelmann  ha  prete  quelle  notizie 
dal  Grutero  (  il  quale  dice  la  ftatua  maggiore 
del  naturale,  e  ne  dà  la  figura  );  ma  non  avea 
prefente  l'idea  giufta  della  ftatua  vaticana  , 
quando  ripetè ,  che  quella  a  quella  raftomi- 


gliava  nell'attitudine  :  il  che  non  e  vero,  co¬ 
me  ha  notato  anche  il  lìgnqr  abate  \  nomiti 
nella  efpofizione  della  medelima  data  nel  1  0- 
mo  1.  del  Mufeo  Pio-Clementino  ,  1  av.7. , 
e  da  lui  riconofciuta  per  un  Mercurio  ,  come 
ho  avvertito  nel  Tomo  1,  pog-37 r .  not.  a. 


■142  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

1  un  artifta  ignorante.  Tal  è  pure  la  ftatua  d’una  Venere  in 

c\piv  Be*vedere’  cui  »  ficcome  vedefi  daH’ifcrizione  nello  zoccolo, 
fece  erigere  certo  SALLVSTIVS  (a).  V’è  nella  villa  Lodo- 
vifi  un’altra  piccola  figura,  alta  poco  più  di  tre  palmi,  rap- 
prefentante  la  Speranza ,  lavorata  in  fìtte  etrufco  (a) ,  la  qua¬ 
le  ha  Tulla  bafe  un  ifcrizione  romana,  come  già  ho  detto  al 
Capo  1.  di  quello  Libro  (b)  .  Anche  una  delle  due  Vittorie  , 
di  cui  ivi  pure  s’  è  fatta  menzione ,  ha  un  nome  romano  fu 
una  delle  due  fafce  ,  che  le  s’incrocicchiano  fulle  fpalle  (c) . 

jf.  2.  De’  lavori  in  rilievo  con  ifcrizioni  romane  uno  ve 
n’ha  nella  villa  Albani ,  rapprefentante  una  difpenfa  ,  parte 
di  cui  vedefi  nella  figura  premelfa  al  Libro  IV.  (d)  ;  e  tale 
è  la  bafe  fui  mercato  di  Pozzuolo  ,  che  quattordici  città  afia- 
tiche  erelfero  in  onor  di  Tiberio  :  fu  di  ella  è  fcolpita  la  fi¬ 
gura  fimbolica  d’ognuna  di  quelle  città  col  proprio  nome 
fcritto  al  di  fiotto  con  lettere  romane  ,  onde  crederli  deve  ope¬ 
ra  di  romano  ardila .  Di  tal  bafe  parleremo  più  ampiamente 
in  appretto  (e)  . 

jf.  3.  La  terza  opera  di  quella  maniera  ,  efillente  nella 
villa  Borghefe  e  da  me  pubblicata  ne  Monumenti  antichi  (b) , 
rapprefenta  Antiope  fra  i  fuoi  due  figli  ,  Anfione  e  Zeto  , 
ove  ogni  figura  ha  fcritto  al  di  fopra  il  proprio  nome  in  ca¬ 
rattere  romano  .  Pende  a  Zeto  dietro  alle  fpalle  un  cappello  , 
indizio  della  fua  vita  campellre  (f)  ;  Anfione  porta  un  elmo, 
e  tien  la  lira  mezzo  nafcolla  fotto  la  clamide  .  Nello  fpie- 

gare 

00  I  nomi  ferititi  fotto  quella  ftatua  fono  (c)  I  monumenti  romani ,  o  almeno  con 
Salluftia  e  Elpido  liberti  ,  cne  la  dedicano  a  ifcrizione  romana  col  nome  del  foggetto  rap- 
Venere  Felice  ,  odia  alla  loro  padrona  Sallu-  prefentato  ,  o  del  dedicante  ,  fono  innume¬ 
ri3  Balbia  Orbiana  moglie  di  Aleflandro  Se-  radili ,  e  molti  poffono  vederli  predo  il  Boif- 
vero,  come  dicemmo  nel  Tomo  1.  pag.  410.  fard  ,  che  Winkelmann  cita  qui  appreifo  , 
no:,  a.  ,  e  qui  avanti  pag.i gó.  not.  a.  ;  Montfaucon  ,  Foggini  Mufeo  Capito/.  To~ 

VENERI  TELICI  SACRVM  mo  IV  t  Amaduizi  Monum.  Match*}.  Te- 

SALLVST1A  HELPIDVS.DD.  mo,1lL-r  , 

(d;  1  omo  1-pag.  239. 

\a)  De/cript.  des  pierr.  grav.  du  Cab .  de  (e)  Libro  XI.  capo  il.  §.  1  g. 
òtofck  ,  cl.  2.  feti. 17.  n.t 8 3z.pag.3Q i.  (./>)  num.  S /. 

W  26.pag.toi.  Cf)  Vedi  Tomai,  pag.44-6. 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani  .  143 

gare  quefio  monumento  ho  parlato  dell’elmo  ,  di  cui  non  ho  : 
faputo  allora  trovar  la  fpiegazione  ,  non  e  Rendo  Anfione  pun¬ 
to  guerriero  ,  e  mi  contentai  d’addurre  altri  efempi  di  ligu¬ 
re  con  elmo  ,  del  quale  non  fapeafi  la  ragione  ,  qual  era  una 
fiatila  d’Apollo  in  Amicla  di  antichifiìmo  lavoro  .  Or  però 
mi  lulìngo  d’aver  trovata  la  ragione  sì  dell’elmo  di  Anfione  , 
che  della  lira  fua  mezzo  celata  ;  e  m’ha  a  ciò  aperta  la 
ftrada  un  paho  degli  antichi  fcolj  greci  fui  Gorgia  di  Plato¬ 
ne,  che  l’erudito  Mureto  trovò  in  un  manufcritto  della  bi¬ 
blioteca  già  appartenente  alla  cafa  Farnefe  ,  e  lo  copiò  fui  fuo 
Platone  dell’edizione  di  Balilea  ,  enfiente  ora  nella  biblioteca 
del  collegio  Romano  (*)  .  Al  leggere  quelli  fcolj  m’è  venuto 
in  penlìere  ,  che  ivi  rapprefentilì  una  fcena  dell’Antigona  , 
tragedia  d’Eu ripide. 

A-  4.  Che  Anfione  delle  alla  fine  orecchio  ai  configli  del 
fratello,  lo  leggiamo  in  alcuni  veri]  d’  Orazio  (**)  ,  i  quali 
non  fono  fiati  finora  ben  intefi  ,  ma  che  vengono  rifchiarati 
da  ciò  che  dice  lo  Scoliafte  ;  giacché  Orazio  qui  fenza  dub¬ 
bio  avea  di  mira  la  mentovata  tragedia  .  Calicle  preflo  Pla¬ 
tone  (a)  volea  perfuader  Socrate  ad  abbandonare  le  filofo- 
fiche  meditazioni  ,  e  de’  pubblici  negozj  occuparli ,  come  Ze- 
to  rimproverava  ad  Anfione  il  fuo  amore  per  la  mufica  ,  e 
l’allontanamento  per  ogn’altra  occupazione  ;  onde  dopo  varj 
ragionamenti  così  gli  dice  :  „  fembra  che  io  faccia  teco  quel- 
,,  la  parte  che  fa  Zeto  con  Anfione  prelfo  Euripide  (  mv- 

é'uYi'JOJ 

(*)  Ben  antico  elTer  deve  l’autore  di  quelli  parlano  di  Pireo  ,  non  aveva  letto  quello  paf- 
fcolj  ,  poiché  dice  in  un  luogo  che  ancora  lo,  che  non  avrebbe  omeflo,  facendoli  qui  una 
a’  tempi  fuoi  vedeafi  il  muro  detto  da  Piatone  particolar  menzione  di  quel  muro  . 
in  Gorgia  ,  oper.  Tom.I.  pag.  4fj.  in  fine  ,  (**)  lìb.i,  epìfi.ii.  verf.40.feqq.  : 

edìt.  Serrani ,  pag.  qq  6.  Un.  qo.  edit.  Bafil. ,  Nec  cum  venari  volet  ìlle  poemata  panges. 
4 mpi fsu  Tt'xiui  [ intergerino  ,  five  medio  Grada  fìc  fratrum  geminorum  Amphionis 
muro  ]  ;  ed  avvifa  che  tal  muro  era  quello  atque 

{fello  ,  con  cui  Temiftocle  ,  o  Pericle  aveano  Zethi  di(filuit  :  donec  fufpeUa  leverò 
congiunto  il  porto  diPireo  al  piccolo  porto  Condcuit  lyra  ;  fraternis  cejfijfe  putatur 
diMunichia.  Meurlìo  [  Pirtus ,  ec.op.T.l.  Moribus  Amphion  .  .  ■ 

cpl.  f4i.fegg.  ]  nell’  indicare  gli  fautori  che  (a)  in  Gorgia,  op,  Toin.  I.  pag.48  5 .  E, 


LIB.  Vili. 
CAP.  IV. 


LIB.VIU. 
CAP. IV. 


...  col  loro 
nome . 


144  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

'■Sviliva  fe  7Z  i7T0p6  èV  CLt  PVV  07Tif>  0  Z  H-Sos  TTpc's  7tl>  '  A^lOVCt  TX 

EópiniJov  )  ;  poiché  aneli’  io  pollo  a  te  dire  quello  Hello 
,,  ch’egli  al  fratello  fuo  diceva,  cioè  che  tu  trafeuri  quanto 
„  più  dovrebbe  importarti  „  .  A  quelle  parole  di  Platone 
così  fcrive  il  di  lui  Scoliate  :  ,,  ciò  lì  riferifee  ad  un  palio 
„  della  mentovata  tragedia  ,  ove  ad  Anfione  dice  Zeto  „  : 

Getta  la  lira  ,  e  le  armi  impugna . 

’P/^op  tììp  te'xppiro  roti  • 

Io  fono  pertanto  d’opinione  ,  che  Tardila  del  noftro  baffo- 
rilievo  abbia  voluto  efprimere  nell’  elmo  melTo  in  capo  ad 
Anfione  ,  come  nella  lira  mezzo  coperta  ,  il  momento  in  cui 
pare  che  feguir  voglia  del  fratello  fuo  i  configli  .  Non  mi 
s’imputerà  a  colpa,  io  fpero  ,  quella  digrefiìone  ,  concui  ho 
rifehiarato  Platone  ed  Orazio  (a)  ,  e  polliamo  così  figurarci 
una  feena  almeno  dell’Antigona  d’ Euripide  ,  e  s’è  inoltre  chia¬ 
ramente  fpiegato  un  preziofo  monumento  dell’arte  antica,  e 
d’un  ardila  romano. 

jf.  5.  A’  ha  pur  delle  opere  di  romani  artefici  col  nome 
loro  .  Tal  è  una  ilatua  d’Efculapio  nel  palazzo  Verofpi  aliai 
mediocre  ,  nel  di  cui  zoccolo  Ila  fcritto  ASSALECTVS  ,  e 
nella  villa  Albani  v’è  un  piccolo  lavoro  in  rilievo  ( a ) ,  ove 
un  padre  in  abito  fenatorio  fiede  fu  uno  fcanno  coi  piedi 
fu  una  fpc-cie  di  predella:  tiene  nella  delira  il  bullo  di  fuo 
figlio  ,  e  nella  lìnillra  lo  ftecco  da  modellare  ufato  dagli  Ha- 
tuarj  (b)  :  Ha  rimpetto  a  lui  una  donna  ,  che  fembra  fpargere 
dell’incenfo  fu  un  candelabro  ;  e  vi  fi  legge  quella  ifcrizione  : 
CH  LOLL1YS  .  ALCAMENES 
DEC  .  ET  .  DVVMYIR 

Que- 

(a)  V’è  anche  Dione  Grifoftomo  ,  il  quale  ed  alla  mufica  ,  trafeurando  così  gli  affari 
Orat.  73.  in  fine  ,  pag.  6  yy.  riporta  lo  Ideilo  domeftiei  ;  e  aggiugnendo  che  la  mufìca  , 
feiuimento.forfc  prefo  da  Euripide  medefimo,  che  voleva  introdurre  ,  era  afiurda  ,  e  inutile . 
ma  un  poco  più  dettagliato  :  lerivendo  cioè  ,  (a)  Vedine  la  figura  a  principio  dei  Li- 

che  Zeto  fgridava  il  fratello  Anfione  ,  per-  bro  VII.  pag.  y. 

«è  non  voleva  che  attendeile  alla  filofofia,  (b)  Vedifopra  pag.  6. 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romam  .  14^ 

Quello  Alcamene  però  efler  dovea  un  greco  liberto  della  fa-  p~— 1  —  ■-*= 
miglia  Lollia,  onde  non  dee  annoverarli  come  fcultore  ro-  L1B'VI11, 
mano  (a).  Veded  prelTo  BoilTard  (a)  una  datua  coll’epigrafe 
T1TIVS  FECIT  .  Non  addurrò  qui  le  pietre  incife  col  nome 
de’ romani  arridi,  come  Epoliano  ,  Cajo  ,  Gneo  ec. 

jf.  6.  Ma  quelli  monumenti  non  ballano  per  formare  un 
lillema  dell’arte  ,  e  fìlTare  uno  Itile  diverfo  dall’  etrufco  e 
dal  greco  .  E’  probabile  che  i  romani  arridi  non  abbiano, 
immaginato  uno  Itile  loro  proprio,  ma  ne’ primi  tempi  ab¬ 
biano  imitati  gli  Etrufchi  ,  dai  quali  moltillime  cofe ,  prin¬ 
cipalmente  d’ufo  lacro  ,  adottarono;  e  ne’tempi  polteriori , 
fui  fiorire  delle  arti  ,  i  pochi  fcultori  che  aveano  ,  fodero  fco- 
lari  de’ Greci  .  Quando  per  tanto  Orazio,  parlando  de’ Ro¬ 
mani  de’  giorni  fuoi ,  dice  : 

. Pinghnus  ,  (rtque 

Pfallimus  ,  &  luftamur  Achivis  doftius  uncììs  (b)  , 
dobbiamo  penfare  ch’egli  ciò  fcrivede  per  adulare  Augullo , 
a  cui  quell’epiltola  è  diretta . 

jf.  7.  Che  gli  arditi  romani  nei  tempi  della  repubblica  ab-  imìtaron  effi 
biano  imitati  i  lavori  degli  etrufchi  lo  veggiamo  ad  evidenza  Etruichi..? 
in  un  vafo  di  bronzo  a  forma  di  cilindro  elìdente  nella  gal¬ 
leria  del  collegio  Romano  .  Y’è  fui  coperchio  il  nome  dell’ar- 
tida ,  il  quale  ,  come  ivi  d  legge  ,  lo  ha  lavorato  in  Roma  ; 
altronde  lo  dile  etrufco  vi  d  fcorge  manifedamente  non  folo 
nel  difegno  di  molte  dgure  ,  ma  eziandio  nel  totale  della  com- 
podzione  e  del  vafo  .  E’  quedo  alto  due  palmi  ,  e  un  palmo 
e  mezzo  ha  di  diametro  (b)  .  In  due  fafce  fotto  l’orlo  fupe- 

Tom.  II.  T  rio-' 

(à)  L’aggiunto  di  decurione,  e  di  duum-  che  fuo  fatto.  Winkelmann  ,  che  riporta  il 
Tiro,  che  vuol  dire  fenatore  ,  e  magi  Idrato  baffo-rilievo  nei  Monum.  ant.  ined.  n.i  8  6. , 

(  annuale  ,  o  per  più  anni  fecondo  i  luoghi  )  e  lo  fpiega  nella  Par.  1 V.  cap.  6.  pag.24.1. 
di  qualche  Municipio  ,  come  può  vederli  crede  Alcamene  uno  fcultore  non  oliami  tali 
predo  Gottofredo  al  Cod.  Theodof.  lib.XJI.  dignità 


.  tit.i .  in paracitlo  ,  mi  fa  ctedere ,  che  quello 
perfonaggio  non  folle  arrida  ;  ma  che  il  mo¬ 
numento  folTe  lavorato  in  quell'  anno  ,  in 
cui  fu  magidrato  ,  forfè  per  (imbolo  di  qual- 


(u)  Antiq.  &  infcript.  Par.  ni.  fig.  132. 
(b)  lib.  2.  epift.  1.  verf.  32.  33. 

(b)  Il  P.Contucci  nel  luogo  da  citarli  qui 
appiedo  ,pag.j.  fcrive  ,  che  è  d'altezza  palmi 


LIB.  Vili. 
CAP. IV. 


14 6  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

riore  ,  come  fopra  l’inferiore  v’  hanno  degli  ornamenti  ;  e  nel 
campo  di  mezzo  tutto  all’intorno  evvi  incifa  a  bulino  la  fto- 
ria  degli  Argonauti  ,  il  loro  sbarco  ,  la  pugna,  e  la  vittoria 
riportata  da  Polluce  fu  Amico  .  Per  dare  un’  idea  del  dife- 
gno  ,  tra  le  varie  parti  della  mentovata  ftoria ,  ho  fcelta  l’ul¬ 
tima  rapprefentante  Polluce,  Amico  ,  e  Minerva  .  Vedefi  que¬ 
lla  alla  Tav.  I.  in  fine  di  quello  Tomo  ,  ed  il  contorno  del 
vafo  intero  nel  libro  feguente  .  Sul  coperchio  v’è  rapprefen- 
tata  in  giro  una  caccia  ,  e  in  mezzo  ad  elfo  Hanno  tre  fi¬ 
gure  gettate  di  bronzo  ,  alte  mezzo  palmo  ,  cioè  la  defun¬ 
ta  ,  a  cui  onore  e  memoria  è  flato  collocato  nel  di  lei  fe- 
polcro  quel  vafo  ,  e  quella  è  abbracciata  da  due  Fauni  con 
piedi  umani  ,  fecondo  l’opinione  degli  Etrufchi  ,  preffo  i 
quali  quei  femidei  o  in  tal  modo  foleano  effigiarli ,  ovvero 
co  piedi  e  colla  coda  di  cavallo,  che  qui  pur  hanno  (a)  .  Sot¬ 
to  quelle  figure  leggefi  l’ifcrizione  :  da  un  lato  v’è  il  nome 
della  figlia  ,  che  onora  così  la  memoria  della  fua  defunta 
madre  : 


DfciMT 

Dall’altro  lato  v’è  il  nome  dell’artefice  e’1  luogo  : 

//OV/0/-/>KT\VTIOJ.  MEO.  RoMtf>|.  FECIt>  (*) 


due  e  un’oncia  e  mezza  ,  e  di  diametro  pal¬ 
mo  uno  e  onde  fette  e  mezza  . 

(a)  Si  può  vedere  tutto  il  vafo  incifo  in 
rame  preffo  il  Ficoroni  Memorie  ricrov.  nel 
territ.  di  Labico,  p.72.  ,  ed  il  P.  Contucci  nel 
Tomo  I.  dei  bronzi  di  quel  mufeo,  Tav.i-p. 
Un  vafo  confinile  di  bronzo  ,  alquanto  più 
piccolo  ,  e  diverfo  nelle  figure  ,  lo  podìede 
il  dgnor  abate  Vifconti  .  Il  noflro  Autore 
parlando  di  amendue  nella  fua  Defcript.  des 
pierr.grav.  du  Cab.  de  Stofck  ,  cl.  2.  feci.  ; 
num.i  f  pp.  pag.  2fp.  li  aveva  fpiegati  per  due 
citte  miftiche  di  Bacco  ;  nè  lo  capire  come 
qui  abbia  mutato  fentimento  fenza  darne  ra¬ 
gione  .  Il  fig.  ab.  Vifconti ,  che  gli  avea  co¬ 
municata  quella  fua  opinione  ,  diffufamente 
la  foftienenel  Muf.  Pio-Clem.  T.  I.  Tav.  44. 
pag.  8 1 .  noe.  a.  ,  e  olferva  che  la  figura  ,  che 
fìa  in  mezzo  del  coperchio  di  quello  vafo ,  è 
»n  Bacco  nittelio  o  notturno  col  manto  llel- 


Ognu- 

lato  .  Figura  virile  Io  è  certamente  ;  e  Con¬ 
tucci  loc. cìt.  pag.i  0.  l'ha  prefa  per  Macolnio 
padre  di  Macolnia  ,  a  cui  quella  abbia  pollo 
quello  monumento  ,  come  a  femidio  . 

(*)  DINDIA  .  MACOLNIA  .  FI  LEA 
(  Filia  )  DEDIT  .  NOVIOS  .  PLAVTIOS  . 
MED  (  me  )  ROM  AI  (  Romae  )  FECID 
(  fecit  )  .  Quella  ifcrizione  indica  la  più  pri- 
fca  forma  ielle  lettere  romane  ,  e  fembran 
quelle  elfere  più  antiche  ,  o  almeno  più  e- 
trufche  che  quelle  dell’  ifcrizione  di  L.  Corn. 
Scipione  Barbato  nella  biblioteca  Barberini  , 
che  è  la  più  antica  ifcrizione  romana  in  pie¬ 
tra  ,  che  d  conofca  .  Ne  ho  parlato  nelle  mie 
Olfervazioni  full’  architettura  degli  antichi 
pag.  f.  [  Veggafi  apprelfo  al  §.  r  8.  Noterò 
qui  ,  che  il  dgnor  Court  de  Gebelin  Monde 
primitif,  liv.  j.feci.j.  chav.4.  pag.4p8.  legge 
c  fpiega  male  la  detta  ifcrizione  di  Macolnia  . 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani  .  147 

Ognuno  de’  tre  piedi ,  fu  i  quali  il  vafo  s’appoggia ,  ha  una 
rapprefentazione  particolare  .  In  uno  di  etti  fi  vede  Ercole 
in  mezzo  della  voluttà  e  della  virtù,  le  quali  non  con  fem¬ 
minili  figure  ,  come  preflo  i  Greci ,  ma  con  figure  virili  fono 
rapprefentate  . 

jf.  8.  Il  pregiudizio  di  coloro,  che  difiinguer  vogliono 
uno  Etile  particolare  dell’arte  pretto  i  Romani  e  diverfo  dal 
greco  ,  nafce  da  due  cagioni .  Una  è  la  falla  fpiegazione  delle 
figure  rapprefentate  ne’  loro  monumenti  ;  imperocché  negli 
antichi  lavori ,  dove  nulla  non  v’  è  che  pretto  non  fia  dalla 
favola  greca  (  ficcome  nelle  mi  e  Ricerche  full' allegoria  ,  e  nella 
Prefazione  ai  monumenti  antichi  mi  lufingo  d’aver  ben  dimofira- 
to  )  ,  trovar  vogliono  ettprefiì  alcuni  tratti  della  romana  fio¬ 
ria  (a;  ;  e  quindi  inferilcono  che  fian  opere  di  romani  arti- 

T  2  fii  . 


(a)  Qui  l'Autore  pare  che  non  eccettui  ca¬ 
lo  alcuno  della  ftoria  romana  rapprefentato 
fu  i  monumenti  dell’arte  ;  ma  nella  detta  Pre¬ 
fazione  ne  eccettua  i  tanti  monumenti  ,  ove 
fono  rapprcfentati  i  fatti  degl'  imperatori  ,  e 
que'  tratti  della  più  antica  ftoria  ,  confinan¬ 
te  ,  o  per  meglio  dire  intrecciata  colla  favo¬ 
la  ,  quali  egli  crede  il  ratto  delle  Sabine  ef- 
prelTo  in  alcune  medaglie,  prefio  il  P.Pedrufi 
1  Cef.  in  metallo,  ec.  ,  Tom.  VI.  Tav.S.  n.j., 
ed  altri  ;  l'augure  Navio  ,  che  raglia  la  cote  , 
preflo  Vaillant  Num.  imp.  max.  mod.  p.i  23.-, 
e  due  altri  fatti .  Ammettendo  quelli  ,  perchè 
non  fe  ne  potranno  ammettere  degli  altri 
ancora  ?  e  perchè  non  farà  lecito  agli  anti- 
quarj  d' inveftigarli  per  ifpiegare  i  monumen¬ 
ti  :  Alla  ftoria  ,  e  fatti  degl’  imperatori  yin- 
kelmann  doveva  unire  le  ftatue  erette  ai  tan¬ 
ti  uomini  illuftri  anche  ai  tempi  della  repub¬ 
blica  ,  delle  quali  egli  parla  qui  appreflo  :  do¬ 
veva  mettervi  in  una  parola  tutti  i  fatti  re- 
fpettivi  di  ogni  tempo  ,  come  per  efempio 
fecondo  Plinio  lib.3  3.  cap.4.  [eli. il  qua¬ 
dro  ,  in  cui  nell'anno  di  Roma  490.  M.  Vale¬ 
rio  Maflimo  Mefiala  avea  fatto  dipingere  la 
fua  vittoria  navale  contro  dei  Cattaginefi  ,  e 
di  Gerone  in  Sicilia  ,  efpofta  in  un  fianco 
della  Curia  Oftilia  :  cosi  l'altro  ,  in  cui  L.  Sci¬ 
pione  fece  dipingere  la  lua  vittoria  afiatica  , 
collocato  nel  Campidoglio  ;  e  quello  di  Lucio 
Oftilio  Mancino  ,  che  il  primo  entrò  in  Car¬ 
tagine  ,  ove  fece  dipingere  quella  città  ,  e 
l'affedio  ,  onde  l’avea  circondata j  e  poi  lo 


efpole  nel  Foro  di  Roma  .  A  quelle  pitture 
fi  può  unire  anche  quella  non  ancor  pubbli¬ 
cata  del  mufeo  Ercolanefe  ,  in  cui  è  efprefia 
la  morte  di  Sofonisba  coll'afiiftenza  di  Maf- 
finifia  ,  e  di  Scipione  :  il  balfo- rilievo  del  mu¬ 
feo  Capitolino  ,  in  cui  è  rapprefentato  un 
combattimento  di  gladiatori  romani ,  ripor¬ 
tato  da  Foggini  Tomo  IV.  Tav.  3  1 .  ;  come 
potrebbe  crederli  romano  lavoro  un  piccolo 
baflo-rilievo  in  bronzo  del  mufeo  Borgiano 
in  Velletri ,  che  daremo  in  appreflo  incifo  in 
rame  ,  ma  ne  parleremo  meglio  nell’  indice 
dei  rami  ;  ed  altri  monumenti  ,  che  lunga 
cofa  farebbe  voler  qui  tutti  numerare  .  Lo 
dello  difeorfo  faremo  riguardo  ai  Greci, preflo 
i  quali  egualmente  fi  alzarono  in  tutti  i  tempi 
delle  ftatue  agli  uomini  celebri,  e  fi  dipinsero, 
o  {colpirono  in  marmo  e  bronzo  i  fatti  dei 
tempi  ,  come  battaglie  ,  ed  altri  foggetti ,  che 
non  hanno  che  fare  colla  ftoria  eroica ,  o  colla 
mitologia  ,  e  vengono  riportati  principalmen¬ 
te  da  Plinio  nel  libro  34.  33.  e  26. ,  e  da  Fan¬ 
dania  in  tutto  il  decorfo  della  fua  opera  .  Io 
dirò  pertanto  con  quelle  oflervazioni  ,  che 
per  ifpiegare  i  foggetti  dei  monumenti  anti¬ 
chi  fi  debba  in  primo  luogo  ricercare  nella 
favola  greca  ,  o  ftoria  eroica  ,  come  quella 
che  è  data  l’argomento  principale  dei  greci 
attilli  ,  e  in  parte  anche  dei  romani ,  e  degli 
etrufehi  ;  e  in  fecondo  luogo  nella  mitologia, 
e  nella  ftoria  di  quelle  altre  nazioni,  c  nella 
ftoria  greca  di  tutti  i  tempi . 


LIB.  Vili. 
CAP. IV. 


...  e  non  eb- 
ber  mai  uno 
ftile  proprio . 


LIB.  Vili. 
CAP. IV. 


148  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

Iti  .  Così  diffatti  ragionò  un  autore  fuperficiale  (a)  ,  il  qua¬ 
le  in  una  gemma  incifa  del  mufeo  Stofchiano  (/')  ,  ove  rap- 
prefentafi  Poliflena  figliuola  di  Priamo  fagrificata  da  Pirro  filila 
tomba  d’Achille  fuo  genitore  ,  s’immaginò  di  vedere  effigia¬ 
ta  Lucrezia  ,  febben  ivi  alcun  indizio  non  flavi  di  violenza 
o  di  oppofizione  .  Egli  fondò  la  fua  fpiegazione  fu  Ilo  Pile 
romano  del  lavoro  di  quella  pietra  ,  il  quale  Pile,  dic’egli, 
qui  chiaramente  fi  fcorge  :  onde,  mal  ragionando  ,  un’erro¬ 
nea  confeguenza  deduffe  da  un  falfo  principio  .  La  confeguen- 
za  medefima  avrebb’egli  inferita  dal  bel  gruppo  della  villa  Lo- 
dovifi  conofciuto  fotto  il  nome  del  giovane  Papirio  ,  ma  che 
piuttoPo  rapprefenta  Elettra  e  Orette ,  fe  ivi  non  fi  leggette 
il  nome  del  greco  artitta  (a)  . 

§.  9.  La  feconda  cagione  di  quett’errore  nafce  da  una  mal 
intefa  venerazione  ,  in  cui  fi  hanno  le  opere  de’  greci  artitti  ; 
imperciocché  ,  ficcome  anche  di  quelli  trovanfi  lavori  me¬ 
diocri  ,  anzi  che  ad  effi  ,  fe  ne  vuol  dare  a’  Romani  il  bia- 
fimo  ;  e  quindi  tutto  ciò  che  non  è  bello  a  quelli  s’attri- 
buifice  fenza  cercarne  altra  ragione  .  Non  fi  può  negare  ,  che 
le  monete  de’  primi  tempi  della  repubblica  coniate  in  Roma, 
fe  fi  paragonino  con  quelle  delle  città  anche  minori  della 
Magna-Grecia  o  dell’Italia  inferiore  ,  non  fembrino  lavoro 
di  un  popolo  pretto  cui  le  arti  nafcano  appena .  Ebbi  occa- 
fione  di  fare  recentemente  quella  ottervazione  fu  alcune  cen- 
tinaja  di  monete  romane  d’argento  ,  fcoperte  pretto  Loreto 
nel  gennajo  del  I7?S.  ,  che  antichittìmamente  erano  Hate 
fotterrate  in  vafo  di  terra  ,  ov’eranfi  perfettamente  conler- 
vate  ;  ed  è  probabile  che  tali  monete,  le  quali  denno  riguar¬ 
darli  come  un  pubblico  monumento,  fiano  Hate  da’ romani 

ar- 

(a)  Scaifò  Lettera  ,  nella  quale  vengono  Monumenti  antichi  inediti ,  num.  144.. 
efpreffi  ,ec.  pag.  LXI.  (a)  Vegg.  appreflo  libro  XI.  cap.il.  §.tj. 

ib)  Defiript.  des  pierr.  grav.  du  Cab.  de  e  fegg. 

~>toJ.h  ,  cl.  j,  feci.  3.  num.  34.3.  pag.  303. , 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani  .  149 

arridi  coniate  prima  che  le  arri  greche  venifiero  a  fidare  in  : 
Roma  la  loro  fede  • 

jf.  io.  Conviene  altresì  confettare  che  ne’ tempi  medefi- 
mi  ,  ne’  quali  i  Romani  veder  poteano  ed  imitare  le  opere 
greche,  mai  ad  uguagliare  i  Greci  non  giunfero  ;  del  che  fom- 
miniftra  Plinio  (a)  dello  un  argomento  ,  ove  facendo  men¬ 
zione  di  due  tede  colo  fiali,  allora  elìdenti  nel  Campidoglio  , 
lavoro  duna  del  celebre  Carete  difcepolo  di  Lisippo  ,  e  l’al¬ 
tra  di  Decio  datuario  romano  ,  dice  che  la  feconda  in  con¬ 
fronto  della  prima  sì  deforme  parea  che  d’uno  appena  me¬ 
diocre  artida  credealì  lavoro.  Ma  non  lì  può  quindi  inferire 
che  lavoro  romano  lìa  qualunque  vedelì  informe  o  mediocre 
antico  monumento  (a)  ;  e  molto  meno  fi  dee  giudicare  dello 
dile  e  del  difegno  degli  arridi  romani  da  alcuni  lavori  che 
predo  e  con  poco  dudio  faceanfi  da  mediocri  artefici  per  ven¬ 
derli  in  commercio  ,  quali  fono  alcune  urne  fepolcrali .  Da 


tali  opere  formerebbe!!  una  ben  falfa  idea  dello  dile  roma¬ 
no  .  S’aggiunga  che  trovanfi  pure  sì  informi  lavori  di  arti- 
di  certamente  greci  ,  come  appare  dalle  loro  greche  ifcri- 
zioni ,  i  quali  fembran  opere  degli  ultimi  tempi  dì  Roma  (1  )  . 

jf.  1 1.  Tut> 


(a)  lib.34-.  cap.7.  fecì.i  8. 

(a)  Potendo  eflere  qualcuno  di  elfi  anche 
di  artefice  etrufco  .  Vedi  Tom.  1.  pag.172. 
not.  a. 

tri  Che  i  Romani  non  avellerò  uno  filile 
loro  proprio  fi  può  anche  inferire  dai  poehif- 
fimi  artefici  che  hanno  avuto  .  Plinio  lib  jj. 
cap.  4..  feti  7.  ,  zelantiffimo  della  gloria  di 
Roma  e  indagatore  affai  accurato  ,  ben  pochi 
re  rammenta ,  e  quelli  per  lo  più  de'  tempi 
degl’imperatori  .  È  certo  che  i  Romani ,  a- 
-  vendo  fiotto  gli  occhi  tanti  bei  monumenti 
dell'arte  etrufica  e  greca  ,  avrebbero  potuto 
formarli  agevolmente  uno  Itile  particolare  da 
filar  del  pari  a  quello  degli  Etrufichi ,  e  de' 
Greci  .  Ma  una  naturai  ferocia  ,  unita  ad 
una  ruflicita  loro  propria ,  cagionò  in  loro  il 
difiprezzo  delle  arti  liberali  :  quella  urbanità, 
che  ne'  Romani  ravvila  il  fignor  Gedoyn  De 
turb.  rom.  Acad.  des  Jnfiripr.  T.  VI.  Mém. 
pag.  208.  feqq. ,  fi  è  efilefia  foltanto  al  loro 


idioma  ;  e  quella  civiltà ,  che  ne’  medefimi 
riconofce  il  fignor  Simon  Acad.  des  Injcript. 
Tom.  I.  HiH.pag.70.  ,  non  fu  altro  che  una 
cerimoniofa  ferviti!  introdottali  in  Roma  do- 
po  la  perdita  della  libertà  .  L'efercizio  pure 
della  guerra  ,  in  cui  più  volentieri  che  in 
qualunque  altro  impiegavano  i  Romani ,  im¬ 
pedì  loro  di  conofccre  il  pregio  delle  belle 
arti  ,  e  di  coltivarle  .  L’ordine  dato  da  L. 
Mummio  ,  il  primo  che  abbia  fatto  cono- 
feere  in  Roma  ftatue  e  pitture  greche  ,  ben 
fa  vedere  quanto  poco  le  co  no  fcefle  .  Doven¬ 
doli  trafportare  in  Italia  le  (fatue  e  le  pitture 
più  rare  prefe  da  lui  nello  foglio  di  Corin¬ 
to  ,  fece  fapere  a  condottieri  ,  che  fe  mai 
fodero  quclfe  andate  a  male  ,  obbligati  gii 
avrebbe  a  rifarne  altre  confimili ,  Velie j.  Pa¬ 
tere.  Lib  /.  cap.i  ■?.  Modrarono  ,  egli  e  Vero  , 
i  Romani  negli  ultimi  tempi  della  repubblica 
e  fotto  i  cefari  fomma  premura  d  acqui  dar 
le  opere  più  pregevoli  di  pittura  e  di  fcultiua> 


ijo  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

™"  3  jf.  il.  Tutto  ciò  fi  renderà  più  chiaro  col  dare  una  bre- 

lib.  vin.  notizia  dello  flato  in  cui  trovaronfi  le  arti  in  Roma  ai  tempi 
stato  delie  ar- de’ re  e  della  repubblica. 

U  lòtto iT"  '  I2,  Egli  è  verofimile  che  fotto  i  re  o  ben  pochi  o 

fors’anche  niun  Romano  vi  folle  verfato  nelle  arti  del  dife- 
gno  ,  e  particolarmente  nella  llatuaria  ,  poiché  fecondo  le 
leggi  di  Numa,  ficcome  avvifa  Plutarco  (a),  era  vietato  di 
rapprefentare  la  divinità  fotto  umane  fembianze  ;  in  guifa  che 
per  160.  anni  dopo  quel  re  pontefice,  o  come  fcriveVarro- 
ne  ( b ) ,  nei  primi  170.  anni ,  non  viderfi  ne’  romani  tempj  fia¬ 
tile  o  immagini  degli  dei  .  Dico  ne’  tempj  ove  efpolle  fiefiero 
alla  pubblica  venerazione  ,  e  a  i  religiofi  riti  fervifiero  ,  poiché 
v’ erano  in  altri  luoghi  di  Roma  fiatue  rapprefentanti  le  di¬ 
vinità  ,  come  or  ora  dimoftrerò . 

jf.  13.  Servianfi  i  Romani  nelle  prime  età  di  artifii  etru- 
fchi ,  che  erano  in  Roma  allora  ciò  che  pofcia  furono  i  gre¬ 
ci  ,  e  lavoro  di  quelli  fu  la  ftatua  di  Romolo  rammentata  nel 

Lib.  I. 


tifando  anche  al  bifogno  la  forza  e  la  ra¬ 
pina  .  Quella  premura  però  attribuir  lì  dee 
piuttofto  alla  sfrenata  loro  palTione  per  lo 
sfoggio  e  pel  lulfo  ,  che  a  genio  e  guito  per 
l'arte  ,  della  quale  ,  ficcome  pur  degli  artifti, 
ebbero  fempre  un  baffo  concetto  ;  anzi  oc¬ 
cupati  nell’ idea  della  lor  potenza  e  grandez¬ 
za  ,  l’arte  e  gli  artifti  difpregiavano  ,  Plin. 
loc.cit.  Cicerone  Tuficul.  quifi.  lib.  i.  cap. 2., 
e  Valerio  Maffimo  lib. 8.  cap.  14.  diederfi  a 
diveder  animati  contro  Q.  Fabio  ,  uomo  al¬ 
tronde  d’  un  merito  Angolare  ,  perchè  ab¬ 
bia  attefo  alla  pittura  ,  fiudio  fiordi  do _  chia¬ 
mata  dal  fecondo  de’  nominati  ferittori  [  Ci¬ 
cerone  anzi  biafima  i  Romani ,  che  non  ab¬ 
biano  data  maggior  lode  a  Fabio  per  l’ar¬ 
te  ,  che  profetava  ;  che  così  avrebbero  an- 
ch’efti  avuto  i  loro  Parrafii ,  e  Policleti  .  Art 
cenfemus  ,  fi  Fabio  ,  rtobilijfimo  homini  laudi 
datura  ejfet  ,  quod  pingeret ,  non  multos  edam 

S'  nos  fiuturos  Polycletos ,  &  Parrkafios 
■  ?  Honos  alit  artes  ,  omnefque  incen- 
duntur  ad  ftudia  gloria  .  Fa  però  capire  con 
quella  maniera  di  parlare  ,  che  l’arte  non  era 
promofla  ,  e  onorata  dai  Romani .  E  ciò  fa 
ben  intendere  anche  in  Verr.  ad.  z.  lib.  4. 
cetp-jg.  >  ove  dice  che  il  trafporto  dei  Roma¬ 


ni  per  li  monumenti  dell’arte  era  ben  leggie¬ 
ro  in  paragone  di  quello  dei  Greci  ,  che  era 
grandillimo  ,  nimìo  opere  ]  .  Da  quello  Hello 
difprezzo  però  de’  Romani  per  1’  arte  feppc 
Virgilio  con  impareggiabile  finezza  e  mae- 
ftrià  ricavar  l'argomento  della  più  bella  lode 
che  fiali  mai  data  loro  .  Predo  di  lui  JEneìd. 
lib.  6.  v.  848.  fieqq.  così  Anchife  predice  ne* 
campi  elisj  al  figlio  Enea  i  futuri  eventi  : 

Excudent  aliì  fpiranda  mollius  ira  , 

Credo  equidem  ,  vivos  ducent  de  marmore 
vultus , 

Orabunt  caufas  melius  ,  cilique  meatus 

Defcribent  radio ,  &  fiurgendafidera  dicent . 

Tu  regere  imperio  populos  ,  Romane  ,  me¬ 
mento 

(  Hi  tibi  erunt  artes  )  ,  pacifque  imponete 
morem  , 

P arcete  fubjeciis  ,  &  debellare  fuperbos . 

(<j)  in  Numa  ,  op.  Tom.  I.  pag.  6  f.  C. 

(A)  Ap.  s.  Aug.  De  Civ.  Dei  ,  lib.  4.  c.qi. 
r  Clem.  Aleflandr.  Strom.  lib.  1 .  cap.i  f.  oper. 
Tom.  I.  pag.gpp. ,  e  predo  Eufebio  De  pnp . 
evang.  lib.8.  cap. 6. 


presso  i  Greci  b  presso  i  Romani.  iji 

Lib.  I.  Capo  II.  (a),  come  lo  è  parimenti  la  lupa  di  bronzo 
allattante  Romolo  e  Remo,  polla  ora  nel  Campidoglio,  di  LIB'V1II“ 
cui  fi  è  parlato  al  Libro  III.  Capo  III.  (b)  .  cap.iv. 

jf.  14.  Tarquinio  Prifco  (4) ,  o  come  ad  altri  piace ,  Tar- 
quinio  il  Superbo  ( b ) ,  fè  venire  da  Fregella ,  paefe  de’Vol- 
fci  ,  a  Roma  un  artefice  che  gli  faceffe  la  flatua  di  Giove  Ca¬ 
pitolino  in  terra-cotta  ,  e  la  quadriga  che  fu  polla  nella  fom- 
mità  del  tempio.  Plutarco  dice,  che  furono  artefici  etrufchi 
chiamati  da  Veja,  ed  altri  vogliono  che  in  Veja  Ileffa  foffe 
efeguita  quell’opera  (c)  .  Una  flatua  di  bronzo  fece  colloca¬ 
re  nel  tempio  del  dio  Sango  (c)  la  moglie  di  Tarquinio  Pri- 
fco  ;  e  v’erano  le  Ilatue  dei  re  ( d )  polle  all’ingrelfo  del  Cam¬ 
pidoglio  fin  dal  tempo  del  tumulto  de’  Gracchi  fotto  il  go¬ 
verno  repubblicano  . 

jf.  i£.  Ne’ primi  tempi  della  repubblica,  sì  per  le  con-  ...ne*  primi 
tinue guerre  in  cui  erano  occupati  i  cittadini,  sì  per  la fem- pXbìka!* T 
plicità  de  loro  coftumi ,  ben  poco  lavoro  fi  fomminiflrava  alle 
belle  arti  .  Da  un  articolo  dell’alleanza  fatta  con  Porfenna 
dopo  l’efpulfione  dei  re ,  in  cui  fi  flabiliTce  che  ad  altr’ufo 
adoperar  non  fi  debba  il  ferro  fe  non  all’  agricoltura  ( e ) 
inferir  fi  può  che  allora  non  fi  efercitaffe  punto  la  fcultura, 
poiché  in  confeguenza  di  tal  divieto  mancati  le  farebbono  gli 
Ilromenti .  II  più  grand’onore  che  a  que’  tempi  far  fi  fapeffe 
ad  un  cittadino  ,  era  quello  d’innalzargli  una  colonna  (/) ,  e 
quando  fi  cominciò  a  ricompenfare  con  una  flatua  i  più  impor¬ 
tanti  fervigi  renduti  alla  patria  ,  fu  pur  Affato  che  oltrepaffar 

non 


(a)  22.pag.  j1. 

$.7  /.  pag.20  2. 

(<2)  Plin.  Lib.js.  cap.12.fia.4-S-  [  Vedi  To- 
no  I.  pag.20 p.  §.4.. 

(b)  Plut.  in  Popi.  op.  Tom.I.  pag.io  4  E. 

(c)  Ciò  appunto  è  quello  che  dice  Plutarco 
loc.  Clt. 

(0  Scalig.  Confici,  in  V arr.  di  ling.  lai. 


lib.  6.  pag.  1  So.  [  Verno  p  re  Ito  Fedo  v.  P  ri¬ 
ti  a  ,  le  di  cui  parole  riporta  Scaligero  ,  non 
dice  di  che  materia  folte  quella  (tatua  ,  che 
Cara  Cecilia  li  fece  innalzare  in  quel  tempio  . 
(d)  App.  De  bell.  civ.  lib.i .  p.jSo.  princ, 
le)  Plin.  lib.  J4.  cap.14.feH.1g. 

(/)  id.  lib.  14.  cap-s.feH.i  1. 


LIE.  Vili. 
CAP. IV. 


i$2  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

noli  dovefle  i  tre  piedi  d’altezza  (a)  ,  mifura  troppo  limitata 
per  l’arte  .  Di  tal  grandezza  fi  poflono  credere  la  llatua  d’Ora-* 
zio  Coelite  erettagli  nel  tempio  di  Vulcano  (b)  ,  la  ftatua  eque- 
ftre  di  Clelia  (c)  ,  che  elìdeva  ancora  ai  tempi  di  Seneca  (d), 
amendue  di  bronzo ,  e  molte  altre  fatte  in  Roma  a  que’ gior¬ 
ni .  Fecerfì  pur  allora  altri  pubblici  monumenti  di  bronzo, 
e  fu  colonne  di  tal  metallo  s’incifero  le  nuove  ordinazioni, 
quale ,  a  cagion  d’efempio  ,  fu  quella  in  cui  al  principio  del 
quarto  fecolo  di  Roma  fu  conceduto  al  popolo  di  poter  edi¬ 
ficare  fui  monte  Aventino  (<?) .  Su  limili  colonne  furono  fcrit- 
te  le  nuove  leggi  de’  Decemviri  (f)  . 

jf.  i(5.  In  oltre  le  ftatue  degli  dei  doveano  ,  almeno  per 
la  maggior  parte ,  elfere  proporzionate  ai  tempj  ,  che  allora 
magnifici  certamente  non  erano  ,  fe  giudicar  ne  deggiamo  da 
quello  della  Fortuna  (g)  ,  che  fu  compiutamente  edificato  in 
un  anno  ,  e  da  ciò  che  degli  altri  antichi  tempj  rapportano 
le  ftorie  {b) ,  o  moftrano  le  ancor  eliltenti  ruine  . 

Jf-  17-  Le 

clic  fcriveva  ai  tempi  di  Augufto  ,  e  flette  in 
Roma  tanti  anni,  dice  lib.j.  cap. 33.  p.zgi . 
che  avendone  fatte  ricerche  non  f'avea  più 
trovata  ,  e  che  gli  età  flato  detto  edere  flata 
confumata  dal  fuoco  attaccatoli  una  volta 
alle  vicine  cafe  :  Nos  non  invenimus  hanc 
adhuc  ext antem  ,  &  ereciam  :  ferunt  enim  eam 
incendio  circa  proximas  edes  exorto  abfum- 
ptam  .  Io  non  faprei  come  feiogliere  plaulì- 
bilmente  una  contradizione  cosi  manifefta . 
Potrebbe  penfarfì  ,  che  folle  rifatta  la  ftatua 
dopo  i  tempi  di  Dionilio  ;  ma  Plinio  e  Plu¬ 
tarco  moftrano  di  parlare  dell'antica  :  ovvero 
potrebbe  dirli  ,  che  in  occalione  di  quell’  in¬ 
cendio  foffe  melfa  in  luogo  privato  ,  e  rimelTa 
in  pubblico  dopo  Dionilio  . 

(e)  Dion.  Hai.  lib.  i  o.cap.32.  pag.628. 

(/)  idem  ìb.  cap.  37.  pag.  64.9.  [  Livio  I.3. 
cap.  28 ■  num.37.  dice  in  tavole  di  bronzo  ;  c 
cosi  crederei  che  dovefle  emendarli  il  giure- 
confulto  Pomponio  nella  /.  2.  ?.  4..  ff.  De  orig. 
jur. ,  ove  le  dice  fcritte  in  tavole  di  avorio  : 
chechè  dica  per  foftenere  quella  lezione  Byna 
kershoek  alla  detta  legge ,  Prstermiffa  ,  ec. 
op.  Tom.  I.  pag.  2  8 6. 

( g )  Dion.  Hai.  lib. 8.  cap. 3  3.  pag. pop. 

■  (A)  Nonius  ap.  Scalig.  Conjeà.  in  Varr.  de 
ling.  lat.  Lib.  4-.pag.22. 


fa)  idem  ibid.  Cap.6.  fccl.r  1, 

(b )  Plutarch.  in  Popi.  oper.  Tom.l.  p.106. 
princ.  [  La  ftatua  gli  fu  eretta  nel  Comizio  , 
e  in  appreffo  fu  trafportata  nella  vicina  area 
di  Vulcano  ,  Gellio  Noci.  att.  lib.  4.  cap.  3. 
Livio  lib.  2.  cap.  3.  num.i  o.  la  dice  eretta  pa¬ 
rimente  nel  Comizio  ;  e  Plinio  lib. 3 4.  cap.  3. 
feci.11.  ne  parla  fenza  indicare  precifamente 
ove  folle  .  Il  P.  Arduino  ivi  not.  1 0.  p.  643. 
moftra  di  non  aver  letto  bene  Gellio  ,  fcri- 
vendo  che  la  ftatua  ,  di  cui  parla  Plutarco  , 
foffe  diverfa  da  quella  eretta  nel  Comizio  . 

(c)  Plin.  I.34.C.6.J.1 3.  [Liv.  1.2.  c.S.n.i  3. 

(d)  Confai,  ad  Marc,  cap.i  6.  [  E  di  Plinio , 
che  fcriveva  ai  tempi  di  Vefpaliano  .  Seneca 
loc.  cit.  parla  si  chiaramente  dell'eliftenza  di 
quefta  ftatua  a’  Tuoi  tempi ,  che  non  ne  lafcia 
dubbio  :  Equeftri  infìdens  flatus.  ,  in  facra 
via  ,  celeberrimo  loco  ,  Cleelia  exprobrat  ju- 
venibus  noflris  pulvinum  afeendentibus  ,  in 
e  a  illos  urbe  fic  ingredi  ,  in  qua  etinm  foemi- 
nas  equo  donavimus  .  Plinio  anche  pare  che 
parli  chiaro  :  Cltelis.  Jlatua  e  fi  equefiris  :  e 
amendue  quelli  fcrittori  fcrivevano  in  Roma, 
e  di  una  ftatua  ,  che  flava  al  pubblico  in  uno 
dei  più  celebri  luoghi  di  quefta  città  .  A  que¬ 
lli  fi  deve  unire  anche  Plutarco  loc.  cit.  pag. 
1 07.  D.  Al  contrario  Dionifio  d'Alicarnaffo  , 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani.  1^3 

jf.  17.  Le  fummentovate  (fatue  faranno  probabilmente  fia¬ 
te  lavoro  d’artifta  etrufco  .  Di  ciò  ne  afficura  Plinio  (a)  riguar¬ 
do  alla  lfatua  d’ Apollo  in  bronzo  ,  collocata  pofcia  preflo 
alla  biblioteca  del  tempio  d’Augufto  ,  (tatua  gettata  per  co¬ 
mando  di  Spurio  Carvilio  nell’anno  di  Roma46r.  (a)  ,  cioè 
nell’olimpiade  cxxi.  ,  dopo  la  vittoria  riportata  fu  de’ Sanni¬ 
ti  ,  facendo  a  tal  effetto  fondere  le  corazze  ,  gli  elmi  ,  e  le 
altre  armi  loro  .  Leggelì  che  sì  grande  folle  tale  (tatua  da 
poterli  vedere  (ino  dal  colle  d’Albano  ,  detto  or  Monte-ca¬ 
vo  (b)  .  La  prima  (tatua  di  Cerere  ( b )  in  bronzo  fu  ordinata 
da  Spurio  Caftìo  confole  nell’anno  252.  (c)  .  Nel  417.  fu¬ 
rono  dopo  la  disfatta  de’Latini  erette  nel  Foro  ai  confoli  L.  Fu¬ 
rio  Camillo  ,  e  Cajo  Menio  delle  ftatue  equeftri  (r)  ,  come 
cole  nuove  allora  e  (traordinarie  (d)  ;  ma  non  ci  vien  rife¬ 
rito,  di  qual  materia  fodero  (tate  lavorate  (e)  .  Servironfi  i 
Romani  eziandio  de’  pittori  etrufchi  ,  dai  quali  fu  dipinto  » 
fra  gli  altri,  un  tempio  di  Cerere;  e  quelle  pitture,  quan¬ 
do  il  tempio  cominciava  a  rovinare,  tagliate  furono  e  tras¬ 
portate  altrove  col  muro  (fello  (d)  . 

Jf.  iS.  In  Roma  li  cominciò  molto  tardi  a  fcolpire  in 
marmo ,  fìccome  appare  dalla  celebre  ifcrizione  ( e )  di  L.  Sci¬ 
pione  Barbato  ,  che  fu  il  più  grand’uomo  del  fuo  fecolo  (f)  : 

Tom.  II.  V  efla 


(<0  lib.34.  cap.  7.  feti.  iS. 

(a)  Spurio  Carvilio  fu  confole  ,  e  trionfò 
nell  anno  459.  Livio  Uh.  1  0.  cap.  ult. 

(b)  Era  quella  la  ftatua  di  Giove  ir  Cam¬ 
pidoglio  gettata  per  ordine  di  Spurio  Carvi- 
lio  ,  come  dice  Winkelmann  ;  dalla  quale  era 
diverla  la  ftatua  d'Apollo  alca  50.  cubiti,  col¬ 
locata  in  quel  luogo  da  Augnilo  .  Plinio  l.cic. 

(.0)  idem  cap.  a.,  feci.  g. 

(c)  Spurio  Gallio  fu  conlole  in  queft’an- 
»o  ;  ma  la  ftatua  fu  fatta  dei  di  lui  beni  do¬ 
ro  clic  tu  condannato  a  morte  nell'anno  ì4q. 
Plinio  loc.cit. ,  Livio  lib.z  c.zz.  n.  41 . 

(c)  Liv  lib.S.  cap.i  1.  n.i  i. 

(d)  Livio  dice  folamentc  che  per  quel  tem¬ 
po  era  cofa  rara  il  vedere  alzate  quelle  fta¬ 
tue  ,  non  che  folle  cofa  nuova  .  Infatti  pri¬ 
ma  di  quelle  erano  Hate  erette  quelle ,  delle 


quali  fi  e  parlato  nel  §.  ij.  ;  e  Io  attefta  an. 
che  di  altre  Plinio  lib.34.  cap. 7.  feci.  1 j. 

(e)  Saranno  (late  di  bronzo ,  come  era¬ 
no  tutte  le  altre  equeftri . 

(<f)  Plin.  lib.jf.  cap.i  2.feci.4f.  !  Winkel- 
mann  in  quello  luogo  non  ha  badato  a  ciò 
che  aveva  fcritto  pag.  71. ,  e  che  fcriveva  qui 
apprelfo  nej  §.  zi.  ,  come  veramente  dice 
Plinio  ;  cioè  che  i  pittori  del  tempio  di  Ce¬ 
rere  erano  quei  due  Greci  . 

(e)  SirmonJ.  Expl.  hujus  infcript.  V.  Fa- 
bret.  Infcript.  cap. 6.  n.go.  pag.  461. 

.  (/)  V.  Liv.  lib.  jf-  caP- 1  n • 1  o.  [  Parla 
di  Cnejo  Scipione  .  Quello  di  quella  ilcrizio- 
ne  è  Lucio  Scipione  nglio  di  Scipione  Barba¬ 
to  ,  uomo  che  fu  veramente  grande  ,  e  ot¬ 
timo,  come  dice  la  ftclla  ifcrizione  . 


LIB.  Vili. 
CAP. IV. 


T £4  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

- - effa  è  incifa  fu  un  fallo  comune  detto  peperino  (a)  .  Sul  me- 

LIBU1I‘  defimo  fa  fio  farà  fiata  incifa  l’ifcrizione  della  colonna  rofira- 

C  \P  IV 

tadi  C.  Duillio  de’medefimi  tempi,  febbene  taluno  fiafi  llu- 
diato  di  provare  con  un  pafio  di  Silio  Italico  (a)  ,  che  fof- 
fe  fui  marmo  .  I  fuppofii  avanzi  di  tale  ifcrizione  ,  che  og¬ 
gidì  fi  moftrano  (u) ,  fono  un  manifefio  lavoro  de’ tempi  po- 
fteriori . 

..fino  aito-  jf.  1 9-  Sino  all  anno  4S’4.  di  Roma,  cioè  fino  aU’olim- 
'■  piade  cxx.  ,  le  ftatue  avean  colà  lunghi  capelli  e  lunga  bar¬ 
ba  (b)  ,  come  i  cittadini  ,  poiché  folo  nel  fummentovato 
anno  vennero  per  la  prima  volta  i  barbieri  dalla  Sicilia  (<r)  : 
e  narra  a  quello  propofito  Livio  (d)  ,  che  il  confole  M.  Li¬ 
vio  ,  il  quale  ,  efiendofi  per  qualche  difgufio  allontanato  dal¬ 
la  patria  ,  fi  era  lafciati  crefcere  i  capelli  e  la  barba  ,  dovè 
poi  farfeli  tagliare  e  raderli  ,  configliato  a  ciò  fare  dal  fe¬ 
nato  .  Lunghi  capelli  avea  Scipione  Africano  il  feniore  (i) 
quando  s’intertenne  la  prima  volta  con  Mafiinifia  (e) . 
ne'tempi  jf.  20.  Ne  tempi  della  feconda  guerra  punica  efercitavafi 
guerra  puni- in  Roma  la  pittura  eziandio  dai  nobili,  e  Fabio  ,  il  qua¬ 
le  dopo  la  rotta  a  Canne  fu  fpedito  a  confultare  l’oracolo  di 
Delfo  ,  ebbe  da  quell’arte  il  cognome  di  Pittore  (/) ,  cognome 
che  i  fuoi  difeendenti  hanno  in  feguito  ritenuto  ,  e  che  ve- 
defi  fulle  medaglie  d’alcuni  illufiri  perfonaggi  della  famiglia 
Fabia.  Due  anni  dopo  la  mentovata  feonfitta ,  Tiberio  Grac¬ 
co  fece  dipingere  nel  tempio  della  Libertà  in  Roma  il  tripu¬ 
dio 


(a)  Vedi  Tomo  I,  pag.  go.  not.  a.  ,  e  qui 
approdo  al  libro  XI.  capo  1.  §.  z. 
la)  Rycquius  De  Capit.  cap.g g.  pag.  4.0 0. 

Parla  della  colonna  roftrata  folamenre ,  co¬ 
me  ne  parla  Silio  Italico  De  bello  puri.  lib.  6, 
verf.  664. 

(b-)  Ne!  palazzo  dei  Confervatori  in  Cam¬ 
pidoglio  a  piè  della  (cala  . 

Ih)  Cicer.  Or.  prò  M.  Coel.  cap.14.. 

(c)  Varrò  De  re  rufl.  lib,z,  cap,  ult.  [  Plin, 
lib.y.  cap.pp.  Jell.jg, 


Cd)  lib.  27.  cap. 2 9.  n.  gg.. 

(i)  Quell'ufo  antico  era  si  noto  in  Roma, 
anche  ne'  lecoli  pofteriori ,  che  Ovidio  Fuji, 
lib.  2.  verf. 30.  ,  per  indicare  gli  uomini  di 
que’  primi  tempi  ,  chiamolli  intonfi  [  come 
ve  li  chiamano  tutti  gli  (crirtori  ]  ,  e  Giove¬ 
nale  Satyr.f.  verf.  30. ,  ebbe  per  termini  li¬ 
noni  mi  capellato  ed  antico  . 

( e )  Li v.  lib. 28.  cap. 17.  n.gp. 

(/)  idem  lib.zg.  cap. 6.  n.n. 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani.  ij? 

dio  del  fuo  efercito  a  Benevento  ,  per  la  vittoria  riportata  fu 
Annone  predo  Luceria .  I  Beneventani  avean  fatto  un  con¬ 
vito  ai  foldati  in  mezzo  alle  Arade  della  città  ;  e  poiché  la 
maggior  parte  di  eflì  erano  fchiavi  armati ,  Gracco  ,  confen- 
tendovi  il  fenato  ,  in  conAderazione  de'  fervigi  militari  pre- 
Aati  per  alcuni  anni,  avea  loro  innanzi  la  battaglia  promeda 
la  libertà  .  Pertanto  eflì  mangiavano  col  cappello  ,  o  avendo  la 
teda  fafciata  d’una  benda  bianca  di  lana  ,  per  indicare  la  ma- 
nomiflìone  loro  .  E  ficcome  alcuni  non  aveano  ben  adem¬ 
piuto  ai  proprj  doveri ,  era  perciò  dato  determinato  che  in 
punizione  avedero  ,  durante  la  guerra  ,  a  mangiar  fempre 
e  bere  dando  in  piedi  ;  indi  è  che  in  quella  pittura  alcuni 
fedeano  a  tavola ,  e  altri  erano  in  piedi ,  mentre  altri  li  ier- 
vivano  (a) . 

jf.  21.  Il  celebre  Pacuvio  figliuolo  della  forella  d’Ennio 
non  fu  men  abile  pittore  di  quel  che  folle  buon  poeta  (a)  . 
Narra  Plinio  ,  full’  aderzione  di  Varrone  ,  che  nelle  roma¬ 
ne  fabbriche  tutto  era  tofcano  avanti  che  i  due  greci  artidi 
Damofilo  e  Gorgaso  dipingedero  il  tempio  di  Cerere  ( b )  : 
ante  hanc  (idem  tufcanica  omnia  in  adibus  fuijje  ;  le  quali  pa¬ 
role  io  intendo  delle  pitture,  etrufche  ,  onde  s’ ingannò  Ar¬ 
duino  credendo  che  Plinio  abbia  qui  voluto  dire  che  pri¬ 
ma  della  fabbrica  di  quel  tempio  tutte  le  figure  erano  in 
bronzo  (s) . 

V  2  Jf.  22.  Du- 


(a)  idem  lib.  24.  cap.  6.  n.  1 6. 

(a)  Vedi  qui  avanti  pag.yo.  not.  A. 

( b )  lìb.gp.  cap.  1  z.  feci. 44. 

(b)  L'errore  o  equivoco  di  Arduino  è  chia¬ 
ro  ;  perchè  Plinio  avea  detto  lib.  34..  cap.  7. 
feci.  1  6.  ,  che  prima  della  conquida  dell’ Alia  , 
di  cui  parla  Vinkelmann  qui  appretto  2 7., 
tutti  i  fìmulacrinei  tempj  erano  di  legno  ,  o 
di  terra  cotta  .  Sbaglia  poi  anche  il  noftro 
Autore  ,  che  intende  Plinio  delle  fole  pittu¬ 
re  etrulche  ;  dovendoli  intendere  si  di  que¬ 
lle  ,  che  delle  fiatile  :  imperocché  Plinio  nel 
detto  lib.jj.  cap.:  2.  feci.  45.  fcrivc  che  Da- 


mcfilo  ,  e  Gorgafo  non  fidamente  aveano  di¬ 
pinto  nel  tempio  di  Cerere  ;  ma  vi  aveano 
fatte  anche  delle  ftatue  di  terra  cotta  :  fog- 
giugnendo  coll'autorità  di  Varrone  ,  che  pri¬ 
ma  "di  quefio  tempio  ogni  cofa  negli  altri 
era  fiata  di  artifti  tofiani  :  tufcanica  omnia  . 
È  chiaro  che  col  dire  igni  Cufa  non  fi  rifirin- 
ge  alle  fole  pitture  ,  non  cflendo  quelle  le 
fole  opere  di  quei  due  pittori  ,  c  avend;o  egli 
detto  efprcttamente  nell'altro  luogo  citato  , 
che  le  fiatue  in  legno  ,  e  in  terra  cotta  era¬ 
no  fiate  fatte  dagli  artifti  tofeani . 


LIB.  Vili. 
CAP.IV. 


LIB.VIII. 
CAP. IV. 


i$6  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

jf.  22.  Durante  la  feconda  guerra  punica  parve  che  la  for¬ 
za  e  la  politica  de’ Romani  operaffero  de’ prodigi  .  Sebbene 
più  volte  follerò  interamente  disfatti  i  loro  eferciti  ,  cofic- 
chè  in  Roma  non  contavanfì  più  che  137000.  cittadini  ( a )  ,  pur 
effi  fui  finir  della  guerra  comparvero  in  campo  con  ventitré 
legioni  (b)  .  Quell’agitazione  lollevò  lo  fpirito  de’ Romani  ;  e 

10  flato  loro,  come  quello  degli  Ateniefi  in  tempo  della  guerra 
co’  Perfi ,  prefe  altra  forma  .  1  Romani  fecero  conofcenza  e 
alleanza  co’  Greci  ,  e  fentironfi  dellare  in  feno  l’amore  per 
le  loro  arti .  11  primo  a  far  trafportare  i  loro  lavori  a  Roma 
fu  Cl.  Marcello  dopo  la  conquifla  di  Siracufa  ,  ornandone 

11  Campidoglio  e  ’l  tempio  da  lui  fleffo  confacrato  preflo  la 
porta  Capena  ( c )  .  Lo  fleffo  fece  Fulvio  Fiacco  colle  flatue 
della  foggiogata  città  di  Capua  ,  che  tutte  furono  da  lui  traf- 
portate  a  Roma  (d)  . 

jf.  23.  Sebbene  grande  fia  flato  lo  fpoglio  fatto  dai  Ro¬ 
mani  delle  flatue  nelle  provincie  conquiflate  ;  ciò  non  oflan- 
te  altre  nuove  ne  ordinarono  effi  in  Roma  .  Diffatti  intorno 
a  que’  tempi  i  tribuni  della  plebe  col  prodotto  delle  pene 
pecuniarie  fecero  fondere  delle  ftatue  di  bronzo  da  collocarfì 
nel  tempio  di  Cerere  ( e )  .  Col  prodotto  medefimo  gli  edili 
nel  decimofettimo  ed  ultimo  anno  di  quella  guerra  fecero  erge¬ 
re  tre  altre  fimili  flatue  nel  Campidoglio  (/)  ,  ed  altrettante 
nella  fleffa  guifa  ne  furono  erette  non  molto  dopo  a  Cere¬ 
re  ,  al  Padre  Libero  ,  e  a  Libera  (g)  .  L.  Stertinio  col  bottino 
delle  Spagne  fece  innalzare  due  archi  nel  Foro  Boario  ,  e  gli 
ornò  con  flatue  indorate  (ù)  .  Olferva  Livio  ,  che  in  Roma 
a  que  tempi  non  v’  erano  ancora  di  quegli  edifizj  pubblici 
che  in  feguito  chiamaronfi  bafiliche  (z) . 

jf.  24.  Por- 

(A)  Liv.  lib.27.  cap.31 ,  n.36.  (e)  Liv.  lib. 27.  cap.y.  n.6. 

(o)  idem  lib. 26.  cap.i .  (jf)  id. lib.30.  cap.30.  n.39. 

(O  id-  lib.  2  j .  cap.2  f.  n.4.0.  ,  Flutarch.  in  (g)  id.  lib. 2 3.  cap.i  6.  n.24. 

t  r  °Per‘  Tom.  I.pag.  3 1  o.prìnc.  (A)  idem  ibid.  eap.17.  n.27 « 

W  Liv.  lib. 26.  cap.27.  n-34--  CO  lib. 26,  tap.ii.  n.27. 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romàni  .  1 57 

jf.  24.  Portavanfi  fiatile  di  legno  nelle  pubbliche  procef- 
fioni  ;  e  leggiamo  nel  tefiè  mentovato  borico  ,  che  ciò  fi  le¬ 
ce  quattr’anni  dopo  la  conquida  di  Siracufa  nell’anno  duo¬ 
decimo  di  quella  guerra  .  Avendo  il  fulmine  percoflo  il  tem¬ 
pio  di  Giunone  Regina  full’ Aventino  ,  fu  decretato  per  al¬ 
lontanarne  i  finiftri  augurj  che  due  di  lei  fiatue  diciprefio, 
venerate  in  quel  tempio  ,  portate  fodero  in  giro  per  la  città 
coll’accompagnamento  di  ventifette  fanciulle  in  lungo  amman¬ 
to  ,  che  cantaflero  inni  alla  dea  (a)  . 

jf.  2J.  Qiiando  Scipione  Africano  il  femore  ebbe  fac¬ 
ciati  i  Cartaginefi  da  tutte  le  Spagne  ,  e  flava  per  andarli  ad 
affali  re  nell’Africa  fielfa,  i  Romani  dello  fpoglio  de’  nemici 
fecero  fondere  dei  fimulacri  in  argento  del  pefo  di  mille  lib¬ 
bre  ,  e  una  corona  d’  oro  di  dugento  ,  che  mandarono  in 
dono  all’oracolo  d’ApoIIo  in  Delfo  (b)  . 

jf.  26.  Terminata  la  guerra  de’  Romani  contro  Filippo  re 
di  Macedonia  ,  padre  dell’ultimo  re  Perfeo  ,  L.  Quinzio  portò 
nuovamente  dalla  Grecia  in  Roma  moltifiìme  fiatile  di  bron¬ 
zo  e  di  marmo  ,  con  molti  vali  elegantemente  lavorati  ;  e 
nel  fuo  trionfo  di  tre  giorni  (  avvenne  quello  nell’olimpiade 
cxlv.  )  (a)  furono  pubblicamente  portate  come  parte  dello 
fpettacolo  (c)  .  Tra  quelle  prede  eranvi  dieci  clipei  o  feu¬ 
di  d’argento  e  uno  d’oro  ,  e  cenquattordici  corone  pur  d  oro  , 
date  in  dono  dalle  greche  città  .  Poco  dopo  ,  e  un  anno  avan¬ 
ti  la  guerra  contro  Antioco  il  Grande ,  fui  tempio  di  Gio¬ 
ve  in  Campidoglio  fu  collocata  una  quadriga  indorata  ,  con 
dodici  feudi  pur  indorati  (d)  ;  e  quando  Scipione  Africano 
come  legato  di  fuo  fratello  ,  difponevafi  d’andare  al  campo 
contro  il  fummentovato  re  ,  fece  nella  falita  del  Campidoglio 

erge- 


LIB.VIII. 
CAP. IV. 


(a)  Li v.lìb.27.  cap. 41.  n.37, 
(,b)  idem  lib.zS.  cap.  24.  n.44, 
(a)  L’anno  558.  di  Roma  . 


(<0  idem  lib.34.  cap. 26.  n.pz. 
\d)  idem  lib.3 /.  cap.jz.  11.4-1 . 


i$8  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

—  --  —  ergere  un  arco  ,  ornandolo  con  fette  Itatue  indorate,  con 
lib. vni.  cava]{[  e  jue  grandi  conche  di  marmo  avanti  (a) . 

...  e  della  $•  27-  Sino  all’olimpiade  cxlvi.  ,  e  fino  alla  vittoria  ripor- 
tata  fopra  Antioco  da  L.  Scipione  ,  fratello  di  Scipione  Afri¬ 
cano  il  feniore  ,  ne’  tempj  di  Roma  la  maggior  parte  delle 
ftatue  delle  deità  legno  erano  o  creta  (b)  ,  e  ben  pochi  ve- 
deanfi  pubblici  edifìcj  di  qualche  pregio  (c)  .  Ma  quella 
vittoria,  che  rendè  i  Romani  padroni  dell’Afia  fino  al  mon¬ 
te  Tauro ,  e  riempì  Roma  d’immenfe  prede  riportate  dall’Afia , 
la  pompa  fiella  ,  e  l’afiatica  voluttà  vi  fece  conofcere ,  anzi 
ve  la  introduce  (d)  .  E’  fi  fu  a  quel  tempo  che  i  baccanali 
pattarono  dalla  Grecia  in  Roma  (e)  .  L.  Scipione  nel  fuo  tri¬ 
onfo  ,  fra  gli  altri  tefori ,  portò  tanti  vali  d’argento  intaglia¬ 
ti,  che  pefavano  1424.  libbre,  e  1024.  libbre  i  vali  d’oro , 
lavorati  allo  fletto  modo  (/)  . 

jf.  28.  Poiché  dai  Romani  ricevute  furono  le  greche  di¬ 
vinità  fiotto  greci  nomi ,  e  greci  facerdoti  loro  vennero  de- 
ftinati  (g)  ,  nacque  follo  il  defiderio  di  averne  anche  le  fia¬ 
tile  di  lavoro  greco  ,  o  in  Grecia  commettendole  ,  o  facendo 

di  colà  venir  gli  arditi  a  Roma  .  I  lavori  a  rilievo  fatti  in 

\ 

terra-cotta,  che  Itavano  ancora  ne’  verniti  tempj,  teneanfi  , 
ficcome  dice  Catone  in  un  fuo  difcorfo  ,  qual  cofa  vile  e  ri¬ 
dicola  (h) .  Si  erede  nel  tempo  Hello  a  L.  Quinzio ,  che  nell’an¬ 
tecedente  olimpiade  avea  trionfato  dopo  la  guerra  macedo¬ 
nica,  la  fìatua  con  greca  epigrafe,  e  quella  probabilmente 
di  greco  ardita  era  lavoro  ;  il  che  pure  congetturar  fi  può 
d’una  llatua  fatta  ergere  da  Augufto  aCefare,  fulla  cui  batte 
fi  leggeva  una  greca  ifcrizione  (z)  . 

jf.  29.  Sta- 

tA  Liv.  lib.jj.  cap. 4.  n.f.  da  dove  intorno  a  quefto  tempo  pacarono 

(A)  Plin.  lib.  34..  cap.y.  feti.  1 6.  in  Roma  . 

(c)  Liv.  lib. 4.0.  cap. 3.  n.f.  ( f ,  idem  lib. 37.  cap. 4.2.  n.pQ. 

( d )  idem  lib.  31).  cap.p.  n.6.  (e)  Cic.  Or.  prò  Corri.  Balb.  cap.24. 

(e)  ìbid.  cap.  8.  n.8.  9.  f  Cioè,  dice,  che  ( h )  Liv.  lib. 3 4.  cap.i.  n.4. 

lui  ignobile  Greco  gl'  introdufle  nell'Ecruria ,  (i)  Rycq.  De  Capir,  cap. 26.  pag.336. 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani.  1J9 

jf.  29.  Stabilita  appena  la  pace  con  Antioco  gli  Etolj  ,  *===» 
dianzi  fuoi  alleati ,  prefero  nuovamente  le  armi  contro  i  Mace-  LIB'  Vln* 
doni  ,  in  difefa  de’  quali  accorfero  i  Romani ,  allor  loro  ami-  .^/dop'lia 
ci  .  Fu  cinta  di  llretto  affedio  la  città  d’Ambracia ,  che  alla  ^Macfdonh. 
fine  s’arrefe  .  Era  Hata  colà  altre  volte  la  reai  fede  di  Pirro, 
ed  era  perciò  quella  città  di  molte  ftatue  di  bronzo  e  di  mar¬ 
mo  e  di  molte  pitture  ornata  ,  le  quali  cofe  eflendo  venute 
in  potere  de’ vincitori ,  le  mandarono  tutte  a  Roma  :  e  lo  fpo- 
glio  fu  tale  che  gli  Ambracioti  fpedirono  al  fenato  romano 
legati  a  lagnarli  che  nefluna  divinità  li  foffe  lalciata  pel  loro 
pubblico  culto  (a)  .  Il  trionfo  di  M.  Fulvio  ,  domatore  degli 
Etolj  ,  fu  nobilitato  da  2S3.  flatue  di  bronzo  ,  e  da  230.  di 
marmo  (/>)  .  Per  edificare  ,  ed  ornare  i  luoghi  de’  pubblici 
giuochi,  che  il  medefimo  confole  dar  volea  ,  fecerfi  venire 
dalla  Grecia  a  Roma  gli  artifli  ;  e  viderfi  allora  per  la  prima 
volta  in  quella  città  i  lottatori  fecondo  il  greco  coftume  (c)  . 

Lo  Hello  M.  Fulvio  ,  eflendo  cenfore  infieme  a  M.  Emilio  Lepi¬ 
do  nell’anno  di  Roma  $73.  incominciò  ad  ornare  la  città  con 
pubblici  grandiofi  edificj  d’un  qualche  pregio  (d)  .  11  marmo 
però  non  v’era  molto  comune  ,  non  avendo  ancora  i  Romani 
incominciato  a  dominare  tranquillamente  nei  confini  de’ Li¬ 
guri  ,  ov’era  Luna,  oggidì  Carrara ,  daddove  il  marmo  bianco 
già  fin  d’allora  fcavavafi  (1)  .  Ciò  fi  congettura  dal  fapere  che 
il  fummentovato  cenfore  M.  Fulvio  dal  celebre  tempio  di  Giu¬ 
none 


(<i)  Liv.  lìb.^S.cap.S.n.g.,  cap.29.  n.43. 

(b)  idem  lib.fg.  cap.3.  n.j. 

(c)  ibid.  cap.14..  n.22. 

(d)  idem  lib. 40.  cap.zS.  29.  n.ji.  $2. 

(1)  Del  marmo  di  Luna,  come  vedemmo 

rei  Tom.  1.  p.  237.  non  fecefi  la  (coperta 
fé  non  poco  prima  dell'età  di  Plinio  ;  onde 
ne’  tempi  della  repubblica  nelfun  ufo  fe  ne 
farà  fatto  .  [  Io  ho  fatto  vedete  l'oppoflo  loc. 
cit.  ]  Ben  è  vero  però  che  ,  dacché  li  feoper- 
fe  tal  marmo  per  la  vicinanza  delle  cave  e  per 
la  facilita  del  trafporto ,  fe  ne  fece  un  grand' 
ufo  5  e  la  maggior  parte  delle  opere  di  Re¬ 
ma  più  grandiofe  e  magnifiche ,  come  ci  affi¬ 


ttirà  Strabone  Geogr.  I.  f.  pag.  340.,  in  mar¬ 
mo  di  Luna  furono  efeguite  .  Avanti  che  fof¬ 
fe  quello  trafportato  in  Roma  con  tanti  altri 
marmi  foraftieri ,  ed  anche  in  feguito ,  (eb¬ 
bene  per  gli  ufi  foltanto  più  comuni  ,  ado- 
peraronfi  altri  marmi  o  falli  fomminiftrati 
dalle  vicine  contrade ,  come  il  gabinio  ,  1  al¬ 
batro  ,  e  il  tiburtino .  Il  gabinio  fu  cosi  det¬ 
to  dai  Gabi ,  popolo  predo  Prenefte  ,  ora  Pa- 
leftrina ,  dove  n'era  la  cava ,  Strab.  loc.  cit. 
pag.  364..  E  (iccome  reggeva  al  fuoco  ,  li 
continuava  eziandio  anche  atempi  dello  do¬ 
rico  Tacito  Annoi,  lib. j.  cap.43.  ad  a^zal<- 
con  elio  le  fabbriche  Imo  ad  una  certa  al- 


LIB. Vili. 
GAP. IV. 


160  Progressi  e  Decadenza  dell’Arte 

none  Lacinia  a  Crotona  nella  Magna  Grecia  (a)  fece  levar 
le  tegole  di  marmo  ,  e  trafportarle  a  Roma  per  coprirne  un 
tempio  ,  ch’egli  edificar  voleva  in  adempimento  d’un  voto  (a)  . 
11  cenfore  M.  Emilio  fuo  collega  fè  laftricare  di  marmo  un 
mercato  ,  e  ciò  che  pare  ftrano  ,  con  una  palizzata  poi  cir- 
condollo  ( b )  . 

jf.  30.  L’immenfa  copia  di  bellifiime  immagini  e  flatue , 
onde  Roma  era  piena ,  e  i  molti  artifti  condottivi  fra  gli  Ichia- 
vi  defiarono  al  fine  nel  cuor  de’  Romani  l’amore  per  le  belle 
arti  ,  di  maniera  che  eziandio  i  più  nobili  faceano  in  effe 
ifiruire  i  loro  figliuoli .  Così  P. Emilio ,  il  vincitore  dell’ul¬ 
timo  re  di  Macedonia  ,  ebbe  a  maeftri  de’  fuoi  figli  fcultori 
e  pittori ,  che  a  quelli  le  proprie  arti  infegnarono  (c)  . 

jf.  31.  Dopo  breve  tempo  ,  nell’anno  di  Roma  J64.  Scipio¬ 
ne  Africano  il  feniore  fece  collocare  la  fiatila  d’Èrcole  nel  di 

lui 


rezza  lenza  valcrfl  di  travi  .  Lo  (teffo  ufo 
facevafi  della  pietra  albana  ,  così  detta  dal 
luogo  onde  traeva!!  :  eran  ambedue  proba¬ 
bilmente  di  origine  vulcanica  .  Suetonio  in 
Aug.  c.  72.  parla  di  colonne  fatte  di  que¬ 
llo  fa(To  ;  e  Vitruvio  De  Archit.  lib.  2.  c.  7. 
avverte  che  faciliffimo  è  a  lavorar!! .  Ove  !ìa 
in  luogo  difefo  ,  non  fi  guada  ;  ma  fe  è  allo 
(coperto  ,  fi  sfarina  e  fi  confuma  .  Il  ribut¬ 
tino  per  ultimo  veniva  dalle  vicinanze  di 
Tivoli  :  e  un  fito  ancora  più  fpecifico  delle 
latomie  di  elfo  ,  ficcome  pure  del  fummen- 
tovato  gabinio ,  e  di  certa  pietra  roda  ci  vicn 
additato  da  Strabone  L.cit.  pag.364. ,  il  qua¬ 
le  dopo  d'aver  deferitta  la  celebre  cateratta 
dell'Aniene  odia  del  Teverone  ,  foggiugne  : 
„  Quindi  fe  ne  feorre  quedo  fiume  lungo 
,,  que’  luoghi ,  ove  tagliali  la  pietra  tiburtina 
,,  e  la  gabinia  ,  ficcome  quell'ancora  che  di- 
,,  cefi  rolla  ,  acciocché  dalle  latomie  fi  polla 
,,  agevolmente  per  mezzo  delle  navi  tralpor- 
j,  tare  a  Roma  ,  dove  un  ufo  grande  le  ne 
,,  fa  nelle  fabbriche  „  .  Una  tal  navigazione 
iull’Aniene  effendo  col  tempo  mancata  ,  il 
trafporto  del  ributtino  a  Roma  falli  per  terra. 
I  tentativi ,  che  Agodino  Steuco  da  Gubbio 
Orat.  ad  Paul.  111.  de  refi,  navig.  Tyb.  p.2  21. 
dice  edere  dati  fatti  da  Paolo  111.  per  rimct- 
tervela  ,  non  hanno  all’efpettazion  corrifpo- 
fio  .  ,,  Se  queda  fpecie  di  marmo  regge  al 
JS  fovrappodo  pelo  e  all'  ingiurie  de'  tempi , 


5,  foggiugne  il  citato  Vitruvio  l.  cit.  ,  elfo 
„  nondimeno  è  foggetto  all'azion  del  fuoco 
,,  per  cui  facilmente  fi  fcrepola  e  fi  difeio- 
„  glie  ,,  .  Riufcendo  perciò  il  ributtino  aliai 
atto  a  calcinarli ,  ad  un  tal  ufo  fi  adopera 
oggidì  in  Roma  e  ne' vicini  Paeli  . 

(a)  Liv.  lib. 4.2.  cap.4.  n.  3. 

(a)  Ciò  avvenne  nell’anno  f7J. ,  e  il  cen¬ 
fore  era  Quinto  Fulvio  Fiacco  ,  come  fcrive 
bene  Winkelman  11  appredo  al  libro  X  ca¬ 
po  ni.  §.  gj.  Il  motivo  ,  che  adduce  Livio 
loc.cic.  di  un  tale  attentato  ,  fu  perchè  il  cen- 
lore  ,  volendo  fare  un  tempio  ,  di  cui  non  vi 
folle  in  Roma  nè  il  più  grande  ,  nè  il  più  ma¬ 
gnifico  ,  credette  di  farg!i  un  maggior  orna¬ 
mento  col  coprirlo  di  tegole  di  marmo  ;  cofa 
che  probabilmente  non  era  data  veduta  an¬ 
cora  in  queda  città  :  e  avendole  trovate  in 
quel  tempio  di  Giunone  ,  dimò  cofa  indiffe¬ 
rente  di  tornele  in  parte  per  foddisfare  al  luo 
capriccio  .  Dal  che  non  mi  pare  fi  polla  de¬ 
durre  1’  argomento  che  ne  deduce  il  nodro 
Autore  . 

(.b)  idem  lib. 4.1 .  cap.26.  n.32.  [  Il  cenforc 
compagno  di  Q.  Fulvio  Fiacco  nell'anno  578. 
era  A.  Podumio  Albino  ;  e  di  cornuti  Penti¬ 
mento  fecero  fare  quel  lavoro  .  M.  Emilio  Le¬ 
pido  era  pontefice  maflìmo .  Livio  l.  eie. 

(c)  Plutarch.  in  Paul.  JErn.  oper.  Tom.  L 
pag.  sj8.  B. 


presso  i  Greci  e  presso  i  Romani.  i<5i 

lui  tempio  (a)  ,  e  de’cocchi  a  fei  cavalli  indorati  pofe  in  Cam-  ===--  = 

pidoglio  ,  ove  pur  collocò  due  (fatue  indorate  l’edile  (^Fulvio  LIB'N  JJI* 
Fiacco.  11  figlio  di  quel  Glabrione  ,  che  disfatto  aveva  il  re 
Antioco  alle  Termopile,  fece  innalzare  a  fuo  padre  una  {fa¬ 
tua  indorata  ,  e  fu  la  prima  ,  dice  Livio  ( b )  ,  che  fi  ergeffe 
in  Italia  ;  il  che  però  deve  intenderli  delle  ftatue  erette  agli 
uomini  celebri  (a)  .  Nell’ultima  guerra  macedonica  contro  il 
re  Perfeo  i  legati  della  città  di  Calce  (c) ,  che  fpon  tane  amen  te 
data  s’era  a’ Romani,  lagnaronfi  che  il  pretore  C.  Lucrezio 
faccheggiati  ne  avelie  tutt’  i  tempj ,  e  le  flatue  ,  e  tutte  le  cofc 
preziofe  ne  avelie  fatte  trafportare  ad  Anzio  (i)  .  Dopo  la 
vittoria  riportata  contro  il  fummentovato  re  Perfeo  ,  avendo 
Paolo  Emilio  vedute  a  Delfo  nel  veffibolo  del  tempio  d’ApoI- 
lo  le  bali  deftinate  a  foftenere  le  flatue  di  quel  re  ,  vi  fece 
in  luogo  di  quelle  innalzare  le  proprie  (d)  . 

jj\  32.  Tal  è  la  Storia  delle  Arti  del  difegno  prefìo  i  conduCene . 
Romani  ai  tempi  della  repubblica  .  Di  ciò  che  fpetta  alla 
medefima  Storia  da  quell’epoca  fino  alla  perdita  della  roma¬ 
na  libertà  ,  efiendo  frammillo  colla  greca  ftoria  ,  fi  parlerà 
in  appreflo  .  Quelle  notizie  però  ,  comechè  fuccinte  ,  fervir 
pofiono  almeno  a  chi  tal  materia  trattare  più  ampiamente  vo- 
leile  ,  e  gli  rifparmieranno  la  fatica  di  leggere  accuratamente 
gli  antichi  fcrirtori  ,  e  di  Aliare  le  cronologie  diverfe  da  loro 
ufate  .  Per  ritornare  ai  progredì  dell’arte  prello  i  Greci ,  che 
fono  l’argomento  principale  di  quell’  Opera  ,  è  da  oflervarfi 
che  noi  dobbiamo  elfer  grati  ai  Romani  di  tutt’  i  monumenti 
che  ci  relfano  dellarte  di  quel  popolo  ingegnofo  .  Didatti 
nella  Grecia  ben  poco  è  flato  lcoperto  finora  ,  poiché  i  pofle- 
Tom.  IL  X  dito- 

fa’)  Liv.  lib.38.  cap.21.  n.jj.  «Ielle  (lame  in  Roma  a  Legno  che  Calfiodoro 

(A)  lìb.4.0.  cap.14..  n.34..  Variar,  lib.y .  form.i  p.  ebbe  a  dire  edere  fla¬ 

ti)  Livio  dice  la  prima  delle  ftatue  dorate  ,  ti  in  quella  città  due  popoli  egualmente  nu¬ 
che  lì  fodero  vedute  in  Italia .  merofi  ,  i’uno  di  flatue  ,  l’altro  di  viventi . 

(c)  idem  lib.4.3.  cap.S.n.p.  (a)  idem  lib./f-j.  cap.zj.  n.zy . ,  Plut.  i.cic, 

{})  Coll' andar  degli  anni  crebbe  il  numero  pag.  270.  B. 


LIB.  Vili. 
CAP.  IV. 


162  Progressi  b  Decadenza  dell’Arte  ec. 

ditori  di  quel  paefe  non  folo  non  ifcavano  per  ricercare  que’ 
tefori ,  ma  nemmeno  li  pregiano  .  E  ficcome  l’eloquenza  ,  al 
dir  di  Cicerone  ,  da  Atene  fi  diffufe  in  tutte  le  nazioni ,  ap¬ 
punto  come  fe  colle  attiche  navi  dal  porto  di  Pireo  a  tut¬ 
ti  gli  efteri  porti  e  lontane  fpiagge  andata  fofie  ad  approda¬ 
re  ;  così  dir  potrebbe!!  di  Roma  aver  ella  follevate  dalle  ce¬ 
neri  le  arti  greche ,  e  averle  diffufe  come  opere  fue  proprie 
preflo  tutte  le  nazioni  della  colta  Europa  .  Roma  con  ciò  fi  è 
fenduta  ,  qual  già  fu  in  altri  tempi ,  la  legislatrice  e  la  maeftra 
dell’  univerfo  ;  ed  aprendo  fucceffivamente  il  fuo  feno  andrà 
moftrando  di  continuo  anche  ai  più  tardi  nipoti  que’ prodigi 
dell’arte ,  che  Atene ,  Corinto  ,  e  Sicione  videro  e  ammirarono 
un  giorno  . 


II- 


LIBRO  NONO . 

Scoria  dell’Arte  predo  i  Greci  dai  Tuoi  principi 
fino  ad  Aleffandro  il  Grande  , 

Capo  I. 

Introduzione  —  Artijìi  più  antichi  -  Dedalo  ,  Smilide ,  Endeo ,  Gi- 
ziada  ,  Bularco  ,  Arijìocle  ,  Malade  ,  Micciade  ,  Antermo ,  Bu¬ 
falo  ,  Dipeno  e  Scillide ,  Learco ,  Dorzclida  e  Doma  ,  Tetteo  ed 
Angelicite  ,  Batticle  ,  Arijlomedonte ,  Pittodoro  e  Damofonte,  Lafae , 

Dvnea  ,  Siadra  e  Carta  ,  Euchiro  e  Clearco  ,  Stomio  e  Somide  , 

Callone ,  Canaco  ,  Menecmo  e  Soida  ,  Egia  edAgelada,  Afcaro  , 

Simone  ed  Anafsagora  ,  Mendeo  ,  Glaucia  ed  Elada  —  Scuole  . .  . 
di  Sicione  ...  di  Corinto  ...ed’  Egina  —  Circojìanze  della  Grecia 
infelici . . .  e  favorevoli  all'arte  -  Liberta  .  .  .  e  poffanza  de' Greci  — 
lncoraggimento  delle  fetenze  e  delle  arti .  .  .  per  la  riedificazione 
£  Atene  —  Artijìi  e  monumenti  di  que'  tempi . 

D  a  quello  Libro  comincia  la  Storia  delle  Arti  del  difegno  introdaziene.- 
predo  gli  antichi  prefa  nel  fuo  fenfo  rigorofo  ,  poiché  finora 
abbiamo  generalmente  parlato  della  natura  dell’arte,  anzi  che 

X  2  del- 


LIB. IX. 
CAP.  I. 


Artidi  più 
tichi . 


Dedalo . 


164  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

della  Storia  .  Cominceremo  ad  efaminarla  nelle  circodanze 
efterne  della  Grecia  ,  che  una  grandiflìma  influenza  ebber  fu 
di  ella  ;  poiché  felefcienze,  eia  faggezza  medeflma  dipen¬ 
dono  dai  tempi  e  dalle  vicende  ,  ben  maggiormente  ne  di¬ 
pende  l’arte  ,  che  per  lo  più  mantieni!  del  fuperfluo  ,  e  vien 
iodenuta  dall’ambizione  .  Ragion  vuole  per  tanto  ,  che  io  in 
quella  Storia  vada  di  mano  in  mano  indicando  le  circodan- 
ze  ,  in  cui  trovaronfi  i  Greci  ;  il  che  farò  brevemente  ,  e  fol 
quanto  farà  neceflario  al  mio  fcopo .  Rifulteranne  che  l’arte 
debbe  principalmente  alla  libertà  i  fuoi  progredì  e  la  fu  a  per¬ 
fezione  (1) . 

jf.  1.  Deggio  avvertire  che  ,  fcrivendo  io  qui  la  Storia 
dell’Àrte  ,  e  non  degli  ardili ,  non  vi  d  troverà  la  loro  vita  , 
che  in  molti  altri  libri  può  leggerd  ,  ma  tutte  ne  faranno 
indicate  le  opere  ragguardevoli ,  ed  alcune  faranno  efaminate 
fecondo  i  principi  dell’arte  medelìma  . 

,  jf.  2.  Ometterò  anche  di  far  menzione  di  alcuni  ardili 
rammentati  da  Plinio  e  da  altri  ,  poiché  non  potrei  che  ri¬ 
ferirne  il  nome  e  le  opere  ,  fenza  ricavarne  nefluna  idruzione; 
ma  un’efatta  nota  cronologica  darò  de’  più  antichi  greci  mae- 
dri ,  sì  perchè  quelli  fono  dovente  omeflì  da’  moderni  che  la 
doria  degli  antichi  artidi  hanno  fcritta  ,  sì  perchè  nell’indi- 
car  le  opere  loro  fi  additano  in  qualche  maniera  i  progredì 
dell’arte  . 

jf.  3.  Efercitavanfi  già  le  arti  del  difegno  antichiflìmamen- 
te  ai  tempi  di  Dedalo;  e  Paufania ,  il  quale  vivea  nel  fecon¬ 
do  fe colo  dell’era  cridiana  ,  fcrive  che  a’  giorni  fuoi  vedeanfi 

an¬ 
co  E  un  principio  favorito  del  fig.  Win-  tutt'altro  principio  partirono  coloro  che  a  cer- 
kelmann  che  la  libertà  abbia  tempre  avuta  te  date  epoche  nominarono  gli  artidi  celebri  : 
una  grandiffima  influen7a  Culla  perfezione  confuta  principalmente  Winkelmann  intorno 
delle  arti  ;  ma  il  ragionamento  ,  e  la  doria  ai  preteft  vantaggi  apportati  dalla  liberta  alle 
provano  fovente  l'oppodo  .  Il  Gg.  Heyne,  arti,  e  avverte  alcuni  fuoi  anacronifmi .  Da- 
prendendo  al  efaminare  le  epoche  degli  an-  remo  un  breve  cflratto  della  tua  dillercazione 
tichi  artidi  filiate  da  Plinio  e  dal  nodro  Auto-  alla  fine  del  Libro  X. 
re ,  ne  rileva  gli  abbagli  :  fa  vedere  che  da 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  EC,  l6$ 

ancora  alcune  fiata  e  di  legno  della  mano  di  queft’artefice  (a),  ~  r-Ll 
le  quali ,  malgrado  la  loro  deformità,  pareano  avere  un  non  L1B-1 
fo  che  di  divino  (i)  .  Coevo  a  Dedalo  era  Smjlide  (b)  fi¬ 
gliuolo  d’Eucle  (2)  dell’ifola  d’Egina ,  il  quale  fece  una  Giu-  Smilide 
none  in  Argo  ,  e  un’altra  a  Samo  (a)  ,  e  che  probabilmente 
è  lo  delio  che  Schelmide  mentovato  da  Callimaco  (c) ,  come 

uno 


(a)  Paul.  lib.  z.  e.  4.  p.tzt.  [  Ved.  Tom.I. 
pag  tt.efegg. 

(1)  Il  sig.  W  tnkelmann ,  il  quale  fi  e  qui 
propofto  d'indicare  le  opere  piu  inlìgni  degli 
antichi  artiiti ,  di  quelle  di  Dedalo  l'atenie- 
fe  ,  che  pur  fon  opere  del  padre  della  (tatua¬ 
rla  ,  da  appena  un  leggerilTicno  cenno  .  Noi 
la  fcorta  leguendo  degli  antichi  fcrittori ,  fup- 
pliremo  in  qualche  modo  a  tal  mancanza  . 
A'  tempi  di  Paufania  Uh.  p.  c.  40.  pag.  793. 
deile  opere  di  Dedalo  avealì  un  Ercole  a  Te¬ 
be  ,  e  un  Trofonio  a  Lebade  ,  e  altrettante 
(fatue  di  legno  in  Creta  ,  cioè  una  di  Bri- 
tomarte  ad  Olonte ,  e  una  Minerva  predo  i 
Gnoflì .  Confervavano  i  Delj  una  piccola  Ve¬ 
nere  ,  pure  di  legno  ,  la  quale  verfo  i  piedi 
andava  a  terminare  in  una  bafe  quadrango¬ 
lare  :  a  tale  {fatua  il  tempo  avea  confunta 
la  delira.  Tra  le  opere  di  Dedalo  rammenta 
altresì  quella  (fatua  dedicata  dagli  Argivi  a 
Giunone  in  Onface ,  che  Antifemo  nel  facco 
della  citta  prefe ,  e  trafporto  a  Gela  in  Sici¬ 
lia  ;  ma  quella  a’ giorni  fuoi  più  non  elide¬ 
va  ,_fiecome  forfè  più  non  eftftevano  quegli 
altri  due  Ercoli  di  legno  del  medefimo  ar¬ 
dita  ,  l’uno  de'  quali  tu  efpofto  in  Corinto , 
e  l'altro  ai  confini  dell'Arcadia  ,  Pauf.  lib.  z. 
cap.  4.  pag.  i2t.,  lib.  8.  cap.  gp.pag.  670. 
Benché  attedi  il  fuccennato  fcrittore  aver  i 
Gnolfi  polfeduta  pure  l'opera  famofa  di  De¬ 
dalo  ,  rapprefencante  una  danza  ,  e  da  lui  do¬ 
rata  ad  Arian  a  quella  tuttavia  non  doveva 
«(farne  1*  originale  ,  sì  perchè  la  danza  de’ 
Gnolfi  era  (colpita  in  marmo  bianco ,  laddo¬ 
ve  Dedalo  non  avea  fatte  che  (fatue  di  legno  , 
sì  perchè  la  danza  fuddetta  era  (fata  da  lui 
comporta  in  guila  che  le  figure  moveanfi  da 
sè  (tede  :  lo  che  era  imponìbile  nell’  opera 
polì  educa  dai  Gnoflì  .  Di  altre  figure  femo- 
ven  i  induftnofamcnre  congegnate  da  Dedalo 
fanno  menzione  Cali  ftrato  Statuì  ,  n.  8. 
opcr.  Phiiojir.  pag.8pp. ,  Platone  in  NLenone, 
oper.  Tarn.  1I.pag.g7.  E.  ,  Aditotele  De  Re- 
puhl.  lib.  1 .  cap.  4.  ,  Luciano  in  Philopfeudc 
§.  ip.  op.  Tom.  ni.  pag.  4.8.  ,  Dion  Grifofto- 
jno  Orat.  37.  pag.  4^7 .  A.  ,  e  più  altri  . 
Vogliono  alcuni  che  abbia  egli  comunicato 
ad  elle  i  movimenti  coll'  argento  vivo ,  ed 


altri  con  furto,  ruote,  c  molle  occulte  .  Da 
quelle  ingegnofe  invenzioni  nacque  predo  i 
poderi  la  (avola,  che  abbia  il  medefimo  (or¬ 
mate  (fatue  ,  dalle  quali  tutte  le  funzioni 
fi  efeguiifero  dell  uom  vivente ,  Diodor.  Sic. 
lib.  4.  §.  78 .  p.  g zi.  -,  ficcome  dalle  vele  ,  di 
cut  egli  forfè  il  primo  corredò  la  nave  del 
fuò  figliuolo  Icaro  ,  venne  la  favola  delle 
ale  attaccategli  alle  fpalle  per  paflar  il  mare 
a  volo.  Non  fidamente  fu  Dedalo  il  primo 
a  fiftemar  la  ftatuaria  ,  ma  fece  lo  (ledo  coll’ 
architettura  .  Molte  opere  architettoniche  di 
fua  invenzione  riporta  Diodoro  da  Sicilia  loc. 
cit.pag.  gzz.  fra  gli  antichi ,  Francefco  Giu¬ 
nto  C  tal.  archit.  he.  pag.  69.  70.  ,  e  l’abate 
Gedoyn  Hifi.  de  Déd.  Acad.  des  Infcript. 
Tom.  IX.  Mém.  pag.  1  77.  feqq.  fra  i  moder¬ 
ni  .  Un  tempio  d’  Apollo  ,  opera  di  Dedalo  , 
vantava  anche  l’Italia  fabbricato  da  lui  in  Ca¬ 
pita,  Virg.  TEneid.  I.  6.  v.  ip. ,  Sii.  Ital.  /.  12. 
v.  1  oz.  ,  Si  Aufon.  ldy'.  io.  v.  goi.  Plinio 
altresì  lib.  7.  cap.  p6.feci.p7.  con  altri  feris- 
tori  gli  attribuifee  l'invenzione  di  molti  {tra¬ 
menìi  fpettanti  alla  meccanica  ,  come  la  fega 
[  Seneca  Epiji.  00.  ]  ,  l’afcia  ,  il  filo  a  piom¬ 
bo  ,  il  fucchiello  ,  e  per  fino  la  colla  di  pe- 
fee  .  La  fega  però  più  comunemente  fi  ar- 
tribuifee  a  Talo  figlio  di  fua  forella ,  Diod. 
Sic.  loc  cit.  ,  Ovid.  Metam.  I.  8.  v.244. ,  det¬ 
to  da  alcuni  Perdice  ,  a  cui  per  invidia  della 
bella  feoperta  Dedalo  tolfe  la  vita ,  Serv.  ad 
Virg.  Georg,  lib.  t .  v.  1 4- 7-  [Tzetze  Chil.  1 . 
hìft.io-  verf.  49  g.  lo  chiama  Attalo . 

( b )  Pauf.  lib.  7.  C"P.  4 ■  oag.  SI' 

(1)  Il  padre  di  Smilide  da  Paufania  loc.  cit., 
e  da  altri  ctfamafi  Euclide  ;  anzi  pretendono 
alcuni  che  egli  pure  forte  {tatuano  .  Appog¬ 
giatili  querti  a  un  tetto  di  Clemente  Alef- 
fandrino  Cohort.  ad  Gent.  n.  e.,  over.  Tom  /. 
p.  41 .  l.r  p. ,  ove  fi  leg  e  apUy  1  vi  * 

(  collo  fiarpello  d’ Euclide  )  .  Il  tefto  però  e 
gii  alfa  ,  a  cui  fortituir  fi  dev  t«v 

EvxXt.Vsv  ,  da  Smilide  cioè  figliuolo  d’  Eucli¬ 
de  .  Vedali  Giunto  Calai,  archit.  mcck.  pici, 
pag.  86. 

(a)  Atenagora  Legat.  prò  Cknjt.  pag.  zpz. 

(c)  in  Fragm.  num.ioj.  Tom.Lp.  gS%' 


i6o  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

*=~  uno  de’  più  antichi  fcultori ,  che  avea  intagliata  una  ftatua 
L(:ApIX  ^ 1  Giunone  *n  ^e8no  (*)  •  Uno  degli  fcolari  di  Dedalo  era 
inde»  Endeo  ( a ) ,  che  forfè  accompagno  Ilo  a  Creta  (a)  .  Fiorirono 
quindi  gli  fcultori  di  Rodi ,  che  in  molti  luoghi  della  Gre¬ 
cia  lavorarono  delle  ftatue  ,  dette  telchinie  (  n\\inau  )  dal 
nome  de’ primi  abitatori  di  quell’ifola ,  che  Telchinj  chiama- 
ronfi  ( b ) . 

Jf.  4.  Sembra  però  che  la  prima  epoca  degli  antichi  ar- 
Giziada  tifti  cominciar  lì  debba  da  Giziada  fcultore  fpartano  ,  di  cui 
v’erano  nella  fua  patria  varie  ftatue  di  bronzo  (c)  ;  poiché 
ville  prima  della  guerra  tra  Meftene  e  Sparta  ,  guerra  che  lì 
accefe  nell’olimpiade  ix.  Queft’anno  combina  col  duodecimo 
di  Roma  ,  e  vuoili  che  le  olimpiadi  cominciaftero  407.  anni 
dopo  la  guerra  di  Troja  ( d )  .  Si  rendè  chiaro  allora  il  pittore 
Bularco  Bularco  ( e ) ,  di  cui  un  quadro  ,  rapprefentante  una  battaglia  , 
venduto  fu  a  pefo  d’oro  (1)  .  Fiorì  a  un  di  prefto  al  mede- 
Aiiftocle  lìmo  tempo  Aristocle  di  Cidonia  in  Creta,  poiché  egli  ville 

avan¬ 


ci)  E  per  tanto  probabile  che  debba  leg¬ 
gerli  Smilis  in  vece  di  Skelmis  .  Vedali  nelle 
note  di  Bentley  a  quello  pado  di  Callimaco 
quante  congetture  lìanli  fatte  da  lui ,  e  da 
altri  intorno  a  tal  nome  . 

(a)  Pauf.  Lìb.i.  cap.z6.pag.  6z.  lin.zS. 
(a)  Di  lui  Atenagora  loc.cit.  rammenta  tra 
le  figure  celebri  una  ftatua  di  Minerva  fe¬ 
dente  ,  un'altra  parimente  di  quella  dea  ,  e 
la  ftatua  di  Diana  in  Efefo  ;  e  lo  dice  anche 
fcolare  di  Dedalo  . 

(.b)  Diod.  Sic.  lìb.  g.  §.  r  f.  pae.  174. 

(e)  Pauf.  lib.  g.  cap.17.pag.zgo. 

(ù)  Eufeb.  De  Przp.  evang.  lib.  10.  cap.iT. 
in  fine  ,  pag.  4.76.  B.  [Dice  Eufebio  ,  che 
quella  è  l’opinione  di  Taziano  .  Egli  cap.g. 
pag.  484..  fecondo  la  cronologia  de'  commen¬ 
tari  greci  crede  più  giufto  ,  che  forte  l'anno 
408.  Roma  fecondo  la  cronologia  di  Porcio 
Catone  ,  che  Dionifio  d'Alicarnaflo  Antiq. 
Rom.  lib.  1.  cap.  74.  pag.  79.  princ.  crede  la 
più  giuda  ,  fu  fondata  nell'anno  1.  dell'olim¬ 
piade  vii.  Altri  però  la  vogliono  fondata 
qualche  anno  prima ,  ed  altri  qualche  anno 
dopo  .  Vegg.  Boivin  il  vecchio  Epoque  de 
•Rome  ,  ec.  ,  Acad.  des  Infcrlpt.  Tom.  il. 
Mem.  pag.  400.  e  fiegg. 


(e)  Plin.  lib.  gg.  cap.  8.  feci.  14. 

(1)  Non  meno  forprendente  di  quello  ci 
riefce  il  prezzo  ,  a  cui  fono  Hate  comperate  , 
per  teftimonio  dello  fteffo  Tlinio  lib.  gg.  c.  7. 
feci.  gz.  ,  altre  antiche  pitture  .  Egli  ebbe  a 
dire  che  per  un  buon  quadro  ballavano  ap¬ 
pena  le  ricchezze  d’ura  città  .  Didatti  un  À- 
jace  ed  una  Venere  pagati  furono  da  Marco 
Agrippa  dodici  mila  fefterzj  ,  id.  ibid.  cap.  4. 
fedi.  q.  ;  lei  mila  fu  valutato  un  quadro  d'A- 
riltide  ,  id.  ibid.  feci.  8.  ,  e  Augufto  sborsò 
cento  talenti  per  la  Venere  d'Aoelle  ,  iden» 
lib.  gg.  cap.  io.  feci.  g6.  §.  1  g.  Ricusò  Nicia 
di  vendere  al  re  Attalo  la  lua  necromanzia 
d  Omero  per  fertanta  talenti  ;  ma  volle  piut- 
tofto  farne  un  liberal  dono  alla  propria  pa¬ 
tria  ,  id .  ibid.  cap.i  1 .  feci.  40.  S  2.8.  Altri  li¬ 
mili  elèmpi  di  quadri  prezzati  a  fomrne  che 
a  noi  fembrano  eforbitanti  riporta  il  Winkel- 
mann  al  Cap.  III.  di  quello  Libro  .  In  eguale 
(lima  fi  ebbero  ancora  le  opere  di  fcultura  . 
Per  lertanta  mila  fefterzj  fu  da  Lucullo  ordi¬ 
nata  ad  Arccfilao  una  ftatua  della  Felicità  ; 
ma  per  la  morte  d'amendue  rimafe  quella 
imperfetta  ,  id.  ib.  cap.i  z.fecl.  4-g.  La  ftatua 
di  Policleto,  rapprefentante  un  coronato  gar¬ 
zone  ,  fu  venduta  cento  talenti ,  id.  lib.  34. 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  EC.  l6j 

avanti  che  la  città  di  MefTene  in  Sicilia  cambiale  l’antico  no-  —  =■ 

me  di  Zancle  ( a )  :  il  che  avvenne  nell’olimpiade  xxix.  (b)  .  ^pIX‘ 
Opera  di  lui  era  un  Ercole  in  Elide  in  atto  di  combattere 
coll’amazzone  Antiope  a  cavallo  per  torle  il  cingolo  .  In  fe- 
guito  furono  rinomati  Malade  di  Chio  ,  fuo  figlio  Micciade  ,  Mal*de,  mìc- 
e  fuo  nipote  Antermo  ,  il  quale  ebbe  pur  un  figliuolo  delio  ^Je  ’  Anter” 
fleffo  nome,  e  un  altro  chiamato  Bupalo  (0  ,  viventi  nell’o- 
Jimpiade  lx.  (i)  :  onde,  dice  Plinio,  andando  indietro  fino 
all’avo  ,  troveremo  che  quella  famiglia  efercitava  l’arte  fin 
dalla  prima  olimpiade  .  Bupalo,  architetto  indenne  e  fcultore ,  Bupa!o 
fu  il  primo  che  fcolpì  a  Smirne  il  fimulacro  della  Fortuna  (d) . 

Allora  pur  fiorirono  Dipp.no  e  Scillide  ,  che  non  polTono  ef  Dipeno cScit 
fere  fcolari  di  Dedalo  ,  quali  li  crede  Paufania  (e)  ,  a  meno 
che  non  intendali  di  quel  Dedalo  fcultore  di  Sicione  ,  che  vi¬ 
veva 


cap.7  feS.1p.  §.  2.  -,  e  Nicomede  re  della  Bi- 
tinia  era  dilpo  lo  a  pagare  tutt’  i  debici  dei 
Gnidi  ,  che  pur  erano  moltifhmi ,  fol  che  gli 
cedellero  la  loro  (tatua  di  Venere  ,  opera  di 
Piallitele  ;  ma  tal  propofizione  fu  da  loro  ri¬ 
gettata  ,  id.  lib.  7.  c.  38.  fett.  jp. ,  &  Lib.  36. 
c.  j.ji'8.4.  §.  f. 

(a)  Pauf.  lib.  S-  eap.  23.  pag.  4.4.5. 

(b)  id.  lib.  4-  eap.  23.  pag.  337. 

(c)  Plin.  lib.  36.  eap.  5.  feS._  4.  §.  2. 

(1)  È  (lata  opinione  d'aleuni ,  Acr.  in  Hor. 
ep.  od.  6. ,  &  Anthol.  1.2.  cap.25.  n.25.  v.3. 
che  (ìenfi  amendue  quelli  fratelli  [  lo  dicono 
del  folo  Bupalo  1  tolta  da  difperati  la  vita 
con  un  capestro  per  le  mordaci  Patire  contro 
di  loro  Cciitte  dal  poeta  Ipponatte,  la  cui  grot- 
tefea  figura  aveano  eglino  e(pre(Ta  al  natura¬ 
le  ed  efpoda  al  pubblico  .  Plinio  per ò  lib. 36. 
cap.  j.  feci.  4.  §.  2.  dimoftra  la  falfità  di  Af¬ 
fetta  opinione  dalla  data  polleriore  d'alcune 
{fatue  da  loro  fcolpite  in  Deio  e  altrove  . 
L' imperator  Augufto  in  tutte  quafi  le  fabbri¬ 
che  da  lui  erette  in  Roma  vi  pofe  (fatue  di 
quedi  due  valenti  (cultori . 

( d )  Pauf.  lib.  4.  cap.  30.  pag. 3 55.  [  Abbia¬ 
mo  dal  Bocchi  Symbol,  quttjl.  num.  LXI1I. 

р. i  36. ,  e  dal  Malvada  Marm.  Felfin.  feS.  1. 

с.  6.  pag.  47.  ,  che  nel  1 148  fofle  trovata  in 
Bologna  una  (lametta  di  bronzo  ,  colla  idea¬ 
zione  alla  bafe  ,  che  combina  con  ciò  ,  che 
dice  Paufania  di  Bupalo  ,  e  della  di  lui  (fatua 
della  fortuna ,  cioè  :  BOYPAAOS  2MYP- 
NAI0I2  AfAAMA  EPrAZOMENOS  TY- 


XH2  nPDTON  EIIOIHSEN  Bupalus  Smyr - 
n&is  fgaum  Fortuna,  primum  fede  .  Il  Maffei 
Art  crit.  lapid.  lib. 3.  cap.  1.  can.  3.  col.  77.  , 
per  quella  ragione  dà  per  un’  impodura  que¬ 
lla  ifcrizione  .  Io  direi  piuttodo  ,  che  aven¬ 
do  qualche  ardila  più  moderno  (atta  limile 
figura  ad  imitazione  di  quella  di  Bupalo  ,  vi 
abbia  appolto  il  di  lui  nome  ,  come  autore 
di  quella  forma,  che  aveva  data  alla  Fortuna . 
Vedi  appiedo  al  Capo  ni.  §.4.  Negli  anni 
feorfi  nella  tenuta  di  Salone  a  delira  della  via 
prenedina  fu  trovata  una  bafe  colla  ifcrizione 
BOYriAAOS  EIIOIEI  Bupalo  faceva  ,  che 
(lava  vicina  ad  una  belliffima  (fatua  di  Vene¬ 
re  ,  in  atto  di  ufeire  dal  bagno  ,  collocata  nel 
Mudo  Pio-Clementino  ,  Olferva  il  (ig.  abate 
Vifconti  nella  definizione  di  quella  Venere 
Tav.i  o.  pag.i  7. ,  che  per  quanto  fia  verifi- 
mile  che  ad  ella  fpettade  la  bafe  ,  non  è  pro¬ 
babile  ,  che  una  (fatua  di  lavoro  cosi  elegan¬ 
te  ,  e  gentile  fia  opera  di  Bupalo;  ma  che  il  di 
lui  nome  vi  fia  (fato  appolto  dall’ignoranza  , 
o  dall'avarizia  :  fe  pur  non  è  altro  Bupalo  . 

(e)  idem  lib.  2.  cap.  1 5.  pag.  1 43.  [Se  po- 
teffimo  predar  lede  a  Cedrcno  Compend.  hifl. 
cap.i  20.  pag.34  2.  C.  non  potrebbe  dubitar- 
fene  :  perocché  narra  quedi ,  che  la  datua  di 
Minerva  Lindia  ,  della  quale  ho  parlato  nel 
Tomo  1.  pag.  41 .  noe.  a.  ,  lavorata  da  quedi 
due  arridi ,  fu  mandata  da  Sefollrire  d’Egit¬ 
to  a!  tiranno  di  Lindo  Cleobolo  .  Del  tempo, 
in  cui  vivea  Sefodri  ,  ne  ho  parlato  nello 
(fedo  Tomo  1.  pag.  78. 


163  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

■  - yeva  aj  tempi  di  Fidia(i).  Furono  loro  fcolari  Learco  (2) 

L>IB  iX 

p  *  di  Reggio  nella  Magna  Grecia  ,  Doriclida  (a)  e  Donta  ( b ) 
Lea  reo  amendue  lacedemoni  ,  Tetteo  ed  Angelionh  ,  che  fecero  un 

Donta”1'^  c  Apollo  a  Deio  (c) ,  forfè  quello  fteffio  di  cui  alla  fine  dello 

AngeUone cd  feorfo  fecolo  fi  vedevano  alcuni  pezzi  nell’ifola  medelìma  colla 
bafe  e  colla  famofa  ifcrizione  .  Effendo  ifata  lavorata  intorno 
a  quelli  tempi  e  non  prima  ,  come  più  fiotto  vedremo  ,  dallo 

Battiek  fcultore  Batticle  di  Magnefia  (d)  la  tazza  d’oro  ,  che  i  fet¬ 

te  favj  dedicarono  in  Dello  ad  Apollo  ,  dobbiamo  inferirne  , 
che  il  mentovato  attilla  ,  fcultore  de’  baffi-rilievi  nel  trono  del¬ 
la  llatua  coloffiale  d’Apollo  in  Amicla  (e)  ,  fioriffie  ai  tempi  di 
Solone  ,  cioè  nell’olimpiade  xlvi.  ,  in  cui  il  legislatore  d’Atene 
era  arconte  nella  fua  patria  (/)  . 

Ariftomedon-  jf.  Devono  filfarfi  a  quell’epoca  Aristomedonte  di 
e Damofonte’  Argo  (g)  ,  Pittodoro  di  Tebe  (io),  e  Damoeonte  di  MelTene  (z) , 
il  quale  fece  ad  Egio  nell’Acaja  una  Giunone  Lucina  di  le¬ 
gno  ,  che  aveva  di  marmo  (k)  la  fella  ,  le  mani ,  e  i  piedi  (3), 


(1)  Dipeno  e  Scillide  ,  fecondo  il  calcolo  di 
Plinio  lib.  16.  c.  4.  feci.  4..  §.  i.  ,  nacquero  in 
Creta  circa  l'olimpiade  l.  A  giudizio  del  me- 
defìmo  furono  effi  i  primi  che  fienfi  renduti 
celebri  nello  fcolpire  il  marmo  .  Opere  eccel¬ 
lenti  del  loro  fcatpello  furono  le  (fatue  d’A- 
polline  ,  di  Diana  ,  di  Minerva  ,  di  Caftore  e 
Polluce,  e  di  più  altre  divinità ,  Plin  .l.cic., 
&  Clem.  Alex.  Cohorc.  ad  Gene.  n.  4..  p.  4.2. , 
tutte  lavorate  in  marmo  pario  ,  Plin.  lib.  cit. 
cap.  p.  feci.  4.  §.  2.  Portatili  amendue  a  Si- 
cione  ,  città  che  per  lungo  tempo  è  (fata  la 
patria  della  fcultura  ,  ebbero  da  que’  cittadini 
la  commi flìone  di  fare  alcune  ftatue  de’ loro 
dei  .  Non  era  peranco  terminata  l’ppera  che  , 
per  un  torto  ricevuto  ,  ritiraronli  predò  gli 
Etolj  .  Non  molto  dopo  una  fiera  carelfia 
con  altri  mali  venne  a  travagliare  i  Sicionj  , 
i  quali  in  tale  frangente  ebbero  ricorlb  ad 
Apolline  Pitio  ,  implorandone  ajuto  e  confi¬ 
glio  .  Seppero  i  due  offefi  fcultori  far  parlare 
a  loro  vantaggio  l’oracolo ,  il  quale  perciò 
rifpole  che  non  avrebbe  egli  abbandonati  i 
Sicionj  ,  fe  Dipeno  e  Scillide  avellerò  termi¬ 
nate  le  incominciate  (fatue  degli  dei.  Tanto 
baffo  ,  perchè  fodero  i  medefimi  non  fola- 
mente  .rifarciti  nell’onore  ,  ma  eziandio  ri¬ 
meritati  con  ampia  mercede . 


e  avea 

(r)  Quello  Learco  da  alcuni,  predo  Paufa- 
nia  lib.  3.  cap.  1  7 .  pag.  zfi.  in  fine  ,  fu  cre¬ 
duto  fcolaro  di  Dedalo  ,  ed  autore  di  quel 
Giove  di  bronzo  piedo  gli  Sparrani  ,  compo¬ 
rto  di  vari  pezzi  uniti  infieme  si  fortemente 
con  chiodi  da  non  poterli  i  medefimi  in  ve- 
run  modo  (laccare  ,  [  come  già  Winkelmann 
ha  notato  fopra  pag.  14.  princ.  ]  .  Tale  (fatua 
vantavafi  per  la  più  antica  di  quante  fienfi 
formate  in  quel  metallo  . 

( a }  Pauf.  lib.j.  cap.i  7.  pag.  41  p. 

( b )  idem  lib. 6.  cap.i  p.  pag.  j 00.  in  fine  . 

(c)  idem  lib. 2.  cap. 32.  pag.i  87.  Un.  30. 

(.d)  V.  Freret  Recherch.  far  V  ancicnncté  & 

far  l'orig.  de  Ì are  de  l'équit  des  anc.  ,  Acad. 
des  Infcript.  Tom.  VII.  Mem.pag.2p6. 

( e )  Pauf.  lib. 3.  cap.i  8 .  pag.zp p. 

(fi)  Scali®.  Animadv.  in  Euf.  chron.  p.  8 7. 

1  Laerzio  lib.  1 .  fegm.  6  2.  ,  Meurfio  in  So¬ 
lane ,  cap.10.  oper.  Tom.  ri.  col.  266. 

(g)  Pauf.  lib.  1 0.  cap.  1 .  pag.  Sor . 

Ufi)  idem  lib.  p.  cap.j4.pag.778.lin.26. 

(i)  Pauf  lib.  7.  cap.  2  3.  pag.  p8  2.  in  fine. 

[  Vedi  Tomo  I.pag.20.  n.  1. 

(&)  ibidem  . 

(5)  Le  parti  di  legno  di  quella  (fatua  tene- 
vanfi  coperte  con  un  fottilidimo  velo  ,  come 
ci  avvila  T  ifteffo  Paufania ,  che  fa  menzione 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  EC.  169 

e  avea  pure  (colpito  in  legno  un  Mercurio  ed  una  Venere 
a  Megalopoli  in  Arcadia  (a)  .  Intorno  a  quelli  fiempi  era  len¬ 
za  dubbio  Lafae  ,  di  cui  vedeafi  ad  Egira  in  Acaja  un  Apollo 
nell’antico  ffcile  ( b )  ;  e  dopo  di  lui  vide  Damea  che  avea  la¬ 
vorata  in  Elide  la  (tatua  di  Milone  crotoniate  (c)  ;  il  che  dee 
fidarli  dopo  l’olimpiade  lx.  ,  come  fi  argomenta  sì  dal  tempo 
in  cui  vivea  Pittagora  (d)  ,  sì  perchè  avanti  la  lix.  olimpiade 
non  era  data  eretta  in  Elide  nedima  (tatua  agli  atleti  ( e )  , 
qual  era  Milone  .  Fiorirono  intorno  a  queda  età  Siadra  e 
Carta  ,  amendue  fpartani  ,  celebri  nell’arte  loro  e  maedri 
di  Euchiro  corintio  ,  il  quale  ebbe  a  fcolaro  quel  Clearco 
di  Reggio  nella  Magna  Grecia ,  fiotto  di  cui  nella  medefima 
città  itudiò  l'arte  il  famofio  Pittagora  (/)  .  Succederono  a  que- 
di  Stomio  e  Somide  ,  che  videro  avanti  la  battaglia  di  Ma¬ 
ratona  (g)  ,  e  Gallone  d’ Egina  (colato  del  mentovato  Tet- 
teo  ( h )  ,  che  dev’edere  campato  ben  vecchio  ,  poiché  foprav- 
vide  a  Fxdia;  e  altronde  era  fiuo  lavoro  uno  de’ tre  grandi 
tripodi  di  bronzo  ,  fiotto  cui ,  cioè  in  mezzo  a’  cui  piedi , 
dava  la  figura  di  Profierpina  ,  dono  fatto  dagli  Spartani  ad 
Apollo  ,  e  collocato  nel  di  lui  tempio  ad  Amicla  ,  dopo  la 
vittoria  riportata  da  Lifiandro  lugli  Ateniefi  predo  il  fiume 
Egi  (?)  nell’anno  quarto  dell’olimpiade  xeni.  ( k ) . 

$•  6.  Poco  prima  dell’eginetico  fiorì  un  altro  Gallone  dì 
Elide  ,  noto  principalmente  per  le  trentalette  datue  in  bron¬ 
zo  ,  rapprefientanti  trentacinque  giovani  medenefi  ,  il  loro 
Tom.  IL  Y  co- 


i/A  4.  cap. 31  .pag. 3 37.  ,  &  1.8.  c.31.  p.66f. 
di  altre  opere  da  Damofonte  efcguite  in  mar¬ 
mo,  quali  furono ,  tra  le  altre  ,  una  Cibele  ed 
una  Venere.  [  Di  quella  fcrive  Paulania  eie. 
pag.  663.,  che  avelie  le  mani,  la  te  Ila ,  e 
le  punte  de'  piedi  di  marmo  ;  il  redo  di  le¬ 
gno  .  Nel  cap.  37.  p.  67  3.  deferive  un  grup¬ 
po  rapprefen tante  Cerere  ,  ed  era  in  marmo 
tutto  di  un  pezzo  ,  opera  dello  ftelTo  (cul¬ 
tore  . 

(<0  Paul.  lib.  8.  cap.31 .  pag.  66 f. 

(i)  id,  lib. 7.  cap, 26.  pag.392.  Un, 23. 


(c)  id.  lib. 6.  cap.i  4.  pag.  48  6 .  princ. 

(d)  Bentley's  Dijfert.  upon  thè  ep.  ofPhal. 
pag.  7  z.  feq. 

(e)  Pauf.  lib.  6.  cap. 1 8.  pag.  497.  [  Ved. 
Tomo  1.  pag.  26.  n.l. 

(/)  id.  lib.  6.  cap.  4.  pag.  461.  [  Di  cui  fi 
parlerà  qui  appreflo  al  Capo  il.  §.  2 3. 

(e)  ibid.  cap.  1 4.  pag.  488. 

(A)  id.  lib.  2.  cap.32.pag.!  87. 

(/)  id.  lib. 3.  cap.i  8.  pag.23  3.  princ., 

00  Diod.  Sic.  lib.  13.  %.  103.  pag.  627, 
Tom.  I. 


LIB.  IX. 
CAP.  I. 
Lafac 
Damea 


Siadra  e. 
Carta 


Euchiro  c 
Clearco 


Stomio  e 
Somide 

Callbnc 


LIB. IX. 
CAP.  I. 


Canaco 


Menecmo  e 
Soida 


Egia  ed  Agc- 
lada 


Afcaro 


Simone  ed 
AnalTagora 


Onata 


170  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

corifta  e  un  fuonator  di  tibia  ,  che  nel  Faro  di  MefTene 
naufragarono  .  Di  tal  lavoro  io  fido  l’epoca  più  indietro  che 
far  non  fi  fuole  ,  poiché  le  ifcrizioni  di  quelle  llatue  furon 
fatte  dal  celebre  oratore  Ippia  ai  tempi  di  Socrate  ,  e  fatte 
qualche  tempo  dopo  (  onpov),  come  fcrive  Paufa- 

nia  (a)  .  Secondo  lui  contemporaneo  dell’eginetico  Callone 
fu  Canaco  ( b )  ;  cui  però  Plinio  colloca  nell’olimpiade  xcv.  (a)  , 
e  con  molta  verofimiglianza  ,  perchè  egli  fu  fcolaro  di  Poli- 
cleto  ;  ma  fuoi  coevi  certamente  furono  Menecmo  e  Soida 
di  Naupatto  (c)  ,  il  fecondo  de’  quali  lavorò  la  Diana  d’avorio 
e  d’oro  polla  nel  tempio  di  quella  dea  a  Calidone  (1)  ,  epo- 
fcia  a’ tempi  d’Augullo  trafportata  a  Patraffo  (d)  .  Fiorirono 
per  ultimo  entro  quell’epoca  Egia  d’Atene  ,  ed  Agelada  d’Ar¬ 
go  (e)  maeflro  di  Policleto  (2)  ,  il  quale  fra  le  altre  cofe  rap- 
prefentò  in  Elide  fu  un  cocchio  Cleoilene  ,  che  riportata  aveva 
una  vittoria  nell’olimpiade  lxvi  .  (e)  .  Ascaro  fuo  fcolaro  fece 
in  Elide  un  Giove  coronato  di  fiori  (/)  . 

jf.  7.  Prima  che  Serfe  faceffe  la  fpedizione  in  Grecia  era¬ 
no  già  celebri  i  feguenti  artifli  .  Simone  (g)  e  Anassagora  (3)  , 
amendue  d’Egina,  il  fecondo  de’ quali  fcolpì  il  Giove  che  i 
Greci  collocarono  in  Elide  dopo  la  battaglia  di  Platea  ( h )  . 
Pur  d’Egina  era  Onata  (z)  di  cui  ,  oltre  molti  altri  lavori  , 
eranvi  in  Elide  gli  otto  eroi,  che  eranfi  offerti  a  tirar  la  forte 

per 


(a)  PatiT.  lii.j.  cap. 24.  pag.  447. 

(A)  id.  lib. 7.  cap.i  8 .  pag.  470.  prìnc. 

(a)  lib. 34.  cap.8 .feci.i  p.  princ. 

(c)  idem  ibid. 

(1)  Secondo  Paufania  loc.  eie.  concorfero 
amendue  a  formar  quella  ftatua  .  Plinio  I.34. 
t.S.feci.ip.  §.18.  rammenta  un  vitello  d’oro 
di  Menecmo  ,  e  gli  attribuifee  un  libro  fulla 
ftatuaria  .  Queft'opera  ,  ficcome  tutte  le  altre 
degli  antichi  tcritte  fopra  l'arte  ,  le  quali  per 
atteffarione  di  Filoftrato  il  giovane  Icori,  in 
txord.  oper.  Philoftr.  Tom.  il.  pag.  862.  fu¬ 
rono  molte  ,  tutte  fono  perite  . 

(.d)  Pati C.  lib.7.  cap.i  8.  pag.y6g. 

(b)  Pauf.  lib.8.  cap.4-2.pag.68 8 .princ. 

(1)  Scrive  Plinio  lib. 34..  c.  8 .feci. 1  g.  aver 


rifiuto  Agelada  nell’olimpiade  lxxxvii.  , 
ed  Egia  nella  lxxxiv.  Otto  opere  d’Agelada 
novera  Paufania  l.  6.  7.  &  1 0. ,  parte  in  mar¬ 
mo  e  parte  in  bronco  ;  e  Plinio  /.  eie.  quattro 
ne  rammenta  di  Egia  .  [  V.  apprelfo  al  §.  20. 
(e)  Pauf.  lib.6.  cap.io.  pag.  476. 

(/)  id.  lib.y.  cap.24.pag.  480-  . 

(g)  id.  iib.f.  cap.  27.  pag.  448.  lin.7. 

(3)  Vitruvio  pr&f.  ad  lib.  7.  attribuifee  ad 
AnalTagora  un  trattato  di  proiettiva  ,  in  cui 
ebbe  parte  anche  un  certo  Democrito  .  Dal 
breve  eli  ratto  che  ne  dà  ben  fi  feorge  aver 
quefto  verfato  fui  metodo  di  bene  difporre  c 
dipingere  le  feene  de’  teatri . 

(A)  Pauf.  lib.  ;.  cap. 2 4.  pag.  437. 

0')  id.  lib.j.  cap. 2 s-  pag.  44  h 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  BC,  171 

per  combattere  in  duello  contro  Ettore  (i)  .  Glauco  di  Mefle- -  — 1 * * * 5 

ne  in  Sicilia ,  e  Dionisio  di  Reggio  vivevano  al  tempo  d’Anaf-  ^p1*’ 
fila  tiranno  di  quella  città  (<*)  (2),  cioè  fra  le  olimpiadi  lxxi  .  GiaucoeDio- 
e  lxxvi.  (l>)  :  fulle  colle  d’ un  cavallo  di  Dionifio  leggeavifi 
incifa  una  ifcrizione  (r) .  Circa  que’  tempi  vivevano  pure  Ari-  Ariftomedce 

•  ,  , .  . .  ,  Socrate 

stomedb  e  Socrate  tebani ,  opera  de  quali  era  una  Gibele  , 
che  Pindaro  fece  collocare  nel  di  lei  tempio  a  Tebe  (d)  ,  Men-  Mende» 
deo  di  Peone  ,  di  cui  vedeali  in  Elide  un  fimulacro  della  Vit¬ 
toria  (e),  Glaucia  d'Egina,  che  fece  in  Elide  il  re  Gelone  cdauciaedE- 
di  Siracufa  (/)  fu  un  cocchio  (3)  ;  e  per  ultimo  Elada  d’Argo 
maellro  di  Fidia  (g)  . 

fi.  8.  Da  quelli  artefici  varie  fcuole  fondaronfi  in  dive  rii  Scuole... 
luoghi  ,  e  antichiffime  fono  le  più  rinomate  della  Grecia  ,  cioè 
d’Egina  ,  di  Corinto,  e  di  Sicione  ,  che  può  chiamarli  la  pa- dì  Sidone... 
tria  delle  opere  dell’arte  (h)  .  Fondatori  di  quella  fcuola  lu- 
rono  probabilmente  Dipeno  e  Scillide  (4)  ,  che  in  Sicione  fif- 

Y  2  faro- 


(i)  Quelli  vicn  riputato  il  piu  eccellente 
tra  gli  allievi  della  duola  di  Dedalo  .  Tutte 
le  opere  di  lui  ,  delle  q  tali  trovali  fatta  men¬ 
zione  ,  etano  in  metallo.  Pauf.  lib.p.  cap.zp. 
pag.  44  p. ,  cap.z 7.  pag.  44-9. ,  Lib.  6.  cap.i  z. 
pag.  47 g .  ,  Antkol.  iib.  4..  c.i  z.  n.  6.  v.i .  7. 
La  Cerere  di  Onata  ,  clic  ferbavafi  a  Figai  ia  , 
era  aliai  celebre  ;  e  Paufania  per  vederla  ne 
inrraprefe  a  bella  polla  il  viaggio  ,  lib.  S . 
cap.  4-2.  pag.  6SS .  [  Egli  dice  in  quello  luo¬ 
go  che  Onata  era  contemporanco  di  Egia  ,  e 
di  Agelada  ,  de’ quali  ha  parlato  Winkelmann 
nel  §.  antecedente  . 

(a)  Pauf.  lib.  p.  cap. 26.  pag.  446. 

(a)  Sì  Glauco  che  Dionifio  ,  fecondo  Pau¬ 
fania  /oc.  eie.  ,  erano  argivi  ;  e  opere  prege¬ 
voli  di  loro  vedeanfi  in  Elide ,  delle  quali  fa 
l'enumerazione  il  citaco  dorico  . 

(fi)  Bentlcy’s  toc.  cit. 

(c)  Pauf.  lib.p.  cap. 27.  pag.  44S . 

( d)  id.  lib. 9.  cap.  2  p.  pag. 7  pS . 

(c)  id.  lib.p.  cap.zó.  princ.  pag.  446 . 

(/)  id.  lib.  6.  cap  9.  pag.47z.feq. 

(5)  Non  fono  dati  (raccordo  gli  antichi 
intorno  al  (oggetto  rapprefenrato  da  Glaucia 
fui  cocchio  .  Hanno  pretefo  alcuni  edere  que- 
di  dato  Gelone  re  di  Sicilia  ,  che  lo  abbia 
poi  mandato  in  dono  a  Giove  in  Elide  ;  ma  , 
fecondo  l'opinione  di  altri ,  feguitata  da  Pau¬ 


fania  loc.  cit. ,  il  quale  ne  reca  le  ragioni ,  fu 
innalzata  quella  datua  a  Gelone  ,  o  piuttollo 
a  Geloo  ,  uomo  privato  ,  che  nell'olimpiade 
lxxiii.  riportò  là  palma  ne’ giuochi  olimpi¬ 
ci  Prelfo  il  cocchio  di  Gelone  un'altra  datua 
vi  era  ,  opera  di  Glaucia  ,  rapprefen tante  Fi¬ 
lone  ufeito  vittoriofo  dal  pugilato  .  Pauf.  ib. 
Pag- 474-  infine  . 

(g)  Sebo/.  Aridoph.  in  Ran.  v.  p 04 . 

(A)  Plin.  lib.  qp.  cap.i  1.  feci.  40.  §.  24.  , 
lib.  46.  cap.  4.  feci.  4.  §.  r. 

(4)  La  fcuola  di  Sicione  ,  come  da  Plinio 
lib.  pp.  cap.i  1.  feti.  40.  §.  24.  raccoglie!!  ,  è 
data  foltanto  di  pittura  ,  ed  ebbe  la  medeft- 
ma  per  fondatore  il  rinomato  Eupompo  ,  pit¬ 
tore  di  tanta  autorità  che  arrivò  a  dividere  in 
tre  le  due  antiche  fcuole  della  Grecia  .  Fiori , 
egli  è  vero  ,  nella  delfa  città  anche  la  datna- 
ria  ,  ed  alcune  belle  opere  del  loro  fcarpello 
vi  lafciarono  Dipeno  e  Scillide  ;  ma  che  cfli 
vi  abbiano  in  oltre  fondata  una  fcuola  di 
fcultura ,  nelfun  antico  autore  ,  che  io  fap- 
pia  ,  lo  lafciò  fcritto  ,  ficcome  nemmeno  che 
le  città  di  Corinto  e  d'  Egina  abbiano  avuto 
fcuole  ,  la  prima  di  pittura  ,  l'altra  di  datua- 
ria  ,  come  qui  appreifo  fcrive  l'erudito  nodro 
dorico  .  [  Se  gli  autori  di  queda  nota  non 
avellerò  tolta  dalla  loro  edizione  milanefe  la 
citazione  di  Plinio  lib.  46.  cap.  4.  fieli.  4.  $>.r- 


L1B. IX. 
CAP.  I. 


...  di  Corin¬ 
to  .. . 


172  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

farono  la  loro  dimora  >  e  v’ebbero  degli  fcolari  da  me  pocan- 
zi  mentovati.  Aristocle  fratello  di  Canaco  (a)  rifguardavali 
anche  dopo  fette  età  come  il  capo  d’una  fcuola  ,  che  s’era  per 
lungo  tempo  foftenuta  in  Sicione  (rt)  .  Democrito,  altro  fcul- 
tore  di  Sicione  ,  nominava  cinque  maefiri  della  fua  fcuola  , 
i  quali  uno  all’altro  eranli  fucceduti  ( b )  .  Polemone  fcrilfe  un 
trattato  delle  pitture  di  Sicione  ,  ov’era  un  portico  con  molti 
lavori  da  lui  Umilmente  defcritto  (c)  .  Eupompo  maefiro  di 
Panfilo  ,  di  cui  fu  fcolare  Apelle  ,  fece  sì  che  le  due  fcuole 
della  Grecia  ,  le  quali  fino  a  quel  tempo  erano  fiate  unite  fiot¬ 
to  la  denominazione  di  elladiche  ,  nuovamente  fi  dividefiero  , 
inguifache,  oltre  la  jonica  nell’Afia  ,  fcuole  particolari  fof- 
fero  quella  d’ Atene ,  e  quella  di  Sicione  (d) .  Panfilo  e  Po- 
licleto  ,  Lisippo  e  Apelle  ,  che  andò  a  Sicione  per  meglio 
perfezionarli  nella  fua  arte  (b)  ,  le  diedero  il  maggior  luftro  ; 
e  fembra  che  ai  tempi  di  Tolomeo  Filadelfo  re  d’Egitto  ,  tra 
le  fcuole  di  pittura  ,  la  più  celebre  fofie  e  la  migliore  ,  poi¬ 
ché  nella  defcrizione  della  magnifica  procelfione  che  quello 
re  fece  fare  ,  fi  annoverano  principalmente  le  pitture  di  Sicio¬ 
ne  ,  e  fon  le  fole  di  cui  facciali  menzione  (e)  . 

jf.  9.  Corinto  a  cagione  dell'ottima  fua  Umazione  fu  fin 
da’  primi  tempi  una  delle  più  poflenti  città  della  Grecia  (/) , 
e  fu  perciò  dai  più  vetufii  poeti  chiamata  la  ricca .  Ardice 

di 


data  da  Winkelmann  qui  avanti  nella  lette¬ 
ra  (A)  ,  e  TavelTero  efaminata avrebbero  ve¬ 
duto  con  qual  fondamento  fi  polla  f labili  re  in 
Sicione  una  fcuola  anche  di  fcultura  ,  di  cui 
polTono  crederli  autori  Dipeno ,  e  Scillide  . 
Riguardo  a  Corinto  ,  ed  Egina  vedremo  nei 
1 0.  qui  approdo ,  che  Winkelmann  non 
ha  pen  fato  male  .  ]  Piuttofto  alle  tre  greche 
fcuole  di  pittura  accennate  da  Plinio  aggiu- 
gnerfi  potrebbe  la  fcuola  attica  di  fcultura 
fondata  da  Dedalo ,  della  quale  Paulania  fa 
menzione  /.  p.  c.2  p.  p.  44.}.  in  fine  ,  [  e  /.  r  0. 
caP-P7- png.  8  04-  infine  .  ]  Tale  divifton  di 
fcuole  olferva  il  conte  di  Caylus  Reflex,  far 
quelli,  chap.  du  3 3.  livre  de  Piine  ,  1  il.  pan. 


Acad.  dei  Injcript.  Tom. XXV.  Mém.  p.t pi. 
edere  celiata  nella  Grecia  ,  allorché  vi  fi  mol¬ 
tiplicarono  i  maeftri  dell'arte  .  Formatali  Al¬ 
lora  da  ciafcheduno  una  maniera  propria  , 
non  più  li  parlò  di  fcuole ,  ma  foltanto  di 
maeftri  in  particolare  ,  e  de'  loro  allievi . 

(a)  Paul.  lib.  6.  cap.  g  pag.  4.7 2. 

(a)  id.  lib.  6.  cap. 3.  pag.  43  g.  princ. 

(b)  idem  ibid. 

(c)  Athen.  Dcipn.lib.  6.  c.  1 4.  p.ap  B. 

{d)  Plin.  lib.  3 p.  cap. 18 .  feci. 3  e.  §.7. 

(b)  Plut.  in  Arato  ,  op.  Tom.  I.p.  1 032.  C. 

( e )  Ath.  lib.  3.  cap.  6.  pag.  1  g6.  E. 

(/)  Thucyd.  lib.t,  cap.i 3  .pag.i  2. 


DAI  SUOI  PRINCIP]  EC.  173 

di  Corinto  ,  e  Telefane  di  Sicione  ,  devon  edere  fiati  i  primi ,  i - ,r-  -■ 

quali ,  oltre  il  femplice  contorno  della  figura  ,  ne  abbiano  in-  LIB' IX' 
dicate  col  difegno  le  parti  interiormente  ( a )  ;  e  Strabone  parla 
de’  quadri  a  molte  figure  di  Cleante  corintio  ,  che  ancora  ai 
tempi  Tuoi  elìdevano  (b) .  Cleofanto  di  Corinto  venne  in  Italia 
con  Tarquinio  Prifco  avanti  l’olimpiade  xl.  ,  e  fu  il  primo  che 
infegnò  ai  Romani  l’arte  greca  di  dipingere  :  ai  tempi  di  Pli¬ 
nio  vedeanfi  ancora  a  Lanuvio  un’Atalanta  ed  un’Elena  da  lui 
molto  ben  delineate  (c) . 

jf.  io.  Se  fi  potette  argomentare  l’antichità  della  fcuola ...  e  d’Egina..; 
d’Egina  dal  celebre  Smilide  eginetico  ,  ne  porteremmo  la  fon¬ 
dazione  fino  ai  tempi  di  Dedalo  (a)  .  E’ certo  però  che  ne’tem- 
pi  antichiffimi  deve  ettervi  data  in  quell’ifola  una  fcuola  delle 
arti  del  difegno  ,  e  lo  dimodra  la  menzione  che  vien  fatta  da¬ 
gli  dorici  di  moltifiìme  antiche  datue  nello  dile  eginetico  lavo¬ 
rate  (b)  .  Certo  fcultore  di  quell’ifola  non  ci  è  noto  fott’altro 
nome,  che  lotto  quello  di  datuario  d’Egina  (d) .  L’arte  tratte 
colà  molto  vantaggio  dal  commercio  e  dalla  navigazione  di 
quelle  genti  doriche  d’ origine  (e)  ,  le  quali ,  fra  le  altre  der¬ 
rate  ,  facevano  un  gran  traffico  de’  loro  vali  di  terra-cotta 
(  che  probabilmente  faranno  dati  dipinti  )  fegnati  colla  figura 
d’un  montone.  Paufania  parla  della  loro  navigazione  ne’ più 
remoti  tempi  (/)  ,  e  dice  che  erano  in  mare  fuperiori  agli  • 
Ateniefi  (g) ,  febbene  avanti  la  guerra  perfica  sì  gli  uni  che 

gii 


(a)  Plin.  lib.33.  cap.3.  fett.y.  ( c )  Plin.  lib. 33.  cap.  3.  feci.  /.  6. 

(é)  Geogr.  Itb.  8 .  pag.  j  28 .  B.  [Strabone  (a)  Pauf  lib. 7.  cap.  4.  pag.r  1  '  ■  princ. 

molto  chiaramente  ci  die  e  lib.cit.  p.387.  B.  (b)  Come  tra  gli  altri  ne  fa  diftinta  men- 

che  in  Corinto  ,  egualmente  che  in  Sicione  ,  zione  Paufania  Lib.p.  cap .  j.  pag. 3 3 3.  in  fine , 

fiorii Te  la  pittura,  e  la  Itatuaria  ,  ed  altre  lib. 8 .  cap. 3  3. pag.  708.  in  fine ,  lìbito. e. 36* 

arti  affini  a  quelle  ;  e  che  in  elle  città  avef-  pag.  8  pi  .princ. 

fero  avuto  un  maggior  accrefcimento  :  Co-  (d)  JEgyneta  ficloris  .  Plin.  lib.  35.  c.  40. 
rynthi  ,  ac  Sycione  pingendi ,  ac  fingendi ,  §.  41 .  [  Egineta  è  piuttollo  nome  proprio  , 

aliaque  id  genus  artes  ancia,  flint  .  Paolo  Oro-  che  di  patria  ,  come  ivi  ha  bene  offervato 

fio  Hifl.  lib.  f.  cap.  3.  fcrive  ,  che  Corinto  l'Arduino  n.i  iz. 

fu  per  molti  fecoli  l'officina  di  tutti  gli  arti-  (e)  Pauf.  lib.  1  0. princ.  pag.7 g8 . 

Iti  ,  e  di  tutte  le  arti  :  Per  multa  retro  fa-  (/)  lib.  8.  cap. 3.  pag.  608. 

cala  velut  officina  omnium  arùficum  ,  atque  (g)  id.  lib.»,  cpp.tg. pag.i  7 8, 

artificiorum  fuit . 


LIB.  IX. 
CAP.  I. 


Circoftanze 
della  Grecia 
infelici . . . 


174  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

!  gli  altri  non  avelfero  che  navi  di  cinquanta  remi ,  e  fenza  co¬ 
perta  (a)  .  La  reciproca  gelofia  di  quelle  due  nazioni  finì  in 
una  guerra  aperta  (b)  ,  la  quale  però  fvanì  quando  Serie  in¬ 
vale  la  Grecia.  Egina,  che  molta  parte  ebbe  nella  vittoria 
di  Temiftocle  contro  i  Perii ,  ne  riportò  pure  de’  confidere- 
voli  vantaggi ,  perocché  il  ricco  bottino  fu  colà  trafportato 
e  venduto  ;  onde  al  riferire  d’  Erodoto  (c)  ricchilhma  diven¬ 
ne  .  Si  mantenne  in  fiore  quell’  ifola  fino  all’olimpiade  lxxxvjh. 
in  cui  fcacciati  ne  furono  gli  abitatori  dagli  Ateniefi  perchè 
fi  erano  alleati  ai  Lacedemoni  .  Gli  Ateniefi  allora  mandaro¬ 
no  colonie  a  popolar  Egina  ,  e  gli  Egineti  andarono  ad  abi¬ 
tare  nel  paefe  argolico  prelfo  Tirea  (d) .  Ritornarono  elfi  in 
feguito  di  tempo  al  polfelfo  della  loro  patria  ,  ma  non  rifor- 
fero  mai  alla  primiera  grandezza  e  polfanza  .  Coloro  i  quali 
hanno  vedute  delle  monete  d’Egina  ,  colla  tefia  di  PaJlade  da 
una  parte  ,  e  dall’altra  col  tridente  di  Nettuno  (e) ,  giudicar 
potranno  fe  nel  difegno  di  quella  tefia  fi  fcorga  uno  Itile  par¬ 
ticolare  dell’arte  . 

jf.  11.  Dopo  l’olimpiade  l.  cominciarono  le  calamità  della 
Grecia,  che  da  varj  tiranni  fu  afloggettata  ,  e  durò  quello 
per  lei  infelice  tempo  ben  fettant’anni .  Policrate  fi  fece  pa¬ 
drone  di  Samo  ,  Pifillrato  d’Atene  ,  e  Cipfelo  fece  pafìare 
al  figlio  Periandro  il  dominio  di  Corinto ,  fofienendo  la  fua 
autorità  coll’allearfi  e  ftrignerfi  anche  in  vincolo  di  paren¬ 
tela  con  que’potenti,  che  aveano  faputo  opprimere  la  libertà 
delle  loro  patrie  Ambracia ,  Epidauro  ,  e  Lesbo  .  Di  quefi’ifola 
eran  tiranni  Melancro  e  Pittaco  ,  l’Eubea  foggiaceva  a  Timon- 
da  ,  Ligdamide  coll’appoggio  di  Pifillrato  dominava  in  Naffb, 
e  Patroclo  nella  città  di  Epidauro  .  Tutti  però  non  erano 
giunti  all’autorità  fuprema  colla  forza  e  colle  armi  :  alcuni 

v’era- 

(<0  Thuc.  lib.i.  cap.  1 4.  pag.  1 3.  (d)  Thuc.  lib.i.  cap  27.  pag.  1 14.. 

(i)  Pauf.  lib.i .  cap.2p.pag.j2,  (e)  Pauf.  lib.z.  cap.30 .  pag.i  8 z. 

(0  l'b.p.cap.So.  pag.728. 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  PC.  175: 

v’erano  flati  portati  dalla  propria  eloquenza  (a)  ,  altri  coll’a- 
ver  faputo  condefcendere  al  popolo  (b)  :  e  quelli ,  come  Pi- 
filtrato  (0  ,  riconofceano  fuperiori  a  sè  le  leggi  de’  loro  cit¬ 
tadini  .  Il  titolo  di  tiranno  era  tra  loro  onorevole  (d)  ;  e  Ari- 
fiodemo  ,  tiranno  di  Megalopoli  in  Arcadia ,  Teppe  meritarli 
il  foprannome  di  (e)  ,  che  uom  retto  lignifica  .  Le  fta- 

tue  de’  vincitori  ne’  giuochi  più  folenni  ,  delle  quali  ripiena 
era  Elide  anche  avanti  che  l’arte  folle  in  fiore  (/)  ,  rappre- 
fentavano  per  lo  più  altrettanti  difenfori  della  patria  libertà  : 
i  tiranni  non  potevan  impedire  la  giuftizia  che  volea  renderli 
al  merito  ;  e  Tardila  ebbe  in  ogni  tempo  il  diritto  di  efporre 
le  opere  Tue  agli  occhi  di  tutta  la  nazione . 

JT.  12.  Allorché  feci  la  prima  edizione  di  quella  Storia  io 
credea  di  poter  rapportare  a  quelli  tempi  un  baffo-rilievo  in 
marmo  di  due  figure  ,  delle  quali  una  rapprefenta  Giove  fe¬ 
dente  ,  e  l’altra  un  giovane  atleta  col  nome  Manteo  (g)  .  Fon¬ 
davano  fulla  fcrittura  fatta  a  folchi ,  detta  da’  Greci  /3ovrp0<pa- 
Sòv ,  che  è  la  maniera  di  fcrivere  prefio  di  loro  antichiflìma  ; 
e  lapeva  altronde  che  prima  dell’olimpiade  l.  non  s’era  colà  co¬ 
minciato  a  lavorare  in  marmo  (a)  .  Avvifai  fin  d’ullora  che  non 
potea  portarne  un  fondato  giudizio  fulla  llampa  in  rame  ;  e 
feppi  in  apprelfo  che  quello  lavoro  ,  efillente  oggidì  nella  gal¬ 
leria  del  conte  di  Pembrok  a  Wilton  ,  viene  dai  conofcitori 
riputato  una  moderna  impollura  (b)  .  L’  urna  fepolcrale  col 

nome 


(.a)  Ari  fi:.  De  Reputi,  lib.g.  cap.  io. 

C»  ’  Dion.  Hai.  Arie.  Rom.  db.  6.  cap.  60. 
F?8-  $72-  I  Riferifce  (blamente  un'orazione 
di  Appio  Claudio  ,  in  cui  dice  che  i  tiranni  fi 
tacevano  anche  coll’adulare  il  popolo  . 

(c)  Arili.  /oc.  eie.  cap.i  2. ,  Pauf  db.  1 .  c.j. 
pag.  9.  princ. 

(d)  V. Barnes  ad  Hom.  hymn.  in  Mare.v.f. 

(e)  Pauf.  db.  8  cap. 28 .  pag.  6 $ 0.  Un. 29. 

( f  )  V.  Herod.  db.  6  cap.  1  27.  pae.  4.97. 
[  Parla  degli  agonoteti  ,  o  prefidenti  ài  giuo¬ 
chi  ,  non  di  (ta^ue  . 

(gj  De  Bimard  la  Baftie  noi.  ad  Marm,  &c, 
(a)  Ved.  Tomo  1.  pag.  31.  noe.  d. 


(b)  Il  marchefe  Maffei  è  quello,  che  dà, 
per  quanto  io  fappia  ,  di  fallita  a  quello  mo¬ 
numento  nel  Muf.  Veronen. ,  pag.  CCCCX. 
Ma  non  fono  mancati  fcrittori  ,  che  dopo  di 
lui  lo  hanno  dato  per  antico  ;  come  Corfini 
Appcnd.  ad  noe.  Grac.pag.XVll. ,  Difsere. 
agonijl.  pag.  e  Spiega £.  di  due  anciche 
ifcriz.  pag.  IV".  ,  Court  de  Gcbelin  Monde  pri¬ 
mi  eif ,  origine  da  langage  ,  db.  f.  feci.  3.  c.  4.. 
pag.  4. 7  j.  ,  e  gli  autori  del  Nouveau  eraicé 
de  diplom.  Tom.  I.  par.  il.  feci.  il.  cap.  X. 
pag.  641.  Vedi  il  dotto  P.  tabi  icy  Diaeribe  , 
qua  bìbliogr,  anciq.  ec.  ,  pag.  288. 


JLIB.  IX. 
CAP.  I. 


176  Storia  dell'Arte  presso  i  Greci 

========  nome  di  Alcman,  che  fi  vede  a  Venezia  nel  palazzo  Giufti- 

lib.ìx.  njanj  f  è  fiata  da  taluno  creduta  la  tomba  dell’ antichiflimo 
poeta  Alcman  (a) ,  il  quale  fioriva  nell’olimpiade  xxx. ,  ma  efla 
è  lavoro  di  molti  fecoli  più  tardi  .  11  fepolcro  di  quel  poeta 
era  a  Sparta  ( b )  . 

jf.  13.  Di  quelli  tempi  pur  farebbe,  fecondo  l’opinione 
d’alcuni  antiquarj  ( c )  ,  la  più  antica  moneta  d’oro  ,  che  cre¬ 
dei!  di  Cirene  in  Africa  ;  e  farebbe  Hata  coniata  durante  la 
minorità  di  Batto  IV.  per  ordine  di  Demonace  di  Mantinea 
reggente  di  Cirene  (d)  ,  contemporaneo  di  Pifillrato  .  Demo¬ 
nace  vi  è  rapprefentato  in  piedi ,  cinto  il  capo  d’un  diadema  , 
da  cui  fpuntano  de’ raggi,  con  un  corno  di  montone  al  di  fo- 
pra  dell’orecchia  :  tien  nella  delira  una  Vittoria  ,  e  nella  fi- 
niftra  uno  fcettro  .  E’  più  credibil  però  che  tal  moneta  lìa  Hata 
coniata  polleriormente  in  memoria  di  Demonace  (a)  . 
favorevoli  jf.  14.  Finalmente  nell’olimpiade  lxvu.  ,  e  circa  a  quel 
tempo  in  cui  Bruto  liberò  dai  Tarquinj  Roma  ,  la  Grecia  fi 
fottralfe  al  giogo  de’ tiranni  ,  mettendo  a  morte  o  mandando 
Libertà...  in  efiglio  i  figli  di  Pifillrato  ,  e  que’foli  rifparmiando  che  fe¬ 
condo  le  leggi  equamente  reggevano  Sicione  ( e ) .  Efla  allora 
follevò  il  capo  ,  e  parve  che  un  nuovo  fpirito  tutta  penetrafle 
la  nazione  .  Le  repubbliche  ,  le  quali  furon  in  apprefib  sì  ce¬ 
lebri ,  erano  piccoli  fiati  di  nefiuna  confiderazione  e  appena 
noti ,  fino  a  che  i  Perii  non  vennero  ad  inquietare  i  Greci 
nella  Jonia,  devafiando  Mileto ,  e  conducendone  fchiavi  gli 
abitatori  .  A  quello  difaftro  furono  fommamente  fenlibili  i 
Greci ,  e  fopra  tutti  gli  Ateniefi  ,  i  quali  ,  anche  alcuni  anni 
dopo  ,  quando  Frinico  rapprefentò  loro  in  una  tragedia  la 

pre¬ 
fa)  A  fior.  Comm.  in  Alcm.  mon.  (a)  Così  penfa  anche  Weffelingio  nella  no- 

(^)  Pauf.  lib.  3,  cap.ir.  pag.  24.4.,  fritte.  ta  al  luogo  citato  di  Erodoto,  e  Bouheno 

(c)  Hard.  Mém.  de  Trev.  an.  1727.  aout ,  Dijfert.  Herod.  cap.i  2.  pag.i  1 2. 
art.  72.  pag.  1 4.4.4..  (e)  Arift.  De  Republ.  lib.  3.  cap.i  2. ,  Strab» 

(.d)  Herod.  lib.  4.  cap.i  61.  p.gfg. ,  Con-  lib.  8.  pag.  j 87 .  B. 
flant.  Porphyr.  Excerpta  Diodori ,  p.  233, 


dai  suoi  principj  bc.  177 

prefa  di  Mileto  ,  fi  fciolfero  in  lagrime  per  la  compafiìone . 
Quelli  mifero  in  piedi  tutte  le  loro  forze ,  ed  eflendofi  alleati 
cogli  Eretrj ,  vennero  in  ajuto  de’ loro  fratelli  nell’ Alia  jonica, 
e  prefero  l’ardita  risoluzione  d’andare  ad  aflalire  il  re  di  Per¬ 
da  ne’  proprj  fuoi  fiati .  Inoltraronfi  nell’olimpiade  Lxrx.  fino 
alla  città  diSardi,  cui  devaftarono  e  mifero  a  fiamme ,  tanto 
più  facilmente  quanto  che  le  cafe  n’ erano  in  parte  di  can¬ 
ne  (a) ,  o  di  quelle  almeno  n’erano  i  tetti  ;  e  nell’olimpiade 
lxxii.  ,  cioè  vent’anni  dopo  che  fu  melfo  a  morte  Ipparco  ti¬ 
ranno  d’Atene,  e  discacciatone  Ippia  fuo  fratello,  ottennero 
la  portentofa  vittoria  di  Maratona. 

$.  ij.  Per  quella  vittoria  gli  Ateniefi  follevaronfi  fovra 
tutte  le  altre  città  della  Grecia  ;  ficcome  i  primi  furono  ad 
incivilirli  ,  e  a  deporre  le  armi  ( b )  ,  Senza  le  quali  antica¬ 
mente  ,  nemmeno  in  tempo  di  pace  ,  nelfun  Greco  mai  com¬ 
pariva  in  pubblico  ;  così  Atene,  che  andava  efiendendo  la  pro¬ 
pria  autorità  e  crefcendo  in  forze ,  divenne  la  fede  principale 
delle  Scienze  e  delle  arti  e ,  come  dicea  Pericle  ,  fi  fece  la 
maeftra  della  Grecia  intera  (c)  .  Quindi  fu  detto  che  i  Greci 
aveflero  comuni  fra  di  loro  tutte  le  cofe  ,  tranne  la  firada 
dell’immortalità  ,  che  a’  foli  Ateniefi  era  nota  (d)  .  A  Crotona 
e  a  Cirene  fioriva  la  medicina,  e  la  mufica  in  Argo  (e);  ma 
in  Atene  adunate  fi  erano  le  Scienze  tutte  eie  arti(i). 

jf.  1 6.  Benché  quelle  però  colà  fioriflero  ,  non  erano  men 
coltivate  a  Sparta;  anzi  in  quella  città  furono  efercitate  da 
Tom.  II.  Z  tem- 

(a)  Herod.  lib.p.  cap.ioi.pag.  4.28.  dell’  invidia  univerfale  .  Se  a  tal  fegno  di  glo- 

(A)  Thucyd.  lib.i.  cap.  6.  pag.  6.  ria  crebbe  la  nominata  città  per  la  perle z  to¬ 
te)  id.  lib.z.  cap.  4.1  .pag.i  22.  ne  di  effe  ,  vi  crebbero  però  quelle  per  elìer 

\d)  Ath .  Deipn.  hb.  6.  cap.i  j.  p.z pò .  F.  ella  fiata  una  delle  grandi  ,  floride c popo¬ 
ne)  Herod.  lib.^.  cap.  1 31 .  pag.2  64.  late  città  della  Grecia  .  Tali  citta  (blamente 

(1)  Giuda  l’offervazionc  di  Diodoro  da  Si-  poflono  ammettere  ed  alimentare  nel  proprio 
ciba  lib.i  z.princ.  quafi  nello  dello  periodo  fero  tutt’i  rami  delle  arti  e  delle  feienze  ,  le 
di  tempo  ,  in  cui  videfi  in  Atene  per  opera  quali  abbifognano  d'un  vado  campo  per  pro¬ 
di  Fidia  portata  la  (cultura  al  grado  (ommo  darli  tutt'inlleme  .  Negli  fpazj  più  ridretti 
di  perfezione  ,  vi  li  vide  altresì  fiorire  la  filo-  delle  piccole  e  meno  popolofe  citta  qualche 
fona  ,  l’eloquenza  ,  l’arte  militare  con  tutte  ramo  appena  di  effe  vi  può  allignare  ,  e  que- 
Ic  altre  feienze  ed  arti  ;  talché  Atene  l'og-  fto  ancora  più  facilmente  v’  ilterililce , 
getto  diventò  ficcome  dell’ ammirazione,  così 


LIB.  IX. 
CAP.  I. 


, . .  e  portanza 
de'  Greci . 


L1B. IX. 
CAP.  I. 


173  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

tempi  affai  più  remoti  .  E  per  tacere  delle  figure  di  legno  ve- 
tuftifiìmc  collocate  in  uno  de’  Tuoi  tempj  ,  e  di  quella  ftatua 
di  Giove  in  bronzo  mentovata  da  Paufania  come  il  più  an¬ 
tico  lavoro  in  tal  materia  (a)  ,  molto  prima  di  quell’  epoca 
gli  Spartani  aveano  fpedito  a  Sardi  in  Lidia  per  comprar  l’oro, 
con  cui  formare  una  ftatua  d’ÀpolIo  ,  o  piuttollo  per  vellir- 
nela  (b)  .  Lo  fpartano  Giziada  anteriore  alla  guerra  m  e  Ile¬ 
nia  ,  non  folo  era  celebre  poeta  ,  ma  eziandio  chiaro  ardila; 
e  come  noto  era  il  fuo  inno  a  Pallade ,  così  era  famofa  la 
ftatua  di  quella  dea  da  lui  formata  in  bronzo  ,  la  cui  bafe  rap- 
prefentava  le  fatiche  d’Èrcole  ,  le  figlie  di  Leucippo  rapite  dai 
Diofcori,  e  altri  favolofi  avvenimenti  (c)  .  Lavoro  dello  fteffo 
artefice  erano  que’  due  tripodi  in  bronzo  che  nell’olimpiade 
xiv.  dagli  Spartani  furono  polli  ad  Amicla  non  lungi  da  Spar¬ 
ta  ,  fotto  l’uno  de’  quali  flava  Venere  ,  e  fotto  l’altro  Dia¬ 
na  (d)  ;  cioè  erano  fatti  in  guifa  che  la  tazza  del  tripode  s’ap- 
poggiava  fulle  figure  delle  dee  polle  in  mezzo  ai  tre  piedi  (a)  . 
Facemmo  di  fopra  anche  menzione  di  Doriclida  e  di  Don- 
ta  ,  di  Siadra  e  di  Carta  antichi  fcultori  lacedemoni. 

$.  17 •  Ritorniamo  da  Sparta  ad  Atene,  e  dai  più  antichi 
tempi  difcendiamo  nuovamente  a  quelli  di  cui  parlavamo 
pocanzi .  Dieci  anni  dopo  la  vittoria  di  Maratona  TemiUocle 
e  Paufania  (b)  tali  fconfitte  diedero  preffo  Salamina  e  Platea 
ai  Perii  ,  che  quelli  prefi  dallo  fpavento  rifuggiaronfi  nel  cen¬ 
tro  dell  impero  ;  ma  nel  tempo  fleffo  ,  affinchè  i  Greci  avef- 

fero 


(a)  Pauf.  /ib.3.  c.  1 7.  pag.  2J1.  [  Ved.  qui 
avan  ti  pag.  34.  princ. ,  e  pag.  168.  n.  1. 

(J>)  Herod.  lib.t.  cap.  6p.pag.34..  V.  Gei- 
noz  Obferv.  &  correli,  far  Le  texte  ,  &  la  vcrfi 
du  prém.  livre  d' Herod.  Acad.  des  Infcr. 
Tom.  XX1I1.  Hijì.  pag.  118. 

(0  Pauf.  loc,  cit,  pag.  240.  feq. 

( d )  id.  /ib.3.  c.i  8.  pag. 2  f  j,  princ.  ,  lib.4. 
cap.i  4.  pag. 31 3. 

(a)  Tanto  qui  ,  che  fopra  pag. 166.  §.  4.. 
Vinkelmann  mette  Giziada  in  tempi  sì  re¬ 


moti  fenza  darne  veruna  prova  .  Paufania 
lo  fa  certamente  pofleriore  d'afiai  ;  perocché 
parlando  di  quelli  tripodi  lìb.3.  c.i  8.  p.zjj. 
dice  ,  che  furono  fatti  colle  fpoglie  acqui- 
flate  per  la  vittoria  al  fiume  Egi  .  che  lo 
fte(To  noflro  Autore  fopra  pag.i6p.%.g.  in 
fine  ,  ha  notato  bene  edere  fiata  riportata 
nell’olimpiade  xeni. 

(b.)  Nell'olimpiade  lxxv.  anno  ni. ,  avan¬ 
ti  Gesù  Criflo  anni  478. 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  EC.  179 

fero  Tempre  fott’occhio  i  fanelli  monumenti  del  pericolo  a  cui  "= - == 

r  LIB  IX 

era  Hata  efpolla  la  loro  libertà,  non  vollero  mai  reltaurare  CApJJ‘ 
i  tempj  che  dai  Perii  erano  flati  dillrutti  (a)  .  Comincia  da 
quell’epoca  quel  mezzo  fecolo  della  greca  lloria  che  farà  Tem¬ 
pre  memorabile,  cioè  dalla  fuga  di  Serfe  lino  alla  guerra  del 
Peloponnefo  ( b )  . 

jf.  18.  E’ quello  il  tempo  in  cui  parvero  tutte  metterli  in  ^orag^mé- 
azione  le  forze  della  Grecia  ,  e  tutti  fvilupparli  i  talenti  di  «  e  delie  ar- 
quella  nazione  .  Gli  uomini  Hraordinarj  e  gli  fpiriti  fublimi , 
i  quali  aveano  cominciato  a  formarli  nei  primi  movimenti  che 
l’amor  della  libertà  avea  dellati  in  quelle  contrade  ,  tutti 
comparvero  a  un  tempo  flelfo .  Erodoto  nell’olimpiade  lxxvii. 
andò  dalla  Caria  in  Elide  ,  e  al  colpetto  della  Grecia  tutta  ivi 
adunata  lelfe  la  Tua  lloria  (a)  :  non  molto  avanti  di  lui  Fe- 
recide  era  flato  il  primo  a  fcrivere  in  profa  (c)  .  Efchilo  ef- 
pofe  al  pubblico  le  prime  tragedie  regolari  in  illile  fublime , 
poiché  quelle  dall’invenzione  della  fcena  nell’olimpiade  lxi. 
finallora  non  erano  Hate  che  balli  di  perfone  cantanti  ;  e  ri- 
portonne  il  premio  nell’olimpiade  lxxiii.  S’incominciò  circa 
quello  tempo  a  cantare  i  poemi  d’Omero  ,  e  nell’  olimpiade 
lxix  .  Cineto  firacufano  ne  fu  il  primo  rapfodilla  (d)  .  Allor 
pure  Epicarmo  filofofo  e  poeta  diede  le  prime  commedie, 

Simonide  immaginò  l’elegia  ,  Gorgia  di  Leonzio  in  Sicilia  die¬ 
de  una  forma  fcientifica  all’eloquenza  (e) ,  e  a’  tempi  di  So¬ 
crate  Antilonte  mife  in  ifcritto  le  orazioni  e  le  arringhe  (f)  . 

Le  fcienze  medefime  furono  allora  per  la  prima  volta  infe- 
gnate  pubblicamente  in  Atene  da  Analfagora  che  v’aprì  fcuo- 

Z  2  la 

/  0  •  caP-  3  S  ■  Pag-  88  j.  tò  i  poemi  d’Omero  in  Siracufa  nella  detta 

lo)  Thuc.  Irà  i .  cap.i  18 .  pag.  y  j .  ,  Diod.  olimpiade.  Euftazio  Comment.  in  lliad.  l.i . 

Itb  ,  z.pnac.  rag.  4.78.  pr;nc_  >  e  ìrj  politi  r  2.  pag_  ,  6.  Vcd.  To- 

S.  Ycdl  I°P 90.  not.  a.  ,  e  Dod-  mo  I.  pag.  240. 
weilo  Appar.  ad  Thucyd.  pag.i  4.  (ey  Diod.  Sic.  lib.12.  %.  5  g.pag.yi4- 

yX  ,  C!t  i,aS-  4-  (  h  Plut.  Viu  X.  Rhet.  in  Antipk.  oper, 

j;£l Netti.  2.  verf.r.  [Cineto  Tom.  il.  pag.  832.  D. 
era  di  Chio  ,  ora  detta  Scio  ,  e  il  primo  can-  ' 


LIB.  IX. 
CAP.  I. 


..  .  per  la  rie 
dificazione  d 
Atene . 


180  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

la  nell’olimpiade  lxxv.  (a)  .  Non  erano  molti  anni  che  Simo- 
nide  ed  Epicarmo  aveano  perfezionato  l’alfabeto  greco  ,  e  le 
lettere  da  loro  aggiuntevi  cominciarono  ad  ufarlì  anche  nelle 
pubbliche  fcritture  all’olimpiade  xciv.  ( b )  .  Tali  furono  a  così 
dire  i  gran  preparativi  alla  perfezione  dell’arte ,  a  cui  etta  a 
gran  palli  s’avvicinava . 

jf.  19.  Tratte  quella  vantaggio  dai  difaftri  medelìmi  che 
la  Grecia  avea  fofferti ,  dal  devaftamento  che  v’aveano  fatto 
i  Perii,  e  dalla  diftruzione  d’Atene  .  Dopo  la  vittoria  di  Te- 
miftocle  li  penfò  a  reftaurare  i  tempj ,  ed  a  rimettere  in  piedi 
i  pubblici  edifizj  (a)  .  I  Greci  portati  da  un  vivo  amore  per 
la  patria  ,  che  avea  collata  la  vita  a  tanti  eroi ,  e  che  era  ornai 
ficura  da  ogni  nimico  infulto  ,  penfarono  ad  abbellirla  ,  e  ad 
ergere  edifizj  e  tempj  fontuoli  e  magnifici  ,  che  fervir  do¬ 
vettero  di  monumenti  eterni  per  la  mirabile  vittoria  di  Sala- 
mina  .  Vedeafi  quella  rapprefentata  nel  fregio  d’un  pubblico 
portico  a  Sparta  ,  fabbricato  colla  preda  de’ Perii  ,  e  detto  per¬ 
ciò  perfiano  (c)  (*)  .  Quelli  grandi  monumenti  rendevano  ne- 
cettarj  gli  ardili ,  e  davan  loro  occafioni  di  tutti  fpiegare  i 

ta- 


(a)  Mcurf.  Le  3.  att.  I.3.  c.27.  0p.T0ni.zI. 
toL  ‘  141 . 

(.b)  Corlin.  Fajl.  att.  olymp.  xciv.  T.  ni. 
pag.  277. 

(a)  Non  potendoli  ammettere  una  con¬ 
tradizione  manifefta  tra  quello  luogo  ,  c  l’al¬ 
tro  qui  avanti  nel  §.  /  7. ,  in  cui  dice  bene 
Winkelmann  fecondo  Paulania  ,  che  i  tempj 
non  furono  mai  più  rellaurati  ;  diremo ,  che 
col  tratto  di  tempo  dopo  quella  devaltazione 
fofle  penfato  a  reftaurarli ,  ma  che  poi  ciò 
non  folTe  effettuato  .  Infatti  Pericle  ,  al  dire 
di  Plutarco  nella  di  lui  vita pag.t  6 2.  D.  op. 
Tom.  I.  ,  vi  pensò  ,  e  inviò  a  tale  effetto  le¬ 
gati  a  tutte  le  città  della  Grecia  affinchè  man- 
dafTcro  degl’  inviati  ad  un  concilio  da  tenerli 
in  Atene  fu  tal  punto  ;  ma  nelfuna  città  gli 
preftò  orecchio  ,  eflendofì  opporti ,  per  quan¬ 
to  lì  diceva  ,  gli  Spartani .  Così  rimafero  i 
tempj  dirtrutti  ,  e  Paufania  alcuni  ne  aveva 
veduti  ancora  a’  luoi  giorni . 

(c)  Paul,  lib.g .  cap.i  1 ,  pag. 2 3 2. 

(*)  Cosi  intendo  Paufania  quando  dice 


Ivi  niirur  ,  cioè  fopra  le  colonne  ;  e  len¬ 
za  dubbio  mal  s’appongono  coloro  i  quali  lo 
fpiegano  in  guifa  che  le  figure  de'  Perii ,  del 
duce  loro  Mardonio  ,  e  d’Artcmifia  regina, 
della  Caria  ,  la  quale  accompagnò  Serie  in 
quella  fpedizione  ,  fodero  iingolarmcnte  rap- 
prefenratc  ,  avendo  ognuno  di  effi  una  ftarua 
particolare  porta  fu  una  colonna  ;  [  come 
credo  anch’  io  che  foffero  rapprefentate  vera¬ 
mente  .  Paufania  non  parla  di  baffi  rilievi , 
ma  di  rtatue  ,  e  di  determinate  perfone .  Era¬ 
no  {oliti  i  Greci  di  mettere  le  ftatae  fopra 
colonne  ;  c  lo  fteffo  Paulania  Uh.  j.  cap.  2 4. 
pag.  44.G.princ.  parla  di  una  piccola  ftarua 
di  Giove  ,  e  cap.  26.  pag.  44<l.prìnc.  della 
ftatua  della  Vittoria  ,  opera  ai  Mfcndeo  nomi¬ 
nata  fopra  pag.  1 7 1 .  §.  7. ,  porte  fopra  colon¬ 
ne  .  Ved.  anche  Tomo  1.  pag.  7.  not.i.  Ma 
qui  toglie  ogni  difficoltà  Vitruvio  lib.  i.c.i. , 
ove  dice  clprelTamente  ,  che  erano  rtatue  le 
figure  di  quei  Pcrliani  ,  e  che  reggevano  il 
tetto  del  portico  a  guifa  di  Cariatidi , 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  KC.  l8/ 

talenti .  Malgrado  le  innumerevoli  ftatue  degli  dei  non  obblia- 
vanfi  que’ degni  cittadini,  che  fparfo  aveano  il  fangue  com¬ 
battendo  per  la  patria  ;  anzi  in  quella  fpecie  d’immortalità 
ebbero  parte  le  donne  flette  che  da  Atene  erano  fuggite  coi 
loro  figliuoli  a  Trezene  ,  e  fe  ne  viddero  le  flatue  in  un  por¬ 
tico  di  quella  città  (a)  . 

/.  20.  I  più  celebri  fcultori  di  quello  tempo  furono  Age- 
lada  d’Argo ,  maeflro  di  Policleto  ,  e  Onata  eginetico  autor 
della  flatua  di  Gelone  re  di  Siracufa  (a)  ,  polla  fu  un  coc¬ 
chio  ,  i  cui  cavalli  erano  di  Calamide  (b)  .  Agenore  s’è  im¬ 
mortalato  per  le  flatue  dei  fidi  amici  e  liberatori  della  lor  pa¬ 
tria,  Armodio  ed  Ariflogitone ,  fcolpite  nell’anno  primo  dell* 
olimpiade  lxxvii.  (c)  ,  dopo  che  erano  fiate  depredate  da’ Perii 
le  flatue  di  bronzo  erette  loro  quattr’anni  dopo  la  morte  del 
tiranno  (b)  .  Glaucia  pur  d’Egina  fece  la  flatua  del  famofo 

Tea- 


(a)  Pau C.  lib.z.cap.31,  pag.i  !  j. 

(a)  Sopra  alla  pag. 170.  noi.  1.  fi  c  nota¬ 
to  ,  che  Plinio  mette  Agelada  nell'olimpiade 
txxx  vir.  Winkelmann  qui  pare  che  voglia 
avvicinarlo  a  quella  epoca  ,  e  che  non  fi  lia 
ricordato  di  aver  alla  citata  pagina  pollo  lo 
Hello  arrida  molci  anni  avanti  .  La  era  forfè 
flato  ingannato  dallolimmadc  ixvi. ,  in  cui 
vinfe  Cleoltene  ,  la  cui  ftatua  fece  Agelada  . 
Paufania  pare  che  fi  accordi  a  Plinio  ;  poiché 
lìb.S.  cap.  42.  pag.  688.  fa  appunto  Agelada 
contemporaneo  di  Onata  ;  e  dice  che  quelli 
lavorò  alla  ftatua  di  Gelone  molti  anni  dopo 
la  di  lui  morte  ,  e  lungo  tempo  dopo  la  fpe- 
dizione  di  Serie  contro  la  Grecia  .  La  (latua 
di  Cleollenc  farà  fiata  eretta  molto  dopo  la 
fua  vittoria  ;  come  di  altre  confimili  fi  è  ve¬ 
duto  nel  Tom.  1.  pag.  2/2.  Se  il  fig.  Falconet 
avelie  fatte  quelle  riflelfioni  non  avrebbe 
nelle  lue  note  a  Plinio  lib.34.  cap.  S.  feci.  1 0. 
iruvr.  Tom.  ni.  pop.  6p.  tacciato  quello 
fcritrore  da  meno  elatto  ,  e  meno  bene  in¬ 
formato  di  Paufania  ;  aderendo  ,  che  quelli 
feriva  aver  Agelada  fatta  la  ftatua  di  Cleo- 
ftetie  nell'olimpiade  txvi. 

(*)  Paufania  lib.  6.  cop.i  2.  pag.  47 9. 

(c)  Non  fo  donde  il  noftro  Autore  abbia 
tratta  quefta  notizia  .  In  vece  di  Agenore 
volea  forfè  dire  Antenore,  che  Meurfio  Ce- 
ram.  gemiti,  cap.i  0.  opcr.  Tom.  1.  col.  4  8  3. , 
e  Giunio  Co  tal.  arckit.  ec.  pag  1 4.  fanno  au¬ 
tore  delle  ftatue  di  que'  due  perfonaggi .  Efli 


però  moflrano  di  non  aver  letto  bene  Paula» 
nia  ,  che  citano  al  lib.i .  cap. S. pag.  27.  Nu¬ 
mera  quelli  diverfe  ftatue  ,  e  in  ultimo  luo¬ 
go  quelle  di  Armodio  ,  e  di  Ariflogitone  ; 
quindi  foggiugne  ,  che  le  piti  antiche  di  elTc 
le  avea  fatte  Antenore  ,  le  più  recenti  Cri- 
zia  .  Non  vuol  dire  con  quello  ,  che  tali  arti- 
Ili  abbiano  fatto  in  divedi  tempi  le  ftatue  di 
que'  due  foggetti ,  come  lo  intendono  i  detti 
Icrittori  ;  ma  bensì ,  che  Antenore  avea  fatte 
le  più  antiche  delle  numerate  ;  e  Crizia  le  più 
recenti ,  fra  le  quali  erano  le  ftatue  d'Armo- 
dio  e  del  compagno  ,  nominate  in  ultimo 
luogo  .  Infatti ,  che  le  abbia  lavorate  Crizia 
ce  lo  attefla  anche  Luciano  in  Philopf.  $.18. 
over.  Tom.  ni.  pag.  44.  È  qui  da  oftervarfi  , 
che  quello  Crizia  da  Luciano  è  cognominato 
neliota  ,  probabilmente  per  diftinguerlo  dall* 
altro  Crizia  attico  più  antico  ,  menzionato 
da  Paufania  lìb.  6.  cap.  3.  pag.  437.  ;  c  così 
dovrebbe  emendarli  Plinio  lib.34.  c.S.feB.ip . 
princ.  ,  ove  (crive  Critìas  ,  Nefloclcs  ,  facen¬ 
do  di  un  folo  due  divedi  ardili  ,  come  beni 
olferva  Giunio  toc.  eie.  pag.  37.  Vedi  apprclfo 
pag.i  p2.  not.c. 

(A)  Lydiat.  Redintegr.  annoi,  ad  ckron. 
marm.  oxon.  tp.  46.  pag.49.  ,  ep.f  f.p.  61., 
Pridcaux  Nota  hift.  ad  ia.  chron.  ibid.  p.21  3. 
&  2  20.  [Quelli  fa ollervare  alla  citata  pagi¬ 
na  2 1 3. ,  che  lpparco  era  un  ottimo  principe, 
c  che  non  fu  uccifo  per  liberare  la  patria ,  la 
quale  Tempre  onorò  la  di  lui  memoria , 


LIB.  IX. 
CAP.  I. 


Artidi  e  mo» 
numeri  di  qua* 
(empi . 


i§2  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

!  Teagene  di  Tafo  ,  che  avea  riportate  400.  corone  nei  giuochi 
delia  Grecia  (a)  , 

jf.  21.  Una  delle  più  antiche  ftatue  di  Roma  ,  lavoro  gre¬ 
co  di  quelli  tempi ,  è  una  Mufa  del  palazzo  Barberini  ,  che 
tiene  una  così  detta  lira  .  Ha  una  grandezza  al  doppio  del  na¬ 
turale  ,  e  porta  tutti  gl’indizj  d’una  sì  remota  antichità .  Po¬ 
trebbe  quella  ben  e  fiere  una  delle  tre  Mule  lavorate  da  tre 
gran  maeftri  :  la  prima  ,  lavoro  di  Canaco  ficionio ,  teneva 
due  tibie  ;  T  altra  ,  opera  d’ARisTocLE  fratello  di  Canaco  , 
aveva  una  lira,  chiamata  ;  e  la  terza  »  con  una  di  quel¬ 
le  lire  che  diceanfi  j2dp/3rn$  ,  era  fiata  {colpita  dal  mentovato 
Aghlada  .  Abbiamo  quelle  notizie  da  un  epigramma  d’Anti- 
patro  (b) ,  il  quale  può  crederli  quello  nativo  di  Sidone ,  co¬ 
me  rilevali  da  un  altro  epigramma  lulla  llatua  di  Bacco  ,  che 
flava  prelTo  alla  llatua  di  un  Pifone  (a)  ;  e  liccome  è  altresì 
probabile  che  quella  folle  incorna  ,  li  argomenta  che  ivi  egli 
vivefie ,  e  ivi  pur  follerò  le  Mufe  ,  che  gli  hanno  fornito  il 
foggetto  del  mentovato  epigramma  (b)  .  Parlando  de’ loro  Uro- 
menti  mulicali ,  ho  dato  loro  il  nome  di  lira  per  mancanza 
di  termini  più  proprj  ,  tanto  più  che  gli  antichi  ftcfli  con- 
fondeano  At/pas  e  ,  e  sì  di  quella  che  di  quella  dicean 

inventore  or  Mercurio  ,  ed  ora  Apollo  .  E’certo  però  che 
ài/pae  e  ,  ove  lo  itelfo  llromento  non  fodero  ,  elTer  do- 

veano  almeno  due  llromenti  molto  fomiglievoli .  Fra  le  pit¬ 
ture 

(u)  Paul.  lìb.  6.  cap.xi.  pag.j.?!!.  oiferva ,  che  Antipatro  viveva  ai  tempi  della 

(A)  Anthol.  lìb.  4..  cap.i  z.  n.  6p.  guerra  mitridatica  Si  potrebbe  piuttofto  ar- 

(a)  ivi  num.  32.  gomentarc  ,  che  non  ftefle  in  Roma,  dall’aver 

(b)  Dal  nominare  la  ftatua  di  Pifone  in  in  quell'alno  epigramma  aggiunta  al  nome 
quell’epigramma  non  inferirei  così  fadlmen-  di  Pifone  la  di  lui  nazione ,  o  patria,  chia- 
tc  ,  che  Antipatro  viveffe  in  Roma  ;  poiché  mandolo  aufonìo  ;  il  che  non  pareva  necellq- 
con  eguale  facilita  da  un  altro  epigramma  rio  per  uno  ,  che  fcrivelfe  in  quella  Otta  .  In 
fatto  da  lui  a  Lucullo  in  nome  degli  abitanti  fecondo  luogo  mi  farebbe  credere  ,  che  (le de 
di  Teflalonica  ,  per  ringraziarlo  di  averli  libe-  fuor  di  Roma  ,  il  dono  ,  che  mandò  allo  ftef- 
rati  da  certi  ladroni ,  potrebbe  inferirli  ,  che  fo  Pifone ,  di  una  candela  di  forma  partico- 
vìvelfe  in  quella  città  .  Quello  epigramma  è  lare  ,  della  quale  parla  in  altro  epigramma 
riportato  dallo  Scaligero  Animadv.  in  Eufcb.  inferito  nella  lidia  Antologia  lìb.  6.  cap.  1  0. 
chron.  ad  ann.  mdccccxli.  ,  pug.i  j z. ,  ove  num.  3. 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  EC.  l8j 

ture  ercolanenfi  v’ è  una  Mufa  con  quella  ifcrizione  TEP-LL 
XOPH  AYPAN  ( a )  ,  e  tiene  in  mano  una  piccola  lira  :  que¬ 
lla  forfè  è  quella  lidia  cui  inventò  Mercurio  ,  e  formolla 
col  gufcio  d’una  telluggine  ,  onde  venne  detta  ;^'Au;  :  di  tal 
forma  è  la  lira  che  vedelì  appiè  d’una  flatua  di  quello  dia 
nella  villa  Negroni  .  Arato  (b)  chiama  ^sAws  la.  piccola  lira  , 
forfè  per  diflinguerla  dalia  più  grande  ,  detta  /3xp,3tw<; ,  e  non 
già  perchè  avelie  poca  fronte  come  opina  lo  Scoiiafte  di  que¬ 
llo  poeta  .  La  lira  della  Mufa  Barberini  è  della  fpecie  più  gran¬ 
de  ,  limile  a  quella  che  tiene  Apollo  fu  un’altra  pittura  d’ Er¬ 
odano  (c)  .  (huello  llromento  ,  detto  (2dpj3tTOi  ,  da  Polluce 
vien  chiamato  eziandio  fiapufurov  (d)  ,  cioè  a  grolle  corde  , 
fiapuTspzi  £%ov  to';  (?)  ,  onde  dirli  potrebbe  una  fpecie 

di  laìteno  (*)  .  Quindi  hccome  la  Mufa  cI’Aristocle  tenea  la 
piccola  lira  ,  e  quella  d’ Agelada  il  @àp(2nvs  ,  polliamo 

congetturare  che  lìa  quella  feconda  la  Mula  Barberini .  Sui- 
da  chiama  Gelada  ,  in  vece  d’AGELADA  ,  Lardila  di  tale  fla- 
tua  ,  e  Kuller  non  ne  ha  nemmeno  avvertito  l’abbaglio  nell’ul¬ 
tima  edizione  della  di  lui  opera  (a)  . 

$.  22.  Io  non  deciderò  qui  fe  le  ftatue  di  Callore  e  Pol¬ 
luce  fcolpite  da  Ecesia  ,  e  polle  innanzi  al  tempio  di  Giove 
Tonante  (/)  ,  liano  quelle  fteffe  figure  cololfali  che  veggonli 
ora  in  Campidoglio  ;  ma  è  certo  almeno  che  effe  trovate  fu¬ 
rono 

W  d’Ercol.  Tom .  il.  Tav,  j,  hifi.i  34.  v.  2. ,  e  Chil.  8.  hifi.i  92.  v.  376, 

y)  Phtnom.  verf.  268 .  fcrivono  Gelada  ,  e  lo  dicono  maellro  di  Fi- 

( C\  d  \ì*tr7'av' r'  ••  dia  ,  non  di  Policleto  5  e  farà  lo  Hello  >  che 

r  a  ci*  ^n0T!lafi.'  Li'b-  4-  cap.  p.fegm.  59.  lo  Scoliate  d’Anllofane  in  Ran.  verf.  J04..  , 
£•  *.  Euri?,  in  Alceft  verj.  34. j.  chiama  Elada  ,  nominato  da  Winkelmann  lo - 

(*)  A  mio  parere  ,  mal  s’appone  Hunt  ,  pra  alla  pag.171.  §.  7.  in  fine  .  Crederei  pili 
il  quale,  nella  prefazione  alla  nuova  edizio-  probabile  ,  che  avelie  errato  quello  Scoliate 
"c  di  Hyde  De  religione  Pefarum  ,  preten-  nel  dire  Elada  per  Gelala  ,  e  che  quelli ,  mae- 
de  che  la  voce  barbiton  derivi  dal  perliano  .  Uro  di  Fidia,  lìa  diverfo  da  Agelada  ,  mae- 
Egh  ne  prende  argomento  da  certo  racconto  Uro  di  Policleto  :  e  però  non  laprei  accor- 
lpcttante  a  Cofroe  ;  e  non  riflette  che  a'tem-  darmi  a  Meurfto  ,  il  quale  nel  iuo  Pir&us  , 
pi  di  quello  monarca  già  da  lungo  tempo  five  de  Pino  Athenien.  portu  ,  cap.  4 .  oper . 
noti  erano  i  Greci  ai  Perii  ,  ond’è  probabile  Tom.  I  col.  j  5-4.  vuol  che  lì  emendi  Agelada 
che  quelli  nelPado^tare  un  greco  illromento  in  tutti  quegli  fcrittori  ,  fenza  darne  buone 
ne  abbiano  inlìeme  adottato  il  nome  .  ragioni . 

CO  Tanto  Suida  ,  che  Tzetze  Chil,  7.  \f)  Piin.  lib.34,  cap.8,feci.i  9.  §./ 6. 


LIB. IX. 
CAP.  I. 


LIB.  IX. 
CAP.  I. 


1S4  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

rono  nel  luogo  ftefio  (a)  .  Si  può  anche  fondare  qualche  con¬ 
gettura  fulla  durezza  di  lavoro  che  fi  fcorge  in  quelle  parti 
che  fono  veramente  antiche  ,  e  che  era  propria  cI’Egesia  (<*)  . 
In  tal  fuppofizione  apparterrebbono  quelle  ftatue  al  più  an¬ 
tico  ftile  ,  avendo  quello  fcultore  probabilmente  vilfuto  prima 
di  Fidia  (b)  . 

jf.  23.  Dell’arte  di  quelli  tempi  fanno  fede  eziandio  le  mo¬ 
nete  di  Gelone  re  di  Siracufa ,  fra  le  quali  una  d’oro  è  delle 
più  antiche  monete  di  quello  metallo  a  noi  pervenute  {b)  . 
Non  può  determinarli  l’ età  delle  monete  ateniefi  ,  ma  balla 
lo  llile  del  lavoro  per  confutare  Arduino  ,  fecondo  il  quale 
non  è  fiata  da  loro  coniata  nefluna  moneta  prima  del  re  Fi¬ 
lippo  il  Macedone  ;  poiché  abbiamo  delle  monete  ateniefi 
d’un  impronto  mal  difegnato  ed  informe  .  La  più  bella  mo¬ 
neta  d’Atene ,  che  io  abbia  veduta ,  è  un  così  detto  quinario 
in  oro ,  efiftente  nel  mufeo  Farnefe  a  Napoli ,  e  balla  quella 
a  confutar  Bofe  ,  che  pretende  non  efiervi  nefiima  moneta 
ateniefe  in  oro  (c)  .  11  nome  1EPX1N  che  leggefi  fui  petto 
d’un  bullo  giovanile  in  Campidoglio  (c)  ,  creduto  per  ciò  il 
bullo  di  Jerone  re  di  Siracufa ,  è  indubitabilmente  cofa  re¬ 
cente  . 


(a)  Ha  già  ofiervato  il  fignor  ab.  Vifconti 
Mufeo  Pio-Clem.  Tom.  I.  Tav.  37.  pag.  73. 
n.  b. ,  che  Winkelmann  qui  cade  in  due  er¬ 
rori  .  11  1.  nel  fupporre  i  Diofcori  di  Egefia 
in  marmo  ,  quando  Elinio  loc.  cit.  li  dice  in 
bronzo  .  Il  1.  nell'afferirc  che  quelli  del  Cam¬ 
pidoglio  fiano  (tari  trovati  nel  luogo  ftef- 
fo ,  mentre  abbiamo  da  Flaminio  Vacca  nelle 
Tue  Memorie  ,  n.  pz. ,  che  furono  trovati  nel 
Ghetto  degli  Ebrei .  Ved.  appretta  al  Lib.  XI. 
Capo  iti.  §.  14. 

(a)  Quint.  Injl.  Orat.  lib.  iz.  eap.10. 

(b)  Crederei  che  ciò  fi  potefle  dire  con 
rutta  Scurezza  fe  riflettiamo  ,  che  Quinti¬ 
liano  ,  il  quale  fa  loe.cit.  la  ferie  di  varj  ar¬ 


ridi  per  far  vedere  come  fi  c  andato  miglio¬ 
rando  lo  ftile  ,  per  primi  conta  Calone  ed 
Egefia  ,  de'  quali  dice  ,  che  i  loro  lavori  era¬ 
no  dei  più  duri ,  c  limili  agli  etrufehi  ;  quin¬ 
di  mette  Calamide ,  i  di  cui  lavori  erano  me¬ 
no  duri  ;  e  in  ultimo  Mirone  ,  che  fi  era  di- 
ftinto  con  una  maniera  più  morbida  .  Du- 
riora  ,  &  Tufcanicis  proxima  Calori  ,  atque 
Egefìas  ;  jam  minus  rigida  Calamis  y  mol- 
liora  adhuc  fupradìciis  Myron  fecit . 

(£)  Hard.  Mém.  de  Trév.  1 7 27.  aout  , 
art.  7 2.  pag.  144.9. 

(c)  Reflex,  far  les  méd.  de  Crotone ,  Acad . 
des  Infcript.  Tom.  1.  Hijl.pae.z33. 

(c)  Muf.  Capitol.  Tom.  I.  Tav.  33. 


Ca 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  EC. 


LIB. IX. 
CAP.  ir. 


I8f 


Capo  II. 

Perfezione  delle  fetenze  e  delle  arti  in  Grecia,  —  V’  influirono  le 
circoftanze  .  .  .  /’  ufo  de’  pubblici  giuochi  ...  la  pace  Jlabili- 
tafi  .  .  .  e'I  governo  di  Pericle  —  Artijìi  di  quejìo  tempo  —  Fidia  — 
AJcamene  —  Agoracrito  .  .  .  fta  Venere  —  Tempo  della  guerra  pe~ 
loponnejtaca  —  In  ejja  fiorirono  Policleto  —  Scopa  .  .  .  fua  Niobe  — 
Pittagora  —  Ctefilao  ...  [uo  fuppofìo  gladiator  moribondo  ...  e  Mi- 
rone  —  Ofjervazioni  fui  bajfo-rilievo  dell’ apoteofì  d’Omero  . 


N  egli  ultimi  tempi ,  di  cui  parlammo  nel  Capo  anteceden¬ 
te  ,  lì  pofe  il  fondamento  della  grandezza  de’Greci ,  fu  del 
quale  un  magnifico  e  durevole  edifizio  elevar  fidovea.  Dirli 
potrebbe  che  a  quello  abbiano  dato  la  prima  mano  i  favj  e  i 
poeti,  il  compimento  gli  ardili  ,  e  la  Iforia  v’abbia  aggiunto 
l’ornamento  d’un  maellofo  ingrelTo  che  a  lui  ne  conduce  . 
I  Greci  di  que’ tempi ,  come  quelli  tra  noi  che  leggono  e  ben 
intendono  i  loro  poeti,  faranno  rimarti  forprefi  al  vedere  po¬ 
chi  anni  dopo  una  tragedia  d’Efchilo  ,  che  credeano  perfet¬ 
ta  ,  comparir  fra  loro  Sofocle  (*)  ;  e  quelli  non  gradatamen¬ 
te  ,  ma  con  un  volo  incomprenfibile  giugnere  all’ultima  per¬ 
fezione  ,  e  toccare  la  più  alta  meta  a  cui  follevarfi  porta  umano 
ingegno  . 

§■  i.  Un  falto  limile  deve  aver  fatto  l’arte  dal  maertro 
allo  fcolaro  ,  da  Agelada  a  Policleto  ;  e  fe  il  tempo  non 
averte  dillrutti  i  monumenti  fu  cui  giudicarne  ,  vedremmo  fra 
1  Ercole  d  Elada  (a)  ,  e’I  Giove  di  Fidia  ,  fra  il  Giove  d’AGE- 
lada  ,  e  la  Giunone  di  Policleto  quella  fterta  differenza  che 
Tom.  II.  A  a  feor- 

(f'ì  Eoli  diede  1  Antigona  fua  prima  tra-  (a)  Menzionato  dallo  Scoliafte  d’ Arifto- 
gema  nel .  tetz  anno  dell  olimpiade  ixxvii.  fané  in  liuti,  v.  VeJ.  qui  avanti  p.i$]. 
Petit.  Mifcell.  lib.3.  cap.i  8,  not.  a. 


Perfezione 
delle  Icienzc 
e  delle  arti  in 
Grecia  . 


i8‘^  Storia  dell’Arte  presso  i  Gre-ci 

^====“  fcorgiamo  fra ’J  Prometeo  d’EfchiJo,  e  1’ Edipo  di  Sofocle. 

C(.p  H‘  Quegli  colla  fublimità  de’penfieri,  e  con  un’efpreffione  maéi 
fio  fa  ci  forprende  più  che  non  ci  commuove  ;  e  nell’efporre 
l’azione  ,  la  quale  è  lovente  più  vera  che  poffibile  ,  inoltrali 
piuttolio  Itorico  che  poeta  .  Quelli  all’  oppolto  ci  delta  in 
feno  una  commozione  profonda  ,  e  men  colle  parole  che  colle 
immagini  fenfibili  ci  penetra  l’anima  :  ricercando  tutta  la  ve* 
rolìmiglianza  per  mezzo  d’un  intreccio  ingegnofo  ,  e  d’un  mi¬ 
rabile  fcioglimento  della  fua  favola ,  foltiene  in  noi  un’afpet- 
tazione  coltante  ,  e  fupera  i  noltri  deliderj  ftelli . 

V’influirono  $.  2.  I  più  felici  tempi  per  le  arti  del  difegno  nella  Gre- 

le  circoftan-  .  ...  .  r  . 

ze . . .  eia,  e  principalmente  in  Atene,  furono  que  quarantanni  in 
cui  Pericle  refle  a  così  dire  la  repubblica  ,  e  durò  l’oltinata 
guerra  ,  che  precedè  la  peloponneliaca  cominciata  nell’olim¬ 
piade  lxxxvii.  (i)  .  Fu  quella  forfè  la  fola  guerra  ,  che  fu 
giovevole  all’arte  anziché  eflerle  funefla  ,  limile  a  que’ facili 
sdegni  degli  amanti,  che  avvivano  la  pafìione  in  luogo  d’eflin- 
guerla  .  Svilupparonli  allora  interamente  le  forze  della  Gre¬ 
cia  ;  Atene  e  Sparta  tutto  immaginarono  ,  tutto  mifero  in 
opera  per  follevarli  l’una  fopra  dell’altra  :  ciafcun  cittadino 
manifellò  i  proprj  talenti  ,  e  tutte  occuparonlì  le  mani  e  tutti 
gli  fpiriti  .  Come  un  animai  feroce  tutta  fpiega  l’agilità  e  la 
forza  quando  trovali  da  ogni  parte  alTaiito  ,  così  gli  Atenieli 

mo- 


(0  Senza  computar  il  tempo  in  cui  vifle 
Dedalo  coi  primi  allievi  della  Tua  fcuola  ,  i 
quali  attefero  piutcoflo  a  dirozzare  che  a 
perfezionare  la  ftatuaria  ,  venticinque  c  più 
olimpiadi  precorfero  a  difporre  queft’epoca 
felice  ,  sì  celebre  per  le  arti  e  per  le  feienze  , 
Bella  quale  arrivarono  efle  al  colmo  della 
perfezione  durante  il  governo  di  Pericle ,  che 
folo  ,  come  oflerva  Rollin  ,  Storia  antica  , 
lib.  22.  par.  r.c.j.  art.  z.  p.i  i  p.  Tom. XII.  , 
badò  ad  iftillare  nell’animo  degli  Atenieli  il 
gudo  per  tutte  le  arci ,  e  a  mettere  in  movi¬ 
mento  tutte  le  mani  più  abili  .  Ei  folo  arrivò 
a  dedare  una  sì  viva  emulazione  fra  i  più  ec¬ 
cellenti  artiXti  in  qualunque  genere  ,  che  uni¬ 
camente  occupati  del  penfiero  di  renderli  im¬ 


mortali  ,  facevano  ogni  sforzo  per  forpaflare 
nelle  opere  lor  affidate  la  grandiofità  del  di¬ 
fegno  colla  bellezza  e  coll’eccellenza  del  la¬ 
voro  .  Benché  ,  fecondo  l’olfervazione  di  Vel- 
lejo  Patercolo  lib.i.  cap.i  6.  ,  ripetuta  da  più 
moderni  e  confermata  da  varj  efempj  ,  di 
breve  durata  lìa  la  perfezione  delle  arti  e 
delle  feienze  ,  il  cui  fplendore  predo  s’ in¬ 
gombra  e  Ivanifcc  ;  quede  nondimeno  la  pri¬ 
ma  volta  che  arrivarono  nella  Grecia  ,  vi  fi 
mantennero  per  lungo  tempo:  e  da  Pericle 
fino  alla  morte  degl’  immediati  fucceflori  di 
Alellandro  il  Grande  ,  epoca  del  loro  decadi¬ 
mento  ,  vi  parlarono  trenta  e  più  olimpiadi  , 
offia  centoventi  e  più  anni . 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  EC.  I87 

moflrarono  tutt’i  loro  talenti  quando  nelle  maggiori  11  re ttez-  *==«= 
ze  fi  ritrovarono  .  L1B-  lx- 

Jf-  3 ■  Anche  durante  la  guerra  aveano  gli  artici  Tempre  .  ^Tufodc* 
prefenti  que’  gran  giorni  in  cui  gli  occhi  tutti  della  Grecia 
dovean  elfere  rivolti  alle  loro  opere  ,  e  a  loro  fletti  ;  poi¬ 
ché  ogni  quart’  anno  all’avvicinarfi  de’ giuochi  olimpici,  ed 
ogni  terz’anno  al  ritorno  degl’iftmici  le  oftilità  celiavano  in¬ 
teramente.  1  Greci  tutti,  dianzi  nemici  acerrimi  ,  e  quegli 
fletti  ,  che  le  leggi  aveano  banditi  dalla  patria  (a) ,  adunavanfi 
allora  amichevolmente  in  Elide,  o  a  Corinto  ;  e  mirandolo 
flato  fiorente  della  nazione  tutti  obbliavano  in  quel  momento 
ciò  che  era  avvenuto  pocanzi  ,  e  ciò  che  era  per  fuccedere 
tra  poco  .  I  Lacedemoni  fecero  altresì  una  tregua  di  quaranta 
giorni  per  celebrare  una  fella  iflituita  in  onor  di  Giacinto  ( b )  . 

Si  omife  però  di  celebrare  per  qualche  tempo  i  giuochi  ne- 
mei  nella  guerra  fra  gli  Etolj  e  gli  Achei ,  nella  quale  ebbero 
parte  anche  i  Romani  (c)  (a)  . 

Jf.  4-  Serviva  pure  alla  generale  iftruzione  degli  artifli  il  li¬ 
bero  coftume  di  que’tempi ,  per  cui  non  velavafi  nettuna  par¬ 
te  del  corpo  de’lottatori  ;  effendo  celiato  molto  prima  l’ufo 
di  portare  intorno  alle  reni  una  fpecie  di  grembiule  .  Acanto 
dicefi  il  primo  che  fia  comparfo  affatto  ignudo  in  Elide  nell’o¬ 
limpiade  xv.  {d)  ;  onde  s’inganna  Baudelot  (e)  ,  quando  pre¬ 
tende  che  fiafi  introdotto  l’ufo  dell’intera  nudità  negli  atleti 
fra  l’olimpiade  lxxiii.  e  la  lxxvi.  (b)  . 

A  a  2  jf.  Cef- 


( a )  Diod.  Sic.  lìb.i  8.  pag.263. 

(£)  Pauf.  lib.  4.  cap.i  q.  pag.pz6. 

(c)  Liv.  lib. 34.  cap.i  q.  n.  41 . 

(a)  Ved.  Tom  I.  pag.  246. 

(d)  Dion.  Halicarn.  Ant.  Rom.  lib.y.  c.72. 
pag.  448.  V.  Meurf.  Mifiell.  /acori',  lib.  4. 
cap.iS.  op.  Tom.  rrl.  col.p 24.  feqq. 

Cc)  Epoque  de  la  nud  des  A t  le  t. ,  Ac  ad. 
des  Infiript.  Tom.  I.  Hijl.  pag.  e pi. 

(b)  Baudelot  ne  fifia  l’epoca  all'olimpiade 


lxxv.  Egli  non  ha  vedute  tutte  le  teftimo- 
nianze  degli  fcrittori ,  che  porta  Meurlìo  Le. 
per  provare  un  tal  ufo  in  tempi  molto  ante¬ 
riori  ;  ma  neppure  Meurfio  ha  veduto  Tu¬ 
cidide  ,  fu  cui  fi  appoggia  Baudelot  ,  il  quale 
fcriveva  intorno  all'  olimpiade  xc.  ,  e  dice 
lib.  1.  cap.  6.  pag.  7.  ,  che  non  erano  molti 
anni,  che  fi  era  introdotta  l'intera  nudità; 
e  che  in  Alia  molti  ancora  ufavano  quel  velo 
intorno  alle  reni . 


/ 


i88  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

jf.  51.  Cefsò  al  fine  l’accennata  guerra  nel  fecond’ anno  dell’ 

LIB' IX‘  olimpiade  lxxxiii.  ,  e  fi  Conchiufe  una  pace  generale  sì  Trai 
...la  pace  ila- Greci  ei  Perii,  che  fra  i  Greci  {fedi  per  la  lega  di  trent’an- 
biiuaii ...  n*  patta  tra  Atene  e  Sparta  (a)  .  In  quello  tempo  cominciò 
la  Sicilia  ad  edere  tranquilla  pel  trattato  di  pace  concimilo 
fra  i  Cartaginefi  e  Gelone  re  di  Siracufa  ,  in  cui  furono  com- 
prefe  tutte  le  città  greche  dell’ifola  ;  onde  ,  al  dire  di  Diodo¬ 
ro  (b)  ,  la  Grecia  allora  altra  occupazione  più  non  aveva  che 
le  felle  e  i  divertimenti  ;  tanta  tranquillità  e  una  sì  univerfale 
gioja  de’  Greci  dovea  neceffariamente  molto  influire  full’ar- 
te  ;  e  deefi  probabilmente  a  sì  fortunate  circoflanze  la  perfe¬ 
zione  a  cui  ella  fi  follevò  per  le  mani  di  Fidia  nella  men¬ 
tovata  olimpiade  (a)  .  S’intende  quindi  perchè  Ariflofane  (c)  , 
introducendo  fulla  fcena  la  Pace  come  una  dea  ,  dica  aver 
efla  della  relazione  con  Fidia  (  c/Tm;  uuth  tynJ'la.s  )  , 

alla  quale  elprefiìone  lo  Scoliafte  antico,  e  i  critici  moderni, 
tranne  Fiorente  Crilliano  ,  hanno  dato  un  lignificato  ben  lon¬ 
tano  dalla  mente  di  quel  comico  fcrittore ,  allegandola  come 
un  proverbio  (d)  . 

... e’i  gover-  jf.  <5.  La  morte  di  Cimone  diede  finalmente  a  Pericle  la 

no  di  Pericle .  _ 

libertà  d  eleguire  i  Tuoi  gran  progetti .  Egli  procurò  di  far 
regnare  in  Atene  la  ricchezza  e  l’abbondanza  coJl’impiegare 
tutt’  i  cittadini  i  e  quindi  erefle  tempj  ,  edificò  teatri  ,  co¬ 
ll  ruffe  acquedotti  ,  e  formò  porti  ,  ornando  e  abbellendo 
il  tutto  con  prodiga  magnificenza  .  Sono  noti  il  Partenione  , 
1  Odeo  ,  e  gli  altri  lontuofi  edifìzj  (b)  .  Dir  fi  può  che  in  quelli 
tempi  l’arte  ricominciaffe  ad  aver  vita  ;  ed  ebbero  allora  un 
nuovo  principio  ,  fecondo  l’olfervazione  di  Plinio  (e)  ,  la  fla- 
tuaria  e  la  pittura  . 


(а)  Piod.  lib.  12.  §.  y.  pag.482.  [  Pauf. 
lib.fi.  cap.  2 3.  pdg.4.37.  in  fine  . 

(б)  ibid.  %.  26.  pag.  405- 

(a)  Plin.  Lib. 46.  cap.  3.  fieli.  4.  $.  g. 

(0  in  Pac.  verf.  613. 


JT.  7-  De- 

(d)  Erafm.  in  Adag.  ,  Leopard.  Emend. 
lib.  3.  cap.  1  3. 

(b)  riut.  in  Pericle,  op.  Tom.I.  p.  1  SP-feg-, 
Meurfio  Ceram.  gem.  c.t  i.op.Tom.l.  col. 48 6. 

(e)  lib. 36.  cap. f.  feci.  4.  §.3. 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  IC.  l2g 

rf.  7.  Develì  a  ciò  il  celebrato  avanzamento  delle  arti  lotto  L- ^ 

LI B  J  X 

Pericle ,  limile  a  quello  che  ebbero  nel  loro  rinafcimento  in 
Italia  lotto  Giulio  li.  e  Leon  X.  Elle  ,  a  cosi  dire  ,  ad  amen- 
due  le  epoche  trovaronlì  in  un  terreno  d’una  fertilità  inefau- 
ribile  e  ben  coltivato  ,  da  cui  l’ indullria  ricava  tutte  le  più 
nafcolle  ricchezze.  E’ vero  che  non  può  farli  un  giufto  para¬ 
gone  fra  i  tempi  anteriori  a  Fidia  ,  e  quei  che  precederono 
Michelangelo  e  Raffaello  ;  ma  è  certo  almeno  che  sì  in  quelli 
che  in  quelli  l’arte  avea  tutta  la  purezza  e  la  femplicità  origi¬ 
nale  ;  e  tanto  più  era  fufcettibile  di  miglioramento  ,  quanto 
meno  era  dal  cattivo  gallo  corrotta  e  depravata  :  nel  che  l’arte 
può  ralTomigliarli  all’educazione  dell’uomo  . 

(f.  8.  Fidia,  che  efeguiva  le  grandi  idee  di  Pericle  (a)  ,  Artifti  di  que- 

*  °  9  0  Ito  tempo  • 

fu  il  più  grande  degli  arditi ,  e ’l  fuo  nome  elfer  dee  facro  ridia, 
nella  lloria  dell’arte,  che  per  lui  ,  pe’ fuoi  allievi ,  e  pei  fuoi 
fuccellbri  portata  fu  al  più  fublime  grado  di  perfezione  .  Le 
più  pregevoli  fra  le  fue  opere  erano  la  ltatua  di  Pallade  nel 
tempio  di  quella  dea  in  Atene  ,  e  quella  di  Giove  olimpico 
in  Elide,  amendue  d’avorio  e  d’oro  (b)  .  Di  qual  prezzo  folle 
la  Pallade  argomentar  lì  può  dall’oro  impiegatovi  ,  il  quale, 
lìccome  ebbe  a  dire  Pericle  Hello  in  un’aringa  agli  Ateniefì, 
montò  a  quaranta  talenti  ( a )  ,  e’1  talento  attico  di  que  tempi 
>w.leva  a  un  di  prello  600.  feudi  romani .  L’oro  fervi  foltanto 
pel  panneggiamento  ;  poiché  le  parti  ignude  del  corpo  ,  co¬ 
me  la  tella,  le  mani ,  ei  piedi,  eran  intagliate  in  avorio  (1)  . 

Jf-  9-  Al" 


(a)  Che  era  cioè  il  generale  foprainten-  (cquiic  le  tante  opere  ordinate  da  Pericle  , 
dente  ,  e  direttore  delle  opere  ordinate  da  Pe-  elle  confervavano  ancora  a'  fuoi  giorni  la  pri- 
ride  .  Plutarco  in  Pericle  ,  pag.  i  p q.  op.  To-  miera  bellezza  ,  e  integrità  .  Vedi  appiedo  al 
mo  I.  I  pittori  celebri  impiegati  in  quel  tein-  Cupo  ni.  §.  17 . 

po  fono  Agararco  ,  e  Seuli ,  il  primo  de’qua-  (b)  Plin.  lib.  34..  c.  S  .feci.  1  r>.  %.  1.  È  lodato 

li  era  velociflimo  nel  dipingere  ,  l'altro  piut-  come  celebre  anche  il  fuo  Efculapio  Epidau- 

totto  lento  .  Plutarco  /oc.  cit.  riferifee  ,  che  rio  da  Atenagora  Legat.pro  Ckrì(l.  pag.  zgz. 
Seuli  li  gloriava  di  quella  fua  lentezza  ,  per-  (4)  Thucyd.  lib.  2.  cap.t  3.  pag.i  0  3. 

che  diceva  ,  che  cosi  le  fuc  pitture  erano  più  (1)  Tutti  gli  antichi  fcrittori  greci  e  latini 

durevoli  ,  e  a  quotavano  coll’andar  deglnanni  che  di  Fidia  parlarono  ,  Diodoro  Bibl.  hìft. 
maggior  bellezza  .  Aggiugne  lo  ftorico  ,  che  lib.  1  2.  princ.  ,  Paufania  l.p.  c.  1  p.  p.  4.1  3.  & 
nou  ottante  la  preftezza  ,  con  cui  furono  e-  alib. ,  Strabene  lib.  S.  pag.  34.2.  in  fine.  Piu- 


LIB.  IX. 

cap.  n. 
Alcamenc . 


igo  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

1  jf.  9.  Alcamene  ateniefe ,  ed  Agoracrito  di  Paro  furono 
i  più  celebri  fra  gli  fcolari  di  Fidia  .  11  primo  ebbe  la  glo¬ 
ria  di  far  il  baffo-rilievo  fui  frontifpizio  pofteriore  del  tem¬ 
pio  di  Giove  in  Elide  ,  ove  da  una  parte  avea  rapprefentata 
la  pugna  de’  Lapiti  coi  Centauri  alle  nozze  di  Piritoo  ,  e 
dall’altra  Tefeo  che  colla  fcure  flrage  facea  de’Centauri  me- 
defìmi .  Così  leggiamo  in  Paufania  (a)  ,  i  cui  interpreti  hanno 
tradotta  nella,  volta  la  greca  voce  tv  to7;  ùtroig  che  ,  febbe- 
ne  fla  nel  numero  del  più,  indica  tuttavia  un  apice  foto;  e 
altronde  neffuno  de’ tempj  quadrilunghi ,  qual  era  il  mentova¬ 
to,  avea  la  volta,  ma  bensì  una  foffitta  piana.  Per  la  fleffa 
ragione  fono  fiate  mal  tradotte  le  parole  feguenti  :  au&/( 

ó  dim$  KaTtnriv  tg  nvèv  ,  ^  xant  tovto  ’AAcps iog  t'71'  avrou 
7rt7roi*T6ii  ,  che  fono  fiate  intefe  d’una  volta  (  hic  fe  laqueare 
in  anguftum  fajìigimn  contrabit  (a)  ;  poiché  Paufania  ,  dopo  di 
aver  defcritta  la  corfa  di  Pelope  e  d’  Ippodamia  efpreffa  nel 
frontifpizio  anteriore  di  quello  tempio  ,  foggiugne  che  fulla 
cima  di  effo  vedeafì  rapprefentato  il  fiume  Alleo.  Quello  Al- 

came- 


tarco  in  Pericle  ,  pag.  i  yp.  feq. ,  Luciano 
Pro  imag.  §.  14.  oper.  Tom.  il. pag.  492.  , 
Cicerone  Deci.  orai.  cap.  64.  n.228.,  Plinio 
iìb.34.  c.  8.  fett.i  9.  §.  1.  ,  Quintiliano  lib.12. 
cap.10. ,  ed  altri  fecero  a  gara  nel  celebrare 
le  fue  opere  .  Oltre  la  Pallade  e’1  Giove  O- 
limpico  ,  a'  quali  accrefcevar.o  pregio  diverfi 
minuti  Snidimi  lavori  efeguiti  da  lui  con  im¬ 
pareggiabile  maeftria  [  come  li  è  fatto  oflet- 
vare  fopra  alla  rag.  -?  y.  not.  a.  ]  ,  altre  ftatue 
pur  in  avorio  di  quello  grande  maeftro  ram¬ 
mentanti  dagli  antichi ,  i  quali  nc  accennano 
eziandio  alcune  in  bronzo  ,  ed  anche  in  le¬ 
gno  .  Più  comunemente  però  lavorava  in 
.marmo  .  Plinio  /oc.  cit.  gli  attribuifee  altresì 
T  invenzione  di  lavorar  al  torno  ,  perfezio¬ 
nata  poi  da  I’olicleto  ;  ma  tal  gloria  gli  viene 
contrariata  da  Salmatio  Plin.  excrcic.  in  So- 
lin.  cap.  y 2.  Tom.  il.  pag.yqy.  [  Ved.  qui 
avanti p.  9.  1 0.]  .  Rollin  Storia  ant.  T.  XII. 
lib.  2  2  .  cap.  y.  art.  2.  pag.  /  77.  fcrive  ch’ei 
■fu  anche  pittore  ;  ma  non  dice  donde  abbia 
tratta  quella  notizia .  [  L'avrà  tratta  da  Plinio 
Uh.  2 y.  cap.  8.  feci.  14.  ,  il  quale  dice  ,  che 
prima  fu  pittore ,  e  poi  Scultore  ,  e  che  di- 


pingefle  il  fuo  Giove  Olimpico  1  .  È  certo  che 
la  (cultura  fu  l’arte  che  lo  rendè  immortale  . 
Non  oftante  però  un  merito  sì  dichiarato, 
la  gelofia  c  l' invidia  lo  prefe  a  perfeguitare  . 
Quanti  emoli  invidio!!  abbiano  tentato  di 
nuocere  a  Fidia  ,  raccoglie!!  da  Plinio  e  da 
Plutarco  ,  al  quale  però  creder  non  pollo  che 
sì  celebre  Scultore  abbia  finito  i  giorni  Suoi 
in  carcere  ,  o  per  veleno  apprettatogli  da’fuoi 
nemici .  Il  Giove  Olimpico  e  fiata  opera  po. 
(Seriore  al  tempo  in  cui  vuoiti  da  Plutarco 
morto  Fidia  .  V.  Gedoyn  Hi  fi.  de  Phidias  , 
Acad.  des  lnfcript.  Tom.  IX.  Mém.  p.  196. 
[  Tanta  era  la  (lima  ,  che  fi  faceva  di  quella 
Ilatua  ,  e  il  fanatifmo  de'  Greci  per  ella ,  che 
tutti  generalmente  andavano  a  vederla  ;  c  fi 
credevano  sfortunati  coloro  ,  i  quali  non  po¬ 
tevano  avere  un  tal  piacere  .  Qua  dementici 
ejì.  Scrive  Epitteto  prelfo  Arriano  lib.i .  c.  6., 
ad  Olympia  proficifei  vos  ,  ut  Phidie.  opus 
fpecietis  ,  ac  fi  quis  ante  obitum  non  viderit , 
prò  infortunato  feipfum  reputare  ? 
fu)  lib.  y.  cap.i  0.  pag.  499. 

(a)  Sono  fiate  cosi  beniflìmo  tradotte  . 
perchè  laqueare  vuol  dire  Soffitta  piana . 


LIB.  IX. 
CAP.  II. 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  EC.  I9I 

camene  fu  pur  il  primo  che  fece  un’  Ecate  triforme  ,  la  quale 
ebbe  il  foprannome  di  ’E7ri7n>pyi'Six. ,  forfè  perchè  una  coro¬ 
na  aveva  a  foggia  di  torre  (a)  . 

jf-  io.  Alcamene  gareggiò  con  Agoracrito  a  chi  formaf-  Agoracrito  ...• 
fe  una  più  bella  itatua  di  Venere  ,  ed  ottenne  il  premio  dagli 
Atenieli  ,  perchè  era  loro  concittadino  (ù)  .  Agoracrito  a 
cui  dolea  di  quello  giudizio  ,  non  volendo  che  la  fua  Ila- ...  fua  Venere, 
tua  rimanefle  in  Atene  ,  la  vendè  a  Ramno,  piccolo  borgo 
dell’Attica  (c)  ,  ove  da  alcuni  tenealì  come  un  lavoro  di  Fidia 
Hello  ( d )  ,  il  quale  ,  ficcome  molto  amava  Agoracrito  ,  met- 
tea  fovente  mano  nelle  di  lui  opere  .  Di  ciò  non  contento  lo 
fcultore  ,  volle  che  la  llatua  fua  cangiale  per  fino  il  nome  ,  e 
diella  a’Ramnusj  a  patto  che  preffb  di  loro  dovefie  tenerli  co¬ 
me  un  fimulacro  di  Nemefi  (a)  .  Alta  dieci  cubiti  (  (Tetani %u  ) 
era  la  llatua  (b)  ,  e  teneva  in  mano  un  ramo  di  frallìno 
(  fii Ma  )  (c)  . 

jf.  11.  Nafce  qui  naturalmente  una  quillione  ,  che  pur 
non  è  caduta,  eh  io  fappia  ,  in  mente  ad  alcuno  .  Come  mai 
Venere  potea  rapprefentare  una  Nemefi  ?  E  tal  ri chiella  muove 
due  altri  dubbj  :  la  Venere  d’AGORACRiTO  era  ella  nuda  o  ve- 
ftita?  e  qual  era  mai  l’attributo  che  ad  amendue  quelle  divi¬ 
nità  folle  comune  ,  onde  prender  fi  poteffero  l’una  per  l’al¬ 
tra  ?  Riguardo  al  primo  ,  rifpondo  che  tale  llatua  probabil¬ 
mente  era  panneggiata  come  la  Venere  di  Prassitele  nell’ifola 
di  Coo  (d)  ;  e  riguardo  al  fecondo  ,  ripeterò  ciò  che  ho  det¬ 
to  intorno  ad  una  gemma  del  mufeo  Stofchiano  (d)  ,  e  più 
diffuiamente  intorno  ad  una  llatua  della  villa  Albani  ,  nelle 
quali  Nemefi  fi  ravvila  (/)  ,  cioè  che  quella  dea  rapprefentarfi 

fo- 


Ctf)  Pauf.  llb.  2.  cap.  zo.pae.i  So. 
(/)  Plin  A-A  ,6. 

(c)  Paul.  hb.i .  cap. 3 3.  pag.  $  1 . 
(A)  Suid.  &:  Hefych.  v.  'Pano  1 

(a)  Plin.  loc.  cit. 

(b)  Elìdilo  loc.  cit. 


(c)  Paufania  ,  ed  Efichii?//.  cc. 

(d)  Plin.  lib.36.  cap.f.feft.4.  §.  S- 

( e )  Defcript.  des  piar.  grav.  da  Cab.  de 
Stofch  ,  d.z.  feci.  1 7.  n.iS io.  pag. 2 9 4. 

(J")  Mori.  anc.  ìaed.  Par.l.  c.S.pag.  gQ, 


jc>2  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

======■  folea  col  manco  braccio  piegato  verfo  il  petto  in  atto  di  io- 

lib.  ix.  ftener  jvj  ]a  vefj;e  ;  e  tal  braccio  fervi'a  per  la  mifura  comune 
CAP‘  H*  del  cubito  (  7rjyòùv  )  pretto  i  Greci ,  cominciando  dal  gomito 
fino  al  nodo  dimezzo  delle  dita.  Quella  mifura  indicava  che 
Nemefì ,  dea  della  retribuzione  ,  le  buone  opere  e  le  cattive 
con  giuftiffima  mifura  giudicava  ,  dando  pofcia  i  meritati  pre- 
tnj  ,  o  i  dovuti  caftighi  .  Polliamo  per  tanto  credere  che  la 
Venere  cI’Agoracrito  flette  nel  medelìmo  atteggiamento  ,  il 
quale  però  farà  llato  in  elfa  indizio  di  quella  modellia  e  di 
quel  pudore,  che  efprimer  volle  Prassitele  nella  fua  Venere 
ignuda  ,  la  quale  con  una  mano  tenta  di  coprirli  il  petto  ,  e 
vuol  coll’altra  ,•  che  tien  più  baffa  ,  celare  altra  parte  (a)  . 
Quando  tutto  ciò  s’accordi  ,  non  avrebb’egli  lo  fcultore  potuto 
dare  alla  fua  Venere  ,  fenza  farvi  nettun  cangiamento  ,  il  nome 
ed  il  lignificato  di  Nemefi  ?  Per  rapprefentarla  più  perfettamen- 
te  avrebbe  tutto  al  più  potuto  aggiugnervi  il  ramo  nella  de¬ 
lira  (b)  che  teneva  abballata  (c)  . 

Guerra  pelo-  jf.  12.  Nell’anno  primo  dell’olimpiade  lxxxvii.  ,  cioè  in 
dannofa  aaU°  quell’anno  Hello  in  cui  Fidia  terminò  la  mentovata  llatua  di 
Pallade  ,  e  cinquant’  anni  dopo  la  fpedizione  di  Serie  nella 
Grecia  ,  le  ofhlità  fin  allora  rifate  accefero  il  fuoco  della  guer¬ 
ra  peloponnefiaca ,  di  cui  fu  principal  cagione  la  Sicilia ,  e 

in 


(a)  La  Venere  di  Prillitele  a  Gnido  ,  di  cui 
abbiamo  le  copie  nel  Mufeo  Pio-Clemeuti- 
no  ,  come  ho  notato  nel  Tomo  I.pag.gi  6. 
noe.  c.  ,  colla  mano  fìniftra  regge  un  panno , 
che  prende  di.  fopra  un  vafo  pollo  accanto  ; 
la  mano  delira  la  tiene  balla  per  coprirli  le 
parti  vergognofe  .  La  Venere  de'  Medici  è 
nell'atteggiamento  deferitto  da  Winkelmann. 

(b)  Winkclmann  li  Icorda  qui  di  aver  det¬ 
to  nel  §.  antecedente  ,  che  la  llatua  avea  di¬ 
fatti  il  [amo  di  fralTino  in  mano  ;  e  quella 
era  la  (milita  ,  come  fcrivc  Paufania  lib.  r. 
caP-33‘Fag.  81.,  il  quale  aggi ugn e  che  te¬ 
neva  nella  delira  un  vafo  lavorato  a  badi  ri¬ 
lievi  ,  che  rapprefentavano  varj  fatti  ;  e  ave¬ 
va  in  capo  una  corona  con  dei  cervi  ,  e  im¬ 
magini  della  Vittoria  .  Tutte  quelle  cote  ve 
le  avrà  aggiunte  in  appreso  Tardila .  Veggali 


anche  Owvcns  Orat.  de  Nemefì  Phidiaca  . 

(c)  Plinio  ,  come  già  li  è  rilevato  alla 
pag.  170.  noe.  1.  ,  mette  Egia  nell’olimpiade 
lxxxiv.  ,  e  lo  fa  contemporaneo  d  Aitame¬ 
ne  ,  unitamente  a  Crizia  ,  e  Neltocle  .  Di 
Nellocle  ho  parlato  alla  p.  1  8 1 .  n.  c.  Quan¬ 
to  a  Crizia  ,  aggiugnerò  qui  ,  che  fe  è  quel¬ 
lo  ,  di  cui  pa'la  Luciano  ,  come  ho  fcritto 
alla  citata  peg  i8i.not.  c.  ,  non  deve  met- 
terfi  nella  detta  olimpiade  ,  ma  almeno  x.  o- 
limpiadi  avanti  ;  perocché  egli  fece  le  flatue 
d  Armo! io  ,  e  Ariflogitone  ,  come  ho  detto 
alla  flelfa  pagina  ;  e  quelle  nell’olimpiade 
l x x v .  furono  tolte  dal  Ceramico  d'Acene  , 
ove  (lavano  ,  e  portate  in  Pcrlìa  da  Serie  nel¬ 
lo  fpoglio  ,  che  fece  di  quella  città  .  Paufania 
lib.  1 .  cap.  8 .  pag.  20.  Ved.  apprelfo  al  §.  31  - 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  IC,  193 

in  erta  ebbero  parte  tutte  ie  città  greche  .  Gli  Àtenielì  allora 
{offrirono  per  una  perduta  battaglia  navale  sì  fiero  colpo  ,  di 
cui  fi  rifentirono  lungamente  (a)  .  Nell’olimpiade  lxxxix.  era 
bensì  Hata  conchiufa  una  tregua  di  cinquantanni  ,  ma  un  an¬ 
no  dopo  s’infranfe  ,  ricominciò  la  guerra  ,  e  allor  lolo  cefsò 
il  furore  quando  la  nazione  ebbe  perduta  la  forza  di  com¬ 
battere  .  Quante  follerò  le  ricchezze  d’Atene  a  quell’epoca  fi 
può  aigomentare  dai  tributi  importi  in  tutta  l’Attica  per  la 
guerra  contro  i  Lacedemoni ,  in  cui  gli  Ateniefi  erano  alleati 
de’  Tebani  :  quelli  tributi  afcendevano  a  S7S°-  talenti  (b)  . 

$.  13.  In  tal  guerra  del  pari  che  nella  precedente  parve 
che  un  favorevol  dettino  vegliarte  filile  arti  come  filile  mu- 
fe  ,  che  tranquille  rellarono  fra’l  tumulto  delle  armi  ,  onde 
i  poeti  egualmente  che  gli  attilli  perfezionar  poterono  le  ope¬ 
re  loro  .  La  poefìa  era  fortenuta  ed  animata  dal  teatro  ,  poi¬ 
ché  il  popolo  d’Atene,  anche  ne’maggiori  difaftri ,  non  tras¬ 
curò  mai  gli  fpettacoli  teatrali ,  anzi  gli  annoverava  fra  i  bi- 
fogni  della  vita  :  diffatti  quando  la  città ,  fotto  la  prefettu¬ 
ra  di  Lacare  macedone  ,  fu  da  Demetrio  Poliorcete  cinta 
d’artedio  ,  ferviano  in  qualche  modo  le  rapprefentazioni  a  re¬ 
primer  la  fame  ( c )  ;  e  leggiamo  che  dopo  la  mentovata  guer¬ 
ra,  quando  Atene  era  nelle  maggiori  anguftie  ,  fu  ripartita 
al  pubblico  una  certa  fomma  di  denaro  ,  di  cui  ognuno  ebbe 
una  dramma  ,  cioè  quanto  pagarli  dovea  per  entrare  nel  tea¬ 
tro  .  Nè  ciò  è  tanto  Urano  quanto  per  avventura  lo  fembra, 
poiché  i  Greci  teneano  per  lacri  gli  Ipettacoli  teatrali  ,  e  fce- 
gliere  folcano  quali  fempre  le  grandi  felle  ,  e  quelle  di  Bacco 
principalmente  ,  per  rapprefentarli  .  11  teatro  d’Atene  fu  al¬ 
tresì  celebre  nel  primo  anno  di  quella  guerra  a  cagione  della 
gara  tra  Euripide ,  Sofocle  ,  ed  Euforione  ,  per  la  tragedia 
Tom.  IL  B  b  della 

W  Liv.  lib.  28.  cap.  22.  n.  41.  (c)  Dionyf  Halic.  De  Thucyd.  jud.  c.  1 8. 

(i)  Polyb.  Hifi.  lib.  2.  pag.  14S.  B.  p.  234,  oper.  Tom.  il.  [  Non  dice  tal  cola . 


LIB. IX. 
CAP.  U. 


LIB. IX. 
CAP.  II. 


Allor  fioriro¬ 
no  altri  gran¬ 
ai  amiti . 


Policleto . 


194  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

della  Medea,  in  cui  coronata  fu  quella  del  primo  (a) ,  come 
nei  feguenti  giuochi  olimpici  fi  contefe  fra  Dorieo  e  Rodo 
figliuolo  del  famofo  Diagora  ,  il  quale  riportò  la  corona  .  Ci 
aflìcura  Plutarco  che  i  Greci  fpeiero  di  più  per  far  rappre- 
fentare  le  Baccanti ,  la  FeniJJa  ,  1  Edipo  ,  Y  Antigona  ,  la  Medea  , 
e  1  Elettra  ,  che  per  difendere  contro  i  barbari  la  propria  li¬ 
bertà  (b)  .  Tre  anni  dopo  la  rapprefentazione  delia  Medea 
comparve  Eupoli  colle  fue  commedie  :  nella  fieffa  olimpiade 
Ariftofane  fi  fece  un  nome  colle  fue  Vefpe  ,  e  nella  feguente  , 
cioè  nella  lxxxviii.  ,  diede  due  altre  commedie ,  vai  a  dire  le 
Nuvole  e  gli  Acarnejì . 

JT-  14-  Al  cominciar  della  guerra  peloponnefiaca  l’arte 
produffe  le  opere  più  grandi ,  le  più  perfette  ,  e  le  più  ri¬ 
nomate  ,  cioè  il  Giove  Olimpico ,  a  cui  Fidia  ,  dopo  d’aver 
finita  la  Pallade  ,  mife  mano  infieme  allo  fcultore  Colote  (c) 
allorché,  cofiretto  a  Iafciare  Atene,  portoli!  in  Elide  :  amen- 
due  le  fiatue  eran  ,  come  dicemmo  ,  d’oro  e  d’avorio  ,  e  fef- 
fanta  cubiti  aveano  d’altezza  (a)  .  Quando  col  tratto  di  tem¬ 
po  dilataronfi  le  commefilire  dell’avorio  ,  riunille  Damofonte  , 
fcultor  mefienio  ,  e  riportonne  dagli  Eliefi  un  pubblico  argo¬ 
mento  di  onore  (d)  .  Plinio  (b)  fifia  all’olimpiade,  in  cui  co¬ 
minciò  quella  guerra  ,  l’epoca  nella  quale  maggiormente  fio¬ 
rirono  i  celebri  fcultori  Policleto  ,  Scopa  ,  Pittagora  ,  Cte- 
silao  ,  e  Mirone  . 

$•  i?.  Policleto  era  un  fublime  poeta  nell’arte  fu  a ,  e 
cercò  di  fuperare  nelle  fue  figure  la  bellezza  della  natura 
medefima  :  quindi  la  fu  a  fantafia  occupava!!  principalmente 
di  forme  giovanili ,  onde  farà  fenza  dubbio  meglio  riufcito 
ad  efprimere  la  mollezza  di  un  Bacco  ,  0  la  fiorente  gioventù 

d’un 


(a)  Epìgr.  gr.  ap.  Orvil.  Anim.  in  Charit. 
lib.j.  cap.  3.  pag.gS 7.  Tom.  il. 

.  W  Bellone  ,  an  pace  clarior.  fuer.  Ache- 
meri,  over.  Tom,  il.  pag.  34.9. 

(Ò  Plin.  libi  34..  cap.  8.  feci.  19.  §,  27. 


(a)  La  Minerva  era  di  2.6.  folamente  .  Plin. 
li/j.jé.  cap  j.  Jett.  4.  §.  4. 

(.d)  Paul.  hb.  4.  cap.  gì.  pag.  157. 

(b)  hb.  34.  cap.  8.  feci.  ig. 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  EC.  1 9  £ 

d’un  Apollo  ,  che  la  robufiezza  d’un  Ercole  ,  o  l’età  matura 
d’un  Efculapio  .  Per  quella  cagione  coloro  che  voleano  bia- 
fimarlo  diceano  ,  che  fi  defiderava  maggior  efpreffione  nelle 
fue  figure ,  cioè  che  le  parti  vi  fi  follerò  più  fortemente  in¬ 
dicate  (*)  . 

fi.  16.  La  più  grande  e  la  più  famofa  opera  di  Policle- 
to  era  la  fiatila  colofiale  di  Giunone  in  Argo  ,  d’avorio  e 
d’oro  (a)  ;  ma  il  più  bello  de’fiioi  lavori  erano  due  giovani¬ 
li  fiatile  d’uomini  (b)  ,  delle  quali  una  diceafi  il  Doriforo  (  por¬ 
ta-lancia  )  probabilmente  per  la  lancia  che  teneva  ,  e  l’altra 
chiamo!!!  il  Diadumeno  (  cingente!!  )  perchè  flava  cingendoli 
con  una  benda  la  fronte  (c)  (**) ,  come  il  Pantarce  di  Fidia 
in  Elide  (d)  .  Il  Doriforo  fervi  in  feguito  di  norma  per  le  pro¬ 
porzioni  agli  arditi  (e)  ,  e  principalmente  a  Lisippo  ( a )  . 

B  b  2  fi-  17-  Mol- 

vil!a  Farnefe  è  flato  imirato  il  Diadtimeno  di 
Policlcto  ,  o  una  fua  copia  almeno  .  Ignuda 
è  tal  figura  ,  alquanto  minore  della  grandez¬ 
za  naturale  ,  in  atto  di  legarli  una  benda  in¬ 
torno  alla  fronte  ,  e  ciò  che  è  ben  raro  ,  le  fi 
è  confervara  la  mano  ,  con  cui  fi  cinge  .  Una 
figurina  in  balio  rilievo  a  quella  fomiglievolc 
vedeafi  ,  non  ha  guari ,  in  una  piccola  urna 
della  villa  Sinibaldi  coll’  ifcrizione  DIADV- 
MENI  ;  e  fu  una  bafe  marmorea  d’un  antico 
candelabro  nella  cliiefa  di  s.  Agnefe  fuor  di 
Rema  ,  [  ora  amendue  nel  Mufeo  Pio-Cle- 
mentino  ]  ;  fu  due  altre  limili  bali  nella  villa 
Borghefe  faltan  fuori  dalle  foglie  due  ele¬ 
gantemente  lavorati  Amoretti ,  che  cingonfi 
con  una  benda  la  fronte . 

(d)  Pauf.  I.3.  c.i  1.  pag.  401.  lin.23.fegg. 

(e)  E  chiamavafi  per  antonomafia  il  cano¬ 
ne,  come  abbiamo  da  Plinio  I.34.C.8 .  feci.i  p. 
§.  2. ,  Luciano  De  morte  Peregr.  §.g.  T.  ni. 
pag.  331 .  ,  e  da  Galeno  De  temperam.lib.  1 . 
cap.ult.  op.  Tom.  ni.  pag.30.  ,  e  De  Hippocr. 
&  Platon,  placit.  liti. 3.  e. 3.  Tom.  V.  p.i  62. 
ove  fcrive  ,  che  Polideto  fleflo  così  la  chia¬ 
mò  ,  e  che  la  formò  fecondo  la  regola  delle 
proporzioni ,  e  della  fimmetria  delle  parti  , 
che  aveva  efpofle  in  un  libro  intitolato  pa¬ 
rimente  il  canone  ,  odia  la  regola  .  Tzetze 
Chtl.  6.  hifl.  ipi .  xerjf.  dice  che  anche 
una  di  lui  pittura  ferviva  di  regola  ai  pittori . 

(a)  Cic.  De  c/ar.  orai.  cap.  8 6.  num.  2p6. 


(*)  Diligentia  ac  decer  in  Pclyclcto  fu- 
pra  attera  :  cui  quamquam  a  plerifque  tri- 
buatur  palma  ,  tamen  t  e  nihil  detrahatur  , 
deejfe  poncus  putant  .  Nam  .  ut  hum ante  for¬ 
mi  aecorem  a  dai  aeri  l  Juper  rerum  ,  ita  non 
explevifjc  deorum  autkoritatcm  riùetur .  Quin 
etatcrn  quoque  graxiortm  xidetur  refugijfe , 
nihil  aufus  ultra  lexes  genas  .  Quirt.  lnft. 
lib.  1  2.  cap.  1 0.  [  Pare  clic  Dicnifio  d’Alicar- 
naflo  De  Ifocr.  jud.  num.  3.  oper.  Tom.  il. 
pcg.132  ne  dia  un  giudizio  tutto  oppofto  , 
paragonando  Policleto  a  Fidia  ,  e  rilevando 
il  loro  merito  per  una  certa  fodezza  ,  o  gra¬ 
vità  ,  dignità  ,  e  maefkria  ,  che  vedeafi  nelle 
loro  opere  :  xarà  tÒ  tn/x ri»  ,  ìq  /xtyaXlrt- 
X»or  ,  «)  l%itttxttTiy.ìi  .  Cicerone  ,  o  altri  che 
fia  l'autore  ,  Rhctor.  ad  Herenn.  lib.  4.  c.  6. 
n.  p.  lo  fa  eccellente  fopra  tutti  nel  lavorare 
n.Ijqto  delle  figure  ;  che  non  è  poi  la  parte 
piu  difficile  j  per  non  dire  ,  che  è  la  più  fa¬ 
cile  .  Noterò  a  quello  piopofito  ,  che  fi  rica¬ 
va  da  quello  fcrittore  loc.cit.,  che  general¬ 
mente  i  maefìri  davano  ai  loro  fcolari  per 
modelli  da  ftudiarfi  le  tefte  di  Mirone  ,  le 
braccia  di  Piallitele  ,  e  i  petti  di  Policleto . 

(a)  Pauf.  lib.  2.  cap.t  p.pag.i  48.  lin.i  8. 

(b)  Plin.  /oc.  cit.  %  2. 

(c)  Luciano  in  Phi/opf.  §.2  8.  op.  Tom  ni. 
pag.  43.  Ved.  appreffo  al  §.  31 . 

(**)  E  proba!  ile  che  tale  fiatila  fòvente 
fia  fiata  copiata  e  forfè  in  una  figura  della 


L1B. IX. 
CAP.  II. 


196  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

jf.  17-  Molte  altre  opere  fece  Policleto  ,  fra  le  quali  fon 
celebri  due  ftatue  in  bronzo  di  grandezza  mediocre  rapprefen- 
tanti  due  Canefore  ,  cioè  fanciulle  che  fui  capo  portavano  in 
certe  di  vimini  intrecciate  certe  cofe  facre  pei  milleri  di  Pal- 
lade  ,  di  Cerere  ,  e  di  altre  divinità  .  Forfè  da  quelle  di  Poli- 
cleto  copiate  furono  due  Canefore  porte  una  contro  l’altra 
in  un  baffo-rilievo  di  terra-cotta  ,  che  io  ho  pubblicate  (.1) . 
.11  faper  che  quelle  depredate  furono  in  Sicilia  da  Verre  ( b )  ,  e 
portate  a  Roma  ,  rende  più  probabile  la  mia  congettura  (a)  . 

jf.  18.  Copia  d’un’altr’opera  di  Policleto  potrebb’elfere 
altresì  una  figura  del  palazzo  Barberini  (b)  ,  rapprefentante  un 
fanciullo  che  morde  il  braccio  d’ un’altra  figura  perdutala. 
Quelli  d  ue  fanciulli  erano  rapprefentati  ignudi ,  e  chiamavanfi 
’AcpctyttXi^ovTis  (  giuocanti  ai  dadi  )  (c) .  Chi  volerte  formar 
delle  congetture  fui  foggetto  di  tali  figure  ,  dir  potrebbe  che 
vi  fi  era  voluto  rapprefentar  Patroclo  ,  l’amico  d’Achille  ,  il 
quale  offendo  fanciullo  in  una  contefa  nata  al  giuoco  de’dadi 
col  luo  compagno  Clifonimo  ,  involontariamente  l’uccife  ( d )  . 
Un  dado  veduto  nella  mano  della  figura  mancante  ,  mi  ha  fug- 
gerito  al  pen fiero  tale  probabile  fpiegazione  di  quello  lavo¬ 
ro  (c)  ,  che  io  dianzi  credea  difficilillìmo  ad  intenderli  ( e )  . 
Paralo  e  Santippo  figliuoli  di  Policleto  (/)  non  uguaglia¬ 
rono  nell’arte  il  padre  loro  (1)  . 

jf.  19.  Sco- 

P?on“m-ant-  ined-  num.iSz.  tu  mordi  come  le  donne  ;  ed  egli  rifpofe  : 

y  \  “Ac* in  a&.  2.  Lib.  4.  cap.  3.  no,  ma  come  i  leoni.  Tale  rifpofta  fi  refe 

(a)  Dione  Griloftomo  Orat.37.  p.  4.6  j.D.  memorabile;  ma  non  polliamo  credere  rap- 
nomina  una  (tatua  d'Alcibiade  fatta  da  Poli-  prefentato  Alcibiade  nel  noftro  monumento 
c  e.to  *  .  m  in  quell’atto  di  mordere  ;  giacché  egli  lottava, 

(b;  Ora  in  Londra  preno  il  fig.  cavalier  e  non  giuocava  ai  dadi . 

Towmey  *  ...  „  («)  V.  Préface  à  La  Defcript.  des  pierr . 

yj  a”* 34-*  cap.  8.  feft.i p.  §.  2.  grav.  du.  Cab.  de  Stofch  ,  pag.  XV. 

\d)  ApoII.  Bibl.  lib.  3.  cap.  1  2.  in  fine  ,  (f)  Plat.  in  Protagor.  op.  Tom.  I.  p.  32$ . 

pag.  2  2  / .  D.  |  Parla  dei  figli  di  Policleto ,  Lenza  nomi- 

(c)  Abbiamo  da  Plutarco  Apophthegm.  ,  narli  ;  e  li  dice  coetanei  di  Paralo  e  Santip- 
opef.  l  on 7.  il.  pag.  1 86.  D.  ,  che  Alcibiade  po,  che  erano  figli  di  Pericle ,  come  avea  det- 
ianciullo  lottando  con  un  altro  fanciullo ,  ed  to  poco  avanti  pag.  qip.princ.  Dice  vera- 
ellenao  flato  da  quello  si  fortemente  affer-  mente,  che  erano  di  gran  lunga  inferiori  al 
J^.to  »  e  fretto  da  non  poterfene  fvincolare ,  merito  del  loro  padre  ;  ma  foggiugne  ,  che 
gli  morie  una  mano .  Quello  gli  dille  allora  ;  eilendo  ancor  giovani  ,  potea  fperarfi  che 


LI3.  IX. 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  IC.  I97 

jf.  19.  Scopa  dell’ifola  di  Paro  dee,  fecondo  Vitruvio  , 
aver  ornato  co’ Tuoi  lavori  il  Maufoleo  (a)  ,  quella  tomba  cioè 
che  Artemifia  regina  della  Caria  erette  allo  fpofo  fuo  Mau- 
folo  morto  nell’  olimpiade  evi.  Plinio  dice  che  abbiane  or¬ 
nato  il  lato  orientale  (b)  ;  ma  poiché  Scopa  ,  fecondo  que¬ 
llo  fcrittor  medefimo  ,  fioriva  nell’olimpiade  lxxxvii.  (c)  ,  e 
da  quello  tempo  fino  all’erezione  del  Mufoleo  trafeorfero  ven¬ 
ti  olimpiadi  ,  cioè  ottantanni ,  io  non  fo  come  accordar  Pli¬ 
nio  con  sè  fletto  e  con  Vitruvio  ,  a  meno  che  non  ammettia¬ 
mo  due  fcultori  dello  fletto  nome  (a)  .  Una  contradizione  ma?- 


faceflero  col  tempo  maggiori  progredì  nell'ar¬ 
te  :  la  qual  rifldlìone  viene  a  confermare  , 
chePoIicleio  floride  nell’olimpiade  lxxxvii., 
come  dice  Plinio  ;  poiché  Platone  ,  fecondo 
Laerzio  Uh.  3.  princ.  ,  nacque  nell'olimpiade 
Lxxxvm.  ,  e  quando  fcrilfe  ciò  ,  che  fi  è 
riferito  ,  poteva  aver  conofciuti  i  figli  di  Fo- 
licleto  ;  i  quali  per  altro  doveano  già  edere 
avanzati  negli  anni  ,  mentre  egli  dice  ,  che 
erano  di  gran  lunga  inferiori  al  merito  del 
padre  :  paragone ,  che  non  fi  farebbe  potu¬ 
to  fare  fe  non  data  qualche  proporzione  di 
età  . 

(1)  Affai  vantaggiofo  giudizio  delle  opere 
dì  Policleto  portarono  gli  antichi ,  e  fpecial- 
mente  Paufania  Uh.  2.  cap.  2?.  pag.  17 4..  & 
alibi  ;  il  quale  Io  riconobbe  eziandio  per  va¬ 
lente  architetto  ,  ed  autore  d'un  ben  intefo 
teatro,  e  di  una  bella  fabbrica  rotonda  pref- 
fo  gli  Epidaurj  .  Piacevole  è  fiata  la  manie¬ 
ra  ,  con  cui  racconta  Ebano  Variar,  hift. 
lib.  r.f..  cap.  8.  elTerfi  Policleto  prefo  gabbo 
degli  ftrani  giudizj  del  volgo  .  Fece  egli  due 
ftatue ,  una  in  decreto  ,  {ècondo  i  principj 
dell'arte  ;  l'altra  in  un  luogo  aperto  ,  met¬ 
tendo  in  efecuzione  nel  lavorarla  tutt-  i  fug- 
gerimenti  di  coloro  ,  che  entravano  a  veder¬ 
la  .  Efpofte  alla  fine  amendue  al  pubblico  , 
d'una  voce  comune  fu  fommamentc  lodata 
la  prima  ,  defila  e  biafimata  la  feconda  .  Al¬ 
lora  rifpoCè  Policleto  :  la  ftatua  che  sì  bia- 
fimate  ,  è  la  voftra  ;  quella  che  sì  lodate  ,  è 
la  mia  .  [  AU'oppofto  Fidia  ,  che  tenne  lo  {bef¬ 
fo  metodo  nel  fare  il  fuo  Giove  Olimpico , 
riportò  molto  vantaggio  anche  dai  giudizj 
del  volgo  .  Luciano  Pro  imagin.  §.14.  oper. 
Tom.  r  i.  pag.  4-92. 

(a)  lib.  7.  in  prafat. 

( b )  lib.  26.  cap.  f.  feci.  4.  §.  p. 

(c)  id.  lib.  34.  c.  Ì.  feci.  19.  §.  1. 

(a)  Gli  Scopa  fono  fiati  varj .  Uno  ne  vi- 


gio- 

veva  ai  tempi  di  Simonidc  ,  e  un  altro  di 
Teilaglia  era  contemporaneo  a  quello  Scopa 
di  Paro  ,  ma  erano  forfè  amendue  filofon  . 
Vegg.  Laerzio  lib.  2.  fegm.  2;.,  e  ivi  Me- 
nagio  Tom.  il.  pag.  84.  ,  Leopardi  Emen- 
dat.  lib.  3.  cap.  14.  Un  altro  ,  che  era  mec¬ 
canico,  e  che  viveva  probabilmente  intorno 
allo  dello  tempo  ,  lo  nomina  Vitruvio  l.  9. 
cap.  9.  Per  conciliare  la  detta  contradizione 
io  direi  ,  o  che  in  luogo  di  Scopa  ,  che  Pli¬ 
nio  mette  nell’olimpiade  lxxxvii.  ,  fi  polla 
collocare  altro  ardila  ,  che  per  affinità  di  no¬ 
me  da  fiato  dall’amanuenfe  mutato  in  que¬ 
llo  ;  oppure  fe  ammettiamo  per  giuda  la  le¬ 
zione  direi,  o  che  fiano  due  divertì  arditi 
dello  flebo  nome  ,  o  che  Plinio  abbia  per 
inavvertenza  nominato  Scopa  al  luogo  citato 
in  vece  di  nominarlo  poco  appreno  dopo 
Piallitele.  Qualunque  di  quelle  conciliazioni 
fi  voglia  ammettere  ,  io  foftengo  ,  che  lo 
Scopa  dell'  ifola  di  Paro  ,  di  cui  tratta  Vin- 
kelmann  ,  abbia  veramente  villino  nell’olim¬ 
piade  evi.  Primieramente  ,  perchè  in  queft’e- 
poca  fi  accordano  Vitruvio  ,  e  Plinio  ,  e  non 
molto  fe  ne  allontanerebbe  Paufania  ,  fe¬ 
condo  cui  nell'anno  primo  dopo  l’olimpiade 
xcvi.  direlle  la  fabbrica  d’un  tempio  ,  come 
fi  dirà  qui  apprellb  .  In  fecondo  luogo ,  Pli¬ 
nio  lib.  36.  cap.  3.  feci.  4.  §.  7.  ove  tratta  a 
lungo  di  Scopa  ,  difeorrendone  coerentemen¬ 
te  all’epoca  dell’  olimpiade  evi.  ,  lo  novera 
fra  gli  ardili  ,  che  hanno  fiorito  dopo  Trafi¬ 
litele  ,  cui  dice  lib.  34.  cap.  8  .feci.  1 9.  princ. 
aver  fiorito  nell’olimpiade  civ.  In  terzo  luo¬ 
go  ,  numerando  le  di  lui  opere  nel  citato  %.  7. 
dice  Plinio  ,  che  la  Venere  nuda  fatta  da  lui , 
c  polla  nel  tempio  di  Bruto  Callaico  ,  era 
più  eccellente  della  Venere  di  Traditele  a  Gni- 
do  ,  febbene  in  Roma  non  folle  ofiervata  a 
paragone  di  quella  celeberrima  in  tutto  il 
inondo  (come  intendo  Plinio  l,(ic.  fj.  7.  S, 


CAP.  II. 

Scopa . 


LIB.  IX. 
CAP.  U. 


19S  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

’giore,  che  fcioglier  non  feppero  nè  Salmafio  (a)  nè  altri  (b) , 
nafce  intorno  a  un  parto  di  Plinio  ,  ove  leggefi  che  nel  tempio 
di  Diana  Efefina  v’erano  trentafei  colonne  dal  folo  Scopa  in- 
cife  (  calata  uno  a  Scopa  )  (c)  .  Qui  l’anacronifmo  farebbe  ancor 
maggiore ,  elfendo  fiato  quel  tempio  edificato  nell’olimpia¬ 
de  evi.  (a)  :  oltre  di  che  non  fono  già  gli  fruitori ,  ma  gli 
fcarpellini  che  tagliano  le  colonne  .  Togliefi  però  ogni  diffi¬ 
coltà ,  ove  leggali  calata  uno  e  f capo  (1)  ,  cioè  fatte  tutte  d’un 
pezzo  folo  (b)  ,  fapendofi  che  fcapus  lignifica  il  furto  della 
colonna  (2)  . 

jf.  20.  La 


Lenza  la  fpiegazione  ,  clic  vi  dà  il  fignor  Ero¬ 
der  nella  nota  annegavi  nella  fua  edizione  , 
e  non  Capendovi  trovare  la  contradizione  , 
che  vi  trova  il  (ìgnor  Falconet  nelle  fue  note 
allo  fteflo  luogo  ,  oeuvr.  Tom.  IV.  pag.  37 3. 
fegg.  )  ,  e  che  fola  badava  a  render  celebre 
qualunque  paefe ,  ove  forte  data  collocata  : 
il  che  fa  ben  capire  ,  che  lo  dile  di  Scopa 
forte  migliore  ,  o  non  inferiore  almeno  a 
quello  di  Praflìtele  ,  e  per  confeguenza  non 
averte  vivuto  prima  di  lui  ;  ma  o  contem¬ 
poraneamente  ,  o  dopo  .  Per  ultimo  ,  Plinio 
nomina  i  di  lui  emoli  ,  e  competitori  nel 
fare  gli  ornati  ,  o  baffi  rilievi  al  Maufoleo 
fuddetto  ;  e  sì  in  quedo  propolito  ,  che  per 
le  altre  cofe  accennate  ,  ed  altre  molte  lue 
opere  ,  parla  tanto  chiaramente  ,  e  con  tal 
dettaglio  ,  che  non  può  crederli  abbia  er¬ 
rato  ,  o  prelè  le  notizie  da  altri  fcrittori  Len¬ 
za  riflettere  . 

(a)  Plin.  exercit.  in  Solin.  c.  1po.pag.p71. 
feqq. 

li)  Polen.  Dijferta 3.  Copra  al  Tempio  di 
Diana  d' Efefo  ,  Saggi  di  dijjert.  dell'Accad. 
di  Cortona  ,  Tom.  1. 

(0  Plin.  /.  36.  c.  14.  feci.  zi.  \  Così  pre¬ 
tende  Salmafio  loc.  cit.  pag.  pp  1 .  D.  che  deb¬ 
ba  emendarli  Plinio  Lenza  darne  ragioni  , 
quando  la  vera  lezione  è  Lempre  data  ala¬ 
ti  ,  una  a  Scopa  ;  come  olTerva  anche  Po- 
leni  loc.  cit.  §  IX.  pag.  1 4. 

(a)  In  queda  olimpiade  fu  bruciato  da 
Erortrato  nella  della  notte  ,  in  cui  nacque 
Aleflandro  il  Grande  ,  col  favore  del  quale 
fu  riedificato  in  appreflo .  Ved.  Salmafio  loc. 
cit.  pag.  p 7i. 

(1)  Il  fignor  Heyne  non  approva  queda 
correzione  del  tedo  di  Plinio  ,  c  crede  piut- 
tofro  che  quedo  dorico  ,  avendo  fott’occhio 
diverfi  autori ,  abbia  da  tutti  copiato  ciò  che 
faceva  al  Luo  prcpolìto  Lenza  far  calo  delle 


contradizioni  che  ne  rifultavano  .  \  Piuttodo 
il  fignor  Heyne  poteva  dire  ,  che  elfendo 
dato  fatto  quel  tempio  nello  Lpazio  di  zzo. 
anni  ,  come  dice  Plinio  loc.  cit.  intendendo 
del  vecchio  tempio  ,  e  non  indicandoli  in 
che  anno  vi  abbia  lavorato  Scopa  ,  non  ci 
farebbe  contradizione  alcuna  ;  avendovi  an¬ 
che  potuto  lavorare  qucH’arrida  circa  l'olim¬ 
piade  lxxxvii.  ,  in  cui  lo  mette  Plinio  ,  Le 
non  ortalfe  ciò  che  ho  detto  alla  pagina  an¬ 
tecedente  ,  nota  a. 

(b)  Io  non  Lo  quale  Lcrittore  avrebbe  po¬ 
tuto  dite  colum  >t  uno  e  / capo  ,  colonne  d'un 
furto  Lolo  ,  per  dire  colonne  tutte  d’un  pez¬ 
zo  .  Molto  meno  crederei  ciò  di  Plinio  ,  il 
ouale  tib.  36.  cav.  p.  feti.  4.  §.ro.  parlando 
del  Toro,  ora  di  Farnefe  ,  per  dire  che  era 
tutto  d'un  pezzo  ,  ha  detto ,  ex  eodem  lapide p 
e  così  del  Laocoonte  § .  /  / .  ,  ex  uno  lapide: 
come  avrebbe  detto  Paufania  lib.  S.  cap.  47. 
pag.  6n  t.  :  tri*  *rò<  opoleif  >■  r  0  v  e  fohdo  C/ 
unico  lapide  .  E  poi  era  forfè  cofa  partico¬ 
lare  ,  e  maravigliofa  da  farli  notare  ,  che 
in  cento  ventifette  colonne  ,  le  quali  ador¬ 
navano  quel  tempio  famofiffimo ,  trentafei 
erano  tutte  intiere  ,  e  d'un  fol  pezzo,  quan¬ 
do  in  tutta  la  Grecia  Lara  fiata  cola  ordi¬ 
naria  il  vederne  I  Bensì  Plinio  accrelceva  pre¬ 
gio  a  quel  tempio  col  dire,  che  delle  36.  co¬ 
lonne  lavorate ,  forfè  nei  capitelli  ,  con  or¬ 
nati  ,  o  badi  rilievi  (  come  deve  fpiegarfi  la 
parola  alati  ,  non  tagliate  ,  come  fpiega 
Winkelmann  )  una  era  opera  di  Scopa  ,  ar- 
tifta  celebrarilfimo . 

(0  Scopa  lavorò  eziandio  in  bronzo  ,  e 
fu  inoltre  architetto  .  Una  fua  Venere  in 
bronzo ,  che  chiamoffi  Venere  popolare  ,  fe¬ 
dente  fu  di  un  capro  parimenti  di  bronzo, 
vien  ricordata  da  Paufania  lib.  6.  cap.  zp. 
pag.  il  quale  rammenta  pure  due  tem- 

pj  da  lui  architettati  ,  quello  d'Efculapio, 


LIB.  IX. 


dai  suoi  principj  e  c.  199 

jf.  20.  La  Niobe  da  alcuni  era  riputata  lavoro  di  Scopa, 
da  altri  di  Prassitele  (a) ,  a  cui  pur  Tattribuifce  un  greco  epi¬ 
gramma  (/>)  .  Se  la  Niobe,  di  cui  parla  Plinio  ,  è  quella  ftef- 
fa  ,  che  vedefi  in  Roma,  più  verofimilmente  può  crederli  di 
Scopa  molto  anteriore  a  Prassitele  ,  elTendone  il  panneggia¬ 
mento  nelle  figlie  di  Niobe  di  quella  femplicità  ,  che  carat¬ 
terizza  l’arte  antica  ;  e  poiché  veggonfi  in  Roma  altre  figure 
delle  figlie  di  Niobe  ,  quand’anche  quella  della  villa  Medici 
credali  una  bella  copia  anziché  l’originale  medefimo  (a)  ,  non 
perde  punto  di  forza  l’argomento  da  me  addotto  .  Ma  nafce 
un  dubbio  ,  che  diverfa  fofie  la  Niobe  rammentata  da  Plinio  , 
poiché  un’altra  ve  n’era  in  Roma  anticamente  d’eguale  gran¬ 
dezza  ,  e  forfè  in  limile  atteggiamento,  da  cui  fu  ricavata  in 
gelìo  la  tefta  che  al  prefente  lì  vede  ,  non  fapendoli  ove  fe 
ne  trovi  l’originale  (b)  .  Or  tale  telìa  ha  tutt’i  caratteri  dello 
Itile  pofteriore  ,  e  de’tempi  di  Prassitele  .  L’incalTatura  dell’ 
occhio  ,  e  le  fovracciglia ,  che  nella  Niobe  in  marmo  fono 
molto  taglienti  ,  ivi  fono  rifondate  e  ammorbidite  ,  come 
nella  tefta  di  Meleagro  in  Belvedere  (c)  ;  il  che  indica  quella 
grazia  di  cui  Prassitele  fu  detto  il  padre  ,  e  con  maggior  fi¬ 
nezza  lavorati  ne  fono  i  capelli;  onde  non  è  improbabile, 
che  abbiamo  in  quella  tetta  un  frammento  di  quella  Niobe, 
che  dal  greco  epigramma  vien  rammentata  (d)  . 

jf.  21.  Do- 

lib.  S.  cap.  2 8.  pag.  6yS.  ,  e  l’altro  di  Mi-  tolto  per  una  copia  fatta  da  migliori  ori- 
nerva  a  Tegea  ,  ibìd.  cap. 45.  pag.  6gg.  [  No-  ginali  ,  efeguita  da  diverli  artefici  più  o 
ta  Paufania  in  quello  luogo  ,  che  fu  rellau-  meno  buoni  ,  e  forfè  anche  aggiuntevi  da 
rato  quello  tempio  fotto  la  direzione  di  Sco-  quelli  quelle  figure  tanto  inferiori  .  Si  può 
pa  nell'anno  primo  dopo  l’olimpiade  xcvi.  dare  inoltre  ,  ch’elleno  fieno  in  parte  rila- 
Fra  le  altre  opere  celebri  di  lui  Plinio  l.  ]6.  vorate  ne' balli  tempi,  e  ftorpiate  tanto  coi 
c.  j.fesl.  4.  §.  7.  nomina  l’Apollo  Palatino,  moderni  ,  che  cogli  antichi  refiaurì  fatti 
di  cui  credefi  una  copia  nel  Mufeo  Pio-Cle-  avanti  che  fodero  difotterrate  . 
mentino  ,  ficcome  ho  già  notato  Copra  alla  (b)  In  Inghilterra . 

pag.nS.  noe.  b.  (c)  Mercurio,  come  più  volte  fi  è  detto 

(a)  Plin.  lib.  26.  cap.  S-fccì.  4.  §.8.  avanti.  Mengs  loc.  cit.  pag.  1 1 .  n.  7.  nega  a 

( b )  Anthol.  lib.  4.  cap.  9.  n.  1.  Winkelmann  la  differenza  notabile ,  che  tra- 

(a)  Cosi  pretende  il  ngnor  Mengs  nelle  va  nelle  fopracciglia  della  Niobe  ,  e  dell'altra 

due  lettere  a  monfignor  FalJroni ,  inferite  nel  fella,  di  cui  fi  ha  il  geffo  in  Roma. 

Tomo  il.  delle  fue  opere  ;  fcrivendo  nella  (d)  Tutto  quello  bel  difcorlò  del  nollro 
prima ,  alla pag.p.  ;  „  Potrebbe  prenderfi  piut-  Autore  qui ,  e  nel  Trattato  prelim.  ai  mon. 


CAP.  II. 
Sua  Niobe . 


LIB. IX. 
CAP.  II. 


200  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

jf.  21.  Dovea  tal  grappo  ,  oltre  la  Niobe  e ’l  di  lei  ma¬ 
rito  Anfione  ,  rapprefentare  fette  loro  figli  ,  e  altrettante  fi¬ 
glie  ;  ma  vi  mancano  delle  ftatue  sì  di  quelli  ,  che  di  quelle  .  , 
Due  dei  figli  fono  probabilmente  que’  due  così  detti  atleti  nel¬ 
la  galleria  di  Firenze  (a)  ,  e  tali  furono  creduti  fin  d’allora 
che  fi  difotterrarono  ,  febbene  loro  mancaficr  le  telle  ,  tro¬ 
vate  in  feguito  (b)  ;  poiché  fotto  quello  nome  pubblicate 
ne  furono  le  figure  in  rame  ,  del  quale  la  ftampa  è  molto 
rara,  nel  IJ57-  ;  probabilmente  perchè  tali  llatue  furono 
fcavate  nel  medefimo  luogo  ,  che  le  altre  pervenuteci  figu¬ 
re  del  gruppo  di  Niobe  ,  come  rileviamo  da  Flaminio  Vac¬ 
ca 


ant.  Cap.  IX.  pag.  LXXI. ,  ripetuto  da  mon- 
lìgnor  Fabroni  nella  dilTertazione  fu  quelle 
llatue  ,  elidenti  ora  nel  quinto  gabinetto 
della  galleria  Granducale  a  Firenze  ,  come 
li  è  detto  piu  volte  ,  reità  lenza  fondamento  ; 
efl'endolì  fatto  oflervare  qui  avanti  pag.i  p7. 
not.  a.  ,  che  Scopa  e  (lato  poiteriore  ,  o  al 
piu  contemporaneo  a  Praflìtele  ;  e  niente  a 
lui  inferiore  per  merito  ,  del  quale  li  hanno 
altre  tedimonianze  di  autori  prelio  Giunio 
Catalog.  archit.  ec.p.  1  p6.feg.  Una  tale  ugua¬ 
glianza  di  merito  in  que  due  arditi  può  ef- 
lere  Hata  la  ragione ,  per  cui ,  non  ottante 
che  li  avellerò  in  Roma  tante  opere  cono- 
fciute  dell’uno  ,  e  dell'altro  ;  pure  non  li  Pa¬ 
gelle  a  chi  di  dii  attribuire  la  Niobe  colli  fi¬ 
gli  ,  di  cui  parla  Plinio  .  Nè  io  pollo  fuppor- 
re ,  come  fa  Winkelmann  ,  che  Scopa,  e  Praf¬ 
lìtele  abbiano  entrambi  lavorato  un  gruppo 
di  Niobe  ,  e  che  quelli  gruppi  follerò  in  Ro¬ 
ma  l'uno  ,  e  l'altro  ,  poiché  Plinio  l'avrebbe 
detto  ;  e  tanto  maggiormente  ,  che  nel  I.34. 
cap.  8.  feci.  1  p.  §.  26.  c  fegg.  numera  a  parte 
gli  arditi  diverti ,  che  aveano  rapprefentato 
gli  (tedi  foggetd  .  Io  credo  bensì  che  la  fa¬ 
vola  di  Niobe  fede  replicata  in  più  luoghi 
per  mano  di  altri  arditi ,  come  ha  già  notato 
il  dg.  Lanzi  nella  più  volte  citata  deferizione 
della  (ùddetta  galleria,  art.  1.  c.  j. ,  nel  Gior¬ 
nale  de’ Letterati  Tomo  XLVI1.  anno  1781. 
pag.  76.,  arguendolo  da  due  datue  nel  mu¬ 
lto  Capitolino  ,  delle  quali  polfono  vederd  le 
figure  predo  Bottari  Muf  Capit.  Tom.  ni. 
Tav.  42.  ,  da  una  di  cala  Colonna  ,  forfè  la 
più  bella  di  tutte  ,  da  un’altra  di  proporzione 
minore  nella  villa  Albani ,  e  finalmente  dalle 
due  di  Verona  ,  e  d’ Inghilterra  ;  ma  per  ri¬ 
guardo  al  gruppo  di  Firenze  io  lo  crederei 
originale  ,  o  almeno  copia  di  quello  di  Pradi- 
tele  .  Oltre  l'autorità  del  citato  epigramma 


greco,  e  quella  d’Aufonio  Epitaph.28.  ,  che 
a  lui  attribuifcono  un  gruppo  di  Niobe  ,  può 
ricavarli  una  torte  congettura  da  ciò  ,  che  of- 
fetvò  il  lignor  Mengs  nella  detta  prima  lette¬ 
ra  ,  pag.  6.  ;  cioè  ,  che  la  teda  della  Niobe  è 
uguale  (  e  principalmente  nella  capigliatura  ) 
alla  teda  molto  bella  della  Venere  del  Vati¬ 
cano  ,  ora  nel  Mufeo  Pio-CIementino  ;  teda, 
che  certamente  è  la  fua  ,  non  ellendole  mai 
data  daccata  .  Queda  Venere  ,  foggiugne  e- 
gli  ,  è  certamente  copia  d’altra  migliore  ;  e  a 
Madrid  nel  reale  palazzo  fi  conferva  una  te¬ 
da  ad  elfa  in  tutto  fimililfima  ,  ma  di  una 
perfezione  tanto  maggiore  ,  che  non  vi  teda 
comparazione  .  Or  ììccome  è  provato  che 
quella  datua  di  Venere  è  copia  della  Venere 
di  Pralfitele  a  Gnido  ,  come  ho  notato  qui 
avanti  pag.  192.  not.  a.  ;  così  noi  polliamo 
argomentare  ,  che  la  Niobe  ,  a  quella  lomi- 
liante  ,  fia  anche  opera  di  Pralfitele  :  e  dalla 
ellezza  della  teda  di  Madrid  ,  che  potrebbe 
edere  l’originale  della  Venere  di  Gnido  ,  pof 
damo  inferire  ,  che  la  Niobe  a  quella  molto 
inferiore  in  bellezza  ,  come  lo  è  la  teda  della 
Venere  del  Mufeo  Pio-Clementino  ,  non  fia 
altro  che  una  copia  dell'originale  Niobe  del 
medefimo  artida  ,  fe  non  fi  vuol  credere  lo 
deflo  originale  . 

(a)  Se  ne  veggono  le  figure  predo  il  Gori 
Muf.  Florent.  Stata*  ,  Tab.73.  74. ,  e  predo 
Fabroni  nella  citata  didertazione  ,  Tav.  16., 
unitamente  a  tutte  le  datue  della  detta  Nio¬ 
be  .  Quedo  celebre  fcrittore  s’ impegna  alla 
pag.  1  p.  e  20.  a  lodenere  ,  che  tal  gruppo  le 
appartenga  .  Il  fignor  Lanzi  l.  cit.  pag.  1 8  2. 
rilpetta  queda  opinione  ,  ma  non  l’adotta . 

(r)  Quella  del  vinto  fi  crede  comunemen¬ 
te  antica  ;  l’altra  fecondo  alcuni  profelfori  è 
ritocca  ,  fecondo  altri  è  moderna  ,  ma  lavo¬ 
rata  egregiamente  .  Lanzi  l.eìt.  pag.t  8 0. 


LIB.  IX. 
CAP.  il. 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  EC.  201 

ci  nel  ragguaglio  degli  fcavi  tanti  a’fuoi  tempi  (a)  .  Ciò  pure 
concorda  colla  favola  ,  fecondo  la  quale  i  maggiori  tra  i  fi¬ 
gliuoli  di  Niobe  furono  da  Apollo  faettati  quando  fi  efercita- 
vano  a  cavalcare  ne’  campi ,  e  i  più  giovani  mentre  fra  di 
loro  lottavano  (a)  .  11  conofcitore  vi  fcorge  in  oltre  una  fo- 
miglianza  di  Itile  tra  quelle  due  e  le  altre  figure  del  gruppo  . 
Aggiungali  che,  fe  fi  folTer  voluti  in  quelle  rapprefentare  due 
lottatori ,  avrebbe  l’artifla  fatte  loro  di  pancrazialte  le  orec¬ 
chie  ,  giacché  elfi  lottano  gettati  a  terra ,  come  i  pancrazia- 
lti  far  foleano  ( b )  .  Quella  lotta  dei  due  figli  di  Niobe  può 
chiamarli  un  sy  mf  legni  t 1 ,  col  qual  nome  chiama  Plinio  (c)  due 
conlimili  lottatori  lavorati  da  Cefissodoro  ,  ed  altri  due  , 
opera  d’  Eliodoro  ;  ma  non  può  mai  tal  nome  convenire  a 
due  figure  in  piedi  vicine  fra  di  loro  ,  ficcome  pretendeva 
il  Gori  ( d )  .  Ai  figli  maggiori  vien  dato  il  cavallo  ,  fotto  del 
quale  la  polvere  llelfa  ,  che  il  calpeftlo  folleva  ,  è  fiata  dallo 
fcultore  indicata  nel  fallo  fu  cui  il  cavallo  s’appoggia  (b)  . 
La  figura  dell’uomo  attempato  in  abito  llraniero  rapprefenta 
un  pedagogo  ,  odia  ajo  de’ fanciulli  ;  e  nello  Hello  modo  ve¬ 
nite  fono  due  limili  figure  fu  un  baffo-rilievo  della  villa  Bor- 
ghefe  ,  rapp refe n tante  la  medefima  favola  ,  e  da  me  pubblica¬ 
to  ne’  Monumenti  antichi  {e)  .  Quell’abito  indica  perfone  di 
llraniero  paefe,  o  fchiavi ,  fra  i  quali  fceglievanfi  coloro  che 
erano  dellinati  alla  cura  de’  fanciulli  (/)  .  Tale  era  Zopiro 
dato  da  Pericle  ad  Alcibiade  .  — 

Tom.  II.  C  c  jT.  22.  Nel- 

W>  Montfauc.  Diar.  ìtal.  cap.  p.  pag.t  ?p.  luogo,  non  aveva  rapporto  a  quella  favo- 
(A)  Ovidio  Metam.  lib.  6 .  verfi  22  i°.fegg.  la  .  Non  è  elio  un  cavallo  ,  come  eresie- 
(A)  Mercur.  De  arte  gymnajì.  lib.  2.  c.g°  vali,  che  fcoilo  il  cavaliere  refti  in  fua  ba¬ 
ie)  Ub.ift.  cap.  f.fect.  4.  6.  &  1 0.  lia  .  Le  redini  {frette  al  petto  fan  conofcere, 

00  Muf.  Etr.  Tom.  il.  in  fine ,  Tab.zoo.  che  vi  era  una  mano  ,  che  ve  le  teneva  ob- 
Pag-4?$-  bligate  ;  e  forfè  era  un  Caftore  ,  0  altro  eroe , 

(b'  Intorno  ad  elfo  cosi  fcrive  il  fig.  Lana  come  vedelì  in  quegli  del  Quirinale  ;  a’  quaii 
loc.  eie.  cap.  6.  pag.  ?$.  :  ,,  Il  cavallo  ch’era  è  tanto  fintile  nella  molla  ,  e  tanto  vicino 
in  Roma  aggruppato  con  le  Racue  di  Niobe,  nel  merito  della  fcultura  . 
qui  e  pollo  fepararamente  da  ogni  altro  pel-  (t)  Mon.  ant.  ined.  num.  Sg. 

zo  .  Trovato  in  altro  tempo  ,  ed  in  altro  (/)  Eurip.  in  Mea.  verf-  5 h 


LIB. IX. 
CAP.  II. 


Pittatola  » 


202  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

jf.  22.  Nelle  ruine  degli  orti  di  Salluflio  a  Roma  fono  Ra¬ 
te  trovate  alcune  figure  in  baffo-rilievo  efprimenti  la  favola 
fieffa  ,  e  Pirro  Ligorio  ,  che  ciò  narra  ne’fuoi  manofcritd  che 
ferbanfi  nella  biblioteca  Vaticana,  ci  afllcura  che  belliffìmo 
n’era  il  lavoro  .  Lo  fieffo  foggetto  efprime  un  baffo-rilievo 
nella  galleria  del  conte  di  Pembroke  a  Wilton  in  Inghilterra, 
il  quale  da  chi  ha  fatto  l’indice  di  quella  galleria  fembra  ef- 
fere  flato  {limato  a  pefo  ,  poiché  ci  avvifa  che  pefa  tre  mila 
libbre  inglefi  (a)  .  Quella  favola  vedeafi  pure  in  baffo-rilievo 
filila  porta  d  avorio  del  tempio  d’Apollo ,  che  Auguflo  fece 
edificare  fui  Palatino  (a)  . 

jf-  23.  Pittagora  di  Reggio  nella  Magna  Grecia  fu  il  pri¬ 
mo  ,  al  dir  di  Plinio  (b)  ,  che  lavorò  la  capigliatura  con  più 
diligenza  e  franchezza  (1)  .  Può  tal  indizio  fervirci  a  determi¬ 
nare  l’età  d’una  flatua  ;  e  diffatti  alcune  ,  nelle  quali  pur  ravvi- 
fiamo  molta  cognizione  e  grandiffìm’arte ,  hanno  sì  i  capel¬ 
li  ,  che  i  peli  delle  parti  naturali  formati  in  picciolifllmi  ricci 
linearmente  difpofli  ,  quali  veggonfi  fulle  figure  veramente 
etrulcbe  .  Tali  fono  due  flatue  nella  fala  del  palazzo  Farnefe , 
che  poffòno  annoverarli  fra  le  più  belle  di  Roma  ,  ed  hanno 
i  capelli  lavorati  con  quella  affettazione  e  flentatezza  ,  che 
fono  indizio  di  quel  fiflema  che  erafi  allontanato  dalla  na¬ 
tura  ,  come  fopra  dicemmo  .  Anche  nelle  figure  de’migliori 
tempi  vedefi  trafcurata  la  capigliatura  ,  come  appare  dalla 
fieffa  Niobe  e  da’fuoi  figliuoli  .  Poiché  dunque  Pittagora  fu 
il  primo  a  fare  i  capelli  con  maggior  franchezza  e  diligenza  , 
fe  ne  può  conchiudere  che  le  flatue  ,  le  quali  hanno  una  ca¬ 
pi” 


ÒÒ  Deferitone  delle  Pitture  ,  e  Stat.  ec,  a 
Wilton  ,  pag.  S  r. 

(a)  E  rapprefentata  parimente  fu  di  una 
bella  urna  del  Mulèo  Pio-Clementino  ,  di  cui 
polTono  vederli  le  figure  ,  e  la  definizione 
freno  Fabroni  nella  citata  DilTertazione  . 

(b)  lib.  34..  cap.  8.  feH.i  g.  4.. 

(0  Secondo  Plinio  Pittagora  fu  il  primo 


ad  efprimere  colla  maggior  diligenza  non  fo- 
lamente  i  capelli  ,  ma  ancora  le  vene  e  i 
nervi  .  Lavorò  egli  anche  in  bronzo  II  coc¬ 
chio  di  Cratiffene  cireneo  ,  l' ideilo  Cratifte- 
ne  con  una  Vittoria  furono  da  lui  fatti  in 
quello  metallo  .  Pauf.  lib.  6.  cap.  18. p.  49 /. 
Un.  30. 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  EC.  203 

pigliatili-!  all’etrufca ,  o  ben  anche  alla  greca  ma  poco  lavo¬ 
rata  ,  non  debbano  crederli  pofteriori  a  queU’artifla ,  ma  più 
antiche  fiano  o  tutto  al  più  contemporanee  ;  e  a  quell’indi¬ 
zio  fi  rende  ancor  più  verofimile  ,  che  il  gruppo  della  Niobe 
lavoro  fia  di  Scopa  ,  anziché  di  Prassitele  (a)  . 

jf.  24.  Fra  gli  attilli  di  quelli  tempi  men  rinomato  degli 
altri  è  Ctesilao  ,  febbene  fofs’egli  uno  dei  tre  che  con  Poli- 
cleto  e  Fìdia  ottennero  il  premio  per  le  fiatile  delle  Amaz¬ 
zoni  definiate  perii  tempio  di  Diana  in  Efefo  .  I  critici  non 
hanno  fin  qui  offiervato  che  Plinio  ,  nominando  ora  Ctesilao  , 
ora  Ctesila  (b)  ,  d’una  perfona  ftefla  deve  intenderli,  tanto 
più  che  egli  nomina  Ctesilao  dove  rammenta  lo  (cultore 
della  famofa  {tatua  di  Pericle  (a)  . 

$•  23.  La  più  conofciuta  delle  opere  di  Ctesilao  era  la 
flatua  d  un  uomo  ferito  ,  e  probabilmente  un  eroe  ,  in  cui 
comprender  potealì  quanto  ancora  gli  reltafìe  di  vita  (  in  quo 
pflìt  Intel  ligi  quantum  rejìet  anima  )  .  Siccome,  al  riferir  di  Pli¬ 
nio  (c)  ,  era  principalmente  pregevole  Ctesilao  ,  perchè  fapea 
le  perfone  illultri  ancor  più  nobilmente  effigiare  ,  non  è  vero¬ 
fimile  che  ,  volendo  eternare  la  propria  memoria  ,  abbia  lafcia- 
to  dopo  di  sè  opere  riguardanti  foggetti  vili  e  baffi  .  Ciò 
pollo  non  fembra  doverli  a  lui  attribuire  ,  come  molti  fan¬ 
no  ,  il  così  detto  Gladiator  moribondo  (d)  ,  poiché  rappre- 

C  c  2  fenta 


CO  Tra  le  fiatile  di  bronzo  fatte  daPitta- 
gora  ,  che  vengono  lodate  da  Plinio  loc.  cit., 
una  era  di  un  uomo  ,  che  zoppicava  ,  della 
cui  piaga  pareva  che  fentilTero  il  dolore  quelli 
eziandio  ,  che  lo  guardavano  ;  e  l’altra  un 
Apollo  ,  che  uccideva  a  colpi  di  faette  un 
Serpente  .  Nel  primo  io  riconofcerei  un  Fi- 
lottete  ,  di  cui  fi  è  parlato  nel  Tomo  1.  p.3 38. 
Elio  appunto  zoppicava  addolorato  ,  per  ef- 
fere  flato  morficato  da  un  ferpe  ,  come  a 
lungo  può  vederli  predo  del  noftro  Autore 
Mon.  ant.  ined.  Par.  ti.  cap.  3.  p.i  pp.  fiegg., 
e  Rafifei  nella  didertaziotie  fu  di  un  bado  ri¬ 
lievo  della  villa  Albani ,  di  cui  ho  parlato  alla 
detta  pag.  338.  Nell'altro  crederei  che  folle 
piuttoflo  rapprefentato  Apollo  ,  che  uccide  il 


ferpente  Pitone  ,  anziché  un  Apollo  Saurot- 
tono  ,  o  ammazza  lucertole  ,  come  pretende 
l’Arduino  nelle  emendazioni  al  detto  libro  , 
n.  XII.  Se  tale  folle  flato  ,  Plinio  lo  avreb¬ 
be  chiamato  Saurottono  ,  come  chiama  quello 
di  Traditele  ,  c  non  avrebbe  detto  in  plurale  , 
fagìttis  confici ,  a  colpi  di  faette  .  Ved.  al  Ca¬ 
po  feguentc  §.  1 5.  ,  e  Lib.  XI.  Caponi. 
§•  z  3- 

(b)  lib.  34.  cap.S.  fecl.i p.  princ.  Arduino 
aveva  emendato  ,  Ctefilao  . 

(a)  loc.  cit.  §.  14. 

(c)  loc.  cit. 

(d)  Quefto  farebbe  al  più  una  copia  ,  per¬ 
chè  T  originale  di  Ctefilao  era  in  bronzo  . 
Plin.  loc.  cit. 


LIB .  IX. 

cap.  n. 


Ctefilao . .  . 


. . .  fuo  fuppo 
fio  Gladiatore 
moribondo . 


LIB. IX. 
CAP.  II. 


204  Storia  dell’Arte  presso  r  Greci 

fenta  una  perfona  di  bada  condizione  5  che  ha  menata  una 
vita  laboriofa  come  appare  dal  volto  ,  dalla  mano  fin  idra  , 
e  dalla  pianta  de’  piedi  (a)  .  Ha  quefti  legata  con  un  nodo 
botto  il  mento  intorno  al  collo  una  corda  ,  e  giace  fu  uno 
feudo  ovale  ,  fu  cui  è  gettato  un  corno  da  fuonare  rotto  in 
due  pezzi  (b)  .  Non  può  quefta  ftatua  rapprefentare  un  gla¬ 
diatore  ,  sì  perchè  ,  mentre  l’arte  fioriva  predo  i  Greci ,  igno¬ 
ti  erano  colà  que’  fanguinofì  fpettacoli  (c)  ,  sì  ancora  perchè 
nefluno  fcultore  ,  capace  di  fare  una  limile  ftatua  ,  avrebbe 
mai  voluto  lafciar  dopo  di  sè  ,  come  uno  de’ più  pregevoli 
buoi  lavori ,  la  figura  d’un  gladiatore  (d)  .  Altronde  col  gla¬ 
diatore  non  avrebbe  punto  che  fare  quel  corno  ricurvo  ,  li¬ 
mile  al  lituo  de’Romani ,  che  fpezzato  fta  botto  di  lui  (e)  . 

§.  2 6.  Ci  porge  de’  lumi  a  quello  propolito  una  greca 
ifcrizione  polla  bulla  ftatua  di  certo  Archia  vincitore  olim¬ 
pico  ,  dalla  quale  rilevali  che  gli  araldi  ,  odia  i  banditori 
(  xwpoaes  )  ne’  giuochi  olimpici  in  Elide  ,  portavano  al  collo 
una  corda ,  e  con  un  corno  fuonavano  .  Archia  era  uno  di 


quelli  araldi  ,  e  di  lui  fu  fcritto  che  faceva  il  fuo  uffizio  , 
quantunque  ne  fuonajje  il  corno ,  ne  avejje  la  corda  : 

OÙ&’  Ù7!QTah7r\yyQv  ,  ovr'  àva^iy (Aoit’  Zxcov  00  • 

§.  27-  E  qui 


(a)  Sta  nel  mufeo  Capitolino  ;  e  podono 
■Vedertene  le  figure  predo  Bottari  nella  deferi- 
zione  di  quel  mufeo  Tom.  ni.  Tav.  67.  6S.  , 
Maftei  Raccolta  di  fiatue  ,  Tav.  6  j. ,  Mout- 
faucon  Antiq.expl.  Tom. ni. par.  il.  pi.  1  jj. 

(b)  Nel  redaurarlo  gliene  hanno  aggiunto 
un  altro  accanto  alla  mano  delira  ,  anch’effa 
moderna  con  quella  parte  di  bafe  ,  fu  cui 
appoggia  ;  e  credefi  opera  di  Michelangelo 
Buonarruoti . 

(c)  Erano  in  ufo  fra  i  Greci  da  tempi  an- 
richifhmi ,  e  principalmente  in  occafione  di 
funerali ,  come  prova  Ateneo  lib.  4..  cap.  1  3. 
p.t  44.  feg.  ;  nta  certamente  non  Vi  era  perefTi 
tanto  furore  .  Era  più  in  ufo  la  monomachia, 
o  duello  ,  in  ifpecie  per  decidere  per  mezzo 
di  edo  in  perfona  dei  capitani  degli  eferciti 
della  forre  di  due  popoli  ,  fenza  venire  a  bat¬ 
taglia  formale,  come  nota  lo  (ledo  Ateneo  5 
c  abbiamo  di  Piuaco  }  che  vi  fi  diftinfe , 


Laetzio  lib.  1  ■  fegm.  74-  >  Polieno  Strateg. 
lib.  1.  cap.  zf.  „ 

(d)  Non  fo  valutare  piu  che  tanto  queita 
iasione  ;  poiché  nelluno  de  più  bravi  attilli 
ha  mai  avuto  difficolta  di  fare  le  itatue  dei 
vincitori  nei  tanti  altri  giuochi  della  Grecia  , 
i  quali  non  erano  tempre  perfone  delle  piu 
didime  ;  nè  hanno  creduto  farli  un  d.lonoie 
col  far  dei  cani ,  delle  vacche ,  dei  porci ,  e 
tanti  altri  ("oggetti  balli  .  Molto  meno  dovea- 
no  avere  tale  difficoltà  quando  i  lavori  veni¬ 
vano  loro  ordinati ,  e  pagati ._ 

(e)  Bottari ,  il  quale  ,  loc.  cit.  pag.  1  47-  ,n 
fi  e  ,  vuol  ranprefentato  in  quella  figura  un 
gladiatore ,  dice  che  le  trombe  il  ubavano  m 
tali  fpettacoli  .  Ciò  è  vero  ;  ma  fervivano 
per  dare  il  fegno  del  cominciamento  ,  non 
agli  dedi  gladiatori . 

(a)  Poli.  O/iom.  lib.  4.  cap.i  z.figrn.  g  z. 


DAI  SUOI  PR1NCIPJ  H  C.  20$ 

27.  E  qui  fi  noti  chela  voce  dvc&$iìyua.vz  vieti  da  Elì¬ 
cli  io  rifchiarata  colle  parole  wWas  zrspf'  rpat^n'^ou;  (a)  ,  cioè 
corda  intorno  al  collo  .  Salmafio  congettura,  e  non  lenza  vero- 
fimiglianza  ,  che  tal  corda  lì  ftringeflero  al  collo  fino  a  un  cer¬ 
to  legno  i  banditori ,  affinchè  per  la  fatica  non  fi  venifie  a 
romper  loro  qualche  vena  (a)  .  Appare  per  tanto  che  la  lode 
data  nelfifcrizione  ad  Archia  confila  in  ciò  ch’egli  nel  pub¬ 
blicare  l’adunanza  de’ giuochi  olimpici  non  avelie  bilogno  di 
corno  nè  di  corda  ,  ma  colla  fola  voce  fi  facelle  eia  tutti  chia¬ 
ramente  intendere  . 

j)'.  28.  V’era  però  una  differenza  tra  gli  araldi  de’ giuochi 
olimpici  ,  e  quei  che  da  un  efercito  all’altro  ,  o  da  una  in 
un’altra  città  lpedivanfi  -  Di  quelli  non  legge!!  mai  che  ufaf- 
fero  il  corno  ,  ma  portavano  un  caduceo  ,  quale  avealo  Gia- 
fone  (b)  per  inoltrare  che  pacifico  approdava  in  Coleo  ;  e  ta¬ 
lora  portavano  in  una  mano  il  caduceo  ,  ed  un’alta  nell’altra  * 
per  indicare  al  tempo  ItelTo  la  guerra  e  la  nace  ,  onde  era 
nato  il  proverbio  :  ri  So'pv  ty)  tv  Krpv«.uov  aua  7rì[X7ritv  (c)  , 
cioè  mandare  l’alta  e  ’l  caduceo  ,  olila  oiterir  pace  e  guerra  . 
Su  un  vafo  di  terra  del  Collegio  romano  ,  da  me  pubblica¬ 
to  (d) ,  vedefi  dipinto  uno  di  quelti  araldi  col  caduceo  nella 
delira  ,  e  l’alta  nella  finiltra ,  e  con  un  cappello  bianco  get¬ 
tato  dietro  le  fpalle  all’ufo  de’  viaggiatori  .  Talora  gli  aral¬ 
di , 


(e)  Hefych.  v.  ’AiuJ’tlyftar*  • 

(a)  Credo  che  per  quella  ragione  quelli  , 
che  recitavano  in  pubblio  delle  coni  polir  io¬ 
ni  ad  alta  voce  ,  fi  t! ri n getterò  pure  il  collo 
con  una  fafeia  ;  come  io  intendo  Marziale 
Epigr.  lib.  4.  n.  4.1.  : 

Quid  rccitaturus  circumdas  veliera  collo  ? 

Conveniunt  nojlris  auribus  illa  magis  . 

Il  fig.  abate  Bracci ,  il  quale  deride  l'opinione 
di  Winkelmann  nella  fua  Differiamone  fopra 
un  clipeo  votivo  ,  ec.  pref.  pag.  7. ,  feguitan- 
do  la  fpiegazione  di  fiottati  Loc.  cit.  vuol  che 
fi  riconolca  nella  fiatua  capitolina  atloluta- 
mente  un  gladiator  laqueario  ,  di  quelli  cioè, 
che  fecondo  s.  ifidoro  Orig.  lib.  iS.  cap.  }S. 


cercavano  di  gettare  un  laccio  al  collo  ,  o  ad 
altra  parte  dell'avverfario  ,  che  fuggiva  ,  per 
cosi  arredarlo  .  Ma  per  foftenere  quella  fen- 
tenza  (1  doveva  prima  provare  per  qual  ra¬ 
gione  a  quelli  gladiatori  convenga  il  corno  , 
come  fi  è  detto  pocanzi ,  del  quale  non  parla 
s.  Ifidoro  ;  e  in  fecondo  luogo  dovea  riflet¬ 
terli  ,  che  la  corda  della  ftatua  non  ha  forma 
di  laccio  ;  ma  una  forma  particolare  come  di 
collana  ,  fermata  con  molla  ,  o  a  modo  di 
lucchetto  ,  dalla  parte  davanti  . 

(A)  Apollon.  A’gon.  lib.  verf.  1  pj. 

(c)  Polyb.  lib.  4.  pag.  gi  i.  princ.  [  Come 
fu  ufato  anche  dai  Romani  .  Gellio  oc». 
atc.lib.io.  cap.  27. 

(d)  Tratt.prd.  ai  Mon.  ani.  p.  KKXV . 


LIB.  IX. 
CAP.  II. 


LIB. IX. 
CAP.  II. 


206  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

di ,  che  vernano  anche  chiamati  ypafA^arèls  ,  offia  apportato¬ 
ri  degli  ordini  del  duce  fupremo  all  elercito  ,  portavano  un’ 
afta  ,  da  cui  pendeva  una  benda  ,  •mtvia.  (a)  ,  e  quali  una  fpe- 
cie  di  veftlllo  ,  che  indicava  eftere  rifpettabile  e  lacra  quella 
perfona  :  probabilmente  tal  lignificato  ha  preftb  Omero  (b) 
la  benda  d’ Apollo  ,  che  il  facerdote  Orile  portava  attaccata 
allo  fcettro  .  Quando  fpedivanli  nunzj  di  felici  novelle  aveano 
l’afta  intrecciata  con  rami  d’alloro  (c)  .  Siccome  certi  popoli 
barbari  ,  al  riferir  d’Ateneo  ( d ) ,  mandavano  ai  loro  nemici  gli 
araldi  colle  tibie  e  colle  cetere  ,  affine  di  ammollirne  gli  ani¬ 
mi  ,  onde  li  piegaflero  alle  loro  dimande  ;  così  è  probabile , 
che  anche  preffo  i  Greci  gli  araldi  che  ferviano  di  meffi  ,  alla 
maniera  degli  araldi  olimpici ,  portaftero  un  corno  e  la  cor¬ 
da  al  collo  ,  ed  aveller  anche  lo  feudo  (a)  .  Forfè  da  quella 
antica  coftumanza  deriva  l’ufo  odierno  di  fpedir  i  trombetti 
al  nemico  per  araldi  .  Virgilio  ,  parlando  di  Mifeno  araldo  di 
Ettore,  dice  che  inligne  era  nelle  battaglie  e  pel  lituo  e  per 
l’ afta  : 


Et  lituo  pignas  infìgnis  obibat  &  hajìa  ( e )  . 


(a)  Diod.  Sic.  l.i$.  §.  $2.  p.  44.  Tom.  il. 
(è)  Hom.  Iliad.  Lib.  1.  verf.  14. 

(c)  Plutarch.  in  Pomp.  pag.  6 q  3.  B.  [  Parla 
dei  littori ,  che  precedevano  l’efercito  roma¬ 
no  vittoriofo  colli  falci  intrecciati  di  fiondi 
di  lauro  . 

(d)  Deipn.  lib. 14.  cap.  6.  pag.  627.  D. 
(a)  Quello  era  da  provarli  ,  principal¬ 
mente  dopo  aver  detto  pocanzi ,  che  non  leg- 
geli  mai  che  ufalfero  il  corno  ,  ma  portaifero 
il  caduceo  ,  e  l'afta  .  Il  caduceo  è  Tempre  fla¬ 
to  il  diftintivo  degli  araldi  quando  andavano 
ad  annunziar  la  pace  ,  come  abbiamo  da  Tu¬ 
cidide  lib.  1.  cap.  u/t.  ,  e  ivi  lo  Scoliafte  gre¬ 
co  ,  Servio  ad  JEneid.  lib.  4.  v.  24.2. ,  con¬ 
cordemente  a  tutti  gli  altri  fcrittori  ;  per  in¬ 
timare  la  guerra  era  una  lancia  ,  fecondo  Po¬ 
libio  loc.  cit.  E  ficcome  fi  aveano  per  perfone 
fagre  ,  quali  mandate  dagli  dei ,  non  pote¬ 
vano  efsere  offelì  dai  nemici  ,  nè  elfi  poteva¬ 
no  in  modo  alcuno  offendere  quelli  ;  Diodo¬ 
ro  lib.  s-  §.  7 $■  pag.  g gì.  :  Mercurii  inven- 
tioni  aitribuunt  caduceatorum  legationts  in 
bellis  j  pacificationes  item  ,  &  feederum  liba- 


jf.  29.  Po- 

menta  ,  horumque  in  [igne  caduccum  ,  quod 
verba  ad  hojlem  fachiri  pri.feru.nt  ,  eoque  tu¬ 
li  accedunt  ,  &  rcCedunt  ;  Suida  r.  K»f ir.ucr  : 
perciò  effi  andavano  nudi ,  offìa  dilarmati , 
come  fcriveva  Dione  Grifoftomo  Orai.  37. 
pag.  47  3.  C.  :  Caduceatores  a  diis  mijji  di- 
cuntur .  Atque  ideo  apudnos  pax  a  caducea- 
toribui  annunciatur  :  bella  autem  fere  pierà- 
que  non  denunciata  geruntur  .  Et  nudi  lega- 
tione  funguntur  ad  armatos  prò  pace  ,  neque 
illorum  quemquam  injuria  licei  affcere_  ut 
qui  deorum  fiat  minijlri  ,  quicumque  amicìtii 
nuntii  funt .  Non  avranno  per  confeguenza 
portato  feudo  ,  che  è  arma  difenfiva  né  la 
fpada  ,  che  è  offenfiva  :  onde  potrebbe  creder¬ 
li  ,  che  anche  la  figura  fu  quel  vafo  citato  da 
inkclmann  tutfaltro  rapprefentaffe  ,  che 
un  càduceatore  ,  fe  il  vafo  è  di  greco  lavoro, 
perchè  appunto  ha  la  fpada  al  fianco  .  Per 
quanto  poi  li  rileva  da  Polluce  lib.  4.  cap.  12. 
fegm.  94.  gli  araldi  non  ufavano  corno  ,  ma 
la  voce  lòltanto  . 

(e)  JEneid.  lib.  6.  v.  x  67. 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  JC.  207 

jf.  2 g.  Potrebbe  qui  chiederti  come  e  perchè  nella  fia¬ 
tila,  di  cui  parliamo,  fiati  voluto  effigiare  un  araldo  ferito 
e  moribondo  ?  Quantunque  a  me  ballar  debba  d’aver  fatti 
ravvifare  in  quella  flatua  tali  attributi ,  che  caratterizzano  un 
araldo ,  pur  mi  Infingo  di  non  allontanarmi  molto  dal  vero- 
fimile  ,  congetturando  che  quella  flatua  rapprefentar  debba 
Polifonie  araldo  di  Lajo  re  di  Tebe  ,  ammazzato  da  Edipo 
infieme  col  iuo  padrone  (a)  ;  ovvero  Goprea  araldo  d’Euri- 
fleo  ,  uccilo  dagli  Atenieli  allorché  a  forza  flrappar  voleva 
dall’ara  della  Mifericordia  gli  Eraclidi ,  che  nella  loro  città 
eranfi  rifugiati .  Fu  quello  Coprea  il  più  celebre  araldo  della 
greca  mitologia  ,  e  ogni  anno  rinnovava!!  la  di  lui  memoria 
in  Atene  ,  facendovi!!  pubbliche  dimoflrazioni  di  duolo  ,  per 
aver  me  fio  a  morte  un  araldo  ,  le  quali  durarono  fino  ai  tem¬ 
pi  di  Adriano  (b)  .  Potrebbe  anch’efiere  quella  la  flatua  d’An- 
temocrito  araldo  d’  Atene  uccifo  dai  Megarefi  ,  i  quali  per 
quello  delitto ,  come  dice  Paufania  (c)  ,  provarono  lo  sdegno 
degli  dei  ,  onde  la  loro  città  ,  malgrado  tutto  il  favore  del 
mentovato  Adriano  ,  non  potè  mai  riforgere  (a)  . 

jf.  30.  Mi- 


(a)  Apollod.  Bibl.  lib.  3.  c.j.  §.  7.  p.i  69. 
[  Quelli  fu  uccifo  (landò  col  luo  padrone  fu 
un  cocchio  ,  ed  era  femplice  di  lui  precone  ; 
o  almeno  non  fu  uccifo  in  qualità  di  araldo 
a  qualche  popolo  .  Quindi  non  vedo  ragione  , 
per  cui  meritalTe  una  (fatua  ;  nè  Apollodoro 
rileva  alcun  di  lui  merito  . 

(A)  Philoftr.  Vie.  fophift.  lib.z.cap.  1.  n.j. 
pag.  ss?. 

00  lib.  1.  cap.  ]6.  pag.  88. 

(a)  EfTendo  (fato  Antemocrito  mandato 
araldo  da  Pericle  ,  fecondo  la  teftimonianza 
di  Plutarco  in  Pericle  ,  pag.  1  68.  E.  ,  fi  fa¬ 
rebbe  potuto  credere  con  qualche  fondamen¬ 
to  ,  che  gli  folle  fatta  inalzare  una  (fatua  da 
quel  capitano  ,  che  era  tanto  portato  per  le 
arti  ,  come  (ì  è  veduto  alla  pag.  r88.  6. , 

c  che  foflè  quella  l’opera  di  Ctefilao  lodata 
da  Plinio  ,  poiché  egli  fece  la  (fatua  dello  (tef- 
fo  Pericle  ,  come  fi  e  anche  accennato  daV'in- 
kelmann  alla  pag.  203.  Ma  odano  a  quefta 
opinione  altre  ragioni  ,  oltre  le  efpofte  qui 
avanti  nella  n .  a.  In  primo  luogo  ,  che  Plutar. 


co  non  parla  di  tale  (fatua  ,  e  dice  foltanto  j 

che  fu  fepolto  Antemocrito  per  pubblico  de¬ 
creto  preiTo  la  porta  Triafia  d’Atene  ,  e  Pau¬ 
fania  loc.  eie.  fcrive  ,  che  gli  fu  eretto  un  cip¬ 
po  per  memoria .  In  fecondo  luogo  la  no- 
ftra  (fatua  non  ha  barba .  Quefta  ai  tempi 
di  Pericle  ancor  fi  portava  ;  e  I’  ha  il  di  lui 
erme  col  nome  nel  Mufeo  Pio-Clementino  ; 
e  abbiamo  da  Ateneo  lib.t  3.  c.  f.pag.sS /.  » 
che  l’ufo  di  raderla  non  s’introdufle  in  Gre¬ 
cia.  ,  e  nominatamente  in  Atene  ,  fe  non  ai 
tempi  di  Alertandro  il  Grande ,  il  quale ,  al 
dir  di  Plutarco  in  Thefeo  ,  pag.  g.  B. ,  fu  il 
rimo  ,  che  la  fece  radere  ai  fuoi  foldati,  af- 
nchè  con  erta  non  deflero  prefa  ai  nemi¬ 
ci  .  Taluno  forfè  mi  ridonderà  ,  che  la  no- 
Itra  (fatua,  fe  non  ha  barba  ,  ha  le  bafettc  , 
o  muftacci ,  le  quali  efiendo  (fate  in  ufo  pref- 
fo  i  barbari ,  polTono  far  credere  ,  che  i  Gre¬ 
ci  fi  ferviflero  di  barbari  per  araldi ,  e  che 
barbaro  fia  quello  della  (fatua .  Io  non  ne¬ 
go  un  tal  ufo  preiTo  i  popoli  barbari ,  e  Cel¬ 
ti  fra  gii  altri  ,  avendone  le  prove  in  Dio- 


LIB. IX. 
CAP.  II. 


LIB. IX. 

CAP.  II. 

Mirane . 


20S  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

jT.  30.  Mìrone  vien  da  Plinio  nominato  in  ultimo  luo^o 

ÌD 

fra  gli  artifti  che  fiorirono  nell’olimpiade  lxxxvii.  Egli  ha  prin¬ 
cipalmente  lavorato  in  bronzo  ,  e  fon  del  pari  pregiate  le  fue 
figure,  o  animali  rapprefentino  o  uomini  .  Intorno  all’ara 
porta  nell’atrio  del  tempio  d’Apollo  ,  edificato  da  Augufto  a 
Roma  fui  Palatino  (a)  ,  eranvi  quattro  buoi  di  fuo  lavoro  (a)  . 
la  fu  a  vacca  (b)  è  celebrata  in  molti  antichi  epigrammi  (1)  , 


doro  lib.j.  f.28.pag.3fi. ,  Giulio  Celare  De 
bello  gali.  lib.  j.  cap.  14.  ,  Sidonio  Apoilinare 
Panegyr.  Major,  v.  243.,  Pelloutier  Hi  fi.  des 
Celtes  ,  lib.  2.  cap.  8 .  Tom.  il.pag.  186 .  ,  e 
ne  abbiamo  l’efempio  nelle  Tavole  1.  e  il. 
del  Tomo  antecedente  ,  in  cui  poilono  cre¬ 
derli  rapprefentati  due  foldati  celci  ,  come 
lì  è  detto  ivi  alla  vag.  46.  ;  non  però  cre¬ 
derei  mai  ,  che  i  Grc-i  volertelo  prevalerli 
di  tal  gente  per  un  uffizio  -on  poco  gelalo  ; 
e  poi  rileviamo  dal  Iodato  Ateneo  nel  lib.  6. 
c.  6.  pag.  zj4.  E. ,  che  erano  greci  gli  aral¬ 
di  ,  e  di  una  determinata  famiglia  nè  ho 
mai  trovato  un  efempio  in  contrario  . 

Con  tutte  le  olfervazioni  fatte  fin  qui  mi 
pare  che  redi  affatto  dubbiola  1  opinione  dei 
noltro  Autore  .  Io  ne  proporrò  un'altra,  che 
non  molto  fe  ne  allontana ,  e  pare  che  po¬ 
trebbe  avere  qualche  apparenza  di  verità  . 
Sofpetterei  pertanto  ,  che  vi  forte  effigiato  un 
trombetta  (partano  ,  il  quale  fi  fia  con  qual¬ 
che  azione  ftraordinaria  Pugnalato  ,  o  che 
per  altra  ragione  abbia  meritata  una  (fatua  . 
Gli  eferciti  fpartani  avevano  i  fuonatori  di 
trombe  ,  e  tibie  ,  e  al  loio  Tuono  marciava- 
vano  ,  davano  la  battaglia  ,  e  fi  ritiravano 
*on  ardine,  e  regola  determinata,  Tucidi¬ 
de  Hijì.  lib.  f.  cap.  70.  pag.  360.  ,  Plutarco 
facon.  apophthegm.  oper.  Tom.  il.  pag.  210. 
infine ,  e  Lacon.  inflit.  pag.  238 .  B.  ,  Lucia¬ 
no  De  fialtat.  §.  1  0.  op.  Tom.  il. pag.  27 3.  , 
Ateneo  lib.  14.  cap.  6.  pag.  627.  D.  A  que- 
fti  trombetti  conveniva  la  corda  al  collo  ,  e 
conveniva  anche  lo  feudo  per  ripararli  men¬ 
tre  facevano  il  loro  uffizio .  Quando  in  Gre¬ 
cia  s'introdufle  di  radere  la  barba ,  come  fi 
e  detto,  gli  Spartani  ,  che  erano  fra’ Greci 
i  più  bravi ,  per  Pegno  forfè  di  maggior  co¬ 
raggio  ,  e  fierezza  ,  ritennero  i  muftacci ,  co¬ 
me  abbiamo  da  Antifane  preflo  Ateneo  l.  4. 
cap.  p.pag.i 43.  princ.  ,  il  quale  appunto  vi¬ 
veva  ai  tempi  d'Alertandro  il  Grande  ,  fecon¬ 
do  lo  (ledo  Ateneo  lib.  1  3.  princ.  p.  f  j  f.  E 
ficcome  in  apprerto  fu  comandato  ,  e  fe  ne 
rinnovava  ogni  anno  l’editto  dagli  Efori ,  di 
non  piu  portarli ,  al  dir  dt  Plutarco  De  fera 
num.  ■vind.  oper.  Tom ,  il.  pag.fjo.  j  potreb- 


fra 

be  crederli ,  che  la  {fatua  forte  eretta  al  trom¬ 
betta  fparcano  circa  ,  o  dopo  i  tempi  d'Alef- 
fandro  ,  ai  quali  pure  conviene  il  lavoro  di  ef- 
la  per  la  fua  eccellenza  .  Potrebbe  anche  pen- 
farli ,  che  vi  forte  rapprefentato  un  armige¬ 
ro  ,  o  feutigero  ,  odia  uno  di  quei  foldati, 
che  accompagnavano  i  capitani ,  portando  lo¬ 
ro  le  armi ,  e  riparandoli  all'occafione  collo 
feudo  dai  colpi  de’ nemici ,  in  quella  guifa, 
che  Aiace  faceva  ripara  a  Teucro  per  falvar- 
lo  ,  Luciano  in  Parafi  §.  49.  Tom.  il.p.874. 
Elfi  ,  oltre  le  armi  ,  portavano  il  corno  per 
chiamare  all'ordine  del  capitano  i  folcaci  ,  e 
per  dare  il  Pegno  della  battaglia  .  Uno  di 
quelli  era  precifamente  Mifeno  ,  che  accom¬ 
pagnava  Ettore  ,  nominato  da  Winkclmann  5 
e  tale  ce  lo  deferive  Virgilio  loc  cit.  : 

Mifienum  iolidem,  quo  non  pr&fiantior  alter 

JEre  cure  viros  ,  Martemque  accendere 
canta  . 

Hccloris  hic  magni  fiuerat  comes  ,  tìeclom 
circum 

Et  lituo  pugnas  infiignis  obibat  ,  &  hafia  . 

Chi  fa  che  taluno  di  quelli ,  o  fpartano  ,  o 
barbaro  al  fcrvizio  dei  Greci  ,  non  li  fia  di- 
llinto  per  difendere  il  fuo  capitano ,  relfan- 
liandovi  anche  morto  ;  e  che  il  capitano  per 
gratitudine  gli  abbia  fatta  fare  quella  {fatua 
per  immortalarlo  ? 

(a)  Prop,  lib.  2.  el.  31 .  verfi.  7. 

(a)  Nel  Tomo  I.  pag.  38  7.  not.  c.  ho  (pie¬ 
gato  per  vacche  il  boves  di  Properzio  ,  Ap¬ 
ponendo  che  potertelo  edere  fui  modello  del¬ 
la  famofa  vacca  .  Se  fi  volertero  credere  vera¬ 
mente  bovi  ,  io  non  contradirei  molto  . 

(b)  Polfeduta  dagli  Ateniefi  ,  Cicerone  irt 
Verr.  acl.2.  I.  4.  c.bc.  ;  quindi  trafportata  in 
Roma,  ove  fi  vedeva  nei  Foro  ancora  ai  tempi 
di  Procopio  ,  che  uè  parla  De  bello  goth.  I.  4. 
cap.21.  ;  cioè  verfo  la  metà  del  vi.  lèco’o. 

(1)  Trentafei  epigrammi  leggonfi  nell’An¬ 
tologia  greca  fopra  tal  vacca  .  Egli  è  uopo 
dire  che  quella  ed  altre  r  pere  infigni  di  Mi¬ 
rane  fieno  fiate  pagate  più  colle  lodi  che  coi 
denari ,  poiché  ville  egli  ,  e  mori  affai  pove¬ 
ro  .  Petron.  Arb.  in  Satyr.  pag.  322. 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  EC.  209 

fra  i  quali  due  ve  n’  ha  d’Anacreonte  (a)  ;  e  Plinio  rammenta 
de’  verfi  della  famofa  Erinna  di  Lesbo  fu  un  fepolcro  ,  che 
quello  ardila  eretto  aveva  a  un  grillo  e  ad  una  cicala  (b)  ; 
ma  olìerva  con  ragione  lo  Scaligero  (r)  ,  che  fe  Anacreonte 
ed  Erinna,  coetanei  di  Saffo  (a)  ,  aveller  fatti  de’ veri!  per  Mi- 
rone  ,  quelli  dovrebbe  aver  vilfuto  nell’olimpiade  lx.  anziché 
nella  lxxxvij.  ,  a  cui  lo  fida  lo  dello  Plinio  (b)  .  Io  non  de¬ 
ciderò  qui  la  queilione  ;  ma  certamente  è  probabile  ch’egli 
da  anteriore  a  quella  ultima  epoca  ,  sì  perchè  ha  lavorate 
delle  datue  in  legno  ,  fra  le  quali  un’  Ecate  ad  Egina  (d)  ,  sì 
perchè  ,  fecondo  un’  odervazione  di  Paufania  (e)  ,  era  fatta 
nell’antica  maniera l’ifcrizione  che  vedealì  fotto  i  fuoi  lavori, 
la  qual  cofa  egli  non  dice  mai  delle  opere  di  Fidia  ,  di  Po- 
licleto  ,  e  de’ loro  contemporanei  (c)  .  Può  eziandio  argo¬ 
mentarli  la  dia  maggiore  antichità  dall’aver  commedo  il  pro¬ 
prio  nome  in  lettere  d’argento  dilla  cofcia  d’una  datila  d’A- 
pollo  in  bronzo  che  era  ad  Agrigento  (d)  ,  poiché  più  non 
ulavalì  ai  tempi  di  Fidia  di  far  l’ifcrizione  dalla  figura  mede- 
Tom.  IL  D  d  lima  ; 


(a)  Anthol.  Uh.  4.  cap.  7,  n.  4. 4. 

(A)  Plin.  Uh.  34.  cup.  8.  feci.  1  9.  %.  4. 

(c)  Animaci,  in  Euf.  chron.  p.  1 24.  [  Non 
determina  l'olimpiade  lx. 

(a)  Ateneo  Uh.  1  4.  cap.  8.  pag.  499.  C.  , 
fcrrye  ,  che  sbagliava  Ermefippo  nel  date 
Saffo  per  coetanea  d'Anacreonte  ,  avendo  ella 
vivuto  molto  tempo  avanti  . 

(b)  Anacreonte  giupca  l'ode  reazione  di  Bar¬ 
nes  nella  di  lui  vita  premeda  alle  opere,  n.V. 
Pa£‘fX. ,  nacque  nell’olimpiade  lv  anno  il., 
evide  85.  anni  ,  Luciano  in  Macroh.  §.26.  op. 
Tom.  iil.  p.228.  Potrebbe  combinard  l'età 
di  lui  con  quella  di  Mirone  ,  dicendo  ,  che 
quello  nell  ultimo  di  fua  vita  abbia  lodata  la 
vacca  ,  che  quello  poteva  aver  fatta  nell'età  di 
orca  anni  ,  come  oderva  il  fignor  Falco- 
net  hot.  far  le  44.  live  e  de  Plin.  c.8.  feci,  4  4. 
oeuvr.  Tom.  ni.  p.  ,  46.  calcolando  che  Ana¬ 
creonte  vivede  nell’  olimpiade  lxxit.  Egli 
però  poteva  edendere  di  più  l’età  d’ amen- 
due  ,  eflendo  arrivaro  Anacreonte  fino  all'o¬ 
limpiade  lxxvi.  ,  giuda  il  detto  calcolo' di 
Barnes,  vale  a  dire  fole  xi.  olimpiadi  puma 
dell’epeca  ,  in  cui  dice  Plinio  che  fiorì  Mi¬ 


rone  .  Riguardo  alla  poeteda  Erinna  ,  non  è 
improbabile  che  Plinio  a  quel  luogo  abbia 
intefo  di  Mirone  fcultore  ciò  ,  che  eda  dice 
della  poeteda  Mirone  ,  di  cui  parla  anche  Sui- 
da ,  e  in  lode  della  quale  per  quel  fepolcro 
fece  un  epigramma  in  greco  ,  riportato  dall' 
Arduino  al  detto  luogo  di  Plinio  .  Così  pen¬ 
da  il  Fabricio  tìibl.  grsca ,  Tom.  1. 1.  2.  c.  1  4. 
n.  28.  pag.  444  All’oppodo  Arduino  vuole 
che  abbia  errato  Erinna ,  o  altri  che  da  l’auto¬ 
re  di  quell’epigramma  ,  nell’ attribuì  re  quell’ 
opera  alla  poeteda  ,  anziché  allo  fcultore  . 

( d)  Paul'.  Uh.  2.  cap.  40.  pag.  1S0.  [  Anche 
Fidia  fece  una  datua  di  Minerva  in  legno  per 
la  città  di  Platea  ,  grande  quali  quanto  quel¬ 
la  fatta  per  gli  Ateniefi  ,  di  cui  fi  è  parlato 
alla  pag.  1 54.  noe.  a.  ,  Paufania  Uh.  9.  cap.  4. 
pag.  718. 

M  id-  /.  f- cap.  2  2.  pag.  444. 

(c)  Qued'argomento  proverebbe  troppo  , 
imperciocché  Paulània  parla  di  Lido  figlio  di 
Mirone,  fu  un  di  cui  lavoro  era  una  ifcrizionc 
colle  lettere  fecondo  la  forma  degli  antichi . 

(d)  Cicerone  in  V err.  a  et.  2. 1. 4.  cap.  44. 


LIB.  IX. 
CAP.  ir. 


LI3.  IX. 
CAP.  II. 


210  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 


fìma  ;  c  Tappiamo  all’oppollo  che  v’era  quell’ufo  ai  tempi 
d’Anacreonte  ,  il  quale  in  un  altro  epigramma  fa  menzione 
d’una  ftatua  di  Mercurio  ,  fui  cui  braccio  era  fcritto  il  no¬ 


me  di  colui  che  aveala  fatta  erigere  (a)  .  Nè  v’è  ragion  di 
credere  che  Mirone  abbia  pollo  il  fuo  nome  fulla  mentovata 
llatua  d’ Apollo  contro  un  pubblico  divieto  ,  ficcome  taluno 
ha  pretefo  (b)  ;  poiché  Cicerone ,  da  cui  abbiamo  la  notizia 
di  tal  lavoro,  di  sì  fatto  divieto  non  parla.  Vero  è  che  fu 
negato  a  Fidia  di  porre  il  fuo  nome  fulla  llatua  di  Giove  (a)  , 
ma  non  può  quindi  inferirli  ,  che  folfe  quella  allora  una  leg¬ 
ge  generale  .  Si  può  per  ultimo  trarre  contro  Plinio  un  ar¬ 
gomento  da  lui  medelìmo  che,  parlando  del  lavoro  de’ ca¬ 
pelli  e  de’ peli  nelle  llatue  di  Mirone,  dice  che  fatti  non  gli 
avea  meglio  dei  più  antichi  ancora  rozzi  fcultori  (*)  ;  dal  che 
s’inferifce  ch’egli  vivefìe  ne’  tempi  a  loro  vicini  ;  altrimenti 
come  mai ,  avendo  egli  tanta  abilità  ,  non  avrebbe  procurato 
di  non  cfler  inferiore  a’fuoi  coetanei,  i  quali  meglio  lavo¬ 
ravano  i  capelli ,  fe  avelie  villùto  nell’olimpiade  lxxxvii.  ?  (b) 
jf.  31.  Io  confelTo  però  che  ,  fe  facciamo  Mirone  sì  an¬ 
tico  ,  difficilmente  s’intenderà  come  Plinio  abbia  potuto  lo¬ 
darlo  dicendo  di  lui  :  primus  hic  multiplicajje  varietatem  vi- 
detnr ,  numerofior  in  arte  qmm  Polycletus  .  S’ egli  fiorì  lungo 
tempo  prima  di  Policleto  ,  come  può  aver  introdotto  nell’arte 
più  armonia  di  lui ,  e  meritar  la  preferenza  a  quello  titolo  ?  (c) 

No¬ 


ta)  Suid.  v.  ,  ib.  not.  Kuft. 

(A)  Fraguier  La  gali,  de  V erres  ,  Acad.  des 
Infcript.  Tom.  VI.  Mém.  pag.  36S. 

(a)  Paufania  /.  j.cap.  io.  pag.  397.  dice 
che  vi  folle  fcritto  fulla  bafc  .  Secondo  Cle¬ 
mente  Aieifandi  ino  Cohortat.  ad  Gene.  n.  4.. 
Pag:+7->.c  Arnobio  Adverf. Gene.  1.6.  p.i qq. 
Fidia  fcrirte  il  nome  dell'amico  fuo  Pantane 
fu  un  dito  dello  Aedo  Giove  ;  e  il  fuo  nome 
anche  fulla  bafe  della  Venere  in  Atene ,  fe¬ 
condo  Plutarco  in  Pericle,  pag.  160.  C.  Vegg. 
pure  gli  Accademici  Ercolanefi  De'  Bronzi , 
Tom.  1.  Tav.  4f.  n.j. ,  Gedoyn  Hijl.  de  Phi- 
dias  ,  Acad.  des  Infcript.  Tom,  V.  Mém. 
P“g-  3 07 V 


(*)  Capillum  quoque  &  pubem  non  emen- 
datius  fecijfe  quam  rudis  antiquitas  i n/li t ae¬ 
ra  t  ,  toc.  cit. 

(s)  Lo  Audio,  e  la  premura  fua  ,  dice  Pli¬ 
nio  ,  era  tutta  di  far  bene  il  corpo  delle  fi¬ 
gure  :  quindi  trafeurò  i  capelli,  e  il  pube, 
e  non  efprefle  le  pafiioni  dell'animo  .  Quanti 
altri  artifti  hanno  fatta  bene  una  parte  ,  e 
altre  le  hanno  trafeurate  ,  o  non  vi  fono  riu- 
feiti ? 

(c)  Senza  tante  congetture  ,  e  argomenri , 
fe  Winkelmann  avèrte  bene  ortervato  Paufa¬ 
nia  ,  avrebbe  veduto  ,  ch'egli  combina  con 
Plinio  nel  fidare  l'epoca  di  Mirone  .  Nel  /.  6. 
e.  2.  pag.  4/ 4.  feri  ve,  che  gli  Spartani  dopo 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  EC.  211 

Notili  qui  che  tal  palio  di  Plinio  non  è  flato  ben  intefo  dall’Ar-  . . 

duino  ,  fecondo  cui  lo  ftorico  volle  dire  che  Mirone  molti-  LIB’  IXl 
plico  l’arte  fua  ,  o  piuttofto  che  ha  fatto  gran  numero  di  CAP' h 
flatue  .  La  parola  numerofior  ,  a  mio  avvifo  ,  qui  fignifica  che 
quello  ardita  ha  portata  mole’ armonia  nell’arte,  poiché  in 
quello  fenfo  prende!!  la  voce  numerus  prelTo  i  Latini  ,  anzi 
anche  prelTo  gl’italiani  ,  dicendoli  a  cagion  d’ efempio  U 
maeJìX  del  numero  omerico  .  In  quello  medelimo  fenfo  vien 
prefa  la  voce  numerofior  preffo  Plinio  (a)  ,  ove  parla  di  An¬ 
tidoto  (a)  . 

D  d  2  fi.  32.  Fra 


l'irruzione  dei  Perii  in  Grecia  fi  diedero  a 
mantenere  ,  e  ad  addellrar  cavalli  ;  nel  che 
poi  fuperarono  gli  altri  Greci  .  Dopo  quel 
tempo  ,  cioè  dopo  l'olimpiade  lxxv.  come 
fi  è  detto  alla pag.  1  78.  n.  b.  ,  e  forfè  qualche 
olimpiade  appreso  ,  giacche  Paufania  non  in¬ 
dica  quale  folle  ,  cominciarono  diverfi  atleti 
ad  addcltrare  i  cavalli  per  la  corfa  nei  giuo¬ 
chi  pubblici .  Fra  quefti  vi  fu  Licino,  il  qua¬ 
le  volle  per  la  prima  volta  fervirfi  di  pulle- 
dri  ;  ma  non  avendone  avuto  buon  efito  , 
pensò  di  addcflrare  cavalli  più  adulti ,  coi  qua¬ 
li  in  apprelfo  ottenne  la  vittoria  nei  giuochi 
olimpici ,  e  vi  dedicò  due  ftatue  ,  opera  di 
Miione  .  Si  dia  un  ragguaglio  di  tempo  a 
tutte  quelle  cofe  ,  e  fi  vedrà  ,  che  Mirone  vif- 
fe  veramente  intorno  all’olimpiade  lxxxvji., 
ove  lo  riporta  Plinio  ,  il  di  cui  racconto  è 
anche  tanto  circollanziato  ,  che  non  può  fa¬ 
cilmente  fupporvifi  errore  .  Un  altro  argo¬ 
mento  lo  polliamo  trarre  da  Cicerone  De 
clar.  orar.  cap.  18.,  e  da  Quintiliano  lib.  12. 
cap.to.  addotto  (opra  alla  pag.  184.  n.  b.  , 
ove  facendo  la  fèrie  cronologica  degli  Itili 
di  varj  artitli  celebri  ,  mettono  Mirone  dopo 
Calamide  ,  il  quale  ha  fiorito  nella  lidia  epo¬ 
ca  ,  come  dirò  qui  apprelfo  al  3.  p.21 4. 
Crederei  poi  che  non  andaife  collocato  dopo 
quell'epoca  ,  perocché  Alcamene  ,  di  lui  con¬ 
temporaneo  ,  come  ha  efpollo  Winkclmann 
qui  avanti  pag.  1  g  1 .  fu  il  primo  a  fare  Ecate 
triforme  ;  e  Mirone  avea  fatta  d'una  fola  fi¬ 
gura  quella  citata  dallo  Hello  Winkelmann , 
fecondo  Paufania  lib.  2.  cap.  30.  pag.  180. 

(<0  Plin.  lib.  3S.  cap.  1 1.  feci.  *o.  §.  2 8. 

(a)  Delle  tante  altre  opere  celebri  di  Mi¬ 
rone  ,  r.oi  ci  contenteremo  di  nominare  qui 
in  primo  luogo  le  tre  flatue  colorali  eret¬ 
te  in  Samo,  rapprefentanti  Minerva,  Erco¬ 
le  ,  e  Giove  .  Antonio  le  trafportò  a  Roma  , 
e  Augnilo  rimandò  colà  le  due  prime ,  Stra- 


bone  lib.  14..  pag.  $44.  C.  In  fecondo  luo¬ 
go  faremo  parola  del  celebre  di  lui  Difco- 
bolo  ,  olTia  della  llatua  di  un  giuocatore  di 
difeo  .  Il  noftro  Autore  lo  avea  nominato 
nella  prima  edizione  ,  e  noi  abbiamo  già  ac¬ 
cennato  nel  Tom.  1.  pag.18 g.  n.  A.  ,  che  una 
copia  in  marmo  ne  è  Hata  trovata  ultima¬ 
mente  negli  fcavi  della  villa  Palombara  full' 
Efquilino  .  Più  opportunamente  occorre  qui 
di  parlarne  ,  sì  per  provare  ,  che  il  Dilcobo- 

10  di  Mirone  flava  realmente  nella  molla  , 
e  atteggiamento  della  llatua  in  marmo ,  co¬ 
me  anche  per  far  collare  ad  evidenza ,  che 
quella  non  è  che  una  copia  di  quello .  Pre¬ 
mettali  però  ,  che  la  detta  llatua  è  tutta  an¬ 
tica  col  difeo  ,  e  non  ha  reftauro  ,  fe  non 
che  in  un  pezzo  della  gamba  delira  da  fotto 

11  ginocchio  fino  alla  giuntura  del  piede  . 

Per  la  prima  parte  dunque  noi  abbiamo 

Luciano,  il  quale  ce  lo  deferive  in  maniera 
così  precila  da  non  poterfene  più  dubitare . 
Egli  dice  ,  che  aveva  la  faccia  piegata  ,  e 
rivolta  verfo  la  mano  ,  che  portava  il  difeo  ; 
che  aveva  la  punta  del  piede  finiltro  alquan- 
to  ripiegata ,  e  voltata  indietro  ;  e  che  fla¬ 
va  chinato  ,  e  incurvato  col  corpo  nell’atto 
precifamente  di  rizzarli  per  gettare  il  difeo. 
Si  veda  la  figura  ,  che  ne  diamo  in  fine  di 
quello  Tomo  Tav.  il.  quanto  bene  confronti . 
Bilbgnerà  per  altro  confellare  ,  che  median¬ 
te  l'ifpezione  della  figura  fi  capifce  a  dove¬ 
re  il  fenrimento  di  Luciano  ,  che  per  man¬ 
canza  di  effa  non  era  flato  capito  finora  da¬ 
gl’interpreti  ,  e  dagli  annotatori  ;  c  può  dar- 
fene  la  giufla  verfione  .  Ecco  le  di  lui  paro¬ 
le  nel  dialogo  intitolato  Philopfeudes ,  i>.  18. 
op.  lom.  1  il.  pag.  4.3.  :  M»»  rcv  •/'icxtvovTa, 
?»  J''  5><ò  ,  $*'<  ,  tÒ»  iT/xtxvfsra  rari  ri 
cyvfxa  T»f  ,  ccx'.Cfa ppiicv  to  tu» 

J'iar.cfl(OV  >  ifigOL  ènAa^iira  ti*  fTtfM  ,  toi- 


21  2 


Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

. - £  j2.  Fra  gli^fcolari  di  Mirone  Plinio  annovera  certo 

r  r8.  ix.  Licio  ,  di  cui  opera  era  la  ilatua  d’un  fanciullo  che  foffiava 

nel 


CAP.  II. 


;  k  r  V  *  A»  $ 

xora  /mtu  r««  (SoXne  •  di/ic 

•>  ‘v  f\ 

EKt/yDV  ,  oe  ,  urli  twv  Mvpwyos  ed;  w/  sy 
xaì  tdwtÓ  tnr  9  J'ick OjSIxoe  .  Sy  XEje/f  • 
A'.vvt  Difcobolon  (  oppure  Ulani  flatuam  , 
qui  difcum  jacit  )  dicis  ,  inquarti  egò  ,  incur- 
vantem  Je  ad  jaciertdi  geftum  ,  reflexo  vultu 
ad  eam  (  manùm  )  ,  qua  difcum  fert  ,  paul- 
lum  fubmiffo  pedi  altero  (  Infiltro  ),  ut  in 
ipfo  (latini  jaìlu  furretturus  una  videatur  ? 
Nequaquam  ,  inquit  ille  ,  quandoquidem  & 
unum  ex  Myronis  operibus  eft  ille  Difcobo - 
los  ,  quem  aids  .  La  parola  r»»  J'um.ifipoy  > 
che  veduta  la  figura  reità  chiaramente  {pie¬ 
gata  per  la  mano ,  che  porta  il  difco  ,  ripor¬ 
tando  infatti  la  delira  della  (tatua  il  difco 
dal  punto  più  lontano  ,  a  cui  polla  (tenderli 
nell'atto  di  volerlo  (cagliare  ,  avea  data  la 
maggior  tortura  agl'interpreti,  e  annotato¬ 
ri  .  Alcuni  l’aveano  tradotta  in  eam  partemj 
e  perciò  Gelhero  nella  nota  pretendeva  in- 
fuìfamente  ,  che  la  figura  guardarti:  la  meta 
(  quali  che  la  meta  poterti:  portare  il  difco  ) , 
avendo  prima  detto  ,  di  non  poter  credere  , 
che  guardalde  una  donna  ,  la  quale  gli  pre- 
fentalle  il  difco  .  Solano  ,  e  Reitzio  hanno 
penfato  ,  che  debba  intenderli  della  mano  , 
che  porta  il  difco  ;  e  la  loro  congettura  è  (la¬ 
ta  confermata  dalla  (tatua  ;  ma  poi  non  li 
combina  colla  medefima  il  fignor  Reitzio  , 
traduccndo  nella  (uà  edizione  ,  di  cui  ci  fer¬ 
viamo,  paullum  fubmijfo  genu  altero ,  le  parole 
■bfì/j.a  Ik\x£ovtu  tu  ErÉp'j  ,  per  intendere  co¬ 
si  del  ginocchio  ciò  ,  che  va  intefo  del  piede  , 
come  anche  le  aveano  intefe  ,  e  tradotte  bene 
altri  prima  di  lui  .  Per  ultimo  è  chiaro ,  che 
nJ  ETtfto  altero  pede  ,  fecondo  piede  ,  è  il 
piede  Infiltro  . 

Con  quella  deferizione  di  Luciano  potre¬ 
mo  avanzarci  a  far  vedere  ,  che  lo  deferive 
eziandio  non  equivocamente  Quintiliano  luti, 
orat.  lib.z.  cap.i  z.  Egli  vuol  provare  ,  che 
fia  bene  talvolta  di  ufeire  dallo  Itile  (olito  ,  e 
•dall'ordine  comune  nelle  orazioni  per  dar  lo¬ 
ro  con  certa  novità  una  fpecie  di  rifalto  ,  che 
non  difpiace  agli  uditori .  A  tal  fine  adduce  il 
paragone  degli  llatuarj  ,  e  de’  pittori ,  i  quali 
fovente  variano  lodevolmente  dal  (olito  Pat¬ 
teggiamento  ,  gli  ornamenti ,  il  volto  delle 
■figure  .  Imperocché  ,  fcrive  ,  un  corpo  rit¬ 
to  ,  e  fenza  morta  (  come  fi  è  veduto  nel 
Tomo  I.  edere  la  maggior  parte  delle  figure 
egiziane)  ha  ben  poca  grazia  ;  come  fe  ven¬ 
ga  rapprefentato  col  viio  di  facciata ,  colle 
braccia  abballate  ,  e  Itefe,  i  piedi  uniti ,  e  da 
quelli  al  capo  Ila  tutta  la  figura  dritta  ,  dura, 
c  come  huerizzita  .  All'oppofto  quel  torci¬ 


mento  ,  e  per  così  dire  ,  quella  morta  ,  dà  una 
certa  azione  alle  figure  ,  e  le  anima  in  qual¬ 
che  modo  .  Così  le  mani  non  devono  edere 
fatte  tutte  in  una  maniera  ,  e  devono  rappre- 
fentarfi  variamente  i  fembianti.  Alcune  figure 
veggonfi  nell'atto  di  uomo  ,  che  Ila  in  pro¬ 
cinto  di  correre  ,  altre  d’uomo  ,  che  fiede  ,  o 
s'appoggia  ;  altre  fono  nude  ,  altre  vertice  ,  ed 
altre  in  parte  nude  ,  e  in  parte  vertice  .  E  per 
verità ,  che  v’  è  di  più  (torto  ,  e  ricercato  ,  o 
forzato  del  Difcobolo  di  Mirone  ?  Eppure 
chi  volelfe  criticarlo  ,  e  riprenderlo  come  un’ 
opera  meno  giuda  ,  non  farebbe  vedere  che 
poto  intende  l'arte  ,  nella  quale  principal¬ 
mente  è  degna  di  lode  quella  della  novità  ,  e 
difficoltà  5  Expedìt  fspc  mutare  ex  ilio  con- 
ftituto  ,  traditoque  ordine  aliqua  ,  Ù  interim, 
decet  ut  in  ftatuis  ,  atque  picluris  videmus 
■ variar ì  habitus  ,  vultus  ,  flatus  .  Nam  reeli 
quidem  corporis  vel  minima  grada  efl  .  Nem- 
pe  enìm  adverfa  fit  facies  ,  &  demi/fa  bra- 
ckia  ,  <J  jundi  pedes  ,  &  a  fummis  ad  ima 
rigens  opus  :  flexus  ille  ,  &  ,  ut  fic  dixerim  , 
motus  ,  dat  adum  quemdam  effidis  .  Ideo  nec 
ad  unum  modum  formate  manus  ,  &  in  vultu 
mille  fpecies  .  Curfum  habent  quidam  ,  &  ìm- 
petum  ;  fedent  alia  ,  vel  incumbunt  ;  nuda 
hic  ,  illa  velata  funt  ;  quidam  mixta  ex  u- 
tpoque  .  Quid  tam  diflortum  ,  &  elaboratum, 
quam  eft  ille  Difcobolos  Myronis  ?  Si  quis 
tamen  ut  parum  recium  improbet  opus  ,  non¬ 
ne  is  ab  intelledu  artis  abfuerit ,  in  qua  vel 
precipue  laudabilis  efl  illa  ipfa  novitas  ,  & 
difficu/tas  5  In  quello  dettaglio  di  Quintilia¬ 
no  chi  non  vede  prefo  di  mira  il  Difcobolo  di 
Mirone  ,  come  quello  ,  che  nel  fuo  genere 
poteva  folo  date  la  miglior  prova  di  quali 
tutti  quei  caratteri  infoliti  ,  che  dagli  arridi 
venivano  efprelfi  nelle  figure  ;  e  che  egli  com¬ 
prendeva  in  poche  parole  col  dire  ,  che  fi¬ 
gura  più  (torta  ,  e  ricercata  di  quella  di  Mi¬ 
rone  al  mondo  non  v’era  ;  e  ciò  non  oftante 
non  poteva  biafimarfi  come  difettofa  5 
Per  provar  quindi ,  che  la  flatua  in  marmo 
non  fia  che  una  copia ,  fi  portono  recare  non 
pochi  argomenti  ,  e  ragioni ,  che  non  lafcia- 
no  luogo  a  queftione  .  Tutti  gli  antichi  fcrit- 
tori ,  elle  nominano  qualche  opera  di  Miro¬ 
ne  ,  e  la  materia ,  in  cui  era  lavorata  ,  non 
parlano  di  altra  materia  ,  che  di  bronzo  . 
Vegganfene  molti  riportati  da  Giunio  Cacai, 
archit.  ec.  pag.  i2p.  feg.  Fra  quelli  ,  alcuni 
pare  che  efcludano  ogni  altra  materia ,  co¬ 
me  Petronio  Satyr.p.  qzz.  :  Myron  pene  ho - 
minum  animai  ,  ferarumque  ire  comprehen- 
derat ,  e  Tzetze  Chil.  6, nifi,  i  v. 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  K,  21  3 

nel  fuoco  (a)  .  Di  tale  (fatua  può  dare  un’idea  un  piccolo 
gruppo  della  Farnelina  ,  in  cui  un  vecchio  mette  un  intiero 
majale  nella  caldaja  ,  fotto  cui  Ila  foffiando  un  fanciullo , 


che  foftienfì  fu  un  ginocchio 


Faber  ardii us  .  Plinio  l.  36.  c. 3. feci.  4.  §.  io. 
loda  molto  una  di  lui  opera  in  marmo  elìden¬ 
te  a  Smirne  ;  ma  dice  inlìeme  ,  che  la  Tua  ce¬ 
lebrità  era  pel  bronzo  ,  come  aveva  diffiufa- 
mcntc  dritto  nel  l.  34.  c.  8.  feti.  ip.§.  3., 
ove  nel  numerarne  le  opere  in  quella  ma¬ 
teria  ,  vi  mette  clprefiamentc  il  Difcobolo  . 
Luciano  finalmente  ne  parla  anch’egli  loc.  eie. 
§.  18.  19.  2.0.  come  di  una  dama  di  bron¬ 
zo  inficine  a  varie  altre  della  della  materia  . 
Dunque  in  bronzo  era  l'originale  ,  c  la  da- 
tua  in  marmo  altro  non  farà  che  una  co¬ 
pia  .  Per  tale  fi  riconofee  non  meno ,  fe  fi 
rifletta  ,  che  cita  ha  qualche  parte  difettofa  , 
o  non  finita,  come  il  piede  finillro,  il  gi¬ 
nocchio  dedro  ,  e  parte  del  collo  ;  e  che  un 
lungo  puntello  dello  dello  marmo  attaccato 
alla  cofcia  dedra  le  reggeva  ,  quando  fu  fca- 
vata ,  il  braccio  defo  in  alto  :  il  che  faceva 
certa  deformità ,  la  quale  non  poteva  Iafciar 
credere  ,  che  un  sì  valente  ardita  avelie  vo¬ 
luto  fcegiiere  un’azione  tanto  dorta ,  ed  e (e- 
guirla  in  una  materia  ,  che  per  reggerli  avef- 
ie  avuto  bifogno  d’un  tal  fodegno  ,  il  quale 
la  deformarti  ,  e  toglierti  in  gran  parte  il  me¬ 
rito  dell'invenzione . 

Colla  feorta  di  queda  intiera  datua  è  da¬ 
to  ortirvato  ,  che  il  torfo  della  (fatua  nel 
mufeo  Capitolino  ,  di  cui  fi  vede  la  figura 
nel  Tomo  ni.  di  erto  mufeo  ,  Tavola  69., 
redaurato  per  un  gladiator  caduto  ,  altro 
non  forti,  che  una  copia  dello  dello  Difco¬ 
bolo  ;  ficcome  un  altro  torfo  redaurato  in 
altra  maniera  ,  porteduto  già  dal  fig  Gavino 
Hamilton  in  Roma ,  e  pallato  ora  in  Inghil¬ 
terra  .  Io  poi  fofpetterei ,  che  poterti  averli 
come  una  terza  copia  la  datila  più  conlir- 
vata  in  molte  parti,  e  perciò- più  riconofci- 
bile  ,  della  galleria  Granducale  a  Firenze  , 
rellaurata  prima  per  un  Endimione ,  e  per 
tale  fpicgata  dal  Goti  Muf.  Florent.  Statua  , 
Tab.  21 .  ,  ove  ne  dà  la  figura  ;  e  in  appref- 
fo  ,  come  ci  avvifa  il  fignor  Lanzi  nella  de- 
fcrizione  di  quella  galleria  ,  art.  1  par.  2. 
cap.  p.  pag.  76.  ,  adattata  per  un  figlio  di 
Niobe  unito  alle  tlarue  del  gruppo ,  di  cui 
fi  è  parlato  qui  avanti  pag.  199.  e  fegg. 

Tante  copie  ,  lavorate  da  buona  mano  , 
fanno  ben  conofcerc  quanta  forti  la  dima , 
che  gli  antichi  facevano  dell'originale  .  Erto 
viene  deferì tto  da  Luciano  ,  come  elidente 
ancora  a’  giorni  fuoi  ,  vale  a  dire  dopo  i 
tempi  di  Trajano  ,  al  principio  del  fecondo 
fecolo  dell’era  crilliana  ,  in  cui  viveva ,  co- 


piegato  . 

jf.  33.  Chiù- 

me  può  vederli  predo  Brucherò  Hift.  crii, 
pkilof.  Tom.  il.  per.  il. par.  I.  lib.  I.  cap.  il. 
feci.  Fili.  §.  7.  p.  61  T.feg.  ,  nell’atrio  di  un 
palazzo  in  Atene,  ed  era  in  Geme  col  Dia- 
dumeno  di  Policleto  ,  di  cui  iì  è  parlato  alla 
pag.i  pj. ,  e  colle  datile  d’Armodio  ,  e  Arirto- 
gitone  ,  nominate  alla  pag.  192.  not.  c.  ,  dopo 
che  furono  riportate  dalla  l’erlìa  ,  non  fi  fa 
precilamente  da  chi ,  come  orterva  Meurfio 
Ceram.  gem.  c.  1  0.  op.  Tom.  I.  col.  48 3.  ,  che 
peraltro  lo  dello  Luciano  mette  nel  Foro  della 
citta  in  Paraf.  §.  48 .  op.  Tom. ri. p. 87  3. ,  fep- 
pur  non  fono  diverfe  .  Se  poteflìmo  argo¬ 
mentare  del  fuo  merito  dal  lavoro  delle  co¬ 
pie  ,  fi  potrebbe  dire  ,  che  ne  folle  ben  la¬ 
vorato  principalmente  il  corpo  ,  nel  lavorare 
il  quale  Mirone  era  più  diligente ,  come  ho 
già  notato  con  Plinio  alla  pag.  21 0 .  n.  b.  ,  di 
quello  folle  riguardo  ai  peli  del  pube  ,  ed 
ai  capelli  che  qui  fono  poco  rilevati  ,  e  ac¬ 
cennati  con  de’  piccoli  tratti  non  molto  in¬ 
cavati  nel  marmo  .  La  punta  del  piede  così 
piegata  indietro  a  prima  vida  non  pare  natu¬ 
rale  per  uno ,  che  voglia  in  tal  modo  acqui- 
dar  forza  ,  ed  eladicita  .  Ma  pure  non  deve 
crederfi  un  errore  dell’artida.  Mirone  vede¬ 
va  gli  atleti ,  e  i  giuocatori  del  difeo  .  Vo¬ 
leva  rapprefentarne  uno  nel  momento  di  lan¬ 
ciare  ,  e  nel  punto  più  difficile  della  molla . 
È  egli  credibile  ,  che  uomo  tanto  efercitato  , 
e  nraedro  lo  facerte  a  capriccio  fenza  guar¬ 
darlo  in  quell’atto  ,  e  che  neflùno  fcrittore 
ne  rilevafle  il  difetto  ;  ma  quedi  faceflero 
anzi  a  gara  nel  commendarlo  ,  i  buoni  arridi 
nel  moltiplicarne  le  copie  ,  ed  i  Romani  nell’ 
acquiftarlc  ?  Luciano  avrà  veduti  que’  giuo¬ 
catori  ,  e  non  per  quedo  ha  trovato  errore 
nella  datua  ,  che  anzi  egli  la  deferiye  colla 
punta  del  piede  ritorta  in  quella  guifa  ,  co¬ 
me  propria  d’un  giuocatore  nel  momento  di 
alzarli  ,  e  di  avventare  il  difeo .  Noi  non  fap- 
piarno  la  forza  degli  antichi  atleti  ,  e  i  mez¬ 
zi  ,  che  erti  adopravano  per  acquiftarne  coll’ 
efercizio  ;  ma  dovea  certamente  crter  gran¬ 
de  .  Nè  abbiamo  tutte  le  cognizioni  degli 
antichi  arridi  per  giudicare  del  merito  delle 
loro  opere  .  Anche  in  altre  d2tue  rinomate 
fi  fono  voluti  trovare  dei  difetti  ,  che  poi 
fi  è  provato  in  appreflo  non  elfere  dati  altro, 
che  difetto  di  cognizione  dell’arte  antica  ,  e 
d’efperienza  in  chi  giudicava .  Vedi  appreflo 
al  Libro  XI.  Capo  ni.  §.  14.  >  e  Tomo  I, 
pag.  340- >  30  2- 

00  lib.  34.  cap.  i.Jcct.  19.%.  17, 


LIB.  IX. 
CAP.  II. 


214  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

—  — -  —  jf.  33.  Chiuderò  quefte  mie  confiderazioni  full’  arte  di 
cat^ii  ^IDIA  e  contemporanei  (a)  con  oiTervare  ,  che  a  quell’ 

epoca  pregiavanfi  più  i  nuovi  che  gli  antichi  lavori,  all’op- 
pofto  di  quello  che  è  fucceduto  immediatamente  dopo  ,  e 
così  avvenir  dovea  .  Quindi  s’intende  come  con  ragione  Tu¬ 
cidide  faccia  dire  dagli  ambafciatori  di  Corinto  in  un’aringa 
agli  Spartani  ,  che  nell’arte  le  più  recenti  opere  {Ì7nyiy  visiva.) 
denno  alle  vecchie  preferirli  (a) . 

oflervatìoni  $■  34-  Un  erudito  inglefe  ( b )  foftiene  che  la  nota  Apo- 
d'Omer°0K0Ìl  te°lì  d’Omero,  efiftente  nel  palazzo  Colonna  in  Roma,  fia 
lavoro  fatto  fra  l’olimpiade  lxxii.  e  la  xciv.  ,  fondando  la 
fua  opinione  non  fui  lavoro  ,  eh’  egli  forfè  mai  non  vide  , 
ma  fu  una  fuppofta  ortografia  della  parola,  che  ivi  lignifica  il 
tempo  .  Vi  fi  legge  ,  dic’egli  ,  KI-PONOE,  in  vece  di  XPONOS  ; 
dunque  quella  è  opera  di  quell’età  ,  in  cui  da  Simonide  non 
era  ancora  Hata  inventata  la  X  ,  e  in  fua  vece  ufavafi  KP  (b)  . 

Co- 


Ca)  Tra  quelli  doveva  particolarmente  no¬ 
minarli  Calamide  ,  di  cui  Winkeimann  ha 
parlato  piu  volte  ,  cioè  nel  Tomo  I.  pag. 387. 
e  3X9.,  e  in  quello,  alla  pag.  1 08.  princ. , 
1 1  6.  e  1 8 1 .  Paufania  ci  adicura  che  abbia 
vivuto  in  quell'epoca  ,  fcrivendo  lih.  1.  cap.  3. 
pag.  9.  ,  che  nel  tempo  della  guerra  pelopon- 
neliaca  fece  la  (latua  dell’Apollo  aleflicaco  , 
o  averrunco  ,  in  Atene  ,  di  cui  riparleremo 
nel  Lib.  XI.  Capo  ni.  §.  12.  ;  e  può  confer¬ 
marli  conliderando  i  tempi  ,  ne’  quali  fece 
varie  altre  datile  ,  nominate  dallo  delio  Pau¬ 
fania  ;  come  per  efempio  ,  una  che  ne  dedi¬ 
cò  Pindaro  ,  lib. 9.  cap.i  6.  pag.741 .  ,  il  quale 
nacque  nell’olimpiade  lxxv.  ;  un’altra,  di 
Venere  ,  la  dedico  Callia  ateniele  ,  il  quale , 
come  fcrive  lo  delio  Paufania  lib.  1.  cap.  8. 
pag.  19 .,  lib.  1 0.  cap.18.pag.840.,  viveva 
dopo  la  vittoria  riportata  dai  Greci  contro  de’ 
Perii,  e  nell’olimpiade  lxxv  11.  ottenne  la 
vittoria  da  pancraziade  in  Elide  ,  lib.  j.  c.  9. 
pag .  396.  Al  principio  della  delia  epoca  io 
metterei  fra  i  celebri  arridi  anche  Socrate 
Tateniefe  figlio  dello  fcarpellmo  Sofronilco  . 
Egli  nacque  nell’olimpiade  lxxvii.  anno  tv., 
e  attefe  alla  fcultura  anche  dopo  l’olimpiade 
ixxx.  prima  di  abbandonarli  alla  filofofia . 
Vegg.  Brucherò  Hijior.  cric,  philof.  Tom.  1. 
par.  il.  lib.  il.  cap.  il.  §.  2.  pag.  $23.  feg. 
Si  refe  celebre  principalmente  per  le  datue 


delle  tre  Grazie  in  marmo  pode  avanti  l'in- 
grelio  della  rocca  d’Atene  ,  delle  quali  parla¬ 
no  Plinio  lib. 36.  cap. 3.  feM.  4..  §.  1 0  ,  Laer¬ 
zio  lib.  2.  fegm.  1  9.  ,  Paulania  lib.  t .  cap.  22. 
pag.  33-,  lo  Scoliade  d'Aridofane  inNub. 
•verf.  771.  ,  Suida  v.  Souftcrnf  ,  ed  altri  fcrrt- 
tori .  Paufania  ,  riparlandone  lib.  9.  cap.  33. 
pag.  781.,  ollerva  ,  che  le  fece  vedite  a  dif¬ 
ferenza  di  tutti  gli  altri  arridi  ;  e  non  fa 
trovarne  la  ragione  .  Io  crederei  che  folle  per 
modedia  ,  fapendofi  che  fin  d’allora  atten¬ 
deva  alla  filofofia  .  Per  quedo  lavoro  poteva 
Socrate  elfer  chiamato  il  maedro  della  gra¬ 
zia  ,  come  lo  chiama  Vinkelmann  qui  avanti 
pag.  11 7. 

(a)  Thucyd.  lib.r  .  cap.  71 .  pag.  48.  princ. 
[  Racconta  Platone  in  Menone  ,  op.  Tom.  il. 
pag.  97.  D.  ,  che  gli  fcultori  del  tempo  fuo 
dicevano  ,  che  Dedalo  farebbe  dato  podo  in 
ridicolo  ,  fe  avelie  lavorato  allora  fecondo  la 
fua  maniera  ;  la  quale  peraltro  era  data  di- 
mata  prodigiofa  una  volta  .  Vegg.  qui  avanti 
pag  1  6  3.  n.  1 . 

lb)  Reinold  .  Hift.  lice.  gr.  V  lat.  pag.  9. 

(b)  Dice  di  quel  tempo  ,  in  cui  ufavafi 
ancora  promifcuamentc  l’una  ,  e  l'altra  ;  per¬ 
chè  nella  della  Apoteofi  vi  è  il  nome  dell’ar- 
tida  dritto  col  X.  APXEAAOS  AnOAAO- 
NIOY  EriOlHSE  nPIHNEYZ 


DAI  SUOI  PRltfciPJ  EC.  ai$ 

Così  argomentava  egli  fui  teflimonio  de’molti  fcrittori ,  che 
di  tal  opera  ,  e  di  quello  nome  aveano  diftufamente  tratta¬ 
to  (*)  ;  ma  ivi ,  (iccome  prima  di  me  avea  offervato  Fabret- 
ti  ( a )  ,  leggefi  XPONOS  ,  come  fuole  fcriverlì  comunemen¬ 
te  (**)  ,  onde  tutto  l’argomento  va  a  terra  .  Le  figure  non 
hanno  un  palmo  d’altezza  ,  e  per  confeguenza  fono  troppo 
piccole  ,  perchè  vi  lì  fcorga  un  bel  dilegno  ,  ed  abbiamo  de¬ 
gli  altri  balli-rilievi  antichi  di  ligure  più  grandi,  più  finite, 
e  con  maggior  diligenza  lavorate  .  L’appolfovi  nome  dell’ar- 
tilfa  Archelao  figlio  d’ Apollonio  di  Priene  non  è  balfevol  in¬ 
dizio  per  argomentarne  che  eccellente  liane  il  lavoro  ;  poi¬ 
ché  negli  ultimi  tempi  gli  artifli  incidevano  il  loro  nome  an¬ 
che  fu  le  opere  aliai  mediocri ,  come  fi  dirà  più  fotto  . 

jf.  3?.  E’  flato  trovato  quello  marmo  fulla  via  Appia , 
prelTo  Albano  ,  in  un  luogo  detto  altre  volte  ad  Bovillas ,  ed 
ora  alle  Frattocchie  ,  appartenente  alla  cafa  Colonna.  Ivi  era 
anticamente  la  villa  dell’imperator  Claudio  ,  e  forfè  è  quello 
un  lavoro  de’ fuoi  tempi  (a)  .  Ivi  fu  pure  fcoperta  la  così  detta 
Tavola  Iliaca  da  certo  canonico  Spagna  mentr’era  a  caccia,  da 
cui  ereditolla  la  famiglia  Spada  ,  e  diedela  poi  in  dono  al  mu- 

feo 


(*)  Leggati  quanto  hanno  fcritto  fulla  vo¬ 
ce  KHPONOS  Spanheim  De  pr&ft.  &  ufu 
numifm.  Dijfert.  z.  §.  pag.  p6.  ,  Cupet , 
Schott  nelle  efpolizioni  che  ne  hanno  date  , 
e  Chishul  Antiqui t.  ajiat.  ad  infcript.  ftg. 
pag.  zq. ,  [e  Marcitane!  tra  i  più  recenti ,  nel 
fuo  Dìiìion.  hift.  art.  Archelaus  . 

(a)  Explic.  Tab.  Iliad.  pag.  34.7. 

(**)  Un’  altra  apoteofi  d’  Omero  vedefi 
rapprefentata  fu  un  vafo  d'argento  ,  che  ha 
la  forma  d'un  mortajo  ,  difotterrato  in  Er¬ 
odano  .  Il  poeta  è  portato  in  aria  da  un’  a- 
quila ,  ed  ha  ai  due  lati  due  figure  femmi¬ 
nili  colla  fpada  al  fianco  ,  fedenti  fu  ornati 
di  arabefehi .  Quella  che  è  alla  delira ,  ha 
un  elmo  in  teda ,  impugna  con  una  mano 
la  fpada,  e  fta  col  capo  chino  come  immer- 
fa  in  profondi  penfieri  :  l'altra  ha  un  cappel¬ 
lo  acuto ,  limile  a  quello  che  fuol  darli  ad 
Ulilfe  ,  tenendo  una  mano  fulla  fpada  ,  e 
l' altra  fui  remo.  Quella  probabilmente  in¬ 


dica  l’Iliade  ,  ch’è  l’opera  tragica  d’Omero  ; 
e  quella  l’Odillea .  11  remo  ,  ed  il  cappello 
acuto  e  fenz’ale  ,  all'ufo  de'marinaj  levanti¬ 
ni  ,  indica  la  gran  peregrinazione  d'Ulille  fui 
mare .  I  cigni  ,  che  danno  fotto  gli  ornati 
al  di  fopra  della  figura  deificata  ,  hanno  ellì 
pure  una  fignificazione  relativa  al  poeta .  Ba- 
jardi  nel  fuo  Catalogo  de'  Monumenti  d’Er- 
colano  ,  Vafi ,  n.  j 4.0.  pag.  24.6.  ha  fenz'al- 
cun  fondamento  battezzato  quedo  lavoro  per 
l’apoteofi  di  Giulio  Cefare  ;  mentre  bada  la 
barba  della  figura  portata  dall’aquila  per  di- 
modrare  il  contrario  .  Caylus  Ree.  d’Antiq. 
Tom.  il.  Antiq.  grecq.  pi.  4.1 .  dice  che  ,  fe 
tal  figura  non  avelie  la  barba  ,  prer.dereb- 
bela  didatti  per  quella  di  un  imperatore  ,  ma 
egli  ne  giudicò  fu  un  difegno  di  queda  fola 
figura  . 

(a)  Come  ha  penfato  il  P.  Kirchcro  Lat, 
ver.  &  nov.  par. 2.  cap.  7.  in  fine  . 


LIB. IX. 
CAP.  U. 


il  6  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

feo  Capitolino  (a)  .  D’egual  grandezza ,  dello  fieflo  marmo  , 
e  del  medefimo  fiile  di  dilegno  e  di  lavoro  è  la  così  detta 
Efpiazione  d’Èrcole  ,  elìcente  ora  nella  villa  Albani  ;  ond’è 
probabile  che  fia  fiata  trovata  nel  medefimo  luogo  (b)  . 

jf.  3 6.  Ho  rilevati  ne’  miei  Monumenti  antichi  inediti  alcuni 
errori  di  coloro  che  vollero  fpiegare  queft’Apoteofì  d’Ome- 
ro  ( a )  ;  onde  qui  folo  avvertirò  ciò  che  allora  non  mi  venne 
in  penfìerc  .  Le  due  bende,  che  dalla  faretra  d’Apollo  pen¬ 
dono  fui  coperchio  del  tripode  ,  erano  due  correggiuole  di 
cuojo  ,  come  può  argomentarfx  dalla  ftoria  del  celebre  duce 
de’Melfenj  Ariltomene,  il  quale  eflendo  caduto  negli  aguati 
de’  {dettatori  cretefi  fu  da  loro  legaco  colle  correggie  de’  loro 
carcadi  ( b )  .  Gli  altri  abbagli  degli  fcrittori  intorno  a  quello 
monumento  denno  afcriverfi  ai  cattivi  difegni  che  fe  ne  fono 
pubblicati  ,  ove  fra  le  altre  cofe  rapprefentafi  qual  vec¬ 
chia  la  Mufa  ,  fotto  cui  fta  fcritto  Tragedia  ,  che  fui  marmo 
è  giovane  e  bella  ,  ed  ha  ai  coturni  delle  alte  fuole ,  che  ivi 
fono  fiate  omeffe  (c)  .  Nelle  flampe  non  fi  fa  ivi  che  cofa 
fidano  rofìcchiando  i  due  topi  podi  fotto  la  fedia  d’Omero  , 
ma  fui  marmo  vedefi  che  è  un  volume ,  e  ciò  era  fenza  dub¬ 
bio  un  chiaro  fimbolo  della  Batracomiomachia  . 


(a)  Data  in  rame ,  e  il  [ultra  ta  da  Fabretti 
toc.  cit. ,  e  da  Foggini  Muf  Capit.  Tom.  IV. 
Tav.  68. 

(b)  llluftrata  dal  dotto  P.  Corfini  ,  come 
fi  è  detto  altra  volta  .  Egli  argomentando 
dilla  fupv>ofla  eccellenza  della  fcultura  la  pre¬ 
tende  lavorata  dopo  d'Aleflandro  il  Grande  . 
Winkelmann  lo  confuta  nel  Trote,  prcl.  ai 
Monum.  ant.  Cap.  IV.  pag.  LXX1X. 

{a)  Par,  il,  cap.  3 3. pag.  208,  zop. 


(b)  Paul.  lìb.  4..  cap.  T p.  pag. 326. 

Cc)  Ho  già  notato  qui  avanti  alla  pag.  63. 
noe.  a.  ,  cne  quefto  monumento  è  'lato  por¬ 
tato  in  rame  aliai  piu  correttamente  del  fo- 
lito  dal  iignor  abate  Vifconti  in  fine  del  To¬ 
mo  I.  della  defisrizione  del  Mufeo  Pio-Cle- 
mentino  .  Poflono  vederli  nella  fpiegazione  , 
che  vi  ha  annetta  ,  delle  nuove  ottervazio- 
ni ,  principalmente  riguardo  alle  Mufe  . 


CS- 


VA  1  SUOI  PRINCIPJ  £  C. 


217 


LIB.  ÌX. 
CAP. III. 


Capo  III. 


Circoftanze  della.  Grecia  dopo  la  guerra  peloponnefiaca  —  Artìjìi  di 
quel  tempo  —  Canaco  -  Naucide  —  Dinomene  —  Patrocle  —  Rivolu¬ 
zioni  della  Grecia  nell’ olimpiade  c.  —Artijìi .  .  .  Policle  -  Cefiffio- 
doto  --  Leocare  —  Ipatodoro  —  Altre  rivoluzioni  all'olimpiade  civ.  — 

Statuarj  .  .  .  Pr affitele  . . .  Suo  Saurociono  -  Pittori  . .  .  PanjJo  .  .  . 
pregio  de' fimi  quadri  -  Eufiranore  —  P arraffi  —  Se  ufi  —  Etici  a  — 
Offiervazione . 

Ritorno  alla  fioria  e  all’ infelice  guerra  peloponnefiaca  ,  d  r1^rco(?;p7' 

che  finì  nell’anno  primo  dell’olimpiade  xciv. ,  ma  colla  per-  Popola  gucr- 
J  r  1  rapeloponne- 

dita  della  libertà  d  Atene,  e  per  confeguenza  con  danno  gran-  ^aca' 
difiìmo  dell  arte  .  La  città  afiediata  da  Lifandro  dovè  arren¬ 
derli  e  fottoporfi  al  pelante  braccio  degli  Spartani  e  dei 
loro  duce ,  che  al  fuono  di  llromenti  ratificali  il  porto  ne  di- 
ftrulfe,  demolì  il  gran  muro  di  Temillocle  ,  per  cui  era  uni¬ 
to  alla  città  il  porto  di  Pireo  ,  e  cangionne  interamente  la 
forma  del  governo.  11  configlio  dei  trenta,  da  lui  iftituito, 
cercò  di  dirtruggere  anche  il  feme  della  libertà  ,  facendo  peri¬ 
re  i  più  ragguardevoli  cittadini . 

jf.  i.  In  mezzo  a  quelle  calamità  però  comparve  Trafibu- 
lo  ,  e  fu  il  liberatore  della  fu  a  patria  .  In  capo  a  otto  meli  i 
tiranni  o  aerano  flati  fcacciati ,  o  mefli  a  morte  ;  e  dopo  un 
anno  ,  ordinandoli  con  pubblico  editto  di  tutte  obbliare  le 
paliate  vicende  ,  fi  richiamò  la  pace  e  la  tranquillità  ad  Atene. 

Quella  città  fi  rialzò  principalmente  allorché  Conone  follevò 
contro  Sparta  la  portanza  de’  Perii ,  e  portoli  alla  fella  d’una 
fiotta  peiliana  combattè  quella  de’  Lacedemoni ,  andò  in  Ate¬ 
ne  ,  erede  nuovamente  il  muro  Ira  la  città  e  ’l  porto,  perla 
Torti.  II.  E  e  *  cui 


LIB. 

CAP. 
Artidi  < 
tempi . 


Canaco 


21 8  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

cui  fabbrica  i  foli  Tebani  mandarono  cinquecento  tra  mu- 
'  ratori  e  fcarpellini  {a). 

li  que*  $•  2.  L  arte,  che  aveva  avuto  dianzi  lo  ItelTo  delfino  d’Ate- 
ne  ,  riforfe  con  elfa  ,  e  comparvero  ,  al  riferir  di  Plinio  (a)  , 
nella  feguente  olimpiade  xcv.  gli  fcolari  dei  celebri  maeitri 
fummentovati ,  cioè  Ganaco  ,  Naucide  ,  Dinomene  ,  e  Pa- 

TROCLE . 

§•  3 •  Canaco  oriondo  di  Sicione  ,  e  fratello  d’ARiSTOCLE  , 
altro  celebre  fcultore  ,  fu  fcolare  di  Policleto  (b)  .  Io  ho  già 
dianzi  fatta  menzione  di  due  Mufe  ,  opera  di  que’  due  fra¬ 
telli  ,  e  d’ una  terza  ,  lavoro  di  Agela  da  ,  delle  quali  fi  fa 
particolar  menzione  in  un  greco  epigramma  .  Non  ne  fegue 
però  che  que’  lavori  lìano  d’un  medelimo  tempo  ,  febbene 
ammetterli  polla  fenza  difficoltà  che  il  maeftro  e  gli  fcolari 
abbiano  fcolpite  delle  Itatue  al  tempo  Hello  .  Sembra  altresì 
chePaufania  in  un  luogo  parli  di  Canaco  come  d’uno  fcola¬ 
re  di  Policleto,  ma  altrove  lo  fa  molto  più  antico  ;  poiché, 
parlando  d’una  Diana  di  Menecmo  e  di  Soida  d’avorio  e  d’oro 
formata ,  foggiugne  poterli  congetturare  che  l’artifla  di  elfa 
abbia  vilfuto  non  molto  dopo  Canaco  di  Sicione  ,  e  Callone 
d  Egina  (c)  ;  la  qual  maniera  di  efpriinerli  fembra  indicare 
un  tempo  più  antico  di  quello  in  cui  ville  Canaco  ,  fecondo 
Plinio  . 

jf.  4.  Potrebbe  congetturarli  però  che  Paufania  non  riflet- 
telfe  qui  all’età  propria  di  Canaco  ,  ma  folo  abbiane  giudi¬ 
cato  dallo  Itile  ,  quale  ,  come  leggiamo  in  Cicerone  (*)  ,  era 
oltre  natura  rigido  e  duro  ,  cioè  limile  a  quello  de’  più  antichi 
maeftri  .  Da  quello  giudizio  poffiam  rilevare  che  Canaco  , 
comechè  fcolare  di  Policleto  (  le  cui  figure  fecondo  Cicero¬ 
ne  medelimo  erano  molto  più  beile  )  ,  o  non  abbia  mai  po¬ 
tuto 

(<2)  Diod.  Sic.  lib. 14..  §.  8  f.pag.  7 09.  (c)  id.  llb.  y.cap.  1  f.pag.  $70. 

(a)  !ib.  14..  cap.  8 .  feci.  1  p .  princ.  (*)  Canachi  fìgna  rigidiora  fune  quam  ut 

< J> )  Pauf.  lib,  f.cap.  1 3-pag.  4.8  imitentur  veritaum  .  De  cl,  or  ut.  c.  18. 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  £  G.  2 19 

tato  giugnere  alla  perfezione  del  fuo  maeftro  ,  o  per  un  ca-  r~"r"- - 

priccio  abbia  voluto  imitare  la  maniera  dura  de’  Tuoi  predecef-  LIB'  Jx‘ 
*  A  CAP.  Ili 

fori ,  affinchè  più  antiche  fembrafiero  le  fue  figure  .  Quindi 

ne  fegue  che  fovente  nel  tempo  medefimo  fia  ftato  lavorato 
fecondo  Itili  differenti .  Chi  però  vuole  formarli  un’idea  del¬ 
lo  Itile  di  Canaco  veda  la  mentovata  Mufa  del  palazzo  Bar¬ 
berini  . 

jj\  Fra  i  lavori  di  quelto  fcultore  v’erano  a  Milefia  e 
a  Tebe  due  Ira  di  loro  limili  Itatue  d’Apollo  ,  formate  d’avo¬ 
rio  e  d’oro  ,  che  aveano  fui  capo  un  non  fo  che  detto  da 
Paufania  7ró\ov  (4)  ,  voce  non  ben  intefa  dai  fuoi  interpreti . 

Quelto  era  probabilmente  un  nimbo  (  nirnbus  )  ,  olìia  quel  cer¬ 
chio  con  cui  fogliono  circondarli  le  telte  de’ fanti,  e  fu  elfo 
già  dai  più  antichi  tempi  dato  principalmente  ad  Apollo  , 
come  Sole  (a)  .  Tale  pur  fi  rapprefenta  il  Sole  in  compa¬ 
gnia  della  Luna  nella  pittura  d’un  antico  vafo  di  terra  della 
biblioteca  Vaticana  da  me  pubblicato  (b)  .  Si  comprende  da 
ciò  perchè  Elichio  fpieghi  la  voce  7ró\os  dicendo  jtdxAo;  ^ 
vóiroq  ko zvxùo&J'ns  ii  a%a v  :  ove  però  in  vece  di  tsVos 
dovrebbe  leggerli  tutos  ,  come  già  altri  hanno  offervato  .  Dee 
pure  e  fiere  Itato  un  nimbo  il  jre'Acs  pollo  in  capo  ad  un’an¬ 
tica  Itatua  della  Fortuna  ,  lavoro  di  Bupalo  a  Smirne  (r) ,  e 
quello  della  Pallade  di  legno  intagliata  daENDEO  fcultore  an- 
tichiffimo  ( d ) . 


E  e  2 


(a)  Pluf  hb.  2.  cap.  i  o.  pag.  1 34.  in  fine  . 
i  °  u"a  (fatua  di  Venere  follmente 

opera  di  quell'artifia . 

Hi  m'  Tom-  LPaS-  *9- 

{b)  JYlonum.  ant.  ined .  n.  22. 

W  Pauf.  hb.  4.  cap.  30.  pag.  3f  s.  princ. 
l  Alla  fortuna  conviene  piu  il  modio  in  capo, 
che  -1  nimbo;  e  lo  ha  diffatti  la  figura  di 
quella  dea  nelle  figure  citate  nel  Tomo  1. 
Pag-  Ì°4~  n.  1.  ,  e  quella  col  nome  di  Bupa¬ 
lo  ,  della  quale  abbiamo  parlaco  qui  avanti 
alla  pag.  16 7.  nor.d.  Que' nimbi  ,  o  lune, 
dette  da  Greci  /e»v!ar.i>  t  ,  menischi,  fi  (ole- 
vano  mettere  in  capo  alle  (fatue  e  (porte  nelle 


/.  6.  Nau- 


piazze  ,  o  altri  luoghi  aperti ,  per  ripararle 
dalle  immondezze  degli  uccelli ,  che  fvolaz- 
zavano  per  l'aria  ,  come  ce  lo  atteftano  chia¬ 
ramente  Ariftofane  in  Avib.  v.i  1 14.  ,  e  ivi 
lo  Scoliafie  .  In  apprello  diventò  femplice  or¬ 
namento  delle  immagini  degli  dei  ,  degl'  im¬ 
peratori  ,  e  de’  fanti  predo  i  crifliani .  Vcgg. 
Buonarruoti  Offerita^,  fopra  alcuni  frammtn. 
di  vafi ,  cc. ,  Tav.  9.  pag.  60.  e  6 1 . ,  il  quale 
peraltro  lo  vuole  un  ornamento  originario 
degli  Egizj  ,  e  il  dotto  monfigpor  Stefano 
Borgia  De  cruce  ve/il.  $.14.  pae.LII. ,  $.34. 
pag.  CXXV1. 

00  Pauf.  Hb.  7.  cap.  f.  pag.  334.  in  fine  , 


LIB. IX. 
CAP.  ITI. 
Naucidc . 


Pinomene  . 


Patrocle . 


Rivoluzione 
della  Grecia 
nel!  olimpia¬ 
de  G. 


220  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

jf.  6.  Naucide  di  Argo  formò  la  fua  Ebe  d’avorio  e  d’oro, 
come  la  Giunone  di  Policleto  ,  e  vicino  a  quella  la  collo¬ 
cò  (<a)  .  Paufania  non  dice  quali  attributi  le  abbia  dati,  ma 
noi  polliamo  figurarcela  con  in  mano  la  tazza  in  cui  mefcea 
l’ambrofia  agli  dei  ,  qual  vedefi  effigiata  quella  dea  della  gio¬ 
ventù  fu  una  nota  belliffima  gemma  ,  e  fu  due  altre  del  mufeo 
Stofchiano  ,  fenonchè  in  quelle  gemme  è  ignuda,  laddove  la 
fiatila  era  vellita  . 

jf.  7.  Di  Dinomene  ci  fon  noti  ben  pochi  lavori ,  e  Pli¬ 
nio  non  altro  di  lui  rammenta  che  la  flatua  d’un  lottatore, 
e  quella  di  Protefilao  (b)  che  fu  il  primo  a  faltare  fui  lido 
trojano  ,  e  fu  uccifo  da  Ettore  (c)  .  La  fua  figura  farà  pro¬ 
babilmente  fiata  diflinta  dall’attributo  del  difco  ,  poiché  Pi¬ 
però  tutti  gli  altri  nell’abilità  di  gettarlo  ;  e  quindi  gli  è  fla¬ 
to  meffo  un  difco  ai  piedi  fu  un  baffo-rilievo  in  cui  rappre- 
fentafi  la  fua  morte  (d)  . 

jf.  8.  Patrocle  ,  il  quarto  fra  i  celebri  fcultori  dell’olim¬ 
piade  xcv.  ,  fi  è  principalmente  dillinto  per  le  llatue  de’fa- 
mofi  atleti  ( e )  .  Lavorò  pure  infieme  con  Canaco  e  con  altri 
alle  trenturra  flatue  di  bronzo  pel  tempio  d’Apollo  Delfico  ,  e- 
rette  ad  altrettanti  capi  delle  greche  città  ,  che  aveano  avuta 
parte  nella  vittoria  di  Lifandro  contro  la  fiotta  ateniefe  preffio 
le  foci  del  fiume  Egi  (/)  .  Unitamente  a  quelli  due  ardili  mol¬ 
ti  altri  men  celebri  maellri  fecero  le  figure  di  molte  divinità , 
le  quali  dopo  la  mentovata  vittoria  furono  collocate  nel  me* 
defimo  tempio  da  Lifandro  ,  di  cui  pur  v’era  la  fiatila  coro¬ 
nata  da  Nettuno  . 

jf.  9.  Non  molto  dopo  quell’epoca,  cioè  nell’olimpia¬ 
de  c.  le  cofe  della  Grecia  prefero  un  altro  afpetto  .  Epami- 

non- 

(a)  Pauf.  lib.  2.  cap. 17.  pag.  14.S.  lìti. 27.  (d)  Monum.  ant.  num.  1 23.  Par.  il.  c.  f, 

(b)  lib.  14-.  cap.  S .  feci.  1  9 .  §.7  f.  pag.  1  6  f. 

(c)  Philoilr. Heroic.prooem.  in  fine,  p. 6  66.,  (e)  Plin.  lib.  34..  cap.  8  .feft.i  9- §•  34- 

&  cap.  2.  n.  j.  p.  676.  [  Aufonio  Epìcaph.i  2.  )  Pauf.  lib.i  0.  cap.  9.  pag.  8  20. 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  SC.  221 

nonda  ,  il  più  grand’uomo  che  abbia  avuto  la  Grecia ,  can- : 
giò  il  fiftema  di  tutti  gli  flati,  follevando  Tebe  fua  patria, 
che  dianzi  era  fiata  poco  confìderata  ,  iopra  Atene  e  Spar¬ 
ta  ,  dopo  che  quella  per  breve  tempo  ,  cioè  per  lo  fpazio 
di  trentanni ,  a  tutta  la  Grecia  aveva  fìgnoreggiato  (a)  .  Lo 
{pavento  uni  allora  quelle  due  città  ,  le  quali  fecer  lega  nell’ 
olimpiade  cn. 

jf.  io.  Quella  concordia,  e  con  effa  la  tranquillità  uni- 
verfale  della  Grecia  fu  indi  a  poco  vieppiù  ralfodata  per  la 
mediazione  del  re  di  Perda  che  nella  mentovata  olimpiade 
fpedì  ambafeiatori  a’  Greci  affinchè  ,  mettendo  fine  a  tutte  le 
guerre  intelline  ,  formaflero  una  lega  generale  .  Seguì  la  na¬ 
zione  sì  faggio  avvilo  ,  e  fu  concimila  una  pace  univerfale 
fra  tutte  le  città,  eccettuatane  Tebe  (ù)  .  Forfè  Plinio  ebbe 
in  mira  quella  redimita  tranquillità  della  Grecia  quando  fifsò 
all’olimpiade  cii.  il  fiorir  di  Policle  ,  di  Cefissodoto  ,  di 
Leccare  ,  e  d’  Ipatodoro  (c)  . 

jf.  il.  Delle  llatue  di  Giunone  ,  che  in  Seguito  di  tempo 
collocate  furono  nel  tempio  di  quella  dea  entro  i  portici  d’Ot- 
tavia  (d)  ,  una  lavoronne  Policle  ,  e  l’altra  Dionisio  fu o  fra¬ 
tello  ,  amendue  figliuoli  dello  Scultore  Fimarchide  .  A  Ce- 
fissodoto  fanno  egualmente  onore  le  fue  opere  ( e )  ,  e  l’af¬ 
finità  fua  col  celebre  Focione  che  ne  fposò  la  Sorella  (/). 
Leccare  diede  prove  de’  Suoi  talenti  nella  Statua  del  bell’Au- 
tolico  ,  che  da  fanciullo  avea  riportato  il  premio  del  pancra- 
zio  ,  e  a  cui  onore  Senofonte  Icrilfe  il  fuo  Convito  (a)  .  Della 
fua  nota  Statua  di  Ganimede  (b)  vedefi  tuttavia  nella  villa  Me¬ 
dici  la  bafe  coll’ifcrizione  : 

rA- 


(<j)  Dion.  Hai.  A.  R.  lib.  i.  cap.  3.  pag.  3. 
Ci)  Diod.  Sic.  lib.i  s-  §.38.  p.  31.  Tom.  il. 
(c)  Plin.  lib.  34..  cap.  S.Jecl.  1  g.  princ. 

(<C)  id.  lib.  36.  cap.  j.  feti.  4.  §.  io. 

(e)  id.  lib.  34.  cap.  8 .  feci.  ig.i.  1 7. 


(/)  Plut.  in  Phoc.  op.  Tom.  I.  pag.750.  C. 
(a)  Plutar.  in  Lyfandro  ,  oper.  Tom.  I. 
pag.441.  F. ,  Plinio  loc.  cit. 

(8)  Nominata  da  Taziano  Advtrf.  Cr&cos „ 
cap.  84.  pag.  17 1. 


LIB.  IX. 

cap.  nr. 


Arti  Hi  , 


Policle . 
CefilTodoto 

Leocare 


LIB.  IX. 
CAP.  III. 


Altre  rivolu¬ 
zioni  nell'  q- 
limpiade  cxv. 


Siatuarj . 

Praffitele  ... 


222  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

*  FANIMHAHC 

A  EOXAPOTC 
A  Q  H  N  A  I  O  T  (a) 

Ja  quale  fembra  piuttoflo  fatta  in  Roma  ,  che  dalla  Grecia 
trafportatavi  colla  ilatua  ,  poiché  nè  i  Greci  nè  i  loro  artifli 
erano  foliti  mettere  il  nome  ad  una  sì  nota  figura  (b)  . 

jf.  12.  A  quella  medefima  epoca  comincia  l’ultima  età 
de  grandi  uomini  della  Grecia  ,  il  tempo  de’  loro  ultimi  eroi , 
dei  favj  ,  degli  fcrittori  eleganti,  e  de’ grandi  oratori  :  fiori¬ 
vano  allora  Senofonte  e  Platone  . 

Jf-  13.  Ma  tale  tranquillità  della  Grecia  fu  di  breve  du¬ 
rata,  e  una  nuova  guerra  inforfe  fra  Tebe  e  Sparta,  in  cui 
prefe  parte  la  nazione  intera ,  e  fendo  alleati  degli  Spartani 
gli  Ateniefi  .  Finì  quella  guerra  colla  battaglia  di  Mantinea , 
in  cui  i  Greci,  che  non  eranfi  mai  trovati  in  campo  in  sì 
gran  numero  ,  combatterono  gli  uni  contro  gli  altri ,  ed  Epa¬ 
minonda  duce  de’Tebani  terminò,  dopo  una  compiuta  vit¬ 
toria  ,  la  fua  gloriofa  carriera  .  Quella  vittoria  operò  imme¬ 
diatamente  una  nuova  pace  per  tutta  la  Grecia  ,  la  quale  fu 
conchiufa  nell’anno  fecondo  dell’olimpiade  civ.  (a)  ,  in  cui 
Trafibulo  pur  liberò  Atene  fua  patria  dal  giogo  degli  Spartani 
e  dai  trenta  tiranni  (è)  ,  ond’efìa  alzò  nuovamente  il  capo . 
Quella  pace  univerfale,  e  principalmente  le  ci  re  ollanze  felici 
degli  Ateniefi  ,  fono  fenza  dubbio  il  fondamento  fu  cui  Pli¬ 
nio  fifsò  a  quella  olimpiade  l’epoca  in  cui  fiorirono  Prassi- 
tele  ,  Panfilo  ,  Eupranore  ,  ed  altri  chiari  ardili  (c)  . 

jf.  14.  Prassitele  lavorò  del  pari  in  bronzo  e  in  marmo; 
ma ,  al  dir  di  Plinio  (c)  ,  più  in  quello  che  in  quello  fu  ce¬ 
lebre  , 

(a)  Spon .Mifcell.  erud.  antiq.Ject.j..  p.127.  [  Dice  eflinti  i  tiranni  fui  principio  dell'anno 

Ganimede  opera  ai  Leocare  ateniefe  .  primo  dell'olimpiade  xcv. 

(b)  Vegga!»  appiello  al  Libro  X.  Capo  I.  (c)  lib.  34.  cap.8 .  fetl.i  g.princ. 

§,  1  j.  (c)  lib.  34..  cap.  S./eli.i  7.  §.  ;  0.  Properzio 

(a)  Diod.  Sic.  lib.ij.  ^.Sg.p.  73.  Tom. il.  lib.  3.  eleg.i  0.  verf.i  6.  ci  vuol  dire  lo  licito  : 

(b)  Scalig.  Animaci,  in  EuJ.cliron.  p.iog.  Praxitckm  propria  vindicat  arte  lapis  . 


DAI  SUOI  PAINO  IP J  EC.  22 3 

Iebre ,  febbene  di  lai  rammemori  più  monumenti  in  bronzo  = — . . 

che  in  marmo.  Volendo  giudicare  fecondo  l’ordine  ch’egli  LIj  ìx* 
tiene  nel  ragguaglio  che  ce  ne  dà,  pare  che  l’Apollo  Sauro-  ... fuo Apollo 
dono  folle  di  bronzo.  Ivi  Apollo  era  probabilmente  rappre- Saulo,:ìono  • 
fentato  da  pallore  ,  mentre  ferviva  il  re  di  TelTaglia  Admeto  , 
a  ciò  ridotto  per  avere  uccifo  colle  fue  frecce  Sterope  uno 
de’ ciclopi  infervienti  a  Vulcano  (a);  il  che  gli  avvenne  nella 
fua  prima  giovinezza  (4)  . 

Jf.  ij.  Quando  per  tanto  Plinio  dice  :  fedi  &  puberem 
Apollinem  fibre  penti  lacerta  cominus  fagitta  infidiantem  (b)  ,  a  mio 
credere  dee  piuttoflo  leggerli  impuberem  ;  e  v’ha  di  ciò  più 
d’  una  ragione  .  La  prima  lì  è  il  vero  lignificato  della  voce 
puber  melTo  in  confronto  della  figura  d’Apollo  .  Puber  Ugni, 
fica  un  giovane  che  entra  nell’adolefcenza ,  in  quell’età  che 
fi  manifella  per  la  lanugine  del  mento  e  del  pettignone  ;  alfi 
oppofto  impube r  è  colui  nel  quale  non  fe  ne  fcorge  ancora 
néflun  indizio  (b)  .  Ora  fenz’ombra  di  pelo  fono  tutte  le  fi¬ 
gure  d’Apollo  ,  febben  in  alcune  compiutamente  formate  fia- 
no  le  parti  felTuali ,  come  nell’Apollo  di  Belvedere  .  La  ra¬ 
gione  di  ciò  fi  è  ,  perchè  in  lui  e  in  altre  divinità  giova¬ 
nili  ,  fi  è  fempre  voluto  rapprefentare  una  perpetua  adole- 
fcenza  (c)  ,  e  la  primavera  della  vita  ,  ficcome  olfervammo 
al  Libro  V.  (d)  .  Quindi  è  che  tutte  le  figure  d’Apollo  de¬ 
vono  fempre  chiamarli  impuberi  .  In  fecondo  luogo ,  olìcrvo 

che 

(-0  Apollodoro  Bill.  lib.  i.  cap.  p.  §.  i  j.  poteva  dirli  Apollo  ,  come  dai  greci  fcritto- 
pag.  4.6.  ,  Servio  ad  JEneìd.  lib.  6.  v.  qpS. ,  ri ,  e  tra  gli  altri  nell’Antologia  lib.  4.  c.  1 2. 
lib.  7.  v.  761.  n.6.  v.i.,  e  da  Fornuto  De  nat.  deor.  cap.jz. 

(a)  Val.  Flacc  .Argon,  lib.i .  v.  4.4.J.  [Non  è  detto  /3,é*a/r  fanciullo  adulto:  Puberem 

dice  di  che  età  .  Sappiamo  all’oppofto  da  Eu-  statem  ,  fcrive  queft'autore  ,  habet  Apollo . 
ripide  nel  prologo  dell  ’  Ale  e  fi  e ,  che  Apollo  Quotquot  enim  in  ifta  itati  funt  ,  forma 
non  lolamente  aveva  già  avuto  il  figlio  Éfcu-  prediti  funt  pulchriore  quam  ulta  habeat  «i- 
lapio  ,  ma  gli  era  anche  flato  uccifo  da  tas  .  Il  puber  in  quello  luogo  può  equivalere 
G>°ve  ",  .  al  viriliter  puer ,  come  dice  lo  flelfo  Plinio 

(0)  loc.  cit,  §.  io.  del  Doriforo  di  Policleto  lib. 3 4.  c.  8.  feci. 19. 

(b)  Nella  lingua  latina ,  e  predo  i  giure-  §.  2. 

conflitti  Inftit.  lib.i.tit.  2  2.princ.  ,  fi  dice  (c)  Puer  eternai  è  chiamato  da  Ovidio 

impubere  fino  alti  14.  anni  ,  dopo  fi  dice  Metam.  lib.  4.  verf.  1  7. 

pubere  ;  e  pubere  relativamente  a  quella  età  (d)  Capo  l.%.t  o.fegg.  pag.  2 $4.  fegg. 


224  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

-  che  Marziale,  parlando  della  no  lira  ftatua  ,  chiama  Apollo 

lir.  ix.  fancìullQ  ■ 

CAP.  III.  ,  .  .  .  r,.  r  , 

Ad  te  re f  tanti ,  fuer  mjidicfe  ,  Incerta 

Parce  ,  ciifit  digitis  illa  ferire  tuis  (a)  . 

In  terzo  luogo  tre  figure  cf  Apollo  Sauroclono  fi  fono  fino  a 
noi  confervate  :  una  in  marmo  nella  villa  Borghefe  ,  (ebbene 
fia  alta  quanto  un  giovane  adulto  ,  pure  ha  le  fattezze  d’un 
fanciullo  ,  e  dee  tal  Apollo  chiamarli  imp ubere  .  Tale  è  un’altra 
più  piccola  figura  dello  fteffo  dio  nella  medefima  villa  ,  ed 
hanno  amendue  unito  il  tronco  e  la  lueerta.  La  terza  è  nel¬ 
la  villa  Albani  :  efia  è  di  bronzo  ,  e  già  ne  parlammo  al  Li¬ 
bro  VII.  (a)  .  La  figura  che  ho  pubblicata  ne’ miei  Monumen¬ 
ti  (£>)  ,  è  prefa  dalla  villa  Borghefe  ,  poiché  a  quella  de'la 
villa  Albani  ,  che  probabilmente  è  lavoro  dello  Hello  Pral- 
fitele  (b)  ,  mancava  il  tronco  e  la  lucerna  ,  quando  fu  dilot- 
terrata  (i) . 

jf.  1 6.  Rie- 


(A  lib.  14.  n.  1 7 z.  [  Il  dotto  P.  Paoli  nel¬ 
la  più  volte  lodata  dilVcrtazione  Della  Rdig. 
de' Gentili ,  ec.par.nl.  %.  LXVi.  pag.177. 
nega  ,  che  Marziale  intenda  parlare  di  que¬ 
lla  figura ,  e  vuole  ,  che  nel  di  lui  diltico 
non  debbafi  riconolcere  altro  ,  fe  non  fe  un 
volo  di  fantafia ,  e  un  pendere  fpiritofò  da 
poeta ,  col  quale  nel  mentre  che  da  un’aria 
nobile  all’azione ,  fa  ancora  al  fanciullo  ftef- 
fio  un  elogio  .  Ma  pure  è  chiaro  ,  che  Mar¬ 
ziale  parla  di  quella  ftatua .  Ne  è  una  prova 
chiariflìma  il  titolo  Ideilo  dell’epigramma, 
Sauroctonos  corintkius,che  combina  con  quel¬ 
lo  di  Plinio  -,  e  ce  ne  perfuade  Patteggiamen¬ 
to  della  figura  ,  al  quale  non  ha  latto  avver¬ 
tenza  il  lodato  fcrittore  .  Si  veda  la  ftampa 
in  fine  di  quello  Tomo  .  Marziale  non  pote¬ 
va  defcriverlo  meglio  ,  g  più  fpiritofamente, 
che  appunto  col  dire  :  Ó  ianeiullo  inlidiofo  , 
perchè  vuoi  tu  uccidere  quella  lucertola  ?  Non 
vedi  che  da  per  sè  ftelfa  vuol  morire  nelle  tue 
dita  V  Apollo  mezzo  nafeofto  tende  infidie  ad 
una  lucertola  per  ucciderla  con  una  filetta  in 
una  mano ,  mentre  eifa  rampicandofi  per  il 
tronco  dell’albero  va  incontro  all’altra  mano 
appoggiata  in  cima  del  medeiimo  ,  colle  dita 
mezzo  piegate  ,  in  atto  come  di  ftringere  . 
Neppure  è  flato  capito  Marziale  dall’Arduino 
nelle  emendazioni  al  detto  libro  di  Plinio  , 


XII. ,  ove  lo  fpiega  come  fe  la  beftiola 
avelie  defiderato  morire  nobilmente  ,  mo¬ 
rendo  per  le  mani  di  un  si  nobile  fanciul¬ 
lo  :  e  cosi  fenile  perchè  non  aveva  veduto 
nè  la  ftatua  ,  nè  le  figure  in  rame  del  Sau- 
rottono  . 

(a)  Cap.  1l.pag.36.  Una  ve  n’  ha  nel  pa¬ 
lazzo  Coftaguti ,  nominata  da  Winkelmann 
nei  Monumenti  antichi ,  al  luogo,  che  cita 
qui .  Un’altra  ,  anche  in  marmo  ,  ne  ha  il 
Mufeo  Pio-Clementino  ,  di  cui  fi  dà  la  figu¬ 
ra  nel  Tom.  I.  di  elio  Tav.  13. 

(by  num.  40. 

(b)  Il  fig.  ab  Vifconti  alla  detta  Tav.  1 3. 
la  crederebbe  piuttofto  una  copia  alquan¬ 
to  minore  dell'originale  ,,  perchè  le  altre  di 
marmo  fono  più  grandi  ,  e  alcune  ,  fra  le 
quali  quelle  del  Muleo  Pio-Clementino  ,  e 
di  villa  Borghefe  ,  fono  di  più  elegante  la¬ 
voro  . 

(j )  Non  meno  celebri  dell’Apollo  Sauro- 
tìono  furono,  oltre  la  Venere  di  Gnido ,  il 
luo  Satiro  (  ntf;S«»ro«  )  e  il  fuo  Cupido  . 
Da  un  fatto  riferito  da  Paufania  l.  1 .  c.  20. 
pag.  46.  ben  fi  feorge  quanto  fodero  care 
allo  ftefio  Praflltele  quelle  due  Itatue  .  Era 
delìdcrofa  Erine  ,  celebre  cortigiana  ,  di 
aver  in  dono  una  delle  fue  opere  ,  che  avef- 
fc  egli  ftefio  giudicate  delle  più  eccellenti . 


LIB.  IX. 
CAP.  III. 


DAI  SUOI  P^RINCIPJ  £  C.  22  J 

jf.  1 6.  Riccoboni  ,  feguito  poi  da  altri  ,  pretende  che 
Prassitele  fofle  nativo  della  Magna  Grecia  ,  ed  abbia  poi  ot¬ 
tenuta  la  cittadinanza  romana  (a)  ,  ma  egli ,  facendo  un  gran¬ 
de  anacronifino  ,  ha  col  greco  artica  confufo  Pasitele  (a)  . 

Quefii  viveva  ai  tempi  di  Cicerone  ,  ed  incife  in  argento  la 
figura  del  famofo  Rofcio  ,  quale  avealo  veduto  in  culla  la  fu  a 
nudrice  circondato  da  un  ferpente  ( b )  .  Ove  per  tanto  in  Ci¬ 
cerone  Jeggefi  Praxìteles  dee  leggerli  Pafìteles  (*)  .  I  figliuoli 
del  celebre  Prassitele  abbracciarono  l’arte  del  padre;  e  Pau- 
fania  parla  della  fiatua  della  dea  Enio  ,  e  di  Cadmo  ,  alle 
quali  unitamente  aveano  lavorato  (c)  .  Uno  di  elfi  chiamava!! 
Cefissodoro  ,  e  v’era  di  lui  in  Efefo  un  symplegma  (d)  ,  cioè 
un  gruppo  di  due  lottatori  (i)  .  D’un  altro  Prassitele  cifel- 
latore  parla  Teocrito  (e)  . 

§•  17.  Come  Prassitele  la  finltura  ,  così  Panfilo  di  Si-  Pittori, 
cione  (b)  maefiro  d’ Apelle  ,  Eufranore  ,  Seusi  ,  Micia  ,  e  Panfilo. 


Tom.  IL 

Benché  Piallitele ,  che  l’amava  appaffionata- 
mente  ,  non  avelie  cuor  di  negargliela  ,  pure 
non  fapeva  mai  rifolverfi  a  pronunziarne  il 
giudizio  .  Che  fece  ella  adunque  ?  Con  fina 
deftrezza  guadagnò  un  di  lui  fervo  ,  il  qua¬ 
le  ,  mentre  Prallitele  feco  lei  intercenevatì  in 
geniale  converfazione  ,  anfante  entrò  ed  im¬ 
paurito  efclamando  :  la  volerà  cala  ,  Frani¬ 
tele  ,  va  rutta  a  fuoco ,  e  buona  parte  fi  è 
già  confumata  delle  opere  voltre  .  Quali  vo¬ 
lete  voi  che  fi  falvino  ?  Povero  me  ,  ripigliò 
PralTitele  ,  tuttg  le  mie  fatiche  fon  perdute  , 
fo  le  fiamme  non  l’ hanno  perdonata  al  mio 
Satiro  e  al  mio  Amorino  .  State  di  buon 
animo  ,  foggiunle  allora  la  fcaltra  donna  : 
nulla  v  è  di  finiftro  ,  ed  io  fon  contenta  d’aver 
laputo  quanto  bramava  .  Praffitele  più  non 
Wd0  tergiverfare  ,  le  lafciò  la  feelta  ;  ed 
ella  li  prefe  il  Cupido  ,  che  mandò  a  Tefpi 
lua  patria  ,  ove  per  lungo  tempo  fu  l’oggec- 
to  della  curiofità  de’  foreftieri . 

(u)  Not.adfragm.  V arr.  in  Comment.  de 
hi't.  pag.i  33.  ,  e  l’autore  dell’opera  ,  Lettre 
jurune  vrélend.  méd.  d' Alexandre  ,  p.  3. 

(a)  Del  quale  parla  Plinio  lib.  3 y.  cap.  tz. 
Jecì.  4 j.  ,  hb.  36.  cap.  y.  feci.  4..  §.  12. 

(o)  Cic.  De  divin.  lib.  1 .  cap.  36. 

(*)  Leggefi  Praxìteles  nei  due  antichif- 
fimi  codici  mss.  della  biblioteca  dr  s.  Mar- 


F  f 


Par¬ 


co  di  Venezia ,  e  della  Lorenziana  di  Firen¬ 
ze  .  [  Il  nofìro  autore  nel  Tratt.  prelìmin. 
Cap.  IV.  pag.  LXXXVI.  avverte  ,  che  Pa¬ 
titele*  dovrebbe  emendarli  anche  in  Plinio 
lib.  33.  cap.  1 2.  feci.  jj.  A  me  pare  che  fia  il 
medefimo  Palitele  ,  di  cui  parla  Plinio  nei 
luoghi  citati  qui  avanti ,  e  che  in  quello  luo¬ 
go  filla  circa  i  tempi  di  Pompeo  .  Arduino 
non  vi  ha  badato  ,  nè  Davifio  al  luogo  cita¬ 
to  di  Cicerone  ,  Torrenio  nelle  note  a  Vale¬ 
rio  Maffimo  lib.  8.  cap.i  1.  num.  4..  not.  zi., 
nè  tanti  altri. 

(c)  lib.  1.  cap.  8.  pag.  za-.  [Lo  dice  della 
flatua  di  Enio  ,  olila  Bellona  fidamente  . 

(d)  Plin.  lib.  36.  cap.  y.  fedi.  4..  §.  <5. 

(1)  Non  in  Efefo,  ma  bensì  in  Pergamo 
fcrive  Plinio  loc.cit.  edere  flato  il  symplegma 
di  CefilTodoro  .  Avverte  il  medefimo  lib.  24.. 
cap.  8.  feU.i  r>.  §.  27.  che  due  furono  di  que¬ 
llo  nome  ,  ed  amendue  abili  fcultori .  I!  fe¬ 
condo  però  non  CefilTodoro  ,  ma  Cefidodo- 
to  vien  detto  da  Paufania  l.  8.  c.30.  p.664.., 
lib.  p.  c.i  6.  pag.  74.1 .  in  fine  ,  e  da  Taziano 
Xdverfi  Grsx.  c.  22.  p.  270.  ,  [e  Cefitfoaoto 
ha  emendato  l'Arduino  nel  citato  luogo  di 
Plinio  ,  fecondo  i  codici  manolcritti . 

(e)  Idyl.  y.  verf.  io y. 

(b)  Macedone  .  Plinio  lib,  7  7.  cap.  io. 
feci.  36.  §.  8. 


226  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

==?====  Parrasio  ,  quelli  furono  che  portarono  Ja  pittura  ad  un  certo 

CAP.  ni.  grado  di  Perfezlone  (0-  Seusi  e’1  maeftro  Tuo  Apollodoro 
erano  flati  i  primi  ad  ufare  i  lumi  e  le  ombre  (a)  ;  anzi 
fecondo  Plinio  ,  poco  prima  di  quell’epoca  ,  cioè  nell’olim¬ 
piade  xc.  (a)  ,  la  pittura  avea ,  per  così  dire  ,  appena  pre- 
fuòf quadri^  fa  una  certa  forma  da  poterli  chiamare  un’arte  (b)  .  Panfilo 
può  in  qualche  maniera  paragonarli  al  nollro  Guido  ,  non 
riguardo  ai  talenti  pittorici ,  ma  per  la  riputazione  in  cui  fu¬ 
rono  amendue  (2)  .  Guido  ,  come  ognun  fa,  fu  il  primo  che 
tenne  in  prezzo  i  luoi  quadri,  laddove  i  fuoi  anteceflori ,  e 
principalmente  i  Caracci  ,  eran  malifumo  pagati  .  Agoltino 
Caracci  ebbe  foli  cinquanta  feudi  pel  s.  Girolamo  che  rice¬ 
ve  il  Viatico  (b)  ,  e  con  illento  fu  accordata  la  llelfa  fomma 
al  Domenichino  per  dipingere  il  medelìmo  foggetto  (c)  .  Og¬ 
gidì  non  v’è  chi  non  ammiri  quelli  due  quadri ,  come  due 

capi 

(0  II  fignor  Winkelmann  dà  la  gloria  a  bia  malamente  emendato  il  numero  lxxxix. 
Panfilo  ,  Eufranore  ,  seufi  ,  Nicia  ,  e  Parrafio  in  lxxix.  nel  detto  luogo  di  Plinio  ,  quan- 
d  aver  portata  la  pittura  aliai  profllma  alla  do  anzi  foftiene  tutto  l'oppofto  nella  nota 
perfezione  .  Altri  però  ,  come  Rollin  Storia  num.  3 

antica,  Tom.  XII.I.22.C.  f.  art.  2.  p.177.  (b)  Plin.  lib.  q  f.  cap.  8 .  Jeft.  34. 

Jeq.  ,  ai  nominati  lolìituifcono  Panello ,  fra-  (z)  Panfilo  d’Antipoli  fu  il  primo  ad  accop- 
tello  di  Fidia  ,  il  quale  dipinfe  la  battaglia  di  piare  l’erudizione  alla  pittura  ;  onde  non  c 
Maratona,  Plin.  lib.  gj.  c.  S.  feci.  34.  ;  Poli-  maraviglia  fe  i  fuoi  quadri  fieno  riufeiti ,  a 
gnoto  ,  autore  dei  due  famofì  quadri  da  noi  cosi  dire  ,  ragionati ,  Quindi,  lib.  1  z.c.i  0. 
accennati  di  fopra  pag.  6p.  n.  i,  ,  ed  Apollo-  ApplicolTi  fpecialmente  all’aritmetiea  e  alla 
doro  ,  il  quale  ,  al  dir  di  Plinio  lib.  gj.  c.  p.  geometria  ,  fenza  le  quali  feienze  dicea  egli 
•(i  f  ’  1  '  Porte  a^a  pittura  ,  eden-  elfere  impodlbile  l’arrivare  alla  perfezion  dell’ 

do  egli  reato  il  primo  che  abbia  mefcolati  i  arte  .  Effetto  de’  fuggerimenti  luoi  è  data 
colori  ,  e  ben  efpreife  le  ombre  .  Plut.  Bel-  quella  difpofizione  datali  in  Sicione  primie- 
lone  an  pace  clar.  fuer.  Athen.  op.  Tom.  il.  ramente  ,  di  poi  nella  Grecia  tutta  ,  che  i  fi- 
PaB-  3+6.  [  Ved.  Tom.  I.  pag.  260.  noe.  a.  gliuoli  di  condizione  libera  s’aveffero  aii  efer- 
(u)  Quintil.  Infi.  orat.  lib.  12.  c.i  0.  citate,  avanti  ogn’altra  cofa  ,  nel  dilegno  , 

(a)  Plinio  lib.gj.  c.p.  fea.36.  §.  a.  mette  e  che  la  precedenza  li  delfe  tra  le  arti  libe- 
Seud  nell’olimpiade  xcv.  anno  1  v. ,  e  ripro-  rali  alla  pittura  .  Plin.  lib.  gp.  c.i  0.  feci.  36. 
va  quelli,  ^che  lo  mettevano  nell’olimpiade  §.  8. 

lxxxix.  E  probabile  che  abbia  vivuto  lun-  (b)  In  Bologna  nella  forefteria  di  fan  Mi- 
gamente  ,  e  che  abbia  dipinto  anche  pri-  chele. 

ma  della  detta  olimpiade  lxxxix.;  poiché  (c)  Che  d  venera  in  s.  Girolamo  della  Ca- 
Plutarco  lo  mette  tra  i  pittori  di  Pericle  ,  co-  rità  in  Roma.  Il  Bellori  Le  vile  de'  pttto- 
me  ho  detto  alla  pag.  1 8p.  not.  a.  Quintilia-  ri ,  ec.  ,  racconta  quel  fatto  del  Domenichi¬ 
no  loc.  eie.  lo  fa  non  molto  dittante  da  Par-  no  nella  di  lui  vita  ,  pag.  1 S p.  ,  ove  delcrive 
rado  ,  e  circa  i  tempi  della  guerra  pelopon-  anche  il  quadro  .  D’Àgoffino  Caracci ,  di  cui 
nefiaea  ;  ma  poi  Parrafio  lo  fa  arrivare  fino  fa  anche  ta  vita,  non  lo  dice,  benché  gli 
ai  tempi  dopo  Alefiandro  .  Può  vederli  anche  attribuisca  quell  altro  quadro  ,  che  deferive 
Bayle  Dicìion.  hifl.  ec. ,  art.  Zeuxis  ,  rem.  A.,  pag.  6 1 .  feeg.  ,  da  altri  attribuito  a  Lodovico 
ove  però  sbaglia  nel  dire ,  che  Arduino  ab-  Caracci . 


LIB. IX. 

cap.  m. 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  EC.  227 

capi  d’opera  .  Così  Panfilo  voleva  eflere  ben  ricompenfato 
delle  Tue  fatiche  :  egli  non  riceveva  gli  fcolari  che  per  dieci 
anni ,  e  quelli  per  eflere  ilfruiti  non  poteano  dargli  meno 
d’un  talento  ,  cui  pur  pagarongli  Apelle  e  Melanto  .  Quin¬ 
di  avveniva  che  non  folo  gli  fcolari  fuoi  erano  ingenui  ,  poi¬ 
ché  fra  i  Greci  gli  uomini  di  condizione  fervile  non  poteano 
efercitare  le  arti  del  difegno  ,  ma  eziandio  ricchi  cittadini  . 
Quanto  celebri  follerò  le  pitture  di  Panfilo  ,  anche  lui  vi¬ 
vente  ,  argomentar  lo  polliamo  dalla  maniera  con  cui  vien 
recato  ad  efempio  prelfo  Arillofane  di  lui  contemporaneo  (a) 
quel  fuo  quadro  in  cui  erano  rapprefentati  gli  Eraclidi ,  olììa 
i  difcendenti  d’Èrcole,  che  co’ rami  d’olivo  in  mano  implo¬ 
ravano  la  protezione  ed  ajuto  degli  Ateniefi  .  Allora  le  pit¬ 
ture  ,  che  aveanfi  in  grande  flima ,  a  caro  prezzo  pur  lì  pa¬ 
gavano  .  Mnafone  ,  tiranno  di  Elafe  nel  paefe  di  Locri  ,  pagò 
mille  mine  (cioè  ioooo.  feudi  romani)  un  quadro  d’ARi- 
stide  (b)  ,  contemporaneo  di  Apelle,  in  cui  v’ erano  cento 
figure  ragguagliate  al  prezzo  di  dieci  mine  per  ciafcuna  ,  e 
rapprefentava  una  battaglia  contro  i  Perii  ;  e  tu  più  genero- 
fo  ancora  con  Asclepiodoro  ,  a  cui  diede  trecento  mine  per 
ognuna  delle  dipinte  figure  de’ dodici  dei  maggiori  (c)  .  Tre¬ 
cento  mine  ebbe  pur  da  lui  Teomneste  per  ciafcheduno  degli 
eroi  d’ordine  fuo  dipinti  (d)  .  Ne’ tempi  feguenti  e  prelib  i 
Romani  Lucullo  pagò  due  talenti  un  quadro  rapprefentante 
la  famofa  Glicera  fedente  con  una  corona  di  fiori  in  mano  , 
febbene  folle  quello  una  copia  ,  e  non  l’originale  di  Pau- 
sia  (e)  .  Così  il  celebre  Ortenfio  comprò  gli  Argonauti ,  qua¬ 
dro  di  Cidi  a  ,  al  prezzo  di  144000.  fellerzj  ,  cioè  di  14400. 
fiorini  (/)  ;  e  fuperiore  a  tutti  quelli  fu  il  prezzo  di  ottanta 

F  f  2  ta- 

00  in  Plut.  verf. 38  f.  [  Lo  porta  per  pa-  (d)  ìbìd. 
ragone  della  compofìzione  ad  un  altro  fatto  .  ( e )  ibid  cap.  ti.  feci.  40.  §.  23. 

\b)  Plin.  lib.  33.  cap.  1  0.  feci.  36.  $.  / g,  (/)  ibid.  26.  [  5600.  feudi  romani. 

CO  ibid.  §.  21 . 


LIB. IX. 
CAP.  III. 
Eufranore  . 


223  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

talenti  pagati  da  Giulio  Celare  per  due  quadri  di  Timomaco, 

de’  quali  uno  rapprefentava  Ajace  ,  e  l’altro  Medea  (a)  . 

§.  iS.  Infigne  nella  pittura  ,  e  nei  lavori  in  bronzo  e 
in  marmo  fu  Eufranore  ,  il  quale  è  celebre  per  eflere  flato 
il  primo  a  dare  nelle  pitture  una  certa  dignità  agli  eroi  (b)  , 
e  ad  introdurre  nelle  fue  figure  quella  proporzione  che  da 
Plinio  vien  detta  fimmetria  ;  ma  febbene  abbia  egli  in  ciò 
fuperati  i  fuoi  predeceffori ,  ha  nondimeno  fatte  le  fue  figu¬ 
re  un  po  fiottili  e  fmilze  ,  e  ha  data  loro  una  fella  più  gran¬ 
de  dell’ordinario.  Parche  ne’ luoi  difegni  vi  folle  più  fapere 
che  bellezza  delle  forme  ,  poiché  ,  al  dire  del  prefato  fcrit- 
tore  ,  avea  dato  alle  giunture  delle  offa  un  rifalto  foverchio 
(  articulifque  grandìor  )  ;  anzi  convenne  egli  fleffo  ,  che  meno 
amabili  e  graziofe  erano  le  fue  figure  che  quelle  di  Parrasio  ; 
poiché  ,  avendo  ainendue  dipinto  Tefeo  ,,  quel  di  Parrafio 
,,  (  dilfe  )  è  flato  nutrito  di  rofe  ,  e’1  mio  di  carne  „  (a)  ;  la 
qual  efpreffione  non  dee  punto  intenderli  del  colore  ,  ficco- 
me  vuole  Dati  (/')  .  L’olTervazione  che  fa  Plinio  della  tella 
grolla  e  delle  membra  fortemente  efprelfe  nelle  figure  di  Eu¬ 
franore  ,  può  applicarli  eziandio  a  quelle  di  Seusi  ,  come  già 
dianzi  oflervammo  (c)  .  Fra  le  fue  flatue  in  bronzo  era  cele¬ 
bre  quella  di  Paride,  in  cui  volle  che  al  tempo  flelfo  li  rav- 
vifafle  il  giudice  della  beltà  delle  tre  dee ,  l’amante  d’Elena , 
e  l’uccifor  d’Achille  (c) . 

jf .  1 9 .  Par¬ 


ca)  Da  lui  collocati  nel  tempio  di  Venete 
Genitrice  in  Roma  .  Plin.  loc.  eie.  §.  30. 

(s)  Plutarco  Bellone  anpace  clar.  fuerint 
Athen.  princ.  op.  Tom.  il.  pag.  346.  A. 

(a)  Plin.  lib.  3j.  cap.  it.  feft.  40.  §.  2  r. 
[  Plutarco  loc.  cit. 

(i)  Vite  de’ piti.  pag.  76. 

(c)  Tomo  1.  pag.  349.  ove  crede  abbia  er¬ 
rato  Plinio  nel  tacciar  Seufi  di  un  tal  difetto . 
Ma  ficcome  a  Plinio  fi  accorda  Quintiliano 
Inft.  orat.  lib.  iz.  cap.  1  o. ,  adducendone  per 
ragione  ,  eh’  egli  credeva  di  dar  cosi  maggior 


grandiofità  ,  c  dignità  alle  figure,  a  fomi- 
glianza  d’ Omero  ,  cui  piacevano  le  forme 
robulfe  anche  nelle  femmine  ;  polliamo  pen- 
fare  che  tale  giudizio  ne  forte  portato  gene¬ 
ralmente  da  tutti  . 

(c)  Plin.  lib.  34.  c.  8.  fed.i  p.  1 6.  f  Può 
vederli  Falconet  nella  nota  a  quefto  luogo  di 
Plinio  ,  ceuvr.  Tom.  ni.  pag.  1  32.  fegg.  ,  ove 
cerca  come  poteva  una  fola  figura  tre  cole 
rapprefèntarc ,  che  pare  abbiano  del  contra- 
dittorio  . 


\ 


LIB.  IX. 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  SC.  229 

fi.  19.  Parrasio  efefino  fu  il  primo  che  alle  tette  ,  le  quali 
dianzi  avean  un’aria  rozza  e  dura  ,  diè  delle  fembianze  ama¬ 
bili  e  della  grazia  ,  e  ne  difpofe  con  maggior  eleganza  i  ca¬ 
pelli  (a)  .  Il  fuo  merito  principale  confittevi  nel  ben  con¬ 
tornare  le  figure,  e  mondarne  le  forme,  guidamente  collo¬ 
cando  i  lumi  e  le  ombre  ,  nel  che  tutti  gli  antichi  artifti  gli 
accordarono  la  preferenza  (*)  .  Molti  però  lo  fuperarono  nel 
ben  efprimere  Follatura  e  i  mufcoli ,  e  in  tutto  ciò,  che  in 
termine  d’arte  chiamar  fi  fuole  la  notomia  (**)  .  Così  a  mio 
parere  deve  {piegarli  il  giudizio  di  Plinio  intorno  a  Parrasio  , 
e  non  già  come  fpiegollo  il  mentovato  Carlo  Dati  ( a )  ,  il  qua¬ 
le  fenza  intenderlo  letteralmente  così  traduffe  :  Sembrò  eoli 

O 

di  gran  lunga  inferiore  in  par  ago n  di  se  JìeJfo  nell' efprimere  i  mez¬ 
zi  delle  figure  (i)  ,  Della  dima  che  faceafi  delle  fue  pitture 

può 

una  raccolta  di  difegni  fulta  pergamena  .  Nar¬ 
ra  Seneca  lib.  3.  contr.  34.  che  ,  volendo  Par- 
rado  rapprefentar  al  vivo  un  Prometeo  ,  ab¬ 
bia  applicato  un  fervo  alla  tortura ,  e  con 
erta  toltagli  la  vita  .  Lo  Hello  dicefi  ancora 
di  Apelle  :  crudeltà  che  da  alcuni ,  ma  fen¬ 
za  baftevole  ragione  ,  fi  pretende  rinnovata 
dal  Buonartuoti  nel  dipingere  un  Crifto  cro- 
cififio  .  Se  Parrafio  vinfe  SeuG  nella  celebre 
disfida  ,  in  cui  quegli  colla  finta  tela  che  fem- 
brava  ricoprir  il  quadro  ,  ingannò  temolo , 
che  vantavafi  d' aver  colle  fue  uve  dipinte 
ingannati  gli  uccelli  ,  in  un’altra  disfida  fu 
vinto  Parrafio  da  Timante  ,  che  meglio  di 
lui  feppe  rapprefentare  Ajace  fdegnato  contro 
i  Greci ,  per  aver  elU  aggiudicato  ad  Ubile 
le  armi  d’Achille  .  Plin.  I.  eie. ,  Athen.  lib.  12. 
cap.n.pag.S4-3-  E.,  ZElian.  Variar,  kiji. 
lib.  p.  cap.  11 . 

Di  quello  Timante  il  fignor  Winkelmann 
non  fa  cenno  alcuno  ,  che  pur  meritava  d’ef¬ 
fe  re  nominato  ,  efiendo  egli  flato  uno  depili 
valenti  pittori  di  que’  tempi .  [  Dionìfio  Ali- 
carnaiTeo  De  adm.  vi  die.  in  Demofth.  n.  so. 
oper.  Tom.  il.  pag.  314.]  ■  11  fuo  carattere 
diftmtivo  nella  pittura  fu  l’invenzione  ,  Plin. 
lib.  ss-  caP-  10  feci.  36.  §.  6.  ,  e  i  fuoi  qua¬ 
dri  ebbero  quello  bel  pregio  che  davano  allo 
fpettatore  il  piacere  d’immaginar  di  più  che 
non  vi  folle  dipinto.  Dopo  l’Ajace,  con  cui 
fuperò  Parrafio  ,  celebratiffimo  è  (lato  il  qua¬ 
dro  d’Ifigenia  ,  con  cui  vinlè  Colote  Tejo  . 
Quint,  lib.  2.  cap.  1 3.  ,  Val.  Max.  I.  8 ,c,  11. 


(a)  Si  pregiava  in  modo  particolare  di  met¬ 
tere  il  fuo  nome  ai  fuoi  quadri .  Ateneo  l.i  /. 
cap.i  o.pag.  687.  B. 

(*)  Confefftone  artificum  in  lineis  extre¬ 
mis  palmam  adeptus  :  hec  eft  in  pittura  fum¬ 
mo  fublimitas  .  Corpora  enim  pingere  ,  & 
media  rerum  ,  eft  quidem  magni  operis  ,  fed 
in  quo  multi  gloriam  tulerint .  Extrema  cor- 
porum  facere  ,  &  definentis  piàurs.  modum 
includere  ,  rarum  in  fuccejfu  artis  invenitur  : 
ambire  enim  debet  fe  extremitas  ipfa  ,  &  ftc 
definire  ,  ut  promittat  alia  poft  fe ,  oftendat- 
que  etiam  que.  occultat  .  Plin.  lib.  33.  c-  io. 
feti.  36.  §.  s- 

(**)  Minor  tamen  videtur  fibi  compara- 
tus  in  mediis  corporibus  exprimcqdis  .  lbid. 

(a)  loc.  cit.pag.  4.8.  ,4, 

(1)  Facendo  Plinio  il  confronto  dei  con¬ 
torni  delle  figure  di  Parrafio  ,  ne’  quali  non 
ebbe  1’  eguale  ,  col  pieno  olila  col  mezzo 
delle  figure  ,  nel  che  ei  non  ri.ufciva  come 
nel  formarne  i  contorni  ,  l’efpolla  interpreta¬ 
zione  di  Dati  non  fembra  poi  sì  lontana  dal 
vero  ,  come  la  fuppone  il  nollro  Autore  . 
Chechè  ne  Ila  :  tra  le  molte  di  lui  tavole  , 
delle  quali  fa  Plinio  lib.  33.  cap.  io.  feci.  36. 
%.  3.  una  lunga  enumerazione,  nobiliflìmo  , 
oltre  l’ Archivilo  ,  è  flato  il  quadro ,  ove  pin- 
fe  l’indole  degli  Ateniefi  ;  e  quell’altro  dei 
due  giovani  ,  uno  de’  quali  per  la  troppo  for¬ 
zata  corfa  fembrava  bagnato  di  Pudore  ,  e 
l'altro  nel  depor  le  armi  moflravafi  come  an- 
fante  .  Lafciò  egli  altresì  ad  ufo  dei  pittori 


CAP.  III. 
Parrafio  . 


LIB. IX. 
CAP.  III. 


Seufi . 


230  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

!  può  efiere  argomento  Ja  fortuna  che  pagò  Tiberio  pel  di  lui 
quadro  rapprefentante  l’Archigallo  ,  cioè  il  prefetto  degli  evi¬ 
rati  facerdoti  di  Diana  Efefina  ,  che  probabilmente  efprimeva 
una  di  quelle  beltà  ambigue  fra  i  due  felli  ,  di  cui  parlammo 
altrove  (a)  .  Pagollo  l’imperatore  60000.  fefterzj  (b)  . 

jf.  20.  Arinotele  parlando  di  Seusi  ebbe  a  dire  ch’egli 
dipingeva  fenza  vi9o$  (a)  ,  la  qual  voce  alcuni  de’  traduttori 
hanno  omeffa  ,  altri ,  come  Giunio  (b)  ,  hanno  lìnceramente 
confeflato  di  non  ben  intendere  ,  ed  altri  hanno  mal  interpre¬ 
tata  ,  come  Caftelvetro  (c)  che  fpiega  ciò  del  colorito  .  Que¬ 
llo  giudizio  d’Ariilotele  può  intenderli  dell’efpreffione  prefa 
nel  fuo  più  ftretto  fenfo  ,  poiché  ,  parlandoli  di  figura 
umana ,  lignifica  quel  che  i  latini  diceano  vultus ,  e  noi  di¬ 
remo  ci  era  ,  cioè  l’aria  del  volto  ,  e  l’efprefiìone  del  fembian- 
te  e  de’geffi  (d)  (c)  .  Or  li  paragoni  con  quello  detto  d’Ari- 
ftotele  ciò  che  ebbe  a  rifpondere  Timomaco  ,  altro  chiaro 
pittore,  a  colui  che  bialimar  volle  l’Elena  di  Seusi  :  „  Prendi 
,,  i  miei  occhi  ,  gli  dille  ,  e  ti  fetnbrerà  una  dea  ,,  (d)  ;  dal 
che  s’inferifce  ,  che  il  pregio  de’lavori  di  Seusi  conlifteffe  nella 

bel¬ 


ìi. 5.  in  extern.  [  Cicerone  De  oratore,  c.22.  ], 
&  Eufthat.  ad  Iliad.  lib.  ult.  v.  1  6  j.  p.  j 343. 
Un.  60.  Vi  fi  vedeva  il  facerdote  Calcante  im- 
merfo  in  profonda  mitezza  ,  Ulilfe  più  me¬ 
tto  ancora  ,  e  con  tutta  la  maggior  polli  - 
bile  afflizione  Menelao  .  Relhava  Agamen¬ 
none  padre  d'Ifigenia  :  come  mai  efprimere 
il  fuo  dolore?  Con  un  velo  gl’involiè  il  ca¬ 
po  ,  lafciando  cosi  ad  ognuno  l'immaginare 
quanta  efler  dovelfe  allora  la  fua  afflizione  . 
Euripide  però  Iphig.ìn  Aul.  v.i  jfO.  prima  di 
lui  rapprefentato  avea  nella  fua  tragedia  Aga¬ 
mennone  in  tale  atteggiamento  .  [  Euitazio 
l.cit.  non  da  altro  vuole  che  abbia  dei ivata 
l'idea  di  quella  pittura  ,  che  dalla  grandezza 
del  dolore  efprelfo  nei  verfi  d’  Omero  .  Tutti 
gli  altri  fcrittori  par  che  lo  facciano  un  di  lui 
perdere  originale.  Se  ha  imitato  Euripide, 
potrebbe  piuttofio  crederi! ,  che  abbia  coper¬ 
to  il  vifo  ad  Agamennone  ,  perchè  ,  fe  quelli 
come  padre  non  poteva  trattenerli  da  dare 
fegni  del  maggior  dolore  ,  non  gli  conve¬ 
niva  come  fovrano  ,  eh’  egli  era ,  di  farli  ve¬ 


dere  in  pubblico  in  uno  fiato  di  tant’afflizio* 
ne  ,  che  avviliva  il  fuo  carattere  :  e  perciò 
Euripide  v. 4.4.6.  fegg.  gli  avea  fatto  dire  ,  che 
come  re  arroffiva  di  fparger  lagrime  ,  e  co¬ 
me  padre  sfortunato  arroffiva  di  non  verfat- 
ne  .  Veggi-  Falconet  Da  tableau  de  Timan- 
the  ,  et. ,  ceuvr.  Tom.  V.pag.6 2.fegg.  Altri¬ 
menti  converrà  dire  ,  che  Timante  non  abbia 
avuta  in  villa  la  legge  della  decenza  nell’ef- 
preffione  ,  di  cui  parla  Winkelmann  nel  T.  1. 
pag.  341 .  fegg. 

fa')  Lib.  iV.  Cap.  il. pag.  2 Sg.fegg. 

(b)  Plin.  lib.  ip.cap.io.  feci.  36.  ,  c 

fono  ifoo.  feudi  romani  .  Winkelmann  dice¬ 
va  ,  circa  tooo.  feudi  di  Germania  . 

(a)  Arili.  Poet.  cap.  6. 

(b)  Catal.  arch.  pici.  &c.  pag.  2  31. 

( c)  Poet.  d’AriJi.  volgar.  par.  ni.  p.r 4.3. 

(d)  Philofir.  Jun.  Icon.  2.  p.  86  f.  Un.  28 . 
Cafaub.  ad  Tkeopkr.  Char.  cap.  8. pag.  207 . 

(c)  Ved.  Tom.  I. pag.  32g. 

(d)  Stobeo  Serm.  61.  pag.  góg.prìnc. 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  !C.  2?T 

beltà  delle  figure  (a)  ;  e  ove  quelli  due  palli  infieme  fi  com¬ 
binino  ,  par  verofimile  che  quel  pittore  facrificade  una  parte 
deH’efprelIìone  alla  bellezza  ,  e  che  mirando  egli  principal¬ 
mente  a  far  figure  della  maggior  venuftà  ,  abbia  lor  date  fem- 
bianze  infignificanti  ;  poiché  ogni  menomo  fentimento  o  af¬ 
fetto  ,  che  el'primere  fi  voglia  fui  volto  ,  ne  altera  i  tratti  ,  e 
può  effere  alla  pura  beltà  fvantaggiofo  (b)  . 

jf.  21.  Altronde  però  v’è  ragion  di  credere  che  Arillotele 
abbia  con  tal  detto  voluto  biafimare  le  pitture  di  Seusi  ,  per¬ 
chè  fenza  moffa  follerò  e  fenza  azione,  le  quali  cofe  vengo¬ 
no  pur  e  (prede  dalla  voce  >i0o$  ;  e  in  tal  fenfo  ufa  egli  l’ag¬ 
gettivo  v'S/x> »  nella  fua  Rettorica  (a)  .  Malvalla  ed  altri  ebbe¬ 
ro  a  dir  lo  Hello  di  qualche  figura  di  Raffaello  . 

jf.  22.  Comunque  però  s’intenda,  è  probabile  che  Seusi 
abbia  dato  luogo  al  giudizio  d’Aridotele  per  voler  ricercare 
la  più  pura  bellezza  .  Ma  feppe  ben  egli  fchivar  quella  taccia 
nella  fua  Penelope  ,  in  cui  dipinfe  i  collumi  (  mores  ) ,  al  dir 
di  Plinio  ,  il  quale  ripetè  il  giudizio  d’un  Greco  ,  e  tradude 
la  parola  «é’os  col  più  comune  vocabolo  ,  fenza  (piegarli  poi 
chiaramente  .  Caylus  che  ,  volendo  indicare  i  caratteri  e  le 
proprietà  degli  antichi  pittori  ,  adduce  quello  palio  del  ro¬ 
mano  dorico  fenza  punto  rifchiararlo  (b)  ,  dato  forfè  farebbe 
del  mio  parere  fe  avelie  confrontato  la  notizia  di  Plinio  col 
giudizio  d  Aridotele  ;  tanto  più  che  quegli  altrove  interpreta 
la  greca  voce  rOos  (  in  plurale  ti9»  )  dell’  efpredlone  ,  così 
fcrivcndo  del  pittor  Aristide  :  Is  omnium  primus  animimi  pin- 

xit , 

(a}  Egli  dipinf-  un  Cupido  coronato  di  moderato  efpre/To  anche  fui  volto  non  do- 
tofe  nel  tempio  di  Venere  in  Atene  ,  men-  vrebbe  alterare  le  forme  ;  e  piuttofto  deve 
aionato  dallo  Scoliate  d’ Ari  (tofane  inAcharn.  rendere  1' elpredione  piti  piacevole  ,  e  per 
verf.  oqi .  ;  c  da  Cicerone  De  invent.  lib.  z.  confeguenza  più  bella  . 
princ.  Tappiamo  ,  eh'  egli  fuperava  tutti  gli  (a)  lib.  3.  cap.  7. 

altri  pittori  di  gran  lunga  nel  dipingere  figure  (&)  Reflex.  Jur  quelq.  ckap.  du  f /.  livre  de 

di  donne  Piine  ,  ni.  part.  Carnei,  des  peintr.  grecs  , 

(b)  Quello  può  dirli  delle  padroni  forti  ;  Ac  ad.  des  Injcript.  Tom.XXV.  Mém.p.rpj , 
ma  una  fenfaiione ,  o  affetto  piacevole ,  e 


LIB. IX. 
CAP.  III. 


232  Storia  dell’/arte  presso  i  Greci 

---■  xit ,  &  fenfus  bominis  expreffit ,  qme  vocant  Gr&ci  ethe  ( a )  .  Fu 

gap.  ni.  cTiefti  ne^a  Pittura  ciò  che  neIi’arte  di  dire  era  Lifia  ,  a  cui 
Dionifio  (b)  attribuifce  la  più  perfetta  »’ Sotto ilare  (i)  . 

Nicia .  $-  23‘  Tanta  fama  di  fapere  e  d’abilità  nelfarte  aveafi  ac- 

quillata  Nicia  ateniefe  che  ,  Prassitele  interrogato  quali  delle 
proprie  opere  riputale  le  migliori ,  quelle  rifpofe  ,  delle  quali 
Nicia  avea  ritoccato  e  migliorato  i  modelli  .  Così  almeno 
intendo  quello  palio  di  Plinio  :  Hic  ejl  Nicias  ,  de  quo  dice- 
bat  Praxiteles  interrogatiti  ,  qua  maxime  opera  fu  a  probaret  in  mar- 
moribus  :  quibus  Nicias  manum  admoviffet  ;  tantum  circumlitioni 
ejus  tribuebat  (r)  .  Immagina  il  mentovato  fcrittor  fiorentino , 
che  qui  parlili  di  certo  pulimento  e  luftro  ,  che  Nicia  delfe 
alle  llatue  altrui  (d)  ,  e  adduce  a  quello  propofito  un  palio 
di  Seneca  ,  ove  trattali  d’ impellicciatura  fatta  d’altro  fallo  , 
e  di  marmi  rari  ,  il  quale  non  ha  punto  che  fare  al  cafo  no- 

fro  } 

M  TVm.  Hi.  cap.i  o.  feti.  36.  tp.  gli  antichi  pittori,  che  ndl’cfiigiar  gli  dei  e 
n- °P-  T°m-  ’I-  P-i  33-  gii  eroi  non  ofavano  dipartirli  dalla'  fifotro- 
(O  Ebbe  Seuli  la  lorte  di  trovar  la  porta  mia  e  dal  carattere  dato  loro  dal  medelìmo  : 
della  pittura  aperta  da  Apollodoro  ,  onde  in-  motivo  per  cui  fu  chiamato  lc°islatore 
cominciò  egli  la  lua  carriera  dal  punto  in  cui  Quintil.  lib.  12.  cap.  io.  [  Parla  diTarrafio 
1  alcio  terminata  1  avea  .  Sdegnato  quelli  per  non  di  Seuli  .  Di  quello  abbiamo  da  Luciano 
ciò  contro  lo  (coiaio  che  gli  avelie  furata  lar-  in  Zeaxi  ,  fi  ve  Antiocho  .  §.  3.  oper.  Tom.  I. 
te  ,  con  una  latita  ne  fece  la  vendetta  .  Di  pag.840. ,  che  non  voleva  dipingere  cofe  po- 
molte  pitture  di  Seuli  limane  tuttora  il  cata-  polari  ,  e  comuni  ,  o  almeno  ben  poche  ne 
rogo  preflo  Plinio  hi.  33.  c.  p.feci.  36.  §.  2.  laceva  ,  come  per  efcmpio  qualche  divinità  , 
Tra  quelte  ,  oltre  1  accennata.Penelope  ,  me-  eroe,  o  battaglie;  ma  voleva  lare  Tempre 
lira  Ipeciale  oliervazione  la  Giunone  fatta  per  nuovi  foggetti  ,  e  che  ulcillero  dal  (olito  . 
gli  Agrigentini  fui  vivo  e  nudo  modello  di  Egli  defcrive  §.  4.  /.  tra  quelli  un  quadro  , 
cinque  delle  più  avvenenti  donzelle  del  pae-  di  cui  una  fedele  copia  era  iellata  in  Atene 
le  .  Cicerone  De  inyent.  lib.  2.  princ. ,  Dio-  ancora  a'  fuoi  giorni ,  e  l’originale  probabil- 
nilìo  f  De  prife.  fcript.  cenf.  cap.  1.  n.  /.  oper.  mente  era  perito  in  mare  allorché  li  trafpor- 
T0m.1I,  pag.  122.  ]  ,  e  Valerio  Malfimo  [  I.3.  tava  in  Italia  per  ordine  di  Siila  .  Vi  era  di¬ 
ca/;  7.  n.  3.  in  extern.  ]  Vogliono  edere  Hata  pinta  una  Centaurelfa  ,  che  allattava  due  pic- 
quelta  un'  Elena  efeguita  da  lui  pei  Croto-  coli  Centauri  gemelli;  e  il  padre  loro  ,  il 
niati  nella  maniera  divilata .  [  Vedi  Tomo  I.  quale  ridendo  teneva  nella  delira  un  leonci- 
pag.  2Ìj.  not.  c.  ]  .  Opera  pur  (ingoiare  di  no  per  mollrare  di  far  loro  pauia  .  I  pittori 
Seuli  fu  l'atleta,  di  cui  egli  tanto  fi  coni-  vi  ammiravano  l’efattezza  delle  proporzioni , 
piacque  che  vi  aggiunfe  un’ifcrizione  ,  colla  la  grazia  dei  contorni  ,  il  bel  colorito,  e  il 
quale  dicca  che  farebbe  flato  quello  più  fa-  chiarofcuro  ;  ed  egli  vi  lodava  particolarmen- 
cilmente  un  oggetto  di  critica  che  d’ imita-  te  una  graziola  varietà  ,  e  la  naturale  efpref- 
Zione  .  Plutarco  Bellone  an  pace  clariores  fione  degli  affetti  :  il  che  contradirebbe  a 
fuer  Athen.  oper.  Tom.  il.  pag.  346.  attri-  ciò  ,  che  dice  Winkelmann  nella  pagina  pre¬ 
tini  (cc  r  ideilo  motto  ad  Apollodoro  .  Forfè  cedente. 

T  iranno  ufato  amendue  ;  liccome  amendue  (c)  lib.  3 3.  cap.  1 1.  feci.  40.  §.  28. 

diedero  altri  limili  faggi  di  vanità  e  di  often-  (ù)  Dati  Vite  de' piu. pag.  68. 

fazione  .  Fu  tenuto  Seufi  in  tanto  credito  da- 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  ÈC,  233 

ftro ,  febbene  ivi  pur  trovili  la  voce  circumlitio  (a)  .  Il  luftro 
alle  ftatue  fi  dà  a  forza  di  braccia  da  operaj ,  che  non  hanno 
alcuna  intelligenza  dell’arte  ;  e  generalmente  quando  lo  Cul¬ 
tore  ha  terminato  il  fuo  lavoro  fecondo  il  modello  ,  e  levata 
la  mano  dall’opera,  più  non  fi  può  migliorare  .  Ma  un  abile 
amico  dell’artifta  ,  può  efiergli  utile  nel  modello  ;  e  quindi 
io  credo  che  la  voce  circumlitio  lignifichi  quel  riandarvi  fopra 
collo  (lecco  e  migliorarlo  .  Linere  ditfatti  chiamali  quell’ag- 
giugnere  o  rafchiar  la  creta  che  fi  fa  nel  ritoccare  un  mo¬ 
dello  ;  e  poiché  quelli  di  Prassitele  richiedeano  miglioramenti 
appena  fenfibili ,  Plinio  ,  volendo  ciò  efprimere  ,  ha  ufato  un 
fol  vocabolo  ,  che  indica  un  ripudiarvi  fopra  dolcemente  . 
Prende  anche  un  più  grand’abbaglio  Arduino  immaginandoli 
che  Nicia  delle  alle  itatue  di  Prassitele  una  leggerillima  tin¬ 
ta  ,  da  cui  acquifiafiero  un  più  vivo  lufiro  . 

fi.  24.  Quando  Paufania  (b)  dice  di  quefi’artifia  :  N/x/ag 
d'p iToq  mv  e’cp’  aòrov  parole  che  fono  fiate  così 

tradotte  :  in  pngendis  animalibus  caceris  atatis  fum  longe  prajìan- 
tijjìmus  ,  no  i  dee  rifiringerfi  ai  foli  animali  bruti ,  ma  inten¬ 
derà  deve  eziandio  delle  umane  figure  ;  poiché  dalla  voce  £&« 
deriva  il  nome  ,  che  dar  fi  fuole  generalmente  al 

pittor  di  figure  .  Ciò  s  inrerifce  da  molti  palli  d’altri  fcrittori, 
ove  incontiafi  la  voce  £««  a  propofito  de’ lavori  dell’arte. 
Così  Dione  Grifofiomo  ,  parlando  di  tazze  auree  ed  argentee 
lavorate  a  baffo-rilievo  ,  dice  :  ir,  H  $  £*«  ifròt,  xvx\u 
ìxìiv  (a)  ;  e  ivi  la  parola  non  Ibi  delie  figure  d’animali, 
ma  pur  delle  umane  fi  deve  intendere  .  Scioglie  ogni  dubbio 
intorn  ^  a  ciò  un  palio  di  Filemone  prefib  Ateneo  ,  ove  chia- 
mi  1  ^cuop  una  rtatua  di  certo  tempio  di  Samo,  della  quale 

;  ed  Ateneo  foggiugne  che  tale  fiatua 
G  g  ( ayaX~ 

00  Orat.  jo.pag.  307.D. 


taluno  erafi  innamorato 
Tom.  II. 


(a)  Quello  -dello  «liceva  Dati  , 

(b)  hu.i.  cap.  » 9.  pag .  74.  in  fine  , 


LIB. IX. 
CAP.  III. 


LIB. IX. 

CAP.  III. 


O/Tcrvazione. 


234  Storia  dell’Arte  presso  i  Greci 

(  ayctìp*  )  era  lavoro  di  Ctesicle  (a)  .  Quando  però  tal  voce 
s’adopera  in  diminutivo  £&'cT/a  ,  fembra  aver  altro  fenfo  ,  e 
lignificare  principalmente  ornati  di  piccioli  animali ,  e  grot- 
tefchi .  Cosi  Efichio  dicendo  Av'yJ'o;  ìts  m  ?àSict  ,  volle  pro¬ 
babilmente  indicare  che  il  marmo  pario  (  A  vyé'o; ,  huyStvo;  ) 
il  più  atto  fotte  ,  come  lo  era  in  fatti,  per  tai  fini  e  delica¬ 
ti  lavori  (a)  . 

$*  2$\  La  tavola,  cui  Nicia  fìimava  più  d’ogn’altra  fua 
opera  ,  era  la  Necromanzia  d’Omero  ,  così  detta  perchè  rappre- 
fentava  il  tratto  principale  del  libro  deH’Odifìea  che  ha 'tal 
titolo  ,  cioè  il  colloquio  d’Ulifle  col  cieco  indovino  Tirella 
nell’inferno  .  Per  quell’opera  fu  ordinato  che  fe  gli  pagallero 
fe  (Tanta  talenti  ;  ma  egli  ,  efiendofi  arricchito  ,  ricufolli  ,  e 
volle  piuttollo  far  dono  del  quadro  ad  Atene  fua  patria  (b)  . 
La  medefima  favola  dipinta  avea  due  volte  Polignoto  nello 
Hello  tempo  e  luogo  ,  cioè  a  Delfo  (b)  ;  e  nella  villa  Albani 
vedefi  efprefla  in  un  balfo-rilievo  da  me  pubblicato  (c)  . 

jf.  26.  I  poeti  e  gli  arditi ,  che  fi  renderono  celebri  a  que¬ 
lla  epoca  ,  in  cui  la  Grecia  già  cominciava  a  fentire  il  giogo 
de  Macedoni ,  denno  confiderarfi  ancora  come  germogli  d’una 
generofa  pianta  crefciuta  all’ombra  della  libertà  .  1  coltumi 
nazionali  obbligavano  gl’ingegni  a  ricercare  l’eleganza  e  la 
finezza  polììbile  sì  ne  lavori  dell’arte  ,  che  nelle  produzioni 
dello  fpirito.  L  amico  d’Epicuro  ,  Menandro,  a  cui  primo  ino¬ 
ltro  (fi 

{a)  Deipn.  lìb.12.  cap.  8.  pag.  6o6.prlnc.  tarco  Bellone  ,  an  pace  clar.  fuer.  Athen. 

(a)  Tutto  quello  difcorfo  è  giuflo  prefo  Tom.il.p.34.6.  A.  è  lodato  perle  Tue  pitture 
generalmente  ;  ma  per  Paufania  potrebbe  di  battaglie  }  e  in  quelle  mollrava  maggior 
non  elle  rio  .  Non  nega  quello  fcrittore  ,  che  eccellenza  per  le  figure  de' cavalli  ,  fecondo 
Nicia  ha  llato  valente  anche  nel  far  le  figure  la  tellimonianza  di  Demetrio  Falereo  De 
0  uomini .  Vuol  rilevare  il  merito  di  lui  par-  elocut .  §.  ifXXVI.  Altrimenti  intendendoli 
ncolare  ,  per  cui  era  fuperiore  a  tutti  i  pie-  Paufania  ,  converrà  dire  ,  eh’  egli  facefie  Ni¬ 
tori  del  fiuo  tempo  ,  cioè  quello  di  fare  egre-  eia  per  ogni  riguardo  il  più  grande  fra  tutti 
giamente  le  ngure  degli  animali  :  nel  che  fi  i  pittori  de'  fuoi  tempi . 
accorda  con  Plinio  ,  il  quale  nel  lib.gj.  c.i  1 .  (b)  Plinio  lib .3  f.  c.i  1 .  feci. 4.0.  §.  28. 

jcft.4.0.  §.  28.  dopo  averlo  commendato  per  (£)  Pauf.  lib.i  0.  cap .  28.  pag.  8 66. 3  c.  zg* 

Je  figure  d  uomini ,  lo  diflingue  eziandio  per  pag.  870 . 

la  lua  eccellenza  particolare  nel  dipinger  (c)  Monum,  ant.  ined .  num.  ij7 • 
quadrupedi ,  e  cani  fpecialmeute  ,  Da  Piu- 


DAI  SUOI  PRINCIPJ  EC.  2 ^ 

flroffi  la  Grazia  comica  in  tutta  la  Tua  amabilità  ,  portò  allora  — - 

fulla  fcena  un  più  colto  linguaggio  ,  un  metro  più  armoniofo  ,  UE‘ Ix 
e  più  puri  coltumi ,  affine  di  dilettare  ed  iftruire  nel  tempo  1  ' 
medefimo  ,  pungendo  con  attico  fale  il  vizio  e  gli  abufi  .  I 
pochi ,  ma  pregevoli  avanzi ,  che  ci  rellano  di  cento  e  più 
fu  e  commedie  ,  poffiono  darci  un’idea  della  llretta  unione  che 
allor  v’era  tra  la  poefia  e  le  arti  del  difegno  ,  e  dell’influen¬ 
za  loro  reciproca  ;  e  unitamente  al  teftimonio  d’altri  fcrittori 
farci  fede  della  beltà  de’  lavori  che  Apslle  e  Lisippo  ornarono 
di  tutte  le  grazie . 


LIBRO  DECIMO. 

Scoria  delle  Arti  del  Difegno  da  Aleflandro  il  Grande 
fino  al  dominio  de’  Romani  in  Grecia . 

Capo  I. 

Circojìanze  della  Grecia  a  que'  tempi  -  Artijìz .  .  .  Lijìppo  -  Agefiin- 
dro  —  Polidoro  —  e  Atenodoro  .  .  .  loro  Laocoonte  —  Pirgotele  .  .  .  fue 
fuppojìe  gemme  incife  —  Pittori  —  Apelle  —  Arijìide  -  Protogene  — 
Nicomaco  -  immagini  d’ Alefsandro  .  .  .  fue  tejìe  .  .  .  Statue  .  .  « 
Baffi-rilievi  —  Figure  di  Demojìene  . 

All’epoca  ,  di  cui  parlammo  nel  Capo  antecedente  ,  celebre 
nella  ftoria  delle  arti ,  principalmente  per  l’alto  grado  di  per¬ 
fezione  a  cui  fu  portata  la  pittura  ,  fuccedè  il  punto  del  mag¬ 
gior  raffinamento  ,  e  degli  ultimi  grandi  artilfi ,  che  illultra- 
rono  e  renderono  più  memorabile  il  fecolo  d’AIeflandro  il 
Grande ,  e  de’  primi  fuoi  fuccelTori . 


f.  i.  Mol- 


Stor.  delle  Arti  da  Aless.  il  Gr.  ec.  237 
jf.  1.  Molto  a  ciò  contribuirono  le  ellerne  circoftanze  =s==a!===* 
de’ Greci.  Dopoché  quelli,  e  fra  eflì  principalmente  gli  Ate-  ^ 
nielì ,  per  le  intelline  pertinaci  guerre  molle  e  follenute  da  ciccoftaiwe 
gelolìa  d’impero,  furonfi  interamente  indeboliti  e  fp  o  flati ,  que^mpi!  a 
lì  follevò  fovra  di  loro  Filippo  re  di  Macedonia  ;  e  Aleffan- 
dro  fuo  figliuolo  e  fuccelTore  ,  facendoli  dichiarare  lor  capo 
e  duce  ,  padrone  li  fece  in  fatti  e  re  della  Grecia  intera  . 

Avendo  quella  per  tanto  cangiata  forma  di  governo  ,  mutò 
pur  carattere  l’arte  ,  la  quale ,  ficcome  dianzi  fondava!!  fulla 
libertà ,  fu  in  feguito  dall’abbondanza  e  dalla  generofità  de’ 
doviziofi  cittadini  follenuta  e  nudrita  .  A  tali  circoltanze  ,  co¬ 
me  ai  talenti  ed  alle  cognizioni  d’Aleflandro ,  afcrive  Plutarco 
il  fiorir  dell’arte  a  que’  tempi  (a)  . 

jf.  2.  Sotto  il  fuo  impero  gullavano  i  Greci  una  libertà 
pacifica  ,  fenza  provarne  le  amarezze  ,  in  un  certo  avvilimento 
bensì ,  ma  in  perfetto  accordo  fra  di  loro  .  Ellinta  erali  in 
elìì  la  gelolia  reciproca,  onde  tranquilli  contentavanli  di  van¬ 
tare  qualche  volta  la  loro  palpata  grandezza  .  Altronde  ad 
AlelTandro  ,  che  frattanto  conquillava  l’Oriente,  e  ad  Anti- 
patro  fuo  luogotenente  in  Macedonia  ,  ballava  di  veder  la 
Grecia  in  calma,  e  dopo  la  dillriizione  di  Tebe  non  le  die¬ 
dero  mai  altra  cagione  di  difgufto  . 

jf.  3.  In  tanta  tranquillità  abbandonaronli  i  Greci  alla  na¬ 
turale  loro  inclinazione  per  l’ozio  e  pei  paflatempi  (/>)  :  Sparta 
medelìma  deviò  dalla  prifca  fua  auflerità  (c) .  L  ozio  riempiva 
le  fcuole  de’  filofofi  e  degli  oratori  ,  che  allora  moltiplica- 
ronfi  ,  e  maggior  conliderazione  ottennero  .  1  pubblici  diver¬ 
timenti  tenevano  impiegato  il  poeta  e  TartiUa  ,  e  quelli ,  adat¬ 
tandoli  al  gullo  dominante  ,  ricercava  il  morbido  e  1  piace¬ 
vole  ,  poiché  giovava  lufìngare  i  delicati  fenli  d’una  nazione 
indebolita  ed  effeminata . 

jf.  4.  In 

(a)  De  forc ,  Alex.  orat.  2.  princ.  «per,  (.!>')  Arift.  De  Repub!,  lib.  7.  cap.  1 4. 

Tom.  il.pog- 333.  {e)  ititi. 


LI3.  X. 
CAP.  I. 


Artifti . 
Lifippo . 


238  Storia  delle  Arti 

=  jf.  4.  In  quell’epoca  ,  piucchè  in  ogni  altra  ,  abbonda¬ 
rono  gli  artifti ,  e  copiofe  furono  le  opere  dell’arte  ,  e  perciò 
ragion  vuole  che  ci  fi  fermiamo  alquanto  ,  quelle  fole  cofe 
efaminando  però  che  efienzialmente  alle  belle  arti  apparten¬ 
gono  .  E  ficcome  un  maggior  numero  d’incifori  fi  diftinfe  al¬ 
lora  pe’  lavori  in  gemme  ,  e  in  pietre  preziofe  ,  che  dalla  con- 
quiftata  Perfia  apportate  furono  in  Grecia,  di  quelli  egual¬ 
mente  che  degli  fcultori  e  de’  pittori  qui  tratteremo  . 

jf.  Rinomatiftìmo  fra  gli  ftatuarj  fu  Lisippo  di  Sido¬ 
ne  (a)  ,  che  lavorava  in  bronzo  ,  e  folo  aveva  il  privilegio  di 
far  l’effigie  di  Alefiandro  :  il  che  ,  a  mio  parere  ,  deve  inten¬ 
derli  unicamente  delle  immagini  in  metallo  (e)  .  Plinio  (a) , 
fidando  l’epoca  della  celebrità  di  quell’  ardila ,  ebbe  proba¬ 
bilmente  in  mira  ,  ficcome  avea  fatto  con  Fidia  e  con  Poli- 
cleto  ,  le  circoftanze  di  quel  tempo  favorevoli  all’arte  ;  poi¬ 
ché  nell’anno  primo  dell’olimpiade  cxxv.  ,  quando  Alefiandro 
tornato  lu  a  Babilonia  ,  regnava  falla  terra  una  pace  univer- 
fale .  In  quella  metropoli  del  regno  perfiano  vennero  allora 
ambafciadori  d  innumerevoli  popoli  al  conquiftatore  dell’O¬ 
riente  ,  chi  a  complimentarlo ,  chi  a  recargli  doni ,  e  chi  a 
confermare  li  conchiufi  trattati  o  alleanze  (b)  . 

jf.  6.  Lisippo  è  celebre  per  aver  imitata  la  natura  meglio 
che  i  fuoi  predecefiori  (c)  .  Egli  cominciò  i  fuoi  ftudj  ove 
cominciato  avea  l’arte,  e  ad  imitazione  de’ favj  filici  moderni 
non  facea  progredì  fe  non  per  la  ftrada  dell’oftervazione  e 
dell’efperienza  :  tali  fempre  furono  i  principj  de’primi  uomi¬ 
ni  .  Deggiamo  quindi  conchiudere  che  ,  eftendo  dato  intro¬ 
dotto  molto  d’ideale  nell’arte  dagli  antecedenti  gran  maeftri , 
i  quali  a  forza  di  voler  fublimare  e  abbellire  la  natura  eranfi 
formati  nella  mente  de’ modelli  da  efta  affatto  lontani ,  quella 

nelle 

W  z'  caPÈ  9- Pag-r 33-  W  Diod.  Sic.  lib. 17.  §.113.  pag.  24.9, 

(b)  Vedi  apprcllo  al  §.  22.  Tom.  il.  * 

(.“)  lib.  34.  cap.  #.  feci.  1 9.  princ.  (c)  Quintiliano  lib.  12,  cap,  1  e. 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  239 

nelle  Tue  parti  non  fotte  più  riconofcibile  ;  ma  Lisippo  ,  of- 
fervandola  ed  imitandola  elettamente  ,  richiamò  ad  eha  l’arte  , 
e  ciò  fece  principalmente  collo  ftudio  ,  e  colle  ricerche  fu 
quella  parte  del  difegno  che  chiamiamo  la  notomia  (1)  . 

jf.  7.  Forfè  neffun  lavoro  di  quello  celebre  ardila  è  lino 
a  noi  pervenuto  ,  e  poco  v’è  da  lperare  di  rinvenirne  in  appref- 
fo  ,  poiché  egli  lavorò  in  bronzo  .  V’è  chi  a  lui  attribuifce 
i  quattro  bei  cavalli  polli  fuli’ingfeflo  della  chiefa  di  s.  Marco 
a  Venezia  (a)  ,  ma  fenza  recarne  alcun  valevole  argomento  . 
Egli  è  forprendente  però  che  tutte  fianlì  perdute  le  opere  di 
quello  grand’uomo ,  principalmente  per  la  quantità  prodigiofa 
che  fatta  ne  aveva  ;  poiché  febbene  fembri  difficile  che  il  folo 
Lisippo  abbia  potuto  gettare  feicentodieci  opere  di  bronzo, 
come  diceafi  ai  tempi  di  Plinio  (b)  ,  ciò  non  ollante  è  certo 
che  deve  averne  lavorate  molte  ,  e  venticinque  fra  le  altre 
erano  le  ligure  a  cavallo  di  coloro  che  erano  rimalli  uccill 
per  difendere  AlelTandro  preffib  il  fiume  Granico  ,  le  quali 
pofcia  Metello  fece  dalla  città  di  Dios  in  Macedonia  trafpor- 
tare  a  Roma  ,  ed  efporre  fopra  il  proprio  portico  00. 

jf.  8.  Non  devo  ometter  qui  di  parlare  d’una  llatua  d’Èr¬ 
cole  in  marmo  efillente  nel  palazzo  Granducale  ,  detto  Pitti, 
a  Firenze  ,  fui  cui  zoccolo  leggefi  incifo  ATSinnOS  EIIOIEI 
(  Lifippo  fece  )  ;  non  già  pel  merito  che  ella  abbia  ,  ma  per¬ 
chè  uno  fcrittore  inefperto  l’ha  creduta  lavoro  di  quello  ce¬ 
lebre  ardila  (b)  .  Nè  io  rigetto  la  fua  opinione,  perchè  non 
creda  antica  la  riferita  ifcrizione  .  So  beniffimo  ,  per  tefli- 

rno- 

(0  Dir  folca  Lifippo  che  il  fuo  maeflro  ibid.  Tra  le  tante  (lame  di  bronzo  fatte  da 
nell  arte  era  flato  il  Doriforo  di  Policleto  .  Lifippo  ,  celebre  è  fiata  quella  che  fece  pei 
q1.'-  3>t  dar.  orat.  cap .  86.  n.  zp6.  Eupompo  Tarentini  alta  40.  cubiti . 
gliene  accennò  un  migliore  ,  e  propofegli  la  (a)  Vedi  qui  avanti  pag.  38-  37-  47- 
natura  (Iella  .  Plin.  /ib. 34..  c.  8.  feci.  1  g .  6 .  (b)  lìb.  34..  cap.  7.  feci.  17.  Secondo  la  le* 

Benché  ne  fia  egli  flato  imitator  efattifTimo  ,  zione  d'Arduino  fono  x  500. 
nondimeno  per  far  maggiormente  rifaltate  le  (a)  Arrian.  De  exped.  Alex.  lib.  1 .  cap.  17. 
figure  formò  loro  una  teda  più  piccola  ,  ed  pag.  4.7.  ,  Veli.  Patere,  lib.i.  c.n. 
un  corpo  più  fvelto  e  gentile  che  non  fi  era  (A)  Maffei  Raccolta  di  fatue  ,  alla  Tavo- 
praticato  dai  maeflri  che  lo  precedettero  .  Id.  la  4#.  col.  49. 


LIB.  X. 
CAP.  I. 


24-0  Storia  delle  Arti 

monianza  di  Flaminio  Vacca  (a)  ,  che  quella  fi  trovò  fulfa 

L/I  .B  X  ^ 

fiatua  quando  difotterrata  fu  fui  Palatino  ;  ma  fo  altresì ,  come 

GAP.  I.  ^  . 

no  notato  altrove  (b)  ,  che  gli  antichi  fecer  talora  limili  im- 

pofture  (c)  :  e  ciò  appunto  era  già  fiato  ofiervato  dal  mar- 

chefe  Maffei  riguardo  a  quella  medefima  fiatua  (d)  .  Che  tal 

lavoro  diifatti  non  fia  dello  fcultore  di  cui  porta  il  nome, 

rilevali  e  dal  filenzio  degli  antichi  ,  che  mai  non  parlano  d’ope- 

re  di  Lisippo  in  marmo  ,  e  più  ancora  dall’opera  medefima, 

che  non  è  certamente  degna  di  lui  (e)  . 

fiAgefandro  e  9 .  Se  innumerevoli  opere  fi  fon  perdute  dei  tempi ,  in 

Loro  Laoco-  cui  più  l’arte  fioriva  ,  un  preziofilìimo  monumento  di  efia  però 

onte ,  1  1  1 

fi  è  confervato  nella  fiatua  del  Laocoonte  .  Che  l’artifta  di 

effa  vivefie  ai  tempi  d’AlelTandro  il  Grande ,  fe  pur  non  poC- 
fiamo  dimollrarlo  col  tefiimonio  degli  fiorici ,  lo  argomen¬ 
tiamo  almeno  con  molta  verofimiglianza  dalla  perfezione  del 
lavoro  (p)  .  Plinio  ne  parla  come  di  un’opera  che  tutte  fupe- 
rava  quante  prodotte  aveane  la  pittura  o  la  fcultura  (a) .  Efia 
fu  lavoro  di  Agesandro  ,  Polidoro,  e  Atsnodoro  di  Rodi, 
il  terzo  de’  quali  era  figliuolo  del  primo  ,  come  rilevali  da 
un’  ifcrizione  polla  fulla  bafe  d’una  fiatua  nella  villa  Alba¬ 
ni  (*)  ;  e  tale  forfè  era  anche  il  fecondo  ,  perchè  altrimenti 

non 


(a)  Memorie,  ec.71.y7.,  e  preffo  Mont- 
faucon  Diar  ita/,  cap.  13.  pag.  1  So. 

(bi  Lib.  Vili.  Cap.  I.  §.  1  z.  pag.  0  7. 

(c)  Fedro  Fabul.  I.  j.  in  proL.  ce  ne  dà  un’ 
ampia  teftimonianza  riguardo  a  fimìli  impo- 
fture ,  che  fi  facevano  a’  Cuoi  tempi ,  allorché 
fi  eftendeva  Tempre  più  in  Roma  il  genio  per 
li  monumenti  dell'arte  : 

Ut  quidam  artifices  noftro  faciunt  f sculo  , 
Qui  rretium  operibus  majus  invernane , 
novo 

Si  marmori  adfcripferunt  Praxìtehm  fuo  , 
Myronem  argento  .  Plus  vetufiati  namfa- 
vet 

Invidia  mordax  ,  quam  bonis  prsfentibus  . 

(Di  Ofserv.  lett.  Tom.  I.  p.ipS.  ,  e  Artis 
crit.  apia.  iìb.q.  c.i .  can.z.  col.  7  6.  77  ,  ove 
legge  1’  ifcrizione  ,  AYSinflOY  EITON 
opera  ai  Lijìppo  ,  come  la  riferifce  anche 


l'altro  Maffei  loc  cit.  colla  differenza  del  X  in 
C. ,  e  Flaminio  Vacca  /.  cit.  in  latino  . 

(e)  Prello  il  Boilfard  Antiq.  &  infcrìpt. 
Par.  ni.  fia  1  17.  Tetto  una  figura  di  marmo 
fi  legge  :  MYRR1  LINI  LYS1PPI .  Maque- 
fio  Lifippo  non  avra  niente  che  fare  coll’ 
altro  . 

(f)  Se  Atcnodoro  folle  lo  fteffo  che  quello 
da  Plinio  lib.  *4.  car.8.  feci.  1  p.  princ.  detto 
Polare  di  Poìideto  ,  avrebbe  viffutó  eir:a  l'o¬ 
limpiade  lx  xxvii.  .  come  vuole  il  Maffej 
Raccolta  di  fatue  ,  Tav.  t.  ,  e  dopo  di  lui 
Richardfon  ,  e  l’ Orlandi  nella  nera  alNar- 
dini  citato  qui  aoprefio  •  Il  noftro  Autore 
nella  prima  edizione  non  avea  faputo  accon- 
fentirvi ,  come  ne  anche  nel  Tratt  prelim, 
Cap.  IV  pag.  LXXiX. 

(a)  lib.  36.  cab.  f.  feci.  4.  C  i  r. 

(*)  Tal  bafe  fu  trovata  dal  (ignor  cardinaj 
Albani  nelle  ruine  dell  antica  Anzio ,  ed  è  di 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  241 

non  ben  fi  comprende  come  tre  artifti  e  Iavorailero  inficine 
al  medefimo  pezzo  ,  ed  avefiero  la  fletta  maniera  ;  e  ficcome 
la  figura  di  Laocoonte  è  la  più  importante  e  la  più  celebre  > 
quindi  è  verofimile  che  quella  fi  a  lavoro  del  padre  ,  e  le  altre 
due  opera  fiano  dei  figliuoli  cTAgesandro  . 

jf.  io.  La  fiatila  del  Laocoonte  flava  altre  volte  nel  palazzo 
di  Tito  (cr)  ,  e  ivi  (non  già,  come  Nardini  (/>)  ed  altri  fcrif- 
fero  ,  nelle  così  dette  Sette  Sale  ,  che  erano  altrettanti  reci¬ 
pienti  d’acqua  pe’  bagni  )  fu  fcoperta  l'otto  la  volta  d’una  ca¬ 
mera  che  fembra  efìere  fiata  parte  delle  terme  di  quell’im¬ 
peratore  .  Tale  fcoperta  ha  fervito  a  meglio  determinare  la 
umazione  del  di  lui  palazzo  ,  il  quale  eravi  unito  .  Ivi  flava 
il  Laocoonte  in  una  gran  nicchia  in  fondo  di  detta  camera  , 
in  cui  fotto  alla  cornice  fi  è  confervata  la  pittura  pretefa  di 
Goriolano  nominata  nel  Libro  Vii.  (a)  (*)  . 

jf.  ri.  Scrive  Plinio  che  le  tre  figure  del  Laocoonte  la¬ 
vorate  erano  d’un  pezzo  folo  ;  e  ficcome  tal  non  è  il  gruppo 
di  cui  fi  tratta ,  giudicar  dobbiamo  che  Plinio  fia  flato  ingan¬ 
nato  dal  non  vedervi  nefluna  commettura  .  Appena  dopo  due 
mila  anni  fe  n’è  fatta  vifibile  una  ,  che  moflra  efiere  flato  la¬ 
vorato  feparatamente  il  maggior  dei  due  figli  (b)  (j)  .  Manca 
Tom,  IL  H  h  al 

% 


marmo  nericcio  :  eravi  importa  una  (latita  di 
marmo  bianco  ,  di  cui  non  altro  è  rimalto  , 
«ne  un  pezzo  della  clamide  pendente  . 

(<t)  Plin.  ibìd. 

r  ^oma  antica  y  Hb.  3.  cap.  io.pag.  qq. 
I  Non  dice  tal  cofa ,  ma  Soltanto  che  fu  tro- 
vata  prejfo  a  s,  Lucia  in  Selce  ,  e  le  Sette 
Sale . 

(a)  Capo  ni .  §.?.pag.  fp. 

(*)  Ho  trovato  in  una  relazione  mano- 
Icntta  degna  di  fede  ,  che  Papa  Giulio  II. 
diede  a  Felice  de  Fredis  ,  e  a'  Puoi  figliuoli 
introitus  2>  portionem  gabelle,  porte  s.  Joan- 
rus  Lateranenfis  in  premio  d’avere  (coperto 
il  Laocoonte  ;  e  che  Ler-n  X.  reftituendo  que- 
lte  rendite,  alla  chiefa  di  s.  Gio.  in  Laterano 
allegrò  a  lui  in  vece  Offici um  fcripiorie  Apo- 
Jt o!‘ce  ,  con  un  breve  in  data  dei  y.  Novem¬ 
bre  1517. 


(b)  Michelangelo  Euonarruoti ,  come  fcri- 
ve  Maffèi  Race,  di  Jlatue  ,  Tav.  1 (eppc  ac¬ 
corgevi  ,  ncll’ctaminarlo  attentamente  ,  che 
era  di  più  pezzi .  Quefti  fono  almeno  rre  ri- 
conofcibili  ;  cioè  ,  la  figura  del  figlio  maggio¬ 
re  ,  che  fta  a  finiftra  ,  la  figura  di  Laocoonte 
fin  fotto  alle  ginocchia,  e  il  redo  del  gruppo  . 
Il  detto  figlio  maggiore  ha  la  gamba  dii  tra 
notabilmente  più  lunga  dell'altra  .  Il  padre 
ha  la  ghirlanda  di  frondi  come  facerdote  ; 
e  fi  vede  ben  rilevata  nella  (lampa  ,  che  nc 
dà  M affli  loc.  cit. 

Ci )  Nella  prima  edizione  olTerva  Winkel- 
mann  che  federe  in  più  pezzi  il  Laocoonte 
di  Belvedere  ha  fatto  dubitare  ,  che  non  fia 
quello  (ledo  di  cui  parta  Plinio ,  foggiugnen- 
do  (ull’aderzione  di  Pirro  Ligorio  che  nelle 
ruine  d’un  antico  edilizio  predo  il  pa’azzo 
Farnefe  furono  trovati  molti  pezzi  d’un  altro 


LIB.  X. 
CAP.  I 


LIB.  X. 
CAP.  I. 


242  Storia  delle  Arti 

al  Laocoonte  il  braccio  deliro  ,  in  cui  luogo  ve  n’è  flato  po¬ 
llo  uno  di  terra-cotta  .  Michelangelo  pensò  a  rifarlo  di  mar¬ 
mo  ,  e  sbozzollo  diffatti  qual  fi  vede  l'otto  la  llatua  medefima  , 
ma  noi  finì .  Quello  braccio  avviluppato  dal  ferpente  piegar 
doveafi  fopra  Ja  tella  della  llatua  (a)  ,  e  pare  che  lo  fcultore 
moderno  ,  avvicinando  quelle  due  parti  per  rinforzare  l’efpref- 
fione  ,  prefentalle  unite  nel  braccio  involto  a  più  giri  dal 
ferpente  e  nel  volto  due  idee  del  dolore  ,  onde  non  lafciar 
campo  allo  Spettatore  di  cercarvi  la  bellezza  ,  che  fecondo 
l’arte  antica  avrebbe  pur  dovuto  qui  dominare  .  Sembra  pe¬ 
rò  che  il  braccio  ripiegato  fui  capo  avrebbe  in  qualche  ma¬ 
niera  fatto  torto  al  lavoro  ,  dividendo  l’attenzione  dello  fpet- 
tatore  che  principalmente  dovea  Affarli  alla  tella  ,  poiché  lo 
fguardo  farebbe!!  al  tempo  Hello  diretto  neceffariamente  ai 
molti  giri  del  ferpente  avvolto  intorno  al  braccio  .  Quindi 
è  che  Bernini  ha  tefo  l’aggiuntovi  braccio  di  terra-cotta  per 
lalciar  libera  la  tella ,  fenza  avvicinarle  al  di  fopra  nelfun  al¬ 
tro  oggetto  (b)  .  1  due  fcalini  polli  fotto  il  dado  ,  fu  cui  Ha 
la  figura  principale  ,  indicano  probabilmente  gli  fcalini  dell’ 
ara ,  preflo  la  quale  lì  Suppone  che  avvenifie  il  cafo  ivi  rap- 
prefentato  (c)  . 


gruppo  confimile  ,  e  fra  quedi  una  teda  che 
ìli  quindi  trafportata  a  Napoli .  D' un'  altra 
reità  di  Laocoonte ,  fomigliantilTima  a  quella 
di  Belvedere,  ma  fenza  collo  ,  polfeduta  già 
dal  card.  Maffei ,  parla  Aldroandi  Stame  di 
Roma,  pag.2  4-1.',  e  Flaminio  Vacca  prelTo 
Montfaucon  Diar.  ital.  cap.  p.pag.i  36.  ram¬ 
menta  altri  pezzi ,  che  aveano  del  rapporto 
col  gruppo  di  cui  li  tratta  .  Abbiamo  noi  pu¬ 
re  un’antica  e  bellillima  teda  ,  anzi  un  bullo 
di  Laocoonte  in  bianco  marmo  ,  che  a  giu¬ 
dizio  de’ periti  per  l’efprellionc  e  per  la  di¬ 
ligenza  del  lavoro  può  andar  del  pari  con 
quella  di  Belvedere  ,  a  cui  è  uguale  in  gran¬ 
dezza  .  Ne  abbiam  data  la  figura  alla  fine 
del  Libro  antecedente  pag.  188.  [In  quella 
edizione  Romana  fi  è  omelìa ,  perchè  in  fine 
di  quello  Tomo  Tav.  IV.  fi  di  in  rame  l’in¬ 
tera  figura  del  Laocoonte  ]  .  Vi  li  ravvifano 
tute’  i  tratti  che  dc&rive  qui  l'Autore  ;  fa  po- 


jf.  12.  Or 

fitura  del  capo  è  la  ftelfa  ,  ed  eguale  elferne 
dovea  t  atteggiamento  delle  braccia,  fe  giu¬ 
dicar  ne  vogliamo  da  quella  piccola  parte 
che  reità  attaccata  alle  fpalle  .  Serbali  quello 
pregevole  monumento  nella  magnifica  villa 
di  S.  E.  il  fig.  march.  Litta  a  L-inate  dittan¬ 
te  io.  miglia  da  Milano  ,  ove  pur  fono  pa¬ 
recchie  altre  tefte  ed  altri  antichi  lavori  sì 
in  marmo  che  in  bronzo  . 

(a)  Cosi  lo  ha  la  figura  dello  dello  Lao¬ 
coonte  ,  rapprefentata  predo  a  poco  nella 
maniera  di  quedo  gruppo  colli  figli  ,  in  una 
gemma  del  gabinetto  reale  di  Francia  ,  che 
credei!  antica  ,  data  in  rame  dal  fig.  Mariette 
Trai  té  des  pierr.  grav.  Tom.  ri.  pi.  XCT. 

(b)  A  norma  dell'attacco  antico  della  fpal- 
Ia  ,  nè  queda  ,  nè  quell'altra  moda  del  brac¬ 
cio  pajono  giude  . 

(c)  Piuttodo  vi  fono  dati  fatti  per  garbo, 
della  compolìzione^ 


da  Alessandro  il  Grande  nc.  243 

jf.  12.  Or  poiché  quefh  ftatua  fu  Tempre  riputata  come 
la  più  pregevole  fra  le  molte  centinaja  d’opere  de’  più  cele¬ 
bri  ardili  y  che  in  Roma  dalle  greche  città  furono  trafportate  , 
inerita  tutta  l’ammirazione  e  lo  Audio  de’  moderni  ,  i  quali 
non  feppero  mai  produr  cofa  ,  che  di  quella  foflener  polla 
anche  un  lontano  confronto  .  Qui  il  favio  trova  materia  da 
penfare  ,  un  gran  fondo  definizioni  vi  fi  fcorge  daH’ardlta  ,  e 
amendue  rimangono  perfuafi  che  in  tal  figura  vi  fon  più  cole 
che  l’occhio  non  ne  fcopre,  e  che  il  genio  dell’artilla  era  più 
fublime  ancora  che  l’opera  fu  a  . 

jf.  13.  Veggiamo  nel  Laocoonte  la  natura  nel  fuo  mag¬ 
gior  patimento  :  vi  fcorgiamo  l’immagine  d’un  uomo  che  cer¬ 
ca  di  unire  tutta  la  forza  dello  fpirito  contro  i  tormenti  ;  e 
mentre  l’ecceffiva  pena  ne  gonfia  i  mufcoli ,  e  ne  flira  i  ner¬ 
vi  ,  moflra  il  fuo  coraggio  falla  fronte  corrugata  in  alto  .  Il 
petto  follevafi  a  flento  e  per  l’impedita  refpirazione  e  per 

10  sforzo  ch’egli  fa  di  trattenere  l’efprefiìone  della  fenfazion 
dolorofa ,  e  di  tutti  concentrare  e  chiudere  in  sé  fleffo  i  fuoi 
tormenti .  I  gemiti  foffocati  e  ’l  trattenuto  refpiro  riti rangli 

11  ventre ,  e  incavatigli  i  fianchi,  onde  in  qualche  modo  par 
che  ne  veggiamo  gl’  inteflini  .  Sembra  egli  frattanto  fentir 
meno  il  proprio  tormento  che  quello  de’  figli  ,  i  quali  in  lui 
filfano  l’afflitto  fguardo  ,  quali  chiedendogli  foccorfo  :  il  cuor 
paterno  ben  fi  manifefla  negli  occhi  dolenti  ,  e  Tulle  pupille 
par  che  fi  fienda  la  compafiìone  ,  come  una  torbida  neb¬ 
bia  .  Un’aria  lamentevole  ha  il  fuo  volto  ,  ma  non  già  d’uo¬ 
mo  che  gridi  ed  efclami  ;  e  tien  volti  al  cielo  ,  per  implo¬ 
rarne  1  afiiftenza  ,  gli  fguardi  .  Mofiran  l’angofcia  anche  le 
labbra  :  1  inferiore  che  fi  abbaila  ne  fente  il  maggior  pefo  , 
mentre  il  labbro  fuperiore  tirato  in  dentro  indica  il  crudele 
dolore  ,  e  una  certa  indignazione  per  un  non  meritato  ca- 
fiigo  ,  la  quale  viene  ancor  meglio  efpreffa  dal  nafo  un  po 

Hh  2 


gon- 


LIU.  X. 
CAP.  I. 


244 


Storia  delle  Arti 


gonfiato,  e  dalle  aperte  e  aggrinzate  narici.  Sotto  la  fron¬ 
te  vedonfi  colla  più  grande  fagacità  il  contrailo  fra ’l  dolore 
e  la  refiftenza  quali  in  un  fol  punto  uniti  :  poiché.,  mentre 
il  dolore  folleva  in  alto  le  fovracciglia  ,  la  refiftenza  abbafta 
falla  palpebra  la  parte  carnofa  che  fta  fovea  l’occhio  ,  co- 
ficchè  quella  reftane  quali  interamente  coperta.  Poiché  Tar¬ 
dila  non  poteva  abbellir  la  natura  ,  s’è  lludiato  di  maggior¬ 
mente  fvilupparne  gli  affetti  ,  e  tutte  moltrarne  le  forze  :  in 
quella  parte  eziandio,  in  cui  pofe  la  fede  del  dolore  ,  la  pili 
gran  bellezza  vi  ha  fatto  rifaltare  .  Il  Iato  manco  ,  ove  il  fer- 
pe  ha  impreffo  il  fuo  mortifero  dente  ,  deve  per  la  fua  prof- 
fimità  al  cuore  dar  fegni  d’un  tormento  maggiore  ,  e  tal  par¬ 
te  diffami  può  chiamarli  un  prodigio  dell’arte  .  Le  fue  gam¬ 
be  vorrebbono  come  follevarfi  per  fottraerli  a  tanta  pena  : 
nefiuna  parte  è  in  ripofo  ;  e  i  tratti  dello  fcarpello  medefimo, 
imitando  una  pelle  aggricciata  dal  freddo  e  intirizzita  ,  ne  ac- 
crefcono  Tefprelftone  (1)  . 


_  (i)  Il  fignor  Hcvne  nella  prima  Diderta- 
zione  della  feconda  Parte  della  (ua  Raccolta 
et  Antiquaria  tellè  pubblicata,  fi  trattiene  a 
lungo  fui  Laocoonte  .  Sebbene  riconofca  egli 
con  Winkelmann  dTere  ftata  quella  (tatua 
ritrovata  ne’  bagni  di  Tito  ,  ora  ben  noti  per 
le  pubblicatene  pitture  ,  non  s’accorda  però 
con  lui  circa  il  tempo  in  cui  è  ftata  guafta  , 
nè  circa  l’artifta  ,  che  1’  ha  pofeia  reftaurata . 
Nega  che  il  braccio  deliro  del  padre  favi  (Ia¬ 
to  timelfo  dal  Bernini  ;  poiché  quelli  nacque 
nel  1 598. ,  e  la  figura  era  già  reftaurata  nel 
IJ44.  ,  come  appare  dalla  (lampa  in  legno 
predo  Marliani  Urb.  Roma  Topogr.  lib.  4. 
cap.  1 4.  pag.  1 1  0.  Tal  opera  egli  fcrive  afra 
Giovannangelo,  coevo  ed  amico  di  Michelan¬ 
gelo  creduto  da  alcuni  il  reftauratore  di  que¬ 
llo  gruppo  per  un  errore  nato  probabilmente 
dalla  fomiglianza  di  nome.  I  figli  però  furono 
rappezzati  da  Agoftino  Cornacchim  piftojefe. 
[  Fu  Baccio  Bandinelli  fiorentino ,  che  prima 
dell’anno  151?.  reftaurò  il  braccio  di  Lao¬ 
coonte  in  cera  nella  forma  ,  in  cui  fi  vede  al 
predente.,  come  arreda  il  Vafari  Vite  de  più 
eccelt.  pittori  ,  ec.  Tom.  V.  par.  j.  pag.  7  r. 
nella  di  lui  vita  ,  ove  dice  ,  che  fililo  (ledo 
modello  lo  imito  nella  copia  di  tutto  il  grup¬ 
po  ,  eh’  egli  fece  in  marmo  per  la  galleria 


jf.  14.  A  que- 

Granducale  a  Firenze  ;  e  tale  vi  fi  odervava 
prima  che  nell'  incendio  di  quella  galleria 
nell’anno  ivfii.  andafle  in  parte  a  male  ,  e  lì 
può  riconofcere  ora  dagli  avanzi  .  Nella  defi¬ 
la  maniera  fi  vede  anche  nella  (lampa  del 
Marliani  ,  e  nell'altra  aggiunta  alla  metallo- 
teca  del  Mercati ,  fatta  circa  il  1  ffiy. ,  in  quel¬ 
la  fatta  da  Perret  nel  1  y 8 r .  ,  e  in  tante  altre 
di  quel  fecolo  .  Non  fo  chi  l'abbia  in  feguito 
copiato  in  terra  cotta  ;  ma  non  è  credibile  che 
fia  dato  il  Bernini ,  sì  perchè  tal  lavoro  ma¬ 
teriale  a  lui  non  conveniva  ;  e  sì  perchè  nè 
il  di  lui  figlio  Domenico  Bernini,  nè  il  Bai— 
dinucci,  nelle  vite  ,  che  ne  hanno  ferine 
non  ne  fanno  parola  ;  e  dicono  foltanto  ,  il 
primo  nel  c.z.  pag.i  y. ,  e  l’altro  dAzpag.7  2,% 
ch’egli  ammirava  come  il  più  gran  capo  d’o¬ 
pera  quel  grappo,  e  lo  fludiava  .  Siccome  Bac¬ 
cio  fece  la  fua  copia  intiera  ,  e  intiero  lì  vede 
il  gruppo  nella  detta  (lampa  del  Marliani ,  e 
nelle  altre  mentovate  ,  convien  dire  ,  che 
qualch’alrro  fcultore  ,  feppur  non  è  (Iato  Bac¬ 
cio  (ledo  ,  abbia  reftaurati  anche  i  figli  in¬ 
torno  a  quel  tempo  ,  o  in  cera  ,  o  in  terra 
cotta  ,  e  che  poi  li  abbia  reftaurati  in  mar¬ 
mo  ,  piuttofto  malamente  ,  il  Cornacchini  , 
variando  qualche  cofa  nel  difegno  .  Di  (ra 
Giovannangelo  Montorfoii  fcrive  lo  fteflo 


L1B .  X. 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  245 

jf.  14.  A  quelli  tempi,  infieme  con  Lisippo  ,  fioriva  Pjr- 
gotele  incifor  di  gemme  ,  che  ebbe  del  pari  il  privilegio  di 
fare  folo  l’effigie  d’Aleffandro  .  Due  gemme  fon  note  agli  an¬ 
tiquari  col  nome  di  Pircotele  (a)  ;  ma  in  una  il  nome  è  fofpet- 
to  ,  e  nell’altra  fcorgefi  chiaramente  l’inganno  di  moderno  ar- 
tilla .  La  prima,  che  or  appartiene  all  illuftre  cafa  decoriti 
di  Schoenborn  ,  è  un  piccioliffimo  bullo  in  un’agatonice  ,  e 
poco  più  grande  della  metà  della  llampa  pubblicatane  dal 
celebre  Stolch .  Avendola  io  efaminata  fu  una  forma  in  cera 
nel  mufeo  Stofchiano  (b)  ,  e  filila  (lampa  medcfima  ,  mi  nac¬ 
quero  due  dubbj  .  11  primo  circa  il  nome  ,  che  è  in  nomi¬ 
nativo  contro  l’ufo  di  tali  artifli  ,  che  foleano  falle  opere  loro 
ufare  piuttollo  il  genitivo  (c) ,  ond’io  avrei  voluto  trovarvi 
lcritto  nYPrOTEAOTS  anziché  IITPrOTEAHS  ;  il  fecondo 
circa  la  figura  medelìma  ,  che  è  quella  d’un  Ercole  piuttollo 
che  d’un  AlelTandro  ;  e  ciò  appare  si  nei  peli  delia  barba  , 
odia  in  quella  lanugine  onde  ha  coperta  la  guancia  (  il  che 
non  ofiervafi  in  verun  ritratto  di  quel  re  )  ,  sì  ne’capelli  della 
fronte  ,  che  corti  fono  e  ricciuti  a  guifa  di  quelli  d’Èrcole  „ 

e  ben 


Vafari  nella  di  lui  vita  dopo  il  principio  ,  fra 
le  citate  Tom  TI.  par.  6.  pag.p. ,  che  per  or¬ 
dine  di  Clemente  VII. ,  dopo  il  ijjz.  ,  rifece 
in  marmo  il  braccio  lìniftro  ,  che  mancava 
all  Apollo  ,  di  cui  parleremo  al  Libro  XI.  Ca- 
FP  :'o  j  n.2'  ’  e  del  Laocoonte  . 

Quello  deliro  braccio  non  può  eifer  altro , 
che  quello  abbozzato  ,  di  cui  ha  parlato  W'in- 
kelmann  credendolo  colla  comune  opinione 
opera  di  Michelangelo  :  equivoco  ,  che  potrà 
eller  nato  appunto  ,  come  dice  il  fig.  Heyne  , 
dalla  tomiglianza  del  nome  ,  e  forfè  ancora 
perche  egli  era  uno  di  quelli  ,  che  lavora¬ 
vano  torto  la  direzione  di  Michelangelo  ,  e 
da  lui  fu  propollo  al  papa  per  quei  reftauri , 
come  aggiugne  Vaiati  .  Qualunque  ne  folle 
la  ragione  fra  Giovannangelo  non  finì  il 
braccio  fuddetto  ,  il  quale  peraltro  fi  è  la¬ 
biato  lotto  la  ftatua  fino  a  quelli  ultimi  an¬ 
ni  ,  che  è  Rato  pollo  in  altro  luogo  dello 
ftelfo  Mufeo]  .  Dopo  d’avere  il  fig.Heyne  con 
più  minuta  efattezza  di  Winkelmann  deferi¬ 
to  il  gruppo  ,  nota  che  i  figli  fono  fuor  di 


mifura  più  piccoli  del  padre  :  la  qual  cofa  è 
Hata  pur  olfervata  in  quelli  della  Niobc  . 
Conviene  egli  bensì  col  noftro  Autore  nel 
Sitarne  l’epoca  ;  ma  nega  che  di  ciò  giudicar 
fi  polfa  dal  folo  Itile  .  Parla  quindi  di  due 
telle  ,  e  d*  alcuni  rottami  d’altri  limili  grup¬ 
pi  ,  e  de’  più  celebri  modelli  che  ne  tono  Ita¬ 
ti  ricavati  .  Per  ultimo  paragona  il  gruppo 
colla  deferizione  fatta  da  Virgilio  di  Lao- 
cconte  circondato  da’  ferpenti  ;  e  dimoftra 
che  comunque  fiavi  della  tomiglianza  tra  il 
poeta  e  lo  fcultore  ,  quella  non  è  poi  tale 
che  necelfariamente  l'uno  Ila  prefo  dall'altro  . 
In  ogni  maniera  però  non  potrà  mai  dirli 
che  l’artifta  abbia  rapprefentato  in  marmo 
ciò  che  avea  Ietto  nell'  Eneide  . 

(a)  Scofch  Pìcrr.  antiq.  grav.pl.  yf .  ;6. 

(b)  Ora  unito  al  mufeo  reale  a  Berlino  . 

(c)  Il  citato  Stofch  ne  porta  diverfe  altre 
nella  (Iella  maniera  col  nome  in  nominati¬ 
vo  ,  e  tra  quelle  ,  due  di  Diofcoride  ,  delle 
quali  parleremo  al  Libro  XI.  Cavo  ri.  §.  p.  ; 
e  non  vedo  che  vi  Ila  Hata  malfa  difficoltà . 


CAP.  I. 
Pirgotclc  . 


LIB.  X. 
CAP.  I. 


245  Storia  delle  Arti 

!  e  ben  aiverfi  da  quei  d’Aleffandro  ,  che  fe  gli  fogliono  folle- 
var  falla  fronte  con  una  cert’aria  di  grandiofa  negligenza  li¬ 
mili  alla  chioma  di  Giove  ,  come  appare  ,  fra  gli  altri  di  lui 
ritratti ,  da  una  fu  a  teda  elìcente  nel  mufeo  Capitolino  ,  e 
da  me  pubblicata  (a)  .  Aggiungali  che  tale  tella  è  coperta  da 
una  pelle  di  leone  ,  ornamento  affatto  infolito  a  quelle  d’Alef- 
fandro  (a)  ,  e  vien  rapprefentata  in  gran  turbamento  ,  colla 
bocca  aperta  in  atto  di  lagnarli  ,  o  di  fofpirare  ;  del  che  non 
hanno  fatto  cafo  coloro,  che  ivi  ravvifano  Alelfandro  .  ElTì, 
a  vero  dire,  avrebbono  potuto  ciò  fpiegare  del  fuo  ramma¬ 
rico  perla  morte  d’Efeftione  ;  ma  più  facilmente  fi  fpiega  fe 
rapportili  ad  Ercole  .  Vi  fi  volle  forfè  efprimere  la  fua  affli¬ 
zione  ,  allorché  dopo  la  pazzia  ,  in  cui  uccifo  aveva  i  fuoi 
figli  avuti  da  Megara,  ritornò  in  sé  ftelfo  ,  e  con  dolorofo 
pentimento  pianfe  un  sì  orribile  fatto  .  In  tale  guifa  avealo 
pur  dipinto  Nicearco  :  Herculem  trifìem  infantò  poenitentza  (b)  . 

jf.  1?.  L’altra  gemma  è  un  carneo  pubblicato  dal  mede- 
fimo  Stofch  ,  rapprefentante  un  uomo  attempato  ma  fenza  bar¬ 
ba  .  V’è  il  nome  <I>f2KIfìNOC  da  un  lato  ,  e  fotto  l’orlo  in¬ 
feriore  del  buffo  vi  fi  legge  IITPrOTSAHS  cPTOISI  .  Il  primo 
nome  elfer  deve  quello  delfartiffa ,  e  non  già  del  famofo  Fo- 
cione  ;  poiché  ficcome  non  metteanfi  mai  i  nomi  delle  divi¬ 
nità  lotto  le  loro  figure  che  credeanfi  cognite  abbaftanza  (c) , 
per  la  ffeffa  ragione  ometteafi  il  nome  ne’ ritratti  degli  uo¬ 
mini  celebri  (b)  .  Si  trovano  bensì  nel  mufeo  Ercolanenfe  al¬ 
cune  teffe  in  marmo  e  in  bronzo  col  nome  della  perfona  che 
rapprefentano ,  anzi  v’è  la  parola  ZETS  fotto  la  teffa  mede- 

fima 

ar!\'  ?um'  17 5’  t»)  Dione  fcrive  ,  che  a  qualcuno  fi  met» 

11  k  1  ic?i  .  c  1U1  monete  ,  e  lo  ha  teva  ;  e  ciò  vien  confermato  da  tante  gem- 

que Ila  ’  ,e  a  ,  ,aiil0  3313  *°Pra  alla  p.io  5.  ;  me  ,  ed  ermi  ,  tra'  quali  è  quelle  d’Aleffandro, 

avendo  voluto  Alenandro  ellere  imitatore  di  di  cui  parlerò  qui  appreilo  ;  e  varj  altri  fca- 
Brcole  .  I  lutarco  De  fon.  Alex,  orat.i.  in  vati  non  ha  molto  nella  villa  già  di  Caflìo  a 
^  ri'  Prlnc‘  .  .  Tivoli  fi  confervano  nel  Mufeo  Pio  Clemen- 

yl  i..1'  ,  -SJ-ffP-1  i.Jeci.  40.  §.  36.  tino,  e  fono  nominati  nel  Tomo  I.  disilo, 

W  Dio  Chryf.  Orai,  j  1 .  pag.  338.  pag.13,  14. 


LIB.  X. 

cap.  r. 


da  Alessandro  il  Grande  e  c.  247 

(ima  d’un  Giove  del  più  antico  fiife  in  una  moneta  in  bron¬ 
zo  della  città  di  Locri ,  elìdente  ora  nel  mufeo  del  duca  Ca¬ 
raffa  Noya  a  Napoli  (a)  ;  ma  nelle  greche  gemme  di  raro  tro¬ 
vali  incifo  il  nome  del  dio  ,  o  dell’eroe  rapprefentatovi  ,  co¬ 
me  già  altrove  offervammo  .  Il  fecondo  nome  poi  fcopre  ma- 
nifeftamente  l’ inganno  e  (Tendone  diverfa  Tortografia  ,  poi¬ 
ché  ,  ove  nel  primo  la  figma  ha  la  forma  d’una  C  ,  nel  fecon¬ 
do  ha  la  forma  comune  2  ;  inoltre  la  epfilon  è  rotonda  £  » 
e  tal  non  ufavafì  certamente  ai  tempi  d’Aleff andrò  .  Per  ul¬ 
timo  non  fuole  trovarli  fulle  gemme  in  vece  d’un  genitivo 
affo  luto  il  nominativo  col  verbo  £IIOI£I  .  Vero  è  che  fui 
frammento  d’una  gemma  incila  del  mufeo  Vettori  a  Roma , 
ai  piedi  armati  di  gambali  d’ una  figura  troncata  leggefi  : 

.  .  IN  TOC  AAS3A  .  .  sriOI£I  cioè  „  Quinto  figliuolo  d’Alef- 
fandro  fece  ,,  (<*)  ;  ma  quefi’efempio  è  forfè  il  lolo  di  tal  ma¬ 
niera  ,  e  quando  altri  pur  ve  ne  foffero  ,  fono  indizio  de’  tem¬ 
pi  pofteriori  >  incili  gli  artefici,  quanto  minore  era  la  loro 
abilità  ,  tanto  maggior  orgoglio  aveano  ,  e  maggior  premura 
di  parlar  di  loro  (fedì  ;  del  che  vedefi  un  argomento  in  una 
piccola  urna  del  mufeo  Capitolino  ,  in  cui  fopra  una  figu¬ 
rina  di  guerriere  è  incifo  il  nome  dell  ardila  fecondo  la  più. 
antica  forma  nel  feguente  modo  : 

EYTTXHC  BSlTYNoYC 
ToXnsithc  enoia 

jf-  1 6.  Poiché  fi  fono  indicati  i  più  celebri  fcultori  ed  in- 
cifori  di  gemme  ,  che  fiorirono  ai  tempi  d’Aleflandro  il  Gran¬ 
de  ,  è  dovere  che  parliamo  pur  de’ pittori  contemporanei, 
de  quali  però  quelle  fole  cofe  diremo  che  dai  moderni  fcrit- 
tori  fono  fiate  omelTe,  o  non  ben  intefe. 

JT.  17-  Pli- 

(a>  Ora  unito  al  mufeo  reale  .. 

00  Defcript.  des pierres  grav.  du  Cab,  de  Stofch  ,  cl.  z.  feci. 13.  n.  gfp.p«g.it6. 


Pittori . 


LIB.  X. 


CAP.  I. 
Apelle . 


248  Storia  delle  Arti 

$.  17 •  Plinio  (a)  riferifce  come  un  tratto  gloriofo  della 
ftoria  d’ApELLE  ,  ch’egli  non  abbia  mai  lafciato  paflar  gior¬ 
no  in  cui  non  abbia  tirate  delle  linee  per  far  efercizio  :  ut 
non  lineam  ducendo  exerceret  artem  .  Quefi'efpreflìone  è  ftata  ge¬ 
neralmente  mal  capita  .  Plinio  volle  qui  dire  che  Apelle  tutt’i 
giorni  difegnava  qualche  cofa  o  dal  naturale  ,  o  dai  lavori 
de  più  antichi  maeftri  ;  e  così  deve  fpiegarfi  la  voce  linea  . 
Altronde  darebbeci  Plinio  una  notizia  ben  infulfa  ,  fe  inten¬ 
der  fi  volefie  della  quotidiana  occupazione  del  pittore  ,  poiché 
diffatd  non  v’è  artifta  che  ogni  di  non  faccia  sì  poco  ,  quan¬ 
to  è  il  tirare  una  linea  ;  e  qual  lode  farebbegli  mai  ,  come 
ben  oflervò  Bayle ,  il  dire  ch’adoperava  ogni  dì  il  fuo  pen¬ 
nello?  (r) 

jf.  18.  Di  Aristide  tebano  ,  coevo  d’ApELLE  ,  fcrive  Pli¬ 
nio  :  Is  omnium  primus  ani  munì  pinxit ,  &  fenfus  bominis  expref- 
Jìt,  qua  vocant  Graci  ethe  :  item  perturbationes  ;  duri  or  palilo  in 
coloribus  .  Se  la  prima  propofizione  di  quello  giudizio  è  ve¬ 
ra,  bifogna  convenire  ,  che  non  ne  è  flato  ben  efpreflo  il 
fenfo  ,  e  non  gli  fi  può  dare  altra  fpiegazione  che  la  feguen- 

te  : 


(a)  lib.  33.  cap.ro.  feci.  36.  $.  12. 

(1)  Apelle,  il  più  celebrato  dalla  fama  tra 
tutt’i  pittori  ,  non  folamente  diede  lultro  alla 
pittura  col  fuo  pennello  ,  ma  ancora  con  tre 
volumi  ,  che  fcrille  fu  i  principali  precetti  di 
tal  arte  .  Plin  .lib. 33.  cap.i  o  feci. 36.  S-  co. 
Era  egli  perfuafo  che  la  fcienza  ,  offa  la 
teoria  dell'arte  avefle  da  andare  del  pari  colla 
pratica  per  formare  un  artifta  perfetto  .  Man¬ 
cando  la  prima  non  può  efler  quelli  che  un 
imitator  fervile  :  in  difetto  della  feconda  Ite¬ 
rile  ed  inoperofa  rimane  la  teoria.  Quan¬ 
tunque  fa  riufdto  Apelle  eccellente  in  tutte 
le  parti  della  pittura  ,  non  ifdegnava  però  di 
confelTarfi  qualche  volta  inferiore  ad  altri  fuoi 
contemporanei  :  foltanto  nello  Itile  grazio- 
fo  non  voleva  riconofcere  uguale  alcuno  ,  di¬ 
cendo  efTerc  toccara  a  lui  in  forte  la  grazia. 
Dipinfe  molte  Veneri ,  nelle  quali  ebbe  cam¬ 
po  di  far  rifplendere  sì  bella  prerogativa  del 
fuo  pennello  :  in  effe  ,  come  pur  nelle  altre 
fue  pitture  ,  non  adoperò  che  quattro  colori , 
a  cui  nondimeno  dava  un  maravigliofo  ri- 


falto  con  una  vernice  di  fua  invenzione  .  Plin. 
/.  eie.  §.  1  f.  1 8.  Siccome  AlefTandro  non  volle 
elfer  incito  in  pietra  che  da  Pirgotele  ,  nè  rap- 
prefentato  in  bronzo  che  da  Lifìppo  ;  così 
non  volle  edere  ritratto  nelle  tavole  che  da 
Apelle  ,  Cip.  Epijl.  ad  famil.  lib.  3.  ep.  1  2.  , 
Plin.  lib. 7.  cap.37.  feci.  38. ,  Val.  Max.  lib. 8. 
cap.r  1 .  n.  2.  in  extern.  Fece  anche  il  ritratto 
del  re  Antigono  ,  c  per  coprir  il  difetto  della 
mancanza  d'un  occhio  lo  rìtralTe  in  profilo  : 
maniera  avanti  di  lui  non  praticata  da  altri,  fc 
crediamo  a  Quintiliano  l.z.  c.i  3.  ,  e  a  Plinio 
cit.  feH.36.^.1 4.  Un  maeftro  nondimeno  di 
tanto  merito  era  cortefe  ,  affabile  ,  (incero  , 
ed  imparziale  cftimatore  de’  profeftori  dell* 
arte  ,  e  delle  opere  loro  .  Degli  emoli  fuoi, 
dai  quali  fu  cfpofto  qualche  volta  a  perico- 
lofi  cimenti ,  non  fece  altra  vendetta  che  con 
un  quadro  ,  ove  rapprefentò  la  calunnia  ,  del 
quale  abbiamo  un’efatra  deferizione  da  Pli¬ 
nio  ,  che  ci  ha  in  oltre  confervato  varj  fuoi 
faceti  c  fpiritofi  motti ,  e  varie  belle  azioni 
della  fra  vita . 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  249 

te  :  „  Arifiide  è  fiato  il  primo  che  abbia  diretto  il  Tuo  fiudio 
„  alla  fola  efprefiìone  ,  principalmente  nelle  paffioni  forti , 
„  di  maniera  che  ha  trafcurato  il  colorito  ,  e  per  ciò  riufcì 
„  duro  „  (1)  . 

jf.  19.  Protogene  dell’ifola  di  Rodi  (a)  ,  il  quale  fiorì  cir¬ 
ca  quelli  tempi  ,  fino  all’età  di  cinquantanni  efercitoffi  in  di¬ 
pinger  navi  ;  il  che  non  deve  già  intenderli  che  le  fue  pitture 
non  rapprefentaflero  altro  che  navi ,  ma  bensì  che  egli  abbia 
dipinto  fulle  navi  ftefie ,  cioè  che  abbiale  ornate  di  pittura 
efieriormente ,  ficcome  ulafi  anche  oggidì  ;  efiendovi  al  fer- 
vigio  del  Papa  un  pittor  particolare  delle  galee  (b)  .  11  fuo 
Satiretto  o  Fauno  ,  in  cui  effigiar  volle  una  tranquillità  indo¬ 
lente  ,  fiava  appoggiato  ad  una  colonna  (a)  con  due  tibie  in 
mano  ,  e  fi  chiamava  Anapavomenos  ( b )  (  il  ripoiantefi  )  a  ca¬ 
gione  di  tal  politura  :  avrà  probabilmente  avuta  una  mano  fo- 
pra  la  tefia  come  un  Ercole  ,  che  rapprefentafì  in  atto  di  ripo- 
fo  dalle  fue  fatiche  ,  ed  ha  l’ifcrizione  ANAnAYOMENOS  (2) . 

j f.  20.  Farò  qui  menzione  di  Nicomaco  celebre  pittore 
di  quelli  tempi  ,  fe  non  ad  altro  titolo  ,  almeno  per  efler  egli 
Tom.  IL  1  i  fiato 


(1)  Il  capo  d’opera  d'Ariftide  ,  in  cui  ef- 
preflì  vedeanfi  gli  affetti  dell’animo  e  i  fenti- 
menti  del  cuore  ,  fu  quel  quadro  rapprefen- 
tar.te  una  madre  ferita  a  morte  nella  prefa  di 
una  piazza  .  Le  (fava  attaccato  alle  poppe  un 
pargoletto  ,  e  ben  vi  fi  fcorgea  il  timor  della 
madre  moribonda  ,  cbe  in  vece  del  latte  non 
aveffe  il  figliuolo  a  fucchiar  del  fingile  .  Plin. 
lib.  33.  cap.  10.  feci.  36.  §.  ig. 

(a)  Di  Cauno  nella  Caria  ,  città  foggetta 
a  Rodi .  Plinio  lib. 3 3.  c.  1  o.  feci.  36.  §.  zo. 
princ. ,  e  ivi  l’ Arduino  nella  nota  num.141. 

(b)  Narra  Plinio  lib.  3  j.  cap.  1  0.  feci.  36 . 
§.  zo.  ,  che  Protogene  riufcì  a  dipingere  per 
cafo  la  (puma  d’un  cavallo  ,  cui  non  avea  po¬ 
tuto  riufeire  con  tutta  Parte  ,  gettando  per 
rabbia  la  fponga  inzuppata  di  colori  contro 
il  quadro  ;  e  che  lo  fletto  avvenne  al  pittore 
Nealce  .  Dione  Grifoffomo  Orat.  64.  pag. 
ygO.  D.  ,  e  Setto  Empirico  Pyrrh.  hypot.  l.i. 
cap.  1  z.  pag.  7.  B.  lo  dicono  d’Apefie  . 

(a)  Strab.  Iib.14.pag.g6p.pnnc.  Tom. il. 
( \b )  Plin.  lib.33.  cap.i  0.  feci. 36.  §.  zo. 


(1)  L'opera  più  infigne  di  Protogene  è  fa¬ 
ta  la  tavola  rapprefentante  il  cacciatore  Iali- 
fo  :  opera  in  cui  impiegò  fette  anni .  In  tale 
flima  fu  efTa  tenuta  dal  re  Demetrio  Pohor- 
cete  che  ,  per  non  dilfruggerla  ,  s'attenne 
dall’ incendiare  un  fobborgo  di  Rodi  da  lui 
attediato  .  Plin.  lib,  7.  cap.  38.  feci.  pg.  ,  A. 
Geli.  Noli.  att.  lib.i  j.c.  uìc.  ,  &  Plut.  Apo- 
phthegm.  oper.  Tom.  il.  pag.  183.  B.  Quin¬ 
tiliano  lib.t  z.  cap.i  0 .  ammira  in  lu:  l  efat- 
tezza  ,  e  Cicerone  De  clar.  ora:,  c.  18.  u.  70. 
lo  paragona  a  più  altri  valenti  pittori  di  que’ 
tempi  .  Apelle  fletto  retto  grandemente  lor- 
prefo  al  vedere  quel  quadro  ,  opera  grande  e 
maravigliofa  chiamandola  ;  in  ctta  nondime¬ 
no  non  ravvisò  quella  grazia  che  a  se  folo 
arrogavatt  .  Plut.  in  Ùemetr.  oper.  Tom.  1. 
p.  8 gz.  F.  [  il  quale  la  dice  portata  in  Roma  , 
ove  poi  fu  confunta  da  un  incendio  ]  ,  ti  Aì- 
lian.  Var.  hiji.  Lib.  1  z.  cap.  41 .  Fece  altresì 
Ptotogene  alcune  (fatue  in  bronzo.  Plin.  1-33- 
cap. 1  0.  feci.  36.  §.  zo. 


LIB.  X. 
CAP.  I. 


Protogene . 


Nicomaco . 


LIB.  X, 
CAP.  I. 


Ritratti  d'A- 
lcffandro . 


2$o  Storia  delle  Arti 

flato  il  primo  ,  al  dir  di  Plinio  ,  che  dipinfe  Ulifle  con  un 
cappello  conico  che  pofcia  gii  fu  dato  generalmente  ;  onde 
polliamo  inferire  che  sì  i  baffi-rilievi  in  marmo  ,  che  le  gem¬ 
me  incife  ,  nelle  quali  trovili  Ulifle  con  lindi  cappello  ,  non 
poflon  eflere  lavori  anteriori  a  quell’epoca  (i)  . 

j)'.  21.  Al  pari  de’ celebri  artifti  e  de’ loro  pregevoli  la¬ 
vori  meritali  d’eflere  qui  mentovati  i  ritratti  d  Aleflandro  ,  il 
quale  non  fu  certamente  men  grande  pei  vantaggi  apportati 
all’arte  ,  che  per  le  maravigliofe  fue  intraprefe .  Non  v’è  al¬ 
cun’ immagine  degli  dei,  degli  eroi  ,  o  d’altri  illuftri  mortali  , 
che  abbia  tanto  diritto  di  figurare  nella  ftoria  delle  arti  del 
difegno  ,  quanto  quelle  d’ Aleflandro  ,  che  ebbe  in  efle  molta 
parte,  che  favorì  e  promofle  quanto  di  bello  e  di  grande  lì 

vide 


(0  A  que’ tempi  ,  o  poco  dopo  fiorirono 
varj  altri  pittori  .  1  più  rinomati  furono  Pau¬ 
fia  ,  Ariflolao  ,  e  Nicia .  A  Paufia  da.  Sido¬ 
ne  Plinio  lib.  33  cap.  r  i .  feci.  40.  princ.  at- 
tribuifce  la  gloria  d’eflere  flato  il  primo,  a 
dipingere  le  volte  delle  ftanze  .  I  quadri  pic¬ 
coli  ,  e  fpecialmente  le  figure  dei  puttini  era¬ 
no  la  fua  occupazione  più  favotita  .  Riulcr 
per  altro  anche  in  opere  grandi .  Tra  quelle 
la  più  celebre  è  fiata  un  (àgrifizio  di  gioven¬ 
chi  ,  uno  de’  quali  era  mello  in  ifcorcio  con 
tal  maeftrra  che  molti  tentarono  bensì  d’  i- 
mitarlo  ,  ma  che  neflùno  arrivò  giammai  ad 
uguagliare.  Artefe  ancora  a  dipinger  fiori , 
rendutofi  enrolo  della  bella  Glicera  inventrice 
di  vaghe  corone  tefiute  di  fiori .  Figlio  e  di- 
fcepolo  di  Paufia  è  flato  Ariflolao  ,  pittore 
feverilfimo  detto  da  Plinio  /.  33.  c.i  i  .  feci. 4.0. 
§.  pj.  ,  che  rammenta  eziandio  varie  opere 
del  fuo  pennello  .  Fra  i  pittori  ateniefr  fi  no¬ 
vera  da  Plutarco  Bellone  an  vac.  clar  fuer. 
Athcn.  pag.  146.  princ.  oper.  Tom.  il.  anche 
Nicia  ,  eccellente  nel  chiarofeuro  ,  talché  le 
fue  figure  diflaccate  fembravano  dal  tondo 
del  quadro  .  Plinio  lib. 3  3.  c. 11.  feci.  40.  §.2 8. 
lo  dice  diligentifiimo  nel  dipinger  femmine  , 
e  fcliciffimo  nel  rapprefentar  cani  .  Era  sì 
grande  la  fua  applicazione  al  lavoro  che  in¬ 
terrogava  IpeiTo  i  fuoi  fervi  :  ho  io  definato  l 
Plut.  An  Jeni  fit  ger.  refpubl.  oper.  Tom.  il. 
pag.  7S6.  B.  ,  zElian.  lib.  3.  c.  31.  ,  &  Stoh. 
Semi.  2Q.  png.  206 .  Un.  34-  Gli  Ateniefi ,  a 
quali  fece  dono  d’un  quadro  ,  per  cui  ricusa¬ 
to  avea  feflanta  talenti ,  Plin.  /oc.  eie. ,  gli  e- 
refiero  un  monumento  fepolcrale  nel  luogo 
deftinato  a  chi  rgeritavafi  l’onore  della  pub¬ 


blica  fepoltura  .  Pauf.  lib.  i.  cap.  29.pag.74. 
[  È  nominato  qui  fuor  di  propofito  ,  aven¬ 
done  già  parlato  Winkelmann  a  fuo  luogo 
avanti pag.232.feg.]  .  Potrebberlì  qui  anche 
nominare  Afclepiodoro  aliai  {limato  da  Apel- 
le  per  la  fimmetria  ,  Plin.  1-33-  c.i  0 .  feci.36 . 
§.2 1.  ,  Nicofane  pittor  degan  ti  firmo..,  ibid. 
$.2  3.  ,  Ni  ce  rote  ed  Ariftippo  figliuoli  c  di- 
fcepoli  d’Ariftide  ,  e  più  altri  riportati  da 
Francefco  Giunio  ,  il  quale  fcriffe  diftufa- 
mente  e  con  molta  erudizione  le  vite  degli 
antichi  ardili.  Facendo  Craflb  prefio  Cice¬ 
rone  De  orat.  lib.  3.  cap.  23.  n.  9$.  il  con¬ 
fronto  delle  pitture  di  quelli  più  antichi  mae- 
ftri  con  quelle  de’ pittori  che  fiorivano  a’ tem¬ 
pi  fuoi ,  nota  il  diverfo  effetto  da  amendue 
prodotto  .  Le  recenti ,  ficcome  più  vaghe  per 
bellezza  e  per  varietà  di  colori  ,  folevano 
piacer  alla  prima  ;  ma  ben  preflo  perdeano 
gran  parte  del  pregio  :  laddove  le  più  anti¬ 
che  non  dettavano  da  principio  impreflione 
fenfibile  nell’animo  ,  ma  poteia  più  attenta¬ 
mente  rimirate  appagavano  più  delle  ante  , 
non  ottante  quel  non  fo  che  di  ruvido  e  dis- 
ufato  che  vi  fi  ravvi  fava  .  Di  ciò  ne  affegna 
la  ragion  Dionifio  d’Alicarnafio  De  Ifto  judic. 
n.  4-  oper.  Tom.  il.  pag.  167.:  ,,  Gli  antichi , 
„  die’ egli  ,  erano  gran  difegnatori ,  che  fa- 
„  pevano  perfettamente  tutta  la  grazia  e  la 
„  forza  dell’efpreflìone  ,  quantunque  il  loro 
,,  colorito  femplice  folle  e  poco  variato  .  Ma 
„  i  moderni ,  più  intenti  a  diftinguerfi  nel 
,,  colorito  e  nelle  ombre  ,  non  difegnano  si 
,,  e  fattamente  ,  ne  le  patiioni  trattano  eoa 
„  egual  fucceffo ,, . 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  251 

vide  nel  mondo  ,  e  della  cui  liberalità  tutti  gli  abili  artirti : 
de’  tempi  Tuoi  fentiron  gli  effetti  .  Querta  parte  della  Tua  glo¬ 
ria  è  ben  più  meritata  che  tutt’  i  Tuoi  trionfi  ,  le  Tue  con¬ 
quide  ,  e  tutt’  i  monumenti  delle  Tue  invafioni  fatte  in  molti 
regni  ,  perchè  con  neffuno  la  divide  ,  dovendoli  tutto  ciò 
al  folo  fuo  genio  ;  ed  è  altresì  più  pura  ,  onde  il  più  fevero 
giudice  delle  umane  azioni  nulla  avrebbe  a  riprendervi  . 

jf.  22.  Che  le  pervenuteci  antiche  immagini  di  quello  re 
fiano  veracemente  de’ Tuoi  tempi  è  molto  incerto,  e  più  dif¬ 
ficile  ancora  è  il  formar  ragionevoli  congetture  fu  gli  artifti 
de’  quali  fon  opera  .  Abbiamo  bensì  dalla  fua  fiorii  (a)  che 
ebbero  il  privilegio  Lisippo  di  effigiarlo  in  bronzo  (b)  ,  Pir- 
gotele  in  gemme  ,  e  Apelle  in  pittura  (c)  ;  ma  che  qualche 
fcultore  averte  la  privativa  di  fcolpirne  l’immagine  in  marmo 
la  fiorii  no  ’l  dice  ,  forfè  perchè  non  v’era  allora  uno  fcul¬ 
tore  che  ftar  potefle  del  pari  a  Lisippo  . 

jf.  23.  Fra  le  tefte  d’Alertandro  tuttora  elìdenti  tre  fono 
le  più  ragguardevoli .  La  più  grande  è  nel  ninfeo  Fiorentino  , 
la  feconda  nel  Capitolino  (d)  ,  e  la  terza  ,  che  era  in  quello 
della  regina  di  Svezia,  è  ora  a  s.  Udefonfo  in  Ifpagna.  E’ 
noto  che  Alertandro  portava  la  teffa  alquanto  inclinata  verfo 
la  {palla  finiitra  (e)  ;  e  perciò  tutte  le  fue  immagini  fono  rap- 

I  i  2  pre- 

Cc)  Valer.  Mafllnso  loc.  eie.  Secondo  Plinio 
lib.  33.  c. io.  feci. 36.  §.  zo.  anche  Protogenc 
dipinfe  le  di  lui  gefta  . 

(d)  Bottari  vuol  che  Ha  d'Aleflandro  an¬ 
che  la  ftatua  dello  Hello  mufeo  ,  di  cui  da  la 
figura  nel  Tomo  ni.  Tav.  47. 

(e)  Fiutar,  in  Alex.  Tom.  J.  pag.  666.  C.  , 
De  fort.  Alex.  orat.  z.  Tom.  il.  pag.  333- 
Caracalla  ,  che  nel  fuo  portamento  voleva 
imitare  AlelTandro  ,  non  la  portava  inclina¬ 
ta,  ma  un  poco  voltata  verlo  la  lpalla  nni- 
ftra  ,  come  fcrive  Aurelio  Vittore  nella  di  lui 
vita  :  Affentantium  fallaciis  eo  perducius  ,  ut 
truci  fronte  >  &  ad  l&vum  humerum  converja 
cervice  ,  quod  in  ore  Alexandri.  notayerat , 
incedens  ,  fdem  vultus  fi mi/limi  perfuaderet 
fibi  ;  e  cosi  vedefi  rapptefentato  in  un  meda- 


(a)  Plinio  lib.  7.  cap.37.fecl.3S.  ,  Apulejo 
Floridor.  c.  7.  op.  Tom.1l.pag.770.  ,  il  quale 
per  altro  sbaglia  nel  mettere  Policleto  in  vece 
di  Lifippo  . 

(b)  Valerio  Maffimo  1.8.  c.n.  in  ex t.  n.z., 
Arriano  De  exped.  Alex.  lib.  i.c.17.  p.  47. , 
Plutarco  De  fort.  Alex.  orat.  z.  op.  Tom.  il. 
pag.  3 SS-  B-  Plinio  lib.  34.  eap.  8.  feft.  ip. 
S.  1  6.  narra  di  Euftanore  ,  che  facefle  in 
bronzo  la  figura  d’Aleflandro  con  quella  di 
Filippo  fuo  padre  fopra  una  quadriga  .  Com¬ 
binando  i  tempi  fi  potrà  dire  ,  che  facefle  tali 
ftatue  prima  che  AlelTandro  accordaflc  la  pri¬ 
vativa  a  Lifippo  ,  il  quale  è  rifiato  da  Plinio 
nell’olimpiade  exiv.  ,  come  ha  notato  Win- 
kelmann  qui  avanti  §.  3.  p.  238. ,  dicci  olim¬ 
piadi  dopo  Euftanore . 


LIB.  X. 
CAP.  I. 


Tefte . 


LIB.  X. 
CAP.  I. 


Statue  . 


2?2  Storia  delle  Arti 

*  preferiate  in  guifa  che  n’è  diretto  all’alto  lo  fguardo  (a)  ; 
della  qual  cofa  la  pur  menzione  un  greco  epigramma  ,  in 
cui  parlali  d’una  di  lui  ftatua  ,  lavoro  di  Lisippo  ( a )  .  La  dis- 
pofizion  de’  capelli  fulla  fronte  è  uguale  in  tutte  le  tefte  di 
queft’eroe  ,  e  s’alTomiglia  alla  chioma  di  Giove  ,  di  cui  Alef- 
fandro  pretendeali  figlio  .  Vedafi  ciò  che  ne  dicemmo  altro¬ 
ve  (b)  .  Sapendo  or  noi  che  Lisippo  rapprefentar  lo  folea  co¬ 
gli  attributi  di  tale  divinità  ,  è  probabile  ch’egli  abbia  pur 
penfato  a  dargliene  qualche  fomiglianza  ,  il  che  avrà  potuto 
fare  nella  forma  della  capigliatura ,  e  che  lui  abbiano  in  ciò 
quindi  imitato  gli  flatuarj  fuoi  fuccelTori  . 

$.  24.  Se  fcarfe  fono  le  tefte  d’ Aleftandro  d’antico  lavo¬ 
ro  ,  più  rare  ancora  fono  le  fue  ftatue  .  Evvi  bensì  nella  villa 
Albani  una  ftatua  eroica  maggiore  della  grandezza  naturale, 
la  cui  tefta  armata  d’elmo  ha  la  figura  d’un  Aleftandro  ,  ma 
non  è  quella  la  tefta  propria  della  ftatua  .  La  ftefta  ofterva- 
zione  dee  farfi  riguardo  alle  ftatue  efiftenti  fuor  di  Roma  , 
alle  quali ,  a  cagion  della  tefta ,  è  ftato  dato  il  nome  d’Alef- 
fandro  .  Se  v’è  rimafta  una  vera  ftatua  di  queft’eroe  in  gran¬ 
dezza  naturale  ,  è  quella  che  poftìede  a  Roma  il  fig.  marchefe 
Rondanini .  Il  capo  ,  ch’è  fenz’elmo  ,  è  rimafto  sì  intero  che 
la  ftefta  punta  del  nafo  non  è  reftata  offefa  per  una  grazia 
{ingoiare  a  poche  tefte  antiche  conceduta  ;  anzi  non  è  gua- 
fta  nemmeno  la  ftefta  fuperficie  ,  che  ne  efprime  la  cute  . 
Aleftandro  è  qui  rapprefentato  all’eroica ,  cioè  affatto  ignu¬ 
do  ,  appoggiandoli  col  gomito  fulla  cofcia  delira  ,  e  per  con- 
feguenza  inchinato  .  I  capelli  fulla  fronte  fono  gettati  in  que¬ 
lla  come  nelle  altre  mentovate  tefte  ,  e  la  difpofizione  delle 

cioc- 

slioae  già  del  Cardinal  Carpegna  ,  ora  nella  (a)  Non  lo  è  nel  fuddetto  erme  . 
biblioteca  Vaticana  ,  riportato  dal  Buonar-  (a)  Anthol.  lib.  4..  cap.S.  n.  36.  37.  ,  [  e 
ruoti  Ofserva\.  ijlor.  fopra  ale.  msd.  Tav.  9.  Plutarco  /oc.  eie.  pag.  333-  &• 
num.z.  L'erme  ,  di  cui  parlerà  qui  appreflo  .  (b)  Lib.  V ,  Cap.  V,  §.  6.  pag.  3 Si* 

pende  veri»  h  Ipalla  delira  , 


da  Alessandro  il  Grande  ec. 
ciocche  degii  altri  non  uiiHngueh  punto  da  quelle  de’muiei  - —  ■■= 
Capitolino  e  Granducale  di  Firenze  (a)  .  Lls'  x‘ 

1  ...  .  .  CAP.  I. 

jf.  25.  Gli  arridi,  che  riguardavano  in  Aleflandro  il  loro  sua  (tonass¬ 
ero  e  ,  avranno  fovente  Ice  Ito  dai  tratti  deiia  iua  ftoria  ,  come  balK’ 
dalla  eroica  e  dalla  mitologia  ,  l’argomento  de’ loro  lavori; 
e  larà  egli  fcato  il  iolo  fra  tute’  i  re  e  gli  uomini  illullri , 
i  cui  veraci  avvenimenti  li  vedeffero  efprelìi  in  balli-rilievi . 

Doveva  a  ciò  contribuire  anche  la  lìngolarità  delle  fue  av- 
venture ,  effondo  la  fha  fioria  limile  a  quella  degli  eroi  ,  e 
in  qualche  modo  poetica  ;  onde  ben  conveniva  all’arte,  la 
quale  ama  di  occuparli  del  maravigliofo  (b)  :  aggiungali  che 
le  lue  gelta  erano  a  tutti  note  quanto  le  avventure  d’UlilTe  e 
d’Achille.  Equi  intendo  parlare  di  que’ balli-rilievi ,  con  cui 
li  lono  rapprefentate  immagini  lignificanti  o  allegoriche  ,  ado¬ 
perati  per  ornato  nelle  fabbriche  e  fulle  tombe ,  deluden¬ 
do 


Ca)  L’errne  in  marmo  cipollino  (tatuano 
colla  ilerizione  greca  di  Aleilandro  ritrovato 
l'anno  1779.  negli  (cavi  della  villa  de'  Pifoni 
a  Tivoli  per  mezzo  del  tante  volte  lodato  fi- 
gnor  cavaliere  de  Azara  ,  che  lo  podiede  ,  ci 
ta  dubitare  ,  che  tutte  le  figure  citate  da  \k  in- 
kelmann  ,  e  da  altri ,  non  poflano  ditfi  ri¬ 
tratti  di  quel  famofo  conquidatore  ;  feppitre 
non  fi  volelìe  riconofcere  una  qualche  fomi- 
glianza  nella  tetta  più  giovanile  del  palazzo 
Rondanini .  In  quello  erme  la  teda  è  (co¬ 
perta  .  I  capelli  fono  gettati  nella  maniera 
predo  a  poco  che  dice  Winkelmann  .  È  len¬ 
za  barba ,  per  la  ragione  ,  che  ho  detta  alla 
pag.  207.  n.  a.  I  lineamenti  del  volto  ,  quan¬ 
tunque  un  po  corrolo  nell'epìdernie  ,  pare 
che  modano  l’età  più  avanzata  d’Alelfandro, 
e  una  hionomia  tobuda  ,  e  leonina  ,  come 
dice  ai  lui  Plutarco  De  fon.  Alex.  orai.  2. 
Tom.  il.pag.  B.  ,  la  quale  fpirava  un 
non  lo  che  di  terribile  mido  ad  una  bellezza 
non  curata  ,  al  dir  di  Eliano  y arìar.  kiftor. 
f-'f-  ' caP-  i+.,e  quel  fuo  temperamento 
buiolo  ,  e  iracondo  ,  notato  dallo  dello  Plu¬ 
tarco  nella  di  lui  vita  ,  op.  Tom.I.p.666.  C., 
da  Amano  De  exped.  Alex.  Hi.  7.  pag.70 2., 
Plinio  lìi.37.  cap.i  o.  fect.  36  §.12.  ;  di  cui 
è  anche  un  argomento  il  mùfcolo  madoideo  , 
che  comparilo:  alquanto  più  carnofo  ,  e  ri¬ 
gonfio  dalla  parte  linUtradel  collo  ,  ove  la  te¬ 
da  modra  di  premere .  Nella  bocca  non  vi  lo 


feorgere  e  (predo  il  difetto  dei  denti  grandi ,  e 
prominenti  in  fuori ,  del  quale  parla  Giovan¬ 
ni  Antiocheno  ,  cognominato  Maiala  ,  fcrit- 
tor  greco  de'  baili  tempi ,  e  forfè  del  ix.  £c- 
colo  ,  Hìfi.  chronicd  ,  Ili.  S.  prìnc.  p.  S 2.  B. 
È  danno  ,  che  gli  manchi  il  nafo  per  poterlo 
meglio  rincontrare  colle  medaglie  ,  fra  le 
quali  nel  redo  mi  pare  abbia  delia  fomigtian- 
za  con  quella  ,  che  fi  è  data  qui  avanti  alla 
pag.  1  oj.  ;  ficcome  fra  le  gemme  pare  che 
abbia  fomiglianza  con  quella  ,  che  da  il  Gori 
Muf.  Flor.  Gemmi  arteiq.  Fai.  2  f.  n.  1.  La 
maedria  del  lavoro  lo  fa  credere  opera  di 
buona  mano  ,  e  de' buoni  tempi  ;  ed  è  nota¬ 
bile  il  giudizio  ,  che  ne  diede  il  celebre  fig. 
Mengs  ,  il  quale  ,  al  primo  (guardo  fidatovi 
(òpra  da  un’altezza  di  venti  palmi  fenza  aver 
veduta  l’ iferizione  antica,  lo  giudicò  (cultu¬ 
ra  de’ tempi  di  Aleflandro,  anzi  un'imma¬ 
gine  d’Alelfandro  dello  ,  o  di  Efedione  .  Vi 
corrifponderebbe  la  forma  delle  lettere  della 
defezione  limili  a  quelle  ,  che  ufavanli  in  que* 
tempi ,  come  può  vederli  predo  il  P.  a  Ben- 
nettis  Ckror.ol.  &  cric.  kifi.  ec.  ,  P.:  -  I.  Tom.l. 
proleg.l.  ì.LXIl.  pag.igt,  .  Ì.CIV.p. zzo. 
Vegeafi  la  figura  ,  che  ne  diamo  in  fine  di 
quedo  Tomo  Tav.  V.  ,  e  la  deferizione  delle 
figure  nel  Tomo  ni. 

(e)  Vegg.  Plinio  Hi.  SS ■  cap.  io.  feti.  36. 

io. 


2 Storia  delle  Arti 
=====  do  i  pubblici  monumenti ,  ne’  quali  gl’imperatori  vollero  ta- 
ljb.  x.  jQra  efprimere  qualche  tratto  della  propria  floria  .  Bifogna 
AP' J*  però  convenire  che  ,  comunque  atta  per  le  addotte  ragioni 
folle  la  fua  ftoria  a  fornire  foggetti  agli  fcultori ,  anche  ne’tem- 
pi  feguenti  ,  pure  nelfun  baffo-rilievo  ci  è  rimallo  ,  in  cui 
quell’eroe  fi  rapprefenti ,  fuorché  un  folo  ,  cioè  il  fuo  col¬ 
loquio  con  Diogene  nella  botte  fotto  le  mura  di  Corinto  (a)  : 
quello  lavoro  ,  efillente  nella  villa  Albani  ,  è  flato  da  me 
pubblicato  ( a )  . 

Figure  di  De-  jj\  2  6.  Di  Demollene  ,  il  più  grande  fra  tutti  gli  oratori, 
mo  ene.  vi  fQ(fe  una  lui  ftatua  in  Atene  [b)  ,  e  in  moltif- 

fimi  luoghi  fe  ne  vedelfer  le  immagini  in  bronzo  e  in  mar¬ 
mo  ,  pur  non  ne  avremmo  una  giulla  idea,  per  ciò  che  ri¬ 
guarda  le  fue  fembianze ,  fe  due  fuoi  piccoli  bulli  in  bron¬ 
zo  non  fi  folfer  trovati  nelle  ruine  d’Ercolano  (b)  .  Sono  efiì 
minori  della  grandezza  naturale  ,  e  ’l  più  piccolo  ha  incifo 
in  greco  Tulio  zoccolo  il  nome  di  quel  celebre  oratore  (c)  . 
Siccome  amendue  le  telle  hanno  la  barba,  e  non  fomigliano 
punto  ad  un’altra  col  mento  sbarbato  d’un  bullo  in  baffo- 
rilievo  trovato  in  Ifpagna  ,  al  cui  lato  havvi  il  nome  mede- 
fimo  ,  e  che  fu  pubblicato  da  Fulvio  Orfini  come  il  ritratto' 
dell’oratore  ateniefe  ;  convien  dire  che  tal  bullo  rapprefenti 
qualche  altro  Demollene  (d)  . 

jf.  2 7-  Quando  penfavamo  di  non  avere  altre  immagini 
di  Demollene  che  i  due  bulli  Ercolanenfi  (e)  ,  ecco  nel  gennajo 

del 


(a)  Dione  Grifoftomo  Orat.  4..  pag.  6 1 .  , 
Plutarco  in  Alex.  opcr.  Tom.  I.  pag.  671.  ,  e 
De  fon.  Alex.  orat.  r.  Tom.  il.  p.  331.  F. 

(.a)  Monum.  ant.  intd.  num.  1  74.  [  Noi  lo 
diamo  apprelTo  in  fronte  al  Libro  XII. 

(è)  Pauf.  lib.  i.c.S.p.  1 4.  in  fine  ,  T  Plu¬ 
tarco  nella  di  lui  vita  ,  in  fine  ,  oper.  Tom.  I. 
pag.  860.  C. ,  Folio  Bibliotk.  cod.  CCLXT. 
pag.  14.78.  Gli  fu  eretta  dagli  Ateniefi  per 
onorare  il  di  lui  merito  ;  e  Fozio  aegiugne  , 
che  avea  la  fpada  al  fianco  ,  perchè  cosi  ar¬ 
mato  recitò  f  orazione  allorché  Antipatro 


chiefe  che  gli  fodero  mandati  ambafeiatori 
ateniefi.  .  t 

(b)  Pubblicati  nel  Tomo  1.  de  Bronci  d'Er- 
colano  ,  Tav.x1.e13. 

(c)  L’altro  non  vi  ha  molta  fomiglianza, 
c  potrebbe  edere  di  foggetto  diverto  . 

(d)  Imag.  illujlr.  n.33.  Così  penfa  Orfini . 

(e)  Colla  ficurezza  di  quello  ,  che  ha  l’ i- 
fcrizione  ,  fe  ne  fono  conofeiuti  degli  altri 
in  marmo,  uno  de' quali  è  nel  Mufeo  Pio- 
Clementino  ,  e  un  altro  ne  pofììedc  il  lodato 
fignor  cavaliere  de  Azara  .  Molto  più  poi.  è 


da  Alessandro  il  Grande  ec. 
de!  176S.  ufcir  fuori  un  modello  in  geffo  alto  circa  due  pal¬ 
mi  (a)  ,  formato  fu  un  piccol  baffo-rilievo  di  terra-cotta  ,  forle 
già  allora  fmarritofì  (b)  .  Demoflene  è  qui  rapprefentato  nella 
fua  vecchi  aj  a  ,  ma  in  guifa  che  la  teda  perfettamente  fomi- 
glia  a  quella  de’  mentovati  buffi .  Siede  fu  una  pietra  quadra¬ 
ta  ,  mezzo  ignudo,  e  colla  teda  china,  in  atto  di  chi  me¬ 
dita  :  tiene  nella  finiftra  ,  che  alla  pietra  s’appoggia  ,  un 
volume  ,  e  fi  flringe  colla  delira  il  ginocchio  .  Sulla  pietra 
v*  è  il  fuo  nome 

AHMOSOENHS 

e  fotto  di  effo  leggefi 

EniBUMIOS 

Quello  vocabolo  è  poco  uhtato  preffo  gli  antichi ,  e  lignifica 
colui  il  quale  fla  o  fiede  preffo  un’ara;  onde  Polluce  chiama 
Ì7ri3cJy./ov  fxéXos  ( a )  un  inno  che  appiè  dell’ara  cantar  foleafi  . 
La  pietra  per  tanto  indica  qui  un’ara  (  fi  a  pò  $  )  ,  anzi  Lara 
fceffa  del  iacro  e  inviolabile  tempio  di  Nettuno  nelfifola  Ca- 
lauria,  non  lungi  dalla  fpiaggia  di  Trezene  ,  ove  Demoflene  , 
fuggendo  le  perfecuzioni  che  in  Atene  gli  avea  moffe  Antipa- 
tro  ,  luogotenente  d’Aieffandro  in  Macedonia  ,  erafi  ricovera¬ 
to  (c)  ,  e  ove  nell’anno  fuo  feffagefìmofecondo  (d)  morì  di  ve¬ 
leno  ,  che  portar  fempre  feco  foleva  in  un  anello  ,  affine  di  non 
cader  vivo  nelle  mani  del  fuo  nemico  .  Noi  abbiamo  per 
tanto  in  quello  geffo  Demoflene  fedente  full’ara,  in  quell’età 
in  cui  lafciò  di  vivere ,  in  uno  flato  dubbiofo  e  turbato  ,  pro¬ 
prio  di  chi  è  necefiìtato  a  darli  la  morte  (e)  .  La  forma  delle 

let- 

rimarchcvolc  li  {coperta  di  una  ftatua  intie-  (a)  Un  palmo  e  un  terzo  circa,  e  largo 
ra  ,  pallata  in  Inghilterra  ,  di  cui  però  fi  è  un  palmo  . 

confcrvato  in  Roma  il  gcfio  ;  e  di  un’altra  (b)  Paffato  in  Inghilterra  preffo  il  dottor 
ad  ella  fomigliante  nella  villa  Aldohrandini  Mead  prima  di  quel  tempo .  Ne  daremo  la 
in  Frafcati  ,  ma  non  tanto  ben  confervata  .  figura  nella  pagina  feguente  . 

In  amendue  Demoflene  è  rapprefentato  in  (a)  Onom.  lib.  4..  cap.  io.  fegm.  7 p. 

piedi  con  un  volume  nella  mano  finiftra  in  (c)  Pauf.  lib.  1.  cap.  8.  pag.  1  p.  in  fine  . 

atto  di  arringare  .  Veggafene  la  figura  in  fine  (d)  60.  fecondo  Gel  Ho  lìb.i  p.  cap.  28 . ,  Ce¬ 
di  quello  Tomo  Tav.  VI.  ,  e  l'indice  delle  condo  altri  preilo  Fozio  loc.cit.  67. ,  altri  70. 

Tavole  in  rame  nel  Tomo  ni.  (e)  È  rapprefentato  fedente  full’ara  dopo 


LIB.  X. 
GAP.  I. 


LIB.  X. 
CAP.  I 


256  Storia  delle  Arti 

lettere  nell’ifcrizione  ,  paragonate  con  quelle  del  di  lui  nome 

fui  mentovato  bronzo  d’Ercolano  ,  ci  fa  argomentare  che  il 


baffo-rilievo  fia  di  più  antica  1 
(  7rtp//3uXa  )  che  rinchiudeva  i 
tuno  ,  vedeafi  ancora  ai  giorni 
fio  celebre  oratore  (a)  . 


aver  prefo  il  veleno ,  con  una  lettera  nella 
mano  linifha  ,  in  cui  fecondo  alcuni  era  fcrit- 
to  foltanto  :  Demoftene  ad  Antipatro  ;  e  fe- 
«ondo  altri  un  epigramma.  Vedali  Plutarco 


data  che  i  bulli .  Nel  recinto 
1  menzionato  tempio  di  Net- 
di  Paufania  la  tomba  di  que- 

loc.cit.  pag.  S60.  princ.  ,  e  Folio  Biblìoth. 
loc.  cìt.  ,  ove  minutamente  ne  raccontano  la 
Ito  ria  fecondo  le  diverfe  opinioni , 

(.a)  lib.  z.  cap.  33.  pag.  iSp. 


Ca- 


da  Alessandro  il  Grande  ec. 


2J7 


GP»’ 


Capo  II. 


LIB.  X. 

cap.  ir. 


Stato  dell'arte  f otto  i  primi  fuccejjori  d’AleJflandro  ...  in  cui  in¬ 
fluirono  le  vicende  di  que’  tempi  .  .  .  flotto  Antipatro  .  .  .  Calan¬ 
dro  ...  e  Demetrio  Poliorcete  —  Lavori  di  quell'età  .  .  .  Moneta  di 
Antigono  1.  —  Gruppo  detto  il  Toro  Farne fle  —  Pretefle  effigie  del  re 
Pirro  -  Paflsò  l'arte  dalla  Grecia  ...  in  Egitto  ...  e  n  abbiamo 
de'  monumenti  -  Riflejfltoni  flnlle  arti  ,  e  fluita  poefla  in  Egitto  a 
quell’epoca  —  Paflsò  l’arte  in  Afia  flotto  i  Seleucidi  —  'Ulteriori 
vicende  della  Grecia  -  Lega  achea  . .  .  e  guerra  cogli  Etolj  mino- 
fla  per  le  arti  . 


Aleffandro  il  Grande,  la  cui  morte,  come  la  vita,  forma  Stato  dell’arte 
una  rimarchevole  epoca  nella  fioria  dell’arte  ,  mancò  nel  fior  fuccedond  a-‘ 
de’  fuoi  giorni  ,  nell’anno  primo  dell’  olimpiade  exiv.  (a);  e  1 -,Iandro  1  *  ’ 
l’arte  medefima  mancò,  al  dir  di  Plinio  ,  poco  dopo  diluì, 
cioè  nell’olimpiade  cxx.  (  cejflavit  deinde  ars).  Io  non  efaminerò 
qui  fe  ciò  detto  ha  giallamente  ,  e  con  quella  verità  con  cui 
dille  Tacito  ,  che  dopo  la  battaglia  d  Azio  Roma  più  non 
produce  neffun  gran  genio  ,  e  con  cui  molti  fcrifìero  che 
dopo  la  morte  d’Auguflo  fi  corruppe  il  romano  linguaggio, 
e  degenerò  l’eloquenza  (b)  .  E’  probabile  che  Plinio  ,  ficco- 
me  vedremo  più  fotto  ,  abbia  particolarmente  avuto  di  mira 
ciò  che  avvenne  in  Atene  ;  poiché  fe  prendiamo  la  fioria  della 
Grecia  in  generale  ,  troveremo  l’oppollo  . 

jf.  i.  Dopo  la  morte  d  Aleffandro  inforfero  rivoluzioni ,  ...in  cui  in- 
e  fi  fecero  fanguinofe  guerre  non  meno  nelle  provincie  con-  cend^di'qùe* 
quiilate  che  nella  Macedonia  medefima  fra  i  fuoi  capitani  e 

fùccelfori .  Di  quelli  neffun  più  vivea  nell’olimpiade  cxxiv. , 

Tom.  II.  v"  \r 

.......  .  a  k  ma 

Flavio  Corura  Aviari  ’  G‘U^PPC  .  (R)  Veggafi  il  chiariamo  Tirabofchi  Sto- 

Havioj. onera  Apeon.  Uh.  i.c.  zz.  pag.  44s.  na  della  fletter.  hai.  Tom.  il.  Dijfertar.  pre- 

lim. full’ origine  del  decad,  delle  fetente  . 


tempi 


over.  Tom.  il. 


LIB.  X. 
CAP.  II. 


Sotto  Anti- 
patro  . 


Calandro  . 


2*3  Sto  ri  a  d  elle  Arti 

ma  le  guerre  duravano  ancora  fra  i  loro  figliuoli  e  difen¬ 
denti .  La  Grecia  ,  sì  per  le  nemiche  armate  che  la  inondaro¬ 
no  ,  sì  pel  quali  annuale  cangiamento  di  governo  ,  e  per  gli 
eforbitanti  tributi  che  a  pagare  era  corretta ,  ebbe  a  foffrire 
in  breve  tempo  più  danno  che  fofferto  non  aveva  in  tutte 
le  precedenti  guerre  inteftine . 

jf.  2.  Gli  Ateniefi  ,  pretto  i  quali  alla  morte  d’Alettan- 
dro  ridettato  erafi  lo  fpirito  di  libertà ,  fecero  gli  ultimi  sfor¬ 
zi  per  fottrarfi  al  giogo  de’  Macedoni ,  comunque  mite  ,  e 
induflero  altre  città  a  follevarfi  contro  Antipatro  ;  ma  dopo 
alcuni  leggieri  vantaggi  ebbero  una  rotta  pretto  Lamia ,  e  fu¬ 
rono  sforzati  a  fottofcrivere  dure  condizioni  di  pace ,  che  gli 
obbligavano  a  rimborfare  le  fpefe  della  guerra ,  a  pagare  in 
oltre  una  grotta  fomma ,  e  a  ricevere  una  guarnigione  ttra- 
niera  nel  porto  di  Munichia  ;  anzi  quegli  Ateniefi  ,  che  dopo 
tale  fconfitta  eranfi  tolti  al  furor  de’  Macedoni  ,  furon  da 
quelli  ricercati ,  ttrappati  anche  con  violenza  (a)  dai  tempj 
ne’ quali  eranfi  rifugiati,  e  una  parte  de’ cittadini  fu  efiliata 
in  Tracia .  Finì  in  tal  guifa  la  libertà  d’Atene  .  Polifperconte 
fuccettore  d’Antipatro  ,  mentre  reggea  la  Macedonia  come  tu¬ 
tore  ,  permife  con  un  pubblico  decreto  a  tutt’i  Greci  di  ri¬ 
pigliare  in  ciafcuna  città  l’antico  governo  e’1  regime  primie¬ 
ro  ( b )  ;  ma  non  ottenne  ciò  che  erafi  propotto  ,  cioè  di  ri¬ 
donare  la  libertà  alla  Grecia  ;  anzi  in  Atene  avvenne  il  con¬ 
trario  ,  poiché  per  configlio  di  Focione  quella  città  ritenne 
ne’  fuoi  porti  la  guarnigione  macedone  (c)  . 

jf.  3.  Caflandro  ,  figliuolo  d’Antipatro  ,  e  re  di  Macedo¬ 
nia  ,  dopo  ch’ebbe  interamente  diftrutta  la  ttirpe  d’Alettandro 
il  Grande  diede  agli  Ateniefi  il  celebre  Demetrio  Falereo  per 
loro  governatore  ;  e  quelli  feppe  per  un  decennio  sì  ben  reg¬ 
ger- 


(a)  Polyb.  llb,  9.  pag.  góz.princ, 

(J>)  Diod,  Sic.  I.18.  §.  g6,  p.igg.  Tomai, 


(c)  idem  ibid.  §.  6j.p.  306. 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  2  £9 

gerii  ,  e  indurli  ad  efeguire  ogni  Tuo  cenno  e  volere  ,  che 
elfi  in  un  anno  gli  erettero  trecénfeflanta  ftatue  di  bronzo  (a)  , 
e  parecchie  di  effe  erano  fu  un  cocchio  o  a  cavallo  ;  dal 
che  fi  deve  inferire  che  vi  follerò  in  Atene  molti  ricchi  cit¬ 
tadini  ,  e  copia  grande  d’artefici  . 

jf.  4.  Durò  tal  governo  fino  a  Demetrio  Poliorcete  ,  fi¬ 
gliuolo  d’ Antioco  re  di  Siria  ,  che  vinfe  Caflandro  ,  e  con- 
quiftò  la  Macedonia ,  nella  di  cui  rovina  ebbe  a  foffrire  an¬ 
che  Atene .  Quella  città  fi  trovò  per  tanto  foggetta  a  quel 
vincitore  fortunato  ,  e  ’l  governatore  fe  ne  fuggì  in  Egitto  , 
ove  trovò  ricovero  pretto  il  primo  de’  Tolomei .  Ciò  avvenne 
nell’olimpiade  cxviii.  Ebb’ egli  appena  abbandonata  Atene  , 
che  il  popolo  incollante  ed  ingrato  tutte  le  fue  llatue  rove- 
fciò  e  fufe  (s) ,  e  cancellonne  da  ogni  luogo  il  nome  . 

jf.  J.  Per  l’oppollo  fi  dimoftrarono  gli  Ateniefi  sì  prò- 
penfi  a  venerare  Demetrio  Poliorcete  ,  che  fu  pubblicamente 
decretato  di  ergere  a  lui  e  ad  Antioco  fuo  padre  una  llatua 
d’oro  (a)  ;  forfè  full’efempio  della  città  di  Sigeo  nel  territo¬ 
rio  di  Troja  ,  che  fece  un  confimile  decreto  di  alzare  una 
fìatua  aurea  equellre  al  medefimo  Antioco  ( b )  .  Da  quella 
prodigalità  d’oro  fi  può  inferire  che  fi  cercafle  allora  nell’arte 
più  l’apparenza  che  la  follanza  ;  e  diffatti ,  fecondo  l’otter- 
vazione  di  Plinio  ,  lo  ftile  fiorito  de’  Greci  non  fi  manifellò 
fe  non  dopo  Alettandro  (c)  . 

Jf.  6.  Le  vili  adulazioni  degli  Ateniefi  aveanli  renduti  dis- 
pregevoli  agli  occhi  medefimi  di  Demetrio  ,  il  quale  dura¬ 
mente  reggeali  come  meritavano  ;  ma  in  ciò  avendo  egli  oltre- 

K  k  2  paf- 

(a)  Tante  nc  conta  Plinio  lìb.^4..  cap.  6 .  (a)  Diod.  Sic.  /.  20.  §.  46.  p.  4gp.  Tom. il. 
feci. 12.  ,  e  Vairone  predo  Nonio  riportato  (J>)  Chishull  Antìq.  af.  ad  pseph,  Sig.  p.j 2- 
dall'Arduino  al  detto  luogo  di  Plinio  .  Dione  &  jj. 

Gnfoflomo  Orat.3j.fag.  46  le  dice  iyco.,  ( c )  lib.21 .  cap.  8 .  fett.  24..  [Cioè,  Scrive, 
e  Plutarco  Reipubl.  ger.  pneepta,  op.  Tom. il.  che  non  fodero  conofciute  ai  tempi  di  Alel- 
pog-  8 20.  F.  joo.  folamente  .  fandro  tutte  le  diverfe  qualità  dei  fiori ,  pcr- 

(b)  Diogene  Laerzio  lib.  p.  fegm.  77.  nella  che  non  ne  parlarono  gli  fcrittori  fe  nonché 
di  lui  vita  dice  ,  che  ne  fu  falvata  una  nella  molto  dopo  la  di  lui  morte  ;  e  ciò  per  rap- 


Lii5«  X. 
CAP.  U. 


Demetrio  Po- 

liorcctc  . 


rocca  della  città  . 


porto  alla  ftoria  naturale ,  non  all'arte  . 


LI B.  X. 
CAP.  II. 


Lavori  ( 
quell'età  . 


260  Storia  delle  Arti 

pattato  il  legno  ,  follevaronfi  contro  di  lui  dopo  la  battaglia 
d’Ipso  ,  in  cui  Tuo  padre  lafciata  avea  la  vita  ,  e  prefe  allora 
Lacare  il  governo  della  città.  Ben  però  Teppe  Demetrio  punir 
la  loro  ribellione  ,  poiché  difcacciò  Lacare  ,  fortificò  il  Mu- 
feo  ,  e  vi  pofe  guarnigione  ftraniera  ,  le  quali  cofe  parvero 
con  ragione  a  quel  popolo  tratti  di  fchiavitù  (a,)  .  Ne’feguenti 
tempi  quella,  che  altre  volte  era  fiata  la  più  potente  fra  le 
greche  città,  decadde  talmente  che  ,  effendofi  alleata  a  Tebe 
contro  Sparta,  fu  cofiretta  ad  imporre  una  taffa  generale  fo- 
pra  quanto  pofiedevano  in  terre ,  in  cafe  ,  e  in  denaro  effet¬ 
tivo  gli  abitanti  del  territorio  ateniefe  per  foddisfare  alle  fpefe 
della  guerra  afeendenti  a  Tei  mila  talenti  ;  e  nemmeno  vi  riu- 
fcì ,  poiché  ne  mancarono  ancora  dugencinquanta  (b)  :  a  tan¬ 
ta  miferia  ridotti  erano  gli  Ateniefi  poco  tempo  dopo  d’aver 
alzate  ,  come  poc’anzi  fi  dille  ,  entro  il  giro  d’un  anno  ,  tre- 
cenfellanta  fiatue  di  bronzo  ad  un  fol  uomo  .  In  un  sì  po¬ 
vero  paefe ,  a  cui  mancava  altresì  il  commercio  e  la  naviga¬ 
zione  ,  forgenti  principali  della  ricchezza  ,  non  poteano  più 
fulfiffere  gli  artiffi ,  e  cofiretti  viderfi  ad  abbandonare  la  pri¬ 
maria  lor  lede  ,  e  cercare  altrove  ricovero  e  foffegno  .  L’arte 
medefima  dovè  ,  per  così  dire  ,  lafciar  la  Grecia  per  qualche 
tempo  ,  e  trafportarfi  in  Alia  ed  in  Egitto  . 

1  jf.  7-  Prima  di  venire  a  quello  pafìaggio  dell’arte  greca 
in  effere  contrade  ,  e  al  delfino  che  ivi  ebbe  ,  piacerà  lenza 
dubbio  al  lettore  di  ben  fapere  qual  ella  folle  allora ,  e  giu¬ 
dicarne  potrà  da  due  opere  di  que’  tempi  fino  a  noi  confer- 
vatefi;  cioè  da  una  medaglia  d’Antioco  ,  o  d’Antigono  I.  pa¬ 
dre  del  mentovato  Demetrio  Poliorcete  ,  che  è  fenza  alcun 
dubbio  di  quello  tempo  ;  e  dal  famofo  gruppo  chiamato  il 
Toro  Farnefe .  A  queft’occafione  diremo  pur  qualche  cofa  delle 
fuppofte  effigie  di  Pirro  . 

$.  8.  La 

ia)  Dicccarch,  Geograph.pag.i  (A)  Polyb.  lìb,  a.pag.ij-S.  B, 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  261 

$.  8.  La  medaglia,  di  cui  parlo  e  che  polfeggo  io  fteffn  , - 

è  fiata  da  me  pubblicata  t  fpiegata  (a)  .  Ella  era  fiata  altro-  LIB-  x- 
ve  mal  dileguata  e  peggio  efpofla ,  poiché  le  foglie  d’elle- 
ra ,  che  circondano  la  tella  d'un  vecchio  ,  ivi  prendonfi  per  An°s°no  L 
foglie  di  canna  ,  il  vecchio  per  Nettuno  ,  e  nel  rovefcio  cre¬ 
dei!  una  Venere  armata  l’Apollo  che  fede  fu  una  nave  ( b )  . 

Io  per  l’oppofto  vi  fcorgo  nel  diritto  piuttofto  il  dio  Pan  ; 
ma  non  illarò  a  ridir  qui  le  ragioni  che  fervoti  d’appoggio 
alla  mia  opinione  .  La  figura  del  rovefcio  ,  di  cui  chiaramente 
diflinguefi  il  feffo  mafchile  ,  e  che  ha  fotto  di  sé  un  delfi¬ 
no  ,  dee  prenderli  per  l’Apollo  trio;  ,  così  detto  per¬ 
chè  fi  cangiò  in  delfino  quando  conduffe  fopra  una  nave  cre- 
tenfe  la  prima  colonia  nell’ifola  di  Deio  (c)  .  Apollo  vien 
pur  da  Euripide  chiamato  Uct>reo;  ,  cioè  dio  marino  ,  per¬ 
chè  co’  fuoi  cavalli  fcorre  anche  fovra  Tonde  del  mare  (d)  . 

Or  ficcome  gli  Ateniefi  afcrifiero  al  dio  Pan  la  vittoria  prefio 
Maratona,  così  è  probabile  che  il  re  Antigono  abbia  fatta 
coniare  quella  medaglia  in  memoria  di  qualche  vittoria  na¬ 
vale  ottenuta,  a  fuo  parere,  pel  favore  di  Pan  e  d’Apollo . 

Quella  medaglia,  del  diametro  di  due  pollici  di  palmo  ro¬ 
mano  ,  ha  un  impronto  molto  rilevato  ,  e  meritava  d’efier 
qui  mentovata  come  uno  de’  più  bei  monumenti  deH’arte  di 
que’  tempi  (a)  . 

$.  9.  Polliamo  pure  con  molta  verofimiglianza  riferire  a  Gruppo  jatro 
quell’epoca  un  monumento  di  molte  figure,  opera  d’Apoc- j|elLoro  Far' 
lonio  e  Taurisco,  fatto  d’un  fol  malfo  di  marmo ,  efillente 

a  Ro- 


00  Monum.  ant.  ined.  num.  41 .  [  L'abbia¬ 
mo  data  nel  Tomo  I.  pag.  v. 
ii>)  Froelich  Ann.  reg.  Syr.  Tal.  2.  n.  1. 
(e)  Hom.  Hymn.  in  Apoll.  ver],  4g  j. 

V)  Eurip.  Andr.  verf.  10 io. 

(a)  Il  (ìgnor  Dutens  Expilicat.  de  quelq. 
méd.  grecq  &  phenic.  pi.  4.  n.  4.  da  la  figura 
01  una  medaglia  d'Antigono  ,  ch’egli  dice  fi- 
miie  a  quella  data  da  \finkelmann  ,  e  nella 


ftefia  maniera  la  fpiega  nella  dillertazione 
prima  ,  pag.  toy.  106.  Anch'io  credo  che 
polla  edere  limile  ;  ma  il  fignor  Dutens  che 
dice  di  averla  nel  (uo  mufeo  ,  non  avrà  fatto 
confronto  della  Rampa  ,  che  dà  ,  con  quella 
data  dal  noftro  Autore  ;  poiché  vi  fono  molte 
differenze  nella  fifonomia  ,  nella  corona  ,  e 
in  altre  cole  del  rovefcio  . 


LIB.  X. 

cap.  ri. 


262  Storia  delle  Arti 

!  a  Roma  nel  palazzo  Farnefe  ,  detto  perciò  il  Toro  Farnefe  (a)  . 
Dico  che  verolunilmente  è  di  quefti  tempi  ,  poiché  Plinio 
riguardo  a  quefti  artifti  nulla  ci  determina  ,  benché  abbia  Af¬ 
fate  le  epoche  de’ più  celebri  fino  a  quefti  tempi.  Si  fa  che 
tal  gruppo  rapprefenta  Zeto  ed  Anfione  ,  i  quali  per  vendi¬ 
care  la  loro  madre  Antiope ,  prefero  Dirce  ,  cui  Lieo  padre 
loro  fpofata  avea  dopo  il  ripudio  di  quella  ,  e  legatala  ad  un 
toro  fecerla  crudelmente  ftrafcir.are  . 

jf.  io.  Ci  narra  Plinio  che  tal  lavoro  portato  fu  dall’ifola 
di  Rodi  a  Roma:  ci  addita  in  oltre  la  patria  di  Taurisco  , 
cioè  la  città  di  Traili  in  Cilicia  (b)  ,  e  oflerva  che  nell’ifcri- 
zione  v’erano  mentovati  del  pari  il  padre  d’ambi  gli  artefici 
Artemidoro ,  e  ’l  Ior  maeftro  Menecrate  ,  tra  i  quali  era  ri- 
mafto  indecifo  ,  quale  de’  due  fofle  fiato  riconofciuto  da  elfi 
per  vero  padre,  fe  quello  che  loro  avea  data  la  vita,  ovvero 
l’altro  che  gli  aveva  iftruiti  nell’  arte  (a)  .  Quella  ifcrizione 
or  più  non  v’è  ,  ma  il  luogo  più  cofpicuo  ,  ove  può  crederli 
che  fofle  incifa  ,  è  il  tronco  dell’albero  che  ferve  d’appog¬ 
gio  alla  ftatua  di  Zeto ,  e  che  è  quali  tutto  moderno  ,  come 
la  maggior  parte  delle  figure  medefime . 

jf.  11.  Parecchi  hanno  fcritto  l’oppofto  (b)  ,  e  per  quel 
che  m’immagino  ,  dall’aver  male  intefo  il  Vafari  ,  il  quale  nar¬ 
ra  che  quello  gruppo  è  ftato  lavorato  in  un  fajjò  folo  ,  e  fenza 
pezzi  ( c )  .  Ma  è  chiaro  che  egli  qui  parla  del  gruppo  qual 
era  ftato  Scolpito  anticamente  ,  e  non  vuol  già  dire  che  fia  fta¬ 
to  difotterrato  Senza  che  alcun  pezzo  ne  mancafle  .  Da  quell 
abbaglio  ,  e  dal  non  avere  ben  diftinto  l’antico  dal  moder¬ 
no  , 


(a)  Veggafenc  la  figura  pretto  Maffei  Racc. 

di  fatue,  Tav.4.8. ,  è  Gronovio ,  di  cui  parla 
Winkclmann  qui  appreflo  .  _ 

(b)  Nella  Caria  fecondo  Plinio  fieno  lib.y. 
c.  29.  feci.  29.  ,  e  Tolomeo  Geograph.  lib.f. 
c.  2.  ;  o  nella  Lidia  fecondo  Stefano  ,  per¬ 
chè  flava  nei  confini  di  quelle  due  proyincie 
al  dir  di  Strabone  Uh.  14.  pag.  9J 9.  D. 


(а)  Plin.  lib.  36.  cap  f.  feci.  4.  fio. 

(б)  Maffei  Raccolta  dì  fiat.  ant.  Tav.+S., 
Cavi.  De  la  fculpt.  &  des  fculpteurs  anc.jelon 
Piine  ,  Acad.  des  Jnfcr.  Tom.  XXV .  Mem. 

Fay/ite  de  piu  eccell.  pittori  ,  ec.  Vita  di 
Michelang.  Tom.  VI.  par.  6.  pag.  264. 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  263 

no  ,  l’opera  del  greco  (carpello  dal  recente  lavoro  ,  è  nato 
il  fallo  giudizio  che  alcuni  ne  hanno  portato  ,  riputandola  in¬ 
degna  de’ greci  arditi,  e  dichiarandola  fcultura  della  fcuola 
romana  (.*:)  . 

jf.  12.  I  rappezzamenti  fattivi  da  certo  Battila  Bianchi 
milanefe  alla  maniera  de’fuoi  tempi ,  e  fenza  punto  intendere 
l’antico  ,  fono  nella  figura  di  Dirce  legata  al  toro  la  teila 
e  ’l  petto  fino  all’umbilico  e  le  braccia ,  come  pure  la  tefia 
e  le  braccia  d’Antiope  ;  nelle  llatue  d’Anfione  e  Zeto  fono 
antichi  i  due  torli  ed  una  gamba  ,  e  nel  toro  nuove  fono 
le  gambe  e  la  corda  ,  di  cui  un  inefperto  viaggiatore  fi  ma¬ 
raviglia  come  fiali  confervata  (b)  .  Quello  che  v’  ha  qui  d’an¬ 
tico  può  difingannare  chiunque  fappia  un  po  guidare  il  bel¬ 
lo  degli  antichi  lavori ,  e  giuftificare  l’onorata  memoria  che 
Plinio  fa  degli  fcultori  mentovati .  Tali  fono  la  figura  d’An¬ 
tiope  ,  tranne  la  telda  e  le  mani ,  e  quella  del  giovanetto  fe¬ 
dente  e  inorridito  alla  crudele  punizione  di  Dirce  ,  il  quale 
non  può  rapprefentar  Lieo  fuo  marito  ,  come  immaginò  Grò* 
novio  ( c )  .  Lo  fide  della  fella  del  giovanetto  s’afiomiglia  a 
quello  delle  felle  de  figliuoli  di  Laocoonte  (a)  .  11  finimento 
grande  dello  fcarpello  vedefi  negli  accefiorj  ,  e  principalmen¬ 
te  nella  cilla  miltica  telfuta  di  vimini  e  circondata  d’ellera, 
polla  l'otto  Dirce  per  indicar  in  lei  una  Baccante  (d)  .  E’ que¬ 
lla 


lib.  x. 

CAP.  11. 


(4)  Ficoroni  Le  Jlneol.  di  Roma  mod.  c.  7. 
PFS-  44-  [  Pretende  che  quefto  gruppo  non 
.  .  que!10  cu*  parla  Plinio  ,  perche  vi  fono 
piu  cote ,  di  quelle ,  che  etlo  delcrive  :  ra¬ 
gione  ben  debole  fe  fi  confiderà  ,  che  Plinio 
non  ha  voluto  defcriverlo  minutamente  ,  ma 
darlo  ad  intendere  col  nominarne  le  parti 
principali . 

(/')  Blainville  Voyage  &c. 

00  Thef.  antiq.  grs.c.  Tom.  I.  Dd. 

(a)  I  pezzi  più  ragjuardevoli  fono  anzi 
il  toro,  le  figure  dei  figli ,  il  giovanetto  ,  e 
la  parte  inferiore  di  Dirce  . 

(d)  Hyg.  Fai.  7.  [  Come  Poiignoto  ,  fe¬ 
condo  che  riferifee  Paufania  lib.  1 0.  cap.  28. 


pag.866.,  dipinfe  la  vergine  Cleobca  colla 
cifta  Culle  ginocchia  della  forma  di  quelle  di 
Cerere ,  per  indicare  che  elTa  era  una  cifti- 
fera  dedicata  a  quella  Dea  ;  e  cosi  la  teneva 
anche  un'altra  in  marmo  porta  accanto  alla 
dea,  di  cui  lo  fterto  Paufania  lib.  8.  c.  17. 
pag.676.  Nel  gruppo  più  probabilmente  Dir¬ 
ce  ha  la  cifta  ,  perchè  era  occupata  celle  fe¬ 
lle  di  Bacco  fui  monte  Citerone  allorché  fu 
attaccata  al  toro  ,  fecondo  Euripide  predo  lo 
ftetfo  Igino  Fai.  8.  :  e  quefto  monte  pare  che 
venga  rapprefentato  nel  marmo  ;  ficcome  ai 
baccanali  pare  che  alludano  altri  fimboli  » 
che  vi  fi  veggono  . 


264  Storia  delle  Arti 

' 1  '  fta  sì  efattamente  e  con  tanta  diligenza  lavorata  ,  quanta  ufata 
LIB' X-  n’avrebbe  f  ardila  ,  che  avelie  dovuto  in  ella  fola  dare  un 
CAp.  n.  faggj0  je]|a  fua  abilità  (i)  . 

jf.  13.  11  medelìmo  avvenimento,  in  parte  almeno,  ve- 

delì  efprelTo  fu  due  balli-rilievi  nelle  ville  Borghefe  ed  Al¬ 
bani  in  tre  figure  ,  cioè  Antiope  fra  i  fuoi  due  figliuoli  in 
atto  di  eccitarli  alla  vendetta  .  Ne  ho  già  parlato  a  lungo 
nel  Libro  Vili.  Capo  IV.  (a)  . 

Pretefe  im-  jT.  1 4.  Oltre  le  monete  del  re  Pirro  di  bellifiìmo  conio. 
Pino"'  rc  meriterebbono  la  noftra  attenzione  una  ftatua  maggiore  della 
grandezza  naturale  nel  mufeo  Capitolino  (a)  ,  e  due  tefte  in 
rilievo  fomiglievoli  a  quella  della  ftatua,  fe  fofter  quelle  l’ef¬ 
figie  di  Pirro  ,  come  generalmente  fi  crede .  Una  delle  tefte 
è  in  marmo  nel  palazzo  Farnefe  ,  e  l’altra  in  porfido  nella 
villa  Lodovili  ( b )  .  In  confeguenza  di  quella  opinione  il  Go- 
ri  (c)  ha  dato  il  nome  di  Pirro  a  una  limile  tefta  incifa  in 
una  gemma  nel  mufeo  Granducale  .  Per  conofcere  I’inlufti- 
ftenza  di  quella  opinione  balla  oftervare  che  tutte  le  mento¬ 
vate  tefte  ,  comprefavi  pur  quella  della  ftatua  ,  hanno  una 
barba  folta  e  crefpa  ,  laddove  i  fuccelfori  d’Alefiandro  ,  e  Pir¬ 
ro  medelìmo  foleano  portar  il  mento  rafo  ;  come  riguardo 
a  Pirro  avea  già  prima  di  me  oftervato  Pignorio  ( d )  ,  argo¬ 
mentandolo  dalle  genuine  fue  monete  ;  e  riguardo  agli  altri 
re  ,  oltre  le  monete  loro  ,  ce  ne  fa  fede  Ateneo  ( e )  .  V’  è 
bensì  nel  fuddetto  mufeo  Granducale  un’  unica  moneta  di 
Pirro  in  oro  ,  in  cui  ha  un  poco  di  barba ,  ma  quella  è  cor¬ 
ti  lììm  a . 

jf.  1?.  Non 


CO  Altrove  l'Autore  loda  molto  il  lavoro 
della  clamide  d’Anfione  gettata  Culla  cifta . 
Tratt.  pretini,  ai  Mori.  ani.  ined.  Capo  IV. 
pag.  LXXXI.  [  Sbaglia  però  dicendo  Anfio- 
ne  per  Dircc ,  la  di  cui  verte  è  gettata  Culla 
cifta ,  come  può  vederli  anche  nelle  citate 
ftampe  in  rame  . 

G)  §•  3-  Pag.  142.  feg. 


(a)  Muf.  Capii.  Tom.  ni.  Tav.  48. 

(A)  Montf.  Diar.  itati  cap.i  g.pag.  221. 
(0  Muf.  Florent.  Gemme,  antiq.  Tom.  I. 
Tab.  2g.  num.  4. 

(d)  Symb.  epift.  S.pag.  32. 

(e)  V.  Defcript.  des  pierr.  grav.  du  Cab.  de 
Scofch  ,  cti  4.  feci.  1.  n.  28.  pag. 41 2. ,  [  e  fò- 
p ra  pag.  207.  noi.  a. 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  26 f 

jf.  i  j.  Non  potendoli  per  tanto  ravvifare  nella  mentova-  - L— 

ta  ltatua  il  re  Pirro  ,  ed  e  Pendo  altronde  la  tefta  ideale,  po-  LIB- x- 

1  CAP.  Ué 

trebbe  crederli  ivi  effigiato  Marte  ;  ma  a  ciò  pur  li  oppone 
il  non  trovarli  mai  data  a  quello  dio  la  barba  nelle  opere 
antiche  .  Vennemi  in  penliere  che  quella  llatua  folle  di  Gio¬ 
ve  ,  a  cui  più  che  ad  altro  dio  fomiglia ,  e  ivi  li  rapprefen- 
taffe  il  Giove  *  A  pt/os  (  guerriere  ) ,  che  ebbe  pur  l’aggiunto  di 
'Zrpctuo*;  (  condottare  d’eferciti  )  ;  ben  lapendofi  che  eziandio 
ad  altri  dei ,  oltre  Marte  ,  è  flato  talora  dato  l’usbergo  ,  co¬ 
me  a  Bacco  fu  un’  ara  della  villa  Albani  ,  e  a  Mercurio  in 
bronzo  del  mufeo  Hamiltoniano  .  Ma  abbandonai  tal  opinio¬ 
ne  ,  poiché  sì  i  capelli  che  la  barba  fon  diverli  da  quelli  che 
fu  ole  aver  Giove;  e  liccome  la  tella  di  ella  ha  molta  fomi- 
glianza  con  quella  di  Agamennone  ,  che  vedeli  nello  Beffo  mu¬ 
feo  fu  un’urna  in  cui  rapprefentafi  la  fua  contefa  con  Achil¬ 
le  per  Brifeide  (a)  ;  quindi  ho  giudicato  elfere  tali  tefle  l’ef¬ 
figie  di  quel  re  ,  il  quale  aveva  altresì  a  Sparta  un  tempio  {a) , 
ove  veneravali  col  foprannome  di  Zeus  (  Giove  )  :  nome  che 
diedero  pur  Gorgia  a  Serfe  (Z>)  ,  ed  Oppiano  a  Comedo  (c)  . 

jf.  16.  Dopo  che  foggiogate  furono  tutte  le  città  libere  Pafsò  l’arte 
delia  Grecia,  ed  ebbero  perdute  colla  libertà  le  ricchezze, 
le  arti ,  che  nella  loro  patria  non  aveano  più  fuffiftenza  e  ri- 
compenfe  ,  obbligate  viderfi  ad  abbandonarla  quali  interamen¬ 
te  .  Furon  effe  però  e  in  Alia  dai  Seleucidi  ,  e  in  Egitto  dai 
Tolomei  accolte  e  ricompenfate  generofamente  ;  onde  par¬ 
vero  fotto  un  nuovo  cielo  una  nuova  vita  ricevere,  e  riave¬ 
re  in  qualche  modo  il  loro  vigor  primitivo  . 

Jf.  17-  I  più  grandi  protettori  della  perduta  arte  greca  fu-  ...in Egitto, 
rono  i  fucceffori  d  Alelìandro  in  Egitto  ,  Tolomeo  Sotere  (b)  , 

Tom.  II. 

(a)  Vedi  qui  avanti  pag.i  3 2. 

(u)  Schol.  Lycophr.  Alex,  verf.i  1 24, 

(®)  Long.  De  J ubi.  cap.  3.  pag.  1  S. 

(e)  Cynegec.  lib,  1.  verf.  3. 


L  1  pri- 

(b)  Tolomeo  Lago  ,  cognominato  anche 
Sotere  ,  o  Salvatore  .  Paulama  lib.  1,  cap.  té , 
pag.  21, 


266  Storia  delle  Arti 

==■• - primo  fra  loro  ,  non  folo  accolfe  tutt’i  greci  ardili ,  ma  ezian- 

LIB‘ x*  dio  tutti  gli  uomini  di  merito  in  qualunque  genere,  che  ab- 
C"P‘ 11  '  bandonata  aveano  la  patria  loro.  Era  fra  quelli  Demetrio  Fa- 
Jereo  (a)  ,  di  cui  parlammo  pocanzi ,  e  fra  quelli  Apelle  il 
principe  dell’arte  greca  (b)  .  Tolomeo  e  i  fucceffori  fuoi ,  che 
nella  divifione  del  regno  d’Alelfandro  avean  avuta  miglior  par¬ 
te  che  gli  altri ,  erano  perciò  i  più  potenti  e  i  più  ricchi  ; 
e  fe  polliamo  credere  ad  Appiano  Aleffandrino  {a)  ,  tene¬ 
vano  in  piedi  un’armata  di  200000.  fanti ,  e  di  40000.  ca¬ 
valli  ,  con  300.  elefanti  addellrati  alle  battaglie  ,  e  2000. 
carri  falcati  ,  oltre  1500.  fra  triremi  e  quinqueremi  .  Sotto 
Tolomeo  Filadelfo  ,  il  fecondo  dei  re  greci  in  Egitto  ,  Alef- 
fandria  divenne  a  un  di  pretto  ciò  che  era  lfata  in  altri  tem¬ 
pi  Atene  ,  poiché  i  più  celebri  letterati  e  i  poeti  greci  lafcia- 
rono  la  patria  loro  per  andar  colà ,  ove  la  gloria  e  la  for¬ 
tuna  invitavanli .  Euclide  di  Megara  v’infegnò  la  geometria  , 
il  tenero  Teocrito  vi  cantò  i  fuoi  idillj  nel  dialetto  dorico, 
mentre  Callimaco  con  più  fublime  linguaggio  vi  celebrava  gli 
dei .  Dalla  pompofa  proceflìone  che  fece  quello  re  in  Alef- 
fandria ,  argomentar  polliamo  quanto  numerofì  vi  follerò  gli 
artefici.  Le  llatue  vi  fi  portarono  in  giro  a  centinaja,  e  nel 
gran  padiglione  per  lui  eretto  in  quell’occafìone  v  erano  le 
figure  in  marmo  di  cento  differenti  animali ,  lavoro  de’  più 
valenti  ardili  (b)  .  Tra  tutti  quelli  però  non  ci  è  pervenuto  il 
nome  di  altri  che  di  certo  Satirio  ,  il  quale  incife  in  crillal- 
lo  l’effigie  d’Arfinoe  fpofa  dello  Hello  Tolomeo  Filadelfo  (c) . 
e  n’abbia-  $•  18.  Sotto  i  Tolomei ,  e  anche  fotto  il  primo  di  ellì , 
mcnth!?01111'  viderfi  in  Egitto  belliffime  opere  dell’arte  greca  fcolpite  fu 
pietre  egiziane ,  cioè  in  bafalte  ed  in  porfido ,  delle  quali , 
tranne  due  figure  ,  non  fi  fono  confervati  che  de  rottami  : 

tali 


(a)  Diog.  Laerzio  lib.  s-figm.ji.  Tom.l. 
pag.308. 

(b)  Plinio  lib. SS’  Cti0.feSi.3i.  §.14. 


(a)  Protxrn.  hijl.  pag.  VI. 

(jf)  Athen.  Deipn.  lib. 5.  c.  6.pag.io6 . 

(c)  Anthol,  lib.  4.  cap.i  8.  a.  4.  verj.3. 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  267 

tali  però  che  inoltrano  un  lavoro  forprendente  e  fuperiore 
a  quanto  li  fa  fare  oggidì .  O  quello  lavoro  fi  confideri  ,  o 
lo  Itile  del  difegno  ,  non  polliamo  afcrivere  tali  opere  al  tem¬ 
po  de’  celari ,  che  abbiano  fatto  trafportare  in  Roma  i  malli 
di  tali  pietre  dall’Egitto  quando  colà  dominavano  ;  nè  pofi. 
filmo  crederle  anteriori  ai  Tolomei ,  non  ettendo  probabile 
che  i  Greci  facefferfl  venire  i  falli  dall’  Egitto  ;  e  altronde 
Paufania  non  parla  mai  di  ltatue  di  bafalte  o  di  porfido 
eliltenti  prefio  di  loro  . 

jf.  19.  Di  bafalte  abbiamo  due  tette,  che  poflono  rife¬ 
rirli  a  quelli  tempi:  una  di  bafalte  nericcio  è  pretto  di  me, 
ma  le  manca  il  mento  colle  mafcelle  e  ’l  nafo  ;  l’altra  con¬ 
fermatali  intera  è  pretto  il  lignor  cavalier  di  Breteuil  (a)  .  Si 
conofce  che  quella  tetta  rapprefentante  un  bel  giovane  ,  co¬ 
me  la  precedente,  era  altre  volte  fu  una  ttatua  ;  e  poiché  ha 
orecchie  da  pancraziafte  ,  dee  riguardarli  come  l’effigie  d’un 
atleta  vincitore  ne’ grandi  giuochi  olimpici  ,  a  cui  lia  fiata 
eretta  una  ttatua  in  Aleflandria  fu  a  patria  (b)  . 

§.  20.  Non  può  qui  ravvifarli  un  di  que’  vincitori ,  dai 
quali  prendeva  il  nome  1  olimpiade  in  cui  erano  flati  coro¬ 
nati  ,  perchè  quell  onore  rilerbavafi  a  chi  riportava  la  corona 
nello  lladio  ,  ollìa  alla  corfa  de  cocchi  (c)  .  Di  quattro  atle¬ 
ti  aleflandrini  di  quella  maniera  ,  i  quali  coronati  furono 
fotto  i  primi  Tolomei  ,  troviamo  fatta  menzione  nelle  tto- 

L  1  2  rie  : 


(a)  Vedi  fopra  pag.  rS .  feg. 

•  -B)  wf!  preL  caP-  TR  P-  LXXXI1 
Brznc.  ìnkelmann  aggiugneva  ,  che  non  j 
Ja  ,  che  m  tempo  degl’  imperatori  fi  ereefftr, 
tuttavia  fiatue  agli  atleti  vincitori  ne’ ciao 
ck,  pubblici  nella  Grecia .  Qui  ha  labiata  que 
Ita  ragione,  e  anzi  la  ritratta  appreflo  al 
tacitamente  .  Infatti  anche  Luciano  ,  vivent 
ai  tempi  di  Trajano,  come  li  è  detto  qui  avan 
ti  alla  pag.  zi  3.  ,  Pro  imagin.  §.  //.  0per 
lom.  ri.  pag.  4po  Ccnve  ,  che  al  tempo  fut 
durava  la  legge  ,  che  gli  arieti  non  potelTert 
far  1  ergere  in  Olimpia  le  (fatue  maggio: 
della  loro  vera  datura  ;  e  che  dai  foprin 


tendenti  fi  ufavano  più  efami  ,  e  diligenze 
a  quello  riguardo  ,  che  nellammiflione  de¬ 
gli  (ledi  atleti  .  Anzi  da  una  ifcrizione  del 
palazzo  Chigi  riferita  dal  Reinefio  Clafs.  g. 
num.  44. pag.  381.  ,  dallo  Sponio  Mijcell. 
erud.  antiq.jeci.1  0 .  num.i  08 .  pag.36 z.  ,  dal 
Vandalo  Dijfert.  8.  pag.  638.  ,  e  dal  P.  Coe» 
fini  Differt.  agonifl.  Dijf.  IV.  n.i  2.  pag.  99. 
fi  rileva,  che  l'ufo  d'onorare  i  vincitori  atleti 
colle  ftatue  duralfe  fino  ai  tempi  degl' impe¬ 
ratori  Valentiniano  ,  Valente  ,  e  Graziano  , 
cioè  fino  circa  l’anno  570.  dell’era  criftiana  . 

(c)  Voleva  dire  ,  alla  corfa  a  piedi  ,  per¬ 
chè  fu  il  primo  giuoco  idituito  , 


LIB.  X. 
CAP.  li. 


LIB .  X. 
CAP.  II. 


263  Storia  delle  Arti 

rie  ( a )  :  cioè  di  Perigene  nell’olimpiade  cxxvir.  ,  d’Àmmonio 
nella  cxxxr.  ,  di  Demetrio  nella  cxxxvm.  ,  e  di  Orate  nel¬ 
la  cxlii.  Eflcndo  dunque  qui  rapprefentato  un  lottatore  ,  o 
un  pancraziafte  ,  dovremo  ravvifarvi  piuttofto  uno  dei  due 
atleti  aleftandrini  aliar  coronati ,  cioè  CleofTeno  per  la  lot¬ 
ta  (a)  nell’olimpiade  cxxxv.  ,  e  Fedimo  pel  pancrazio  nel¬ 
la  cxlv.  (e)  .  ■ 

Jf-  2i.  Per  la  fteffa  ragione  io  penfo  che  fia l’effigie  d\tn 
atleta  aleffandrino  l’altra  tefta  guada  di  bafalte  nericcio  ,  la¬ 
vorata  nel  medefìmo  Pile  nella  precedente  ,  fe  non  che  n’ è 
fcolpita  con  più  arte  la  capigliatura  .  Non  avendo  quella  le 
orecchie  da  pancraziafte  ,  ma  bensì  fecondo  la  forma  ordina¬ 
ria  ,  non  dobbiamo  in  efta  cercare  l’effigie  d’ un  lottatore  , 
ma  piuttofto  d’un  vincitore  nella  corfa  de’  cocchi ,  e  d’uno- 
de’  quattro  fummentovati  ,  effondo  altronde  probabile  che  , 
ad  efempio  delle  città  greche  ,  Aleflandria  abbia  erette  delle 
ftatue  ai  fuoi  primi  vincitori  ne’ giuochi  olimpici  (c)  ;  e  che 
di  là  abbiale  volute  a  Roma  l’imperator  Claudio  infieme  alle 
ftatue  di  porfido  ,  che  fu  il  primo  a  farvele  trasferire  dall’ 
Egitto  (b)  . 

$.  22.  Delle  opere  dell’arte  greca  in  porfido  ho  già  par¬ 
lato  altrove  (d)  ,  e  qui  folo  avvertirò  che  i  lavori  in  tal  faftò 

di 


(a)  «va^pap» ,[  appreflo  al¬ 

la  cronica  d'  Eufcbio  ]  pag.  331 .  feqq. 

(a)  Per  il  pugilato  . 

(b)  Paufania  tib.j.  cap.  8.  in  fine  ,  p.  qr>5- 
lo  dice  della  città  di  Troade  nell’Eolia  -  Il 
dotto  padre  Corfini  Fa/li  att.  olymp.  cxlv. 
Tom.  IV.  pag.  ioo.  oflerva  ,  che  ciò  non 
tontradice  a  Giulio  Africano  ,  perchè  la  detta 
città  fu  chiamata  anche  Aleflandria  ,  eflendo 
fiata  fondata  da  Alelfandro  il  Grande  ;  e 
perciò  nella  numerazione  alfabetica  dei  vin¬ 
citori  olimpici  riportata  dallo  Scaligero  in 
appendice  alla  citata  cronica  d’Eufebio  p. 
vien  detto  Aleffandrino  di  Troade  :  al  che 
non  ha  badato  Winkelmann  ,  il  quale  ha 
prefo  quella  Aleflandria  per  l’ Aleflandria  di 
Egitto  . 


(c)  Volendo  foftenere  quelle  tede  fatte  in 
Aleflandria  ,  e  in  onore  d’atleti  aleflandri- 
ni ,  potrebbe  dirli  piuttofto  ,  che  fodero  Ha¬ 
te  fatte  colà  per  onorare  qualcuno  di  elfi 
vincitore  nei  giuochi  olimpici,  che  vi  s’ in- 
troduflero  circa  l’olimpiade  ccxl.  come  of- 
ferva  il  lodato  Corfini  Differt.  agonift.  Diff.I. 
n.  i  2.  pag.  20.  zi.,  odia  circa  i  tempi  dell* 
imperato!  Comodo  .  Potrebbero  rapprefen- 
tare  anche  atleti  vincitori  nei  giuochi  della 
Grecia  al  tempo  de'  cefari ,  dei  quali  molti 
ne  numera  lo  fteflo  Corfini  nel  catalogo  ,  che. 
ha  fatto  molto  più  efatto  e  compito  dei  vin¬ 
citori  olimpici ,  in  appendice  alla  detta  opera 
pag.i2i.fegg. 

\b)  Plin.  lib.  36.  cap.  7-A«-  1  !- 

(d)  Vedi  Ibpra pag.  20.  Jeg. 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  269 

di  quell’epoca  rari  Olmi  fono,  e  rari  erano  anche  prelìo  gli 
antichi  per  la  difficoltà  grandiffima  di  lavorarlo  (a)  . 

j)\  23.  Le  monete  aleffiandrine  celebri  erano  per  la  bel¬ 
lezza  dell’impronto  ,  di  modo  che  al  lor  paragone  grolfola- 
ne  fembravano  e  fatte  fenz’arte  le  monete  d’Atene  di  que’ 
■tempi  (a)  .  Diffatti  la  maggior  parte  delle  ateniefì ,  o  antichif- 
fime  fono  ,  o  d’un  conio  affai  mediocre  . 


jf.  24,  Io  conchiudo  da  tai  monumenti  che  l’arte  greca  , 
trafportata  in  Egitto  a  quelli  tempi  ,  non  fìa  fiata  corrotta 
dal  cattivo  guflo  che  depravò  ed  avvilì  là  poefia  alla  corte 
di  Tolomeo  F'iladelfo  ,  dal  che  nacque  quel  degeneramento 
nelle  fcienze  che  fi  offervò  pofcia  in  Roma  fotto  i  cefari , 
e  per  l’Europa  tutta  nello  fcorfo  fecolo  .  Callimaco  e  Nican- 
dro  ,  due  della  Plejade  poetica  ,  cioè  de’  fette  poeti  d’Alef- 
fandria  ,  ftudiavanfi  più  di  comparir  eruditi  che  di  moflrarfi 
poeti ,  e  principalmente  il  fecondo  andava  in  traccia  di  pa¬ 
role  antiquate  e  d’efpreffioni  ilrane  ,  fcegliendo  anche  le  più 
balle  di  tutti  varj  dialetti  della  Grecia.  Licofrone,  altro  del¬ 
la  medefima  Plejade  ,  amava  di  comparir  invafato  anziché  ifpi- 
rato  ,  e  di  affaticare  con  difficili  penfieri  e  frali  ofcure  il  Ieg- 


(a)  La  ragione  principale  ,  per  cui  fono 
rari  ,  e  data  più  probabilmente  perchè  il 
porfido  non  è  una  pietra  propria  a  fare  da- 
tue  per  il  luo  colore  ,  come  non  lo  erano 
tante  altre  pietre  della  Grecia  non  bianche  , 
bendhè  di  poca  durezza  ,  nelle  quali  perciò 
xanmmamente  hanno  fcolpito  i  greci  artifti . 
E  che  così  penfaffero  gli  antichi  polliamo 
argomentarlo  da  ciò  ,  che  aggiugne  Plinio 
loc.  ac. ,  cioè  che  le  dame  di  porfido  man¬ 
date  all  imperator  Claudio  da  Vitrafio  Poi- 
bone  -urono  guardate  in  Roma  come  coli 
nuova  ,  che  non  piacque  ;  e  che  neffun  al¬ 
tro  fino  al  tempo  ,  in  cui  egli  fcriveva  ,  pen¬ 
so.  a  lame  venire  delle  altre .  Forfè  gli  uo¬ 
mini  di  qualche  guito  fi  ridringevano  a  farne 
delle  (fatue  vedite  ,  alle  quali  poi  mettevano 
la  teda,  le  mani  ,  e  i  piedi  di  marmo  bian¬ 
co  ,  come  fi  è  veduto  nel  Tomo  I.pag.  $o. 
che  facevano  gli  antichi  Greci  alle  flatue  in 
legno  ;  e  tali  mi  pare  che  fiano  le  varie  (fa¬ 
tue  ,  che  abbiamo  ancora  in  Roma  nelle  va¬ 


gito¬ 
le  Medici ,  e  Bòrghefe  ,  e  nel  Campidoglio  ; 
tra  te  quali  quelle  che  rapptefentano  re  pri¬ 
gionieri  ,  c  un  bullo  armato  di  corazza  non 
finito  ,  elìdente  nel  palazzo  Farnefe  ,  il  no- 
Ifro  Autore  nella  prima  edizione  a  quello 
luogo  le  dice  opere  lavorate  in  quella  città . 
All’oppollo  vegliamo  nelle  rovine  degli  edi¬ 
lìzi  .  che  gli  antichi  facevano  un  ufo  gran- 
dillìmo  di  tal  pietra  ridotta  in  ladre  lottili , 
o  in  pezzi  a  modo  di  mu(aico ,  per  ornare 
i  pavimenti  ,  e  le  mura  impellicciate  a  varj 
marmi .  Il  Talleri  Scot  ta  de'  fojjìli  ,  ec.  Difc. 
IV.  §.  XIV.  pag.  14.1.  crede  che  allora  li 
lavorarti  il  porfido  con  maggior  facilita ,  per¬ 
chè  cavato  di  frefeo  forte  più  docile  di  quel¬ 
lo  ,  che  ora  fi  è  :  e  lo  argomenta  dall’aver 
veduti  in  un  pezzo  di  elfo  i  tratti  della  le¬ 
ga  così  fenfibili  e  didimi ,  che  tre  di  quedi 
occupavan  la  larghezza  d'una  penna  ordina¬ 
ria  da  fcrivere  :  legno  evidente  ,  che  la  lega 
profittava  molto  fenfibilmentc . 

(a)  Laert.  L7.fegm.1S.  Tom.  I.  p.  37  S* 


LIB.  X. 
CAP.  II. 


Riflcrtioni  fili¬ 
le  arti  ,  e  dil¬ 
la  poelia  in  E- 
gitto  a  quell’ 
epoca . 


270 


Storia  delle  Arti 


==gitore  anziché  dilettarlo:  credefi  egli  il  primo  che  fra’ Greci 
lìb.x.  ufaffe  l’anagramma  {a)  .  Gli  altri  poeti  faceano  co’ v.erli  loro 
gap.h.  ^ejje  are ^  de’  flauti  ,  delle  fcuri  ,  e  delle  uova  ec.  Teocrito 
medefìmo  fece  de’ giuochi  di  parole  {b)  ;  e  ciò  che  è  ancora 
più  Arano  ,  Apollonio  di  Rodi ,  altro  dei  fette  poeti ,  fem- 
bra  aver  fovente  trafcurate  le  leggi  della  grammatica  e  della 
poefia  (c)  . 

Eafsò  l'arte  jf.  2J.  I  Seleucidi ,  così  detti  da  Seleuco  ,  uno  dei  fuc- 
Sekuddj0."0  ceffori  d’Alelfandro  ,  che  alla  di  lui  morte  occupò  il  regno 
dell’ Alia  minore  ,  cercarono  al  par  de’ Tolomei  di  attirar 
preflo  di  loro  le  arti  efuli  dalla  Grecia,  e  quelle  incorag- 
gire  e  migliorare  che  già  da  qualche  tempo  nel  regno  loro 
fiorivano  ;  il  che  riufcì  in  maniera  da  uguagliare  gli  ardili 
che  in  Grecia  erano  rimalli  ( d )  .  Le  arti  però  non  crebber 
colà  a  tanta  fama  come  in  Egitto  ;  la  qual  cofa  dobbiamo 
probabilmente  attribuire  all’efiére  Hata  Selcucia  ,  a  cui  i  re 
trafportata  aveano  da  Babilonia  la  loro  fede  ,  polla  nel  cuor 
dell’Afia  ,  ove  pur  era  Amato  tutto  il  regno  loro  ,  e  per  con- 
feguenza  lungi  dal  rello  della  Grecia  .  Vi  farà  fucceduto  co¬ 
me  avviene  oggidì  per  quegli  attilli  che  lungi  Hanno  da  Ro¬ 
ma  ,  fede  delle  belle  arti  :  a  poco  a  poco  degenerano  ,  e  fe 
ne  corrompe  il  guflo  ,  poiché  manca  allo  fpirito  e  alla  im¬ 
maginazione  loro  l’alimento  continuo  d’aver  fott’occhio  i  più 
pregevoli  lavori .  Gii  Egizj  all  oppoflo  aveano  in  Alelfandria, 
per  mezzo  della  navigazione  e  del  commercio  ,  fempre  aper¬ 
ta  la  comunicazione  coi  Greci  ,  e  gli  ardili  aver  poteano 
facilmente  dalla  Grecia  ciò  che  lor  bifognava  :  vantaggio  che 
non  aveano  a  Seleucia  .  E  che  d i fratti  alla  lìtuazione  de  Seleu¬ 
cidi  ,  e  alla  loro  lontananza  dal  mare  e  dalla  Grecia  attri¬ 
buirli  debbano  i  pochi  progredì  che  fece  colà  1  arte  greca  , 


argo- 


(a)  Dickinf.  Delphi  phoenic't^.  cap.  r. 
(A)  Idyll.  27.  verf.  26 . 


(c)  Argon,  lib.i.  verf.  24.2. ,  Uh.  3.  v.  99 .  tal  colà  . 


LIB.  X. 
CAP.  II. 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  271 

argomentar  Jo  polliamo  dal  vedere  come  quella  fiorilTe  ne' ! 
tempi  foglienti  alle  corti  dei  re  di  Bitinia  e  di  Pergamo  ,  pie* 
cole  provincie  deH’Alìa  jonica  .  Fra  gli  ardili  della  corte  de’ 

Seleucidi  è  celebre  certo  Ermocle  di  Rodi  ,  che  fcolpi  la  Ra¬ 
ma  del  bel  Combabo  (ri)  . 

jf.  26.  QueR’epoca  dell’arte  greca  fotto  i  primi  fucceflo-  UIteriori  vi_ 
ri  d’  AlelTandro  terminò  nell’olimpiade  cxxiv.  in  cui  erano  gr"^a _ddlj 
morti  Tolomeo  I.  in  Egitto  ,  Seleuco  in  Siria  ,  Lilimaco  in 
Tracia,  e  Tolomeo  Cerauno  in  Macedonia  .  Nella  flelfa  olim¬ 
piade  (a)  ,  un’impenfata  lega  ,  che  Rrinfero  fra  di  loro  alcune 
poco  riguardevoli  città  della  Grecia  ,  pole  i  fondamenti  per 
darle  una  nuova  forma  ,  con  cui  riforfero  poi  colà  le  arti 
per  l’ultima  volta  .  Provarono  allora  i  Greci  quello  che  av¬ 
viene  Rovente  agli  uomini ,  cioè  che  i  mali  giunti  aH’ecceiTo 
divengono  eglino  fieli!  il  rimedio  ,  come  la  corda  d’uno  firo- 
mento  muficale  foverchiamente  tela  e  rotta  fa  luogo  ad  un’ 
altra  ,  che  con  maggior  cautela  accordata  alla  fine  mette  il 
giufio  fuono  . 

jf.  27.  La  preponderanza  de’ Macedoni  aveva  alterato  in  Lega  achea . 
Grecia  l’antico  fifiema  .  Sparta  medefima  avea  degenerato  da 
quel  prilco  regime  in  cui  vifluta  era  per  quattro  fecoli  ( b )  ; 
poiché  efiendone  Rato  coflretto  a  fuggire  il  re  Cleomene , 
che  troppo  difpoticamente  reggeala  ,  vi  reRarono  foli  gli  Efo¬ 
ri,  parecchi  de’ quali  furono  pur  in  varie  fucceffive  rivolu¬ 
zioni  trucidati .  Dopo  la  morte  di  Cleomene  fi  venne  all’ele¬ 
zione  d’un  nuovo  re:  fu  feelto  Agefipoli ,  ma  ficcome  era 
fanciullo  ancora  ,  Licurgo  ,  febbene  non  folle  di  regio  fan- 
gue ,  donando  un  talento  a  ciafcun  degli  Efori ,  fi  fece  con¬ 
ferire  la  dignità  fuprema .  Elfendofi  però  penetrata  l’iniqua 

via 

(<z)  Lucian.  Dt’  dea  fyr.  §.26.  op.  Tom. ni.  (a)  Polibio  lib.  z.  pag.  1  zS.  B. ,  Corfini 

Ptfg-47  2.  1  Pl'nio  ho.  14-.  cap.  8.  feci,  iq.  Fafli  att.  olymp.  crr/r.  Tom.  IV.p.So. 

-  26.  nomina  Ariltodemo  ,  che  fece  in  bron-  (A)  Constant.  Porphyrog.  Excerpta  Dio* 
zo  I  immagine  del  re  Seleuco  ;  ma  non  dice  dor.  pag.  ìzu  Un,  io, 
quale  folle  tra  i  varj  Seleucidi .  6  J 


272  Storia  delle  Arti 

ii  "-'ll'  — =  vja  da  luì  tenuta  per  confeguire  tal  carica  ,  fu  corretto 
LIB-X‘  egli  pure  a  fuggire,  ma  fu  pofcia  richiamato  nell’olimpia¬ 
de  cxl.  (a)  .  Non  molto  dopo  ,  eflendo  morto  il  re  Pelope  , 
inforfero  a  Sparta  varj  tiranni  ,  l’ultimo  de’ quali  Nabide 
difpoticamente  la  reffe ,  e  la  difefe  con  una  guarnigione  di 
truppe  flraniere  ( b )  . 

jf.  28.  Tebe  dianzi  sì  celebre  giacea  diflrutta  ,  e  flava 
Atene  in  una  totale  inazione .  Non  effendovi  nelfun  difenfo- 
re  della  libertà  ,  iollevaronfì  molti  tiranni ,  che  Antigono  Go- 
nata  re  di  Macedonia  follenea  (c)  .  In  tale  flato  di  cofe  tre 
o  quattro  città  appena  note  nella  fioria  tentarono  di  fcuo- 
tere  il  giogo  del  Macedone,  il  che  avvenne  ,  come  dilli  po- 
canzi  nell’olimpiade  cxxiv.  Riufcì  a  quelle  città  di  efpelle- 
re  o  trucidare  i  loro  tiranni  ;  e  rimafero  libere  ,  poiché  l’al¬ 
leanza  loro  non  credeah  di  veruna  importanza  .  Fu  que¬ 
lla  però  il  fondamento  della  famola  lega  achea  .  Molte  del¬ 
le  città  più  ragguardevoli ,  e  fra  quelle  Atene  ,  vergognofe 
d’eflere  fiate  prevenute  ,  cercarono  con  egual  coraggio  di  ri¬ 
metterli  nella  libertà  primiera  .  Si  formò  allora  una  confede¬ 
razione  generale  di  tutta  l’Acaja,  furon  fatte  nuove  leggi, 
e  nuova  forma  fi  diede  al  governo  .  Allora  i  Lacedemoni  e 
gli  Etolj  ,  gelofi  della  gloria  degli  Achei ,  unironfi  elli  pure  , 
avendo  alla  tefla  Arato  e  Filopemene  ,  gli  ultimi  eroi  della. 
Grecia  (a)  ,  de’ quali  il  primo  non  avea  che  vent’anni  (b)  : 

e  va¬ 


ca)  Polyb.  lib.  p.  pag.  377.  A.,  p.43 1.  B. 
[  Dopo  morte  gli  fu  eretto  dagli  Spartani  un 
tempio  per  onorare  il  di  lui  merito  .  Collant. 
Porfnog.  Excerpta  Nic.  Damate,  p.  44.8. 

(J>)  Tit.  Liv.  lib.  34.  cap.  12.  n.  27. 

( c )  Polyb.  lib.  2.  pag.  127.  princ.  [  Anti¬ 
gono  fu  folamente  tutore  di  Filippo  re  di 
Macedonia  ,  e  nel  tempo  della  tutela  ammi- 
hillrò  il  regno  ,  come  dice  lo  detfo  Polibio 
lib. 2.  pag.i  31.  in  fine  ,  L.  4.  infine  ,  p.  348. 
Gli  fu  eretta  in  Olimpia  una  llatua  di  bronzo 
coronata  con  una  mano  da  una  llatua  rap- 
prefentante  la  Grecia  ,  la  quale  coll’altra  ma¬ 
no  coronava  altra  llatua  del  re  Filippo  . 


(a)  Paufania  lib.  8.  cap.  pz.  pag.  70  p.fieg. 
Filopemene  vien  chiamato  l'ultimo  eroe  della 
Grecia  anche  da  Plutarco  nella  di  lui  vita  , 
op.  Tom.I.  p.3  f6.  F.  Quelli  narra  p.362.  B., 
p.  36S.  E.  ,  che  gli  furono  erette  molte  (fa¬ 
tue  ,  che  Mummio  nel  famofo  fpoglio  di  Co¬ 
rinto  ,  del  quale  lì  parlerà  nel  Capo  feguente 
§■17.,  non  ardì  portar  via  >  e  una  in  Delfo 
elìdeva  ancora  a’  fuoi  giorni ,  cit.  p.3p6.  F. 
Gli  Achei  gli  alzarono  un  tempio  .  Codanti- 
no  Porfirogen.  Excerpta  Diod.  pag.  300. 

(b)  Polibio  /.  2.  pag. 130.  A.  Winkelmann 
per  equivoco  nel  Trattato  prelim.  Cap.  IF". 
pag.  LXXXIII.  lo  dice  di  Filopemene  .  Di 


da  Alessandro  il  Grande  e  c.  273 

e  valenti  difenfori  furono  della  patria  libertà  nell’ olimpia¬ 
de  CXXXVIII. 

$•  29 
un’aperta 


L1E.  X. 
CAP.  II. 


Ma  la  gelofia  tra  gli  Achei  e  gli  Etolj  fufcitò  alla... c guerra cc- 
fine  un’aperta  e  crudele  guerra,  in  cui  le  oftilità  da  amen- uo'fa^wie'ar- 
due  le  parti  giunfero  al  legno  di  non  perdonarla  nemmeno'1' 
alle  più  ragguardevoli  opere  dell’arte.  Ad  ufare  tanta  bar¬ 
barie  furono  i  primi  gli  Etolj  che  ,  entrati  nella  città  di  Dios 
in  Macedonia  abbandonata  dagli  abitanti  ,  ne  atterrarono  le 
mura  e  le  cale  ,  ne  incendiarono  i  periftilj  e  i  portici  de’tem- 
pj  ,  e  le  hatue  ne  diftrulTero  ( a )  .  La  della  ruina  menarono 
gli  Etolj  nel  tempio  di  Giove  a  Dodona  nell’Epiro  ,  ove  ar¬ 
derò  le  gallerie,  infranfero  le  datile ,  e ’l  tempio  dedo  ugua¬ 
gliarono  al  duolo  (b)  ;  e  dal  difeorfo  d’un  ambafeiatore  degli 
Acarnani ,  rapportatoci  da  Polibio  (c)  ,  rilevali  che  lìano  da¬ 
ti  depredati  e  devallati  dagli  Etolj  molti  altri  tempj  (a)  .  La 
deda  provincia  di  Eiide  che  ,  a  cagione  de’  pubblici  giuochi 
foliti  a  celebrarvi!!  ,  godeva  il  diritto  d’afilo  ,  ed  era  data 
fempre  anche  dai  nemici  rifpettata  ,  divenne  preda  allora  de¬ 
gli  Etolj  al  pari  d’  ogni  altro  nemico  paefe  (d)  . 

JT.  30.  Per  l’altra  parte  gli  Achei  e  i  Macedoni  dotto  il 
re  Filippo  ufarono  o  abufarono  piuttodo  del  diritto  di  rap- 
prefaglia  ,  trattando  nello  dedo  modo  Terma  capitale  dell’ 

Etolia .  Rilpettarono  però  allora  le  datue  e  le  altre  figure  degli 
Tom.  IL  M  m  dei 


Arato  abbiamo  da  Plutarco  nella  di  lui  vita 
PaS;  '  0 1  2- ■  E).  E.  Tom.  I.  che  folle  molto  in- 
tclug-.nte  di  pittura  ,  di  cui  fiera  mantenuta 
m  eroico  fin  allora  la  fcuola  di  Sicione  fua 
patria  Ivi  raccoglieva  quadri  de' più  bravi 
artilti  ,  e  principalmente  di  Panfilo  ,  e  di 
Mclanto  ,  che  poi  mandava  al  re  Tolomeo 
m  Alellan  -ria  ,  al  quale  mandò  anche  i  ri¬ 
tratti  dei  riranni  di  quella  città  ,  che  vi  trovò 
dopo  che  l'ebbe  liberata  dal  loro  giogo  .  Co¬ 
me  viri,  icore  nel  quinquerzio  gli  fu  eretta 
una  (tatua  ir.  Elide  ,  che  lo  {teliti  Plurarco 
Fao-  '  «->’•  diceva  efiftere  ancora  a'  fuoi  tem¬ 
pi  ;  e  un'altra  come  vincitore  nella  corfa  de’ 
cocchi  nominata  da  Paufania  lib.  fi.  cap.i  z. 
pag.  4S0.  ;  feppure  non  c  la  {fella:  al  che 


non  ha  badato  il  P.  Corfini  nel  catalogo  dei 
vincitori  olimpici  pag.  123.  ,  forfè  perchè  non 
avra  veduto  Plutarco  .  Lo  {fello  Paufania  /.  z. 
cap.  7.  pag.i  27.  Un.  go.  ne  nomina  un’altra 
efiffente  a'  fuoi  giorni  nel  teatro  di  Sicione  , 
che  teneva  lo  feudo  ;  e  di  altre  ne  parla  Po¬ 
libio  preflo  il  citato  Coftantino  Porfirogene- 
ta  Excerpta  ,  pag.i  $  z. 

(a)  Polyb.  lib.  4.  pag.  gz6.  C. 

(b)  idem  ìbid.  pag.  z  gr .  orine. 

le)  lib.  p.  pag.  567.  D. 

(a)  Parlavi!!  degli  fteflì  tempj  di  Dios  ,  c 
Dodona  . 

(ù)  idem  lib.  4.  pag.  336.  C.  [  Dice  che  fu 
depredata  dai  Macedoni  fotto  il  re  Filippo  . 


274  Storia  delle  Arti 

dei  (a)  ;  ma  le  abbattè  e  le  diftrufTe  in  feguito  il  mentovato 
re  quando  vi  venne  per  la  feconda  volta  (b)  ,  e  mofirò  egli 
ancor  maggiormente  il  fuo  furore  nella  prefa  della  città  di 
Pergamo  ,  ove  non  folo  atterrò  le  ftatue  e  i  tempj  ,  ma  ne 
ruppe  per  fino  in  minuti  pezzi  le  pietre  ,  affinchè  mancaflero 
i  materiali  a  chi  avelie  in  feguito  voluto  riedificarli  (c)  .  Dio¬ 
doro  attribuire  quefta  barbarie  a  un  re  di  Bitinia  (d)  ,  ma 
probabilmente  prende  qui  un  abbaglio  .  Era  in  Pergamo  al¬ 
lora  fra  le  altre  una  celebre  fiatila  d’Efculapio  ,  lavoro  di 
Filomaco  (e)  ,  o  come  altri  lo  chiamano  Firomaco  (f)  .  Lo 
ftefio  avvenne  a  un  di  preflo  agli  Ateniefi  :  Filippo  ,  perchè 
gli  Achei  feco  non  vollero  allearli  contro  Sparta  e  ’l  tiranno 
Nabide  ,  mife  a  fiamme  l’Accademia  che  era  avanti  la  città, 
e  diftrufTe  i  tempj  che  le  ftavano  intorno  ,  fenza  nemmeno 
rifpettare  i  fepolcri  (g)  :  dal  che  irritato  quello  popolo  una 
legge  promulgò  ,  nella  quale  ordinava!!  {h)  ,  che  le  di  lui 
fiatue  ed  immagini  tutte  ,  e  quelle  de’  luoi  maggiori  d  ambi  i 
felli  ,  tolte  fodero  e  difirutte  ,  e  fi  avefie  per  profano  ed  im¬ 
mondo  qualunque  luogo  ,  ove  polli  fodero  di  lui  titoli  d  o- 
nore  o  ifcrizioni  (a)  . 


(a)  Polyb.  lib.  f.  p.  3  f8.  &  l.g.  p.$6 2.  D. 

( b )  Conllant.  Porphyrog.  Excerpta  Polyb. 
lib.  1 1.  pag.  4f. 

(c)  idem  ihid.  lib.i  6.  pag.  67. 

(d)  idem  Excerpta  Diod .pag.  294..  [  Anzi 
l’attribuifce  al  re  Filippo  Hello",  non  parlan¬ 
do  di  altri  . 

(e)  idem  Excerpta  Polyb.  pag.  1  69. 

(f)  Anthol.  lib.  4..  cap.  12.  n.  91.  verf.  3. 
Conftant.  Porphyrog.  Excerpta  Diod.  p.337. 

( g )  idem  ib.  pag.  293. 3  Liv.  lib.  3 1 .  c.  23. 
n.  26. ,  cap.  26.  n.  30. 

(A)  Liv.  loc.  cit.  cap.  30.  n.  44. 

(a)  Tra  gli  artirti ,  che  hanno  fiorito  dopo 
la  morte  d'Aleflandro  il  Grande  ,  è  da  nomi¬ 
narli  particolarmente  Carete  di  Lindo  fcolaro 
di  Lifippo  ,  accennato  ad  altro  propofito  alla 
pag.  149.  ,  e  il  fuo  coloffo  di  Rodi  in  bronzo 
alto  70.  cubiti  .  Di  quello  abbiamo  detto 


qualche  cofa  alla  pag.  34.  not.  a.  ,  fecondo 
Filone  di  Bifanzio  ,  che  a  lungo  lo  delcrive 
come  una  delle  fette  maraviglie  del  mondo  , 
quale  è  detto  anche  da  Strabene  lib.  14. 
pag.  964.  B.  Vi  furono  impiegati  11.  anni  a 
farlo  .  Si  compì  nell’ olimpiade  cSxiv.  ,  o 
cxxv.  ;  e  dopo  56.  anni  rovinò  per  un  orri¬ 
bile  terremoto  .  I  pezzi  vi  fi  fono  confervati 
per  terra  fino  all’anno  rffj.  dell’era  criftiana , 
in  cui  dal  re  de’  Saraceni  Mauria  »  che  s  eia 
re  Co  padrone  dell’  itola  ,  venduti  furono  ad 
un  mercante  ebreo  ,  che  ne  caricò  900.  cam¬ 
melli  .  Veggaft  Plinio  lib. 34.  c.  7.  Jecl.  iS.  , 
e  ivi  l’Arduino  ,  e  Giunio  Cacai,  archit.  ec. 
pag.  co.  Serto  Empirico  Adv.  Mathem.  lib. 7. 
pag.i  ytf.  fcrive  ,  che  Carete  fi  uccidefie  dopo 
aver  impiegata  nei  foli  preparativi  la  fomma, 
che  avea  richierta  per  tutta  l’opera  . 


DA 


Alessandro  il  Grande  e  c. 


27? 


- - »gg  LIB.  X. 

CAP.  III. 

Capo  III. 

Fiorì  l’arte  in  Sicilia  ...  e  prejfo  i  re  di  Pergamo  -  Ri  forfè  in 
Grecia  dopo  la  lega  acbea  —  Artijìi  ...  e  monumenti  di  quel 
tempo  —  Torfo  di  "Belvedere  —  Ercole  Farnefe  —  Ricadde  l’arte  in 
Grecia  .  .  .  e  i  Romani  depredaronvi  le  migliori  opere  --  Vi  furo¬ 
no  però  degli  Jìranieri  che  v’  erfero  de’  nuovi  monumenti  —  Cad¬ 
de  pur  l’arte  in  Egitto  ...  e  in  Siria  —  Riforfe  per  poco  in  Gre¬ 
cia  .  .  .  ov’ebbe  l’ultimo  crollo  dalla  guerra  mitridatica  . 

^/lentre  l’arte  era  decaduta  in  Grecia,  e  n’ erano  avviliti  i  ^>°n  l’arte  in 
lavori  ,  fioriva  ella  tuttavia  fra  que’  Greci  che  dalla  patria  lo¬ 
ro  eranfi  trasferiti  in  Sicilia  ,  e  più  ancora  preflo  i  re  di  Bi- 
tinia  e  di  Pergamo  .  Sebbene  di  quello  fiore  dell’arte  in  Si¬ 
cilia  non  parlino  gli  antichi  fcrittori ,  pur  argomentar  lo  pof- 
fiamo  dai  belliffimi  impronti  delle  monete  di  quell’ifola  (a)  , 
ove  le  colonie  doriche  ,  capo  delle  quali  era  Siracufa  ,  fem- 
brano  aver  gareggiato  colle  joniche  ,  tra  le  quali  una  delle 
più  ragguardevoli  era  Leonzio  (4)  ,  a  chi  coniar  fapefle  più 
belle  monete  . 

jf.  1.  Io  parlo  qui  de’tempi  che  trafcorfero  tra  i  primi 
fucceflori  d’Aleflandro  fino  alla  conquida  di  Siracufa  fatta 
da’Romani  :  tempi  torbidi  e  miferi  per  quell’ifola  ,  altronde 
sì  favorita  dalla  natura  ;  onde  è  da  maravigliarli  che  in 
mezzo  a  guerre  continue  non  fianfi  Ipenti  colà  i  femi  ftellì 
delle  arti . 

jf.  2.  E’ noto  che  ne’ tempi  più  antichi,  fotto  i  re  di  Si¬ 
racufa  Gelone  ,  Jerone  ,  e  i  due  Dionisj  ,  ivi  l’arte  avea  gran¬ 
demente  fiorito,  e  non  v’era  allora  nelfuna  città  in  Sicilia, 
che  di  bei  monumenti  non  abbondale  ,  Le  porte  del  tempio 

M  m  2  di 

(a)  Y. Bianconi  Par.  int,  a  una  med.  di  Sirac,  ( a )  Thucyd.  lib. p.  cap.  $6.  pap.  zzi. 


LIB.  X. 
CAP.  III. 


276  Storia  delle  Arti 

=  di  Pallade  nella  mentovata  città  ,  incile  in  oro  ed  in  avo¬ 
rio  ,  erano  fuperiori  a  tutte  le  altre  opere  di  quello  gene¬ 
re  (a)  . 

_(f.  3.  Non  ottanti  le  miferie  de’  tempi  e  le  ottinate  guer¬ 
re  fottenute  dai  Siciliani  ,  principalmente  contro  Cartagine  , 
furonvi  Tempre  in  Siracufa  de’  grandi  ardili  ,  come  fede  ne 
fanno  le  belle  monete  argentee  d’Agatocle ,  che  da  un  lato 
hanno  una  tetta  di  Proferpina ,  e  dall’altro  una  Vittoria  che 
adatta  l’elmo  fu  un  trofeo  .  Ciò  che  qui  deve  forprenderci 
fi  è  il  vedere  l’arte  fiorente  lotto  il  difpotifmo  tirannico  ;  ma 
trovali  la  ragione  di  quello  paradotto  ,  fe  ci  rammentiamo 
che  Agatocle  era  fiato  vafajo  (a)  ,  onde  avrà  probabilmente 
in  fua  giovinezza  ,  nello  lludiare  l’arte  di  foggiare  e  dipin¬ 
gere  i  vali  ,  apprefo  pure  il  difegno  ;  e  fatto  re  avrà  ,  per 
un’inclinazione  prefa  ne’  primi  anni  ,  protette  le  arti  che  dal 
difegno  dipendono  ,  e  favoriti  gli  ardili .  Fra  le  altre  opere 
fece  dipingere  una  battaglia  datali  dalla  fua  cavalleria,  men¬ 
tre  egli  n’era  alla  tetta,  e  appender  ne  fece  nel  mentovato 
tempio  di  Pallade  il  quadro  ,  che  fu  in  feguito  fommamen- 
te  pregiato  ;  e  perciò  da  Marcello  ,  nel  Taccheggio  che  fece 
di  Siracufa  ,  lafciatovi  unitamente  ad  altri  monumenti  più  cari 
ai  cittadini ,  affine  di  guadagnacene  la  benevolenza  (b)  . 

jf.  4.  Jerone  li.,  fuccettbre  d’Agatocle,  fu  da  femplice 
cittadino  eletto  e  chiamato  al  trono  di  comune  confenfo  nell 
olimpiade  cxxvn.  (c)  .  Le  grandi  forze  di  terra  e  di  mare , 
che  egli  teneva  in  piedi  per  la  ficurezza  della  Sicilia ,  vi  man- 

ten- 


(a)  Cicer.  in  Verr.  a  fi.  2.  lib.  4.  cap.  $6. 

(a)  Ateneo  l.i  0 .  c.g. p.  466.  princ. ,  Ara- 
miano  Marcellino  lib.  1 4.  in  fine;  ed  era  figlio 
di  vafajo  .  Vedali  Tom.  l.p  zzi .  nota  1. 

(b)  Erano  più  quadri ,  che  poi  furono  por¬ 
lati  a  Roma  da  Verre  .  Cicerone  toc.  eie. 

tap.  jj. 

(c)  Anno  ni.  come  oflerva  il  Cafaubono 
Hijl,  Pp/yb,  synops.  chrortolog.  pag.  ioji.; 


o  piuttofto  ,  fecondo  la  ferie  de' vincitori  o- 
limpici  allo  Radio  ,  nell’anno  il.  del]  olim¬ 
piade  cxxvi.  ,  in  cui  vinte  Idèo  ,  orna  Ni- 
catore  ,  di  Cirene  ,  come  dice  anche  Paufa, 
nia  lib.  6.  cap.  1  z.  pag.  479 -  ,  ove  per  erro¬ 
re  dell'antico  amanuenfe  leggefi  cxx.  Vegg. 
Corfini  Fajli  atc.  olymp.  cxxvi.  Tom. Ir. 
pag.  S  3. 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  277 

tennero  durante  il  Tuo  regno  una  tranquillità,  da  cui  l’arte  ===== 
ebbe  quali  una  nuova,  vita  .  Delle  idee  grandiofe  di  quello  LI3-X 

...  ..  ....  CAP.  11 

re  ne  abbiamo  un  argomento  nella  gran  nave  di  venti  ordini 
di  remi  a  ciafcun  lato  fatta  da  lui  collruire  ,  la  quale  più 
ad  un  vallo  palazzo  che  ad  una  nave  era  limile  ,  poiché  con¬ 
teneva  acquedotti ,  giardini  ,  bagni ,  e  tempj  ,  ed  una  camera 
fra  le  altre  v’era  col  pavimento  a  mufaico  ,  in  cui  tutta  ve- 
deali  rapprefentata  l’Iliade  :  e  tal  opera  ,  nella  quale  impie¬ 
gati  furono  300.  artefici,  è  Hata  efeguita  in  un  anno  folo  . 

Molino  egli  altresì  la  grandezza  del  fuo  animo  e  delle  fue 
forze,  mandando  a’ Romani  ne’ tempi  per  loro  aliai  difficili 
per  le  frequenti  fcotffitte  ricevute  da  Annibaie  ,  una  flotta 
con  abbondante  provigione  di  grano  ,  oltre  un  limulacro  del¬ 
la  Vittoria  in  oro  ,  che  pefava  trecento  venti  libbre  .  E’  da 
notarli  che  il  Senato  accettò  allora  tai  doni  (a)  ,  febbene  al¬ 
tre  volte ,  ridotto  a  maggiori  flrettezze  ,  di  quaranta  auree 
patere  prefentategli  dagl’  inviati  della  città  di  Napoli  ,  una 
fola  e  la  più  leggera  n’avefle  ritenuta  (b)  ,  e  tutte  avelie  ri¬ 
mandate  generofamente  con  molti  ringraziamenti  quelle  che 
mandate  aveagli  la  città  di  Pefto  nella  Lucania  (c)  (*)  .  Que¬ 
lli  tratti  llorici  io  qui  apporto  come  appartenenti  in  qualche 
modo  all’arte ,  eflendo  ben  probabile  che  tutti  que’  vali ,  ol¬ 
tre  il  pregio  del  metallo  ,  un  altro  ne  avellerò  per  la  finez¬ 
za  del  lavoro  .  Terminò  quello  re  fortunato  la  gloriofa  fua 
carriera  dopo  novantanni  di  vita  ,  e  fettanta  (a)  di  regno  , 
nell’olimpiade  cxli.  Nell’anno  primo  dell’olimpiade  fagliente 
eflendo  flato  Jeronimo  ,  fuo  indegno  nipote  e  fucceflore  (b)  , 

tru¬ 
ffi  ^'.v'  ,22-  caP ■  22 •  n-  37'  fano  ,  che  coronava  quello  di  Rodi .  Egli  a- 

hivj  caP-  20 •  n-  32-  mico  e  parente  d'Archimede  lo  induile  ad 

yj  » „  eaP'  z}  '  n\  .*?•  -  applicare  la  geometria  alla  meccanica  . 

v  )  ^  r*- odi ,  che  emetto  aveagli  foccorfo  ,  (a)  Cinquantaquattro  . 

Jerone  non  tolo  mandò  vettovaglie  e  armi,  (b)  Polibio  Excerpta  legat.  n.  I.  pag.y  8 
mi  rcce  in  oltre  collocare  in  una  (uà  piazza  e  ivi  Caiaubono  loc.  eit.  pug.  1060% 
delle  ftatuc  rapprelentanti  il  popolo  Siracu- 


LIB.  X. 
CAP.  III. 


...  e  predo 
i  re  di  Perga¬ 
mo  . 


278  Storia  delle  Arti 

trucidato  con  tutta  la  reai  famiglia ,  i  capi  della  fazione  fi 
unirono  ai  Cartaginefi  ;  il  che  diede  occafione  a  Marcello 
d’invadere  quella  città  e  devaflarla  (a)  ,  come  fi  dirà  in  fine 
di  quello  Libro  . 

$.  5-  Fra  i  protettori  dell’arte  a  quelli  tempi  annoverarli 
denno  due  re  di  Pergamo  ,  Attalo  li.  ed  Eumene  li.  fuo 
fratello  e  predeceflore  (b)  .  Quelli  due  principi  ,  cui  la  fag- 
gezza  e  l’amore  pe’  fudditi  renderono  immortali ,  d’una  pic¬ 
cola  provincia  ne  fecero  un  regno  poflente  ,  e  tante  ricchez¬ 
ze  ammalTarono  ,  che  le  dovizie  attaliche  pafìarono  pofcia 
in  proverbio  (c)  .  Cercarono  amendue  di  guadagnarli  l’amo¬ 
re  e  la  liima  de’  Greci  colla  liberalità  ;  ed  Attalo  fra  le  al¬ 
tre  cole  fabbricò  prelfo  all’Accademia  d’Atene  un  giardino 
al  filofofo  Lacide  ,  capo  della  nuova  fetta  accademica  (a)  , 
in  cui  tranquillamente  viver  potefie  ed  infegnare  .  Molte  gre¬ 
che  città  provarono  gli  effetti  di  fua  beneficenza,  eSicione 
fra  quelle  fecegli  in  riconofcenza  ergere  nella  pubblica  piaz¬ 
za  una  llatua  cololfale  preflo  quella  d’Apollo  (b)  .  Al  pari 
d’Attalo  avea  faputo  meritarli  Eumene  l’amor  de’  Greci  ,  on¬ 
de  molte  città  del  Peloponnefo  gli  erefiero  delle  llatue  (r)  . 

jf.  6.  Mirando  que’  fovrani  al  vantaggio  e  alla  gloria  de’ 
loro  fiati ,  fu  il  primo  loro  penfiere  d’invitarvi  e  protegger¬ 
vi  le  lcienze .  A  tal  fine  formoli}  in  Pergamo  una  collezio¬ 
ne  numerofifiìma  di  libri ,  defiinata  all’ufo  pubblico  ,  e  tale 
che  Plinio  dubitava  fe  fi  folle  dovuta  preferire  alla  bibliote¬ 
ca  Aleflandrina  eretta  al  tempo  ftefib  fulla  medefima  idea  fi/) . 
Grandi  filma  era  la  follecitudine  de’  letterati  sì  d’Aleflandria 
che  di  Pergamo  per  raccogliere  i  libri  migliori  ,  e  sì  libe- 

ral- 

(a)  Li v.  Uè.  24.  e.  2,  n.  4.  y, ,  c.i  1 .  fegg.  ( c )  ìbìd.  lib. 27.  Vag • 1 3 2-  t  che  poi  voleva- 

Cb)  Strabone  lib.  1 3.  pag.  92.7.  feg.  no  atterrare  . 

(c)  Collant. Porfirog.  Excerpta  Polyb.  pag.  ( d )  lib.  g 7.  cap.  2.  JeH.  2.  [  Dice  che  gareg- 

i67.  e  i6S.  giarono  que' due  fovrani  d'Egitto  ,  e  di  Perga- 

(u)  Laert. /tà.  4.  (egra.  6  o.p.26  2.  Tom.  I.  mo  per  fare  una  più  bella  libreria  ;  echenòn 
Conitene.  Porpnyrog.  Excerpta  Polyb.  lapeva  fe  delTì  follerò  (lati  t  primi  a  darne  il 
lib.  1 7 ,  pag.  97,  comodo  al  pubblico . 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  279 

Talmente  pagavanJi ,  che  allora  per  la  prima  volta  viderfi  de- 
gl’impoftori  feri  ver  de’  libri  (otto  il  fallo  nome  d’antichi  ce¬ 
lebri  fc  ritto  ri  (a)  ;  e  poiché  Tolomeo  Filadelfo  ,  per  gelofìa 
di  gloria  in  tale  imprefa  ,  vietato  aveva  di  trafportare  fuori 
d’Egitto  il  papiro,  allor  necelìario  pe’ libri  ,  fi  trovò  a  Per¬ 
gamo  l’arte  di  preparare  a  tal  uopo  la  pelle  d’agnello  ,  che 
quindi  ebbe  il  nome  di  pergamena  (b)  . 

$•  7.  All  amore  di  que’  re  per  le  feienze  congiunta  era 
una  grande  inclinazione  per  le  arti ,  onde  fen  fecero  trafpor- 
tar  dalla  Grecia  de’  celebri  monumenti  ;  e  vedeanfi  a  Perga¬ 
mo  i  due  famofi  lottatori ,  lavoro  di  Cefissodoro  figliuolo 
di  Prassitele  (c)  ,  e  il  quadro  d’AnoLLODORo  rapprefen tante 
Ajace  fulminato  (  Ajax  fulmine  incenfus  )  (d)  :  cioè  quell’eroe 
quando  in  un  naufragio  fufcitatogli  da  Pallade  fi  falvò  fu  uno 
fcoglio  ,  daddove  continuava  a  vilipender  gli  dei ,  e  ad  efcla- 
mare  che ,  malgrado  il  voler  loro  farebbe!!  falvato  ;  onde 
fu  con  un  fulmine  incenerito  .  Lo  iteffo  avvenimento  rappre- 
fentafi  fu  un  antica  gemma  inc'ifa  (e)  .  Quella  pittura  farà 
fenza  dubbio  Hata  pagata  cori  quella  regia  munificenza  con 
cui  Atta  lo  pagò  cen/co  talenti  un  quadro  del  celebre  Aristi¬ 
de  ,  rappref^utar/ce  un  Ammalato  (/)  . 

8.  Fra  gli  artilli ,  che  alla  corte  dei  mentovati  re  fio¬ 
rirono  ,  quattro  fcultori  ne  rammenta  Plinio  ,  cioè  Isigono  , 
Piromaco  ,  Stratonico  ,  ed  Antigono  ,  i  cui  fcritti  fopra  le 
arti  erano  molto  pregiati  ;  e  foggiunge  che  molti  pittori  rap- 
prefentate  aveano  le-  famofe  feonfitte  date  dai  due  mento¬ 
vati  re  ai  Galli  nella  Milla  (g)  .  Ci  parla  altresì  diSoso,  ce¬ 
lebre  pe’  lavori  a  mufaico  ,  il  quale  ne  fece  uno  in  Pergamo 
a  varj  colori  rapprefentante  gli  avanzi  d’una  cena  fparfi  per 

ter- 


LIR7X. 
CAP.  III. 


(a)  Galen.  in  Hippocr.  de  Nat.  hom.  com-  quale  fi  è  parlato  qui  avanti pag.  223. 
mene.  1.  in  fine  ,  &  conimene.  2.  procem.  oper.  (d)  idem  hb.  35.  cap.  p.feiì.  36.  §.  /. 
Tom.  ni.  pag.i  27 .  feg.  (e)  Monum.  ant.  ined.  num.  14.2. 

(£)  Plin .  lib.t  3.  cap.i  1 .  feti.  21 .  (/)  Plin.  Hb.  3  3.  c.i  o.feft.  36.  i.ip. 

(c)  idem  lib.  36,  cap.  f.  feci,  4.  §.  6.  [Del  (g)  id.  lib.  3  4.,  cap.  8.  feci.  1 9.  §.24- 


28o  Storia  delle  Arti 

=====  terra  colle  (pazzature  della  danza  ;  onde  quell’opera  chiama- 
lib.  x.  ya^  ào-ctpuToi;  oìx.o<;  (  la  cafa  non  fpazzata  )  .  Nel  medesimo 
gap.  in.  pavjmento  }  e  probabilmente  nel  mezzo  ,  v’era  una  colomba 
che  beveva  ad  una  tazza  ,  e  vedeafene  l’ombra  nell’acqua  , 
mentre  altre  colombe  fuH’orlo  della  tazza  medefima  pareano 
dender  le  ali  al  fole  e  ripulirli  col  becco  (a).  E’  flato  difotter- 
rato  nella  villa  d’Adriano  a  Tivoli  un  mufaico  rapprefentante 
il  medelimo  (oggetto  ,  ed  alcuni  vogliono  che  fia  lo  Hello 
ivi  per  ordine  dell’imperatore  trafportato  da  Pergamo  ;  ma 
io  molto  ne  dubito  ,  e  addurronne  altrove  le  ragioni  (a)  . 

jf.  9.  Poiché  allora  l’alto  prezzo  ,  a  cui  pagavanli  gli  an¬ 
tichi  libri  ,  indurle  gì’impollori  ad  attribuire  a  celebri  Icrit- 
tóri  le  opere  proprie  ;  ragionevole  fofpetto  nafcer  dee  che 
per  la  ragion  medefima  gli  attilli  vendelPero  i  loro  lavori  (ot¬ 
to  il  nome  de’  gran  maeftri  de’  bei  tempi  dell’arte  .  Di  tale 
impodura  diffatti  ne  abbiamo  tuttora  le  prove  (ott’ occhio, 
come  s’è  già  detto  altrove  (e)  .  E’  pur  verofimile  che  comin¬ 
ciale  allora  il  tempo  de’ copilli ,  opera  de’ quali  (ono  que 
molti  Satiri  (c)  editamente  fra  di  loro  (omiglievoli  ,  che  ci 
(ono  rellati ,  e  che  creder  deggiamo  copie  del  celebre  Satiro 
di  Prassitele  .  Lo  IteiTo  dicali  di  parecchie  altre  figure  che 
lavorate  (corgonfi  (ul  medefimo  modello  ,  quali  (ono  ,  a  ca- 
gion  d’e(empio  ,  due  Sileni  con  Bacco  ancor  fanciullo  (rale 
braccia  ,  nel  palazzo  Ru(poli  ,  limili  interamente  al  famo(o 
Sileno  della  villa  Borghe(e  ;  e  le  varie  figure  dell  Apollo 
Sauroftono ,  copie  (enza  dubbio  di  quello  di  Prassitele  ,  che 
era  celebre  (otto  quello  nome  (u)  .  Sono  pur  note  le  molte 
Veneri  mede  nella  llelfa  politura  di  quella  del  medefimo 

(cul¬ 


la)  Plin.  lib.36.  cap.  24.  feci  60. 

(a)  Vegg.  appreso  al  Libro  XII.  Capo  I. 
§.  S.  efegg. 

(b)  Vcgg.  qui  avanti  pag.  24.0. 

(c)  Vegg.  Tom.  I.  pag.  zpz.  noe .  A. 

(d)  Vegg.  qui  avanti  pag.  22 3.  Così  fi  dica 


delle  tante  copie  del  famofo  Difcobolo  di  Mi- 
rone  ,  delle  quali  abbiamo  parlato  fopra  alla 
pagina  213.  L’ impoliura  pero  non  poteva 
aver  luogo  nè  in  quelle ,  nè  in  quelle  di 
Traditele  ,  che  fono  in  maimo  >  ellendone 
Rati  gli  originali  in  bronzo . 


LIB.  X. 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  28 1 

fcultore  (a)  ;  e  parecchie  pur  fono  Je  figure  d’ApoIlo  col 
cigno  ai  piedi ,  e  col  braccio  poiato  fui  capo  (n)  . 

jf.  io.  Dalla  Sicilia  e  da  Pergamo  ritorniamo  or  alla 
Grecia,  ove  eflendo  celiate  le  ollilità  ,  l’arte  quali  riforta  nuo¬ 
vamente  ci  fi  prefenta  .  Poiché  la  guerra  diftruggitrice  ave¬ 
va  indebolite  ambe  le  parti  ,  gli  Etolj  bifpgnofi  d’ajuto  con¬ 
tro  gli  Achei  invitarono  i  Romani  ,  che  allora  mifero  piede 
in  Grecia  per  la  prima  volta  .  Ma  poiché  gli  Achei  uniti  ai 
Macedoni  fiotto  la  condotta  di  Filopemene  riportarono  un’ 
infigne  vittoria  contro  degli  Etolj  e  de’  loro  alleati  ,  i  Ro¬ 
mani  meglio  informati  degli  affari  della  Grecia  ,  abbandonan¬ 
do  coloro  che  aveanli  chiamati  ,  fi  pofiero  dalla  parte  de’vin- 
citori ,  de’  quali  migliori  erano  le  circoltanze  ,  e  con  loro 
uniti  efipugnarono  Corinto,  e’1  re  de’ Macedoni  Filippo  feon- 
filfiero  .  Quella  vittoria  produlfie  un  celebre  trattato  di  pace 
le  cui  condizioni  ,  laficiate  all’  arbitrio  de’  Romani  ,  furono 
che  il  re  avrebbe  abbandonate  tutte  le  piazze  che  occupate 
avea  nella  Grecia,  ritirandone  le  guarnigioni  prima  de’giuo- 
chi  illmici  (c)  .  In  tali  circollanze  il  cuor  de' Romani  fi  ino¬ 
ltrò  lenfibile  per  la  libertà  di  un’ellera  nazione  ;  e’1  procon- 
fole  T.  Quinzio  Flaminino  ebbe  nell’anno  fiuo  trentefimoter- 
zo  la  gloria  di  dichiarare  i  Greci  per  un  popolo  libero  ,  il 
che  gli  meritò  poco  meno  che  le  adorazioni  di  quelle  gen¬ 
ti  (d)  . 

Tom.  II.  N  n  jf.  1 1 .  Av« 


(a)  Vuol  intendere  di  quella  de’ Medici  a 
Firenze  ;  ma  più  volte  abbiamo  detto  ,  che 
le  copie  di  quella  di  Gnido  ftanno  nel  Mufeo 
Pio-Clemcntino  ,  e  tre  ve  ne  fono  .  Veggah 
qui  avanti  pag.  ipz.not.  a. 

(b)  Vedi 1  Tomo  I.  pag.  300.  §.  io.  Dionifio 
d’Alicarnallo  ,  fri  gli  altri  fcrittori ,  De  Di- 
narcho  judic.  n.  7.  oper.  Tom.  il.  pag.  1X3. 
parla  ,  per  modo  di  elempio  ,  delle  copie  del¬ 
le  opere  di  Fidia  ,  di  Policleto ,  e  d'Apelle  ; 
dando  due  regole  per  diftinguerle  dagli  ori¬ 
ginali  :  la  prima  ,  che  ripete  nell'altra  opera 


De  admir.  vi  die.  in  Demoflh.  c.po.  Tom. il. 
pag.  314.  ,  è  uno  ftudio  grande  ,  c  una  gran 
pratica  dello  Itile  dell  artilta  ,  di  cui  voglioufi 
conofcere  le  opere  :  l'altra  fi  è  ,  che  gli  ori¬ 
ginali  hanno  fempre  una  certa  grazia  ,  e  vc- 
nuftà  naturale  ;  all'oppofto  le  copie ,  quan¬ 
tunque  fiano  per  quanto  è  poffibile  imitate  , 
hanno  Tempre  un  non  fo  che  di  non  natu¬ 
rale  ,  e  affettato  . 

(c)  Polibio  Excerpu  legai,  n.  IX.  p.  79  f. 
fegg.  ,  Livio  lib.  33.  cap.i  9.  n.  30. 

(d)  Livio  loc.  cit.  cap.  zt.  n.  3 z. 


CAP.  IH. 
Riforfc  in 
Grecia  dopa 
la  Lega  *- 
chea . 


LIB.  X. 
CAP.  III. 


Artifli . . . 


282  Storia  delle  Arti 

jf.  11.  Avvenne  ciò  nell’anno  quarto  dell’ olimpiade 
cxlv.  (a)  ,  cioè  194.  anni  avanti  l’era  criftiana  (b)  ,  ed  è  pro¬ 
babile  che  quella  olimpiade  avelie  di  mira  Plinio  ,  quando 
parlò  del  riforgimento  delle  arti  (*)  ,  anziché  la  cencinquan- 
telìmaquinta  ,  in  cui  i  Romani  erano  tornati  in  Grecia  co¬ 
me  nemici  :  ognuno  ben  comprende  che  per  richiamare  le 
arti  a  vita  vi  vuole  un  particolare  concorfo  di  favorevoli  cir- 
coftanze  ,  anziché  i  tempi  torbidi  e  miferi  della  guerra  . 

jf.  12.  In  tale  riforgimento  delle  arti  ira  gli  Tenitori  lì 
renderono  celebri  Anteo,  Callistrato  ,  Policle  ,  Ateneo, 
Callisseno  ,  Pitocle  ,  Pitia  ,  Timocle  ,  e  Metrodoro  pit¬ 
tore  inlìeme  e  lìlofofo  ,  i  quali  però  vengono  fumati  da  Pn- 
nio  molto  inferiori  per  merito  agli  artilìi  precedenti  (c)  .  E’ 
quella  ,  a  propriamente  parlare,  l’ultima  età  dell’arte  greca, 
jf.  13.  A  quelli  tempi,  a  mio  credere,  dee  fiffarfi  Apol- 
tempo .  lonio  figliuolo  di  Neftore  ateniefe  Tenitore  del  Torfo  di  Bel- 
Totfo  di  Bel-  vedere  ,  cioè  dell’  Ercole  tranquillo  e  deificato  ,  di  cui  non 
ci  è  rimallo  che  il  torfo  .  E’  certo  almeno  che  tal  opera  è 
fiata  fatta  qualche  tempo  dopo  Alelìandro  ,  e  lo  argomento 
dall’omega  fi  in  quella  forma  a  nel  nome  dell’artilla  :  for¬ 
ma  che  non  trovali  mai  data  a  quella  lettera  prima  d’Alelfan- 
dro  ,  e  comincia  folo  a  rifeontrarfi  fiulle  monete  dei  re  di  Si¬ 
ria  .  Il  più  antico  monumento  dell’arte  fu  cui  fi  vede  quell 
omeca  è  un  bel  vaio  di  bronzo  fcanalato  trovato  nel  porto 

d’An- 


...  e  monu¬ 
menti  di  quel 


(a)  Cafaub.  Hift.  Polyb.  synops.  chronol. 

pag.  1 066.  Secondo  loffervazione  del  Padre 
Corfini  Fajli  att.  Tom.  IV ’.  pag.  1  si .  fareb¬ 
be  l’anno  1.  dell'  olimpiade  ex  evi.  ,  di  Ro¬ 
ma  .  , 

(b)  Sarebbero  196.  anni ,  o  197.  fecondo  la 
detta  ofiervazione  di  Corfini  ;  poiché  Gesù 
Crifto  nacque  nell’ anno  iv.  dell'olimpiade 
cxciv.  ,  nell'anno  di  Roma  753.  Vedati  lo 
fleffo  Corfini  loc.  eie.  olymp.  cxcv.p.14-6. 

(*)  Cejfavit  deinde  ars  ,  ac  rurfum  olym- 
piade  centefima  quinqnagefima  quinta  revixit, 
lib.  34..  cap.  8.Je&.  ig.  §.  /. 

(c)  Plinio  Loc.  eie.  non  parla  di  Metrodoro  3 


ma  bensì  lib.  ij.  cap.u.  ftB.  40.  §•  3°- ■  * 
ave  dice ,  che  fu  dato  a  P.  Ermlio  dagli  Ate- 
iiieh  per  ornare  di  pitture  il  di  lui  trionro  per 
la  vittoria  contro  Perfeo  ultimo  re  di  Mace¬ 
donia  ,  di  cui  fi  è  parlato  qui  avanti  p.i  60.  ; 
eficcome  quella  vittoria  fu  riportata  nell  o- 
limpiade  clii.  anno  ìv.  lecondo  Calaubono 
l.cit .  pag.  107 q.  ,  ovvero  nella  cliii.  anno  1. 
fecondo  Corfini  parimente  l.cit.  pag. 1 0  f., 
l’anno  di  Roma  384-  3  Metrodoro  fi  dovreb¬ 
be  collocare  fette  olimpiadi ,  o  fiano  veutott 
inni  dopo  l’epoca  ,  che  vorrebbe  Winkel- 
mann  . 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  283 

d’Anzio  ,  ed  difterite  ora  nel  mufeo  Capitolino  (a)  .  Dall’ifcri- 
zione  portavi  full’orlo  rilevart  che  dono  forte  di  Mitridate  Eu- 
patore  ,  ultimo  e  celebre  re  di  Ponto  ,  fatto  ad  un  ginnafìo  , 
poiché  ufavafi  allora  di  ornare  tai  luoghi  con  de’  vali  ( a )  . 
Oltre  quefta  ifcrizione  vi  rt  leggono  in  carattere  piccolo  e 
corfivo  le  parole  tt/Qa.  Sict<rn>£t  (b)  finor  non  intefe  ,  e  che 
probabilmente  denno  così  compirli  eJtpaAapoz  Staraci  (  man- 
tienlo  pulito),  poiché  la  voce  tvtyctXapov  trovali  adoperata 
per  indicare  il  pulimento  dato  ai  lucenti  arneli  de’cavalli  ( b )  . 

jf.  14.  In  quella  sì  mutilata  llatua  ,  mancante  di  tefta  , 
di  mani  ,  e  di  gambe  ,  coloro  che  penetrar  lanno  i  fegreti  dell’ 
arte,  fcorgono  tuttora  un  chiaro  raggio  dell’antica  bellezza. 
L’artirta  ha  effigiata  in  quell’  Ercole  la  più  fublime  idea  d’un 
corpo  follevatolì  fovra  la  natura  ,  e  d’un  uomo  nell’età  per¬ 
fetta  inalzatoli  al  grado  di  quella  privazion  de’bifogni  che 
è  propria  degli  dei  .  Ercole  qui  rapprefentalì  quale  erter  do¬ 
veva  allorché  li  purificò  col  fuoco  da  tutte  le  umane  debo¬ 
lezze  ,  e  fatto  immortale  ottenne  di  feder  fra  gli  dei  ,  quale 
dipinto  avealo  Artimone  ( c )  .  Egli  è  efpreflo  fenza  la  necef- 
fità  di  nutrirli  e  di  oltre  ufar  delle  forze  ,  poiché  non  fe 
gli  veggono  le  vene  ,  e  ’l  ventre  fembra  fatollo  fenza  aver 
prefo  cibo  .  Aver  dovea ,  come  giudicar  li  può  da  quel  che 
rimane  ,  la  delira  pofata  fui  capo  per  indicarne  il  ripofo  dopo 
tutte  le  fue  fatiche  ;  e  in  tal  politura  li  vede  fu  una  gran  tazza 
di  marmo  ,  e  fui  celebre  baffo-rilievo  della  fua  efpiazione  ed 
apoteofi  ,  ove  leggeli  l’epigrafe  HPAKAH2  ANAIIAYOME- 
N02  (  Ercole  ripolanteli  )  .  Àmendue  quelli  monumenti  tro- 
vanrt  nella  villa  Albani  (c)  *  La  terta  aver  dovea  lo  fguardo 

N  n  2  rivol- 


LIB.  X. 

cap.  tir, 


(a)  Illuftrato  dal  P.  Corlìni  .  Lo  dà  anche  prelim.  ai  Mon.  ant.  Cap.  IX.  p.  LXXXIX. 

Bonari  Muf.  Cap.  Tom.  I.  infine  ,  pag.  48. ,  (£)  Efych.  in  T  EÌ?S 

ove  è  (corretta  l' ifcrizione  feguente  .  contratto  da  tinaia  ,  fenza  fupplirlo  fignifica 

00  Polyb.  lib.  p.  pag.  4.29.  C.  ben  lucente ,  da  iO  e  fa»-  ,  come  ec. 

(b)  £V4>A  AIAòcAjZS  Così  fono  formate;  (c)  piin.  lib.  3  y.  cap.  1 1  .feci.  40.  §.  42. 

e  in  caratteri  majufcoli  le  dà  l'Autore  Trace.  (c)  Vedi  qui  avanti  pag.  216.  Nel  gabinec- 


LIB.  X. 
CAP.  III. 


Ercole  Far¬ 
ri  efc . 


284  Storia  delle  Arti 

!  rivolto  in  alto  ,  qual  fi  conveniva  all’eroe  che  meditava  con¬ 
tento  Tulle  compiute  grandi  imprefe  ,  e  appunto  curvato  n’è 
il  dorfo  come  d’uomo  meditabondo  (*)  .  Il  petto  maeflofa- 
mente  elevato  ci  richiama  l’idea  di  quello  contro  cui  com¬ 
preso  perì  il  gigante  Anteo  ;  e  nella  lunghezza  e  forza  delle 
cofce  ravvifìamo  T  iftancabile  eroe ,  che  la  cerva  fornita  di 
piedi  di  bronzo  infeguì  e  raggiunfe  ,  e  fcorrendo  immenfe 
terre  pervenne  fino  ai  confini  del  mondo  .  Ivi  ammirar  deve 
1  artefice  nei  contorni  del  corpo  la  morbidezza  delle  forme  , 
il  dolce  loro  paflaggio  da  una  all’altra  ,  e  i  tratti  quafi  mo- 
ventifì  ,  che  con  un  molle  ondeggiamento  fi  follevano  e  fi 
abbafla.no  ,  e  l’un  nell’altro  infenfibilmente  fi  perdono  .  Tro¬ 
verà  il  difegnatore  che  ,  nel  volerlo  copiare  ,  non  può  mai 
aflìcurarfi  della  dirittura  e  corrifpondenza  delle  parti ,  poiché 
il  moto,  con  cui  s’immagina  di  coglierla  ,  fe  ne  allontana 
infenfibilmente,  e  prendendo  un’altra  piega  inganna  del  pari 
l’occhio  e  la  mano  .  Le  offa  fembrano  d’una  pingue  cute  ri¬ 
coperte ,  carnofi  fono  i  mufcoli  ,  ma  fenza  una  fuperflua  pin¬ 
guedine  ;  e  la  carnofità  è  sì  bene  equilibrata  che  l’eguale  non 
trovali  in  neflun’altra  figura  .  Dir  potrebbefi  che  quell’  Erco¬ 
le  s’avvicina  ancor  più  che  l’Apollo  ai  tempi  floridi  dello  Itile 
fublime  dell’arte  (**)  . 

jf.  ij.  Le  proprietà  da  me  indicate  nel  Torfo  di  Belve¬ 
dere  meglio  ancor  fi  ravvifano  ,  fe  quello  fi  confronti  con 

altre 

io  reale  di  Francia  vi  fono  due  gemme  ri-  Cabin .  des  Jtngular .  d!  architeli.  &c.  Tom.  I . 
portate  da  Mariette  Traiti  des  pierr.  grav.  p.18.,  che  chiama  Erodoto  di  Sicione  1  au- 
Torn.il.  pi.  LXXX1 V.  c  LXXXV ove  tore  del  Torfo  di  Belvedere  .  Paufama  fa 
Ercole  è  fedente  ,  e  pare  abbia  qualche  forni-  bensì  menzione  di  certo  Erodoto  d'  Olinto  , 
glianza  coiraiteggiamento  ,  che  poteva  ave-  ma  tra  i  celebri  (cultori  non  trovali  mai  no- 
re  1’ Ercole  del  Torfo  .  minato  un  Erodoto  di  Sicione.  Il  medefìmo 

.  (*)  Non  può  quefV  attitudine  farlo  ere-  fcrittor  francefe  parla  d’  un  torfo  femminile  , 
dere  un  Ercole  che  fila  ;  nè  fo  ove  Batteux  attribuito  da  lui  al  medefìmo  fcultore  ,  e  det- 
Princìpes  de  litterat.  Tom.  I.  prém.  part.  to  il  piti  bello  òi  quanto  fi  vede  fra  gli  anti- 
thap.  4.  pag.  J7.  abbia  letto  che  tale  n’era  chi  monumenti  dell’arte  5  ma  quello  e  a  me 
flato  giudicato  l’atteggiamento  da  Raffaello  .  ignoto  .  Un  altro  fcrittore ,  DemontioL 
[Non  dice  l’autore  di  quella  opinione  5  e  la  fculpt.  antiq.  pag.i  2. ,  vuole  che  lo  fieno 
Raffaello  lo  nomina  ad  altro  proposto  .  Apollonio  ,  oltre  il  Torfo  ,  abbia  lavorata 

(**)  V’  ha  degli  abbagli  che  meritano  ap-  Dirce  ,  Zeto  ,  ed  Anfione  del  mentovato  To^ 
pena  d’effer  notati .  Tal  è  quel  di  le  Comte  ro  Farnefe  5  il  che  è  falfo  » 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  28J 

altre  ftatue  del  medefimo  eroe  ,  e  principalmente  col  famofo  : 
Ercole  Farnefe  ,  opera  di  Glicone  (a)  .  In  quella  fiatila  egli 
è  rapprelentato  quieto  e  fermo  ,  ma  nel  mezzo  delle  fue  fati¬ 
che  ,  con  vene  gonfie  e  con  forti  mufcoli ,  che  inoltrano  un’ 
elalticità  non  ordinaria  ;  onde  ci  pare  di  vederlo  rifcaldato 
ed  anfante  ripofarfi  dopo  l’imprefa  dell’orto  delle  Efperidi ,  il 
cui  pomo  tiene  ancor  nella  mano  .  Glicone  in  quell’opera 
non  fu  men  poeta  che  Apollonio  ,  e  follevollì  fopra  le  for¬ 
me  deU’umana  natura  ne’  mufcoli  difpolti  a  foggia  di  colli¬ 
nette  che  da  prelTo  fuccedonfi  :  ivi  fi  propofe  d’efprimere 
l’elaterio  delle  fibre  ,  e  rillringendole  inoltrarle  tefe  a  guifa 
d’un  arco  .  Tali  rifieffioni  devono  farli  nell’efaminare  quell’ 
Ercole  ,  ed  allora  non  fi  prenderà  per  uiTampollofità  lo  fpi- 
rito  poetico  dello  fcultore  ,  nè  la  forza  ideale  per  un’  ardi¬ 
tezza  eccellìva  ;  poiché  a  lui  ,  che  feppe  efeguire  sì  bell’ope¬ 
ra  ,  fi  poflono  fenza  efitare  attribuire  tali  ville  .  VeggaG  a 
quello  propolìto  ciò  che  s’è  detto  altrove  (b)  intorno  alla 
proporzione  tra  la  telta  e’1  corpo  di  quella  ltatua  ,  e  lo  Itef- 
fo  fi  applichi  alla  ltatua  d’Èrcole  in  bronzo  efiltente  nel  Cam¬ 
pidoglio  (c)  ,  la  cui  telta  è  proporzionatamente  ancor  più 
piccola  .  Dello  fcultore  Glicone  non  ci  hanno  gli  antichi  tra¬ 
mandata  nelfuna  notizia  ;  e  prende  abbaglio  du  Bos  (a)  ,  pre¬ 
tendendo  che  Plinio  parli  della  di  lui  opera  con  lode  (d)  . 
Dall’ifcrittovi  nome  folo  polliamo  inferire  che  Glicone  non 

folte 

(a)  Vegg.  la  Tav.  VII.  in  fine  del  Tomo  .  Una  congettura  per  confermare  l’opinione 

(b)  Lio.  V .  Capo  VI.  pag.  3q2.  del  noftro  Autore  potrebbe  ricavarli  da  que- 

(c  Vedi  qui  avanti  pag.  4  ;.  §.  7  5.  fio  atleta.  Egli  prima  fi  chiamava  Licone  , 

(a)  Réfi.  Jur  lapoef.  &c.  Tom.  l.fect.  37.  col  qual  nome  è  menzionato  da  Winkelmann 

pag.  3$ 7*  *  nel  T.  L  v.  176.  In  apprelfo  per  la  dolcezza 

(i>)  Egualmente  sbaglia  il  fig.  Guglielmo  nel  dire  fu  detto  Glicone,  da  Glico  che  appun- 
Sandby  ,  il  quale  ha  creduto  che  quello  Gli-  to  lignifica  dolcezza  ,  aggiugnendo  un  gam* 
cone  ha  Io  delio  che  il  Glicone  nominato  da  ma  a  Licone  ,  come  narra  Laerzio  lib.  7, 
Orazio  Lib.  r.  v.  30.  ;  e  perciò  nell’  fegm.66.  Da  ciò  pare  che  polla  ricavarli  ch’e- 

edizione  di  quedo  poeta  nominata  qui  avan-  gH  fia  dato  il  primo  a  portare  il  nome  di  Gli- 
ti  pag.  jS.  nota  a.  ,  al  detto  verfo  ha  poda  cone  ,  dato  poi  al  nodro  attilla  .  E  ficcomc 
la  figura  dell’Èrcole  ,  di  cui  fi  tratta  .  Ma  egli  fuccefie  a  Stratone  nella  fcuola  peripate- 
poteva  ben  ofiervare  ,  che  quedo  Glicone  é  tica  nell’olimpiade  ex x  vii.  ,  fecondo  lo  del¬ 
l'atleta  di  tal  nome,  lodato  da  Orazio  per  fo  Laerzio  fegm.  68.  ;  l’artida  dovrebbe  col¬ 
la  fua  robuilezza  ,  e  da  tanti  altri  fcrittori ,  locarli  almeno  x.  olimpiadi  apprello  . 


LIB.  X. 
CAP.  III. 


Ricadde  nuo 
vamente  l’ar¬ 
te  in  Grecia ... 


286  Storia  delle  Arti 

'folle  più  antico  cì’Apollonio  ,  poiché  l’omega  ha  la  medefima 
forma  a  (a)  . 

jf.  16.  Lavoro  cI’Apollonio  ,  come  appariva  dall’ifcrizio- 
ne  ,  era  un  altro  torfo  d’Èrcole  ,  o  fecondo  altri ,  d’Efcula- 
pio  ,  che  vedeafì  alla  fine  dello  feorfo  fecolo  nel  palazzo  Maf- 
fimi  .  Dal  Tomo  X.  dei  manoferitti  di  Pirro  Ligorio  efiftenti 
nella  regia  Biblioteca  Farnefe  (  pag.  224.  )  rilevo  che  quello 
pezzo  folle  dianzi  nei  bagni  d’Agrippa  prefio  il  Panteon  , 
e  abbia  appartenuto  in  feguito  al  celebre  architetto  Sangallo  . 
Dovea  certamente  efiere  un  lavoro  preziofo,  poiché  l’impe¬ 
ratore  Trajano  Decio  ,  che  fecelo  colà  porre  ,  volle  pure  che 
con  un’ifcrizione  ,  dallo  ftefib  Ligorio  riportata  ,  venilfe  indi¬ 
cato  il  cambiamento  di  luogo  ,  che  fatto  avea  tale  llatua  (b)  . 
Che  poi  avvenuto  fia  di  quel  torfo  ,  io  l’ignoro  . 

jf.  17.  Il  Torfo  di  Belvedere  fembra  cTere  una  delle  ope¬ 
re  più  perfette  dell’arte  fatta  in  Grecia  avanti  la  perdita  della 
libertà  .  Dacché  ella  divenne  provincia  romana  non  fi  trova 
più  fatta  menzione  di  nelTun  chiaro  ardila  greco  fino  ai  tem¬ 
pi  del  triumvirato  .  I  Greci  ,  circa  quarant  anni  dopo  che  da 
T.  Quinzio  Flaminino  erano  fiati  dichiarati  liberi ,  la  libertà 
nuovamente  perderono  ,  sì  pei  torbidi  fiu  Tei  tati  dai  capi  del¬ 
la  lega  achea  (c)  ,  sì  per  la  geiofia  che  tal  lega  dava  ai  Ro¬ 
mani  .  Quelli  ,  rendutifi  padroni  della  Macedonia  dopo  ia 
feonfitta  data  al  re  Perfeo  (d)  ,  aveano  molto  a  temere  dell 


(a)  Una  ftatua  confimile  alla  farnefe ,  nel¬ 
la  medefima  politura  ,  efprcflione  ,  e  membra 
robufle  ,  per  quanto  dice  il  Ficoroni  Le  f.n- 
gol.  di  Roma  mod.  cap.7 .  pag.g  z.  >  colla  me- 
defima  ifcrizione  ,  c  forma  di  lettere  ,  la  pol- 
fiede  in  Volterra  monfignor  Guarnacci ,  che 
la  comprò  in  Roma .  Se  ne  può  vedere  la 
Rampa  in  rame  prelTo  lo  Redo  Ficoroni  ,  e 
Malici  Art.  crii,  lapid.  ec.  pag.  34-  Il  nome  di 
Glicone  fi  trova  pure  fotto  un  baiìorilievo 
rapptefentante  Ercole  in  piedi  avanti  un  erme 
di  Satiro  ,  c  divedi  altri  (imboli ,  riportato  dal 
Boillard  Antiq.  &  infcript.  Par.  rrl.  fig.t  ry.y 
ma  potrebbe  efferc  il  nome  del  dedicante  .j 


(b)  Era  cofa  folita ,  principalmente  predo 

i  Romani  ,  l' indicare  con  una  ideazione  u 
cangiamento  di  luogo  delle  Ratue  .  Ciò  colta 
da  Plinio  lib.  34-cap.  S.feci.ip.  e 

tante  di  queRe  ifcrizioni  riportate  dal  ligp.or 
abate  Marini  nella  più  volte  citata  diflerta- 
zione  inferita  nel  Giornale  de  Letterati ,  lo- 
rno  ni.  anno  1771  art.  f.  princ.pag.  1 4-4-  > 
e  dal  fignor  abate  Amaduzzi  monum.  mat¬ 
tila}.  Tom.  ni.  cl.  1  0.  Tab.  61.  n.  7-  P'1 17t 

(c)  Paufania  lib.  z.  princ.  pag.  ut. 

(d)  Nell’olimpiade  cui.  annoiv.  fecondo 
Cafaub.  Hi/l.  Polyb.  synops.  chron.p.t  073. , 
o  nell'anno  1.  dell'olimpiade  Tegnente  ,  fecon- 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  287 

alleanza  che  fra  di  loro  laceano  i  popoli  confinanti ,  e  quel¬ 
li  altresì  doveano  Tempre  Ilare  in  guardia  per  la  vicinanza  d’ Li¬ 
na  nazione  conquifiatrice  e  pofiente  .  I  Romani  dopo  ch’eb¬ 
bero  lungo  tempo  procurato  invano  colla  direzione  di  Me¬ 
tello  di  vivere  in  buona  armonia  coi  Greci  (  per  quanto  al¬ 
meno  fcrivono  i  romani  fiorici  )  ,  finalmente  colfretti  furono 
a  mandar  colà  L.  Mummio  a  combatterli  ,  e  quelli  gli  fcon- 
fifie  prefio  Corinto  ,  prefe  la  città  ,  e  come  capo  della  le¬ 
ga  achea  a  fuon  di  trombe  la  diftrulfie  (4)  .  Avvenne  ciò  nell’ 
olimpiade  clvi.  ,  in  quello  Hello  anno  in  cui  fu  conquiflata 
Cartagine  ( b )  .  Pel  Tacco  di  Corinto  vennero  dalla  Grecia  a 
Roma  i  primi  monumenti  dell’arte  ,  pe’  quali  magnifico  oltre 
modo  hi  e  forprendente  l’ingreflb  trionfale  di  Mummio  .  Pen¬ 
ìa  Plinio  ( c )  ,  che  il  famofo  Bacco  d’ARisnDE  fia  la  prima  pit¬ 
tura  portata  dalla  Grecia  a  Roma  .  Lafciaronfi  nella  città  Tac¬ 
cheggiata  le  fiatile  più  antiche  ,  e  quelle  di  legno  ,  fra  le  qua¬ 
li  eranvi  un  Bacco  indorato  col  volto  colorito  di  rofio  (d)  , 
un  Bellerofonte  di  legno  colie  efiremità  di  marmo  ( e )  ,  e  un 
Ercole  pur  di  legno  che  teneafi  come  un  lavoro  di  Dedalo  (/)  . 
Tutto  il  refio  poi ,  che  agli  occhi  de’  Romani  fembrò  di  qual¬ 
che  piegio  ,  fu  da  loro  depredato  (a)  ,  fenza  eccettuarne  (b) 
gli  fiefn  vali  di  bronzo  collocati  nell’interiore  del  teatro  per 
accrefcere  la  voce  degli  attori  (g)  :  coficchè  Polibio  ,  altronde 
grand  encomiafta  de’  Romani ,  non  feppe  trattenerli  dal  bia- 
fimarli  acremente  pel  barbaro  Taccheggio  fatto  a  Corinto  (h) . 
Sebbene  però  quefta  città  loffie  diftrutta  ,  non  fi  omifero  i 
giuochi  filmici ,  che  ivi  celebrarli  foleano  ,  e  i  Greci  oomi 

O 

ter- 


do  il  P.  Corfini  Fafl.  att.  Tom.IV.  pag.  io  3 ■, 
di  Roma  l'anno  y  84. 

(a)  Fior.  lib.  2  cap.  1  6 . 

{b)  Pfin .lib.  33.  cap.  3  feci.  ,  8.  ,  cap.tr. 
feci.  33-  >  34-  cap.  2.  feci.  3. 

(c)  id.  lib.  3  f.  cap.  4.  feci.  8. 

(d)  Pauf.  lib.  2.  cap.  z.  pag.  ir  3.  in  fine . 
(£)  Pauf.  lib,  2.  cap. 4.  pag.  1 1  g.  [  Era  una 


Minerva  Frenatrice  ,  così  detta  perchè  avea 
frenato  il  cavallo  Pegafo  dato  a  Bellerofonte  . 
( f)  ibid.  pag.  121.  princ. 

(a)  O  rovinato  .  Floro  lib. 2.  cap.r  6.,  Stra¬ 
ttone  lib.  8.  pag.  3  8 4. 

(b)  Vedi  qui  avanti  pag.  272.  not,  a, 

(.g)  Vitruv.  lib.  y.  cap.  3. 

(A)  lib,  g.  pag.  343 , 


LIB.  X. 
CAP.  III. 


288  Storia  delle  Arti 

’terz’anno  (a)  adunavanfi  al  medefimo  luogo  come  dian¬ 
zi  (a)  ;  avendoli  prefo  allora  la  città  di  Sicione  l’incarico  di 
ordinarli  (b)  . 

jf.  18.  Fabretti  ( b )  pende  a  credere  che  due  ftatue ,  efi- 
lienti  a  Roma  in  cala  Carpegna  ,  alle  quali  fono  pofcia  fiate 
impolle  le  tette  di  M.  Aurelio  ,  e  di  Settimio  Severo  (c)  , 
debbano  annoverarli  fra  i  lavori  che  Mummio  portò  dalla  Gre¬ 
cia  a  Roma  ,  poiché  fulle  bali  d’amendue  Ieggeafi  M.MVM- 
M1YS  COS.  Ma  oltreché  Mummio  conquittator  di  Corinto 
fu  Lucio  ,  e  non  Marco  ,  i  conofcitori  vi  fcorgono  chiara¬ 
mente  il  lavoro  di  tempi  pofteriori ,  il  che  pure  s’argomenta 
dall’armatura  che  è  d’ imperatore  .  E’  probabile  che  quelle 
bali  fiatili  perdute  ,  poiché  veggonft  fatti  di  nuovo  e  di  un 
fol  pezzo  i  piedi  e  le  bali  che  lono  fenza  iicrizione  . 

...  e  i  Romani  jf*  19 •  Quello  faccheggio  d’una  greca  città  avrebbe  potu- 
kPeptré°mLto  agevolmente  fopportarfi  per  la  quantità  grande  di  ttatue 
sliori-  e  di  pitture,  che  era  in  tutte  le  città,  anzi  in  tutt’i  luoghi 
della  Grecia .  Ma  quella  nazione  ,  vedendoft  continuamente 
efpofta  al  depredamento  e  al  faccheggio  ,  fi  perdè  di  corag¬ 
gio  ,  e  non  osò  più  fpendere  ne  pubblici  lontuoli  monumen¬ 
ti  dell’arte  ,  che  erano  divenuti  l’oggetto  della  cupidigia  de 
loro  vincitori  .  Diffatti  la  Grecia  foggiaceva  allora  alle  rapi¬ 
ne  continue  de’  Romani .  Marco  Scaltro  edile  prefe  alla  città 
di  Sicione  ,  per  certi  debiti  contratti  con  Roma  ,  tutte  le 
fculture  e  le  pitture  de’ tempj  e  de’ pubblici  edifizj  ,  le  quali 
fervirongli  ad  ornare  il  magnifico  teatro  che  lece  allor  c>-.- 
ttruire  per  pochi  giorni  (c)  .  Da  Ambracia  ,  dianzi  fede  dei 


(a)  Ved.  Corfini  Dijf.  agon.  Dijfert.  IV . 
n.  2.  g.pag.S^.fegg. 

( a )  Pauf.  lib.  z.  cap.  z.pag.  ri  4. 

(b)  Mummio  pelò  dedi.ò  in  Elide  dopo  la 
prefa  della  detta  citta  vent'uno  feudo  o  cli¬ 
peo  indorati  ,  come  riferifee  Paufania  lib.  f. 
c.  to.  p.  g p 9.  princ. ,  e  una  ftatua  di  Giove 
in  bronzo  ,  cap.  34.  p.  440.  princ. 


(b)  Infcript.  cap.  f.  num.  292.  pag.  4-°0. 
V.  Buonarruot.  Ófserva fopra  ale.  medagl. 

Tav.  14..  num.  4- pag.  z6+. 

(c)  Pafiata  in  Inghilterra  . 

(c)  Plin.  lib.  34.  cap.  7.  feci. 17.  ,  lib.  j>j\ 
c.i  1  .feci.  4-0.  §.  34-  j  3^-  c.i  J.jebl.  34. 
§•7. 


LIB.  X. 
CAP.  III. 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  289 

re  d’Epiro  ,  portate  furono  a  Roma  tutte  le  fiatue  (a) ,  fra 
le  quali  v 'erano  le  nove  Mufe  ( b )  ,  collocate  poi  nel  tem¬ 
pio  d’Èrcole  Mufagete  (  Hercules  Mufarum  )  ;  anzi  perfino  le 
fiefle  pitture  ,  coi  muri  a  cui  erano  attaccate  ,  mandaronfi 
dalla  Grecia  a  Roma:  e  così  ufarono  gli  edili  Murena  e  Var- 
rone  colle  pitture  di  Sparta  (r)  .  Non  ballava  a  trattenerli 
nemmeno  il  timore  di  gualcare  e  perdere  quelle  pitture  :  ti¬ 
more  che  ai  tempi  di  Caligola  falvò  a  Lanuvio  nel  Lazio  (d) 
le  pitture  di  Atalanta  e  di  Elena  (*)  .  Metello  dopo  la  Scon¬ 
fitta  di  Perfeo  (a)  fece  trafportare  a  Roma  un’infinità  di  fia¬ 
tile  ,  fra  le  quali  v’erano  tutte  le  Statue  equefiri  di  mano  di 
Lisippo  fatte  da  AlefTandro  innalzare  a  coloro  che  erano  periti 
nella  battaglia  prelfo  il  Granico  ;  e  fu  di  efle  ornato  il  por¬ 
tico  edificato  per  ordine  del  medefimo  Metello  (b)  ,  il  qua¬ 
le  molte  fiatue  equefiri  fece  altresì  collocare  nel  Campido¬ 
glio  (c)  . 


§.  20.  E’  quindi  facil  cofa  l’immaginarfi  che  gli  artifii  e 
principalmente  gli  fcultori  e  gli  architetti  poche  occafioni 
avellerò  d’elercitare  i  loro  talenti .  Sembra  però  che  fi  con¬ 
tinuaste  ad  ergere  le  Statue  ai  vincitori  de’  giuochi  olimpici 
in  Elide  ,  l’ultimo  de’  quali  ,  per  quanto  almeno  ne  trovia¬ 
mo  fatta  menzione  ,  chiamava!]  Mnefibolo  ,  e  fu  coronato 
nell’olimpiade  ccxxxv.  nei  primi  anni  dell’impero  di  M.  Au¬ 
relio  ( e ) . 


$■  21.  Ciò  che  in  quelli 
tempj  ,  di  edifizj ,  e  di  Statue 
Tom.  II. 

(a)  Polyb.  Excerpta  legai,  num.  XXVJII 
pag.  8 go.  C. 

lb)  Plin.  lib. 3  3.  cap.10.fecl.36.  §.4. 

( c )  ibid.l1b.3p.  cap. 1 4.  feci.  45. 

(< i)  ibid.  cap. 3.  feà  6. 

(*)  Si  fa  pure  a'  giorni  noflri  l’operazione 
di  trafportare  le  pitture  fatte  fui  muro  di  fan 
Pietro  di  Roma  ,  dopo  che  fi  fono  efeguite 
in  mufaico  .  Elle  vengono  fegatc  infieme  al 
muro  ,  fui  quale  fono  dipinte  ,  e  pofcia  tras¬ 
portane  fenz'  alcun  danno  nella  chiefa  de’ 


tempi  lavorava!!  in  Grecia  di 
,  per  lo  più  faceafi  a  fpefe  di 
O  o  re 

Certofini  .  Le  pitture  etrufche  del  tempio  di 
Cerere  fono  in  tal  guifa  fiate  portate  via  col 
muto  .  Plin.  lib.  33.  cap.  1  2.  feci.  43.  Vedi 
fopra  pag.  133. 

(a)  Datagli  da  Paolo  Emilio.  Vedati  qui 
avanti  pag.  160.  §.  30 . 

(b)  Vedi  qui  avanti  pag.  239.  §.  7. 

(c)  Vedi  pag.  37.  net.  a. 

(e)  Pauf.  lib.  1  0.  cap.  34.  pag.  886.  [Vedi 
qui  avanti  pag.  267.  noe.  b. 


Monumenti 
dell’arte  eret¬ 
tivi  dagli  itra- 
nieri  . 


/ 


LIB.  X. 
CAP.  Ili 


Cadde  puf 
l'arce  in-Egit- 
«o  . . . 


290  Storia  delle  Arti 

re  dranieri  ,  cioè  di  quei  di  Siria  ,  d’Egitto  ,  e  d’altri .  Alla 
regina  Laodice  ,  figlia  di  Seleuco  e  fpofa  di  PeiTeo  ,  fu  fatta 
alzare  una  (tatua  in  Deio,  come  un  monumento  di  gratitu¬ 
dine  alla  fua  generofità  verfo  gli  abitatori  di  quell’ itola,  e 
verfo  il  tempia  d’ Apollo  ivi  edificato  .  Se  ne  vede  ancora  fra 
i  marmi  Arundelliani  la  bafe  coll’ifcrizione  (a)  .  Antioco  IV. 
Epifane  re  di  Siria  fece  nel  tempio  medefimo  ornare  di  molte 
ftatue  l’ara  di  quel  dio  (b)  .- 

jj'.  22.  Leggendo  predo  Vitruvio  (c)  che  il  fuddetto  Antio¬ 
co  chiamò  da  Roma  in  Atene  Cossuzio  architetto  romano  ,  per 
terminare  il  tempio  di  Giove  Olimpico,  che  fin  dai  tempi  di 
Pififlrato  era  rimalto  imperfetto  ,.  argomentar  potrebbe!!  che 
vi  fode  allora  fcarfezza  d’abili  artifti  in  quella  deda  città  che 
era  data  dianzi  la  principal  fede  dell’arte  ;  ma  v’  è  altronde 
ragion  di  fofpettare  che  quel  re  abbia  ciò  fatto  folo  per  com¬ 
piacere  o  adulare  i  Romani  .  Ebbe  probabilmente  le  dede 
mire  Ariobarzane  li.  Filopatore  re  di  Cappadocia  ,  quando  , 
per  riedificare  l’Odeo  degli  Ateniefi  ,  che  Aridione  generale 
di  Mitridate  avea  fatto  atterrare  in  parte  all’occafione  dell’ 
adedio  di  Siila  ,  fcelfe  due  architetti  romani  ,  cioè  Cajo 
Stallio  ,  e  Marco  fuo  fratello  unitamente  al  greco  Mena- 
lippo  (d)  .. 

jf.  23.  L’arte  greca  in  Egitto  ,  trovandoli  fotto  un  cielo 
draniero  non  potè  ben  prolperare  ,  e  in  mezzo  alla  pompa 
delle  corti  de’ Seleucidi  e  de’ Tolomei  molto  perdè  della  fua 
grandezza  e  del  fuo  gudo  .  Eda  veramente  vi  avea  fiorito  in- 
fieme  alle  fcienze  fotto  i  primi  tre  Tolomei ,  i  quali  furono 
pur  folleciti  di  mantenere  i  monumenti  dell’arte  egiziana  .  To¬ 
lomeo  Evergete  ,  dopo  la  vittoria  riportata  fu  Antioco  Dio 
(  Theos  )  re  di  Siria ,  trafportar  fece  in  Egitto  due  mila  cin- 

q  lie¬ 
ta)  Num.  2 g.pag.  26.  ed.  Maìttaire  .  (,d)  Bellcy  Expl.  d'une  Infcript.  ant.  Jur  le 

{6)  Chishull  Ancia,  afiac.  Pseph.Sig.  p.j 2'.  rhabl.  de  l' Odeum  ,  Acad.  des  InJcr,  Torrt* 
CO  Fr&fdt.  ad  Lib.  7.  XXIII.  Hi  fi.  pag.  1 8  g.  feqq* 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  291 

quecento  ffatue ,  molte  delle  quali  in  Egitto  medefimo  ave¬ 
va  in  altri  tempi  depredate  Cambile  (u)  .  I  cento  architetti, 
che  Tolomeo  Filopatore  Tuo  figliuolo  e  iuccelfore  mandò  con 
doni  ricchiffimi  alla  città  di  Rodi ,  a  cui  un  terremoto  recati 
aveva  immenfl  danni  (£)  ,  polTono  darci  un  idea  della  quan¬ 
tità  degli  attilli  Xlipendiati  al  fervigio  di  quella  corte  .  Ma  i 
fuccelTori  di  Tolomeo  Evergete  furono  tutti  principi  indegni , 
che  contro  il  proprio  regno  ,  anzi  contro  il  proprio  fangue 
fteffo  incrudelirono  ,  e  portarono  l’Egitto  all  effrema  confu- 
fìone  .  Da  Latiro  ,  quinto  re  dopo  Tolomeo  Epifane  ,  quali 
del  tutto  rovinata  fu  Tebe ,  e  dell  antico  fuo  Iplendore  in¬ 
teramente  lpogliata  :  da  lui  cominciò  la  diflruzione  di  tanti 
monumenti  dell’arte  egiziana  ;  Paufania  però  attribuifce  prin¬ 
cipalmente  quelli  danni  a  Tolomeo  Filometore  (c)  .  Le  arti 
greche  ,  febbene  ivi  decadute  affai  dal  primiero  fplendore , 
pur  vi  fi  confervarono  fino  a  Tolomeo  Filcone ,  fettimo  re 
d’Egitto  ,  e  padre  di  Latiro  .  Sotto  quello  tiranno  ,  che  go¬ 
vernò  crudelmente  Aleffandria  ,  allorché  ritornovvi  dopo  d  ef¬ 
fe  me  flato  difcacciato  ,  la  maggior  parte  de’  letterati  e  degli 
attilli  abbandonando  quel  regno  fi  rifugiarono  in  Grecia  ; 
ond’ebbefi  a  dire  allora  (d)  che  le  arti  efuli  da  Aleffandria  era¬ 
no  nuovamente  ritornate  al  loro  natio  paefe  ,  e  agli  altri  po¬ 
poli  (*)  .  Tra  quelli  attilli  alcuni  riportaronfi  a  Meffene ,  e 

O  o  2  ivi 


(а)  Chishull  Antiq.  a  fìat.  Monum.  adulit. 
p.yp.feqq.  ,  s.  Hier.  Comm.  in  Daniel.  c.XI. 
v.  7.  S.  p.  oper.  Tom.  V.  col.  706.  B.[  Vegg. 
Tomo  I  pag.  pò.  col.  1. 

(б)  Polyb.  lib.  y.  pag.  429.  E. 

(c)  lib.  1.  cav.  p.  pag.  21. 

(U)  Adien.  Deipn.  lib.  4.  in  fine  ,  p.i  S  4. , 
J udiri,  lib.  q$.  cap.  S . 

(*)  Vaillant  Hi  fi  Ptolem.  pag.  rrr.  non 
avendo  ben  capito  Ateneo  ,  loda  quello  prin¬ 
cipe  indegno  ,  coinè  (è  avelie  dato  un  nuovo 
luflro  alle  feienze  e  alle  arti  .  Ateneo  parla 
<l'un  rinuovamento  delle  feienze  fatto  non  in 
Egitto  ,  ma  in  Grecia  .  Gli  autori  inglefi  del¬ 
la  Storia  univerfale  Tom.  HI.  liv.il.  chap.il. 
feci.  X.  pag.  474.  feguendo  Vaillant  fono  ca¬ 


duti  in  una  troppo  manifella  contraddizio¬ 
ne  .  Come  mai  accordare  inlìeme  che  le  feten¬ 
ze  e  le  arti  fotto  quello  principe  fionderò  in 
Egitto  ,  e  che  fotto  di  lui  i  letterati  e  gli  ar¬ 
dili  follerò  coflrctti  a  fuggirfene  ?  Citan  erti 
pure  s.  Epifanio  De  pond.  &  me-f.  c.i  z.  ;  ma 
quello  s.  Padre  non  altro  fa  che  dare  a  To¬ 
lomeo  il  nome  di  lènz’atcro  aggiu- 

gnerne  .  Nè  dice  Ateneo  [lib. 14.  cap.  20. 
pag.  6 y  4.  ] .  come  aflerifee  Vaillant ,  che  Fi¬ 
fone  aveif:  fatti  raccogliere  i  libri  per  tut¬ 
to  il  mondo  ,  ma  foloche  v'erano 14.  libri  di. 
commentai)  di  quello  re  ,  nei  quali  faceva  la- 
pere  alla  poderi tà ,  ch'egli  non  avea  mai  man¬ 
giato  pavone  in  vita  fua  .  [  Ateneo  drive  , 
che  Tolomeo  nel  libro  duodecimo  dei  detti 


LIB.  X. 
CAP.  III. 


c  in  Siria 


292  Storia  delle  /ìrti 

:  ivi  fcolpirono  tre  Aatue  ,  cioè  un  Mercurio  ,  un  Ercole  ,  ed 
un  Tefeo  ( a ),  collocate  nel  Ginnafio  .  Tal  crudeltà  di  Fifco- 
ne  rendè  memorabile  il  fecondo  anno  del  fuo  regno  ,  che 
cadde  nell’olimpiade  clviii.  ;  ma  ciò  non  ottante  vi  ebbero 
fempre  in  Àlettandria  de’  filofofi  ,  e  vi  fi  mantennero  fino  ai 
tempi  de’  cefari  con  numerofo  concorfo  di  fcolari  (b) .  Ho 
parlato  altrove  d’una  pretefa  tetta  di  Tolomeo  Aulete  (a)  . 

§.  24.  In  Afia,  e  alla  corte  dei  re  di  Siria,  perì  l’arte 
come  una  face  cui  manchi  l’alimento  ,  che  getta  per  un  ittan- 
te  una  luce  viva  ,  e  feompare  .  Antioco  IV.  Epifane  fecon¬ 
do  figlio  d’ Antioco  il  Grande  ,  fucceffore  di  Seleuco  IV. 
Filopatore  fuo  fratello  primogenito,  amava  la  tranquillità, 
e  voleva  voluttuofamente  godere  di  tutt’i  piaceri  della  vita. 
Fra  quelli  però  occupavafi  molto  delle  arti  del  difegno  ,  ed 
amava  di  converfare  cogli  artitti  (b)  ,  cui  impiegò  a  lavorare 
non  folo  per  sè  fletto ,  ma  eziandio  pe’  Greci ,  ficcome  già 
ottervammo  .  Nel  tempio  di  Giove  Capitolino  in  Antiochia 
non  folo  fece  fare  la  foffitta  e  indorarla  ,  ma  volle  pure  che 
coperte  ne  foflero  di  laftre  indorate  le  pareti  (c)  ,  e  fece  in 
etto  collocare  una  flatua  fimile  al  Giove  Olimpico  di  Fidia  (d) - 
II  tempio  di  Giove  Olimpico  in  Atene,  il  folo  che  fembrò 
agli  antichi  proporzionato  alla  grandezza  del  padre  degli  dei, 
fu  d’ordin  fuo  magnificamente  compito  :  da  lui  pure  ,  come 
dicemmo  ,  ornato  fu  di  molte  are  infigni  e  di  flatue  in  co¬ 
pia  (c)  il  tempio  d’ Apollo  a  Deio  ,  e  fu  fatto  coflruire  un 
fontuofo  teatro  di  marmo  nella  città  di  Tegea  (?)  . 

jf.  Col- 

commentar)  dèferivendo  la  fua  regia  d’Alef-  ca  procefTione ,  fatta  fare  da  quello  Covrano 
fandria  ,  e  gli  animali  divedi ,  che  vi  man-  prima  di  dar  principio  ai  giuochi  celebrati 
teneva  ,  raccontava  che  v’era  una  gran  quan-  in  Dafne  ,  furono  portate  in  giro  infinite  Ila¬ 
rità  di  fagiani ,  parte  fatti  venire  dalla  Me-  tue  di  divinità  ,  e  di  eroi  . 
dia  ,  e  parte  nati  nella  fleffa  regia,  da  poter-  (e)  Liv.  lib.  4.1 .  cap.  20.  num,  zp. 

fene  cibare  ogni  giorno  }  ma  che  non  ne  (a*)  Amrniao.  lìb.  22.  cap.i  3.  [Dice,  che 

avea  mangiato  mai  .  fece  fare  la  flatua  d'Apollo  della  grandezza 

(a)  Pauf.  lib.  4.  cap.  32.  pag.  3  fp.  del  Giove  Olimpico  ,  e  la  fece  collocare  nel 

(£)  App.  De  bell.  civ.  lib.  z.  pag.  4.8 3.  E.  tempio  valliffimo  ,  che  gli  avea  fatto  innal- 

(a)  Ved.  Lib.  V.  Cap.  V.  pag.  360.  zare  a  Dafne  fobborgo  d'Antiochia  . 

(b)  Polibio  prelfo  Ateneo  l.j.c.ó.p.rpg.E.  (c)  Polibio  predo  Ateneo  l.eit. p.194 • 
Narra  alla  p.ipp.  prim, ,  che  nella  magnifi-  CO  Liv,  loc.  cit. 


LIB.  X. 
CAP.  III. 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  293 

Jf.  2J.  Colla  morte  di  quello  re  fembra  che  perille  pur 
l’arte  greca  in  Siria;  poiché  elTendo  flati  collretti  i  Tuoi  fuc- 
celTori ,  dopo  la  fconfitta  avuta  prelTo  Magnefia ,  di  fidare  per 
confine  del  regno  il  monte  Tauro  ,  e  ceder  tutto  ciò  che 
dianzi  poffedevano  nell’Afia  Jonica  e  in  Frigia,  fu  tolta  al¬ 
lora  ogni  comunicazione  colla  Grecia  ;  e’1  paefe  d’oltremonti 
non  era  altronde  adattato  per  farvi  fiorire  una  fcuola  d’artilli 
greci  .  Aggiungali  che  quello  regno  erafi  fommamente  inde¬ 
bolito  per  la  follevazione  d’Arface  ,  che  nell’olimpiade  cxlii. 
fondò  il  regno  de’  Parti  (a)  .  1  re  di  Siria  inedefimi  prefero 
a  poco  a  poco  le  collumanze  de’ Perii  e  de’  Medi,  e  in  luo¬ 
go  del  greco  diadema  tifato  dai  loro  predecelTori ,  li  mifero 
in  capo  la  berretta  cilindrica  de’  Perii  detta  cidari  da’ Greci. 
Trovali  quella  imprefia  come  indizio  di  regia  dignità  fu  al¬ 
cune  delle  loro  monete  (a)  . 

jf.  26.  Dopo  la  riferita  vittoria  riportata  da’  Romani  fu 
Antioco  il  Grande  nell’olimpiade  cxlvii.  L.  Cornelio  Scipio¬ 
ne  avea  latte  trafpordare  dalla  Siria  a  Roma  innumerevoli  fta- 
tue .  Le  monete  de*  fuccelfori  del  fuddetto  Antioco  IV.  an¬ 
nunziano  già  la  decadenza  delle  arti  ;  anzi  una  del  re  Fi¬ 
lippo  ,  che  fu  il  vigefimo  dopo  Seleuco  ,  chiaramente  dimo- 
llra  che  l’arte  più  non  fioriva  alla  corte  di  quel  re  ,  e  appe¬ 
na  direbbefi  che  la  di  lui  tella  nel  diritto  ,  e’1  Giove  feden¬ 
te  nel  rovefcio  fian  lavoro  de’  Greci  .  Non  v’è  quali  moneta 
de’  Seleucidi  che  non  fia  pel  conio  inferiore  a  quelle  d’ogni 
greca  città  ,  comunque  piccola  .  Su  quelle  dei  re  Parti ,  che 
hanno  un  epigrafe  greca ,  ed  in  parte  afiai  bella ,  vedefi  già 
la  baroarie  sì  nel  difegno  ,  che  nel  conio  ;  eppure  è  certo  che 
erano  lavoro  di  greci  maeftri  ,  poiché  quei  re  faceanfi  una 

glo- 

(a)  Polyb.  lib.  io.  p  ag.  jq  8.  [  Giuftino  vi  fia  errore  nel  di  lui  tetto  ;  come  nota  il 
lib.  4.1 .  c.  f.  Io  mette  all  olimpiade  cxxxii.  ;  Cafaubono  Hi  fior.  Polyb.  synops.  chronology 
o  come  altri  vogliono  nella  cxxxm.  Onde  pag.  lOfj. 
converrà  dire  che  fia  un  altro  Affate ,  o  che  (a)  Vegg.  Tom .  L  pag .  i 


294  Storia  delle  Arti 

—=====  gloria  di  comparire  amici  de’ Greci ,  e  ne  prendeano  il  titolo 
lib.x.  pL1j]g  nronete  medefime  (^)  •  Nè  quello  ci  recherà  maraviglia, 
cap.  ni.  offerveremo  che  la  ftefia  greca  lingua  talmente  fi  alterò  nel¬ 
la  Siria ,  che  il  nome  della  loro  città  di  Samofata  cangiato 
poi  in  Comagene  è  fcritto  in  guifa  che  appena  è  riconofcibile 
lulle  loro  monete  (b)  . 

jf.  27.  Quando  l’arte  greca  venne  in  decadimento  nel  fuo 
paefe  originario  e  negli  altri  regni  ove  trovato  avea  favore 
e  nutrimento  ,  cominciò  ad  e  fiere  fofienuta ,  unitamente  alla 
greca  letteratura  ,  dai  Romani ,  i  quali  deponevano  allora  la 
prifca  loro  ruvidezza  ,  e  lo  fteflo  popol  di  Quirino  vedeva 
con  piacere  le  opere  de’  greci  maefiri  .  Perciò  ,  quando  in 
Roma  non  ancor  lavoravafi  nel  greco  fide  ,  volendo  l’edile 
C.  Claudio  Pulcro  ornare  di  fiatue  il  foro  per  una  pubblica 
fefia  di  quattro  giorni ,  collocovvi  fra  le  altre  una  copia  di 
Prassitele  prefa  in  preftito  a  queft’oggetto  ,  e  la  rendè  po- 
feia  a  chi  11’era  il  pofieflore  (c)  . 

rodili6 Gr”  $'  Ricominciò  l’arte  allora  a  nuovamente  fifiarfi  in 

cia  •  Grecia  e  a  fiorirvi ,  poiché  colà  eziandio  i  Romani  la  proteg¬ 

gevano  ,  facendo  efeguire  in  Atene  le  fiatue  per  ornare  le  loro 
ville  .  Leggiamo  diffatti  prefio  Cicerone  che  Attico  così  fatto 
avea  pel  fuo  Tufculano ,  ove  fra  gli  altri  lavori  v’erano  degli 
Ermi  di  marmo  pentelico  con  tefte  di  bronzo  (fi)  .  11  luflo 
introdottoli  in  Roma  fu  una  feconda  forgente  pel  manteni¬ 
mento  degli  artifti  anche  nelle  provincie  ;  poiché  le  leggi  per¬ 
mettevano  ai  proconfoli  e  ai  pretori  d  immortalare  il  loio 
nome  ,  e  di  farli  ergere  eziandio  de’  tempj  a  fpefe  di  quegli 
fiefii  Greci  ,  che  la  loro  libertà  credeano  protetta  dai  Roma¬ 
ni  ( e )  .  Pompeo  aveva  un  tempio  in  tutte  le  provincie  .  Quell 

abu- 


(a)  Spanhem.  De  prtfl.  &  ufu  num!frn • 
Dijferr.  8.  n.  4.  Tom.  I.  pag.4.67. 

(, b )  Pellerin  Ree.  de  méd.  Tom.  il.  p.i  »c. 
(c)  Cic.  in  Veri.  aci.. 2.  IH’.  4.  caP-  3- 


{(T)  ad  Att.  lìb.  1.  ep.  4..  6.  8.  o- 
(e)  Mongault  Dijfert.  far  les  honneurs  di¬ 
vi  ns ,  qui  ont  efié  rendus  aux  gouverneurs  C-’£. 
Acad.  des  Infcripc.  Tom.l.  Mém,  pag.  i/i- 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  29? 

abufo  crebbe  molto  fotto  gl’imperatori  ,  ed  Erode  fece  edi¬ 
ficare  in  Cefarea  ad  Augufto  un  tempio  ,  in  cui  eravi  la  di 
lui  {fatua  filmile  per  la  forma  e  per  la  grandezza  al  Giove  Olim¬ 
pico  ,,  e  la  filatila  della  dea  Roma  fiomiglievole  alla  Giunone 
d’Argo  (a)  . 

jf.  29.  Talora  però  i  Romani  ftefiì  portati  dall’amore  per 
la  Grecia  peufiarono  ad  ergerli  de’  monumenti  di  gloria  ,  fa¬ 
cendo  colà  colfruire  a  proprie  fpefe  delle  magnifiche  fabbri¬ 
che  .  Così  fra  gli  altri  Appio  ,  padre  del  famofo  Clodio ,  fece 
edificare  un  portico  ad  Eleufi  (a)  ;  e  par  che  Cicerone  feri¬ 
va  feriamente  ad  Attico  di  voler  far  elevare  un  nuovo  por¬ 
tale  nell’Accademia  preflb  Atene  (b) . 

JT.  30.  Sembra  che  una  fimil  ventura  abbia  avuta  l’arte 
a  Siracufa  ,  anche  dopo  l’ultimo  faccheggio  ,  ed  efler  certa¬ 
mente  dovea  colà  buon  numero  d’abili  arti  Ili  ;  poiché  Verre, 
che  raccoglieva  in  tutt’i  luoghi  i  migliori  monumenti  dell’ar¬ 
te  (1),  fece  principalmente  a  Siracufa  lavorar  de’ vali,  aven¬ 
do 


(a)  Jof.  De  bell.jud.  lìb.  i.  cap.  21.  §.  7. 
(a)  Ma  però  Appio  ,  altro  di  lui  figlio, 
tol  pretefto  di  ornare  i  giuochi ,  che  dar  do¬ 
vea  in  occafione  della  iua  edilità ,  tolfe  dai 
tempj  >  e  luoghi  pubblici  della  Grecia  e  del¬ 
le  ifole  circonvicine  quanto  vi  era  reftato  di 
fiatue  ,  di  quadri  ,  e  d’altri  ornamenti  ,  che 
poi  collocò  in  Tua  cafa  .  Così  riferifee  Ci¬ 
cerone  Pro  domo  firn  ,  cap.  43.  efaggerando 
un  poco ,  poiché  è  certo  ,  che  moltiflrmi  an¬ 
tichi  monumenti  rimafero  in  quelle  parti  an¬ 
che  nei  fecoli  appiedo  .  Vegg.  al  Libro  XI. 
Capo  ni.  §.  1  7. 

(b~ì  Uh.  6.  ep.  r.  ad  fin.  £?  ep.  6. 

(0  Quante  belle  opere  dell'arte  averte  rac¬ 
colto  Verre  nella  fua  pinacoteca  ,  ortìa  gal¬ 
leria  ,  frutto  delle  fue  rapine ,  apprendefi  da 
varj  luoghi  delle  orazioni  pronunziate  con¬ 
tro  di  lui  da  Cicerone ,  dette  perciò  Verri¬ 
ne  ,  d'onde  il  fignor  abate  Fraguier  ha  trat¬ 
ta  la  materia  per  una  diflertazione  intito¬ 
lata  la  Gallerìa  dì  Verre  inferita  nelle  Me¬ 
morie  dell’Accademia  delle  ifetizioni  di  Parigi 
Tomo  VI.  L'oro  ,  l'argento,  l'avorio ,  i  dia¬ 
manti  ,  le  perle  ,  e  le  fuppellettili  preziofe 
di  cui  era  adorno  il  fuo  palazzo  ,  lo  rende¬ 
rono  il  più  ricco  e  fontuofo  di  quanti  follerò 


allora  in  Roma  ,  ove  il  luifo  era  portato  all' 
eccedo  .  La  parte  però  più  forprendente  del 
palazzo  era  la  galleria  ,  che  a  ragione  dir  po- 
teafi  un  impareggiabile  teforo  per  le  ftatue 
e  pei  quadri  de’  migliori  maeftri  ,  e  per  altri 
eccellenti  lavori  che  vi  fi  ammiravano  .  Tra 
le  rarità  ivi  da  Verre  adunate  Cicerone  in 
Verr.  all.  2.  lìb.  4.  novera  una  bella  Diana 
di  bronzo  rapita  da  lui  ai  Segellini  ,  flatua 
che  era  già  fiata  preda  dei  Cartaginefi  ,  e  poi 
redimita  ai  Segellini  da  Scipione  l'Africano  ; 
due  fiatue  di  Cerere  d'un  lavoro  finirtimo  , 
trafportate  l'una  da  Catania  ,  l’altra  da  Enna  , 
dove  erano  tenute  in  forama  venerazione  ; 
un  Mercurio  ,  fìgnum  magni  pecunie.  ,  fret¬ 
tante  una  volta  ai  Tindàritani  ;  un  Apollo 
ed  un  Ercole  del  famofo  Mirone  ,  polTeduti 
pria  dagli  Agrigentini  ;  un  alti’  Ercole  dello 
fterto  ardita  ,  eh’  ebbe  Verre  da  Medina  , 
d’ond’ebbe  pure  un  Cupido  ,  opera  pregia- 
tirtìrria  di  Pratfitele  .  PI.  I.36.  c.p.  feti. 4.  f 
La  raccolta  però  ,  odia  lo  fpoglio  maggiore 
di  tali  preziofità  ,  fecefi  da  Verre  in  Siracufa, 
la  quale  durante  il  governo  di  lui  perdette 
più  ftatue  che  non  uomini  nella  fatale  feon- 
fitta  ,  che  i  fimi  cittadini  ebbero  da  Marcel¬ 
lo  .  Cosi  fi  efprime  Cicerone  ,  ma  quella  è 


2 g6  Storia  delle  Arti 

*=:-*■  do  a  tal  effetto  formata  una  gran  fabbrica  dell’antico  palagio 
LIB‘  x'  dei  re  ,  ove  per  otto  meli  intieri  occupati  furono  tutti  gli 
CaP.  in.  art.jfj.j  ^  a]trj  a  difegnar  de’ vali  ,  altri  a  gettarli  e  cifellarii; 

e  in  quelli  non  altra  materia  vi  s’impiegava  che  l’oro  . 
...ov’ebbe  jf.  3 1 .  La  tranquillità  ,  di  cui  per  alcuni  anni  goduto 
«òlio  U  dada  aveano  in  Grecia  le  arti ,  fu  nuovamente  turbata  dalla  guerra 
(latksu mitri  mitridatica  ,  in  cui  Atene  alleata  al  re  di  Ponto  lì  follevò  con¬ 
tro  i  Romani  .  Delle  molte  ifole  a  cui  quella  città  dominato 
avea  nel  mare  egeo  ,  non  altra  era  loro  rimalla  ,  che  la  pic¬ 
cola  ifola  di  Deio,  e  quella  pure  erafene  pocanzi  fottratta, 
ma  a  loro  nuovamente  affoggettata  l’aveva  Archelao  ,  genera¬ 
le  di  Mitridate  (a)  .  Agitavanla  grandemente  i  divertì  parti¬ 
ti  ,  in  mezzo  ai  quali  Arilìione,  filofofo  epicureo  ,  tentò  d’im- 
padronirfene  ;  e  vi  riufcì  ,  loftenendo  l’ulurpato  dominio  con 


forze  llraniere  ,  e  facendo  perire  i  cittadini  più  propenlì  a 
Roma  (b)  .  Elfendo  per  tanto  al  principio  della  mentovata 
guerra  Archelao  alfediato  da  Siila  in  Atene  ,  quella  città 
trovofiì  in  una  neceflìtà  eltrema  ;  e  tanta  era  la  mancanza 

de’ 


forfè  un’efagerazione  oratoria  .  Clic  che  ne 
fia  ,  egli  è  certo  che  ,  fra  le  più  belle  (fatue 
fìracufane  poifedute  da  Verre  ,  vedevalì  quel¬ 
la  di  Giove  ,  da' Greci  chiamato  Oip/s;  odia 
difpenfator  del  buon  vento  ,  (fatua  da  lui  tol¬ 
ta  a  que'  cittadini ,  infieme  alle  due  lfatue 
c’Arideo  e  di  Peano  ,  de’ quali  il  primo  ve¬ 
nerato  era  dai  medefimi  nel  tempio  di  Bacco, 
c  ’1  fecondo  in  quello  d' EfcuLapio  .  Preda  fac- 
ta  nel  loro  Pritaneo  era  ùmilmente  una  bella 
Saffo  di  bronzo  del  celebre  (tatuano  Silanio- 
ne  .  Dal  tempio  di  Minerva  della  (fella  città 
non  folamente  fece  egli  trafportarc  nella  fu  a 
galleria  ventifette  ritratti  di  altrettanti  re  o 
tiranni  della  Sicilia  ,  ma  volle  pur  adattarvi 
le  porte  (felle  del  tempio  ,  delle  quali  non  fi 
videro  mai  le  più  belle  ,  come  oderva  anche 
il  noftro  ftorico  qui  avanti  pag.  276.pri.nc. 
Oltre  la  Sicilia  ,  molte  altre  provincie  e  città 
hanno  contribuito  ad  accrefcere  ed  abbellire 
la  galleria  di  Verre  ,  come  Scio  ,  Samo  ,  Per- 
ge  ,  e  tutta  la  Grecia  .  Tenedo  in  ifpecie 
gli  (bmminidrò  la  (fatua  di  Tene  fuo  dio  tu¬ 
telare  ,  Atene  due  canefore  di  bronzo  lavo¬ 
rate  dal  celebre  Policleto  ,  Afpenda  un  fio¬ 
ttato!  di  lira  ,  tra  tutte  le  (fatue  ,  la  piu  cara 


a  Verre  ,  che  agli  amici  fuoi  foltanto  più  in¬ 
timi  lafciava  vedere  .  Varietà  ed  ornamento 
accrescevano  alla  (feda  galleria  le  molte  co¬ 
razze  ,  i  cimieri  ,  le  coppe  ,  le  urne  ,  e  i  van, 
tutte  cofe  per  la  materia  ,  ma  più  per  la  fi¬ 
nezza  del  lavoro  pregevolidìme  .  Fra  tutte 
però  facead  diitinguere  1'  idria  di  Boeto  car- 
taginefe  [  nominato  da  \finkelmann  nel  To¬ 
mo  I.  pag.  14.S .  7.,  e  detto  autore  di  due 

(fatue  in  due  iscrizioni  predo  il  Muratori 
Nov.  thef.  infcr.  Tom.  ti.  pag.  966.  n.  7.  8 . , 
il  quale  a  torto  lo  prende  per  Sejoboeto  ,  co¬ 
me  odervano  il  marcitele  Maftei  Art.  cric, 
lapid.  lib.  3.  c.  1.  can.  p.  col.  ito.,  e  Bimard 
la  Badie  nelle  Offervazioni  al  detto  Teforo 
del  Muratori  inferite  in  appendice  a  queff’ 
opera  di  Matfei  col.joo.  ]  ,  e  quel  candelabro 
e  gemmis  opere  mirabili  perfeìlum  chiedo  da 
Verre  in  predito  ,  nè  mai  più  redimito  ,  cui 
due  gran  principi  dell’Oriente  dedinato  avea¬ 
no  in  dono  al  tempio  di  Giove  Capitolino 

( a )  Appian.  De  bell,  mithrid.  pag.  1 88.  in¬ 
fine  . 

(£)  ib.pag.189.  di.  {  Paufania  lib.i.  c.zo. 
pag.  47.  e  4-8. ,  Codantin.  Porfirogeneta  Ex¬ 
cerpta  Dionis  Cocc.  pag.  64.8 . 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  297 

de’  viveri  ,  che  non  folo  mangiava!!  il  cuojo  degli  animali  , 
di  cui  non  baftavan  le  carni  ,  ma  dopo  la  refa  trovaronfi 
pur  dei  refti  di  membra  umane  ,  che  aveano  fervito  di  ci¬ 
bo  (a)  .  Siila  diftrugger  fece  allora  il  porto  di  Pireo  ,  l’ar- 
fenale  ,  e  tutt’  i  pubblici  edifizj  fpectanti  alla  marina  ;  onde 
Atene  ,  fecondo  l’efpreflione  degli  antichi  fiorici  ,  più  non 
era  che  lo  fcheletro  d’ Atene  altre  volte  sì  florida  e  pof- 
fente  .  Prefe  quello  dittatore  le  colonne  fieffe  dal  tempio 
di  Giove  Olimpico  (b)  ,  e  fecele  trafportare  a  Roma  infieme 
alla  biblioteca  d’Apelliconte  (r)  ;  e  fenza  dubbio  depredate 
pur  n’avrà  molte  flatue  ,  fapendofl  che  fra  le  altre  cofe 
fpedì  a  Roma  una  Pallade  tolta  dal  borgo  di  Alalcomene 
nella  Beozia  ( d )  .  Siila  coll’eccidio  d’Atene  propoflo  fi  era 
di  portare  lo  fpavento  e’1  terrore  in  tutt’ i  Greci  ,  come  ve 
lo  portò  diffatti .  Avvenne  allora  (  nell’olimpiade  clxxv.  )  in 
Grecia  ciò  che  non  era  mai  fucceduto  dianzi  ,  cioè  che , 
tranne  la  corfa  de’ cavalli  ,  non  fi  celebrò  in  Elide  neffuno 
degli  altri  folenni  giuochi  olimpici  ;  poiché  quelli  allora  fu¬ 
rono  da  Siila  trafportati  a  Roma  (<?)  .  Leandro  Alberti  parla 
della  metà  fuperiore  d’  una  flatua  di  Siila  efiflente  a’  fuoi 
giorni  a  Cafoli  nella  diocefi  di  Volterra  in  Tofcana  (/)  .  I  Ro¬ 
mani  talora  per  lafciare  un  monumento  di  sè  ai  poderi  non 
ebbero  difficoltà  di  far  incidere  il  loro  nome  fulle  flatue  de¬ 
gli  uomini  celebri  dell’antica  Grecia  ,  come  fe  a  loro  fleffì 
fofsero  fiate  erette  (g)  . 

jf.  32.  In  tempo  di  tanta  miferia  d’Atene  comprarono  i 
Romani  de’  monumenti  dell’arte  da  que:  cittadini  :  così  Cice¬ 
rone  acquiftò  colà  per  mezzo  d’Attico  que’  greci  lavori  co* 
quali  abbellì  la  fua  villa  ,  e  mandogli  i  difegni  dei  lavori  che 
Tom.  IL  P  p  bra- 


(a)  ibid.  pag.  r  pg.  B. 

(b)  Plin.  lib.  36.  cap.  6.  feci.  p. 

(c)  Strab.  llb.  13.  pag.  007.  A. 

(d)  Pauf.  lìb.g.  cap.  33.  pag.  777. 


(f)  App.  De  bell.  civ.  lib.  T.  pag.  41 2.  C- 
( /  )  Deferir,  d’ital.  pag.  p6.  b. 

(g)  Cic.  ad  Ace.  lib.  6.  ep.  1,  [Vedali  al 

Libro  XI.  Capo  1.  2 .  in  fine  . 


LIB.  X. 
CAP.  III. 


298  Sto  RIA  d  ELLE  Arti 

bramava  .  Tale  almeno  ,  cred’io  ,  efser  deve  il  fenfo  della  vo¬ 
ce  latina  typus  ( a )  ,  che  da  neffuno  è  fiata  finora  ben  efpo- 
fta  (a)  ,  fe  non  che  potrebbe  pure  intenderli  della  mifura  de’ 
pezzi  che  Cicerone  voleva  efeguiti .  Egli  richiefe  in  oltre  a 
quello  amico  una  nota  delle  pitture  efillenti  in  una  di  lui  vil¬ 
la  dell’Epiro  ,  detta  Amaltea ,  per  farle  imitare  nella  propria 
villa  d’Arpino  ,  promettendo  nello  llefso  tempo  di  mandargli 
in  ifcambio  nota  di  quelle  che  ivi  già  avea  (b)  . 

jf.  33.  Tutte  le  altre  contrade  della  Grecia  non  offrivano 
allo  fguardo  fe  non  tracce  funefte  di  defolazione .  Tebe  ,  la 
famofa  Tebe  ,  che  era  pur  giunta  a  rimetterfi  nel  fuo  fplen- 
dore  dopo  i  difaftri  fofferti  fotto  Alefsandro  ,  non  inoltrava 
allora ,  fe  fi  eccettuino  alcuni  tempj  nell  antica  rocca ,  che 
diftruzione  e  ruine  (c)  .  Siila  Taccheggiati  avea  i  tre  più  ce¬ 
lebri  tempj  della  Grecia  ,  cioè  quello  d’ Apollo  a  Delfo  ,  quel¬ 
lo  d’EfcuIapio  in  Epidauro  ,  e’1  terzo  di  Giove  in  Elide  (d)  . 
Sparta,  febbene  avefse  ancorai  Tuoi  re  e  un  teriitorio  ai  tem¬ 
pi  della  guerra  civile  tra  Cefare  e  Pompeo  ( e )  ,  era  allora 
poco  men  che  difabitata  (/')  .’  di  Mefiene  non  altro  più  ri¬ 
maneva  che  il  nome  (g)  ;  ed  offerva  Plutarco  che-la  Grecia 
tutta  poteva  appena  armare  3000.  uomini  ,  quanti  dati  ne 
avea  la  fola  città  di  Megara  nella  battaglia  di  Platea  contro 
i  Perii . 

jf.  34.  In  migliore  flato  non  erano  la  Sicilia  e  la  Ma¬ 
gna  Grecia,  e  riguardo  a  quella  n’era  flato  in  gran  pai  te  ca¬ 
gione  l’abborrimento  generale  deltatofi  contro  i  Pittagorici . 
incendiate  ne  furono  tutte  le  fcuole ,  e  i  più  ragguardevoli 
fra  loro  efigliati  fi  videro  ,  o  nielli  a  morte  (h)  .  Allora  gran 


( a )  idem  lib.  t.  epifl.  io. 

(a)  Vegg.  Tom.  I.  pag.  i  86.  noi.  e. 

(i)  ibid.  epift.  16.  [  Promette  di  mandargli 
qualche  fua  opera  da  leggere  . 

(c)  Pauf.  lib.p.  c.  8.  pag.727. ,  Dio  Chryf. 
Orat.  7.  pag.  123.  B.  [  Era  (lata  diftrutta 
con  Calci ,  e  Corinto  da  L,  Mummio  ,  Epi- 


:ome  Livii  lib.  4.3.  , 

(d)  Conftant.  Porphyrog.  Excerpt.  Diodor. 

■>as.  4-0  6. 

te)  App.  De  bell.  end.  I •  a-  V-  47  2- Princ ’ 
(/)  Strab.  lib.  8.  pag.  SS7 • 

(g)  ibid.  pag.  ss ?•  E. 

(fi)  I’olyb.  lib.  2.  pag.  1 26.  B, 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  29^ 

danno  ne  venne  alle  arti  ,  le  quali  infieme  alla  filofofia  era -ss=5== 
no  colà  (late  nel  più  bel  fiore  .  Delle  molte  celebri  e  pof-  LIB'  x 

1  A  CAP.  II 

Tenti  città ,  che  in  quelle  contrade  fiorito  aveano  al  princi¬ 
pio  della  romana  monarchia  ,  appena  Terbavano  qualche 
fplendore  Taranto  ,  Brindili  (a),  e  Reggio  .  Nella  prima  v’era 
una  bella  Europa  fedente  fui  toro  ,  ed  una  fiatila  di  giovane 
Satiro  nel  tempio  di  Velia;  e  nell’ultima  una  aliai  pregevole 
Venere  di  marmo  (b)  .  Crotone,  le  cui  mura  altre  volte  a- 
veano  avute  dodici  miglia  di  circuito  ,  e  i  cui  abitatori  ol- 
trepalfato  aveano  il  miglione  ,  nella  feconda  guerra  punica 
appena  conteneane  ventimila  (c)  .  Poco  prima  della  guerra 
contro  Perfeo  re  di  Macedonia  ,  il  cenfore  Quinto  Fulvio 
Fiacco  fcoprir  fece  il  famofo  tempio  di  Giunone  Lacinia 
prelTò  la  mentovata  città  ,  per  trafportarne  a  Roma  le  te¬ 
gole  marmoree  defiinate  a  fervir  di  tetto  al  tempio  della 
Fortuna  Equeitre  da  lui  fatto  edificare  (d)  ;  febbene  portate 
appena  in  Roma ,  dovè  rimandarle  ove  prefe  le  avea  (1)  . 

P  p  2  Jf.  35.  In 


(u)  Strab.  lib.  6.  pag.  430.  A. 

(è)  Cic.  in  V err.  ad.  2.  lib.  4.  cap.  60. 

Ce)  Liv.  lib.  23.  cap.  21.  n.  30. 

(d)  idem  lib.  42.  cap.  4.  n.  3.  [Vedi  qui 
avanti  pag.  1  60. 

(i)  Per  non  interrompere  ai  leggitori  il 
filo  della  Storia  colle  troppo  frequenti  note 
fi  è  giudicato  più  fpediente  di  qui  raccogliere 
in  una  fola  le  principali  oflVrvazioni  che  fa 
il  fignor  Heyne  in  una  fua  Memoria  intito¬ 
lata  Saggio  fulle  epoche  degli  anijli  prefo 
Plinio  .  V.  Sammlung  Antiquarifcker  auf 
saene  &c.  Leipfg  t  778.  ,  fopra  quanto  dice 
ne’  due  Libri  IX.  e  X.  il  noftro  Autore  ,  gli 
abbagli  del  quale  ha  prefo  a  rilevare  e  cor¬ 
reggere  ,  ove  fpecialmente  colla  feorta  di  Pli¬ 
nio  vuol  fidare  le  epoche  degli  ardili .  Non 
può  negarli  che  non  abbia  egli  fpelfo  ragio¬ 
ne  ;  ma  gli  amici  di  Vv’inkclmann  avrebbero 
defiderato  in  lui  un  certo  ritegno  nel  ripren¬ 
dere  uno  delittore  accreditato  ,  e  che  cali 
ftelfo  coronò  coll’elogio  di  cui  abbiam  data 
la  traduzione  . 

Due  fono  i  prin'ipaii  queliti  proporti  dal 
celebre  profellore  di  Gottinga  : 

I.  Su  quai  fondamenti  s’appoggino  le  epo¬ 
che  degli  artijii  fijfate  da  Plinio  ? 


II.  Ove  abbia  quefti  prefo  quanto  firive  in¬ 
torno  la  ftoria  dell' arte  ì 

Dicefi  che  un  attilla  fioriva  in  un  deter¬ 
minato  tempo,  o  perchè  allora  prodotte  ab¬ 
bia  le  opere  che  gli  hanno  fatto  un  nome  , 
o  perchè  felici  fodero  le  circoftanze  di  quel 
tempo  ,  e  favorevoli  al  miglioramento  delle 
arti  .  Sembra  che  Winkelmann  nel  fidare  le 
epoche  ,  per  lo  più  abbia  a  quelle  riguardo  ; 
e  fra  ede  molto  concede  alla  liberta  ed  al 
clima  .  Oderva  però  Heyne  che  nemmeno 
in  dò  è  collante  ;  poiché  talora  ne  attribuifee 
l’avanzamento  al  patrocinio  de’  grandi  ,  al 
ludo  ,  al  capriccio  ,  e  ad  altre  limili  cagioni . 

La  liberta  però  fembra  a  Vdinkeìmann 
quella  che  v’abbia  avuta  la  maggior  influen¬ 
za  ;  ma  Heyne  oderva  che  elfa  nulla  opera  , 
fe  unita  non  fia  con  altre  circoftanze  ;  onde 
l’azion  fua  a  poco  riducefi  ,  e  dovente  anzi 
nuoce  al  fifico  ,  al  morale  ,  e  al  politico  in 
guida  da  edere  anche  ruinola  per  le  arti .  Av¬ 
verte  egli  che  ,  ficcome  non  fi  la  ben  defi¬ 
nire  l’edenza  della  liberta  ,  cosi  nemmeno 
fi  può  ben  determinarne  l’attività  ,  che  di¬ 
veda  è  ne’  varj  tempi  e  luoghi  :  Atene  ,  Spar¬ 
ta,  e  Tebe,  dic’egli  ,  avean  una  libertà  ben 
differente  da  quella  che  regnava  nelle  tran- 


LIB.  X. 
CAP.  III. 


300  Storia  delle  Arti 

jf.  3J.  Ili  Sicilia  allora,  dal  promontorio  di  Lilibeo  al 
capo  Pachino  ,  cioè  in  tutta  la  colla  orientale  dell’  ifola  , 

non 


quille  campagne  d'Arcadia ,  a  Foci ,  e  a  Do¬ 
ri  j  e  coll’efempio  di  quelle  ultime  città  ,  che 
certamente  libere  erano  in  Grecia  ,  e  pur 
arti  non  aveano  ,  inoltra  che  poco  alla  li- 
berta  fi  deve.  Dopo  aver  ciò  provato  con 
molti  argomenti ,  palla  Heyne  ad  cfaminare 
le  altre  ragioni  per  cui  cotanto  in  que'  luo¬ 
ghi  e  a  quell’età  fi  perfezionarono  le  arti  ; 
e  vuole  che  ,  più  che  ad  altro,  quefto  fi  deb¬ 
ba  alle  molte  ricchezze  della  nazione  [  co¬ 
me  infatti  da  quelle  Diodoro  lìb.  12.  princ. 
pag.  4.7 p.  ripete  il  fiorir  dell’arte  nei  cin¬ 
quantanni  di  pace  ,  de’  quali  parla  Winkel- 
mann  qui  avanti  alla  pag. 179.  ]  ,  e  al  poco 
ludo  de’  privati  nella  domedica  economia 
[  cui  fi  deve  aggiugnere  una  indicibile  avidità 
di  gloria  ,  che  tutta  animava  la  nazione  ,  e 
una  gara  perpetua  fra  le  rifpettivc  città  di 
forpallàrfi  in  ogni  eofa]  . 

Ma  fu  qual  principio  mai  Plinio  ,  nel  fidare 
le  epoche  degli  artifti  ,  per  lo  più  fceglie  i 
tempi  migliori  per  la  nazione  ,  che  dovente 
pur  furono  quelli  della  libertà  ?  Qui  Heyne 
propone  una  ingegnofa  congettura  .  Plinio , 
dic’egli  ,  non  s’è  già  immaginate  le  epoche 
degli  arridi ,  ma  da  altri  piu  antichi  fcrittori 
le  Ita  tratte  .  Quedi  erano  cronidi  o  dorici , 
che  i  fatti  della  Grecia  efponevano  ;  e  per 
dare  un  certo  ordine  agli  fcritti  loro  ,  divi- 
deanli  in  epoche  ,  fidandole  a  que’  tempi  ne' 
quali ,  dopo  qualche  grande  evento  o  difa- 
llro  ,  la  Grecia  rimanea  tranquilla  .  Quedi 
momenti  di  ripofo  fceglicva  lo  dorico  per 
terminare  il  libro  o’I  capo  ,  e  in  fine  ad  edo 
foggiugneva  tutto  ciò  di  cui  naturalmente 
non  s’era  potuto  far  menzione  nel  racconto 
degli  avvenimenti  ,  rammemorando  per  tal 
modo  gli  uomini  celebri  nelle  fcienze  e  nelle 
arti.  Ecco,  fecondo  lui,  come  naturalmente 
dopo  un  avvenimento  rimarchevole  parlavafi 
da  quegli  dorici  de'  chiari  artidi ,  fenza  che 
quindi  inferir  fi  doveffe  che  appunto  in  que’ 
tempi  aveano  villino  .  Plinio  avea  tali  dorie 
fotto  gli  occhi  mentre  fcriveva  la  fua  ;  e  a- 
vendo  a  parlare  degli  artidi ,  ne  fifsò  le  epo¬ 
che  a  quelle  olimpiadi ,  fotto  le  quali  ne  tro¬ 
vava  notati  i  nomi .  [  Converrebbe  però  fup- 
porre  una  gran  negligenza  ,  e  inefattezza 
tanto  in  quegli  dorici  ,  che  in  Plinio  loro  fe- 
guace  ;  difetti ,  che  per  queda  parte  non  veg¬ 
liamo  in  nefluno  degli  antichi  dorici ,  che  ci 
fono  rimadi ,  come  Tucidide  ,  Diodoro  ,  Pau- 
fània  ,  Eufebio,  ed  altri,  i  quali  feguotio  l'or¬ 
dine  delle  olimpiadi  ,  e  dei  vincitori  in  effe , 
ficcome  neppur  fi  vede  nelle  epoche  filiate  nel 
Marmo  d'Oxford .  A  me  pare  più  verofimile 


che  Plinio  ,  fenza  andar  a  leggere  tante  do¬ 
rie  ,  o  croniche  univerfali ,  abbia  potuto  leg¬ 
gere,  e  copiare  qualcuno,  o  più  dei  tanti  fcrit¬ 
tori  ,  che  particolarmente  aveano  trattato  de¬ 
gli  fruitori  ,\e  pittori  ,  e;  delle  loro  opere  ,  e  in 
generale  delle  arti  del  dilegno  ,  varj  de’  quali 
egli  dello  allega  ,  altri  ne  riportano  Ateneo  , 
Laerzio  ,  i  Filodrati  ,  ed  altri ,  e  poffono  ve¬ 
derli  numerati  da  Giunio  De  piB.yeter.  lìb. 2. 
c.3.  ^.3.  p.S S-  e  SÓ-  >  e  ^  Fabricio  Biblioth. 
gnca  ,  Tom.  il.  I.  3.  c.  24.. p.  jOO.  fegg.  Elfi 
potevano  entrare  in  un  più  minuto  racconto  , 
e  dettaglio  ,  che  que’ cronidi  ,  o  dorici  ;  e  a- 
vranno  avuto  le  loro  ragioni  di  adeguarne  le 
epoche  in  quella  guifa  -,  e  alcuni  tanto  mag¬ 
giormente  potevano  dar  giudizio  delle  opere  , 
e  del  merito  degli  artidi  rifpettivi,  quanto  che 
eglino  deffi  erano  arridi  ugualmente  .  ] 

Se  queda  fpiegazione  non  fi  ammetta  ,  co¬ 
me  renderemo  noi  ragione  di  quegli  artidi 
che  veggonfi  eccellenti  tutto  in  un  tratto  ,  do¬ 
po  quindici  o  venti  anni  di  vuoto  ?  Si  fon  e- 
glino  formati  fenza  maedri ,  e  in  un  momen¬ 
to  ?  Se  fono  l'edetto  della  libertà  e  del  cli¬ 
ma  ,  perchè  fol  nafcono  in  Atene  ,  alcuni  a 
Sicione  e  a  Cotinto  ,  e  pochi  o  nilTuno  altro¬ 
ve  ?  Se  fono  l’effetto  della  tranquillità  ,  co¬ 
me  mai  una  pace  tra  Atene  e  Spatta  produce 
gli  artidi  ad  Efefo  e  a  Rodi  3  Aggiungafi  che 
alcune  di  quede  epoche  cadono  in  tempo  di 
guerra  ,  ed  altre  in  tempi  in  cui  la  Grecia 
avea  perduta  la  fua  liberta  . 

Filfa  Plinio  l’ epoca  prima  della  fcultura  all’ 
olimpiade  lxxxiii.  ,  e  Fidia  in  ella  ,  perchè  , 
foggiugne  Winkelmann  [  nella  prima  edizio¬ 
ne  in  lingua  tedefca  pag.  332. ,  e  pag.  189. 
Tom.  il.  della  traduzione  francefe  j  ,  Fidia 
fatto  aveva  allora  il  fuo  Giove  Olimpico ,  c 
regnava  la  pace  in  tutta  la  Grecia  . 

Ma  ,  dice  qui  Heyne  ,  la  pace  generale  , 
di  cui  parla  Diodoro  citato  da  W  inkelmann  , 
appartiene  all’anno  terzo  dell’olimp.Lxxxi  v., 
e  nell'anno  fecondo  dell’olimpiade  anteceden¬ 
te  erano  in  guerra  gli  Ateniefi  contro  la  lega 
Beotica  .  [  Con  queda  offervazione  del  fignor 
Heyne  ,  il  fignor  Huber  nella  fua  traduzione 
Tom.  ni.  pag.  26.  ha  voluto  emendare  il  re¬ 
do  di  ’Winkelmann  .  Forfè  il  fig.  Heyne  non 
avrà  letto  bene  Diodoro  al  luogo  citato  lopra 
alla  pag.  188.  not.a.  .  ove  precifamcnte  fida 
la  detta  pace  all’olimpiade  lxxxiii.  anno  1 1 1 . 5 
e  avrà  equivocato  coll’altro  paffo  dello  dello 
Diodoro  poco  dopo,  cioè  %.z6.  pag.  4.9  jr.  > 
ove  all’olimpiade  lxxxiv.  anno  ni.  parla  de¬ 
gli  effetti  di  quella  pace  .  L’errore  di  Winkel- 
mann  è  di  aver  detto  anno  il.  in  vece  del  ni., 


LIB.  X. 
CAP.  III. 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  301 

non  vedeanfì  che  mine  ed  avanzi  di  città  altre  volte  floridi  f- 
fìme  (a)  .  Siracufa  però  tenealì  ancora  per  la  più  bella  tra 

le 


(a)  Strab.  lib.  6.  pag.  417.  C. 


Quale  fi  ricava  da  Diodoro,  e  da  Paulania,  che 
ho  aggiunto  alla  detta  pagina]  .Altronde  Fi¬ 
ala  non  aveva  allora  lavorato  ancora  il  filo 
Giove  .  Palla  quindi  a  trattare  a  lungo  di 
quefto  principe  degli  fcultori  ;  dimoftra  che 

nell  Olimpiade  Lxxxrn.  cominciò  la  fila  Mi¬ 
nerva,  e  finilla  nelPolimpiade  lxxxv.  [  fe¬ 
condo  Eufebio  Chron.  I.  z.  ad  ann.  mdlxx. 
Pa$.^,3z•,  c . cosl  avea  fcritto  Winkelmann 
nella  detta  prima  edizione  tedefeapd^.  333., 
e  traduzione  francele  pag.  1 90.  citando  Dod- 
wello  ,  e  lo  Scoliafte  d'Ariftofane  in  Pcc. 
verj.  604.  ;  ma  poi  in  quella  feconda  edizio- 
’  ‘°lua.  alia  pag.  1  pz.  §.  1  2.  fida  l’anno  1. 
«eli  olimpiade  lxxxvii.  ,  probabilmente  do¬ 
li0  \°  Scaligero  ,  il  quale  nelle  Animadver- 
lioni  all  opera  d  Eufebio  ,  pag.10  y.  avverte, 
che  dovrebbe  effervi  errore  di  due  olimpiadi , 
della  lxxxv.  per  la  lxxxvii.  ;  argomen¬ 
tandolo  dall  anzidetto  Scoliafte  ,  che  dice  fi¬ 
nita  la  Pallade  lotto  1  arconte  d’ Atene  Pitodo- 
il  quale  appunto  cade  nel  detto  anno  1. 
dell  olimpiade  lxxxvii.  ,  come  può  vederli 
anche  predo  il  P.  Corfini  Fajìi  att.  Tom.  ni. 
pag.  227.  Quelli  però  alla  pag.  z  1  S.  col  Pal- 
merio  crede  che  abbia  errato  lo  Scoliafle  nel 
nome  dell  arconte  ;  e  che  veramente  Fidia  ab¬ 
bia  cominciata  la  detta  (tatua  nell'olimpiade 
lxxxiii.,  e  l  abbia  terminata  nella  lxxxv.]; 
lolpetta  che  fuppofto  fia  quanto  leggiamo  in- 
terno  alla  (ua  fuga  in  Elide,  e  alle  accule  date- 
8r'  di  replicato  furto  d’010  sì  nella  Minerva 
che  nel  Giove;  prova  che  a  quello  lavorar  non 
P°Ie  ’c  n°n  nell’olimpiade  lxxxvi.  ,  o  piut¬ 
tosto  nella  feguente  [  come  ha  detto  Win- 
kelmann  in  quella  feconda  edizione  ,  (opra 
alla  pag.  ipz.  e  194.  ]  ,  traendone  principal- 
mente  argomento  [  come  avea  fatto  il  Padre 
Corlini  loc.cit.  pag.  zip.)  da  una  figura  che 
ìvt  era  limile  al  fuo  Pantarce  ,  cioè  alla  (tatua 
d  un  fanciullo  da  lui  amato  ,  in  atto  di  legarli 
con  una  benda  la  fronte  ,  in  fegno  della  co¬ 
rona  da  lui  riportata  nell’olimpiade  lxxxvi.; 
e  congettura  con  molto  ingegno  che  gli  er¬ 
rori  di  cronologia  intorno  a  Fidia  fiano  nati 
dal  non  aver  riflettuto  che  gli  fiorici  parla¬ 
rono  di  lui  e  delle  cofe  fue  ,  non  avendo  ri¬ 
guardo  ai  tempi  proprj  ,  ma  ad  alcune  gran¬ 
di  circoltanze  che  loro  fervivano  a  fi  (far  le 
epoche  generali  della  fioria  .  A  quelli  abba¬ 
gli  riguardo  a  Fidia  hanno  anche  dato  luo¬ 
go. f=er/1  antichi  fcolj  da  più  d’uno  fatti  ad 
Anltofanc  ,  1  quali  infieme  uniti  hanno  pre¬ 
sentato  un  ferdo  diverfo  da  quello  che  avel¬ 
lerò  originalmente  ,  e  divili  . 


Fida  Plinio  un’altra  epoca  nell'olimpiade 
xcv.  Ma  non  v’ è  neflùn  tratto  ftorico  rela¬ 
tivo  all’arte ,  che  ciò  determini  ,  e  nemme¬ 
no  alcuno  di  quegli  avvenimenti ,  che  fecon¬ 
do  Winkelmann  faceano  germogliare  le  ar¬ 
ti.  [Pare  giuftiflìmo  quello  afiegnato  da  lui 
alla  pag.  zi  7.  Potrebbe  elfere  anche  il  fecon¬ 
do  incendio  del  tempio  di  Diana  Efefina  ,  fi f. 
lato  allarmo  iv.  di  quella  olimpiade  da  Eu¬ 
febio  .]  Succede  bensì  un  fatto  memorabile 
per  fervir  d’epoca  ad  uno  ftorico  ,  cioè  la  mor¬ 
te  di  Socrate  ;  ond’è  verofimile  che  gli  artilli , 
riferiti  da  Plinio  a  tal  olimpiade  ,  altro  rap¬ 
porto  non  v’abbiano  che  quello  già  da  noi 
divifato . 

La  terza  [quarta]  epoca  è  all’olimpiade  cu., 
epoca  convenevole  alla  ftoria  generale  della 
Grecia  ,  poiché  in  ella  allearonfi  gli  Ateniefi 
coi  Lacedemoni  ,  e  in  elfa  pur  fi  diede  la  bat¬ 
taglia  di  Leutra  sì  gloriofa  pe’  Tebani  . 

Nella  vita  di  Piallitele  e  d'Eufranore  ,  po¬ 
lli  da  Plinio,  nell’olimpiade  civ.  nulla  trovia¬ 
mo  ,  per  cui  in  quella  piuttollo  che  in  un* 
altra  debbanli  fidare  ;  ma  troviamo  bensì 
a  quello  tempo  un’epoca  memorabile  nella 
greca  ftoria  ,  cioè  la  battaglia  di  Mantinea  , 
in  cui  perì  Epaminonda  ,  e  che  feguita  fu 
poi  da  una  pace  generale  .  Winkelmann  ri- 
ferifee  a  quelli  tempi  la  liberazione  d’Atene 
per  opera  di  Trahbulo  ;  ma  quella  avvenuta 
era  nell’olimpiade  xciv.  [  Quella  è  fiata  una 
fvilla  di  Winkelmann  ,  che  non  fi  è  ricorda¬ 
to  a  quel  luogo  ,  cioè  alla  pag.zzz.  ,  di  aver 
già  fidata  prima  alla  pag  z  1 7.  la  liberazione 
d’Atene  per  mezzo  di  Trafibulo  a  quella  o- 
limpiade  xciv.  ,  com  e  veramente  feguito  .  ] 

Una  delle  epoche  più  rimarchevoli  per  l'ar¬ 
te  prelTo  Plinio  è  l’olimpiade  exiv. ,  in  cui 
viveano  Lifippo  ed  Aledandro  il  Grande  che 
morì  nell'anno  quarto  di  elfa  f  anzi  nell’an¬ 
no  primo  ,  come  ha  detto  Winkelmann  alla 
pag.  2/7.  Diodoro  lib.  1 7.  §.  peri. pag.  273. 
Tom.  il.  Veggafi .Corfini  Fafii  alt.  Tom.  IV. 
pag.y 0.  si.  ].  Winkelmann  vuole  che  abbia 
in  ciò  avuta  molta  influenza  la  pace  gene¬ 
rale  ;  ma  tal  pace  ,  che  riguarda  la  Perfia  e 
l’India ,  qual  rapporto  aver  potea  colla  Gre¬ 
cia  I  Qui  non  potendo  W'inkelmann  più  fon¬ 
darli  fùlla  libertà  ,  cerca  d’attribuire  i  pro¬ 
creili  dell’arte  alle  ricchezze  e  al  ludo  .  Ma 
e  ben  più  naturale  il  dire  che  lo  ftorico  ,  cui 
Plinio  avea  fiotto  rii  occhi  ,  abbia  fidata  un’ 
epoca  nell’olimpiade  in  cui  morì  Aledandro 
e  che  ivi  abbia  fatta  menzione  degli  artilli 
di  que’  tempi ,  anziché  immaginare  che  Pii- 


LIB.  X. 
CAP.  III. 


302  Storia  delle  Arti 

le  greche  città  ,  di  modo  che  Marcello  ,  quando  l’ebbe  es¬ 
pugnata  ,  guardandola  dall’alto  versò  lagrime  di  compiacen¬ 
za  . 


nio  per  fidare  l’epoca  ,  abbia  calcolata  l'in¬ 
fluenza  della  pace  e  delle  ricchezze  fuh'arte  . 

Lo  ftclTo  dicali  dell’epoca  fidata  nell’olim- 
piade  cxx. ,  in  cui  dopo  la  battaglia  preilo 
l’ipfo ,  e  la  (confìtta  d’Antigono  e  di  Deme¬ 
trio  s'accrebbe  la  poilanza  de'  regni  della  Si¬ 
ria  e  dell’Egitto  per  le  nuove  conquide .  Qui 
foggiugne  Plinio  :  cejfuvit  deinde  ars  :  le  qua¬ 
li  parole  denno  intenderli  del  lìlenzio  della 
ftoria  riguardo  agli  arditi  in  bronzo  per  un 
certo  tempo  ,  cioè  (ino  all’olimpiade  clv.  , 
c  non  già  ,  come  Ipiegolle  Wiokelmann  ,  che 
l’arte  lia  veramente  mancata  in  tutto  quel 
tempo  .  [  A  me  pare  chiaro  ,  che  Plinio  vada 
intelò  come  crede  Winkelmann  .  Egli  dice, 
che  l’arte  mancò  nell’olimpiade  cxx.  ,  e  che 
poi  rifiori  (  revixit  )  nella  clv.  In  quella  no¬ 
mina  otto  foli  arditi  ,  dicendoli  di  gran  lun¬ 
ga  inferiori  per  merito  ai  nominati  nelle  epo¬ 
che  precedenti  .  Or  quello  non  è  un  chiaro 
fegno  ,  che  in  quel  frattempo  erano  manca¬ 
ti  i  buoni  maeftri  ,  e  l'arte  avea  languito  5 
Oltracciò  Plinio  lib.  gf.  cap.  j.  feci.  1  r.  par¬ 
lando  della  pittura  a’  fuoi  tempi  ,  dice  che 
andava  a  perire  ,  e  fi  ferve  di  parola  cor- 
rifpondente  alle  luddette  ceJJ'avit ,  e  revixit , 
cioè,  haBenus  ditium  fit ■  de  dignìtate  artis 
morientis  ;  e  qui  non  può  intenderli  nel  fen- 
fo  del  fignor  Hcyne ,  cioè  del  lìlenzio  degli 
fiorici  ;  ma  baisi  che  veramente  ai  di  lui 
tempi  la  pittura  forte  degenerata  ,  e  quali 
perduta  ,  come  fi  è  veduto  qui  avanti  alla 
p.  7 2.  7  g.  ,  e  1  2g.  che  avvenne  realmente  .  ] 
L'olimpiade  clv.  fu  certamente  poco  favo¬ 
revole  ai  progreflì  dell’arte  nella  Grecia  ,  ove 
l’Acaja  e  la  Macedonia  erano  già  provincie 
romane  ;  ma  in  elTa  avvenne  la  morte  di  Eu¬ 
mene  li.  re  di  Pergamo  ,  morte  che  ir.teref- 
lava  egualmente  la  politica  che  le  fetenze  c 
le  arti  ;  e  quindi  fu  quello  tempo  feelto  dallo 
{dorico  per  far  epoca  .  OlTerva  qui  Hcyne 
che  Winkelmann  pag.  26-7.  volenio  trovare 
l’originale  delle  due  tede  di  bafalte  ,  nulla 
dice  di  verolìmile  ,  tanto  più  che  moltiflìmj 
faranno  dati  i  vincitori  aleflandrinì  ,  tra  i 
quali  di  quattro  foli  ci  fono  a  caio  pervenu¬ 
ti  i  nomi.  Nota  altresì  che  l’olimpiade  non 
prendea  già  il  nome  dal  vincitore  nella  corfa 
de’  cocchi ,  come  fcrive  il  noftro  Autore  ;  ma 
bensì  dal  vincitore  nello  rtartio  ,  olila  nella 
corfa  a  piedi .  f  Si  riveda  quel  che  abbiamo 
detto  noi  alla  detta  pag.  2  67.  efeg.  ] 

Plinio  in  un  dillinto  capo  parla  delle  epo¬ 
che  de’  pittori  antichi  ,  e  fempre  lui  mede- 
fimo  principio ,  poiché  le  tralfe  dai  rnedefi- 
rni  fonti .  fida  1’  epoca  prima  nell’  olimpia¬ 


de  xc. ,  ma  dalla  fioria  abbiamo  efler  la  pit¬ 
tura  in  Grecia  molto  più  antica.  Se  gli  au¬ 
tori  ,  dai  quali  edraeva  Plinio  l’opera  ,  non 
ne  parlavano  ,  egli  e  perche  proponeanlì  di 
riferire  fidamente  i  nomi  de’  pittori  rinoma¬ 
ti  ,  quali  al  certo  non  furono  i  più  vecchi . 
Del  redo  erangh  ben  noti  Paneno  fratello  di 
Fidia,  e  Fidia  dello,  Poiignoto  e  Micone  ; 
anzi  fcrive  altrove  che  ne’  giuochi  filmici  e 
pitici  eravi  coirtela  di  pittura,  ove  Timago- 
ra  ebbe  il  premio  .  [  Veggafi  Tom.  1.  p.  257. 
E  perchè  non  dire  ,  che  appunto  fu  quelli 
fondamenti  Plinio  lib.  gg.  cap.  S.  feft.  g4- 
vuole  ,  che  fra  molto  anteriore  l’epoca  della 
pittura ,  e  critica  gli  fcrittori  greci  ,  che  vo¬ 
levano  fidarne  la  prima  alla  detta  olimpia¬ 
de  xc.  ,  quando  era  cofa  indubitata  predo 
tutti  ,  che  appunto  Paneno  fratello  di  ridia 
nell’olimpiade  Lxxxm.  avea  dipinto  lo  feu¬ 
do  ,  che  imbracciava  la  datua  di  Minerva  in 
Elide  ,  opera  di  Colore  ;  e  che  Fidia  era  dato 
pittore  prima  che  fcultore  ,  cioè  molto  pri- 
dell’ olimpiade  lxxxiv.  ,  in  cui  fida  la  di 
lui  celebrità  nella  fcultura  ;  e  Bulatco  ,  di 
cui  fi  è  parlato  da  Vfinkclmann  qui  avanti 
pag.  166.,  etafi  refo  chiaro  prima  dell’  olim¬ 
piade  xvm.,  in  cui  morì  Candaule  re  di  Li¬ 
dia  ,  e  circa  i  tempi  di  Romolo  ?  ] 

L’epo-a  prima  de’  pittori ,  come  dicemmo  , 
vien  fidata  all’olimpiade  xc.  ,  epoca  ottima 
per  la  doria  ,  poiché  fi  rtabilì  allora  nella  Gre¬ 
cia  la  celebre  tregua  di  fo.  anni  .  [  Si  {Labili 
nell’olimpiade  lxxxix.,  come  ha  detto  Win- 
kelmann  alla  pag.i  pg.  princ.  ;  e  precifamente 
nell’anno  ni.  Diodoro  lib.:  2.  §.74..  P.  SS0-  ] 
Scrive  Plinio  [/.  y/.  c. 9. /è<5.  ? 5.  §.z.  1  che  al¬ 
cuni  collocano  a  quelli  tempi  Seufi  [  non  ha 
mai  detto  tal  cofa  ]  porto  da  altri  all’olimpiade 
lxxxix.  ,  e  da  lui  alla  xcv.  Ma  quelle  diffi¬ 
colta  cronologiche  nel  (Ulema  di  Heyne  fa¬ 
cilmente  fi  fpiegano  ,  ammettendo  differenti 
fcrittori  ,  che  in  diverfe  epoche  abbiano  di- 
vifa  la  loro  doria  .  Chi  fa  eziandio  che  qual¬ 
che  fcrittore  non  abbia  parlato  di  Seufi  rela¬ 
tivamente  a  qualche  anno  anteriore  alla  fua 
efiden7a  e  alla  fua  fama,  e  che  uno  ferir¬ 
tele  fudeguente  non  abbia  prefo  tal  anno 
per  quello  della  fua  gloriai  L'olimpiade  xciv. 
in  cui  vide  Apollodoro  ,  fu  altresì  celebre  pel 
fine  della  guerra  peloponnelìaca  sì  dannofa 
agli  Ateniefi  .  [  Winkelmann  pag. 21 7.  lo  fida 
all'anno  1.  ;  ma  erra  ,  e  con  lui  il  fig.  Hey- 
ne  ,  poiché  finì  nell'anno  iv.  dell’olimpiade 
xeni.  Diodoro  lib.  1  g.  §.  r  o-r.pag.  629.  ] 
Per  Seufi  non  fidamente  fida  Plinio  l’olim¬ 
piade  xcv.  ,  ma  eziandio  l'anno  quarto  di 


k 


da  Alessandro  il  Grande  ec.  303 

za  (a)  .  Cominciò  a  difufarfi  allora  la  lingua  greca  nelle  gre- ! 
che  città  d’ Italia  ;  e  al  riferir  di  Livio  ( b ) ,  poco  prima  della 
guerra  contro  Perfeo  ,  cioè  nell’anno  di  Roma  572.  ,  il  Sena¬ 
to 


lib.  x. 

CAP.  141. 


efla  .  Perche  ciò  ?  Forfè  perchè  avea  Seufi  fat-  fer  coerenti  1  .  Molti  hanno  in  ciò  riprefo 
ta  allora  la  prima  fua  opera?  Ma  Plinio  flef-  Plinio,  avendo  quelle  tre  arti  un'antichità 
lo  parla  d'un  Pan  ,  che  egli  già  dianzi  di-  a  un  di  predo  eguale  ;  ma  egli  facilmente 
pinto  avea  ,  e  dato  in  dono  ad  Archelao  re  vien  giuftificato  le  gli  fiorici  ,  da' quali  trae- 
di  Macedonia ,  morto  nell'anno  fecondo  [o  va  le  fue  notizie  ,  non  fecero  mai  menzione 
nel  primo,  fecondo  Diodoro  lib.  1 4.  §.  37.  di  pittori  e  di  flatuarj  prima  di  Fidia.  [  Sc- 
Vag-  67 1  ■  ]  della  medefima  olimpiade  .  Plinio  condo  ciò  che  abbiamo  riferito  qui  avanti 
non  altro  volle  dire  fe  non  che  allora  Seuli  Plinio  fa  vedere  ,  che  quegli  fcrittori  da  lui 
viveva ,  e  lo  dille  perchè  avealo  letto  .  Lo  fio-  feguitati  in  quella  parte  avevano  mancato  , 
rico  che  avea  fott'occhi  fifsò  vcrolìmilmente  benché  forfè  facertero  a  lungo  la  fioria  dell’ 
1  epoca  a  quell  anno ,  perche  in  elio  Agehpoli  arte,  e  degli  ardili  ;  ed  egli  li  convince  di 
fuccedc  ad  Agide  nel  governo  di  Sparta  ,  e  errore  colle  notizie  ,  che  debbe  aver  tratte 
n  preparò  i  mezzi  alle  gloriofe  imprefe  che  da  altri  fcrittori,  che  forfè  ne  aveano  par- 
fece  nell'anno  fogliente  .  Da  ciò  argomenta  lato  foltanto  di  paiTaggio  .]  Parla  quindi  di 
Heyne  che  l'autore  feguito  da  Plinio  foire  Piallitele  e  di  Scopa  ,  di  cui  difficilmente  fi 
un?  a,  Fu‘  “e"ero  principalmente  a  cuore  le  fida  l’epoca  a  cagione  delle  contraddizioni 
cofe  di  Sparta,  e  conchiude  che  forte  quell'  degli  fcrittori. 

eforo  flello  rammentato  da  Diodoro  ,  che  Non  approva  Heyne  la  correzione  fatta  da 
cominciata  avea  la  fua  fioria  dal  ritorno  de-  Winkclmann  qui  avanti  pag.i  98.  di  Scapo  in 
&h  Etaclìdi  . v  _  vece  di  Scopa  ,  e  orterva  che  febbene  non 

L  olimpiade  cvn.  e  l'epoca  de’pittori  E-  fi  leggerte  in  Plinio,  che  egli  avea  lavorate 
chione  e  Timomaco ,  e  probabilmente  lo  fio-  le  colonne  del  tempio  di  Diana  Efefina  ,  la 
rico  ne  fece  menzione  a  quelli  tempi,  per-  difficoltà  fuffiflerebbe  egualmente,  perchè  lo 
che  fi  edifico  allora  il  Maufoleo  ,  monumen-  florico  in  un  luogo  lo  fa  coevo  a  Fidia ,  [  cioè 
to  grande  per  le  arti,  eflèndo  morto  Mau-  nel  lib.  34.  cap.  8.  feti.  1  9.  princ.  lo  mette 
folo  nell  anno  quarto  [o  nel  fecondo,  co-  nell’olimpiade  lxxxvii.  ,  dopo  aver  collo- 
me  fcnve :  Plinio lib.  36. ■  cajz.  4.  feci.  4.  §.  p.  ,  cato  Fidia  nell’olimpiade  lxxxiv.  fecondo 
CCrJ'/  11  rt  dell  olimpiade  evi.  l’edizione  d’Arduino  ,  che  noi  adopriamo  , 

.  D  Aperte  fi  fa  menzione  all’olimpiade  cxii.  o  nella  txxxm.  fecondo  le  anteriori  edi- 
m  cui  fini  1  impero  perfiano,  effendo  parta-  zioni  ,  che  ha  feguito  il  fignor  Heyne  ]  c 
ta  la  Perfia  fiotto  il  comando  à'Aleflandro  do  in  un  altro  lo  annovera  fra  coloro  che  han- 
po  la  battaglia  d  Arbela  .  Ecco  per  tanto  tro-  no  lavorato  al  Maufoleo  per  ordine  d’Arte- 
vata  la  ragione  dell’epoca.  E  certo  però  che  mifia  nell’olimpiade  cvn.  Ma  fe  fupponghia- 
Apelle  ville  lungo  tempo  dopo  Aleflandto ,  mo  che  Plinio  abbia  compilate  le  fue  noti- 
poiche  dipinfe  il  re  Antigono  ,  vide  Tolomeo  zie  da  diverfi  fcrittori,  che  non  erano  d’ac- 
alla  corte  d'Aleflandria  ,  e  fu  coevo  di  Pro-  cordo  fra  di  loro  ,  certa  ogni  difficoltà  .  Tuc- 
togene  ,  il  quale  vivea  nell’olimpiade  exix.  to  però  ben  efaminando  ,  fenibra  che  Scopa 
IVeggafi  qui  avanti  pag.z^g.  _]  abbia  viffuto  più  tardi  che  non  vuole  Win- 

Per  le  epoche  degli  fcultori  in  marmo  Pii-  kelmann  ;  ed  è  più  probabile  che  ,  fe  v'è  er- 
lu°  hV- jrna  .“'dietro  ,  e  orterva  che  Dipeno  rore  ,  fia  ne'  luoghi  ove  fe  ne  rapporta  fem- 
e  Scillide  viveano  a  un  di  preffio  all'ohm-  plicemente  il  nome ,  anzichèinquelline'qua- 
piade  l.  ,  tempo ,  in  cui  forfè  il  fuo  florico  li  fe  ne  riferifeono  le  opere.  Forfè  in  vece 
metteva  le  conquifle  di  Ciro  in  Perfia ,  feb-  di  Scopas  ivi  legger  fi  deve  prerto  Plinio  qual- 
bene  quelte  veramente  appartengano  all’o-  che  nome  analogo  ,  come  leggefi  in  molte 
limpiade  lv.  Nella  tx. ,  in  cui  Ciro  all'im-  edizioni  Phradinon  &  Myron  in  luogo  di 
pero  medo  e  perfiano  unì  il  babilonico  ,  col-  Phr&gmon  &  Micon  . 
loca  Bupalo  ed  Antermo.  _  Se  per  tanto  Scopa  è  pofleriore  a  Prartite- 

1  roliegue  Plinio  a  fillare  in  generale  i  co-  le,  vanno  a  terra  tutt'i  bei  ragionamenti  di 
minciamenti  della  lcultura ,_  pe  quali  rimonta  Winkelmann  ,  che  dalla  Niobe  ,  fuo  lavoro , 
uno  al  principio  delle  olimpiadi ,  e  fiffa  quelli  determinar  vuole  quale  forte  l'antico  carat- 
della  pittura  e  della  flatuaria  all’  olimpiade  tele  dell’arte  .  [  Si  vedano  le  noflre  riflertlo- 
lxxxiii.  ai  tempi  di  Fidia  [  lib.  36.  cap.  3.  ni  alla  pag.  1 97.  198. 

Jea.j.,%  3.  ,  dopo  che  avea  fcritto  tutto  ciò  (u)  Liv.  lib.  zy.  cap.  1 9.  num.  24. 
che  li  e  detto  qui  avanti  circa  i  principi  del-  Lib.  40.  cap.  za.,  tiutìi.  4.3. 

la  pittura  ;  come  fi  doveva  rilevare  per  ef- 


LIB.  X. 
CAP.  III. 


304  Storia  delle  Arti 

to  conceduto  aveva  alla  città  di  Cuma  di  ufare  il  romano 
linguaggio  ne’ pubblici  affari,  e  nella  vendita  delle  mercan¬ 
zie  (a)  .  Io  fon  però  d’opinione  che  il  decreto  del  Senato 
folle  un  comando  anziché  una  grazia . 


(a)  Livio  forfè  parla  delle  vendite  pubbli-  tore  t  Cumanis  to  anno  petentibus  permif- 
che  all' incanto  ,  che  fi  facevano  anche  allo-  fum  ,  ut  publice  latine  loquerentur ,  6?  pr*« 
ra ,  come  al  preferite ,  per  mezzo  d'uri  bandi-  conibus  latiti  vendenti  jus  tjfet . 


il- 


LIBRO  UNDE  CIMO. 

Storia  dell'arte  greca  predo  i  Romani  dai  tempi 
della  Repubblica  fino  ad  Adriano  . 

Capo  I. 

Stato  delle  arti  del  difegno  in  Roma  —  Prima  del  triumvirato  — 
Te  fi  e  ...  e  Scudo  di  Scipione  —  Ai  tempi  del  triumvirato  .  .  . 
Tempio  della  Fortuna  a  Prenefle  ...  e  Mufaico  di  Palejlrina  - 
Ai  ti  favorite  dal  lupo  .  .  .  principalmente  fotto  Giulio  Cefare  — 
Efercitate  da  greci  liberti ...  e  talor  anche  da  uomini  ingenui  .  .  . 
alcuni  de  quali  rejìarono  tuttavia  in  Grecia  —  Monumenti  di 
que  tempi  —  Statue  di  due  re  prigionieri  ...  e  di  Pompeo  -  Gem¬ 
ma  coll’  effigie  di  Sejìo  Pompeo  -  Pretefe  fatue  di  Mario  ...  e  di 
Cicerone. 


Le  aiti  del  difegno  che  in  Grecia  foilenerfi  non  poteano  in  Stato  delle  ar¬ 
tempi  sì  infelici  per  quelle  altre  volte  floridiffime  contrade  , 
vennero  a  cercare  ricovero  e  vita  in  Roma  ,  ove  la  gioven¬ 
tù  non  fofo  col  greco  linguaggio  apprendea  le  dottrine  de’ 

Tom.  II.  Q^q  gre_ 


LIB.  XI. 
CAP.  I. 


Prima  del  tri¬ 
umvirato  . 


Tede... 


30 6  Storia  dell’  Arte  greca 

greci  filofofì ,  ma  iftruivafì  eziandio  nelle  arti  di  quella  nazio¬ 
ne  .  Dicemmo  già  altrove  (a)  che  Paolo  Emilio  avea  feelti  a 
maefitri  de’  Tuoi  figliuoli  (  fra’  quali  v’era  il  giovane  Scipione  ) 
degli  flatuarj  e  dei  pittori  . 

j)\  1.  Nulla  fi  dirà  dell’arte  che  vi  fiorì  ne’ primi  fecoli 
della  repubblica,  e  fiotto  i  re,  poiché  ella  appartiene  all’ 
arte  etrufica  ,  anziché  alla  greca  ,  e  ne  abbiamo  altronde  par¬ 
lato  abbaftanza  al  Capo  IV.  del  Libro  Vili.  Cominceremo  dai 
tempi  che  precederono  di  poco  il  primo  triumvirato  ,  ram¬ 
mentandone  i  conoficiuti  o  i  fuppofti  lavori  . 

jf.  2.  E  primieramente  fieguendo  qui  la  ricevuta  opinione 
dovrei  rammentare  come  lavori  di  quello  tempo  le  tefte  di  Sci¬ 
pione  ,  ed  un  pretefo  feudo  o  clipeo  d’argento  nel  mufieo  del 
re  di  Francia  ,  in  cui  vuoili  vedere  efiprefla  la  continenza  di 
quell’eroe  romano  (b)  .  Di  tali  tefie  io  pubblicai  (a)  quella  di 
una  gemma  efifiente  in  Roma  nel  mufieo  del  fig.  principe  di 
Piombino  .  Quella  di  bafialte  verdognolo  nel  palazzo  Rofipi- 
gliofi  è  la  più  bella  e  la  più  celebre  ,  ed  eflendo  filata  tro¬ 
vata  nelle  mine  dell’antico  Literno  ,  ov’era  la  villa  di  Scipio¬ 
ne 


(a)  Qui  avanti  pag.  1  6c. 

(b)  Riguardo  alla  fpofa  di  Alludo  principe 
de’  Celtiberi  in  Ifpagna  ,  di  cui  parla  Livio 
/.  26.  c.gy.n.po. ,  o  Indibile  ,  come  lo  chia¬ 
ma  Valerio  Maflimo  l.  4.  c.g.  n.r.  Gli  Editori 
Milanefi  facevano  dire  al  ncftro  Autore  ,  ri¬ 
guardo  a  Sofonisba  fpofa  di  Mafinijfa  ,  forfè 
per  aver  occafione  d' intrudere  in  nota  quan¬ 
to  lìcgue  .  „  Una  gemma  incifa  colla  tefta 
di  Mallìnilfa  fu  pubblicata  da  Antonio  Ago- 
ftini  Gemme  ant.  figur.  num.  66. ,  il  quale  fa 
pur  menzione  d’una  rarirtìma  corniola  della 
dattilioteca  Barberini  [  di  moderno  lavoro  , 
come  fi  conofce  anche  dai  zolfi  ]  ,  in  cui  è 
intagliato  Io  fleffo  re  con  tre  fuoi  figliuoli  . 
Un'  altra  ne  abbiamo  noi  pubblicata  alla 
pag.  172.  aliai  più  pregevole  ,  perchè  unita 
a  quella  di  Maffinilfa  v’  è  la  tefta  ,  o  profilo 
almeno  di  Sofonisba  ,  che  può  darci  un’  idea 
della  beltà  sì  rinomata  di  quella  regina  .  Ivi 
fono  le  medefime  lettere  puniche  che  in  quel¬ 
la  dell’Agoftini ,  i  medefimi  tratti ,  e  lo  1 telfo 
elmo ,  le  non  che  in  quello ,  in  vece  d’una 


biga  ,  v’  è  incifo  un  delfino  che  probabilmen¬ 
te  indica  la  portanza  marittima  di  MartìnilTa, 
o  almeno  il  fuo  dominio  fui  lido  del  mare 
africano  ,  come  il  cavai  macino  nella  gemma 
dell’Agoftini  .  Per  la  ftertà  ragione  veggonlì 
i  delfini  fulle  monete  firaculane  .  Portìede 
quella  gemma  ,  eh’  è  un’  onice  a  due  colori  dj 
lavoro  fìnirtìmo  ,  il  eh.  fignor  abate  Bianconi 
fegretario  perpetuo  della  reale  Accademia  del¬ 
le  Belle  Arti  eretta  in  quella  città  con  fovra- 
na  munificenza  .  L’ovale  foggiunta  al  dife- 
gno  ne  moftra  la  vera  grandezza  „  .  Nè  l’una, 
nè  l’altra  di  quelle  gemme  rapprefenta  Maflì- 
nirta ,  di  cui  abbiamo  il  ficuro  ritratto  nella 
pittura,  che  deferiverò  qui  apprerto  ,  ove  ha 
poca  barba  ,  e  pochi  capelli  come  i  mori ,  e 
ne  ha  pure  il  colore  olivaftro  .  E  quanta  dif¬ 
ferenza  non  v’è  anche  fra  di  erte?  Quella 
deH’Agoftini  potrebbe  elfere  un  Marte  etru- 
feo .  Qualunque  fia  il  foggetto  di  quella  del 
fignor  Bianconi ,  non  fi  ometterà  di  darne  la 
figura  in  appreflo  . 

(4)  Monum.  ant.  ined.  num.  176. 


presso  i  Romani  ec.  307 

ne  il  femore,  ha  fervito  a  riconofcere  ,  e  a  dare  il  nomea 
tutte  le  altre  ,  una  delle  quali  vedefi  nel  ninfeo  Capitolino  (a)  „ 
l’altra  nel  palazzo  Barberini,  la  terza  nella  villa  Albani  (b)  , 
la  quarta  trovali  nel  palazzo  di  Sua  Altezza  il  lignor  prin¬ 
cipe  ereditario  Carlo  di  Brunfvic  ,  da  elfo  acquiftata  a  Roma 
e  la  quinta  di  bronzo  vedeli  nel  mufeo  Ercolanenfe ,  ed  ha 
ella  pure  ,  come  le  fummentovate  ,  un  taglio  in  croce  fui 
cranio  per  indicarne  la  ferita ,  febbene  non  vedali  quello  fe- 
gnato  fuJIa  llampa  pubblicatane  ,  nè  avvertito  nella  fpiegazio- 
ne  (c)  .  Finalmente  v’è  un  inligne  cammeo  di  milord  Forbich 
fomigliante  alla  detta  gemma  (d)  .  Tali  felle  altresì  fon  tutte 
rafe ,  il  che  ci  fa  ricordare  delle  parole  di  Plinio  (a)  ,  fecon¬ 
do  cui  il  primo  che  introduce  l’ufo  di  raderfi  tutt’  i  giorni 
fu  Scipione  ,  primus  omnium  radi  quotidie  injlituit  Africanus  fe- 
quens ,  ma  qui  notili  che  la  voce  fequens  indica  chiaramente 
il  fecondo ,  onde  la  omife  il  Fabri  ( b ) ,  che  voleva  in  quella 
ravvifaie  Scipione  Africano  il  femore  ,  acni  diffatti  apparte¬ 
neva  la  villa  di  Literno  .  Plinio  usò  pur  altrove  (e)  la  voce 
fequens,  dicendo  dello  lidio  Africano  :  libras  xxxn..  argenti 
Africanus  fequens  baredi  reliquie  .  Dovea  altronde  fapere  il  F^abri 
che  il  più  vecchio  degli  Scipioni ,  al  riferir  di  Livio  (r)  ,  Ib¬ 
lea  portar  lunghi  capelli .  Per  tanto  in  tutte  le  mentovate  telle 
dovremmo  riconofcere  l’effigie  del  fecondo  anziché  del  pri¬ 
mo  ,  fe  non  che  nafce  una  difficoltà  dalla  ferita  che  fu  tutte 
vedefi  indicata  .  Del  fecondo  nulla  ci  dicono  gli  fiorici ,  che 

Qbq  2  ferva 


(a)  Quella  ha  l' ifcrizione ,  che  lì  crede 
antica  ,  e  avrà  fervito  a  conofcere  le  altre  . 
Se  lolle  del  fecondo  Africano  vi  li  farebbe 
dovuto  aggmgncrc  Emiliano  ,  o  altra  paro¬ 
la  ,  per  diltinguerlo  dal  primo  . 

.  N°"  raffomiglia  alle  altre  ,  ed  ha  la 

cicatrice  al  di  fopra  della  fronte  .  Quella  bel- 
lillima  ,  che  daremo  qui  appretto,  è  del  Mu- 
lco  Pio-CIementino . 


(c)  Bronci  d'Ercol.Tomo  I.  Tav.39.  e  40 

(d)  Ho  corretto  e  fupplito  quello  para¬ 
grafo  con  ciò  ,  che  dice  Vfinkelmann  nei 


Monumenti  al  numero  citato ,  Par.  iti.  Ca¬ 
po  1  i.pag.  231.  Ivi  aggiugne  che  poca  ,  o 
niuna  lomiglianza  ha  con  quelle  celie  quella 
gemma  del  mufeo  del  re  di  Francia  col  nome 
di  Scipione  ,  data,  da  Manette  Pierr.  grav. 
Tom. il.  pi.  40. ,  e  che  Ce  non  v'è  (lato  incifo 
dopo  il  nome  potrebbe  edere  del  primo  di 
quello  nome  .  Ma  li  veda  qui  appredo  i{.  a. 
(n)  lib.  7.  cap.  j 0.  feci.  jg. 

(»)  Comm.  in  imag.Fulv.Urf.  n.4g.  p.2g, 
(e)  lib.  33.  cap.  1 1 .  feci.  jo. 

(c)  lib.  2$.  cap.  1  7.  nurn.  33. 


LIB. XI. 
CAP.  I. 


LIB.  XI. 
CAP.  I. 


30S  Storia  dell’Arte  greca 

ferva  a  renderne  ragione  ;  laddove  leggiamo  del  primo  ,  che 
nel  fuo  diciottefimo  anno  ,  alla  battaglia  contro  Annibaie  pref- 
fo  il  Po  ,  fu  mortalmente  ferito  allorché  falvò  la  vita  a  fuo 
padre  generale  del  romano  efercito  ( a )  .  Non  dee  però  far 
maraviglia  fe  non  fappiamo  noi  a  quale  dei  due  attribuire 
quelle  tette  (a)  ,  fe  già  ai  tempi  di  Cicerone  non  fapeafi  più 

di- 


(<0  Polyb  lib.  io.  pag.  f77 .D.  [Svanivi 
fubito  la  difficoltà  fe  inkelmann  avelie  ba¬ 
dato  ,  che  Polibio  dice  ferito  il  padre  di  Sci¬ 
pione  Africano  maggiore  ,  non  lui  Hello  ,  al¬ 
lo  cbè  quelli  in  età  di  circa  diecillett'anni  lo 
fottralle  dall’  imminente  pericolo  di  ellerc  op- 
prcllo  dai  nemici  :  Pojìquam  in  acie  putrivi 
Juam  vidijfet  curri  auobus  ,  ailt  tribus  cquitì- 
bas  ab  bojìc  cìrcumvtntum  ,  ac  gravi  edam 
vulneri  affcchim  ;  come  dice  anche  Livio 
lib.  21 .  cap.t  Ì .  n.  4.6. ,  Dione  Calilo  p  re  ilo 
Collantino  Porfirogeneta  Excerpta  ,  pag  600. 
in  fine  ,  e  Val.  Maìlìmo  lib.p.  cap.  4.  ri.  a. 

(a)  Óra  polliamo  dire  con  lìcurezza  ,  che 
appartengano  al  primo  ;  perocché  egli  ha  la 
(Iella  fifonomia  ,  fenza  barba  e  lenza  capelli , 
nella  pittura  ineditj  del  mufeo  Ercolanenfe 
citata  più  volte ,  in  cui  è  rapprclèntato  con 
Malfinilfa  ,  e  Sofonisba  ,  dopo  che  quella 
ebbe  prelo  il  veleno  ,  fecondo  Diodoro  prello 
Collantino  Porfirogeneta  Excerpta  ,  p.2ÌS. , 
Livio  lib.  to.  cap.  1 1 .  num.t  p.  A  quello  non 
otlarebbc  la  difficoltà  dei  lunghi  capelli  ;  per¬ 
ciocché  fcrìve  Livio,  che  così  li  portava  allor¬ 
ché  fi  abboccò  la  prima  volta  con  Malfinilfa 
in  Ifpagna  .  Egli  era  allora  nel  rior  dell'età 
fua  ,  come  dice  lo  Hello  Livio  ,  e  avea  circa 
vcntinov'anni  ;  poiché  ne  avea  circa  dieci- 
fette  ,  come  fi  é  detto  a "ì  avanti  ,  quando 
nell'anno  di  Roma  554.  làlvó  il  padre  fuo  vi¬ 
cino  al  Po  ,  e  fi  abboccò  con  Malfinilfa  nell' 
anno  546.  Non  é  improbabile  ,  che  palfato 
poi  in  Africa ,  ove  li  trattenne  del  tempo  , 
forfè  per  il  gran  caldo  del  paefe  ,  comincialle 
a  raderli  la  tefia  ,  e  il  mento  ;  e  ciò  almeno 
nell'anno  549.  ,  o  anche  prima  ,  elfendofi  in 
quell’  anno  avvelenata  Sofonisba  .  Da  Pli¬ 
nio  ,  fu  cui  fi  appoggia  Vinkclmann  per  at¬ 
tribuire  le  tefie  al  fecondo  Africano  ,  altro 
non  fi  rileva  fe  non  ch'egli  folle  il  primo  a 
raderli  ogni  giorno  ;  e  quello  non  toglie ,  che 
altri  fieni!  ralati  prima  di  lui ,  ed  in  ilpecie 
l'Africano  maggiore  ;  mentre  Wìnkelmann 
Hello  ha  notato  fopra  pag.  1  S4~  ’o- ,  che 

Marco  Livio  dovè  lafciarc  i  legni  di  lutto  ,  c 
di  mefiiz.ia  ,  facendoli  radere  ,  e  tagliar  ca¬ 
pelli  e  barba  ,  per  configlio  del  Senato  ;  il 
che  fu  nell'anno  544.  contemporaneamente  a 
Scipione .  Gli  cruditillìmi  Accademici  Erco- 


lancli  nella  efpofizione  delle  citate  Tavole  , 
pag.  14.0.  hanno  portato  più  avanti  l'argo¬ 
mento  ,  pretendendo  ricavare  da  Plinio  ,  che 
ai  tempi  dell'Africano  maggiore  non  li  ufiilfc 
rader  la  barba  ;  ma  quanto  ciò  ria  fallo  po¬ 
trà  vederti  dallo  Hello  Piinio  ,  che  ho  citato 
alla  detta  pag.  tff.  §.  rp.  ;  e  per  Aulo  Gellio 
lib.  4.  cap.  a..  ,  cui  fanno  dire  lo  Hello  ,  balta 
leggerlo  per  vedere,  che  non  fa  al  propoli to  ; 
non  dicendo  altro  fe  non  che  l' Attirano  mi¬ 
nore  cominciò  a  raderli  la  barba  prima  dei 
quarant'anni ,  che  era  l’età,  in  cui  folevano 
allora  i  nobili  principiare  a  raderli  :  e  volen¬ 
do  olfervar  bene  il  tetto  di  Gellio  pare  che 
quclto  Scipione  non  lì  rateile  la  reità  ,  pe¬ 
rocché  fcrive  foltanto  che  li  radeva  la  barba  : 
e  Plinio  non  dice  fe  (1  radeUe  ogni  giorno  la 
barba  ,  e  la  reità  ,  oppure  la  barba  tolamen- 
te  ,  come  è  più  probabile  ,  sì  perchè  non 
portava  tanto  tempo  ,  c  sì  perchè  la  ragion 
di  mollezza  ,  che  poteva  ellere  nel  rader  la 
barba  ,  non  cadeva  forfè  nei  capelli  . 

L'argomento  che  il  Fabri  ricava  dall'elfere 
Hata  trovata  in  Literno  la  mentovata  teHa 
di  bafalte  ,  non  pare  tanto  dilprczzabile  .  co¬ 
me  vogliono  i  detti  Accademici  ,  e  il  noHro 
Autore  ,  dopo  Gronovio  .  È_ certo  che  là  egli 
aveva  la  fua  villa  ,  in  cui  palsò  tanto  tempo  , 
e  più  probabilmente  vi  morì  c  vi  tu  fepolto  , 
come  fi  ha  la  Livio  lib.  38.  cap.  zr.  num.p6., 
Strabone  lib...  f  pag.372. ,  Seneca  E  nifi  .  86., 
c  da  altri  .  È  certo  almeno  clic  la  vs  erano 
Hatue  ,  c  monumenti  di  lui,  come  fa  oller- 
vare  lo  Hello  Livio  ;  ed  è  ben  probabile ,  che 
piuttoHo  volelfero  averne  dei  ritratti  anche 
gli  abitanti  di  Litcrno  ,  che  sì  lungamente 
converfarono  con  lui ,  e  doveano  credetlene 
onorati  ,  anziché  dell'altro  Scipione  ,  di  cui 
non  fi  fa  che  fu  mai  Hato  in  quel  paefe  ,  q 
in  quella  villa  .  Ne  abbiamo  fondamento  di 
credere  ,  che  nella  Helfa  villa  vi  follerò  altri 
fcpolcri  di  Scipioni  ,  come  vorrebbero  gli  Ac¬ 
cademici  ,  e  molto  meno  del  fecondo  Africa¬ 
no  .  Polliamo  anzi  credere  tutto  il  contrario  , 
primieramente  perchè  nertùno  fcrittore  dice 
tal  cofa  ;  ma  dicono  foto  del  primo  Africano 
che  vi  folle  (epolto  ,  non  mai  dal  fecondo  ; 
come  ,  fe  folle  Hato  veto  ,  lo  avrebbe  det¬ 
to  almeno  Strabene ,  il  quale  molto  meglio 


3°9 

egli 

Sci- 


presso  i  Romani  ec. 
difcernere  la  vera  effigie  di  que’  celebri  uomini  ;  poiché 
racconta  che  a’ giorni  fuoi  era  flato  incifo  il  nome  di 
pione  lotto  una  llatua  equeftre  di  bronzo  ,  trafportata  dalla 
Macedonia  per  ordine  di  Metello  ,  e  con  parecchie  altre  col¬ 
locata  in  Campidoglio  (a)  . 

jf.  3.  Nello  feudo  poi  io  non  credo  in  alcun  modo  che 
vi  fi  rapprefenti  la  continenza  di  Scipione  ;  ma  piuttofto  vi 
ravvifo  Brifeide  renduta  ad  Achille  ,  e  la  riconciliazione  di 
quello  con  Agamennone  (a)  .  Ho  efpoflo  nel  mio  Saggio  full’ 

alle- 


LIB.  XI. 
CAP.  I. 


...  e  feudo  di 
Scipione . 


avrebbe  rilevato  il  pregio  di  Literno  col  dirvi 
fcpolti  amendue  que'  gran  capitani ,  che  coi 
primo  foltanto  :  e  in  fecondo  luogo  le  tante 
ilcrizioni  trovate  finora  nel  fepolcro  della  lo¬ 
ro  famiglia  ,  c  tra  le  altre  quella  del  padre 
dello  fteflo  Africano  minore  ,  fanno  credere  , 
che  ivi  folle  il  luogo  della  comune  loro  fepol- 
tura .  Le  dette  ifcrizioni  poflono  vederli  ripor¬ 
tate  nell’Antologia  Romana  Tom.,  VI.n.49. 
anno  17S0.pag.jS7.,  Tom.  VII.  num.  4S . 
anno  1  78 1 . p.j7 7.  fegg.  ,  Tom.  Vili.  n.  ji. 
anno  1  78 2. pag.  244.  ,  num.  j 2.  pag.  249., 
Tom.  IX.  n.  1  7.  anno  178  j.  pag.  1  87.  fegg. 
num.  2 8.  pag.  227.  Nel  detto  Tom.  Vili, 
p.  249.  li  deferive  la  calla  fepolcrale  di  Sci¬ 
pione  Barbato  ,  che  accennammo  nel  Tom.  I. 
pag.jo.  not.A.  Erta  ,  come  fcrive  il  fig.  abate 
Vifconti  ,  è  di  peperino  del  più  compatto  , 
ha  la  lunghezza  di  palmi  dodici ,  l’altezza  di 
lei  .  e  ia  larghezza  di  cinque.  La  viltà  del 
farto  è  troppo  ben  compenfata  dall’ impor¬ 
tanza  della  ifcrizione,  che  illuftra  e  la  ro¬ 
mana  Roda  ,  e  l'antica  geografia  .  La  mate¬ 
ria  fterta  refta  nobilitata  dal  lavoro  ,  ertendo 
di  fquifiti  ornamenti  abbellita  .  Piuttofto  che 
una  carta  fepolcrale  fembra  un  bafamento  di 
magnifica  architettura  ,  circondato  da  corni¬ 
ce  a  dentelli ,  e  da  un  bel  fregio  lavorato  a 
triglifi  ,  che  lafciano  degli  fpazj  ,  ne'  quali 
fono  leggiadramente  fcolpiti  de’rofoni.  Le 
ar.t‘  >.  gufto  greco  fembra  che  di  già  inco¬ 
minciartelo  a  fgombrare  la  romana  rufticità , 
e  accufarebbero  una  età  meno  remota ,  quan¬ 
do  l’ ifcrizione  non  ci  facerte  conofcere  ,  che 
appartiene  a!  quinto  fecolo  di  Roma  ,  e  che 
c  il  piti  antico  fra^  tutti  i  monumenti  Icritti 
della  romana  antichità  ;  poiché  è  più  antica 
di  quella  di  Lucio  Scipione  di  lui  figlio  incifa 
parimente  in  peperino  ,  come  fi  è  detto  qui 
avanti  alla  pag.  1  jj.  §.  1  8.  ,  e  trovata  nello 
Hello  fepolcro  fin  dal  fecolo  feorfo  ;  ficcome 
è  più  antica  della  ifcrizione  di  Duillio  ,  fia 
originale  ,  fia  copia  fecondo  che  dice  Wir.kel- 
mann  al  luogo  citato  ;  giacché  quelli  fu  con¬ 


fole  quarant’atini  dopo  Scipione  Barbato  .  An- 
nelfa  a  quella  cafa  ve  n'  era  un’altra  ,  che 
conteneva  le  ceneri  di  una  donna  ,  dal  cui  no¬ 
me  Legnato  nel  coperchio  fi  rileva  che  era 
Aulla  Cornelia  figlia  di  Cneo  Cornelio  Sci¬ 
pione  Ilpalo  ,  o  piuttofto  moglie  di  un  Ilpal- 

10  .  Fu  trovata  in  quello  fepolcro  anche  la 
cella  giovanile  incognita  coronata  di  lauro, 
di  cui  ho  parlato  eziandio  alla  detta  pag.jo., 
ed  una  piccola  tefta  alta  un  pollice  in  terra 
cotta  ,  rapprefentante  un  vecchio  Lenza  ca¬ 
pelli  ,  e  fenza  barba  .  Tuttiquelli  monumen¬ 
ti  palleranno  probabilmente  ad  ornare  il  Mu- 
feo  Pio-Clementino  . 

(a)  ad  Alt.  lib.  6.  epift.  z .  [Il  fentimento 
di  Cicerone  è  ben  diverlo  da  quello  ,  e  da 
ciò  che  gli  fa  dire  Winkelmann  qui  avanti 
pag.  297.  Egli  dice  anzi  all'oppollo  che  l’ef¬ 
figie  di  Scipione  Africano  (  non  dice  però  fe 

11  primo  ,  o  il  fecondo  )  fi  fapeva  indubitata¬ 
mente  ,  e  ne  nomina  due  (fatue  ,  una  eret¬ 
tagli  da  Attico  ,  al  quale  fcrive  ,  e  l'altra  più 
antica  ,  che  fi  conofce  ,  dic’cgli  ,  per  fua  dall’ 
atteggiamento  ,  dall’abito  ,  dall’anello  ,  dalla 
filonomia  .  Cicerone  biafimava  foltanto  Me¬ 
tello  perchè  avertè  errato  nel  mettere  alla  ba- 
fe  d’una  ftatua  eretta  da  lui  a  Scipione  Afri¬ 
cano  ,  o  a  Scipione  Nafica  Serapione  ,  che 
non  è  troppo  chiaro  ,  un  titolo  ,  che  non  gli 
conveniva  . 

(a)  Può  vederfene  la  figura  prerto  lo  Spon 
Reckerck.  des  antiq.  &  curiof.  de  la  ville  de 
Lyon  ,  pag.  186.  ,  e  Mifcell.  erud.  antiq. 
fr.8.4.  pag.  1  / 2. ,  ove  lo  dice  del  pefo  di  zi. 
libra ,  del  diametro  di  due  piedi  ,  e  due  on¬ 
de  ,  trovato  nel  Rodano  predo  Avignone 
nel  ifiyé.  Fu  pubblicato  anche  nel  Silio  Ita¬ 
lico  dell’edizione  di  Drakenborchio  al  lib.i /, 
verf.  26 8.  ,  e  fe  ne  parla  nell 'Acad.  des  In- 
fcript.  Tom.  IX.  Hift.  p.i  J 2.  fegg.  Il  fignor 
abate  Bracci  Difsert. fopra  un  clip.  vot.  p.  67. 
e  7 J.  crede  che  rapprefenti  il  fatto  di  Sci¬ 
pione  ,  fenza  darne  nuove  ragioni . 


3io  Storia  dell’  Arti  greca 

u  .  "  allegoria,  ,  e  nella  Prefazione  ai  Monumenti  antichi  inediti  le  ra- 

lib.  xi.  gjonj  per  cui  fu]je  vetufte  opere  dell’arte  dobbiamo  ricerca- 
CAP'  1‘  re  piattello  i  tratti  della  fioria  eroica  de’  Greci ,  che  gli  av¬ 
venimenti  de’  Romani  (a)  . 

aì  tempi  del  jf.  4.  Ne’ tempi  antecedenti  ,  e  prima  del  triumvirato, 
triumvirato.  ne’ Romani  deilato  un  certo  amore  per  le  arti  de’ Gre¬ 
ci  ,  e  teneanll  effe  già  in  molto  pregio  ;  ma  i  collumi  erano 
ancor  troppo  femplici ,  e  troppo  poveri  eran  eff! ,  perchè  gli 
arditi  vi  trovaffero  que’vantaggi  che  le  fanno  fiorire  .  Quan¬ 
do  però  venne  ad  alterarli  l’uguaglianza  de’cittadini  per  la 
preponderanza  d’alcuni ,  a’ quali  colla  prepotenza,  coi  doni, 
e  colla  magnificenza  riufeì  di  deprimere  nella  moltitudine  lo 
fpirito  repubblicano  ,  ne  nacque  allora  il  triumvirato  ,  cioè 
l’alleanza  di  tre  ,  che  la  repubblica  a  loro  talento  reggeano  . 
Nel  primo  triumvirato  il  primo  che  governò  difpoticamente 
l’impero  fu  Siila  ,  il  quale  ad  imitazione  d’altri  poffenti  cit¬ 
tadini  ereffe  magnifici  edifizj  a  proprie  fpefe  ;  e  poiché  di- 
ftruffe  Atene  fede  delle  arti  (3)  ,  egli  dichiaro!!!  protettore 
delle  medefime  in  Roma  . 

Tempio  delia  $.  Superò  quanto  di  grande  aveano  fatto  mai  i  fuoi 
aefte . . .  concittadini ,  nell’edificare  a  Preneffe  il  tempio  della  Fortuna  , 
della  cui  magnificenza  abbiamo  ancora  un  argomento  negli 
avanzi,  che  tuttora  fen  veggono.  Era  quello  nella  falita  del 
monte ,  ove  è  oggidì  Paleilrina  ,  fabbricata  colle  di  lui  mi¬ 
ne  ,  la  quale  però  molto  meno  del  tempio  medefimo  s’eflen- 
de .  In  quello  monte  feofeefo  bensì  ,  ma  dirupato  con  una 
certa  regolarità,  fi  va  al  tempio  per  mezzo  di  fette  ripiani, 
le  ampie  piazze  de’  quali  foffenute  fono  da  lunghi  muri  di 
pietre  quadre  ,  tranne  la  inferiore  di  tutte  ,  che  è  formata  di 
tegole  incalvatevi ,  e  ornata  di  nicchie  .  Nella  prima  e  nell’ 
ultima  v’erano  de’  magnifici  ferbatoj  d’acqua  ,  che  tuttora  fi 

rico- 

(a)  Vegg.  qui  avanti  alla pag.  147.  (s)  Vegg.  qui  avanti />d£.  297. 


presso  i  Romani  ec.  311 

riconofcono  .  Al  quarto  ripiano  trovava!!  il  primo  veflibolo 
del  tempio  ,  di  cui  ci  è  reftato  un  gran  pezzo  della  facciata 
con  mezze  colonne,  e  fulla  piazza  che  v’è  davanti  fi  tiene 
ora  il  pubblico  mercato  .  Ivi  nel  pavimento  flava  il  rinomato 
mufaico,  che  prende  perciò  il  nome  di  Paleftrina  da  quella 
città  ,  feudo  del  principe  Barberini  ,  nel  cui  palazzo  conti¬ 
nua  a  fervire  di  pavimento  .  Quello  palazzo  occupa  il  luogo 
dell’ultimo  ripiano  ,  e  ivi  ergeafi  propriamente  il  tempio  della 
Fortuna  . 

jf.  6.  Leggendo  noi  in  Plinio  (a),  che  Siila  fece  ivi  lavo¬ 
rare  il  primo  mufaico  che  fatto  fiali  in  Italia  ,  è  probabile 
che  folle  quello  quel  medefimo  che  vi  s’è  pofcia  trovato  ;  e 
quei  che  Io  credon  opera  de’  tempi  d’Adriano ,  non  hanno 
miglior  fondamento  di  quel  che  n’abbia  la  fpiegazione  da  lo¬ 
ro  datane  .  Alcuni  hanno  creduto  di  vedervi  rapprefentato  il 
viaggio  d’Alelfandro  in  Egitto  (a)  ;  ma  volendo  fupporvi  es- 
prefia  una  fioria  vera  ,  perchè  non  crederemo  noi  che  Siila 
abbiavi  fatto  effigiare  un  qualche  avvenimento  che  lui  rifguar- 
dafie ,  anziché  i  cali  altrui  ?  Su  quello  principio  il  fig.  aba¬ 
te  Barthelemy  (b)  per  ifpiegarlo  più  facilmente  (  poiché  mol¬ 
te  cole  ivi  indicano  l’Egitto  )  attribuillo  ad  Adriano  ,  che  ab¬ 
bia  voluto  con  una  pittura  eterna  perpetuare  la  memoria  del 
fuo  viaggio  in  quel  regno  .  Ma  giacché  gli  artilli ,  come  al¬ 
trove  s’è  dimoflrato  ,  generalmente  non  ricercavano  foggetto 
fuori  del  circolo  mitologico  che  termina  col  ritorno  d’Ulifie 
in  Itaca,  non  potremo  noi  qui  ravvifare  un  qualche  tratto 
favolofo  o  prefo  da  Omero  ?  Allora  potremmo  fcorgervi  Me¬ 
nelao  ed  Elena  andati  in  Egitto  ;  e  con  ciò  renderebbe!!  ra¬ 
gione 

{ff't l^.cap.  25.  feci.  64..  che  Io  hanno  voluto  fpiegare  ,  fra  i  quali  Co- 

a  1  a  untane  nell’anno  1711.  in  no  il  P.  Kirchero  Lut.  vetus  &  nov.  ,  ove  ne 

”raP“e  •  ..  dà  la  Rampa  alla  pag.mi.  non  poco  fcor- 

W  c-xphc^jte  lamoJaiq.de  P alejlr.  Acad.  retta  ,  e  Ciampini  yct.  monum.  Tom.  1.  Ta - 
des  Injcripc.  1  um. . - S. fitem.  p.  f  oS .  [  Alla  buia  q 0 .  pag.  Si. 
pag-s  04.  porta  le  varie  opinioni  degli  altri , 


LIB.  XI. 
CAP.  I. 


.  . .  e  mufaico 
di  Paleftrina  . 


I 


LIB.  XI. 
CAP.  I. 


312  Storia  dell’  Arte  greca 

gione  di  molte  cole  che  veggonlì  nel  mufaico  .  Menelao  efTer 
potrebbe  l’ eroe  che  beve  ad  un  corno  ;  e  la  figura  mulie¬ 
bre  che  moftra  d’avervi  verfato  qualche  liquore ,  e  tiene  tut¬ 
tavia  nelle  mani  il  Jtmpolo  (  vafo  che  qui  non  è  flato  finora 
ben  riconofciuto  )  ,  farebbe  Polidanna  ,  che  gli  dà  a  bere  il 
nepente  ,  come  preffo  Omero  dato  avealo  dianzi  ad  Elena  ( a ) . 
Per  meglio  intendere  il  tutto  ballerebbe  riportarli  alla  trage¬ 
dia  d’ Euripide.  Secondo  lui  Elena  non  è  rapita  da  Paride, 
ma  da  Giunone  è  trafportata  in  Egitto  ,  e  non  refla  al  dru¬ 
do  che  un’  immagine  formata  d’aria  .  Menelao  dopo  la  prefa 
di  Troja,  fpinto  da  una  procella  al  Faro  d’Egitto,  ivi  trova 
fua  moglie  ,  amata  e  richiefla  in  ifpofa  da  Teoclimene  figliuo¬ 
lo  di  Proteo  re  d’Egitto  .  I  due  conforti  meditano  di  fug¬ 
gire  ,  e  per  meglio  riufcirvi  ,  Menelao  fconofciuto  in  quel 
paefe  fi  finge  un  meffo  ,  che  venga  a  portare  ad  Elena  la  nuo¬ 
va  del  naufragio  e  della  morte  di  fuo  marito  .  Ella  allora  fa 
fembiante  d’acconfentire  alle  inchiefle  di  Teoclimene  ;  ma  pri¬ 
ma  vuole  dal  re  una  nave  per  fare  le  efequie  a  Menelao  in 
mare  ,  dicendo  effer  coflume  de’  Greci ,  che  le  fpofe  rendano 
ai  mariti  gli  ultimi  onori  in  quel  luogo  ,  e  fu  quel  letto  in 
cui  ceffaron  efli  divivere  (b) .  Il  re  lieto  raccorda,  e  mentre 
il  tutto  apprella  per  celebrare  il  matrimonio  con  pompa , 
Elena  parte  con  Menelao,  nè  più  ritorna. 

jT.  7.  Ciò  premelìo  rendefì  ragione  della  cafla  quadrilun¬ 
ga  portata  da  quattro  perfone  a  foggia  d’un  'cataletto  ,  e  for¬ 
fè  indica  il  letto  chiedo  da  Elena  come  necefiario  a  tal  ri¬ 
to  .  Ella  può  ravvifarfi  in  quella  figura  muliebre  che  fiede  in¬ 
nanzi  a  loro.  Ivi  pur  vedefi  fulla  fponda  la  nave  .  In  coloro 
che  beono  e  che  fuonano  fotto  una  pergola  ,  raffigurarli 
poffono  i  preparativi  delle  felle  nuziali  (c) .  Finora  non  s  è 

anco- 

(c)  ibid.verf.14st.  [  Era  tutte  le  opinioni , 
quèfta  di  Winkelmann  pare  la  più  mlulTiften- 


(a)  Odyfs.  lìb.  4.  verf.  228. 

( .b )  Eurip.  in  lielen.  verf.  1263. 


presso  i  Romani  ec.  3/3 

ancora  faputo  fpiegare  il  lignificato  della  parola  polla  fiotto —= 
2ATPOS  ,  predo  una  lueerta,  perchè  mancano  alcuni  de’fiafi-  LIB,xr 
fiolini  che  la  componevano  (a)  .  Ivi  fi  dee  leggere  riHXTAIOS, 
che  è  l’ aggettivo  di  ,  voce  che  lignifica  una  mifiura 

d  un  palmo  e  mezzo  ;  onde  dee  leggerli  :  Sctdpog  vHxuxiog  , 

Incerta  d’un  palmo  e  mezzo  ;  e  tale  è  appunto  la  lunghezza 
dell’animale  qui  efiprefio  . 

jf.  8.  Quello  mufaico  non  è  certamente  de’  più  fini ,  anzi 
è  pel  lavoro  molto  inferiore  ad  un  altro  più  piccolo  eliden¬ 
te  nel  palazzo  Barberini  in  Roma  ,  e  trovato  in  un  pavimen¬ 
to  del  medefimo  tempio  .  Ivi  rapprefientafi  Europa  rapita:  nel¬ 
la  parte  fiuperiore  veggonli  alla  iponda  del  mare  le  fine  com¬ 
pagne  sbigottite  e  dolenti  col  di  lei  padre  Agenore  ,  che  fipa- 
ventato  v’accorre  (a)  . 


jf.  9.  Il  trapiantamento  ,  le  così  polliamo  chiamarlo  , 
dell  arte  greca  in  Roma  molto  debbe  alla  pompa  ,  principal¬ 
mente  nelle  laobnche,  anche  per  abitazione  di  cittadini  pri¬ 
vati  ,  le  quali  in  pochi  anni  a  tanta  magnificenza  crebbero , 
che  la  cala  di  Lepido  (  il  quale  fu  coniole  l’anno  dopo  la 
morte  di  Siila  )  confiderata  allora  per  la  più  bella  di  Roma, 
dopo  trentacinqu  anni  meritava  appena  il  centefimò  luogo  (b) . 
Or.  ficcome  le  antiche  abitazioni  non  aveano  che  un  piano 
folo  ,  e  ficcome  ficrive  Varrone  e  vedefi  tuttavia  nelle  ruine 
di  Pompeja  ,  rinchiudeano  un  fio!  cortile  ,  detto  da’  Romani 


cavadiu'm  ,  e  da’  Greci  du?in  (B) 
Tom.  II. 

te  .  La  figura  ,  che  dà  a  bere  ,  tiene  un  lun¬ 
go  ramo  di  palma ,  o  d'aìtra  pianta  ,  nella 
mano  hmftra  .  11  (uppolto  cataletto  è  una 
menla  con  lopra  un  candeliere  accefo  che 
portano  quattro  perfone  ,  ufeendo  da  un 
tempio  ,  ove  fono  facerdoti  coronati  di  fron- 
di ,  e  con  varj  finimenti  .  Accanto  vi  è  un 
cane  ,  o  fcimia  ,  fopra  una  bafe  ,  che  forfè  vi 
lta  c  0,0  •  E  certamente  difficile  a  fpie- 
gatli  il  foggetto  di  quefto  mufaico.  Ciò  che 
pare  licuro  ,  è  che  vi  fi  rapprefentino  delle  fe¬ 
tte  .  una  caccia  ,  e  una  pefea  ,  fatte  forte  da 
qualcuno  dei  Tolomei  in  occalìone  deli’alla- 


,  e  fieri  do  quelle  poficia  fiate  al- 
R  r  za te 

gamento  del  Nilo  ,  e  di  qualche  fua  vittoria  . 
Si  fono  trovati  in  altri  pavimenti  dei  mufai- 
ci  con  delle  cofe  egiziane  preflo  a  poco  fililo 
Hello  gufto  .  Forfè  gli  antichi  Romani  guar¬ 
davano  per  ornati  le  cofe  dell’Egitto  ,  come 
noi  le  cofe  della  Cina  .  V.  Lib.Xll.  C.I.  §.u. 
(<r)  Barthel.  /oc.  eie.  pag.  jgf. 

.  (a)  Nc  da  la  (rampa  in  rame  Ciampini  toc. 
cit.  Tab.  s^  pag.  S  2.  ,  e  l’Enciclopedia  . 

\b)  Plin.  Ito.  36.  cap.  1  3.  feci.  24.  §.  4. 

(b)  Può  vederli  il  traduttor  fiorentino  dei 
Caratteri  di  Tcofrafto  ,  cap.  1 8.  Tom.  iti. 
pag.  24$.  not.  2, 


Arti  favorite 
dal  luflo .  . . 


314  Storia  dell’Arte  greca 

!===  zate  a  più  ripiani,  foftenute  da  molte  colonne,  ed  eflefe  con 
Ll13'  XI'  lungo  ordine  di  camere  che  magnificamente  fi  ornavano  ,  ne- 
ceflariamente  efier  vi  doveano  in  Roma  parecchie  centinaja 
d’artifti  d’ogni  maniera  .  Quindi  s’ intende  come  la  cala  di 
Clodio  coftar  potette  quattordici  milioni  e  ottocento  mila 
fetterzj  (a)  . 

...  principai-  jf.  io.  Uno  de’  più  magnifici  fra  i  cittadini  romani  fu  Giu- 
g ili ì'io  Cefi- 1  io  Cefare  ,  quanto  avido  della  pompa  ,  altrettanto  amante 
delle  arti .  Ei  fece  grandi  collezioni  di  gemme  incife  ,  di  fi¬ 
gure  in  avorio  e  in  bronzo  ,  e  di  quadri  d’antichi  pittori  (a)  , 
e  impiegò  al  tempo  fretto  gli  arditi  allora  viventi  per  for¬ 
mare  i  gran  monumenti  che  erette  nel  fecondo  fuo  confida¬ 
to  .  Edificar  fece  in  Roma  il  magnifico  fuo  foro  ,  e  fontuo- 
fifiime  fabbriche  elevò  a  proprie  fpefe  per  l’Italia  tutta,  nelle 
Gallie  ,  nelle  Spagne ,  e  nella  Grecia  medefima  (b)  .  Era  le 
colonie  desinate  a  ripopolare  le  abbandonate  città  ,  e  a  ri¬ 
far 

(a)  iiid  §.  2.  [  370000.  feudi  romani .  d’un  manigoldo  .  Come  portone  convenire  ta- 

(a)  Suetonio  nella  di  lui  vita  ,  cap.  47.  li  cofe  al  barbiere  d'un  principe  romano  ì  Se 

(b)  Avremmo  un  bel  monumento  ,  e  che  al  dir  di  Plutarco  egli  feoprì  quella  congiura 
ci  darebbe  un'  idea  più  vantaggiofa  dell'arte  a  in  occalione  di  un  pubblico  convito  ,  al  qua- 
quefli  tempi,  fe  potellìmo  credere ,  che  la  ce-  le  era prefente  ,  e  forfè  miniftrava  ,  efploran- 
leb re  (fatua  della  galleria  Granducale  a  Firen-  do  ciò  che  li  diceva  da  quello,  e  da  quello  , 
ze  ,  detta  volgarmente  l  Arrotino  ,  perchè  che  convenienza  vi  farebbe  (fata  di  rapprejen- 
rapprefenta  un  uomo ,  che  inginocchiato  per  tarlo  nella  efprellione  anzidetra  ,  inginocchia- 
terra  fta  in  atto  di  arrotare  un  coltello  fopra  to  per  terra  inatto  di  arrotare  un  coltello  . 
una  cote,  forte  fiata  eretta  al  barbiere  di  Giu-  Io  non  fo  dipartirmi  dall  opinione  di  Ino¬ 
lio  Cefare  ,  per  avere  feoperta  la  congiura  or-  nardo  Agoftini ,  riportata  da  Gronovto  Ine¬ 
dita  contro  di  lui  da  Achilia,  e  Potino,  di  faur.  antiq.gr/tc.  Tom.  il.  Tab.  86.  ,  e  (egui- 
cui  parla  Plutarco  nella  vita  di  quell’  impera-  ta  da  Winkelmann  nei  Mon.  ant.  ined.  rar.l. 
tore  ,  p.7 3 1 .  B.  op.  Tom.  1.  Pare  che  a  que-  cap.  17 ■  n.  42.  pag  <;o.  ,  di  riconofcervi  cioè 
(la  opinione  inclini  il  fignor  Lanzi  nella  tan-  quello  Scita  ,  cui  Apollo  ordino  di  (corticar 
te  volte  citata  definizione  di  quella  galleria  ,  Marfia  ,  e  che  appartenerti:  al  un  gruppo  ; 
cap.  14.  pag.  174.  Ma  (uppofto  chea  codili  giacché  dalle  varie  dame  ,  che  li  hanno  di 
folle  fatta  alzare  una  (fatua  dal  fuo  padrone,  Marfia  appefo  all’albero  ,  una  delle  quali  e  m 
o  in  Alertandria  ,  ove  accadde  il  fatto,  o  in  villa  Medici  ,  due  in  villa  Albani,  polliamo 
Roma,  io  non  crederò  mai  che  forte  quella  ,  arguire  ,  che  un  tal  gruppo  forte  ripetuto, 
con  permettendolo  lo  ftile  della  f:ultu  a  che  è  e  molto  celebre  .  In  tale  atteggiamento  ,  ma 
di  migliori  tempi  ,  e  non  (apendovi  trovare  il  però  vertuto  ,  fi  vede  quefto  barbavo  nel  bai- 
minimo  indizio  che  polla  alludere  a  quel  fat-  forilievo  ,  che  ili u (tra  Winkelmann  al  luogo 
to  ,  o  alla  perfbna  del  barbiere  .  La  figura  citato  ,  e  in  un  altro  efprerto  nella  parte  la¬ 
eoi  muftacci ,  e  qualche  fiocchetto  di  barba  ,  terale  di  un  farcofago  collocato  -atto  il  por- 
quì  deve  indicare  un  barbaro  di  nazione  ,  e  di  tico  della  chiefa  di  s.  Paolo  fuor  delle  mura  . 
coftumi  :  il  folo  panno  gettato  trafeuratamen-  La  molla  della  teda  ,  che  il  fignor  Lanzi  cre- 
te  fui  deliro  omero  è  proprio  d’uomo,  che  de  atteggiata  a  timore  ,  e  propria  d  un  elplo- 
vuol  edere  fpedito  per  accingerfi  a  qualche  o-  ratore  ,  è  quella  di  guardar  Madia  in  un  aria 
perazione  3  e  l'aria  fevera  ,  e  truce  del  volto  è  milta  quali  di  piacere ,  e  di  barbara  fierezza  , 


presso  i  Romani  ec.  3  j  $■ 

far  le  diflrutte  ,  una  mandonne  a  far  riforgere  Corinto  dalle— - = 

fue  ruine  ,  nella  qual  occafione  molti  antichi  monumenti  fu-  UB'  XI 
rono  difepolti  (a)  .  Forle  a  quell’epoca  riferirli  deve  una  gran¬ 
de  e  bella  llatua  di  Nettuno  difotterrata  nella  città  medefima 
alcuni  anni  addietro  ,  appiè  della  quale  evvi  un  delfino  con 
quella  ifcrizione  fui  capo  : 

n  .  AIKINIOC 


iipeickoc 


I&PSYC  .  .  . 


da  cui  rilevali  elfere  Hata  eretta  quella  llatua  da  P.  Licinio 
Prifco  facerdote  :  e  fi  vede  che  la  forma  delle  lettere  è  di 
que  tempi .  Talvolta  il  nome  della  perfona  ,  che  ha  fatta  er¬ 
gere  la  llatua,  trovafi  unito  a  quello  delfartilla  (a). 

Jf.  ir.  I  Romani  da  tutte  le  contrade  in  cui  aveano  fog-  Eferciute f«. 
gettati  i  Greci ,  principalmente  per  le  vittorie  di  Lucullo  ,  di  da'10grci°H* 
Pompeo  ,  e  d  Augullo  ,  fra  gl’innumerevoli  prigionieri ,  tras- bcni 
portarono  a  R.oma  eziandio  molti  attilli ,  i  quali  efiendo  fatti 
liberti  ,  continuavano  ad  efercitare  le  arti  loro  (b)  .  Uno  di 
quelli  fu  1  autore  dell  impareggiabile  tella  d’Èrcole  efillente 
nel  mufeo  Strozzi  a  Roma  (c)  .  Ei  chiamava!!  Gnajo,  o  Gneo  , 
nome  romano  ,  probabilmente  avuto  da  colui  che  data  avea- 
gli  la  libertà ,  e  forfè  dallo  llefiò  Pompeo  ,  che  talora  vien 

Rr  2  in¬ 


come  Io  guarda  la  figura  nei  detti  ballìrilie 
V  ,  e  come  lo  guardava  in  una  pittura  de 
lciitta  da  Filoftraro  giuniorc  Icori.  z.p.S6t. 
o\e  pare  che  deferiva  quella  llatua:  Furtin 
■  'P  (.  Marlyas  )  intuctur  hunc  barbarum 
m  ipjum  gladii  aciem  acuii .  Vides  enin 
U  !*}ue  l-!  njf,nuf  ejU!  “>ti,&  ferro  intenta  fune 
que  in  Marfyam  glaucis  terribiliter  intue 
tur  ocuhs  ,  coma  arrecala  agrefli  ,  &  fqualli 
da  .  Rubar  in  gena  ejus  autem  cadem  paran 
Wf{.’  ut  tgo  puto  :  fuperciliumque  oculo  in 
eumbit  ad  tram  compofitum  ,  atout  animi 
quemdam  induit  affeHum  .  Quin  eiiam  rinei 
tur  Jivum  quiddam  fuper  iis  ,  qua  patrare  pa 
rat  :  necan  pra  gaudio  id faciat ,  an  iniumc 
ice^le fd  jugulationem  animo  ,  fatis  feto.  I 
coltello  non  è  certamente  da  far  barba  ,  co 
J»ie  nc  conviene  il  figr.or  Lanzi ,  ma  è  appuri 


to  da  lamicare ,  benché  lo  neghi  fenza  ra¬ 
gione  il  medefimo  ;  nc  è  tanto  dilfimile  a 
quello  degli  anzidetri  ,  ed  altri  monumenti  . 

Cosi  intendo  di  efcludere  anche  l'opinione 
di  quelli  ,  che  nella  (leda  llatua  vogliono  ef¬ 
figiato  colui  ,  il  quale  feopri  la  congiura  di 
Catilina  ,  o  quella  dei  figli  di  Bruto  ,  o  quel¬ 
la  de'  Piloni  contro  Nerone  ;  di  cui  polfono 
vederfi  le  congetture  del  Gori  Muf.  F'orent. 
Statua  ,  Tab.  pf.pó.  ,  ove  ne  dà  la  figura  , 
data  anche  da  Gronovio  /.  eie. ,  e  da  Malici 
Raccolta  di  fatue  ,  Tav.  41. 

(a)  Ved.  Tom.  I.  pag.  zg.  §.  f. 

( a )  Orvil.  Animadv.  in  Ckarit.  lib.z.  c.  /. 
pag.  1 80.  Tom.  1. 

(b)  Vedali  qui  avanti  pag.  7 1 .  feg. 

(c)  Stofch  Pierr.  grav.pl.  a  q.  ,  Goti  Da- 
tìylìotheea  Smithiana -,  lom.  1.  Tab.  zg. 


3  r  6  Storia  dell’  Arte  greca 

=====  indicato  col  femplice  prenome  di  Gneo  .  Altro  incifor  di  gem- 
L1B-  x1,  me  a  quelli  tempi  fu  Agatangelo  ,  il  cui  nome  trovafi  inta- 
CAP' I*  gliato  fu  una  corniola  belliffima  rapprefentante  Pompeo  Ma¬ 
gno  ,  della  quale  già  s’e  parlato  altrove  (a)  .  Alcamenb  ,  il 
cui  nome  leggefi  fu  un  baffo-rilievo  (b)  ,  chiamoffi  (Quinto 
Lollio  prendendo  quelli  nomi  dal  fuo  padrone,  che  era  for¬ 
fè  il  rinomato  Lolìio  contemporaneo  d’Augullo  .  Più  celebre 
ancora  fu  Evandro  (a)  fcultore  ateniefe  ,  che  andò  in  Aleffan- 
dria  col  triumviro  Marc’ Antonio  ,  e  fu  dal  mentovato  Au- 
gullo  condotto  a  Roma  con  altri  prigionieri  ( b )  ;  a  lui  fu 
ingiunto  di  rifare  la  tella  ad  una  Diana  di  Timoteo  coevo  di 
Scopa  polla  nel  tempio  d’Apollo  fui  Palatino  ( c )  . 
etaloran-  jf.  12.  Nè  erano  già  i  foli  greci  liberti  che  l’arte  efer- 
énuf3U  m*  citalfero  in  Roma  ,  ma  ivi  pur  concorfero  i  più  valenti  amili 
della  Grecia  ,  fra  i  quali  fi  dillinfero  Arcesilao  e  Pasitele  ( d ) . 
11  primo  fu  uno  degli  amici  del  famofo  Lucullo  ,  ed  i  Cuoi 
modelli  tanto  erano  pregiati,  che  pagavanli  dagli  artefici  fleffi 
più  che  le  opere  finite  degli  altri  artefici  .  Lavorò  egli  per 
Giulio  Cefare  una  Venere  ,  che  fugli  levata  dalle  mani  (c) 
avanti  che  dato  le  aveffe  l’ultimo  compimento  (i)  .  Pasitele 
originario  della  Magna  Grecia  ,  ottenne  pe’  fuoi  talenti  la  cit¬ 
tadinanza  di  Roma  (d)  :  egli  occupavafi  principalmente  a  far 
baffi-rilievi ,  o  a  cifellare  in  argento  .  Fra  le  opere  fue  ram¬ 
menta  Cicerone  l’effigie  del  celebre  comico  fXRofcio  ,  rap- 
prefentato  ,  qual  lo  vide  la  fua  nutrice  ,  circondato  da  un  fer¬ 
vente  (0  .  Famofa  era  la  fua  flatua  di  Giove  in  avorio  (/)  , 

e  foni- 


1a)  Qui  avanti  25. 

(b)  Vcgg.  qui  avanti  pag.  144-  §■  S- 

(a)  Hor.  lib.  1.  ferm.  4.  verf.  91. 

(b)  V.  Schol.  Horat.  /oc.  cit. 

(c)  Plin.  lib.  36.  cap.  3.  feti.  4-  §•  ra. 

ld)  idem  lib.  35.  cap.  t  z.fett.  4-5. 

le)  Per  la  fretta  di  dedicarla  .  Plinio  /.  cu. 
(1)  Affai  vaga  fu  una  leoncffa  di  marmo 

del  nominato  Arcefilao ,  polfeduta  da  M.  V ar- 


rone  .  Plin.  lib.  36.  cap.  4.  feti.  4-  $•  '  3-  Le 
ftavano  giuocando  all’intorno  varj  alati  Amo¬ 
rini  ,  alcuni  de'  quali  legata  tenevanla  ,  al¬ 
tri  la  forzavano  a  bere  ad  un  corno  ,  altri  le 
mettevano  i  calzati  ai  piedi  :  e  tutte  queltc 
figure  da  un  mallo  folo  etano  cavate  . 

D(d)  Vedi  qui  ayanti  pag.  22/. 
le)  De  divin.  lib.  1.  cap.  36. 

(/)  Plin.  lib.  36.  cap.  S-  fctt-  4-  >■ 1 


presso  i  Romani  ec.  317 

e  fommamente  pregiavanlì  i  cinque  libri  da  lui  ferirti  fu  tutti 
i  lavori  dell’arte  allor  conofciuti  (1)  . 

jf.  13.  Viveano  ,  cred’io,  a  quelli  tempi  e  vennero  a  Ro¬ 
ma  due  flatuarj  atenielì  Critone  e  Nicolao  ,  il  nome  de’quali 
trovali  così  iridio  fui  caneflro  pollo  in  capo  ad  una  Cariatide 
maggiore  della  grandezza  naturale  : 

KP1TI2N  K AI 
NIKOAAOS 
A0HNAIOI  EnOI 
OYN  (a) 

Quella  Cariatide ,  con  un’altra  fimile  e  col  torfo  d’una  ter¬ 
za  (b)  ,  feoperta  fu  nel  1766.  in  una  vigna  di  cafa  Strozzi 
circa  due  miglia  fuori  di  porta  s.  Sebaftiano  full’antica  via 
Appia  non  lungi  dal  fepolcro  di  Cecilia  Metella  moglie  di 
quel  CralTb  sì  rinomato  per  le  fue  ricchezze  .  ElTendo  tale 
llrada  fparfa  dai  due  lati  di  fcpolcri ,  ai  quali  uniti  erano  de’ 
giardini ,  e  delle  piccole  ville  ,  come  polliamo  argomentare 
dall’  ifcrizione  appartenente  al  fepoicro  di  Erode  Attico  ,  è 
probabile  che  quelle  Cariatidi  in  numero  di  quattro  ,  o  in  al¬ 
tro  numero  pari,  lìano  llate  fcolpite  per  (ìffatti  edihzj  ad  or¬ 
nato  e  follegno  di  qualche  volta  nella  tomba,  o  nell’annefla 
villa,  e  che  ivi  lìano  Hate  lavorate.  Or  non  pare  che  prima 
dei  tempi  del  triumvirato  s’introducelfe  la  pompa  de’fepol- 
cri  abbelliti  con  limili  Cariatidi  e  llatue  ;  ornandoli  quelli 
dianzi  colla  femplice  effigie  del  morto  ,  come  lo  rileviamo 
dalla  llatua  d’Ennio  collocata  nel  fepolcro  degli  Scipioni  prelTo 

la 

(0  Palitele  fu  eziandio  eccellente  nel  for-  fidonio  amico  di  Cicerone,  De  nat.  deor.  1.2 . 
mare  ae  modelli  in  creta  ,  Plin.  lib.  3  y.c.i  2.  c.  24..  n.  SS.  ,  e  inventore  d’una  maravigliofa 
Jeu.  4j.  }  &  .ib.  36.  cap.  j  jeel.  4.  $.  /  2.  :  la  sfera  agronomica  ,  rapprefentante  tutt’  1  mo- 
qual  arte  diceva  egli  eller  la  madre  della  fta-  ti  celcfti  sì  diurni  che  notturni  del  fole  e  del- 
tuaria  ,  della  [cultura ,  e  dell’  intaglio  .  Sidi-  la  luna  e  dei  pianeti  .  A  quefti  lì  può  ag- 
itime  pure  a  que'  tempi  Pondonio  non  meno  giugner  Ledo  ,  che  celebre  fi  rendette  nel  ci¬ 
ucila  ltatuaria  ,  che  nel  bulino  .  Plin.  lib. 3 3.  fellare  l’argento  .  Plin.  lib.  3 3.  c.  1  2.  feci,  j  j, 
cap.  1  z.JeB.  SS:  »  &  1™*  34-*  caP •  feU.ig.  (a)  Critone  e  Nicolao  ateniefi  fecero  . 

§.  34..  E  d  avvifo  Fr^ncefco  Giunio  Catal .  (b)  Ora  tutte  tre  nella  villa  Albani , 

crch.  ve.  pag.  ipj.  efler  quefti  lo  fteflo  Po- 


LIB.  XI. 
CAP.  I. 


...  alcuni  de' 
quali  reftaro- 
no  tuttavia  in 
Grecia  , 


318  Storia  dell’  Arte  greca 

Ja  medefima  via  (a)  .  Così  dal  luogo,  in  eui  trovate  furono, 
fi  congettura  che  in  quefto  tempo  fieno  Hate  fatte  ;  e  lo  ftef- 
fo  pur  s’inferifce  dallo  Itile  ,  poiché  le  tede  hanno  un  non 
fo  che  di  troppo  molle  e  gentile  ,  e  le  forme  ne  fono  fo- 
verchiamente  rifondate ,  e  come  mozze  ;  laddove  ne’  tempi 
anteriori  ,  ai  quali  non  difconverrebbe  forfè  la  forma  delle 
lettere  ,  i  tratti  erano  più  forti ,  taglienti  ,  e  fignificanti  . 

jf.  14.  Le  arti  però  non  erano  affatto  abbandonate  in  Gre¬ 
cia  ,  comechè  molto  vi  fodero  decadute  per  efier  venuti  a 
Roma  i  migliori  maeftri .  Alcuni  valenti  artidi  colà  trattenu¬ 
ti  furono  dall’amor  della  patria  ,  fra  i  quali  probabilmente 
annoverarli  dee  Timomaco  di  Bifanzio  (b)  .  Plinio  (c)  nel  dir 
che  viveva  ai  tempi  di  Cefare  non  ce  ne  dà  notizie  molto  di- 
ftinte  .  Convien  dire  però  ch’ei  fode  allora  in  età  molto  a- 
vanzata  ;  perciocché  i  due  di  lui  quadri  rapprefentanti  Ajace 
e  Medea  ,  che  lo  dello  Cefare  comprò  per  ottanta  talenti  , 
come  dicemmo  innanzi  (d)  ,  e  li  collocò  nel  dio  tempio  di 
Venere ,  eran  già  dati  da  altra  perfona  goduti  (e)  .  Ai  tempi 
di  Pompeo  ,  celebre  era  Zopiro  ciiellatore  in  argento  come 
Pasitele  (a)  .  Non  abbiamo,  a  vero  dire,  certo  argomen¬ 
to  per  aderire  ch’egli  lavorade  in  Grecia  anziché  a  Roma  , 
ma  podìamo  così  congetturarlo  .  Fra  le  opere  di  Zopiro  ci- 
fellate  in  argento  vengono  rammemorate  da  Plinio  due  taz¬ 
ze ,  in  una  delle  quali  erano  rapprelentati  gli  Areopaghi  ,  e 
nell’altra  il  giudizio  d’Orede  al  cofpetto  dell  Areopago  .  Or 
qued’ ultima  tavola  vedefi  efpreda  fu  una  tazza  d  argento  la¬ 
vora¬ 


li)  Livio  Tib.  38.  C-3S-  num.pS.  Ved.  qui 
avanti  pag.  308.  n.  a.  ,  e  jom.  I.p.30.  n  a. 

(b)  Nel  Trattato  preliminare ,  Lap.  1  r  . 
pas.  LXXXISl.  diceva  l'Autore  aliai  proba¬ 
bile  che  li  folle  llabilito  in  Roma  .  Porle 
avrà  mutato  parere  in  quella  feconda  edi¬ 
zione  della  Storia  . 

(c)  lèi.  3J.  cap.  1  r.  feci.  40.  §.  30. 

(d)  Qui  avanti  pag.  228. 

(e)  Ciò  non  fi  ricava  facilmente  da  quello 


luogo  di  Plinio  ,  nè  da  altri  che  io  fappia  . 
Anzi  in  tutte  le  edizioni  del  detto  fcrittore 
anteriori  a  quella  d’Ardnino  ,  che  ho  vedu¬ 
te  ,  fi  legge  il  pronome  ei  riferito  a  Cefare  , 
con  cui  viene  a  dire  Plinio  che  per  Celare 
lavorarti:  Timomaco  que'  due  quadri  .  Ar¬ 
duino  lo  emenda  fenza  darne  ragione  . 

(a)  Plin.  iib.32.  cap.  e.  feci,  p  p.  [  Lo  ftef- 
fo  ,  di  cui  fi  è  parlato  al  §.  12. ,  e  fi  veda  alla 
pag.  22  p. 


presso  i  Romani  ec.  319 

vorata  a  baffo-rilievo  ,  che  creder  fi  può  quella  di  Zopiro  , 
enfiente  preffo  il  fìgnor  cardinale  Nereo  Corfini  ;  e  ficco- 
me  fu  trovata  nel  riattare  il  porto  d’  Anzio ,  è  verofimile  , 
che  non  fìa  fiata  lavorata  in  Roma,  ma  da  altrove  e  pro¬ 
babilmente  dalla  Grecia  portata  in  quel  porto  ,  ove  fiali  a 
cafo  affondata  .  Può  vederfene  la  figura  ne’  miei  Monumenti 
antichi  ( a ) ,  ove  ne  ho  fpiegata  la  rapprefentazione  (a)  ,  ed  ho 
notato  che  per  la  forma  avea  della  fomiglianza  con  quella  di 
Neftore  preffo  Omero  ,  poiché  il  lavoro  a  rilievo  non  è  pro¬ 
priamente  falla  coppa  ,  ma  fu  una  fpecie  di  recipiente  ,  in 
cui  la  coppa  fi  pone ,  e  fe  ne  leva  a  piacimento  (b)  :  le  due 
parti  però  ne  fono  sì  ben  commeffe  inficme  ,  che  a  men  di  fa- 
perlo  non  fi  difcerne  la  doppiezza  della  tazza  .  Quindi  s’in¬ 
tende  ciò  che  fia  la  cp/xAx  ,  cioè  la  doppia  tazza 

d’  Omero  (c)  . 

jf.  1  Sembra  che  Zopiro  e  Pasitele  fianfi  principal¬ 
mente  occupati  a  rapprefentare  gli  avvenimenti  della  mito¬ 
logia  e  della  ftoria  eroica  ;  e  lo  fìeffo  prima  di  loro  avea 
fatto  Mentore  ,  come  rileviamo  da  Properzio  (b)  : 

Argumenta  magis  funt  Mentoris  addita  forma  ; 

At  Myos  exiguum  flecìit  acanthus  iter . 

Ivi  fotto  nome  d'argomenti  intende  certamente  il  poeta  limili 
figure  cifellate  ;  il  che  pare  non  fia  flato  intefo  nè  in  que¬ 
llo  paffo  ,  nè  in  altri  fcrittori ,  ove  di  limili  lavori  fi  par¬ 
la  (c)  :  così  difHngue  il  lavoro  più  nobile  dal  più  volgare 
e  facile,  che  confiffe  in  fiori  ,  fogliami  ,  e  principalmente 
negli  ornati  ,  nel  che  Mìs  fra  gli  altri  diffingueafi  ;  e  ciò 
volle  dir  il  poeta  quando  lodò  la  fua  abilità  nell’  incidere 
le  foglie  dell’acanto  (d)  . 

jf.  t  6.  OI- 

(a)  num.iji.  (c)  Ovid.  Met.  lib.  13.  verf.  684..  [  Ved. 

(a)  Vegga»  anche  Tomo  I.  pag.  4.4.0.  §.  7.  Giunio  De  pili.  vet.  lib.  3.  cap.i .  §.  6.  p.  14.6. 

(b)  Vegg.  Tom.  1.  pag.  36.  col.  1.  (d)  Plinio  lib.  31.  cap.i  2.  feci.  jj.  parla  di 

(c)  lliad.  lib.  2 3.  verf.  6 1 6.  amendue  quelli  cifellatori  Mentore  ,  e  Mis , 

(A)  lib.  3.  eleg.  q.  verf.  1  3,  14.,  c  li  loda  per  le  opere  di  figure  . 


>rJ  o- 


LIE.XI. 
GAP.  I. 
Monumenti 
i  quelli  tem- 


Statue  di  due 
re  prigionie¬ 
ri  . . . 


320  Storia  dell’  Arte  greca 

jf.  iS.  Oltre  la  mentovata  tazza  che  con  verofimiglianza 
dir  fi  può  di  quefti  tempi  ,  altre  opere  ci  reftano  che  lo 
fono  indubitabilmente  .  Tali  fono  due  ftatue  di  re  prigionie¬ 
ri  in  Campidoglio  ,  e  fors’anche  la  creduta  ftatua  di  Pom¬ 
peo  Magno  nel  palazzo  Spada  . 

jf.  17.  Le  due  prime  fono  belle  ftatue  di  marmo  nero, 
e  rapprefentano  due  re  traci  ,  di  que’  Traci  medelimi  ,  che 
Scordila  chiamavanfi  (a)  ,  e  che  al  riferir  di  Floro  ( a )  ,  fu¬ 
ro  n  fatti  prigionieri  da  Marco  Licinio  Lucullo  irateho  di  co¬ 
lui  che  fu  sì  rinomato  perlafua  fplendidezza  e  prodigalità. 
Inafprito  egli  per  la  replicata  perfidia  di  que  popoli ,  fece 
ad  ambi  i  loro  re  mozzar  le  mani  ,  ad  uno  fin  iopra  il  go¬ 
mito  ,  e  all’altro  fopra  il  poifo  ,  quali  appunto  fono  nelle 
fuddette  ftatue  (b)  ,  e  quali  erano  le  figure  degli  lchiavi  lui 

mau- 


(a)  Abitavano  full'  litro ,  o  Danubio .  Stra¬ 
bono  lib.  7.  pag.  4.8 g.  C. 

(u)  lib.  3.  cap.  4-. 

(b)  Se  Lucio  Floro  parlafte  così  chiara¬ 
mente  ,  come  lo  fa  parlare  Winkelmann  ,  do¬ 
po  l'abate  Francelco  Valefio  in  una  Differta- 
zione  particolare  inferita  nei  Saggi  di  differì, 
dell' Accad.  di  Cortona  ,  Tom-  I.  n.X.p.i  Of. 
Jegg.  >  non  vi  farebbe  più  dubbio  intorno  al 
foggetto  delle  dette  due  ftatue  .  Ma  egli  par¬ 
la  in  maniera  da  farci  credere  tutto  1'  oppo- 
fto  .  Non  dice  che  follerò  fatti  fchiavi  due  re 
di  que' popoli  traci ,  nè  che  follerò  a  uno  ta¬ 
gliate  le  mani  ,  all’altro  le  braccia  .  Scrive 
foltanto  che  i  Romani  nella  guerra  contro  di 
loro  non  trovarono  pena  pivi  fenlibile  per  at¬ 
terrirli  ,  che  di  tagliar  le  mani  a  quanti  pri¬ 
gionieri  ne  facevano  ,  rimandandoli  poi  cosi 
a  vivere  infelicemente  nei  proprj  paefi  .  Ep¬ 
pure  le  ftatue  rapprefentano  perfone  reali , 
come  li  conofce  dal  diadema  ,  e  da  una  certa 
dignità  della  perfona  .  Cade  pertanto  il  fon¬ 
damento  principale  di  quella  opinione  .  A  ciò 
fi  aggiunga  ,  che  la  faccia  ferer.a  del  volto  di 
quelle  figure  non  dà  verun  indizio  di  aver 
fofferto  fimil  tormento  ;  e  il  taglio  delie  ma¬ 
ni  per  una  ,  e  delle  braccia  fin  fopra  il  go¬ 
mito  per  l’altra  a  confiderario  da  vicino  non 
può  far  credere  ,  che  lia  ftato  fatto  per  indi¬ 
care  un  caftigo  .  La  forma  dell  abito  di  quel¬ 
la  ,  che  daremo  in  fine  di  quello  Tomo,  Ta¬ 
vola  Vili. ,  ralTomiglia  alle  figure  di  due  Tra¬ 
ci  ,  o  Sciti ,  prigionieri  feolpiti  fu  quella  par¬ 
te  della  colonna  trionfale  dell’impcrator  Teo- 


dofio  ,  di  cui  fi  parlerà  nel  Libro  XII.  Ca¬ 
po  ul.  §.  7. ,  data  in  rame  tra  gli  altri  dal 
Bandurio  Imper.  oriem.  Tom.  il.  par.  4..  1  li¬ 
bala  18.  pag.  381-  Ma  quelli  fono  foldati  , 
o  perfone  private  .  lire,  c  le  perfone  prin- 
cipàli  i  clic  fi  vedono  fu  carri  di  trionfo  nella 
Tavola  3.  c  6.  ,  hanno  abiti  affatto  diverti . 

Non  crederei  meglio  provata  l’opinione  di 
monfignor  Brafchi  ,  che  in  una  lunga  difler- 
tazione  latina  ,  per  altro  eruditiftima  ,  vuol 
provare  che  quelle  ftatue  rapprefentino  Sifa- 
ce  ,  e  Giugurta  ,  re  numidi ,  come  già  notam¬ 
mo  alla  prefazione  del  noftro  Autore  nel  t  o¬ 
mo  1.  pag.  xxvij.  noe.  a.  Egli  equivoca  pnmie- 
rame  lite  nel  dire  che  fìano  di  bafalte  ,  men- 
tre  fono  di  bigio  morato  .  In  fecondo  luogo 
la  qualità  della  vede  ,  e  del  manto  grande  e 
pefante  ornato  di  larghe  frangie  ,  con  quei 
calzari,  o  piuttofto  ftivati  ,  aneli  elu  glandi 
e  pelanti  ,  non  convengono  al  clima  caldil- 
fimo  della  Numidia  ;  ficcome  neppur  la  bar¬ 
ba  ,  e  i  capelli ,  che  in  quelle  parti  hanno 
corti  ,  e  ricciarelli ,  come  fi  veggono  a  Mal- 
finirti  ,  di  cui  parlammo  qui  avanti  pag.  406. 
noi.  b.  ,  e  ad  un  bullo  di  Annibaie  in  marmo 
elidente  in  cala  Renzi  nella  Terra  di  s.  Ma¬ 
ria  nel  regno  di  Napoli ,  trovato  nelle  mine 
dell’antica  Capua ,  e  dato  in  rame  con  un 
lungo  ragionamento  per  ìlluftrarlo  dal  ngnor 
Giuleppe  Daniele  in  Napoli  nell'anno  17S1. 
Le  congetture  poi  ,  che  quefto  dotto  prelato 
ricava  clalla  ftoria  ,  non  hanno  alcun  lodo 
fondamento . 


presso  i  Romani  ec,  321 

maufoleo  del  re  Ofimandue  in  Egitto  (a)  ,  e  le  venti  flatue*===== 
colorali  prefìo  Sais  rammentate  da  Erodoto  (b)  .  Così  i  Car-  LIB'X1, 
taginefi  mutilarono  coloro  che  trovarono  Tulle  due  navi  da  CAP' T' 
loro  depredate  nel  porto  di  Siracufa  (c)  ,  e  così  puniva  Fa¬ 
bio  Mafììmo  i  foldati  romani  che  difertavano  dalla  Sicilia  (fì). 

J)’.  18.  La  fìatua  di  Pompeo  vien  da  alcuni  tenuta  per  •••  e  dì  Poni, 
quella  medefìma ,  che  flava  nella  Curia  vicina  al  di  lui  tea-PC° 
tro  ,  e  prefìo  la  quale  è  flato  trucidato  Celare  (a)  .  Quella 
però  non  fu  trovata  nel  fìto  ove  quella  flava  ,  poiché  v’è  fra 
mezzo  a  que’  due  luoghi  il  Campo  de’  fiori ,  e  la  Cancella¬ 
re  (s)  ;  e  leggiamo  altresì  in  Suetonio  (e)  che  Auguflo  avea- 
la  fatta  trafportare  altrove  (c)  .  Qualunque  volta  confiderò 
tale  fiatila  ,  mi  fa  maraviglia  il  veder  Pompeo  interamente 
ignudo  ,  colla  fola  clamide  ,  cioè  rapprefentato  all’eroica  ,  e 
come  un  imperatore  a  cui  rendanfi  gli  onori  divini  ;  il  che 
dovea  parere  flrano  ai  Romani ,  non  e  (Tendo  flato  Pompeo, 
die  cittadino  privato  ,  e  non  è  credibile  che  dagli  fiata  eret¬ 
ta  la  flatua  dopo  morte  ,  poiché  allora  opprefìi  o  difperfì 
eiano  tutt  i  fuoi  partigiani.  Quella  altresì  farebbe,  a  mio 
ciedere  ,  la  fola  flatua  d’un  cittadin  romano  ai  tempi  della 
lepubblica  rapprefentato  all’eroica  ,  poiché  ,  fecondo  l’infe- 
gnamento  di  Plinio  medefimo  ,  ufo  era  bensì  prefìo  i  Greci 
di  effigiare  ignudi  i  loro  grandi  uomini  ;  ma  i  Romani  fo- 
Tom.IL  S  s  leano 


i  fì  Ll°^’  Sic.  hb.  1.  §.  .  pag.  jp.  (?)  in  jluguft.  cap.  gì . 

l  .  .  z‘  °ap. 331.  pag.  166.  [  Dice  che  -  (c)  La  fece  collocare  dirimpetto  alla  Ba¬ 

ri-..  P'mone  degl  ignoranti  ,  che  elle  follerò  filica  dello  lidio  Pompeo  ,  che  flava  accanto 
avrà  aaPPrefentatc  ^enza  le  mani  ,  che  egli  al  teatro  ;  e  vi  conilponde  a  maraviglia  il 
y.j  sdute  per  terra  cadute  per  l’antichità,  luogo  ove  fu  trovata  la  flatua  di  Spada  :  on- 
/  V  9Z'  not'  a'  Poceva  il  Nardini  Roma  ant.  lib.  6 .  cap.3. 

v  1  0 3- PaS-3!>7-  Tom. il.  rcg.  IX.  pag.  zpz.  argomentar  quindi  il  luo- 

rÀ  t>i  Mals- f •  cap.  7.  num.n .  go  ove  era  la  detta  Bafilica  .  Si  crede,  che 

nnrr  T  lUtaico  n<ì*‘a  lul  vltf  Pag-s739-  D.  Ja  Mufa  coloilale  del  palazzo  Farnefe  nomi¬ 
ini  ^  Suetonio  parimenti  nella  di  nata  nel  Tomo  I.  pag.  122.  ,  e  l’altra,  che 

c  ,a  caP‘  >  c  nella  vita  di  Auguflo  prima  flava  nel  palazzo  della  Cancellaria ,  ed 
Y  <  L  ,  ora  è  nel  Mufeo  Pio-Clementino  ,  nominata 

-1  f  qo'pta  nel  vicolo  de' Leutari  preflo  pure  alla  pag.  4.11.,  fiano  fiate  trovate  nei 
paazzo  della  Cancellarla  nel  tempo  di  pa-  dintorni  del  detto  teatro  ;  coficchc  potrebbe- 
<jlu .  ni-  ,  come  narra  Flaminio  Vacca  ro  confiderai'!!  come  opere  di  quel  tempo  ,  e 
memorie  ,  num.  jp.  darci  un’  idea  dello  fide  . 


322  Storia  dhl  Aute  greca 

— -ju-  leano  fetnpre  rapprefentarli  armati,  principalmente  fe  erano 
IIB,X1‘  guerrieri  (a). 

jf.  19.  Può  quindi  nafcer  dubbio  fe  quella  dicafi  a  ragio¬ 
ne  la  ftatua  di  Pompeo  ,  febbene  a  farla  creder  tale  concorra 
la  fomiglianza  del  volto  (a)  tra  quella  e  alcune  poche  rarif- 
fime  medaglie  che  abbiamo  di  quel  grand’uomo  .  Io  non  dil- 
fimulerò  qui  non  trovarli  nella  liatua  un  certo  indizio  ,  che 
fecondo  Plutarco  (/>)  diftingueva  l’effigie  di  Pompeo  dalle  al¬ 
tre  ,  cioè  la  ùvc t^oXìi  >  oflìa  i  capelli  della  ironte  ripie¬ 

gati  in  fu  ,  quali  portar  foleali  AlelTandro  .  Ivi  i  capelli  ca- 
dongli  fulla  fronte  ,  quali  fi  vedono  a  Sello  fuo  figliuolo  fu 
una  di  lui  moneta  .  Mi  pare  quindi  Urano  che  Spanhemio  ,  ad- 
ducendo  una  rara  moneta  di  Pompeo  colla  defcritta  capiglia¬ 
tura ,  pretenda  contro  l’evidenza  di  vedervi  Y  àrarohviv  rns  ko- 
fins,  e  quindi  chiamila  exfurgens  capllitium  (c)  (1)  . 

Ccmme  di  Se-  jf.  20.  Deve  fra  i  lavori  di  quelli  tempi  annoverarli  1  ef- 
P  figie  del  mentovato  Sello  Pompeo  fu  una  belliffima  cornio¬ 
la,  di  cui  già  parlammo  altrove  (b)  ,  col  nome  deliartifla, 
la  quale  fu  fcoperta  a  principio  di  quello  fecolo  non  lungi 
dal  fepolcro  di  Cecilia  Metella  ,  legata  in  un  anello  d  010 
che  oltrepalfava  il  pefo  d’un’oncia  :  e  febbene  la  gemma  lu¬ 
cida  e  bella  abballanza  folle  per  sè  ftefla  ,  pur  le  fi  è  vo¬ 
luto  accrefcere  del  fuoco  col  fottoporvi  una  foglia  doro.  Il 
nome  del  poco  noto  ardila  Agatangelo  ,  che  fecondo  la  fua 
etimologia  lignifica  lieto  nunzio  ,  è  pollo  in  genitivo  fecon- 


(a)  Greca  res  e  fi  nihil  velare  ;  at  contea 
romana  ac  militari s  thoracas  addere  ,  lib.  34- 
cap.  j.  feci.  1 0.  [Non  è  però  cola  rara  tro¬ 
vare  gl'imperatori  all’eroica  .  Di  Augufto  ve¬ 
dali  al  Capo  feguente  §.  8.  in  fine  ,  e  di  Ca¬ 
ligola  al  §.22. 

(a)  Può  vederfene  la  figura  predo  Maffei 
Raccolta  di  ftatuc ,  Tav.  127. 

(b)  in  Pomp.  oper.  Tom.  I.  pag.  603.  D. 
[Ved.  Tom. 1.  pag.  8fg.fi  6. 

(c)  De  pnft.  &  ufu  num.  difsert.  io.  §.  3. 
Tom ,  il.  pag.  67. 


(1)  Una  bella  (fatua  di  Pompeo  in  marmo 
bianco  di  grandezza  maggiore  del  naturale 
vedefi  nella  magnifica  villa  di  Caftellazzo  mo¬ 
ri  di  Milano  già  Arconati ,  ora  Bufca  •  Ella 
pure  è  tutta  ignuda  fuori  del  braccio  fintltro , 
che  è  coperto  da  un  panno  ,  il  quale  dalla  .1- 
niftra  (palla  gli  pende  fino  a  terra  .  Vi  fu 
quella  (fatua  importata  da  Roma  ;  e  in  al¬ 
cune  parti  elfcndo  guada  ,  fu  da  mano  mo¬ 
derna  rader  tata  . 

(b)  Vegg.  qui  avanti  pag.  28. 


presso  i  Romani  ec.  523 

do  il  folito  ,  ma  inimitata  n’è  l’ortografia  ,  leggendovi!!  ATA- 
©ANTSAOT  ,  in  luogo  di  ArA0AIT£AOY  ,  poiché  i  gre¬ 
ci  fogliono  fcrivere  due  IT  quando  s’  ha  a  pronunziare  il  N 
avanti  il  r.  E’  vero  però  che  la  medefima  ortografia  trovali 
non  di  raro  ufata  (a)  ;  e  pollo  addurne  in  prova  l’ifcrizione 
del  mufaico  di  Paleftrina  ove  leggefi  AYN3  (  lince ,  animale 
di  quello  nome  )  in  vece  di  AYrs  ,  come  luole  generalmen¬ 
te  fcriverfi  ,  eflendo  il  S  equivalente  a  rS  :  cosi  in  un’an¬ 
tica  ifcrizione  (b)  fi  trova  IIANKPATIACTHC  in  luogo  di 
IlArKPATI ACTHC  ;  e  l’erudito  Enrico  Stefano  ha  veduto 
in  un  antico  codice  fcritto  avytXos  in  vece  di  a yythoi;  (c). 
Che  ivi  fi  rapprefenti  Sello  Pompeo  rilevali  dalla  fomiglian- 
za  che  ha  la  tella  della  gemma  con  quella  d’una  rara  me¬ 
daglia  d  oro  del  medefimo  ( d )  ,  intorno  alla  quale  fi  legge 
MAG  PIVS  IMP  ITER  (  Mngnus  Pius  Imperator  ìterum  ) ,  enei 
rovefcio  vi  fono  due  piccole  tefle ,  delle  quali  una  è  l’effi¬ 
gie  del  luo  padre  Pompeo  Magno,  e  l’altra  quella  d’un  fuo 
figlio  coll’epigrafe  PR/EF  CLAS.  ET.  ORA;  MAR1T.  EX  S.C. 

( prafecius  clajjìs  &  or  a  maritimA  ex  Senatus  conjhlto).  Quella 
medaglia  fi  vende  quaranta  feudi .  La  tella  della  gemma  ha 
il  mento  e  le  gote  coperte  da  una  corta  barba ,  come  d’un 
uomo  che  da  molti  giorni  non  fi  folle  fatto  radere  ;  ed  è  qui 
folle  un  indizio  di  afflizione  per  la  morte  del  padre  .  Così 
Augnilo  (a)  fi  lafciò  per  qualche  tempo  crefcere  la  barba  do¬ 
po  la  feonfìtta  delle  tre  intere  legioni  comandate  da  Varo  in 
Germania  .  Appartiene  quella  preziofa  pietra  alla  duchefia 
di  Ligniville-Calabritto  a  Napoli . 


LIB.  XI. 
CAP.  I. 


jf.  21.  Sarebbe  fuperfluo  ,  che  io  qui  faceffi  menzione 
della  pietefa  llatua  di  Cajo  Mario  del  mufeo  Capitolino  ,  fe 


Pretefe  fia¬ 
tile  di  Cajo 
Mario ... 


S  S  2 


nella 


J>4?7.15'nr’  Stcph'  ParaL  £ramm'  erJtC* 3  j-00  PcdruG  1  CeJhr"  ìn  0r0  *  Tom- L 

(cj  ìoc  cit‘  InfCr‘  at^et'  Pa8-  80 •  66.101.  (a)  Suetonio  nella  di  lui  vita  cap.  23. 


324  Storia  dell’Arte  greca 

«=- - -  nella  defcrizione  delle  rtatue  di  quello  mufeo  lotto  tal  nome 

LI^,XI‘  non  forte  Hata  pubblicata  anche  da  Bottari  nell’ultima  edi- 
CAP‘  u  zione  (a)  .  Fabri ,  che  altronde  non  è  molto  fcrupolofo  ad 
imporre  i  nomi  alle  ftatue  ,  nel  Tuo  commentario  fopra  le  im¬ 
magini  degli  uomini  illuflri  di  Fulvio  Orfini  ( b )  ,  olTerva  che 
quella  non  può  rapprefentar  Mario  ,  poiché  tiene  ai  piedi  uno 
fcrigno  ,  che  è  indizio  di  lenatore  o  di  letterato  ,  e  Mario 
non  era  nè  l’uno  nè  l’altro  .  Su  qual  fondamento  vogliali 
in  quella  flatua  ravvifare  quello  gran  capitano  io  noi  faprei, 
poiché  di  lui  non  ci  rella  nefliua’altra  effigie  ,  effiendo  tutte 
fuppolle  e  falle  le  monete  che  vanno  lotto  il  fuo  nome  ,  e 
foltanto  lappiamo  da  Cicerone  e  da  Plutarco  (c)  ch’egli  ave¬ 
va  un’aria  leverà  e  burbera  .  Su  quella  loia  notizia  è  flato 
dato  il  nome  di  Mario  ad  una  tella  incila  in  una  gemma  prel- 
fo  il  citato  Orfini  (d) ,  a  due  tefle  di  marmo  del  palazzo  Bar¬ 
berini  e  della  villa  Lodovifi  ,  e  ad  una  flatua  delia  villa  Ne- 
groni  ,  che  vengono  allegate  da  Bottari  (0- 
...edicice-  $•  22-  Così  lenza  fondamento  fu  apporto  il  nome  di  Ci¬ 
cerone  ad  un’altra  flatua  del  muleo  medefimo  (a)  ,  e  ad  erta 
al  tempo  fteflb  fu  fatto  lulla  guancia  un  porro  ben  vifibile , 
che  da’  latini  diceafi  cicer  »(  cece  )  per  alludere  al  nome  di 
Cicerone  .  Quel  che  più  forprende  è  la  franchezza  con  cui  è 
flato  indio  filila  baie  il  nome  dell’orator  romano  (i)  .  La 

vera 


( a )  Muf.  Capìt.  Tom.  ni.  Tav.  JO. 

(4)  nani.  S S.  pag.  p  f. 

(c)  in  C.  Mario ,  princ.  op.  Tom.  I.  p.jf-OÓ. 
(</)  eie.  num.  SS. 

(c)  toc.  eie.  pag.  io 6. 

(a)  Nel  palazzo  dei  Confcrvatori  .  Maffei 
Raecolea  di  Jlaeue  ,  Tav.  21.  nc  da  la  figura  . 

(t)  Avvi  anche  in  Milano  una  ftatua  affai 
nota ,  detta  volgarmente  l’uomo  di  piecra  3 
nella  quale  alcuni  hanno  ravvifato  l'immagi¬ 
ne  di  Cicerone  .  V.  Gratiol.  De  pucl.  Med. 
tdif.  pag.  i  ,  &  Giulin.  Memor.  di  Mi/, 
part.  2.  pag.  27 p.  La  toga  romana  di  cuiè 
veftita,  e  un  motto  di  quell’oratore  ,  che  ferir¬ 
lo  fi  legge  al  di  Copra  del  capo ,  fono  i  fonda¬ 


menti  a  cui  appoggiafi  tale  opinione  .  Ognu¬ 
no  però  ben  vede  quanto  quelli  fiano  deboli 
ed  infuffiflenti .  Alla  fifonomia  truce  e  fevera 
fembra  la  ftatua  accodarli  piuttofto  a  C.  Ma¬ 
rio  ,  a  cui  con  molta  ragione  poterono  i  Mi- 
lanefi  averla  innalzata  dopo  quella  vittoria  , 
che  al  fiume  Adige  riporto  Covra  i  Cimbri  c 
i  Teutoni  ,  per  la  quale  furono  quelle  con. 
trade  liberate  dall'  imminente  pericolo  che  lo- 
ro  fovraftava  .  Co»  una  tonfura  ,  offia  coro- 
na  ecclefiaftica ,  che  una  mano  imperita  vi 
fece  ai  capelli  ,  fi  è  pretefo  di  effigiare  in >  ella 
Adelmano  ,  uno  degli  arcivefeovi  di  Milano 
verfo  la  metà  del  fecolo  decimo . 


presso  i  Romani  ec.  32$ 

vera  di  lui  tetta  col  nome  nel  palazzo  Mattei  (a)  reftaurata  nel : 
nafo  ,  nelle  labbra  ,  e  nel  mento  ,  etter  dovrebbe  lavoro  a  un 
di  pretto  dello  fletto  tempo  .  A  queAo  pare  che  non  con¬ 
venga  la  forma  delle  lettere  non  troppo  eleganti  ;  ma  nelle 
pubbliche  ifcrizioni  abbiamo  a  diftinguer  quelle  ,  che  appo- 
fte  furono  ai  monumenti  da  particolari  artitti  a  tal  uopo  de¬ 
ttinati  ,  da  quelle  che  gli  fcultori  medettmi  non  tanto  pra¬ 
tici  metter  foleano  ai  proprj  lavori . 

$.  23.  Di  Lucio  Bruto  la  più  bella  tetta  che  v’abbia  in 
Roma,  è,  a  parer  mio,  quella  che  poffìede  il  fignor  mar- 
chefe  Rondanini  .  Fra  le  tante  col  nome  di  Giulio  Cefare , 
che  adornan  varj  mufei  ,  non  ve  n’è  pur  una  che  al  fuo  ri¬ 
tratto  nelle  medaglie  interamente  raflembri .  Quindi  è  che  il 
fignor  cardinale  Aleflandro  Albani  ,  foggetto  de'  più  periti 
,  nell’antiquaria ,  dubita  che  vere  immagini  di  quell’imperato- 
xe  non  fìanfi  confervate  ;  e  vanamente  fi  pretende  che  il  bu¬ 
tto  pofleduto  dal  fignor  cardinale  di  Polignac  ne  fia  l’unica 
e  vera  tratta  dal  naturale  (a)  .  Merita  d’etter  qui  per  ultimo 
notata  la  difpofizione  di  quella  dama  romana  ,  che  in  tetta- 
mento  obbligò  il  fuo  conforte  ad  ergere  allo  fletto  impera¬ 
tore  una  ftatua  d’oro  del  pefo  di  cento  libre  in  Campido¬ 
glio  ( b ) .  D  una  pretefa  Aatua  di  Clodio  più  opportuna  oc- 
cafione  avremo  di  ragionare  in  fine  del  Capo  feguente . 


(a)  Ne  da  la  Rampa  in  rame  non  troppo  meo  del  fignor  principe  Chigi  bianco  in  fon* 
■^r  ^u  v’?  Orfini  Imag.  illujir.  num.  1 4.6.,  do  di  fardonica  ,  pagato  mille  zecchini  - 
e  il  lignor  abate  Amaduzzi  Monum.  Matth&j.  (a)  Cabinet  de  Polignac . 

Xom.  il.Tab.  io.it.  La  teda  del  mufeo  Ca-  lb)  V.  Lipf.  Eleft%  lib.  1,  C.  0.  op .  Tom.  I. 

cn2a,.nomc  ?  bella  di  quella  ;  c  pag.  ara. 
bellmimo  e  di  grandini  ma  diligenza  è  il  ca- 


Ca» 


LIB.  XI. 
CAP.  I. 


Storia  dell’ Arte  greca 


lib.  xr. 

CAP.  II. 


Stato  delle  ar¬ 
ti  fotto  gl’im¬ 
peratori  . 


326 

C* . .  —'f  -lq 

Capo  II. 

Stato  delle  arti  fotto  gl’  imperatori  -  Augujìo  .  .  .  fuoi  monumenti  — 
Suppofe  fatue  di  Cincinnato  ...  di  Livia  ...  e  di  Cleopatra  -  Sta¬ 
tue  d’Augufo  .  .  .  fue  tefe  ...  e  gemme  ~  Tefla  d’ Agrippa  -  Ca¬ 
riatide  —  Opere  d’architettura  .  .  .  irregolarità,  di  efsa  —  Depra¬ 
vazione  del  gufo  -  Monumenti  d’ Afinio  ...  e  di  Vedio  Pollione  — 
Tiberio  non  favorì  punto  le  arti ...  fue  tefe  .  .  .  bafe  a  lui  eretta  - 
Immagini  di  Germanico  —  Nocque  pure  alle  arti  Caligola  .  .  .fue 
tefe  -  Claudio  non  avea  gufo  .  .  .  fìta  effigie  -  Pretefi  gruppi  d’ Ar¬ 
nia  e  Peto  ...  di  Papirio  e  fua  madre  . 

Cenando  Roma  riconobbe  un  folo  monarca  ,  andarono  le 
arti  a  ftabilirfi  in  effa  come  nel  loro  centro  ,  e  ivi  concor- 
fero  i  migliori  maellri ,  poiché  rare  occasioni  di  lavorare  fom- 
miniflrava  loro  la  Grecia .  Atene ,  perchè  era  fiata  del  par¬ 
tito  d’Antonio  ,  fpogliata  fu  da  Augufto  di  molti  fuoi  privi¬ 
legi  (a)  ,  e  dal  fuo  dominio  egli  ne  fottrafle  gli  Eretrj  e  gli 
Egineti  ;  nè  ,  benché  gli  Atenieli  ergertelo  a  quello  impera¬ 
tore  un  tempio ,  di  cui  efille  tuttora  il  portale  d’ordine  do¬ 
rico  (b)  ,  furon  pofcia  con  maggior  clemenza  trattati .  Verfo 
la  fine  del  di  lui  regno  tentarono  di  follevarlì ,  ma  furono 
bentofto  ridotti  all’ubbidienza  . 

.(f.  1.  Della  decadenza  dell’arte  nelle  città  greche  fanno 
teitimonianza  le  monete  ,  e  fingolarmente  quelle  grandi  me¬ 
daglie  di  bronzo  ,  che  chiamar  fogliamo  medaglioni .  Olfer- 
vafi  che  quelle  ,  le  quali  hanno  intorno  un’epigrafe  greca  ,  in¬ 
feriori  fono  alle  altre  che  hanno  l’ifcrizione  latina  -,  e  dirli 
può  in  generale  che  ,  fe  un  raro  medaglione  romano  vien  pa¬ 
gato  50.  feudi,  un  greco  ne  varrebbe  appena  dieci. 

f.  2.  Ali¬ 
ta)  Dio  Cafs.  lib.  $4.  c.  7.  p,  73 j ,  Tom.  I.  (A)  Le  Roy  Le  ruines ,  ec.  Tom.  il.pl.it. 


LIB. XI. 
C\P.II. 
Augufto. .. 


presso  i  Romani  ec.  327 

_(f.  2.  Augufto  ,  cui  Tito  Livio  chiama  l’autore  e’1  reftau- 
ratore  di  tutt’  i  tempj  ,  era  altresì  grand’amatore  de’  monu¬ 
menti  dell’arte  ,  onde  di  lui  ben  ditte  Orazio  che 

. veteres  revocavi t  artes  (a)  . 

$.  3.  Comperò  egli  molte  belle  figure  delle  divinità  per  ...Tuoi  ma. 
ornare  le  piazze  e  le  ftrade  di  Roma  (b)  -f  e  le  ftatue  di  tutt’i 
grand’uomini  romani  ,  che  aveano  contribuito  all’ingrandi¬ 
mento  della  patria  ,  rapprefentati  quali  in  atto  di  trionfare, 
furono  da  lui  collocate  nel  portico  del  fuo  Foro  ,  ove  pur 
fece  reftaurare  quelle  che  già  vi  elìdevano  (c)  .  Fra  quelle 
eravi  quella  d’Enea  ( d )  .  Da  un’ifcrizione  trovata  nel  fepolcro 
de’  fervi  e  liberti  di  Livia  {e)  fembra  che  fu  quelli  o  fu  altri  mo¬ 
numenti  dell’arte  avelfe  Augufto  (a)  fidato  un  iftpettore  (1)  . 

/.  4.  Fra  le  ftatue  degli  eroi  romani  collocate  da  queft’im-  Supporteli*, 
peratore  nel  Foro,  fe  vogliamo  fegnire  l’opinione  ricevuta, 
annovereremo  quella  che  dicefi  di  L.  Quinzio  Cincinnato  ,  eli- .. .di cincia- 
dente  una  volta  nella  villa  Montalto  pofcia  Negroni  ,  ed  orar 
a  Verfailles  (b)  .  E’  quella  una  figura  virile  allatto  ignuda  ,  in 
atto  di  allacciarli  al  piè  deftio  un  calzare  ,  elfendo  l’altro  pref- 
fo  il  piè  finillro  che  è  fcalzo  .  Dietro  ai  piedi  della  ftatua 
v’è  un  vomere,  per  cui  fi  è  creduta  effigie  di  Cincinnato  , 

ben 


nato . . 


(a)  lib.  4..  od.  /  p.  ver f.  i  z.  f  Non  Io  dice 
tiftrettamente  alle  arti  del  diligilo  ,  delle 
quali  forfè  neppure  ha  inrefo  parlare  ;  ma 
riguardo  alla  religione ,  al  buon  ordine  ,  al¬ 
le  faenze  ,  al  cornmereio  ,  e  a  tutto  ciò  ,  che 
poteva  far  rifiorire  lo  fiato  in  tempo  di  pa¬ 
ce  ,  come  fi  rileva  dai  verh  appiedo  . 

( b}  Suet.  in  Aug.  cap.  3 7. 

(c  '  loia.  cap.  $r. 

(d  Ovid  Fa  fi.  lib.  f.  verfi.  363. 

(e)  Cori  Deprr.  monum.  Jivt  coiumb.  liberi. 
£/  ferv.  Ltv.  num.  .  z  f  .pag  1  78 .  [  Al».  I26. 
par  t/p.i  nominato  il  pittore  tracia  liberto, 
di  cui  parlammo  qui  avanti  alla  p.  71.  coi.  2. 

(a)  In  un'altia  iferizione  riportata  da  Gru- 
tero  Tom.  I.  pa-  .  z.pag.  322.  n.  3.  fi  parla  di 
un  Entichete  liberto  d’Àusnfto  ,  e  lidie  cof- 
ficinator  a  fintiti s  ,  che  fi  Pignorio  Di  ferv. 
predo  Poleno  hucpl.  I  hef.  Senti  i  rom.  2  .  il. 
col.  1 27$.  S.  lpìegapcr  fabro  ìlatuatio . 


(1)  Fra  gli  altri  vantaggi  che  Suetonio  in 
Aug.  cap.  72.  riferifce  recati  da  Augufto  a 
Roma  ,  novera  i  varj  mufei  ad  ufo  pubblico 
da  lui  ordinati  ,  ove  copiofa  raccolta  vi  avea 
di  ftatue  ,  di  pitture  ,  e  di  altre  cofe  rare  ed 
antiche  ,  tra  le  quali  ammiravanli  le  arma¬ 
ture  degli  eroi .  In  uno  di  quelli  rrmlèi  vi  era 
pur  un  luogo  per  le  rama  fpettanti  alla  fio- 
ria  naturale  .  Tra  quelle  accenna  Suetonio 
delle  membra  ftcrminate  di  fiere  e  di  beftie  , 
credute  offa  di  giganti  .  Altri  mufei  vi  ave¬ 
vano  allora  in  Roma  di  cofe  naturali,  in  i- 
fpecie  di  gemme  e  pietre  preziofe.  Il  più  an¬ 
tico  era  il  mufeo  formatovi  da  Scauro  figlia— 
ftro  di  Siila  ;  ma  il  più  preziofo  ripntavafi 
quello  di  Pompeo  .  Celare  arrivò  a  farne  fei 
nel  tempio  di  Venere  Genitrice  ;  ed  uno  pur 
ne  fece  Marcello  figlio  d'Ottavia  nel  tempio 
d’Apollo  Palatino  .  Plin.  lib.  27.  c  1  fed.  3. 
(.e;  Si  ha  il  geffo  uelPAecadeinia  di  Francia, 


LIB  XI. 
CAP. II. 


328  Storia  dell’Arte  greca 

ben  fiipendofi  che  quello  grand’  uomo  fu  dai  Senato  eletto 
a  dittatore  della  repubblica  nel  tempo  che  llava  arando  i 
proprj  campi  (a)  .  Tale  llromento  però  non  vedefi  nella  fi¬ 
gura  in  rame  pubblicatane  dal  de  Rolli  ;  e  non  fo  perchè 
Mafie!  (b)  ,  il  quale  ne  parla  fecondo  quella  figura  ,  abbiala 
attribuita  al  mentovato  dittatore  ,  e  ne  racconti  la  nota  Ilo- 
ria;  poiché  mancando  il  vomere  non  ha  più  la  llatua  nefilm 
rapporto  con  Cincinnato  .  Lo  flefìb  Mafiei  crede  altresì  di 
ravvifare  l’effigie  del  medefimo  eroe  in  una  gemma  incifa  , 
ma  non  ne  adduce  nefiun  argomento  ,  e  fembra  quella  al¬ 
tronde  un  lavoro  moderno  (c)  . 

jf.  Se  debbo  dire  il  parer  mio  intorno  a  quella  llatua  , 

10  penfo  che ,  elfendo  ella  ignuda ,  non  polla  in  alcun  mo¬ 
do  effer  l’effigie  di  Cincinnato ,  nè  di  alcun  confole  roma¬ 
no  .  E’ quindi  chiaro  che  debba  elTere  una  llatua  eroica  ;  e, 
fe  mal  non  m’  appongo  ,  rapprefenta  Giafone  allorché  fu 
con  altri  invitato  da  Pelia  fuo  zio  ,  cui  era  ignoto ,  ad  un 
folenne  fagrificio  che  far  fi  doveva  a  Nettuno  .  Ebbe  1  eroe 
l’ invito  mentre  flava  arando  ,  e  ciò  forfè  nella  llatua  indi¬ 
car  fi  volle  col  vomere:  e  ficcome  avea  dovuto  attraverfare 

11  fiume  Anauro  ,  erafi  in  fretta  allacciato  il  calzare  a!  piè 
deliro  ,  dimenticandoli  del  finillro  (d)  ;  onde  efiendofi  presen¬ 
tato  così  a  Pelia  fegli  rifovvenire  dell’oracolo  che  rilpofio 
gli  avea  di  guardarli  da  colui ,  che  a  lui  venilfe  con  un  folo 
calzare,  [Aovcxp*7n'$  ( a )  .  Così  a  mio  parere  s  indovina  me¬ 
glio  che  in  qualunque  altro  modo  l’ intenzione  dell  ardila 

che  fcolpì  quella  llatua  (e)  .  Pravi  pure  una  figura  d’Ana- 

creon- 


(a)  Cicerone  De  finib.  lib.z.  cap.  4.  Va¬ 
lerio  Maffimo  lib.  4.  cap.  4.  num.  7. 

(n)  Racc.  di  Jlatue  ,  Tav.  70. 
le)  Lo  crede  in  due.  Gemme  anr.  f>g.  To¬ 
mo  IV.  Tav.  7.  S.  Le  figure  hanno  la  barba  . 
La  prima  ha  amendue  i  calzari ,  ed  ha  avanti 
una  Minerva  ,  che  le  prefenta  una  fpada  e 
una  lancia  .  La  feconda  fi  tira  fu  il  calzare 
al  piè  deliro  ,  e  ha  nudo  il  lluilìro  .  O  fono 


roderne  ,  o  non  hanno  che  fare  nè  con  Gia- 
>ne,  nè  con  Cincinnato.  . 

(d)  Lo  perde  nel  fiume  recandovi  atra.- 
ito  nel  fango  ,  come  dicono  tutti  d  accordo 

li  (c  ritto  ri  .  ,  co 

(a)  Apollod.  Bìblioth.  lib.  1.  cap.  p.  V  ‘  »• 
ag.48. ,  Schol.  Pind.  Pyth.  ode  4.  veri,  r  13. 
Apollonio  Argo’ u  lib.i.  y.io. ,  Igino  fab.  1  a  - 

(e)  Per  efcludere  Cincinnato  li  può  aggu-i- 


presso  i  Romani  ec.  329 

creonte  con  un  calzare  foltanto  ,  per  indicare  che  avea  per¬ 
duto  l’altro  nell’ubbriachezza  (4)  . 

$.  6.  A  quelVepoca  pur  apparterrebbe,  fe  conveniflero 
i  nomi  alle  cofe  ,  la  Livia  della  villa  Mattei  tanto  celebrata 
dagli  fcrittori  ,  tra  i  quali  però  alcuni  la  dicono  Sabina  (/>) 
moglie  d’  Adriano  ;  ma  tale  ftatua  ha  la  figura  d’  una  Mel¬ 
pomene  ,  anziché  d’un’ imperatrice  ,  come  rilevali  dal  cotur¬ 
no  (a)  .  Così  alle  due  figure  muliebri  fdrajate,  maggiori  del¬ 
la  grandezza  naturale ,  una  in  Belvedere,  e  l’altra  nella  villa 
Medici ,  è  fiato  dato  il  nome  di  Cleopatra  perchè  hanno  un 
braccialetto  in  figura  di  ferpente  (b)  ;  e  fi  legge  altresì  che 
in  tal  politura  lia  fiata  trovata  morta  la  regina  d’Egitto  (c)  ; 
ma  quelle  ftatue  più  probabilmente  rapprefentano  delle  Nin- 
Tom ,  II.  T  t  fe 


gnere  ,  clic  la  (tatua  avrebbe  avuta  la  barba  , 
che  in  que’  tempi ,  cioè  nell'anno  195.  di  Ro¬ 
ma  ,  e  anche  circa  ducent'anni  dopo  fi  por¬ 
tava  ;  e  barbati  lì  rapprefentavano  gli  uomi¬ 
ni  illuftri  di  que’  tempi ,  come  fi  c  veduto  (b- 
pra  3.\\a.pag.  1  $4.  §.  ip.  L’ idea  del  volto  do¬ 
veva  eller  d'uomo  più  avanzato  in  età ,  giac¬ 
ché  Cincinnato  era  allora  padre  di  tre  figli, 
il  primo  de’ quali ,  Celone  ,  fi  era  già  refo  al¬ 
cuni  anni  prima  famofo  per  la  fua  facondia 
nel  foro  ,  e  per  militari  imprefe  .  Vegg.  Li¬ 
vio  lib.  cap.  /.  num.  it .  ,  cap.  8.  num.i  p. 
Ma  poi  per  foihtuirvi  Giafone  ",  converrà  di¬ 
re  che  egli  vi  folle  rapprefentato  nell'atto  di 
calzarli  dopo  lafriato  l'aratro  ,  non  dopo  aver 
palfato  il  fiume  ,  allorché  avea  perduta  una 
fcarpa  ,  come  ho  notato  ,  non  già  come  dice 
Winkclmann  adattando  la  dona  alla  lìatua  . 
In  tal  cafo  lo  (cultore  fi  farebbe  dipartito 
dallo  Itile  (olito  degli  artidi  ,  e  dè'  pittori  in 
ifpecie  ,  i  quali  fecondo  lilodrato  Epift.  2  2. 
ep.  Tom.  1.  pag.p  2  2.  folevano  effigiare  quell' 
eroe  con  un  piede  folo  calzato  ,  perchè  ap¬ 
punto  avea  lafciata  una  fcarpa  nel  fiume  at- 
traverfandolo  .  Notili  però  da  quello  luogo 
di  Filoftrato  ,  che  Giafone  in  quell'atto  eia 
un  (oggetto  (olito  rapprcfentarfi  dagli  arridi , 
e  certamente  piu  adattabile  all'ufo  ,  e  al  gu- 
do  della  fcultura  ,  e  della  pittura  ,  che  cin¬ 
cinnato  . 

(.a)  Anthol.  ìib.  4.  cap.  47.  num.  1  j. 

( b )  Mafrei  Raccolta  di  ftatue  ,  num.  107. 

(a)  E  pallata  ora  al  Mudo  Pio-Clementi- 
no  ;  e  come  nota  il  figrorabate  Vifconti  nel 
Tomo  I.  di  dio  alla  Tav.  4.1.  not.  *  ,  c  il  fi- 


gnor  ab.  Amaduzzi  Monum.  Mattktj.  Tom.I. 
Tab.  62.,  ove  ne  dà  la  figura  ,  non  è  altro  , 
che  la  Pudicizia  ,  o  vogliam  dire  una  impe¬ 
ratrice  ,  o  matrona  romana  ,  fotto  quella  fi¬ 
gura  ,  come  fi  vedono  in  tante  altre  datue  , 
e  nelle  medaglie  .  Chi  poi  fia  è  imponìbile  il 
dirlo  ,  perchè  la  teda  è  moderna  :  al  che  non 
hanno  avvertito  quelli ,  che  vi  trovarono  Li- 
via  ,  o  Sabina  .  Il  fondamento  del  coturno 
fu  cui  fi  appoggia  NT inkelmann  per  farne  una 
Melpomene  ,  è  troppo  generico  ;  fapendofi 
che  il  coturno  fi  portava  d'ordinario  dalle 
dame  romane  ,  e  anche  dalle  imperatrici ,  co¬ 
me  fa  avvertire  il  lodato  Amaduzzi  pag.  pj. 
Altronde  il  braccialetto  ,  che  le  fi  vede  indi¬ 
cato  fotto  la  vede  al  braccio  dedro  ,  non  con¬ 
verrebbe  a  Melpomene . 

(b)  Tale  è  certamente  quale  fi  vede  anche 
in  altre  datue ,  e  in  ifpecie  nella  nominata 
qui  avanti  ;  e  il  fignor  Lens  Le  coftume  ,  ou 
ejfai  ec.  liv.  1.  in  fine  ,  pag.  27,  ,  che  mo¬ 
ina  di  negarlo  perchè  vi  trova  una  forma  ir¬ 
regolare  più  propria  di  ferpe  ,  che  di  brac¬ 
cialetto,  non  ne  avrà  veduti  forfè  de'confi- 
mili  in  altre  datue  .  Quedo  altronde  non  è 
tondo  come  il  ferpe  ,  ma  piatto  .  In  quella  , 
che  fece  fare  Augudo  per  portarla  in  trionfo  , 
il  (erpe  non  doveva  edere  in  forma  di  braccia- 
letto  ,  nè  quale  fi  vede  alle  datue  in  quedio- 
ne  ;  poiché  era  attaccato  al  braccio  in  atto  di 
mordere  ,  Plut.  in  M.  Antonio ,  op.  Tom.  I. 
pug.  9ST-  B.  -,  e d  è  ben  probabile  ,  che  tale 
datua  fcrvir  doveiTe  di  modello  alle  altre  . 

(c)  Gal.  ad  Pifon.  de  Theriac.  lib.i.  cap. 8 . 
oper.  Tom.  Xlll.  pag.  941.  [  Racconta  Ga- 


1 


LIB .  XI. 
CAP.  II.. 


Statue  d’Au- 
gulto . . . 


...  fue  tefte  .. 


«■ 


330  Storia  dell  Arte  greca 

fe  dormenti  (a)  o  Venere  (a)  :  e  quindi  nulla  da  elle  fi  può 
inferire  per  giudicare  dell’arte  ai  tempi  d’Augufto  .  La  tetta 
della  prima  non  ha  altro  di  rimarchevole  ,  fe  non  che  è  un 
po  di  traverfo  (b)  ;  la  feconda ,  che  da  alcuni  tienfi  per  un 
miracolo  dell’arte  ,  e  fi  paragona  alle  più  belle  tefte  anti¬ 
che  (b) ,  è  fenza  dubbio  nuova  ,  e  lavoro  d’un  artefice  ,  che 
non  avea  ftudiato  il  bello  nè  fulla  natura  nè  fu  i  pregevoli 
monumenti  deH’antichirà  .  Una  limile  figura  ,  clic  apparte¬ 
neva  dianzi  al  mufeo  Odefcalchi  ,  è  ftata  trafportata  in  lfpa- 
gna  nel  mufeo  reale  a  fant’  lldefonfo  . 

jf.  7.  Opere  certe  di  quefti  tempi  fono  la  ftatua  d’ Augii- 
fto  nel  Campidoglio  (c)  ,  che  è  d’un  lavoro  mediocre  ,  e  lo 
rapprefenta  in  un’età  giovanile  ,  con  un  roftro  di  nave  ai 
piedi  allufivo  alla  battaglia  d’Azio  (d)  ,  e  la  ftatua  fedente 
dello'  fteftb  Cefare  nel  luogo  medefimo  ,  la  quale  però  ve- 
rofimilmente  non  ha  di  lui  che  la  tetta  ,  e  altronde  merita 
appena  d’efler  qui  mentovata  (c)  . 
k  jf.  8.  11  marchefe  Maffei  parla  d’una  tefta  d’Augufto  colla 

corona  civica ,  cioè  coronata  d’un  ramo  di  quercia  ,  efiften- 
te  nel  mufeo  Bevilacqua  a  Verona  ,  e  dubita,  le  altra  ve  n  ab¬ 
bia 


!eno  che  fu  trovata  colla  delira  fui  capo  in 
atto  di  tener  il  diadema  ;  come  fcrive  anche 
Giica  Anna/.  par.  1.  pag.  pp.  Aggiunge  in 
oltre  Galeno  ,  che  Cleopatra  cadendo  morta 
volle  olfervare  tutta  la  modeftia  ,  imitando 
Poliifena  ,  che  ,  fecondo  Euripide  in  He  cubi , 
verf.  p6S.  ,  nel  cadere  efangue  cercò  di  co¬ 
prirli  le  parti  da  celarli .  Or  quell’atteggia¬ 
mento  ,  e  quella  modellia  non  fi  vede  nelle 
llatue  ,  che  hanno  quali  tutto  (coperto  il 
ventre  :  al  che  non  avrà  badato  il  (ignor 
Lens  Le  coftume  ,.ec.  /oc.  eie. ,  ove  dice,  che 
T  abito  di  erte  farebbe  (lato  indecente  per 
tutt’altra  regina  fuorché  per  Cleopatra  .  Nep- 
pur  fi  feorge  in  erte  l’abito  più  faltofo  di  re¬ 
gina  ,  che  Velli  Cleopatra  prima  di  farfi  mor¬ 
dere  dal  ferpe  ,  o  di  avvelenarli ,  come  alcu¬ 
ni  penfarono  ,  nè  indÌ7Ìo  del  letto  prezioso 
d’oro  ,  fu  cui  mori ,  al  dir  di  Plutarco  toc.  eie. 


pag.  oS  £• 

(a)  Si  trovano  difatti  altre  (fatue  Scura¬ 
mente  di  Ninfe  ,  che  ltayano  fopra.  fontane 


nello  (ledo  atteggiamento  appoggiate  (opra 
un  vafo  da  gettar  a 'qua  ,  come  tia  le  altie  e 
una  piccola  del  Nlufeo  Pio-Clementino  .  bAn 
però  non  convengono  nella  ricchezza  ,  e  for¬ 
ma  del  panneggiamento  .  Chi  fa  che  non 
rapprefentino  anche  Semcle  ;  già  che  hanno 
quali  una  perfetta  fonrìglianza  alla  Semele  , 
che  vedeli  nella  gemma  data  dal  noftro  Au¬ 
tore  nei  Monum.  ani.  ined.  ri.  i .  >  nominata 
anche  in  quell  opera  nel  Tomo  I.p.i  74. 

(zi)  Sreph.  Pigh.  in  Scoi.  lem.  hai.  p.  1  26. 

(b)  Ne  fono  (late  pubblicate  moltiflìine  di- 
verfe  (lampe  ,  come  dal  Maftei  Raccolta  di 
(laute,  Tav.g.,  nella  Metaìloteca  del  Mer¬ 
cati  ,  e  altrove  ;  ma  più  corretta  è  quella  fat¬ 
ta  ultimamente  dal  Piranert  . 

(b)  Richards.  Traiti  de  la  perni.  U  de  la 
fculptwe  ,  Tom.  ni.  par.  r.  pag.  zo6. 

(c)  Nel  cortile  del  palazzo  dei  Conlerva- 
tori  a  mano  manca  entrando  • 

(d)  Matfei  Raccolta  di  fiatile  ,  Tav.  io 
(c)  Maf.  Capii.  Tom.  iti.  Tav.  / 


presso  i  Romani  i  c.  331 

bia  con  tal  corona  (a)  ;  ma  è  Urano  che  non  gli  fofle  no¬ 
ta  una  firmi  fella  d’Augutto  nella  biblioteca  di  s.  Marco  a 
Venezia  (6)  :  oltre  di  che  tre  felle  del  medefimo  imperatore 
così  coronate  veggonlì  nella  villa  Albani  ;  e  preffo  il  fignor 
generale  Walmoden  ferbalì  una  così  cinta  tellina  d’  agata  , 
grolla  quanto  un  melarancio  :  ella  però  è  sì  gualla  che  ap¬ 
pena  è  rellata  la  capigliatura  e  gli  occhi  a  cui  riconofcere 
Augnilo  (a)  . 

Jf.  9.  Abbiamo  pure  alcune  gemme  che  portano  il  nome 
di  Dioscoride  ,  incifore  delle  felle  d’  Augnilo  ,  le  quali  a 
quell’imperatore  (c)  ,  e  quindi  a’ Tuoi  fucceflori  ,  eccettuato¬ 
ne  Galba  ,  fervirono  di  figlilo  .  Una  di  quelle  gemme  (b)  , 
polfc-duta  dal  lignor  marcheie  Malhmi  in  Roma,  è  Hata  rot¬ 
ta  in  tre  pezzi  nel  volerla  legare  in  oro  .  Rimarchevole  è 
qui  l’effigie  d’Augullo  per  la  barba  che  ha  alquanto  lunga, 
laddove  nelle  altre  fu  e  felle  è  sbarbato  fempre  e  lifcio  ,  ond’è 
probabile  che  qui  rapprelentili  in  que’  giorni  in  cui  afflitto 
per  la  dislatta  di  Varo  lì  lafciò  crelcere  la  barba  ,  come  di¬ 
cemmo  qui  avanti  (1)  .  Con  finii!  barba  vedefi  nella  villa  Al- 


( a )  Ver.  illujlr.  Par.  3.  cap.  7.  col.  21  p. , 
O’  col.  217.  Tav.  1.  n.  1. 

(./>)  Zanetti  Stat.  della  libr.  di  s.  Marco  . 
'a)  Quelle  tette  ora  polTono  dirli  molte. 
Una  in  marmo  bianco  ,  parimente  con  co¬ 
rona  civica  ,  fu  trovata  con  altra  teda  di  An¬ 
nibale  ,  nata  di  galea  .  e  della  finta  barba  , 
e  che  Umilmente  confervafi  nel  mufeo  Bor¬ 
ii^0  a  Veliceli ,  in  uno  fcavo  a  un  miglio  e 
™e^zo  dalla  detta  città  nella  contrada  di  San 
Le} ale  ,  o  San  Cejareo  ,  dove  è  antichiflima 
tradizione  dei  Vellitcrni  ,  che  folte  l'avito 
iuburbauo  della  famiglia  Ottavia  di  Velletri , 
ricordato  da  Suetonio  in  Aug.  cap.  6.  ,  per 
1  educazione ,  che  vi  ebbe  Ottaviano  ,  e  per 
la  opinione  ,  che  fin  d’allora  correva  in  quel- 
la  citta,  che  egli  vi  folle  anche  nato  .  Altra 
teda  di  quello  imperatore  d'eccellente  fcul- 
tura  ,  ma  giovane ,  e  fenza  alcuna  corona  , 
fu  nel  medefimo  territorio  ritrovata  con  altre 
antichità  nella  contrada  di  Monte  Secco  a 
quattro  miglia  dada  città  ,  la  qual  teda  ora 
confervafi  nel  Mufeo  Pio-Clcmentino  .  In 
quello  Mufeo  vi  è  inoltre  una  teda  di  cattiva 


T  t  2  bani 

maniera ,  in  cui  Augudo  è  coronato  di  fpi- 
che  ,  e  un’altra  che  rapprefenta  ii  medefimo 
in  età  fenile  ,  come  dicemmo  nel  Tomo  I. 
p.  369.  not.  c.  ,  colla  corona  di  quercia,  in 
cui  fulla  fronte  è  rapprefentato  Giulio  Cefa- 
re  come  in  un  carneo  dello  dello  marmo  .  Vi 
è  anche  una  di  lui  datua  quali  tutta  nuda 
all'eroica  ,  e  un’altra  velata  in  atto  di  facri- 
ficare  ,  inficine  ad  una  datua  feminile  in  atto 
di  orare  colle  mani  levate  in  alto  fecondo  il 
rito  degli  antichi ,  come  fi  vede  la  Pietà  nel¬ 
le  medaglie  ;  e  può  crederli  immagine  di  Li- 
via  ,  moglie  di  lui  ;  giacché  fono  date  tro¬ 
vate  infieme  negli  fcavi  d’ Otricoli. 

(c)  Suet.  in  Aug.  cap.  po. 

(b>  Data  in  rame  da  Stofch  Pierr.  grav. 
pi.  2 /.  Altra  ne  riporta  pi.  26.  limile  a  quella, 
prefa  dal  mufeo  Strozzi . 

(1)  Daremo  in  apprclTo  la  figura  d’  una 
gemma  incifa  da  Diofcoride  ,  rapprefentante 
Mercurio  erioforo  ,  cioè  che  porta  nella  fiui- 
dra  una  teda  ai  montone  fu  un  defeo  .  [Cin¬ 
que  altre  gemme  col  nome  di  quedo  artida 
rapprefentanti  varj  foggetti  le  da  Siodli  pl> 


LIB.  XI. 
CAP.  li. 


...  e  gemme. 


LI3.  XI. 
CAP.  II. 


Tefta  d'A- 
grippa  . 


Cariatide . 


332  Storia  dell’Arte  greca 

bani  una  tefta  dell’imperatore  Ottone  ,  in  cui  non  è  meno 
ftraordinaria  che  in  quella  d’ Auguro .  Merita  d’efler  qui  prin¬ 
cipalmente  rammemorata  la  bella  tella  d’  Augufto  incifa  in 
una  calcedonia  alta  più  di  mezzo  palmo  romano  ,  elìcente 
nel  mufeo  della  biblioteca  Vaticana,  e  pubblicata  dal  Buo- 
narruoti  (a) . 

jf.  io.  Faremo  pur  qui  menzione  d*  una  bella  e  poco 
men  che  cololTale  tefta  di  M.  Agrippa  ,  uomo  il  più  grande 
di  quelli  tempi  (a)  .  Evvi  a  Venezia  nel  palazzo  Grimani  una 
{tatua  eroica  che  diceli  del  medefimo  Agrippa  ;  ma ,  fé  così 
venga  a  ragion  nominata  ,  lafcerò  che  ne  giudichi  chi  po¬ 
trà  ben  efaminare  fe  la  tefta  fia  la  vera  antica  della  ftatua , 
e  fe  Tornigli  alle  altre  note  tefte  di  quel  celebre  romano  . 

jf.  11.  Un  altro  monumento  ,  forfè  più  pregevole  de’ fin 
qui  mentovati  e  verofimilmente  opera  de’  tempi  d’ Augufto  , 
ancor  ci  rimane ,  cioè  una  delle  Cariatidi  di  Diogene  atenie- 
fe  ,  che  ftavano  nel  Panteon  (b)  .  Si  dà  il  nome  di  Cariatidi 
a  tutte  le  figure  deftinate  a  foftenere  qualche  parte  degli  edi- 
fizj  ,  o  femminili  fian  efle  o  mafchili ,  febbene  quelle  folef- 
fero  anche  chiamàrfi  Atlanti  dai  Greci ,  e  Telamoni  dai  Roma¬ 
ni  (c)  .  Stava  tal  monumento  per  terra  e  tralcurato  nel  cor¬ 
tile 


27-gi.,  la  feconda  delle  quali  era  già  (lata  da¬ 
ta  dallo  Spon  Mijcell.erud.ant.  fecì.4.  p.rzz., 
ove  ne  nomina  un’altra  ,  in  cui  è  incifa  la 
tefta  di  Solonc  .  Il  noftro  Autore  nel  Trace, 
prel.  cap.IV.pag.XCl.  parla  di  quella  bcl- 
liftìma  del  mufeo  del  (ìg.  principe  di  Piombi¬ 
no  ,  di  cui  dà  la  figura  in  fine  della  prima 
parte  dei  Monumenti  antichi  ,  alla  pag.i  oS ., 
e  nella  fpiegazione  dei  rami  frapporti  nell'o¬ 
pera  ,  prima  del  detto  Trattato  preliminare  , 
al  num.  XVI.  pag.  XIII.  la  dice  d’un  perfo- 
naggio  incognito  .  A  confiderarla  ,  non  fulla 
detta  ftampa  ,  ma  full’originale ,  o  anche  nei 
folfi  ,  fi  vede  ,  che  rapprefenta  Demoftcne 
limile  alle  tefte  ,  delle  quali  fi  è  parlato  qui 
avanti  alla  pag.  254..  ;  e  la  pietra  è  un  ame- 
fifto  ,  non  corniola,  come  la  dice  lo  fteifo 
‘Winkelmann . 

(u)  Ofserv.  fopr.  ale.  med.  pag.  4g. 

(a)  E  al  quale  dovettero  moltilfiuio  le  arti 


del  difegno  ,  poiché  abbellì  Roma  con  tanti 
edifizj  ,  e  tra  gli  altri  ,  colla  fabbrica  ma¬ 
gnifica  del  Panteon  ,  volgarmente  detta  la 
Rotonda  ,  che  è  quella  fra  le  antiche  confcr- 
vatafi  più  intera  fino  a’  noftri  giorni  .  Den¬ 
tro  vi  collocò  una  ftatua  di  Giulio  Cefare  ,  c 
nell’atrio  quella  d’Augufto ,  e  la  (uà  .  Intor¬ 
no  ad  ella  ,  ed  altri  fuoi  antichi  ornamenti 
può  vederfi  il  Nardini  Roma  antica ,  lib.  6. 
cap.  4.  reg.  TX.  ,  colle  note  dell’  Orlandi . 
Aggiunfe  a  quefta  fabbrica  le  terme  ,  o  ba¬ 
gni  ;  e  fabbricò  pure  un  portico  in  onor  di 
Nettuno  decorato  colla  pittura  degli  Argo¬ 
nauti  .  Dione  CafTìo  lib.  pg.  cap.  27. p.  7 zi. 
Tom.I.  Vedafi  anche  Giunio  Cacai,  archìt.  ec. 
pag.  S.cg. 

(b)  Plinio  lib.g6.cap  g.feft.4.%.11. 

(c)  Nei  Monumenti  antichi  al  luogo  da 
citarli  qui  apprefio  dà  quefta  lùa  fpiegazio¬ 
ne  per  un  lolpetto  (òltanto ,  appoggiato  al 


presso  i  Romani  ec.  333 

tile  del  palazzo  Farnefe  a  Roma  ,  daddove  fu  trafportato  a 
Napoli  alcuni  anni  addietro  .  E’  quella  la  metà  d’una  figura 
malchile  affatto  ignuda  ,  cui  mancati  le  braccia  colla  metà 
inferiore  del  corpo  .  Ha  fui  capo  una  fpecie  di  candirò  ,  che 
non  è  però  d’un  pezzo  folo  col  refto  ,  e  vi  fi  veggono  in¬ 
dizi  di  foglie  ,  e  probabilmente  d’acanto  ,  che  intorno  lo  cir¬ 
condavano  ad  imitazione  di  quello  della  fanciulla  corintia  ,  da 
cui  Lardila  Callimaco  ,  vedutolo  così  di  foglie  ornato  ,  l’idea 
prefe  del  capitello  corintio  .  La  mezza  figura  ha  circa  otto 
palmi  romani  d’altezza  ,  e  due  palmi  e  mezzo  il  candirò  ; 
onde  potea  beniffimo  l’intera  ftatua  aver  la  debita  propor¬ 
zione  coll’ordine  attico  del  Panteon  ,  in  cui  ,  fecondo  Pli¬ 
nio  ,  erano  collocate  le  Cariatidi  ,  e  che  ha  circa  19.  palmi 
d’altezza  (1)  .  Una  pubblica  prova  del  fuo  poco  faperewell’ 
antiquaria  diede  uno  fcrittore  (u)  che  prefe  per  una  di  que¬ 
lle  Cariatidi  certa  figura  di  rilievo  polla  fopra  lo  flipite  d’un 
arco  ,  che  fino  a’  tempi  fuoi  era  flato  fotterra  vicino  al  Pan¬ 
teon  ,  e  lotto  tal  nome  pubblicolla  (a)  . 

jf.  12.  Fra  i  monumenti  d’architettura  de’ tempi  d’Augullo 
fulfille  tuttora  fotto  Tivoli  prefìo  l’Aniene  ,  il  fepolcro  in 
forma  rotonda  della  famiglia  Plauzia  ,  edificato  di  pietre  qua¬ 
dre  per  ordine  di  M.  Plauzio  Silvano  ,  che  fu  confole  infie- 
me  ad  Augnilo  .  Sen  vedono  alla  facciata  gli  epitafj  fra  le 
mezze  colonne  :  quello  di  mezzo  ,  fcritto  in  più  groffi  ca¬ 
ratteri ,  riguarda  lo  Hello  Plauzio  che  lo  fece  fabbricare:  vi 

fi  fa 


fuppofto  ,  che  Plinio  abbia  parlato  ,  come 
abbiam  detto  anche  noi  nel  'Tomo  I.  p.  1 1  p. 
noi.  a.  che  fi  parla  ora  abufivamente  ,  di¬ 
cendo  cioè  Cariatidi  in  vece  di  Telamoni  , 
qual  ili  dicevano  dai  Romani  fecondo  Virru- 
vio  Ho.  6.  cap.  io. ,  le  figure  d'uomini ,  che 
tacevano  la  lìdia  figura  delle  Cariatidi ,  reg¬ 
gendo  peli  col  capo  .  Io  non  laprei  menar 
buono  un  tal  fuppoflo  ,  c  non  fò  trovar  fon¬ 
damento  in  tutto  il  difcorfo  ch’egli  fa  per  a- 
dattare  quella  figura  all’ordine  del  tempio  , 


e  al  racconto  di  Plinio  ,  che  c  molto  ofeuro  . 

(1)  Nc" Monumenti  ant.  inediti ,  Par.  IR". . 
c.  14..  pag.  26 S .  ,  dice  l’Autore  che  l’altezza 
è  di  palmi  13.  e  un  quarto  ,  ma  pretende  che 
lo  zoccolo  della  ftatua  avrebbele  data  l'altez¬ 
za  necellaria  .  Parla  ivi  a  lungo  di  quefto  mo¬ 
numento  ,  avendone  data  la  figura  al  n.  20 /- 
ia)  Demontiof.  Gali.  Rom.  hofp.  pag.i  2. 
(a)  Veggafi  Orlandi  al  luogo  citato  del 
Nardini pag.  296.  feg. 


LIB.  xr. 

CAP.  li. 


Monumenti 
1’  architettu¬ 
ra  . . . 


LIB.  XI. 
CAP.  II. 


. . .  irregok 
riti  di  dia . 


334  Storia  dell’Arte  greca 

fi  fa  menzione  de’ fuoi  meriti,  delle  fu  e  gella  militari ,  e  del 
fuo  trionlo  per  la  vittoria  riportata  contro  gli  Ulirj  ;  ed  è 
terminato  con  quelle  parole  VIXIT  .  ANN  .  IX  .  Wright  ne’ 
fuoi  Viaggi  ec.  ( a )  ,  non  dipendo  capire  come  uno  che  avea 
fatto  tante  cofe  ed  era  flato  confole  ,  avelie  vilfuti  foli  nove 
anni ,  lì  argomenta  di  fciogliere  la  difficoltà  con  dire  che  vi 
manca  un  L  avanti  IX  ,  e  gli  dà  così  cinquantanov’anni  di 
vita.  Ma  egli  non  ben  s’appone  ,  poiché  qui  non  manca  nef- 
fun  numero  ,  e  sì  le  lettere  delle  parole  che  le  numeriche , 
lunghe  una  buona  fpanna  ,  fi  fono  bemffimo  confervate.  Con- 
vien  dire  piuttofto  che  M.  Plauzio  numeralìe  loltanto  quegli 
anni ,  che  pailati  avea  tranquillamente  nella  fua  villa  conti¬ 
gua  al  fepolcro  ,  non  computando  per  nulla  l’antecedente  fua 
vita .  Così  vide  altrettanto  l’ imperatore  Diocleziano  in  una 
fua  villa  predo  Salona  nella  Dalmazia  ,  dopo  d  avere  abdica¬ 
to  l’impero  ;  e  Simile  ,  uno  de’  più  ragguardevoli  cittadini  ai 
tempi  di  Adriano,  fece  fcrivere  fui  fuo  fepolcro  ,  ch’egli, 
comunque  vecchio,  pur  non  avea  viffuto  che  fett’anni ,  cioè 
che  folo  per  quello  tratto  di  tempo  avea  goduta  alla  cam¬ 
pagna  una  tranquilla  efidenza  (b)  .  A  quella  occasione  io 
nominerò  le  pitture  del  fepolcro  de’  Nafoni ,  alla  famiglia  de’ 
quali  appartiene  anche  Ovidio  .  Quelle  dilegnate  furono  al¬ 
lora  e  pubblicate  da  Sante  Battoli  ,  ma. non  tutte  fi  fono 
guallate  in  apprelfo  ,  come  Wright  ed  altri  hanno  creduto, 
poiché  un  pezzo  fe  n’è  confervato  ,  elidente  tuttora  nella  vil¬ 
la  Altieri  ,  in  cui  rapprefentafi  Edipo  e  la  Sfinge  (c)  .  Ne 
abbiamo  data  la  defcrizione  al  Libro  VII.  Capo  III.  (a)  . 

jf.  13.  Sebbene,  come  altrove  ollervammo  (b)  ,  dille  o- 
pere  d’architettura  efeguite  lungi  da  Roma  giudicar  non  fi 
polla  del  gudo  che  allora  regnava  nella  capitale  ;  ciò  non 

odan- 

(V)  Travels  &c.  pag.  gSp.  [  Ateneo  lìh.  6.cap.  ij.  pag.  253. 

(A)  Xiphil.  in  Adr.  pag.  266.  (a)  pag.  _f  /.  §.  7- 

(t)  Tzctz.  Schol,  ad  Lycoplir  .Alex.  v.  7.  (b)  Sopra  pag.  1 34. 


presso  i  Romani  ec.  33  j 

ottante  voglio  qui  riferirne  un  monumento  ,  per  le  Arava- 
ganze  che  vi  fi  trovano  .  E’  quefto  un  tempio  a  MiJaflb  nella 
Caria  (a)  edificato  ad  onore  d’Àugufto  e  di  Roma  ,  come 
appare  da  un’ifcrizione  nell’intavolato  .  Ivi  contro  ogni  re- 
gola,  e  contro  il  buon  gutto  le  colonne  fono  d’ordine  ro¬ 
mano  o  compofito  nella  facciata  ,  e  jonico  lateralmente,  e 
lono  alla  baie  ornate  de’ fogliami  alla  maniera  de’ capitel¬ 
li  .  Nè  quella  fabbrica  è  la  fola  in  cui  fiano  flati  uniti  in 
un  lolo  due  diverfi  ordini  d’architettura  ;  nel  più  piccolo  de’ 
così  detti  Ninfei  pretto  il  Iago  di  Cattello  veggonfi  pilaftri 
jonici  con  un  fregio  dorico  ;  e  un  fepolcro  pretto  la  città 
di  Girgenti  in  Sicilia  ,  generalmente  detto  del  tiranno  Tero- 
ne  ,  ha  ili  pilaftri  jonici  non  folo  i  triglifi  dorici ,  ma  ezian¬ 
dio  fui  cornicione  dell’ intavolato  la  folita  ferie  di  dentelli. 

$■  14.  Il  buon  gutto  però  cominciò  a  Roma  medefima 
a  decadere  fotto  Augullo  riguardo  allo  Itile  degli  fcrittori  , 
la  qual  cofa  fembra  doverli  attribuire  principalmente  alla 
compiacenza  loro  per  Mecenate  ,  che  amava  uno  Itile  orna¬ 
to  ,  molle  ,  e  piacevole  ( b )  .  La  fletta  decadenza  di  gutto 
manifeltolli  allora  pretto  i  pittori  d’  ornati ,  ond’  ebbe  a  la¬ 
gnarli  Vitruvio  (0  che,  laddove  la  verità  o  la  verofimiglian- 
za  almeno  etter  dovrebbono  l’oggetto  principale  della  pittu¬ 
ra  ,  invece  dipingeanfi  cofe  contro  natura,  e  tali  che  imma¬ 
ginarli  non  poteano  da  una  lana  mente  ,  come  palazzi  fu  can¬ 
ne  ,  fu  giunchi  ,  e  fu  candelabri,  colonne  informi,  lunghe, 
e  fottìi  itti  me ,  quali  erano  i  baltoni  che  folteneano  le  lucerne 
degli  antichi.  Di  quella  maniera  di  dipingere  pottono  darci 
un  idea  alcuni  pezzi  delle  pitture  d’Ercolano  ( d )  ,  fatte  forfè 
<*  que  tempi  ,  e  certamente  non  molto  dopo  .  Le  colonne 

fon 

(a)  Po  rocker  Dcfcript.  of  thè  Eajl.  Volti.,  capo  ti.  i  XX.  fegg.  ,  ove  lo  efamina  magi- 

par.  z  pag.6t.pl.  is.  feralmente .  °°  S 

( b)  Su.  t  ni  Aug.  cap.  86  [  Si  veda  fu  que-  (cj  lìb.  cap  r 

Ito  punto  il  eh.  TiaSofrhi \  Storia  della  Lee-  (di  Pittar,  a'  Ercol.  Tom.  iti.  Tav.  r7. 

telatura  italiana  ,  Tom.  l.par.  ni.  lió.  uL  s$-  SU- ,  Tom.  IV.  Tav.  }6.  J'e^ 


UB.  XI. 
CAP.  li. 


Depravazio¬ 
ne  del  gufto . 


LIB.  XI. 
CAP.  II. 


Monumenti 
d’Afinio . . , 


...  c  dì  Vedio 
Pollione  . 


33 6  Storia  dell’ Arte  greca 

fon  lunghe  il  doppio  di  quello  ch’elTer  dovrebbono  ,  e  anzi 
alcune  veggonfi  fatte  a  forma  fpirale  ,  il  che  ripugna  all’ 
idea  d’un  corpo  dellinato  a  follenere  (a)  :  gli  ornati  ne  fono 
ilravaganti  e  barbari  (b)  .  Sono  flati  dipinti  con  un’architet¬ 
tura  di  quella  maniera  ,  oltre  un  muro  lungo  quaranta  pal¬ 
mi  nel  palazzo  de’ Cefari ,  ora  nella  villa  Farnele  ,  tutt’i  ba¬ 
gni  di  Tito  (i)  . 

jf.  i$.  Non  meno  che  quello  d’Augufto  elìer  dee  celebre 
nella  ftoria  dell’arte  il  nome  d’Afinio  Pollione  ,  di  cui  nar¬ 
ra  Plinio  (ti)  che  le  opere  negli  antichi  arditi  raccolfe  ,  e 
alla  pubblica  villa  le  efpofe  .  V’erano  ira  quelle  il  rinomato 
Toro  Farnefe  di  cui  già  parlammo  (c)  ,  e  le  così  dette  Ip- 
piadi  di  Stefano  ,  che  probabilmente  rapprefentavano  delle 
Amazzoni  a  cavallo  ,  dal  nome  cavallo  .  Io  rammento 

qui  quelle  Ippiadi  non  perchè  polliamo  riportare  a  quelli 
tempi  l’età  dello  fcultore  ,  ma  perchè  probabilmente  fu  ef- 
fo  quel  medefimo  Stefano,  cui  Menelao,  nella  greca  iscri¬ 
zione  d’un  fuo  gruppo  efiften^*  nella  villa  Lodovifi  ,  di  cui 
parleremo  qui  appiedo  ,  chiama  luo  maellro  . 

jf,  1 6.  Viveva  allora  un  altro  celebre  Pollione  col  pre¬ 
nome  di  Vedio  ,  che  fece  edificare  una  magnifica  villa  fu 
Paufilipo  predo  Napoli  ,  e  lafciolla  per  tellamento  ad  Au¬ 
gnilo  .  In  eda  fu  trovato  un  bel  badb-rilievo  ,  che  noi  puo- 
blicheremo  altrove  .  Sorprendono  tuttora  le  mine  di  quella 
villa  ,  fra  le  quali  v’è  la  gran  pefchiera  delle  murene  forma¬ 
ta  in  mezzo  al  mare  con  un  muro,  in  cui  lece  gettate  pei 

cibo 


(a)  Colonne  veramente  fpirali ,  come  di¬ 
confi  oggidì ,  e  come  fono  quelle  del  Ber¬ 
nini  allaConfcfiìone  di  fan  Pietro  m  Vatica¬ 
no  ,  e  quelle  degli  altari  grandi  laterali  ne  la 
diiefa  di  s.  Ignazio  nel  Collegio  romano,  non 
fi  trovano  nelle  pitture  d'  Ercolino  .  Si  veg¬ 
gono  bensì  nel  Tomo  1  .  Toy.  6j.  colonne 

ornate  di  fiorami  a  modo  di  (pira  ,  e  I av.p 8. 
una  colonna  fcanalara  a  modo  (pitale  ;  e  nel 
Tomo  ni.  Tavola  j6.  colonne  formate  di 
più  rami  ,  o  fiondi  intrecciate  largamente 


nello  ftefio  modo  :  il  che  c  più  ridicolo  an¬ 
cora  di  ciò  clic  dice  Winkelmann  . 

(b)  Vedali  qui  avanti  pag.  72  78-  1  2P- 
(1)  L’Autore  non  ne  avea  veduto  che  un 

difegno  fatto  da  Giovanni  d  Udine  fcoiaie  di 
Raffaello  ;  ma  ora  tutte  quelle  pitture  lon 
pubblicate  ;  e  noi  ne  abbiamo  già  parlato 
qui  avanti  nelle  note  alla  pag.  f  ?■  ‘  1  *!)• 

( a )  Hb.  36.  cap.  $  io. 

(c)  Qui  avanti  pag.  2  6  2. 


LIB . XI. 
CAP.  II. 


presso  i  Romani  se,  3^7 

per  cibo  de’  pefci  (  ad  murtnas  )  lo  fchiavo  che  ruppe  un5 
preziofo  vaio  di  crillallo  ,  mentre  avea  feco  a  menfa  Au- 
gudo  .  L’imperatore  allora  fece  fpezzare  tutti  que’  rafi  acciò 
Pollione  non  avelie  più  motivo  di  tifare  una  limile  crudel¬ 
tà  (a)  .  Quella  pefchiera  fulìlfte  intera,  e  v’è  tutta  l’appa¬ 
renza  che  le  due  grate  di  bronzo  ,  per  le  quali  palla  l’acqua  , 
fìano  ancora  le  antiche  .  Non  fo  fe  alcuno  fcrittore  abbia 
finora  ben  efaminato  quello  ragguardevole  monumento  . 

jf.  17.  Degli  arditi  che  fiorirono  fotto  i  primi  fucceflori  Tiberio  no» 
d’Augudo  ,  appena  fono  a  noi  pervenuti  alcuni  nomi.  Star  f*v011  k*m“ 
dovean  affai  male  fotto  Tiberio,  che  poco  fece  edificare  (a); 
e  poiché  con  ogni  forta  di  prerefto  per  mezzo  d’iniqui  emif- 
farj  fpogliava  de’ loro  beni  i  ricchi  di  tutte  le  provincie  (b) , 
è  naturale  che  niuno  avrà  voluto  impiegar  l’oro  per  avere 
de’  fontuofi  lavori  efpodi  all’avidità  dell’imperatore  e  de’fuoi 
miniitri .  Non  s’innalzò  d’ordin  fuo  altra  fabbrica  ,  fuorché 
il  tempio  d’Augudo  ,  a  cui  nemmeno  diè  compimento  ( c )  . 

Fece  prendere  a  Siracufa  ,  per  collocarla  nella  biblioteca  pa¬ 
latina  ,  una  fatua  d’Apollo  detto  Temenite  (d)  dalla  fonte 
Temene  da  cui  prendeva  il  nome  un  quartiere  di  quella  cit¬ 
tà  .  Vero  è  che  Tiberio  ,  elfendogli  dato  lafciato  in  legato 
un  quadro  immodello  di  Parrasio  ,  o  una  fomma  confiderevo- 
le  in  vece  di  elfo  fe  non  gliene  folfe  piaciuto  il  foggetto  ,  i] 
quadro  preferì  al  denaro  (b)  ;  ma  ciò  dimodra  la  fua  incli¬ 
nazione  alle  cofe  lubriche  anziché  l’amor  fuo  per  le  arti . 

Avvilite  erano  allora  le  datue ,  perchè  fovente  ergeanfi  in  ri- 
compenfa  a’  delatori  (e)  . 

jf.  i3.  Rare  fono  le  tede  di  quedo  imperatore,  e  molto  ...faeteftc 
piu  che  quelle  d  Augudo  ;  due  però  fe  ne  vedono  nel  mufeo 
Tom  II.  V  v  Ca- 

(a)  Seneca  De  ira  ,  lib.  j.  cap.  4.0.  (d)  Suet.  in  Tiber.  cap.  7 4. 

yÙ  lrl  Tiocr.  cap .  47.  (b''  Suctonio  Loc.cit.  cap .  44. 

y\  c.aP-/-?-  .  (e)  Conftancin.  Porphyr.  Excerpta  Dion. 

.  in.  C?J°  Cal,g-  ™p-  2t.  ,  Xiphil.  Cocccj.  lib.  SS.  par.  662. 

tn  LiJ,  Aug.  in  fint ,  pag.  102.  E. 


LIB. XI. 
CAP.  II. 

Bafe  a  lui  c- 
retta  . 


Immagini  c 
Germanico . 


938  Storia  dell’Arte  greca 

Capitolino  (a)  ,  ed  una  nella  villa  Albani  importa  ad  una 
llatua  :  in  quella  vien  egli  rapprefentato  nella  Tua  gioventù , 
laddove  quelle  fono  d’ un’età  più  avanzata  (b)  . 

jf.  19.  Il  folo  pubblico  monumento  dell’  arte  di  quelli 
tempi  fino  a  noi  confervatofi  è  una  baie  quadrangolare  efi- 
ftente  Culla  piazza  di  Pozzuolo  ,  eretta  ad  onor  di  Tiberio 
da  quattordici  città  afiatiche  »  le  quali  ,  dopo  il  terremoto 
per  cui  molto  aveano  (offerto  ,  furono  da  lui  riedificate  ,  come 
appare  dall’ apportavi  ifcrizione  ,  e  Tappiamo  dalla  rtoria  (c) . 
Ogni  città  è  ivi  rapprefentata  con  una  figura  fimbolica  ,  (ot¬ 
to  di  cui  v’  è  il  (uo  nome  .  Alcuni  con  ragione  fi  fon  ma¬ 
ravigliati  ,  cerche  in  Pozzuolo  ,  anziché  ili  Roma ,  fia  flato 
eretto  tal  monumento  ;  ma  ciò  probabilmente  è  flato  fatto 
affinchè  forte  veduto  dall’imperatore  che  aveva  allor  fi  (Tato  il 
fuo  foggiorno  nella  vicina  ifola  di  Capri  ,  daddove  vifitava 
fovente  i  contorni  di  Pozzuolo  ,  e  ch’è  poi  morto  nella  vil¬ 
la  di  Lucullo  fui  promontorio  di  Mifeno,  fenza  più  ritornare 
alla  capitale  (d)  . 

ii  jf.  20.  Si  dà  il  nome  di  Germanico  ,  nipote  di  Tibe¬ 
rio  (e)  ,  ad  una  bella  (tatua  elìdente  a  Verfailles  ,  che  era 
dianzi  in  Roma  nella  villa  Montalto  pofeia  Negroni  (f)  .  Pri¬ 
ma  però  di  così  chiamarla  bifognerebbe  efaminare  le  la  te¬ 
da  è  limile  alle  altre  che  abbiamo  di  quello  principe  ,  e  fe 
è  della  la  tefta  originale  della  ftatua  ,  ovvero  porticela  .  v  è 
nello  zoccolo  il  nome  dello  (cultore  Cleomene  ,  e  fu  di  erto 

una 

f  a)  Botta  nMuf.  Capit.T0m.1I.  Tav.f. 6.  Giovanni  Antiocheno  cognominato  Maiala 
(b j  Ora  non  fono  tanto  rare  ;  e  una  fe  ne  Hift.  Chron.  lib.  1  0.  pag  a S.e  ss-  ,  ove  di- 
7edc  nel  Mufco  Pio-Clemcntino  .  ce  che  Tiberio  era  portatiuìmo  a  innalzar 

(c)  Tacito  AnnaL  lib .  2.  cap.  4. 7.  Si  rileva  fabbriche  . 

anche  dalle  medaglie  battute  in  quella  occa-  (e)  Figlio  di  Di  ufo  fratello  di  Tiberio  ,  poi 
fione  coll’epigrafe  :  Civitatibus  AJÌ&  rejìì -  adottato  da  quello  per  figlio  .  Suetomo  in 
tutis  .  Tiber.  cap.i  j.  ,  Tacito  AnnaL  lib.i .  c.  33.  y 

(d)  Suetonio  nella  di  lui  vita  cap.  feg.  lib.  1  2.  cap.  2  f. 

Ornò  la  città  d’ Antiochia  di  molte  magnifi-  (f)  Maftei  Raccolta  di  ftatue  ,  1  av.  69.  ne 
che  fabbriche  ,  di  più  portici  ,  d’un  teatro  >  dà  la  figura  troppo  caricata  .  Se  ne  ha  il  gel» 
d’un  tempio  a  onor  di  Giove  Capitolino  ,  di  fo  in  Roma  nell  Accademia  di  Francia  , 
molte  llatue  >  e  colonne  di  bronzo .  Vedali 


plesso  i  Romani  e  c.  '  339 

una  tettuggine  filila  quale  cade  il  panneggiamento  ,  che  pen¬ 
de  dalla  man  finiftra  della  figura,  ignuda  nel  retto.  La  te- 
fluggine  deve  qui  avere  certamente  qualche  lignificato  ;  ma 
io  non  fo  ora  congetturarne  nelìiino  che  abbia  della  verofi- 
miglianza  (a)  .  Quella  fu  cui  appoggiava  il  piede  la  Venere 
di  Fidia  ha  un  fenfo  fimbolico  che  qui  non  può  aver  luo¬ 
go  (b)  .  Vera  tetta  di  Germanico  è  quella  che  vedefi  in  Cam¬ 
pidoglio  (c) ,  ed  è  al  tempo  fletto  una  delle  più  belle  tette 
de’  cefari  che  ivi  fiano  .  V’era  altre  volte  in  Ifpagna  la  bafe 
d’una  ttatua  che  allo  tteffo  Germanico  avea  fatta  ergere  l’edi¬ 
le  L.  Turpilio  0). 

jf.  2i.  Caligola,  per  cui  ordine  abbattute  furono  e  rot¬ 
te  le  ftatue  degli  uomini  illuftri  polle  in  Campo  Marzo  (b) , 
che  fece  levar  le  tette  alle  più  belle  ttatue  delle  divinità  per 
collocarvi  la  propria  (c)  ,  che  annichilar  voleva  le  opere  di 
Omero  ( d )  ,  non  può  certamente  confiderarfi  come  protet¬ 
tore  delle  arti  (d)  .  Egli  però  fpedì  in  Grecia  Memmio  Re¬ 
golo  ,  a  cui  avea  rapita  la  fpofa  Lollia  Paolina  ,  con  ordine 
di  fpogliare  tutte  le  città  delle  migliori  ttatue  ,  e  trafportar- 
le  a  Roma  ,  fotto  il  pretetto  che  le  più  belle  cofe  doveano 
Ilare  nel  più  bel  luogo  della  terra  ,  e  che  quello  era  Roma  (0  . 
Qui  le  divife  fra  le  fue  ville  .  Quello  comando  s’eftefe  fino 
al  Giove  Olimpico  di  Fidia  (e)  ,  ma  gli  architetti  gli  fecero 

V  v  2  in- 


(a)  Se  mai  non  alludere  a  Mercurio  ,  che 
della  telluggine  formò  la  fila  lira  ;  coficchè 
Germanico  Folle  rapprefentato  col  di  lui  Em¬ 
bolo  ,  e  fotto  la  di  lui  protezione  .  Non  fo 
come  non  fia  venuta  in  mente  a  Winkelmann 
quella  congettura  ,  avendo  egli  data  nei 
Monumenti  antichi  inediti  ,  num.qg.,  una 
gemma  in  cui  è  rapprefentato  Mercurio  con 
una  telluggine  fu  una  fpalla  a  modo  di  cap¬ 
pello  ,  c  della  quale  ha  parlato  anche  in  quell- 
opera  nel  Tomo  I.  pag.  176. 

(b)  Vegg. Plutarco  Conjug.pr&c.  0p.T0m.1I. 
p.14.2.  D.,  Paufania  l.  6.  c.gj.p.ji  f.  infine. 

(c)  Bottari  Muf.  Capii.  Tom.  il.  Tav  0. 
(a)  Grut.  Infcr.  T.  I.  p.  236.  n.3.  V.  Pigh. 

Ann.rom,  Tom.uLl.i8,  ann.gó^.p.  j+o. 


(A)  Suet.  in  Cajo  Calig.  cap.  34.. 

(c)  ihid.  cap.  22. 

id)  ibid.  cap.  34. 

(d)  Fece  dillruggere  una  bellillìma  villa 
nell- Ercolano  pet  il  folo  motivo  ,  che  vi  era 
Hata  cullodita  una  volta  fua  madre  .  Seneca 
De  ira  ,  lib.  3.  cap.  22. 

(e)  Jof.  Antiq.  jud.  lib.  1 9.  cap.  r .  princ. 

1e)  Suetonio  loc.  cit.  cap.  22.  Fece  tra  le 

altre  cofe  trafporrare  a  Roma  il  famofo  Cu¬ 
pido  di  Prallitele  ,  di  cui  li  è  parlato  qui  a- 
vanti pag.  224.  not.  1.  Dopo  la  di  lui  morte 
Claudio  lo  rimandò  a  Tefpi  ;  ma  Nerone  lo 
fece  riportare  a  Roma  ,  ove  poi  fu  confunto 
da  un  incendio  .  Paufania  lib.fi.  c,  27. p.  7  62. 


LIB.  XI. 
CAP.  Il, 


Nocque  pur 
alle  arti  Cali- 
gola  . . . 


340  Storia  dell’  Arte  greca 

38..  intendere  che  ,  edendo  ta.1  figura  formata  d  avorio  e  d  oro» 

L1K-X1‘  nello  fmoverla  da  quel  luogo,  fcompofla  farebbefi  e  guada- 
CAP'  **  ta  ;  onde  colà  rimale  (a)  .  Da  ciò  fi  argomenta  che  poco  dan¬ 
no  avelie  fatto  a  tale  ftatua  il  fulmine  che  percolila  l’aveva 
ai  tempi  di  Giulio  Celare  (b)  . 

...fuetefte.  jf.  22."  Affai  rare  fono  le  figure  di  Caligola  in  pietra,  e 
due  fole  tede  ve  n’ha  a  Roma;  una  di  bafalte  nero  nel  mu- 
feo  Capitolino  (c) ,  e  l’altra  di  marmo  bianco  nella  villa  Al¬ 
bani  ,  in  cui  ha  la  toga  tirata  fui  capo  come  pontefice  maf- 
fimo  (d)  .  La  più  bella  effigie  di  quell’  imperatore  ,  e  nel  tem¬ 
po  flelfo  un  de’più  ben  lavorati  cammei ,  è  fenza  dubbio  quel¬ 
lo  che  fu  comprato  in  Roma  dal  lìgnor  generale  ùfalmoden 
nel  1766,  (e)  . 

Claudio  non  §•  ^3*  Qyal  abile  conofcitore  de’  lavori  dell  arte  folfe 
aveaguào... Claudio  ,  argomentar  lo  polliamo  dall’aver  egli  fatte  ritagliar 
da  due  quadri  le  tede  d’Alelfandro  ( a ) ,  per  mettervi  in  vece 
loro  quelle  d’Augudo  .  Non  odante  la  fua  ignoranza  però 
amava  d’elfer  chiamato  il  protettore  delle  feienze  ,  e  perciò 
ampliò  il  mufeo  ,  odia  l’abitazione  de’  letterati  in  Alelfan- 
dria  ( b )  ;  ed  afpirando  alla  gloria  d’elfer  detto  un  nuovo  Cad¬ 
mo  coli’inventare  delle  nuove  lettere  ,  immaginò  d  tifare  la  J 
rivoltata  .  Un  bel  budo  di  qued’  imperatore  ,  trovato  alle  Fi  al¬ 
laccine  fuori  di  Roma  ,  fu  dal  Cardinal  Gerolamo  (f)  Colon¬ 
na  mandato  in  Ifpagna  ( e )  :  e  dicefi  che  ,  quando  Madrid  fu 
prefa  dagli  Audriaci ,  lord  Galloway  ,  che  n  andava  in  ti  ac¬ 
cia  ,  lo  trovaffe  nell’  Efcuriale  ,  podo  per  pefo  al  grande  o- 

rologio  della  chiefa ,  e  lo  mandade  in  Inghilterra  .  Io  però 

non 


(a'  Veggafi  appreffo  al  Lib.  XII.  Cap.  ni. 
§.  1 6. 

(■%)  Eufebio  De pr/tpar.  evang.  lib.  4.  c.  2. 
pag.  1  f  f . 

(c)  Bonari  Muf  Capii.  Tom.  il.  Tav.  1 1 . 
Nella  Tav.  12.  ne  riporta  un’altra  in  marmo 
bianco  non  inferiore  di  bellezza  . 

i»)  Nel  Mufeo  l'io-Clemcntino  è  la  fua 


Fatua  nuda  in  marmo  bianco  trovata  negli 
cavi  d‘  Otricoli  . 

(e)  La  parta  antica  porteduta  dal  ng.  cav. 
le  Azara  e  di  un  lavoro  forprendente  . 

la)  Plin.  tib.is-  caP-  1  0 •  fi**'  1  % 

lb)  Ath.  Deipn.  lib.  6.  cap.  9.  pag.  240.  ti. 

(1)  Afcanio  .  _  . 

le)  Momf.  Ani.  expl.  Tom,  V.pt.us. 


lib.  xi. 


presso  i  Romani  ec.  341 

non  fo  fe  vi  fia  pervenuto,  e  che  ne  (la  flato  apprefTo  (a). 

jf.  24.  Una  pregevol  opera  dei  tempi  di  Claudio  (b)  fa¬ 
rebbe  il  gruppo  detto  di  Arria  e  Peto  nella  villa  Lodovilì ,  fe  pretefi  grup. 
quelli  nomi  veramente  gli  convenilfero  .  E’  noto  che  ,  elfen-  ptto  c 
do  Cecina  Peto  patrizio  romano  flato  fcoperto  nella  con¬ 
giura  di  Scriboniano  contro  Claudio  ,  e  perciò  condannato 
a  morte  ,  Arria  fua  moglie  ,  per  incoraggirlo  a  privarli  di 
vita  anziché  perderla  per  mano  d’un  carnefice  ,  fi  conficcò 
in  fua  prefenza  uno  Allo  nel  petto  ,  e  trattofelo  glielo  pre- 
fentò  dicendo  :  non  fa  male  (c)  .  Gli  amatori  conofcono  que¬ 
llo  gruppo  compoAo  d’una  ftatua  virile  ignuda  colle  bafet- 
te  ,  che  fi  conficca  in  petto  una  corta  fpada  ,  e  folliene  col 
manco  braccio  una  figura  veftita  di  donna  caduta  in  ginoc¬ 
chio  ,  dal  cui  petto  veggonfi  flirtanti  alcune  gocce  di  fangue  : 

Ila  a’  piedi  di  quelle  figure  uno  feudo  ovale ,  e  fotto  di  erto 
un  fodero  di  fpada  . 

jf.  25.  Secondo  i  miei  principj,  anziché  un  avvenimento 
della  romana  rtoria  ,  qui ,  come  in  tutte  le  altre  opere  d’an- 
tico  fcarpello  ,  io  ravvilo  qualche  tratto  mitologico  (d)  ,  tan¬ 
to  più  che  ,  fecondo  gl’indizj  lafciatici  da  Plinio  ( a )  ,  la  figu¬ 
ra  virile  eflendo  ignuda  deve  rapprefentare  un  greco  ,  o  un 
perfonaggio  de’  tempi  eroici  ,  e  non  un  romano  .  Molto  me¬ 
no  può  ivi  feorgerfi  un  fenatore ,  a  cui  non  converrebbe  nè 

10  feudo,  nè  la  fpada,  nè  le  bafette  ,  che  a’ tempi  di  Peto 
più  non  fi  portavano  ;  e  in  nell'un  modo  può  ravvifarvifi  Peto  , 

11  quale  non  ebbe  il  coraggio  d’imitare  l’efempio  della  mo¬ 
glie  ,  e  perì,  al  dir  di  Tacito  (e)  ,  condannato  a  tagliarli  le 

vene  . 

(a)  Tutto  quello  racconto  è  falfo  ,  come  drid  5  ed  è  di  una  bellezza  ftraordinaria  . 
me  ne  avvita  il  lodato  lignor  cavaliere  de  Montfaucon  loc  eie.  ne  di  la  figura  unica- 
Aza'a  .  La  ceda  di  Claudio  non  e  Itaca  mai  mente  alia  teda  . 

nell’ Efcuriale  ,  ma  bensì  a  Madrid  nel  pa-  (b)  Si  veda  anche  qui  avanti pag.  a*  J. 

lazzo  del  Ritiro  ,  ov'è  anche  al  prefente  .  (c)  Plinio  Secondo  Epift.  lib.  g.epifi.  16.  } 

Era  dara  (laccata  dalla  fua  bafe  per  efler  col-  Marziale  lib.  1 .  epigr.  14. 

Io  ara  fopra  un  tavolino  ,  come  tante  altre  (d)  Ved.  qui  avanti  vag.  747. 

tede  .  La  detta  bafe  ,  o  piedcdallo  da  in  una  (u)  lib.  34..  cjp.  j.  Jet}.  1  0. 

camera  fotterranea  nel  palazzo  reale  di  Ma-  (e)  Annoi,  lib.  oh.  in  fine  .  Parla  di  Peto 


LIB.  XI. 
CAP.  II. 


342  Storia  dell’  Arte  greca 

vene  .  Per  ultimo  ,  come  mai  a  colini  farebbe  fiata  eretta 
una  fiatua  ,  fe  queiVonore  non  trovali  accordato  nemmeno 
aTrafea  e  adElvidio  Prifco  ,  i  quali  contro  Nerone  cofpirato 
aveano ,  e  da  alcuni  perciò  venerati  furono  come  dei  ? 

(f.  2 6.  Il  Maffei  (a)  ,  ben  fapendo  che  Peto  trucidato 


non  s’era  fui  corpo  della  moglie,  ricorre  per  ifpiegare  que- 
fto  gruPP°  a^a  iìorì*  ^  Mitridate  ultimo  re  di  Ponto  ,  e 
vede  ivi  rapprefentato  l’eunuco  Menofìlo ,  che  uccile  Dripe- 
tina  figliuola  di  quel  re  a  lui  lafciata  in  cufiodia  ,  acciò  non 
folle  violata  dai  nemici  ,  e  quindi  trafiffe  sè  medefimo  .  Ma 
quella  fpiegazione  conviene  ancor  meno  della  prima  ,  non 
permettendo  le  ben  intere  parti  genitali  e  le  bafette  di  qui 
ravvifare  un  eunuco  (b)  . 

jf.  27.  Meno  dal  verofimile  s’allontana  Gronovio  (a) ,  che 
fcorge  in  quello  gruppo  Macareo  figliuolo  d  Eolo  ,  e  Cana- 
ce  fua  forella  e  fpofa  ,  i  quali  ,  fecondo  Igino  (c)  ,  un  dopo 
l’altro  s’uccifero  :  ma  io  ,  fe  devo  qui  proporre  la  mia  opi¬ 
nione ,  vi  ravvifo  piuttollo  quel  fatellite  che  il  medefimo  Eo¬ 
lo  ,  avendo  rifaputo  l’incello  commelfo  da  Macareo  colla  fo¬ 
rella  Canace  ,  fpedì  a  quella  con  un  ferro  ,  col  quale  to¬ 
glierli  dovea  la  vita  .  Non  approvo  interamente  il  pendere 
di  Gronovio  (d)  ,  perchè  nella  figura  virile  non  polfo  ravvi¬ 
fare  il  fratello  di  Canace  il  qual  era  un  giovanetto  ,  nè  alcun 
eroe  dell’antichità  ,  poiché  ignobili  ne  fono  le  fembianze , 
rendute  ancora  più  vili  dalle  bafette  alla  moda  de’barbari . 

Sem- 


T ratea  ,  di  cui  pure  'Winkelmann  parla  qui 
appretto . 

(a)  Raccolta  di  fiatile  ,  Tav.  60.  di .  ove 
Xic  dà  la  figura  dileguata  ,  o  incita  all'op- 
pofto ,  e  non  troppo  efattamente  . 

(b)  Quale  era  veramente  Menofilo,  come 
fcrive  Ammiano  Marcellino  Ut.  1  i.  c.  7. ,  ove 
racconta  quello  fatto  ;  e  tappiamo  altronde  , 
che  veri  eunuchi  erano  quelli,  che  fi  teneva¬ 
no  dai  tovrani  della  Grecia  ,  e  della  Pcrfia  per 
loro  guardie  ,  o  per  camerieri  ,  e  per  culto¬ 
dire  le  donne  5  ed  erano  per  lo  più  figli  di 


barbari .  Veggafi  Erodoto  Uh.  tt.  cap.  iop. 
pag.  66S.  ,  Senofonte  Cyropid.  I.  7.  p.ijó., 
Evagrio  Ecclef.  h: fi.  lib.  4..  cap.  22. 

{a')  Thef.  Antiq.  grs.c.  Tom.  ni.  m._ 

(c)  E  ab.  24.2.  e  24.3.  Si  uccilèro  però  in 
divello  luogo  ,  e  in  diverto  tempo  ;  onde 
non  potevano  mai  rapprefentarfi  in  un  grup¬ 
po  con  limile  . 

(ni  Quelli  lo  dà  per  una  congettura  ,  ma 
vi  foftiene  rapprelénraro  Arria  e  Peto  ,  fecon¬ 
do  la  comune  opinione  d'allora . 


presso  i  Roma  fi  i  ic.  343 

Sembra  pertanto  che  l’ arti  ita  nel  dare  fembianze  rozze,  trat¬ 
ti  feroci  ,  e  membra  robulte  e  grolfolane  alla  figura ,  abbia 
voluto  efpi'imere  un  de’  latelliti ,  i  quali  per  lo  più  fogliono 
di  tal  maniera  rapprefentariì  ( a )  ;  e  tale  afpetto  hanno,  e  fo¬ 
no  egualmente  ignudi  i  fateliiti  del  re  Cercione  nel  baffo-ri¬ 
lievo  efprimente  la  favola  di  Alope  nella  villa  Panfili  (a)  .  La 
mia  opinione  vien  confermata  dalla  figura  femminile  ;  poiché 
la  chioma  lifcia  e  lenza  ricci  ,  limile  alla  capigliatura  ufata 
da’  Greci  nelle  figure  di  genti  ltraniere ,  e  la  fopravefte  colle 
frangie  ,  inoltrano  una  perfona  che  non  era  greca  (b)  .  Se  il 
mio  leggitore  non  è  foddisfatto  di  quella  fpiegazione  ,  penfi 
che  difficilmente  fe  ne  potrà  dare  una  migliore  ,  e  forfè  il 
tutto  meglio  fpiegherebbefi  fe  aveffimo  un  più  eflefo  raccon¬ 
to  del  cafo  di  Canace  ,  di  cui  non  altra  memoria  ci  reità  fe 
non  il  poco  che  ne  dice  Igino  ,  e  la  eroide  d'Ovidio  fcrit- 
ta  a  di  lei  nome  al  fratello  Macareo  (c)  ,  in  cui  gli  narra 
che  il  padre  le  ha  mandato  per  un  fatelJite  un  ferro  ,  di  cui 
già  comprende!  l’ufo  che  farne  doveva  ,  immergendofelo  nel 
petto  : 


Intere  a  p a  trias  vultu  moerente  fateli  es 
Venit ,  &  indignos  edidit  ore  fonos  : 

Collis  hunc  enfi m  mittit  tibi  :  tradidit  enfiem , 
Et  jubet  ex  merito  fière  quid  ifie  velie  . 
S cimus  ;  eà'  utemur  violento  fortiter  enfie  : 
Peùlorìbus  condam  dona  paterna  meis  . 


Ora  poiché  la  lettera  fu  fcritta  poco  prima  di  morire  ,  nè 
verun  autore  più  altro  dice  di  quel  fatellite  ,  polliamo  dal 
giuppo  argomentare  che  quelli ,  il  quale,  ignorando  il  moti¬ 
vo  della  lua  ambalciata ,  prefentolle  il  ferro  con  volto  tur¬ 
bato  , 


(a)  Suid.  v.*Ayfi  t, 

(a,  Dato  nei  Monutn.  ani,  ined.  n.  gz. 


(b)  Vedi  Tom.I.p.u  o.  n.A. ,  p.4.1  Q.§.  17 « 

(c)  Epifi,  i  z.  ver/,  fij.figg. 


LIB. XI. 
CAP.  II. 


344 

bato  ,  fiafelo 


TORTA  PELI-’  Aris 

conficcato  nei  petto  dopo 


greca 

che  vide  Canace  pri- 


lib.xi.  vatafi  di  vita  (a). 

c^p:xh.  fi  28  Come  a  quello  gruppo  è  flato  lenza  ragione  dato 

e  tu»  madie .  nome  di  Arria  e  Peto,  così  non  meglio  credeii  rapprelen- 

tato  Papirio  e  fua  madre  in  un  altro  gruppo  della  medefima 
villa  degno  egualmente  de’  floridi  tempi  dell’arte  greca  .  La¬ 
voro  è  quello  di  Menelao  fcolare  di  Stefano  ,  come  appa¬ 
re  dalla  greca  ilcrizione  .  Ivi  s’è  voluto  ravvifare  un  tratto 
florico  raccontatoci  da  Aulo  Gellio  (a)  ,  perchè  generalmen¬ 
te  fi  fono  voluti  fpiegare  colla  fioria  romana  gli  antichi  mo¬ 
numenti  ,  anziché  crederli  prefi  da  Omero  ,  o  dalla  greca 
mitologia.  Che  male  filagli  flato  apporto  quel  nome,  argo¬ 
mentali  dall’  edere  opera  di  greco  artefice  ,  che  certamente 
non  avrà  voluto  fcegliere  un  avvenimento  de’  Romani  ,  al¬ 
tronde  poco  importante  e  forfè  incerto  ,  poiché  Aulo  Gel¬ 
lio,  che  lo  riporta,  dice  d’averlo  letto  altre  volte  in  un  difi- 
corfo  di  Catone ,  cui  però  più  non  avea  fiott’occhio  quando 


ciò  fcriveva  (*)  . 

jj\  29.  Un  altro  argomento  per  non  ravvifare  in  quello 
gruppo  Papirio  fi  ricava  dalla  ftefla  figura  in  cui  vuoili  rap- 


(a)  Igino  ,  il  quale  ne!  citato  n.  3.4.1.  parla 
degli  uomini ,  che  da  sè  ftefli  lì  fono  uccilì , 
avrebbe  dovuto  dirlo  ;  tanto  più  che  parla 
della  morte  di  Canace  ,  e  di  Macareo  .  Quel 
che  fi  può  dir  di  licuro  intorno  a  quello  grup¬ 
po  ,  è  che  la  ftatua  dell’uomo  ralTomiglia  nei 
capelli, nei  muflacci  e  nell'aria  del  volto  al  fup- 
pofto  Gladiator  moribondo  di  Campidoglio , 
come  è  fimilitlìmo  lo  feudo  dell'uno  ,  e  dell' 
altro .  Da  quello  fi  può  argomentare  con  lì- 
curczza  ,  che  amendue  fiano  fiati  foldati  di 
una  ftelfa  nazione  .  E  ficcome  del  Gladiatore 
fi  è  ollervato  qui  avanti  alla/1.  208. coi.  2. 
che  può  oliere  un  armigero  fparrano  ;  cosi 
fpartano  potrebbe  e  fiere  anche  l’altro  guer¬ 
riere  del  gruppo  .  Lo  ftile  del  lavoro  di  que¬ 
llo,  fe  ne  eccettuiamo  i  refiauri  del  braccio 
deliro  ,  con  cui  fi  uccide  ,  e  gli  altri  pochi , 
non  ne  farebbe  molto  diverfo  . 

(a)  Noci.  att.  lib.  1.  cap.  24. 

Ea  Cutonis  ■verbo  buie  prorfas  com¬ 
mentario  indidijfem ,  Ji  libri  copia  fuijfet  id 
tempori %  eum  lue  dittavi  ,  loc.  cit.  Pottebbe 


pre- 

dubitarfi  di  quello  fatto  da  ciò  che  aggiugne 
Aulo  Gellio  ,  cioè  che  i  fenatori  folcano  con¬ 
durre  in  Senato  i  loro  figliuoli  tolto  che  pren- 
deano  la  pretella  ,  all’era  di  dicifettc  anni  . 
Fondali  quello  dubbio  lu  Polibio ,  il  quale 
accufa  d’errore  due  fcrittori  greci ,  che  pre- 
tendeano  edere  fiati  i  figliuoli  de  Romani  in¬ 
trodotti  nel  Senaro  all’età  di  dodici  anni ,  la 
qual  colà,  dic’egli  ,  non  è  ne  verofimile  ne 
vera  ,  poiché  certamente  la  natura  non  e  na¬ 
ta  tanto  liberale  coi  Romani,  che  fapienti  ne 
fiano  i  figliuoli  appena  nati  .  Quantunque 
però  Polibio ,  come  fcrittore  più  antico  ,  ■Pe¬ 
ntade  più  fede  ,  pure  io  non  inliftero  luna 
di  lui  teftimonianza  per  confutar  Gellio  ;  poi¬ 
ché  fe  non  a  dodici  anni  ,  a  dicifettc  almeno 
poteano  i  fanciulli  aver  luogo  in  Senato  ; 
e  quella  avventura  di  Papirio  può  eder  ve¬ 
ra  ,  benché  non  ne  troviamo  fatta  merztonc 
altrove  che  predo  di  lui  .  Gronovio  commen¬ 
tando  quello  palio  avrebbe  dovuto  citar  Po¬ 
libio  . 


presso  i  Romani  e  c.  34$ 

preferitalo  ,  la  quale  è  ignuda ,  com’efler  lo  fogliono  le  fi¬ 
gure  de’ Greci,  e  non  mai  quelle  de’  Romani  ,  ficcome  già 
fopra  avvertimmo  colle  parole  di  Plinio  (1). 

jf.  30.  Non  potendo  qui  dunque  fcorgerlì  Papirio,  po¬ 
trebbe  credervi!!  rapprefentata  Fedra  che  dichiarali  amante 
d’ippolito  ,  al  che  pur  conviene  una  certa  vergogna,  quale 
efprefia  fcorgefi  fui  di  lei  volto  ,  ove  non  vede!!  il  menomo 
indizio  di  quello  fcaltro  forrifo  ,  che  un  moderno  fcrittore  , 
giuda  fupponendo  la  prima  denominazione,  s’è  immagina¬ 
to  di  vedervi  (a)  .  Tanto  più  verofimile  fembra  tale  fpiega- 
2Ìone  ,  quanto  che  non  lolo  lappiamo  che  gli  antichi  mae- 
firi  più  volte  rapprefentarono  quello  foggetto  ,  ma  lo  fcor- 
giamo  tuttora  nelle  loro  opere  rimafleci  ,  fra  le  quali  due 
ve  ne  fono  nella  villa  Albani ,  ed  una  nella  villa  Panfili  .  Ma 


ciò  non  ollante  non  fa  pienamente  appagarmi  quell’opinio¬ 
ne  .  Ivi  fembrerebbe  che  Fedra  avefle  dichiarato  l’amor  fuo 


ad  Ippolito  ,  il  che,  fecondo  Euripide,  effa  mai  non  fece  . 
Altronde  i  capelli  in  amendue  le  figure  fono  recifi  e  corti 
quali  fuo  le  portarli  Mercurio  ;  laddove  ,  predo  gli  antichi 
Greci ,  i  giovani  di  quella  età  foleano  generalmente  portar 
lunga  capigliatura ,  ed  ha  fempre  una  qualche  particolare  li¬ 
gnificazione  la  chioma  recifa  (b)  . 


Tom.  IL 

(O  In  una  delle  pitture  delle  Terme  di  Ti- 
t°  comporta  di  tre  figure  s’immaginarono  al- 
cuni  di  ravvi  fare  querto  medehmo  tratto  del¬ 
la  itoria  Romana  ;  ma  ,  dice  il  (ignor  Car- 
letti  ,,  non  potendoli  qui  render  ragione  del- 
,,  la  terza  figura  ,  rivolganfi  eglino  piuttorto 
,,  ad  altro  fatto  lumir.olo  5  e  fé  mai  loro  non 
3,  lovvenille  ,  rammentino  a  proprio  riftoro, 
,,  quanto  degli  fiorici  libri  ,  quanto  de’  mi- 
„  tologi  fi  e  funeftaraente  perduto  ,  e  ceffi 
„  una  volta  la  (mania ,  ed  il  faflo  di  ritro- 
»  yar"  a  vjva  forza  in  ogni  pittura  ,  in  ogni 
,,  fallo  il  loro  originale,,.  Ivi  egualmente 
ignuda  e  la  figura  che  credefi  di  Papirio . 

(a)  Du  Bo-i  Reflex,  far  la.  poef.  &  fur  la 
peint.  Tom.  I .  feci.  38 .  pag.  .100.  fsg. 

(b)  Si  veda  Tom.  I.  pag.  26/L.n.  1  ?p.j7p. 

37'»  PaS •  +33'  §•*-#•  >  ove  nella  noe.  b.  ho 


X  x  jf.  3  r.  Que- 

notato  fecondo  Plutarco ,  nelle  calamità  ef- 
fere  fiata  regola  generale  che  le  donne  gre¬ 
che  fi  recideffiero  i  capelli ,  e  gli  uomini  fe 
li  lafciaflero  crefcere  ;  all'oppofto  dei  Roma¬ 
ni  ,  tra  i  quali  gli  uomini  non  tagliavano  nè 
capelli ,  nè  barba,  come  fi  è  veduto  qui  avanti 
pag. 308.  col.  2.  ,  e  le  donne  anziché  tagliar¬ 
li  i  capelli ,  _  fciolri  li  portavano  per  le  (pal¬ 
le  ,  e  fcarmigliati  ,  come  neH'efempio ,  che 
dà  Plurarco  di  funerali  del  loro  padre  .  Con¬ 
verrebbe  dunque  trovare  una  ragione  par¬ 
ticolare  ,  per  cui  Papirio  ,  e  fua  madre  ,  ro¬ 
mani  ,  avefiero  dovuto  portare  la  chioma  re¬ 
cita  in  quella  occafione  ;  e  non  avrebbe  do¬ 
vuto  trafandarla  fra  i  più  moderni  il  fignor 
abate  Dolce  nella  Deferir,  iflor.  del  mirteo  di 
Cri  fi.  Deiik  ,  Tom.  ni.  n.  38. 


LIB. XI. 
CAP.  II. 


34^  Storia  dell’  Arte  greca 

jf  31.  Quella  circoftanza  de’capelli  corti ,  mentre  club- 
biofo  conlìderavo  quel  gruppo  ,  mi  fuggerì  una  nuova  fpie- 
gazione  .  Ivi  parvemi  di  ravvifare  Elettra  in  colloquio  con 
Orette  fratei  fuo  e  di  lei  più  giovane  .  Amendue  aver  dovea- 
no  i  capelli  recifi  :  Elettra  volle  farfegli  tagliare  dalla  fu  a  fo~ 
retta  Grifotemide  (  il  che  qui  dee  prenderli  come  efeguito  ) 
affine  di  appenderli ,  unitamente  a  quelli  della  forella  mede- 
lima  ,  alla  tomba  d’ Agamennone  come  un  monumento  de! 
loro  durevol  dolore  (a)  .  Lo  fletto  avea  fatto  Orette  avanti 
di  fcoprirli  atta  forella  ;  anzi  avendoli  Crifotemide  trovati 
fulla  tomba  ,  ferviron  loro  d’indizio  del  luo  arrivo  ( b )  .  Or 
quando  Orette  li  fvelò  ad  Elettra  ,  etta  la  man  gli  prefe ,  e 
dittegli  :  t xa  ^  xi?Tl>v  ;  (0  ti  tengo  io  per  la  mano  ?  il  che 
vien  propriamente  efpretto  in  quello  gruppo  ,  in  cui  Elettra 
tien  la  liniftra  mano  fui  braccio  deliro  d’Orette  ,  e  gli  pofa 
la  dettra  fulla  manca  fpalla  (a)  .  Qui  polliamo  per  tanto  fi¬ 
gurarci  rapprefentata  1’  interettante  fcena  di  Sofocle  ,  che 
contiene  quello  dialogo  ,  e  certamente  1’artitta  ha  avuto  più 
di  mira  quella  tragedia  ,  che  le  Coefore  d’  Efchilo  .  Sul  volto 
d’amendue  le  figure  vedelì  chiaramente  efpretto  il  primo  in¬ 
contro  d’  Elettra  con  Orette  :  gli  occhi  di  lui  fono  come 
pieni  di  lagrime  ,  e  gonfie  ne  fembrano  le  palpebre  pel  lun¬ 
go  pianto  ;  e  tali  pur  fono  in  Elettra  ,  ne’  cui  tratti  li  fcor- 
ge  altresì  la  gioja  mitta  alle  lagrime  ,  e  la  tenerezza  unita 
al  dolore  (b)  . 

jf.  32.  Se  quelle  figure  per  tanto  fono  Elettra  ed  Orette  , 
io  potrò  dire  d’averle  riconofciute  a  quello  fletto  indizio  a 
cui,  pretto  Efchilo ,  quelli  lì  fece  da  lei  ravvifare,  cioè  alla 

chio- 

(a)  Sophocl.  Elettr.  verf.  j 2 .  4-fO.  Non  ita  dardanio  gavifus  Atrida  trium- 

(£)  ibid.  verf.  go  f.  pho  eji  , 

(0  ibìd.  verf  1  238.  . _  •  • 

(aì  Si  può  vedere  anche  la  figura  prefio  Nec  fc  Elecira  faivum  cum  afpexìt  Orc- 
Maffei  Raccolta  di  (lame  ,  Tav.62.e  6  jìem  , 

(b)  Properzio  Lio.  2.  eleg.i  4..  verf.i.  j,  6.  :  Cujus  falfa  tenens  fleverat  oraforor « 


presso  i  Romani  e  c.  347 

chioma  (a)  ,  colla  quale  egli  diffipar  Teppe  ogni  dubbio  del¬ 
la  forella  (b)  .  E  febbene  nello  fcioglimento  d’una  tragedia  , 
fecondo  l’avvifo  d’Ariftotele  (c)  ,  quefta  maniera  di  ricono- 
fcimento  fra  due  attori  ,  detta  àva.ypuptr/q  ,  fia  fra  le  quat¬ 
tro  ivi  accennate  la  meno  intereffante  ,  nulla  di  meno  de<y- 
giamo  convenire  che  ci  ha  qui  fervito  più  che  tutti  gli  al¬ 
tri  indizj  a  dare  una  verofimile  fpiegazione  di  quel  gruppo 
j f.  33.  Su  quefta  fuppofizione  io  penfo  doverli  pur  dare 
il  nome  d’Elettra  ad  una  bella  ftatua  della  villa  Panfili  che , 
tranne  il  manco  braccio,  s’è  ferbata  intera  ,  è  d’egual  gran¬ 
dezza  ,  ed  ha  la  ftefta  efpreftione  ,  anzi  i  medefimi  tratti  nel 
volto  ,  febbene  diverfa  ne  fia  la  politura  .  Io  quefta  pur  ri- 
conofco  al  medefimo  indizio  de’  capelli  recili ,  che  fono  al¬ 
tresì  allo  Ile  fio  modo  lavorati  .  Quelli  capelli ,  che  al  primo 
(coprirli  della  ftatua  fembrarono  una  cofa  affatto  ftrana,  e 
lecerla  credere  figura  virile  anziché  di  donna  ,  induflero  al¬ 
cuni  antiquarj  ,  che  non^fapeano  ufcire  dalla  ftoria  romana, 
a  ravvifarvi  il  famofo  P.  Clodio  in  abiti  donnefchi ,  poiché 
in  tal  modo  fi  traveftì  per  introdurli  ove  fi  celebravano  i  ffi- 
greti  mifterj  della  dea  Bona  ,  dai  quali  effluii  erano  i  mafchi  , 
affine  di  abufar  della  moglie  di  Cefare  (a)  .  Sotto  quello 
nome  diffatti  tale  ftatua  vien  riportata  in  più  d’  un  libro  . 
Se  pei  tanto,  come  a  me  pare,  le  conviene  il  nome  d’Elet¬ 
tra  ,  ficcome  vi  manca  l’antico  zoccolo  ,  io  m’ immagino 
ctie  a  quefta  figura  foffe  pur  unita  quella  d’Orefte  fulla  cui 
(palla  ella  appoggiarle  il  manco  braccio  ,  e  formaffe  così  un 
gruppo  non  molto  diftimile  dall’altro  (b)  . 

Xx  2  jf.  34.  II 


(?)  £f?hyl.  Choeph.  verf.  168.178. 

W  ibid.  verf.  224.. 

Poet.  cap.  1  1 .  op.  Tom.  IV.  pag.  r  2. 
p  a  ;  Cicerone  ad  .A  t  tic.  li  b .  1 .  cpitl.  12. 
Dione  Calilo  HiJÌ.  Rom.  I.  37.  c.  4V.  Tomi 
Pag- ‘  39: 

(uj  Mi  pare  più  probabile  l’opinione  de 
lignor  abate  Viiconti ,  accennata  nel  Tom.  1 


pag.  zpp.  not.  a.  ,  di  riconofcervi  un  Ercole 
giovane  sbarbato  ;  come  può  eiTerne  argo¬ 
mento  la  groflezza  del  collo  proprio  di  lui  , 
c  fecondo  ciò ,  che  dice  V»  inkelmann  al  luo¬ 
go  citato  ,  e  quale  fi  vede  nella  figura  data 
nello  (ledo  Tom  I.  pag.  207.  Potrebbe  allora 
credervi!;  rapprelentato  Ercole  veftito  da  don¬ 
na  preffo  la  regina  Onfale  j  o  piuttollo  quau- 


LIB.  XI. 
CAP.  31. 


34§  Storia  dell’  Arte  greca 

jf.  34.  II  lettore  ,  io  fpero  ,  vorrà  perdonarmi  quelle  di- 
'  X1‘  greflioni ,  e  le  altre  che  per  avventura  farò  in  appreflb  ,  poi¬ 
ché  febbene  rompano  alquanto  il  filo  della  ftoria ,  danno  pe¬ 
rò  luogo  a  qualche  erudizione  ,  tanto  meno  inopportuna 
quanto  che  i  tempi  di  cui  parliamo  non  ci  fomminifìrano 
neflun  monumento  dell’arte  degno  di  confiderazione  . 


do  giovanetto  e  veftito  da  donna ,  dopo  la 
battaglia  con  Antagora  ajutato  dai  Meropi  , 
dovette  fuggire,  e  ritirarli  predo  Trelfa ,  la 
quale  non  teppe  riconollerlo  per  uomo  :  del 
qual  fatto  li  rinovava  ogni  anno  la  memoria 


nell’ifola  di  Coo  ,  ove  il  facerdote  d’ Ercole 
cosi  veftito  da  donna  ,  e  cinto  il  capo  con 
una  benda  ,  dava  principio  ad  un  fagrifìzio  , 
come  narra  Plutarco  Qus.fi,  gr&cs  ,  in  fine , 
oper.  Tom.  il.  pag.  304.. 


Ca- 


presso  i  Romani  ec. 


349 


G®* 


*2 


Capo  III. 


lib.  xi. 

CAP.  III. 


Arti  fi otto  Nerone  —  Monumenti  del  filo  tempo  -  Pretefe  tefìe  e  fa¬ 
tue  di  Seneca  .  .  .  e  di  Perfo-  Decadenza  della  flatuaria  -  Statue 
tolte  alla  Grecia  .  .  .  Apollo  di  Belvedere  .  .  .  Gladiatore  della  vil¬ 
la  Borghefe—  Sotto  Galla  ,  Ottone  ,  e  Vitellio  —  Sotto  Vefpafìa- 
no  .  .  .  Tito  ...  e  Domiziano  —  Suppofi  trofei  di  Mario  -  Sta¬ 
tue  di  Domiziano  —  Sotto  Nerva  ...  e  Trajano  —  Monumenti 
de’  fuoi  tempi  .  .  .  fua  colonna  .  .  .  e  fio  arco  in  Ancona  —  Arti  in 
Grecia  . 


i_\l  erone  ,  fucceflor  di  Claudio,  moftrò  per  tutto  ciò  che  Arti  fot»  Ne- 
rifguardava  le  belle  arci  un’avidità  infaziabile  ,  ma  egli  erar°ne' 

■ome  gli  avari  :  metteva  ogni  Audio  in  accumulare  anziché 
in  far  efeguire  de’  lavori  .  Del  fuo  cattivo  gufto  ne  abbiamo 
.in  argomento  nell  ordine  eh’  ei  diede  d’ indorare  la  ftatua 
i’Aleflàndro  in  bronzo  ,  opera  di  Lisippo  (a)  ,  e  poiché  vi¬ 
dei]  che  ciò  aveane  pregiudicata  la  bellezza  ,  ne  fu  pofeia 
levata  1  indoratura ,  di  cui  ciò  non  oftante  reftaronvi  de’ve- 
Aigj  .  Prova  dei  fuo  gufto  depravato  pur  fono  la  rima  ch’e¬ 
gli  ricercava  tra  la  cefura  e  la  fine  del  verfo  ,  e  le  ftravagan- 
ti  metafore  che  ufava  continuamente  ,  per  le  quali  cofe  vien 
melìo  in  ridicolo  in  una  fatira  di  Perfio  (b)  .  Forfè  in  que- 
fto  fuo  cattivo  gufto  ebbe  molta  parte  Seneca  ,  il  quale  (a) 

Cidude  culle  arti  liberali  la  pittura  e  la  fcultura  (i)  . 


$.  i.  Del¬ 


ta)  Phn.  lib.  34.  cap.  8.  feci.  ip.  §.  6. 

(»)  Sdt.  i .  ver),  q  3  o  f . 

(a !  Epift  Si' 

(0  Tra  le  molte  fìravaganze  di  Nerone 
Plinio  lib.  3$  cap.  7-fect.  37.  novera  quell: 
d’euerfi  fatto  dipingere  in  figura  colorale  ah: 
centoventi  piedi  fu  di  una  tela:  cofa  non  pii 
tifata  avanti  di  lui ,  come  ivi  foggiugne  le 
ftorico  .  Non  è  però  ben  chiaro  fe  queft’ul 
time  parole  di  Plinio  riferir  fi  debbano  all: 


grano  capriccio  di  quell’imperatore  di  farli 
il  primo  ritrarre  in  figura  colorale  fulla  tela  , 
oppure  femplicemente  all’arte  di  dipingere 
fulla  tela  ,  e  fe  fia  fiata  quella  una  colà  i- 
gnota  avanti  Nerone  .  Di  llarue  colofiali  sì 
in  bronzo  che  in  marmo  moltifiìme  Tappiamo 
elfervene  fiate  prima  di  lui  ;  ma  in  tela  non 
ve  n’ha  indizio  alcuno  ,  ficcome  non  leggeli , 
ch’io  fappia  ,  in  nelfuno  fcrittore  ,  che  lolle 
allora  adoperata  la  tela  per  ritraevi  figure  . 


LIB. XI. 
cap.  ni. 

Monumenti 
del  fuo  tem¬ 
po  . 


Storia  dell’Arte  greca 
jf.  i.  Dello  ltiie  dell’arte  lotto  Nerone  nulla  pofllamo 
dire  di  ben  determinato  ,  non  altro  rimanendoci  che  due 
mutilate  tette  del  medelìmo  ,  le  pretefe  ttatue  d’  Agrippina 
fua  madre ,  e  un  butto  di  Poppea  lua  moglie  .  Le  tette  dette 
di  Seneca  rapprefentano  tutt’altri  che  lui  . 

jf.  2.  Manca  la  tetta  di  Nerone  nella  magnifica  collezio¬ 
ne  delle  figure  imperiali  della  villa  Albani ,  dal  che  fé  ne  può 
argomentare  la  rarità  .  Nella  tetta  di  etto  efiftente  nel  mu- 
feo  Capitolino  (a)  non  v’  è  d’antico  che  la  parte  fuperiore 
del  volto  e  un  bolo  degli  occhi  (b)  .  Che  diremo  della  tetta 
di  bronzo  nella  villa  Mattei  ?  Efla  è  un  nuovo  e  affai  medio¬ 
cre  lavoro  ;  e  tal  è  un’altra  tetta  ancor  più  recente  nel  pa¬ 
lazzo  Barberini .  Nel  mentovato  mufeo  Capitolino  è  ttata  dai 
poco  verfati  Cuftodi  riputata  antica  un’altra  affatto  moderna 
tetta  (c)  ,  ed  una  fpecie  di  medaglione  pur  nuovo  ,  rappre- 
fentanti  il  medefimo  imperatore  ;  e  deggio  qui  avvertire  il 
mio  leggitore  che  moderno  lavoro  generalmente  fono  tut¬ 
te  le  tette  imperiali  così  formate  a  rilievo  fu  i  medaglioni . 

jf.  3.  Tre  ttatue  abbiamo  botto  il  nome  d’Agrippina  .  La 
più  bella  è  nella  Farnefina  (d)  ,  l’altra  nella  villa  Albani ,  e 
la  terza  nel  mufeo  Capitolino  (e)  .  Ivi  è  pure  il  bel  butto 
di  Poppea  3  che  ha  una  particolare  fingolarità  ;  poiché  in  un 


lino  però  dai  tempi  d’Aleffandro  Magno  ri- 
ferifce  il  citato  autore  lib.  p.  c.  1  .feci.  j.  ef- 
ferfi  tentato  di  tingere  il  lino  ,  e  di  lino  tinto 
eflerfi  fatte  non  ì'olamente  delle  vefti  ,  ma 
delle  vele  ancora  per  navi  ,  e  delle  tele  per  di¬ 
fender  dal  fole  i  teatri,  le  (trade  e  le  piazze  . 
Lo  (redo  Nerone  ne  fece  (fendere  fu  i  Tuoi 
antiteatri  di  quelle  tinte  in  azzurro  ,  e  fparlè 
di  (felle  .  Molte  altre  notizie  relative  all’arte 
di  tingere  le  tele  predo  gli  antichi  ha  raccolte 
il  fignor  Delaval  An  exper.  inquiry.  &c.  ,  la 
cui  Opera  tradotta  dall’inglefe  dal  eh.  lignor 
canonico  Fromond  è  (fata  impreffa  in  Mila¬ 
no  in  s.  Ambr.  magg.  1779.  in  8.°  Se  ci  man¬ 
cano  efempj  anteriori  al  nominato  principe  di 
figure  dipinte  in  tela  ,  ne  abbiamo  nondime¬ 
no  di  figure  rapprefentate  fu  pergamene  . 
Uno  (terminato  drago  dipinto  fu  di  una  luA- 
giiiflima  membrana  fu  cfpofto  fopra  il  Urto 


pez- 

della  cafa ,  ove  alloggiava  Lepido  ,  uno  de’ 
triumviri  ,  per  far  tacere  gli  uccelli  che  col 
loro  importuno  garrire  turbavangli  il  forino . 
Plin.  lib.  qy.cap.  11.feSi.  3S. 

(а)  Bottari  Mufeo  Capito/.  Tom.  il.  Ta¬ 
vola  r  6. 

(б)  È  d'una  (traordinaria  bellezza  la  di  lui 
tefta  intiera  maggiore  delia  grandezza  natu¬ 
rale  in  figura  d’Apollo  ,  e  coronata  di  alloro , 
confervata  ora  nel  Mufeo  Pio-Clementino , 
ove  è  parimente  una  di  lui  (fatua  in  forma 
d’Apollo  citaredo  ,  e  di  lavoro  non  ordina¬ 
rio  ,  che  è  (fata  trovata  negli  fcavi  di  villa 
Negroni,  limile  a  quello  dato  dal  de  la  Chauf- 
fe  Muf  rom.  Tom.  I.  feSi.  1 .  Tab.  j  S. 

(c)  Bottari  /oc.  cit.  Tav.  17. 

(d)  Ora  pallata  nel  mufeo  reale  a  Napoli . 

(e)  Bottari  Tom.  ni.  Tav.  jq.  la  dice  A- 
grippina  moglie  di  Germanico  . 


presso  i  Romani  ec. 

pezzo  folo  di  marmo  vi  fono  due  colori  diverfi  ,  bianca  ef- 
fendone  la  tefta  e  1  collo  ,  e  paonazzo  con  delle  vene  o  llri- 
fce  violacee  il  panneggiamento  del  petto  (a)  . 

jf.  4.  Ancor  più  pregevoli  che  le  tede  di  Nerone  fono, 
riguardo  al  lavoro,  quelle  che  portano  il  nome  di  Seneca, 
la  più  bella  delle  quali  in  bronzo  fi  vede  nel  mufeo  Ercola- 
nenfe  (b)  .  In  marmo  ,  oltre  quelle  che  fono  nelle  ville  Me¬ 
dici  e  Albani  (c)  ,  ne  pofiìede  una  il  fig.  Giovanni  Dyck  con¬ 
fole  Inglefe  a  Livorno  ,  che  comprolla  dai  (ignori  Doni  a 
Firenze  per  130.  zecchini.  Simile  a  quelle  tede  v’era  altre 
volte  in  Roma  un  bullo  in  forma  d’Erme  ,  il  quale  comprato 
fu  dal  lignor  marchefe  Gufman  viceré  di  Napoli  (d)  ,  e  man¬ 
dato  in  Iipagna  con  altri  antichi  monumenti ,  coi  quali  perì 
in  un  naufragio  . 

$•  J.  Tali  tefie  vengono  generalmente  prefe  per  l’effigie 
di  Seneca  full  afierzione  del  Fabri ,  il  quale  ,  fpiegando  le 
immagini  degli  uomini  illullri  raccolte  da  Fulvio  Orfini ,  di¬ 
ce  che  una  tefta  fomiglievole  fi  trova  fu  una  belliffima  moneta 
contornata  col  nome  di  Seneca  (e)  .  Tal  moneta  però  nè 
egli  nè  altri  ha  mai  veduta  .  E’  dunque  molto  dubbiofo  che 
di  Seneca  fieno  quelle  felle  ,  e  ’l  mio  dubbio  fi  farà  mag¬ 
giore  fe  chiederemo  come  mai  tante  volte  e  in  bronzo  e  in 
marmo  fia  fiato  fatto  il  ritratto  ad  un  foggetto  ch’era  nella 
maggior  dififiima,  mentre  non  v’è  nefiim  grand’uomo  dell’ 
antichità  di  cui  pervenute  ci  fiano  altrettante  immagini  .  Il 
bullo  d’Ercolano  dovrebb’  eflere  fiato  fatto  lui  vivente  ,  e  le 
tefie  in  marmo  fono  certamente  opere  d’un  tempo  ,  in  cui 
l’arte  fioriva.  E’ altresì  improbabile  che  Adriano  abbia  vo¬ 
luta  collocare  l’effigie  di  quel  filofofo  ipocrita  nella  fua  vil¬ 
la,  ove  pur  s’ è  trovato  un  pezzo  di  Umile  tefta  aliai  ben 

lavo- 

( a )  Bottari  Tom.  il.  Tjv.  t  <?.  (d)  Gronov.  Thef.  Ant.  grtc.  T.  ni.  yyy. 

(b)  Bronci  d’Ercol.  Tomo  1.  Tav.  gy.  (e)  num.  i gl.  pag.  74.  Dice  che  elideva 

(c)  E  una  molto  bella  alla  Farnelina .  una  volta  predo  il  card.  Bernardino  Maffci . 


LIB.  XI. 
CAP. III. 

Pretefe  tede 
c  ftatue  di  Se¬ 
neca  . 


LIB. XI. 

CAP.  III. 


3  $■  2  Storia  dell’Arte  greca 

lavorata  ,  efillente  ora  preflo  il  fignor  Cavaceppi  .  A  me 
pertanto  fembra  più  verofìmile  che  ravvifarfi  debba  in  quel¬ 
le  tefte  l’effigie  di  qualche  uomo  più  antico  ,  più  celebre ,  e 
più  rifpettabile  di  Seneca  (a)  . 

fi.  6.  Non  folo  alle  tefte ,  ma  ad  una  intera  ftatua ,  che 
vedefi  nella  villa  Borghefe  ,  è  flato  dato  il  nome  di  Seneca , 
febbene  a  torto  ,  come  ho  dimoftrato  ne’  miei  Monumenti  (a)  . 
Tale  ftatua  ignuda  di  marmo  nero  ha  sì  nell’atteggiamento 
che  nel  volto  una  piena  fomiglianza  con  una  egualmente 
ignuda  ftatua  di  grandezza  naturale  ,  ma  di  marmo  bianco , 
nella  villa  Panfili  (b)  ,  e  quella  altresì  è  limile  ad  una  ftatui- 
na  della  villa  Altieri ,  a  cui  però  manca  il  capo  .  Quelle  due 
ultime  portano  nella  finiftra  una  fpecie  di  caneftro  o  (por¬ 
ta  (c)  ,  come  le  due  piccole  figure  veftite  da  fervi  nella  vil¬ 
la  Albani .  Ora  poiché  a  piè  d’una  di  quelle  figure  vedefi 
una  mafchera  comica  ,  da  cui  s’inferilce  che  ivi  rapprefen- 
tifi  un  fervo  della  commedia  ,  mandato  ,  come  per  efempio 
il  Sofia  nell’Andria  di  Terenzio  ,  a  fare  fui  mercato  qualche 
provifione  (d)  ;  non  è  egli  pur  verofìmile  che  lo  Hello  li¬ 
gnificato  abbiano  le  ftatue  Borghefe  e  Panfili ,  e  la  llatuina 
delia  villa  Altieri  ?  Altronde  qual  v’è  argomento  d  attribuire 
a  Seneca  le  mentovate  ftatue?  Calva  n  è  la  fommita  del  capo, 
laddove  hanno  i  loro  capelli  le  tefte  alle  quali  vien  dato  il 
nome  dello  lleffo  fìlofofo  .  Ciò  che  può  indicar  Seneca  è 
quella  fpecie  di  tino  ,  fatto  di  marmo  africano  ,  entro  cui 
ila  parte  della  figura  ;  ma  quello  è  moderno  ,  e  fu  adatta¬ 
to  alla  ftatua  ,  perchè  le  mancavano  le  gambe  ,  volendoli 


(a)  Ma  quefti  non  è  poi  tanto  difprezzabi- 
le  ,  come  ce  lo  vuol  dipingere  il  noltro  Auto¬ 
re;  e  i  tuoi  meriti  poiTono  vederli  rilevati  prin¬ 
cipalmente  da  Liplio  Alanuduciio  ad  Stoic. 
philof.  lik.  i.  c.iS.op.  Tom.  IV.  pag_.  4 f 4.  E 
certamente  più  celebre  di  tanti  altri  nlolon 
greci  ,  de’ quali  pur  lì  hanno  le  tede  . 

(<z)  Par.  IV.  cap.  g.  §.  2.  pag.  zj6. 

(s j  Ora  nel  Mufeo  Pio- dementino  .  Ne 


abbiamo  fatto  cenno  nel  Tomo  I.  pag.i 40. 
col.  1.;  dicendo  che  polla  rapprefentare  un 
fervo  de’ bagni  ;  e  aliarla  della  celta  parreb¬ 
be  un  africano  ,  o  un  moro. 

(c)  Pare  piuttollo  un  vafo  o  lecchio  di 

(d)  In  quello  fuppolto  dovrebbe  crederli 
appartenente  a  qualche  gruppo  ;  giacche  loie 
poco  avrebbe  interellato  . 


LIB. XI. 


pressoi  Romani  e  c.  353 

figurar  con  elio  il  bagno  in  cui  Seneca  aprendoli  le  vene 
fini  di  vivere  (a)  . 

jf.  7.  Non  men  beila  delie  pretebe  tette  di  Seneca  è  una 
teda  a  baffo-rilievo  in  profilo  ,  potteduta  altre  volte  dal  ce¬ 
lebre  Cardinal  Sadoleto  ,  che  teneaia  per  una  tetta  di  Perfio  , 
e  che  vedefi  ora  nella  villa  Albani .  Elia  è  fcolpita  fu  un  qua¬ 
dro  di  marmo  bianco  detto  palombino  ,  largo  una  buona 
fpanna  per  ogni  verbo  .  Sadoleto  fondò  la  bua  denominazio¬ 
ne  bulla  corona  d’ellera  ,  ond’  ha  cinto  il  capo  ,  e  fu  una 
certa  moJettia  ,  che  gli  parea  bcorgergli  in  volto  ,  accenna¬ 
ta  da  Cornuto  nella  di  lui  vita  .  Argomentar  fi  può  dall’el- 
lera  che  ivi  rapprefentifi  dittarti  un  poeta  ;  ma  non  è  quelli 
certamente  Perfio  ,  il  quale  morì  fiotto  Nerone  in  età  di  ven¬ 
dette  a  vc-ntott’anni  (b)  ,  mentre  la  tetta  di  cui  fi  tratta  rao* 
lira  un  uomo  tra  i  quaranta  e  i  cinquanta  (  nel  rame  però  è 
fatto  molto  più  giovane  )  ,  ed  ha  una  barba  che  non  conviene 
punto  alle  perfone  di  ventott’anni  ai  tempi  di  Nerone  .  Dob¬ 
biamo  per  tanto  annoverar  quella  fra  le  molte  tette  ,  alle  qua¬ 
li  e  flato  dato  benza  fondamento  il  nome  di  qualche  uomo 
celebre  .  Quella  ciò  non  ottante  fuole  premetterli  a  ile  fati- 
re  del  mentovato  poeta  . 

jf.  8.  Dovendo  giudicare  del  decadimento  delle  arti  fiot¬ 
to  Nerone  ,  potrebbe  infierirli  da  un  racconto  di  Plinio  (a), 
che  a  que  tempi  più  non  fi  bapette  gettare  in  bronzo  ;  il  che 
egli  argomenta  da  una  fatua  coloflale  di  Nerone  in  tal  me¬ 
tallo  ìatta  da  Zenodoro  celebre  ttatuario  ,  il  cui  getto  non 
potè  riubcire  (1)  ,  Da  quello  racconto  ,  e  dai  pezzi  com- 
Tom.  IL  y  y  inetti 

(a)  Il  di  dentro  del  vafo  e  flato  fatto  di  to  il  noflro  Autore  ,  che  credevano  Dona- 
porhdo  per  imitare  il  colore  del  Angue  .  ti,  e  Nardini  Roma  antica  lib.  3.  cap.  12. 
tl  l  i  ric‘  tot.  lib.  2.  c.  1 2.  pag.  11  y.]  ,  e  che  quella  non  (la  rrmafla  im- 

rl  1.4- £aP-  7-  UR.  iS.  perfetta  ,  come  fcrive  il  noflro  Autore,  fi 

' 1  i  Che  la  itatua  coloflale  di  Nerone  ,  alta  può  ragionevolmente  inferire  da  Plinio  .  Af- 
««o  d*cct  piedi  ,  efeguita  da  Zenodoro  an-  ferma  egli  che  quella  (fatua  ,  di  cui  avea  nel- 
ziche  di  bronzo  folle  di  marmo  [  come  nella  la  ftefla  officina  di  Zenodoro  ammirato  l'in- 
pnrria  edizione  a  quello  luogo  aveva  nota-  ligne  modello  in  creta ,  dopo  la  morte  di  Nc- 


CAP.  III. 
...  c  di  Perfio. 


Decaddi  wi 
della  {tatua¬ 
rla  . 


LIB.  XI. 
CAP.  III. 


3 £4  Storia  dell’  Arte  greca 

ineffi  e  attaccati  con  chiodi  ai  cavalli  polli  fu!  portale  della 
chiefa  di  s.  Marco  a  Venezia  ,  fi  è  voluto  inferire  che  fiane 
andato  a  male  il  getto  (a)  ,  e  che  forfè  fian  efiì  pure  opere 
dei  tempi  di  Nerone  . 

$.  g.  La 


rone  fu  confecrata  al  fole  .  Dall’ufo  dunque 
che  ne  fecero  i  Romani ,  fi  può  argomentare 
che  fia  data  la  medefima  dal  fuo  autore  ri¬ 
dotta  a  perfezione  .  Aggiugne  lo  dorico  che 
,,  la  (fatua  fuddetta  era  un  indizio  d’  elTere 
,,  mancata  la  feienza  di  fondere  il  bronzo  , 
„  avvegnaché  e  Nerone  folle  difpodo  a  fpen- 
„  dere  qualunque  gran  fomma  di  denaro  ,  e 
,,  Zenodoro  non  la  cedelfe  a  veruno  degli 
„  antichi  nella  (cienza  di  fondere  e  di  citel- 
„  lare  ,, .  Se  quel  colofio  folfe  (lato  di  bron¬ 
zo  ,  come  avrebbe  Plinio  potuto  proporlo  per 
argomento  d’edere  mancata  la  feienza  di  fon¬ 
dere  il  bronzo?  Nerone  l’avrebbe  bensì  a  qua¬ 
lunque  collo  voluto  di  tal  metallo  ,  e  Zeno¬ 
doro  tra  tutti  gli  arridi  de'  tempi  fuoi  fareb¬ 
be  flato  più  al  cafo  di  tentar  l’opera  ;  ma  co- 
nofeendone  egli  forfè  la  difficoltà  ,  non  ha 
(limato  fpediente  di  metterfi  al  cimento  . 

Si  vuole  nondimeno  da  un  celebre  moder¬ 
no  fcrittore  ,  Tirabofchi  Scoria  della  Lette¬ 
ratura  italiana  ,  Tom.  il.  lib.l.  c.  XI.  §.  PC, 
che  il  concedo  di  Plinio  contraddica  a  ciò  a- 
percamente  ;  poiché  ,  per  fuo  avvilo  ,  ivi  non 
parla  che  di  lavori  di  bronzo  ,  di  marmi  ra¬ 
gionando  altrove  .  Nè  è  credibile  ,  foggiugne 
lo  deffo  ,  che  Zenodoro  temede  di  non  riu- 
feirvi ,  egli  che  ne  avea  fufo  altre  volte  ,  e 
fpecialmente  una  datua  di  Mercurio  di  gran 
pregio  .  Quede  ragioni  però  ,  che  hanno  in¬ 
dotto  l’ eruditifiìmo  autore  a  ravvifare  nell’ 
ofeuro  palio  di  Plinio  un  colollo  di  bronzo 
piuttodo  che  di  marmo  ,  non  fembranmi  sì 
convincenti  che  non  fi  polla  andar  loro  in¬ 
contro .  Per  quanto  fpetta  alla  prima,  leb- 
bene  in  quel  capo  ragioni  Plinio  più  fpecial- 
mcnte  de’ lavori  li  bronzo  ,  ciò  non  odante 
ei  vi  tratta  eziandio  delle  datue  di  legno  ,  di 
marmo  ,  di  terra  ,  e  per  fino  delle  datue  che 
folevanfi  di  panni  rivedire  .  Ma  diali  che  Pli¬ 
nio  abbia  ivi  parlato  di  foli  lavori  in  bronzo  : 
avrebbe  egli  potuto  fra  quedi  noverare  an¬ 
che  l’opera  di  Zenodoro,  la  quale  benché  non 
fia  data  di  bronzo  ,  avrebbe  però  dovuto  ef- 
ferlo  ,  fe  l’attilla  vi  fi  fofTe  determinato  .  Nè 
oda  ciò  che  avverrei!  in  fecondo  luo  -o  della 
grande  abilità  di  Zenodoro  nel  fondere  il 
bronzo  .  Siccome  nella  pittura  ed  architet¬ 
tura  ,  così  pure  nella  datuaria  il  bifigno  dell’ 
abilità  va  credendo  in  proporzione  della  gran¬ 
dezza  ed  edenfion  dell'opera  .  Non  è  quindi 
maraviglia  che  Zenodoro  abbia  potuto  pro¬ 


durre  altre  opere  eccellenti  in  bronzo  dì  mi¬ 
nor  mole  ,  qual  fu  Mercurio  ,  opera  di  die¬ 
ci  anni  ,  e  che  non  abbia  poi  voluto  arri- 
fchiarfi  a  fondere  in  quel  metallo  la  datua  co¬ 
lofrale  di  Nerone  .  [  Il  luogo  citato  del  eh. 
Tirabofchi  ha  eccitati  quattro  bravi  ingegni 
a  far  delle  ricerche  fui  contradato  palio  di 
Plinio  ;  e  i  loro  Pentimenti  furono  riportati 
dal  lodato  fcrittore  nel  Tomo  di  appendici 
alla  dia  opera ,  e  quindi  pode  a  fuo  luogo 
nell’edizione  romana  dalla pag.  232.  fino  alla 
pag.  Z4-Z.  A  chi  avrà  la  curiofita  di  vederle 
non  difpiacerà  l'erudizione  ,  che  vi  è  fparfa , 
e  la  confutazione  ,  che  vi  fi  fa  dell’opinione 
adottata  lenza  vetun  giudo  fondamento  da¬ 
gli  Editori  Milanefi  in  queda  nota  .  Io  per 
me  credo  ,  che  in  poche  parole  fi  polla  (pie¬ 
gare  il  Pentimento  di  Plinio  non  tanto  olcu- 
ro  e  difficile  come  fi  vuole  .  Egli  in  folfanza 
drive  ,  che  ai  tempi  di  Nerone  più  non  fi  fa- 
peva  fare  quella  bella  qualità  di  bronzo  con 
lega  d’oro  ,  e  d’argento  ,  come  fi  faceva  in 
altri  tempi.  Ciò  fi  conobbe  apertamente  in 
occafione  ,  che  quell’  imperatore  volle  farli  in¬ 
nalzare  una  datua  cololfale  in  quel  metallo 
per  mezzo  di  Zenodoro  artida  altronde  ba¬ 
inolo  nel  gettare  in  bronzo  .  non  Pot^ 

riufeire  a  farla  con  tal  qualità  di  bronzo  , 
quantunque  Nerone  folle  pronto  a  fommini- 
flrargli  quanto  mai  bifognava  d’oro  ,  e  d’ar¬ 
gento  per  comporlo  . 

Niente  di  più  credo  che  abbia  voluto  dir 
Plinio  .  Egli  a  riguardo  dell’  ignoranza  degli 
artilli  per  quella  lega  già  fi  era  fpiegato  chia¬ 
ramente  nel  cap.  2.  feS.  3.  ,  dicendo  che  fi 
era  perduta  l’arte  di  fondere  il  metallo  pre- 
ziofo  ,  cioè  quello  ,  in  cui  entrava  oro  ,  e  ar¬ 
gento  .  Se  però  poffiamo  predar  fede  a  Gio¬ 
vanni  Antiocheno,  cognominato  Maiala,  Hijl. 
chron.  lib.  1 0 .  pag.  101.  B.  ,  non  era  ancora 
dimenticata  verfo  i  tempi  di  Tiberio  ;  poiché 
l'Emorroifla  celebre  nell’  Evangelio  ,  creduta 
da  quello  fcrittore  la  della  che  Veronica, 
fece  ergere  nella  città  di  Paneade  al  Salvato¬ 
re  una  datua  di  bronzo  mido  d’oro  ,  e  d’ar¬ 
gento  ,  didrutta  poi  da  Giuliano  l’apodata  . 
Glica  Amai.  par.  4..  pag.  233.  C.  ,  e  l'  autore 
delle  Enarrat.  ckronogr.  predo  Bandurio  Im - 
per.  orient.  fìve  Antiq.  Conjlantinop.  par.  3, 
lib.  S-pag.  pó.Tom.I. 

(a)  Vedi  qui  avanti  pag.  34. 


presso  i  Romani  ec.  35$ 

jf.  9.  La  Grecia  trovavafi  allora  in  circolfanze  fomma-  ^  ■"  -=” 
mente  infelici  per  le  arti  ,  poiché  febben  Nerone  lafciafle  ,  L1B-X1, 
quanto  era  pofTìbile  ,  godere  ai  Greci  la  libertà  antica  (a)  ,  statue  tolte 
pure  una  volta  s’infuriò  contro  le  {fatue  degli  atleti  coro- aIla  0iccia  ’ 
nati  ne’ gran  giuochi,  facendole  tutte  rovefeiare  e  gettare  in 
luoghi  immondi  (a)  ;  e  fatto  altresì  infaziabile  per  gli  altri 
monumenti  dell’arte ,  ne  fece  fpogliare  la  Grecia  nel  tempo 
che  fembrava  concederle  una  libertà  tranquilla  ,  avendo  a 
tal  oggetto  colà  fpedito  Aerato  fuo  iniquo  liberto  ,  e  certo 
mezzo  faccente  per  nome  Secondo  Carinate  ,  i  quali  tutto 
ciò  che  loro  piacea  trafportavano  a  Roma  (b)  . 

jf.  io.  Nel  folo  tempio  d’Apollo  a  Delfo  furono  allora 
prefe  cinquecento  {fatue  {b)  .  Or  fe  fi  rifletta  che  queffo  tem¬ 
pio  era  già  {fato  dieci  volte  faccheggiato  ,  e  principalmente 
dai  Focefi  che  nella  guerra  facra  molte  {fatue  vi  depredaro- 
no  (c)  ,  fe  ne  argomenterà  l’innumerevole  quantità  ;  anzi 
molte  ancor  ve  n’erano  ai  tempi  d’Adriano  ,  alcune  delle 
quali  vengono  rammentate  da  Paufania  .  Servirono  quelle  in 
gran  parte  ad  ornare  la  così  detta  cafa  aurea  di  Nerone  (c)  . 

Jf.  ir.  E’ probabile  che  tra  tali  {fatue  vi  foffe  l’Apollo 
di  Belvedere  ,  e  ’l  fuppoffo  Gladiatore  della  villa  Borghefe , 
opera  d  Agasia  efefitio  ,  elfendo  {fate  amendue  trovate  in 
Anzio  (d)  ,  luogo  in  cui  nato  era  Nerone  (e)  ,  e  per  ornare 

Yy  2  il 


(a)  Plutarco  in  Tira  Quint.  F/amin.  oper. 
Tom.I.  pag.  376.  D. 

(a)  Suet.  in  Neron.  cap.  24. 

(b)  Tacito  Annui,  lib,  1  c.  cap.  j.r . .  I.  i  6 . 

cap .  2f.  J 

(4)  Paufan. lib.  j  o.  cap.  7. pag.  tir  3./.  ,4. 
ri  i  itrabl  9-Vag-  60.4.  princ.  [  Ateneo 
l  '  r  *  C,ap-  4-  PJÉ- zi  >■  E-  ,  Vallois  Des  ri. 
chejs.  du  tempie  de  De/phes  ,  Acad.  des  Li - 
Jcript.  Tom.  ni.  HiJÌ.  pag.  78 . 

(c)  Nel  Trattato  prelim.  c.ìv.  pag.  XCIl. 
aggiugne  Winkelmann  ,  che  in  quella  occa- 
iione  felle  portata  a  Roma  la  Pallade  di  En- 
deo  ,  di  cui  fi  è  parlato  qui  avanti  pag.i  66.  , 
e  cita  Paufania  lib.  S .  cap.  46.  pag,  644. 5  ma 


quefli  fcrive ,  che  fu  Auguflo  ,  che  ve  la  por¬ 
tò  ,  e  la  pofe  nell’ingrefTo  del  fuo  Foro  .  Co¬ 
si  crede  vi  folle  portato  1'  Ercole  di  Lilìppo  , 
e  cita  Strabone  lib.i  0 .  pag.  70 3 .  C.  ;  ma  egli 
non  dice  da  chi  folle  fatto  portare  ;  e  non 
poteva  intender  di  Nerone  ,  perchè  fcrilfe  pri¬ 
ma  di  lui ,  c  a’  tempi  di  Auguflo  ,  come  di¬ 
cemmo  nel  Tom.  I.  pag.  2.37.  n.  1.  col.  2. 

(n)  Mercati  Metal/otk.  Arm.  X. pag. 36 1 .. 
Bottari  Mufeo  Capito/.  Tom.  ni.  J av.  67. 
pag.  1  26. 

(e)  Tacito  Anna/,  lib.  1  f.  cap.  23. ,  e  tal¬ 
volta  vi  foggiornava  ,  cap.  39.,  e  lib.  14. 
cap.  4. 


3  Storia  dell’Arte  greca 

: — - il  quale  moltiffimo  fpefe  ,  come  può  tuttora  inferirfì  dalle 

c  ■  p  "ili  Sranc^  rL”ne  che  ^en  veggono  lungo  il  mare  (a)  .  V’era  ,  fra 
le  altre  opere,  un  portico  in  cui  un  luo  liberto  dipinte  avea 
le  figure  de’  gladiatori  in  tutte  le  politure  immaginabili  (b)  . 

Apollo  dì  jf.  12.  La  ftatua  dell’Apollo  di  Belvedere  è  la'  più  fubli- 

Bel  vedere  .  1  ■  1 

ine  fra  tutte  le  opere  antiche  ,  che  fino  a  noi  fi  fono  con- 

fervate  (c)  .  Direbbe!]  che  l’artifta  ha  qui  formata  una  fia¬ 
tila  puramente  ideale  ,  prendendo  dalla  materia  quel  folo 
che  era  necefìario  per  efprimere  il  fuo  intento  ,  e  renderlo 
vifibile  .  Quella  mirabile  fiatila  tanto  fupera  tutti  gli  altri  fi- 
mulacri  di  quel  dio  ,  quanto  l’Apollo  d’Omero  è  più  gran¬ 
de  degli  altri  deferitti  da’  fufleguenti  poeti  .  1!  complefTo  del¬ 
le  fue  forme  follevafi  fovra  l’umana  natura  ,  e’1  fuo  atteggia¬ 
mento  moflra  la  grandezza  divina  che  lo  inveite  .  Una  p  Fi¬ 
rn  ave- 


( a )  Vi  fece  fabbricare  il  porto  ,  che  gli  co- 
flò  fpefe  grandillime  .  Suetonio  nella  "di  lui 
vita  ,  cap.  p. 

_  (b)  Vedali  qui  avanti  pag.y  z.prìnc.  In  An¬ 
zio  era  il  luogo  principale  di  delizie  degli 
imperatori ,  e  "Àugufto  fu  il  primo  a  goder¬ 
ne  ,  come  abbiamo  da  Suetonio  nella  di  lui 
Vita  ,  cap.  pS .  Amante  ch’egli  era  tanto  delle 
belle  arti  ,  chi  fa  che  non  l’abbia  ornato  di 
flatue  ,  e  fra  le  altre  anche  di  quelle  due  , 
come  aveva  ornata  Roma  di  tante  altre  ,  e  la 
fila  regia  fui  Palatino  ,  al  dire  dello  fteffo 
Suetonio  cap.  jy.  ?  Narra  elfo  che  vi  andava 
Tiberio  (  nella  di  lui  vita  cap.  i 8.  )  ,  ma  di 
rado  ,  e  per  pochi  giorni .  Di  Caligola  ferivo 
parimente  nella  di  lui  vira  ,  c.  8.  ,  clic  vi  na- 
fcelle  ,  e  non  folamcnte  lo  preferide  a  qua¬ 
lunque  altro  luogo ,  ma  che  avede  deflinato 
di  fidarvi  la  fede  ,  e  il  domicilio  imperiale  . 
Eflendo  quefli  {fato  anteriore  a  Nerone  ,  e 
avendo  fatte  trafporrare  dalla  Grecia  le  più 
belle  (fatue  ,  come  ha  notato  il  noftro  Auro¬ 
re  qui  avanti  alla  pag.  np.  ,  è  probabile  che 
ne  abbia  avute  anche  quelle  due  ,  che  fono 
nel  loro  genere  le  più  belle  che  abbiamo  ,  e 
le  abbia  poi  collocate  nell’  ideata  fua  nuova 
capitale  .  All’  imperatore  Adriano,  cui  ne  pia¬ 
ceva  il  foggiorno  (òpra  tutte  le  altre  dcliziofe 
ville  ,  che  avelie  in  Italia  ,  al  dir  di  Filoftra- 
to  Vita  Apollon.  lib.  8.  cap.  20.  pag.  364..  , 
poiché  egli  non  fece  trafporrare  ftatue  dalla 
Grecia  ,  non  (i  potrebbe  facilmente  dare  il 
merito  di  aver  collocate  quelle  due  in  Anzio , 
fe  non  fe  nel  cafo ,  che  Tollero  lavorate  in 


marmo  di  Luna  ,  ora  Carrara  ,  come  ve  le  ha 
credute  lavorate  il  fig.  Mengs  nelle  due  let¬ 
tere  a  monhgnor  Fabroni  ,  delle  quali  abbia¬ 
mo  parlato  qui  avanti  pag.  ipp.  ;  ma  quello 
fondamento  è  (lato  efclufo  dal  fignor  abate 
Vifconti  Mufeo  Pio-C/ement.  Tarn.  /.'  Tavo¬ 
la  14.  nella  fpiegazione  dell'Apollo.  Latta- 
dizione  ,  che  vantano  i  cittadini  di  Girgen- 
ti  ,  riferita  dal  fignor  Bridon  nei  Viaggi  del¬ 
la  Sicilia  ,  per  cui  fi  pretende  ,  che  quella 
(fatua  (lede  anticamente  in  un  tempio  d’  E- 
fculapio  di  quella  città  ,  da  dove  folle  tolta 
dai  Cartagincfi  ,  e  portata  in  Cartagine  ,  e 
di  là  a  Roma  da  Scipione  Africano  fecondo  , 
è  probabilmente  un  equivoco  nato  dal  rac¬ 
conto  di  Cicerone  ,  il  quale  in  V trr.  a  et.  2 . 
lib.  4.  cap.  4j.  narra,  che  ciò  avvenille  dell’ 
Apollo  di  Mirone  ,  del  quale  fi  è  parlato  qui 
avanti  pag.  209.  \  ma  però  dice  ,  che  Scipio¬ 
ne  lo  riportò  allo  (ledi*,  tempio  ,  come  fcrive 
nel  cap.  33.  e  figg.  che  redimì  a  fuo  luo^o 
tutte  le  altre  (fatue  ,  che  erano  (late  tolte  dai 
Cartagincfi  a  varie  altre  citta  della  Sicilia  ; 
onde  non  è  credibile  che  ne  avede  eccettuato 
l’Apollo  di  Belvedere  ,  che  è  diverfo  dal  detto 
di  Mirone  . 

(c)  La  mano  finillra  è  rellaurata  da  fra 
Giovannangelo  Montorfoli  ,  come  già  notam¬ 
mo  qui  avanti  alla  pag.  245.  col.  2.  Il  brac¬ 
cio  deliro  ,  e  le  gambe  ,  che  fono  antiche  , 
non  fono  (late  riattaccare  troppo  bene,  on¬ 
de  comparifcono  difettofe  ,  come  in  parte  ha 
fatto  odervare  il  noltro  Autore  nel  Tomo  2. 
pag.  392. 


PRESSO  iRo  MANI  E  C.  3  £7 

mavera  eterna,  qual  regna  ne’ beati  Elisj ,  fpande  falle  viri-  —  — — 
li  forme  d’un’età  perfetta  i  tratti  della  piacevole  gioventù,  LIB’X' 
e  fembra  che  una  tenera  morbidezza  fcherzi  fuH’altera  ftrut-  CnP' I! 
tura  delle  fue  membra  .  Vola,  o  tu  che  ami  i  monumenti 
dell’arte,  vola  col  tuo  fpirito  fino  alla  regione  delle  bellez¬ 
ze  incorporee  ,  e  diventa  un  creatore  di  una  natura  celefte 
per  riempiere  l’alma  tua  coll’ idea  d’un  bello  fov rumano  , 
poiché  in  quella  figura  nulla  v’  è  di  mortale  ,  nell'un  indi¬ 
zio  fi  fcorge  dei  bifogni  deU’umanirà  !  Non  vi  fono  nè  ten¬ 
dini  nè  vene  ,  che  quel  corpo  muovano  o  rifcaldino  ,  ma 
par  che  uno  fpirito  celerte  ,  filmile  a  fiume  piacidifiuno  ,  tut¬ 
ti  abbiane  formati  gli  ondeggianti  contorni  .  Egli  ha  infe- 
guito  il  ferpente  Pitone,  contro  di  cui  ha  per  la  prima  vol¬ 
ta  piegato  l’arco  ,  e  col  pofiente  fuo  palio  lo  ha  raggiunto 
e  trafitto  .  Ben  confapevole  di  Aia  pofianza  porta  il  fublime 
fuo  fguardo  quali  all’infinito  ben  al  di  là  della  fua  vittoria. 

Siede  nelle  fue  labbra  il  difprezzo  ,  e  lo  fdegno  che  in  sè 
rinchiude  gli  dilata  alquanto  le  narici  (a)  ,  e  fin  all’altera  fua 
fronte  fi  eftende  ;  ma  la  pace  e  la  tranquillità  dell’  anima 
rimaner  fembrano  Alila  Aefla  fronte  inalterabili  ,  e  gli  occhi 
fuoi  pieni  fon  di  quella  dolcezza  ,  che  moArar  fuole  allor¬ 
ché  lo  circondali  le  Mufe  e  Io  accarezzano  .  Fra  tutt’  i  ri- 
mafiici  fimulacri  del  padre  degli  dei ,  nefliino  ve  n’  ha  che 
s’avvicini  a  quella  fublimità  in  cui  egli  manifeftofii  alla  men¬ 
te  d’Omero  ;  ma  nel  volto  del  figlio  tutte  fi  veggono  riu¬ 
nite  le  bellezze  delle  altre  deità  ,  come  prelfo  la  Pandora  . 

Egli  ha  di  Giove  la  fronte  gravida  della  dea  della  fapienza, 
e  le  fovracciglia  che  il  voler  fupremo  manifellan  co’cenni  (b)  ; 
ha  gli  occhi  della  regina  delle  dee  in  maniera  grandiofa  ar¬ 
cuati  ;  è  la  fua  bocca  un’immagine  di  quella  dell’amato  Bran¬ 
co  , 


(a)  Clemente  Aleflandrino  Pidag.  llb.  3.  bìltm  velati  inkabitantem  habcant  v 
cap.  4.  Tom.I.  pag.  zyo.  in  fine  :  In  nafo  (b)  Ved.  Tom.  1.  pag.  33 2, 


35'S  Storia  dell’Arte  greca 

. .  ■■  co  (a)  ,  in  cui  refpirava  la  voluttà  ;  la  Tua  morbida  chioma 

LIB‘ x1'  coll’olio  degli  dei  pare  unta  (b)  ,  c  limile  a’ teneri  viticci  , 
cap.  in.  fcjjerza  qUafi  agitata  da  una  dolce  auretta  intorno  al  divin 
fuo  capo  ,  in  cima  a  cui  fembra  con  bella  pompa  dalle 
Grazie  annodata .  Mirando  quello  prodigio  dell’arte  ,  tutte  le 
altre  opere  ne  obbllo  ,  e  fovra  di  me  Hello  mi  follevo  per 
degnamente  contemplarlo  .  Pieno  di  venerazione  parmi  che  il 
petto  mi  fi  dilati,  e  s’  innalzi  come  quello  de’ vati  del  pro¬ 
fetico  fpirito  ripieni  ,  e  già  mi  Tento  trafportato  in  Deio  e 
nelle  Licie  felve  ,  che  Apollo  onorò  di  Tua  prefenza  (c)  :  par- 
mi  già  che  quella  mia  immagine  vita  acquilli  e  moto  ,  come 
la  bella  opera  di  Pigmalione  .  Ma  come  potrò  io  ben  dipin¬ 
gerla  e  delcriverla  !  Avrei  bifogno  dell’  arte  medelima  che 
mi  delle  conlìglio  ,  e  guidalfe  la  mia  mano  a  perfezionar  col 
tempo  quelle  prime  linee  che  n’  ho  abbozzate  .  Depongo 
p$t  tanto  appiè  di  quella  llatua  l’idea  che  ne  ho  data  ,  imi¬ 
tando  cosi  coloro  che  pofavano  appiè  de’  fimulacri  degli  dei 
le  corone  che  non  giugneano  a  metter  loro  fui  capo  (o)  . 

jf.  13.  Da  quella  defcrizione  e  dall’efprellìone  che  vedelì 
fui  volto  della  llatua  appare  che  non  polfa  ivi  ravviarli  con 
Spence  Apollo  cacciatore  ( a )  .  Se  taluno  però  non  trovalfe 
fublime  abballanza  l’immaginar  qui  uccifo  dai  dio  il  ferpen- 

te 


(a)  Conone  Narrai,  num.  3  q.  pag.  27 3- 

(b)  Callimaco  Hymn.  in  Apuli,  verf.  jg. 

(c)  Pare  che  Stazio  A  chi  lì.  lib.t.  v.ipp. 
fegg. ,  nel  defcrivere  che  fa  Achille  giovane  in 
paragone  d'Apollo  ,  nell’  atto  appunto  ,  che 
ritornava  dalla  Licia  ,  deferiva  in  qualche  mo¬ 
do  quella  di  lui  llatua  : 

Ille  aderat  multo  fudore  >  &  pulvere  major  : 

Attamen  arma  inter  ,  fejlinalofque  labo- 
res  , 

Dulcis  adhuc  vifu  niveo  natat  ignìs  in  ore 

Purpureus  ,  fulvoque  nitet  coma  gratior 
auro  . 

Necdum  prima  nova  lanugine  vertitur  Atas , 

TranquilUque  faces  oculis,  &  plurima  vu/tu 

Mater  inejl .  Quali s  Lycia  Venator  Apollo 


Cum  redit ,  &  fétvis  permutat  pleclra  pha- 
retris  . 

E  Apollonio  Argonaut.  lib.i.  v.  676.  fegg.  : 
l\a  e  rum  illis  Latom  filius  e  Lycia  rediens 
Procul  ad  latas  hyperboreorum  hominum 
.nationes  , 

Piane  apparuit  .  Aurei  ab  utraque  gena 
Intorti  cincinni  ajfultabant  eunti  : 

Leva  argenteum  verfabat  arcum  :  in  tergo 
Pharetra  pendebat  ab  humeris  ;  ac  pedum 
nifu 

Tota  intremifcebat  infula  ,  ut  mare  exun- 
daret  in  ficcum  . 

(d)  Properzio  lib.  z.  eleg.  1  o.v.  zi.  22. 
{a)  Polymet.  Diai,  8.  pag.  87, 


presso  i  Romani  ec.  3^9 

te  Pitone  ,  fi  figuri  di  vederlo  in  atteggiamento  d’avc-r  uccifo 
il  gigante  Tizio  ,  atterrato  da  lui  giovanetto  ancora  ,  quan¬ 
do  tentò  di  far  violenza  a  Latona  fua  madre  (a)  . 

jf.  14.  li 


(a)  Apollon.  Argon,  lib.  r.  verf.  7 SO-  [  e  Cicerone  De  clar.  orat.  cap.  i  S.  num.  70.  ,  c 
Apollodoro  Biblioth.  lib.  1 .  cap.  4.  §.  1.  Si  lo-  da  Quintiliano  InJÌ.  orat.  lib.  iz.  cap.io.  Giu¬ 
lio  tanto  impegnati  gli  eruditi  per  fapere  il  nio  dovea  darci  qualche  prova  della  fua  aller- 
lòggetto  di  quella  (tatua  ,  che  per  trovarne  zione  quando  fenile  Cacai,  arckit.  ee.  p.  4.2., 
uno  vi  (I  fono  ideate  quali  tutte  le  imprefe  che  la  detta  {tatua  di  Calamide  folle  la  {Iella, 
d' Apollo.  Oltre  quelle  ,  che  nomina  Win-  che  quella  trasportata  in  Roma  ,  e  polla  negli 
kelmann  ,  altri  hanno  creduto  ravvifarvi  quel  Orti  Serviliani  ,  al  dir  di  Plinio  lib.  36.  cap  p. 
nume  dopo  avere  {cagliati  i  fuoi  dardi  con-  feci.  4.  §.  io.  Paulania  ,  che  fo  riffe  dopo  di 
tro  gli  Achei ,  altri  dopo  la  ftrage  ,  che  ei  Plinio  ,  al  luogo  citato  la  dice  elidente  ancora 
fece  degli  orgoglio!!  giganti ,  o  di  Niobe  ,  e  a'  fuoi  tempi  in  Atene  ,  e  mon  può  fofpettarfi 
luoi  figli ,  o  dell’infedele  Coronide  ,  altri  fi-  col  lodato  lignor  abate  Vifconti ,  eh’  ei  parli 
nalmente  vi  credono  rapprefentato  Apollo  co-  d’una  copia  ,  anziché  dell’  originale  ;  poiché 
me  autor  della  medicina  ,  o  come  averrunco  ,  l'ufo  coltante  di  quello  dorico  è  di  avvertire 
odia  slontanator  de’  mali  .  A  queda  opinio-  fo  le  datuc  erano  copie  ,  e  di  più  moderna 
ne,  più  che  alle  altre  ,  anche  da  lui  riferite,  mano  ,  oppure  gli  originali  medefimi  degli 
inclina  il  fignor  abate  Vifconti  nella  dotta  ,  amiti  ;  come  lib.  9.  cap.  27.  pag.  762.  fcrive 
c  bella  fpiegazione  ,  che  dà  di  queda  datua  del  famofo  Cupido  di  Praditele  che  non  ne 
nel  Muf.  Pio-Clem.  Tom.  I.  Tav.i 4.. ,  e  ere-  foffe  rimada  in  Tefpi  fe  non  la  copia  fatta  da 
de  poterli  con  probabilità  {odenere  ,  che  fia  Mcnodoro  ateniefe  prima  che  l’originale  ve- 
deffa  quella  medefima  opera  di  Calamide  ,  niffe  in  Roma  ,  come  ho  avvertito  qui  avanti 
menzionata  da  Paufania //ó.x.  cu/i.  3. pag.  9.,  pag.  3 39.  n.  e.  ;  e  così  avea  fcritto /.  ì.c.  22. 
che  gli  Ateniefi  ereffero  ad  Apollo  dopo  la  cef-  pag.  j  1  .  di  altre  dame  ,  che  non  erano  le  an- 
fazione  d’  un  male  epidemico  ai  tempi  della  tiche  ,  ma  altre  più  moderne  ,  e  lib.  2.  c  19. 
guerra  peloponnefiaca ,  come  già  notammo  pag.  1 42.  di  altre.  Reda  che  parliamo  della 
qui  avanti  alla  pag.  214.  n.  a.  vittoria  contro  Pitone  .  La  morte  d'un  ret- 

A  quale  di  tante  opinioni  dovremo  noi  at-  tile  ,  che  la  natura  dedinó  a  drifeiar  per  ter- 
tcnerci  ?  Nella  vendetta  contro  gli  Achei  A-  ra ,  non  pare  a  molti  foggetto  abbadanza  ce- 
pollo  dovea  rapprefentarfi  fedente  ,  come  lo  lebre  ,  rifpettabile  ,  e  degno  d’eder  immor- 
rapprefenta  Omero  Hi  ad.  lib.  1.  verf.  48.,  o  talato  con  una  datua  ,  e  molto  meno  con 
almeno  fermo ,  e  in  atto  di  vibrar  dardi ,  non  una  datua  dì  tanto  merito  .  Ma  fe  fu  un  fo»- 
di  averli  vibrati .  Il  forpe  non  avrebbe  rela-  getto  ,  che  meritò  l’ira  d’Apollo  ,  il  quale  da 
zione  a  quedo  fatto  ;  e  troppo  debole  ragio-  lui  prefe  anche  il  cognome  di  Pitio  ,  per- 
ne  farebbe  il  dire  ,  che  vi  da  come  un  limbo-  che  non  poteva  effer  degno  di  venir  rappre- 
lo  del  nume.  Forfè  che  Apollo  avea  bifogno  fentato  in  una  datua  ?  Il  voler  ciò  negare, 
di  un  tal  {imbolo  perpetuamente  per  edere  e  il  dire  che  non  fo(Te  troppo  celebre  la  ri- 
riconofciuto  ?  Così  non  conviene  all’idea  di  cordanza  d'un  tal  fatto ,  è  un  voler  modrarfi 
Spence  ,  nè  alla  morte  dell’infedele  Coronide,  troppo  addietro  nella  cognizione  della  mito- 
o  alla  vittoria  contro  il  gigante  Tizio,  ed  al-  logia,  e  dell'antica  doria  ,  onde  rileviamo 
tri ,  o  all'eccidio  della  famiglia  di  Niobe  ,  per  tutto  l’oppodo  .  La  città  di  Delfo  per  la  mor- 
cui  oltracciò  farebbe!!  richiedo  un  gruppo  di  te  di  quedo  fervente  a  principio  fu  detta 
molte  datue  ,  non  una  fola  .  1  {imboli ,  coi  Pitone  dal  di  lui  nome  ,  come  narran  Pau- 
quali  foleano  rapprefentarfi  le  figure  di  Apoi-  fania  lib.  1 0.  cap.  6.  pag.  8 1  2.  princ.  ,  Euda- 
lo  medico,  e  aledicaco,  averrunco  ,  odia  slon-  zio  Comment.  in  I/iad.  lib.  2.  %.  2  3.  pag.  p6o. 
tanator  de’ mali  ,  erano  la  figura  delle  Grazie  Tom.  il.  Ivi  fu  quindi  dabilito  l’oracolo  di 
nella  mano  dedra ,  e  le  (aette  coll'arco  nella  Apollo  Pitio  ,  il  più  confultato  ,  c  il  più  fa- 
finidra ,  come  atteda  Macrobio  Satura,  lib.i.  molo  di  tutta  l’antichità,  Strabone  lib.  9. 
cap.  in.,  e  quedi  non  veggonfi  alla  di  lui  pag.  641.  B  ,  Livio  lib.  1.  cap.  2  r.  num.  p6., 
datua  in  quedione  .  Non  Lappiamo  fe  li  avef-  Imerio  predo  Fozio  Biblioth.  cod.  CCXLIII. 
fe  quella  di  Calamide,  ma  anche  Lenza  que-  p.  1  1  31.  ,  Hardion  Prém.  dijfert.fur  l’oracle 
do  argomento  non  ci  permetterebbero  giam-  de  De'phes,  Acad.  des  Infcr.  Tom. r ri.  Mém. 
mai  di  riconofcere  il  di  lui  {carpello  fui  capo  pag.  r  38.  Il  tempio  era  ii  più  ricco  di  quanti 
d’opera  della  morbidezza  c  della  grazia .  l’e-  altri  mai ,  e  conteneva  anche  un  numero  der- 
poca ,  nella  quale  ei  vide  ,  cioè  i  tempi  di  Fi-  minato  di  datue  ,  principalmente  di  bronzo , 
dia ,  come  fi  è  fatto  offervarc  alla  detta  p.  2  ra-  come  fi  è  già  olTervato  qui  avanti  pag.  3 SS. 
n.  a.  ,  e  la  durezza  dei  di  lui  dile  notata  da  §.;<?. ,  e  può  vederli  Strabone  loc.  eie. ,  Filo- 


LIB. XI. 
CAP-  ITI. 
Gladiatore 
delia  villa  Bor- 
ghefe . 


360  Storia  dell5  Arte  greca 

jf.  14.  11  così  detto  Gladiatore  delia  villa  Borghefe  ,  che 

fu  trovato  ,  come  dicemmo  ,  nello  fleflb  luogo  coll’Apollo  , 
fe  vogliamo  giudicarne  dalla  forma  delle  lettere,  fembra  ef- 
fere  la  più  antica  fìatua  di  Roma,  che  abbia  il  nome  dell’ 
artefice  .  Non  troviamo  preffo  gli  fiorici  alcuna  notizia  di 
Agasia  figlio  di  Dolìteo  che  la  fcolpì ,  ma  balla  quello  fuo 
lavoro  a  farne  conofcere  l’abilità  (a)  .  Come  nell’Apollo  e 

nel 


tirato  Vita  Apollon.  I.  6.  c.  s.p.  247.  ,  Val- 
lois  Des  richeffi.  du  tempie  de  Ùelphes,  Acad. 
des  Infcr.  Tom.cit.  Hift.  p  ag.  7  8 .  fiegg.  ,  ed 
altri  tempj  furono  innalzati  in  altri  luoghi , 
tra  i  quali  era  quello  fra  Pellene  ed  Egira  ,  di 
cui  fcrive  Patlfania  lib.  8.  cap.  1  f.pug.  641., 
e  quello  in  Alia  ,  di  cui  Ateneo  lib.  8.  cap.i  6. 
Pag.  461.  E.  Per  render  memorabile  Tempre 
più  quella  vittoria  ,  lo  fteiTo  Apollo  iflituì  in 
Dello  i  giuochi  pitici  ,  Ovidio  Metam.  lib.  1 . 
"verfi.  4.4. j .  jegg.  ,  Igino  Fab.  14.0.  ,  Tolomeo 
Efedione  predo  del  citato  Fozio  cod.  CXC. 
pag.  470.  in  fine  ,  Clemente  Aleflandrino  Co- 
hort.  ad  Gent.  num.2.  pag.  zg.  ,  i  quali  facc- 
vanfi  di  tre  in  tre  anni  ,  e  dopo  i  giuochi  o- 
limpici  erano  i  più  famofi  ,  e  nobili  della 
Grecia  .  Vedali  il  P.  Corfini  Dijfert  .  neon, 
difi.  il.  Pythia  ,  pag.  zg.fiegg.  Vi  fi  celebra¬ 
va  anche  ogni  nove  anni  un'  altra  feda  di 
grandidimo  concordo  per  folennizzar  più  di¬ 
dimamente  la  vittoria  di  quel  nume  ,  e  la 
fua  fuga  a  Tempe  dopo  la  morte  di  Pitone  , 
ad  oggetto  di  purificarli  della  contrattane  im¬ 
mondezza  :  Septerium  imitationem  habet  pu¬ 
gni  Apollinis  cum  Pytkone  ,  &  a  pugna  fin¬ 
gi  dei  ad  Tempe ,  Plutarco  Qusfl.  grsa,  oper. 
Tom.  1I.pag.2g4.  B.  ,  Ebano  Variar,  kiji. 
I.  3.  c.  1 .  ,  Eufcbio  De  prspar.  evang.  lib.10. 
iap.  8.  pag.  48 2.  C. 

Le  fiatile,  che  furono  erette  ad  Apollo  co¬ 
me  Piti©  ,  doveano  elfer  frequenti  .  Oltre 
quella  d'  oro  ,  che  dava  nel  detto  fuo  tempio 
a  Delfo  ,  menzionata  da  Paufania  l.io.c.  24. 
pag.  847.  ,  quedo  fcrittore  lib.  1.  cap.  ig. 
p.  44.  princ.  ne  nomina  una  erettagli  in  Ate- 
•ne  predo  il  tempio  di  Giove  Olimpico  ,  e  /.  r. 
cap.  42.  pag.  102.  princ.  un'altra  a  Megara  di 
fide  antichidimo  limile  all’egiziano .  A  lui  era 
dedicata  quella  eziandio  ,  della  quale  fi  è  par¬ 
lato  nel  Tom.  l.pag.i  21.  ,  fatta  da  Tclecle, 
e  Teodoto  artidi  di  Samo  antichidimi  ,  Dio¬ 
doro  Bib/ioth.  lib.i.  in  fine  .  pag.i  io.  ;  e  ta¬ 
le  io  credo  quella  fatta  da  Pittagora  in  bron¬ 
zo  ,  di  cui  ho  parlato  qui  avanti p.  203.  n. a., 
nominata  da  Plinio  lib.  34.  c.  8.  feci.  1  g.  §. 4 .. , 
e  per  equivoco  del  dotto  P.  Paoli  Della  relig. 
de  Gene.  ec. par.  iti.  LXVI.p.  177.  con- 


fufa  coll’altra  datua  d' Apollo  Citaredo,  detto 
E>iceo  ,  opera  dello  dello  artida ,  di  cui  Pli¬ 
nio  parla  dopo  .  Una  in  marmo  bianco  fe  ne 
ha  nella  villa  Albani  ,  data  in  rame  ,  ed  iilu- 
Ifrata  dal  fignor  abate  Raditi  ,  ed  altre  ador¬ 
nano  altri  mufei .  Sulle  monete  poi  quanto 
fpedo  non  vedefi  rapprefentato  l'Apollo  Pitio’ 
Ciò  fuppodo  ,  fi  renderà  ben  più  probabi¬ 
le  ,  che  la  datua  del  Vaticano  appartenga  al 
loggetto  medelimo  ;  e  fc  fi  confidcri  Patteg¬ 
giamento  di  ella  ,  in  cui  fi  vede  chiaro  l’atto 
di  aver  vibrato  l’arco  ,  e  quello  di  partire  per 
andare  altrove  ,  potrà  non  fenza  fondamento 
arguirli  ,  che  vi  li  rapprefenti  Apollo  nel  mo¬ 
mento  di  aver  confeguita  la  vittoria  ,  e  d’ in¬ 
camminarli  a  Tempe  .  Il  ferpe  che  li  vede 
rampicato  al  tronco  ,  e  mezzo  nafeodo ,  fa¬ 
rà  l’immagine  di  Pitone  ivi  maedrevolmentc 
allogata  dall’  artida  per  non  fare  un  grup¬ 
po  rapprefcntandolo  altrimenti  ;  come  fa  la 
della  figura  quello  ,  che  tiene  impugnato  nel¬ 
la  Anidra  la  citata  datua  della  villa  Albani ,  e 
quello,  che  vedefi  in  altre  datue,  c  nelle  mo¬ 
nete  :  o  fe  fi  volelle  fpiegare  per  (imbolo  della 
medicina ,  farebbe  riferibile  al  benefizio ,  che 
fece  Apollo  colla  morte  di  quel  ferpente  ,  il 
quale  empieva  di  terrore  il  mondo  ,  al  dir  di 
Ovidio  loc.  cit.  verfi  438.  fiegg.  : 

....  Sed  te  quoque  maxime  Python 
Tum  genuit  (  terra  )  ;  populifque  novis  ,  in¬ 
cognite  fierpens  , 

Terror  eras  ,  tantum  /patii  de  monte  te - 
nebas  ; 

o  finalmente  fecondo  l’interpretazione  di  Ma- 
crobio  loc.  cit.  alluderebbe  alla  diffipazione 
operata  dal  fole  de’vapoti  maligni  efalati  dal¬ 
la  terra  dopo  il  diluvio  ,  fimboleggiati  dai  poe¬ 
ti  colla  favola  dd  ferpente  Pitone  . 

(a)  Di  un  altro  Agalla  figlio  di  Menofil® 
parimente  di  Efelo  fi  fa  menzione  in  una 
ificrizione  greca  poda  fu  una  bafe  portata 
dall’Afia  in  Amderdam,  e  riferita  dallo  Spo- 
nio  Mificell.  erud.  ant.  fieli.  4  p.  1  21.  Vi  li 
dice  ,  ch’ei  lece  la  Jfatua  eretta  fu  quella  ba¬ 
fe  in  Deio  ad  onore  di  Cajo  Billieno  figlio  di 
Cajo  ,  legato  de’Romani ,  da  quei ,  che  lava* 


presso  i  Roma  ni  ec.  361 

nel  Torfo  d’Èrcole  vedefi  un  puro  ideale  fublime  ,  e  nel  Lao- 
coonte  fcorgefi  la  natura  abbellita  e  fublimata  coll’ideale  e 
coll’efpreflìone  ;  così  nel  Gladiatore  fi  ravvifa  un  compo- 
fio  di  bellezze  naturali  in  un’età  perfetta  ,  fenza  che  nulla 
v’abbia  aggiunto  del  fuo  l’immaginazione .  Quelle  figure  fo¬ 
no  fimi  li  ad  un  poema  epico  ,  in  cui  dal  verofitnile  fi  paf- 
fa  oltre  il  vero  e  fi  va  al  maravigliofo  ;  ma  quella  è  limile 
ad  una  noria,  in  cui  la  verità  fi  efpone  coi  più  fceki  con¬ 
cetti  ed  elpreffioni  (a)  .  Vedefi  qui  ad  evidenza  che  le  fem- 
bianze  ne  fono  fiate  prefe  dal  naturale  ,  rapprefentandovifi 
un  uomo  non  più  nel  fiore  di  giovinezza  ,  ma  nell’età  vi¬ 
rile  ,  in  cui  fcorgonfi  le  tracce  d’una  vita  fempre  laboriofa , 
e  d’un  corpo  indurato  alla  fatica  . 

Jf.  1?.  Alcuni  hanno  ravvifato  in  quella  fiatua  un  Difco- 
bolo  ,  cioè  un  di  coloro  che  efercitavanfi  a  gettare  un  di fco 
di  metallo  ;  e  tale  è  in  una  lettera  a  me  diretta  il  fenti- 


mento  del  celebre  fignor  di  Stofch  ;  ma  egli  non  avea  ben 
confiderata  la  politura  in  cui  avrebbe  dovuto  rapprefentarfi 
una  Umile  figura  .  Colui  che  gettar  vuole  un  corpo  ,  dee 
portar  la  vita  indietro  (a)  ;  e  ncH’atto  che’l  getta,  tutta  la 
forza  fi  fa  filila  cofcia  delira  ,  refiando  inoperofa  la  gamba 
finillra  .  Ma  avviene  qui  l’oppofto  :  tutto  il  corpo  fi  porta 
avanti  ed  appoggiali  fulla  cofcia  finillra ,  fiendendo  quant’è 
polìibile  indietro  la  delira  (j)  .  Il  braccio  deliro  è  moder- 
Tom.II.  Z  z  no, 


ravano  in  quell  itola .  Da  ciò  fi  può  argomen- 
tare  che  Agalla  figlio  di  Dofiteo  abbia  vivuto 
circa  lo  beilo  tempo  ,  o  vogliam  dire  dopo  i 
tempi ,  che  1  Romani  cominciarono  a  intro¬ 
durli  m  Grecia  ,  come  fi  è  veduto  qui  avanti 
pag.  281.  nei  quali  Vi  inkelmann  pag.  282, 
JJ-gg-  fina  1  Ercole  di  larnele  ,  e  il  Torlo  di 
'  Be  federe  •  A  “fatti  fi  accorderebbe 

u  r  li-’  Unendo  la  di  lui  opera  la  piu  bella, 
che  li  abbia  nel  vero;  e  non  potrà  mai  cre¬ 
derli  lo  iteflo  che  Escila  ,  i  di  cui  lavori  erano 
duri ,  e  limili  allo  ftile  etrufeo  .  Vedafi  qui 
«vanti  pag.  1 84.  ,  e  Tom.  l.pag.  238.  n.  a. 
(a)  Eppure  vi  fi  era  voluto  trovare  un  di¬ 


fetto  non  piccolo  ,  cioè,  che  la  fpina  don- 
fiale  vi  giralTe  al  contrario  della  parte  ante¬ 
riore  del  petto ,  per  un  errore  ,  o  capriccio 
dell'autore  di  efla  ,  non  perchè  folle  polfibi- 
le  in  natura  una  tal  molla  .  Si  è  veduto  però 
in  appreflo  coltelperimento  fui  nudo  ,  che 
ella  è  polfibile ,  e  naturale  ,  benché  ricerca¬ 
ta  ,  e  difficile  :  con  che  Agalla  avrà  forfè  vo¬ 
luto  diflinguere  quello  Ilio  lavoro  ,  come  Mi¬ 
rane  per  altra  ragione  il  fuo  Dilccbolo.  Vedi 
qui  avanti  pag.  21  2.  e  fcgg- 

{.a')  K«7 S tffKH»  V  Eullh.  in  Hom. 
lliai.  hb.  22.  pag.  1309.  Un.  37. 

(1)  L'Autore  ciò  fcrivendo  non  avea  pre- 


LIB. XI. 
CAP.  III. 


362  Storia  dell’Arte  greca 

■  --  no  ,  e  gli  è  fiato  porto  in  mano  come  un  pezzo  di  lancia  : 
lìb.xi.  braccj0  rtniftro  vedert  tuttora  la  coreggia  con  cui  imbrac- 
cap.  in.  cjava  jQ  fcuj0  che  ivi  efler  (fovea .  Se  ortervifi  che  la  tefta 
e  gli  occhi  guardano  in  alto  ,  e  che  la  figura  fembra  volerrt 
difendere  collo  feudo  da  qualche  cofa  ,  che  dall’alto  gli  fi 
fcaglia ,  fi  potrà  con  più  ragione  ravvifare  in  quefta  rtatua 
un  guerriere  ,  che  meritata  fe  l’abbia  per  qualche  tratto  di  va¬ 
lore  in  un’  occafione  perigliofa  (a)  .  Probabilmente  non  fu 

mai 


ferite  nè  agli  occhi  nè  al  pendere  quefta  (ta¬ 
tua  ,  la  quale  effettivamente  porta  avanti  la 
cofcia  ffeftra  ,  e  fu  di  erta  fa  tutta  la  forza  , 
(tendendo  indietro  la  gamba  dniftra  che  re¬ 
tta  inoperofa  ,  e  non  ferve  che  a  far  contrap- 
pefo  alle  parti  che  portanfi  avanti  .  Ciò  non 
per  tanto  è  evidente  edere  tale  (tatua  in  atti¬ 
tudine  di  chi  fi  difende  da  un  colpo  che  gli 
vien  dall'alto  ,  anziché  d’  uno  il  quale  getti 
un  difeo  o  altro  corpo  .  [  Ora  molto  piu  fon¬ 
datamente  polliamo  credere  che  non  rappre- 
fenti  un  Difcobolo  ,  avendo  delle  figure  di 
quefli  in  atto  di  fcagliare  il  difeo  ;  quale  c 
la  gemma  pofleduta  dal  fignor  Byres  in  Ro¬ 
ma  ,  di  cui  parlammo  nel  Tom.  I.  pag.  1  S 9. 
not.  a.  ,  data  in  rame  dal  fignor  ab.  Vifconti 
Mufi.  Pio-C/em.  Tom.  I.  Tav.  a.  n.  6.  ;  e  la 
copia  del  Difcobolo  di  Mirone  ,  di  cui  par¬ 
lammo  qui  avanti  pag.  2 1  i.fegg. ,  e  ne  diamo 
la  figura  in  fine  di  quefto  Tomo  ,  Tav. il.  Pri¬ 
ma  però  fe  ne  avea  un'  immagine  in  un  fan¬ 
ciullo  ,  che  li  addeltra  a  quel  giuoco  ,  fu  un 
farcofago  già  degli  orti  del  Cardinal  Carpi  in 
Roma  ,  dato  in  rame  dallo  Sponio  Mifcell.  e- 
rud.  antiq.  feci.  6.  p.  228.',  ed  è  ptecifamente 
nell’atteggiamento  di  quello  di  Mirone  ,  ec¬ 
cettuato  il  piede  finiltro  ,  che  non  fi  vede  pie¬ 
gato  indietro  ,  non  fo  fe  per  difetto  del  rame, 
o  perchè  forte  una  politura  troppo  forzata  per 
un  fanciullo . 

(a)  Aggiugne  l’Autore  nel  Trattato  pretini. 
Capo  IV.  pag.  XCIV.  ,  che  ciò  gli  ila  avve¬ 
nuto  neU’affedio  di  qualche  città  ,  ov’egli  el- 
ponerte  la  vita  contro  gli  alfediati  .  Io  non  lo 
porto  credere  ,  perchè  l’atteggiamento  non  è 
da  guardare  cosi  in  alto  ,  e  da  riparare  un  col¬ 
po  ,  che  gli  venga  dalle  mura  .  Vedali  la  fi¬ 
gura  ,  che  ne  diamo  in  fine  di  quefto  Tomo 
Tav.  X.  Egli  fa  un  gran  parto  ,  e  fi  abbafta 
col  corpo  (fendendo  quanto  è  portibile  il  brac¬ 
cio  (iniftro  per  arrivare  a  difenderti  collo  feu¬ 
do  da  uno  ,  che  Allevandoli  col  braccio  in 
alto  per  Scagliargli  un  colpo  ,  forfè  giuda  l’u¬ 
fo  de’ Greci  di  ferir  di  taglio  piuttofto  che  di 
punta  ,  all'  oppofto  dei  Romani ,  come  nota 


Vegezio  De  re  milit.  lib.  1 .  cap.  1 2.,  refta  na¬ 
turalmente  in  polizione  più  alta  di  lui  .  Plu¬ 
tarco  fcrive  Sympof.  1.2.  qus.fi.  p.  op.  Tom.  il. 
p.  6  ìq.F.  ,  che  la  prima  prova  ,  che  fa  un 
guerriere  in  battaglia  ,  è  quella  di  ferire  l’av- 
verfatio  ,  e  poi  ripararli  dai  di  lui  colpi .  Tale 
fi  può  dire  l’atteggiamento  della  (fatua  .  Ma 
ficcome  quefto  non  farebbe  per  sè  un  atteg¬ 
giamento  (traordinario  ,  che  meritarte  di  el- 
fer  celebrato  con  una  (fatua  ,  converrà  dire , 
che  il  guerriere  fe  la  meritarti:  per  la  circo- 
ftanza  ,  in  cui  fi  trovò  ;  come  per  efempio  fe 
averte  in  tal  guifa  riparato  e  falvato  qualche 
gran  capitano,  come  abbiam  detto  alla p. 2 08. 
col.  2. ,  che  Ajace  falvò  Teucro  riparandolo 
cosi  collo  feudo  ;  oppure  fe  averte  retto  all'im¬ 
peto  d’  una  moltitudine  ,  o  d’un  efercito  di 
nemici  pet  falvare  i  fuoi .  L’opinione  del  fi- 
gnor  Lerting  ,  e  di  altri  ,  che  vi  credono  rap- 
prefentato  Cabria  ,  non  pare  giuda  5  effendo 
(fato  tutto  diverfo  l’atteggiamento  ,  in  cui 
fi  fegnalò  quel  capitano  ,  e  in  cui  fi  fece 
rapprefentare  nella  (fatua  erettagli  dagli  A- 
teniefi  .  Teneva  lo  feudo  appoggiato  al  gi¬ 
nocchio  (iniftro,  e  portava  l'afta  avanti  colla 
mano  deftra  ,  in  atto  di  afpettar  fermo  i  ne-j 
mici,  e  cosi  meglio  foftenerne  l’impeto  :  ob- 
nixo  gena  fiuto  ,  projecìaque  kajla  ,  imvetum 
excipere  hoftium  docuit  ,  come  fcrive  Corne¬ 
lio  Nepote  nella  di  lui  vita  ,  e  Polieno  Stra- 
teg.  lib.  2.  cap.  i.n.  2.  :  Chab'ias  Athenien - 
Gius  ,  Gorgidas  Thebanìs  mandat ,  ne  pro- 
' currant  ,  fid  maneant  quieti  ,  &  lanceas  re¬ 
cìda  protendane  ,  fiuta  vero_  ad  genua  affi- 
gant  .  È  però  da  notati!  ciò  «re  agg'ugne 
Cornelio  Nepote  dell’ufo  introdottoli  dall'e- 
fempio  di  quefta  Ifatua  ,  che  gli  atleti ,  e  gli 
altri  profeffori  di  qualche  fpettacolo  fi  facet- 
fero  effigiare  nelle  (fatue  ,  che  fi  ergevano  , 
in  quell’atteggiamento  ,  in  cui  aveano  confe- 
guita  la  vittoria .  Cosi  farà  (fato  anche  dei 
bravi  guerrieri  ;  e  perciò  la  noftra  (fatua  , 
anche  per  quefta  ragione,  non  dovrebbe  ef- 
fere  anteriore  al!  olimpiade  c.  ,  in  cui  Ca¬ 
bria  fi  meritò  quell'onore  .  Più  limile  all’at- 


LIB.  XI. 

cap.  nr. 


presso  i  Romani  ec.  363 

mai  pretto  i  Greci  accordato  J’onor  d’una  ftatua  ai  gladia¬ 
tori  ;  e  forfè  quelli  nemmen  erano  noti  in  Grecia  ai  tempi 
d’AGASIA  (a)  . 

jf.  1 6.  De’  tempi  dei  primi  fucceflori  di  Nerone  ,  cioè  SottoGaiba, 
di  Galba  ,  Ottone,  e  Vitellio  non  altro  v’è  a  dire  fe  non  teiiio  , 
che  rariffime  ne  fono  le  tette  .  La  più  bella  ,  tra  quelle  di 
Galba,  vedefì  nella  villa  Albani:  ivi  e  nel  mufeo  Capitoli¬ 
no  (b)  veggonfi  le  tede  d’Ottone  ;  quelle  di  Vitellio  per  lo 
più  lon  moderne  ,  e  tale  è  quella  dei  palazzo  Giuftiniani , 
comechè  molti  la  diano  per  antica  . 

$•  1 7-  A  quelli  moftri ,  che  occupato  aveano  il  trono,  sotto  vefpa- 
fuccedè  Vefpafiano  ,  il  cui  regno,  malgrado  la  fua  econo-^10, 
mia,  fu  molto  più  giovevole  alle  arti,  che  Tinfenfata  pro¬ 
digalità  de’  fuoi  antecedo  ri .  Egli  non  Colo  fu  il  primo  che 
alfegnò  de’  fondi  confiderevoli  ai  maeftri  della  latina  e  gre¬ 
ca  eloquenza,  ma  colle  ricompenfe  invitò  a  sè  i  poeti  e  gli 
artidi  (a)  .  Abbiam  di  già  offervato  (c)  con  Plinio ,  che  Cor¬ 
nelio  Pino  ed  Accio  Prisco  fi  refero  celebri  fotto  il  di  lui 
regno  ,  e  dipinfero  per  fuo  comando  il  tempio  della  Virtù 
e  dell’  Onore  ch’egli  avea  redaurato  .  Nel  tempio  della  Pace 
da  lui  edificato  (c)  fece  collocare  molte  delle  datue  trafpor- 
tate  dalla  Grecia  in  Roma  ai  tempi  di  Nerone  (e)  ;  e  vi  fi 

Z  z  2  vedea- 


teggumento  di  lui  ,  quantunque  forfè  non 
polla  convenirgli  l'armatura,  e  il  veftimen- 
to>  6  d  una  ftatua  in  marmo  armata 

nella  galleria  Granducale  a  Firenze  ,  che  pie- 
gato  a  terra  un  ginocchio ,  tien  eretto  il  vi¬ 
ro  ,  e  il  braccio  deliro  in  atto  di  chi  com¬ 
batte  5  ma  la  circoftanza  di  aver  una  cofcia 
traforata  da  un  telo  da  banda  a  banda  ,  no¬ 
tata  dal  lignor  Lanzi  cap.  6.  pag.  4.3. ,  moftra 
che  abbia  maggior  fimiglianza  col  fatto  di 
iilopemene  ,  uno  degli  ultimi  eroi  della  Gre¬ 
cia  ,  come  fi  è  detto  qui  avanti  pag.272.  ,  al 
quale  lu  paflato  un  dardo  a  traverfo  d'ambe 
le  colete  ,  per  cui  impedito  di  poter  cammi¬ 
nare  dovette  inginocchiarli  per  terra  ,  fin¬ 
ché  il  dardo  folle  tagliato  nel  mezzo  ,  come 
narra  Plutarco  nella  di  lui  vita  ,  pag.  338.  B. 
oper.  Tom.l,  ,  e  Paufania  1.8. c.  49.  p.700. } 


e  forfè  la  ftatua  in  bronzo ,  nominata  dallo 
Hello  Paufania  p.  6p8.,  gli  fu  eretta  in  quell’ 
atteggiamento  . 

(a;  Vedi  qui  avanti  pag.  204.  not.  c. 

(.b)  Bottari  MuJ.  Capii.  Tom.  il.  Tav.  20. 

(a)  Suet.  in  V efpaf.  cap.  1  8 . 

(c)  Sopra  pag  72. 

(d)  Suet.  loc.  cit.  cap.  p.  E  un  avanzo  di 
quello  tempio  la  grande  e  bella  colonna  lca- 
nalata  in  marmo  bianco  trafportata  ,  ed  e- 
retra  da  Papa  Paolo  V.  avanti  la  chiefa  di 
s.  Maria  Maggiore  . 

(e)  Non  oftanti  li  tanti  fpogli ,  che  furo¬ 
no  fatti  in  Grecia  dai  Romani  fino  al  tempo 
di  Vefpafiano  ,  de’  quali  fi  è  parlato  avanti , 
Plinio  ,  il  quale  vivea  contemporaneamente  , 
ci  narra  Lib.  34.  cap.  7.  feci.  1 7. ,  che  in  Ro¬ 
di  vi  erano  ancora  rimafte  tre  mila  ftatue  di 


LIS.  XI. 
CAP.  III. 


3 64  Storia  dell’Arte  greca 

vedeano  principalmente  raccolte  le  tavole  de  più  famofi  di¬ 
pintori  ,  onde  quel  luogo  era  divenuto  ,  a  cosi  dire  ,  una  ma¬ 
gnifica  pubblica  galleria  di  pitture  .  Sembra  però  che  que¬ 
lle  ,  anziché  nel  tempio  ,  follerò  in  alcune  fale  fovra  di  ef- 
io  ,  alle  quali  andava!!  per  una  fcala  fatta  a  chiocciola  »  che 
tuttora  fu  Ih  fi  e  (a)  .  V  erano  eziandio  in  Grecia  de  tempj  >  che 
chiamavanfì  pinacoteche ,  olila  gallerie  di  pittine  (a)  . 

jf.  18.  Sotto  quello  cefare  erano  gli  Orti  oalluffiani  ,  il 
più  vifitato  fito  di  Roma ,  ov’egli  foleva  abitare ,  e  dar  pub¬ 
blica  udienza  (b)  ;  ond’è  probabile  che  ornati  gli  abbia  coi 
più  bei  monumenti  dell’ arte  .  Ciò  polliamo  pur  argomen¬ 
tare  daH’elTervilì  fempre  trovato  ,  qualunque  volta  vi  fi  fono 
fatti  fcavi  ,  gran  numero  di  fatue  e  di  bulli  ;  ed  anche  nell 
autunno  del  176?.  ,  elfendovi  fiato  aperto  un  nuovo  fcavo  , 
fe  ne  difotterrarono  due  figure  ben  confervate  ,  fe  non  che 
loro  mancava  la  tefta  che  non  fi  è  mai  potuta  trovare  . 
Quelle  rapprefentano  due  fanciulle  in  una  leggieia  fotto- 
vefie ,  che  dalla  Ipalla  delira  fcende  loro  fino  alla  metà  del¬ 
la  parte  fuperiore  del  braccio  .  Amendue  giacciono  fieie  fu 
un  lungo  zoccolo,  ma  tengono  follevata  la  vita,  loftenen- 
dofi  fui  braccio  manco  ,  e  Ila  fotto  di  elle  un  arco  rallenta¬ 
to  .  Simililfime  fono  quelle  figure  a  quella  d  una  fanciulla 
che  giuoca  agli  aftragali  ,  altre  volte  nel  mufeo  del  Cardi¬ 
nal  di  Polignac  (c)  ,  e  come  quella  hanno  la  delira  libera 
ed  aperta  ,  portandola  avanti  quafi  in  atto  di  aver  gettati  gli 
sfratali ,  febbene  di  efTì  non  veggavifi  neflun  veftigio  (d)  . 

Que¬ 


ll  ronzo  ,  e  non  molto  minor  numero  in  Ate¬ 
ne  ,  in  Olimpia  ,  e  a  Delfo  .  Paufania  difatti 
ne  numera  moltiflime  . 

(a)  Al  principio  del  regno  di  Vefpafiano  fi 
riferiate  ora  con  ficurezza  l' ara  in  marmo 
bianco  greco  del  Mufeo  Pio-Clementino  ,  al¬ 
ta  cinque  palmi  in  circa  ,  larga  poco  meno 
di  due  ,  ornata  a  bado  rilievo  con  alcuni  fat¬ 
ti  mitologici  ,  della  ftoria  eroica  ,  e  della  ro¬ 
mana.  Fu  pubblicata  in  parte  dal  P.  Mons- 


faucon  Supplém.  Tom.  1.  pi.  70.71-  >  e  Pm 

correttamente  datl’Orlandi ,  che  1  ha  inheme 
illuftrata  con  un  lungo  ,  e  dotto  ragiona¬ 
mento  .  Il  lavoro  non  è  troppo  bello  ,  ed  in 
patte  è  corrcfo  dal  tempo . 

(a)  Strab.  lib,  1 4.  png. 

(b)  Sifilino  in  Fefpaj'.  pag.  21  9.V.  t. 

(c)  Ora  nel  mufeo  reale  di  Pruina  ,  e  le  ne 
ha  il  gelTo  nell’ Accademia  di  Francia  . 

(d)  Erano  una  fpecie  di  dadi  ,  con  cui 


LIB. XI. 


presso  i  Romani  ec.  36$ 

Quefte  figure  furono  comprate  dal  fignor  generale  Walrno- 
den  ,  che  1  oro  ha  fatta  rimettere  una  nuova  tefta  (1)  . 

jf.  19.  Tito  figliuolo  e  fucceflbre  di  Vefpafiano  fu  in  due 
anni  molto  più  giovevole  alle  arti ,  che  non  l’era  fiato  Ti¬ 
berio  nel  lungo  Ino  regno  .  Narra  Suetonio  (a)  che  Tito  avea 
fatto  ergere  a  Britannico  (b)  fratello  di  Nerone  ,  con  cui  era 
fiato  educato,  una  liatua  equeiire  d’avorio,  la  quale  ogni 
anno  portava!]  in  giro  con  folenne  pompa  nel  Circo  .  Un 
artifra  di  que’  tempi  fu  Evodo  ,  incifcre  della  bella  teda  di 
Giulia  figliuola  di  Tito  ,  in  un  gran  berillo  ,  che  ferbafi  nel 
te!oro  dell’abazia  di  s.  Dioniiio  a  Parigi  (c)  .  Una  ancor  più 
bella  teiia  cololfale  di  Tito  vede!!  nella  villa  Albani  . 

jf.  20.  Domiziano  ,  al  dir  di  Plutarco  (a)  ,  volendo  edi¬ 
ficare  un  tempio  a  Giove  Olimpico  ,  ne  fece  abbozzare  in 
Atene  le  colonne  di  marmo  pentelico  ,  le  quali ,  effendo  fia¬ 
te  trafportate  a  Roma  e  ivi  finite ,  perderono  la  bella  ed  e- 
legante  loro  forma  .  Da  ciò  li  potrebbe  argomentare  che  fof- 
fe  allora  qui  decaduto  il  buon  gu!lo  ;  ma  i  monumenti  di 

que’ 


giocavano  per  lo  più  i  fanciulli  .  Eliano 
ffar.  hift.  lib.  7.  cap.  12.  ,  Polluce  Onom. 
lib.  p.  cap.  p.figm.  p8.fegg.  ,  Calcagnino  De 
talorum  ,  tejfer.  &  caicul.  lud.  c.  1.  in  Thef. 
Antiq.  gruc.  Gronov.  Tom.Vll.col.izi8. 
fegg-  Si  facevano  ùeirollicello  del  calcagno 
degli  animali ,  detti  perciò  tali  dai  Latini  .  I 
piu  (limati  erano  quelli  della  capra  falvatica  . 
Vedanfi  i  Caratteri  di  Teofraflo  cap.j.  ,  e  ivi 
il  traduttor  fiorentino  not.  t  p.  Tom.'.I.  p.zz, 
(1)  Ivi  al  tempo  fteffo  fu  feoperto  un  gran 
candelabro  di  marmo  ,  ornato  a  fogliami ,  e 
a  figure  con  altri  fregi.  Della  bafe  triango¬ 
lare  non  fe  ne  fono  ferbati  che  due  lati  :  in 
uno  v'è  un  Giove  colla  barba  aguzza  alla  ma¬ 
niera  etrufea  ;  ma  ,  ficcome  il  redo  del  la¬ 
voro  indica  lo  (file  greco  de 'migliori  tempi , 
dobbiamo  conghietturare  che  a  Giove  lia  Ha¬ 
ta  data  tal  forma  per  imitare  gli  antichi  fimu- 
lacri .  Nell  altro  lato  v’  è  un  giovane  Ercole 
che  toglie  il  tripode  ad  Apollo  ,  qual  vedefi 
rappreferrato  in  molti  baffi  rilievi  e  gemme  . 
Queflo  marmo  fu  comprato  dal  fignor  Cardi¬ 
nal  de  Zelarla  allora  prelato  .  V.  Anmerkungen 
uber  die  Gefchìchte  &c.  p.  1 17.  [  Egli  poi  ne 


fece  un  dono  alla  S.  M.  di  Clemente  XIV. , 
che  infieme  agli  altri  due  già  di  Barberini  lo 
collocò  nel  Mufeo  da  lui  incominciato  ,  per¬ 
fezionato  poi  dal  fucceflore  felicemente  re¬ 
gnante  Pio  VI.  In  quella  occafione  furono 
illuflrati  tutti  con  una  dotta  dilTertazione  dal 
fignor  abate  Marini  ,  di  cui  ho  parlato  nel 
Tomo  l.  pag.  1  77 .  not.  h.  ,  e  pag.  zp8.  n.  a. 
I  lati  a  quello  fi  fono  ferbati  tutti  e  tre  .  Nel 
terzo  ,  fuppofto  guado  ,  vi  è  Apollo  in  atto 
d’ infeguire  Ercole  ,  che  gli  ha  rubato  il  tri¬ 
pode  .  Il  creduto  Giove  ,  come  avvifa  il  lo¬ 
dato  fcrittore  pag.  181.,  è  forfè  il  facerdote 
cuflode  ,  o  edituo  del  tempio  di  Delfo ,  ove 
fuccedette  il  fatto  ,  accorfo  al  romore  ,  e  ri¬ 
malto  attonito  per  il  facrilego  attentato  d'Èr¬ 
cole  ,  oppure  in  atto  di  chiedere  ajuto  al 
cielo  . 

(a)  in  Tito  ,  cap.  z. 

(b)  L’  unico  monumento  ficuro  di  queflo 
infelice  principe  è  la  medaglia  in  bronzo  pof- 
feduta  in  Roma  dal  fignor  abate  Vifconti  , 
della  quale  daremo  la  (lampa  nel  Tomo  ni. 

(c)  Vedi  qui  avanti  pag.  zp.  §.  4.0. 

(a)  in  Poplic.pag.  t  oj.  oper.  Tom.  I. 


CAP.  HI. 
Tito . . . 


...  e  Domi¬ 
ziano  . 


3 66  Storia  dell’Arte  greca 

que’  tempi  ,  che  tuttora  ci  rimangono  ,  e  principalmen¬ 
te  1’  arco  che  il  Senato  fece  ergere  all’  imperator  Tito  (a)  , 
e  le  figure  rilevate  nel  fregio  del  tempio  di  Pallade  edifica¬ 
to  da  Domiziano  nel  Foro  Palladio  (*)  ,  ci  dimoftrano  il  con¬ 
trario  .  E’  vero  però  che  la  figura  della  dea  lavorata  a  rilie¬ 
vo  di  grandezza  naturale  ,  polla  nell’  intavolato  in  mezzo  del¬ 
le  colonne  di  quello  tempio  ,  perde  per  la  troppa  vicinan¬ 
za  in  cui  ora  fi  vede  ,  elfendo  il  pavimento  alzato  fino  a  mez¬ 
za  colonna  ;  e  fe  fi  paragoni  ai  molti  ornati  della  foffitta , 
fembra  un  femplice  abbozzo  . 

jf.  21.  Un  più  rinomato  lavoro  di  quelli  tempi  fono 
que’  due  trofei  collocati  in  Campidoglio  ,  che  vengono  er¬ 
roneamente  detti  Trofei  di  Mario  ,  quando  pur  non  vogliamo 
mettere  in  dubbio  la  genuinità  d’un’ifcrizione  ,  che  fotto  di 
elfi  flava  prima  che  fodero  fmoffi  dall’antico  loro  fito  ,  nella 
quale  indicavafi  edere  flati  que’ monumenti  eretti  a  Domizia¬ 
no  da  un  liberto  ,  il  cui  nome  era  tronco  (b)  .  Poffono  que¬ 
lli  per  tanto  confiderarlì  come  trofei  della  guerra  contro  i 
Daci  ;  poiché  febbene  Domiziano  per  mezzo  de’  fuoi  capi¬ 
tani  avelTe  in  quella  guerra  contro  Decebalo  riportati  ben 
pochi  vantaggi  ,  ciò  non  ollante  grandidìme  dimoflrazioni 
d’onore  gli  furon  fatte  ,  e  per  tutto  l’impero  viderfi  llatue 
e  fimulacri  d’argento  e  d’oro  a  di  lui  gloria  eretti  (a)  .  Al¬ 
tri  crederono  che  quelli  fodero  flati  innalzati  in  onore  d’Au- 
guffo  ,  e  l’argomentarono  dal  fito  ov’erano  anticamente  col¬ 
locati  ,  il  quale  è  un  cartello  ,  odia  emiliano  d’  un  acque¬ 
dotto  dell’acqua  Giulia  fatta  venire  a  Roma  da  M.  Agrippa, 
ove  l’acqua  in  più  rami  dividerli  ;  e  ciò  era  tanto  più  pro¬ 
babile  ,  quanto  che  fapeafi  aver  Agrippa  fatti  ornare  di  fia¬ 
tile 

(a)  Ho  aggiunto  quefto  membro  ,  perchè  (*)  Quello  fregio  è  dato  difegnato  e  in¬ 
fi  legge  nel  Tratc.  pretini.  Cup.  IF .  p.XClF .  cifo  da  Sante  Battoli  • 

nellaTerie  di  quefto  ftefl'o  difcorlò  ,  ed  è  (b)  Grutero  Infcripc.  Tom.  il.  pag.  1084. 
giudo  .  Le  figure  le  dà  il  Montfaucon  T.  1F.  n.  /.  ,  Fabretti  De  Col.  Traj.  c.  4.  pag.  1  of. 
pi. S S-  fegg. ,  e  Bartoli  Admìr.  Tuv.  i-p.  G1)  Xipbil.  in  Domit.  pag.  232.  D. 


p  r'e  s  s  o  i  Romani  e  c.  367 

tue  e  di  altre  opere  dell’arte  limili  caltelli  del  Tuo  acquedot¬ 
to  (a)  .  Ma  fé  diciamo  che  quello  fu  rellaurato  ai  tempi  di 
Domiziano  (  il  che  non  è  improbabile  malgrado  il  lilenzio 
di  Frontino  ) ,  l’opinion  mia  ritiene  tutta  la  fua  probabilità  ;  e 
fondali  maggiormente  fe  li  paragonino  quelli  (a)  con  de’ 
pezzi  d’altri  trofei  ,  che  trovati  li  fono  e  quindi  commellì 
ne’  muri  nella  villa  Barberini  a  Caflel  Gandolfo  ,  luogo  ov’era 
anticamente  la  celebre  villa  di  quell’  imperatore  .  Tali  opere 
perfettamente  fomiglianli  pel  lavoro  e  per  lo  Itile  . 

jf.  22.  Aliai  rare  fono  le  immagini  di  Domiziano  ,  poi¬ 
ché  dopo  la  fua  morte  ordinò  il  Senato  che  tutte  follerò 
atterrate  e  guaite  (b)  .  Per  tanto  in  Roma  ,  oltre  la  bella 
fua  tella  nel  mufeo  Capitolino  (c)  ,  non  v’  è  che  una  fia¬ 
tila  fola  nel  palazzo  Giuftiniani  che  per  immagine  di  lui  lia 
fiata  riconofciuta  .  Errano  però  coloro  i  quali  pretendono 
elTer  quella  la  llatua  che  ,  al  dir  di  Procopio  (A)  ,  Domizia 
fua  moglie  erger  gli  fece  dopo  morte  di  confenfo  del  Sena¬ 
to  ,  giacché  tutte  n’ erano  Hate  dillrutte  le  dianzi  elìflenti . 
Quella  llatua  era  di  bronzo ,  e  vedeafi  ancora  ai  tempi  del 
mentovato  fcrittore  ,  laddove  quella  è  di  marmo  .  E’  falfo  al¬ 
tresì  ,  come  alcuni  hanno  fcritto  ,  che  tale  llatua  non  abbia 
punto  fofferto  ,  poiché  il  petto  n’  è  flato  fp«zzato  in  due , 
le  braccia  fono  recenti  ,  ed  è  pur  dubbio  fe  la  reità  Ila  la 
fua  propria  ed  originale  .  Ho  detto  che  non  s’attribuiva  a 
Domiziano  altra  ftatua  fuor  che  quella  ch’è  armata ,  poiché 
non  s  era  fatta  attenzione  ad  un’  altra  fua  llatua  ignuda  ed 
eroica  nella  villa  Aldobrandini . 

$•  23.  Nella  primavera  del  1758.  fu  trovata  un’altra  lla¬ 
tua  eroica  indubitabilmente  di  Domiziano  ,  nel  luogo  che  di¬ 
cali  alla  Colonna  fra  Paleftrina  e  Frafcati ,  ove  nel  fecolo  fcor- 

fo 

(a)  Plin.  lib.  36.  cap.  1  f.  feci,  z 4..  §.p.  _  (b)  Come  fu  fatto  anche  delle  medaglie. 
(a)  Ne  dà  la  figura  il  Montfaucon  /oc.  eie.  (c)  Bottari  MuJ.  Capit,  Tom.  il,  Tav.  aj. 

Pl-  93-  94-  <J>)  Hi  fi.  are.  cap.  g. 


LIB.  XI. 
CAP.  III. 


Statue  di  Do¬ 
miziano  . 


LIB.  XI. 
CAP.  III. 


Sotto  Nerva . 


368  Storia  dei.  1  A  nr  c  pica 

fo  erano  fiate  fcoperte  ifcrizioni  ,  da  cui  appare  che  quel  luo¬ 
go  apparteneffe  ad  un  liberto  del  medehmo  imperatore  .  II 
tronco  della  llatua  fino  alle  ginocchia  ,  comprcfavi  una  ma¬ 
no  attaccata  alla  cofcia  (  vi  mancano  le  gambe  e  le  braccia  ) , 
non  era  molto  fotterrata  ,  e  perciò  è  affai  corrofa  in  tutta 
la  fuperficie .  Oltre  di  ciò  vi  fi  fcorgono  eziandio  de’  mani- 
fefli  indizj  d’effere  fiata  maltrattata  ,  come  de’  tagli  e  de’col- 
pi  profondi ,  fattile  certamente  allora  che  tutte  le  flatue  di 
quell’  imperatore  ,  per  diflruggerne  ogni  memoria,  dai  Ro¬ 
mani  rovefciate  furono  e  guade  .  La  tefla  fiaccatane  era  più 
al  di  fotto  ,  e  per  confeguenza  ha  provato  meno  le  ingiurie 
del  tempo  .  Il  fignor  Cardinal  Aleffandro  Albani  ha  fatta  rap¬ 
pezzare  quella  ,  che  vedefi  ora  colle  altre  flatue  imperatorie 
nella  fua  villa  fotto  il  gran  portico  del  palazzo  . 

jf.  24.  Pare  che  fotto  Domiziano  i  Greci  fiano  flati  trat¬ 
tati  meno  male  che  fotto  Vefpafiano  e  Tito  ,  poiché  laddove 
di  quelli  non  abbiamo  neffuna  moneta  coniata  a  Corinto  , 
moltiffime  ne  abbiamo  di  quello  ,  e  della  maggior  gran¬ 
dezza  (a)  . 

jf.  25.  Dei  tempi  di  Nerva  non  altro  ci  rimane  che  una 
parte  del  fuo  Foro  ,  le  tre  belli flì me  colonne  corintie  d  un 
portico  colla  fua  foffitta  ,  e  qualche  fua  tefla  (b)  .  Offervo  a 
propofito  di  quefla  foffitta  ,  ornata  con  meandri  ,  che  tro¬ 
vali  così  la  ragione,  perchè  Efichio  fpieghi  la  voce  pctia.vJ'pos 
con  dire  xeV/itos  r/s  ope<p/xe$  ,  cioè  un  ornato  della  foffitta  , 
onde  inopportuna  è  la  correzione  di  certo  moderno  fcritto- 
re  che  in  vece  di  opotp/xo's  crede  doverfi  leggere  ^patf/xas  , 
per  eflendere  tal  nume  a  tutto  ciò  che  è  dipinto  .  E  vero 
però  che  di  frequente  incontrali  il  meandro  fulle  antiche  pit¬ 
ture  e  fu  i  vafi  ,  e  affai  di  raro  fulle  foffitte  degli  antichi 

edi¬ 
ti)  Vaillant  Numlfm.  Area  laiper.  ec.  in  tua  fedente  coronata  d  alloro  ,  e  nuda  all  e- 
Colon,  ec.  par.  ,.  pag.  1  p  9.  roica  nella  parte  ,  che  vi  e  dell  antica  . 

(b)  Nel  Mufeo  Pio-Clcmentino  vi  è  la  fta- 


presso  i  Romani  ec.  369 

edifizj  .  In  Roma  diffatti  non  ve  n’è  altro  efempio  che  nel 
mentovato  portico  ,  e  fuor  di  Roma  non  vedefi  ,  che  io  fap- 
pia ,  fuorché  in  una  volta  delle  mine  di  Paimira  ( a )  . 

jf.  26.  Una  bellidima  e  raridìma  teda  di  Nerva  li  vede  nel 
mufeo  Capitolino  ,  pubblicata  fenza  ragione  come  un  mo¬ 
derno  lavoro  dell’Algardi  ( b )  ,  il  quale  non  altro  v’  ha  fatto 
che  rimettervi  la  punta  del  nafo  ,  e  un  po  d’orecchia  ,  e  \ì 
lavorò  con  tanta  circofpezione ,  che  non  volle  neppur  levar¬ 
ne  la  terra  frappoftavifi  ne’  capelli  .  11  Cardinal  Albani  ebbe 
quella  teda  dal  principe  Panfili  ,  e  da  lui  pafsò  al  mufeo  Ca¬ 
pitolino  (a)  .  11  marchele  Rondanini  poffiede  un  antico  ben 
conlervato  budo  col  fuo  zoccolo  >  che  probabilmente  è  un 
ritratto  dell  imperatore  medefimo  ,  e  deve  annoverarli  fra  le 
pochidìme  tede  ,  alle  quali  fi  è  confervato  il  nafo  . 

jf.  27 •  Secondo  Fulvio  Orfini  dee  riferirli  ai  tempi  di  Ner¬ 
va  una  datua  che  ha  la  metà  della  grandezza  naturale  ,  eli¬ 
dente  nel  cortile  del  palazzo  Altieri ,  eretta  ,  come  appare 
dall  ifcrizione  dillo  zoccolo  ,  a  certo  M.  Mezio  Epafrodito  da 
un  dio  h  afelio  (c)  ;  poiché  ,  fecondo  lui  ,  ivi  rapprefentalì 
quell’ Epafrodito  di  Cheronea  che,  al  dire  di  Suida ,  fiorì  ai 
tempi  di  Nerone  e  di  Nerva  . 


jf.  23.  Roma  e  tutto  il  romano  impero  cominciarono  a 
refpirare  fotto  Trajano  (d)  ,  per  cui  una  nuova  vita  ebbero 
le  arti .  Egli  intraprendendo  grandi  opere  ,  rifvegliò  lo  fpi- 
nto  degli  artidi  abbattuti  e  avviliti  per  le  tirannie  e  le  tur¬ 
bolenze  de’  regni  precedenti .  Apportò  un  vantaggio  fommo 
Tom.  II.  a  ,, 


(.a)  Wood  Ruìn.  de  Pdmyr.pl.  i  g.  [Si  tro¬ 
vi  pero  fovcnte  nei  cornicioni  delle  fabbri- 
,  »  comc  nc.^c  ri  elle  ruine  di  Paimira 

Pi  6  e  t 1.  ,  e  in  quelle  di  Balbec  date  dal- 
io  Iteiio  autore  vi.  2^  2*7  • 

di  Nane?  prelTo  Cleriflcau  Ànciq.’de  Franfe) 
prem:part.  pi.  ptf.  ,  nelle  rovine  del  palazzo 
di  Diocleziano  a  Spalatro  ,  e  in  tanti  altri 
monumenti  .  come  nel  tempio  del  dio  Redi- 
colo  alla  CàiFarella ,  nell'urna  di  Cecilia  Me- 


A  a“  a  alla 

tella  del  palazzo  farnefe  ,  ec. 

(I)  Bottari  Tom.  il.  Tav.  27.pag.31 .  [  Di¬ 
ce  foltanto  ,  che  ralTomiglia  nel  lavoro  alla 
maniera  dell  Algardi  :  il  che  rileva  comc  una 
cola  particolare  in  quello  bullo  ,  che  del 
rello  foftienc  per  antico  . 

Ca'  Un’altra  ,  anche  molto  bella  .  egli  noi 
la  collocò  nella  fua  villa . 

W  ^^v.  Urf.  lmag.  illuftr.  num.  gì. 

W  fior,  Pr  occhi.  lib-  1. 


LIB.  XI. 
CAP.  III. 


e  Trajane. 


LIB. XI. 
CAP.JII. 


Monumenti 
de’fuoi  tempi. 


370  Storia  dell’  Arte  greca 

alla  {cultura  ,  non  riferbando  a  sè  bolo  l’onor  delle  flatue  , 
ma  dividendolo  coi  più  meritevoli  cittadini  (a)  ;  coficchè  al¬ 
cune  erette  ne  furono  dopo  morte  eziandio  ad  alcuni  gio¬ 
vanetti  di  molta  alpettazione  ( b )  .  Sembra  effere  di  quelli  tem¬ 
pi  una  flatua  fenatoria  fedente  nella  villa  Lodovilì  ,  lavoro  di 
Zenone  figliuolo  di  Atti  afrodifiaco  ,  il  cui  nome  così  incifo 
full’orlo  del  panneggiamento  (a)  da  nelfuno  era  dianzi  flato 
ofìervato  (b)  ; 

ZHNfìN 
A  T  T  I  N 
AiPOAI 
SIETE 
E  n  O  I  E  I 

Nè  più  tardi ,  a  mio  parere  ,  vivea  un  altro  Zenone  di  Stali  in 
Alia,  che  fcolpì  l’immagine  del  fuo  figliuolo ,  pur  chiamato 
Zenone  ,  in  figura  d’un  Erme  mezzo  vellito  ,  e  pofela  fui  di 
lui  fepolcro  con  un  epitaffio  di  diciannove  linee  in  verfi  (*)  . 

Dell’ 

(a)  Pii  11.  in  Partegyr.  nella  Caria  ,  attedinomi  di  differenti  ararti 

{è)  idem  lib.  2.  epif  .  7.  di  ella ,  che  d  fono  cotifervati  .  V.  Infcript. 

(a)  Secondo  l'ufo  degli  antichi  ,  i  quali  Syrac.  in  Gr&vii  Thef.Sicil.Tom.  VI.  Sotto 

portavano  delle  lettere  intelfute  full'orlo  degli  la  (fatua  antica  d’ una  Mula  nella  galleria 
abiti  .  V.  Rubenio  De  re  vcft.  lib.  1.  c.  io. ,  Granducale  a  Firenze  d  legge  :  Opus  Attilia * 
Ciampini  Vet.mon.Tom.l.cap.  13.  ni  Afrodijtenis  ,  che  come  nota  Buonarruoti 

(b)  Nella  prima  edizione  aggiungeva  l’Au-  Ofserv.  J'opra  ale.  framrn.  di  vetri  ,  prefa[. 
tore  :  „  Sembra  che  in  quello  tempo  da  Hata  pag.  XXI.  ,  dovrebbe  dire  Afrodifienfis  . 
una  fcuola  d'artilfi  in  quella  città  d'Afrodido  (*)  Eccone  una  pane . 

nATPlC  EMOI  ZHNCJU 
NI  MAKAPTATH  C T A  $  I  C  A 
CIAC  nOAAAAg  •  .  •  »  • 

£M  A  ili  TSXNAICI  AIE  A®.. 

K  A  I  TSTSAC  ZHNUJNI  MS 
n  P  O  T  s  O  N  H  K  O  T  I  II  A  I  A  I 
TTMBON  KAI  CTHAHN 
£  I  K  O  N  A  CATTOC  £ r A T *  A 
AICIN  £  M  A  I  C  n  A  A  A  M  A  I  C  I 
TSXNAC  ZAMfNOC  KATTON 

spton  . 


presso  i  Romani  ec.  371 

DeH’età  però  non  fi  dee  giudicare  dalla  tetta  che  non  è  più 
la  fila  .  Vedefi  quello  monumento  nella  villa  Negroni  .  A 
qual  tempo  riportar  fi  debba  certo  Antioco  ateniefe  ,  di  cui 
abbiamo  nella  villa  Lodovifi  una  ftatua  di  Pallade  gigante- 
fica  ,  io  noi  fiaprei  determinare  :  la  ftatua  è  volgare  ,  e  grofi- 
fiolano  n’è  il  lavoro  ;  ma  all’ificrizione  dee  giudicarli  molto 
anteriore  a  quelli  tempi  (*)  . 

$.  29.  Fra  le  grandi  opere  del  tempo  di  Trajano  è  da  ram-  Sua  colonna., 
mentarfi  in  primo  luogo  la  celebre  colonna  che  ne  porta  il 
nome  (a)  ,  e  che  flava  in  mezzo  al  Foro  fatto  da  lui  edi¬ 
ficare  fiotto  la  direzione  cFApollodoro  ateniefe  ,  in  memo¬ 
ria  del  quale  edifizio  è  fiata  allora  coniata  una  rara  medaglia 

A  a  a  2  d’oro 


LIB.  XI. 
CAP.  IH. 


Gli  ultimi  verfi  non  fi  poflbno  ben  leggere, 
e  neiluno  finora  ha  potuto  ^cifrarli  .  Ella  pe¬ 
rò  ,  oltre  la  notizia  che  ci  dà  d'un  attilla, 
indica  il  nome  della  città  di  Stafi  ir.  Afia,  di 
cui  non  trovali  fatta  menzione  predo  nelfu- 
no  fcrittore  ,  e  ci  fomminillra  la  fpiegazione 
delle  lettere  STA  ,  che  leggonlì  fu  una  mo¬ 
neta  del  re  Epifane ,  intorno  alla  quale  fatte  fi 
fono  molte  conghietture  .  Eeger.  Thef  Brand. 
Tom.  ].  pag.  259 .  ,  Wife  Numm.  ant.Bodlej. 
pag.it  6.  V.  Cup.  De  elcph,  exercit.  i.  cap.y. 
in  Suppl.  Ant.  Rom.  Sallen.Tom.  ni.  p.74. 
É  pertanto  probabile  che  fia  quello  il  nome 


abbreviato  di  quella  città  ,  poiché  le  vod 
rafi>.n»s  e  ra9/KCc/'ÓT»f  fono  interpretazio¬ 
ni  troppo  {bracchiate  .  I  falli  di  profodia  non 
indurranno  in  errore ,  io  m’immagino  ,  colo¬ 
ro  che  conofcono  quanta  folfe  la  negligenza 
de’  poeti  a  que*  tempi  e  ne’  Tegnenti ,  princi¬ 
palmente  nelle  ifcrizioni . 

Pubblicherò  a  quello  propofito  un’altra 
ifcrizione  che  Ha  lulla  bafe  d’una  {tatua  di 
Bacco  in  Grecia .  Io  non  fo  ben  indicar  in 
qual  luogo,  ma  forfè  è  nell’ ilola  di  Scio,  da 
dove  ebbi  quella  con  altre  greche  ifcrizioni  ; 


AI2ANIA2  AIONY£OY 
TOM  AIONY20N  KATE2KEYA2E 


La  voce  ».<,  Tintinni  rende  dubbiofo  fe  Li-  ...  TIOXOS  IAAIOS  UOIEI .  MafFei Muf. 
fania  folfe  l’attilla  ,  o  colui  che  ha  fatta  eri-  Ver.  lnfcr.  far.  p.  CCCXV1II.  n.  4.  la  pub- 
gere  la  ftatua  blicò  completa  qual  dovrebb’eflere  ,  fenz’av- 

(*)  L’ ifcrizione  fu  mandata  da  Roma  a  rifare  che  dianzi  era  mutilata .  Eccola  qual 
Carlo  Dati  a  Firenze  ,  copiata  in  quello  mo-  fi  trova  fulla  mentovata  bafe  : 
do  ,  e  da  lui  data  nelle  Vite  de  pittori  p.i  1 8. 

.  .  .  .  T  I  O  X  O  2 
....  I  N  A  I  O  2 
.  .  .  .  nOIEl 

Il  nome  d’Antioco  trovali  eziandio  fu  due  P.  Montfaucon  Diar.  ìtal.  cap.19.  pag.  260 
gemme  indie  ,  predo  Gori  Inferire.  Tom.  1.  da  monfignor  Brafchi  De  trìb.  fiat.  c.10.  %.  9. 
Gemme  ,  Tab.  t.  num.  4. ,  e  Quirini  Epift.  pag. 94. ,  e  nelle  note  a  Gellio  Noti.  att.  l.i  3. 
ad  Et er et.  pag.  29.  cap.  23.  Dione  C albo  lib.  68.C.16.  Tom.  il. 

(a)  Fattagli  alzare  dal  Senato  dopo  la  vit-  pag.ngg.  la  vuole  innalzata  dallo  ftelfo  Tra- 
toria  contro  i  Daci ,  come  fi  legge  nella  ifcri-  jano  fenza  darne  ragione  . 
zione  pollavi  alia  bafe  ,  e  riportata  anche  dal 


LIB .  XI. 
CAP.  III. 


372  Storia  dell’  Arte  greca 

d’oro  ,  nel  cui  rovefcio  quello  fi  vede  efprefib  .  Chi  avrà  oc- 
cafione  d’  efaminare  in  geflo  le  figure  ,  delle  quali  ornata  è 
la  colonna  ,  farà  certamente  forprefo  al  vedere  l’infinita  va¬ 
rietà  in  alcune  migliaja  di  tede  .  Scrive  il  Ciacconio  ,  che  a’ 
fuoi  tempi ,  cioè  nel  fecolo  decimo  fello  ,  vedeafi  tuttavia  (a) 
la  teda  della  datua  colodale  di  Trajano  che  era  data  poda 
in  cima  alla  colonna  (a)  ;  ma  dopo  di  lui  non  ne  troviamo 
più  fatta  menzione  .  Di  qual  magnificenza  fodero  le  fabbri¬ 
che  di  quel  Foro  che  la  colonna  circondavano  ,  e  le  volte 
delle  quali  erano  coperte  di  bronzo  (b)  ,  polliamo  argomen¬ 
tarlo  da  una  colonna  bellidìma  di  granito  bianco  e  nero  ivi 
fcoperta  nell’ Agodo  del  1 765.  ,  la  quale  ha  otto  palmi  e 
mezzo  di  diametro  .  Si  trovò  queda  nello  fcavare  i  fonda¬ 
menti  per  fare  un  nuovo  ingrelfo  al  palazzo  Imperiali ,  e  con 
eda  un  pezzo  della  cornice  dell’architrave  di  marmo  bian¬ 
co  ,  portato  dalla  della  colonna,  ed  alto  più  di  fei  palmi; 
e  ficcome  la  cornice  è  un  terzo  dell’intavolato  e  talora  me¬ 
no  ,  quindi  argomentali  che  quedo  folle  alto  più  di  diciotto 
palmi  .  Il  fignor  Cardinal  Albani  ha  fatto  trafportare  quedo 
pezzo  nella  fua  villa,  apponendovi  un’ifcrizione  che  indica 
il  luogo  donde  fu  fcavato  .  Vedeanfi  nel  luogo  dedb  cinque 
altre  limili  colonne  che  vi  fono  rimade  ,  fervendo  a  fodene- 
re  il  fondamento  della  nuova  fabbrica  (e)  ,  poiché  neduno  ha 
voluto  fare  la  fpefa  dello  fcavo  (c)  .  Dopo  la  Colonna  Tra- 
ìana  il  più  illudre  monumento  di  quell’ imperatore  è  la  fua 
teda  colodale  elidente  nella  della  villa  Albani  ,  alta  cinque 
palmi  romani  dal  collo  fino  alla  fommità  (1)  . 

jf.  30.  Per 


(a)  Nel  palazzo  già  del  card,  della  Valle  . 

(a)  Hijl.  utr.  belli  ducici  in  col.  traj.  n.  i  z. 

(b)  Pauf.  lib.  s-  cap.  1  2.  pag.2f.06. 

(b)  V.  Orlandi  al  Nardini  l.  j\  c.  p.  p.  z  zj. 

(c)  AnnelTa  al  Forò  era  la  Baliliea  Ulpia , 
cosi  detta  da  Trajano,  che  chiamavafi  Ul- 
pio  ,  e  fe  ne  ha  la  figura  in  tante  medaglie  . 
Ivi  era  parimente  la  celebre  Biblioteca  ,  men- 


zionata  da  Gellio  lib.  n.  cap.  1 7.  ,  da  Vopi- 
fco  nella  vita  di  Probo,  da  Sidonio  Apollinare 
lib.  p.  epift.  ìó.v.  z  6  fcgg.  P-  2S4.  ;  che  poi 
Diocleziano  trafporto  alle  lue  terme  ,  come 
fcrive  lo  fteffo  Vopifco  .  _  .  , 

(1)  Nelle  file  Annotazioni alla  Stona  «ili 
arte  1J  Autore  annovera  fra  i  monumenti  di 
queft’età  una  Venere  ignuda  ,  il  cui  manto  e 


LIB. XI. 


presso  i  Romani  e  c.  373 

jf.  30.  Per  ciò  che  riguarda  l’architettura  di  que’  tempi 
merita  d’efier  qui  rammentato  l’arco  di  Trajano  in  Ancona  ; 
poiché  non  v’è  nefllin’ altr’antica  fabbrica,  che  offra  i  malli 
enormi  che  in  quella  li  veggono  .  11  bafamento  dell’arco  lino 
al  piede  delle  colonne  è  d’un  pezzo  folo  ,  lungo  piedi  ro¬ 
mani  2 6.  e  un  terzo  ,  largo  17.  e  mezzo  ,  alto  13.  Stava 
full’  arco  una  fu  a  flatua  equeftre  ,  di  cui  non  altro  più  ab¬ 
biamo  che  un’  ugna  del  cavallo  nel  palazzo  del  Pubblico  di 
quella  città  (a)  .  1  pilallri  del  ponte  ,  ch’egli  avea  fatto  get¬ 
tare  fui  Danubio  ,  ferviano  ,  dice  Dione  (b)  ,  anche  dopo  la 
mina  del  ponte  ,  a  far  conofcere  fin  dove  giugner  polfa  la 
forza  dell’uomo  (c)  . 

jf.  31.  Nel- 


gettato  fu  un  lungo  vafo  in  piedi  che  le  fa 
vicino  ,  e  la  cui  tcila  ,  che  è  ancora  la  prima, 
fomiglia  a  Marciana  fcrella  di  Trajano  .  Tro¬ 
vali  quella  nel  giardino  dietro  al  palazzo  Far- 
nefe  ,  ov’è  un’altra  fimil  Venere  ,  fe  non  che 
diverfon  è  il  vafo,  ed  ha  in  volto  l'ufara 
beltà.  di  quella  dea  ,  febbene  liane  limile  al¬ 
la  prima  l'acconciatura  de’  capelli ,  qual  fi  ve¬ 
de  altresì  (ulle  monete  di  lùarciana  ,  di  cui 
abbiamo  nella  villa  Negroni  una  veramente 
bella  figura  vellita.  [Si  veda  qui  avanti  p.ijf. 
not.  b.  |  Annovera  eziandio  certi  balli-rilievi 
che  rapprefentano  de’  guerrieri  coi  loro  vef- 
filli ,  e  le  fìgu  re  ne  fono  alte  undici  palmi: 
fra  elle  diflingueli  quella  del  capitano  ,  ma 
non  li  può  dire  chi  ùa  ,  poiché  gli  manca  la 
tella  .  In  uno  però  degli  feudi  rotondi  polli 
fui  vedilli  chiaramente  ravvilafi  il  bullo  di 
Trajano  . 

(a  1  Le  fatue  doveano  edere  tre  ,  cioè 
quella  di  Trajano  in  mezzo,  a  delira  di  lui 


quella  di  Plotina  fua  moglie  ,  ed  a  (inillra 
quella  di  Marciana  fua  forella  ;  perchè  a  tali 
luoghi  vi  è  i’ifcrizione  rifpettiva  di  loro  ,  e 
tre  fatue  fi  vedono  accennate  fulla  medaglia 
battuta  in  quella  occafione  ad  onor  di  quel 
principe  .  L’illullte  prelato  monlignor  Bor¬ 
gia  ha  pubblicata  nel  1771.  una  fampa  in  ra¬ 
me  dell'arco  ,  e  fue  parti  in  grande  efattifli- 
ma  nel  difegno  ,  e  nelle  mifure  ,  e  vi  ha  an- 
nelTa  la  medaglia  fuddetta  .  Non  potranno 
però  a  norma  di  tali  mifure  crederli  inefatte 
quelle  ,  che  ha  date  il  nofro  Autore  del  pez¬ 
zo  folo  ,  qnd’c  compofo  il  bafamento  ;  do- 
vendofi  riflettere  ,  che  elfo  è  rivefito  tutto 
intorno  di  altri  pezzi  di  marmo  ,  i  quali  per 
confegucnza  ir.grandifcono  le  mifure  nella 
fampa  .  Io  credo  di  fare  un  pregio  a  quefo 
luogo  della  f  oria  ,  riportando  l’ ifcrizione  di 
mezzo  come  la  riporta  il  lodato  prelato  ; 
giacché  è  feorretta  come  la  dà  il  Fabrctti , 
c  tanti  altri  , 


IMP.  CAESARI  .  DIVI  .  NERVAE  .  F.  NERVAE 
TRAIANO  .  OTTIMO  .  AVG.  GERMANIO 
DACICO  .  PONT.  MAX.  TR.  POT.  XVII1I.  IMP.  IX 
COS.  IV.  P.  P.  PROVIDENTISS1MQ  .  PRINCIPI 
SENATVS  .  P.  CX  R.  QVOD  .  ACCESSVM 
ITALIAE  .  HOC  .  ETIAM  .  ADDITO  .  EX.  PECVNIA  .  SVA 
PORTV  .  TVTIOREM  .  NAVIGANTIBVS  .  REDDIDERIT 


CAP.  III. 
...  c  fuo  arco 
in  Ancona  . 


(b)  Hift.  rom.  lib.6S,  cap.i£.  Tom.  il.  (c)  Fu  Adriano  che  lo  fece  dif  ruggere  per 
PaS-  1 1 3°‘  timore  che  i  barbari  non  avelTero  quindi  un 


374  Storia  dell’Arte  greca  presso  i  Romani  ec. 

jf.  31.  Nelle  grandi  opere  però  ,  cb’efeguir  fece  quefT 

l  1  b .  xi.  jmperatore  par  che  non  abbia  avuta  nelTuna  parte  la  Gre- 

cap.  in.  .  r  ,  .  .  r  .  .  .n.  ,  .  r  j»  r  ■ 

eia  ,  ne  ivi  aveano  1  greci  amiti  alcuna  occauone  d  eierci- 

tarlì  ,  poiché  probabilmente  in  niuna  greca  città  furono  eret¬ 
te  altre  Itatue  fuorché  quelle  de’  cefari  (a)  .  Che  fe  pur  ta¬ 
lora  volean  onorare  alcuno  colla  (tatua ,  ricoricano  a  quelle 
de’ celebri  uomini  dell’antichità,  e  contentavanfi  di  cangiar¬ 
ne  l’ifcrizione  ;  per  la  qual  cofa  fotto  una  (tatua  rapprelen- 
tante  un  eroe  greco  ,  a  difpetto  della  diffomiglianza  ,  inci- 
deano  il  nome  d’un  romano  pretore  ,  o  di  altra  perfona  qua¬ 
lunque  .  Tale  incongruenza  ebbe  a  rinfacciare  ai  Rodj  Dione 
Grifoftomo  che  viveva  a  que’tempi  (b)  . 


mezzo  piu  facile  di  fare  delle  irruzioni  nelle 
terre  foggette  all’impero  ,  come  narra  lo 
Hello  Dione  .  Apollodoro  ,  di  cui  fi  è  parlato 
ni  avanti ,  ne  fu  l’architetto  .  Tzetze  Chil.z , 
ìfl.  34.  v.  82.  fegg.  Aggiugne  quefto  poeta 
verf.  fij..  fegg.  ,  che  vi  erano  fcrittori  ,  i  quali 
dicevano  ,  che  Trajano  avelie  le  orecchie  da 
caprone  .  Egli  crede  però  ,  che  tal  racconto 
dovelle  intenderli  allegoricamente  ,  o  perchè 
quell’  imperatore  folle  petulante  come  un  ca¬ 


prone  ,  o  perchè  alidade  una  volta  per  luo- 

?hi  dirupati  ,  e  feofeelì  ad  allattare  i  nemici 
ili  lòlo  fondamento  di  aver  intefo  dire  in 
Roma  che  vi  follerò  .  Infatti  nelle  tede  di 
Trajano  non  v’  è  alcun  indizio  di  un  limil 
difetto  . 

(a)  A  Trajano  furono  erette  delle  {fatue 
in  marmo  pario  da  tutte  le  città  della  Gre¬ 
cia  .  Paufania  loc.  eie. 

(s)  O rat.  31. 


LI- 


LIBRO  DUODECIMO. 

Scoria  delle  Arci  del  Difegno  dai  cempi  d’ Adriano 
fino  all’ incero  decadimenco  . 

Capo  I. 

Amor  d’ Adriano  per  le  arti  —  Suoi  monumenti ...  in  Grecia.  ...  a 
Capila  ...  e  a  Roma  —  Suo  fepolcro  —  Villa  di  Tivoli  .  .  .  jlatue 
ivi  trovate  ...  e  mufaico  delle  colombe  —  Simili  mufaici  di  Pom¬ 
pe]  a  —  Progredì  dell'arte  .  .  .  nell'imitazione  dello  Jìile  egiziano  .  .  . 
e  ne'  lavori  di  Jìile  greco  —  Centauri  del  ninfeo  Capitolino  --  Imma¬ 
gini  d’Antinoo  .  . .  fuo  buffo  .  .  .  pia  tefta  ...  e  altre  fue  figure  — 

Prete fo  Antinoo  di  Belvedere  —  Effigie  dì  Adriano  . 

l_j  imperatore  Adriano  non  folo  fu  grand’amatore  e  cono-  Amor  d’A- 
fcitore  delle  belle  arti  ,  ma  fcolpì  egli  medelimo  delle  fta-  anf?°  K1  le 
tue  ;  non  tali  però ,  per  cui  Aurelio  Vittore  potefle ,  fenza 

una 


LIB.XII. 
CAP.  I. 


Suoi  monu¬ 
menti  . . . 


...  in  Grecia.. 


37 6  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

una  vile  adulazione  ,  metterlo  quali  del  pari  con  Policleto 
e  con  Eueranore  .  Pare  ch’egli  lì  ftudiafle  d’introdurre  nuo¬ 
vamente  l’antico  Itile  nelle  arti ,  come  nel  romano  idioma  ; 
ed  avea  tutta  l’attività  per  efeguire  il  Tuo  progetto  (1)  .  Do¬ 
tato  d’un’ avidità  infaziabile  di  tutto  fapere  ,  di  tutto  vede¬ 
re  ,  intraprefe  nel  fello  anno  del  fuo  regno  un  lungo  viaggio 
per  l’impero;  del  che  abbiamo  tuttora  de’ monumenti  nelle 
monete  delle  diciaffette  provincie  da  lui  vi  fifa  te  .  Andò  per¬ 
fino  nell’Arabia  e  nell’Egitto,  e  s’applicò  a  ben  efaminare 
e  conofcere  que’  paelì ,  come  appare  da  una  fua  lettera  al 
confole  Severiano  (a)  . 

jf.  1.  Ai  tempi  d’Adriano  l’arte  afeefe  fui  trono,  e  con 
efla  riforfero  i  Greci  .  La  loro  patria ,  dopo  la  perdita  della 
libertà  ,  non  avea  mai  goduto  un  tempo  sì  felice  ,  nè  avuto 
mai  un  amico  tanto  poffente  .  L’imperatore,  proponendoli 
di  ridonarle  la  libertà  primiera  ,  cominciò  a  dichiararla  li¬ 
bera  ,  e  diede  a  tutte  le  greche  città  i  mezzi  di  rimetterli 
nell’antico  fplendore  (/>)  .  A  tal  oggetto  non  folo  fece  er¬ 
gere  delle  fontuofe  fabbriche  in  Atene  ,  come  fatto  avea  Pe¬ 
ricle 


(0  Se  le  fetente  e  le  arci  trovarono  in  A- 
driano  un  amatore  ed  un  protettore  ,  gli  uo¬ 
mini  feienziati  c  gli  artirti  migliori  fperimen- 
tarono  in  lui  un  invidiofo  ,  un  perfecutore  : 
tal  era  anche  nel  retto  il  fuo  carattere  ,  cosi 
che  la  fua  vita  è  fiata  un  comporto  di  contrad¬ 
dizioni  .  Quello  Redo  Adriano  ,  che  dagli  llo- 
rici  antichi ,  predo  Suida  v.  Adrianus,  ci  vien 
rapprefentato  per  mi  uomo  dedito  alle  feten¬ 
ze  ,  all'erudizione  ,  allo  ttudio  delle  lingue, 
alla  pittura  ed  alla  fculrura  ,  autore  d'alcune 
opere  in  profa  c  in  verrt  ,  pittore  di  più  qua¬ 
dri ,  fcultore  di  molte  flatue  .in  marmo  c  in 
bronzo  ,  quello  rtclfo  Adriano  tentò  depri¬ 
mere  Omero  col  foftituirgli  un  poecaftro 
conofciuto  appena  da  pochtfrtmi ,  per  nome 
Antimaco  .  Simile  condotta  tenne  egli  con 
Favorino  e  Dionifio  ,  amendue  retori  aflai 
celebri  de’  tempi  fuoi .  Ma  i  più  perfeguitati 
da  Adriano  furono  gli  arcifti ,  alcuni  de'quali 
ti  depreffe  grandemente  ,  ed  altri  anche  uc¬ 
cide  .  Suid.  loc.cit.  Tra  quelli ,  benché  più  per 


effetto  di  vendetta  che  d'invidia  ,  è  flato  l’ar¬ 
chitetto  Apollodoro  ,  che  per  Ttajano  fatto 
avea  in  Roma  il  Foro ,  l'Odeo  ,  ed  il  Ginna- 
iio  .  Non  contento  d’averlo  mandato  in  eiì- 
glio  ,  tortegli  di  poi  anche  la  vica  ,  perchè 
quefti  nel  bollor  d’una  difputa  full'arte  avealo 
chiamato  pittor  di  zucche  :  Adriano  diffatrt 
evali  da  giovane  occupato  in  tal  genere^  di 
pittura  -  Xiphil.  in  Adrian,  pag.  257.  [  L’al¬ 
tro  motivo  ,  che  induffe  Adriano  a  torlo  dal 
mondo,  fu  perchè  di  (approvo  il  difegno  del 
tempio  da  lui  fatto  edificare  in  Roma  ,  e  de¬ 
dicato  a  Venere  fecondo  Stellino  L.  c.p.2  fR a 
Venere  e  a  Roma  fecondo  Flegontc  nell’Epi¬ 
tome  delle  olimpiadi ,  all’olimpiade  ccxx  vii. 
anno  il. .riportato  dallo  Scaligero  in  appendice 
alla  Cronica  d  Eufebio  pag.  342.  Vedi  anche 
Buonarruoti  Offerv.  ijlor.fopra  ale.  medagl. 
Tav.  1 .  n.  p.  pag.  1  7. 

{a)  Vopifc.  in  Saturn.  cap.  R.  Tom.  il. 
pag-?ig.  _  . 

(6)  Spartian.  in  Adrian,  pag.  9.  io- 


LI B*  'All. 
CAP.  I. 


dai  tempi  d’  Adriano  ec.  377 

ride  a  tempi  migliori  (a)  ;  ma  eziandio  nelle  altre  città  del¬ 
la  Grecia  e  dell’Afia  Minore  fece  coftruire  de’ pubblici  edi- 
fizj  ,  de’  tempj  ,  degli  acquedotti  ,  e  de’  bagni  (b)  .  11  tempio 
d’ordin  fuo  edificato  a  Cizico  annoverava!!  fra  le  fette  ma¬ 
raviglie  del  mondo  ;  e  forfè  a  quello  appartengano  i  forpren- 
denti  avanzi  d’antichità  ,  che  molti  fecoli  dopo  adoprarono 
gli  abitanti  di  quella  città  per  fabbricarne  le  proprie  cafe  . 

$.  2.  Fra  le  città  tutte  Adriano  dillinfe  Atene  ,  sì  per  ef- 
fere  Hata  quella  la  principal  fede  delle  belle  arti ,  sì  per  aver¬ 
vi  egli  vifluto  molti  anni ,  efercitandovi  la  carica  d’Arconte  . 
Ridonò  agli  Areniefi  l’ifola  di  Cefalonia,  e  terminò  il  tem¬ 
pio  di  Giove  Olimpico  ,  d’una  circonferenza  di  molti  lladj, 
lafciato  fette  fecoli  prima  imperletto  da  Pifillrato  ( a )  .  In 
quello  tempio,  fra  le  molte  llatue  d’avorio  e  d’oro,  una 
cololTale  della  llefia  materia  ne  fece  egli  inalzare  a  Giove  ; 
e  a  lui  medefimo  una  llatua  vi  erelfe  ciafcheduna  delle  gre¬ 
che  città  a  Roma  foggette  (c)  . 

3.  La  premura  di  quello  principe  per  far  rifiorire  le 
arti  erafi  comunicata  eziandio  ad  alcuni  privati  uomini  della 
Grecia  :  fra  quelli  li  diltinle  l’oratore  Erode  ateniefe ,  detto 
quindi  Attico  ,  che  a  proprie  fpefe  fece  erger  delle  llatue  in 
molte  greche  città  ,  formò  fuori  d’Atene  un  nuovo  lladio  di 
bianco  marmo  prefio  il  fiume  llifio  (d)  ,  edificò  un  teatro 
nella  fua  patria  ,  e  un  altro  a  Corinto  (e)  . 

if.  4.  Nè  fu  già  pago  Adriano  di  così  abbellire  la  fola 
Grecia  ,  e  dar  colà  foltanto  nutrimento  e  vita  alle  arti  :  mol¬ 
te  cictà  d  Italia  fentirono  pur  gli  effetti  della  fua  liberalità . 
Tom.  II.  B  b  b  Fra 

(a)  Vedi  qui  avanti  pag.  i  SS.  ti  i  tempj  antichi .  Le  Roy  Ruines  des  plus 

(b)  Fece  innalzare  una  (tatua  in  marmo  beaux  monum.  de  la  Grece,  Tom.il.pl.8.  io. 
parlo  ad  Alcibiade  fui  di  lui  fepolcro  in  Me-  dà  la  (lampa  degli  avanzi  di  un  tempio  ,  e  di 
lina  .  Ateneo  lib.  i  ?.  cap.  4.  pag.  s 74.  un  altro  edifizio  da  lui  alzato  in  Atene  . 

(a)  XiphiL in  Adrian,  pag.  264..  D.  (d)  Paufània  /.  cit.  cap.i  9.  pag.  4.5.  feg. 

,  Pau^n'a  lib.  1 .  cap.i  8.  pag.  42.  e  43.  (e)  Filoftrato  De  vie.  fophiji.  lib.  z,  n.l. 

Libanio  Evi  fi.  607,  pag.  291.  fcrive  che  A-  §.  3. pag.  jfi.  Tom.  il. 
driano  era  impegnati/Tuno  per  reftaurare  tut- 


37 3  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

’  Fra  i  di v er G  edifizj  da  lui  fatti  coftruire  in  Italia  fuor  di 

cip  j  Roma  mi  contenterò  di  qui  rammentare  l’anfiteatro  di  Ca- 
...  a  Capua...  pua  ,  a  cui  è  fiata  ritenta  un  ilcrizione  che  riguarda  piut- 
tofio  il  teatro  della  città  medefima  ,  difiante  dall’anfiteatro 
appena  cinquanta  palli  .  Mazochi  (a)  ,  che  ha  fupplito  in  que¬ 
lla  ilcrizione  a  ciò  che  mancava  ,  penfa  che  le  mentovatevi 
colonne  colà  polle  da  Adriano  fiano  le  mezze  colonne  dell’ 
anfiteatro  ,  fenza  riflettere  che  quelle  fon  ivi  ,  come  in  tutti 
gli  altri  anfiteatri  ,  d’un  pezzo  folo  col  fallo  da  cui  fporgo- 
no  in  fuori  (b)  .  Nemmeno  ha  confiderato  che  in  fiffatte  fab¬ 
briche  non  v’è  luogo  per  le  flatue ,  le  quali ,  come  le  co¬ 
lonne  intere ,  poteano  folo  fervire  d’ornato  nel  teatro  .  Dif- 
fatti  in  quello  di  Capua ,  dilepolte  fi  fono,  non  ha  molt’an- 
ni ,  alcune  colonne  di  giallo  antico  ,  che  hanno  due  palmi 
e  tre  quarti  di  diametro  ,  e  molte  ftatue  ,  del  quale  fcavo 
fi  vedono  tuttora  le  veftigia  ;  e  sì  quelle  che  quelle  furono 
trafportate  a  Caferta  per  fervir  d’ornamento  a  quel  reale  pa¬ 
lazzo  .  La  più  bella  fra  le  fiatue  è  una  Venere  Vittrice ,  che 
appoggia  il  piè  finiftro  fu  un  elmo  ,  confervatafi  intera ,  fe 
non  che  le  mancano  le  braccia  . 

...  einRoma.  f  Roma  ftefla  fecefi  Adriano  coftruire  il  magnifi- 

.oupoi ao.  CQ  pep0jcro  che  p0rta  ora  il  nome  di  Caftel  Sant’Angelo  (c)  . 

L’intero  edifizio  ,  oltre  varj  ordini  di  colonne  che  giravano 
intorno,  era  riveftito  di  marmo  bianco  e  ornato  di  fiatue. 
Quella  fabbrica  in  feguito  fervi  di  fortezza  ,  e  i  Romani  in 
eflà  aflediati  dai  Goti  fi  difefero  colle  ftatue  che  precipita¬ 
vano  fopra  i  nemici  (d)  ,  una  delle  quali  era  forfè  il  celebre 

F  au- 

Caì  In  mudi.  Campan.  Ampkuti.  litui,  ec.  lui  vita  ,  cap.i  p.  Tom.  I.  pag.  r  i  o. 
princ.  (d)  Procopio  De  bello  go/A.  Hb.  r .  cap.  22. 

(r.)  Non  fono  certamente  così  negli  avan-  pag.  366.  feg.  ci  dà  quefte  notizie  .  Di  piu 
zi  dell'Anfiteatro  Flavio  ,  detto  volgarmente  fcrive  ,  che  il  marmo  ,  di  cui  era  riveltita  la 
il  Cololfeo  ,  che  è  l’opera  più  grandiofa  de’  mole  ,  era  pario  .  La  mole  era  quadrata  ,  c 
tempi  di  Vefpafiano  ,  che  lo  fece  innalzare  ;  da  molto  tempo  prima  era  (tata  circondata 
e  negli  avanzi  del  Teatro  di  Marcello  .  di  mura  ,  e  ridotta  a  ufo  di  fortezza  per  1  op- 

(e)  E  il  ponte  inlieme  .  Sparziano  nella  di  portuaita  del  luogo  ,  e  per  l’ampiezza  deLa 


dai  tempi  d’ Adriano  i  c.  379 

Fauno  dormente  del  palazzo  Barberini  ,  che  lì  trovò  nel  ri  - ^ 
purgare  le  forte  di  quel  cartello.  La  più  grand’opera  di  fcul- 
tura  ordinata  da  quell’imperatore  era  certamente  la  fua  rta- 
tua  fu  una  quadriga ,  polla  filila  vetta  di  quello  fuo  fepol-  • 
ero  ,  la  quale  sì  grande  era  ,  fe  crediamo  allo  fcrittore  che 
ciò  ne  racconta  ( a )  ,  che  un  uomo  di  giurta  grandezza  ca¬ 
pir  potea  comodamente  nel  concavo  dell’occhio  di  que’  ca¬ 
valli  .  Soggiugne  lo  lidio ,  che  tutta  l’opera  era  d’un  pezzo 
folo  ;  ma  tale  racconto  ha  l’aria  d’una  greca  menzogna,  co¬ 
me  la  pare  anche  l’arterzione  di  un  altro  greco  fcrittore , 
di  cui  apprerto  decorreremo  (a)  . 

jf-  6.  Ma  la  più  grande  fenza  dubbio  ,  fra  tutte  le  opere  villa  dì  tì- 
d’Adriano  ,  fu  la  fua  villa  Tiburtina  ,  le  cui  ruine  tuttora  eli- vo!l* 
flenti  hanno  ben  dieci  miglia  di  circuito  .  Rinchiudeva  que¬ 
lla,  oltre  molti  tempj  ed  altri  edifizj,  due  teatri,  dai  qua¬ 
li  ,  elTendolì  in  uno  confervata  la  feena ,  portiamo  prendere 
una  giurta  idea  de’teatri  antichi .  Ivi  fece  copiare  le  più  bel¬ 
le  Umazioni  e  i  piu  grandiort  edifizj  della  Grecia  ,  anzi  vi 
volle  rapprefentati  gli  ilefii  Campi  Elisj  (b)  .  Con  tanta  ma¬ 
gnificenza  fi  fabbricò  in  quella  villa  ,  che  era  perfino  tutto  ri- 
veftito  di  marmo  un  lago  artefatto  ,  in  cui  rapprefentavanfi 
de  combattimenti  navali  .  Scavando  in  que’  luoghi  vi  fi  tro¬ 
vano  tuttodì ,  fra  molti  fcheletri  di  cervi  ,  molte  terte  di  mar¬ 
mo  e  di  pietre  dure  ,  alcune  delle  quali  veggonfì  efpreflamen- 
te  rotte  a  colpi  di  piccone  :  le  migliori  fono  nel  rnufeo  del 
fu  card,  di  Polignac  . 


Bbb  2  jf.  7.  Dei- 


fabbrica  .  Nella  fommità  era  ornata  con  am¬ 
mirabili  rtatue  d'uomini  ,  e  di  cavalli  dello 
it^llo  marmo  ,  varie  delle  quali  di  maggior 
grandezza  furono  (pezzate  in  quella  occalìo- 
ne  per  gettarle  contro  i  nemici  ,  che  cosi  fu¬ 
rono  relpinti  .  Se  preci  fanientc  nella  fommì- 
ta  della  mole  erano  le  ftatue  ,  fecondo  Proco. 
pio,  o  la  flatua  d'Adriano  con  cavalli ,  fecon¬ 
do  Giovanni  Antiocheno  qui  appiedo  ,  Tem¬ 


pre  più  fi  renderebbe  dubbiofa  ,  ed  incerra 
l'opinione  accennata  qui  avanti  pag.  44. ,  che 
vi  folle  porta  la  pigna  di  bronzo  ;  non  po- 
tendofì  capire  come  quella  vi  averte  luogo  . 

(a)  Joann.Antioch.  n«jì  àfXa,°*-  «P-Salm. 
Noti  in  Spari,  pag.  j  1 . 

(a)  Vedi  Capo  ultimo  §.  1  6. 

(b  Spariiano  nella  di  lui  vita  ,  in  fine  , 
Tom.  I.  pag.  21  f. 


g8o  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

*=>*==■  jf.  7.  Delle  ftatue  che  già  da  due  fecoli  e  mezzo  colà  fi 
lis.xu.  fcavano  )  arricchiti  ne  fono  ornai  tutt’  i  mufei  d’Europa,  e 
.fiatile "ivi  m°lte  lenza  dubbio  ne  rimangono  ancora  da  {coprirli  pei  no- 
ciovace . . .  firi  pofteri  (a)  .  Il  Cardinal  d’Elle  che  fabbricò  a  Tivoli  la  Tua 
villa  Tulle  rovine  di  quella  di  Mecenate  ,  ornolla  d’  infinite 
fiatile  colà  difepolte,  le  quali  pofeia  in  varj  tempi  compra¬ 
te  furono  dal  Cardinal  Albani  ,  e  per  la  maggior  parte  da 
lui  pallate  al  muleo  Capitolino  .  Parlerò  in  feguito  d’alcune 
più  ragguardevoli . 

...emufaico  Jf.  8.  Fu  ivi  pure  feoperto  il  mentovato  (b)  mufaico  delle 
c  e e00™  e‘ colombe  ,  rimarchevole  principalmente  per  effere  formato  di 
picciolihìme  pietre  dure  ,  poiché  gli  altri  mufaici  fono  fatti 
di  palle  di  vetro  ,  alle  quali  lì  danno  tutti  colori ,  che  dif¬ 
ficilmente  trovanfì  nelle  pietre  naturali  (c)  .  Il  quadro  delle 
colombe  fu  trovato  nel  pavimento  d’una  camera  fatto  d  un 
mufaico  più  grolTolano  circondato  all’intorno  da  una  fafeia 
a  fiori  larga  quanto  la  mano  ,  e  d’un  lavoro  fino  coinè  il 
pezzo  di  mezzo  .  D’una  parte  di  quella  fafeia  ne  lece  fare 
una  piccola  tavola  il  fignor  Cardinal  Albani ,  che  la  collocò 
nella  fua  villa ,  e  di  un’altra  confimile  ne  fece  dono  al  de¬ 
funto  Elettor  di  SalTonia  ,  allorché  fu  a  Roma  . 

jf.  9.  Il  mufaico  delle  colombe  fu  venduto  a  Clemen¬ 
te  XIII.  dagli  eredi  del  fignor  Cardinal  Furietti ,  che  iliulli ol¬ 
io  con  una  Dillertazione ,  in  cui  imprende  a  provare  che  fia 
quello  il  medefimo  mufaico  pollo  da  Soso  nel  pavimento  d’un 
tempio  a  Pergamo  ,  poiché  diffatti  pel  foggetto  rapprefen- 
tatovi  v’alTomiglia  .  Prende  egli  l’argomento  principale  della 
fua  afierzione  dall’olTervare  ,  che  quello  mufaico  fu  trovato 

inca- 

(a)  Oltre  due  bellifljmi  Ermi  della  Trage-  e  II  crede  più  comunemente  un  Endimione  , 
dia  ,  e  della  Comedia  ,  ora  polli  nel  Muleo  il  quale  per  altro  fecondo  la  favola  dormiva 
Pio-Clemcntino,  vi  fi  è  difottcrrata  negli  anni  cogli  occhi  aperti.  Ateneo  lib.  1 3.  cap.  2. 
fcotfi  una  bella  (tatua  ignuda  giacente  ,  la-  pag.  364.  C. 

voro  di  quefti  tempi  in  marmo  bianco  ,  pof-  (»)  Vedi  Lib.  X.  Cap.  ni.  pag.  280. 

fedina  in  Roma  dal  (ignoi  conte  Marefofcni  5  (c)  Vedi  qui  avanti  pag.  $5.  X  6. 


dai  tempi  d’ Adriano  ec.  381 

incaflrato  nel  pavimento  ;  ond’  è  probabile  ,  die’  egli  ,  che  ===== 
non  fia  (lato  lavorato  fui  luogo  ,  ma  trafportatovi  da  altro-  iIB,xu 
ve.  Quella  probabilità  però  non  balla  a  rendere  foftenibile  aP’ 1 
la  fua  opinione  ,  a  cui  molte  altre  difficoltà  s’oppongono  (1)  . 

Come  mai  (laccare  dal  fuo  luogo  ,  e  trafportare  dall’ Alia 
a  Roma  lenza  (comporlo  un  lavoro  fatto  d'innumerevoli  pie- 
truzze  ?  (a)  Che  fe  da  Pergamo  venne  il  mufaico  delle  co¬ 
lombe  ,  opera  di  quello  delio  luogo  e  tempo  faranno  le  lar¬ 
ghe  fafee  de’  fiorami  in  fimil  modo  lavorate  ,  il  che  non  pa¬ 
re  credibile  .  Altronde  l’ addotto  argomento  nulla  prova  , 
poiché  quedi  fini  e  faticofi  lavori  non  faceanfi  certamente 
come  i  mufaici  grofiolani  fui  pavimento  medefimo  ,  ma  fe- 


paratamente  per  poi  incadrarli  a  Aio  luogo  (b)  . 

jf.  io.  Aggiungali  che  due  egualmente  fine  e  pregevoli  simili  mufaici 
pitture  in  mufaico  fi  fono  feoperte  ,  non  ha  molto  ,  nelle  * Pompeii  • 
ruine  di  Pompeja,  ove  davano  incadrate  nel  mufaico  grof- 
folano  d  un  pavimento  ,  in  maniera  che  non  fidamente  era¬ 
no  di  fiottili  ladre  d  alabadro  orientale  contornate  ,  ma  an¬ 
che  foderate  di  marmo  al  di  fotto  .  Quedi  due  preziofi  pez¬ 
zi  fono  d  egual  grandezza ,  alti  due  palmi ,  e  lavorati  dallo 
defio  artida  Dioscoride  di  Samo  ,  come  appare  da  queda 
apportavi  ifcrizione  in  piccole  pietre  nere  : 


(0  Che  che  dica  il  noftro  Autore  ,  chiun- 
que  confronterà  il  certo  di  Plinio  con  quello 
mufaico  ,  difficilmente  li  perfuaderà  che  non 
lia  il  medefimo  .  [  La  definizione  di  Plinio  è 
tale  certamente  ,  che  beniffimo  combina  col 
mufaico  ,  di  cui  fi  tratta ,  come  può  vederli 
anche  dalla  fimira  datane  da  Furietti  nella 
orata  opera  De  Mu/ìvis  ,  e  Foggini  Mu/eo 
Capit.  Tom.  IV .  Tav.  6$. ,  ove  confuta  le 
ragioni  di  inkelmann  con  poco  buoni  ra¬ 
gionamenti  .  lo  crederei  più  probabile  ,  che 
quello  fia  una  copia  di  quello  di  Pergamo  , 
anziché  l’originale  ;  non  potendo  credere, 
che  Adriano  abbia  fatto  levare  quell'opera  da 
un  tempio  ,  quando  anzi  egli  avea  tutto  l'im¬ 
pegno  di  reftaurare  gli  antichi  ,  e  dì  alzarne 
dei  nuovi  in  tutte  le  parti  dell’impero,  co¬ 
me  fi  è  veduto  qui  avanti  ;  e  lappiamo  da 
Sparziano  ,  come  fi  è  pure  oflervato  al  §.  6. , 


AlOS- 

che  fece  copiare  nella  villa  Adriana  i  piu  bel¬ 
li  edifizj  della  Grecia  ;  come  vediamo  ,  che 
ha  fatte  imitare  anche  le  ftatue  degli  Itili 
diverfi  ,  e  delle  diverfe  nazioni ,  che  hanno 
coltivate  le  arti  del  difegno  ;  e  non  mai  fi 
legge  ,  che  loro  abbia  tolti  i  monumenti 
originali . 

(a)  Tanto  più  che  i  mufaici  degli  antichi 
fono  fatti  collo  ftucco  di  calce  ,  che  è  molto 
meno  forte  del  maftice  dei  moderni ,  e  fa¬ 
cilmente  fi  (lacca . 

(b)  Quell'argomento  farebbe  anzi  contro  ; 
perchè  il  mufaico  in  tal  maniera  dovea  farfi 
fopra  una  tavola  di  marmo  ,  o  altra  pietra  , 
come  fi  fa  oggidì  ;  e  perciò  non  farebbe  (la¬ 
to  tanto  difficile  dì  trafportare  fulla  medefi- 
ma  tavola  quel  pezzo  da  Pergamo  fenza 
fcomporlo  ,  come  pretende  il  nollro  Autore 
poche  righe  avanti . 


LIB.XII. 
CAP.  I. 


382  Storia  belle  Arti  del  Disegno 

AI02K0PIAH2  2  A  M  I  O  2 
E  n  o  I  H  2  E  . 

Spero  che  fia  per  non  difpiacere  al  mio  leggitore  fé  qui  ne 
aggiungo  la  defcrizione  .  Il  primo  pezzo  (cavato  ai  28.  apri_ 
le  1763.  rapprefenta  tre  figure  muliebri  colla  malchera  co¬ 
mica  in  volto  ,  ed  un  fanciullo  .  Ognuna  Tuona  uno  ftro- 
mento  muficale  .  La  prima  a  delira  è  una  vecchia ,  la  quale 
Tuona  il  tamburino;  l’altra  ,  con  una  mafchera  pur  di  donna 
avanzata ,  da  in  piedi  e  Tuona  i  crotali  ;  la  terza  ,  ch’è  più 
giovane  ,  voltata  di  profilo  ,  Tuona  al  tempo  ftedo  due  tibie  , 
e  il  fanciullo  la  cornamufa  . 

jf.  11.  11  fecondo  fu  interamente  (coperto  in  mia  pre- 

fenza  nel  1764.  agli  8.  di  febbrajo  .  S011  ivi  pure  tre  figu¬ 
re  muliebri  con  mafchere  comiche  al  vifo  ,  ed  un  fanciullo 
fenza  mafchera  .  La  prima  figura  a  delira  fiede  fu  uno  (gabel¬ 
lo  fenz’appoggio  coperto  d’un  tappeto  fatto  a  fcacco  di  tre 
colori  giallo  ,  rodo  ,  e  incarnato  ,  da  cui  pendono  de’lunghi 
cordoni  con  fiocchi  .  Ella  fembra  porger  attento  orecchio 
all’altra  che  fiede  vicino  ,  e  ftrigne  infieme  le  mani  quali  in 
atto  di  forprefa  e  di  maraviglia.  La  feconda  fiede  innanzi  ad 
un  bel  tavolino  di  tre  piedi  ,  fu  cui  v’è  una  caflettina  bian¬ 
ca  ,  e  vicino  ad  elio  una  tazza  olììa  un  cratere  con  un  pie¬ 
de  a  tre  zampe  di  leone  .  Accanto  ha  un  ramo  d’  alloro  . 
Quella  figura  ha  gettato  intorno  a  sè  un  panno  giallo  ,  ed 
è  in  atto  di  recitare,  come  rilevali  dalla  moda  della  mano. 
Amendue  le  figure  hanno  una  mafchera  giovanile  .  La  ter¬ 
za  ,  con  mafchera  di  donna  più  attempata  ,  tien  in  mano 
una  tazza  ,  ed  ha  tirato  fui  capo  il  manto  che  pur  è  giallo  . 
Predo  di  lei  da  un  fanciullino  involto  in  un  pallio  (a)  . 

jf.  12.  Per¬ 
di  IJppo  quefti  tempi  varj  altri  mufaici  quali  è  quello  d' Otricoli  collocato  ora  ne* 
fono  flati  difotterrati  in  varie  parti  ,  fra  i  Mufeo  Aio- dementino  :  ma  più  belli  fone 


LIB.Xli 


dai  tempi  d’ Adriano  ec.  383 

jf.  12.  Perchè  il  nome  d’Adriano ,  piu  che  per  altri  ti¬ 
toli  ,  s’è  renduto  immortale  e  celebre  alla  polterità  per  l’in-  CAP  1 
fiuenza  che  ebbe  Tulle  arti  del  difegno  ,  meritan  quelle  d  ef-  Progredì  deli' 
fere  particolarmente  coniìderate  in  tal  epoca  ,  tanto  più  che  anc 
la  fcuola  dei  tempi  d’Adriano  può  chiamarfi  l’ultima  ,  e  ap¬ 
pena  follameli  cinquantanni  dopo  la  di  lui  morte. 

(f.  13.  Deve  qui  rammentarli  il  lettore  di  ciò  che  dicem-  ...nell'imì. 

J  9  fazione  dello 

mo  nel  Capo  III.  del  Libro  II.  (a)  intorno  all’imitazione  de’  Me  egiziano, 
lavori  egiziani  ,  che  fotto  quell’  imperatore  s’  introduce  in 
Roma  .  Con  illatue  dell’antico  Itile  egiziano  ornò  egli  il  più 
ragguardevole  tempio  della  Tua  villa  che  probabilmente  è  quel¬ 
lo  Hello  edifìzio  ,  cui  Sparziano  chiama  il  Canopo  .  Dob- 
biam  dire  che  tali  ftatue  follerò  a  centinaja  nella  villa  Adria¬ 
na  ,  poiché  ,  non  contando  le  mutilate  ,  nè  quelle  che  for¬ 
fè  ancora  fono  fotterra  fra  le  ruine  ,  nè  le  molte  trafporta- 
te  fuor  di  Roma  ,  ve  n’è  tuttavia  rimalto  un  numero  ben  con- 
fiderevole  . 

$.  14.  Vedelì  da  tai  lavori  che  Adriano  volle  abbracciar 
l’arte  in  tutta  la  Tua  ellenfione ,  e  forfè  fece  del  pari  imita¬ 
re  lo  Itile  etrufeo  .  E  con  ragione,  poiché  nelle  figure  egi¬ 
ziane  ftudianfi  i  fondamenti  del  difegno  ,  il  quale  dev’effere 
tanto  più  efatto  ,  quanto  più  facilmente  fe  ne  feoprono  i  di¬ 
letti  per  efiere  del  tutto  femplice  e  inornato  .  Ma  ficcome 
per  un’imitazione  rigorofa  ha  egli  richiamata  l’arte  alla  fua 
origine  ,  così  volle  che  per  l’imitazione  medefima  gradatamen¬ 
te  tendeffe  a  perfezionarli ,  non  folo  feguendo  i  cangiamen¬ 
ti  fucceduti  nello  Itile,  ma  facendo  eziandio  que’ progrefiì , 

che 

quelli  lcavati  nell’anzidetta  villa  Adriana  ,  tre  un  altro  mufaico  poflcdtito  dal  (ìgnor  de  An¬ 
de’ quali  bcllilfimi  fono  pofleduti  dal  fignor  gelis  ,  rapprefer.tante  cofe  egiziane,  come  egi- 
conte  Marefofchi ,  e  il  più  bello  di  tutti  que-  ziane  fono  quelle  rapptefentate  nei  mufaici  , 
fti ,  e  di  quanti  forfè  efiftano  al  mondo,  è  tal*  de'  quali  parla  Orlandi  nelle  note  al  Nardini 
tro  ritrovato  nella  (fella  villa  ,  e  pattato  an-  Roma  antica  ,  lib.  7.  c.  S.  ree.  XIII.  p. 
che  al  Mufeo  Pio-Clementino ,  che  rappre-  e  il  mufaico  di  Paleftrina  ,  di  cui  (i  è  parlato 
Tenta  quattro  mafehere  Tecniche  circondate  da  qui  avanti  pag.  312.  Alcuni  fono  di  pietre 
un  belliflùno  fedone  di  frondi  di  pioppo  .  naturali  con  qualche  pezzo  di  (malto  , 

Nel  territorio  di  Tivoli ,  è  (fato  pur  trovato  (a)  pag.  tu.  fegg. 


143. XII. 


384  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

che  fatti  avrebbe  l’arte  degli  Egizj  ,  fe  le  troppo  aullere  leg¬ 
gi  non  gliel’  avellerò  contefo  .  Abbiamo  diffatti  delle  figure 
di  granito  rollo  lavorate  fecondo  il  vero  antichillìmo  Itile 
egiziano,  che  certamente  non  prenderemmo  per  un’imitazio¬ 
ne  ,  fe  fra  le  altre  Itatue  ,  due  che  veggonfi  a  Tivoli ,  mag¬ 
giori  della  grandezza  naturale,  non  ci  prefentafiero  nelle  fe¬ 
lle  le  vere  fembianze  d’Antinoo  (a)  .  Vediamo  altresì  delle 
ftatue  ,  che  indicano  il  fecondo  Itile  dell’arte  egiziana  ,  e  che 
certamente  non  furono  lavorate  in  Egitto  ,  come  rilevali  dal 
marmo  nero  ,  di  cui  pur  vi  fono  altre  figure  nello  Itile  me- 
defimo  ,  ma  in  un  più  libero  atteggiamento  delle  mani .  Ve 
n’  ha  d’amendue  le  fpecie  nel  mufeo  Capitolino  ,  e  nella  vil¬ 
la  Albani . 

. . . e  ne’iavo-  tf  j  Un  maggior  numero  fi  è  confervato  di  quelli  la¬ 
ri  di  Itile  gre-  y  .  .  ,  .  r 

co.  vori  d  imitazione  ,  che  del  vero  greco  Itile  ,  cui  Adriano  iem- 

bra  aver  voluto  per  tal  modo  richiamare  all’antica  fua  per- 
Cemauri  del  fezione  .  Nell’ indicarli  comincerò  dai  due  Centauri,  pofle- 
toiino .  Ca’ '  duti  dianzi  dal  fullodato  card.  Furietti ,  e  uniti  pofcia  al  mu¬ 
feo  Capitolino  da  Clemente  XIII.  ,  che  comprolli  infieme  al 
mentovato  mufaico  per  13000.  feudi  romani  .  Nè  annove¬ 
ro  io  già  quelli  Centauri  in  primo  luogo  ,  perchè  li  creda 
la  miglior  opera  di  que’  tempi  ;  anzi  perchè  appunto  noi  fo¬ 
no  ,  e  perchè  hanno  incifo  fullo  zoccolo  il  nome  de’  greci 
arditi  che  gli  fcolpirono  ,  Aristea  e  Papia  afrodifiaci .  Tro¬ 
vati  furon  elfi  nella  villa  Adriana  alTai  maltrattati  e  guaiti , 
onde  molto  vi  fu  da  rappezzare  (b)  .  Par  che  quelli  portaf- 
fero  fui  dolio  un  fanciullo  ,  come  il  Centauro  della  villa  Bor- 
ghefe  (c) ,  il  che  argomentali  da  un  largo  buco  quadrango¬ 
lare 

(a)  Si  veda  ciò  che  ne  abbiamo  detto  nel  not.  a.  ,  che  quello  lìa  una  copia  del  piu 
Tomo  I.  pag.  1 1  ì-Jegg.  vecchio  di  quelli  due  del  Campidoglio  .  Ciò 

(s)  Ne  da  la  figura  il  fignor  Cavaceppi  è  probabile  ,  quantunque  lembri  pur  bello 
Raccolta  di  llatue  ,  ec.  Tom.  1.  Tav.26. 17.,  quello  di  quello  ,  si  perche  quclto  ha  1  Ren- 
t  Foggini  Muf.Capit.  Tom. IV.  Tav.i  3.  1 4-  zione  ,  e  si  perché  1  ellere  in  marmo  bigio 
(ci  Ho  già  notato  nel  Tomo  I.  pag.  jo6.  morato  conviene  più  all’ idea  d  un  originale  , 


trebbe  avere  qualche  lomignanza  con  queita  reitaurata  ,  noi  la  diamo  qui  annetta  ,  ca  c 
pittura  il  Centauro  nominato  del  Mufeo  Pio-  prefa  dalla  Raccolta  d’Antichità  del  Borioni 
dementino  .  illuftrata  dq  Venuti ,  Tab.  p, 

(b)  Il  fignor  Huber  nella  fua  traduzione  ■  •  ... 


J.1I .  pari .  jb  ! . 


APVD  EMIN.  CARD.  ALEXANDRVM  ALBANI 


P  onxfxiur  Hierony.  H  a  temi  deliri . 


Alt. Pai  V.Vnc.U. 


Afir/iaef  No  re  Ilo  fculRcrme. 


LIB .  X/I . 
CAP.  I. 


dai  tempi  d’  Adriano  bc.  385 

lare  fuila  fchiena  ,  in  cui  fembra  che  conficcata  fofTe  la  figu¬ 
ra  portavi  fopra ,  la  quale  non  ellendo  d’un  pezzo  folo  col 
Centauro  ,  probabilmente  era  di  metallo  .  Il  più  vecchio  di 
que’  due  Centauri  al  pedo  o  ballon  paftorale  ricurvo  ,  che 
tiene  in  mano  ,  fembra  rapprefentar  Chirone  ,  il  quale  ad- 
dertrò  alla  caccia  Giafone  ,  Tefeo  ,  Achilie  (a)  ,  ed  altri 
eroi  (b)  . 

lf.  16'.  Gloria  dell’arte,  non  folo  di  queft’età  ma  anche  impagini  di 

~  1  Ant:r.oo  . . . 

de’  tempi  migliori ,  fono  due  immagini  d’Antinoo  ,  una  del¬ 
le  quali  è  in  un  barto-rilievo  della  villa  Albani  ,  e  l’altra  è 
una  terta  coloflale  nella  villa  Mondragone  fopra  Frafcati  .  D’a- 
mendue  ho  data  la  figura  ne’  miei  Monumenti  antichi  (a)  . 

jf.  17.  La  prima  ,  che  fu  trovata  nella  medefima  villa  ...fuobufto... 
Adriana,  rapprelenta  una  mezza  figura  di  quel  giovanetto  sì 
caro  ad  Adriano  .  Non  è  quella  che  un  pezzo  d’un’opera  gran¬ 
de  .  Ella  è  fcavata  di  dietro  per  alleggerirne  il  pefo  del  mar¬ 
mo  ,  e  pare  che  fia  Hata  porta  fu  di  un  cocchio  .  La  delira, 
ch’è  libera  ,  fembra  diffatti  in  atteggiamento  di  chi  tiene  le 
redini,  l’eftremità  delle  quali  forfè  tenea  la  finirtra  ,  a  cui 
è  Hata  data  una  corona  di  fiori  nel  reltaurarla  (c)  .  L’artifta 
verofimilmente  volle  in  quello  lavoro  rapprefentare  la  con- 
fecrazione  ,  o  l’apoteofi  d’Antinoo  ,  poiché  appunto  fu  un 
cocchio  folea  collocarli  l’effigie  di  coloro  cui  l’adulazione 
Tom.  IL  C  c  c  divi¬ 


ene  di  una  copia  .  L'altro  Centauro  del  Mu-  ha  voluto  aggiugnere  qui  un  periodo  prefo 
Leo  Pio-Clementino  in  marmo  bianco  dato  dalla  prima  edizione  ,  in  cui  Winkclmann 
net  Tomo  I.  della  defcrizione  di  elio  Mufeo  dice  ,  che  quelli  due  Centauri  del  Campido- 
Tav.  f7.  potrà  effer  la  copia  del  più  giova-  glio  fono  di  marmo  bigio  ,  come  lo  fono  ve? 
ne  dei  detti  due  capitolini .  ramente  ;  ma  non  ha  badato  ,  che  così  met¬ 

ta)  In  una  pittura  dcfcritta  da  Filoftrato  teva  l’Autore  in  contradizione  per  ciò  che  ne 
Icori,  lib.  z.  cap.  z.  pag.  8 i  Chirone  porta-  ha  detto  in  quella  feconda  edizione  fopra 
va  Achille  piccolo  fui  dorfo  ,  per  infegnargli  alla  pag.  i  j. 
a  cavalcare  .  Achille  rideva  per  allegrezza  ,  e  (a)  num.  180.  179. 

Chirone  lo  guardava  anch’egli  ridendo  .  Po-  (c)  La  figura  ,  come  era  prima  che  folle 

trebbe  avere  qualche  fomiglianza  con  quella  rellaurata  ,  noi  la  diamo  qui  annoila  ,  ed  c 
pittura  il  Centauro  nominato  del  Mufeo  Pio-  prefa  dalla  Raccolta  d’Antichità  del  Borio»! 
dementino  .  illuftrata  da  Venuti ,  Tab.  9. 

(b)  Il  fignor  Huber  nella  faa  traduzione 


LIB.XII. 
CAP.  I. 

.  fua  teda  . 


38 6  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

=  divinizzava  ,  per  indicare  il  loro  follevamento  e  palleggio 
allo  flato  di  divinità  (a)  . 

jf.  18.  La  teda  cololìale  di  Mondragone  è  sì  intera  che 
fembra  ora  ufcita  dalle  mani  dello  fcultore  ,  e  sì  bella  che 
io  non  credo  di  troppo  dire  ,  fe  la  chiamo  ,  dopo  l’Apollo 
di  Belvedere  e’1  Laocoonte  ,  il  più  bel  monumento  dell’ar¬ 
te  che  liaci  rimafto  .  Se  folle  permeilo  averne  copia  in  gef- 
fo  ,  dovrebbe  l’artilla  lludiarlo  come  uno  de’  più  fublimi  mo¬ 
delli  di  beltà  ;  poiché  le  forme  colorali  ,  richiedendo  un 
grande  artefice  ,  il  quale  fappia  per  dir  così  oltrepalTare  i 
limiti  della  natura  ,  ci  danno  una  prova  dell’abilità  del  dife- 
gnatore  ,  fenza  tuttavia  perdere  ne’  grandi  contorni  la  mor¬ 
bidezza  e’1  dolce  palleggio  da  una  all’altra  forma  .  Oltre  la 
bellezza  delle  fembianze  i  capelli  fono  in  tal  maniera  lavo¬ 
rati  ,  che  nulla  v’è  di  limile  in  tutti  gli  avanzi  dell’antichi¬ 
tà  .  Ho  parlato  altrove  degli  occhi  incalvativi  (b)  . 

jf.  19.  Cinte  fono  amendue  le  tefle  con  una  corona  di 
loto  ,  la  quale  era  sì  propria  d’Antinoo  che  in  AlelTandria 
chiamava!!  Antinoja  ( a ) .  Nella  mezza  figura  la  corona  è  for¬ 
mata  di  foli  fiori  di  quella  pianta  infieme  intrecciati  ;  ma 
nella  tefla  colorale ,  i  capelli  della  quale  fono  legati  con  un 
naftro  ,  gira  intorno  tortuofamente  un  ramo  del  loto  mede- 
limo  ,  i  cui  fiori  pera  non  erano  dello  IfelTo  marmo  ,  ma 
d'altra  materia,  come  s’argomenta  dai  buchi  fatti  ai  due  la¬ 
ti  dello  llelo  .  Sull’alto  della  tella  v’è  un  vuoto  quadrato  lar¬ 
go  tre  dita  ,  e  in  elio  era  probabilmente  conficcato  il  mag¬ 
gior  fiore  del  loto  . 

jf.  20.  Ab- 

(a)  Oppure  fi  rapprefentavano  fu  un’aqui-  Daniele  Schoepflino  Comment.  hi  fior.  &  cric. 
la,  come  è  rappreientato  Tito  fui  fuo  arco  Commentario  hijiorica  de  apotneofi  Imper. 
in  Campo  Vaccino  ,  dato  in  rame  dal  Bartoli  Roman,  cap.4.  pag.  84.  Tab.  1.  2.  Le  ìmpe- 
Admìr.  Antiq.  Rom.  Tab.  p.  ;  o  fu  un  cavallo  ratrici  nelle  medaglie  fono  portate  fu  un  pa- 
alato  ,  come  colla  dalle  medaglie  ,  e  dai  baf-  vone  . 

firilievi  ,  ed  altri  antichi  monumenti ,  alcuni  (b)  Lib.  VII.  Cap.  il.  §.  1  p.  pag.  40. 
de’ quali  poflono  vederfi  riportati  da  Giovanni  (a)  Ath.  Deipn.  lib.ij •  c.  6 ■  pag.  667.  V. 


dai  tempi  d  Adriano  ec.  387 

jf.  20.  Abbiam  in  oltre  d’Antinoo  una  bellifllma  fiatua ,  =*—-•— » 
coronata  d’ellera ,  come  Bacco,  la  quale  è  Hata  trovata  fui  ^pXl.‘ 
monte  Celio  in  Roma  nello  (cavare  le  fondamenta  della  villa... ea|trefuC 
Cafali ,  ov’effa  fi  conferva.  Un’altra  fiatua  ,  a  cui  fu  impo-h8Ulc‘ 
fta  una  tefta  d’Antinoo  ,  è  fiata  da  qualche  tempo  trafpor- 
tata  a  Potzdam  .  1  ritratti  di  quello  famofo  Bitinìefe  fono  più 
numero!!  di  quelli  di  qualunque  altro  (oggetto  .  Fra  i  bulli 
il  più  bello  che  io  abbia  veduto  ,  conferva!!  nello  fcelto  mu- 
feo  di  cafa  Bevilacqua  in  Verona  (a)  ;  ed  è  gran  danno  che 
gli  manchi  la  (palla  finifira  .  Una  fua  bellifiima  tefia  india  in 
una  gemma  ,  che  flava  nel  mufeo  de’  fratelli  Zanetti  a  Ve¬ 
nezia  ,  fu  comprata  dal  duca  di  Malborough  . 

rf.  2i.  Il  più  bel  monumento  dell’arte  (otto  Adriano  fa-  Prete fo A«ti- 

,  .  r  no°  di  Bee¬ 

rebbe  il  così  detto  Antinoo  di  belvedere  (a)  ,  le  veramente  dere . 

tale  fiatua  folle  (effìgie  di  quel  giovanetto  ;  ma  ella  rappre- 
fenta  piuttofto  Meleagro  .  Vien  a  ragione  annoverata  fra  le 
fiatue  di  prima  dalle  ,  non  già  perchè  perfetto  liane  il  com- 
plelìo  della  figura  ,  ma  per  eflerne  belle  molte  parti  fepara- 
tamente  prefe  .  La  tefta  è  indubitatamente  una  delle  più  bel¬ 
le  telle  giovanili  dell’antichità  .  Regna  nel  volto  dell’Apollo 
un’altera  maellà  ,  ma  qui  le  grazie  d’una  ridente  giovinez¬ 
za,  e  le  beltà  degli  anni  floridi  accoppiate  Hanno  ad  un’ 
amabile  innocenza  e  ad  uno  (guardo  dolce  ,  fenza  moftrare 
alcuno  di  quegli  affetti  che  turbar  potrebbono  la  bell’armo¬ 
nia  delle  parti  e  la  pura  tranquillità  d’animo  ,  che  lo  (cul¬ 
tore  ha  qui  voluto  efprimere  .  Scorge!!  diffatti  in  tutta  la  fi¬ 
gura  una  tal  quiete  ,  e  quella  interna  compiacenza  di  sè  ftef- 
io  ,  che  1  uomo  gode  quando  raccoglie  i  (enfi  ,  e  da  ogni  og¬ 
getto  ellerno  li  richiama  .  L’occhio  è  dolcemente  arcuato, 
come  nella  dea  d’  amore  ,  ma  ,  fenza  mollrarne  i  defiderj  , 

C  c  c  2  non 

(a)  MafFei  Ver.  illujlr.  par.  g.  col.  216.  pag.gp.  [Fu  trovato  full’ Efquilino  vicino  a 
Tav.  1  0.  fan  Martino  ai  Monti  .  Aldroandi  Statue  , 

(a)  Eottari  Muf.  Capital.  Tom.tl.  Tav. 3 3.  pag.  cip. 


LIB.XU. 
CAP.  I. 


Effigie  J' A- 
driano  . 


3 88  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

non  efprime  che  innocenza  .  La  bocca  nel  piccolo  giro  de’ 
Tuoi  contorni  grandiofamente  difegnati  fpira  emozioni ,  ma 
fembra  che  non  le  fenta  .  Danno  un  nobile  compimento  al 
volto  le  gote  nutrite  con  una  piacevole  pienezza  ,  e’1  mento 
che  dolcemente  lì  rialza  ,  e  lì  ritonda  .  La  fronte  però  an¬ 
nunzia  qualche  cofa  di  più  che  un  giovanetto  ;  ella  ,  folle- 
vandolì  alquanto,  come  la  fronte  d’Èrcole  ,  fembra  già  pre¬ 
conizzare  l’eroe  .  Fortemente  elevato  n’è  il  petto  ,  e  d’una 
maravigliofa  bellezza  ne  fono  le  fpalle  ,  i  fianchi  ,  e  le  cofce  ; 
ma  le  gambe  non  hanno  la  bella  forma  ,  che  richiede  il  re¬ 
cante  del  corpo  :  grò  nolanamente  ne  fon  lavorati  i  piedi ,  e 
appena  indicato  n’è  l’umbilico  (a)  . 

jf.  22.  La  più  bella  tra  le  figure  del  medelìmo  Adriano 
è  una  tetta  colettale  nel  palazzo  Borghefe  .  Nel  mentovato 
rnufeo  Bevilacqua  v’è  un  fuo  bulfo  perfettamente  conferva- 
rofì  in  età  giovanile  e  con  barba  corta  ,  llraordinario  però 
perla  capigliatura  della  fronte  che  è  lifeia  ,  e  non  a  ricci, 
come  eiTer  iuole  generalmente  .  La  più  pregevole  ,  tra  le  gem¬ 
me  incife  colla  fua  effigie  ,  è  un  cammeo  ,  che  apparteneva 
dianzi  al  mufeo  Farmele  :  pafsò  quindi  nelle  mani  del  conte 
Thoms  genero  del  celebre  Boerhaave  (b)  ,  ed  è  ora  nel  mu¬ 
feo  del  principe  d’Oranges  (i)  . 

jf.  23.  Sot- 


(a)  Si  veda  qui  avanti  pag.  141.  not.  a.  Tra 
le  {fatue  d'Antinoo  dovea  ricordarli  quella 
bellidìma  del  mufeo  Capitolino  ,  ove  è  rap- 
prefenrato  giovanetto  .  Se  ne  veda  la  figura 
predo  Bottari  Muf.  Capic.  Tom. ni.  Tav.  p6. 

Cb)  Vedi  la  nota  1.  alla  prefazione  degli 
Editori  Viennefi  Tom.  I.  pag.  xl. 

(1)  Tra  gli  Antichi  del  fignor  D.  Carlo  de’ 
Hnarchefi  Trivulfi  in  Milano  ferbafi  un  fram¬ 
mento  d’un  cammeo  della  madìma  grandez¬ 
za  in  onice  a  due  colori  ,  e  di  un  lavoro  al¬ 
iai  pregevole  .  L’erudito  podedore  appoggia¬ 
to  ad  alcune  non  leggiere  conghietcure  ,  cre¬ 
de  rapprefèntarfi  ivi  l’imperatore  Adriano 
fa-rificante  al  un’ara  ,  fulla  cui  hafe  eranvi 
tre  figure  in  rilievo  ,  delle  quali  però  una 
fola  vi  è  rimaaa  intatta  .  Di  contro  al  me  fdì- 
mo  vedeli  figurata  l'Africa  co’  fuoi  attributi . 


Avanti  di  terminar  l’epoca  degli  antichi 
a  rei  Ili  più  celebri  fi  dee  far  un  cenno  alme¬ 
no  di  Sclone  incilor  di  gemme  aitai  eccellen¬ 
te  .  Non  incontrandoli  fatta  menzione  di 
Ini  predo  i  più  vetulfi  fcrittori  ,  nemmeno 
predo  Plinio  che  in  un  capo  della  fua  Iforia 
T1b.g7.cap.  r.  ha  prclo  a  trattare  efpreda- 
mente  di  quelli  che  fegnalaronfi  in  tal  ma¬ 
niera  di  lavoro  ;  inferir  fi  può  con  qualche 
probabilità  che  abbia  egli  vilTuto  più  tardi  di 
lui ,  e  avanti  il  maggior  decadimento  dell'ar¬ 
te  Cotto  i  fucceffori  di  Adriano  .  Le  opere_  a 
noi  note  di  quello  arrida  fono  una  Medufa  , 
un  Diomede  ,  un  Cupido ,  un  pretefo  Me¬ 
cenate  ,  Stofch  Pìerr.  grav.  pi.  6 1  -  6+.  ,  una 
teda  d’Èrcole  Dcfcr.  des  pierr.  grav.  du  Cabìru 
de  Stofch  ,  cl.  2.  feti.  16.  n.  1991.  pag.  270., 
una  Baccante ,  e  una  Vittoria  in  corniola , 


dai  tempi  iì  Adriano  e  c.  389 

jf.  23.  Sotto  Adriano  cominciarono  i  gran  medaglioni  =■ 
imperiali  in  bronzo  ;  ed  uno  belliflìm'o  di  quello  imperato-  LlL 
re  (r) ,  che  vede!!  ora  nel  mufeo  di  Vienna  (a)  ,  elfendo  in¬ 
teramente  vuoto  ,  fervi  lungo  tempo  per  fonaglio  al  collo 
del  mulo  d’un  contadino  ne’  contorni  di  Roma  (b)  . 


lebben  guada  ,  pollcduta  già  dal  nodro  Au¬ 
tore  .  Alonum.  antichi  ined.  Voi.  I.  pag.  XI. 
[Meritano  d’ellere  almeno  qui  ricordate  le 
olle  grandi  gemme  illoriate  ,  una  del  mufeo 
reale  di  Parigi  data  dal  Trillali  ,  di  cui  fi 
è  parlato  nel  Tomo  I.  pag.  xxxj.  ,  dal  Le 
Roy ,  con  una  difTcrtazione  inferita  nel  fup- 
plemento  di  Poleno  alle  Antichità  Romane  di 
Grevio  ,  Tomo  il.  ,  e  dal  Montfaucon  Anciq. 
expl.  Tom.  V.  par.  i .  pi.  i  qy.  ;  e  l'altra  del 
mufeo  reale  di  Vienna  data  dallo  dello  Mout- 
faucon  pi.  1  q$.  ,  e  dal  Maffei  Muf.  Veron. 
pag.  CCXLV.  Qualunque  ne  polla  edere  il 
foggetco  danti  le  varie  opinioni  di  quelli , 
e  di  altri  ferittori ,  è  certo  che  appartengono 
ai  tempi  degl’  imperatori  ,  e  ad  ellì  ,  o  loro 
famiglie  ;  c  dalla  bellezza  del  lavoro  pare  che 
non  debbano  crederli  fatte  dopo  i  tempi  di 
Adriano  . 


(t)  O  come  altri  vogliono  di  Comodo  . 

(a1  Winkelmann  nella  prima  edizione  ag- 
giqgneva  qui  ,  che  fono  tutti  falli  i  gran  me¬ 
daglioni  di  quedo  mufeo  .  Il  fignor  Hubcr 
nella  fua  traduzione  non  ha  omeflo  un  tal 
giudizio  ,  forfè  perchè  nella  feconda  edizio¬ 
ne  tedefea  fatta  in  Vienna  farà  dato  t^ala- 
feiato  da  quegli  editori ,  che  non  lo  avran¬ 
no  creduto  giudo  . 

(b'  Di  quelli  medaglioni  incavati  a  modo 
di  fcatolino  ,  o  di  vafetto  ,  due  ne  riporta  il 
Buonarruoti  Ofserv.  iftor.  ec.  Tav.36.  n.4.p.y 
uno  di  Comodo  ,  l'altro  di  Giulia  Augufta 
moglie  di  Settimio  Severo  ;  e  nella  fpiega- 
zionc  ,  pag.  41 4.  ,  uno  ue  nomina  di  Nero¬ 
ne  ,  e  un  altro  d'Eliogabalo  .  Crede  che  ab¬ 
biano  potuto  fervile  principalmente  per  va- 
letti  d'odori  . 


Ca 


390 


Storia  delle  Arti  del  Disegno 


LIB.  XII. 
CAP.  II. 


Sotto  gli  Ali 
ronini . 


Capo  II. 

Arti  fi otto  gli  Antonini  --  Statua  di  Teti  —  Moneta  di  Faujìina  -  Tejìe 
di  quefili  tempi  -  Statua  di  M.  Aurelio  ...  e  d’Arifiìide  -  Colonne 
del  fepolcro  d’ Erode  Attico  -  Statue  erette  ai  Vincitori  Circenfii  — 
Sotto  Commodo  --  Decadimento  dell’arte  -  Sotto  Settimio  Severo .  .  . 
Eliogabalo  ...  e  Alefsandro  Severo  .  .  .  pretefa  fua  urna  —  Statue 
di  s.  Ippolito  ...  e  di  Puppieno  »  Tempio  di  Gallieno  —  Mafifii  di 
marmi  con  iscrizione . 


Gli  Antonini  tennero  in  molto  pregio  le  belle  arti  ,  e  fra 
eflì  principalmente  M.  Aurelio  ,  che  fapea  ben  difegnare,  ed 
era  flato  ìdruito  da  Diocnete  favio  pittore  ( a )  ,  cui  pur  avu¬ 
to  aveva  a  maeflro  nello  fludio  della  filofofia  (a)  .  Ciò  non 
oflante  cominciarono  allora  a  fard  più  rari  i  buoni  artifti  , 
e  mancò  la  dima  generale  che  dianzi  facead  di  loro  .  Era 
ciò  una  confeguenza  della  maniera  di  penfar  di  que’  tempi  . 
1  foddi  allora  innalzati  erand  duo  al  trono  ,  e  per  loro  gli 
Antonini  avean  erette  delle  pubbliche  cattedre ,  pagando  la 
loro  voce  e  la  fatica  de’ loro  polmoni  ( b )  ,  anziché  l’idruzio- 
ne  data  ai  cittadini  .  Efiendo  efd  uomini  fenza  gudo  e  igno¬ 
ranti  ,  condannavano  altamente  tutto  ciò  che  non  era  erudi¬ 
zione  ,  e  agli  occhi  loro  un  valente  artida  non  era  che  un 
femplice  artigiano  .  Portavano  delle  arti  quel  giudizio  che 
Luciano  nel  dio  fogno  mette  in  bocca  all’erudizione;  co- 
dcchè  un  giovane  che  avede  foltanto  dedderato  effer  un  Fi- 
dia  ,  loro  larebbe  paiuto  un’anima  vile:  onde  fa  maraviglia 

come 

(a)  Capitol.  in  M.  Aure!,  cap.  4.  Tom.  T.  veda  Gatakero  al  luogd  citato  di  M.  Aurelio  , 
pag.  306.  c  Salmafio  al  luogo  citato  di  Capitolino  ,  il 

(a)  M.  Aurelio  fielTo  De  reb.  fuis  .  §.  6.  quale  gli  dà  Apollonio  ftoico  maeftro  in  ve- 
dice  ,  che  un  Diognete  fia  flato  Tuo  maeftro  ce  di  Diognete  . 

di  filofofia  ;  ma  fi  difputa  dagli  eruditi  fé  fia  (£'  u fov»*  •  V.  Galen.  De  pu/J.  dijf. 
il  mcdefimo  che  il  pittore  ,  o  un  altro  .  Si  fub  init. 


LIB. XII. 
CAP.  II. 


dai  tempi  d’ Adriano  ec.  391 

come  ad  Arriano  ,  delittore  di  que’  tempi ,  tanto  dolefle  di 
non  aver  veduto  il  Giove  Olimpico  di  quel  celebre  [culto¬ 
re  (a)  . 

jf.  1.  Al  tempo  degli  Antonini  avvenne  all’  arte  come 
all’  ammalato  che  prende  un  apparente  miglioramento  poco 
prima  di  morire,  o  ad  una  lucerna  che,  fui  punto  di  fpe- 
gnerfi  per  mancanza  di  nutrimento  ,  brilla  d’ una  viva  luce 
per  un  idante  e  s’edingue  .  Yiveano  ancora  gli  arridi  che  for¬ 
mati  s’erano  [otto  Adriano  ;  e  ’l  buon  difcernimento  di  que’ 
principi  e  della  loro  corte  ,  unito  alle  grandiofe  opere  che 
immaginarono  ed  efeguirono  ,  diede  ai  maeltri  dell’arte  fre¬ 
quenti  occafioni  di  modrare  i  loro  talenti  .  Antonino  Pio 
edificò  predo  l’antica  Lanuvio  ,  detta  ora  Lavinia  ,  una  villa 
le  cui  mine  ne  attediano  ancora  la  grandezza  e  la  magnifi¬ 
cenza  (a)  .  Con  quanto  Judo  quella  lode  ornata  fi  può  ar¬ 
gomentare  da  una  chiave  d’argento  ,  per  cui  l’acqua  p  affava 
nel  bagno,  del  pefo  di  trenta  o  quaranta  libbre,  [cavata  in 
quel  luogo  colf  incifavi  epigrafe  FAVST1NAE  NOSTRAE  . 

Anche  i  bagni  di  Claudio  Etrufco  ricevevano  l’acqua  per 
mezzo  d’un  tubo  d’argento  (b)  . 

jf.  2.  Fra  le  mine  di  quella  villa  il  fignor  Cardinal  Alef-  StatuadiTe- 
fandro  Albani  ha  trovata  nel  17 14.  una  bella  datua  diTeti,'1’ 
ma  fenza  teda  ,  nuda  fino  alle  cofce  ,  colla  finidra  appog¬ 
giata  fu  un  timone  fodenuto  da  un  tritone  .  S’  è  confervato 
anche  un  pezzo  della  bafe  di  queda  datua  ,  e  fu  di  edo  vi 
fono  tre  coltelli  odian  pugnali  in  rilievo  ,  che  finora  fono 
dati  prefi  per  tre  di  quelle  punte  che  foleano  metterli  fulle 
cime  delle  prore  ,  e  dai  colpi  che  faceano  ne’  combattimen¬ 
ti  navali  dette  furono  t[x/2oXo(  da’  Greci  ,  e  rojìra  dai  Roma¬ 


ni  . 


(4)  Epici,  lib.i.  cap.  6.  [  Ho  riportato  qui  fra  i  quali  fono  i  cani  nominati  nel  Tomo  I, 
avanti  pag.  ipo.  col.  t.  il  giufto  fenfo  ,  in  pag.  po',  n.  b. 

cui  parla  Arriano  .  .  (A)  Fabric.  Defcr.  urbis  Rom&  ,  cap.  1 8-. 

(a)  Negli  fcavi  fattivi  in  quelli  ultimi  tem-  [  Stazio  Sylv ■  lib.  i.cap.  p.  verf.  48. 
pi  vi  fono  fiati  {coperti  molti  monumenti , 


Ll£. XII. 
CAP.  II. 


392  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

ni .  Simili  pugnali  veggonfi  preflo  la  poppa  ,  ove  comincia 
ad  incurvarli  ,  nella  bireme  della  villa  Barberini  a  Palellrina 
da  me  pubblicata  (a)  .  Potrebbe  quella  ftatua  rapprefenta. 
re  una  Venere  col  fovranome  di  ethvào/a  (  di  felice  naviga¬ 
zione  )  ,  qual  venerava!!  nell’ifola  di  Gnido  (/>)  ;  ma  è  più 
probabile  che  Ha  il  fimulacro  di  Teti  .  Tenendo  quella  una 
gamba  alzata  ,  e  vedendoli  nella  llelTa  politura  filila  poppa 
d’una  nave  una  piccola  figura  d’illde  nella  villa  Lodovill  (a)  , 
ho  argomentato  che  Teti  folle  ivi  fiata  rapprefentata  nel  mo¬ 
dellino  atteggiamento  ;  e  fu  quella  congettura  s’è  terminata 
la  bafe  della  flatua  fui  modello  della  bireme  di  Palellrina  . 
Tal  bafe  era  altresì  allegorica  ,  come  quella  della  llatua  di 
Protelllao  che  avea  la  figura  d’una  prora  di  nave  (c)  ,  per 
indicare  che  quello  re  di  Ftia  in  Tellalia  era  flato  il  primo 
a  faltare  dalla  nave  fui  lido  trojano  ,  ove  fu  uccifo  da  Et¬ 
tore  (b)  . 

$•  3 •  Quella  Teti,  ch’è  una  delle  più  beile  figure  dell’ 
antichità,  effer  deve  de’ tempi  migliori  per  l’arte,  che  noi 
furono  quei  degli  Antonini  .  In  neiìuna  flatua  muliebre  ,  ec¬ 
cettuandone  appena  la  celebre  Venere  de’  Medici ,  moflrafi 
come  qui  il  bel  fiore  d’una  giovinezza  giunta  ai  primi  con¬ 
fini  dell’età  perfetta ,  che  manifeflafi  nel  molle  rialzamento 
del  feno  verginale  ,  e  nella  figura  tutta  nobile  e  fvelta  .  Su 
quello  corpo  degno  della  dea  della  gioventù  Pimmaginazione 
vi  fcorge  una  tella  limile  a  un  botton  di  rofa  eh’  efee  fuor 
dalla  buccia  ,  e  fembra  di  veder  Teti  che  efee  dal  mare  in 
tutta  la  fu  a  venuflà  ,  come  belliluma  fanciulla  che  ancor  più 
bella  appare  al  primo  Porgere  dal  letto  .  I  conofcitori  della 
lublime  bellezza  greca  ,  per  reftanrare  quella  parte  che  man¬ 
ca 

(u)  Monum.  ant.  num.  207.  [Nella  (pie-  (£)  Pauf.  lib.  r .  cap.  1 .  pag.  4.  Un.  21. 
gazioiie  di  quella  Tavola pag.  27  ?.,  l’Autore  (a)  Vedi  Tomo  1.  pag.  9 7. 

in  vece  di  pugnali ,  fcrive  lance  ,  e  per  tali  (c)  Pliiloftr.  Herqìc.  cap.  2.  n.  1.  pag.  673. 
le  (piega,  quali  fono  veramente  fui  balfori-  princ. 

“evo  .  (b)  Vedi  qui  avanti  pur.  zzo.  §.  7. 


dai  tempi  d’ Adriano  ec.  •  393 

c a  alla  flatua  ,  combineranno  infieme  i  più  bei  tratti  delle  ===== 
figlie  di  Niobe  ,  e  le  daranno  Io  fguardo  lufinghiero  e  vi-  LIB,xir- 
vace  della  Venere  Borghefe  ,  tale  però  che  non  difconvenga  CAP'11’ 
all’  innocenza  ;  nè  le  acconceranno  con  doppio  nodo  i  ca¬ 
pelli  fulla  fronte  ,  come  quella  portar  li  fuole  ;  ma  in  cima 
alla  teda  glieli  raccoglieranno  unendoli  fopra  fenz’arte ,  quali 
ferto  di  fiori  con  bel  difordine  intrecciati  ,  quali  portatili 
le  Ninfe  nella  corfa  a  piedi ,  e  fu  cocchi  dipinti  fu  un  va- 
fo  Hamiltoniano  da  me  defcritto  (a)  .  Forfè  un  occhio  vo- 
luttuofo  avrebbe  defiderato  di  vedere  affatto  ignuda  quella 
dea  ;  ma  allora  non  vi  farebbe  quella  parte  in  cui  l’antico 
ardila  ha  più  che  altrove  dato  faggio  della  fua  abilità ,  e  del 
fuo  fapere  .  Egli  le  ha  gettato  fui  manco  braccio  un  pan¬ 
no  ,  in  cui  direbbe!!  che  le  Grazie  lavorarono  in  compagnia 
dell’arte  :  quello  le  cade  in  minute  e  molli  pieghe  ,  e  sì  tras¬ 
parenti  che  lafciano  come  travedere  tutto  ciò  che  ricopro¬ 
no  .  Veggonfi  diffatti  fotto  quello  velo  le  più  belle  co fce  mu¬ 
liebri  ,  che  liano  mai  Hate  fcolpite  in  marmo  ;  e  sì  ben  fat¬ 
te  effe  fono  che  perdonar  mi  fi  dee  ,  fe  credo  elfer  quelta 
la  medefima  llatua  fu  cui  i  poeti  propofero  come  un  mo¬ 
dello  delle  più  ben  formate  cofce  quelle  di  Teti ,  th; 

©fT//cj  ( a )  .  L’ immaginofo  fcultore  di  quella  Nereide  ci  fa 
qui  intender  più  che  Omero  flefio  ;  poiché  egli  la  fa  forger 
dalle  onde  prima  d’aver  fentito  amore  per  un  mortale  ,  e 
avanti  che  fi  defie  a  Peleo  ,  anzi  avanti  che  i  tre  numi  fif- 
faflero  lo  fguardo  fulla  fua  giovanile  bellezza  ,  e  che  il  pri¬ 
mo  naviglio  galleggiane  fu  i  flutti  egei  :  onde  la  parte  della 
nave ,  fu  cui  ella  appoggia  il  piede ,  è  un  femplice  attribu¬ 
to  per  riconofcerla  . 

jf.  4.  Farò  qui  menzione  d’una  rarilfima  moneta  d’argento 
di  Fauftina  femore  coll’epigrafe  :  PVELLAE  FAVSTINIANAE , 

Tom.  II.  D  d  d  fu 

(a)  Vedi  Tom,  l.pag.  z  fi.  zSS.  (a)  Anthol.  Uh,  7,  n.  100.  verf,  2, 


Moneta  dì 
Fauftina . 


LIB.XII. 
CAP.  II. 


394  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

fu  cui  fi  rapprefenta  quefia  imperatrice  che  porge  fufiìdio  ad 
alcune  fanciulle  ,  avendo  fatta  per  loro  una  fondazione  (a)  . 
Quefia  medaglia  trovandoli  ben  confervata  potrebbe  pagarli 
£o.  feudi  romani  .  Lo  fiefio  tratto  della  beneficenza  di  Fau- 
ftina  efprefl'o  fi  vede  fu  un  baffo-rilievo  della  villa  Albani , 
in  cui  v’è  una  figura  muliebre  accompagnata  da  un’altra  ,  fu 
una  fpecie  di  palco  alquanto  rialzato  ,  che  le  mani  ftende 
in  atto  di  compartire  non  fo  che  a  certe  fanciulle  che  fotto 
le  fianno  difpofte  in  fila.  Ad  una  limile  ifiituzione  in  favo¬ 
re  di  poveri  fanciulli  e  fanciulle  fi  riferifee  la  feguente  ifcri- 
zione  in  cui  gli  abitanti  di  Ficulnea  ,  piccolo  borgo  non  lun¬ 
gi  da  Roma ,  danno  un  attediato  della  loro  riconofcenza  all’ 
imperatore  M.  Aurelio  .  Effa  fu  feoperta  nel  1167.  nel  luogo 
fieffo  ov’era  fiata  collocata  a  principio  ,  e  vedefi  ora  nella 
villa  Albani  (a)  : 

IMP  .  CAESARI 
DIVI  .  ANTONINI  .  PII 
FILIO  .  DIVI  .  HADRIANI 
NEPOTI  .  DIVI  .  TRAIANI 
PARTHIC1  .  PRONEPOTI 
DIVI  .  NERVAE  .  ABNEPOTI 
M  .  AVRELIO  .  AVGVSTO  .  P  .  M 
TR  .  POT  .  XVI  .  COS  .  Ili  .  OPTlMO  .  ET 
INDVLGENTISS1MO  .  PRINCIPI 
PVER1  .  ET  .  PVELLAE  .  ALIMENTARI 
F1COLENSIVM 

jf.  ?.  Si 

(<z)  Spanhcim.  De  prijl.  &  ufu  numìfm.  dini  Roma  antica ,  lìb.  f.cap.  2.  princ. ,  ed 
Tom.  il.  Dìfsert ;  /  1 .  §.  1 8.  pag.  28  p.  [  So-  ora  in  Campo  Vaccino  .  Le  colonne  ,  che  ne 
no  piu  rare  e  piu  belle  quelle  limili  in  oro  .  reggono  gli  avanzi,  fono  le  più  belle,  che 
Vedi  Vaillant  Numìfm .  imp.  rom.  Tom.  il.  fi  abbiano  in  marmo  cipollino  .  L’altro  mo- 
pag.  166.168.  '  numento  è  la  colonna  di  granito  rofio  ,  che 

(a)  I  più  belli  monumenti  pubblici  di  que-  fi  vede  per  terra  dietro  alla  Curia  Innocen- 
iti  tempi  fono  il  tempio  innalzato  dal  Sena-  ziana  ,  ove  molti  anni  fono  fu  danneggiata 
to  ad  Antonino  e  Fauftina  dopo  la  loro  a-  dal  fuoco  ,  e  la  fua  bafe  in  marmo  bianco 
jpoteoli ,  nella  Via  Sacra,  come  offerva  Nar-  polla  nella  contigua  piazza  di  Monte  Cito- 


v 


LIB.  XII. 


dai  tempi  d’ Adriano  ec.  39^ 

jf.  Si  vede  che  a  que’  tempi  fi  cominciò  ad  introdur¬ 
re  il  gufilo  de’  ritratti ,  e  l’ufo  di  far  deile  tefte  in  vece  del¬ 
le  figure  ;  al  che  molto  contribuirono  i  replicati  ordini  del  TcftJdi  qJc- 
Senato  romano  ,  pe’ quali  ogni  cittadino  tener  dovea  prefio  ftitcmpi- 
di  sé  l’effigie  or  di  quello  or  di  quell’imperatore  0)  .  Alcu¬ 
ne  tede  vi  fono  di  quell’epoca  ,  che  riguardo  all’efecuzione 
pofiono  chiamarli  una  maraviglia  dell’ arte  ;  e  fommamente 
belli  fono  tre  bulli  di  Lucio  Vero  ,  e  altrettanti  di  M.  Au¬ 
relio  ,  fra  i  quali  i  più  pregevoli  fono  i  due  (  uno  per  cia- 
fcheduno  )  di  grandezza  quali  colofiale  ,  trovati  quarantan¬ 
ni  fa  fotto  ampie  tegole  ,  a  quattro  miglia  da  Roma  fulla 
llrada  di  Firenze,  nel  luogo  che  dicefi  Acqua  tr  aver  fa . 

jf.  6.  La  datua  equedre  di  M.  Aurelio  è  sì  nota  eh’ io  ^St4t“e 
reputo  fuperduo  il  parlarne  .  Ma  non  pollo  a  meno  di  no¬ 
tare  lo  Urano  ragguaglio  che  leggeli  fotto  il  difegno  dam- 
pato  d’una  figura  equedre  del  muleo  Pembrokiano  a  Wilton 
in  Inghilterra  (b)  :  „  Prima  datua  equedre  di  M.  Aurelio  ,  che 
,,  lu  cagione  che  ne  folle  ordinata  al  medefimo  artida  un’al- 
»  tra  più  grande,  in  cui  però  il  cavallo  è  differente  dal  no- 
,,  dro  „  .  Stravagante  del  pari  è  l’ifcrizione  poda  fotto  la 
dampa  d’  un  Erme  del  medefimo  mufeo  (c)  :  „  Uno  degli 
,,  fchiavi  che  portavano  l’architrave  della  porta  nel  palazzo 
,,  de  viceré  d’Egitto  dopo  la  conquida  fattane  da  Cambife  ,,  . 

La  datua  equedre  di  M.  Aurelio  dava  fulla  piazza  avanti  la 
chiefa  di  s. Giovanni  in  Luterano  ,  ne’ cui  dintorni  era  la  ca- 
fa  ove  egli  nacque  (*)  .  Sembra  però  che  ne’  tempi  di  mez- 

D  d  d  2  zo 

rio  ,  in  cui  è  rapprefentata  parte  in  baffo  vanni  in  Laterano  ,  quafì  come  un  obbligo 
rilievo  ,  e  parte  in  tutto  rilievo  l'apoteofi  feudale  ,  per  la  (fatua  equeffre  di  M.  Aure- 
di  Antonino  .  Si  l'una ,  che  l’altra  fu  data  in  lio  ,  riconofcendone  cosi  l'antico  diritto .  Fin 
rame  ,  e  illuftrata  dal  Vignoli  fui  principio  dal  tempo  in  cui  quella  (fatua  fu  portata  in 
di  quello  fecolo  ,  quando  fu  difotterrata .  Campidoglio  fi  creò  un  pubblico  impiego  , 

(a)  V.  Cafaub.  in  Spari.  Pefcenn.  p.  j  24.  che  dà  dieci  feudi  al  mefe  ,  e  quegli  che  l'oc- 
(i)  Tab.  IX.  cupa  fi  dice  il  Cuftode  del  Cavallo  .  V’è  anche 

(c)  Tab.  XX.  un  altro  impiego  ,  che  dicefi  la  Lettura  di  Ti¬ 

fi*)  Il  Senato  a  Roma  fa  dono  ogni  anno  to  Livio  ,  e  frutta  ;oo.  feudi  annui  alfegnati 
d'un  mazzo  di  fiori  al  Capitolo  di  fan  Gio-  fuU’appalto  del  falc  .  Simili  impieghi  non 


LIB. XII. 
CAP.  II. 


...  e  d’Arifti- 
de  . 


396  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

zo  ia  figura  dell’imperatore  fofie  ancor  fotterra  ;  poiché  nel¬ 
la  vita  del  famofo  Cola  di  Rienzo  parlali  {blamente  di  que¬ 
llo  ,  che  dicefi  il  cavallo  di  Coftantino  .  In  occafione  di  gran 
felle,  mentre  i  Papi  faceano  la  loro  refidenza  in  Avignone, 
la  fella  del  cavallo  gettava  pel  popolo  vino  dalla  narice  de¬ 
lira ,  ed  acqua  dalla  finillra  (a)  ;  poiché  allora  in  Roma,  ef- 
fendo  guaiti  tutti  gli  acquedotti  ,  non  aveafi  altr’ acqua  che 
quella  del  Tevere  ;  e  quella  vendeafi  a  contanti  ne’ luoghi  di- 
Hanti  dal  fiume  ,  come  fi  fa  oggidì  a  Parigi . 

jf.  7.  La  Itatua  del  retore  Arillide  polla  nella  biblioteca 
Vaticana  non  è  delle  più  mediocri  figure  panneggiate  feden¬ 
ti  .  A  quello  fomigliano  perfettamente  nella  tella  due  bulli 
affai  ben  confervati  del  ninfeo  Bevilacqua  a  Verona,  uno  de’ 
quali  ha  la  toga  ,  e  l’altro  il  paludamento  ,  il  quale  però  non 
può  convenire  a  quefl’Arillide  .  Dalla  defcrizione  d’una  Ve¬ 
nere  armata  fatta  di  commifiìone  dal  celebre  oratore  Erode 
Attico,  che  non  un’aria  molle  e  tenera  avea ,  ma  fembian- 
ze  virili  e  gioviali  ,  come  dopo  una  riportata  vittoria  (a)  , 
polliamo  conchiudere  che  non  fi  folfe  allora  interamente  per¬ 
duta  prelfo  gli  ardili  l’idea  del  bello  e  dello  llile  antico  . 
V’erano  allora  altresì  degl’intendenti  che  conofceano  quella 
nobile  femplicità  di  llile ,  che  è  il  più  bel  pregio  dell’  elo¬ 
quenza  ;  e  Plinio  il  giovane  attelta ,  che  nel  famofo  fuo  pa¬ 
negirico  a  Trajano  que’  pezzi  piacquero  maggiormente  agli 
uditori  ,  ne’  quali  egli  erafi  meno  affaticato  ;  dal  che  egli  ar¬ 
gomentava  che  riviver  dovelfe  il  buon  gallo  (b)  .  Nulladi- 
meno  nel  fuo  panegirico  usò  egli  llelfo  uno  llile  affettato  , 
che  fol  piace  perchè  efpone  il  vero  ,  e  loda  un  principe  che 
ben  degno  fu  de’  fuoi  encomj  . 

Jf.  8-  II 

portano  veruna  fatica  .  Il  Papa  fuole  darli  (a)  Vedi  la  noftra  Diflertazione  nel  To- 
a  due  delle  più  antiche  e  nobili  famiglie  di  mo  ni. 

Roma  ;  e  il  fecondo  lo  gode  la  cafa  Conti.  (a)  Phot.  Biblìoth.  cod.  CCXLIl.  p.i  04-6° 

[  L  altro  fu  unito  da  Clemente  XII.  al  fecon-  <J>)  lib.  3.  epiji.  1  8. 

do  euitode  del  mufeo  Capitolino  . 


LIB.  XII. 


dai  tempi  d’ Adriano  ec.  397 

jj\  8.  II  mentovato  Erode  Attico  fece  ergere  delle  rtatue 
ad  alcuni  fuoi  più  cari  liberti  (a)  ,  ma  dei  molti  monumen¬ 
ti  ,  ch’egli  fece  ergere  in  Roma  ,  in  Atene  ,  e  altrove  ,  più 
non  abbiamo  che  due  colonne  del  fuo  fepolcro  d’un  mar¬ 
mo  detto  cipollino  ,  di  tre  palmi  di  diametro  :  effe  fon  note 
per  rapportavi  ifcrizione  che  fpiegata  fu  dal  Salmafio  ;  e  gio¬ 
va  dire  che  fognarte  uno  fcrittor  francefe  ,  quando  immagi¬ 
nò  che  quella  ifcrizione  forte  in  lettere  latine  ,  e  non  in  gre¬ 
che  (£)  .  Le  colonne  portate  furono  a  Napoli  nel  1761.  ,  e 
rtanno  ora  nel  cortile  del  mufeo  Ercolanenfe  a  Portici  (a)  . 
Spon  ha  pubblicate  le  ifcrizioni  della  di  lui  celebre  villa  Trio- 
pea  ,  che  ferbanrt  ora  nella  villa  Eorghefe  (c)  . 

$•  9.  Ergeanrt  allora  eziandio  delle  rtatue  a  coloro  che 
riportavano  il  premio  alla  corfa  de’ cocchi  nel  Circo  (rt) ,  del 
che  portiamo  trarre  argomento  ,  e  formarcene  un’idea  fu  al¬ 
cuni  pezzi  di  mufaico  in  cala  Martlmi  col  nome  delle  perfo- 
ne  ivi  figurate  (1)  ,  e  più  chiaramente  ancora  fu  un  vinci¬ 
tore  in  limili  giuochi  di  grandezza  quali  naturale  ,  rappre- 
fentato  fu  una  quadriga  in  barto-rilievo  ,  che  facea  parte  di 
un’urna  fepoicrale  ovata,  e  vedefl  ora  nella  villa  Albani  (?)  . 
V’è  nella  villa  Negroni  una  ftatua  d’un  fimil  vincitore,  di 
cui  nel  rertaurarla  ne  fu  fatto  un  ortolano  ,  col  dargli  in 
mano  una  zappa  :  tale  lo  crederono  al  ritorto  coltello  ,  li¬ 
mile  al  ronchetto  de’ giardinieri  ,  che  tiene  alla  cintura,  e 
che  gli  è  comune  col  vincitore  porto  fulla  mentovata  qua- 
driga  .  Lucio  Vero  fece  altresì  collocare  nel  Circo  la  figura 

in 

(<2)  Vhi\o(ìi.  De  vit.Joph.  lìb.  2.  c.t.  0.  CO  Un  combattimento  di  gladiatori,  de’ 

,  .  quali  ognuno  è  diftinto  col  proprio  nome, 

(.0)  Renaudot  Prem.  mem.  Jur  l’orig.  des  ricavato  da  un  difegno  predo  l’ cmo  Albani 
‘*J*res  grceqttes ,  Acad.  des  Infiript.  Tom.  il.  è  (dato  pubblicato  dal  noltro  Autore  ne'  fuoi 
■Mem Monumenti  antichi  ,  n.  1 97.  e  198.  Talo- 
f A )  Ns  c  renata  la  copia  colle  ifcrizioni  pera  nondimeno  ,  per  quanto  fi  può  giudi- 
aella  Biblioteca  Vaticana  .  car  dal  difegno  ,  fu  efeguita  o  dopo  il  deca- 

ij\  Mtjcell.  ec. Jecl.  1  o.  n.  1 2.  pag.  £2 2.  dimento  dell’arte,  o  da  un  attilla  poco  e- 
(“ì  y.  Palmer.  Etere,  in  opt.fere  auftor.  fperto  . 
gr*c,  ad  Lucian.pag.  pjp,  (e)  Monum,  ant,  ined,  num,  *03. 


cap.  ir. 

Colonne  d'E- 
rode  Attico . 


Statue  eret¬ 
te  ai  vincitori 
circenlì . 


398  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

- - in  oro  d’un  fuo  cavallo  (a)  ,  chiamato  Volture  per  la  fomma 

lib.xii.  ce2erìcà.  nel  correre  (i)  . 

jf.  io.  Parlando  de’  lavori  de’ tempi  di  M.  Aurelio  mi  fov- 
viene  alla  mente  il  fuo  libro  ,  la  cui  morale  è  Tana  ;  ma  nè 
i  penfìeri  nè  io  ftile  fono  abbaftanza  degni  d’un  principe  che 
vuol  efiere  uomo  di  lettere  (b)  . 

sotto Com-  jf-  il.  Sotto  Commodo,  figliuolo  e  fucceflore  indegno 
di  M.  Aurelio  ,  finì  l’ultima  fcuola  dell’arte  ,  creata  ,  per  co¬ 
sì  dire  ,  da  Adriano  ,  e  l’arte  fteffa  perì  per  non  più  rifor- 
gere  fe  non  dopo  molti  fecoli  ,  come  un  fiume  che  fi  per¬ 
de  fotterra  e  riforge  dopo  mille  miglia  .  Fa  però  ancora  ono¬ 
re  all’arte  colui  che  ha  fcolpita  la  bella  tefta  di  quell;’  impe¬ 
ratore  in  Campidoglio  ,  rapprefentatovi  nella  fua  giovinez¬ 
za  (c) ,  e  forfè  allorché  fall  fui  trono  in  età  di  diciannov’an- 
ni  (d)  .  E’  vero  però  che  quell’ arti  Ila  non  ebbe  molti  egua¬ 
li  ,  come  argomentar  lo  polliamo  dalle  tefie  degl’imperatori 
feguenti ,  che  a  quella  non  fono  paragonabili  (e)  .  I  meda- 

glio- 


(a)  Capitolino  nella  di  lui  vita,  cap.  6. 
Tom.  I.  pag.  42  2.  fcrive  ,  che  la  portava  eoa 
sè  ;  onde  eller  doveva  non  molto  grande  . 

(lì  Da  una  difTertazione  mss.  del  eh.  P. 
M.  Capfoni  Domenicano  rileviamo  che  la  (ta¬ 
tua  porta  Culla  .piazza  del  duomo  a  Pavia  , 
di  cui  parlamnj|j3  al  Capo  il.  Lib.  VII.  p.  48. 
noe.  1.  ,  detta  volgarmente  il  Regifole  ,  e 
trasportata  probabilmente  da  Roma  a  Ra¬ 
venna  ,  e  da  Ravenna  a  Pavia  ,  rapprefenti 
L.  Vero  .  Montfaucon  Diar.  ita/,  cap.  1 0. 
pag.i4p.  prendendola  per  un  M.  Aurelio  , 
s'ingannò,  com’ erafi  già  ingannato  dando 
lo  ftelfo  nome  al  L.  Vero  della  villa  Mattci 
in  Roma  .  V.  Ficoroni  Ofserv.  &c.  pag .  gì. 
A  molte  vicende  Soggiacque  la  ftatua  ,  onde 
ha  molti  rappezzamenti  ;  Sembra  però  che 
antica  Siane  la  tefta  ,  il  bullo  ,  parte  del  pan¬ 
neggiamento  ,  la  (iniftra  ,  e  '1  cavallo  ,  cui 
gl'  intelligenti  reputano  di  lavoro  greco  .  La 
ftatua  ,  tranne  la  bardatura  del  cavallo  ,  e 
qualche  pezzo  rimelTò  ,  è  di  metallo  Sulb  ,  e 
non  barino  ,  come  altri  vollero  . 

(b)  Egli  era  addetto  alla  filoSofia  ftoica  , 
e  per  conseguenza  la  Sua  morale  ,  e  i  Suoi 
penSieri  Sono  alla  maniera  loro  per  buona 
patte  erronei  ,  e  {travasanti.  Yedaufi  Gian 


FranceSeo  Buddeo  Introdullio  ad  phi/ofophiam 
Stoicorum  ex  mente  Antonini  ,  Davide  Koe- 
lero  De  philofopkia  Antonini  ,  Hubner  Re- 
Jlexions  Jur  les  dogmes  de  M.  Aure/e  ,  Bruc¬ 
herò  Hi ftor.  crit.  phil.  Tom.  il.  per.  il.  par.  I. 
lib.  I.  cap.  il.  feti.  7.  §./ 4.  p.  S97.,  e  il  eh. 
P.  Buonafede  Della  iftoria  ,  e  della  indole  di 
ogni  filo/.  Tom. ni.  cap.4j.,  Tom.  IV.  c.  69. 

(cì  Vuol  dire  quando  cominciava  a  {pun¬ 
targli  la  barba  ,  cioè  intorno  ai  19.  anni, 
come  Si  vede  nel  marmo  ;  e  non  vi  ha  bada¬ 
to  il  eh.  TiraboSchi  ,  il  quale  nella  Storia 
della  Letterat  ital.  Tom.  il.  lib.  il.  cap.  X. 
§.  il.  nota  Su  quello  luogo  ,  che  Commodo 
non  poteva  eftere  altrimenti  che  giovane,  eS- 
Sendo  llato  ucciSo  in  età  danni  ji. 

(d)  Bottari  Al.tf.  Capit.  Tom.  il.  Tav.  /l8. 
(1)  Nel  Tratt.  preiim.  c.  IV.  p.  XCV1I1. 
in  fine  ,  aggiùgne  Winkelmann  ,  che  quello 
bullo  può  gareggiare  coi  più  bei  ritratti  che 
abbiamo  ,  eccettuato  Sempte  il  lavoro  dc‘ 
capelli  ,  il  quale  effendo  fatto  quali  co!  Solo 
trapano  ,  ed  eScguito  a  Sento  e  minutamen¬ 
te  ,  (i  diftingue  da' canelli  Scolpiti  ne’ Secoli 
anteriori  .  Non  eScIude  da  quella  oftervazio- 
ne  le  più  belle  certe  degli  Antonini  medcSmi, 
e  particolarmente  le  due  celebri  di  Lucio  Ve- 


dai  tempi  d’  Adriano  ec.  399 

glioni  in  bronzo  di  quell:’  imperatore  fono  sì  pel  difegno  che 
per  l’efecuzione  da  annoverarli  fra  i  più  bei  monumenti  del 
loro  genere  .  I  conj  d  alcuni  fono  flati  intagliati  con  tanta 
finezza  che  nella  dea  Roma  ,  fedente  fu  un  rovefcio  in  atto 
di  porgere  un  globo  a  Commodo  ,  veggonfi  ai  piedi  le  te- 
fticciuole  di  quegli  animaletti  colla  pelle  de’  quali  faceanfi 
allora  i  calzari  (a)  .  Non  fi  può  però  ben  conchiudere  da  un 
minuto  lavoro  ad  un’opera  in  grande  ;  altrimenti  molti  rove- 
fci  di  medaglie  degl’imperatori  feguenti  ,  che  non  fono  mal 
difegnati  ,  ci  farebbon  dedurre  una  falfa  confeguenza  fullo 
fiato  dell  arte  in  generale  .  Colui  che  la  fare  un  bel  model¬ 
lo  d  una  nave  la  egli  per  quello  cofiruire  un  gran  vafcello  , 
•  atto  a  refifiere  ai  venti  e  ai  fiutti  d’un  mar  tempeftofo  ?  Un 
Achille  pafiabilmente  difegnato  in  piccolo  parrebbeci  un  Ter- 
fite ,  fe  dalla  fiefia  mano  lolle  difegnato  in  grande  .  Diffatti 
è  più  facile  a  ridurre  una  figura  dal  grande  al  piccolo  che 
dal  piccolo  al  grande  ,  come  più  facil  è  il  difcendere  che  il 
falire  (a)  .  Così  Sante  Bartoli  finché  trafportò  dal  grande  al 
piccolo  i  grandi  monumenti  antichi  ,  quali  erano  i  lavori 
di  rilievo  delle  colonne  di  Trajano  e  di  M.  Aurelio  (b)  ,  eb¬ 
be  nome  di  abile  difegnatore  ;  ma  fi  dimoftrò  ben  difuguale 
a  sé  fielfo  quando  volle  difegnare  più  in  grande  gli  antichi 

balli 


UB.  XII. 
CAP.  11. 


10  ,  e  di  Marco  Aurelio  ,  di  grandezza  quali 
colollale,  elidenti  nella  villa  Borghefe  ,  nomi¬ 
nate  qui  avanti  pag.  q9p.  V  f . ,  i  capelli  delle 
quali  fon  lavorati  nella  medcfima  guifa  . 

(a)  Buonarr.  Ofserv.  iftor.  fopra  ale.  me- 
dagl.  Tav.  7.  n.  6.  pag.  1  16. 

(a)  Vedi  qui  avanti  pag.  94. 

1b)  Anche  quella  colonna  meritava  una 
didinta  menzione  ,  come  quella  di  Trajano, 
di  cui  ha  parlato  l'Autore  qui  avanti  p.37 1 .  , 
benché  fi  creda  inferiore  nella  bellezza  del 
lavoro  .  Si  vuole  eretta  dal  Senato  in  onore 
di  Marc’Aurelio  ,  ed  è  data  incifa  in  rame 
da  Sante  Bartoli  colle  illudrazioni  di  Bellori  . 

11  celebre  prodigio  della  pioggia  impetrata 
dal  cielo  all'  efercito  di  queìlo  imperatore 
nella  guerra  contro  i  Quadi  per  le  preghiere 
della  Legione  Fulminatrice  >  come  raccontano 


Tertulliano  Apolog.  c.  p. ,  Ad  Scapai,  e.  4.  y 
Eufebio  Ecc/ef.  hijt.  lib.  p .  cap.  p. ,  S.  Grego¬ 
rio  Nilfeno  De  Ss.  quadrag.  Martyr.  orat.z. 
princ.  pper.  Tom.  il.  pag.  937. ,  Sifilino  in 
M.  Ant.  pag. 27  p.  ,  ed  altri ,  intorno  a"  qual» 
può  vederli  il  Baronio  Anna/.  Tom.  il.  ann. 
176.  n.  2.  fegg.  pag.  286.  fegg.  ,  Ermanno 
Witzio  De  Legione  Fu/min.  Lnrijl.  ec. ,  quel 
miracolo  ,  dico  ,  rapprelèntato  fulla  colonna 
fecondo  l'opinione  dei  Gentili ,  come  può  ve¬ 
derli  predo  il  citato  Bartoli  Tavola  1  p.  ,  era 
rapprefentato  anche  in  una  pittura  menzio¬ 
nata  da  Temidio  Orai.  1  p.  ad  Theodof. 
pag.  1 91.  Vi  era  l’imperatore  colle  mani  al¬ 
zate  in  atto  di  pregare  ,  e  i  fuoi  foldati  chi 
in  atto  di  ricevere  l'acqua  negli  elmi  ,  e  chi 
di  bere . 


400  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

.  baffi-rilievi  pubblicati  fotto  il  titolo  di  Admiranda  Antiqui - 

lib.xii.  tatum  Romanarum  .  Vedendo  noi  de’  rovefci  delle  medaglie 
del  terzo  fecolo  coniate  in  uno  ftile  troppo  buono  per  quei 
tempi ,  dobbiamo  credere  che  lìanfì  allora  adoperati  i  conj 
antichi . 


Decadimento 
deU'artc . 


jf.  12.  La  rifoluzione  prefa  dal  Senato  romano  di  di- 
ftruggere  ogni  memoria  di  Commodo  rifguardava  principal¬ 
mente  le  fue  figure  .  Di  quello  furore  veggonfi  le  tracce 
in  molti  fuoi  bulli  e  telle  fcoperte  dal  fignor  card.  Albani 
preffio  al  mare  nello  fcavare  le  fondamenta  del  fuo  magnifi¬ 
co  palazzo  a, Nettuno  .  In  tutte  vedefi  il  vifo  guallo  a  colpi 
di  piccone  ,  onde  non  fi  riconobbero  che  per  gli  altri  attri¬ 
buti  di  quell’imperatore  ,  come  in  una  guafta  gemma  fi  diilin- 
gue  al  folo  mento  e  alla  bocca  l’immagine  (a)  d’Antinoo  (i) . 

jf.  13.  Non  è  maraviglia  che  l’arte  tendeffie  allora  così 
fenfibilmente  alla  fua  decadenza  ,  fe  fi  confideri  che  le  fcuo- 


le 


(a)  Vedi  Tom.I.  pag.  30 3.  §.  26. 

(1)  Evvi  in  Belvedere  a  Roma  ,  dice  il  lio¬ 
filo  Autore  nelle  fue  Annotazioni  ec.p.  1  z+., 
[  e  nel  Trattato  prelim.  cap.  I T.  p.  XC1X.  ] 
una  (fatua  ,  volgarmente  detta  Ercole  Com- 
modiano  ,  e  credei!  ivi  rapprefentato  l’im- 
perator  Commodo  ,  che  foleva  farli  effigiare 
vedito  colla  pelle  di  leone  ,  come  [  ci  atteffa 
Lampridio  nella  di  lui  vita  c.  9.  pag.  j.p6. ,  e] 
appare  dalle  fue  monete  .  [  Vedi  Euonarruoti 
/oc.  cit.  num.  S.  pag.  tip.  / cgg .  ]  .  Il  bambino 
che  tiene  Tulle  braccia  credei!  quel  fanciullo 
che  ferviagli  per  palfateropo  ,  e  che  fu  poi 
cagione  della  fua  morte  .  Herodian.  lib.  r. 
cap.  3  q.  Ma  ivi  fi  rapprefenta  veramente  Er¬ 
cole  ,  che  tiene  in  braccio  Ajace  figliuolo  di 
Telamone  ;  imperciocché  narrali  che  la  na- 
fcita  di  quello  fanciullo  fu  predetta  al  padre 
da  Ercole  ;  che  Ercole  gl'  impofe  tal  nome 
prima  ch’ei  nafcefle  ,  pel  buon  augurio  che 
prefe  da  un'aquila  apparfagli  nel  far  i  fuoi 
voti  per  lo  dello  fanciullo  ,  fecondo  Pindaro 
JJihm.  Od.  6.  •ver],  61.,  il  quale  fanciullo  ef- 
fendo  poi  nato  ,  fu  da  Ercole  involto  nella 
fua  pelle  del  leone  ,  ed  innalzato  cosi  verfo 
il  cielo  ,  come  per  prefentarlo  a  Giove  ,  e 
così  portato  al  di  lui  padre  ,  come  lì  ha  da 
Eiloflrato  Heroic.  cap.  1  r.  num.  1.  pag.  7 1  p. 
Tom.  il. ,  e  finalmente  da  lui  educato  .Tzetz. 
Schol.  in  Lycophr.  Akx.  v.4-61.  [  Il  fignor 


abate  Vifconti  farà  vedere  nel  Tom.  ti.  del 
Mufeo  Pio-C/ementino  ,  che  rapprefenti  piut- 
tofto  Telefo  figlio  d’Èrcole,  argomentando¬ 
lo  principalmente  da  altri  monumenti  ne* 
quali  vedefi  Ercole  col  figlio  in  braccio ,  e 
accanto  la  cerva  ,  che  lo  allattò  .  ]  In  alcuni 
modelli  in  gelfo  di  quella  (fatua  fu  omello  il 
bambino  ,  invece  di  cui  fono  (la  i  dati  ad  Er¬ 
cole  i  tre  pomi  delle  Elperidi  .  Quella  (tatua 
è  lavoro  d’uno  de'  più  abili  attilli  della  Grecia, 
e  può  annoverarli  tra  le  più  belle  di  Roma  . 
La  tetta  è  incontradabilmente  la  più  bella  te¬ 
da  d’Èrcole  che  fi  conofea  ,  e  i  capelli  fon  la¬ 
vorati  colla  maggior  finezza  e  gudo  ,  come 
nell’Apollo  .  [  Così  ,  profiegue  a  dire  l’Autore 
nelle  fue  Annotazioni  ,  è  data  creduta  fenza 
giudo  fondamento  una  datua  di  Commodo 
in  forma  di  gladiatore  ,  quella  nel  conile  del 
palazzo  Farnefe  ,  che  porta  un  giovanetto 
uccifo  Tulle  (palle  .  Non  era  dato  avvertito 
che  la  teda,  la  quale  effettivamente  rappre¬ 
fenta  quedo  imperatole  ,  era  moderna  .  Mol¬ 
to  più  li  è  approflìmato  alla  verità  colui ,  che 
dalla  femplice  figura  vedutane  in  una  raccol¬ 
ta  di  dame  aliai  male  incile  pubblicata  in 
Roma  nel  11S15.  ,  la  chiamò  un  Atreo  ucci- 
fore  del  figlio  di  Tiede  fuo  fratello  ;  della 
quale  fpiegazione  vanamente  fi  è  fpacciato 
autore  Gronovio  nelle  fue  antichità .  [  Thef, 
Antìq.  grte.  Tom.  I.  nnnn. 


dai  tempi  d’ Adriano  eg.  401 

le  fiefie  deTofilti  in  Grecia  finirono  con  Commodo  ( a )  ;  e  che 
a’  Greci  fiefil  diventava  ignota  la  propria  lingua  ,  coficchè 
pochi  fra  di  loro  gli  fcritti  degli  antichi  autori  legge!  fapea- 
no  e  intendere  .  Oppiano  il  quale  nelle  fue  poefie  avea  imi¬ 
tato  Omero  ,  prendendone  le  frali  fiefie  e  le  parole  ,  era  a 
que’  Greci  ofcuro  quanto  Omero  medefimo  (b)  .  Quindi  eb¬ 
bero  necelfità  d’un  vocabolario  della  loro  propria  lingua  ,  e 
Frinico  disfatti  infegnava  agli  Ateniefi  in  qual  maniera  avelle¬ 
rò  parlato  i  loro  antenati  ;  anzi  di  molte  parole  più  non  fa- 
peafi  la  vera  lignificazione  ,  nè  poteafene  trovare  l’etimolo¬ 
gia  fe  non  per  congetture  . 

$■  14.  L’arte  decadde  vieppiù  dopo  Commodo  ,  come 
argomentar  lo  polliamo  dalle  pubbliche  opere  fatte  ai  tem¬ 
pi  di  Settimio  Severo  ,  il  quale  luccedè  a  Commodo  dopo 
un  anno  ,  efiendo  in  quel  breve  intervallo  fiati  eletti  all’im¬ 
pero  e  medi  a  morte  Pertinace  ,  Didio  Giuliano  ,  Clodio  Al¬ 
bino  ,  e  Pefcennio  Nigro  .  Settimio  Severo  ,  che  pretendea 
d’eflere  fiato  otfèfo  dagli  Ateniefi  mentre  dalla  città  loro  paf- 
fava  per  andare  in  Siria  -,  voile  farne  vendetta  ,  e  li  privò 
di  molti  privilegi  accordati  loro  dai  fuoi  predecefiori  (c)  . 
1  balli-rilievi ,  che  fono  fui  noto  fuo  arco  (a)  ,  e  fu  un  altro 
che  gli  argentieri  aveano  fatto  ergere  in  fuo  onore  (b)  ,  fon 
si  mal  fatti  ,  che  non  fi  comprende  come  dopo  la  morte  di 
M.  Aurelio  in  dodici  anni  l'arte  Ila  cotanto  decaduta  ;  del¬ 
la  qual  ccfa  abbiamo  pure  un  argomento  nel  bafio-rilievo  del 
gladiatore  fiatone  ( d )  di  grandezza  naturale  nella  villa  Pan¬ 
fili  ,  il  quale  efiendo  fiato  con  gran  pompa  fepolto  per  or- 
Tom.  II.  E  e  e  dine 

(f)  Crefoll.  Theatr.  rhet.  lìb.  i .  cap.  4..  expl.  Tom.  IV.  par.  r.  pi.  top.  Marliaui  li> 

(b)  V.  Ber.tley  s  Dijf.upon  P baiar,  p.406.  giudica  il  più  bello  di  tutti  gli  archi . 

(c)  Spart.  i,i  Severo  .  pag.  6  p.  B.  (b)  In  Roma  accanto  a  fan  Giorgio  in  Ve- 

(a)  Dileguato  da  Pietro  Berettino  da  Cor-  labro  . 

Tona,  incito  da  Sance  Bartoli ,  e  pubblicato  ( d )  Fabretti  Sym.  de  col.Traj.  c. 3 .  p.z p ! ., 
da  monfignor  Suareho  colle  fue  illullrazioni  Montfauc.  Ani.  exvl.Tom.nl.  par. 2. pi. r pjp. 
per  le  Rampe  del  de  Rodi  in  Roma  nel  i6?«.  [  Dato  anche  nei  Monumenti  amichi  inutili  , 
Ne  da  la  figura  anche  il  Montiaueon  Antiq.  num.  ips. 


40-2  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

=====  dine  di  Caracalla  ,  verofimilmente  non  avrà  avuto  il  peegio- 
LI'BpXii'  rC  arti^a  a  ^co^Pirne  ^  ritratto  (a)  .  Filoflrato  fa  menzione 
di  certo  Aristodemo  pittore  di  quell’  età ,  e  fcolare  di  Etr- 
melo  (b)  . 

scveroC.mmi°  1  Esaminando  i  fin  qui  mentovati  lavori  appena  ere* 
derebbefi  ,  che  vi  folle  flato  a  que’  tempi  un  fonditore  ca¬ 
pace  di  gettare  la  ftatua  in  bronzo  di  Settimio  Severo  {a)  , 
che  vedefi  nel  palazzo  Barberini ,  febben  efTa  non  polla  dirli 
veramente  bella  (c)  .  La  flatus.  elìdente  nel  palazzo  Altieri, 
che  dicefi  di  Peicennio  Nigro  (b)  ,  il  quale  contro  Severo  ri- 
bellofiì  e  ne  fu  vinto  ,  farebbe  ancor  più  Sorprendente  della 
tellè  mentovata  e  di  tutte  le  monete  di  Pefcennio  ,  fe  effet¬ 
tivamente  lui  ci  rapprefentalfe  ;  ma  la  teda  s’aflomiglra  piut- 
todo  a  Severo  medefimo  .  La  fola  datua  che  abbiamo  di  Ma- 
crino  fuccedor  di  Caracalla  dava  dianzi  nella  vigna  Borioni . 
.. . Eliogaba-  jf,  16.  Tienfi  come  lavoro  de’ tempi  d’ Eliogabalo  una 
datua  muliebre  di  grandezza  naturale  nella  villa  Albani ,  che 
rapprefenta  una  donna  attempata  con  volto  mafehile  ,  cofic- 
chè  per  un  uomo  prenderebbe!]  ,  fe  il  panneggiamento  non 
ne  indi  cade  il  fedo  :  i  capelli  fono  lifeiamente  pettinati  fo- 
pra  la  teda  ,  tirati  fu  per  di  dietro  ,  e  rivoltati .  Tiene  nella 
finidra  un  volume  ,  attributo  draordinario  alle  figure  femmi¬ 
nili  ,  per  lo  che  fi  è  congetturato  che  fia  ivi  rapprefentata 
la  madre  di  qued’  imperatore ,  la  quale  adìdeva  al  configlio 

pri- 


Ca)  Di  Caracalla  oflerva  il  noflro  Autore  che  venerava  come  i  più  gran  capitani  delP 
nelle  fue  Annotazioni  fu  quello  luogo,  fe-  antichità  .  Erodiano  /oc.  cit.  Nel  Trattata 
condo  Erodiano  lib.  4..  cap.  1  3.  ,  che  ordinaf-  pre/im.  in  fine  ,  pagi  CI.  \finkelmann  loda 
fe  a  tutte  le  citta  d'alzar  delle  llatue  ad  Alcf-  le  tefle  di  lui  nel  palazzo  Farnefe  ,  nel  multo 
fàndro  il  Grande  ,  di  cui  egli  imitava  il  pie-  Capitolino ,  e  nella  viUa  Albani . 
gamento  della  tella  ,  come  li  è  veduto  qui  a-  (b)  lcon.  lib.  t.procem.  pag.  7  63. 
vanti pag.231.  n.  1.  ,  e  come  facevano  anche  (u)  Maffei  Racc.  dittatile ,  Tav.92. 

i  Satrapi  della  Perfia  al  dir  di  Temiftio  Orar.  (c)  Ci  avrebbe  forle  fatto  prendere  miglior 

23.  ad  Gratian.  pag.  173.  B.  Aggiugne  che  concetto  dell'arte  a’ luoi  tempi  la  quadriga, 
fi  vedevano  in  Roma  degli  Ermi  a  doppia  te-  e  le  llatue  di  bronzo  ,  che  (lavano  lui  citata- 
ila  ,  da  una  parte  di  Alelfandro  ,  e  dall  altra  fuo  arco  ,  fe  li  follerò  confavate, 
di  Caracalla.  Quelli  fece  innalzare  anche  del-  (i)  idem  Tav.  no . 
k  llatue,  e  de' bulli  a  Siila,  e  ad  Annibaie * 


bai  tempi  d’ Adriano  eg.  403 

privato  ,  e  in  di  cui  onore  egli  iftituì  in  Roma  un  Senato 
di  donne  (a)  .  lib.xu. 

jf.  17.  Aleffandro  Severo  luce  e  fio  re  d’Eliogabalo  raccol-  .^Aicflkndr» 
fe  da  tutte  le  parti  le  rtatue  degli  uomini  illuftri  ,  e  collocol-  5evet0  - 
le  nel  Foro  di  Trajano  (a)  .  J1  fuo  ritratto  però  in  marmo 
non  è  a  noi  pervenuto  ,  almeno  neffiuna  di  lui  effigie  tro¬ 
vali  in  Roma  (b)  (1)  . 


jf.  18.  Ve  bensì  in  Campidoglio  una  grand’urna  fui  cui  ...  prctefa  fu* 
coperchio  vedonfi  le  figure  di  due  fpolì  in  grandezza  natu-uma* 
rale  ,  e  fu  per  lungo  tempo  creduto  che  quella  conteneffie  le 
ceneii  d  Alelfandro  Severo  ,  e  di  lua  madre  Giulia  Mammea» 
che  nelle  due  figure  follerò  flati  effigiati  .  Ma  vi  fon  più  ra¬ 
gioni  di  credere  che  quell’  urna  tutt’  altre  ceneri  conteneffie 
che  le  J010  .  La  figura  virile  ,  che  ha  una  corta  barba  ,  rap- 
prefenta  un  uomo  che  oltrepaffia  i  cinquant’ anni  ,  laddove 
Aleffiandro  Severo  morì  nell’anno  fuo  trentèlimo  dopo  quin¬ 
dici  anni  d’impero  ;  e  la  figura  femminile  ,  da  cui  l’urna  pre- 
fe  erroneamente  il  nome  di  Giulia  Mammea  ,  è  l’effigie  della 
moglie  di  quell’uomo  ivi  fepoko  . 

$.  19.  Supporto  che  quella  veramente  forte  l’urna  d’Alef- 
fandro  Severo  ,  le  figure  in  rilievo  ,  che  veggonfi  fui  bellif- 
fimo  vaio  di  vetro  trovatovi  dentro  (c)  ,  fono  Hate  fpiegate 

E  e  e  2  del- 


(<j)  Lamprid.  in  lleliogab.  c.  4 .  pag.  7-97. 

(a)  Lampridio  nella  di  lui  vita,  cap.  26. 
P<ig.  gz^..  Si  veda  al  capo  feguente  $.  7. 

(b)  Un  bel  bullo  fe  ne  ha  ora  nel  Mufeo 
Pio-Clementino  ,  trovato  negli  fcavi  d’Otri- 
coli  ;  e  un  altro  maravigliofo  ,  in  veftito  vi¬ 
rile  ,  è  andato  alla  galleria  Granducale  a  Fi¬ 
renze  ,  ove  già  ne  era  un  altro  loricato. 

(t)  Un  opportuna  olTervazionc  fu  quello 
palio  ci  viene  fomminiftrata  dal  rinomato  fi- 
gnor  abate  Tirabofehi ,  la  quale  piacenti  ri¬ 
portare  cogli  Udii  Tuoi  termini  :  „  Alelfandro 
„  Severo  ,  dic'egli  Stor.  della  Leu.  ital.T.il. 
»>  lib.  il.  cap.  X.  §.  il.  ,  lèmbra  che  ufafle  di 
,,  ogni  sforzo  per  far  rifiorire  le  belle  arti , 
*>  11  che  dal  Winkelmann  non  fi  è  avvertito 
»  •  •  •  Lampridio  in  .'il ex.  cap.  17.  pag.  927. 
„  Tom.  I,  dice  che  egli  dipinge»  mirabilmen- 


,,  te,  e  che  molte  rinnovò  delle  fabbriche 
,,  de'  precedenti  Impcradori  ,  molte  nuove 
»  ne  fece  innalzare  egli  lidio  ,  e  traile  altre 
,,  le  terme  ,  a  cui  diede  il  fuo  proprio  nome  , 
„  che  molti  colofiì  fece  ergere  in  Roma  , 
,,  chiamando  perciò  da  ogni  parte  artefici  va- 
„  lorofi  ;  anzi  a  lui  attribuifee  l'invenzione 
„  di  unire  e  di  intarliate  inficine  marmi  di  di- 
„  verfi  generi ,  id.  ib.  c.  zp.  ;  nel  che  però, 
»  fe  egli  intende  che  Alelfandro  folle  J’inven- 
„  tore  de'  lavori  che  diciamo  a  mofaico ,  elfi 
,,  erano  più  antichi  di  aliai  ,  come  dall'eru- 
„  dita  Opera  del  Cardinal  AlelTandro  Furietti 
,,  fu  quello  argomento  raccogliefi  chiaramcn- 
„  te  ,, .  Noi  pure  abbiamo  ai  ciò  trattato  iu 
altra  nota  qui  avanti  pag.  87. 

(c)  Vedi  Tom.  1.  pag.  40.  Ora  è  palfato  in 
Inghilterra  piglio  il  fig.  cav.  Hamilton „ 


1*  i  iS  .  All* 

CAP.  II. 


Statua  ili  s.Ip 
polito  .  . . 


...  e  di  Pii- 
pieno . 


404  Storia  delle  Arti  pel  Disegno 

della  nafeita  d’  Alefiandro  il  Grande  ,  ivi  rapprefentata  per 
un’allufione  di  nome  con  quell’ imperatore  .  Non  mi  ferme¬ 
rò  qui  a  deferivere  ed  a  fpiegare  quel  lavoro  ,  che  è  già  Pa- 
to  pubblicato  da  Sante  Bartoli  nella.-  Pia  Opera  de’  fepolcri 
antichi ,  e  dirò  folo  in  due  parole  che  ivi  rapprefentafi  pro¬ 
babilmente  la  favola  di  Peleo  e  Teti,  la  quale  in  un  ferpen- 
te  cangi  olii  per  isfuggire  a  quello  fuo  amante  .  La  medefi- 
ma  favola  efprelTa  era  fulla  calla  di  Cipfelo  ,  ove  Teti  con 
una  mano  gettava  un  ferpente  contro  Peleo  ,  che  fi  sforzava 
di  fermarla  per  l’altra  (a)  . 

jl.  20.  De’  tempi  di  quell’imperatore  è  la  Patua  fedente 
di  s.  Ippolito  in  grandezza  naturale  nella  biblioteca  Vatica¬ 
na  (b) ,  che  fuor  di  dubbio  è  la  più  antica  figura  in  mar¬ 
mo  che  pervenutaci  fia  de’tempi  criftiani  ;  poiché  allora  i  Cri- 
Piani  cominciarono  ad  ottenere  una  maggior  confiderazio- 
ne  che  dianzi ,  e  queP’imperatore  permife  il  pubblico  efer- 
cizio  della  loro  religione  nel  luogo  ov’è  oggidì  s.  Maria  in 
TraPevere  (c)  . 

jf.  21.  Che  a  quePi  tempi  vi  folle  ancora  qualche  abile 
artiPa  fuperiore  al  fuo  fecolo  lo  dirnoPra  la  Patua  dell’im- 
perator  Pupieno  ,  che  Pava  dianzi  in  cafa  Verofpi ,  ed  è  ora 
nella  villa  Albani .  Ella  è  alta  dieci  palmi  e  intera  ,  fe  non 
che  le  manca  il  braccio  deliro  fino  al  gomito  ;  ed  ha  tut¬ 
tora  quella  fina  croPa  argillofa  ,  di  cui  fogliono  trovarli  lot- 
terra  coperti  i  lavori  antichi  .  Impugna  colla  finiPra  mano 
la  fpada  ,  e  v’  è  fcolpito  un  corno  d’abbondanza  fui  tron¬ 
co  ,  al  quale  appoggia  la  gamba  finiPra  .  Al  primo  fguardo 
tale  Patua  ci  dà  un’idea  dell’arte  che  non  s’accorda  con  que¬ 
Pi  tempi ,  poiché  ha  un’aria  di  grandiofa  rnaePà  nelle  par-  * 

ti  * 

(a)  Paul".  Uh.  /  cap.  1  8.  pag.  423.  Tom.  ri.  pag.  r  fp.  feg. 

(A)  V.  Vignoli  Di(f.  de  ann.  1.  Imp.  Alex.  ( c )  V.  Nardini  Roma  ant.  Uh.  7.  cap.  11. 
Sey.  Aug.  LjUem  pr&fcrt  Cathedra  marm.  fan-  reg.  XIV.  pag. 4.  ’y  [  Egli  prova  ,  che  da’  tem- 
Ui  Hippolyti  ,  princ.  [  Ns  da  la  figura  anche  pi  anteriori  avellerò  i  Criltiani  in  Roma  delle 
Bianchini  nell'  edizione  romana  d'Anaftafio  chiefe  pubbliche  . 


LJB  XH. 
CAP.  II. 


dai  tempi  d'  Apuano  ec.  40? 

ti ,  nelle  quali  però  non  fi  (copre  quell’  abilità  che  è  pro¬ 
pria  degli  antichi  maeftri  .  Vi  fono  ,  a  così  dire  ,  i  colori  prin¬ 
cipali  ,  ma  vi  mancano  le  mezze  tinte  ,  perlochè  la  figura 
acquifia  un  non  fo  che  di  pelante  .  Errano  per  tanto  colo¬ 
ro  i  quali  penfano  che  allora  non  vi  folle  più  (cultura  in 
Roma  (a)  .  V’era  altre  volte  nel  palazzo  Farnefe  la  baie  di 
una  (fatua  dell’  imperator  Gordiano  (b)  ,  che  or  più  non  fi 
trova  . 

jf.  2 2.  La  vera  epoca  della  totale  decadenza  dell’arte  dee  TcmP' diGal* 

fiffarfi  avanti  Colfantino  in  tempo  de’  torbidi  eccitati  dai  tren¬ 
ta  tiranni  ,  che  fiotto  Gallieno  fiollevaronfi  ,  cioè  dopo  la  me¬ 
tà  del  terzo  fiecolo  dell’era  crilfiana  .  Gli  eruditi  conoficitori 
delle  antiche  medaglie  già  olìervarono  che  dopo  Gallieno  in 
Grecia  più  non  coniaronfi  monete  d’argento  (a)  ,  e  che  quan¬ 
to  più  cattivo  è  il  conio  e  vile  il  metallo  ufiato  in  quefili  tem¬ 
pi  ,  tanto  più  frequente  incontrali  (u  di  effe  improntata  la  dea 
Moneta  ,  come  l’onore  fic-ntefi  ad  ogni  parola  uficir  di  boc¬ 
ca  a  coloro  nel  cui  cuore  quefta  virtù  è  molto  problemati¬ 
ca  .  La  telfia  di  Gallieno  in  bronzo  ,  coronata  d’alloro  nella 
villa  Mattei  ,  è  pregevole  per  la  fiua  rarità  (3)  . 

jf.  23.  D’una  (fatua  di  Calpurnia  ,  moglie  di  Tito  ,  uno- 
dei  mentovati  trenta  tiranni  ,  trovali  fatta  menzione  predo 
Tiebeilio  Pollione  (c)  ,  il  quale  così  di  lei  fcrive  :  cujns  Jìci - 
tnam  in  tempio  Veneris  adhuc  •videmus  argolicam  ,  fed  duratemi. 

1  commentatori  {d)  hanno  (fidato  inutilmente  a  (piegare  la  vo¬ 
ce  ar gotica  ni ,  che  non  involge  più  nefìfina  difficoltà ,  e  nul¬ 
la  contiene  d’importante  per  l’arte ,  fie  debba  leggerli  argiU 

laceam  , 


(<0  V.  Ficoroni  Off.  fopra  il  Diar.  ital.  di 
Moncf.  pug.  1 4.. 

(h)  V.  Lipf.  Ant.  teli.  Uh.  /.  cap.  8. 

(a)  Nella  Grecia  alìatica  fé  ne  fono  co¬ 
niate  almeno  fino  a  Diocleziano  ,  e  qualche- 
dune  potfono  vederli  nelle  raccolte  di  Banda¬ 
rio  ,  di  Polleria ,  dell’  Haym  ,  di  Pembrok  , 


nel  mufeo  Pifani  ,  e  Arigoni  . 

(s)  Si  è  notato  qui  avanti  pag-4f.  not.  , 
che  è  di  Tri'ooniano  Gallo  ,  ed  è  paffuta  al 
Mufeo  Pio-Clementino  . 

(c)  Vita  Ti  ti . 

(d)  Baudelot  L’utiiiti  des  voyag.  Tom.  1, 
pag.12p.jegg. 


LIB.  xn. 

CAP  II. 
Malli  di  mar¬ 
mo  con  ifcri- 
/aionc . 


4 o-S  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

laceam  ,  com’  è  verolimile  .  Ho  pofcia  trovato  che  prima  dì 

me  avea  fatta  quella  correzione  un  erudito  tedefco  ( a )  . 

jT.  24.  Sembra  che  la  barbarie  allora  tutta  invadere  Ro¬ 
ma  in  un  iftante  ,  il  che  può  conchiuderli  dalle  molte  co¬ 
lonne  e  grandi  conche  d’aiabaftro  e  di  marmo  ,  con  grolH 
piedeflalli  e  malli  enormi  di  marmo  flraniero  colà  fcavati  ove 
era  una  volta  il  porto  ,  o  piuttoflo  la  fpiaggia  del  Tevere  a 
cui  approdavano  le  barche  ,  lotto  il  monte  Aventino  ,  e  do¬ 
ve  oggidì  ha  il  fignor  duca  Sforza  Cefarini  una  vigna  in  cui 
veggonlì  gli  avanzi  de’  magazzini  antichi  .  Quelli  falli  erano 
probabilmente  lavorati  in  ellero  paefe  ,  trafportati  a  Roma  ,  e 
ivi  venduti  per  fervirfene  in  alcune  fabbriche  ,  le  quali  forfè 
rollarono  inefeguite  per  1’  irruzione  de’  popoli  del  Nord  in 
Italia  .  Una  delle  colonne  ivi  fcavate  d’alaballro  fiorito ,  al¬ 
ta  ventiquattro  palmi  ,  la  quale  è  il  più  bello  e’1  più  gran 
mallo  di  quella  pietra  che  fi  conofca ,  vedeli  nella  villa  Al¬ 
bani  ove  pur  fono  due  gran  tazze  dello  ftelTo  alaballro  di 
dieci  palmi  di  diametro  ,  che  furono  trovate  rotte  con  pez¬ 
zi  di  più  di  dieci  altre  limili  tazze  .  Nel  mezzo  ad  una  di 
quelle  v  è  la  fella  di  Medufa  ,  e  all’altra  v’è  quella  d’un  Tri¬ 
tone  ,  o  forfè  d’  un  Fiume  ;  e  lìccome  tali  vali  non  hanno 
alcun  foro  ,  è  probabile  che  fervilTero  ,  come  oggidì  i  bei 
vali ,  per  ornamento  di  qualche  fabbrica  (a)  . 

jl.  2  J •  Che  tali  opere  non  liano  di  tempi  molto  lonta¬ 
ni  da  quelli  di  cui  parliamo  ,  argomentali  da  due  gran  malli 
di  marmo  cipollino  non  lavorato  ,  ne’  quali  vedeli  incifa  un* 
ifcrizione  ,  le  cui  lettere  hanno  una  forma  ,  ch’è  propria  di 
quella  età  .  Su  uno  v’è  il  nome  d’un  confole  ,  probabilmen¬ 
te 

(a)  Triller  Obferv.  crìt.  lib.  4.  cap.  6.  [  Ri-  mufeo  Capitolino  .  Ved.  Ficoroni  Vetera 
provato  dal  P.  l’adaudi  Alonum.  peloponn.  monum.  &c.  in  appendice  delle  Gemma  Lite- 
lom.  il.  pag.  44.  rata  ,  tic.  pag.  1  ’ } .  Il  lignor  dura  Cefarini  vi 

(.a)  Vi  fu  ritrovata  anche  la  belliflìma  co-  trovò  un  gran  pezzo  di  plafma  dilmeraldo, 
lo  una  d'alabaftro  orientale  ,  che  fi  vede  nel  col  quale  fece  tavolini  belliUimi , 


dai  tempi  d’  Adriano  ec.  407 

te  di  quello  che  avea  fatti  colà  trafportare  que’  falli  col  lo¬ 
ro  numero  : 

RVLIANO  COS 
EX  RAT 
IALINT  I  V 
LXXXI1I 

full’altro 

S VBC VRAM T  N I C  1 S 
PRCRESCPN1LL1BN. 
jf.  26.  Quelle  ifcrizioni  io  lafcio  ad  interpretare  a  chi 
h-a  di  me  più  tempo  e  abilità  .  11  confole  Rubano  è  igno¬ 
to  :  trovanlì  bensì  parecchi  confoli  della  famiglia  de’  Fabj  coi 
foprannome  Rubano  ,  ma  quelli  vilìero  ne’  tempi  della  re¬ 
pubblica  .  Le  ifcrizioni  fono  nella  villa  Albani  fiaccate  dal 
malli ,  de’  quali  ne  furon  fatte  due  colonne  trafportate  in  In¬ 
ghilterra  nel  1767.  (a)  . 

(a)  Vedi le  lettere  di  Winkelmann  nel  Tomo  ni,  qui  app  reffo ,  art,  xv,  in  fine»- 


Ca- 


LIB.X1I. 
CAP.  Ih 


40  8 


Storia  delle  Arti  del  Disegno 


LJ3.XII.  fT-i ci— t- .'J’U.  cr.-.i.--  . . 

CAP.  HI. 

C  A  P  O  III. 


Arti  f otto  Coflantino  —  Monumenti  rimaflici  —  Ofservazioni  full' ar¬ 
chitettura  —  Stato  delle  arti  in  Oriente  —  Lavori  di  que’  tempi  — 
Decadenza  dell'arte  in  Atene  ...  e  in  Roma  —  Effigie  di  Giujìi- 
niano  —  Pretefa  fiatila  di  Belifario  -  Arti  folto  Coflante  —  Urne 
fhnajìe  in  Sicilia  —  Statue  traforiate  a  Cojlantinopoli  —  Con- 
clufione . 


Atti  fotto  I  n  quale  flato  follerò  le  arti  fotto  Coflantino  il  Grande  giu- 
Coftanano.  cjjcar  jQ  p0fflarn0  dalle  di  lui  ftatue,  una  delle  quali  è  nell* 
Monnrnenti  atrio  della  chiela  di  s.  Giovanni  in  Lacerano  ,  e  due  ne  fono  in 
«mattisi.  Campidoglio,  e  da  alcuni  baflì-rilievi  dei  Tuo  arco,  fu  cui 
però  quel  che  v’  ha  di  meglio  è  flato  prefo  da  un  arco  di 
Trajano  (a)  .  Io  duro  fatica  a  credere  che  ai  tempi  di  Coflan¬ 
tino  fìa  fiata  fatta  l’antica  pittura  della  dea  Roma  che  vedefì 
nel  palazzo  Barberini  (b)  .  Trovali  però  memoria  d’  alcune 
pitture  rapprefentanti  de’  porti  e  delle  vedute  marittime  (c) , 
le  quali  da  alcune  ifcrizioni  parevan  effere  di  quelli  tempi  ( a )  ; 
ma  effe  ora  fi  fon  perdute  ,  e  folo  veder  fe  ne  poffono  i 
difegni  coloriti  nella  biblioteca  del  sig.  card.  Albani  (d)  .  Le 
pitture  di  un  antichilììmo  Virgilio  della  Vaticana  non  fon  già 
troppo  belle  per  effere  de’  tempi  di  Coflantino  ,  come  vuole 

Spen- 


(a)  Ne  dà  la  ttampa  il  Battoli  Admìr.  Ant. 
Rom.  Tab.  1 0-31. 

(b)  Vedi  qui  avanti  pag.  $4.. 

(c)  E  varie  figure  di  deità  . 

(a)  Burmann.  Syllog.  epijl.  Tom.  V.p.pzj. 
epìft.  4-S 8.  [  E  celebre  Ottavio  Falconieri  , 
che  fcrive  quelle  notizie  a  Nicolò  Heinfio  , 
dice  che  congettura  non  etter  molto  anterio¬ 
ri  ai  tempi  di  Coftantino  quelle  pitture  per 
alcune  ifcrizioni  di  quelle  fabbriche  ,  ove  ef¬ 
fe  furono  trovate  ;  ma  che  certamente  non 
potevano  edere  fiate  fatte  prima  d’Antonino 
Pio  ,  per  una  di  quelle  ifcrizioni  in  quelli 
termini  ;  BAL.  FAVST1NAE  S. 


Coi  Degli  avanzi ,  che  fi  vedeano  nei  fot- 
terranei  del  palazzo  Rofpigliofi  ,  ove  erano 
le  terme  di  Collantino  ,  e  dei  pezzi  tagliati¬ 
ne  allorché  nel  fecolo  feorfo  fu  aggiunto  un 
braccio  al  palazzo  ,  ove  ora  fi  conlervano  , 
come  narra  Ficoroni  Le  vefiigia  di  Roma  ant. 
lib.  1.  tao.  1  0.  pag.  1  z8. ,  ne  riporta  14.  Ca- 
meron  Defzription  des  baìns  des  Romains  , 
pi.  4.0 -yg. ,  e  11.  ne  ha  pubblicati  qui  in  Ro¬ 
ma  in  tanti  difegni  coloriti  ,  il  fignor  Marco 
Cailoni  nel  1780.  :  migliorati  peraltro  da  k- 
mendue  ;  non  offendo  gli  originali  nè  trop¬ 
po  belli ,  nè  troppo  coniervati . 


dai  tempi  d’ Adriano  ec.  409 

Spence  (a)  ,  il  quale  ,  ciò  fcrivendo  ,  non  le  avea  più  ben 
prefenti  alla  memoria ,  e  giudicavane  fu  i  difegni  di  Bartoli 
che  le  ha  migliorate  ;  nè  fapea  che  da  un  ragguaglio  fcrit- 
to  nel  medefimo  libro  ,  e  dell’età  medefima  di  elfo  ,  rifulta 
eflere  quel  codice  e  quelle  pitture  effettivamente  dei  tempi  di 
Coftantino  (b)  .  Un’eguale  antichità  fembra  doverli  attribuire 
a  un  figurato  codice  di  Terenzio  della  ftefta  biblioteca  (a); 
e  ’1  celebre  Peirelcio  in  una  lettera  inedita  confervata  nella 
citata  biblioteca  Albani  fa  menzione  d’un  altro  codice  Te- 
renziano  dei  tempi  di  Coftanzo  figliuolo  di  Coftantino  3  in 
cui  le  pitture  erano  fatte  fui  medefimo  ftiJe  . 

jf.  1.  Una  ben  convincente  prova  che  decaduta  folle  ai 
tempi  di  Coffantino  sì  la  fcultura  che  l’architettura  l’abbia¬ 
mo  nella  chiefa  che  dicefi  un  antico  tempio  di  Bacco  (b)  , 
preffo  quella  di  s.  Agnefe  fuor  di  Roma  ,  ma  che  veramen¬ 
te  ,  ficcome  appare  dalla  ftoria  e  dalla  ifpezion  locale  ,  è  un’ 
antica  chiefa  criftiana,  che  il  mentovato  imperatore  fece  edi¬ 
ficare  a  richieffa  di  Coftanza  fua  figliuola  ,  la  quale  ivi  era 
Tom.  IL  F  f  f  fta- 

(a)  Polymet.  Dial.  8.  pag.  iOf.  vìttime  ,  pilei  fri  gj  ,  abiti,  biremi  ,  ed  al- 

(A)  Burmann.  /.  c.  epifi.i  76.  p.i  94..  [  Bar-  tro  ,  quafi  che  Amili  cofe  non  potedero  più 
manno  a  quello  luogo  riferifce  uno  fquarcio  dipingerli  ai  tempi  di  Coftantino  ,  o  non  vi 
del  giudizio  di  Heinfio  intorno  al  celebre  co-  fodero  più  antichi  modelli  da  imitare  ;  e  che 
dice  del  Virgilio  della  biblioteca  Mediceo-  i  contorni  (ìano  più  eleganti ,  di  quello  ,  che 
Laurenziana  a  Firenze  ,  ove  ,  argomentando  poteva  farfi  allora  ;  quando  anzi  a  ben  confi- 
dalla  ifcrizione  ,  odia  dal  ragguaglio  fcritto  derarle  ,  fono  di  un  gulto  ,  e  di  una  intelli- 
in  fine  delle  Buccoliche  da  Turcio  Rufio  Apro-  genza  inferiore  anche  a  tutto  quel  fecolo  .  Il 
niano  Afterio  confole  ordinario,  il  quale  di-  giudizio  di  Schei  tirate  è  flato  ripetuto  ,  e  fe¬ 
ce  di  averlo  avuto  in  dono  da  Macario  ,  e  di  guito  da  Bottari  nella  edizione  fatta  in  Ro- 
averlo  corretto  ,  crede  che  polla  fidartene  ma  nel  1741.  di  quello  codice  di  Virgilio  ,  e 
l'antichità  circa  i  tempi  di  Coftantino  .  Parla  delle  pitture  incile  da  Sante  Bartoli  ;  e  ul- 
Heinfio  pag.  15  anche  del  codice  Vaticano  duramente  nella  prefazione  alla  raccolta  dei- 
citato  da  Winkelmann  ,  e  di  due  altri  della  le  (ledè  pitture  riprodotte  con  una  piccola 
ftelfa  biblioteca  ;  ma  non  li  crede  di  tanta  an-  fpiegazione  parimente  in  Roma  ne!  1781.  dal 
debita  ;  come  non  pofiono  crederli  ragione-  librajo  fignor  Venanzio  Monaìdini  . 
volmente  ,  quantunque  oltre  Spence  ,  del  (a)  Anzi  dal  fare  delle  pitture  fi  può  cre¬ 
ili.  fecolo  creda  il  detto  pri  o  codice  an-  dere  di  tempi  più  badi.  Le  (lede  pitture  fo¬ 
che  il  Padre  Mufanzio  Tabuli  chronolog.  ad  no  pubblicate  nell’edizione  fatta  in  Urbino 
fuc.ril.  Tab.4.0.  ,  e  Schelftrate  in  un  fuo  rag-  di  quello  poeta  l’anno  1716.  in  foglio,  con 
guaglio  manoferitto  inferito  nel  volume  oc-  qualche  differenza  nel  difegno ,  e  così  ripe- 
toboniano  to{9.  della  (leda  biblioteca  Vati-  tute  nell’edizione  fatta  in  Roma  nel  1787. 
cana  ,  alla  vag.  3$  2.  lo  giudichi  di  tempi  (b)  Così  femplicemente  lo  chiama  il  no¬ 
anteriori  a  Coftantino  ,  e  forfè  dei  tempi  di  Uro  Autore  nella  prefazione  a  queft’  opera 
Severo  ,  fu  i  debolidìmi  fondamenti  di  c(-  pag.  xxxj.  feguendo  la  volgare  denominazio- 
fervi  rapprefentati  dei  tempj  ,  de’  facrifizj ,  ne,  non  approvandola  . 


LIB.Xll. 
CAP. III. 


o 


LIB.XII. 
CAP. III. 


410  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

fiata  battezzata ,  e  voleva  pur  eflervi  feppellita  (a)  .  Che  tal 
fabbrica  non  fia  anteriore  a  quelli  tempi  ne’  quali  diflrug- 
geanli  gli  antichi  edifizj  per  inalzarne  de’  nuovi  ,  rilevali 
dalle  bah  e  dai  capitelli  delle  colonne  ,  che  tutte  ineguali 
fon  fra  di  loro  ,  colìcchè  una  non  ve  n’ha  che  all’altra  ben 
corrifponda  (b)  .  Mi  fa  quindi  maraviglia  l’inavvedutezza  di 
Ciampini  (a)  ,  il  quale  per  follenere  che  ivi  folle  veramente 
un  tempio  di  Bacco  ,  da  Collantino  poi  dedicato  a  ufo  più 
fanto  ,  pretende  che  fan  ivi  tutte  le  parti  in  una  perfettiffì- 
ma  proporzione  .  Quello  febben  erudito  fcrittore  nelfuna  co¬ 
gnizione  aveva  delle  arti  del  difegno  ,  e  perciò  crede  altresì 
che  i  cinque  bei  candelabri  marmorei  alti  otto  palmi ,  de’ 
quali  due  fon  nello  Hello  luogo  ,  e  tre  nella  chiefa  di  s.  Agne* 

fe , 


(a)  Credo  che  qui  fi  confondano  due  cofe  ; 
la  chiefa  di  s.  Agnefe  ,  che  fu  fabbricata  da 
Coltantino  ad  iltaoza  di  s.  Coltanza,  come 
fi  ha  dagli  atti  di  quella  fanta  tra  le  opere  di 
s.  Ambrogio,  Tom.  1 V.  col.  ygS.  D. ,  e  pref- 
fo  i  Boi  lan  di  (  ti  dìe  21 .  januarii  ,  Tom.  il. 
pag.  Jfl-  n-  ‘  6-  >  e  da  Anallalio  nella  vita  di 
s.  Silveftro  ,  feti.  42.  Tom.  1.  p.  4.6.  ;  e  l'edi- 
fizio  ivi  contiguo  ,  ove  ella  fu  battezzata  fe¬ 
condo  Araftaiìo ,  e  anche  fepolta ,  come  han¬ 
no  i  fuddetti  atti ,  ove  perciò  fi  chiama  mau- 
foleo  .  Quello  fu  fatto  parimente  innalzare 
da  Coilantino  ,  come  pare  che  vogliano  dire 
i  citati  ferittori  ;  e  fe  fono  autentici,  e  an¬ 
tichi  gli  atti  manofcritti  di  quella  fanta  ,  de’ 
quali  portano  uno  fquarcio  l'Aringhio  Roma 
fubterr.  lìb.  4.  cap.  23.  num.14..  pag.  1  36.  ,  i 
lodati  Bollandifii  dìe  r  S.februariì  ,  Tom.  ni. 
pag.70.,  Ciampini  Dcf-.cr.  /tdif.c.  io.p.1 34.., 
Collantino  Hello  lo  avrebbe  non  fidamente 
fatto  innalzare  ,  e  ornare  di  mufaici  ;  ma  an¬ 
che  dedicato  a  ufo  di  chiefa  in  onore ,  e  me¬ 
moria  di  fua  figlia  ,  di  cui  vi  avea  collocato 
il  corpo  in  urna  di  porfido  .  Colta  però  dall’ 
ifcrizione  marmorea  ,  che  è  fopra  la  porta, 
edere  (tato  confecrato  ad  ufo  di  chiefa  dal  Pa¬ 
pa  Aiefiandro  IV.  nel  1136.  ,  come  pure  nota 
il  Nardini  Roma  antica ,  lìb.  4.  cap.  4.  p.r  34.. 
ElTendovi  (tata  fepolta  anche  Cofiantina  altra 
figlia  di  Coltantino  ,  fecondo  che  narra  Ani¬ 
mano  Marcellino  Ub.21.pTmc.  ,  Enrico  Vale- 
fio  nella  nota  a  quello  luogo  ha  pretefo ,  che 
tempio  di  Collantina  debba  chiamarli  anziché 
di  Coltanza  ;  inoltrando  di  aver  poco  efami- 
nata  la  Itoria  per  follenere  un'opinione  al¬ 


tronde  già  confutata  dall'Aringhio  /.  c.  n.  8. 

(b)  Dei  tempj  innalzati  da  Coltantino  in 
Roma  ,  e  confecrati  al  culto  del  vero  dio  , 
non  è  da  trafandarfi  qui  almeno  quello  di  fan 
Paolo  fuor  delle  mura  per  la  Via  Oltienfe  ,  che 
fi  è  confervato  fino  a’  notili  tempi ,  e  ci  dà 
la  più  giulla  idea  della  decadenza  dell'arte  . 
Al  dir  di  Prudenzio  Perifteph.  kymn.12.  v.4.3. 
fegg.  era  per  entro  tutto  dipinto  ,  la  folfitta 
era  indorata,  le  invetriate  erano  fatte  di  vetri, 
o  criltalli  dipinti  a  varj  colori ,  come  provere¬ 
mo  meglio  nel  Tomo  ni.  nelle  noltre  oflerva- 
zioni  alle  lettere  di  Winkelmann  ,  e  tutto  l'in¬ 
terno  fi  reggeva  fu  quattro  ordini  di  colonne. 
In  appreflb  ha  fofferte  molte  vicende  ,  efTen- 
do  flato  ampliato,  e  rellaurato  in  varie  oc- 
cafioni  .  Quella  folfitta  ,  le  invetriate  ,  e  le 
pitture  fono  perite  .  Le  colonne  non  fono 
tutte  di  marmo  pario  ,  come  pare  che  le  dica 
Prudenzio  .  Ve  ne  fono  di  bellilfimo  paonaz- 
zetto  ,  quali  più ,  quali  meno  macchiate  ,  e 
di  cipollino  ;  di  marmo  bianco  fono  i  bel- 
liffimi  capitelli  corintj  .  Dalla  varia  qualità 
del  lavoro  fi  può  credere  ,  che  quelli  capitel¬ 
li  ,  e  colonne  abbiano  fervito  ad  altri  edi¬ 
fizj  anteriori  ai  tempi  di  Coltantino  ;  ma 
come  potremo  dire  ,  che  quello  imperatore 
le  abbia  tolte  dalla  mole  Adriana  ,  fecondo 
la  volgare  tradizione  riferita  dal  Ficoroni  Le 
veflieì  i  di  Roma  antica  ,  lib.  1 .  cav.  2  >.  ,  fa- 
pendofi  che  due  lècoli  dopo  di  lui  la  mole  era 
ancora  intiera  ,  come  fi  ha  da  Procopio  ri¬ 
ferito  qui  avanti  pag.  378.  n.  D.ì 

(a)  De  facr.  xdific.  cap.  io. pag.  132. 


o 


dai  tempi  d’ Adriano  ec.  411 

fe  (a)  ,  fiano  flati  efpreflamente  lavorati  per  ornamento  di 
quefta  fabbrica  ;  ma  fon  efli  fcolpiti  con  tanta  maeftria  che 
devono  riputarli  opera  di  buon  ardita  almeno  de’  tempi  di 
Trajano  o  d’Adriano  .  11  nome  di  tempio  di  Bacco  è  flato 
dato  a  quell’edifìzio  ,  perchè  fulla  grand’  urna  di  porfido  con¬ 
tenente  le  ceneri  di  Coflanza  v’è  fcolpita  una  vendemmia  con 
de’ Gemetti  alati ,  la  quale  pur  vedefi  copiata  fui  mufaico  della 
volta  con  figure  di  Satiri  ;  ma  fi  fa  che  allora  la  crifliana 
religione  non  era  ancora  ben  purgata  da  alcune  coflumanze 
de’  Gentili  ,  e  non  faceanfi  fempre  fcrupolo  que’  credenti  di 
mefcere  il  facro  col  profano  (b)  :  altronde  il  lavoro  ,  riguardo 
all’arte  ,  è  quale  potealì  afpettare  a  quell’  epoca  .  Ciò  pur  ri- 
fulta  paragonando  queft’urna  con  un’altra  di  grandezza  al¬ 
quanto  maggiore  e  del  medefimo  fallo  polla  nel  chioftro  an¬ 
netto  alla  chiefa  di  s.  Gio.  in  Laterano  (c) ,  fu  cui  fono  fcol- 
pite  in  alto  rilievo  figure  a  cavallo  ,  e  altre  fiotto  di  ette  per 
rapprefentare  un  combattimento  (d)  .  In  etta  fu  ripoflo  il 
corpo  d’EIena  madre  di  Coftantino  (e)  . 

$.  2.  Notili  però  che  quando  io  parlo  della  decadenza 
dell’  arte  antica  ,  intendo  parlare  principalmente  della  fcul- 
tura  e  della  pittura  ,  poiché  mentre  quelle  avvicinavanli  all’ 
diremo  loro  deperimento  ,  fioriva  tuttavia  l’architettura  ;  e 

F  f  f  2  veg- 


U)  Ora  uno  folo  ne  è  reftato  in  quefta 
chiefa  :  gli  altri  (ono  paflati  al  Mufeo  Pio- 
Clementino  .  come  vi  (ara  trafportata  l'urna 
di  porfido  ,  di  cui  parla  Winkelmann  dopo  . 

(b)  Cioè  ,  i  Criftiani  ritennero  molte  cofe , 
per  sé  indifferenti ,  come  (Imboli  ,  e  adatta¬ 
bili  anche  alle  ufanze  ,  e  riti  loro  .  Vedali 
Marangoni  Delle  cofe  gentil,  e  prof.  tra(por~ 
tate  ad  ufo  ,  e  ornam.  delle  ckiefe  ,  c.  n.fegg. 

(c)  Il  Ciampini  nella  citata  opera  dà  le  fi¬ 
gure  in  rame  di  queft'urna,  come  la  danno  an¬ 
che  l' A  ringhio ,  e  il  Bollo,  fecondo  la  vera 
fua  prima  forma  ;  di  quella  di  s.  Coflanza  , 
del  fuo  tempio  ,  del  mufaico  ,  c  dei  due  can¬ 
delabri  ,  che  v'erano  prima  . 

(d)  O  forfè  un  trionfo  . 

(e)  Ora  nel  Mufeo  Pio-Clementino  .  Ve¬ 
dali  qui  avanti  pag.  zo.  n.B.  Non  è  poi  la 


cofa  più  ficura  ,  che  veramente  abbia  con¬ 
tenuto  il  corpo  di  fant'  Elena  ;  giacché  mol¬ 
ti  fcrittori  greci  lo  dicono  fepolto  nella 
chiefa  de' Ss.  Apoftoli  in  Coftantinopoli  ;  al¬ 
tri  qui  fuor  di  Roma  ,  nel  luogo  ,  che  di¬ 
cefi  Tor  Pignatara  per  l'antica  Via  Lavìcana  . 
Si  potrebbero  conciliare  quelle  opinioni  di¬ 
cendo  con  Niceforo  Hi  fi  eccl.lib.  8.  tap.gi., 
che  s.  Elena  folle  veramente  fepolta  in  que¬ 
llo  luogo  in  un'  urna  di  porfido  ;  e  che  poi 
due  anni  dopo  folle  portata  in  Coftantinopoli 
con  tutta  l'urna  .  Ma  anche  per  quella  parte 
s’incontrano  delle  difficoltà  tratte  da  fcrittori 
romani  dopo  il  fecolo  X.  ,  i  quali  dicono  an¬ 
cora  eliftente  nel  detto  luogo  verfo  quello 
tempo  l'urna  della  (anta  .  Vedanfi  i  Bollan- 
dilli  die.t  8.  augufii  .  Tom.  ni.  p  S_7l-fegg-  > 
pug.ppp.  j'egg. ,  e  Marangoni  loc.cit.cap.  j8. 


LIB.XJI. 
CAP. III. 


OlTervazione 
full'  architet¬ 
tura  . 


Ufi  .XII. 
CAP. IH. 


412  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

veggiamo  a  queft’  epoca  elevarfi  tali  edifizj  ,  che  fuperano 
quanto  di  più  grande  e  di  più  magnifico  fece  mai  ne’  fuoi 
più  floridi  tempi  la  Grecia ,  in  cui  ,  al  dir  di  Platone  (4)  , 
un  buon  architetto  era  una  cofa  rara  .  Mentre  non  v’era  in 
Roma  un  artifta  che  fapefle  difegnare  una  buona  figura ,  Ca- 
racalla  faceva  coftruire  i  fuoi  bagni  (a)  ,  le  cui  ruine  tuttora 
ci  fanno  maraviglia  (b)  .  Fece  in  feguito  edificare  i  fuoi  ba¬ 
gni  Diocleziano  ,  ne’  quali  fi  propofe  di  fuperare  tutt’i  fuoi 
anteceflbri  ;  e  bifogna  confettare  che  quanto  di  efii  ci  è  ri- 
mallo  ,  per  l’immenfa  fua  ellenfione  ci  forprende  .  Abbiamo 
però  una  prova  del  cattivo  gufilo  di  quegli  artifii  ,  poiché 
l’intavolato  era  fovraccarico  d’ornati ,  come  gli  fpettatori  ne’ 
giuochi  pubblici  dati  da  quello  imperatore  venivano  ,  per  cosi 
dire  ,  foffocati  dalla  gran  quantità  di  fiori  che  gettavanfi  fo- 
pra  di  loro  .  Giulia  le  mifure  prefe  ultimamente  dal  celebre 
architetto  fignor  Adams  il  fuo  palazzo  a  Spalatro  nell’lllirio 
ha  70$.  piedi  inglefi  di  lunghezza  per  ogni  lato  .  Quella  for- 
prendente  fabbrica  avea  quattro  llrade  principali  di  3J.  pie¬ 
di  di  larghezza  ;  ed  ogni  dirada  ,  dall’ingrelTo  fino  alla  piaz¬ 
za  che  v’  è  nel  mezzo  ,  erane  lunga  246.  Quella  che  attra- 
verfava  il  palazzo  era  di  424.  piedi  :  da  ambo  i  lati  di  ella 
v’erano  de’ portici  larghi  12.  piedi,  alcuni  de’ quali  tuttora 
fullìltono  .  Ho  tratte  quelle  notizie  dal  manofcritto  dello  llef- 
fo  fig.  Adams  che  è  dato  poi  pubblicato  (c)  con  tutto  il 

luf- 


(t;')  Amator.  oper.  Tom.  I.pag.  1 pp.  C. 

(  a)  Sparziano  nella  di  lui  vita  c.p.p.  724. 
(b.  Negli  fcavi  fattivi  ai  tempi  di  Paolo  Ili. 
dopo  il  1540.  vi  furono  trovate  molte  belle 
{fatue  ,  e  principalmente  quelle  che  adorna¬ 
no  il  palazzo  Farnefe,  la  pretefa  Flora  ,  i  due 
Ercoli  ,  come  narra  Fla  ninio  Vacca  nelle  fue 
Memorie  ,  num.  23.  ,  il  gruppo  del  Toro  ,  il 
pretefo  Comodo  da  glafiatore  ,  delle  quali 
fr  è  parlato  qui  avanti ,  ed  altre  ancora  .  Non 
mi  difpiace  la  riflcffione  dell’  Haym  Tcf.Bri- 
tann.  1  orn.  I.  Atene  ,  num.  37.  pag.  1  84. ,  il 
quale  penfa  che  la  (fatua  dell'  Ercole  fìa  {fa¬ 
ta  da  Atene  uafporcau  in  Roma  per  ordi¬ 


ne  d’  Antonino  Caracalla  ,  e  collocata  nelle 
dette  fue  terme  ;  poiché  prima  dt  lui  fi  vede 
rapprefentata  nelle  monete  d' Atene ,  e  d'al¬ 
tre  greche  città  ;  e  quindi  nelle  fue  ,  in  quel¬ 
le  di  Gordiano  Pio  ,  di  Gallieno  ,  e  di  Mallì- 
miano-  Erculeo  ,  e  non  piu  nelle  greche  .  II 
Vafari  nella  vita  di  Michelangelo  ,  Tom  VI . 
pag.  26 p. ,  dice  che  il  gruppo  del  Toro  vi 
folle  trovato  nel  15415.  Non  lo  donde  Bottari 
abbia  tratta  la  notizia,  che  ivi  pag.  a  64.  ag- 
giugne  ,  d'effer  cioè  quello  gruppo  reflaurato 
coi  pezzi  antichi  .  Vedi  qui  avanti  pag  ~6  p. 
'c)  Vi  fi  legge  qualche  piccola  differenza 

nelle  mifure  fuddette .. 


dai  tempi  d’  Adriano  ec.  413 

JufTo  tipografico  e  con  molte  figure  (a)  .  Sono  pure  flati  , 
non  molto  avanti  ,  pubblicati  i  gran  palazzi  e  i  tempj  di  Pai¬ 
mira  (b)  ,  che  per  la  magnificenza  non  hanno  eguali  nel  mon¬ 
do  ,  e  ne  fon  degni  d’ammirazione  gl’ intagli  e  gli  ornati. 
Non  vi  farebbe  pertanto  la  contradizione  che  s’immagina  il 
Nardini  (a)  ,  nel  credere  che  i  due  pezzi  d’intavolato  benifi 
fimo  intagliati,  efiflenti  nel  giardino  del  palazzo  Colonna  ,  pro¬ 
babilmente  apparteneflero  al  tempio  del  Sole  ,  che  in  que’ 
dintorni  avea  fatto  fabbricare  l’imperatore  Aureliano. 

jf.  3.  Per  trovare  la  foluzione  di  quello  apparente  para¬ 
dello  balla  confiderai  che  l’architettura,  fempre  operando 
con  regole  e  mifure  che  ne  determinano  le  parti ,  avea  delle 
leggi  più  efatte  già  fcritte  che  non  le  avea  l’arte  del  dile¬ 
guar  figure  ,  onde  più  difficilmente  allontanarfene  poteva  e 
decadere.  Quindi  pare  incredibile  che  nel  portico  del  pre- 
tefo  tempio  della  Concordia  ,  cui  Collantino  fece  reflaura- 
re  ,  come  rilevava!]  da  un’ifcrizione  (b)  pofeia  fmarrita ,  volen¬ 
doli  fare  una  giunta  alla  parte  fuperiore  d’una  colonna,  vi 
fia  Hata  accozzata  capovolta  la  parte  inferiore  d’un’altra  co¬ 
lonna  (c)  . 

jf.  4.  Quell’ 


(a)  Ci  avvita  però  il  fignor  abate  Alberto 
Fortis  nel  tuo  Viaggio  in  Dalmata  ,  T.  il. 
pag.  4-0.  ,  clic  il  fignor  Adarns  ha  donato  mol¬ 
to  a  que’fuperbi  veftigj  coll’abituale  eleganza 
del  luo  toccalapis  ,  e  del  bulino  ;  ma  che  in 
generale  la  rozzezza  dello  fi-alpello  ,  e  il  cat¬ 
tivo  gufto  del  fecolo  gareggiano  colla  ma¬ 
gnificenza  di  quel  fabbricato. 

(b)  Vedi  qui  avanti  pag.  36 p.  n.a. 

(a)  Roma  antica  ,  lìb.  4.  cap.  6.  pag.  1  63. 

(b)  Marlian.  Torogr.  Rom.  lib.  2.  cap.  10. 
[La  riporta  anche  Nardini  /.  p.  c.  (p .  p.  zt 4.. 

(c)  Winkelmanr,  rigettando  qui  la  vol¬ 
gare  opinione  ,  che  quefto  tempio  fia  quel¬ 
lo  della  Concordia  ,  reftaurato  da  Collanti- 
no  ,  come  già  i’  aveva  combattuta  ottima¬ 
mente  il  Nardini  loc.  cit. ,  non  intende  Af¬ 
fare  il  tempo  del  cattivo  reftauro  di  elio  ,  che 
foltanto  adduce  per  modo  di  efempio  deti'ef- 
férfi  così  barbaramente  mancato  in  quel  la¬ 
voro  ,  non  oliami  le  regole  certe  ,  e  deter¬ 
minate  dell'architettura,  al  che  non  ha  av¬ 


vertito  il  eh.  Tirabofchi  Storia  della  Lete, 
hai.  Tom.  ti.  lìb.  IV.  c.  ult.  %.  IV.  ;  ma  pro¬ 
babilmente  dovrebbe  edere  (lato  fatto  inton- 
no  ai  tempi  di  Collantino  ,  o  al  piu  tardi  ai 
tempi  di  Giuliano  l'apollara  ,  o  del  tiranno 
Magnenzio  ,  o  dell'altro  Eugenio  ,  che  per- 
milero  di  riaprire  i  tempj  de’  Gentili ,  e  il 
culto  degl’  idoli  dopo  le  Iblenni  proibizioni , 
e  leggi  fatte  da  Collantino  full’ultimo  della 
fua  vita  ,  e  dai  di  lui  figli  Collante  ,  e  Co- 
lianzo  ,  ed  altri  imperatori  apprelfo  ,  come 
può  vederli  nel  Codice  Teodofiano  lib.  1  6. 
tit.  10.,  e  ivi  Gottofredo  ;  feppure  non  fu 
reftaurato  il  tempio  come  un  fempliee  orna¬ 
mento  di  Roma  anche  in  quelli  tempi ,  fe¬ 
condo  ciò  che  diremo  in  una  dillertazione 
nel  Tomo  ni.  E  precila  ,  ed  elegante  l  i  fini¬ 
zione  .  L’ incavo  delle  lettere  ,  che  erano  dii 
bronzo  ,  è  di  molto  buona  forma  ,  benché 
inferiore  alle  ilcrizioni  del  vicino  arco  di  Set¬ 
timio  Severo  ,  e  del  tempio  di  Eaufthia  . 


LIB. XII. 
CAP. DI. 


414  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

=====  jf.  4.  Quell’imperatore  ,  avendo  reftituita  la  pace  all’im- 
lib.xìi.  pero  ^  applicoffi  a  far  rifiorire  le  fcienze  ;  e  Atene  ,  ove  i 
Stato  delie  àr-mae^ri  d’eloquenza  riaperte  aveano  le  fcuole  con  gran  con¬ 
ti  m  Oriente.  corf0  >  divenne  il  centro  degli  Rudenti  che  ad  ella  da  tutto 
l’impero  accorrevano  (a)  .  V’  erano  ancor  in  Grecia  e  nella 
Cappadocia  medefima  de’  genj  fublimi  che  avrebbono  potuto 
eftendere  le  umane  cognizioni  ,  come  appare  dai  quattro  fan¬ 
ti  Padri  Gregorio  Nazianzeno  ,  Gregorio  NifTeno  ,  Bafilio  ,  e 
Giovan  Grifolfomo  ,  fe  l’eftirpazione  dell’idolatria  non  avef- 
fe  introdotta  una  rivoluzione  nello  fpirito  umano  .  Allora  non 
erafi  ancora  infierito  contro  i  lavori  dell’arte;  anzi  furono 
portate  a  CoftantinopoJi  molte  antiche  ftatue  prefe  da  varj 
luoghi  della  Grecia  e  dell’Afia  Minore,  dal  tempio  di  Diana 
in  Efefo  ,  da  Atene  ftefia  ,  e  da  Peonia;  coficchè  anche  dopo 
molti  anni  vedeanfi  tuttavia  colà  nel  tempio  di  s.  Sofia  427. 
flatue  fcolpite  per  la  maggior  parte  da  greci  antichi  attilli  (a)  . 
L’anonimo  fcrittor  bizantino  rammemora  particolarmente  i 
luoghi  ne’  quali  prefe  furono  le  Patrie  collocate  nell’  Ippo¬ 
dromo  a  CoftantinopoJi ,  e  mi  fa  maraviglia,  che  fra  quelli 
non  rammenti  Elide  {b) . 

jf.  Siccome  i  mentovati  fanti  Padri  fublimarono  nuo¬ 
vamente  l’eloquenza,  e  feppero  far  rivivere  l’eleganza  del  lin- 
guaggio  a  fegno  da  poter  efler  medi  del  paro  coi  Plafoni  e 

coi 


(a)  Orcioli.  Thcatr.  Rhet.  lib.  r .  C.4.  p.  1  z . 
[  Si  veda  anche  Eunapio  De  vitis  pkilof.  & 
Jopkifi.  L'elogio  ,  che  fa  quello  fcrittore  ,  in 
■vita  Prijfci ,  vag.  94.  ,  d’Ilario  pittore  bitinie- 
fe  ,  che  viveva  a  quelli  tempi  ,  di  elferlì  cioè 
refo  famofo  in  Atene  ,  principalmente  per  li 
ritratti  al  vero  ,  e  di  aver  fatto  rivivere  in 
certo  modo  il  famofo  Eufranore  ,  di  cui  lì 
è  parlato  qui  avanti  pag.  2  23.,  colla  maellria 
del  fuo  pennello ,  ci  può  far  credere  che  lo 
Àudio  della  pittura  lì  foffe  mantenuto  in  quel¬ 
la  città  con  qualche  riputazione  . 

(a)  Così  dicono  l’anonimo  fcrittore  delle 
Enarrat.  chronogr.  prello  Bandurio  Imper.  o- 
rient.Jive  Antiq.  Conftantinop.  lib.j.p.i 4--C. 
Tom,  1.  ,  l'altro  anonimo  ,  che  cita  Vcin- 


kelmann  dopo  ,  predo  lo  delTò  Bandurio  loc. 
cit.  par.  1.  pag.  14..  D.  ,  e  Codino  De  orìg. 
Confi,  pag.  34.  D.  Vedi  appiedo  al  §.  16.  Co- 
flantino  ne  collocò  molte  nel  palazzo  del  Se¬ 
nato  ,  fia  le  quali  era  il  Giove  elìdente  pri¬ 
ma  in  Dodona  ,  la  Minerva_  di  lindo  opera 
di  Dipeno  c  Scillide ,  di  cui  li  parlerà  qui  ap¬ 
prodò  ,  e  le  celebri  Mufe  ,  che  ornavano 
Elicona  ;  e  tranne  le  due  prime  nominate  , 
che  davano  avanti  la  porta  ,  tutte  perirono  in 
un  incendio  di  quel  palazzo,  ai  tempi  di  Arca¬ 
dio  ,  e  Onorio  ,  e  di  s.  Gio.  Grifoilomo ,  l’an¬ 
no  404.  Zolìmo  Hi  fi.  lib.  j.  cap.  24. 

(i)  Antiq.  Confiant.  par.  3.  princ.  loc.  cit. 
lib.  3.  princ.  pag.  41 .  feg. 


dai  tempi  d’  Adriano  ec.  41^ 

coi  Demofieni ,  e  tutti  fuperare  gli  fcrittori  gentili  loro  con¬ 
temporanei  ,  non  farebbe  egli  flato  poflìbile  di  far  sì  che 
allo  fleffo  modo  rifioriflero  le  arti  del  difègno  ?  Eppur  in 
Roma  la  fcuJtura  fu  ridotta  a  tale  che  gli  artefici ,  per  igno¬ 
ranza  e  per  mancanza  di  genio  ,  quando  dovean  ergere  fia¬ 
tile  e  fcolpire  buffi  ,  adoperavano  a  tal  uopo  le  antiche  ope- 
ìe,  nulla  curandoli  del  guaflo  che  ad  effe  recavano,  purché 
adattar  le  poteilero  al  loro  bifogno  (a)  .  Così  pei  fepolcri 
de  Crifliani  fovente  fecefi  ufo  delle  lapidi  con  ifcrizioni  gen¬ 
tili  mettendoli  le  crilliane  alla  parte  oppofla  (a)  ,  Flaminio 
Vacca  fa  menzione  di  fette  llatue  femminili  ignude  fcoperte 
a  luoi  tempi ,  fopra  le  quali  avea  polleriormente  lavorato  una 
mano  barbara  (b)  .  In  una  mezza  tefla  trovata  nel  17J7. ,  efi- 
flente  ha  rottami  d  antichità  nella  villa  Albani,  vedefi  un  mi- 
flo  di  lavoro  antico  e  di  barbaro;  e  forle  l’ultimo  fcultore 
non  fi  lenti  abilità  baflevole  a  compir  l’opera  ,  che  perciò 
è  ìimafla  imperfetta.  Il  collo  e  l’orecchia  indicano  un  ard¬ 
ila  de’  buoni  tempi „ 

jf.  6.  Non  fi  trova  che  di  rado  fatta  menzione  dell’arte 
dopo  i  tempi  di  Coflantino  ;  ed  è  veroflrni le  che  ficcome  in¬ 
di  a  poco  fi  cominciò  in  Coflantinopoli  ad  atterrare  e  di- 


flrug- 


Xa)  II  eli.  Tirabofchi  loc.  cit,  §.  I.  ha  fatto 
esagerare  il  noftro  Autore  in  quello  luogo 
lenza  ragione .  Egli  non  ha  mai  detto  ,  che 
quello  depravato  gullo  degli  artifti  forte  in- 
dillo  c/uarijjimo  ,  che  efiendofi  ormai  fmarri- 
tu  lune  y  quefto  jne^o  fol  nmunevu  ud  uno - 
rar  la  memoria  degli  uomini  piu  illuflri  ;  e 
nell’opporgli  fu  quefto  fondamento  l'ufo  fre¬ 
quentiamo  in  quelli  tempi  d’alzare  ftacue 
a  que'  perfonaggi ,  è  lo  dello  che  obiettargli 
l'eccezione ,  che  fa  egli  medefimo  qui  apprerto 
al  §.  7.  ,  volendo  dire  ,  che  tal  barbarie  non 
fi  uso  nel  far  quelle  ftatue  per  ordine  dei  fo- 
vrani ,  che  volevano  '-on  elfe  riconofcere  il 
merito  degli  uomini  grandi . 

(a)  V.  Fabret.  Infcript.  cap.  7.  num.  202. 

1  à.ì-y  num.  pi  8.  pag.  20  g.  [  Marangoni 
Velie  coje  gentil ’.  e  prof,  ec.cap.  76.  Molto 
pui  rimarchevole  è  l'abufo  introdotto  in  que- 
lto  lecolo  IY.  di  accomodare  anche  nei  pub¬ 


blici’  monumenti  le  ifcrizioni  degl'  impera¬ 
tori  precedenti  ad  altri  apprelfo  ,  mutandovi 
folamente  il  nome  ;  come  oflervò  Giacomo 
Gottofredo  nel  far  vedere  ,  che  gl'imperatori 
criiliani  non  hanno  mai  occupata  la  carica, 
nè  portato  il  titolo  di  Pontefice  Maliimo  , 
Epiji;  de  interdilla  Chriji.  cum  Geni,  com- 
munione ,  deque  Pontificata  Max.,  inter  opera 
jurid.  min.  col.  $76.  -,  e  colle  di  lui  ragioni 
il  P.  Pagi  nelle  oflervazioni  al  Batonio  T.  ni» 
ad  ami.  71  2.  n.  1  7-fegg.  pag.  pco.  A  quefto 
ftelfo  leccio  principalmente  credo  vada  rife¬ 
rito  ciò  che  narra  s.  Girolamo  Comment.  in. 
Abacuc  ,lib.  z.  c.  1 .  op.  Tom.VI.  col. 6  p  g.D.y 
che  quando  veniva  trucidato  ,  o  vinto  qual¬ 
che  tiranno  ,  il  vincitore  faceva  levar  la  teda 
a  tutte  le  di  lui  ftatue,  ed  immagini  ,  e  fo- 
ftituirvi  la  fua,  intatto  lafciando  il  redo. 

fi)  Montf.  Diar.  ital.  cap.  g  p.i  7 g.  [  Di¬ 
ce  ,  per  guadarle  ,  non  per  altr’  ufo  . 


LIB. XII. 
CAP. III. 


LIB. XII. 
CAP. III. 


4J6  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

ftruggere  le  ftatue  degli  dei ,  così  lo  fteflo  desino  abbiano 
avuto  in  tutta  la  Grecia  i  monumenti  dell’arte  che  ancor  vi 
rimanevano  (a)  .  In  Roma  per  impedir  tanto  male  fu  defti- 
nato  un  ifpettore  fulle  fiatile  detto  Centuno  nitentium  rerum ; 
e  quelli  comandava  a  de’ faldati  ,  i  quali  giravano  per  la  città 
principalmente  alia  notte  ,  affinchè  quelle  non  veniiìero  fatte 
in  pezzi  o  mutilate  (a)  .  E  quando  la  religion  criftiana  comin¬ 
ciò  a  dominare  più  apertamente  ,  allora  depredati  furono  i 
tempj  (i)  ,  dai  quali  gli  eunuchi  dei  Collantini  ,  che  in  loro 
vece  governavano  l’ impero  ,  prendeano  i  più  ricchi  lavori 


(  a)  Eppure  il  buon  gufto  non  dovea  edere 
affatto  perduto  anche  dopo  i  tempi  diCoftan- 
tino  ,  rilevandoli  da  Libanio  ,  il  quale  viveva 
ai  tempi  di  Giuliano  l'apoftara  nipote  di  ef- 
fo  imperatore  ,  e  anche  ai  tempi  di  Teodofio, 
che  gli  attilli  greci  andavano  ancora  a  dite  - 
gnare  con  tutta  la  poffibile  feiupolofita  ,  ed 
esattezza  il  Giove  Olimpico  di  Fidia,  che  allo¬ 
ra  Itava  a  fuo  luogo,  come  vi  flava  la  Minerva 
famofa  di  lui  in  Atene  ,  fecondo  che  abbiamo 
dallo  fteffo  Giuliano  Órat.  2.  De  Conftanlii 
imp.  reb.  gefl.  op.  T.  1.  p.  5 4. .  A.  ,  e  Epift.  8. 
p.377.  A.,  e  da  Temiftio  Orat.  2  j.  p.qio.  A 
Orat.  27.  P-J37-  B.  Tanto  mi  pare  che  dica 
quel  fofifta  Epift.  1  opy.pag.  4.97.  ,  fcriven- 
do  :  Si  ìgitur  ftatuarìis  PiJ'am  euntibus  per- 
fuaferis  ,  ut  in  ilio  Jovis  ftmulacro  aliquid 
mutare  audeant  ,  &  nos  quoque  adverfus  nane 
Phidiet  orationem  idem  facete  jube  .  Vedi  ap¬ 
preso  al  §.  1  6.  Un  faggio  di  quello  buon  gu¬ 
ido  ,  e  dell’arte  d’intagliar  le  gemme  ,  l’abbia¬ 
mo  nel  famofo  zaffiro  di  una.  nitidezza  incre¬ 
dibile  ,  e  del  pefo  di  5?.  carati  ,  pofleduto 
ora  ,  dopo  effer  paffato  in  tanti  muffii ,  e  an¬ 
che  nel  reale  di  Francia  ,  dal  fignor  marchefe 
Rinuccini  a  Firenze  .  Vi  è  rapprefentata  con 
-un  lavoro  ftraordinariamente  bello  una  cac¬ 
cia  dell’imperator  Coftanzo  in  Cefarea  di  Cap- 
padocia  ,  ove  forfè  la  gemma  farà  fiata  lavo¬ 
rata  ,  o  per  adulazione  all'imperatore  ,  o  per 
piacere  di  qualche  privato  .  Della  perizia  di 
lui  in  uccider  orfi  ,  leoni ,  e  pardi  ce  ne  fa 
fede  Giuliano  cit.  Órat.  2 .pag.  $2.  B.  Nella 
gemma  fi  figura  che  uccida  con  una  lunga 
afta  un  gran  cignale  ,  che  dovea  effer  celebre 
.In  quelle  contrade  ,  come  può  arguirfi  dal 
nome  SIGIACI  Sifia  ,  che  vi  è  fcritto  al  di 
fopra  .  Accanto  a  Coftanzo  ,  che  ha  pure  il 
fuo  nome  in  latino  ,  vi  è  un’altra  figura  con 
afta  in  mano  ,  che  fenza  buona  ragione  Fre- 
bero  crede  Diana  ;  in  fondo  v’è  una  figura 


-giacente  a  ufo  di  fiume  con  cornucopia  nella 
delira  ,  e  fotto  KECAFIA  KAnriAAOKIA  . 
il  campo  è  fparto  di  piante  .  Fu  tllullrata  dal 
citato  Frehero  ,  e  pubblicata  da  Du-Cauge  in 
fine  del  Glojfarium  media  &  infima  latini- 
tatis  ,  e  ripetuta  poi  in  grande  molto  meglio 
dileguata  nella  di  lui  opera  '.De  imperatorum 
Conftantinopolitanorum,feu  inferioris  ayìpvel 
imperii  ,  uti  vocant ,  numifmatibus  ,  riftam- 
pata  feparatamente  in  Roma  nel  17 Jf.  in  4. 

{ai  V.  Valef.  Nat.  ad  Amm.  lib.  1  6.  cap.  6. 
[  Anche  prima  di  quelli  tempi  v  erano  in  Ro¬ 
ma  leggi  penali ,  e  magillrati  per  impedire 
i  danni  ,  che  fi  facevano  alle  ftatue ,  e  calli- 
gare  i  colpevoli  .  Vedi  Guafco  De  l’ufage  des 
fiat.  1 1.  part.  cap.  XXI.  pag-  38  2.fegg.  Que¬ 
lla  notizia  fervil  a  parimente  a  nippli  re  i.  ciò 
che  fcrive  il  eh.  Ti  rubo  fichi  l.  eie.  §.  ri. ,  non 
avendo  faputo  trovare  provvedimento  fatto 
dai  principi  anteriori  a  quelli  tempi  per-  la 
confervazione  dei  pubblici  monumenti . 

(1)  Dacché  la  religione  criftiana  incomin¬ 
ciò  ad  effere  la  religione  dominante  ,  più  che 
a’tempj  de’  Gentili  moffe  guerra  ai  loro  ido¬ 
li  ,  molti  de’  quali  atterrati  furono  e  diftrutti 
dai  Criftiani  ,  Sozom.  Hift.  eccl.  lib. 3.  cap. 7., 
s.  Hier.  Epift.  1 07 .  ad  Lutam  ,  num.  1.2. 
over.  Tom.  E  col.  67 2. ,  a  cui  troppo  flava  a 
cuore  il  togliere  di  mezzo  l’oggetto  princi¬ 
pale  dell'idolatria .  [  Prudenzio  Contra  Symnu 
l.r.v.  f0  2.fegg.  fa  dire  a  Coftantino  ,  che 
voleva  confervate  le  ftatue  per  ornamento  di 
Roma  ,  purché  fi  riguardaflero  come  (empiici 
monumenti  dell'arte  ,  non  come  oggetti  di 
fuperftizione  : 

Marmora  talenti  refpergine  tincia  lavate  , 
O  Proceres  :  liceat  ftatuas  confiftere  puras_, 
Artiftcum  magnorum  opera  .  ED  puhherri- 
ma  noftre  - 

Ornamenta  cluant  patrie. ,  ncc  decolor  ujus 
In  vitium  verfti  monumenta  coinquinet  artis. 


dai  tempi  d  Adriano  le.  417 

e  i  marmi  più  fini  per  ornare  i  proprj  palazzi  (a)  .  A  que- 
fio  difendine  portò  qualche  riparo  una  legge  d’Onorio  che,  Lia'X11' 
mentre  interdiceva  i  lagrifizj  de’  Gentili ,  ne  volea  confervati  ACMI1, 
i  tempj  (b)  . 

jf.  7.  E’ da  notarli  però  che  anche  in  quelli  tempi  fi  ri- Lavori  di  que' 
compenfava  il  merito  colle  fiatile  :  una  ne  fu  eretta  al  poe-  tcmpl  ‘ 
ta  Claudiano  (a)  ,  ed  una  a  Stilicone  ,  di  cui  vedeafi  ancor 
Tom.  IL  G  g  g  la 


Teodofio  il  Grande  ,  che  con  una  legge  ema¬ 
nata  nell'anno  391. ,  e  registrata  nel  Codice 
Teodolìano  lib.  16.  tic.  io.  I.  io.  ,  di  cui 
parla  anche  s.AgoSino  De  Civit.  Dei ,  lib.  j. 
cap.  26.  ,  proferire  più  rigorofamente  il  cul¬ 
to  degl'  idoli  ,  pensò  a  condervare  le  più  belle 
Satue  ,  che  fece  tradportare  in  Coltantino- 
poli ,  come  li  dirà  qui  appretto  al  §.  i  6.  J  : 

1  tempj  furono  fovente  convertiti  in  chiele  . 
[  Si  legge  predo  Cedreno  Comp.  hìji.  Tom.  I. 
pag. 27  2.  D.  ,  che  Coftantino  con  un  editto 
fece  convertire  molti  tempj  in  chiede  de'  Cri- 
ftiani  j  alcri  ne  fece  dittruggere,  e  applicare 
le  entrate  alle  chiede  ,  pag.  284.  C.  ;  altri  ne 
fece  chiudere  ,  che  poi  furono  dittrutti  da 
Teodofio  ,  pag.  327.  B.  Molti  ne  dittrudero 
anche  i  CriSiani  fenza  verun  ordine,  come 
derive  Eufebio  nella  vita  di  quell'  imperatore 
l.  4.  c.  39.  ;  e  come  fi  lagnava  Libanio  Orat. 
prò  tempi,  ad  Tkeodof.  inter  op.  jurid.  min. 
Jac.  Gothofr.  col.  470.  fegg.  che  elfi  fecero  di 
molti  altri  ai  tempi  del  citato  Teodofio  ,  il 
quale  per  altro  non  ne  rifparmiò  moltilfimi , 
al  dir  di  Teodoreto  Eccl.  hifi.  lib.  j.  cap.  2  t . 

2  2.  ;  e  fra  gli  altri  il  famolìlfimo  di  Serapide 
in  Alettandria ,  di  cui  parlammo  nel  Tom.  1. 
pag.  71.  col.  2. ,  con  tutte  le  ftatue  ,  che  Tor¬ 
navano  ,  come  derive  anche  Sozomeno  lib.  7. 
cap.  1  p.  5  o  al  più  eccettuatane  una  del  dio 
Simia  ,  come  vuole  Socrate  HiJl.  eccl.  lib.  jr. 
cap.  16. ,  oppure  le  fole  pietre  ,  che  deri¬ 
vano  per  li  fondamenti ,  e  area  ,  le  quali  per 
la  loro  gran  mole  non  furono  dchiantate  e 
portate  via  ,  fecondo  che  abbiamo  da  Eunapio 
De  vit.  philofoph.  &  fophijl.  in  vita  JEdefii  , 
pag.  64..  L’imperator  Onorio  fi  era  contenta¬ 
to  di  farlo  chiudere  .  Giovanni  Antiocheno  , 
cognominato  Maiala  ,  HiJl.  chron.  lib.  1  7. 
in  fine  ,  pag.  18.  Vegga!!  appreflo  al  §.  9.  ]  . 
Se  però  la  religion  crilfiana  concorde  allora 
a!  dittruggimento  delle  opere  dell'arte  ,  la 
Sella  religione  per  una  lunga  ferie  di  fecoli 
mantenne  in  piedi  quel  poco  avanzo  di  ed- 
da  ,  impiegata  dalla  medefima  nel  culto  di¬ 
vino  ;  e  la  Sella  pure  fu  una  delle  cagioni 
che  più  delle  altre  ha  contribuito  al  duo  rifor- 
gimento  cd  alla  dua  perfezione.  L'erezione 


di  tante  fontuode  chiede  ,  le  pitture  ,  le  Ratus 
e  gli  altri  lavori  da  collocarvi!!  hanno  dommi- 
niSrato  frequente  occafione  ai  moderni  arri¬ 
si  d'entrare  in  una  lodevole  emulazione  ,  c 
di  produrre  delle  opere  rare  ed  eccellenti  . 
Volendoli  far  un  confronto  ,  nell'Italia  alme¬ 
no  ,  ed  in  Roma  dpecialmente  ,  delle  belle 
opere  dell’arte  efeguite  per  ufo  dacro  con  quel¬ 
le  fatte  per  ufo  profano  ,  io  non  bilancerei 
punto  a  dar  la  preferenza  alle  prime  fopra  le 
altre  ,  non  meno  nel  numero  che  nel  pregio 
c  nella  perfezione  . 

(a)  tb.  lib.  22.  cap.  4. 

(A)  Cod.  Tkeod.  lib.  1  6.  tit.  1 0 .  l.ry.  [  Que* 
Sa  legge  fatta  da  Onorio  per  la  Spagna  ri¬ 
guardava  le  Satue  degli  dei  ,  non  i  tempj  , 
de’  quali  ordina  la  condervazione  nella  legge 
18.  fatta  per  l'Africa.  Pare  che  non  l’abbì* 
neppur  ben  inteda  il  eh.  Tirabodchi  loc.  cit. 

(a)  Come  coSa  da  una  ideazione  predo 
Grutero  Tom.  il.  pag.  891.  num.  /.  Da  un" 
altra  ideazione  preflb  lo  Sedò  pag.  406.  n.i. 
li  ha  ,  che  ne  fotte  eretta  una  a  Flavio  Eu¬ 
genio  per  ordine  dell’  imperator  CoSanzo  ,  e 
di  Giuliano  TapcSata  ,  allora  cedare  ,  e  un’ 
altra  al  retore  Vittorino  per  ordine  dello  Sed- 
do  CoSanzo  ,  come  li  ha  da  s.  Girolamo  nel 
dupplemento  alla  cronica  d' Eufebio  all'anno 
? 58.  op.  Tom.  Vili.  col.  799. ,  e  das.  Ago- 
Sino  Confejf.  lib.  8.  c.2.  op.  Tom.  I.  col. 146 .  ; 
e  una  a  Petronio  Maflimo  per  comando  degli 
imperatori  Onorio  ,  Teodolio  ,  e  CoSantino  . 
Grutero  ivi  pag.  449.  num.  7.  E  cosi  di  tante 
altre  ,  delle  quali  hannoli  le  ideazioni  predo 
queSo  dcrittore  ,  ed  altri .  Furono  erette  nel 
Foro  di  Trajano ,  di  cui  li  è  parlato  avanti 
pag.  872.  ,  ove  dai  tempi  d'Alellandro  Seve¬ 
ro  dolevano  collocarfi  le  Satue  degli  uomini 
illuSri  .  Si  veda  monfignor  Bradchi  De  trib. 
fiat.  cap.  10.  p.  90.  fegg.  TemiSio  Orat.  4. 
in  Confi,  imp.  p.  84.  B.  derive  che  a  lui  pure 
ne  fece  alzare  una  in  bronzo  T  imperator 
CoSanzo  per  un  inno  ,  che  avea  fatto  ;  ma 
non  dice  ove  folle  collocata  .  Abbiamo  da 
Annidano  Marcellino  lib.  14.  cap.  6  ,  che 
a  que'  tempi  appunto  di  CoSanzo  i  Romani 
aveano  padrone  grandiflima  di  farli  erigere 


4i  8  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

*=  . . —  la  baie  nel  fecolo  decimoquinto  (a)  .  Si  fono  confervate  a 

lib.aii.  Coftantinopoli  f]no  al  principio  del  fecolo  prefente  due  co- 
CAP  III  1  i 

lonne  ornate  a  baffi- rilievi ,  fui  gufto  della  Trajana  ,  erette 
una  a  Coftantino  ,  e  l’altra  ad  Arcadio  ( b )  .  I  baffi-rilievi  di 
quella  fono  flati  pubblicati  fu  i  difegni  del  Bellino  ,  pittor 
veneziano  ,  chiamato  a  Coflantinopoli  da  Maometto  II.  ;  ma 
v’è  apparenza  che  il  difegnatore  abbiali  abbelliti  a  fuo  talen¬ 
to  ,  poiché  quel  poco  che  abbiamo  in  difegno  della  prima 
ce  ne  dà  una  molto  cattiva  idea  ,  e  la  farebbe  giudicare  di 
tutt’altro  lavoro  .  Della  colonna  d’Arcadio  or  non  altro  più 
vedefi  che  la  bafe  di  granito  nel  quartiere  che  chiamali  Con- 
cajui ,  eflendone  fiata  dai  Turchi  demolita  la  colonna,  che 
pei  frequenti  terremoti  era  fiata  fmofTa  più  volte,  e  minac¬ 
ciava  gran  danno  fe  foffe  venuta  a  cadere  .  L’altra  ,  detta  la 
colonna  abbruciata  ,  Ila  in  que’  contorni  che  chiamanfì  Vi- 
Jìrkham  ,  ed  è  comporta  di  fette  gran  cilindri  di  porfido  ,  non 
comprefa  la  bafe  .  Stava  altre  volte  fu  di  erta  la  rtatua  di  Co¬ 
ftantino  ,  e  poiché  dai  molti  incendj  era  fiata  guafla  ,  reftau- 
rar  la  fece  Aleffio  Comneno  ,  come  appare  dall’appoftavi  gre¬ 
ca  ifcrizione  . 

^  ^Decadenza  jf.  8.  Atene,  al  riferir  di  Sinefio  (c)  ,  circa  feftant’anni 
sene...  dopo  che  Bizanzio  era  divenuta  la  fede  dell’impero,  perdè 
ogni  fuo  fplendere  ,  e  di  lei  nulla  più  era  rimallo  di  gran¬ 
de  che  i  nomi  delle  fu  e  mine  .  E  febbene  l’imperator  Vale- 
riano  ,  prima  di  Coftantino  ,  averte  conceduto  agli  Ateniefi 
di  riedificare  le  mura  della  loro  patria  ,  che  da  Siila  fin  al¬ 
lora  era  rimafta  fmantellata  ;  ciò  non  ollante  la  città  non  fu 
in  iftato  di  refiftere  all’invafione  de’  Goti ,  i  quali ,  imperando 

Clau- 

delle  datile  di  bronzo  ,  e  anche  indorate  .  Si  due  fabbriche  di  terme  ,  la  prima  eretta  da 
veda  qui  avanti  pag.z67.rt.  b.  Arradio  ,  l'altra  da  Eudoflìa  dia  conforte  ;  e 

(a)  Marlian .  Top.  Rom.  lib.  z.cap.10.  fono  nell’ efterno  tutte  circondate  di  Itatue 
W  Bandur.  Imp.  orient.  five  Antiq.  Con-  greche  nelle  nicchie  fra  le  colonne  . 

Jlantinop.  Tom.  ri.  p.  fo8.  feqq.  [  Nella  Ta-  (c)  Epijl.  1  jj. pag.  27 2- 
vola  1,  e  1. ,  che  da  ivi  Bandurio  ,  li  vedono 


DAI  TEMPI  d’AdKIANO  E  C.  419 

Claudio  Gotico  ,  Ja  Grecia  inondarono  .  Fu  per  tanto  Tac¬ 
cheggiata  quella  città  ;  e  narra  Cedreno  (a)  che  i  Goti  avean 
ammafTato  un  gran  cumulo  di  libri  per  appiccarvi  il  fuoco  , 
ma  le  n’aftennero  ,  penfando  convenir  loro  che  i  Greci  s’oo 
cupalìero  nelle  lettere  anziché  nelle  armi  (b)  . 

j).  9.  Leggiamo  altresì  che  mifero  egualmente  fu  il  de¬ 
sino  dei  monumenti  dell’arte  a  Roma  ,  ove  i  Barbari ,  aven- 


LIB. XII. 
CAP, III, 


...  c  a  Rom*, 


dola  conquista  più  volte  e  Taccheggiata  ,  cofpirarono  per 
così  dire  ,  coi  Romani ,  che  fatti  furibondi  diftruggeano  que* 
tefori  che  non  hanno  potuto  finora  riprodurre  nè  il  tempo  , 
nè  la  man  dell’uomo  ,  nè  forfè  il  potranno  giammai  .  Il  ma¬ 
gnifico  tempio  di  Giove  Capitolino  era  già  diftrutto  all’età 
di  s.  Girolamo  ( a )  :  e  quando  fiotto  l’impero  di  Giuftiniano 


(a)  Compenti,  hifl.pag.  z  39.  A.  Tom.  I. 

(b)  Avvenne  alla  Grecia  tutta  l’ultimo  efter- 
mimo  nell’anno  595.  dell’era  volgare  ,  quan¬ 
do  Alarico  re  de’  Goti  la  fpogliò  di  quanto  vi 
era  rimallo  di  più  buono  ;  ed  elìendo  ariano 
portò  l’ultimo  tracollo  alla  religione  de’  Gen¬ 
tili  ,  e  ne  rovinò  i  ternpj  ,  che  vi  rimaneva¬ 
no  .  Zollino  lib.  y.  cap.  f.  pag.  fi  1 .  vorreb¬ 
be  eccettuarne  Tebe  perchè  èra  ben  munita  , 
e  perchè  quel  barbaro  anelava  di  prefto  ®iu- 
gnere  in  Atene  ,  che  parimente  dovè  rilpar- 
miare  con  tutta  l'Attica  ,  perchè  gli  compar. 
ve  Minerva  ,  ed  Achille  a  raffrenarlo  .  Ma 
a  quella  vilìone  di  Zofimo  ,  anziché  di  Alari- 
co  ,  contradicono  apertamente  altri  fcrittori 
contemporanei  ,  che  non  ne  eccettuano  ve¬ 
runa  citta  ,  e  vi  comprendono  Atene  in  ifpe- 
cie  ,  come  s.  Girolamo  nella  lettera  60.  ,  fcrit- 
ta  ad  Ehodoro  un  anno  dopo,  oper.Tom.  1. 
coi.  143.  num.  16.  ,  Claudiano  in  Ruffin.  l.z . 
rerf.  1  S  0.  fcgg. ,  Eunapio  De  vit.  philof.  & 
foph.  in  Maximo  ,  pag.  74.  ,  e  in  Prifco  ,  in 
fine  ,  pag.  94.  ,  Filoltorgio  Ecclef.  hiji.  I.  iz. 
princ.  i om.  iti.  pag.  343.  num.  2.  La  citata 
lettera  di  Sinelìo  ,  e  la  s 4. ,  che  contiene  lo 
fteflo  fentimento  ,  è  Hata  fcritta  prima  di 
quello  difallro  ;  nè  egli  dice  tanto,  quanto 
gli  fa  dire  Win  k  e!  man  n  ;  fcrivendo  folamen- 
te  ,  che  Atene  allora  non  era  più  la  fede  del¬ 
la  filcfofia  ;  ma  che  le  belle  fabbriche  erano 
ancora  da  ofiervarlì  con  ammirazione  ,  co¬ 
me  l’Accademia,  il  Liceo,  e  il  Pecile  ,  dal 
quale  foltanto  eraro  fiate  tolte  per  ordine  del 
proconfole  le  famofe  pitture  di  Poiignoto  , 
delle  quali  lì  è  parlato  nel  Tom.  I.  pag.  247.  : 
inae  translata  philofophia  rejlat  ut  aberrando 


Ggg  2  Vi~ 

Academiam ,  ac  Lyceum  mireris ,  acque  edam 
illam  Porticum  ,  a  qua  Chryjippi  feda  nomea, 
accepit  ;  qus  quidem  minime  nunc  varia  eft  ; 
nam  Proconful  tabulata  fufiulit ,  in  qus  ar- 
tem  omnemfuam  Polygnotus  Thajius  contuie- 
rat  .  Così  Icrive  Sinefio  nella  lettera  1  jf.  ,  c 
può  vederli  il  P.  Cellier  Ili  fi.  génér.  des  aut. 
facr.  Tom.  X.  chap.  1 3.  §.  3.  pag.  497.  Pro¬ 
babilmente  quelli  fuperbi  edifizj  non  furono 
rovinati  dal  re  goto  ,  e  duravano  ancora  colle 
pitture  ,  che  gli  ornavano  ,  dopo  la  metà  del 
fecolo  leguente  ;  come  pare  che  fi  polla  rac¬ 
cogliere  da  Sidonio  Apollinare  ,  il  quale  fio¬ 
riva  dopo  la  meta  del  fecolo  V. ,  e  /.  9.  epifi.9. 
parla  dell’Areopago  ,  e  del  Pritaneo ,  ove  e- 
rano  dipinti  molti  filofofi  con  que’  limboli , 
e  dillintivi ,  che  li  caratterizzavano  ,  e  face¬ 
vano  diftinguere  gli  uni  dagli  altri  :  Ncque 
te  fatis  hoc  smulari ,  quod  per  gymnajia  pin- 
gantur  Areopagitica ,  vel  Pritaneum  ,  curva 
cervice  Zeuftppus  ,  Aratus  panda  ,  Zenon 
fronte  contrada  ,  Epicurus  cute  dijlenta  , 
Diogenes  barba  cornante  ,  Socrates  coma  can¬ 
dente  ,  Arifioteles  brachio  exerto ,  Xenocra- 
tes  crure  colletto  ,  Heraclitus  fletu  oculis  clau- 
fis  ,  Democritus  rifu  labris  apertis  ,  Chry Cip- 
pus  digitis  propter  numerorum  indicia  conjìri - 
Bis  ,  Euc'.ides  propter  menfurarum  fpatia  la- 
xatis  ,  Cleantes  propter  utrumque  corrojls  .  I 
magnifici  avanzi ,  che  vi  fi  veggono  anche 
al  di  d’  oggi ,  deferitti  dal  le  Roy  ,  da  Stuart , 
e  da  altri  ,  ci  fanno  capire  ,  che  molte  fab¬ 
briche  fianfi  conlervate  intere  ,  o  quali  inte¬ 
re  per  lungo  tempo  dopo  Alarico  . 

(a)  Cantra  Jovin.  I.  z.in  fine ,  op.  Tom.  il. 
col.  384.  [  Non  fono  così  chiare  le  parole 


LJB.  XII. 
CAP. III. 


_  Effìgie  di 
Giuftimano . 


420  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

Vjtige  re  de’ Goti  venne  ad  afiediar  Roma  ,  avendo  dato  1* af¬ 
fai  to  alla  mole  d’Adriano  ,  gli  aflediati  fi  difefero  a  forza  di 
ftatue  ,  che  precipitavano  fu  i  nemici  (a)  ;  una  delle  quali 
era  probabilmente  il  Fauno  del  palazzo  Barberini  ,  che  fu 
trovato  ,  come  dicemmo  (a)  ,  nel  ripurgarne  le  foffe  ,  ma  fen- 
zacofce,  fenza  gambe  ,  e  fenza  il  braccio  finifiro,  e  non  già, 
come  fcrive  Breval  (b)  ,  nella  folla  di  Calfel  Gandolfo  (b)  . 

j)\  io.  Per  congetturare  quali  fo fiero  le  ftatue  equeftri 
in  bronzo  di  Giuftiniano  (c)  ,  e  di  Teodora  fua  moglie  (d)  , 
che  una  volta  erano  a  Coftantinopoli ,  balla  vedere  le  loro 
due  figure  in  mufaico  a  Ravenna,  che  fatte  furono  contem¬ 
poraneamente  (e)  .  La  prima  di  quelle  due  fiatue  era  veftita 
alla  maniera  d’Achille  ,  come  dice  Procopio  ,  colle  fuole  le¬ 
gate  per  di  fiotto  ,  e  colle  gambe  difarmate  e  ignude ,  cioè 
mefta  all’eroica  (c)  . 


di  s.  Girolamo  da  farci  credere  ,  che  parli 
del  tempio  di  Giove  Capitolino  ,  o  almeno 
che  lo  dica  rovinato ,  come  pretende  fenza 
ragione  anche  il  Padre  Munitolo  Differt.  3. 
feS.  2.  in  fuppl.Ant.  Rom.  Sallengre,  Tom.  I. 
col. 122.  Scherzando  egli  lui  nome  di  Giovi- 
niano  ,  dice  che  era  un  nome  di  mal  augu¬ 
rio  ,  effendo  tratto  da  Giove  ;  poiché  il  Cam¬ 
pidoglio  avea  perduto  il  fuo  fplendore  ,  e  i 
tempj  di  Giove ,  e  le  fue  ceremonie  erano  an¬ 
date  a  terra  :  Cave  Joviniani  nomen  ,  quod 
de  idolo  derivatum  eft  .  Squallet  Capito/ium  , 
tempia  Jovis  ,  &  ceremonie.  conciderunt  .  Il 
difeorfo  è  molto  generico  ,  e  può  adattarli 
a  qualunque  altro  tempio  del  padre  de’  numi  . 
Ivla  fe  vogliamo  intenderlo  del  Capitolino , 
come  è  più  probabile  ,  perchè  lo  abbia  confi- 
derato  ,  a  riguardo  del  Campidoglio  ,  per 
la  principal  fede  della  religione  gentilefea  , 
diremo  col  Baronio  Annoi.  Tom.  VI.  ad  ann. 
38$.  num.  36. ,  che  il  s.  Dottore  abbia  volu¬ 
to  alludere  allo  fpoglio  delle  lamine  d’oro , 
che  ne  coprivano  le  porte  ,  fatto  da  Stilicone 
l’anno  589. ,  come  narra  Zolìmo  lib.  3.  c.  38. 
in  fine  ,  pag.  6 1  f.  ;  e  alla  legge  di  Teodolìo 
mentovata  qui  avanti  p.  417.  col.  1 . ,  per  cui 
in  quel  tempio  ,  e  negli  altri  alfolutamente  fu 
foppreffb  il  culto  degl’  idoli .  Abbiamo  infat¬ 
ti  da  Claudiano  De  VI.  Confu/.  Honorii  , 
verfi.  44.  a  f.  e  37  3  ■  >  che  elfo  era  ancora  nel 
fuo  dato  l’anno  404.  ;  e  66.  o  67.  anni  dopo 
che  s.  Girolamo  fcrille  quel  libro ,  cioè  nell’ 


jf.  1 1.  Cre- 

anno4tj.  ,  fu  fpogliato  da  Genferico  re  de’ 
Vandali  di  tutti  i  luoi  ornamenti  preziolì,  c 
della  metà  delle  lamine  di  bronzo  indorato  , 
che  lo  coprivano  .  Procopio  De  bello  vandal. 
lib.  1.  cap.  3.  oper.  Tom.  I. pag.  i8g.A.  Se¬ 
condo  la  delcrizione  di  Roma  ,  di  cui  meglio 
parleremo  nella  noftra  differtazione  inferita 
nel  Tomo  ni. ,  era  ancora  in  piedi  nel  fecolo 
ottavo  ,  o  nel  nono  . 

la)  Procop.  Debello  goth.  lib.  1 .  cap.  22. 
[  Vedi  qui  avanti  pag.  378.  noi.  d. 

(a)  Qui  avanti  pag.  37  g.  §.  3. 

( b )  Remarks  .  • 

(b)  Le  cofe,  che  dice  l'Autore  in  quello 
paragrafo  ,  meritano  d’efler  meglio  efamina- 
te  ,  come  anche  altre  generiche  afTerzioni  del 
volgo  intorno  a  quelli ,  che  hanno  diftrutti  i 
monumenti  dell’  arte  in  Roma  .  Per  non  fare 
qui  una  troppo  lunga  nota,  noi  ci  riferveremo 
a  trattarne  nella  dilfertazione  ,  della  quale  ab¬ 
biamo  parlato  qui  avanti . 

(c)  Procop.  De  edif.  Juftin.  lib.r.  cap.  2. 

(d)  ib.  cap.  ir.  [  Procopio  a  quello  luogo 
efagera  molto  col  dire  ,  che  varie  ftatue  ,  del¬ 
le  quali  era  ornato  l’atrio  delle  terme  d'Arca- 
dio  ,  erano  sì  belle,  clic  avrebbero  potuto 
dirli  opere  di  Fidia,  di  L'lìppo  ,  e  di  Pralli- 
tele  ;  fe  pur  non  erano  opere  di  antichi  arti- 
fti  veramente  . 

( e )  Alemann  .  Not.  in  Procop.  Hìfl.arcan . 
cap.8.ppag.  rog.  ,  cap.i  o  .pag.i  2  3. 

(c)  È  da  notarli' la  legge  ,  che  fece  quello 


dai  tempi  d’  Adriano  ec.  421 

jf.  11.  Credono  molti  fcrittori  che  (tatua  fia  del  mento¬ 
vato  imperatore  quella  quali  coloflale  ,  che  vedeli  nella  villa 
Giuftiniani  ;  e  quella  nobil  famiglia  ,  che  deduce  la  fua  ori¬ 
gine  da  tal  imperatore  ,  ha  vieppiù  accreditata  quella  opinio¬ 
ne  con  una  ifcrizione  fattavi  apporre  non  ha  molti  anni  ,  ma 
fenz’ alcun  fondamento.  Tale  (tatua  ,  comunque  mediocre, 
pur  farebbe  un  prodigio  dell’arte  fe  lavoro  folle  di  quelti 
tempi .  Notili  che  la  teda  n’è  nuova ,  e  copiata  da  una  di 
M.  Aurelio  in  fua  gioventù. 

jf.  1 2.  \  ’è  nella  villa  Borghefe  una  (tatua  fedente  ,  di  gran* 

dezza  minore  del  naturale,  che  tiene  la  delira  fui  ginocchio , 
ed  è  (lata  mal  a  propolito  creduta  l’effigie  di  Belifario  men¬ 
dicante ,  perchè  tiene  la  detta  mano,  aperta  e  concava,  co¬ 
me  in  atto  di  ricevervi  qualche  cofa  (a)  .  Potrebbe  quelta 
rapprefentare  un  di  coloro  che  mendicavano  per  Cibele  ,  ai 
quali  loltanto  ,  dopo  le  leggi  delle  dodici  Tavole  ,  era  ciò 
conceduto  in  Roma  (a)  .  Chiamavanli  quelli  Mìirpctyvprcu  dal¬ 
la  madre  degli  dei  ,  e  Mitpa^dp rea  perchè  a  tal  queltua  era 
deltinato  un  giorno  per  ogni  luna  (b). 

jf.  13.  Sembra  però  che  dar  li  polla  a  quella  llatua  una 
fpiegazione  più  erudita  .  Leggiamo  in  Suetonio  che  Àugudo 
foleva  ogni  anno  contraffare  per  un  giorno  il  mendico  ,  e 
fporgeva  la  mano  colle  dita  raccolte  (  cavam  manum  )  per  ri¬ 
cevere  l’elemolina  .  Quedo  egli  facea  come  un’efpiazione  alla 

Ggg  3 

imperatore  §• Siquis  in  aliena  34..  Infiit.  De  vedere  che  fi  faceva  puranche  qualche  Rima 
rer.  divif.  ,  cioè  che  fe  un  pittore  dipingeva  delie  arti  del  difegno  a  quel  tempo  . 
lqpra  una  tavola  che  non  fofse  fua  ,  egli  ne  (a)  Ed  è  una  favola  ,  che  Belifario  folle 
diventalle  padrone  per  mezzo  della  pittura ,  fatto  accecare  per  ordine  dell’  imperator  Giu- 
Ragàndone  però  il  prezzo  ;  per  la  ragione  che  firmano  ,  o  di  Teodora  ,  e  folle  coftretto  a 
farebbe  fiata  cofa  ridicola  ,  che  la  pittura  d’un  mendicare  .  Si  legga  tra  gli  altri  il  Cardinal 
valentuomo  ,  come,  per  elèmpio  d'Apelle  ,  o  Orli  IJloria  eccl.  T.XIX.  lib. 4.2.  §.  S  f. ,  e  il 
di  Parrafio  ,  avelie  dovuto  cedere  ad  una  vi-  fignor  abate  Invemizzi  nella  fua  dotta  opera 
le  tavola,  olila  che  avelie  dovuto  reftare  del  De  rebus  gejìis  Jujiiniani  Magni  ,  lib.  11, 
padrone  della  tavola  ,  perchè  fatta  fu  di  una  §.  ip. 

cofa  altrui ,  come  era  ftabilito  per  chi  fcriveva  C a)  Cic.  De  leg.  lib.  2.  cap.  t  6,  n,  40. 

Jn  una  membrana  ,  o  carta  non  fua  ,  ancor-  (b)  Suida  r.  M»ra»vpr*ir .  \ 

thè  con  lettere  d’oro  ,  Tale  dìfpofi rione  fa  ~  \ 


LIB.  XII. 
CAP. III. 


Prete  fa  (fatua 
di  Belifario , 


LIB.  XII. 
CAP.1II, 


Arti  fotto  Co¬ 
rtame  , 


422  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

dea  Nemefi  (a)  ,  la  quale  ,  fecondo  l’opinione  de’ Gentili, 
umiliava  i  grandi  della  terra  .  Per  quella  medefima  ragione 
al  carro  trionfale  de’ vincitori  attaccavanfi  i  crotali  e  la  sfer¬ 
za  ,  attributi  di  Nemefì  (  che  pur  veggonfi  ad  una  bella  fia¬ 
tila  fedente  di  quella  dea  nel  giardino  del  Vaticano  (a)  )  ,  per 
rammentar  loro  l’inftabilità  della  fortuna  ,  e  per  avvertirli  che 
fe  infuperbiti  fi  follerò  per  la  felicità  prcfente  ,  avrebbero  in¬ 
citato  contro  di  sè  lo  fdegno  degli  dei  .  Volendo  noi  per  tan¬ 
to  giudicar  dal  lavoro  ,  dovremmo  con  più  ragione  ravviar¬ 
vi  qualche  pc-rlonaggio  de’  tempi  a  Giufliniano  anteriori ,  il 
quale  abbia  voluto  effere  rapprefentato  in  figura  di  mendi¬ 
cante  per  conciliarli  il  favore  di  Nemeli  .  Ariltofane  fpiega 
per  l’azione  del  rubare  1’ oppofta  politura  d’una  mano  col¬ 
le  dita  raccolte  e  alquanto  ripiegate  in  atto  di  prendere: 
r cut;  %8p<r}y  àpir  Qt'pti  ( b )  . 

14.  Per  recare  l’ultima  ruina  all’arte  portoffi  a  Roma 
nel  663.  Collante  imperator  greco  ,  nipote  d’Eraclio  ,  e  nel¬ 
la  dimora  che  vi  fece  di  foli  dodici  giorni  fpogliolla  di  tut¬ 
te  le  opere  in  bronzo  che  v’  erano  rimalie  ,  e  perfino  del¬ 
le  tegole  di  quello  metallo  ,  delle  quali  era  coperto  il  Pan¬ 
teon  (b)  ,  facendole  trafportare  a  Siracufa  ,  ove  dopo  la  fua 
morte  vennero  nelle  mani  de’  Saraceni  ,  che  mandaronle  in 
Alefiandria  (c)  , 


(a)  V.  Cafaub.  Anìmndv.  in  Suet.  p.  1 1  f. 

(a)  E  fiata  Hata  nel  Mufeo  Pìo-Clem.  T.  1. 
Tav.  40.  ,  e  fpicgata  dal  lìgnor  ab.  Vifconti 
per  una  Cibele  ,  come  è  veramente  fecondo 
la  defcrizione  di  Varrone  predo  s.  Agoftmo 
De  Civ.  Dei  ,_hb.7.  cap.  24  Sta  a  federe  ap¬ 
poggiando  la  liniftra  mano  fu  di  un  timpano  , 
o  tamburo  ,  che  tiene  fotto  al  braccio  per 
lignificare,  come  ferivo  Codino  De  oriniti. 
Confiantìnop.  pag.i  p.  in  fine  ,  che  la  terra  in 
sè  rinchiude  i  venti  ;  ed  ha  in  capo  le  torri . 

(b)  in  Equit.  v.  20  f.  [  Uncis  ungibus  au - 
fert  ,  ravitque  . 

(b)  In  cui  peraltro  lafciò  tutto  il  metallo  , 
del  quale  erano  foderati  i  gran  travi  del  por¬ 
tico  ,  che  poi  toltone  da  Urbano  Vili,  unita¬ 


ci.  r  Non 

mente  alli  gran  chiodi  pure  di  metallo  ,  pe- 
fava  fopra  le  460000.  libre  ,  fecondo  che  nar¬ 
ra  Ficoioni  Le  veftigi.i  di  Roma  antica  ,  l.  r. 
cap. 20.  pag  r  22.  ;  e  fu  impiegato  alle  colon¬ 
ne  della  confedìone  di  s.  Pietro  in  Vaticano, 
e  in  qualche  cannone  per  il  Cartel  s.  Ange¬ 
lo  ,  come  corta  dalla  ifcrizione  porta  per  me¬ 
moria  nel  portico  dello  ftelfo  Panteon  ,  e  ri¬ 
ferita  dal  dotto  monfig.  Borgia  V atitana  lort- 
fejfio  ,  ec.  pr/tfat.  pag.  LXV. ,  e  da  Marango¬ 
ni  De’ le  coje gentil,  ec.  c. 66.  Fino  al  prefente 
vi  dura  la  cornice  dello  ftelfo  metallo  indorato 
intorno  alfoc-hio  ,  per  cui  entra  il  lume  . 

(c)  Anartaf.  De  vìt.  Roman.  Poncif.  Vita 
Ss.  Vitalìani  ,  &  Adeodati ,  Paul.  Diac.  Di 
gejl.  Longobarda  Lib.  /.  cap.  11.  1  £. 


dai  tempi  d’  Adriano  ec.  423 

jf.  ij.  Non  dobbiamo  creder  però  che  tutti  quegli  an-  1,1  1  t- 

fichi  monumenti  delia  Sicilia  fiano  itati  dai  Saraceni  depre- 

r  C  A  P .  T 1 1 . 

dati  ;  ma  è  verofimile  che  molti  rimalli  vi  fieno  fparfi  per  ume  in  si- 
varj  luoghi  di  quell’ ifola;  e  polliamo  congetturarlo  da  quat-ciha’ 
tro  grandi  urne  di  porfido  bislunghe  ,  che  hanno  la  forma 
delle  antiche  vafche  de’  bagni  ,  e  ttanno  nella  cattedrale  di 
Palermo  ,  ove  fervono  a  contenere  le  ceneri  di  altrettanti 
re  .  Due  altre  urne  confimili  iono  nel  duomo  di  Monreale 
dittante  quattro  miglia  da  Palermo  r  che  fervono  di  fepolcro  a 
due  famofi  re  della  ilirpe  normanna  ,  Guglielmo  il  Cattivo  ,  e 
Guglielmo  il  Buono  .  V’è  tutta  l’apparenza  che  tali  vali  lavora¬ 
ti  in  belliffimo  porfido  fian  ivi  flati  portati  da  Roma  (a)  , 
ove  fervittero  in  alcuni  di  que’  fontuofi  bagni  ;  poiché  fotto 
gl’imperatori  romani  tu  introdotto  di  far  trafportare  nella  ca¬ 
pitale  quella  pietra  egiziana  ,  e  a’  loro  tempi  già  la  Sicilia  era 
fiata  più  volte  fpogliata  degli  -antichi  monumenti  dell’  arte 
che  l’adornavano  (b)  ;  nè  è  altronde  da  credere  che  vi  folle¬ 
rò  colà  perfone  che  a  loro  fpefe  facettero  eltrarre  il  por¬ 
fido  dalle  cave  d’Egitto  per  farlo  poi  lavorare  in  quel  modo  ~ 

jT.  16.  Nella  loia  Cottantinopoli  ,  dopo  l’intero  diflrug-  Statue  tras- 
gimento  che  fatto  fe  n’era  nella  Grecia  e  a  Roma,  fi.  con- Lmtinopoii . 
fervarono  ancora  per  qualche  tempo  alcuni  monumenti  dell’ 
arte  .  Ivi  fu  trafportato  tutto  quel  poco  che  ferbato  erafi  in 
Grecia  ,  e  perfino  la  fiatila  di  bronzo  dell’afinajo  col  fuo  fo- 
maro  fatta  gettare  a  Nicopoli  da  Augnilo  dopo  la  rotta  data 
ad  Antonio  e  a  Cleopatra  (a)  .  Ivi  flette  fino  alla  metà  del 
fecolo  undecimo  la  Pallade  deli’ifola  di  Lindo  ,  lavoro  di  Di¬ 
pelo  e  Scill,! de  ;  e  vi  fi  videro  circa  que’  tempi  alcuni  de’ 
più  gran  monumenti  dell’  arte  ,  cioè  il  Giove  Olimpico  di 

Fi¬ 
ca'!  Gl’  imperatori  greci  Colevano  portare-  dall’  Egitto  ,  Si  veda  Tom.  I.  pag.  r  JJ.  n.  B.  ,, 
it  porfido  ,  e  lavori  fatti  in  elio  ,  da  Roma  a  pag.  i  19.  n.  i. 

Coitandnopoli  ;  onde  chiamava!!  allora  mar-  (b)  Vedi  qui  avanti  p.  z6S.Jeg. ,  e  p.tpf).. 
ma  romano  .  Ne  facevano  però  venire  anche.  (n)  Glycas  Annui. par.  £.  princ.p.  zoj.  B. 


LIB.  XII. 
CAP.  III. 


424  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

Fidia  ,  la  bella  Venere  di  Gnido  lavoro  di  Prassitele  ,  la 
ftatua  dell’  Occafione ,  e  la  Giunone  di  Samo  ,  opere  di  Li- 
sippo  (a)  .  Tutti  quefti  gran  lavori  perirono  probabilmente 
nel  Taccheggio  della  città  Totto  Balduino  a  principio  del  fe- 


colo  decimoterzo  ,  allorché  fi 
le  fiatile  di  bronzo  (1)  ,  fra  le 

fa)  Cedreti.  Compeni,  kijlor.  pag.  322. 

[  Dal  difeorfc  di  quello  fcrirtore  fi  raccoglie , 
che  ve  le  avelie  fatte  trafportare  l’ imperator 
Teadofio  il  Grande  .  Quefto  è  flato  ,  fra 
gl’  imperatori  greci ,  il  più  portato  per  le  arti 
«tei  difegno  ;  e  racconta  Temiftio  Orat.  iS. 
p.  223.  A.  ,  che  per  le  gran  fabbriche  da  lui 
fatte  alzate  ,  e  adornare  ,  la  città  di  Coflan- 
tinopoli  era  piena  (fogni  fotta  d'artifti  .  An¬ 
che  Giuftiniano  fece  alzare  moltilfime  grandi 
fabbriche  ,  delle  quali  parla  Procopio  in  un' 
opera  intiera  ,  De  adificiis  Jufiiniani  .  La 
chiefa  di  s.  Sofia  in  quella  citta  da  lui  rie¬ 
dificata  ,  viene  deferitta  come  cofa  portento  fa 
da  Paolo  Silenziario  fcrittor  contemporaneo  ; 
e  Pietro  Belon  Obfervat.  ics  pluf,  fingular.  ec. 
liv.  1 .  chap.  S  3.  pag.  74.  la  deferivo  come  la 
più  bella  fabbrica  dell’antichità  eli  (lente  an¬ 
cora  a’  fuoi  tempi  ,  cioè  al  principio  del  feco¬ 
le  XVI.  ;  e  dice  ,  che  il  Panteon  d’Agrippa 
non  fa  più  maraviglia  a  chi  ha  veduta  quella 
gran  macchina  .  I  Turchi  ne  hanno  fatto  una 
mofehea  .  Giuftiniano  prima  di  abbattere 
l’antico  tempio  ,  ne  fece  cogliete  le  ftatue  , 
che  v’erano  dentro  ,  come  fi  è  detto  qui  avan¬ 
ti  alla  pag.  414. ,  e  le  diftribui  per  la  citta  , 
fecondo  che  narrano  gli  fcrittori ,  che  ivi  ho 
citati  nella  i\ota  a.  ,  copiandoli  l’un  l’altro  ; 
e  fe  portiamo  predar  fede  a  Codino  ,  ultimo 
«fi  eili ,  non  poche  ve  n'erano  puranche  al 
tempo  ,  in  cui  egli  fcriveva  ,  cioè  alla  metà 
del  fecolo  XV.  ,  come  crede  il  Fabricio  Bibl. 
grs.ca  ,  Tom.  TI.  I.  /.  c.  3.  p.  47  6.  ;  e  quelle 
in  bronzo  ,  fe  ve  n’erano  ,  come  è  credibile  , 
faranno  fiate  rifparmiate  ne!  devaftamento 
generale ,  che  ne  fu  fatto  nei  tempi  ,  de’quali 
2  parla  da  Winkelmann  in  quella  pagina  . 

(1)  Avvi  ragion  di  dubitare  fe  tutte  le  ac¬ 
cennate  opere  efiftertero  non  che  al  principio 
del  tcrzodecimo  fecolo  ,  ma  nell'undecimo  , 
io  cui  probabilmente  vivea  Cedreno  .  Volen¬ 
do  quefti  pag.  a  a  2.  indicare  la  ftatua  di  Co- 
flantino  e  quella  di  fua  madre ,  ficcome  le 
altre  due  ftatue  equeflri  di  Trajano  e  d’Adria- 
no  imperatori ,  ufa  il  tempo  prefente  funi-,  ma 
partando  poi  a  deferivere  quel  fito  di  Coftan- 
tinopoli  denominato  Laufo  ,  e  le  ftatue  che 
l’adornavano ,  la  Pallate  ,  la  Venere  ,  il  Gio¬ 
ve  Olimpico  ec. ,  fa  ufo  del  tempo  imperfetto 


fufero  per  farne  moneta  tutte 
quali  uno  fcrittor  di  que’  tem¬ 
pi 

ftabat  "rari  :  con  che  ha  egli  voluto  dire 
probabilmente  che  effe  vi  furono  bensì  una 
volta  ,  ma  a’  tempi  fuoi  non  v' erano  più  . 
Deelì  nondimeno  tra  quelle  eccettuare  la  Pal- 
lade  di  Lindo  ,  che  da  Cedreno  rammentafi  in 
feguitop.  323.  ,  come  ancor  elìdente  in  una 
piazza  di  Coftantinopoli  con  un’  altra  ftatua 
d’Anfitrite  ,  che  fulle  tempie  avea  le  branche 
d’un  granchio  .  f  Non  ve  bifogno  di  conget¬ 
ture  per  fapere  il  fine  di  tante  ftatue  ,  quando 
lo  fteffo  Cedreno  pag.  331.  D.  fcrive  chia¬ 
ramente  ,  che  perirono  tutt'è  in  un  incendio 
col  palazzo  Laufiaco  ,  ove  erano  fiate  pofte 
da  Teodofio  ,  come  ho  detto  nella  nota  pre¬ 
cedente  ;  e  ciò  verfo  l’anno  47J.  fotto  l'impero 
di  Bafilifco  .  A  Cedreno  li  accorda  Zonata 
Annal.  lib.  14.  pag  3  2.fegg.  ,  e  vi  compren¬ 
de  anche  la  detta  Pallade  di  Lindo .  Siamo 
indi  quafi  ficuri  ,  che  la  teda  della  Venere 
confervata  a  Madrid  ,  la  quale  per  la  fua  bel¬ 
lezza  potrebbe  crederti  1’  originale  ,  come  fi 
è  notato  qui  avanti  alla  pag.200.  col.  2.,  altro 
non  fia  realmente  ,  che  una  copia  ;  e  con 
molto  maggior  fondamento  ,  oltre  ciò  che  fi 
è  olfervato  nel  Tom.  I.  pag.  316.  not.  c.  ,  po¬ 
tremo  aderire  ,  che  la  Venere  de’  Medici  non 
fia  quella  di  Praflitcle  .  Io  mi  maraviglio  co¬ 
me  di.  tanti  fcrittori,  che  hanno  parlato  del 
deftino  di  quella  Venere  ,  niuno  abbia  ve¬ 
duti ,  o  citati  almeno  i  detti  due  greci  anna¬ 
li  Ili  ;  e  che  i  più  moderni ,  tra  i  quali  il  fi- 
gnor  Dutens  Orig.  des  decouv.  ec.  Tom.  il. 
par.  ni.  chap.  1 1 .  §.  280.  pag.  230. ,  Came- 
ron  Defcriptìon  des  bains  des  Romains  ,  ec. 
pag.  1  6.  ,  fi  (ìano  contentati  di  ripetere  ciò 
che  dice  qui  Vf  inkelmann  .  Solo  il  Bandurio , 
per  quanto  io  fappia  ,  lmper.  orìent.  Jìve  An- 
tiq.  Confiantinop.  Tom.  il.  lib.  1 .  pag.  487. 
avverte  coll’autorità  di  Cedreno  ,  che  erta 
perì  in  quell’incendio  ;  ma  poi  dimenticaro- 
fene  ,  nel  lib.  7.  pag.  846.  fcrive  ,  che  fu 
trafportata  in  feguito  a  Firenze  .•  Teofilo 
Sigeberro  Bayero  ,  che  ha  fatta  una  dilfer- 
tazione  fulla  ftatua  di  Praflìtele  ,  e  fua  fio- 
ria  ,  ove  poteva  afpettarfcnc  una  piena  no¬ 
tizia  ,  non  altro  fa  che  confutare  quefto  fcrit- 
tore  con  due  medaglioni  battuti  a  Gnido  , 
ne’  quali  è  rapprefentata  la  Venere  ivi  cele- 
bratiffima  in  atteggiamento  ben  divetfo  da 


dai  tempi  d’  Adriano  ec.  42? 

pi  rammemora  particolarmente  la  Giunone  di  Samo  (a)  .  Se b-  — 
bene  debba  prenderli  per  un’efpreffione  iperbolica  ,  quando  LIS-  XiI 
dice  che  la  fola  teda  di  quella  fiatua  ,  eflendo  fatta  in  pezzi ,  C'iP' lu 
ballò  a  caricare  quattro  carri ,  non  lafcia  ciò  non  ofiante  di 
darci  idea  d’un’opera  molto  grande  . 

Jf.  17.  Conliderando  poi  non  folamente  il  gran  numero 
delle  fiatue  di  bronzo  fatte  a  Cofiantinopoli  fotto  i  primi 
imperatori  bizantini  fin  dopo  i  fuccelfori  di  Teodofio  ,  delle 
quali  fi  è  confermata  la  memoria  in  molti  epigrammi  greci 
fatti  in  lode  sì  della  fiatua,  sì  della  perfona  effigiatavi  (a)  , 
ma  in  particolare  le  anzidette  due  colonne  coclidi  ;  non  può 
negarli  cfie  l’arte  venifie  tuttora  con  più  fucceflo  coltivata 
fra  Greci  che  a  Roma  ,  fiata  già  come  dicemmo  devafiata  da’ 
popoli  barbari  .  Un  certo  gufio  elegante  del  difegno  forma¬ 
to  lu  1  antico  fi  è  mantenuto  fra’  Greci  fin  a’  tempi  dell’im- 

pera- 

quella  di  Firenze  ;  e  con  una  (tatua  trafpor-  (a)  Le  ftatue  per  la  maggior  parte  di  bron- 
tata  da  Roma  a  Pietroburgo  nel  giardino  im-  zo  ,  innalzate  principalmente  in  Collantino- 
periale  .  Ma  (iccome  quella  (tatua  è  reltau-  poli  dagl’imperatori  greci  a  sè  (tedi  ,  alla  lo- 
fata  “1  parte  ,  e  non  troppo  felicemente  per  ro  famiglia  ,  ai  loro  generali  ,  ed  ai  loro  pre- 
ìl  tuo  lcopo  ,  egli  poteva  piuttofto  allegare  deceffori  ,  e  tra  quelle  molte  anche  equcftri  , 
quella  celebre  già  di  Belvedere  al  Vaticano  ,  erano  in  un  numero  forprendente  ;  e  moltif- 
ora  nel  Mufeo  Pio-Clementino  ,  della  quale  Urne  ne  delcrivono  gli  autori ,  che  ho  citati 
parlai  al  luogo  citato,  che  era  (tata  data  in  qui  avanti  alla pag.  414.  not.A. princ. ,  e  tanti 
Mine  da  Perrier  nella  fua  Raccolta  di  (fatue ,  altri  fcrittori  bizantini .  L'unica  in  bronzo  , 

Tav.  8  r.  ,  e  dal  Maffei  parimente  nella  fua  che  fiali  confervata  delle  erette  in  Italia  per 
Raccolta  ,  Tav.  4.  Ella  è  fomigliantiffirna  al-  quanto  io  fappia  ,  e  forfè  l’unica  al  mondo  , 
la  dei  medaglioni  ;  e  per  copia  di  è  quella  dell’altezza  di  circa  venti  palmi ,  che 

quella  di  Prafhtele  era  Hata  già  riconolciuta  al  prefente  ancora  fi  vede  nella  pubblica  piaz- 
oa  altn  ,  come  nota  il  fignor  Falconet  Dif-  za  della  città  di  Barletta  nella  Puglia .  Colà 
cultori  unpeu  pedantefque  ,  ec.  ceuvr.  Tom. il.  fi  dice  un  Coltantino  ;  e  tale  Io  crederei  an- 
Pa8-  La  dinertazione  di  Bayero  fi  legge  eh’  io  mediante  il  confronto  ,  che  ho  fatto  del 
negli  Atti  dell  Accademia  delle  feienze  di  Pie-  difegno  di  ella  favoritomi  dal  fignor  D.  Ema- 
troburgo  lom.  ly.  pag.  2  J  9.  fegg.  con  que-  nuele  Mola  prefetto  dei  regj  ftudj  ,  ed  ac- 
“,°  Venere  Cnidia  in  crypta  con-  cademico  nella  vicina  città  di  Bari  ,  colle  fta- 

ckyliata  noni  imperatoriiad  aulam  eftivam ,  tue  di  Coltantino  allegate  da  Winkelmann 
ln  duobus  numis  cnidiis  .  qui  avanti  pag.  2 0 8.  Il  fignor  barone  di  Rie- 

(u)  Nicera  Chomata  ap.  Fabric.  Biblioth.  defel ,  il  quale  nel  fuo  Viaggio  in  Sicilia  ,  e 
^  om.  '!■  'lb-  f-  c.  f.p.  406.  [e  prel-  nella  Magna  Grecia  ,  ftampato  in  tedefee ,  e 
lo  Bandurio  Imper.  oricnt.  Jìve  Ant.  Conflant.  poi  tradotto  in  francete ,  lettera  2.  pag.  24.1.  > 
dpm.  I.  ‘tb.6.  p.toS.  Non  dice  però,  che  la  Io  pretende  un  Giulio  Cefare  ,  non  avrà  avuta 
Giunone  lolle  quella  di  Samo  j  e  non  potè-  ben  prefente  nè  la  fifonomia  di  quello  impe» 
va  dirlo  ,  perche  era  perita  molto  prima  ,  co-  ratore  ,  nè  quella  di  Coltantino  ;  e  non  avrà 
ine  11  e  detto  nella  nota  precedente  .  Dice  ben  riflettuto  alla  forma  dell'abito  ,  che  è  de’ 
bensì  poco  dopo  ,  che  allora  fu  (quagliata  la  badi  tempi .  Vedatene  la  figura  in  fine  di  que- 
detta  (tatua  dell  afinajo  col  fuo  fomaro  cret-  Ito  Tomo  ,  e  l’indice  de’  rami  nel  terzo  ,  ove 
ta  già  da  Augulto  in  Nicopoli ,  ne  parleremo  più  diffufamente  , 


LIB.  XII. 
CAP.  III. 


Conclusione . 


4 26  Storia  delle  Arti  del  Disegno 

=  perator  Giurino,  come  ne  fa  fede  il  Codice  greco  miniato 
di  Cofma  ,  efiftente  nella  biblioteca  Vaticana  al  num.  699. , 
e  pubblicato  dal  Montfaucon  (a)  ,  ma  fenza  copiarne  tutte  le 
figure  .  In  quello  Codice  adunque  fra  le  altre  pitture  veg- 
gonfi  miniate  due  figure  femminili  ,  che  danzano  a  piè  del 
trono  del  re  Davidde  ,  e  tengono  ciafcuna  un  panno  che 
loro  fvolazza  fopra  il  capo  ,  con  l’epigrafe  OPXHC1C  (a), 
la  danza  :  e  quelle  fono  efprefie  con  tanta  leggiadria  ,  che 
debbono  crederli  copiate  da  qualche  pittura  antica  de’  buo¬ 
ni  fecoli  dell’arte  greca  (b)  .  Cofma  era  un  mercante  ,  fattoli 
poi  monaco  ,  e  vivea  fotto  il  regno  del  detto  imperatore  » 
come  egli  Hello  ce  lo  infegna  nel  libro  fecondo  delia  fua 
opera  ,  e  ce  lo  conferma  il  patriarca  Fozio  ( b )  (c)  . 

/.  18.  lo  qui,  ben  lo  veggo,  ho  già  oltrepalfati  i  con¬ 
fini  che  prefiggermi  dovea  ,  fcrivendo  la  Horia  dell’arte  ;  ma 
febbene  provali!  un  interno  rammarico  conlìderando  l’ arte 
nella  fua  decadenza,  limile  a  quel  cittadino  che  fcrive  pian¬ 
gendo  la  diftruzione  della  fua  patria  di  cui  è  fiato  tefiimo- 
nio  ;  pur  non  ho  faputo  trattenermi  dal  tener  dietro  al  de¬ 
lfino  delle  grandi  opere  ,  e  feguirle  fin  dove  ne  ho  trovate  le 
tracce  .  Così  una  tenera  amante  mira  dal  lido  l’amor  fuo  che 
folcando  le  onde  s’allontana  ,  e  cui  non  ifpera  di  più  rive¬ 
dere  ;  lo  fegue  finché  può  cogli  occhi  lagrimofi  ,  e  parie  di 
fcorgerne  ancora  l’immagine  fulle  lontane  vele  .  A  noi  ,  co¬ 
me  a  quell’amante ,  non  refia  più  che  un’ombra  dell’ogget¬ 
to 


(a)  Colleci.  fcrìpt.  gric.  Tom.  il.  pag.  1  r  ;. 
(a)  OPXHCHC  Ita  fcritto  . 

Cb)  Quella  è  una  efagerazione  . 

_  (b)  Biblioth.  cod.  XXX  VI.  pag.  22.  [Fo¬ 
zio  dà  l'eftratto  del  di  lui  libro ,  credendolo 
anonimo  ,  come  ofiervò  il  Fabricio  BUI.  gal¬ 
ea  ,  Tom  il.  lib.  2.  c.  25.  pag.  609.  ;  e  ano¬ 
nimo  è  il  Codice  Vaticano  .  Viveva  già  ai 
tempi  di  Giu  (lino  ;  ma  fenile  ai  tempi  di  Giu- 
ftiniar.o  verfo  l’anno  55,-. ,  e  feguenri  ,  come 
nota  il  Montfaucon  'oc.  cit. pag.  I. 

(c)  Quefto  paragrafo  l'ho  qui  aggiunto  per 


maggior  compimento  ,  avendolo  tratto  dal 
Trattato  preliminare  ,  in  fine  ,  e  dalle  Anno¬ 
tazioni  del  nofrro  Autore  a  quefto  luogo  del¬ 
la  Storia  .  Notizie  più  efatte  ,  e  più  diffufe  , 
provate  principalmente  coi  monumenti  incili 
in  rame  ,  sì  per  l'epoca  dell’arte  nei  tempi  ac¬ 
cennati  da  Winkelmann  in  quefto  capo  ;  e  sì 
per  il  tratto  fucceflìvo  fino  a!  riforgimento 
dell’arte  medelìma  in  quelli  ultimi  fecoii  tras- 
corlì ,  ce  le  dara  l’ indefelfo  ,  e  diligenrilfimo 
fignor  cavaliere  d’Agincourt  nell’opera  ,  che 
accennammo  qui  avanci  pag.  78.  coi.  1. 


DAI  TEMPI  D’  Ad  RI  ANO  E  C.  427 

to  de’  noflTi  defiderj  ,  i  quali  però  vengono  irritati  dalla  per¬ 
dita  lleda  .  Noi  confideriamo  le  copie  con  maggior  atten¬ 
zione  ,  che  non  faremmo  fe  gli  originali  medefimi  pofledef- 
fìmo  .  Raffomigliamo  a  coloro  che  vogliono  vedere  degli  fpet- 
tri  ove  non  fono.  11  nome  di  antichità  è  una  favorevole  pre¬ 
venzione  ,  nè  è  quella  priva  di  vantaggio  .  Giova  fempre  il 
figurarci  di  trovar  molto  per  ifcoprire  alla  fine  qualche  co- 
fa  .  Se  gli  antichi  fodero  flati  più  poveri  di  monumenti ,  me¬ 
glio  avrebbono  fcritto  dell’arte  .  Noi ,  che  riguardo  a  loro 
fiamo  come  gli  eredi  male  di  vili ,  fmoviamo  ogni  fallo  ;  on¬ 
de  coi  nollri  ragionamenti  fu  di  molti  e  fingoli  oggetti  d’an¬ 
tichità  arriviamo  almeno  ad  una  probabil  ficurezza ,  la  qua¬ 
le  può  divenir  più  illruttiva  che  le  notizie  lafciateci  dagli  an¬ 
tichi  ,  i  quali ,  tranne  qualche  indizio  di  cognizione  dell’ar¬ 
te  ,  fono  meramente  ifiorici  . 

jf.  19.  Forfè  in  quell  opera  mia  molte  volte  io  non  avrò 
colpito  nel  vero  ;  ma  1  uomo  fludiofo  non  dee  vergognarli 
di  cercale  la  verità,  anche  con  ifvantaggio  della  propria  ri¬ 
putazione  ;  e  bilogna  ben  che  alcuni  errino  ,  perchè  i  più 
prendano  il  buon  fenderò  . 


LIB.X1I. 
CAP. HI. 


Fine  del  Tomo  Secondo  „ 


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Tom  7/ 


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Tom.  II 


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