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presented to the
UNIVERSITY LIBRARY
UNIVERSITY OF CALIFORNIA
SAN DIEGO
by
Mrs . Charles Kelly
STORIA DELL'ITALIA ANTICA,
STORIA
DELL'ITALIA ANTICA
SCRITTA
u^XXO VAIVIVUOCI.
TERZA EDIZIONE
ACCRESCIUTA, CORRETTA E ILLUSTRATA COI MONUMENTI
VOLUME QUARTO.
rt.-imihi iiniieipoiii..., geiienS liuuiaiu.... iloniiimni.
TAaTO, llist.. Ili, OS.
viiiii; Deuirt eledu (IKdia) quac... spai-sa congre-
aai-et imperla, ritusque molliret, et tot populurum
iliscordes ferasque linguas scrmonis con\niercio
'ontraheret , colloquia et hunianitatcìii homiici
ilavet: breviterquc una cuiiclai-um fcnlium ii.
Kifo orbo pati-in (ierel.
V'r.iMo. .V»r. Wst., III. i:
MILANO
TIPOGRAFIA EDITRICE LOMBARDA
Via Appiani, N. 10
l'roprietà lettertxria
LIBRO SETTIMO.
L'IMPERO ROMANO NEI DUE PRIMI SECOLI,
VANr;i:c-t;i — Sloria dell'Italia antica — IV.
CAPITOLO PRIMO.
Augusto lavora destramente tutta la vita a riunire in sé solo ogni po-
tere della caduta Repubblica, e sotto apparenze repubblicane costituisce
l'Impero. — Ordinamenti, leggi e riforme a Roma, in Italia e nelle
province. — Nuovi ordini delle milizie; eserciti stanziali e guerre per
istabilire e per assicurare i confini dell'impero. — Il popolo pasciuto
e divertito applaudisce al felice padrone, mentre pochi sospirano invano
la spenta libertà. — Anche le opere immortali delle lettere e delle
arti usate come strumenti d'impero. — La poesia e la storia alla corte.
— I grandi monumenti di Roma. — Lusso e commercio. — La fumi-
glia imperiale, e la vecchiezza e la fine d'Augusto.
(Anni di Roma 723-707, avanti Cristo 29 e di Cristo 14).
ra vengono le .sorti di Pioma e d'Italia
0 delle province sotto l'impero dei Cesari, e i
tempi in cui i mutati ordini non danno ri-
poso, e le rivoluzioni continuano più crudeli,
più istantanee, più numerose, e all'agitata li-
bertà succede servitù sanguinosa, e tutte le
vite degli uomini dipendono dai capricci di un despota
imbecille o di un pazzo feroce. Abbiamo alla mani una
storia di enormi delitti, e lo strazio disonesto e la morte
di un mondo. E prima di tutto dobbiamo vedere come
si stabilisse c[uest'ordine nuovo che, mite dapprima, di-
viene poi crudelissimo, e tutto avvilisce e deturpa, e Ila-
;5 L- IMPERO ROMANO. [Lin. VIL
gella con mali inenarrabili la stirpe umana, ed ha per
suoi strumenti e compagni perpetui i veleni, i ferri, i
furti, le confiscazioni, le spie; e la reggia stessa riempie
di sangue, e in balia di ebbri soldati pone lo scettro e
le vite dei principi, i quali cadono traendo seco migliaia
di vittime umane, dopo avere contaminata la terra col
sangue di loro madri, di loro mogli, di loro parenti, e
dei partigiani, dei duci e degli eserciti interi. Alcuni
principi buoni e valenti tentano di rimediare ai mali della
dominazione ferocemente dispotica: ma se con loro prov-
vedimenti ed imprese ristorano un momento la giustizia
oltraggiata, e danno al nome romano giorni di nuovo e
grande splendore, e continuano l'opera civilizzatrice del
mondo, invano si sforzano di arrestare la rovina di questa
impero, il quale dopo lunghi anni di incertezze e furori
cade sconciamente lasciando Roma e l'Italia in preda
dei barbari (")•
11 vincitore di Antonio e di Cleopatra dopo avere, coi
sottili accorgimenti e coi poderosi sforzi, tolto di mezzo-
ogni ostacolo, mirava cupidamente a godere solo i frutti
delle lunghe fatiche recando in sua mano ogni potere
dello Stato. Quelli che scrissero che Ottavio, dopo dodici
anni di pericoli , di guerre , e di delitti commessi per
amore d'imperio, volle sinceramente abdicarlo allorché
ebbe conseguito quasi tutti i suoi desiderii, mostrarono
(") Ai tempi nostri si vitlero f-crittori che. coirintendimento di aiutare
la fondazione di nuovi imperi, presero a celel)rare la tirannide dell'ira-
licro romano (vedi Romieu, U ère des Césars, Paris 18r)0). Agli autori
di questo sconcezze cosi rispose di passo un libero e onesto e arguto ri-
'••^rcatore delle cose romani;: — Il s'esi clahli deputò- qiielque iemps une
mode de n'hai nliier l'empire roraain ,, car il avait besoin de rclinhili-
intion. Je me stiis permis de ne pas lenir compie de ce jìaradoxe ;
j'en .siiis restr à l'opinion co'niraiine, voilà ma hardiessc; on avail '
'..lis le ci'-Kr (I droite, je l'ai remis ò f/aiiche: ce n'esf pa\- ma fante
.y'il ne convieni paini à tout le monde qii'iì soit ('< .\a place. Ampère,
L'histoire romaine a Rome, Paris lKr>2. voi. I. pai;. XLIV.
Gap. I.] ARTI DI OTTAVIO PER FONDARE LA SUA POTENZA. 9
piccola conoscenza dell'uomo, e cosi grande semplicità
da dare idea non troppo buona del loro giudizio. È vero
che egli stesso lo disse più volte ; ma appunto perchè un
tale uomo lo disse, si vuol credere che non lo avesse
nell'animo. Egli voleva prendere a gabbo la gente av-
vezza da lungo tempo alla libertà , facendosi padrone
senza dirlo e senza parerlo, perchè sapeva la sorte toc-
cata a Cesare che non studiò di dissimulare a bastanza;
voleva fondare a suo profitto un'autorità illimitata, simu-
lando, per tor via ogni sospetto, di non fare mutazione
e di continuare rinnovati gli ordini antichi: studiava di
recare ad effetto il suo disegno destramente e lentamente,
perchè l'impresa non gli fallisse. Sapendo che gli uomini
si lasciano governare dai nomi, pensò che tutti coi nomi
antichi accetterebbero la servitù nuova. E a questo la-
vorò tutta la vita con maraviglioso apparato di prudenza,
d'ipocrisia e di scaltrimenti, e menò si bene le arti sue
che, quando ebbe preso ogni cosa, la città lo salutò pa-
dre della patria, e gli storici lo celebrarono per avere
restituita la maestà e la dignità al senato e ai magistrati,
e rinnovata l'antica Repubblica ^
Le parti di dissimulatore rappresentava con tanta mae-
stria, che neppure alcuni dei più intimi confidenti sco-
prirono i segreti dell'animo suo, se è vero che chiedesse
loro consiglio sul partito da prendere. Narrano che dopo AnDjdiu
i trionfi e le feste della vittoria si restringesse a consulta g'^'cV'.^^
con C. Cilnio Mecenate e con Marco Vipsanio Agrippa ("),
('') Ritratti di Mecenate e di Agrìppa. N. 1. ^Mecenate in cornalina
«Iella collezione Farnese , lavorata da Solone il cui nome è ivi scritto in
caratteri greci. — 2. Medaglione collo stesso ritratto e col nome del
medesimo artista. Il tipo del rovescio sembra imitato da una moneta
ilei Metropolitani d'Ionia, presso i quali era nato il vincitore ai giuochi
<lel Circo in onore del quale fu battuto il medaglione. — 3. Testa di
Agrippa trovata a Gabii. Ha la fronte accigliata e la fiera guardatura
1 Velleio l'atei colo, II, 89.
10
[LiB. VII.
i;iiratti .li M..'CrniU<' e di Agrippa [Viso.ìt:, ho», /.'o... ,)
Gap. L] I CONSIGLI DI .MPXENATE E DI AGRIPPA. 1 1
come per chiedere il loro avviso sul disegno di ristabi-
lire la Repubblica, nel tempo stesso che era risolutissimo
a piantare più ferme le basi della sua dominazione. È.
stato avvertito, e giova ripeterlo, che i discorsi posti da
Dione in bocca a quei due consiglieri non sono altro che
una esercitazione rettorica dello storico greco, quantunque
e' faccia loro dir cose conformi pienamente all'indole di
ciascheduno. Agrippa, franco soldato e supposto amico ai
seguaci di libertà, discorse dell'amore di egualità innato
negli uomini, m.ostrò i pericoli e i danni del potere di
un solo, e apertamente consigliò di restituire la Repub-
blica e la costituzione che già fece la gloria e la gran-
dezza di Roma: e disse ciò desiderarsi dai hberi uomini^
ciò volersi alla sicurezza di Ottavio. All'incontro Mece-
nate, di animo cortigiano, e perciò bisognoso di una corte
e di un principe, mostrò con lunga diceria che la sicurezza
del vincitore, e le condizioni di Roma e dei vinti neces-
sitavano il governo di un solo, il quale per altro non
doveva esser dispotico, ma distruttore dell'anarchia e
rigeneratore della Repubblica. Espose anche i suoi pen-
sieri sugli ordini del nuovo governo, che voleva essere
regio nel fatto senza averne "l'odioso nome; e consigliò
di stringere il mondo in monarchia potente e una per
egualità di diritti, di leggi e d'imposte *.
che colla parola torvitas sono ricordate da Plinio (XXXV, 9). — 4. Testa
di Agrippa cinta di corona rostrale e murale colla leggenda M. agrippa
COS. TER. (console per la terza volta), cossus lentulus (Cosso Lentulo
magistrato preposto alla fabbricazione delle monete). — 5. Testa di M.
Agrippa al nome del quale vedesi aggiunto qui pure quello del triumviro
monetale platorinus iiiv. {triumvlr). — 6. Testa cinta di corona rostrale
colla leggenda M. agrippa l. f. {Litcii fdius), cos. ter. {consul tertium).
Per allusione alle vittorie navali di Agrippa nel rovescio è figurato-
Nettuno col tridente e col delfino suoi attributi. Le sigle s. e. {senatus
consulto) dicono che la medaglia fu battuta per decreto del senato. Vi-
sconti. Icon. Rom., voi. I, pag. 209 e 291, tav. XIII, e Vili.
l Diono Cassio, LII, 1-10.
12 OTTAVIO IMPERATORE CON AUTORITÀ SUPREMA. [Lib. VII.
Ottavio segui naturalmente i consigli di Mecenate per
ciò che riguarda il governo di un solo, ma lodò Agrippa
di sua franchezza, e unendolo poco appresso alla sua fa-
miglia con nozze, lo usò ai suoi disegni. E d'ora in poi
mise ogni studio a fondare un ordine che, mentre nel
fatto dava tutto ad un solo, non era né monarchia, nò
Repubblica, e, riposando sopra una menzogna, preparava
il regno dei soldati, e l'interregno di tutte le leggi.
Console già da più anni, mirava a pigliarsi l'autorità
di questa carica a vita, e la ebbe in appresso. Ora, im-
portandogli soprattutto la forza delle armi, si fece decre-
tare dal senato il nome à' imperatore, non come soleva
darsi già ai duci vittoriosi per segno di onore, ma come
indicante l'autorità suprema quale fu presa da Cesare ♦;
e con quel nome accoglieva in sé solo tutta la potestà
militare, riduceva i capitani a suoi luogotenenti, si ob-
bligava per giuramento i soldati, e li rendeva docili stru-
menti di sua grandezza. Questo fu il primo fondamento
di sua grande potenza.
Nei suoi trionlì, dedicando, presso alla Basilica Giulia,
la nuova Curia fatta splendida delle spoglie egiziane a
onore di Cesare, e destinata a divenire sede usuale al
senato, vi aveva posto la statua della Vittoria trasferita
in antico da Taranto a Roma^: col che diceva chiaro,
come egli vincitore dei nemici intendesse di aveie ri-
dotti in sua potestà anche i padri coscritti. Voleva usare
il senato a sostegno del trono per dare autorità al nuovo
governo coi decreti della famosa assemblea. Quindi per
darle più autorevole e più venerando sembiante, mentre
la spogliava di tutta l'antica potenza e la riduceva tutta
in suo ar])itrio ^, si adoprò a purgar la Curia dei membri
J Dione Cassio, LII, -ti; Ilaiiow, Da Princlpalii Augusti, Sorr.u 1837, pag. 6.
- Dione Cassio, L, 22. Conf. Eckcl, Doctrina num. vet.. VI, 85.
3 Urocr.?, Rerum cicilv.i.m apnd Eomanos mxUatio sub Augusto^ Traiceli ad Rlicat
182-3, rajr. 27.
Gap. I.
RIFORMA DEL SENATO.
1:5
indegni postivi nella licenza delle guerre civili, usando 'ì^a756'^^
la prefettura dei costumi, cioè la censura, a cacciar via ^■^'•■-^•
gli immeritevoli, e i nemici agii ordini nuovi. E perchè
ell'era difficile e pericolosa faccenda, a quei giorni stette
cinto di amici gagliardi, andava al senato con spada e
corazza, né ammetteva al suo cospetto alcun senatore,
se non dopo averlo fatto frucare per sicurezza che non
portasse armi sotto *. Per via di dimissioni volontarie,
ottenute alcune colle buone e altre colle minacce, fece
si che 190 senatori lasciassero la Curia, e per non irri-
tarli troppo si destreggiò perchè non fossero notati d'in-
famia, e lasciò loro le mostre esterne di quella dignità.
1 Svetonio, Aug.^ 35.
A. > .; j ; ;( — Storia dell'Italia antica
]4 RIFORMA DEL SENATO. [Lib. VII.
Tornato poscia più volte a far questo spurgo, ridusse i
senatori da mille a 000, e molti di questi rese favorevoli
a se colla liberalità ; perchè avendo inalzato il censo se-
natoriale da iOO mila fino a un milione e 500 mila se-
sterzi (''), détte spesso ai meno ricchi ciò che mancava
loro per giungere a quella somma *.
Nel nuovo ordine i padri continuarono a dare udienza
agli ambasciatori stranieri, ad andare ai governi dei sud-
diti e delle legioni, a sedere nei tribunali, ad ammini-
strare in apparenza l'erario, e furono inalzati ad alta
corte di giustizia per giudicare i rei di delitti di Stato,
i governatori delle province, le donne nobili che si co-
privano d'infamia, e in generale i casi criminali che per
causa del grado elevato delle persone più offendevano
la pubblica disciplina ^. Ma per ciò che riguarda la po-
testà deliberativa, il senato conservò solo le apparenze
di quello che era stato in antico: perchè, quantunque
sia detto che nelle adunanze lasciavasi ad ognuno libertà
di opinione, è certo che i padri dovevano sancire, non
discutere, le proposizioni del principe. E i suoi devoti
largamente sancivano tutto; e gli altri vedendo esser
vano l'opporsi, alla fine non andavano più alle adunanze,
quantunque ridotte a due sole al mese, e tolte in set-
tembre e in ottobre. Invano furono poste multe a chi
mancasse non impedito da giusto motivo: le adunanze
continuarono ad essere sceme; e perchè non interveni-
(") Equivalenti a lire ital. 238,557. 30. II denario (4 sesterzi!) corri-
spondente sotto la Repubblica a 82 centesimi della lira italiana, ne valse
79 sotto Augusto, 78 da Tiberio a Claudio, 73 sotto Nerone, 70 da Galba
a Domiziano. Cosi secondo i calcoli del Letronne , Sur l'évahiation de-^
monnaies ijrecques et roraaines. pag. 85, Paris 1.SI7.
• Svftonio, 41; Dione Cassio. !,1I, 19 o 42, l.III, -', UV, I.ì, IT, 20, V, 13, VI, li.
2 Dionn Cassio, LII, 31-32; Svetonio, 6G ; Tacito, A;,n., II, 2S, 31, 85; \V alter, Sto.ia
ilei diritto di Roma^ lib. I, cap. 32.
Cap. I.] I SENATORI PRIVATI DEL POTERE E ACCAREZZATI. 15
vano neppure i due terzi, cioè 400, bisognò stabilire che
anche da numero minore potessero farsi i decreti *.
Per impedire che i malcontenti si recassero altrove a
far novità, fu ordinato che niun senatore senza licenza
potesse uscire d'Italia, fatta eccezione solamente per la
Gallia Narbonese e per la Sicilia. A quelli che stati se-
guaci della parte contraria si mostravano diffidenti di
lui, fece sapere che aveva distrutto tutte le lettere tro-
vate negli scrigni d'Antonio: e questa era menzogna,
perchè le più di esse lettere conservò con gran cura, e
le usò poscia ai suoi fini. Per far meno sentire a tutti
il peso della sua signoria, Ottavio usava modi gentili coi
padri, non volle che si alzassero né quando entrava, né
quando usciva dalla Curia ; con parecchi tenne relazioni
amichevoli, e li visitava in casa nei loro giorni solenni
di nozze, di nascite, di funerali ^. Ai loro figliuoli concesse
di usare i distintivi paterni, e d'intervenire di buon'ora
alla Curia per pigliar pratica nelle faccende 3. Anche le
mogli in appresso ebbero onori e titoli di chiare e di chia-
rissime ^ ; ma il senato, destinato solamente a scemare
colla autorità del suo nome antico l'odio dell'usurpazione,
e a coprire la tirannide, quantunque accarezzato, e pri-
vilegiato di posti distinti al teatro e nel Circo, non ebbe
pii^i se non le apparenze dell'autorità ridotta in mano
di un solo : e piti tardi cadendo negli ultimi obbrobri della
servilità, quelli che già composero il sovrano e sempiterno
consiglio di Roma, delle nazioni e dei re •'' furono riser-
bati a dar consigli alla cucina di corte ^, e a deificare
i tiranni.
Per accrescere il numero dei suoi aderenti, Ottavic»
1 Svetonio, 35; Dione Cassio, l.IV, 35, LV, 3.
2 Dione Cassio, LII, 4'2-, Svetoaio, 53; Tacito, Ann.^ XII, i'3.
3 Svetonio, Auf/._, 3S.
4 Digest.., lib, I, tit. 9, leg. 8; Renier, Mèlo.nges d'épigra-phiej Paris ISjf , pa?. 7, ecc.
5 Cicerone, Pro Domo, SS, Pro SexCiOj 65.
« Giovenale, Sat., IV.
16 PATRIZI E CAVALIERI. OTTAVIO PRINC. DEL SENATO. [Lib. VIL
creò nuove famiglie patrizie * da porre in luogo di quelle
spente dalla guerra civile, e studiò di tirare a sé i ca-
valieri, ai quali aveva già rimesso i denari di cui, come
appaltatori delle pubbliche rendite, erano debitori alio
Stato ^. Coir intendimento di fare dell'ordine equestre
come un corpo di nuovi nobili, lo riformò severamente,
facendo render conto ad ogni cavaliere dei fatti suoi; e
alcuni ne degradò per illecite usure, e ai più fece una
reprimenda in segreto. Lasciò loro gli appalti delle ren-
dite pubbliche, li conservò nei tribunali, fu largo con
essi di onori e di privilegi e di ufficii, e gli usò nell'am-
ministrazione di tutto l'impero. Aveva anche vietato loro,
per onore dell'ordine, di ballare nell'orchestra e di scen-
dere nell'arena a combattere da gladiatori, ma da ultimo
fu costretto a revocare le sue leggi impotenti contro il
costume ^.
Nel sesto suo consolato (720) nel quale, come nella cen-
sura, ebbe Agrippa a collega, Ottavio fece il censo dei
cittadini romani e trovò 4 milioni e 03 mila uomini atti
alle armi, cioè nell'età da 17 a 00 anni, rappresentanti
una somma di più che 17 milioni di ambi i sessi, ossia
un aumento di otto volte sulla cifra dell'ultimo censo ^.
Dopo ciò Agrippa pose in capo alla lista dei senatori
il nome di Ottavio, e lo proclamò principe del senato,,
titolo repubblicano ricordante le istituzioni, gli uomini
e le virtù dei tempi. migliori, il quale, ponendo nel più
alto grado di preminenza civile lui armato della forza
militare per virtù deWimperio^ gli dava il diritto di opi-
nare il primo nell'assemblea e quindi il modo di gover-
nare gli avvisi e le deliberazioni degli altri ^: titolo co-
1 Dione Cassio, I.II, 42; Tacito, Ann.^ XI, 25: Monumenlum Ancyranicm, col. Il, lin. 1,
2 Appiano. V, 130.
3 Svotonio, 39, 40 e 43; Dione C.issio, XLVIII, 33, I.IV, 2 a 30, I.V, 13, LVI, 1'".
* Mon"..,i. Ancyr., II, 4-5; fjinton, Fasti He.llenici ^ III, 101; Mcrivalc, lUst. uf Iho
nomati^ under the cmjiìre, III, 151, London 1851
5 Diouo Cii-^.-io, LUI, 1.
Caf. I.J feste, e commedia del rinunziare L'IMPERO. 17
stituzionale e modesto che presto passando a significato
diverso e più generale indicherà il capo e padrone di
tutto.
11 destro uomo a poco a poco piglia ogni cosa per se,
e con nuove feste e larghezze fa sì che la gente pasciuta,
divertita e incantata non veda il dispotismo che le so-
vrasta. Dopo la distruzione di Antonio aveva regalato
mille sesterzi a ogni veterano delle sue tante legioni, e
400 a ogni cittadino, compresivi per la prima volta anche
i fanciulli; e tanta era stata la moneta sparsa nel pub-
blico che l'usura diminuì di due terzi, scendendo dal do-
dici al quattro per cento, e il prezzo delle terre e delle
altre cose venali si accrebbe del doppio *. Ora grande
festa e giuochi e spettacoli per la inaugurazione del ma-
gnifico tempio edificato ad Apollo sul Palatino, a ricordo
della grande vittoria di Azzio, e nuove distribuzioni di
grano al popolo, e regali di pecunia e condonazioni di
debiti ad altri ^. Poscia per togliere a sé l'infamia delle
crudeltà commesse cogli altri triumviri, condanna le pro-
scrizioni, abolisce i decreti del triumvirato, e dichiara
che il suo trionfo è quello delle leggi e della giustizia ^.
Di che la gente ammirata applaudisce: e in plausi più
ardenti prorompono quando, con più solenne commedia,
dichiara in senato esser fermo di spogliarsi d'ogni auto-
rità, e di rendere al popolo e al senato gli antichi di-
ritti. Si dice contento di aver vendicato l'uccisione di
Cesare, e ridotto l'Impero a tranquillità. Vuole ora go-
dersi la vita in riposo, e ha più caro il titolo di sem-
plice cittadino romano e l'amore del popolo che la pompa
di dominatore del mondo: la pubblica libertà gli sta a
cuore più di qualunque suo particolare vantaggio.
i Monum. Ancyr., IH, 17; l;!one, LI, 21 ; Svctonio, '11 : Orosio, VI, 19.
3 Virgilio, Aev.^ Vili, 717 e spgp. ; Freiuivio,. II, 31: Velleio, 11, ?1 ; Svetcnio, 29 e
2; THone, XLIX, 15, e LUI, 1-2.
3 Tacito, Ann.^ Ili, SS; Dione Cassio, LKl, 2.
18 OTTAVIO DIVIENE AUGUSTO E SI FA PIÙ' POTENTE. [ Lib. VII.
I senatori furono variamente commossi a queste pa-
role. Alcuni le presero sul serio, e se ne dolevano; e
altri si rallegravano della libertà rinascente, mentre i
partecipi o indovini del segreto inalzavano soli la voce
pregando il principe a non parlare di riposo, a non ab-
bandonare la Repubblica affidatagli dagli Dei, e ad assi-
curarla colla pace, dopo averla salvata colle armi. Egli
fìntosi irremovibile dapprima, disse poscia che sforzato
dalle preghiere e dal comando dei padri cedeva a rite-
nere il governo, ma per soli dieci anni, protestando anche
che abbrevierebbe quel termine se la calma rinata e il
bene della patria lo domandassero. Pure, non sentendosi
forze bastanti a reggere da se tanto impero, disse ne pi-
glierebbe solo una parte. E fece sembiante di voler di-
viso il governo col senato e col popolo, ai quali lasciò
le regioni interne dell'Impero, che per esser tranquille
non abbisognavano di eserciti, e prese per sé le province
poste ai confini, le quali come esposte alle invasioni bar-
bariche volevano presidii permanenti *: e così, mostrando
di fare un beneficio al senato col dargli i luoghi di piìi
facil governo, lo lasciava senz'armi, e pigliava tutte le
forze militari per se.
1 senatori, o complici o creduU o rassegnati, gli de-
cretarono novelli onori, e poiché egli voleva consacrato
con altro nome il cominciare di questa nuova potenza,
alcuni chiesero che *si chiamasse Romolo come egli for-
temente desiderava, e sulla proposizione di L. Munazio
Anni di Ho- Planco , scoucissimo adulatore che già conosciamo, gli
O.C. 2^^' dettero il nome di Augusto; nome, che usato già a de-
signare i luoghi consacrati dai riti degli auguri, circon-
dava il principe di sovrumano splendore, e lo faceva quasi
divino -. Di pili decretarono che si ornasse di lauro e di
> Diono Cassio, LUI, 2-12; Svetonio, 28, 47 ; Stpabone, XVII, 1.
2 Dione Cassio, LUI, 16; Svetonio, 7; Censorino, De die nat., 22; Velleio , H, !'I ;
Fieri, IV, 12, 60; Ovidio, Fast... I, €09.
Cap. I.] CORONATO DI QUERCIA PEI CITTADINI SALVATI.
19
una corona di quercia il vestibolo della casa di lui per
ricordarlo salvatore dei cittadini ("), e perpetuo vincitore
dei nemici, e lo cinsero in città di soldati che gli guar-
dassero la persona. Quindi i suoi ritratti lo mostrano in-
coi*onato di quercia a ricordo dei cittadini salvati^ con
atroce insulto alle tante vittime del feroce triumviro.
Augusto incoronato di quercia (Visconti^ Icon. Rom. ^ tav. XVIH, n. 3).
Poscia un Sesto Pacuvio tribuno, rincarando in adula-
zione, consacrò sé stesso ad Augusto, ed obbligatosi a
(«) Monum. Ancìjr., VI, 2G; Dione, LUI, 16. Per le medaglie con la leg-
genda ob civis servatos , e civibus servateis vedi Eckel, Doctrln. Ninn.
vet., VI, 88; Cohen, Moìtn. frappées sous l'emp. rom., voi. I, pag. 90,
02, 94-97; Hobler, Records of Roman Hisiory front Cnaeus Pompeius
lo Tiberius Consiantinus as e.rhibited on the Roman coins, Westmin-
ster 1860, voi. 1, pag. 35, ecc.
20 POTESTÀ TRIBUNIZIA E PROCONSOLARE. [Lib. VII.
non sopravvivergli, costrinse a far lo stesso quanti tro-
vava per via, e più tardi (746) fece ordinare anche dal
popolo che il mese sestile avesse il nome d'Augusto *.
Questi non aveva raggiunto ancora tutti i suoi desi-
derii: al suo solito procedeva lento per arrivar più si-
curo, e attendeva tempo e congiunture propizie. Niun
usurpatore, come bene fu detto, usò mai più scaltrezza,
ne con maggior pazienza aspettò che gli uomini e il tempo
facessero lentamente, ma sicuramente, ciò che egli non
avrebbe potuto ad un tratto senza violenza pericolosa.
Non aveva la cieca e brutale ambizione che, invece di
evitare gli ostacoli, si piace di romperli, e calpesta leggi
e costumi, in luogo di preparare accortamente la via che
conduce di necessità alla servitù eterna degli uomini -.
Dopo gli onori avuti finqui, a dileguare i sospetti che
potevano nascere da innovazioni si gravi, si allontanò
dalla città andando a ordinare le Gallie, e a guerreggiare
nella Spagna. La lunga assenza, e la notizia giunta poscia
a Roma di una grave malattia che lo colpi a Tarragona,
crebbero l'affetto dei devoti alla sua persona e agli or-
dini nuovi. Quindi ardenti dimostrazioni di gioia all'an-
nunzio della sua guarigione, e nuove servilità nel senato.
Anni jiRo- Poi quaudo tornò alla città, e depose l'undecimo conso-
G.C.23. ■ lato, dandolo pel resto dell'anno a Lucio Sestio, già caldo
partigiano di Bruto, si levò grande entusiasmo anche tra
molti cittadini rimasti fedeli a parte repubbhcana. E al-
lora alcuni senatori profittarono di quella sua dimostra-
zione liberale per offrirgli due altre spoglie della Re-
pubblica, e gli dettero la potestà tribunizia e l'autorità
proconsolare per tutta la vita, e la fticoltà di proporre
ciò che volesse nell'assemblea del senato, anche quando
non avesse attualmente le insegne di console. La potestà
di proconsole, permessa dalle leggi antiche solo fuori di
I Dione Cassio, LUI, 20, LV, 6; Svetonio, 31; Macrobio, Saturn., I, 12.
* Cayx, Ilistoire de l'Empire romain, Paris 1836, voi. I, pag. 73.
Gap. I.] POTESTÀ PROCONSOLARE E TRIBUNIZIA. 21
Roma per tempo e luogo e fine determinato, a lui fu
conceduta in perpetuo con autorità militare e civile nelle
province, e in Italia e in città *. La potestà tribunizia («),
che a differenza degli antichi tribuni (*) poteva esercitare
anche fuori di Roma, gli dava il diritto di convocare a
sua voglia il senato e i comizi, di propor le leggi, d'im-
pedire quanto altri proponesse a suo danno, di ricevere
appellazioni da ogni sentenza, e col nome di difensore
della plebe lo copriva dell'inviolabilità degli antichi tri-
buni; privilegio terribile, che poscia divenne fondamento
alla legge di maestà, colla quale i despoti successivi
sparsero fiumi di sangue. Egli trovò, dice Tacito, questo
vocabolo di sovranità per non pigliare nome di dittatore
e di re, e per sovrastar pure con qualche appellazione
a ogni altro magistrato -. 1 tribuni antichi rimasero: ma
poiché in lui si raccolsero tutti i loro poteri, quell'ufficio
non ebbe più alcuna importanza ^.
A destargli nuove simpatie fa usata anche una malattia,
in cui parve voler lasciare potestà suprema ad Agrippa,
col dargli il suo anello ^. E quando la fame è la peste
desolarono Roma e l'Italia (732) destramente fu sparso
nel volgo che queste calamità avvenivano perchè non
era più console il pacificatore del mondo. Di che il po-
(") Secondo Dione la potestà tribunizia, già data in perpetuo anche a
Cesare, fu data ad Ottavio dopo la vittoria di Azzio e di Egitto (LI, 10,
ma comincia veramente dopo questo decreto del 731. Tacito, Ann., I, 9;
Eckei, Boctr. mim. vet., VI, 91 e 92.
(^) Gli Imperatori, scrive Dione, LUI, 18, stimano obbrobrioso l'eser-
citare il tribunato della plebe perchè sono patrizi; ma poi prendono in
«^ò medesimi tutta la potestà tribunizia nel maggior grado che essa sia
stata giammai; e secondo la medesima numerano anche gli anni del pro-
prio impero.
1 Svetonio, 27 ; Dione Cassio, LUI, 25, 32.
2 Tacito, Ann., IH, 55.
3 Dione Cassio, LIV, 30.
* Dione Cassio, LUI, 30.
Vannucci — Storia dell' Italia antica — IV. 3
22 POTESTÀ CONSOLARE, E PONTIFICATO SUPREMO. [Lib. VII.
polo levato a rumore corse alla Curia con minacce d'in-
cendio, se i padri non facessero lui dittatore. Augusto,
memore degli Idi di marzo, rifiuta il titolo odioso, prega
in ginocchio, s'indigna, e, come colpito da dolore ed or-
rore, si straccia le vesti, supplica che lo uccidano prima
di costringerlo a contaminarsi con quella carica, stata
sempre fatale alla libertà; e alla fine, rigettata l'offerta,
accetta solo la soprintendenza all'annona, e coll'opra di
Tiberio e di altri provvede perchè cessi la fame *.
Dopo andò a ordinare le province d'Oriente, ove si
mostrò in tutta la potenza di signore del mondo, gover-
nando sovranamente le faccende delle nazioni e dei re,
accogliendo ambascerie, dando e togliendo di suo arbitrio
libertà e privilegio E poiché in questo mentre a Roma
erano frequenti i rumori per l'elezione al posto di con-
sole, lasciato vuoto da lui anche quando gli fu offerto di
nuovo, egli tornando prese dai nuovi tumulti occasione
a pigliare nuova autorità e a rivestirsi delle ultime spo-
glie della Repubblica. Al solito, sotto sembiante di essere
sforzato dalle preghiere, si fece dare (735) la potestà con-
solare a vita, e ne prese tutti i diritti, lasciando il vano
titolo ai consoli che rimasero esecutori dei suoi comandi.
Riprese anche la irrefeitura dei costumi, e con essa il di-
ritto di fare e disfare senatori e cavalieri, di esaminare la
maniera di vivere di ogni cittadino, e di mettere fuori
su ciò leggi e riforme quante volesse. Poi, alla morte di
Lepido (741), prese pure l'ufficio di pontefice massimo,
e quindi ebbe anche la religione e il sacerdozio ai suoi
ordini ^, e potè far parlare e tacere Sibille, auguri, e ora-
coli di ogni maniera, e mettere gli Dei dalla sua parte.
Quando spirò il termine dei suoi straordinarii poteri,
si fece prorogare il comando prima per cinque anni,
poscia per dieci, e cosi di seguito fino alla morte, prò-
» Dione Cassio, LIV, 1; Velleio, II, 9i; Svetonio, TiO.. 8.
2 Dione Cassio, LIV, 7-10, 27, 30* Svetonio, 31.
Gap. I.] IL PRINCIPE PADRONE DI TUTTO. COMIZI. 23
testando sempre contro la violenza che facevano al suo
grande amore del riposo. D'onde poi venne l'uso ai suc-
cessori di solennizzare il primo giorno del secondo de-
cennio come quello del rinnovamento di loro potestà *.
Così a poco a poco recò in sua mano ogni cosa, e
quasi fosse solamente il principale magistrato, col nome
di principe ^ si fece padrone di tutto il governo, conti-
nuando sempre a parlare di Repubblica. Fatti dipendenti
da sé i magistrati, comandava a suo arbitrio in città e
nelle province; aveva in sua mano gli eserciti, le leve,
la pace, la guerra, le leggi, i giudizi, le imposizioni e
l'erario, quantunque di nome appartenesse al senato ^. I
senatori, riformati più volte come vedemmo, erano ser-
vitori pronti a ogni suo cenno. 11 popolo aveva ancora i
comizi, ma convocati e preseduti dal principe, che li go-
vernava a sua voglia. Egli andava alle assemblee, solle-
citava pei suoi candidati, puniva le brighe, e per agevo-
lare la votazione anche ai lontani sparsi nelle colonie,
ordinò che dalle altre parti d'Italia si mandassero a,
Roma per via di schede sigillate i suffragi: ma tutto
questo non era più che una vana apparenza, perchè il
popolo non aveva facoltà se non di decretare onori al
padrone, era spoghato della giurisdizione penale, e quanto
alle elezioni il principe faceva sì che non si eleggesse
nessuno senza il suo piacimento, e molte volte eleggeva
da se stesso senza badare ai comizi *.
Per questa via Augusto a grado a grado giungeva a
porre sé stesso in luogo di tutte le istituzioni, e il di-
spotismo fu stabilito di fatto : ma la critica storica or non
ammette che un ordinamento di popolo sciogliesse il
principe da ogni obbedienza alle leggi, come affermò Io
1 Dione Cassio, LUI, 16.
2 Tacito, Ann.. 1, 9.
S Dione Cassio, LII, 14 e segg., LUI, 17, ecc., LIV, 2-3, ecc.
4 Tacito, Ann.. 1, 15; Svetonio, 46 e 56; Dione Cassio, LUI, -21, LV, 34, LVI, 40.
24 LEGGE REGIA. GOVERNO D'AUGUSTO. [Lib. VII.
storico Dione amico e cortigiano dei despoti ("); ne cre-
dasi più alla legge regia, che poscia i giureconsulti di
Giustiniano considerarono come il titolo legale del potere
assoluto Q).
Lasciata da banda la questione del diritto, noi abbiamo
davanti il principe che, quantunque si sdegni contro chi
lo appella signore, è padrone di fatto, e rivolge ogni
cura a tenere Roma, l'Italia e le province obbedienti,
e usa provvedimenti e governi acconci a ristorare la
pubblica quiete, e a rendere meno dura ai cittadini la
perdita della libertà. Destro e prudente, tenne mite go-
verno, studiò di far beneficii, e se ciò non valesse, era
pronto a usare la forza delle armi. A nome della Repub-
blica si sforzò a tutta possa di mettere l'amministrazione
in armonia coi nuovi ordini del potere assoluto, e a que-
sto mirò colle leggi e con ogni sua opera. A governare
e mantenere tranquillo l'Impero sommamente importava
la quiete della popolosa città {'). Augusto, oltre ad al-
(«) Dione, LUI, 18. Ulpiauo {Big., I, tit. 3, 31) disse: Princeps lerjibus
fiohiius est. E Giustiniano asserì arditamente (Instit., I, 2, 6) che qua-
lunque cosa piacque al principe ha forza di legge, perchè il popolo por
mezzo della legge regia concesse a lui tutta la sua sovranità e potestà.
Quod lìrincipi placiiit, legis habet vigorem ; qunni lege Regia quae de
eiu.-i imperio lataestj populus ei et in emn omne imperium suum et
ptoiestatem concedit.
(*) Forti, Istituzioni Civili, I, 3; Cayx, Eist. de l'Emp. rem.. I, pag. 83;
e ]\!erivale, Hist. ofthe Romans under the empire, voi. Ili, pag. 487-490,
il quale dimostra che la frase legibus solutus usata ai tempi della Repub-
blica come sotto l'Impei'O (Cicerone, Pro lege Manilia, 21, De Legibus.
II, 23, Philipp., II, 13; Svetonio, Caes. , 18, e la legge con cui Vespa-
siano fu inalzato all'impero) significò solamente una dispensa dei magi-
strati e dei principi da qualche legge particolare, non lo scioglimento da
tutte le leggi, e che la legge regia a cui si appoggiò il dispotismo è
una invenzione fondata sopra una falsa interpretazione.
(^) Sulla popolazione di Roma dissero frasi grandi gli antichi da cui
trassero conclusioni più esagerate i moderni. Lucano (I, .512) scrisse poe-
ticamente , che la sterminata città era capace di contenere tutto il gè-
Cai>. I.] PREFETTO URBANO. 25
.lontanare per via di colonie i cittadini o non favorevoli
a sé, 0 in qualunque modo pericolosi, détte il governo
di Roma al prefetto urbano (737), che creato straordina-
riamente in antico, quando i re o i primi magistrati si
allontanavano dalla città, divenne ora permanente, e
come primo delegato del principe andò armato di fasci,
di soldati e di straordinari poteri, per fare la polizia ge-
nerale di Roma, per reprimere i tumulti e le novità nello
spazio di cento miglia all'intorno. Ebbe anche facoltà di
ricevere gli appelli dei litiganti di Roma, e giurisdizione
nelle liti tra servi e padroni, e tra patroni e clienti; e
nell'assenza del capo supremo potè cacciar di Roma e
d'Italia i cittadini stimati pericolosi alla pubblica quiete,
e trasportarli a sicura custodia in un'isola *. Da lungo
tempo in Roma non vi era più sicurezza. Ladri e assas-
nere umano. Il retore Aristide, nel suo Enconiìo di lloraa, disse che ri-
ducendo ad un sol piano tutte le altissime case di Roma, ed estendendole
pel territorio avrebbero occupata tutta l'Italia. Da queste, e da altre am-
pollose asserzioni , vari scrittori moderni conclusero che la popolazione
doveva ascendere a 4 milioni, a 8, e fino a 14. Il Bureau de la INIalle,
[Econom. jtolitiqìte dei Romains, livre II, chap. 10-12), considerando la
superficie e la circonferenza della città, sottraendone gli spazii vuoti, come
i moltissimi templi cinti da boschi sacri, i fòri, i circhi, i teatri, le ba-
siliche, le terme, le piazze o trivii , che Plinio (III, 9) portò a 265, cal-
cola che, non contando la popolazione dei suburbii, l'antica cerchia di
Servio Tullio, che durava ai tempi di Augusto, non potesse contenere
più di 300 mila abitanti, e che nell'allargamento fatto poi da Aureliano
non potessero starvi molti più di 560 mila, compresi soldati e stranieri;
e conferma questa cifra col calcolo del grano che si consumava ogni
giorno ai tempi di Settimio Severo. All'incontro l'archeologo Nibby {Roma
antica, voi. I, pag. 207, e segg.), fondandosi anch'egli sulla consumazione
annua del grano, stima la popolazione di Roma a un milione e 950 mila
ai tempi di Augusto, e a oltre due milioni quando giunge al suo colmo
al principio del secolo terzo.
I Tacito, Ann.^ VI, 10, 11; Svetonio, 33 e 37; Dione Cassio, I-II, 21; Gellio, XIV, 8;
Ulpiano, De Ofpc. praef. urb.^ Digest .^ 1, 12, 1 ; Corsini, De praefectis urbiSj Pisis 1766 ;
Cardinali, Intorno la serie dei prefetti di Roma^ Velielri 1S36 ; Franke, De f,raefectura
urbis capita duo^ Berlin 1850.
2G POLIZIA E ORDINAMENTO MUNICil'ALE DI RO^IA. j Lib. VII.
siili infestavano le vie; né la gente poteva andare tran-
quilla nel Campo Marzio a uno spettacolo, se per tutta
la città non erano disposte guardie a difender le case *.
Augusto represse energicamente questi disordini, e come
non bastava più la ordinaria polizia degli edili, ordinò
guardie di nuove maniere. Partì in undici regioni tutto
lo spazio racchiuso dentro alle mura, e denominato pro-
priamente città (Urhs), e in tre quello dei suburbii sino
all'estremità dei quali estendevasi il nome diRoma("):
•poi suddivise le 14 regioni in 205 vici -, o, come oggi
diremmo, contrade o quartieri, e sa questa divisione
fondò un nuovo ordinamento municipale, preponendo a
€gni regione un pretore o tribuno o questore incaricato
dell'alta amministrazione. Sotto di essi stavano 14 cura-
tori, da cui dipendevano altrettanti minori ufficiali (de-
nunciatorcs) aventi la cura di trasmettere gli ordini su-
periori ai quattro capi di ogni vico {magistri vicorum),
che avevano 1060 schiavi al loro servizio. Xon sappiamo
le particolari, funzioni di questi vari ufficiali eletti in ogni
quartiere, ma dei capi dei vici è certo che, tra le altre
cose, facevano la polizia dei mercati, vegliavano all'onestà
del comprare e del vendere, e che erano al tempo stesso
magistrati municipali e sacerdoti dei Lari {^). Dovevano
C) U/-bis appellatio muris, Romae autem continentlbus aedi/ìciii fi-
nitw, quod latius patet. Paolo, Digest., L, IG, 2.
('') Porfirione e Acrone, Ad Horat. Sat., II, 3, 281; Eggcr, Recìierches
nouvelles sur l'histoire des institutions municipales chez les Romains,
neWExaìnen des historiens anciens d' Auguste , pag-. 359, ecc. Svetonio
(30), e Dione Cassio (LV,8) affermano che i magistri vicorum furono
istituiti da Augusto, ma se ne ha menzione anche in Cicerone (In Pison.,
4) e in Eivio (XXXIV, 7): e un'iscrizione, trovata di recente a Pompei,
dichiara la istituzione anteriore ad Augusto, il quale forse non fece altio
ohe ordinar meglio questa niagistratui'a, dandole la dignità di due littori
' Svetonio. 32.
« .Svetonio, 30; Dione Cassio, LV, 8; l'iinio, III, 9.
Gap. I.j vigili E PRETORIANI A GUARDIA DELLA CITTÀ. 27
anche vegliare contro agli incendii frequenti: ma come
a ciò non erano bastanti gli schiavi posti sotto di essi,
fu provveduto con istituzione più efficace ordinando sette
coorti di vigili (7 mila uomini) o guardie notturne, le
quali poste a quartiere in luoghi determinati presso alle
mura e alle porte, suli'Esquilie, sul Viminale, sull'Aven-
tino, sul Celio, in Trastevere e altrove, sotto il governo
di un particolare prefetto avevano il carico di guardare
ciascuna a estinguer gT incendii in due regioni, di tener
l'occhio ai ladri, e di impedire o reprimere ogni disor-
dine ("). A presidio della città Augusto ordinò anche sei-
mila uomini divisi in quattro coorti urbane, come a guar-
dia di sua persona pose cavalieri Germani e Batavi, e
diecimila pretoriani partiti in nove e poscia in dieci coorti
levate dall' Etruria, dall'Umbria, dal Lazio e dalle colonie
antiche , tre delle quali stanziarono in Roma e le altre
ne' luoghi vicini, d'onde potevano esser pronte ad ogni
occorrenza '. Assicurò la città anche dalle inondazioni
e riacarico di ■orvegliarc cogli edili alla estinzione degli incendii. Vedi
Fiorelli, Giornale degli scavi di Porajjei, 1861, n.° 1, pag. 2-4, il quale,
confrontando la suddetta epigrafe pompeiana con la 782 dell'Oi-elli, fissa
all'anno 707 la prima istituzione dei ìnagistri vicorum.
(«) Dione Cassio, Lll, 24, LIV, 2, LV, 8 e 26; Digest., lih. I, tit. 15.
§ 1 e 3, De Officio Praefecti Yigilum. Di queste guardie di polizia par-
lano molte epigrafi colle quali e con altri monumenti ai tempi nostri fu
dato di determinare il sito della maggior parte di loro stazioni. Vedi
Kellermann, Yig^liim Romano ì-um lalercula duo caelimontana , ecc. Ro-
mae 1835; Borghesi, in Bullett. Istit., 1835, pag. 170-176 ;"G. B. De Rossi.
Le stazioni delle sette coorti dei vigili nella città di Uomo, in Annal.
Islit. , 1858, pag. 265-297, e 391-392; Henzen, in Bullett. Istit. , 1867,
pag. 8-30, ove si parla della scoperta della stazione della settima coorte
in Trastevere, e precisamente nella contrada detta Monte di Fiore. Una
iscrizione parla dei vigili anche in Numidia. Vedi De Vit., in Bidl. Istil..
1868, pag. 63.
1 Dione Cassio, LV, 23-21,. LAI, 23; Svetonio Ai'g.. \<d., C'aìirj., A3, Galba, 12; Tacito,
A)!)ì., L 2i, e IV. 5.
23
TEVERE, ACQUIDOTTI, ACQUA VERGINE.
[ LiB. VII.
del Tevere, allargandone e purgandone l'alveo; deputò
nuovi magistrati a curare gli edifizi pubblici, le vie, gli
acquidotti (■'): e a seconda dei suoi desiderii Agrippa
autore di tante opere pubbliche condusse in città V Acqua
Ycrfiine (735), la quale, allacciata all'ottavo miglio della
(Canina^ Elif ^ I\, 2i3)
via Collatina, per vie sotterranee, e sopra archi e so-
struzioni monumentali, dopo 14 miglia di corso, venne
(«) Dione Cassio, LI V, 8. 11, 23; Orazio, Od., I, 2, 13 e segg; Svetonio,
30, 37, 42. Agrippa, che foce tanti acquidotti e tante fontane, ne prese
dapprima la cura egli stesso. Poscia Augusto ne fece una magistratura
onorevole, e T ufficiale incaricato di essa si chiamò curator aquarum.
Frontino, che più tardi fu curatore delle acque, ha conservato il catalogo
di tutti quelli che lo precedettero. Vi furono anche due corporazioni
(familicn) istituite pel mantenimento degli acquidotti, una delle quali si
componeva di fontanieri, di ispettori, di muratori, ecc., e l'altra di pub-
blici servi, designati col nome di aquarii. Frontino, De Aquaediici..
98-116. Ve<U anche Orelli, Inscript., 3203.
Gap. I.] ANNONA, E LEGGI A SOSTEGNO DEL PRINCIPATO. 29
ad abbeverare uno dei più popolosi quartieri di Roma,
ed è quella stessa che oggi nutrisce la grande fontana
di Trevi ("). E mentre si dava cura dell'acqua, il principe
pensò anche al pane, e fu studiosissimo di impedire le ca-
restie col provvedere al pronto trasporto dei grani. Dap-
prima prese cura in persona di questa grave faccenda;
poi nominò deputati straordinarii nei casi urgenti, e pose
un prefetto permanente a presedere all'annona con ampia
giurisdizione sui mercati e sugli edili cereali K
Tolto al popolo quasi ogni potere legislativo ed elet-
torale, scelse da sé i magistrati più importanti, e pose
mano a fare in altro modo le leggi necessarie al nuovo
ordine per lui stabilito. Usò di una specie di consiglio
di Stato, composto di senatori, di cavalieri, di magistrati
e di familiari a se più devoti, dapprima di 15 membri,
poscia di venti, rinnovati dalla sorte ogni semestre, ai
quali chiedeva avviso su ciò che voleva ordinare, e le
cose deliberate da essi nella casa imperiale da ultimo
ebbero autorità, come se le avesse sancite il senato -.
All'assemblea generale dei padri rimaneva poco più che
approvare le voglie del principe, le quali egli poscia pub-
blicava col nome di senati-consulti.
A tempo della Repubblica i pretori, che coi loro editti
supplivano e correggevano il diritto civile 3, qualche volta
con finzioni legali interpetravano le leggi, o ne eludevano
le disposizioni per favorire i patrizi. Augusto, fermo a
prendere dagli ordini della libertà ciò che fosse buono
(") Nibby, Dintorni di Roma. voi. Ili, pag. 466-472. L'epigrafe dice
che Claudio rifece gli archi dell'acquidotto guastati da Caligola. L'Acqua
Vergine, al dire di Frontino {De Aquaed, 10), ebbe questo nome perchè
la sua sorgente fu indicata da una giovinetta [puella virgunculo). Coni".
Plinio, XXXI. 25, e Cassiodoro, Yarr., VII, 6.
1 Svetonio, 37, 41 ; Dione Cassio, LI, 21, LII, 91, LUI, 2S, LIV, 1, LV, 3, 10, 26 e 13.
2 Dione Cassio, LUI, 21, LVI, 28 e 41 ; Svetonio. 35.
3 Vedi Reddie, De edictis praeCorum,. Gottingae 1S25.
V < j j CI — Storia deW Italia antica — IV. 4
30 I GIURECONSULTI CAPITONE E LABEONE. [ Lib. VII.
a fondare gli ordini del principato, stabilì nuovi principii
di legislazione sotto il nome degli autori delle leggi re-
pubblicane, e coi suoi editti alterò le leggi antiche e
anche quelle pubbUcate da lui stesso*. E così sotto co-
lore di riformare la giurisprudenza, la trasformò e la go-
vernò a sua volontà. A questo usò anche l'opera dei giu-
reconsulti, cui dette facoltà di decidere sulle questioni di
diritto, e impose ai giudici di stare ai loro responsi-.
Per recare alla sua parte i giureconsulti più valenti, e
farli strumenti di sua potenza, li allettò con gli onori,
ed ebbe con se Aulo OiìUo già familiarissimo a Cesare,
P. Alfeno Varo di Cremona uomo dottissimo ', e détte
il consolato a C. Ateio Capitone, il quale quanto splen-
deva per sapienza di leggi, tanto cadde in dispregio del-
l'universale per le sconce adulazioni, e per l'aiuto che
dette al dispotismo con sue turpi sentenze, e ne fu pu-
nito poscia anche col non essere quasi mai citato dai
successivi giureconsulti, quantunque prevalesse la tiran-
nide, di cui egli si era fatto sostenitore *. Ma altri sde-
gnarono di mettere la scienza delle leggi a puntello del
trono, e tra tutti andò celebrato per incorrotta libertà
M. Antistio Labeone, figlio di padre morto coi Repubbli-
cani a Filippi^; il quale, sovrano luminare della scienza,
autore di un numero grande di libri, e tenacissimo delle
antiche dottrine, ebbe gloria maggiore dalla persecuzione
del principe, i cui voleri combattè gagliardamente in
ogni occorenza, e, stando sempre per le sentenze più li-
bere, perpetuò coi suoi seguaci la resistenza alle dottrine
> Gibbon, History of the Decime and Fall of the roman emprre, .hap. 41; Xougarède,
Jlistoire da siede d'Anguale^ I, 19.
2 l'.ach, Historia Jurinprud. Rom., seetio V, § 3.
3 Cicerone, Ad Famil., VII, 21; Pomponio, Dig.^ I, 2, 2, 41; Gelilo, VI, 5. Conf. Vir-
Kilio, Ecl.^ VI, 10, e Servio, wi e 113.
4 Tacito, Arm.^ Ili, 70 e 75; Dione, LVII, 17; Svetonio, Gramm.^ 22; Hugo, Hist. du
dfoit romain, § 324. Sulla sua dottrina vedi Gelilo, X, 20; Macrobio, «SafKrn., VII, 13,
r. Avi^iano, IV, ]'-:.
Gap. I.] RIORDINAMENTO DEI TRIBUNALI. 31
del dispotismo, e nella tirannide insegnò agli uomini di
legge a mantenere libertà e dignità {'').
Augusto pensò alla giustizia e riordinò i tribunali, e
stabili quanti e quali dovessero essere i giudici, e come
e quando avessero a tenere i giudizi. Come per la legge
Aurelia vi erano tre decurie o classi di giudici (cavalieri,
senatori e tribuni dell'erario), egli ne aggiunse una quarta,
composta di quelli censiti in 200 mila sesterzi, cui affidò
le cause minori, e portò a quattromila il numero dei
giudici, dei quali egli stesso come prefetto dei eostiimì
faceva la lista ^ Fu lodato di avere procurato buona giu-
stizia e provvisto contro la corruzione dei giudici '^. Pure
lo vediamo talvolta anche in questo essere parziale ai
suoi fautori, e sottrarre alle pene i colpevoli, e sotto co-
lore di pubblico bene governarsi con risentimenti pri-
vati, e far condannare gli assenti difesi dalle leggi. Dietro
accusa, o di proprio moto, era assiduo a tenere ragione
coi titoli di console, di proconsole e di imperatore, che
gli davano l'autorità del sangue. Riceveva gli appelli dai
tribunali minori, giudicava i soldati nelle cause in cui
ne andava la testa o la fama. Intervenne nei tribunali
per assistere gli amici, per fare da interrogatore e da
testimone, e per temprare la foga degli accusatori: usò
anche di aggiungere il suo voto a c|uello degli assolventi,
come secondo il mito greco dicevasi aver fatto Minerva
ad Atene nel processo d'Oreste ^i colla qual cosa si im-
{") Tacito, loc. cif.: Dione Cassio, LIV, 15; Svetonio, 54; Macrobio, III,
9; Gelilo, XIII, 10 e 12; Bach, loc. cit., 6-8. I frammenti di Labeone sono
in Hommel, Palingenesia libr. iur. vet., Lipsiae 1767, p. 321-338, e in
Huschke, luHspriid. anie-iustin., I, 43-48, e II, 44-50. Vedi anche C.
Thomasius, Comparatio Labeonis et Capitonis, Lipsiae 1683; C. v. Eck.
De vita Labeonis et Capitonis, Franeker 1692, e Biener, Antistius Labeo
iuris civilis nocaior, nei suoi opuscoli, Lipsiae 1830, I, pag. 196-213.
> Plinio, XXXIII, 7; Svetonio, 32; Gellio, XIV, 2. C'onf. Svetonio, Caes.^ 41.
2 Dione Cassio, LIV, 3.
» Eschilo, Eumenidi^ 734 e segg.; Dione Cassio. LI, 19.
32
RIFORME RELIGIOSE.
[LiB. VII.
padroni del diritto di grazia : e talvolta apparve sì
crudo, che Mecenate per tirarlo a pensieri più miti lo
chiamava carnefice *.
e le sue riforme
Le sue leggi
Il suffragio di Minerva
{Winckebnann. Monum. ant. ined.j
151).
furono rivolte a rior-
dinare la religione, lo
Stato, la famiglia, i
costumi, e ad arric-
chire l'erario. Dive-
nuto pontefice mas-
simo e padrone di
tutte le cose sacre ("),
attese a rimettere in
onore le credenze an-
tiche, studiandosi di
purgarne le fonti col
bruciar moltissimi li-
bri di profezie greche
e latine, e col con-
servare santamente
nel tempio di Apollo
soltanto i sibillini, re-
putati autentici. Ban-
di dal pomerio le su-
perstizioni egiziane
già cacciate altre volte, accrebbe il numero e i privilegii
dei sacerdoti, restaurò e inalzò in Roma numero grande
C') Dione Cassio, LUI, 17, LIV, 27. Suireserapio di Augusto anche gli
altri imperatori vollero aver parte a tutti i sacerdozii. Da medaglie ed
epigrafi si vede che quasi tutti furono ascritti tra gli Arvali. Nerone
dicesi cooptatus in omnia collegia: Domiziano è Sacerdos collegiorum
omnium: Commodo assumptiis est in omnia collegia sacerdotalia, ecc.
Marini, Arval. I, 153, 154; Lampridio, Commod., 12; Borghesi, Osser-
vazioni numismatiche, decade VII, nel Gior. Arcad., voi. XV, p. 325, ecc.
I Svetoriio, 56; Dione Cassio, LII, 31, LIV, 3 e 30, LV, 4 e 47.
Gap. I.] TEMPLI, FESTE, RELIGIONE STRIAIENTO POLITICO. 33
di templi (''), li fece ricchi d'oro e di gemme ed eccitò i
cittadini opulenti ad aiutarlo in quest'opera, cui pose
mano anche Livia sua moglie; istituì nuove feste, rimise
in onore il culto dei vecchi numi e dei Lari e di Vesta,
divinità tutelari dello Stato e della famiglia ; di Vesta
trasportò il santuario in sua casa: ai Lari cui l'adulazione
accoppiò anche il culto del Genio del principe, egli fece
rimettere nei quadrivi! le statue ordinando che la gente
del vicinato le adornasse di fiori in primavera e in estate:
e nel 737 celebrò con gran pompa la solennità secolare
cantata da Orazio K Augusto, non credente agli Dei, di
cui all'occasione si era stranamente burlato parodiando
in un convito 1' Olimpo, e cacciando Nettuno dal tempio
dopo la perdita dell'armata in una tempesta-, usava la
religione come strumento di politica, e da essa, secondo
l'uso di tutti i potenti, fece consacrare il suo dispotismo:
e coir edificazione di un tempio a Marte Ultore nel suo
Fóro santificò le sue vendette sui Repubbhcani a Fi-
lippi (''), e con are alla Pace e alla Salute celebrò la quiete
e la prosperità pubblica da lui procurate ^. Ma la religione
macchina dello Stato aveva le sue molle consunte; non
C^) Nel monumento di Ancira (IV, 21) è ricordato che costruì o restaurò
82 templi. Virgilio esagerando gliene fa consacrare trecento. Ovidio [Fast.,
II, 63) lo invoca: templorum positov, templorum sancte repostor: e Li-
vio (IV, 20) lo dice: templorum omnium conditorem aut restitutorem.
(*) Svetonio , 29; Ovidio, Fast.. V, .551. Per l'imagine dei ruderi del
tempio vedi Canina, Ediflzii, voi. II, tav. 103 ; Reber, Die Ruinen Roms ,
pag. 160. Leipzig 1863; Burn, Rome and the Campagne, pag. 132, Lon-
don 1871. Di \m altro tempio a Marte Ultore sul Campidoglio parla
Dione (LIV, 8), e vi sono medaglie che ne danno l'imagine colla leg-
genda: MAR. ULT. Vedi Donaldson, Architect. Niunism., pag. 94.
1 Svetonio, 29, 31 ; Dione Cassio, LUI, 2, LIV, 18 e 27; Virgilio, Aen., Vili, 716 ; Ovi-
.lio, Faxt., IV, 919, V, 147, 157, VI, 637; Velleio, 11,89; Orazio, Od., IV, 5,34, e Carni,
saec; Egger, Examen des historiens d'Aug.j pag- 359, ecc.
2 Svetonio, 16, 70.
3 Ovidio, Fast.^ 1,709, e III, SS2; Momim. Ancyr., IV, 21 ; Svetonio, 29; Eckel, Doctr.
mini, vet.., VI, 92.
34 VESTALI. [LiB. VII.
credevano ne sacerdoti ne popolo, e i soli Dei venerati
e temuti d'ora in poi divenivano gli imperatori, potenti
a divertire e a sfamare, ad imprigionare e ad uccidere.
Non si trovavano neppure pili donne libere che volessero
consacrarsi al culto di Vesta, e perchè il fuoco sacio
Temiiio di Marte Ultore nel Fóro d'Augusto {Canina e Rchey).
non si s]>egnesse, bisognò ammetter con legge le figiic
dei liberti al ministero, stato per tanti secoli il più ve-
nerato di Roma '. Ed Augusto non riusci nell'opera sua,
• Dione Cassio, I.V, 22.
Gap. I.] RIFORMA MORALE. COSTUMI DEL PRINCIPE. 35
perchè non vi ha potenza capace a comandare le cre-
denze: e i poeti increduli, che celebrarono lui ristoratore
della religione degli avi , mentirono sconciamente per
adulare al forte padrone.
Fallì del pari anche nella tentata riforma morale, con
cui volle richiamare alla purezza antica i rotti costumi.
Egli menava semplice vita; parco nel cibo e nel vino,
modesto nelle masserizie. È detto che usò cibarsi di cose
quasi volgari, come cacio vaccino, piccoli pesci, e pane
di seconda qualitcà che mangiava in qualunque luogo gli
venisse appetito. Alle sue cene ove con Virgilio e Orazio
erano sempre senatori e cavalieri faceva servire tre vi-
vande con piccola spesa, e sei quando volea far scialo.
Ed era l'ultimo a mettersi a tavola e il primo a levarsi.
Trascurato nel vestirsi, e nell'acconciarsi: non portò mai
altre vesti che quelle fatte in casa da Livia e da Giulia.
Per più di quarant'anni abitò sul Palatino la casa stata
già dell'oratore Ortensio, piccola e male agiata, senz'al-
cun ornamento di marmi, con letti e tavole e addobbi
che a questi tempi si sarebbero disdetti a qualunque
privato cittadino : e ivi dormi sempre nella medesima ca-
mera d'estate e d'inverno *. Ma in altre cose i suoi co-
stumi non potevano esser proposti a modello, ed è chiaro
che i suoi precetti venivano, non da amore di virtù, ma
da ragione di Stato. Femminiero e turpemente libidinoso
fino da giovane, anche provetto andava alle donne altrui
e faceva adulterii per politica, come dicevano gli amici,
volendo per mezzo delle mogli scoprire gli intendimenti
dei mariti. Teneva mezzani, facevasi procacciare le donne
anche da Livia sua moglie. Amoreggiò la moglie di Me-
cenate suo primo ministro, e per lei scemò l'affetto al
marito ^. Onde i cittadini cui era nota la vita dell'austero
» Svetonio, 72-79. Per la casa del Palatino vedi Canina, Edi/tzii ^ il. IV, lav. 298-
302; e Parker, The Archeoìogy of Rome. — Palatine Hiìl. toni. I, p,-\;ie II, fd. 3.
2 Svetonio, 63, Ò3, 71 ; Dione Cassio, LIV, V, e 19, T.VI, 43: Zoi!.?-a, X. 38
36
ORDINI CONTRO I CELIBI.
[LiB. VII
censore, non curandone le parole, dagli esempi pigliavano
autorità a rimanere in loro corrotti costumi. E quindi
riuscivano inutili le sue leggi per frenare il lusso dt-i
conviti, per bandire gli adulterii e gli stupri, e per or-
dinare i matrimoni, e rimettere la santità nei costumi
domestici *.
Principalissime di tutte le sue leggi furono ciuelle
Ruderi della casa di Augusto sul ralatinc {I'ai-ìu;r
contro i celibi, aventi, al tempo stesso, fine morale, li-
scale e politico. La legge Giulia sui matrimoni , e la
Papia Poppea, che poscia fu complemento di essa, inllis-
1 Svctùnio, 3i; Oellio, II, 21; Dione, LIV, IG, T,VI, 2-9. Conf. Orazio, 0('.j IV, b,
22, ecc., e IV, 15, 10.
Cap. 1.] ORDINI CONTRO I CELIBI. 37
sero pene gravissime a chi ad una data età non avesse
preso moglie, né procreato figliuoli. Non trascurò nulla
per indurre i cittadini a dar prole allo Stato; recitò in
pieno senato, e fece nota al popolo per via di un editto
Forazione di Q. Metello sulla, necessità d'aumentare la
prole 1; mostrò pubblicamente Germanico beato di sua
figliuolanza. Per facilitare i matrimoni permise agli inge-
nui, che erano più delle femmine, di unirsi a liberto; per
incoraggiare le donne vietò che alle mogli si alienasse la
dote, e a spavento di quelli che rompessero la fede giu-
rata, e invadessero l'altrui proprietà, punì di esilio gli
adulteri, rilegati in un'isola e spogliati della metà di loro
beni 2. Ma il corrotto costume era di grande ostacolo
alla legge che comandava le nozze: e bisognò tenerla so-
spesa più anni, e poscia fu elusa e frodata; perchè se
alcuni per non cadere nelle pene presero moglie, sposa-
vano fanciulle di età non atta a figliuoli, e le rimanda-
vano spesso. Onde fu mestieri che altra legge dichiarasse
l'età necessaria alle donne per essere spose, e rendesse
più gravosi, più difficili e meno frequenti i divorzi 3. Con-
tinuarono lungo tempo i rumori, e aijche i motti e le
satire contro il principe libertino, che si faceva legisla-
tore di severo costume. Perlochè egli pieno di sdegno,
quando si sentì più assicurato nella sua potenza, adunò
nel Fóro i recalcitranti, separò gii ammogliati dai celibi,
e veduto essere molti più questi di quelli, fece lodi e
rampogne, mescolò pene, premi e minacce, f^odò e ri-
compensò quelli che generando figliuoli davano sostegni
alla patria: e ai celibi fece' in capo un rumore grande, e
disse non essere né uomini, né cittadini, né Romani, ma
scellerati che spegnevano i nomi famosi, e, per quanto
era da essi, distruggevano Roma. Più tardi (762) pro-
1 Svetonio, 89; Livio, Epit.. 59. Conf. Gellio, I, 6.
2 Svetonio, 34; Dione Cassio, LI V, 16; VVmìo, Episl.^Yl, 31; Fa.oìo, Seììteìit.j 11,20.51.
3 Svetonio, loc. cit. ; Dione, LVI, 7; Paolo, Dig.^ XXIV, 2, 9.
Vannccci — Storia dell'Italia antica — IV. 5
38 LEGGE PAPIA POPPEA. [Lib. VII.
mulgò definitivamente contro il celibato la legge Papia
Poppea, così detta per maggiore stranezza dal nome di
due consoli celibi, M. Papio Mutilo, e Q. Poppeo Secondo *.
Ai maritati con prole essa dava amplissimo diritto all'e-
redità, e ricompense quali non si concessero mai a niuna
virtù: privilegi alle donne madri a più figli; ai mariti
luogo distinto in teatro, e più magistrati; liberato da ogni
personale gravezza chi avesse tre figli vivi in Roma, 4
in Italia, S.nelle province; ai Latini con figliuoli il diritto
alla cittadinanza romana. Tra i consoli data la prece-
denza non al più vecchio, come era uso in antico, ma
al padre di molti figliuoH. Dall'altra parte ordinava che
gli uomini non ammogliati sotto i sessant'anni, e le donne
non maritate sotto i cinquanta, non potessero ereditare
se non dai parenti più stretti; e che i coniugi senza fi-
gliuoli avessero solo la metà delle cose lasciate loro per
testamento. Erano ingiuste le ricompense, ingiuste le
pene, che per ragione di nozze e di figli davano o to-
glievano i pubbUci uffici, dovuti ad altri meriti e ad altre
Aàrtù. Se era giusto liberare dalla tutela perpetua le
donne feconde, «era ingiusto negare questo sgravio a
quelle che non avevano potuto trovare un marito, o
erano per natura infeconde. Infine era ordinato che le
eredità tolte ai celibi e agli orbi andassero al pubblico
erario («). E l'intento fiscale della legge fu raggiunto pie-
{") Tacito, Aìin., Ili, 25, 28, e XV, 19; Svetonio, 34; Gdlio, II, 15;
Giovenale, IX, 87; Gaio, Instit., Il, 111, 144, 286; Ulpiano, Fragm. ,
XXIV, 3; Nougarède, III, 17; Guarini, La Finanza del pop. rom., pag. 34
e nota 155 e seg.; Merivale, IV, pag. 41. L'Eineccio raccogliendo i fram-
menti degli antichi giureconsulti e le notizie della storia ricompose tutte
le disposizioni della legge. — Anche a tempo di repubblica vi erano im-
posizioni sui celibi, ma più comportabili. I non ammogliati pagavano una
multa che dicevasi uxorium; e un'altra detta viduvium pagavasi dalle ve-
dove che non volevano rimaritarsi. Vedi Valerio Massimo, lì, 9, 1 ; Pesto
alla voce Uxorium, e il commento dello Scaligero a questa medesima voce.
> Dione Cassio, LVI, 10.
Gap. L] imposizioni E SCIENZA FISCALE. m
namente. Una turba di delatori, eccitati dai premi, all'ap-
pello del principe corsero zelantissimi a denunziare le
eredità lasciate a persone senza nozze o senza figliuoli;
e scoppiò un nuovo flagello che empì di terrore le fami-
glie: e mentre s'impinguava l'erario, furono sconvolte
le fortune di molti a Roma, in Italia e in ogni regione
dell'Impero dove fossero cittadini i. Ma non rinacque
l'amore della virtù e dei costumi domestici; né i matri-
moni, né la popolazione si accrebbero sotto il governo
di un principe, che dopo avere distrutto tutte le istitu-
zioni antiche di Roma, riduceva al modo antico le vesti,
era parchissimo nel dar la cittadinanza per non conta-
minare col forestiero il sangue romano ^, e si vantava di
avere richiamato a vita gli esempi e i costumi dei mag-
giori («).
Con intento di raccoglier pecunia gravò di un vente-
simo le eredità, le donazioni, e i legati che non andas-
sero agli stretti parenti o ai poveri ^, e si mostrò valen-
tissimo nell'applicare la scienza fiscale, con cui, al dire
di Tacito, i Romani potevano sopra i sudditi più che colle
armi *. La Repubblica ebbe già imposizioni sulle colonne
e sulle porte, biasimate e non tolte da Cesare ^: poi al-
l'occasione della guerra di Modena imposte di 4 oboh, o
di dieci assi a ogni tegolo: poscia vi furono gravezze sui
cammini e sulle finestre ('-') : e gii imperatori trovarono
(") Nelir iscrizione di Ancira (II, 12) egli disse: Legibus novis latis
exempla raaiorum exolescentia {revocavi, et abolita) iam ex nos {tris
moribus) avitarn/m rerum exempla imitanda {proposui). Ed. Egger.
(*) Dione Cassio, XLVI, 31 ; Bureau De la Malie, Econ. Polit., livr. IV,
chap. 24. Cicerone, citato da Nonio alla voce conficere, dice che gravando
di sei sesterzi ogni tegolo delle case di Roma, si poteva ritrarne 60 mi-
lioni di sesterzi, che equivalgono a quasi 12 milioni di lire italiane.
1 Tacito, Ann., Ili, iS.
2 Svetonio, •10.
3 Dione Cassio, LV, ?5.
4 Tacito, Hist., IV, 64.
5 Cesare, Bell. Civ., IH, 32; Cicerone, Ad Attic, XIII, 6, e Ad Fam,il., Ili, S.
40 DISTINZIONI DEI CITTADINI. GLI SCHIAVI. [Lib. VII.
anche il modo di far denaro sulle meretrici, siili' orina,
sulle latrine *.
Con altre leggi richiamò a vita le distinzioni, più che
mai necessarie al potere assoluto, e nei teatri e nel circo
stabilì sui posti degli spettatori minute differenze per
ceti e casati, dando luoghi separati ai senatori, ai
cavalieri, agli ambasciatori, ai giovani nobili, alle Vestali,
alle altre donne, ai soldati, alla plebe ^.
Anche alla schiavitù riguardò con sue leggi, non col-
r animo di togliere quell'obbrobrio dal mondo, ma per
far denaro sui padroni e sui mercanti d'uomini. Obbligò
i venditori di schiavi a pagare all'erario la cinquantesima
parte del prezzo ^, e gravò della vigesima le manumis-
sioni, e per suoi fini politici pose molti ostacoli tra la
servitù e la libertà, e molti più tra la servitù e l'acquisto
dei diritti civili ■'^: e se, dopo avere uccisi servi a mi-
gliaia, ordinò al prefetto di Roma di ascoltare le querele
di essi, e si mostrò severo contro i padroni feroci ^, dal-
l'altra parte col senatoconsulto Silaniano confermò l'a-
troce ordine antico, che faceva torturare e dare all'estremo
supplizio tutti i servi di ogni sesso e di ogni età dimo-
ranti nella casa, ove fosse stato ucciso il padrone ^.
Con altri ordini provvide più particolarmente all'am-
ministrazione d'Italia e delle province.
Gli Italiani, che già aveano conquistato a mano armata
la cittadinanza, goderono in piccola misura e per poco
tempo 1 diritti della libertà comprata col sangue. Le con-
tese civili, le guerre di Perugia, di Modena e di Sicilia
menarono all'ultima distruzione le contrade più fiorenti.
1 Svetonio, Calig.. 40, e Ves\ìas.^ 23.
2 Svetonio, 41.
3 Dione Cassio, LV, 31.
4 Svetonio, Aug. 40; Dione, LV, 13, LVI, 33; Gaio, Instit., 1, 13-15, 25-27, 42-46.
5 Dione, XLIX, 12, LIV, 23; Appiano, V, 131; Orosio, VI, IS.
0 Cicerone, Ad Famil., IV, 12; Tacito, Ann.j. XIV, 42-45, e Lipsie, ivi; Paolo, Sen-
tentìae, lib. Ili, tit. V, De senatusconsuìto Silaniano.
Gap. I.] SORTI DELL'ITALIA NELLE GUERRE CIVILI. 41
che parteggiando per questa o per quella fazione furono
esposte vicendevolmente alla rabbia dei vincitori, e alle
rapine e alle stragi delle feroci soldatesche. Ai tempi di
Mario e di Siila è detto che la strage durò fmchò vi fu
gente da uccidere *. I sopravvissuti fuggivano e andavano
a cercar loro ventura in paesi stranieri ^. Le proscrizioni
confiscarono gli averi dei municipii, e gli insaziabili ve-
terani occuparono anche i beni privati. Il paese dei Volsci,
l'Etruria, il Sannio, la Lucania e tutte le regioni del-
l'Italia inferiore in queste tristi vicende rimasero povere
e quasi deserte.
Augusto, che nel tempo della guerra civile avea dato
a Mecenate il governo d' Italia ^, dopo la vittoria la empì
di colonie, cacciò dai loro campi gli Italiani stati seguaci
di Antonio, e invece di ripopolarla, come fu detto ^, di-
minuì il numero dei liberi possidenti. Non potevano ri-
popolarsi i paesi dai veterani, che impazienti delle fatiche
e della coltura dei campi ^, dopo aver messi gli antichi
possessori nell'estrema miseria, vendevano a piccolo
prezzo le terre avute in dono, e agevolavano ai ricchi
il modo di formare le loro immense tenute. Quindi la
terra, già fecondissima madre di biade, divenne sempre
più sterile, e incapace a nutrire gli abitatori, i quali senza
i grani tratti dalle province sarebbero morti di fame ^.
Nella divisione dell'Impero fra Augusto e il senato,
r Italia, come territorio della Repubblica, rimase indivisa.
Poscia il principe, estesala dallo stretto di Sicilia fino
al piede delle Alpi, la scompartì in undici regioni (^), che
(«) Plinio, III, 6-10 e 16-22. Vedi anche Becker, e Marquardt, Handbuch
der Romischen Alterthùmer , III, pag. 59-71, Leipzig 1851, ove è tentato
anche di segnare i confini precisi di ogni regione.
1 Floro, III, 21, 5.
' Cicerone, Pro Fonteio^ 1.
3 Tacito, Ann.^ VI, 11.
4 Svetonio, 46 ; Monum. Anci/r. V. 37.
5 Tacito, Ann.^ XIV, 27.
« Tacito, Ann.^ Ili, 54, XII, 43; Columella, I, Praef.; Plinio, XVIII, 4.
42 DIVISIONE IN REGIONI, E GOVERNO. [Lib. VII.
furono : il Lazio colla Campania ; le terre degli Irpini, la
Calabria, l'Apulia e i Salentini; la Lucania e il Bruzio ;
i paesi dei Frentani, dei Marrucini, dei Peligni, dei Ve-
stini, dei Marsi, dei Sanniti, dei Sabini; il Piceno; l'Um-
bria; l'Etruria; la Gallia Cispadana; la Liguria; la Venezia
e l'Istria; e la Gallia Transpadana. Era una divisione
geografica, ma fatta evidentemente coli' intendimento
di renderne più facile e più sicuro il governo. Che un
magistrato dovesse stare al governo di ogni regione si
vede facilmente a priori; e di più nei consigli di Mece-
nate è detto al principe che ne dia il governo ad uomini
consolari e preterii *. Sonq anche ricordati questori sta-
biliti per sopraintendere alle spiagge marittime in tutti
i luoghi d'Italia 2; e Strabene scrisse, che al governo
dei Liguri delle contrade più montuose si mandava un
prefetto dell'ordine equestre ^. Nei secoli appresso le te-
stimonianze degli scrittori e soprattutto le epigrafi ci
mostrano le regioni italiche amministrate da correttori,
da consolari e giuridici: e da quanto può scorgersi nella
os'curità delle, vicende imperiali apparisce che le condi-
zioni della Penisola sotto il rispetto amministrativo non
differirono da quelle delle altre province "•.
Quanto ai tributi, l'Italia, già libera, ne- fu gravata dai
triumviri 5, e poi anche a tempo della guerra d'Antonio ^,
ma sembra che il vincitore la sgravasse ' dopo la batta-
1 Dione Cassio, I.II, 22.
* Dione Cassio, LV, 4.
3 Strabene, IV, 6.
4 Sparziano, Adrian.^ 22; Ca.\nto\\no, Antonino Pio ^ 2 e "H, g M. Antonino Filosofo, 11;
TreboUio Pollioni-, Trig. Tyrann.^ 22; Dione, LXXVIIl, 22; Aurelio Vittore, De. Caes
XXXIX, 11; Notitia Dignitatum; Creili, Inscript.. 312, 753, 107t, 10S7 , 1099, 1126,
117S , 1187 , 22S3, 22S5, 2377, 304J, 3143, 3173, 3174, 3177. 3764, 3851 ; Berglieli, in Annal.
Istit.^ 1853, pag. 146 e segg., e Oeuvres complèteSj V, pag. 391-406 ; Henzf n, Iscrizioni
Chiusine., in Atinal. Istit., 1865, pag. S81 e segg., e Tabula Alimentaria., pag. 51;
Becker, loc. cit.
5 Appiano, IV, 5, 32, V, C7.
C Dione Cassio, L, 6.
7 Dione Cassio, LUI, 2.
Gap. L] gli ITALIANI SPOGLIATI DAI COLONI IMPERIALI. 43
glia di Azzio, quantunque non sia detto espressamente da
ninna testimonianza. Certo è che più tardi non vi era
terra che pagasse tributo (").
Ma un grosso e incomportabile tributo avevano pa-
gato i cittadini, colla perdita di loro terre date all'empio
soldato * in premio della vittoria civile. Quindi la miseria
cresciuta: quindi maggiore l'emigrazione itahca nelle
province lontane, e l'accorrere in frotta di vecchi e donne
e fanciulli a empire di pianto i Fóri e i templi di Roma,
a ingrossare la turba famelica e a mendicare sul ponte
Sublicio 2. Tutto questo stuonava tristamente cogli inni
alla prosperità universale di cui partigiani e cortigiani
davano vanto alla sapienza del nuovo padrone. È certo
ohe le sorti degli Italiani erano tutt'altro che liete : ma
ai miseri spogliati e disarmati ^ era necessità rassegnarsi.
A chi avesse voluto resistere ne toglievano ogni pensiero
i soldati che posti a stanza in 28 città d'Italia (*) ricor-
davano la forza d'Augusto, e la necessità di servire al
vincitore di tutti. E di lieve ristoro erano i premi dati
dal principe ai plebei che avesser figliuoli, e le carezze
che egU fece ad alcune città adornandole di belli edifizi
e di opere utili al pubblico ''. Qui strade restaurate o fatte
{") Per Italìam nullus ager trihutarius. Frontino, in Goes., p. 76.
(*) Colle testimonianze delle epigrafi e degli scrittori sono ora accer-
tati i nomi e i luoghi di 24 delle 28 colonie militari poste da Augusto
nelle varie regioni d" Italia. I luoghi da esse occupati, sono : Acerra, Atella,
Capua, Volturno, Literno, Cuma, Pozzuoli, Teano dei Sidicini, Nuceria,
Benevento, Sora, Minturao, Laurento, Gravisca, Perugia, Fermo, Ateste
(Este)^ Brescia, Verona, Dertona ( Torfona), Augusta Taurinorum (Torino),
Augusta Vagiennorum {Salii2Zoì), e Augusta Praetoria {Aosta). Vedi
Borghesi, Sulla iscrizione perugina della Porta Marzia (Colonia Vibia
Augusta Perusia), in Archivio storico, 1850, voi. 15, part. I, pag. 89-108,
e Oeuares complòtesj, voi. V, pag. 257-283.
1 Virgilio, Edog., I, 71.
2 Appiano, V, 12; Orazio, Od.^ II, IS, 23; Seneca, De vita beata^ 25. Conf. Mon.
Aneyr. V, 4.
3 Digest., XLVllI, 6, 1. Conf. Svetonio, Aiig., 46.
4 Svetonio, Aug.j 46.
44
OPERE PUBBLICHE IN VARIE CITTA.
[LiB. VII.
di nuovo. A Narni un magnifico ponte sulla Nera del
quale rimangono ancora belle e pittoresche rovine ('').
Altrove archi, templi, teatri, mura e belle porte, come
alle nuove colonie auguste dei Taurini*, di Aosta, e a
Rovine del ponte d'Augusto presso Narni (Da Fotografia).
Fano ove si ricordano le nuove mura, le torri, e più tem-
pli e una Basilica della quale fu architetto lo stesso Vi-
truvio ^.
(«) Il ponte è ricordato da Marziale, VII, 93. Si cita ancbe un'epigrafe
ivi scolpita, ma è o mutilata o scorretta o falsa: Caesar Augusius de
manubiis — Narniensis patronns. Vedi Eroli, Notizie del celebre ponte
l'Otto d'Augusto, nella Miscellanea storica Narnese, Narni 18G2, voi. 2",
pag. 139-181.
' Proniis, Scavi della Porta augustea di Torino, ora detta Porta Palazzo o Palatina^
in Bullett. Islit., 1872, pag. 27-29.
4 Vitruvio, V, 1, 6. Vedi Mancini (Pompeo), Illustrazione dell'Arco d'Augusto in Fano
(antica porta sulla via Flaminia), con una lettera archeolog. di B. Borghesia Pesaro 1S20.
Cap. L] • ELEZIONI MUNICIPALI. 45
Gli ordini liberi mutati a Roma non potevano durare
nelle altre città: e nelle assemblee, da cui dovevano man-
darsi a Roma i suffragi sigillati, votavano i decurioni,
cioè i senatori, non le tribìi della plebe *. Pure i governi
municipali rimasero ; eleggevansi dai cittadini i magi-
strati locali, che col nome di duumviri, di quatuorviri,
di edili, di pretori, di proquestori, di quinquennali {cen-
sori) rendevano giustizia, e amministravano le faccende
particolari della città. È vero che non era permesso far
nulla di straordinario senza la licenza del principe, il
cui potere si andava ognor piìi dilatando; ma da più
esempi si vede ^, che vi erano ancora assemblee, e che
il popolo continuò ad avere qualche influenza sulle ele-
zioni municipali, anche quando fu spenta al tutto la vita
politica. Ne rimasero parecchi ricordi negh Album di
Pompei, cioè sulle pareti esterne imbiancate delle case
poste sulle vie più popolose, e nel muro laterale di re-
cinto all'edificio di Eumachia sulla via dell'Abbondanza
presso all'entrata del Fóro, ove la parete divisa da pila-
stri e adorna allora di cornici e frontoni, ebbe la forma
gentile di un monumento. Ivi tra le iscrizioni graffite, e
dipinte in rosso e in nero nell'intento di annunziare al
pubblico le vendite, le locazioni, le feste, e gli spettacoli
dei gladiatori se ne trovarono molte con invocazioni di
cittadini agli edili, ai quinquennali, ai duumviri e agli
altri magistrati civih, e con proposte e raccomandazioni
di questo o quel candidato agli elettori. All'appressare
delle elezioni municipali le epigrafi dicono che nella città
è universale 1' agitazione degli animi. Tutti studiano di
far trionfare qualcuno. Qui voti perchè giunga all'edilità
Marco Olconio. I cittadini del vicinato vogliono edili Elvio
Sabino, e Aulo Vezzio Cerrinio Felice: altri raccoman-
> Svetonio, 46.
2 Noris, Cenotaphia Pisana^ dissert., I, cap. 3.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV.
ELEZIONI -^lUMCIPALI A P0]\1PEI.
[LiB. VII.
ciano M. Cerrinio Vazia («). Questi chiedono che sia quin-
quennale P. Postumio Modesto: quelli vogliono eletti a
giudici L. Plozio e Suellio : e tutti i Pompeiani (universi
Pompeiani) combattono a favore di Pacquio Proculo. Vi
Album dell'edificio di Kumachia a Pompei (3Iazois].
sono voti di ogni qualità di persone. Pregano collettiva-
mente tutti i Venditori di cipolle, i fruttaioli, i salaioli,
C) Nella prima delle due epigrafi clie diamo incise mi lesto, pag. 47,
conservando i caratteri trovati sulla parete, Paventino prega che Marco
Cerrinio Vazia sia fatto edile, e usa la formula che ritrovasi in molte altre
epigrafi: 0. V. F., cioè orai vos faciaiis. Nell'altra lo stesilo Cerrinio è f di!e,
e a lui si rivolge lo scriba Isso, e lo prega di favorirlo 0. F. {orai fuveat),
e si dice degno di questo favore. Vedi Museo Borh., voi. VI in fine, e Ilyer,
Pnriì/itni, pair. RO.
Cxr. I.l
ELEZIONI MUxXICIPALI A POMPEI.
47
i pescatori, gli sguatteri, i fornai, i barbieri, i tintori, i
lavandai, i legnaioli e carradori, i mulattieri, i facchini,
i giujcatori di palla, i gladiatori, gli agricoltori, gli ore-
fici (^-), i Socii Venusti, e gl'lsiaci, i clienti, gli Studiosi,
e maestri, e scolari, e donne e fanciulli': e per lo più
accompagnano, secondo l'usanza C*), il nome dei candidati
con lodi alla loro virtù, e li dicono buoni cittadini, degni
della Repubblica, e persone benemerite, egregie e prohis-
■■■■■' \ Dìcmm r~--^
Programmi per le elezioni mvinicipali a Pompei.
sime: voti ed elogi che ripetuti per ogni contrada non po-
tevano non aver qualche forza sugli animi degli elettori ("")•
C) Caepari, Pomari, Salinienses, Piscicapi, Culinari^ Pistores, Ton-
sores, Offectores, Fullones, Lignari, Plostrari, Muliones, Saccari, Pi-
licrepi, GladiatoreSj, Agricolae, Aurifìces.
(*) Omnes canclidaios bonos viros dichnus ; quomcdo ohrAos , si no-
men non succurit, dominos salutamus. Seneca, Epist., 3, 1.
C) Sugli Album, sui Programmi , e sulle epigrafi di Pompei, vedi
Mazois, Ruines de Pompei, troisième partie, pag. 46, pi. 28, Paris 1829;
Garrucci, Questioni Pompeiane, Napoli 1853, pag. 31-43, e Inscriptions
gravées au trait sur les nmrs de Pompei, Bruxelles 1854; Rreton, Pam-
peia, Paris 1855, pag. 25, 30-32, 61, 106, 183; Fiorelli, Giornale degli
48 GOVERNO DELLE PROVINCE. [Lib. VH.
Quanto alle province, sebbene Augusto apparentemente
ne dividesse il governo col senato e col popolo, nel fatto
era padrone di tutte, perchè aveva in sua mano e la
forza militare, e i governatori e i sudditi. In appresso,
secondo che stimava più profittevole a sé, barattò anche
le province sue con quelle date al senato, e sotto vari
pretesti ne tolse alcune ai senatori senza compenso, come
fecero anche i suoi successori ^ e a sé solo attribuì quelle
conquistate dopo il reparto.
Le province del senato si vedono amministrate da pro-
consoli estratti a sorte, ma sopra una lista approvata
dal principe, i quali con tre legati ai loro ordini, vanno
preceduti da sei fasci; ma esercitano solamente funzioni
civili: non veste militare, né spada, e quindi ninna auto-
rità sulle milizie poste sotto gli ufiziali del principe. Du-
rano in carica un anno; debbono lasciar la provincia
appena giunga il successore, e tornare a Roma dopo tre
mesi per render conto di loro amministrazione ^. I go-
vernatori delle province imperiali sono eletti dal prin-
cipe stesso fra i suoi più devoti, col titolo di legati e di
propretori. Apparentemente sembrano inferiori ai reggi-
tori delle province senatoriali, perché hanno un solo le-
gato e cinque littori; ma nel fatto sono più potenti pel
comando degli eserciti e pel diritto della spada, che gli
rende padroni della vita dei soldati. Rimangono in ufficio
scavi di Pompeij, 18G2, n. 14, pag. 46, 63-64, ecc, e Descrizione di Pompei,
Napoli 1875, pag. 36, ecc; De Petra, Sulle condizioni delle città italiche
dopo la guerra sociale, Napoli 1866, pag. 73-79; Zangemeister, Inscrip-
tiones parietariae Pompeianae, in Corpus Inscriptionwn Latinarum,
voi. IV, Berolini 1871 ; Mau, Scavi di Pompei, in Bull. Istit., 1874, pag. 267-
269. Vodi anche Overbeck, Pompei in seinen Gebàuden, Alterthùmer und
Kunstwerken, pag. 414 e segg., Leipzig 1S75.
1 Tacito, Ann., I, 76; Svotonio, Clauà., 25; Dione, LX, 21.
* Dione Cassio, LUI, 12 e 13, LX, 25; Svetonio, Aug., 17; Campianus, De Officio et
Intestate magistrotuum rom., pag. 260, ecc.
Gap. I.] GOVERNO DELLE PROVINCE. 49
quanto piace al padrone *. Vi sono anche presidi preposti
con ampia giurisdizione al governo delle faccende civili,
ai quali più tardi sarà data anche l'autorità militare ^.
Per r avanti i governatori non avevano ricompensa
determinata ai loro servigi. Apparteneva alle province il
nutrirli: ed essi anche a questo titolo rubavano i sudditi
a man salva. Augusto tentò di rimediare il male fissando
lo stipendio ad ognuno e ordinando che fosse pagata loro
una certa quantità di denari pei trasporti ed alloggi, di
cui per l'avanti erano provveduti dal pubblico ^; e per
frenare arbitrii e rapine sottomise tutti i governatori a
leggi fisse, e vietò loro di levar soldati, e di prendere
dai sudditi più denaro di quello già decretato. A riscuo-
tere le rendite delle province furono destinati i procu-
ratori 0 ragionieri del principe, tratti dai liberti di lui e
dai cavalieri, che avevano anche l'incarico di far le spese
occorrenti '', e di giudicare le liti sorte in fatto di con-
tribuzioni, e soprattutto di aver l'occhio ai questori e ai
proconsoli nelle faccende del denaro. Ed essi sovente,
sotto colore di sostenere gli interessi del fìsco, entravano
troppo avanti anche nelle faccende dell'amministrazione,
e venivano a contesa coi governatori, al cui tribunale
spettavano tutti gli affari criminali e civili della provin-
cia, sia in prima istanza, sia in appello dai loro legati e
dai giudici municipali. Le ammende andavano al fìsco;
il ^che impediva le condanne date per la cupidità dei
ministri, dalle cui sentenze in ogni caso vi era appello
al senato e al principe ^. E così col potere di usare e
di abusare del loro uffìcio, i magistrati provinciali per-
1 Svetonio, 47; Appiano, De Rebus Hispan.. 102; Fontein, Bisputatio historico-anti-
quaria de profinciis Homanorum^ Traiecti ad Rhenum 1853, pag. 144, ecc.
2 Vedi Jager. De praesidibus provinciarum apud Romanos^ lenae 1698, pag. 5, ecc.
3 Svetonio, 36; Dione LII, 23, e LUI, 15.
4 Dione Cassio, LUI, 15; Strabene, III, 4.
5 Tacito, Agric. ^ 9; Naudet , Des changemens opérés dans toutes les jìarties de
l'administration de l'Empire Romain^ sous les régnes de Dioclétien^ de Constantin «t
de leurs suceesseurs, jusqu'à Julien^ Paris 1817, voi. I, pag. 67-72.
50 CENSIMENTO DI TUTTO L'IJ.IPERO. [L-.b. VII.
derono parte dell' importanza che gii aveva resi tre-
mendi.
Augusto visitò più volte tutte le province, tranne l'Af-
frica e la Sardegna ("), e vi si trattenne a lungo per or-
dinarle a suo modo. Per conoscerne tutte le forze, e per
sottomettere ogni provincia a regolari tributi, recò a ter-
mine in tutto l'Impero la gigantesca operazione del censo,
ossia la numerazione degli abitanti e l'estimo dei pos-
sessi di ognuno. L'opera era stata già iniziata da Cesare,
il quale col medesimo intendimento l'anno della sua
morte aveva ordinato a tre dotti Greci di levare la mi-
sura geografica di tutto il mondo romano. Zenodoto ebbe
il carico di misurare l'oriente, Teodoto il settentrione,
Policleto le parti meridionali; e compierono ciascuno
l'opera sua, il primo nel 723, il secondo nel 729, il terzo
nel 756 o l'anno appresso quando fu compiuto il censi-
mento d'Italia (^). Di più Agrippa aveva cominciata la
carta del mondo intero, che poscia su quel disegno fu
compiuta e descritta nel portico, che ebbe il nome di lui C^).
Dopo questo lavoro preliminare venti cittadini {'^), di-
{") Svetonio, 47. Perciò Virgilio, Aen., VI, 802, disse che neppure Al-
cide corse più terre di lui :
Nec vero Alcides tantwn telluris obivit.
(*) Ciò è riferito da Etico Istro, o Giulio Onorio, cosmografo del medio
evo, nella prefazione del suo Compendio. Vedi Fabricio, Not. Temp. Aug.,
pag. 208; Egger, Exam. des Histor. d'Aug., pag. 54.
(<') Plinio, III, 3; Dione Cassio, LV, 13. Né tali lavori erano nuovi.
Varrone vide dipinta la forma d'Italia nelle pareti del tempio della Dea
Tellure; e più anticamente Tiberio Sempronio Gracco, tornando in trionfo
dalla Sardegna, aveva offerta a Giove una tavola, in cui era dipinta la
figura deirisola. Varrone, De re rustica^ I, 2, 1 ; Livio, XLI, 32.
(^) Vedi Suida alla voce «.itoypxì^i]. Ogni magistrato, cui era commesso
quest'ufficio in una o più province, si chiamava legaius Augusti prò
praetore ad censns (Marini, Iscrizioni Alb., pag. 54); o ad census
accipiendos (Orelli, Inscript., 3044), o anche legaius Augusti prò prae-
tore censitor (Grutero, pag. 1025, n. 2). In Siria ed in Giijdea fu mandato
Gap. I.] CENSIMENTO DI TUTTO L' IMPERO. 51
stinti per probità e per buoni costumi, aiutati da ufficiali
minori ("), ebbero l' incarico di andare nelle varie regioni
per fare un catasto, e numerare le genti, e misurarne
particolarmente i possessi, e dietro una regolare divi-
sione, repartire tutte le imposte; e un Balbo, che presedè
come capo alla parte geodesica e topografica di questa
operazione, determinate le forme e le misure di ogni
provincia e di ogni città col suo territorio, le riportò nei
registri, e distinse e dichiarò le leggi che dovevano go-
vernare la proprietà territoriale in tutto l'Impero (^).
Con lo specchio della popolazione e della ricchezza di
ogni paese Augusto potè imporre nuovi e pììi uniformi
tributi, mentre con le notizie raccolte nei suoi frequenti
viaggi, 0 acquistate in altro modo, ordinava l'ammini-
strazione e il governo, stabiliva con ordini particolari i
limiti dei campi, provvedeva ai bisogni dei municipii e
delle colonie, e si occupava delle più minute faccende ('').
P. Sulpicio Quirinio a rendei'vi giustizia, e a far l'estimo di tutte le pro-
prietà. Giuseppe Flavio, Antiq. luci., XVIII, 1 ; San Luca, Evany., cap. II,
1-3; Cassiodoro, Var., Ili, 52; Isidoro di Siviglia, Orig., V, 36; Orosio, Vi,
22; Bureau De la Malie, Econ, jjolit. des Rom., I, 19; Borghesi, Iscrizioni
di Foligno in Annali Isiit.. 1846, pag. 316. Conf. Mommsen. Re.s^ gestae
divi Av.g. pag. 124.
(") Uno di questi è chiamato adiutor ad census provinoiqe Lugdu-
nensis. Grutero, pag. 403, n. 5, e Orelli, 2156.
(^) Frontino, in Goes., pag. 109, dice: Addendaé sunt mensurae li-
mitwn et terminorum ex libris . . . . Balbi mensoris, qui temporibus
Augusti omnium provinciarum et civiiatum formas et mensuras com-
pertas in commentarios contulit, et legem agrariam per universitatem
provinciarum distinxit et declaravit. Negli Scriptores rei agrariae si
citano spesso i risultamenti di questo universale catasto, che si conser-
vavano nei pubblici archivi ; e spesso siffatti documenti sono invocati per
finire nel modo più semplice le cootese insorte in fatto di proprietà ter-
ritoriale. Pare anche che questi registri fossero accompagnati da carte,
alcune delle qitali erano incise sul metallo, perchè non rimanessero esposte
alle ingiurie del tempo o ai' tentativi deirinteresse privato. Vedi Egger-,
Examen critique des Historiens anciens d'Auguste, pag. 50.
{'') Sappiamo che esisteva un discorso di lui De sialu micmcipiorum.
52 NUOVI ORDINAMENTI DELLE GALLIE. [Lib. VIL
Da ciò che egli fece nelle Gallie, e in altre regioni, pos-
siamo avere qualche idea delle mutazioni e delle riforme
da lui operate in tutto l'Impero romano.
Cesare aprì la Gallia agli istituti romani; détte il di-
ritto del Lazio a Nemauso, ad Avignone, ad Antipoli (An-
iibo); fece alleati i Voconzii, e cittadini gli Allobrogi;
fondò colonie di cittadini, e ne condusse altre di veterani
a Narbona, ad Arelate (Arles) a Fóro Giulio {Fréjus), a
Beterre (Beziers) e quietò gli animi imponendo leggiero
tributo, e aprendo le legioni al valore dei prodi vaghi di
nuove avventure K Ma rimaneva molto da fare per dar
forma e quiete alla nuova provincia. I Galli, vinti di fre-
sco, e mal trattati nel tempo della guerra mossa da
Antonio erano ancora impazienti del giogo; e poiché
di frequente si sollevavano, Augusto prima mandò i suoi
legati a reprimere le rivolte colle armi. Poscia si recò
da sé stesso a Narbona per provvedere stabilmente al-
l'ordinamento di tutto il paese: eresse un temano alla giu-
stìzia e alla clemenza di Cesare -, convocò ivi l'assemblea
degli Stati, e ordinò il censo della GaUia Chiomata vinta
da Cesare per trarne le notizie necessarie a fissare le
Vedi gli Scripiores rei ag-rarìae, in Goes., Amstelaedami 1G74, pag. 41,
181 e 192, Un'iscrizione riferita dal Grutero (pag. 164) attesta della cura
che Augusto si pigliava anche dei municipiii più lontani e più oscuri; e
una iscrizione di Pompei lo mostra occupato dei facchini di ima piccola
colonia, ai quali attribuisce un certo spazio di terreno. Vedi Guarini,
Fasti duumvirali di Pompei, pag. 107, Napoli 1837. Si vede occupato
negli affari deiramministrazione municipale anche a Venafro, dove costruì
Ì3U magnifico acquidotto, che per 14 miglia couduceva in città le acque
del Volturno, e fece un editto con cui regolava Tuf^o delle medesime
acque. L'editto aquario rimane ancora, e puoi vederlo pubblicato e sa-
pientemente spiegato da T. Mommsen nel BuUetlino dell' Istituto di
Corrispondenza Aì'cheologica, 1850, pag. 44-63.
1 Vedi Ilerzog, De quilusdam praelorum Galliae municipalium inscriptionibuSj Lip-
siae 1862, pag. 29.
2 Grutero, Inscript., pag. 223; u. G.
Gap.L] nuovi ordinamenti delle GALLIE. 53
imposte conformi a quelle delle altre province K Lasciò
la Narbonese nei suoi limiti antichi, e mescolando favori
e rigori si adoprò a calmare gli animi ardenti. A Marsilia
in pena del favore dato ai liberali nella guerra civile,
scemò la potenza, e ai danni di essa favorì la colonia
di Fóro Giulio, che poscia divenne stazione d'un grande
armamento navale ^. Pose colonie novelle, o accrebbe in
più luoghi i coloni alle antiche privilegiate del diritto del
Lazio 0 della cittadinanza romana («). Rispetto alla Galìia
Chiomata ne allargò o scemò le province (Aquitania, Cel-
tica e Belgica) a suo senno, mutò nomi e cose, ridusse
a 60 i popoli costituiti come nazione, e tutto rimesco-
lando, e regolando in nuova maniera a seconda dei suoi
intenti politici pose ogni studio a fare scomparire le tra-
dizioni nazionali e gli ordini antichi e i gloriosi ricordi
dell'ultima guerra. La Gallia Celtica di molto diminuita
.chiamò Lugdunese dal nome di Lugduno {Lione) città
romana fondata non ha guari dal proconsole Planeo, dove
r Arari (Saona) entra nel Rodano, per darvi stanza ai citta-
dini fuggiti a causa delle discordie intestine da Vienna (^):
Augusto la rafforzò di una colonia militare, e come pel
sito era acconcia ai commercii, e alla guardia degli altri
paesi fece partire da essa più strade conducenti nelle
(«) Ad Araysio (Orange), a Fòro Giulio, a Carpentoracte lulia {Car-
penlrus), a luIia Valentia [Yalence), a Nemauso {Nimes), a Cabellio
[Cataillon], ad Aquae Sextiae [Aìx], ad Apta lulia Vulgieutium {Apt in
Provenza), ad Alba negli Elvii {Alps presso Vitiers), Mela, II, 5; Plinio,
III, 4; Thierry, Hist. des Gauloisj III partie, chap. 1.
('') Dione, XLYI, 50; Strabone, IV, 1 e 3; Grutero, Inscript., pag. 439,
n. 8. Fianco condusse anclie la colonia clie fondò Augusia Rawacorum,
o.sigi Aiigst nel cantone di Basilea. Vedi Kleijn, De L. et T. Munaiiis Plan-
cis, pag. 37, Lugduni, Batav. 1856; Coste, L'Alsace Romaine, Mulhouse
1859, pag. 21 e 25; Tacito, Hist, I, 51 ; Plinio, IV, 31; Tolomeo, li, 9.
1 Livio, Epit., 131; Dione, LUI, 22. Vedi anclie LIV, 21.
2 Plinio, III, 5; Strabone, IV, 1; Tacito, A7m., IV. 5.
Vaxnucci — Storia dell'Italia antica — IV. ■ 7
54 NUOVI ORDINAMENTI DELLE GALLIE. [Lib.VII.
varie regioni *, la destinò a sede dei governatori delle
Tre Gallic, e dell'assemblea delle sessanta città destinata
a curare gl'interessi municipali, a scompartire le tasse
da pagare all'Impero, a decretare onoranze all'imperatore
e ai suoi funzionarli piìi che a sindacarne il governo
come da qualcuno fu imaginato ^. La nuova città ebbe
splendore di belli edifizii, fu favorito sogggiorno del prin-
cipe, perchè sórta cogli ordini nuovi non aveva tradizioni
liberali e nemiche alla signoria forestiera, e poscia fiori
per gare di studi coi quali qui, come ad Augustoduno
ed altrove 3, i giovani delle grandi famiglie tra le gen-
tilezze e le dottrine della nuova civiltà venuta d'Italia
si avvezzavano a nuove fogge e a nuovi costumi, e coi
loro amori romani servivano ai disegni dei nuovi pa-
(h^oni: e in breve da un oscuro villaggio uscì la città più
popolosa delle Gallio dopo Narbona^, mentre da un altro
lato r operosa avversione d' Augusto faceva rimanere
oscuri 0 deserti i luoghi mostratisi più nemici di Roma,
e divenuti famosi nella guerra della libertà nazionale.
La preminenza delle città ricordanti le glorie dei Galli
fu trasferita ad altre oscure, cui venne aggiunto il nome
di Augusto 0 di Cesare. Tale fu la sorte dell' eroica Ger-
govia, di Bibracte e di altre parecchie. Da ogni parte
vi furono città Giulie ed Aìiguste ("). L'antica Nemauso
(«) 11 grado di capitale degli Arverni, tolto a Gergovia, fu dato ad
Angusta Nemelum (Clermont); e Bibracte fu mutata in Augustodnnum
(Autvin). Così avvenne a Bratuspantium capitale dei Bellovaci: la sua
preminenza fu trasferita a Caesaromagus clie oggi è Beauvais, Novioduno
(Soi^sons) capitale dei Suessioni ebbe il nome di Augusta. Beterrae
> PIìdìo, IV, 32; Tacito, Hist.^ I, 51, 85-, Strabene, IV, 6; Tolomeo, li, S; Seneca,
Epist., 91; Creili, n. 194, 2322, 2325.
2 Vedi Bernard, La Qaule gouvernement répri^entatif soiis les Romains, in Revue
orchéologique^ 1861, voi. IX, pag. 1-12, art. tratto dall'opera dello stesso autore inti-
tolata Le tempie d'Auguste et la nationalité gauloise.
3 Giovenale, I, 44; Svetonio, Calig., 20; Tacito, Ann., HI, 43; Jung, De Scholis Ro-
Manis in Gallia Cornata., Lutetiae Parisiorum 1855; Plinio, Epist.., IX, 11.
4 Strabone, IV, 3.
CAI'. LI
5:U0VI ORDINAMENTI DELLE GALLIE,
55
{NUnes) fu detta Augustonemauso, e anche oggi tra i mo-
Porta d'Augusto a Nìmes {Le Bas^ Francej voi. Ili, pi.
numeriti che ivi rimangono si vedono i ruderi della Porta
d'Augusto.
(Beziers) si chiamò lidia Beterra; Alba degli Elvi divenae Alba Angu-
sta. Augusta fu chiamata pure la capitale dei Veromandui, oggi Sen
Quintino: e Augiistobona quella dei Tricassi (Troyes), e così quelle dei
Rauraci (Augst), degli Ausci (Auch) e dei Treviri (Treves). Il capoluogo
dei Turoni si trasformò in Caesarodunum presso Tours: e quello dei Le-
movici in Augustorituìn (Limoges). Nei Voconzii tra i fiumi Isèra e Du-
ranza, Yasio [Yaisoyi) fu detta lulia Augusta Vscontioruni (Henzen,
Inscript.j 5222). Ivi erano Dea Augusta delta ora Die (Orelli, 1958, 2332,'
4025), Lucus Augusti^ e vicus Augusti di cui rimane il nome in Lue,
e Aouste. A Riez, nel dipartimento delle Basse Alpi, fu la colonia luli»
Augusta Apollinarium Reiorum, e dalle parti di Tolosa Augusta Triea-
stinorum. Vedi Thierry, loc. cit., pag. 273; e Herzog, De quibusdam
praetorum Galliae Narbonensis tnunicipalium inscriptionibus , Lip-
siae 1862, pag. 24-27 e 30.
56 NUOVI ORDINAMENTI DELLE GALLIE. [Lib.VIL
Per isciogliere ogni antico legame tra i Galli, Augusto
pose la mano anche nella religione dei Druidi, stata po-
tente strumento contro l'invasione straniera come quella
che univa i popoli nell'amore di patria, e nella speranza
e nell'odio. Colpi fieramente il druidismo interdicendolo
a chi avesse o volesse la cittadinanza romana considerata
come il maggiore dei premi, e a nome dell'umanità e
per gli intenti di sua politica abolì cautamente i feroci
sacrifizi di vittime umane *; e per toglier via il particolare
predominio di quelle credenze, seguendo V antico uso
della Repubblica di accogliere gli Dei dei popoli vinti,
ammesse le divinità galliche alla cittadinanza dell'Olimpo
romano, dicendole, come già scrisse Cesare ^, simili a
quelle delle altre genti, e la differenza stare solo nei
nomi, e gli Dei delle selve druidiche, Tarani, Camulo,
Tentate, Beleno, Arduinna e Belisana non essere altro
che denominazioni locali e particolari delle universali
divinità di Giove Tonante, di Marte, di Mercurio, di
Apollo, di Minerva e Diana. E cosi fu ridotto a una me-
desima cosa il culto di Gallia e di Roma, e gli Dei repu-
tati comuni comparvero col doppio nome sui monu-
menti («). E Augusto stesso, per eccitare coli' esempio,
votò e dedicò un tempio al gallico Circio, personificazione
divina del vento flagellatore dei lidi meridionali ^, e
poscia, andando piìi oltre, fece porre sé stesso tra le di-
vinità nazionali dei GaUi, e l'adulazione fu pronta a consa-
crarlo coi Genii particolari delle città (^).
C) Marti Camulo , Max orilo Camulo; Apollini Beleno: Minervae Be-
lisanae; Ardoinyxae, Camulo, lovi, ecc. Vedi Grutero, Inscript. pag. 40,
n. 9, 36, 11-15, 56, 11-12; Ordii, 1960, 1968, 1977, 1978; Lucano, I, 445;
Ausonio, Frofessores Burdigal., IV, 9; Thierry, III, pag. 290; Meri-
vale, IV, 102; Duruy, Histoire des Romains. Ili, pag. 235.
{^) In un'epigrafe, riferita dal Grutero (p. 227, u. 1), si legge: Augusto
1 Svetonio, Claud.. 25 v Mela, III, 2,
8 Cesare, De Bell. Gali., VI, 17.
3 Seneca, Kat. Qiiaest... V, 17; Lucano, I, 107.
Cap.ì.] >;U0VI ordinamenti delle GALLIE. 57
Pure la vecchia religione non. spenta da queste arti
rimase coll'odio agli stranieri nel cuore dei Druidi e del
popolo: ma ciò non dava timori, perchè la nazione nella
massima parte era senz'armi, e contro ogni atto ostile
di essa stavano sulla ripa sinistra del Reno otto legioni
pronte a reprimere i moti interni degli impazienti del
giogo e dei grossi tributi, come le invasioni germaniche ^.
Di più nelle città prevalsero tosto i nuovi interessi, e i
maggiorenti consacrarono sé stessi al potente imperatore
e al culto di Roma, che trasformava splendidamente il
paese, erigendo templi di marmo in luogo delle querci
(h'uidiche, aprendo magnifiche strade nelle impenetrabili
selve, e grandi acquidotti di cui rimane presso a Nìmes
un magnifico avanzo nel Ponte del Gard ascritto ad
Agrippa 2; edificando circhi, teatri, terme, archi trionfali,
e portando tutti gli splendori della civiltà greca e latina.
E quindi sotto ogni rispetto facevasi piena la divisione
degli animi nutrita dai nuovi amori, dalle nuove disu-
guaglianze e dai nuovi interessi delle città privilegiate
di libertà, di alleanza^ e del diritto del Lazio e della cit-
tadinanza l^oman a ^ che facevano piìi odiosa la servitù dei
soggetti: disuguaglianze che scomparvero solo quando il
dispotismo crescente regolò ogni città in modo uniforme
sottoponendo tutti allo stesso servaggio, quantunque ai
pòpoli fossero lasciati loro magistrati e assemblee, e molti
degli ordini interni ''.
Nello stesso modo Augusto adoprò nelle Spagne, quando
sacrum et Genio Civiiaiis Bit. Vie, cioè Biturigum Yidsoorum. {Bor-
^ìcaux).
' Tacito, Ann., Ili, 43, e IV, 5.
2 Mónard e Perrot, Histoire des antiquités de la ville de Nìmes, Nìmes 18(6, pag. 151-
155 ; Frandsen, Agrippa, pag. 172; Merivale, IV, 97.
3 Plinio, III, 5, IV, 32, 33; Tacito, Ann., Ili, 40, XI, 25; Thierry, loc. cit.. pag. 2S2.
4 Tacito, Hist., I,G3, V, 10; Strabene, IV, 4; Klirarath, Hist. du droit public et prive
do la Francej, cliap. 2, nella Revue de législation, voi. VII, pag. 105, ecc.
58
SPAGNE.
Li», vii.
furono recate al tutto in sua potestà. Le tenne divise in
tre province; la Tarraconese, la Lusitania e la Betica,
delle quali Tarragona stette generale metropoli, come
quella che era posta in luogo assai comodo ai governa-
tori spediti da Roma; e fu stanza particolare del prin-
cipe nei moì ripetuti viaggi per queste regioni, e ancora
[■unt (Ju Gar.l [Le /?.(s-, Fr.uicc^ vul. II, [il. IdOj.
vi rimane col suo nome una parte del grande edilizio di
residenza dei romani procoìisoli, nel quale è creduto cli.e
egli' abitasse ^
Colà pure, anche nel nuovo ordinamento, tra le molti^
genti assoggettate a tributo {siipendiariae) si vedono
nuove colonie militari sulle terre confiscate ai più prodi
difensori del suolo nativo, e luoghi destinati a convegno
per la giustizia dei magistrati e pei pubblici alfari {con-
Dc Labordo, Voyar/e Pilloresqtie de l
I, tav.
Gap. L]
SPAGNE.
59
ventus), e popoli fatti liheri e federati, e privilegi del
diritto latino e italico, o della cittadinanza romana *, e
Parte del Palazzo d'Auguito detto auche Torre di Pilato a Tarragona (De Lahorde).
più città nuove o vecchie che prendono il nome di Au-
gusto , 0 mutano con esso l' antico ("). Gli Spagnuoli
("') Nella Tarraconese : Colonia Caesarea Illici Augusta. Plinio, III, 4;
2umpt, loc. cif., pag. 366 ;
Faventia lulia Augusta Pia Barcino (Barcellona). Plinio, III, 4 ; Gru-
tero, Inscript., p. 429, 4 ;
Lìbisosa cognomine Foroangustana (non lungi da Cuenca). Plinio,
111, 4. Colonia Libisosanorum, Grutero, p. 260, 3 ; Zurapt, p. 367 ;
Caesaraugusta (Saragozza) colonia immunis, amne Ibero affusa, ubi
oppiduìu antea vocahaiur Salduba. Plinio, III, 4; Strabone, III, 2 e 4;
I Plinìo,III,3e4, IV, 35; Strabone, HI, 2 ; Dione, LUI, 22 e 20, LIV, 23 e 25; Appiano,
Hispan^ 102; Zumpt, De coloniìs Romanorum militar ihus^ in Commentixt. Epiffraphic.^
pag. 361-370, Berolini 1850; Becker e Marquardt, Ròm. Alterthiim.^ HI, p. 82-83.
60 SPAGNE, SICILIA, ILLIRIA, MACEDONIA. ECC. [Lie. VII.
si erano assuefatti al giogo di Roma fino dai tempi della
Repubblica; e tutti, tranne gli Asturi e i Cantabri, ac-
coglievano di buon animo la civiltà portata dalla do-
minazione straniera. Onde ad Augusto fu facile compiere
l'opera di assimilazione, e Strabene poco appresso potè
scrivere, che più genti avevano ivi cambiato al tutto loro
lingue e costumi pigliando quei dei Romani, e tra questi
anche i Celtiberi, stimati una volta i più feroci di tutti (").
Quanto agli altri paesi sappiamo di colonie mandate
da Augusto in Sicilia, (a Taaromenìo, a Catania, a Sira-
cusa, a Terme, a Tindari), in IJliria, in Macedonia, in
Acaia, nell'Asia, nell'Affrica *, e di una nuova spedita a
Cartagine ^ che già cominciata a ripopolarsi dai 'coloni
di C. Gracco e di Cesare, ora risorse grande dalle antiche
Bracarum (Braga) oppidiim Augusta, Plinio, IV, 34. Bracaranio.u-
(justani. Grutero, p. 324, 4.
Nella Lusitania : Augusta Emerila (.Merida) nei Turduli. Plinio, IV, 35;
Strabene, III, 2 e 4 ; D'ione, LUI, 26 ;
Paxaugiista tra i Celti (Beja o Badajoz), Strabene, III, 2.
Nella Betic.a : Astigi (Ecija) cognomine Augusta Firma. Plinio, III, 3.
Colonia Astigitana in Creili, 3783 ; Zumpt., pag. 365 ;
Tucci (Martos) quae cognctnine Augusta Gemella. Plinio, III, 3;
Strabene, II, 2 ;
Gades (Cadice) habet oppidum civium Romanoruìn, quod appellatici-
Augusta urbs lidia Gadiatanana. Plinio, IV, 36.
I nomi di altre colonie celebravano la Liberalità, la Felicità, la Virtù
e lo Splendore e la Fama di Cesare. Ebora (Evora) Liberalitas lidia ;
Olisipo Felicilas lulia, Plinio IV, 35 ; Itucci, Yirtus lidia ; Atlubl
Claritas lidia ; Seriae Fama lidia. Plinio. Ili, 3,
(") Strabene, II, 2, 3. È detto anche che gli Spagnoli riferiscono, al
tempo di Augusto il principio della loro èra, che secondo Isidoro di Si-
viglia dovrebbe il suo nome all'imposta {aes, aera), a cui la Spagna fu
allora regolarmente sottomessa, come le altre province romane. Vedi
Masdeu, Historia critica de Espana, Madrid 1799, toni. VII in prin-
cipio, citato dairEgger, Exam., ecc., pag. 40.
' Monum. Anryr, V, 33-38-, Ziinipt, De Colon., pag. 303, o 373-381.
2 Dione Cassio, MI, 13.
Gap. I.] AFFRICA, E ORIENTE. 61
rovine ed ebbe nuovi splendori di studi, di arti e di
monumenti come è attestato dalla storia e dalle recenti
scoperte. L'Affrica intera era sottomessa al regime delle
province, tranne le due Mauritanie altre regioni date,
dopo la morte di Bogude e di Bocco, a Giuba II figlio del-
l'antico re di Numidia già condotto prigioniero a Roma
ed ivi educato agli studi e agli affetti romani *. In Affrica
pure rimase il governo municipale, e il popolo pigliava
parte alla elezione dei duumviri 2; e iscrizioni, recente-
mente trovate, mostrano gli abitanti di un municipio divisi
in più curie come nel municipio spagnolo di Malaga 3.
In Oriente Augusto regolò da sé stesso le faccende
dei popoli e dei re. È ricordato che premiò i Lacedemoni
per avere accolto Livia, quando esulò col marito, e che
punì gli Ateniesi già seguaci delle parti di Antonio. In
Asia represse sedizioni, détte libertà ai suoi fautori, la
tolse ai nemici; alcune città aggravò, altre, danneggiate
da terremoti, soccorse di denaro e dispensò dai tributi '*,
Ai benemeriti di Roma e di sé largì anche la cittadi-
nanza romana o il diritto del Lazio, finché rumori inte-
stini non gli offrirono l'occasione di ritogliere i concessi
privilegio Riprese tutte le province al di là dell'Adria-
tico, abbandonate a re forestieri, e détte a un nipote
del re Tigrane l'Armenia Maggiore che poteva essere
ridotta a provincia. Accomodò i regni nel modo che piij
stimava confacente ai suoi nuovi ordini; studiò di fare i
re amici tra loro, gli strinse con parentadi, ne prese
cura come di membra e parti dell'Impero. Ai loro pupilli
dava tutori; alcuni allevò e fece istruire a Roma coi
propri figfiuoli. Ricevè ambascerie da genti lontanissime :
vennero a chiedere la sua alleanza gli Indiani, i Bat-
1 Dione, LI, 15, e LUI, 26; Strr.lono, IV, 4, XVII, 3; Plutarco, Ces. 55.
2 Cod. Theodos., lib. XII, tit. 5, 1.
3 Renier, InscripC. Romaines de l'Algerie, !)l ; Henzen, pag. 524, n. 7420 f. a, e n. 7421.
i Dione Cassio, LIV, 7, 23 e 30 ; Svetonio, 47.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. - X
62 EGITTO. [LiB. VII.
triani, i Garamanti, gli Sciti. Dovunque andasse, i monar-
chi senza insegne regie lo accompagnavano come clienti*.
In modo eccezionale fu ordinato l'Egitto, posto sotto
un prefetto augustale, il quale, to-lto dai cavalieri, e dai
più confidenti e affezionati del principe, ebbe il supremo
comando militare delle legioni ivi stanziate, mentre l'au-
torità giudiciaria e i provvedimenti civili erano per la
più parte in mano di magistrati nazionali, sindacati da
comandanti superiori venuti da Roma ("). Augusto vietò
anche che senatori o cavaheri di conto entrassero, senza
licenza, in Egitto, affinchè ninno ambizioso potesse farsi
indipendente e destare sedizioni affamando l'Italia da
quella provincia di malagevole accesso, ricca di biade,
e chiave di mare e di terra ^. Era questo uno degli ar-
cani della politica di Augusto. E la disgrazia, seguita da
morte, onde fu colpito il poeta Cornelio Gallo, primo
prefetto ^, mostra quanto il principe fosse sospettoso e
geloso anche degli amici rispetto a questa importante
provincia. Dopo tante rivoluzioni e stragi di uomini, e
turpitudini e delitti di principi, e spoliazioni di vincitori,
il paese rimaneva con sette mihoni di abitanti, e mara-
vigHosamente prospero per beneficio della natura. Il Nilo
(*) Sui prefetti e suiramministrazione romana in Egitto, vedi Letronne,
Recherches pour servir à l'hisioire de VEgypte pendant la domi-
nation grecque et romaine, tirces des inscriptions grecques et latines,
Paris 1823, pag. 265, segg.; Labus, Di una epigrafe latina scoperta in
Egitto dal viaggiatore G. B. Belzoni, e in occasione di essa dei pre-
fetti di quella X'ifovincia, da Ottaviano a Caracalla, Milano 1826; Varges,
De siatu Aegypti provihciae romanae primo et secundo post Chrisium
natum saeculi^, Gottingae 1842, Il catalogo dei prefetti fu dato dal Franz,
in Boeckh, Corpus inscript. Graecarum, III, pag. 310-313.
1 Monur.i. Ancyr., V, 21-31; Ora/io, Od.. I, 1-2, 56, <• IV, 11, 12; Dione Cassio, I.I, 2,
LIV, !); .Sv(!tonio, 21, -IS, CO; Aurelio Vittore, De Caesarihus, I, C; Moro, IV, 12, 01;
Eutropio, VII, 5; Orosio, VI, 21.
2 Tacito, Ann., II, 59, XII, CO, ]Iist., I, lì.
3 Strabene, XVII, 1; Dione, LT, 17, LUI, 23.
Gap. 1.1
EGITTO.
63
che già minacciò il Tevere, ora vinto e venuto in ima-
gine a Roma prigioniero di guerra, ricordava la fertilità
di cui colle sue acque era cagione alle grandi vallate (''):
Il Nilo (Pistoiesi).
e i vincitori ne fecero loro profitto. Quindi l'Egitto già ric-
chissimo per produzioni di suolo e per floridezza di com-
{^) La statua semicolossale di cui diamo il disegno è al Vaticano (vedi
Pistoiesi, Vaticano, voi. IV, tav. 25, e Visconti, Mus. Pio Clem., voi. I,
tav. 38). Il fiume incoronato di frutti e di foglie, e disteso sopra una
base scolpita a onde, e figurata nelle parti inferiori di piante e di ani-
mali nilotici, appoggia il gomito sinistro sopra una sfinge, tiene nella
mano sinistra il corno dell'Abbondanza da cui escono spighe, uve, rose
selvatiche, frutti di loto, e un putto colle braccia incrociate: e stringe
nella destra un fascio di spighe. I sedici putti che gli stanno d'attorno
simboleggiano i sedici cubiti ai quali le sue acque doveano elevarsi per
la maggiore fertilità delle terre inondate.
64 STRADE INMTALIA. [Lib. VII.
mercio, ora amministrato saviamente e fatto coltivar con
più cura, oltre a grandissime rendite in denaro e in
metalli, spediva a Roma ogni anno 20 milioni di modii
o 270 milioni di libbre di grano *. Commerci di mare e
di terra davano splendida prosperità ad Alessandria, te-
nuta come la seconda metropoli dell'Impero romano, e
come il primo emporio del mondo 2, dove si mescolavano
l'Occidente e l'Oriente ; popolata da più di 300 mila abi-
tanti, con più di 22 chilometri di circuito, con larghe e
lunghissime strade, e templi e pubblici edilizi di grande
sontuosità, tra cui il Serapéo che forse non cedeva che
al Campidoglio di Roma, e l'Augustéo con portici, biblio-
teche, boschi sacri, propilei, statue, pitture, e nuovo
splendore di oro e di argento ^.
Per aver facile accesso nelle province, e opportunità
a mandarvi rapidamente eserciti ed ordini, e per age-
volare ai governatori il modo di accorrere a ogni luogo
dove fosse bisogno '% fece costruire magnifiche strade in
tutte le parti dell'Impero. In Italia, dove le vecchie strade
guaste dalle lunghe guerre 0 trasandate non erano più
praticabili, nel 727 incaricò senatori e personaggi trion-
fali di risarcirle e di farne altre nuove coi propri denari
e colla pecunia delle spoglie di guerra portata all'erario.
E presto furono compiuti molti e grandi lavori di cui
rimangono alcuni vestigi e più imagini nelle medaglie
battute a ricordo delle vie ììuinite ("), ove si vedono ponti,
(") Per le monete fatte a perpetuare il ricordo delle vie munite yedi
Borghesi, Sulle medaglie d'Augusto rappresentanti l'arco di Rimini;
Donaldson, Archiiect. Numisr.i., pag. 235; Cohen, Mcd. cons., p. 333,
' Aurelio Vittore, Epist.^ 1; Dureau De la Malie, Econom. ììolit. des Rom.^ IV, IG;
Nasse, De pubblica cura annonae apud Romanos^ Honnae 1851, pag. 33.
2 Strabene, XVII, 1 ; Ammiano Marcellino, XXII, 16.
3 Diodoro .Siculo, XVII, 52 e 58; Varges, toc. cit., pag. 47; Aristide, Orat., 14; Dione
Crisostomo, Orat. ^ 32; Achille Tazio, V, 1; Filone, Legai, ad Caium; Friedlaeader,
Moeurs romaines. II, p. 429.
•* Praef. in Commentar. Icinerar. Anton.
Gap. I.]
STRADE IN ITALIA.
65
archi, statue equestri e quadrighe trionfali e trofei a
glorificazione del principe che ordinò quelle opere, prin-
l,e vie munite {Donaldson e Cohen).
pi. XLIf, Yinicia, n. 2-5. La medaglia coir epigrafe quod viae munitae
SUNT fu ingrandita dal Donaldson per far meglio spiccare le opere di
architettura. Le due piccole sono la quarta e la quinta del Cohen, nella
prima delle quali sta la testa d'Augusto colla leggenda: augustus tr.
POT. vili (tribunitia potestate oclavo): e nel rovescio: i,. {Lucius) vinicius
L. F. (Lucii filius) III. viR. (triumvir cioè triumviio monetale): e un
cippo su cui leggesi : s. p. q. r. imp, cae. quod. v. m. s. ex. ea p. q. is ad.
A. DE {senatus populus que romanus Imperaiori Caesari quod viae tnii'
nitae sunt ex ea pecunia quatn is ad aerarium detulit, o quae iussu
senatus ad aerarium delata est). L'altra medaglia col rovescio simile a
questo ha nel diritto: s. p. q. r. imp. caes. sul piedistallo di una statua
equestre posta dinanzi alla mura di una città.
66 STRADE IN ITALIA. [Lib. VII.
cipalmente nella Flaminia che da Roma per l'Etruria e
per l'Umbria andava fino ad Arimino. Egli, che voleva
far passare per essa l'esercito, ne prese sopra se stesso
la cura, e, compiutane la restaurazione nel medesimo
anno, ebbe dal senato e dal popolo arco e statue nel
ponte Milvio sul Tevere, e un arco marmoreo a Rimini *,
che rimane ancora, presso la porta orientale, ammirato
come magnifico ed elegantissimo lavoro di arte ; del
quale anche l'epigrafe, sebbene mal concia dal tempo,
attesta sempre che fu fatto dal senato e dal j^opolo in
onore dell'imperatore l'anno in cui era console la settima
volta e designato l'ottava, cioè nel 727, quando per suo
consiglio furono restaurate le celeberrime strade d' Ita-
lia («). Col suo nome, dato dappertutto a ogni cosa, fu
chiamata Augusta anche la via che in Etruria dalla porta
Cimina di Falleri conduceva alla via Annia (''). Ed " egli
prolungò, col nome di via Giulia Augusta, fino in Gallia
per la Liguria e per le Alpi marittime, la Emilia, che
M. Emilio Scauro aveva condotta per Pisa e Luni fino a
Vada Sabazia 2; e poscia fattosi curatore delle strade inalzò
('*) Vedi Brighenti. Illustrazione dell'arco di Rimini, Rimini 1825,
dove è anche la dottissima dissertazione del Borghesi sulle medaglie d'Au-
gusto rappresentanti quest'arco. Conf. Descrizione aniirptaria architet-
tonica dell'arco d'Augusto, ecc., Rimini 1813, la quale è nuova edizione
dell'opera del-Temanza già stampata nel 1741 a Venezia. Vedi anche
Tonini, Rimini avanti il principio dell'era volgare, pag. 170. Augusto
nell'ultimo anno della sua vita cominciò a Rimini anche il supei'bo ponte
sulla Marecchia, compiuto poi da Tiberio come si vede dalle iscrizioni
incise sulle sue sponde.
(^) Viam Augustam a porta Cimina usque ad Anniam.
Eonori Imp. Caes. Divi f.... viam Augustam ab via Aì^nia s-ilice
sternendam curarunt. Epigrafi in Garrucci, Dissertazioni archeologiche.
Voi. I, pag. 37, Roma 1864.
1 Dione Cassio, LUI, 22; Svctonio,30; Strabene, V, 2; Ucnzea, Inscript.,Z3G0; Eckel,
Doctr. Nu'tn. vet., VI, 105.
8 Strabonr», V, 2; Spitalieri, Sulla via Giulia Augusta^ in Accad. delle Scienze di Torino^
1843, p. 165-lS I ; Celesia, Porti e He strale dell'antica Liguria, Genova 1863, pag. 36, occ.
Gap. li
STRADE IN ITALIA.
67
nel Fóro romano a pie' del tempio di Saturno * il milliario
aureo, che era una colonna di bronzo dorato con epigrafe
indicante i nomi delle vie consolari che partivano da Roma,
Arco di Augusto a Rimini (Brighenti).
e probabilmente la distanza dei punti estremi di esse 2.
Le strade tracciate alle uscite d' Italia per le Alpi
Pennino {Gran S. Bernardo) e Graie {Piccolo S. Bernardo)
1 Tacito, Hist.^ r, 27; Svétonio, Otho. 6; Dione Cassio, LIV, 8, 26; Plinio III, 9.
2 Nibby, Roma antica^ parte II, pag. 11^.
«8 STRADE PER TUTTO L'IMPERO. [Lib. VII.
fecero capo da una parte al Reno, e dall'altra a Vienna,
e Lugduno {Lione) ; e da questa capitale delle Gallie par-
tirono , come da centro , quattro grandi strade, fatte,
come attesta Strabene, per opera di Agrippa j due a
mezzogiorno, conducenti l'una per Nemauso a Narbona,
l'altra a Marsilia lungo le rive del Rodano. Due altre a
settentrione finivano, la prima a Gessoriaco (Boulogne),
e l'altra per Argentorato {Strasburgo) {") a Leida termine
allora dell'Impero. Nelle Spagne una via militare lunga
1200 miglia riunì Tarragona a Lisbona; e un'altra, che
pure riusciva a Tarragona movendo da Gade, fu restau-
rata splendidamente. Una via di 4000 miglia traversò l'Im-
pero da Occidente ad Oriente. Partendo da Lisbona faceva
capo ad Aquileia, ove si partiva in due rami, uno dei
quali entrato nell'antica via Egnazia {'') a Dirrachio per
l'Epiro e per la Macedonia e per la Tracia correva sino
a Perinto sulla Propontide; l'altro, passando per Tau-
runo {Tzeruinka) allo sbocco della Sava nel Danubio *,
seguiva dopo Belgrado il Danubio, e giunto a Tomi nella
Scizia romana tornava in Tracia, metteva a Bisanzio,
donde, passato il Bosforo, per Nicomedia e Antiochia
andava all'Eufrate, ultimo limite orientale dei possessi
romani. La via militare dell'Oriente cominciava da Tra-
pezunte {Trehisonda), e voltasi per Antiochia ad Ales-
sandria traversava l'Egitto fino a Siene, d'onde fu con-
(") Sulle vie militari e consolai'i di queste regioni comunicanti colFin-
terno delle Gallie vedi Coste, L'Alxace romaine, pag. 27, ecc.
{^) L'Egnazia, cui non si sa quale Egnazio dòtte il suo nome, da Dir-
rachio {Burazzo) per Apollonia e Tessalonica andava a Cipsela suU'Ebro,
e univa l'Illirico alla Macedonia e alla Tracia, fìra lunga 535 miglia ro-
mane. Ne parlano Polibio (XXXIV, 12) e Strabone (VII, 7): e da Cice-
rone, che la percorse andando in esilio , si l'itrae che giovava al molto
commercio che allora era tra Dirrachio e Tessalonica. Vedi Tafel, De
■eia militari liomanorum Eynalia, qua Ilhjricum, Macedonia et Tliracia
iungebaniu',% dissertatio geogvaphica, Tubiagae 1841 e 1812.
1 Plinio, III, 28.
Cap. I.
STRADE PER TUTTO L'IMPERO.
69
tinuata sino alla fortezza di Olismo sul golfo Arabico,
quando Augusto ebbe recata l'Etiopia alla sua alleanza.
Le quali grandi comunicazioni da provincia a provincia,
osservate nella loro direzione intorno ai confini dell'Im-
pero, partivano da Cartagine, e per Alessandria e An-
tiochia volgevano a Belgrado, e quindi per Argentorato,
per Narbona e pei Pirenei giungevano a Cadice. Al di
là dello Stretto gaditano ripigliavano a Tingis (Tanger)
verso Cartagine traversando la Mauritania, e coU'im-
mensa curva percorrevano SOOO miglia romane. Opere
Uovine di Tìiiltìs {'layloi ^ Voi/'ige en L^p tr/ìm ti 6 i, la cuti, u'Affique^ II, p', SO)
che, anche non contando le mille vie secondarie, appa-
riscono maravigliose non solo per la estensione, ma
anche per la solidità, e per l'ardimento con cui vinsero i
più indomiti fiumi, e appianarono i più alti monti *. E
1 Vedi Bergier, Hist. des grands chemins de l'Empire romain, T, 0, 10, li;
20, 30-lS-, ^ong3.Tède,ms(. da siede d'Auguste. I, 15, III, 6, VII, 21.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV.
23, 29, III,
70 ORDINAMENTO DELLE POSTE. [Lib. VIL
attestano solennemente dell'amministrazione energica e
della potenza di Augusto, il quale usando l'opera dei
soldati, dei provinciali e dei servi, e i denari di tutte le
province, con queste costruzioni gigantesche fece presente
nei luoghi più lontani la mano potente di Roma, rese
possibile il regolare governo del mondo, détte modo alla
civiltà di penetrare nei recessi più solitari, facilitò e
ingrandì i commerci, ministri di prosperità, di luce, e
di pensieri più umani fra i popoli.
Lungo le vie fece costruire magazzini, ove ufficiali di
ciò incaricati {frumentarii) raccoglievano le vettovaglie
dalle province, e le conducevano rapidamente agli eser-
citi. A brevi e regolari distanze si stabilirono perciò
poste (''), e vetture e cavalli: e guardie con nomi di-
versi ('") stavano a proteggere questi trasporti, a dar man
{") Perciò Augusto fu considerato come inventore o introduttore delle
poste presso i Romani. E certo che anche molto prima di lui era stata
fatta qualche cosa pei pubblici trasporti ricordati in un frammento del
vecchio Catone. (Vedi Frontone, Epist. ad Antonin. Imp., I, 2, pag. 150,
ed. Mai, 1823): ma egli coll'ingrandire e migliorare, e rendere più rego-
lari i modi usati in antico, meritò il vanto di ordinatore delle poste del-
l'Impero romano. Ciò fu provato non ha guari dal Naudet nella sua dotta
dissertazione. De V administration des postes chez les Romains , Paris
1<S58, estratto dalle Mém. de V Acadeni. des Inscript., voi. XXIII. Vedi
anche Rùdiger, De cursu piiblico imperii romani, BresIau 1846; e Ber-
gier. De publicis et militaribus Imp. rom. viis, in Graevio, tora. X,
pag. 410, e seguenti.
(*■) Si chiamavano stoiionarii, speciilatores , opinatores, ctcriosi.- Gli
siaiionarii erano guardie poste di distanza in distanza per reprimere i
malfattoi'i, e per denunziare chi turbasse l'ordine pubblico. Gli opina'ores
addetti alle legioni avevano l'incarico di affrettare il pagamento delle
contril>uzioni per le vettovaglie dei soldati. Gli ypcculatores ordinati in
coorte vegliante alla sicurezza dell'imperatore, erano spie dell'esercito,
e facevano anche da boia. (S. Marco, Evamj., VI, 27). I citriosi, oltre a
occuparsi dei tributi, mandavano a Roma avvisi su tutte le faccende delle
l>rovince. Svetonio, Calig., 44; Plinio, Epist., X, 78; Schelius, in Gracidio,
tom. X, pag, 1225; Spanheim, De usu et praestantia Numism., toni. II,
pag. 233-344; Tacito, Hist., II, 73; Sparziano, Adriano, 11; Codice Teodo-
siano, De ciirios.. VI, 20, I; Naudet. loc. cit., pag. 52.
Gap. I.] L'AMMINISTRAZIONE D'AUGUSTO. 71
forte ai gabellieri, a vegliare sui contrabbandi, a perse-
guitare i pubblici debitori, a portare innanzi e indietro
ordini e lettere *, ad avvertire i governatori di ogni no-
vità, a spiare ogni andamento dei sudditi e dei magi-
strati, a fare l'ufficio di sbirri, e da ultimo anche quello
di carnefici ^.
Si celebrano molto l'amministrazione sapiente, l'ordine,
la giustizia, e la pace e la prosperità procurate da Au-
gusto alle province, in cui è detto che le rapine diven-
nero minori, e più facili gii appelli contro le ingiurie
dei magistrati, e più stabile la sicurezza. Per le quali
cose anche Tacito afferma, che il nuovo ordine non di-
spiacque ai sudditi, già straziati dagli avari proconsoli,
e non protetti dalle leggi, rese impotenti dalle violenze,
dai raggiri e dall'oro 3. E da ogni parte i provinciali re-
sero onori grandi al nuovo signore. Sessanta popoli della
Gallia Chiomata per mezzo di loro deputati mossi da
Druso decretarono e dedicarono a lui e a Roma un'ara
a Lione nella penisola del confluente della Saona e del
Rodano ("), con sacerdoti e con festa perpetua: e ivi, in-
torno alla statua colossale dell'imperatore e di Roma,
sorgevano in piccole statue le imagini delle città concorse
ad erigere il monumento, davanti al quale ogni anno nel
primo giorno d'agosto s'immolarono vittime ai nuovi Dei
delle Gallie (*). In appresso anche i Narbonesi posero
(■') L' imagine dell' at-a adorna di figure tra due colonne sormontate
ciascuna da una Vittoria, coU'epigrafe bom. et aug. (Romae et Augusto)
ci fu conservata nel rovescio d'una medaglia, la quale nel diritto ha la
testa di Augusto colla leggenda: caesar augustus mvi F. {filius) pater
PATRiAE, Donaldson, Architectiira numismatica, pag. 163; Cohen, Mon-
naies frappces sous l'Empire rom., voi. I, pi. Ili, n. 275.
(&) Livio, Epitom., 137 (139); Strabene, IV. 3; Dione, LIV, 32; Duruv,
1 Svetonio, 19.
2 Naudet, loc. cit.j, p.-.g. 71, ecc.
3 Tacito, Ann.. I, 2.
72
TEMPLI AL PRINCIPE NELLE PROVINX'E.
LiB. vn:
un'ara ad Augusto e con solenne decreto, che tuttora ri-
mane, nel 764 sì obhllgarono a rcuderfili culto perpetuo^.
Ara (li Roma e d'Augusto a Lione {Donaldson e Cohen).
di un tempio eretto dagli Allobrogi a Vienna in onore
Hist. des Ronioins, HI, 238. Era precisamente nel PÌto dove ora sorge
la chiesa di S. Pietro, come è pi-ovato da monumenti e da un'epigrafe non
ha guari scoperta. Ivi ogni popolo manteneva un sacerdote: ivi si riuni-
» Vedi Grutcro, Inscrìpt. pag. 220, e Ordii, n. 2lì>9
Gap. 1.1 TEMPLI AL PRINCIPE NELLE PROVINCE.
di Augusto e di Livia rimangono anche oggidì le rovine *.
Molte città ad Augusto vivo e morto posero are e templi
Tempio di Augusto e di Livia :i Vienna {Le Bos
nelle Spagne -, in Italia, in Illiria, in Epiro, in Grecia e
nell'Asia 3, ove più tardi undici popoli contesero per avere
vano annualmeDte i deputati per deliberare sui loro generali interessi:
ivi fu posta la famosa tavola di brónzo contenente il discorso dell'im-
perator Claudio al senato. Intorno al tempio furono eretti anche i monu- .
menti, che le province galliche dedicavano ai magistrati e ai personaggi
cospicui: e ivi finalmente era il circo, in cui ogni deputato aveva il suo
po.-to notato con iscrizioni, di cui alcune giunsero a noi. Vedi Bernard,
nella Revue arclièologirpie, maggio 1862, voi. 5, pag. 319-322, e dello
{Stesso, Xe tempie d'Anguste et la naiionaliic gauloise , Lyon 1864; e
D'Aus.signT, Notice sur la decouverle de l'amphitheatre antique, et les
restes de l'aulel d'Auguste a Lugdunum, Caen 1803,
1 Vedi Delorme, Description du Musée de Vienne, pag. 4 e segg., Vienne, 1S41 ; Le
Bas, France^ voi. 1, pag. 53.
2 Tacito, Ann. I, 78; Plinio, IV, 34, 3; Mela, HI, 1; Sparziano, Adrian., 12.
3 Orelli, laser. ^ n. 606-610, 642, 643; Grutero, pag. 227, n. 2 e 5, 223, 8, e pag. 230;
Eckel, VI, 12i, 125; Annuì. Istit., 1836, pag. 271; Bevue archéologique. IS62, voi. VI,
pag. 322; Tacito, Ann., IV, 55; Pausania, III, 11, 4; Dione, LI, 20; Giuseppe Flavio,
Antiq. lud., XVI, 10, 1, e Bell. lud., I, 21, 3; Reinaud, l'Empire romain et l'Asie Orien-
tale, in Journal Asiatique, mars-avril, 1863, pag. 183.
CONDIZIONI DEI SUDDITI.
[LiB. VII.
il privilegio di dedicare un tempio anche a Tiberio: e
tutti i re dell'Oriente contribuirono insieme alle spese
per compiere il tempio di Giove Olimpio, cominciato ab
antico in Atene, e ora dedicato al Genio di Augusto *.
Noi, che vedemmo piti volte come sia preparata e
Tempio ili Giove Olinijiico aJ Atene {B
come proceda questa faccenda delle pubbliche dimostra-
zioni fatte ai potenti, non abbiamo troppa ragione di
credere alla spontaneità e alla verità di quell'entusiasmo
artificiosamente destato dai governatori imperiali, o da
altri per loro particolari interessi. In qualunque modo,
anche se i popoli ebbero dapprima o sperarono qualche
ristoro dai nuovi provvedimenti, presto sentirono anche
che queir alleviam.ento non era durevole, che infelicissime
rimanevano le loro condizioni materiali e sociali, e che il
feroce diritto della guerra e della vittoria continuava a
pesare terribile sopra di essi, destinati a pagare col lavoro
Svetonio, 60. Conf. Pausania,
Cap. I.] SPESE E RENDITE PUBBLICHE. 75
e colle proprietà il lusso di corte, e le feste di Roma, e a
nutrire la plebe, e i numerosissimi eserciti, e i funzionari!
grandemente cresciuti. Non sappiamo a quanto salissero
le contribuzioni dirette e indirette pagate dai sudditi, né
quante fossero le rendite di tutto l'Impero. Sventuramente
andò perduto lo specchio dello Stato fatto da Augusto me-
desimo {"), documento prezioso, che conteneva la nume-
razione dei cittadini e dei socii, degli eserciti, delle ar-
mate, dei regni, delle province, dei tributi, dei dazii,
dei carichi di ogni sorte, e delle largizioni, e rendeva conto
di tutta la grande amministrazione dell' Impei'o. Quindi
la storia è ridotta alle congetture, e con esse le rendite
delle province furono valutate a 150 milioni di scudi
d'oro dal Lipsio *, a circa 400 milioni dal Gibbon ^, a 784
e a 960 milioni da altri. Ma, lasciando da parte le con-
getture, sappiamo che smisurate erano le spese, e che
Vespasiano al cominciare del suo regno dichiarò che per
tenere in piedi lo Stato bisognavano 40 miliardi di se-
sterzi (^), equivalenti a più di sette miliardi di lire. Sap-
piamo con sicurezza che le antiche rendite, quantunque
grandissime, non erano più sufficienti alle spese ^, accre-
sciute per supplire alle più larghe distribuzioni gratuite,
ai giuochi, agli spettacoli, e al mantenimento delle aumen-
tate mihzie. È certo del pari che coll'aumento dei cittadini
(") Rationarum o Breviariuai iolius iuipsì-ii. Svetonio, 2S! e 101; Ta-
cito, Anìi., I, 11; Dione Cassio, LUI, 130.
(^) Svetonio, Yespas., 10: P/ofes.'^ìis-, quadriìigenties ìnillieò- opus esse
ìit respiihlica stare posset. II Budeo propose di mutare qiiodringendes
rnilUes in quadrqgies millies, il che la circa 784 milioni di lire; somma
la filiale unita alle contribuzioni pagate in natura forma una valutazione
creduta rispondente alla grandezza delTlmpero remano. Vedi-Naudet, Des
rhzìKjemenls de Vadministr. de V Emp. roin. voi. I, pag. 5 e 17G-177.
1 Lipsio, De Mannit. Rom., II. 3.
'^ Gibbon, The Ilistory of Decime , ecc., chaj'. 6.
3 Dione Cassio, I.II, 2S, ecc.
76 CONTRIBUZIONI GRAVISSIME. [Lib. VII.
grandemente cresciuti dal 708 al 725 * era diminuito il
numero nei sottoposti al tributo, e perciò scemata anche
la quantità delle terre imponibili. D'onde seguiva neces-
sariamente, che a pareggiare lo sbilancio tra le entrate
e le uscite bisognava porre ai sudditi gravezze maggiori.
Per questo Augusto fece il catasto generale dell'Impero,
e accrebbe i tributi; e molti regni e province ebbero cari-
chi non mai provati fmqui ^, e alcuni popoli in appresso
pagarono il doppio ^. Il modo stesso dell'imposizione
divenne più grave. La contribuzione fondiaria, che sotto
la Repubblica non era se non una parte del ricolto pagato
in natura, divenne una parte determinata della rendita
presunta, cioè la quinta o la settima, secondo la qualità
delle terre; somma fissata anticipatamente dietro la stima
officiale del suolo {"). Cosi lo Stato rimaneva sempre al
sicuro, e per esso non vi erano intemperie di stagioni,
né fortuite sterilità di campi, mentre i sudditi pagavano
anche per le raccolte che avesse distrutte la grandine.
Di più, non ostante la cura messa a toglier via gli
abusi dell'amministrazione provinciale, anche dopo la ri-
forma i popoli patirono ingiurie e rapine crudeli. Fre-
quenti le confìscazioni dei principi. Tiberio confiscò gli
(*•) Ajri vectigales muUas Jiabent consiìtuiiones. In quibusdam j^ro-
vinciis fniclus pariem constitulam praestant; alii quintas, alzi septi-
mas ; nunc multi peciiniam, et hoc per soli aestimationem. Certa enini
praeiia agris constiliita sunt , ut in Pannonia avvi primi (di prima,
qualità), arvi secundi; prati, silvae glandi ferae, silvae viilgaris, jjascui.
Eis o'innibus agris veciigal ad modum ubertatis per singula iugera
conslitutum. Igino, De limitib. const., in Goesio, Ilei agrariae auctores,
pag. 198. Vedi anche Bureau De la Malie, Econom. poHt. des Romains,
IV, 14 e IG, pag. 41^ e 434.
1 Vedi Plntnrco, Cesare ^ 55; Livio, Epitom. ^ 115-, Svctonio , 27; Dione, XI, III, 25,
LUI, 1, I,IV, 35, Monum. Ancyr.. II, •!.
2 Pcrizonio, Dissert. ^ W . pag. 330, ecc.; Bureau De la Malie, Econom. polii, (h-s
Hom.., II, 9.
3 Syctonio, Vespas., \6.
Gap. I.] RAPINE NELLE PROVINCE. 77
averi ai principali cittadini delle Gallie, delle Spagne e
di Grecia, e ad alcuni solo perchè avevano i possessi in
denaro *. Un Licinio, procuratore della Gallia, accusato
di menare fiere rapine e di esigere ladronescamente le
tasse come se fossero 14 i mesi dell'anno, si difese di-
cendo che aveva spogliato e dissanguato i ricchi sudditi,
perchè non avessero più forza a fare ribellioni, e pose
in mano del principe la ricca preda.- Ed Augusto trovò
buone quelle ragioni, e, preso il tesoro rubato, mandò
assoluto il ladro 2. La quale impunità accrebbe la pub-
blica indignazione per modo, che uno dei piti notabili
cittadini fece disegno di uccidere l'imperatore nelle Alpi
al suo ritorno in Italia ^. È narrato pure di concussioni
in Oriente, e di giustizia e di ufficii venduti all'incanto dai
favoriti di Caio, nipote del principe ("). M. Lollio s'infamò
per estorsioni in tutto l'Oriente, e poscia Lollia Paolina
andava carica di oltre sette milioni di gemme tratte da
queste rapine ^. P. Quintilio Varo, quello stesso che poi fu
distrutto in Germania, entrò povero in Siria, e ne usci
ricco, lasciandola povera^. Anche la Giudea e le altre con-
trade si vedono rovinate dalle angherie dei magistrati, e
più tardi, quantunque si punissero i ladri, continuarono
le ruberie dei crudeli e avari proconsoli^. Vessazioni infi-
nite nell'Affrica per causa delle leve militari corrotte con
denari e con brighe '; crudeltà e rapine dei governatori
(") E vero che alcuni di costoro la passarono male. Paedagogum mi-
nistrosque Caii fdii, per occasionem valetudinis mortisque eius siq:>erbe
avareque in provincia grassatos, oneratis grati pendere certicibiis,
praecipitavit in flumen. Svetonio, Àii.g., 67.
1 Svetouio, Tib., 49. Conf. Tacito, Ann., VI, 10, e Dione, XLI, 38.
2 Dione Cassio, LIV, 21.
3 Svetonio, 70.
4 Velleio Patercolo, II, 102 ; Plinio, IX, 53.
5 Velleio Patercolo, II, 117.
6 Tacito, Ann., II, 42, 54, III, 40.
7 Tacito, Ann., XIV, IS ; Plinio, Epist., II, 11 e 12; Giovenale, I, 47, ecc.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 10
78 MILIZIE. [LiB. VII.
di Spagna e quindi ripetute sollevazioni di Asturi e Can-
tabri ^; verghe e scuri e feroci avarizie proconsolari in
Germania tra l'Elba e il Reno -\ e in Britannia legati e
fiscali si divoravano il sangue e gli averi dei popoli: nulla
poteva salvarsi dalle loro feroci voglie. I centurioni met-
tevano tutto a devastazione, e saccheggiarono la casa,
e bastonarono la moglie e stuprarono le figliuole di un
principe, che aveva lasciato erede Nerone 3. Potrei ag-
giungere' anche altri fatti simili a questi, che mostrano
quale fosse la sorte delle province sotto 1' amministra-
zione imperiale, quantunque sia detto che ora stavano
meglio; ma gh riserbo ai loro tempi.
Per tenere in suggezione le province, per ispaventare
i malcontenti, e per mantenere l'integrità dell'Impero,
Augusto ordinò gagliardamente le forze militari. A difen-
dere le 'nuove conquiste contro i nuovi confinanti dei
possessi romani stabili presidii su tutti i confini, e anche
nelle città dove fosse da temere ribellione, come ad Ales-
sandria, a Borito, a Lugduno '' ; e mantenne gli eserciti
stanziali, già cominciati a tempo delle guerre civili. Ben
connesse tra loro le province, le legioni, le armate ^i
Roma guardata da piìi di 20 mila uomini. Ridusse a 25
il numero delle legioni^, che distribuì due nella Mesia
quando fu vinta, e due in Pannonia, le quali spalleggiate
da altre due di Dalmazia difendessero la riva destra del
Danubio, e, al bisogno, potessero accorrere ad aiuto d'I-
talia; otto sul Reno a ridosso ai Germani ed ai Galli;
tre nelle Spagne; due nella provincia di Affrica; due in
Egitto ; e quattro ne fece stanziare in Oriente a guardia
di tutto il sran tratto che si estende dalla Siria all'Eu-
1 Dione Cassio, ÌAU, 29, LIV, 5 e 11; Plinio, Epht., Ili, 9.
2 Tacito, Ann., I. W, II, 15.
3 Tacito, Agric . 15, Ann., XIV, 31, 3$.
4 Lipsio, De Magnii. rom., I, 4.
5 Tacito, Ann., I, 9.
« Dìodo Cassio, I,V, 21. Conf. Appiano, V, 127; Orosio, VI, 18.
Gap. I.J MILIZIE. 79
frate. Assicurati anche i mari : un' armata di 250 navi
stette nell'Adriatico presso a Ravenna, un'altra nel Me-
diterraneo al capo Miseno; molte navi rostrate con forte
ciurma stanziarono al porto di Fóro Giulio (Fréjus) per
difendere le spiagge di Gallia e di Spagna; 40 navi con
tremila soldati assicurarono il Ponte Eussino {Mar Nero):
furono armati di flotte il Danubio , il Reno , e proba-
bilmente l'Eufrate, per ostare al passaggio dei barbari *.
Le quali forze, ingrossate da molti ausiliari e sparse in un
impero di circa 120 milioni di abitanti, è calcolato che
montassero a 450 mila uomini '^.
Tanti soldati raccolti a difesa dell'Impero potevano
divenire minaccia e pericolo al principe, dopoché, avvez-
zati a violare ogni legge, sapevano che tutta la forza
stava nelle loro spade. Augusto rivolse ogni industria a
impedire questo effetto, e adoperò che gli antichi di-
fensori della Repubblica si trasformassero in soldati del
principe. Li separò dagli altri cittadini, li legò a sé
con larghi doni e con privilegi. Il soldato ebbe posto di-
stinto al teatro, potè, senza impacci di formule, far te-
stamento sul campo, ebbe la proprietà dei beni acqui-
stati sotto le insegne. Ma se il principe dava privilegi e
favori, non tollerò pretensioni né disordini tra le milizie.
Voleva essere egli il padrone: il soldato doveva obbedire.
A questo effetto ristabili rigidissima disciphna. Dopo la
vittoria !?purgò gli eserciti degli schiavi ("), introdottivisi
nella guerra civile, né chiamò più commilitoni i soldati,
{") Servorum qui fuggisent a dominis suis, et arma contra rem-
publicam tulerunt triginta fere millia capta doìninis ad sii-pplicium
sumendimi tradidi. Monuin. Ancyr., V, 1-3.
1 Tacito, Ann., IV, 5; Svetonio, 49; Dione, LV, 23-24; Lipsio, De Magnit rom., I, 5;
Pfitzner, De legionibus, quae inde ab Augusto usque ad Hadrianum in Itlyrico teten-
derunt, Berolini 1846; e dello stesso, Commentatio qitot quibusque numeris insignes
legiones inde ab Augusto ad Vespasiani principatum in oriente tetenderint. Novi Bran-
denburgi 1844; Robertelli, De Legionib. Roman., in Graevio, tom. X, pag. 1470, ecc.
2 Gibbon, lot. cit., chap. 1 e 2. Vedi anche Lipsio, loc. cit., I, 5.
80 MILIZIE. ERARIO MILITARE. [Lib. VII.
e vietò ai suoi figliuoli adottivi di usare familiarmente
con essi ^ Negli eserciti ordinò disciplina severa. Punì
ignominiosamente i non obbedienti, decimò e nutrì di
orzo i codardi, ordinò pena di morte agli ufficiali che
abbandonassero il posto; e vendè all'incanto un cavaliere
con tutti i suoi beni, in pena di aver sottratto alla mi-
lizia due figli col tagliar loro il pollice -.
Fissò il servizio militare a dodici anni pei preto-
riani ("), e a sedici pei legionarii (^), e assegnò dopo il
congedo, ai primi una ricompensa di 20 mila sesterzi C),
e di 12 mila ('') ai secondi, perchè a causa di loro pò-
verta non divenissero strumento degli amatori di cose
nuove. Il qual provvedimento era buono, perchè mentre
contentava i veterani, liberava i cittadini dal timore di
nuove spoliazioni, e ne rendeva sicuri i possessi 3. Ma
come per pagare il soldo ordinario e le gratificazioni alla
fine del servizio non bastavano i mezzi ordinarli, e si
richiedevano rendite nuove, Augusto pensò a stabilire
a questo fine un erario militare, ossia una cassa perma-
nente che rispondesse al bisogno. Per darle principio
vi messe 170 milioni di sesterzi (lire italiane 34,458,276)
a nome suo e di Tiberio ^, e chiese soccorsi ai popoli
stranieri e ai re. Poi pensando a nutrirla colle rendite
(") Sulla istituzione e sulle vicende di essi, vedi Groneman, De militum
praetorianorum apud liomanos hhtoria, Traiecti ad Rhenum 1S:^2.
(^) Fu poscia prolungato, e anche dopo quel termine 1 legionarii eriino
tenuti per qualche tempo sotto le insegne, per esser pronti, come ri-
serva, al bisogno. Tacito, Ann., I, 17, 26.
C^) Equivalenti a 3975 lire italiane "e 95 centesimi.
C) Cioè 2385 lire italiane e 57 centesimi. Dione, LIV, 25, LV, 23;
Svctouio, 49. Sullo stipendio delle milizie vedi Lipsio, Excurs. ad Tacit.
Ann., I, 17, e Graevii Thesaiir., tom. X, pag. 280 e 1190.
1 Appiano, V, 131 ; Svetonio, ?5.
2 Svetonio, 21; Diono, XLIX, Vi, ecc.. I.VI. ','1. r,.'-(_ Vn! rio Massino, VI, 3, 3.
3 Dione Cassio, LIV, 25.
* Monum. Ancyr.^ Ili, 36-39.
Gap. I.] NUOVE GRAVEZZE PER PAGARE I SOLDATI. 81
fisse di nuove gravezze, ricorse per consiglio al senato,
ma trovò grande opposizione, perchè tutti erano con-
trarli anche all' idea di una imposizione qualunque si
fosse. Egli propose la gravezza della ventesima sulle ere-
dità e sui legati, e diceva di averla trovata tra i ricordi
di Cesare. Senatori, cavalieri e popolo erano tutti con-
trarli a tal novità; ma egli governandosi colla solita
destrezza, minacciò di porre in cambio una gravezza ai
proprietarii di terre e di case ; e con questo mezzo riuscì
a fare accettare, come male minore, l'imposizione di un
ventesimo sulle eredità che non andassero agli stretti
parenti e ai poveri, e senza curare dicerie e schiamazzi
nominò tre deputati per sopraintendere a questa ren-
dita ("), che poscia fa data in appalto ai pubblicani * in
Italia, e amministrata dai procuratori imperiali nelle pro-
vince, come è attestato da molte iscrizioni-. A sostegno
dell'erario militare andò anche la tassa dell'uno per cento
posta sulle cose venali {''), e la cinquantesima parte del
{") Dione Cassio, LV, 23, LVI, 2S: Svetonio, 49; Burmanno, De vecfi-
(jalibus pop. rom., cap. 11. Quelli incaricati di percepire la vicesima
delle eredità, e di giudicare i motivi di esenzione addotti dai contribuenti,
sono chiamati nelle iscrizioni irrocuratores, 2'>ì'omagistri XX (vicesimae)
heredilatum, procuratores Augusti Jiereditatiian. Vedi Borghesi, Iscri-
zioni di Foligno negli Annali' di corrispondenza archeologica ^ 1846,
pag. 319-, Grutero, pag. 426, n, 5, 437, 7., 454, 8 e 9; e Bureau De la
M3.\\e, Economie politique des Romains , livre IV, chapitre 21, voi. Il;
pag. 472, Paris 1840.
(*) Tacito, Ann., I, 78, II, 42. Era una tassa sui commestibili {edulia),
simile a quello che oggi si chiama dazio di consumo. Niuna imposta
riusci più grave. Pesava specialmente sul popolo; era oltre ogni dire
vessatoria, e sottoposta a ogni sorta di frodi, perchè si percepiva nel-
l'interno di Koma, non allo porte. Plinio, "XIX, Ì9; Svetonio, Calig., 40
•Bureau De la Malie, loc. cit., IV, 20 e 21.
1 Plinio, Eiìist., VII, n, Paneg.^ 37.
2 Vedi niohhorst, Qiinestioaum epigr.iphicantm de procuraloyih".3 i-r.peratorum^
Regimon'i Iruss. ISGl.
82 L'IMPERATORE CAPO DI TUTTI GLI ESERCITL [Lib. VIL
prezzo che furono obbligati a pagare quelli che vendes-
sero schiavi *.
Provveduti e fatti a sé devoti i soldati, impedì che
acquistassero fama di grandi guerrieri quelli che pote-
vano nutrire pensieri ambiziosi, e non messe a capo delle
grandi imprese se non i membri di sua famiglia, Dap-
prim.a comandò da sé stesso le guardie pretoriane, che
poscia colle vite dei principi ebbero in mano l'impero;
e da ultimo ne divise il comando fra due cittadini non
temibili, né per chiarezza di parentado, né per qualità
personali 2. A sé riserbò il titolo d'imperatore dato per
le imprese felici, e lo ebbe ventuna volta 3, A poco a
poco rese disusati i trionfi, perché niun privato citta-
dino avesse modo ad elevarsi anche per un giorno solo
al pari del principe, e perchè la gloria militare divenisse
privilegio imperiale. Fu stabilito per massima, che l'im-
peratore ordinando le imprese e cominciandole con suoi
auspicii, e reggendole col suo senno, egli solo vinceva,
e che quindi a lui solo si dovevano gli onori della vit-
toria. Parecchi aveva lasciato trionfare sulle prime, anche
per piccole vittorie contro ladroni o città sediziose '', ma
quando si sentì più sicuramente padrone non concesse
quell'onore, se non qualche volta ai parenti e agli amici
fedeh. Agli altri dava solamente le insegne trionfali, con-
sistenti nella corona aurea a foggia di lauro, nella toga
ricamata d'oro, nel bastone d'avorio sormontato dall'a-
quila, e da ultimo anche in una statua eretta nel Fóro^:
onori dati più tardi a chi non avesse militato e anche
ai fanciulli e ai delatori, e fatti sempre più vili col cre-
1 Dione, LV, 31.
2 Dione Cassio, LV, 10. Conf., LII, 21.
3 Monum. Ancyr., I, 2.'?; Tacito, Aun., I. 9.
4 Svetonio, 38 ; Dione, LIV, 12.
5 Diono Cassio, LIV, 21, SI, 33, 31, LV, 2S, LVI, 17; Ralnis. De ornamentis trinm-
phalibus, Angiisiae Vindeiicorani 1850; Goell, Le triurnphi romani origina, permissuj.
Mfparatu. via, Schleizae 1S54, pag. 39, ecc.; Borghesi, Iscrizioni di Foiiyno, negli
Annali di corrisp. archeoloij.^ 1316, pag. 312-350.
Gap. I.J
83
■11 SMm
Statua corazzata d'Augusto {JVel vestibolo del Palazzo dei Conservatori in Campidoglio).
84 CONFINI DELL'IMPERO. [Lib. VIL
scere della tirannide *. Accadde allora di essi come nei
tempi moderni delle decorazioni cavalleresche, le quali
piovendo in copia grandissima a ogni sorta di nomini e
per ogni sorta di titoli, da molte oneste persone si re-
putarono tutt' altro che segni d'onore.
Sorto al grado supremo per forza di armi, quantunque
non prode soldato, impedì che altri tentasse di alzarsi
coi medesimi modi ; e tolta o menomata la preponde-
ranza agli eserciti e ai duci, si volse agli studi pacifici,
e si adoprò a finire le contese con trattati, obbligando i
capi dei barbari pacificati a giurargli fedeltà nel tempio
di Marte Vendicatore; e allora potè vantarsi di aver
tratti a Roma a chiedere amicizia ambasciatori non più
visti dai Medi, dagli Indiani, dai Seri (Chinesl), dagli
Albani, dagli Iberi, dai Bastami, dagli Sciti e dai Sar-
mati ("). Persuaso che a Roma bastasse un impero limi-
tato a settentrione dal Danubio e dal Reno, a occidente
dall'Oceano, a mezzodì dalle cateratte del Nilo, dai deserti
e dal monte Atlante, e a oriente dall'Eufrate, si studiò
di stabilire quei termini, consigliò ai successori di non
oltrepassarli, e per quanto era da lui fece guerra solo
per fissarli e per mantenerli, e per frenare le libellioni
0 per vendicare le disfatte ^.
Pensò più volte di recare ad esecuzione i disegni di Ce-
sare sulla Britannia, e di ridurla a provincia romana di
fatto, ma, distoltone da altre cose più urgenti é dalle diffi-
coltà dell'impresa, si contentò delle profferte e dei doni
e*) Momim. Ancì/r.,Y, 50-54. Vedi anche Strabene, XV, 1 in principio;
Dione Cassio, LIV, 9; Svetonio, 2L Floro, IV, Ì2, di, ricorda i Sei-i, e
dice che gli Indiani spesero nel viaggio quatti'O anni e recarono in dono
gemme, margherite, ed elefanti. Vedi anche Reinaud nel Journal Asia-
iique, niars-avril 1803, pag. 178, e segg.
> Tacilo, Ann., XI, 20, XH, 2, XIII, 53, XV, 72; Svelonin, Claud., 21, Ner., 15;
Dione, LX, 8, 23, ZO.
2 Tacito, Ann., I, :5, 11.
Gap. L] guerre CONTRO MESI, DACI, GALLI E SPAGNOLL 85
mandati al Campidoglio dai capi dell'isola («). Nel 725
vinse coll'opera di M. Licinio Crasso la Mesia {Bulgaria
e Servici), già tentata da lui stesso ai tempi della sua
guerra di Dalmazia e Pannonia: furono battuti i Daci, e
respinti oltre il Danubio (^) : ricacciati oltre il Reno gli
Svevi provatisi, con altri Germani, a passarlo, e repressi
nelle Gallie i moti dei Treviri e Merini *. Messala trionfò
degli Aquitani, ribellatisi dopo le vittorie di Agrippa (''),
e il principe stesso andò in persona (727) a estendere,
oltre i Pirenei, l'Impero fino all'Oceano colla sottomis-
sione dei Cantabri e degli Asturi, che, rimàsti sempre
indipendenti nella servitù di tutti gli altri Spagnuoli
risorgevano gagliardi dalle sconfitte, eccitavano a rivolta
le altre tribù iberiche già sottomesse, e nei loro monti
offrivano asilo a tutti i nemici di Roma. Abitavano nel
settentrione della Spagna i luoghi stessi, che più tardi
si serbarono indipendenti dai Mori, cioè la Discaglia, le
Asturie, la parte superiore della Galizia e il paese intorno
a Leone. Erano una fiera gente, fatta forte dall'asprezza
dei monti nativi, dai selvaggi costumi, e da amore su-
(«) Dione Cassio, XLIX, 38, LUI, 22, 25; Strabene, IV, 5; Orazio, Od,
I, 35, 29. Dione (L, 24) fa ricordare ad Ottavio il passaggio in Britanuia
come cosa compiuta: Strabone {loc. cif.; dice quasi tutta l'isola, aderente
ai Romani: e Orazio in altro luogo parla di Britanni soggiogati e riu-
niti airimpero {Od... IH, 5, 2. Vedi anche III, 4, 33, ed E}) od., VII, 7-8):
ma non fu che un desiderio, e im progetto. Da un'altra parte sappiamo
che Augusto aveya consigliato di lasciare in pace i Britanni, e che Tiberio
chiamava precetto questo consiglio. Tacito, Agric, 13,
(*) Dione Cassio, LI, 23-26; Virgilio, Georg., II, 497. I Daci, detti anche
Geti , quando il Danubio era gelato lo passavano , e saccheggiavano i
luoghi vicini. Augusto, dice Floro, lY, 12, li respinse sull'altra l'ipa, e
pose presidii al di qua: Sic tunc Bacia non vieta, sed summoia.
(c) Appiano. Bell. Civ., IV, 38, è V, 92. Vedi Tibuilo, I, 7, il quale
descrive le imprese di ^Messala, e ne Celebra il trionfo sui Galli.
1 Dione, LI, 2) e 21.
Vannucci — Storia dell' Italia antica — IV. U
86 SOTTOMISSIONE DEI CANTABRI E ASTURI. [Lib. VII.
premo di libertà*. Augusto, se ordinò di mettere a di-
struzione il paese, neppur qui fece alcuna prodezza di sua
persona, perchè caduto gravemente infermo dovè ritrarsi
dal campo, e poscia con un monumento attestò nuova-
mente della sua vecchia paura del fulmine, inalzando a
Roma un tempio a Giove Tonante, perchè una notte
nella guerra Cantahrica non fu colpito dalla folgore, che,
strisciatagli la lettiga, uccise il servo incaricato di illu-
minargli la strada 2. Ma i suoi legati proseguirono l'im-
presa gagliardamente, e i Cantabri, assaliti nei villaggi
e nei monti, dopo lunga e diffìcile lotta furono vinti
colle armi, colla fame e col fuoco. Né a salvarU giova-
rono gli Asturi venuti alla riscossa, né le forti prove
ritentate in appresso. Pure, quantunque oppressi e ven-
duti e trasportati lungi dalle native montagne, i fieri
uomini non caddero d'animo: uccisero i padroni, torna-
rono al paese nativo, resisterono di nuovo a Roma si-
gnora del mondo Q"). Per finirli fu necessaria l'opera di
Agrippa, il quale, accorso (735) dalle Gallie, compresse gli
ultimi moti, spense quasi tutti i Cantabri atti alle armi,
e gli altri trasportò nei piani sotto la guardia di legioni
e di forti colonie. Cosi tutte le tribù della Galizia, dopo
aver resistito lungamente alla grande potenza di Roma,
furono vinte e sottomesse per sempre. La poesia romana
celebrò con alte lodi la guerra Cantahrica 3, e dei vinti
non rim-ase se non la fama di loro grande caduta; pe-
rocché anche le storie dei vincitori narrarono di madri
che uccisero i figli per impedire che andassero in mano
{^) Livio, XXVIII, 12, dice: Hispania . . . . 'prima Romanis inita
provinciarum, quae quidem contineniis sunt, postrema omnium, nostra
demum aetdte, ductu auspicioque Angusti Caesaris perdomita est.
1 Vedi Duray, État Au monde romain vers le Cenips de ?<t fondation de Vempirej,
Pari* 1853, pag. 12, e seguenti.
2 Svetonio, Aug.^ 29 e 91. Conf. Dione. LIV, 4.
3 Orazio, Od., II, 6, 5, e II, 11, 1., Ili, 8, ^, IV, 11, 41. Episl.. I, 12, 20.
Gap. I.] GUERRE AGLI ETIOPI, GARAMANTI, ARABI, EGO. 87
al nemico, e di altri che col veleno o col ferro e col
fuoco, bruciati i lori ripari, liberarono sé stessi e i loro
cari dalla servitù *.
In Affrica C. Petronio, governatore di Egitto, respinse
e disfece in più scontri gli Etiopi, che condotti dalla
regina Candace si avanzarono fino ad Elefantina, e tutt®
mettevano a sacco ; e le armi romane allora penetra-
rono nella sconosciuta regione e la fecero alleata all'Im-
pero 2 (732). Tre anni dopo Cornelio Balbo riaprì per le
regioni di Fasania (Fezzan) la via dell'interno dell'Affrica,
e avanzatosi fino al monte Atro (Gibel-Asoud), guerreggiò
i Garamanti ed altre genti sconosciute, di cui portò a
Roma gli strani nomi e le imagini. Balbo, nativo di Gade
nell'ultima Spagna, era il primo straniero che avesse a
Roma l'onore del trionfo («).
In Oriente Augusto fece tentare l'Arabia nella spe-
ranza di averne gli aromi e le imaginate ricchezze, e
per assicurare il commercio dell'Eritreo. Ma Eho Gallo,
che si avventurò a quell'impresa (730-731) con diecimila
uomini, tradito dalle guide infedeli, e combattuto dal
mare e dagli aridi luoghi, dopo molti e vani travagli
tornò indietro scemo della più parte dei suoi, spenti
dalle fatiche, dalle malattie e dagli stenti ^.
Quanto alle altre genti orientali, divisa tra due re la
Tracia '% tolti di mezzo i regni inutili, e serbati come
(«) Plinio, V, 5; Solino, 29; Virgilio, Aen., VI, 795. Un'ampia illu-
strazione del passo di Plinio, relativo all'impresa di Balbo e ai popoli di
cui trionfò, è nella Revue archéologique, 1862, voi. II, pag. 303-31,3.
Vedi anche A'ivien De Saint-Martin, Le Nord de l'Afrique dans l'em-
tiquité grecque et romaine, Paris 1863, pag. Ili, e seguenti.
1 Dione Cassio, LI, 21, LUI, 25 e 29, LIV, 5 e 11; Strabene, III, -1 ; Svetonio, 29;
Floro, IV, 12, 46-lS; Orosio, VI, 21.
2 Strabene, XVII, 1; Dione Cassio, LIV, 5; Plinia, VI, 35.
3 Dione Cassio, LUI, 29; Plinio, VI, 32, 17; Strabene, XVl, 4; Virgilio, Aen., VII,
605; Orazio, Od.^ I, 29; U, 12, 24, III, 24, 2, Epist.^ I, 6, 6, e I, 7, 36.
4 Tacito, Ann., Il, 64.
88
LE INSEGNE ROMANE RESTITUITE DAI PARTI. [Lib. VII.
sudditi quelli che potessero servire di baluardo all'Im-
pero, rimaneva solo da incutere spavento agli Armeni
ed ai Parti; ed Augusto lo fece si bene, che i primi gli
chiesero un re; e gli altri, comecché potentissimi, gli
restituirono senza guerra le insegne militari, e i pri-
Ricordi delle insegne romane riavute dai Parti.
gionieri rimastivi nelle infelici imprese di Crasso e di
Antonio (-'); e Fraate, loro re, détte i suoi figliuoli in
ostaggio per guadagnarsi l'amicizia di Roma. E Augusto
ne menò festa e trionfo, reputandosi a gran lode di
aver tolto senza sangue quell'onta al nome romano: e i
poeti celebrarono magnificamente lui, fulmine di guerra
sull'Eufrate e domatore dei Parti ^ E per ciò, come per
(«) Orazio, Exjist, I, 12, 2, Od.. Ili, 5, 4, Carm. Saec, 54; Ovidio, Fast,
I, 593. Molte medaglie coU'epigrafe Signis Parthieis receptis, Signis re-
cepiis, e Signa P. li.j hanno Marte che tiene un'aquila romana e un'in-
segna di guèrra, e Parti che genuflessi o in piedi presentano insegne ad
Augusto in quadriga trionfale. Vedi Eckel, Doctrina Num. vet., VI, 94-98,
101 : e Cohen, Monnaies frapp. soiis l'Emp. rom., pag. 62 e 63. Diamo
incise due medaglie della gente Aquillia. Nella prima col nome del mone-;
tiere l. aquillius florus iii vir (triumvir), vedesi la testa della Virtù
coperta di elmo, e nel rovescio con la leggenda c.\esar augu.stus sign.
RECE. [signis receptis) è un Parto genufles.so che presenta un'insegna.
Nell'altra è la testa radiata del Sole, e la stessa leggenda del raonetiere
.suddetto, e similmente un Parto che presenta un'insegna. Vedi Cohen,
Mrdailles consulaires, pi. VI, Aquillia, n. 7 e 8.
• ùion", LUI, 33. UV, 8; Velloio, li, 91 ; Strabene, VI, C ; Monum. Ancyr. . V, 39-13;
Giu'-tino, XLII, 5; Livio, Epit.. 139; Floro, IV, 1?, 63: Eutropio, VII, 5; Tacito, Ann..
Gap. L] distruzione DEI SALASSI NELLE ALPI. 89
le ambascerie venute a Roma dall'ultimo Oriente, si fece
più viva e più generale l'idea di estendere fino all'India,
alla Battriana e alla China la dominazione romana, e di
fondare la monarchia universale ; idea che messa in
campo da Cesare durò fino ad Adriano, e rimase idea
senza effetto, quantunque la poesia ne parlasse sovente
come di fatto compiuto, o prossimo a compiersi *.
Nell'interno dell'Impero sommamente importava sotto-
mettere al tutto i fieri popoli Alpini, per avere sicura
la via alle Gallio, al Reno e al Danubio. Si era comin-
ciato già dai Salassi (727), abitatori di luoghi asprissimi
nel fianco meridionale delle Alpi, o\e ora è la valle di
Aosta. Erano stati combattuti più volte ^ e spogliati di
loro miniere d'oro, ma duravano terribili sugli alti dirupi,
donde, precipitando macigni, schiacciavano eserciti e
viaggiatori. Fu mandato a finirli Terenzio Varrone Mu-
rena, il quale col menar tutto a distruzione forzò la fiera
^mte a chieder pace, e ne prese 36 mila, tra cui ottomila
setti alle armi, e condottili ad Eporedia (Ivrea) li vendè
tutti all'incanto. Poscia a compier l'opera fu mandata colà
una colonia di tremila soldati pretoriani, la quale, presa
la migUor parte di quel territorio, fondò ivi Augusta
Praetoria (Aosta) alle due foci delle Alpi Graie e Pen-
nino 3, ossia delle valli che vanno al Piccolo e al Gran
San Bernardo. La città fu fondata dentro il recinto del
campo di Varrone Murena, e tuttora ne conserva la
forma di parallelogrammo, e una parte delle antiche
mura, e la porta pretoria, bella e solida mole, fuori della
quale sorge sempre il grande 'arco inalzato ad onore di
ir, 1 ; Orosio, Vf, 2! : Orazio, Od., I, 12, 53, III, 5, l, IV, 5. 25, IV, 15, 17, Sat., II, 5.
62, Episl.. I, 18, 55, e II, 1, 256; Virgilio, Georg.. HI, 31, Aen. . VII, 606; Properzio,
li, 10, 13, e III, 4, 6.
' Vedi Virgilio, Georcj., II, 172, Aen.. I, 236, VI, 795, VIII, 705, e segg. ; Orazio, Od.,
I, 12, 55, III, 29, 27-23, IV, 15, 23; Properzio, III, A, 1, IV, 3, 10, IV, 6, SI.
2 Dione, Fragm., 79, XLIX, 3i e 3S, e sopra voi. Ili, pag. 97.
3 Dioue Cassio, LUI, 25; Strabene, IV, 6; Plinio, III, 6 e 12.
90
[LiB. VII.
Edificii romani d'Aosin.
rianta della ciiii, i::rra, porta, tgalro, anfiteatro, arco d'Augusto [Promis e Auher^j.
Gap. L] monumenti DELLA CONQUISTA IN VAL D'AOSTA. 91
Augusto per ricordo della distruzione dei Salassi. Altre
opere d'arte resero splendida l'abitazione dei nuovi co-
loni, e anche oggi rimangono belle rovine dell'elegante
teatro, dell'anfiteatro, del magazzino militare, di templi,
di terme, e si vedono colonne ed epigrafi, e antiche me-
daglie, alcune delle quali si riferiscono al popolo distrutto
dalle legioni. La dominazione di Roma fece anche ivi
cambiar l'aspetto dei luoghi. La valle, che da Ivrea
lungo la Dora per* circa 50 migUa si estende fino alle
Alpi Graie e al Montebianco, fu solcata da una grande
strada romana, la quale giunta ad Aosta si divideva in
due rami, uno dei quali salito il Sommo Pennino (Gran
San Bernardo) di là per Ottoduro IMartigny), Aventico
(Avencìbes), Augusta dei Rauraci, (Augst presso Basilea),
ed Argentorato (Strashargo) andava a Magonza: e l'altro
per l'Alpe Graia (Piccolo S. Bernardo) a traverso agli Allo-
brogi conducevasi a Vienna e a Lione. Per tutta la valle
rimangono tracce della via, ora tagliata nelle rupi, ora so-
stenuta da arcate. A Donnas per 250 passi vedesi tagliata
nel vivo masso che ivi dall'alto del monte scende a pre-
cipizio nel fiume. 11 ferro dei soldati romani distrusse
lo scoglio che impediva il passaggio, e un'arcata monu-
mentale fu posta per ingresso alla magnifica via, e per
sostegno al monte, cui era stata tolta la base. A Saint-
Vincent sono belle le rovine del ponte, caduto dopo 18
secoli all'età nostra. Fra le opere più belle dell'arte an-
tica sorge a Pont-Saint-Martin il ponte sotto cui passa
YHellcx che dal Monte Rosa corre alla Dora. Altri ruderi
di ponti a Chàtillon, aU'entrata di Aosta, a Liverogne e
altrove. I luoghi, chiusi da grandi montagne coperte sem-
pre di ghiacci e di nevi, e variati di verdi campi, e di
vitiferi colli, ad ogni tratto ricordano Roma con avanzi
di opere stupende, con iscrizioni e sepolcri. A Villanova
è memoria dei sacerdoti Augustah. Sul Gran San Ber-
nardo presso l'Ospizio della carità universale, nel sito
92 MONUMENTI DELLA CONQUISTA IN VAL D'AOSTA. [Lib. YH.
che anche oggi chiamasi Piano di Giove rimangono ve-
stigii di Giove Pennino nelle epigrafi votive in tavolette
di bronzo, che i viaggiatori appendevano in rendimento di
grazie al Dio Alpino, dopo aver passati fehcemente all'an-
data e al ritorno {prò itu et reditu) ì pericoli dell'ardua
Saiat-Vinccnt.
{A:fherl}.
montagna. A Courmayeur ("), ai piedi del Montcbianco,
sono i profondi trafori fatti dai Romani nelle montagne
per ricercare i metalli e scavar le miniere, di cui rendono
oggi testimonianza anche le ricche fontane ferruginose e
(") Detto Aw'i fodinae a tempo dei Ronuuii, e .Curtis o Curia inaiar
nel medio evo: d'onde il noiue moderno.
Cap. I.] GUERRA CONTRO I RETI, VINDELICI E NORICI.
93
sulfuree: e sulla cima del Piccolo San Bernardo ruderi
antichi ricordano i Romani, i Salassi ed Annibale *.
la appresso furono vinte tutte le altre genti alpine
dalle Alpi marittime fmo all'lUiria, e fra tutte queste
guerre, intese ad assicurare l'Italia, andò famosa nelle
storie e nei canti dei poeti ^ quella contro i Reti, i Vin-
deliei e i Norici governate da Druso e da Tiberio, figlia-
stri di Augusto. I Reti, figli degli Etruschi, fuggiti dalle
pianure del Po al tempo dell'antica invasione dei Galli,
tenevano le Alpi grigione e trentine, discendendo alcun
poco verso l'Italia fino agli Insubri. I Norici stavano tra
il Danubio e le Alpi fmo alla Carnia^; e i Vindelici al
di là dell'Eno (lun) e del lago dei Briganti {lago di Co-
stanza), nel piano che pende dolcemente verso il Da-
nubio. I Reti imbarbariti sui monti uccidevano gli uomini
fatti prigioni, e anche le donne che i loro indovini di-
chiarassero incinte di un maschio; menavano prede di
•Gallia e d'ItaUa, e ai Romani facevano quanti più danni
potessero. Druso, giovane di rara eccellenza nelle armi,
gli vinse (739) in una grande battaglia nelle Alpi trentine,
e li disperse penetrando i loro recessi. Invano i fuggenti
cercarono ricovero nella Vindelicia levatasi a loro favore.
Tiberio venne dalle GaUie a soccorso di Druso ; e, unite
insieme le forze, i due fratelli trionfarono di ogni osta-
colo. Furono aperte le dense foreste; traversato con navi
il lago dei Briganti; espugnate molte castella, fatte molte
belle fazioni, superati i luoghi più difficih, vinte con
grande strage genti numerosissime, e soprammodo fe-
roci. Tutti i Reti e Vindelici si arresero a discrezione;
1 VeJi Proiiiis, Le antichità di Aosta^ Augusta Praetoria Salassorum^ misurate^
disegnate e iUust>-ate, Torino 1862; Aubert, La vallèe d'Aoste^ Paris 1860, e dello stesso
Les vaie» romaines dans la vallèe d'Abste Bella Revue archèologique^ 1862, voi. 6,
pay, 65 e segg.; Gal, Coup-d'ceil sur les antiquitès d'Aoste.^ Aoste 1862; Gerard, La
vallèe d' Aoste sur la scène. Aoste 1S62.
2 Vedi Orazio, Od.. IV, 4, e IV, 11, 7-32.
3 Strabene, VII, 1.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 12
94
PROVINCIA DELLA REZIA.
[LiB. VIL
e la gioventù più robusta fu venduta e trasportata in
paesi lontani ("). Tut-
te quelle regioni for-
marono la provincia
di Rezia, che fu te-
nuta a freno da le-
gioni e castelli , e
dalla colonia di Au-
gusta dei Vindelici,
che poi divenne la
città di Ausburgo :
dove facevano capo
tutte le vie di comu-
nicazione tra Itaha,
Gallia, Reno e Pan-
nOnia, e fu luogo fio-
Ruderi del trofeo d'Augusto {Zuecagni Orlandini).
rentissimo di com-
mercii, e splendido-
di monumenti rehgiosi e civili, come attestano le iscri-
zioni e molte rovine (^), E come Pompeo aveva già posti
(«) Dione Cassio, LIV, 22; Velleio Patercolo, II, 95; Svetonio, Aiig.,2\,
e Tib., 9; Strabone, IV, 6, e VII, L Nel cantone dei Grigioni, e massime
neirEngadina, che corrisponde a una parte dell'antico paese dei Reti,
rimangono ancora più tracce della conquista e della dominazione romana
nel linguaggio romantsch , che ha visibili elementi latini, e in più nomi
di luoghi, tra cui noto i seguenti: Septiynerpass , Julierpass (passo di
Settimo, 'passo di Giulio): Bruserthal (valle di Druso); Celerina; Sil-
vaplana, ecc. Vedi la Bibliothèque univer selle de Genève, 64® année,
tom. IV, pag. 54. A questi si possono aggiungere anche Puntigels per
Poniiculus ; Montigels per Menticulus ; Planisius per Planities ; Yei-
chenofen per Yieus novus ; Prad T^er Pratum, ecc. Vedi Gabriele Rosa
nella Rivista EtirojJea, 1846, voi. I, pag. 180.
(^) Vedi De Ring, Suì^ les ctablissemenls du Rhin et dii Danitbe,
Paris 1852, voi. Il, pag. 101-109. L'autore di questo libro raccolse tutte
le medaglie e le epigl-afi lasciate dai Romani in (jueste l'egioni, ricercò
i siti dei 50 castelli di Druso, i campi delle legioni e i loro ricordi,' studiò
Gap. I.] MONUMENTO DELLA VITTORIA SUI POPOLI ALPINI.
95
trofei sulla cima dei
Pirenei per memoria
delle sue vittorie di
Spagna * , ora per
eternare il trionfo
su tutte le genti mon-
tane dal mar Tirreno
all'Adriatico fu inal-
zato un gran monu-
mento sulle Alpi ma-
rittime, del quale du-
rano sempre le ro-
vine a Torbia sulle
alture al di sopra di
Monaco e di Rocca-
bruna , ove la via
Giulia Augusta della
Liguria passava di-
rigendosi a Cimella
e a Nicea (Nizza) (").
le linee di fortificazione
sul monte Abnoba nella
Selva Nei'a, sul Tauno, sul Reno, sul Meno, sul Danubio, e su tutti i con-
fini : percorse le antiche vie, investigò i ruderi dei monumenti, le tracce
della colonizzazione, e tutti i documenti valevoli a illusti'are la storia
della conquista e della dominazione romana in Germania, dove l'Italia
portò le sue istituzioni, la sua religione, la sua civiltà, le sue arti. Per
Augusta dei Yindelici vedi anche Raiser, Die roniischen Alterthùmer zu
Augsburg, Augsburg 1820; e Conf. Zumpt, De coloniis Roman, inilit.,
pag. 403.
(^) Vedi Spitalieri , Notizie sul Monumento dei trofei di Augusto di
Torbia, nelle Memorie dell'Accademia delle Scienze di Torino, 1843,
serie II, toni. 5, pag. 161 e segg. Nell'iscrizione del monumento, conservata,
da Plinio, sono i nomi di 45 popoli, ed è detto che fu inalzato ad Augusto:
Quod eius dxctu aiispiciisque genies Alpinae omnes, quae a mari sii-
Lo stesso trofeo restaurato da L. Canina.
Plinio, III, 4.
96 IL RE COZIO. [Lib. VII
Ivi erano scritti i nomi dei popoli sottomessi all'Im-
pero di Roma: ma, ad eccezione di due (Veamini e Ca-
turigi), non si ricordano * le -tribù governate da Cozio,
regolo alpino, il quale col suo senno trovò modo a far
sì che i suoi avessero patti men duri. Marco Giulio Cozio,
figliuolo di Donno, dominava sulle Alpi Cozie tra l'Italia
e le Gallio dal monte Vesulo (Monviso) fino al Cenisio,
allargandosi da una parte Verso Ebroduno {Emlrrìin), e
dall'altra fino a Segusione (Suso), e verso i Liguri Tau-
rini e, al dire di Strabone, anche verso la città di Ticino
dove ora è Pavia 2. Egli sentita la tempesta che trasvolse
i popoli alpini, chiese pace ad Augusto, e gli eresse a Susa
un bell'arco trionfale in cui egli ha il titolo di Prefètto
delle città, ossia dei popoli di cui l'iscrizione dà i nomi (^').
Sappiamo anche che con grandi lavori egli rese più brevi
e più comodi i passaggi delle Alpi, e resse con giusto
pero ad inferiim pertinebant , sub imperium populi romani sunt re-
dactae. Plinio, III, 24. Vedi anche Egger, Examen, des Histor. d'Aug.,
pag. 300 e ^^z%., e Monti, Storia di Como, pag. 54. I ruderi e la restau-
razione del monumento sono in Zuccagni Orlandini, Corografia d'Italia.
Atlante I, 6, e in Canina, Architettura romana, tavola 201.
(") Vedi Scipione Maffei, Museum Veronense, pag. CCXXXIV; Mas-
sazza, L'antico arco di Susa descritto e disegnato, Torino 1750; Pon-
sero, Piccolo cenno sull'arco trionfale di Cesare Ottaviano Augusto,
esistente nella citlà di Susa (con disegno), Torino 1841. Il Canina di-
segnò l'arco restaurato nella tavola 184 àeW Architettura Romana. L'epi-
grafe riferita anche dairOrcUi (n. 626), dice così:
Imp. Caesari. Augusto. Divi. F. Pontifici.
Maximo. Tribunic. Postestate XV. Imp. XIIL
M. Julius regis Donni, f. Cotius p)^'<Jefectus ceivifatium.
Quae. subscrijjtae. sunt. Segoviorum. Segusinorum.
Bellacorum. Caturigum. Medulliorum. Tebavioì'um.
Adanatium. Savincatium. Egidniorum. Yeaminiorum.
Yenicamorum. Imeriorum. Vesubianornm. Qiiadiaiium.
Et. ceivitates. quae. sub. eo. praefecto. fuerunt.
1 riinio, ni, 21.
2 Strabone, IV, 1 o G, V, 2.
Gap. 1.1
ARCO DI SUSA.
97
governo le sue genti, le quali per questo e per la quiete
procurata loro coll'amicizia di Roma, gli fecero a Susa
un venerato sepolcro, e serbarono di lui religiosa me-
moria'. Rimase ricordo anche di suo figlio chiamato col
medesimo nome, a cui poscia Claudio rese il titolo di
re, e il regno paterno ingrandito, il quale durò fino a
di «usa (Ponstro;.
quando, per la morte di lui, Nerone ridusse le Alpi Cozie
a provincia romana -.
1 Ammiano ìMarcellino, XV, 10, 2 e 7.
2 Dione, LX. 21; Svctonio, ?>'cr. , IS: Vn.
98 GUERRE IN PANxXONIA E IN GERMANIA. [Lib. VII.
Il principe trionfò ed ebbe tutti gli onori di queste
vittorie, come di quelle di altri legati che tenevano in
freno i tumultuanti del Bosforo, e le fiere genti di Tracia,,
e respingevano i Daci oltre il Danubio, e davano p^ce
e sicurezza alle province d'Oriente ^ Agrippa e Tiberio
batterono piìi volte i Pannoni e i Dalmati ribellanti a
ogni tratto ^, mentre Druse accresceva sua gloria in
Germania, ove arse la guerra più grossa del regno di
Augusto per opera di quelle terribili genti, che pregia-
vano più il ferro che l'oro, e che forti di sito e di nu-
mero e di amore indomabile di libertà opposero resi-
stenza invincibile alla dominazione straniera, e dettero
i primi colpi, da cui alla line fu crollato e distrutto l'Im-
pero. Gli abitatori delle vicinanze del Reno (Sicambri,
Usipeti e Tenteri) avevano già passato il fiume più volte
e infestate le Gallio, d'onde dapprima li respinse il va-
lore di Agrippa. Anche M. Lollio, più cupido di pecunia
che di giusto governo, li vinse e li gravò di tributo, ma
si trovò a mal partito, perchè i barbari tornando con-
tr'esso lo circondarono, gli saccheggiarono il campo, e
gli tolsero r aquila della quinta legione ^ : ed egU ebbe
per gran ventura d'impedire che si avanzassero oltre alla
Mosella. Finalmente (742) mosse Druse contr'essi, e pe-
netrò a dentro nelle foreste germaniche, e correndo e
ricorrendo per varie regioni vinse e rivinse, senza domarli
mai, più popoli in tre spedizioni, delle quali per la man-
canza dei necessari ragguagli non possiamo farci un chiaro
concetto. A difesa delle Gallio pose presidii lungo la Mosa
e costruì 50 castelli sulla ripa sinistra del Reno "^j dai quali
probabilmente sorsero poscia le città di Basilea, di Stra-
sburgo, di Spira, di Worms, di Magonza, di Bingen, di
» Vellaio Patercolo, II, 9S; Floro, IV, 12, 17-lS-, Dione Cassio, LIV, 20.
« Dione Cassio, LIV, 20, 21, 28, 31, 34.
S Dione, LÌV, 20; Volleio, II, 'J7; Svetonio, 23; Tacito, Ann .. 1, 10; Giulio Ossequente,
De Ostentisi 71.
4 l-h>ro, IV, 12, 20; Merivale, IV, 221.
Gap. I.
IMPRESE DI DRUSO.
99
Coblenza, di Andernach, di Bonna, di Colonia, di Neuss,
di Nimega e di Leyda. Fece la fortezza dell' Alisone
Dritso (Icon. Rom.^ tav. 21, n.'l).
(Elsen 0 Wesel) nell'interno della Germania: e per mezzo
di un canale congiunse il Reno coll'Yssel ("), navigò nel
C^) La Fossa Drusiana era grande e profonda da potere esser percorsa
dalle navi le quali in tal modo avevano comodo a passare dall'uno all'altro
fiume, per quindi andare nell'Oceano, e approdare ai paesi dei Frisi e
(lei Cauci per le foci dell'Enis e del Weser. Il lavoro di Druso fu pro-
digioso, e perciò anche Svetonio, Claud., I, lo chiama fossas novi et
immensi operis. Il«Luden, Storia d'Alemar/na, II, 2, è d"avvi?o che fos-
sero preparate da questi lavori di Druso le irruzioni posteriori dell'O-
ceano, per le quali lo Znidersce divenne un golfo di mare.
100 VITTORIE E MORTE DEL GIOVANE EROE. [Lib. VII.
lago Flevo (Zitidersee), e prima d'ogni altro andò all'o-
ceano germanico. Vinse Frisii, Catti e Cherusci, disertò
i paesi, condusse in schiavitù donne e fanciulli, uccise gli
uomini a guisa di bestie feroci; corse gli oscuri recessi
della selva Ercinia, penetrò due volte fino al Yisurgi
{Weser), e dopo gravi pericoli giunse alle rive dell'Albi
{Elba) ove inalzò suoi trofei. È detto che una donna di
])iìi che umana statura si attraversò un giorno ai suoi
])assi, e rimproverandolo in lingua latina della sua ambi-
zione insaziabile, gli disse: Arì-èstati, o Druso: i fati non
ti concedono di vedere ogni cosa, ed è x>rossimo il termine
delle tue opere e della tua vitaQ'). Checche sia dello spet-
tro, Druso nella sua ritirata prima di giungere al Reno
cadde da cavallo, e in un mese, alla sua età di 30 anni,
morì della malattia che seguitò alla caduta. All'annunzio
del disastro, Tiberio che era a Pavia, per ordine del prin-
cipe corse in Germania, e trovato il fratello agli ultimi
aneliti ne accompagnò a piedi il cadavere a Roma, dove
fu condotto con grandissima pompa, portato dapprima
dagli ufiiciaU delle legioni, poi dai maggiorenti dei muni-
cipii e delle colonie. Fu lodato con orazioni funebri nel
Fóro da Tiberio, e nel Circo Flafninio da Augusto, il quale
10 fece seppellire nel suo mausoleo, e gli compose da
sé stesso 4'epigrafe e ne scrisse la vita, mentre un poeta
ne faceva il panegirico in versi a consolazione di Livia.
11 senato dòtte a lui e ai suoi posteri il nome di Ger-
manico che poscia fu fatto più illustre dal suo infelice
ligliuolo; e ordinò di erigere in suo onore sulla via i^pia
(") Delle imprese di Druso in Germania, e della fine e degli onori di
lui parlano Dione, LIV, 25, 32, 33, 30, e LV, 1-2; Velleio Patercolo, II,
07 ; Tacito, Ann... 1, 3, li, 7-8, 41 e 82, III, .5, IV, 72, XII, 20, XIII, 53,
Jlisl., V, 19, Germ., 34 e 37; Livio, E^nt-, 139 e segg.; Svetonio, Claud.;,
I. e Tib.. 7; Strabone, VII, 1: Plinio, VII, 20; Seneca, Consol. ad Polyb.,
31; l'Eutropio, VII, 5 e 8, e Pedone Albinovano (o chi altri), woWEpicedio
<]ì Di'ìisn.
Gap. I.]
PUBBLICHE ONORANZE ALL'ESTINTO.
101
Medaglia coU'arco di Druso
(Canina, Edif., IV, 244).
un arco marmoreo con trofei, del quale abbiamo ancora
l'imagine intera in una medaglia, e i grandi ruderi presso
la porta S. Sebastiano. Ebbe
lode per le imprese guerresche,
pel mite costume, per la fedeltà
coniugale rarissima in questi
tempi, e anche per l'ingegno
civile, perchè fu creduto che
nutrisse il pensiero di restitui-
re, quandoché fosse, la libertà
popolare: la qual cosa, vera o
imaginata , servì a rendere
presso i cittadini più caro e
reverito il suo nome, quando Tiberio col truce aspetto e
coi crudeli fatti apparve come il contrapposto di lui.
In Germania il campo in cui cadde si chiamò scelle-
rato. I soldati addoloratissimi della perdita del duce ca-
ramente diletto volevano ritenerne la salma: ma Augusto
gli avvertì esser loro dovere di serbare la disciphna nel
dolore come nella mihzia (^): ed essi a sfogo dell'animo
gli posero un'ara sul fìume Luppia (Lij^pe), gli inalzarono
statue e sepolcro onorario sul Reno presso a Magonza,
ordinando che intorno ad esso ogni anno, a un dato
giorno, si facesse festa di corse e di giuochi, e che tutte
le città delle Gallio ne celebrassero la memoria con sup-
plicazioni solenni. Una statua colla scritta in memoria
di Druso trovata presso a Magonza rimase ivi sulle mura
della dogana fino all'anno 1688, dopo il quale fu spezzata
dai soldati francesi (^): e avanzo del monumento onorario
C^) Modicm lugendi non sibi tantum sed etiam aliis fecit ; ac totum
exercitum non solum moestum, sed eiiam attonitiim, corpus Brusi sui
sibi vindicantem, ad morem romani luctus redegit; iudicavitqi(e non
miliiandi tantum disciplinam esse servandiim , sed etiam dolendi. Se-
neca, Consci, ad Polyb., 34.
(^) Vedi Wagener, Jlandbuch der vorzilgUclislen in Deutschland
Vannucci — Storia d^l'Italia antica — IV. 13
I
102
PUBBLICHE ONORANZE ALL'ESTINTO. [Lib. VII.
Yogliono sia presso a Magonza la Pietra della quercia
(Eichelstein), tenuta per tale anche ai tempi di Ottone
di Frisinga, cioè ai principii del duodecimo secolo '.
Ruderi dell'arco di Druso a Koiiia {Da Fotografia).
Lucio Domizio Enobarbo, figlio di quello' che avea co-
mandato la flotta repubblicana di Bruto e di Cassio,
entdeckten Alterthùmer aus heidnischer Zeit , Weimur 1S42, fìf>-. 729^,
pag. 70, il quale dà il disegno della statua, e lamenta che (|ueir avanzo
della veneranda antichità fosse vandalicamente distrutto.
Luden, Storia d'Alemagna, U, 2; Mascou, Storia dei Tedeschi, I,
Gap. I.
TIBERIO IN GERMANIA.
103
le
sue correrie
in suo luoso
successe a Druso in Germania, e spinse
anche oltre l'Elba *. Ma presto fu messo
Tiberio, il quale, meglio se-
condando i disegni della po-
litica imperiale, rinunziò allo
splendore delle imprese inu-
tili, e, studiando di recare i
popoli a pace per via di trat-
tati ^, accolse la sottomis-
sione volontaria di molti, ma
trattò perfidamente i Sicam-
bri mostratisi più indoma-
bili ; perocché ritenne pri-
gioni i loro messaggi, i quali
si uccisero per fuggire l'ob-
brobrio della servitù e la
noia dell'esilio, e spopolò la
nazione di 40 mila uK)mini
trasportandoli in Gallia sulla
ripa sinistra del Reno ^. Gli
altri Germani consentirono
di restar tributari , finché
poco dopo altri guerrieri im-
pazienti del giogo non si al-
zarono a menar fiera ven-
detta degli invasori stranieri.
Dopo questi fatti fu per più anni pace nel mondo ;
Augusto chiuse per la terza volta il tempio di Giano {");
Statua di Druso
'/là. esistente a Magonza (Wagener).
(«) Svetonio, 22; Moniim. Anojr., IT. 42-43. La prima chiusura del
tempio fu dopo la battaglia di Azzio, la seconda dopo la vittoria sui Can-
tabri, e la ter/a probabilmente nel 747. Vedi su ciò Dione, LI, 20, LUI,
1 Tacito, Anii.^ IV, 41; Svetonio, Ner.^ A.
2 Tacito, Ann.. II, 26.
S Svetonio, Aug.^ 21, Tib.^ 0\ Dione, LV, S.
104 FESTE A ROMA PER" LE VITTORIE. [Lib.VII.
e in questa quiete nacque nella Giudea Gesù Cristo che
veniva a predicare libertà e uguaglianza tra gli uomini,
e a cominciare per l'umanità un'era nuova (753) (").
A Roma le liete novelle venute dai campi erano cagione
di -sontuose feste, di allegrezze e di largizioni, per cui
la moltitudine si rendeva sempre più devota al nuovo
padrone. Per la vittoria di Tiberio sui Pannoni e sui
Dalmati il popolo ebbe solenne convito sul Campidoglio
e in altri luoghi della città: Livia e Giulia convitarono
le donne, e nel giorno della ovazione vi fu festa e ban-
chetto pei senatori e per le matrone K Per ogni occor-
renza vi erano belli e sontuosi spettacoli. Continui i fe-
steggiamenti del dì natalizio d'Augusto e dei membri di
sua famigUa: feste augustali pel ritorno del principe dalle
province , e augurii e canti per pregargli felicità dagli
Dei-; feste votive per la salute di lui: feste per la dedi-
cazione di templi, di teatri, di portici; allegrezze per le
nozze dei figli e nipoti del principe; spettacoli teatrali
in ogni quartiere della città con istrioni di tutte le lingue;
giuochi secolari, giuochi quinquennali per la vittoria di
Azzio, e lotte di atleti e gare di corridori e di saltatori;
giuochi troiani di giovinetti patrizi, giuochi di Marte con
20, LIV, ."G, e Egger, Examen des Hisioriens d'Aurj., il quale discusse
lungamente questa materia a pag. 30, 47, 48, 49, 271, 294, 30O, 301,
318, 319-321.
(«) Questa è la credenza comune: ma il calcolo, , che serve di base
all'èra volgare, fatto nel secolo .sesto, sta su dati meramente ipotetici.
Il censo fatto da Quirinio è posteriore di più anni a quello in cui, se-
condo Luca e Matteo, nacque Cristo : e l'iscrizione, con cui volevasi sta-
bilire che Quirinio fece due censi, è tenuta per falsa. Vedi Orelli, 623,
e Renan, Vie de Jesus, Paris 1863, pag. 20. Altri tentò, ma con poco
frutto, di conciliare gli scrittori sacri e profani. Vedi Donati, De censu
rjuem Caesar Octavius AitfjusUis tempore nativitaiis Christi per orhem
terrariim fecit, Wittenbergae 1720.
> Svetonio, Tib.^ 9; Dione, LV, ?.
2 Sretonio, 57.
Gap. 1.] LOTTE, NAUMACHIE, CACCE DI FIERE, ECC. 105
corse di cavalli, e con cacce, in cui si uccidevano cen-
tinaia di leoni e di altre fiere affricane. Nel Circo Massimo
uomini correnti sui carri davano la caccia alle belve: e
rinoceronti battagliavano con elefanti. Per allontanare i
cittadini dal Fòro, il principe M traeva ai combattimenti
del Circo, studiando a poter suo che questo popolo, pa-
drone già dei fasci e dell'Impero, si contentasse di avere
in cambio pane e spettacoli. Frequentissimi i combatti-
menti dei gladiatori; magnifiche le battaglie navali in
laghi artificialmente scavati nelle vicinanze del Tevere.
Nel Circo Flaminio, empito d'acqua a quest'uopo, una
volta furono uccisi 36 cocodrilli. Nell'iscrizione di Ancira
Augusto stesso ricorda la grande naumachia data al di là
del Tevere in un gran lago artefatto, ove combatterono 30
navi rostrate e molte più navi minori; ricorda che dieci-
mila uomini combatterono agli spettacoli dei gladiatori
dati a suo nome, o dei figli e nipoti; come pure parla di 27
spettacoli, e di 20 cacce negli anfiteatri, nel Fóro e nel
Circo, in cui furono uccise 3500 fiere affricane. Nei teatri
e nelle grandi ragunanze di popolo per rendere ammi-
rate le genti mostrava bestie rare, e ostaggi di lontane
regioni. Intento a studiare ogni via per conciliar favore
a sé stesso, anche i pubblici trastulli usò come strumenti
di regno. A tutti gli spettacoli e alle gioie del volgo in-
terveniva in persona («) : protesse e privilegiò chi meglio
divertiva la moltitudine, e fece suo prò delle contese degli
istrioni, perchè* destando essi fazioni nel pubblico, disto-
glievano gli animi da altri pensieri, e come il comme-
diante Pilade disse al principe stesso, servivano bene
alla nuova politica '.
Né si rimaneva a dar feste e spettacoli, ma prese
(^) Civile rebatur misceri voluptalibv.s tuhji. Tacito, Ann.j, I, 54.
l Monum. Ancyr., IV, 31-48; Dione Cassio, LI, 2, LUI, 1, LIV, 9, 17, 25, 26, 31, LV,
10 e 22, LVI, 3 e 27-, Svetonio, 31 e 45.
106 LA LI3ERTÀ FATTA OBLIARE COI DONL [Lib. VII.
cure grandi e continue perchè il popolo fosse abbondan-
temente nutrito. Provvide la città del bisognevole; in oc-
casione di carestie cacciò da Roma i forestieri e i servi,
e largheggiò in distribuzioni di pecunia e di grano, le
quaH si facevano regolarmente a tempi determinati, e vi
partecipavano dugentomila persone e talora anche più {'^).
Dette più volte fino a 600 sesterzi (lire it. 119 e 28 cent.)
a testa, e in grazia del suo nipote Marcello ammesse
anche i fanciulli al donativo. Nel tredicesimo suo con-
solato restrinse i doni di pecunia a 200 mila persone
dando ad ognuna 60 denari (lire 47 e 70): il che portava
a lire 9,540,000 di spesa. In qualche occcasione détte gra-
tuitamente anche i bagni e i barbieri*. L'iscrizione di
Ancira ricorda tutti i larghi donativi di lui; e nel suo
testamento egli stesso disse ^ di avere consumato quat-
tromila milioni di sesterzi avuti in legato dai cittadini,
oltre al suo patrimonio e a quello ereditato da Cesare.
Al che è da aggiungere tutto ciò che egli pighava dalle
rendite dello Stato, perchè quantunque avesse separato
il suo denaro particolare da quello del pubblico erario,
spendeva l'uno e l'altro a sua voglia: e anche lo storico
Dione non seppe comprendere qual differenza vi fosse
tra il pubblico erario e il fisco del principe.
Augusto vide i mali di tutte queste larghezze, che nutri-
vano l'ozio e più corrompevamo il popolo, ma non osò di
(^) Ogni frumentai'io riceveva 5 moclii o ()7 V-> libbre di grano al mese.
Onde queste libbre moltiplicate per 12 e per 200 mila, numeri dei mesi
dell'anno e delle persone che ricevevano la distribuzione gratuita, dive-
nivano ogni anno 162 milioni di libbre. Moltiplicando poi questo numero
per 15 centesimi, prezzo probabile della fibbi-a del grano, si trova che la
spesa annuale era di 24 milioni e :^00 mila lire italiane. Vedi Bureau le
la Malie, Econom. polii, des Rom., IV, 12.
• Svetonio, 41; Dione Cassio, LI, 21, LUI, 28, LIV, ?5, LV, 10 e 26; Monim: Ancyr.^
Ili, 7 e sege.
- Svetouio, 101.
Gap. I.] SATIRE, CONGIURE, PERSECUZIONI E UCCISIONI. 107
sopprimerle mai, perchè servivano egregiamente ai suoi
fini. L'elemosina data a tutti a pubbliche spese faceva di-
menticare la libertà: il popolo divertito e pasciuto plaudiva
al donatore magnifico di cose non sue, e invano alcuni si
indignavano delle nuove leggi * e dei privilegi monarchici.
Anche in questo universale avvilimento vi erano uo-
mini che non arrendendosi neppure al destino, come
già Catone, seguivano la causa dei vinti, quantunque ab-
bandonata dagli Dei, e protestavano che la pace com-
prata a prezzo di servitù era disonorevole e calamitosa.-
Alcuni appiccavano alla Curia libelli contro l'usurpatore ;
altri congiuravano di spegnerlo. Egli dapprima alcuni
lasciò dire, stimandosi contento che la fortuna avesse
tolto loro il modo di nuocergli coi fatti. Ad altri amatori
di facezie e di motti mordaci chiuse la bocca col bando.
Esiliò un Cassio da Padova, che in numeroso convito
disse non mancargli la voglia ne 1' animo di ucciderlo ;
e multò in denari le ingiurie di un Giunio Novato ^. Punì
nel capo alquanti cospiratori, tra i quali sono ricordati
alcuni di illustri famighe, quantunque gli storici di corte
gli chiamino, come sempre accade, e fiore di ribaldi e
canaglia. Primo a cospirare fu il figlio di Lepido, il quale
con molti cittadini tramava di ucciderlo subito dopo la
vittoria di Azzio. La trama fu scoperta da Mecenate,
che quietamente e celeremente fece troncare la testa a
Lepido, e lasciò da banda il processo, perchè i con-
giurati erano troppi. Dopo si proposero il medesimo in-
tento Fannie Cepione, e Licinio Murena, fratello di Te-
renzia moglie di Mecenate, e per un ordine del principe
contrario alle leggi furono condannati assenti, e poi uc-
cisi nella fuga. Di due servi che avevano accompagnato
Cepione fuggente, uno lo difese con pericolo della vita
dagli sgherri di Augusto, e l'altro da traditore aiutò i
' Dione Cassio, LV, 23 e 27.
2 Svetonio, 51 e 55.
10? LODI AL PRLXCIPE CLEMENTE CON CINNA. [Lib. VIL
persecutori a pigliarlo. E il padre dell'ucciso nel suo co-
raggioso dolore protestò contro la illegale uccisione del
figlio dando libertà al servo generoso , e mettendo in
croce il traditore, dopo averlo fatto passare pel Fóro con
un cartello, che diceva la causa per cui era mandato al
supplizio. Congiurò Marco Egnazio Rufo; poscia Plauto
Rufo, e Lucio Paolo; e anche uomini di bassa mano eb-
bero animo di vofere uccidere il distruttore della libertà.
Un saccomanno dell' esercito d' Rliria fu colto di notte
vicino alla camera del principe con in mano un coltello
da caccia. Molti altri ebbero accusa d' insidie tramate ,
né è noto, dice Dione, se a diritto o a torto, perchè rima-
nendo ogni cosa segreta, il pubbHco diceva questi essere
trovati e pretesti del principe per togliere di mezzo gh
uomini non amati da lui. Da ultimo gli tramò contro an-
che Gneo Cornelio Cinna, nato di una figliuola di Pompeo
Magno; ma con lui fu stimato più utile l'usare genero-
sità: e per consiglio di Livia, Augusto gli perdonò, e po-
scia lo fece anche console, e lo ebbe tra i suoi più fidi *.
Per queste arti usate a tempo alcuni nemici si con-
vertirono in amici del principe; egli ammiratori di esso
avevano nuovi argomenti a vantare la generosa virtù del-
l'uomo che, impassibile come il marmo, fu clemente per
necessità del suo posto, come per calcolo era stato fred-
damente crudele. Molti celebravano anche la sua grande
affabilità, il suo usare degnevolmente nei luoghi frequenti
di popolo, il non volere essere appellato signore, il ri-
cevere alla buona e senza regio orgoglio le visite dei
cittadini, l'andare a conviti, e ad allegrezze e a consigli
domestici in casa degli amici. E gh storici a mostrare
come molti dei cittadini accettavano di buona voglia il
principato, e si riconciliavano col distruttore della Re-
pubbhca, narrano che a capo d'anno gli facevano regaU
1 Velleio Patercolo, II, 88, 91, 93; Dione Cassio, LIV, 3 e 15, LV, 14-22 e 27; Sve-
tonio, 19; Seneca, De Brevit. vitae, 5, De Clem., I, 9; Appiano, Bell. Civ., IV, 50.
Gap. I.] IL PRINCIPE CULTORE E FAUTORE DEGLI STUDI. 109
di strenne, celebravano il suo dì natalizio, lo accoglievano
con lieti augurii, con canti e con onori di are alla For-
tuna e alla Pace al ritorno dalle province, gli inalzavano
statue, gli offrivano denaro pei suoi bisogni, e gli face-
vano nei testamenti grandissimi lasciti, dai quali negli
ultimi 20 anni della sua vita raccolse una somma di mi-
lioni che sembra incredibile *. Tutte queste dimostrazioni,
di alcune delle quali parla egli stesso ^, sono celebrate
come spontanee ed universali; ma forse è da credere
alla spontaneità di esse, come alla sincerità di quelli, che
dopo avere perduti per causa di esso e parenti ed amici
e fortune, lo salutarono ])adre della patria^', sincerità
alla quale può credersi, come alla verità del suffragio
universale, che ai tempi nostri operò in Francia tante
maraviglie di libertà jiello stato d'assedio.
Ma Augusto, non contento del plauso dei contempora-
nei, che divertiti e pasciuti lo celebrarono più che uomo
mortale, cercò destramente anche l'ammirazione dei po-
steri, provvedendo per mezzo dei suoi ministri ed amici,
che poeti e scrittori di ogni maniera lodassero e lui e il
suo principato. E anche in questo si governò destra-
mente, e fu avventuroso. Aveva buon gusto e molta cul-
tura, e ben comprendeva quanto le lettere giovino ad
eternare i potenti che sappiano usarle ai loro fini. Era
stato ammaestrato da grammatici, da retori e da filosofi,
e tenne in corte per sua istruzione il filosofo Aréo d'A-
lessandria, e i suoi figli Dionisio e Nicànore, e lo stoico
Atenodoro di Tarso, e il retore Apollodoro di Pergamo,
stati già suoi precettori ad Apollonia ^: si esercitò molto
1 Dione Cassio, LV, 12, LVI, E6, 32, 43; Svetonio, 53, 57, G6, 101 •. Seneca, De Clem.^
I, 15.
2 Monum. Ancyr.^ II, 27-3^ e IV, 51-52.,
3 Monum. Ancyr., VI, 25; Dione Cassio, LVI, 41; Svetonio, 58; Orazio, Od.^ I, 2, 50;
Ovidio, Fast.. II, 127, Trist.^. II, 89 e 181; B'ioro, IV, 12, 66.
4 Svetonio, Aug.. 89, De Clar. Rhetor., !; Slrabone, XIII, 4, XIV, 5; Dione Cassio,
LI, 16; Seneca, Canaol. ad Marc. -i.
Vannccci — Storia dell'Italia aulica — IV. 14
Ilo SCRITTI LN VERSI E IN PROSA. ÉIBLIOTECHE. [Lib. VII.
neir eloquenza , scrisse greco e latino , fece da giovane
sconci epigrammi, dettò tragedie, e un poema in esa-
metri sulla Sicilia; quindi compose i Commentarii della
sua vita in tredici libri, scrisse le Esortazioni alla filo-
sofìa, la Risposta allo scritto di Bruto sopra Catone, il
Prospetto delle sue geste , e più altre cose, tra cui le
Orazioni funebri per Marcello, per Agrippa, per Ottavia
e per Druse, del quale fece l'elogio anche in versi * : e
molte lettere come quelle dirette a Virgilio, a Orazio, a
Mecenate e a Cesare, a Giulia e a Tiberio, e alla nipote
Agrippina, delle quali rimangono ricordi e frammenti 2.
Diresse l'educazione letteraria dei suoi^; fece istruire da
uomini valenti i nipoti. A Nestore, fdosofo di Tarso, af-
fidò l'educazione di Marcello ^, e accolse in sua casa con
lo stipendio annuo di 100 mila sesterzi (più di 26 mila
lire) Verrio Fiacco, famoso grammatico, come maestro
dei figli di Giulia e di Agrippa ("). Per mostrare che gli
stavano a cuore gli studi, alla biblioteca già fatta da
Asinio Pollione neW Atrio della Libertà sull'Aventino
aggiunse, a servigio del pubblico, quella del tempio di
("■) Verrio Fiacco era di Preneste: morì vecchio sotto Tiberio, ed ebbe
una statua nel Fóro della sua patria. Ordinò e pubblicò i Fasti Prene-
stini, scrisse di ortografia, fece una raccolta di cose memorabili, com-
pose versi, trattò delle discipline etrusche, e del significato delle parole,
scritto giunto a noi nei compendii che ne fecero Pompeo Festo e Paolo
Diacono. Svetonio, De Illustribus Grammaticis, 17 e 18; Gellio, IV, 5,
Schol. Yeron. ad Aen., X, 183 e 200, e Macrobio, I, 4, il quale ricorda un
libi'O intitolato Saturno. I pochi frammenti che rimangono dei suoi vai-i
scritti furono ristampati con quelli di Festo nel 1838 a Parigi dall'KggGr.
' Svetonio, Aug.^ 8, 61, SI e 85, Claud., 1; Plutarco, Parcg. di Demostene e Ciccr.j
2; Dione, LH, 30, LIV, 23 e 35, LV, 2; Quintiliano, 1,6, 19, XII, C, 1 ; Macrobio, II, 4;
Marziale, XI, 20; Plinio, Epist., V, 3; Weichert, De Imp. Caes. Aug. scriptis comnien-
catio, Griinma 1835, e Imperatoris Caesaris Augusti operimi reliquiae, Grimnia ISll.
2 Svetonio, Aug., 69, 71, 76, 86, Claud., 4, e Horat. vita; Tacito, Dialog. de Orati.,
13; Macrobio, II, 4; Quintiliano I, 6, 19.
3 Svetonio, 86.
■I Strabone, XIV, 1.
Cap. I.] MECENATE PRIMO MINISTRO. Ili
Apollo Palatino *, e quella presso il Circo Flaminio («),
e vi fece raccogliere le opere della letteratura greca e
latina. I cultori più felici delle lettere accarezzò accor-
tamente, e per conciliarseli ascoltava cortesemente la
lettura di loro storie e poemi ^ ; e tutti gli ingegni mi-
gliori tirò a sua corte, e détte loro la prima ispirazione
alle lodi per gli ordini nuovi, e tutta la letteratura fece
strumento di politica, e la usò a suo profitto, d'accordo
con Mecenate (685-746), che anche in ciò lo servi egre-
giamente.
Questi era della casa dei Cilnii, stata prepotente fino
ab antico in Arezzo (^), ove gli avi suoi si erano assisi
nella sedia eburnea dei Lucumoni di Etruria. Divenuto
presto amico dell'erede di Cesare, che lo pose al governo
di Roma e d'Italia nell'ultima guerra civile, e più volte
lo adoperò in faccende diplomatiche e in maneggi di
{"} Questa è chiamata comunemente la Biblioteca del Portico di Ottavia;
ma l'iscrizione d'Ancira (IV, 2-4) corregge così : Porticum ad circum Fla-
minium, quam sum appellavi passus ex nomine eius qui priorem eodem
in solo fecerat Octaviam. Di più Festo, alle voci Octaviae 2'>orticus, dice
che uno dei due portici era detto cosi dal nome di un Ottavio che aveva
trionfato di Perseo. Dal che .si vede che tutta V antichità avrebbe preso
la forma Octaviae, riferentesi al plurale feminino porticus^ per il nome
della sorella di Augusto, e bisognerebbe leggere in Plinio e altrove Opera
Octavia in vece di Octaviae. Vedi Egger, Examen , pag. 271.
(*) Livio, X, 3 e 5. Sugli antenati e sui particolari della vita di lui,
vedi Meibomii, Maecenas, Lugduni Batav. 1653; Viola, Storia di C. Cilnio
Mecenate, Roma 1816; Lion, Maecenatiana, sive de C. Cilnii Maecenatis
vita et moribus, Gottingae 1824, dove sono accuratamente narrati i fatti
e i costumi di Mecenate, e raccolti tutti i frammenti delle sue opere:
Frandsen, C. Cilnius Maecenas , eine historische Untersuchung ueber
dessen Leben und Wirken, Altona 1843, lavoro più ricco e pieno di
ogni altro,
1 Svetonio, 29-, Dione, LUI, 1; Orazio, Epist., I, 3, 16; Liirsen. De tempio et bibìio-
theca Apollinis Palatini, Franequerae 1719. Vedi anche il Palazzo dei Cesavi illustrato
da Ville. Ballanti, Roma 1828, e Poppe De privatis atque illustriorihus publicis rete-
rum Romanorum bibliothecis, Berlin 1826, p. 13, e seguenti.
2 Svetonio, 89.
112 SUOI MOLLI E SINGOLARI COSTUMI. [Lib. VII.
accordi, e ne ebbe utili e molto importanti consigli e
servigi *, fu poscia il primo ministro del nuovo governo
imperiale, e per lungo tempo partecipò a tutti i segreti
consigli del principe, ma da ultimo conservò il favore
più in apparenza che in fatto 2. È detto che Augusto ebbe
a dolersi di lui perchè non serbava bene i segreti («);
ma la causa più grande del raffreddamento fu la sua mo-
glie Terenzia, amoreggiata da Augusto, che per goder-
sela meglio la conduceva seco nei lunghi viaggi, e quanto
più amava lei tanto piti pigliava a noia il marito ^. Certo
è che il cortigiano non ebbe mai bene della capricciosa
donna: tormentato dall'amore geloso cercava invano di
conciliarsi il sonno con sinfonie risuonanti da lungi; la
ripudiava e la ripigliava ad ogni istante, a tal che fu
detto che prese mogUe mille volte e ne ebbe una sola*.
Questo primo ministro era un singolare uomo; operoso
e indolente, coraggioso e codardo, favorito dalla fortuna
e travagliato dalle sciagure domestiche : sempre nel con-
trasto di una vita divisa tra futih occupazioni, tra vo-
luttà epicuree, e tra gravi cure di Stato. Così fu ritratto
da Velleio (^) e da Seneca. Non volle esser più che ca-
valiere, e mostrò la sua molta possanza col vivere a suo
modo. Ebbe lode di mansuetudine; e quando Augusto
(") Svetonio, 66. In fatto di violazione di segreti Augusto fu oi-udelis-
simo. A un segretario, che mostrò ad altri una sua lettera per 5lJ0 de-
nari, fece spezzare le gambe. Svetonio, 67.
(*) C. Maecenas equestri, sed splendido genere natii s , tir. ubi res
vigiliam exigeret, sane exsomnis , lìrovidens , o.tque agendi sciens : simili
vero aliquid ex negocio remitti X'osset, odo ac mollitiis -pene ultra
feminam fluens. Velleio Patercolo, II, 88.
1 Tacito, Ann.^ VI, U ; Velleio Patercolo, li, 88; Orazio, Oì.. IH, S, \R. Ili, -29, 5,
Sat., I, 5, 27-29; Appiano, Bell. Civ.. V, 53, 64, 92-fe5, 99 e 112; Dione, XI. IX, 10, 1,1,
3,_LII, 14 e scgg.; Plutarco, Anton.^ 35; Frandsen, Maecenas^ pag. 56-65.
'« Tacito, Ann.. Ili, 30.
3 Dione Cassio, UV, 19, e LV, 7. Vedi anche Svetonio, GO.
i Seneca, De Provid., 3, Epist.^ 114, 4; Plinio, VII, 52. Sugli amori non platonici cii
Iklecenate vedi Plutarco, Ragionamento d'amore. 16.
Cai». L]
MECENATE E I SUOI SCRITTI.
113
nei tribunali mostravasi disposto a fiere sentenze, ei gli
gettava da lungi una tavoletta con le parole: alzati di
là una volta, o carnefice!^ Ma ciò, dice Seneca, era
mollezza, non benigna natura. La sua vita delicata passò
come in proverbio. Era tenero pel mimo Batillo 2, aveva
molle andatura, portava discinta la toga; in pubblico si
mostrò sempre con in
capo il. mantello : e tra
le armi delle guerre ci-
vili suo corteggio erano
due eunuchi, e pure più
maschi di lui. Insomma
era marcio di voluttà, e
il soverchio della buona
fortuna gli aveva smosso
il cervello. Ebbe molta
cultura; fece versi e
prose di vario argo-
mento, tra cui un Pro-
meteo, più dialoghi, e la
descrizione di un sim-
posio in cui Messala alla
presenza di Virgilio e
d' Orazio parlava del
vino 3; e nei suoi scritti ritrasse sé stesso. Dai suoi versi
impariamo che l'idea della morte gli metteva una paura
strana così che, a suo dire, sarebbesi contentato *di ri- jj^
maner gobbo, m(mco, zoppo, sdentato, e di stare anche
in croce, purché vivo. Nello scrivere portò la mollezza
che aveva nell'animo, ed effeminò la energica lingua ro-
Mecenate vecchio {VisCs Icon. rom.
1 Dione Cassio, LV, 7.
2 Tacito, Ann., I, 51; Dione, LIV, 17.
3 Servio, Ad Georg., IT, 42. e Ad Aen. , Vili, 310; Orazio, Od.. II, 12, 9; Seneca,
Epist., 1&, 8; Plinio, VII, 46, IX, 8; Lion, Maecenatiana. pag. 27-48; Frandsen, Mae-
cenas, pag. lGl-170.
114 MECENATE IN CERCA DI LODATORI DEL PRINCIPATO. [ Lib. VII.
mana: lo stile dinodato, affettato, lezioso, come il vestire,
mostrava sempre l' uomo snervato , anzi castrato dalla
felicità*. « Era uomo di grande ingegno, se lo avesse
guidato per via più diritta, se non avesse fuggito d'essere
inteso, se anche nel ragionare non si dispergesse. Però
ebbe un'eloquenza da briaco, avviluppata, errante, licen-
ziosa. Mecenate nelle sue gale.... Quelle parole si perver-
samente composte, sì trascuratamente gittate, tanto con-
tro la comune usanza collocate, mostrano che similmente
i suoi costumi furono altrettanto e distorti e singolari 2. »
Pure egli aveva e gusto e giudizio da distinguere gli
scrittori meglio adatti a servire la causa degli ordini
nuovi, e ad ornarli di lodi più belle, e a tramandare alle
età lontanissime il suono degli inni cantati al potente
protettore.
Fu stabilito che la virtù di Augusto, divenuta una Dea,
avesse tempio e sagrestani degni di essa(''); e Mecenate,
incaricato di trovare i sacerdoti e di istruirli nel culto
novello, adoperò si bene che condusse nel tempio gh
uomini più fiorenti d'ingegno, e fece venerare e cantare
la Dea anche da quelli che l'avevano già maledetta. Il
panegirico è una faccenda che vuol esser trattata deli-
catamente, perchè se tu lo getti in faccia con poca de-
strezza ti partorisce l'effetto contrario. Augusto e Mece-
nate lo sapevano benissimo; e perciò allontanarono i
laudanti mediocri, affamati di pecùnia e di onori; ten-
nero' a freno lo zelo dei laudanti indiscreti, e posero or-
dine a impedire che il nome del principe non perdesse
C) .... Est operae praelium cognoscere quales
Aedituos habeat belli spedata domirjue
VirtuSj indirjno non cummittenda jivelae.
Orazio, EpisU, II, 1, 229-231.
• Seneca, Epist., 19, y2, lol.
2 Soncca, Epixt., ili, tnidotta, (la 1'. (Wur.laiii. V,-ili aucln' Sv.M..!iio, .sd ; Taoil.., D/a-
log. de Orati.. t>0, e Macrobio, Saturi).. II, -1; Gidvcnalo, I, GG, e XII, 3V.
Gap. I.] POETI FAVORITI DAL MINISTRO E DAL PRINCIPE. 115
della sua maestà coli' essere male a proposito ricordato
da male adatti poeti *. Ma a chi sapeva lodare con buon
gusto e ingegnosamente fu aperto largo campo all'alta
protezione del ministro e del principe.
Primo passo ai favori era l'essere ammesso alla conver-
sazione di Mecenate nell'alta e splendida mole del pa-
lazzo sorto in mezzo ai lieti giardini dell' Esquilie, i quali
fatti novellamente con magnifica pompa nei campi già
deformi pei sepolcri della misera plebe, resero il luogo
ameno e salubre ^ e fruttarono al ministro la dedica del
Trattato della cultura degli orti scritta da Sabino Ti-
rone {"■). Ivi lo stesso Augusto cercava ristoro e salute 2.
Ivi erano invitati gli uomini più famosi d'ingegno, i quali
tra i bei ragionari delle liete feste e della parasitica
mensa, tra i canti e i bicchieri '% di repubblicani si face-
vano monarchisti, e prendevano l'ispirazione a novelli
poemi. E quando Mecenate era ben sicuro di essi, li con-
duceva alla presenza del principe, ove le cortesi parole,
le promesse e i doni compievano l'opera. Allora i poeti
cantavano di gran lena il novello imperio, e il nume
(") Plinio XIX, 57. 11 campo della misera plebe sul quale fiorirono i
nuovi giardini era tra le vie uscenti dalle porte Esquilina e Viminale. Di
questi giardini e del palazzo di Mecenate recentemente si trovarono nuove
rovine neiroccasione degli scavi fatti per fondare le nuove fabbriche de-
stinate ad accogliere gl'Italiani che fino dal 1870 tolsero Roma dalle
mani dei preti, e la fecero capitale della libera Italia.
Pei resultati scientifici di questi scavi vedi Luciani, Belle scoperte
principali avvenute nella prima zona del nuovo quartiere esquilino ,
in Bulleitino della Commissione Archeologica Municipale , gennaio-
marzo 1874, pag. 42 e segg. , e C. L. V., Antica sala da recitazioni,
ovvero auditorio, scoperto tra le mine degli Orti Mecenaziani, sull'E-
squilino, luglio-settembre 1874, pag. 137-173.
' Svetunio, 89.
2 Orazio, Sat., I, 8, 7-10, Od., Ili, 29, IO, £pod., IX, 3.
■i Svetonio, 72.
■I Orazio, Epod., IX, 3, e segg.; Svetonio, Jlorat. vita.
116 CORNELIO GALLO, LUCIO VARIO E VIRGILIO. [Lib. VH.
d'Augusto e ]a sapienza del cavaliere Mecenate. L'uomo
di Stato e ii principe davano ville : Apollo cantava inni.
Erano due potenze che si porgevano amicamente la mano.
Fra i primi a godere i favori della nuova potenza fu-
rono i poeti Lucio Vario Rufo e C. Cornelio Gallo (685-727);
questi scrittore di belle elegie, amico di Cicerone, di Pol-
lione, di Virgilio, e poi governatore di Egitto, ove presto
cadde in disgrazia e fece mal fine, uccidendosi di propria
mano, né è chiaro se per sua colpa, o pei sospetti, com-
pagni perpetui del dispotismo (''); Vario, amico di Au-
gusto, di Mecenate, di Virgilio e d'Orazio, famosissimo
allora come poeta epico e tragico, autore di un canto
sulla morte di Cesare, e panegirista del vincitore subito
dopo la battaglia di Azzio, vantato come aquila dell'epo-
pea, e come il solo atto a cantare in versi eroici le im-
prese di Augusto e di Agrippa (^). ^
(«) Cicerone, Ad Famil., X, 32; Dione Cassio, LI, 17, LUI, 23; Svetonio,
66; Virgilio, Ecl.> VI, 64, e segg. e Ecl.,X.; e Servio wi in principio;
Properzio, II, 34, 91; Quintiliano, X, I, 93; Svetonio, Aiig.:, 66; Amm.
Marcellino, XVlI, 4, 5; S. Girolam®, in Euseb. Chron., an. 727; Fonta-
nini, Eistoria literaria Aquileiensis , Romae 1742, p. 1-62; Vòlker, Be C.
Cornelii Galli foroiuliensis vita et scriptis. Pars prior, Bonuae 1840, e
Pars altera, Elberfeld 1844; Nicolas, Be la vie et des oucrages de Caius
Corntliiis Gallus, Paris 1851; Becker, Gallo o Scene romane del tempo
d'Augusto, Lipsia 1838 e 3^ ediz., ivi 1863 (in tedesco); Egger, Examen,
pag. 67. Ovidio, Amor., Ili, 9, 63, accenna all'innocenza di Gallo colle
parole falsimi temerad crimen amici. La sua patria è incerta: fu di-
sputato tra Frejus, Cividale del Friuli e Forlì.
(^) Orazio, Od., I, 6, 1-4, Sat., I, 6, 55, I, 9, 23, I, 10, 43-4, Epist., II,
1, 247, e AdPisones, 55; Acrone, in.Horat., Epist., ì, 16, 27; Virgilio,
Ed., IV, 35; Tacito, Bial. de Orati., 12; Marziale, Vili, 14, 7, Vili, 56,
21, Xll, 4, 1; Quintiliano, X, 1, 98, che dice il di Tieste Vario parago-
nabile con qualunque tragedia dei Greci ; e Macrobio, Saturn., VI, 1 e 2,
ove sono citati 12 esametri del poema sulla morte di Cesare. Nei carme
a Pisone (vers. 226) è data lode a Mecenate di aver fatto di Vario un
gran tragico. Vedi Weichcrt, Be L. Varii et Cassii Parmensis vita et
carminibìts, Grimae'183G.
Gap. li VIRGILIO. STUDI A CREMONA, A MILANO, ECC.
117
Dopo venne P. Virgilio Marone, il più soave e piti
perfetto poeta della letteratura romana. Era nato ai 15
ottobre del 684 nelle vicinanze di Mantova da parenti di
modesta fortuna. La madre si chiamò Magia Polla, e il
padre, Marone, il quale mercenario o vasaio (figulus)
erasi comprato un poveretto presso al villaggio di Andes
{Pìetola), e potè fare' educare liberalmente il figliuolo
Virgilio del Cuau e \ . i,> au . [V,s_unU, I on A'ortl . tav. i:;).
dapprima a Cremona e a Milano, e poscia a Roma e a
Napoli ove si perfezionò nelle lettere greche e nella filo-
sofia, e studiò le scienze naturali, la medicina e le ma-
tematiche. Singolari cose narrò di lui la tradizione, attri-
buendogli più che umana potenza d'ingegno operatore
di grandi e strani portenti ("). Certo è che gli furono ra-
(") Vedi la vita scritta Ja Tiberio Claudio Donato, e il Bavle all'ar-
ticolo Virgile. Molte insulsaggini e favole spacciate nel mcilio evo sotto
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 15
1 18 SPOGLIATO DEI BENI PATERNI E POI RISTORATO. [Lib. VII.
piti i suoi beni, e corse pericolo di essere ucciso da un
feroce soldato, quando Ottavio, reduce da Filippi, di-
stribuì ai veterani le terre migliori d'Italia. In questa
sciagura egli, che*già aveva dato i primi saggi del suo
ingegno poetico, andò, come sembra, per protezione ad
Asinio Pollione governatore della Gallia Transpadana,
e autore anch'egli di versi, e amico ai poeti; e fu bene
accolto. Ebbe liete accoglienze anche dal poeta Cornelio
Gallo, e da Alfeno Varo uomo di guerra. Presero tutti a
proteggerlo: e con queste raccomandazioni corse a Roma
a chieder mercè, si presentò a Mecenate, che lo con-
dusse ad Ottavio da cui fa compensato della perdita delle
terre paterne ("). Allora con l'animo pieno di gratitudine
cominciò a celebrare i suoi protettori nelle Bucoliche
(713-715) di cui prese in gran parte le idee, gli argomenti,
e anche le frasi dal siciliano Teocrito. Ma imitava con
ingegno capace a trasformare le cose prese da altri, ad
animarle di nuova vita, a vestirle di grazia e di soavità
singolare e di un'armonia non più sentita per le terre
italiane, e a rinnovare quel genere di poesia adattandolo
ai gusti del popolo, che dilettavasi delle cose , civili più
i nomi (li Donato, di Probo e di Servio, furono confutate dai critici po-
steriori, nei quali puoi vedere ciò che sia di vero negli antichi racconti.
Vedi tra gli altri Martyn, Life ofVirgil; Crusius, Lires of ihe Roman
Poets, toni. I, e l'IIeyne, P. Maronis vita per annos digèsta. Per ciò
che riguarda Probo, Donato e Servio vedi Reifferscheid (C. Svetonii Tran-
quilli praeter Caesarurn libros reliquiae, Lipsiae 1860, pag. 52-68, e
conf. pag. 398-405) il quale riprodusse anche la vita di Virgilio a Foca
grammatico urbis Romae versibus edita.
C') Augusto, al dire di Donato, gli offrì i beni di uno cacciato in esilio,
ma egli non volle accettarli. GcUio (VII, 1) accenna a un suo fondo in
Campania nelle vicinanze di Nola: e lo stesso Donato (24) ricorda la casa
da lui posseduta sull'Esquilie presso gli orti di Mecenate, e aggiunge che
possedè prope ccnties sestertium , cioè cento volte centomila sesterzi,
equivalenti a 1,987,077 lire italiane. Vedi anche Orazio, Epist., II, 1, 246-
247; Marziale, Vili, 56, e Servio, Ad Acn., VI, 682.
Gap. L] la BUCOLICA. 119
che della vita pastorale e campestre K Egli amava la na-
tura e la vita dei campi, ma invece di dipingere veri pa-
stori, sovente prestò loro i suoi particolari sentimenti, e
fece una poesia piena di allegorie e di allusioni alle pro-
prie vicende e a quelle di Roma, delle quali può profittare
la storia, quando il velo allegorico non copre troppo il
pensiero del poeta. Inalzò talora il suo canto per renderlo
degno di un console; cantò la creazione delle cose, i
tempi primitivi, e lo sperato rinnovellamento del mondo,
e il ritorno della giustizia e del secolo d'oro -. Poeta del-
l'esilio cantò mestamente in più luoghi le proprie e le
altrui sciagure, descrisse gli orrori di cui fu testimone, e
consolò i miseri, che spodestati da feroce soldatesca erano
costretti a lasciare i dolci campi paterni in preda di
barbari, e ad esulare in lontane terre ^. Dai sentimenti
suoi propri furono ispirate le lodi ad Ottavio, che per lui
sarà sempre un Dio ^, a Pollione ^, a Varo * e a Gallo '.
Quantunque i suoi pastori, come fu già notato, siano
spesso troppo civih, e si mostrino bei parlatori e lette-
rati e filosofi più di quello che porti la loro condizione;
quantunque spesso la parte bucolica sia solamente un
accessorio a carmi lirici, epici, elegiaci, didattici, pure
le eleganti pitture delle rusticane bellezze e della quiete
dei campi piacquero, pel contrasto, a Roma affaticata
dagli eccessi del lusso e dagli orrori della guerra civile.
Dilettò il bel paesaggio italiano, in cui i guardiani dei
greggi cantavano dolcemente assisi sull'erba. Fu festeg-
1 Vedi Meusel, De Theoorito et VirgiUo, poeCix fti'/eoZìc/s , Gottingae 1770 ; Ifunger,
De poesi Romanoruni bucolici'^ Ilalae ISll, pag. 18 e sfgg. ; Gebauer, De poatarum
graecorum bucolìcorum . impriìnii TheGCriti,. curminibufi in Eclogìs a Virgilio ex-
pressis. Lipsia 1831.
2 Egl., IV e VI.
3 Egl. I, 65, IX, 4 e segg-.
* Egl.^ I, 6 e segg.
5 Egl, ILI. 81, IV, 12, VI!I, 0-13.
6 Egl, VI, 7, IX, -20.
7 Eql., VI, 61 e seL-L'., e X.
120
LA GEORGICA.
[LiB. VII.
giata la tenera Musa che non arrossiva di abitare tra le
selve; il canto dei pastori ebbe plauso anche in pieno
teatro^: e il poeta incoraggiato dal pubblico e dai suoi
protettori pose mano, rimanendo nei campi, ad opera
ììiaggiore, e colla Georgica si fece maestro agli agricoltori.
Lasciati i rumori di Roma, e ritiratosi alla quiete di
Napoli, attese ivi a studi più gravi, ricercò tutto quello
Scena pastorale (BartoU, Virgilio Vaticano, pag. ">).
che della cultura dei campi avevano scritto Esiodo, Ni-
candro. Arato, Senofonte, Magone Africano, Aristotele,
Teofrasto, il vecchio Catone e Varrone -. Da quest'ultimo
prese anche il disegno generale dell'opera, e scrisse del
come si debba coltivare la terra, come le viti, gli ulivi
e gli altri alberi; del modo di allevare i bestiami, e delle
cure che vogliono le api. Lavorò sette anni (717-724) a
quest'opera, e, vinte le difficoltà che impedivano di es-
' Donato, V.rf/il. vita. 10; T;icito, Dialog. de Orati., 13.
2 Servio, Ad Georg., I, '13; Macrobio, V, 2; Gellio, IX, 9; Quintiliano, X, 1, 56
Gap. I.] LA GEORGICA. 121
sere nuovo a chi giungeva dopo tanti altri, condusse le
Muse greche in Italia *, fece il più perfetto poema dida-
scalico che mai fosse creato da umano ingegno, ritraendo
una parte degli usi degli agricoltori italiani del tempo suo,
e mostrando l'agricoltura romana nella sua decadenza 2.
Non è qui luogo a discorrere delle immortali virtù di
questo capolavoro; ma non vuoisi tacere dell'ingegno so-
vrano che tutto veste di luce serena, che infiora le cose più
tenui e più schive di ogni ornamento ; né dello stile parco,
rapido, variato, fluido, armonioso e ricco d'immortali
splendori; né dell'arte a un tempo ingenua e ardita con
cui anima tutto, e dà anche alle piante e vita ed affetti;
dell'arte leggiadra con cui, come graziosamente fu detto
da Vincenzo Monti, « conduce le Muse e le Grazie ad
abitare i rustici casolari, a inghirlandarsi di fiori campe-
stri, a fare salti scomposti sull'aia coi villanelli, a cantare
rozze canzoni in onore di Bacco e di Cerere ^. » All'ap-
parire di Virgiho scompaiono tutte le ruvidezze dell'antica
lingua del Lazio. Egli è tutto soavità, tutto dolcezza: e
« le vaghezze d'elocuzione, aggiunge il sovraccitato poeta,
sono talmente sparse per tutto il poema, che nulla mai
ci ritrovi di trascurato, nulla di scabro, nulla di quel-
l'orrido che fa duro sentire in Lucrezio : tutto insomma
è spirante di quella mollezza che Orazio dicea conceduta
per singoiar dono delle Muse a Virgilio, e che Quintiliano
appellava esquisita eleganza e decoro ("). »
(^) Molle atque faceium
Virgilio annueriint gaudentes rure Camoenae.
Orazio, Sat., I, 10, 44-45.
^'edi anclic; Quintiliano, VI, 3, 20.
1 Georg., Ili, 8 e segg. ; Fulvio Orsini, Virgilius collatione graecorum scriptorum
itlustratus, Antuerpiae 1568-, FÀchhoff, Études grecques sur Virgile^ ou recueil de tous
les passages des poétes grecs imìtés dans les BucoUqties , les Géorgiques et l'Eneide^
Paris 1825.
2 Vedi Gaillardin, Les GèorgiqueSj Paris ISSO
3 Monti, Opere, voi. V, pag. 268, Firenze 1817.
122 LA GEORGICA. [Lib. VII.
Egli non risplende per lampi istantanei, ma va adorno
di perpetua e variata bellezza; perchè, oltre al vestire
poeticamente le umili cose, e appagare sempre l'orec-
chio con le care armonie, e l'anima con pensieri sapienti,
sa unire alla soavità la grandezza, e ritrarre la natura
energicamente, e inalzarsi quando bisogna alle sublimità
dello stile.
Anche ai meno esercitati apparisce incomparabile negli
episodi! che maestramente innesta ai precetti dell'arte,
quando narra i predigli veduti alla morte di Cesare ,
quando canta le lodi d'Italia madre feconda di biade e di
eroi, e la felicità della vita campestre, e la grandezza
che da essa venne ai primi Italiani, o descrive pietosa-
mente l'universale contagio dei greggi, o ricorda i do-
lenti casi di Euridice e di Orfeo, e i costumi e le indu-
strie delle api, e la vita beata del buon vecchio di
Taranto.
La Georgica, splendida di poesia squisitissima, appariva
opera bella e benefica anche pel suo intendimento, nei
tempi infelici in cui gli Dei rusticali avevano abbando-
nato i campi già lieti di messi. La guerra aveva man-
dato in esilio i vecchi coloni, le curve falci • si erano
mutate in ispade: miseria e desolazione dappertutto. In
queste grandi sciagure il poeta intende di ridestare negli
animi l'amore dei lavori campestri, mostrando che può
esservi felicità per tutti su questa terra Itahca, feconda
sopra ogni terra del mondo, e già ricca e gloriosa nu-
trice dei forti popoli antichi e dei primi Quiriti. E usa
tutto il nobile ingegno a ispirare questo amore dei campi,
a insegnare il lavoro, ad accrescere l'odio delle armi ne-
miche a ogni legge. Ma non fallisce neppure agli altri
intendimenti dei suoi protettori, dei quali destramente
intreccia le lodi ai precetti dati ai coloni; e a Mecenate,
al quale indirizza il poema, dice apertamente che canta
per ordine avuto da lui, e che da lui gli viene l'ispira-
Gap. I.] LODI DI VIRGILIO AI SUOI PROTETTORI. 123
zione di tutti i grandi pensieri («), e l'onore e la parte
più grande della sua fama (^); mentre ad Ottavio fa invo-
cazioni come a un Iddio, e lui saluta come salvatore del
mondo, lui meritevole di altari, o voglia esser signore
della terra o del mare, o gli piaccia di prender luogo nel
cielo, ove gli astri antichi usciranno di luogo per dar
posto all'astro novello, nel cielo, ove lo chiamano gli Dei
invidiosi che tanta virtù rimanga tra gli uomini. Quindi
le calde preghiere ai Numi tutelari di Roma, perchè a
lui non vietino di soccorrere al secolo guasto; e quindi
anche il poeta intende di inalzare al nuovo Dio un tempio
di marmo sulle rive del Mincio per celebrarlo con so-
lennità di feste e di sacrificii, vuol fare un monumento,
nel quale saranno sculte in oro e in avorio le imprese
del salvatore del mondo, e le città dome dell'Asia, e le
pugne sul Gange e sul Nilo, e le vittorie sui Parti, e le
genti trionfate due volte dall'Oriente all'Occidente *.
Poscia prometteva di accingersi più di proposito a dire
le ardenti pugne del suo eroe, e a celebrarne la fama
più degnamente ^: e tenne parola, e inalzò un monumento
solenne alla gloria del popolo latino e di Augusto.
JJEnekle, facendosi innanzi sfolgorante di una bellezza
poetica di cui i figliuoli di Romolo non avevano mai ve-
duto l'eguale, cantava le origini antichissime di Roma da
Troia 3, e l'impero di Priamo caduto e risorto poscia più
grande in Itaha per opera di Enea e di un popolo ca-
C) .... Tua Maecenas ■ ha.ud mollia iiissa;
Te sine nil altum mens inchoat. Georg., HI, 41-42.
(*') O decuSj, 0 famae merito pars maxima nostrae.
Georg., II, 40.
1 Georg., I, 24-42, e 49S-514; HI, 10-39.
2 Georg., Ili, 46- IS.
3 Di quest'antica credenza sono più ricordi nei poeti e negli storici, ma niuno l'avea
consacrata con la solennità elio le détte la Musa del poeta di Mantova. Vedi Scheben
Depoetis Aeneae fugam atque fata ante Virgilium describentihus j Munstereifel 1823.
124 INTENDIMENTO. POLITICO DELL'ENEIDE. [Lib. VIL
ramente diletto dagli Dei, e destinato ab eterno a di-
venir padrone del mondo , ed avere potenza infinita.
Così l'avevano intesa le Parche, cosi gli immutabili de-
creti di Giove, così gli altri Dei che proteggono Enea,
figliuolo di Venere, che stanno sempre in gran faccenda
per lui, e pensano all'inclita Roma, e a quegli uomini
grandi, i quali colla loro virtù mostreranno di avere ve-
ramente l'origine divina di quella grande famiglia troiana,
che comincia da Giove e fa capo a Cesare K L'Eneide,
che fa l'albero genealogico della casa dei Giulii, mostrava
come il nobile sangue troiano si fosse ridestato a più
splendida vita in Roma genitrice di eroi, il più grande
dei quali era Augusto, che salendo sul trono non usur-
pava, ma si riprendeva legittimamente l'eredità dei suoi
padri antichissimi, come Enea ricovrò già il retaggio di
Dardano ("). Tutti i consigli dell'Olimpo, tutti gli avvisi
celesti, tutti gU oracoli dell'Oriente e dell'Occidente con-
tinuamente ripetono ^ che Enea, per la grazia degli Dei,
è padrone dell'impero d'Italia, e che di qui vengono i
diritti d'Augusto, dell'uomo promesso dai fati (^), del
figlio adottivo di Cesare, il quale discendendo da Giulo,
figlio di Enea, aveva nelle vene regio e divino sangue, e,
('') Vo'li Vicaire, Pla7i de l'Eneide de Vi'rgile, ou Exposition raisonnce
de l'economie de ce poème , pour en facililer l'intelligence. Ouvrar/e
dans lequel on discute quel a étc le biit principal de l'auteur en coni-
posant san porrne, Paris 1787. Vedi anche Le Gris, Elude sur Virgilc,
Paris 1840; Nougaréde, Jlist. die siede d'Aitg., V, 22. Dello scopo poli-
tico dell'Eneide parlò anche ilVatry nel Biscours sur la fable de l'É-
néide nelle Mé'U. de l'Acadcm. des Inscript., voi. XIV, Paris 1753.
(*) Hic vir, hic est, tibi queni promitti saepius aiidìs,
Auf/ustus Caesar, divi genus.
Aen.. VI, 792.
1 Aen., r, 280, V, 45, VI, 123, 7G2, 779, VII, 219 e sPL'Uenti.
2 Aen., I, 205, 223, 235, 257, 3S2. II, 293, 589, 691, 780, 111, 5, 85, 96, 164, 183, 251,
374, 501, IV, 222, 275, 315, V, 710, 722, VI, 66, 81 o segg., VII, 120, 239, 269, Vili, 38,
311, 477, 502, X, 23, XI, 232, XII, 28, 791 e seguenti.
Gap. L] indole DELL'EPOPEA VIRGILIANA. 125
come disse egli stesso * , riuniva nella sua famiglia la
santità dei re che sono i più potenti tra gli uomini, e
la veneranda maestà degli Dei, che tengono in loro mano
anche i re.
Così per via di genealogie e di oracoli si stabiliva il
diritto divino del nuovo signore, che prenunziato dai fati
e protetto dai Numi ricondurrà nel Lazio il secolo d'oro
e stenderà l'impero sugli Indi e sui Garamanti, e farà
imprese più grandi di quelle d'Alcide ^. E il poema, che
faceva splendidi di nuova luce i titoli vecchi, fu carissimo
al principe, il quale anche in mezzo alle guerre aveva ad
esso il pensiero, e spronava il poeta a compirlo ^^ e fu
salutato con entusiasmo dai seguaci dell' ordine nuovo, i
quali esaltarono l'opera religiosa e monarchica al suo
comparire e anche prima che venisse alla luce ''.
Non è qui luogo a ricercare se l'Eneide, composta sotto
l'influenza del gusto del secolo che tutto cercava dai mo-
delli greci, e faciente un solo tutto dell'Odissea e del-
l'Iliade ^, raggiungesse le eccellenze dell'epopea, né a
dimostrare come il poeta, vissuto tra uomini increduli,
non potesse dare alle sue invenzioni la fede, l'ingenuità
e Tentusiasmo dell'epopea primitiva. Ma vuoisi ripetere,
che se egli non potè avere le qualità di altri tempi, ebbe
nuove virtù e nuovi affetti, e trasfondendo nei versi la
sua tenera anima, fu semplice, eloquente, patetico; rin-
giovanì, quanto era possibile, un maraviglioso, nel quale
1 Svetonio, Caes.t G.
2 Aeìì.. I, 291, e VI, 700 o seguenti.
3 Donato, Virgil. Vita, 4(3.
4 Properzio, li, 31, 65-68 ; Ovidio, Amor., I, 15, 25-23, De arie atn. , III, 337-333
Remed. amor., 398, Tylst., 11, 335-336.
5 Vedi Macrobio, I, 24; Walch , De eo quod nimiuin est in imilatione Honieri Vir-
giUana. Sclileusingae 1733; Lauter, De Virgilio imitatore Ho>neri , Heidelberg 1796; H.
Muller, Homer und Virgil, eine' Parallele , Erfurt 1S07; Lckert, Parallele zviisclian
Homer's Itias und Virgil's Aeneis , Munchen 1S29 ; Destainville , Influence du siede
d'Auguste sur la composilion dx l'Eneide, Paris 1S26; Fortoul, Dii, Genie de Virgile,
Lyon 1840, pag. 51; Marcacci, Ragionamenti intorno all'Eneide di Virgilio coi con-
fronti ed imitazioni degli scrittori antichi e moderni, Pernpìa 1844.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 16
126
LE ANTICHITÀ ITALICHE NELL'ENEIDE. [Lib. VIL
il secolo indilferente ed incredulo non vedeva se non uno
strumento di governo e una macchina letteraria; sposò
la poesia alla storia, all'amore della religione, della patria,
della famiglia, e riscaldò l'opera sua col culto delle anti-
chità nazionali, ricercate con amore romano e italiano,
e coir intendimento di moralista, che piglia diletto allo
spettacolo malinconico degli umili principii della gran-
dezza umana, e coi ricordi dell'infanzia consola la mae-
stosa e trista vecchiezza d'un popolo '.
I primi libri, maravigiiosa ispirazione della arte greca,
DiJotie {Museo Pio Clem.).
con la narrazione degli ultimi casi di Troia, colla fuga,
cogli amori dell'eroe e della regina Bidone a Cartagine,
e colla tragica fine di essa 2, sono come l'avviamento al
poema, al quale apresi più largo campo nei successivi,
quando i profughi scampati dalle tempeste approdano
i Vedi Patin, Mélanges de littérature ancienne, pa^r. 113.
2 Per Didone vedi Visconti, Museo Pio Clem., voi. II, tav. ■10 e H, VI, 10.
Gap. I.] LE ANTICHITÀ ITALICHE NELL'ENEIDE. 127
ai lidi ausonii, ove un ordine maggiore di cose e fatti
più solenni danno nuovo eccitamento all' ingegno ('').
L'Italia popolata di aspra e fiera gente* ispira allora
altri canti al poeta, il quale amantissimo dell' antichità,
celebra con nobile amore le origini, i semplici costumi,
e gli usi pastorali e guerrieri, e le feste e il grave culto
dei primi padri, e gli istituti militari e civili di Roma (*).
E ci pone davanti gli Arcadi, i Latini, gli Etruschi e le
altre genti minori, e raccoglie e veste di splendide form.e
i miti, i simboli e le tradizioni piti lontane dei luoghi
ove poi surse Roma-; e canta il culto degli eroi, e l'umile
tetto di Evandro ; i luoghi sacri e terribili per la religione
degli avi, i fondatori delle città, i datori di leggi, la forte
gioventù 3 e i grandi guerrieri d' Italia , tra i quali pri-
meggiano r etrusco Mezenzio , fiero dispregiatore degli
(") 7Jaior rerum mihi nasciUir orda.
Maius opus moreo.
Acn., VII, 44-45.
{^) Quintiliano, 1,7. 18. Servio, Ad Aen.,y\,lo2, dice che Virgilio ce-
lebrò tutta la storia romana dalla venuta di Enea fino ai suoi tempi , e
che perciò trovavasi che negli antichi quest'opera era chiamata non Eneide
l'A'd. gesta pQpuli romani. Sui costumi, sugli istituti religiosi, politici,
domestici, militari, e su tutte lo antichità romane di Virgilio, scrissero
Lorenzo Lersch, De morum in Virrjilii Acneide habitii, Bounae 1836, e
Antiquitafes Yirfjilianae ad vitam populi romani descriptae, Bonnae 1843;
Muff, Antiquitates ronianae in Yirgilii Aencide illusiratae, HaWe 1864;
Vedi anche Noél, Virgile et l'Italie, Paris 1864.
Sulla parte storica dell'Eneide, intesa alla glorificazione di Roma e dei
Cesari, e sulla sua indole religiosa e nazionale è da vedere anche Phili-
bort-Soupè, Elude sur le caractcre nadonal et religieux de l'Epopèe
Ialine, Amiens 1851, pag. 78-97. -^
1 Aen.^ V, 730.
~ Vedi Bonstetten, Voyage sur la scéne des six derniers livres de l'Eneide, Genève 1804,
e nouvelle èdition, ivi, 1862; Topfer, Virgilii geographia in Aeneide eo:hibita, Arnstadt
1S2S-1S3I.
3 Aen , VII, 172, 203, OJl, ecc.. Vili, 100, 1S5, ecc., 311, 35C, -103, 564, 600, ecc., IX,
60". XI, 4S, ecc.
128 GLI EROI ITALICI, ROMA, ENEA, E AUGUSTO. [Lib. VII.
Dei*, e l'audace Turno, fiero come lupo alTamato 2, e
Cammilla ornamento d'Italia, la prode vergine che con
altre italiche donne fortemente combatte e muore per la
patria ^. E con essi, che bene ritraggono la gioventù e la
forza dei primitivi Italiani, comincia per noi l'importanza
di questo poema, in cui il pensiero di Roma e d'Italia
guida sempre il viaggio del poeta tra le oscurità dei se-
coli antichi e fa predominante il genio italico nelle parti
più originali dell'opera. Già ad Enea era stata predetta
agli Elisi tutta la storia della grandezza romana, -e a lui
erano passate davanti le imagini dei grandi cittadini,
che farebbero eterna la città protetta dai Numi ''. Anche
le sciagure di essa non erano state obliate, -e la tradita
Didone morendo aveva invocato le vendette di Annibale ^.
Poi lo scudo di Enea porgeva scolpiti da un Dio i romani
trionfi, e da ultimo la grande vittoria di Azzio, fine alle
guerre civili ; e Augusto e Agrippa sulle navi colle genti
italiche, coi padri, col popolo, e cogli Dei della patria;
e dall'altra parte Antonio e Cleopatra con tutto l'Oriente
e coi mostruosi Dei del Nilo, e Apollo, che dal suo pro-
montorio di Azzio cacciava in fuga cOlF arco divino il
barbaro esercito e i barbari Dei ^.
Non sappiamo se Virgilio mirasse ad Augusto scri-
vendo di Enea. Più d'uno lo disse : e sarebbe facile tro-
vare rassomiglianze tra i due , e vedere raffigurate in
Enea le qualità dell'ultimo dei suoi discendenti, la pietà
verso gli Dei, lo zelo per la giustizia, e la grande pre-
videnza con cui sempre signoreggiò la fortuna '. Ma, qua-
lunque fosse l'intendimento del poeta, è certo che egli
1 Aen., VII, 048, IX, 522, X, 689, 729, 702 e segg.
2 Aen., IX, 59 e segg.
3 Aen.. XI. EOS, 510, 655, _G65, 734, 810, 863 e seguenti.
4 Aen.. VI, 079 0 seguenti.
5 Aen.^ IV, 622 e seguenti.
6 Aen.. VIII, C2S e seguenti.
7 Aen.. I, 379, 511, ecc., ecc. Sul carattere religioso del poema virgiliano vedi .inohe
Boissicr, Un X'Oète Ihéologieu, in Revue des deux mondes, 1° mars 1S73, pag. 199-222.
Gap. L] enea E TURNO, STILE E AFFETTI IX VIRGILIO. \2^
non riuscì a far di Enea un eroe, perchè questo pio-
figliuolo di Venere che tradisce l'innamorata Bidone da
cui ebbe liete accoglienze, che prega ad ogni momento
gli Dei, e piange spesso, e non fa mai una grande pro-
dezza, è personaggio freddo e monotomo, e a malgrado
della pietà, della giustizia, e della fama per cui è noto
sopra le stelle, ci desta meno affetto che il prode Turno,
difensore d'Italia contro le armi straniere. Dalla feroce
virtù di Turno dipendono le sorti delle battaglie; è un
nuovo Achille, figlio anch'egli d'una Dea, potente di avi
e di atavi; è il più bello degli Itali antichi, è smisurata
di membra, suona orrendo nelle armi , è ardente come
generoso destriero, implacabile come ferito leone; va in-
nanzi a tutti alle pugne, si scaglia ove sono più folte le
schiere, uccide i nemici a migliaia, empie tutto di fuga,
di strage, d'incendio. Finché egli vive, lo straniero non
può aver sicura stanza in Italia: e per ucciderlo ci vo-
gliono forze e armi celesti ^
Virgilio dòtte al canto degli eroi la eccellenza dello
stile, di cui aveva abbellito le umili fatiche degli agricol-
tori, e divenne per questo la maraviglia del mondo. Ma
la sua gloria suprema sta nel rivelare gli affetti del
cuore, e nel dipingere mirabilmente le umane passioni.
Fra le maestose eleganze e le soavi armonie, di cui ri-
suonano perpetuamente i suoi versi , la sua parola ha
sempre un accento di umana pietà, e con tenerezza squi-
sita compiange a tutte le umane miserie. 11 poeta, che
nella prima gioventù fu vittima del furore soldatesco ,
impreca energicamente alla guerra , e nella sua malin-
conica anima fa voti di conciUazione e di pace, e ha la-
crime per ogni sciagura ; e informa la poesia di spirito
nuovo, quando nei suoi versi anche i vinti sono tocchi
di compassione anche ai mali dei vincitori ^ , e quando
• Aev., Vr, io, VII, 56. IG), InO. f,50. 7S3, VIH, 1, ecc., IX, 25,55, 126, 133. 525, 731,
795, X, 20, 2S0, 451, X!, 335, 397, 410, 4S0. 492, e tutto il libro XII.
2 Aen . I, 460, 630, II, 6, III, Gli, ecc., XI, 252, 2i0, 292.
130
MORTE DEL POETA A BRINDISI.
[LiB. VII.
canta l'uomo che, salvati dalle. fiamme gli Dei della pa-
tria, non distrugge, ma edifica e fa solenne la religione
dei sepolcri *.
Virgilio lavorò circa dodici anni aW Eneide , ma non
ebbe tempo a darle l'ultima mano. Si era recato a visi-
tare la Grecia {") e i luoghi a cui approdarono gli esu-
lanti da Troia, e nel viaggio fu colto dal male, che lo
{Simpsoìi).
spense appena approdato allo rivo (l"ltalia ai 22 settembre
(]('ì 735 nel suo cinquantesimo nnno. Morì a Brindisi
dove una casa serba. ancora il suo nome (''). Il corpo fu,
("i Su fjuesto viap-pio vedi Orazio. Od., I. :'-.
(^) P.l (liscrrno (li essa vedi Simpson, il/ee??;?// :i'c siot ; a j<n(, ney ali
rouud the world, London Ì^7À, pag. 20.
Aen.^ V. .IT, 101
G, ?5. 180. PC(
Gap. L] sepolcro A NAPOLI. ORDINE DI BRUCIARE IL POEMA. 131
secondo il suo desiderio, trasportato a Napoli da lui
caramente diletta pel ricordo dei dolci studi con cui vi
ebbe nutrito l'ingegno, E ivi sulla via conducente a Poz-
zuoli ebbe il sepolcro con l'epigrafe ricordante i luoghi
dove nacque e mori, e gli argomenti delle sue opere (").
A quel sepolcro onorato di culto perenne andarono po-
scia ad ispirarsi i poeti (^) : e anche oggi il viaggiatore
tra gli incanti di Mergellina e le delizie dei colli fioriti
cerca con reverenza i ruderi del monumento cui fu dato
il nome del cantore dei pastori, dei campi, e dei duci;
e più oltre sente ricordare la Scuola di Virgilio tra le
grandi rovine della Villa di Lucullo al Capo Posilipo.
Fu detto che prima di morire chiese instantemente che
fosse bruciata l'opera, a cui aveva dato tanti anni di
studio G di cure amorose; e ciò pel motivo che rimaneva
non corretta e non compiuta ^ Il qual motivo, se è vero
il racconto, apparve sì strano, che altri andò in cerca di
ragioni più gravi, e non mancò chi sostenne, che il poeta
pentito delle lodi date ad Augusto volle distruggere, come
una mala azione, il poema col quale si era fatto stru-
mento del dispotismo {"). Comunque sia, certo è che la
nuova signoria usò a suo profitto il grande ingegno di
(") Manilla me geniiit, Calahri rapiiei e, tenet mine Parthenope. Ce-
cini jìascua, rura, duces. Donato, Yirgil. -cita, zA.
(^) Vedi sopra voi. I, pag. 275. Ciò che rimane di questo sepolcro
evidentemente non appartenne mai al nostro poeta. I ruderi del monu-
mento che l:a tradizione attribuisce a Virgilio consistono « in un basa-
mento quadi'ato con un masso rotondo al disopra. L'interno d'opera re-
ticolata, è un cohimbario probabilmente pei liberti. Conteneva undici
nicchie per le urne ; ed cifre la larghezza di palmi 19 V2 quadrati, e
l'altezza di palmi 17 l/à- » {Napoli, e i luoghi celebri delle sue vici-
na-nz-e, Napoli 18-15, Voi. II, pag. 424).
(") Vedi Rartenstein, Ctir Yirgilius moriens Aenelda comburi lussiti
Coburgi 1774.
1 Donato, Vlry. vita, f.7. '
132 INDOLE MALINCONICA, E VERECONDI COSTUMI, i Lib. VIL
lui, e che egli lodò largamente i fondatori degli ordini
nuovi, ma non si abbassò alle brutture in cui si diso-
norarono altri, e non ebbe né i costumi, né i modi che
ci vogliono per usare alle corti. Uomo d'indole malin-
conica e timida, con un'anima delle più candide e dolci
che fossero mai, affettuosissimo figlio, semplice come un
fanciullo, e tardo a parlare, si dilettava della vita soli-
Sciiola di ^ll•JlU^) (Diòegìio di Arturo Blaschnik dal
taria, sottraevasi a quelli che lo seguivano in pubblico,
e lo mostravano a dito, e visse per lo più in Campania
e in Sicilia *, fuggendo il rumore delle popolose città e
dei grandi palagi, ove era bisogno plaudire ogni giorno
alla commedia di corte, e maledire ai caduti, e aver
pronta ad ogiii istante la lusinghiera menzogna. La sua
verecondia, la innocenza e il candore dell'animo, e la
' Orazio, Sat., I, 5, -IO- li; e
vita, 22, 2), 'j:,, 27.
Icrj. de Orali. ^ 13; Donato, Virgil.
Gap. I.] Q. ORAZIO FLACCO. 133
squisita sapienza lo fecero ammirato presso gli antichi,
e gli dettero i primi omaggi del mondo moderno, quando
Dante lo prese a sua guida e maestro, e altri lo tennero
per teologo ispirato da Dio, e per mago e per negromante
e profeta, e cercavano nei suoi versi le sorti, e narra-
vano di lui strani portenti, operati coll'aiuto dei diavoli
dell'inferno, e colla sua grande scienza (''). La parte di
adulatore, non conveniente al suo integro animo, stava
benissimo ad altri, e massime a Quinto Orazio Fiacco
(8 dee. 089-^27 nov. 71-6), maestro e modello dei cortigiani.
Questi , quantunque venuto da umile origine , è nato
fatto per vivere coi grandi, delle cui amicizie mena gran
vanto; è piccolo della persona, va bene adorno, porta
fina la toga e profumati i negri capelli ; e pingue e ni-
tido, ama la gioia, il vino, le Muse e le donne; parla
dolce e arguto (^), è pronto anche all'ira, ma facilmente
C^) Nel medio evo quando <Aì ei'oi e gli Dei Ji Grecia e di Roma di-
venivano principi, duchi, cavalieri, e scudieri. Virgilio di poeta divenu"
un incantatore, e .di questa trasformazione rimasero tracce importanti
nelle opere letterai-ie delle principali nazioni di Europa. Su ciò vedi
Siebeuhaar, De fabulìs qiiae media aetale de P. Virgilio Marone cir-
ciimferehanlur, Berlin 1837; Rossignol, Virgile et Constanlin le G. a.id
a pag. XXIX e '^e';:^^.. Paris 1846; Du Meri!, Virgile Venchanteur, in Mé-
langes archrologiqnes et liUrraires, Paris 1850, pag. 424-478; Schwabbe,
P. Virgiliiis per niediam aetaiem gratia aiqiie auctoritate floreniissimits ,
Paderborn 1852; Piper, Virgiliiis cds Theologus ùnd Prophet, in Ecan-
gelischer Kalender, Berlin 1862, pag. 17-82, e Comparetti, Virgilio nel
medio evo, Livorno 1872, 2 voi. in-S. in cui l'autore studiò largamente
e scienti>ficaraente il poeta nella ti'adizione letteraria, e nella leggenda
popolare, e riprodusse il testo di più leggende virgiliane in ver.so e iu
prosa, e si propose di <.< esporre tutta intiera la storia della nominanza
di cui godette Virgilio lungo i secoli del medio evo, segnarne le varie
evoluzioni e peripezie, determinare la natura e le cause di queste, e i
rapporti che le collegano colla storia del pensiero europeo. »
Vedi anche ]\Iax Cullinan, Virgile mcgicien, in lìecue Britanniijiie,
novembre 1873, pag. 33-19.
(*) Svetonio, Horat. cita, lo chiama liornuncìonera lepitlissinncni.
Van.nucci — Storia ilclV llalia antica — IV. 17
134
INDOLE CORTIGIANA. PRIMI STUDI.
LiB. VII.
placabile; ha gusto molto squisito, e ad ogni occasione
sa fare versi saporitissimi pel principe, pel ministro e
per chi va con loro *. Insomma è l'uomo che si con-
viene ai nuovi padroni, ai quali consacra tutto il suo
splendido ingegno; e ora spontaneo, ora forzato dalla
necessità delle cose serve fino all'ultimo ai disegni della
nuova potenza.
Era nato agli 8 decembre del G89 a Venosa da padre
Orazio {Visconti^ Icon. Rora.^ tav. XIII, n. 2 e 3).
liberto, il quale, sebbene vivesse non largamente di un
magro poderetto, e 'dell'ufficio di riscuotitore delle ren-
dite del comune, non risparmiò cure e spese per farlo
educare nobilmente, .non per vanità, ma per renderlo
J Orazio, Sai.. H, 1, 76, Epist.. I, I, V, e 16, I, 7, S'-^-S, I, 11, 32, I, 17, 35, I, 20, ;
Od., I, 2P, 1, HI, 1, 3, ecc., ecc.
Gap. I.] ORAZIO SOLDATO DI BRUTO. PRIMI VERSI SATIRICI. 135
dotto e onesto *, e dopo avergli da sé stesso insegnato
a vivere da galantuomo, lo messe a studio a Roma e
ad Atene 2. Il giovane era in Grf^cia sul fiore degli anni,
quando vi passò Bruto per raccoglier gente contro i
triumviri. Ed allora egli ardente di libertà, lasciati da
banda gli studi, seguì con entusiasmo le libere armi
di Bruto, e fu tribuno di una legione a Filippi 3. Ma
quando vide che la vittoria arrideva ai nemici, egli uomo
poco forte e non atto alla guerra («), gettato vitupero-
samente lo scudo S si détte alla fuga, e tornò in Italia
umile come un uccello tarpato, e povero e derelitto,
perchè, morto il padre, gli avevano confiscato il fondo
paterno ^. Pure a questi mali egli aveva un riparo nel
patrimonio del suo ricco ingegno , che i potenti non
possono ne togliere, né comprare, quando altri non voglia
farne mercato. E di fatti, spinto dalla povertà e dal de-
siderio della gloria, prima che ninno lo proteggesse, com-
pose nobili versi, che mostrarono subito qual poeta egli
fosse. Erano Satire e Odi quasi tutte satiriche, in cui,
oltre il fervore poetico dell'età giovanile, era animirabile
la libertà dello sdegno contro quelli che menavano a stra-
zio la patria. Egli sperava ancora nella libertà vinta a Fi-
lippi; e nei crudi giorni, in cui la guerra di Perugia e le
rapine dei veterani desolavano più ferocemente l'Italia,
con accento di pietoso cittadino deplorò i mali di quella
patria, che non vinta dal valore dei Marsi, né dalla fie-
rezza di Spartaco, né da alcuno straniero, ora rovinava
per le stesse sue forze e per la empietà dei suoi cru-
(") Egli stesso si chiama imbellis ac flrmns parum. Epod., 1, IO.
1 Su ciò vedi Schmid, Quinti Horatiì pater a vanitatis crimine vindieatus^ Halber-
stadt 1819. Conf. Weber, Q. Horatius Flaccus als Mensch und Dichter^ Iena 1844,
pag. 9.
2 Orazio, Sat.. I, 6, 45, e 71, Epist.^ II, 2, 13 e segg.
3 Sat.. r, 6, 15-lS, Epist.. II, 2, 41-52.
4 Od.^ II, 7, 10, IH, 4, 26.
5 Epist, li, 2, 50.
136 PASSAGGIO DALL'OPPOSIZIONE ALLA CORTE. [Lib. VH.
deli figliuoli *. È detto che fulminò anche Mena traditore
di Sesto Pompeo '^, rimasto sola speranza agli amici della
libertà. E poiché non poteva assalire di fronte Ottavio,
che era troppo potente, tolse a battere colle armi del ri-
dicolo gli amici di lui: nella mordacissima satira in cui
è detto che, sotto il nome di Malchino ^, beffò Mecenate
strascicante per effeminatezza la toga, assali il cantore
Tigellio, familiare di Ottavio '', e il dissoluto Cupennio, e
Galba, e altri galanti, le sozze faccende dei quali ci mo-
strano la brutta corruttela a cui erano andati i costumi;
corruttela di cui era marcio lo stesso poeta, perocché egli
ci apprende che si contaminava nel medesimo fango,
quantunque usasse più accorgimento per evitare i peri-
coli da cui molti uscirono mal conci. 1 belli e liberi versi
ebbero plausi e conforti, ed egli prese lena a scriverne
altri; ma, come uomo poco tenace dei forti propositi, la-
sciò da banda i disegni di opposizione ai potenti, quando
vide che tornava più utile fare altrimenti.
Per ristorare la sua fortuna dapprima erasi procacciato
un post^ di Scriba o Segretario nel pubblico erario ^, ma
lasciò quell'ufficio pieno di noie appena ebbe altro modo
da vivere.
Fra gli ammiratori dell'ingegno di Orazio erano primi
Vario e Virgilio, i quali si offrirono di raccomandarlo e
di presentarlo a Mecenate; ed egli, obliando la libertà
e P)ruto e Filippi, accettò di andare alla corte. Presen-
tato al ministro, balbettò vergognoso poche parole, e die
contezza dell'esser suo. Mecenate gli fece fredda acco-
Shenza, e lo accomiatò con breve discorso, perchè forse
' Epod., I, 10.
2 Epod.. IV, e Scholiast., ivi; Appiano, De Beli. Civ.. V, 7S-S0.
3 Vedi Sal.^ I, 2, 25. e le noto di Acrono e di Porfiriono, e Weichert, De larbita Ti-
mofjenis aetmiìaiore. % 7, in Poelarutn Latinorum reliqiàae, pag. 423.
* ■f"^. I, 3, 4 o se^-.
5 Svetonio, Ilnrnt. vit. in ]irincipio; Orazio, Sut > li, C, 3G-37. Conf. Fisone citato da
iic.llio, VI, 9, e Livio, IX, i6.
Gap. I.] DONO DELLA VILLA SABINA. 137
non si fidava ancora del tribuno di Bruto, e aspettò che
avesse dato miglior saggio di so. Il poeta, studioso di
acquistar nuovi meriti, e di fare obliare il passato, ce-
lebrò con gioia la sconfitta di Sesto Pompeo ', e si mostrò
ardente per la causa dei vincitori. Allora Mecenate, si-
curo del fatto suo, dopo nove mesi mandò a ricercare
di lui , lo accolse tra i suoi amici , lo ebbe familiaris-
simo -, e lo mise nella grazia d'Augusto. E Orazio rispose
bene a quella fiducia, e si mostrò quale il ministro vo-
leva che fosse, dimenticò la filosofia nutrice dei forti
pensieri e paurosa ai potenti, e a poco a poco repressi
gli impeti repubblicani, che lo portavano a celebrare
l'indomita virtù di Catone, nelle case dei grandi, ove
prese l'ispirazione ai suoi canti, si fece vero uomo di
corte; e riducendo ad arte la cortigianeria, istruì in essa
i suoi giovani amici, e mostrò loro il modo sicuro di bu-
scarsi i favori dei ricchi, e proclamò che il piacere ai
maggiorenti non è l'ultima delle lodi (").
Per godere riposata e dolce la vita desiiderava un pos-
sesso nei lieti colh di Tivoli: e Mecenate appagò oltre
misura i suoi desiderii. Perchè avesse agio a glorificare
gli ordini nuovi gli dette la terra di Ustica nella Sabina (^).
Era luogo ricco ed ameno: ivi comoda casa, fertili campi,
prati, selve e verzieri, e limpidi rivi, fresche valli, liete
ombre, e dolci recessi, ove il poeta potrà studiare, dor-
mire, bevere, conversare colle Muse e obliare dolcemente
le cure della vita affannosa. Egli non aspirava a tanto:
ma gli Dei suoi protettori furono larghi con lui, e più
(^) PrincApihus placHìSse viris non itlfima Ictus est. Ejnsi..ì, 17, :35.
Vedi anche l'epistola 18 del medesimo libro.
(^) Per la villa Sabina di cui fu scritto molto e da molti, vedi Nibby,
Viaggio anliqitario, voi. 1, pag. 94, e Conf. Rosa, in Bullett. Isiit. 1857,
pag. lOo.
1 Epod.. IX 7 e seg^.
2 Sat., I, 6, r.1-64, II, C, 11-59
138
LODI A MECENATE.
[LiB. VII.
gli avrebbero dato se più avesse voluto (")• Onde egli,
beato sopra ogni mortale, non ebbe più altro pensiero
che cantare in tutti i tuoni il gran ministro e il divino
principe e tutti i favoriti da loro. Mecenate, discendente
di re, è il più nobile di tutti i Lidii che vennero a sta-
Villa Sabina d'Orazio {Nibbi/).
bilirsi in Etruria; è l'ornamento dei cavalieri, è presidio
e dolce decoro al poeta, che lo appella anche suo signore
e suo padre, e dice che ha bisogno dell'approvazione di
lui anche per tener belli i suoi versi lirici. Con lui gli è
gioconda la vita che gli sarebbe insopportabile senza di
(«) Epist., I, 14, 1 e Pegg-., I, 10, 2-10, H, 2, 77, Sat., II, 6, 1-5, Ud..
h 17, 1-22, li, 18, 12-14, Ili, 10, 21), HI, 1^, 2. Epod., I, :51. Svetonio nella
■vita di Orazio dice: Aiii/n<(Hs- nna'jKc et aftera vice locupletavi/.
I
Gap. I.] INNI AD AUGUSTO. 139
lui, e fa voti agli Dei di morire nel medesimo giorno. A lui
confida anche le sue pene amorose; lui invita a bevere
tra i profumi e tra i fiori; ed ha un canto anche per la
infedele Terenzia, di cui loda il mirabile lampeggiare
degli occhi, e il petto fido agli scamhievoli amori *.
Infinite le lodi dell'eterno onore di Augusto, figlio di
Numi benigni, Dio tutelare della patria. A lui gli inni, a
lui le invocazioni delle mense seconde, a lui le mattutine
e le vespertine preghiere, perchè si degni di dare lunga
])ace all' Italia, e anche perchè liberi la terra dai fulmini
e dalle tempeste. Egli è potente Dio sulla terra, come
Giove nel cielo; è padre e custode dell'umana gente, è
il più grande di tutti i Romani, e i propizi Numi non
fecero mai dono migliore al mondo, né mai potrebbero
dargli altsettanto, quand'anche riconducessero la prisca
età dell'oro. Augusto è il salvatore di Roma e del mondo;
protegge gli averi dei cittadini, fa fiorire la religione,
l'agricoltura, il commercio, le arti; è la luce della pa-
tria, e colla sua presenza riconduce la primavera, fa più
splendido il sole, allieta ogni cosa ^. Finalmente Augusto,
pauroso dei fulmini e fuggente dai pericoli delle battaglie,
pel poeta cortigiano è un eroe superiore a tutti gli eroi
greci e romani ^.
Bello era gridare contro i vizi mostruosi del secolo, e
scoprirne le cause e indicarne i rimedii; bello ripetere
in splendidi versi, che nulla giovano i vani lamenti, se
non si recide col supplizio la colpa, se alle leggi non
si aggiungono i buoni costumi, se con severa educa-
zione non si preparano virtuosi cittadini alla patria*';
ma brutta menzogna era rincantare, che Augusto colla
sua riforma mutò veracemente i costumi, e che per opera
> Od., I, L 1-2 e 33, I, 20, Lece, II, 12, I3-1d, II. 17, 2-3, 111,8, 1-16, JII, IG, 20, Ut,
2S), 1 e segp'., Epecl., I, 5, Epist.^ I, 7, 37, Sat., I, 0. 1, ecc., ecc.
2 Od.. I, 2, I, 12, III, 25, 3 e scgg., III, 11, IV, 2, 5, 11 e 15.
3 Od.., II, y, 19, IV, 2, 33, IV, 11, 5 e secg., Eivst., 1, 2, 48, e lì, 1, 1-19.
* Od.., III, 21, 51 e segc-.
140 I POliTI DI CORTE CORROTTI E IPOCRITI. [Lib. VII.
sua non vi erano più stupri per le case romane, e che
le spose andavano laudate per somiglianza di prole, e
tornavano a vita la fede, la religione e le forti virtù,
per cui crebbe il nome latino, e la maestà dell'Impero
si estese dall'orto all'occaso *.
La vita stessa dei poeti di corte smentisce le loro
parole in lode dei costumi migliorati dal principe. Orazio
era corrotto al pari degli altri, e i suoi versi lo atte-
stano a chi non voglia credere alle brutture, che di lui
narra Svetonio^. Pieni di sconcezze sono i versi dei più.
Tutti, tranne Ovidio, vissero celibi e non curanti della
legge Papia Poppea. E Properzio 'protestava che prima
di ammogliarsi avrebbe patito di perder la testa ^. Erano
libertini sfrenati, che celebravano splendidamente la san-
tità delle nozze. Ciò che havvi di particolare ai-tempi di
Augusto è uno studio infinito di salvare le apparenze, e
di fare una perpetua commedia di decenza , di pietà e
di morale, in cui i personaggi principali si ripromettono
gli onori della virtù coi piaceri del vizio ''. L'ipocrisia è
la grande faccenda dei sudditi come del principe. Uomini
gravi e austeri in pubblico, menano in privato abomine-
voli orgie; uomini ones^^, i quali, stimati molto nel Fóro
per la loro pietà neh' immolare vittime ai Numi , dopo
avere invocati altamente Giano e Apollo, in segreto pre-
gano Laverna, Dea protettrice dei ladri, perchè ricopra
di una nube le loro frodi, e li faccia passare per giusti
e per santi ^.
Insomma questa età, che la poesia chiama d'oro, è di
ferro. Ninno crede né alla virtù, nò alla religione degli
avi; e non ci crede neppure il poeta, che incredulo prima
» Od.. IV, 5. 20-2:!, e IV. 15, 1?-1G
2 Vedi Richter, In Q. Horatii Flacci vit'On a C. Sve'.onio Tranquillo conscriptntn ,
Zwickaviao 1830, ]>ti<;r. OG e seguenti.
3 Properzio, II, 7, 7.
* Le Gris, Home, ses novolenrSj ses coiìsercateurs, ecc., voi. II, ['•''•t-' 'J^'-
5 Orazio, npist.. I, ir,, jT-CO.
C.v-. I.]
LA RELIGIONE D'ORAZIO.
141
di essere ricco, poscia si finge devoto per atterrire e con-
vertire gli increduli, ricorda l'onnipotenza di Giove to-
nante e fulminante i Titani *, racconta i miracoli che
gli Dei fanno per Mecenate e per lui 2; e fatto religioso
per ordine venuto dall'alto, inveisce, per dar piacere ad
Augusto, contro i giovani empi, e canta la religione, da
Giove fulminante i Titani (Gemma del Museo Kazionale di Napoli).
cui venne la gloria dei padri. Ma egli stesso sa bene che
non si crede agli Dei d'oro e di marmo, e che la vera
rehgione dell'età nuova inaugurata dal principe è l'amore
smodato della ricchezza e del lusso, ed è costretto a con-
1 Od. I, 34, 5-S, e HI, I, 6-S, IH, 5, 1; Museo Dorbon., vcl. \, tav. 53.
2 Od. 1, 17, 13, II, 17, 21-32, III, -I, 7-20, e II, 8, 6-8.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV.
142 1 SEVERI AMATORI DELLA LIBERTÀ. [Lib. VIL
fessarlo in più luoghi, e a predire che da questi padri
nasceranno più perversi figliuoli *.
Rimane qualche cittadino temprato all'antica, qualche
anima resa forte dall'amore della libertà e delle istitu-
zioni avite. Vi è Labeone, che non si lascia comprare
dagli onori del principe e lo combatte in ogni occorrenza.
E Orazio nel suo ardore di cortigiano si fa beffe del gran
cittadino, e taccia di pazzo solenne il più nobile e il più
libero dei giureconsulti (''). Rimangono gli stoici, che
tutto ripongono nella forza dell'animo, rigidi non pure
in parole, ma in fatti; sobrii, temperanti, casti; che re-
putano dovere primo del cittadino difendere la patria e
la libertà, e morire per esse; e quando altri s'incorona
di rose, muoiono piuttostochè vivere vilmente. Il dispo-
tismo ne teme i forti esempi e le austere dottrine; e
quindi Orazio, per iscreditarli, usa contr'essi la satira,
coglie il lato che si presta allo scherzo, ride di loro as-
solute sentenze, ne beffa il portamento severo, l'asprezza
dei modi, i neri denti, il capo rasato; induce per le vie
i ragazzi a strappar loro la lunga barba, e ha profondo
disprezzo per loro povertà e libertà -. E alle forti dot-
(") Sat., I, 3, H2, e le note di Acrone e ài Porfiriono a questo luogo. —
Da alcuni si volle scusare Orazio di questa grossa ingiuria, dicendo che
Labeone era sempre giovane, e non ancora famoso né autorevole. E una
povera scusa, perchè colui che divenne quel sapiente giureconsulto che
tutti sanno, non poteva, neppure da giovane, meritare il nome di pazzo.
Vedi Feldbausch, 7J)e 7/ora<io nou adulatore, Heidelbergae l'3^, pa,r. IS.
Sulla faccenda dell'adulazione ai potenti, della quale con ragione il poeta
fu rimprover-ato più volte, altri, anche di recente, fu d'avviso che egli
lodasse Augusto poco anziché ti-oppo, dicendo che messe in versi i decreti
del senato, e che le sue lodi non sono altro che un artificio oratorio.
Vedi Paul, De Q. Horatii Flacci in Auguslum adnlatione quomodo
iudicandum sii. Thoruni 1847, pag. 1:5, 17 e IS.
1 Od.. I, 31, 1 <! segg., I, 33, 3:5-38, HI, 0, 13-lS III, n., 1 e segg., &■•/., I, 1, 'J2,
II, 5, 8, Epht.. 1. 2, -10-53, I, e, 30-38.
« Epht., I, 1, 101, I, 18, 5-8, Sat., I, 3, 7G-9S, II. 3, 16, II, 7, 45 e S3-M.
Gap. I.] ORAZIO E GLI STOICI E LE VOLUTTÀ. 143
trine degli uomini che non vogliono transazioni di sorta
il poeta oppone un sistema adatto a quietare ogni pas-
sione politica, e a lasciar tranquillo chi domina. Insegna
a non darsi pensiero delle umane faccende, a obliare il
passato, che neppure da Giove potrebbe mutarsi; si fa
maestro di mollezza e di voluttà, esorta a incoronarsi di
rose e di mirto, a profumarsi di nardo *; e canta Venere
e Bacco, gli amori e l'ebbrezza, e celebra i prodigii del
vino, che solo può rendere la speranza ai cuori abbat-
tuti, e serve egregiamente alla politica nuova. Col vino
medica gli animi travagliati da moleste cure; e colle vo-
luttà epicuree studia di riconciliare ad Augusto i mal-
contenti, cui ripete di continuo che bisogna affrettarsi a
godere perchè la vita fugge rapidissim.a, perchè alla casa
di Plutone non vi sono né banchetti, né amori; e perchè
la vera sapienza sta nel pensare ai propri diletti e alla
propria utilità, che è madre del giusto e dell'equo ; e
propone a modello sé stesso, grasso iJorco della mandra
d'Epicuro -.
Né, secondo lui, vi era tempo più acconcio per vivere
allegri. Prima del trionfo di Augusto, egh dice, era una
disperazione: niuno poteva darsi buontempo, né cavare
il vecchio Cecubo dalle avite celle. Ma dopo la vittoria
di Azzio, che ha liberato Roma dal mostro fatale minac-
ciante catene, è permesso aprire il cuore alla gioia:
ognuno ora è felice, e debbo godere, cantare, danzare,
ridere, banchettare, bevere, incoronarsi di mirto "\
E COSI tripudiando fa versi come li bramano i suoi
protettori; canzoni voluttuose alle sue donne, agli amici;
versi scherzosi per divertire Mecenate; odi per frenare
la indomita licenza, per lodare la vita frugale e la san-
1 Od.^ 1,9, 5-24, e II, li.
2 Od., I, 4, l, 7, 17-21, 1, li, I, IS, II, 3, II, II, III, 19, UT 21, IV, 1, IV. 12, Epod.
XIII, 1-10, Ej)ist., I, -1, 15-lG, I, 5, I, G, ecc.
3 Od.. I, 37 e 3S, Epod.. IX.
144 INNI SACRI, LODI AI FELICI, LETTERA AD AUGUSTO. [Lib. VIL
tità degli antichi ; inni sacri che la gioventù non ha an-
cora ascoltato; inni ad Augusto, lodi a tutti i felici, ma-
ledizioni a tutti i perseguitati dalla fortuna e dal principe,
del quale accoglie ciecamente tutte le avversioni e tutti
gli amori.
Quindi non è da domandare se Augusto tenesse in
pregio e in amore il poeta. che lo serviva sì bene. Gli
Allegro convito {Museo Borh.^ V, 51).
ollrl l'ufficio di suo segretario, che quegli non accettò
per motivi di mal ferma salute: gli faceva carezze, lo
pregava con lettere affettuose a disporre Uberamente di
lui: e quando vide i sermoni diretti a più amici, in una
lettera gli mosse lamento, perchè in ninno di quelli aveva
diretto a lui il discorso con l'abbandono dell'affetto, come
è uso tra gli amici, quasi temesse, che il mostrarsi suo
familiare gli potesse essere recato ad infamia dai pò-
Cap. L] ORAZIO POETA LIRICO. 145
steri («). E allora Orazio con un' epistola gli fece sue
scuse * dicendo che si crederebbe nemico del bene pub-
blico, se con lunghi discorsi tenesse a bada lui occupato
ad assicurare colle armi , ad ornare coi costumi , e ad
afforzare colle leggi lo Stato; e dopo avergli parlato sa-
pientemente di poesia vecchia e nuova, gli mostrava come
i grandi debbano avere a cuore la protezione dei poeti,
che possono farli immortali; e poscia continuò tutta la
vita a lodare, ripetendo sempre di non aver forze capaci
a sì grande opera.
Fece meraviglie di arte e d'ingegno per nobilitare i
fondatori della servitù universale : e i suoi splendidi elogi
furono da molti tenuti come veraci testimonianze, né
mancò chi li prendesse a sicuro documento di storia.
Orazio, dimenticando Catullo, e gli altri ohe lo ave-
vano preceduto, vantò di essere stato il primo a cantare
in Roma versi lirici sul metro dei Greci -. E molto i
Greci imitò, ma non fu né un traduttore, né un mosai-
cista; cantò originalmente le cose romane, e accanto
alle cose tolte ai Greci ne pose altre bellissime trovate
da lui; e per la squisitezza del gusto, e per le rare ele-
ganze prese un posto, al quale in appresso non fu dato
mai a ninno di giungere. Ma privo com'era del vero en-
tusiasmo e dell'amore alle cose grandi, che fanno grande
la lirica, egli si elevò di rado al sublime in quei versi,
che sono maravigliosi di gusto, di venustà, di grazia, di
gravità, di splendore, e di arte, e con felicissima audacia ^
arricchiscono la lingua di nuove o rinnovate parole, e
('') Irasci me Ubi scito, quod non in plerisque eiusmodi scriptìs mecum
potissiriium loquaris. Anvereris, ne apud posteros hi fame Ubi sit, quod
videai'is familiaris nobis esse? Svetonio, Horat. vita.
' Epist.^ Il, 1.
2 Od., I, 32, 3, III, 30, 13, Epist , I, IS, 21-34.
3 Quintiliano, X, 1, S6.
146 POESIE SATIRICHE E DIDATTICHE. [Lib. VII.
conducono a perfezione il linguaggio poetico*. Altri, non
negando che il poeta molte cose disse egregiamente e
soavemente e fu felicissimo negli artifizi poetici, affermò
che per mancanza di affetto non ebbe spirito né ingegno
poetico 2 : il che è fuori del vero, come l'opinione soste-
nuta negli ultimi tempi, che in Orazio tutto debbe esser
perfetto, e che le parti che in lui appariscono mediocri
o inette voghono reputarsi non sue, ma interpolazioni
e corruzioni di codici ■^.
Nelle Satire e nelle Epistole ove, come disse il Vico,
grecizzò meno, fu più poeta, quantunque paia che egli
opinasse in contrario ^, e ritrasse fedelmente Roma e la
filosofia, la politica, la morale, la reUgione e i costumi
di un^età corrotta e incredula. Satireggiò con infinita
gaiezza l'aridità, l'avarizia; rise dei ghiotti, dei parasiti,
dei libidinosi, dei fanatici, dei pedanti, dei cattivi poeti;
ragionò amabilmente di morale; e dòtte precetti di lette-
ratura, di gusto, di critica laeWEjnstola ai Pisoni (") e
altrove, ed ebbe perpetue compagno le grazie e le urba-
(") Di questa Epistola, che è tra le opere più eccellenti di Orazio, fu-
rono dette molte e diversissime cose. Sul vero scopo di essa, che 'è di in-
i»egnare ai suoi amici il modo di studiar le lettere, se vogliono attendere
alla poesia, vedi Sti-euber, De Q. Horatii Flaccl od Pisones epistolaj
Basiliac 1839; e Liedemann, De Horaiii epistola ad Pisones quae in-
scribitiir de arie poetica, Zittaviae 1840. Per altri lavori critici su que-
.sta e sulle altre opere d'Orazio, come sulla storia di lui e dei suoi j)ru-
tettori ed amici, vedi i miei Studi storici e morali .m/la letteratura
latina, pag. 329-403, Torino, Loescher, 1871.
' Klotz. De felici Iloratii audacia^ lenac I7G2; Zanireineister, De Horatii vocil>us
singuìaribus^ Berolini, 1862; Rothemaler, De Jloralio verborum inventore ^ Berolini 1802.
2 Vedi Klcischcr, Meditationiim ad Horatii Flacci poesim lyricam pertinentium^
pars I, Emmerich 18U.
3 Q. Horatii Flacci carr,iina recensuil P. Ilofinan l'eeilkamii. editio altera emendata
et aucta^ Ainstelodami 18G2; Schatzrt;ayr, Studia Horatiana, Golliae 1S63; conf. Kicli-
stiidt, Parado-va Horatiana. pars V, IcnaelSSO, e Paldanius , De imilatione Horatii.
Orcifswald 1851, pag. 1-9.
< Vedi Sat.. I, -l, 3S-I1 e r.f>, EìVst.. II. 1. 1.''.0, 01.. I, I, '?.), I, 31, 1, I. : -2, 3, li,
2;>, 4-S, IH, 1, 3, III, 1. -il, III, 13, 13. IH, •.'•., 1, 111, 30, l-KÌ, iv, y, l-l.
Gap. L] stile E INDOLE DELLA SATIRA ORAZIANA. 1 i7
nità di uno stile tutto nuovo, facile, semplice, arguto:
ebbe la meditata trascuratezza del verso, e il naturale
andamento che dava pregi non più 'visti a quel modo
di componimento, destinato ad andare per le mani di
tutti. Rispetto allo stile egli détte perfezione alla satira
lasciata ruvida dagli scrittori precedenti; e in ciò sta il
suo merito sommo. Con l'acuto occhio vide le parti che
negli umani caratteri pili si porgevano al riso, e le ri-
trasse in variatissimi e graziosissimi modi, per via di
scene drammatiche, di dialoghi, di apologhi, di aneddoti,
di narrazioni sparse di motti, di sali e d'italo aceto, e
rallegrate da perpetua festevolezza, e abbellite di grazia
inarrivabile di elocuzione e di verso. Ma sotto il rispetto
morale non poteva essere il flagello dei vizi che aveva
a comune con gli altri. Egli stesso confessa * che era
dissoluto, incostante, non persuaso di ciò che diceva,
non credente ai propri principii, non forte a levarsi dal
fango, lodante la frugalità, quando i grandi non lo invi-
tavano a cena. Quindi più che dei veri vizi si burlò
delle ridicolezze e delle stoltezze degli uomini. Scrisse
pieno di ironie e di scherzi per divertirsi alle spalle di
quelli, da cui non poteva sperare né celebrità, né pia-
ceri. Dettò satire perchè non poteva dormire, perchè non
si sentiva forte a lodare degnamente né le battaglie, nò
la giustizia di Cesare -. Non osò, né potè levarsi contro
i grandi viziosi, che appartenevano alla classe da lui
riverita e cantata. Uomo di corte, non poteva esser mo-
ralista come Cicerone vissuto in libera patria, né sati-
reggiare la servitù universale, che a lui procurava agi
e delizie.
Le Epistole, che accoppiano la festevolezza alla gra-
vità, e hanno il verso più culto e più rapido, la frase piìi
elegante, e la morale quasi sempre più generosa, fu-
1 Sat., U, 7.
2 Sat, IF, 1, 7.
148
EPISTOLE RICCHE DI DOTTRINE MORALI.
LiB. VII.
rono composte in età più matura, allorché egli, sentendo
meno l'ardore delle passioni, sospirava più che mai alla
solitudine, e ivi, divenuto fiero di nuova indipendenza,
mandava la virtù avanti a ogni cosa, e spregiava chi
cerca prima i quattrini. Allora studia il vero e il buono,
e la sapienza che giova al povero e al ricco; e fatto di-
fensore dell'austera virtù esorta gli amici a chiudere le
orecchie ai canti delle seduttrici sirene, e a respingere
le bevande e gli incantesimi di Circe trasformanti gli
uomini in sozzi animali ("); predica il dovere di gover-
nar l'animo, di coltivarne le buone inclinazioni, di farsi
KIPKH 0AI22EYS
I compagni di Ulisse mutati in bestie da Circe (Guattani).
usbergo della buona coscienza, di trovare la vera libertà,
senza la quale non vi è né virtù, nò saggezza; e riduce
a belli assiomi la scienza buona a bene regger la vita,
e talvolta apparisce seguace di quelli stoici, che altrove
furono da lui messi in ridicolo. Ma poscia, come spaven-
tato dalle conseguenze delle severe dottrine, ritorna alla
facile morale, che meglio favorisce le sue inclinazioni *.
(") Epis-f., I, 2, 23-26; Guattani, Monumenti anticld inedili, voi. V,
jìag. 24, tav. I. Vedi nnclie Raoul Roehette, Monumenis incdils d'anti-
rjuitt^ figurre, pi. (il.
» ^73!!^. I, 6.
Gap. I.] POESIA SAPIENTE, SQUISITA E INARRIVABILE.
149
Come poeta egli è variato, sapiente, ricco di imagini
graziosissime , delle quali adorna mirabilmente anche i
pensieri comuni. È solenne maestro nell'arte di fare dif-
fìcilmente facili versi. Con rara purezza , e sobrietà e
precisione di lingua e con gusto perfetto, unisce l'ele-
ganza alla forza, la semplicità allo splendore, la facilità
alle dolci armonie, la gravità delle sentenze agli scherzi :
e crea una poesia, che dopo migliaia di anni rimane
florida di perpetua gio-
ventù. Egli ha nei versi
le qualità del popolo,
che in tutto più che
all'ideale mirava a ciò
che potesse tornare
praticamente buono
alla vita, e che ebbe,
come dice Virgiho *,
jier arti sue proprie il
vincere e il reggere i
popoli. Perciò molti
versi di Orazio diven-
nero massime, e si ri-
petono come proverbi
sanciti dall'esperienza
dei tempi {").
Ma fra tante bellezze
poetiche non è bella la
Storia delle tante contradizioni narrate da quei versi im-
mortah, che ci mostrano lui repubblicano e poi cortigiano,
e stoico ed epicureo, e fuggente dalla battaglia e ammi-
ratore di Tirteo che coi versi eccitava i forti alle pugne
Tirteo (Vi
Icon. gj
3, n. 1).
(") Si possono vedere raccolte e illustrate da F. X. Frùlie, De Horaiii
'nteniiis, Constantiae 18."3^.
Aen., VI, 852.
Vann'ucci — Storia dell' Italia antica — IV.
130
CONTR ADIZIONI.
LiB. VI!.
marziali, e laudante ehi muore per la patria e oppone
forte petto all' avversa fortuna ; che celebrano gli erai
romani e il valore nazionale, e fanno l'apologia dell'ozio
e della spensieratezza; che lodano Catone e dispregiano
Labeone, che celebrano le Grazie decenti* e cantano
ai giovinetti e alle vergini, e calpestano la verecondia e
raccontano le oscenità
del poeta; che ci mo-
strano tutto l'uomo il
quale , pieghevole ad
ogni vento, si gloria di
esser coerente a sé
stesso, e dopo aver lo-
dato chi fugge le su-
perbe soglie dei potenti,
si vanta di viver con
essi; che insegnano so-
prattutto la morale del
proprio interesse , la
quale ad esso sottomette
tutti i grandi doveri che
legano l'uomo agli altri
cittadini e alla patria;
morale che servirà sem-
servitìi e il dispotismo.
I.e Grazie (Pittura Pompeiana in Mus. Borb. ^
VII!, tav. 3).
pre a perpetuare nel mondo la
come servì già a sostenere i potenti protettori, dei quali
il poeta tramandò splendidamente il nome alle età più
lontane.
I favori ottenuti in corte da Orazio e dagli altri de-
stano gli appetiti di molti: quindi innumerabiU le brighe
per cercare la protezione del principe e del ministro, lì
far versi diviene mania: dotti e ignoranti scrivono poemi;
giovani e vecchi coronati di frondi dettano carmi, non
I Od., I, 4, 6.
Gap. L] poetastri CUPIDI DEI FAVORI DEL PRINCIPE.
151
facendo caso del bene scrivere, ma del comporre molto
e presto *. I poetastri in loro accademie e congreghe
s' intessono corone a vicenda, si applaudono furiosa-
mente; poi portano da sé stessi loro versi e ritratti alla
biblioteca d'Apollo, fondata e destinata dal principe ad
accogliere le migliori opere dell'ingegno greco e latino ^.
Questi per darsi aria di uomo ispirato va per luoghi ro-
Bibliotcca d'Ai
I alatino restaurata da L Cauina {Edif.j IV.
miti, vive trascuratamente, e lascia crescersi le ugne e
la barba. Altri per le vie e per le piazze arrestano la
gente, e recitano i loro versi alle vecchie, ai ragazzi,
alle serve. I ricchi recitano ai parasiti che dopo una
grassa cena levano grande il rumore dei plausi. Orazio
1 Orazio, Epist.. II, 1, 103-110, SaC, I, 4, ll-?8.
! Orazio, Ejìist., I, 3, 17, II, 2,90, Sat., I, 4,25: Svetoni
Aurj.,
152 SCRITTORI ACCOLTI ALLA CORTE. [Lib. VII.
descrisse e satireggiò i costumi dei recitatori molesti *,
cornee degli improvvisatori , sdegnosi del lento lavoro
della lima, e perciò condannati a veder perire l'opera
loro in un tratto, a guisa delle corone che, come dice
un altro poeta, inaridivano sulla fronte dei banchet-
tanti -. Orazio stesso narrò le brighe incessanti usate da
essi per essere accolti nelle sale di Mecenate ^ ; ma
erano vani sforzi; né tutti poterono essere ammessi alle
cene degli Dei.
Fra gli ammessi, il poeta ne ricorda parecchi ^ allora
applauditi, ora obliati. Fra questi erano Caio Fundanio,
celebrato come il solo poeta comico valente di quell'età,
e Caio Valgio Rufo, stato console nel 742, che compose
elegie ed epigrammi, e cose grammaticali e rettoriche,
e scrisse della virtù delle piante, e intitolò l'opera sua
ad Augusto con parole di basso adulatore, dicendo che
dedicava al principe il libro dell'uso delle erbe, affincJiè
la sua maestà avesse il modo di medicare tutti i mali dei
mondo ^ Vi era Plozio Tucca poeta , che fu con Vario
eletto a correggere e a pubblicare l'Eneide^; Pedone
Albinovano autore di una Teseide , e di un poema sul
viaggio marittimo e sulle guerre di Germanico (''); Rabido
(«) Ovidio, Ex Ponto, IV, K', 71 e segg. ; Quintiliano, X, 1, 90; Se-
neca, Suasor., I; Weichert , De Lucio Vario, pag. 164. I versi pei-
consolar Livia nella morte di Druso attribuiti ad Ovidio, perchè furono
trovati nei codici antichi di lui, e poscia dati a Pedone Albinovano da
Giuseppe Scaligero, non pare che appartengano né air uno, né all'altro,
e ultimamente furono creduti scrittura del secolo XV. Vedi Haupt, Epi-
ceiìiuiii Brusi cura cor,ìnicni.ariis . Lipsiae 1850.
> Orazio, Scit.. t, 1, ?.:ì-M, Epistola ad Plsones. 2!)6-301, 3S2, 120, 453-170.
8 Properzio, II, 13, al.
3 Orazio, 5-1^, I, 9, 21-25, e 43-59.
i Sat.. I, 9, (il, I, 10, 83 e segg., II, 8, 19-22, Episl... I, 3, G, e I, 10, 1
^ Minio, XXV, 2. Di lui e delle suo opere, vedi Weichort in Poetarum Lati», reli-
quiae^ pag. 203-210, e Unger, De C. Valgii Ru/i poemalis conimcntatiOj Halle ItjlS.
c Donato, Virgil. vita. 06.
Gap. T.] PROPERZIO. 153
cantore delle guerre di Azzio e di Alessandria (''); e Ma-
nilio che scrisse il nome di Augusto in testa a un poema
inteso a cantare l'influenza degli astri sulle umane sorti,
e, con Cesare tornato alle native sedi degli Immortali,
celebrò lui principe e invitto padre della patria e desti-
nato a oscurare tutti gli astri, e a divenire nel cielo il
più grande dei Numi (''). Una brigata di poeti accompa-
gnava Tiberio alla guerra per celebrarne le imprese ^,
Non mancavano anche i censori, e loro presidente fu
Mezio Tarpa, lodato per gran critico dai poeti di corte,
e incaricato dal principe di rivedere i componimenti tea-
trali , e fors' anche le opere degne di entrare nella bi-
blioteca d'Apollo 2.
Ma fra tanti cantori dell'Impero, e d'Awgusto e di tutta
la imperiale famiglia, ninno, dopo Virgilio e Orazio, giunse
a noi più famoso di Properzio, di Tibullo e di Ovidio.
Sesto Aui-elio Properzio nato nell'Umbria (705-739 circa)
e spogliato, come Virgilio, dei suoi campi dalla guerra ci-
vile 3, era venuto a Roma per far l'avvocato; ma in breve,
tratto dall'amore dei versi, lasciò i rumori del Fóro, e in
molli elegie cantò le sue donne. Presto fu conosciuto e
accolto anch'egli ai conviti di Mecenate. Lo festeggiarono
come adatto a rendere popolare il nome del principe,
quando volesse destramente inserirlo nei suoi versi leg-
C) Velleio. II, 30; Seneca, De Benef., VI, 3, 1; Ovidio, Eo: Ponto, IV,
16. 5. A questa composizione si riferiseono forse i frammenti trovati a
Ercolano. Vedi Weichert, loc. cit., p. 157-164.
(*) Manilio, Astronomicon, I, 7-10, e 444-446, 923-924, II, 509, IV, 57-63
e 931-933. Fra tutti costoro si ricorda anche un Gracco scrittore di tra-
gedie, e un Procolo imitatore di Callimaco. Ovidio, Ex Ponto, IV, 16, 31
e 32; Weichert, loc. cit.. pag. 108.
i Orazio, Epist., I, 3, 6 e segucnii.
2 Cicerone, Ad Famil.^ VII, 1, 1; Orazio, Sol., I, 10, 3S, Epht. ad Pisones.^ SS.?;
Lauge, De censoribus veterum liUerariis, loiiae 17j3, iiajr. XXVII; Walckenaer, Hi-
stoire de la vie et des poésies d'Horace, I, iOS.
3 Properzio, IV, 1, 129-130.
154 PROPERZIO. [LiB. VII.
gieri, che andavano per le mani dei giovani e delle donne
galanti. Poi speravano da lui anche cose maggiori: ed
egli commosso dalle cortesie del ministro si messe nella
schiera dei lodatori. Mecenate lo eccitava a lasciar da
banda i perpetui argomenti di amore, e a celebrare in
più alto stile la gloria d'Augusto. Properzio rispondeva :
Questo è troppo gran carico per 1^ mie deboli spalle.
Tentai, come Ennio, di cantare i re e le battaglie, ma
Apollo con mal viso mi distolse dal folle tentativo. 11 mio
ingegno è fatto per le cose leggiere ; ognuno ha da na-
tura le sue inclinazioni; io seguo le mie, e in questo
imito, 0 Mecenate, la tua temperanza. Tu protresti levarti
in fama come uomo di toga e di spada, ma per singoiar
modestia ti stai .lungi dagli ambiziosi rumori, e sei pago
di mostrare la tua fedeltà ad Augusto, la quale sarà no-
bile monumento della tua gloria, mentre la continenza
ti renderà famoso al pari di Cammillo.
Le scuse ingegnose e adulanti chiamavano altre pre-
ghiere, dopo le quali il poeta scrisse, che il patrocinio'
di Mecenate gli sarebbe di gloria in vita e in morte, che
le parole di lui gli facevano più grande e più gagliardo
l'ingegno, e che perciò, quantunque si sentisse tremare
all'ardua impresa, tenterebbe tutto ciò che fosse in grado
al potente protettore. Se l'età prima, egli diceva, cantò
gli amori, l'ultima canti le guerre; se a celebrare Au-
gusto e Mecenate mi verranno meno le forze, avrò glo-
ria dalla stessa audacia, perchè nelle cose grandi è assai
lode il volere. E messosi in grave contegno tentò più
sublimi carmi, ridisse le guerre di Filippi, di Perugia,
di Siciha, i trionfi d'Azzio e d'Egitto, le conquiste d'O-
riente; magnificò il valore guerresco d'Augusto, pianse
la morte di Marcello ^, celebrò, colle sue voluttà, i primi
' Properzio, II, 16, 37-12, IH, 3, i:?-17, III, 4, 1 e sogg., IK.'J, 1-3-i, IH, 11,31-72, III,
18, IV, », 11-91.
Gap. I.] PROPERZIO. 155
tempi di Roma, e aspirando a essere il Callimaco ro-
mano * fece splendide elegie , le quali sono anche affet-
tuose, quando le allusioni e la soverchia mitologia non
gU raffreddano l'ispirazione poetica.
Egli va carico di erudizione nei gravi argomenti come
nelle cose d'amore, né sa piangere le sciagure di Roma
senza ricordare i dolori d'Andromaca, e le calamità della
casa di Laio ; e per troppe allusioni spesso si fa oscuro
e pesante. Ma spesso usa bene anche le storie e le fa-
vole, fa quadri pieni di vita e di grazia; è variato di stile
e di imagini , e si inalza anche all'energia della lirica.
Mostra ingegno capace di opere grandi, quando si prova
a sposare la poesia alla leggenda storica dei primi tempi
di Roma, e quando, lasciato l'orpello dell'erudizione greca,
esprime schiettamente le sue simpatie e le sue antipatie
nazionali. Con affetto, e con versi patetici e semplici
ritrae le bellezze della natura contemplate in gioventù
nelle valli e nei monti dell'Umbria nativa ricca di pa-
scoli e di nitidi bovi, e celebra Mevania (Bevagna) coi
suoi pingui campi , e il fiume Clitunno colà adorato in
un tempio ("); e con amore cerca pace ai suoi dolori
(«) Properaio, II, 19, 25, III, 22, 23, IV, 1, 121 e segg. Vedi anche
Virgilio, Georg., II, 145, e Sei^vio, ivi; Giovenale, XII, 13; Stazio, Silv.,
I, 4, 228; Silio Italico, IV, 546. Plinio {Epist., Vili, 8) parla a lungo del
Clitunno e del tempio a lui sacro. Il Clitunno, egli dice, sgorga per
molte vene da un piccolo colle boscoso e opaco per antichi cipressi, e
appena sgorgato forma un limpido e cristallino lago, d'onde esce amplis-
simo fiume capace anclie a regger le navi [etiam navium paiiens), colle
rive coperte di pioppi e -di frassini. Quivi sorge un antico e venerabile
tempio in cui sta in piedi lo stesso Clitunno ornato di pretesta: e gli
oracoli annunziano la presenza del Nume fatidico. All'intorno vi sono
|v edicole ad altri Numi minori , e ville lungo le amene sponde. Augusto
K; donò il luogo agli Ispellati. i quali a spese pubbliche accolgono i visita-
Properzio, III, 1, 1-4, IV, 1, 63-64; Hertzberg, De Propertio Calììmachi et Philetac
imitatore^ Halberstadt 1833, e Unger, Analecta Philetaea et Propertiana^ Neubranden-
burg 1850.
156
PROPERZIO,
[LiB. VII.
nei silenzi della solitudine, e narra ingenuamente le pene
dell'animo agli amici, ai sassi e ai tronchi, e insegna
alle aure a ripetere un amato nome, e in mille modi
canta le bellezze e gli amori di^Cinzia (").
Properzio va congiunto in tutte le menti a Tibullo.
tori, che .«lille colonne e sulle pai'cti celobrnno con loi'o «critture il fonti'
e il suo Nume.
Del tempio rimangono ancora i vestigii tra Spoleto e Foligno nel luogo
detto Le "Vene. Vedi Y Albimi di Roma, voi. XV, pag. 385, e Davies, The
Pilgrimaf/e of the Tiber, London 1873, pag. 3i)3.
(") Vedi Hertzberg, De S. Avrelii Properiii amicitiis éf amorìì>us,
Halae 1835; Carutti, Saggio critico intorno a Properzio e a una nuova
edi.~Aone della Cinzia, Torino 18G8. Un bello studio su Properzio e gli
uomini di lettere del secolo d'Augusto è nella ^Yes(minsier Revieio
<iel 1854. Sul nome e sul tempo clie visse Properzio vedi Teuffid, Rumiseli.
Litlerai.. 230, 1.
Gap. I.] TIBULLO UNICO NEL NON PIEGARSI AI POTENTI. 157
Ambedue stettero principi della romana elegia; ambedue
cantarono soavemente gli amori e le donne. Properzio
ebbe maggiore l'ingegno, Tibullo l'affetto, espresso con
pili verità, con più naturalezza, con piii grazia, con stile
più puro. Tibullo non imita nessuno, non scrive per de-
siderio di gloria, ma a sfogo del cuore. Quindi la facile
e naturale espressione, che il delicato gusto non lascia
cader mai nel triviale. L'ingenuo sentimento gli detta
parole di facilità graziosissima , e versi che hanno la
dolcezza del suono del flauto.
Albio Tibullo (700-735) di animo candido e debole fu
vittima dei capricci donneschi di Delia e di Nemesi K
Si rassegnava a non esser nulla in sua casa, e compor-
tava che la sua donna vi fosse regina e tiranna. Tutto
soffriva a patto di avere amore: l'amore fu la grande fac-
cenda e il supremo pensiero della sua vita. Ma sebbene
si arrendesse a tutte le più strane fantasie delle donne,
ebbe, sotto altri rispetti, dignitoso sentire ; e nel tempo
in cui si avvilivano tutti, egli non si piegò ad adulare i
potenti, che anche a lui avevano assottigliato il patri-
monio. Celebrò nei versi l'amico Messala con cui avea
militato, ma non ebbe parole di lode per altri; e in-
vano Orazio lo invitava a rallegrarsi venendo a veder
lui grasso 13 or co di corte; invano gli diceva, che un uomo
com'egli, bello della persona, nobile d'animo, amato e
avuto in pregio da tutti, e ricco d'ingegno e di lingua
capace a manifestare gli affetti del cuore ^^ aveva ragione
di tenersi felice, e dovea, lasciata la solitudine, vivere
lietamente tra gli uomini. Egli si rimase a cantare meste
elegie nella solitudine delle selve, e imprecando alla
guerra e invocando la Pace ministra di prosperità e di
letizia celebrò gli Dei rusticali e le feste e i sacrificii
' Per esse vedi Dietericli, De Tihulli amoribus. sive de Delia et JN'c-mes?^ Marburiii
Cattoruin 1811.
2 Orazio, Epht.j 1, 4.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 20
158
OVIDIO.
LiB. VII.
con cui gli agricoltori imploravano messi abbondanti {") :
e non venne mai a strisciare ai piedi di Augusto.
Ma il nobile esempio non ebbe imitatori: e col pro-
cedere del tempo il silenzio di Tibullo fu largamente
compensato da Publio Ovidio Nasone (711-770), arden-
Sacritìcio agli Dei rusticali [Montfaiicon^ Ant. Exij!.^ Il, pog. 190, tab. 82).
tissimo nel culto del principato nascente e negli inni
cantati alla gloria dei Cesari , dai quali ebbe in ricom-
penso un amaro esilio in barbara terra.
Era nato, come dice egli stesso, ai '20 marzo del 711
di antica e agiata famiglia equestre, tra gli antichi Pe-
ligni nella fredda Sulmona ', presso alla quale per tradi-
(") Tibullo, I.*10, H, 1. Coni'. Virgilio, Ed. V, le, ili, 77, Georg, J,
345, e Festo alle voci Opima spolia e Ambarvalis. Per maggiori parti-
colarità sulla vita e sui versi di lui, vedi Spohn , De A. Tibùlli vita et
r.arminibus , Lipsiae 1819; Naudet, Vie de Tibnlle, ììeWa. Biographie Uni-
versclle ; Oestling, De Albii Tibulli vita et canninibus quaestiones,
Upsala 1860; Wisser, Quaestiones Tibullianac. Kiliae 1870.
1 Tri^t., IV, 10, 3, 13-11, Fas.t.. IV, 81, Ex Ponto. IV, S, 17-18, IV, 11, 19, Amor..
II, 1, 1, II, 10, I, III, 15, 3, 5-G, 11-11.
Gap. L] OVIDIO. 159
zione lunga e costante si chiamano Villa d'Ovidio i ru-
deri di un edifìcio romano dove il volgo crede siano
nascosti grossi tesori, che Ovidio stesso con suoi incan-
Ruderi dull'antico edilicio detto ^'illa d'Ovidio presso a Sulmona {Da Fologra/ìa).
tesimi fa custodire da serpenti, da lupi, da orsi, da leoni,
e da tigri ("). A Roma fu istruito dai più lodati maestri.
(a^ Vedi la Gazzetta di Sulmona dei 18 luglio 1874 ove il Prof. An-
-toaio De Nino descrive questo edifizio situato presso l'eremo di S. Onofrio,
primo abituro di colui che fece per viltacle il gran rifiuto^ e accenna
le strane opinioni volgari intorno ai tesori nascosti.
Le fonti principali della vita d'Ovidio sono i versi in cui egli parla
del suo luogo natale nel paese degli acquosi Peligni, dei suoi gusti, dei
•suoi amici, e dèlie sue tristi avventure. Tra gli antichi che ne ricorda-
rono gli studi, l'ingegno, le disgrazie e i costumi, vedi Seneca, Nat.
Quaest., Ili, 27, e Seneca retore, Controv., II, 10, V, 33, e Eo:cerpt., IX,
160 OVIDIO. [Lio. VII.
ed ebbe confortatore agli studi Valerio Messala, l'amico
di Tibullo. 11 padre voleva farlo avvocato; ma la vinse la
natura, che lo aveva fatto poeta *. Compiti gli studi, se-
condo l'uso, ad Atene, e visitate per sua istruzione le
città famose dell'Asia, e'ntrò^nella carriera dei pubblici
onori, ed aveva aperta la via al Senato; ma presto posta
giù ogni ambizione, e fermo a non prostituire la voce
nel Fóro e a non spegnere l'ingegno in cose vane e in-
gloriose, si détte tutto alla poesia che è sola, come egli
dice, opera immortale, e vince la potenza e i trionfi dei
re ^. Cantò, come gli altri, i suoi amori e le sue voluttà;
celebrò le bellezze di Corinna, e ritrasse i costumi delhi
città, in cui era Nume potente il denaro, e si vendevano
caramente anche la bellezza e gli affetti. Mostrava ricca
vena d'ingegno, abbondanza spontanea, grazia e argu-
tezza di versi; e tutti lo salutarono sommo poeta. Ed egli
continuando per la sua via, scrisse in versi delVAì^te di
fare alV amore, e dette strani precetti, che attestano la
profonda corruzione della città in cui Augusto, secondo
i poeti di corte, aveva ricondotto i buoni costumi. Calzò
anche il coturno, e dettò la Medea, celebrata come un
capolavoro dai critici antichi 3; scrisse le EróicH, lettere
5; Velleio Patercolo, II, 36; Quintiliano, IV, 1, 77, Vili, 5, G, X, 8, 88.
93 e 98; Svetonio, De illustr. Gramm., 20; Marziale, l, 62, III. 38, V, 10,
Vili, 63; Aurelio Vittore, Epit, I, 27; Sidonio Apollinare, Carm., XXIIl,
157-159: e tra i tanti moderni che scrissero di lui, vedi Masson, Ovidii
vita ordine chronologico sic delineata ut poetae fata et opera veris assi-
gnentur annis , Amstelodami 1708; Rosmini (Carlo), Vita d'Oddio A"a-
xone, Ferrara 17S9, Rovereto 1795, e Milano 1821-, Lòrs, De P. Ovidii
Nasonis fdia, Bonnae 1833; Kocli, Pro.sopographiae ovidianae elementa,
Breslaviae 1865; Reichart, Die sitiliche Lebensanschauung des P. Oci-
diiis Naso, Potsdam 1867.
1 Seneca, Controv., H, 10; Ovi.lio, Ex Ponto. I, ~, 27-3i), II, 2, !I9-100, TriKt., IV, 1(1,
15-10, Amor.. I, 15, 5-6.
2 Amor., I, 15, 1-34, IH, 9, 17-3?, Trist., 1,2,77, II, 93, IV, 10, 33, Ex Ponto. II, 10,
21, Fast.. IV, 38», e VI, 417.
3 Quintiliano, X, 1, 98; Tacito, Dialog. De Oratt.. 12; Ovidio, Ajjìoì-., HI, 1, 29-30.
Gap. I.] OVIDIO. 161
amorose delle antiche eroine ai loro amatori, e la grande
opera della Metamorfosi , racconto stupendo di tutte le
trasformazioni delle cose e degli esseri animati dal caos
lino al cambiamento di Cesare in astro; cominciò i Fa-
sti, calendario astronomico e storico in versi elegiaci, e
fece altre cose minori. Egli era già lungi dalla verità ,
dalla bellezza e dalla castità virgiliana. Le sue opere fa-
cevano sentire le intemperanze, i giuochi, e i concetti
della scuola dei retori frequentati nei suoi primi anni ;
ma per ingegno fecondo, e per ricchezza di leggiadre
fantasie, per abbondanza e facilità, e sveltezza e lina arte
e grazia di eloquio, apparve il poeta più grande degli
ultimi tempi d'Augusto. L'amabile indole, lo spirito ar-
guto e la facile vena lo resero caro a magistrati, a dotti,
a donne galanti, a giovani, a vecchi, a poeti piccoli e
grandi 1. Perciò fu festeggiato alla corte, e Augusto gli
mostrò affetto d'amico. Andava celebrato come il re della
romana elegia 2, ed era il poeta di moda che agli amori
e ai precetti de\Y Arte di amare intrecciava le lodi di
Augusto e della casa imperiale; e nelle Metamorfosi e nei
Fasti al canto delle tradizioni antiche e delle feste della
religione romana , univa sempre inni ardenti , e lodi di
santità e di giustizia divina ai padroni ^, nell'atto che
essi meditavano contro di lui una enorme scelleratezza.
Da giovane aveva sposato e ripudiato due mogli: poscia
si unì a una donna che andava gloriosa e superba di lui,
e gli rimase fedele e amantissima nella buona e nell'av-
versa fortuna ■'' : ed egli lasciato il folleggiar giovanile e
l'amor che si pasce di lascivia e di crapula viveva lieto di
1 Trist.. IV, 10, 41-00, V, 3, 5 e 47-53, Amor., II, 17, 28, Ex Ponto, I, l, 13 e segg..
Ili, 5, 13-41, IV, 2, 1 e segg., IV, 3, 1(3; Svetonio, De illustr. gramm., 20.
- Ovidio, Remed. am.. 395.
3 Amor., 1, 2, £0-52, II, 14, 17-lS, UT, S, 51 e 111,12, 15, De arte ani., I, 171 e segg.,
Hemed. amor., 153-156, Fast., I, 1-26, 531-530, 590-600, II, 13?-144 e 637, III. 124,
419-426, IV, 919-951 e 675, V, 567-596, VI, 455, Met., XV, 716 e segg. e 465-170.
i Trist., IV, 10, 69-73, Ex Ponto, II, 11, 13-18.
162 OVIDIO. [LiB.YII.
onesti studi e di puri affetti domestici tra i cari figliuoli,
e una figlia nobile d'ingegno e di animo da lui educata al-
l'arte dei versi quando, ai 20 novembre del 703, gli cadde
addosso una cruda sentenza d'eolio. Augusto dispotica-
mente lo relegava nelle inospitali terre di Scizia pei suoi
versi deWArte di amare; motivo che suonava come un cru-
dele scherno, perchè quel libro era stato scritto più tempo
avanti, né aveva dato motivo a lamenti, né tolto per
dodici anni i favori di corte al poeta. Ma non vi era
scampo dal volere dell' onnipotente padrone. 11 misero
dovè immediatamente lasciare la patria, la diletta moglie
e tutte le dolcezze domestiche, per andare a morire a
Tomi nella barbara terra del Ponto. Egli descrisse a lungo
gli orrori della partenza, i travagli del viaggio, e il crudo
martirio di quella sua stanza. Nelle lunghe elegie scritte
dall'esilio parlò in mille modi della sua grande infelicità,
ma tacque della causa' che lo aveva sprofondato in tanta
miseria. Disse solo che era punito per aver veduto un
delitto non suo, ma non sappiamo qual fosse, ed è vano
cercarlo {"). Egli si sentiva innocente ; ma per mitigare la
cruda ira del principe confessò di meritare la pena avuta,
e continuò a lodare enfaticamente i suoi persecutori im-
placabili. Disse che meritava anche di perdere la vita,
se non avesse avuto a fare colla benignità di un principe
più clemente di Giove. E quando, dopo infinite e vili e
vane preghiere, sentì la morte di Augusto, compose in
lode di lui un poema nella lingua dei Geti, gli inalzò
altari nella sua casa, gli faceva sacrifizi ogni giorno, e
lo venerava insieme colle imagini di Tiberio e di Livia,
per indurre i vivi a fargli la grazia non avuta dal morto.
•È una pietà riandare tutto ciò che egli disse di tutti i
suoi carnefici, e vedere quanto la sventura avvilisse il suo
(") Sulle ricerche fatte tante volte per iscoprire il segreto, vedi i miei
^tiali svila letteraliira latina, Torino 1871, pag. 420-421.
Gap. I.]
OVIDIO.
163
animo. Ma nulla valse a mutargli né a rendergli l'esilio
più mite. Morì a Tomi (770) nella inospitale regione del
Ponto: anche le sue ossa rimasero in esilio tra i barbari,
né poterono illustrare il grande sepolcro dei Nasoni che
Sepolcro dei Nasoni [BartoU).
ancora rimane scavato nella rupe, prossimo ai giardini
ovidiani ("), sulla via Flaminia a quattro o cinque miglia
(«) .... qiios piniferis 'positos in collibus hortos
Spectat Flaminiae Claudia iuncta viae.
{Ex Ponto, I, 8, 43-44).
1G4 LE LETTERE AVVILITE DAL FAVORE DEI DESPOTL [Lm. VII.
da Roma, ove tra molte pitture altri credè di ritrovare,
nella nicchia principale di contro all'ingresso, il ritratto
del poeta incoronato di lauro, accanto alla Musa che, per
quanto poteva, lo consolò nel durissimo esilio ("). Comun-
que sia, la storia delle sue sciagure rimase a mostrare
qual sorte di gente fossero questi vantati protettori delle
lettere, a cui, come fu detto, più che ogni altra cosa si
debbono i Tristi di Ovidio. E le lodi ardenti date ad essi
dal poeta, anche quando era iniquamente percosso, ri-
mangono ad attestare come la protezione dei despoti e
l'educazione di corte servano mirabilmente a gettare i
grandi ingegni nel fango, e a distruggere tutta la dignità
dell'anima umana.
Pure Augusto rimase nelle menti degli uomini come il
tipo dei protettori magnanimi, come l'educatore e quasi
il creatore dei grandi ingegni, che nei loro canti lo tra-
mandarono ai posteri splendido e perfetto di ogni virtù.
E per lui furono obliati gli altri che favorirono gli inge-
gni e aiutarono la generale cultura: e a lui protettore
dei poeti come dei pantomimi, perchè gli uni e gli altri
distraevano gli animi dai pensieri della politica, fu dato
tutto il merito dello splendore letterario venuto dall'ec-
citamento e dall'educazione, che gli ingegni ebbero negli
ultimi anni della Repubblica, e dalla ragione delle cose
(") \'edi Le pitture del sepolcro dei Nasonii nella via Flaminia dise-
gnate e intagliate alla similitudine degli antichi originali da Pietro
Santi Barioli, e illustrate da Giov. Pietro Bellori, Roma 1680. Conf.
Bianconi, Lettere sopra A. C. Celso, pag. 200-201 ; Guattani, Monumenti
Sabini, voi. II, pag. 13-17, e Canina, Edif., voi. IV, tav. 279.
11 prospetto del sepolcro che diamo .inciso ù quello che fu veduto e
disegnato dal Bartoli nel 1675 al momento stesso della scoperta occa-
sionata dal taglio della rupe che si fece nell'intento di procacciar ma-
teria pel risarcimento della via Flaminia, come apparisce anche dai la-
voranti occupati a quell'opera, dei quali furono conservato , nel diseguo,
le imagini.
Gap. I.] LA PROTEZIONE D'AUGUSTO E LA STORIA. 165
e dei tempi K Né la verità fa oscurata solamente negli
inni poetici; anche i narratori di storie servirono in parte
la causa del fortunato dominatore, e Tacito poco dopo
ebbe a lamentare, che l'adulazione crescente avesse sgo-
mentati 0 guasti anche gli ingegni degli storici onesti -.
Difficile era scrivere esattamente e veracemente la
storia, dopoché nell'ordine nuovo rimanevano segrete le
cose importanti, le quali per l'avanti riferite al senato e
al popolo potevano esser sapute e scritte da molti ^.
Augusto, come tutti i dominatori assoluti, sentiva offen-
dersi gli occhi dalla luce pubblica, e si circondò di mi-
stero e di tenebre. Lasciò vivere gli atti diurni o giornali
che non potevano nuocergli, perchè si convertirono in
annunzi di nascite, di spettacoli, di fabbriche nuove, e
di altre cose di questa fatta *; ma vietò la pubblicazione
degli atti del senato ^, e si adoperò perchè si sapesse e
si scrivesse solamente ciò che era piacevole a lui. Accolse
alla corte gli storici, come aveva ricercato i poeti, e colle
carezze si studiò di mitigare i severi giudizi di quelli, che
meglio poterono conoscere i fatti.
Alla corte fu festeggiato Tito Livio (695-770), il più
splendido e il più grande dei narratori romani. Era ve-
nuto da Padova sua terra natale, e visse la più parte dei
suoi anni a Roma, ove fu amato dall' imperatore <* e da
tutta la imperiale famiglia. È ignoto come e quando la-
sciasse la patria, e quali fossero i maestri che lo dires-
i Bianconi, Lt'?;(j)-e sopra A. Cornelio Celso ^ Roma 1779, pag. 22-23 ; Schey, i3e cawsjs
quibìis factum esse videatur ut o.pud Romanos Auguati tempore maxime literae fìo-
rerent, Amstelodami|§8S7, cap. II o iV.
2 Tacito, Aniiì^ I, 1 e Hist.^ I, 1.
3 Dione Cassio, LUI, 19.
4 Svetonio, Caes.^ 20, Tib., 5, Calig.. 8; Tacito, Ann.^ Ili, 3; LampriJio, Commod..
15; Le Clero, Bes journaucc che: les RomainSj Paris 1838; Lieberkuehn, Commentatio
de diiirnis Romanorum actis^ Vimariae 1810; F.enssen, Ve diurnis aliisque Roma-
norum actis^ (Jroningae 1856.
5 Svetonio, Aug.^ 36.
6 S. Girolamo, in Euseb. Cliron., ann. 60j e 770; Marziale, 1, 61, 3; Plutarco, Ces..
47; Quintiliano, I, 5, 56 e Vili, 2, 3; Tacito, Annal.^ IV, 34; Svetonio, Claud., 41.
Van.nucci — Storia dell'Italia antica — IV. ?1
166 TITO LIVIO. [LiB. VII.
sero negli studi filosofici e letterari, di cui détte saggio
in più dialoghi e in una lettera al figlio sull'eloquenza *.
La sua vita sta tutta nei suoi scritti a noi pervenuti, ove
versò largamente gli affetti di cui aveva pieno il cuore.
Ed è bello a vedere, come dalle carezze dei potenti non
si lasciasse indurre a maledire o a obliare i vinti, ad ac-
cettare tutte le opinioni officiali, e a fare ingiuria alla
verità, nel tempo in cui tutti s'inchinavano ciecamente
ai voleri del vincitore. Semplice, e candido e nobile d'a-
nimo, amava la libertà e la virtù antica, e per confortarsi
dei mali e delle vergogne del tempo suo si volse a con-
templare il maestoso passato di Roma, e scrivendone la
storia inalzò alla grandezza romana un monumento so-
lenne, che, sebbene mutilato, sopravvive splendidamente
alle rovine del Fòro e del Campidoglio.
La critica moderna cercò con lungo studio a quali fonti
egli attinse, e con qual diligenza e giudizio seguì i più
antichi scrittori delle cose romane ^i fu notato come nelle
origini e nei tempi primitivi, o per fuggire il fastidio delle
aride scritture, o per qualsiasi altra ragione, trascurò
parecchi documenti che rimanevano anche al suo tempo ^.
Fu pure avvertito, che non avendo egli chiara idea della
prima costituzione romana, confuse le cose vecchie e le
nuove, e nei tempi antichi non seppe dilucidare troppo
bene i pensieri, né circa i popoli,- né circa gli Stati; e fu
narratore piacevole delle tradizioni popolari, non storico
guidato dalla luce della critica, quantunque non possa
1 Quintiliano, X, 1, 39; Seneca, Epist.^ 100, 8; Lachmaiin, D<; fontibus historiarum
T. Liviij I, pag. 105, 11, pag. 66 e 81; Kòhler, De T. Livii vili^eC moribus^ Berolini
1851 ; Weingaertner, De T. Livii vita^ Bejolini 1852, pag. 41 ; Weisafiiborn, De Titi
Livii vita et scrlptis^ Lipsiae 1868, nella sua nuova edizione di Livio. ,
2 Vedi Kruse, De fide Livii reale aestimanda, Lipsiae 1812 ; Lachmann, De fontibus
hisloriarum T. Livii, Gottingae 1822 e 1828; Lucas, Disputatio de ratione qua Liviux
in Libris hist. conscribendis usus est opere Polybiano, Glogau 1851; Kieserling, De
rerum romanarum scriptoribus quibus T. Livius usus est, Bjerolini 1858; Tilliuanns,
Qua ratione Livius Polybii historiis usus sit, Bonnae 1860, o Peter, Livius und Poly-
hius. Ilalae 1863.
3 Vedi sopra, voi. I, pag. 683.
I
Gap. 1.] TITO LIVIO. 167
muoversi dubbio sulle sue intenzioni di essere schietto
narratore del vero. E che quindi il confronto, che gli
antichi fecero di lui con Erodoto, è vero per quello che
riguarda la dolcezza della narrazione, maravigliosa in
ambedue, ma non per lo spirito investigatore e osser-
vatore da cui venne somma lode allo storico greco ('').
Ma non vuol darsi a lui troppo carico di ciò che non
intese di fare. Egli non volle dare come storia vera le
favole poetiche, e seguendo la fama senza rispondere
della certezza dei fatti, rivolse ogni cura principalmente
a ritrarre con amabile candore ciò che si narrava delle
origini della città, delle virtù e dei prodigii dei primi
tempi: e nello scrivere le cose antiche sentiva, come
egli dice, farsi antico anche l'animo*, e teneva quasi
obbligo di patria religione riferire ingenuamente le ma-
raviglie che ebbero tanta parte alla grandezza di Roma.
Ricco d'imaginazione poetica vesti di splendidi colori le
vecchie tradizioni, e intendendo, come i più dei narratori
antichi, a fare della storia un insegnamento morale, usò
tutti i partiti dell'eloquenza più adatti a riscaldare gli
animi e ad eccitare i nobili affetti. Ritrasse il grande spet-
tacolo del sorgere, del crescere, e dall'ampliarsi di Roma,
mostrò per quali vie e con quali arti giungesse, superati
gli ostacoli esterni ed interni, alla dominazione suprema;
e come giunta, coi buoni costumi, colla parsimonia, e con
"(") Niebuhr, Hist. Rom., introduzione, e Lectures on the Jiistory of
Rome, III, pag. LVII. In una opera recente, premiata dall'Accademia
francese, Livio fu largamente e sapientemente studiato sotto il rispetto
della critica storica, dell'arte e dell' eloqiienza. Vedi Taine, Essai sur
Tite Live, Paris 1856. Della sua grande eloquenza, della mirabile gio-
condità nel racconto, e ^ella su-a eccellenza nell' esporre gli affetti più
dolci, parlarono tra gli antichi Tacito, Agric, 10, e Annal., IV, 34;
Seneca, De Ira, I, 20; Seneca retore, Snasor., 6; Quintiliano, II, 5, 19,
Vili, 1, 3, X, 1, 32 e 101.
1 Livio, XLITI, 13.
\6i TITO LIVIO. [LiB. VII.
tutte le forti virtù, alla piìi alta delle umane grandezze,
volgesse al precipizio, ne potesse più tollerare ne i mali,
né i rimedii. Nel seguire queste grandi fortune, e il cre-
scere e il cadere del popolò, intorno al quale si avvolge
quasi tutta la storia del mondo antico, fu narratore impa-
reggiabile; caldo d'affetti, abbondante di lingua, ricco di
stile vivido, florido e variato di colori infiniti, ora ener-
gico é rapido, ora solenne ed impetuoso, ora ardente, ora
semplice, dolce e pieno di grazia, e modello dell'urbanità
romana nel suo splendore elegante; ora ampio e magni-
fico, quale si conveniva a ritrarre il primo popolo del
mondo, e l'Impero, come egli dice, più grande dopo
quello degli Dei. Nella lunga serie delle guerre esterne
e delle contese del Fóro ritrasse con stile trionfale le
vittorie e i trionfi, descrisse splendidamente i costumi,
rappresentò la impetuosa eloquenza dei tribuni nelle as-
semblee popolari, e vide e dipinse i caratteri vari degli
uomini che compariscono nel magnifico dramma, e tutti
i personaggi fece parlare a seconda dei loro affetti. Dopo
averlo veduto semplice e rapido nelle incertezze dei primi
tempi, tu lo ammiri abbondante e magnifico nella tra-
gedia decemvirale e nel racconto dell'uccisione di Vir-
ginia che col suo sangue resuscita la spenta libertà, e
le infonde nuovo vigore; nelle guerre Sannitiche, e nella
invasione di Annibale, ove, facendo rivivere un'imagine
della virtù e della libertà dei tempi migliori, riscalda il
racconto e lo eleva all'altezza e agli effetti della grande
eloquenza: e per ciò che riguarda la hngua ne apparisce
sempre di eleganza e di proprietà squisitissima, quan-
tunque fosse ripreso del difetto di pafavinità da Pollione,
la quale pare che stesse in certa peregrinità di parole
spiacevoli alle orecchie romane *. *
i Quintiliano, I, 5, 55-56, Vili, 1, 2-3; Morhof, De patavinitate Livianay Kiliae 1685;
Eckard , De C. Asinio PoUione iniqìto optimorum latinitatis atictortim censore^ lenae
1743, pag. CO; Walch, Historia critica lalinac Unguae, Lipsiao 1729, pag. 188, e segg.;
Wiedemann, Quaiatio de Patavinitate Limi ^ I-III, Gorlitz 1818, 1851, 1855; Wein-
gaerlner. De T. Livii vita, pag. 35, e segg.; Tcuffel, Gesch. der ròm Litterat.^ 241, 11.
Gap. I.
TITO LIVIO.
169
Fu rimproverato del suo troppo amore per Roma, che
non di rado gli fece vituperare nei nemici le tristizie e
le insidie, ammirate e lodate nei suoi*: e più luoghi
potrebbero citarsi a prova di ciò -. Come gli altri sto--
rici romani, egli considerò le cose dal solo lato della
grandezza di Roma, ma la serenità e la semplicità del
Uccisione di Virginiiv (Scharj^ in Macaulay^ Lays of ancient Rome, p. V9).
SUO cuore spesso lo salvò dal torcere scientemente
dal vero, e piti volte gli détte la calma della sapienza,
che inalza la storia al di sopra delle piccole passioni
umane.
1 Vedi Joecher, De suspecta Livii fide, cap. Ifi e 18 E nel Livio dol Drakenborch,
Lugduni Batavorum 1746, voi. VII.
2 Vedi tra gli altri, II, 11, 25, 30, V, 36. VII 20. IX, 12. 14, 18, 31, X, 29, 43.
170 TITO LIVIO. [LiB. VII.
Gli antichi, e fra questi anche Tacito, lo lodarono per
la fede imparziale e pel candore, con cui narrò e giu-
dicò uomini e fatti *. E per queste virtù di uomo onesto
e di grande scrittore ebbe altissima fama anche in vita:
e il suo nome suonava sì venerato pel mondo, che dalle
Gallio e dall'ultima Spagna vennero più personaggi espres-
samente per vedere il grand'uomo, e vedutolo partirono
da Roma senza cercare di altro, quasi lo stimassero la
sola cosa degna di esser veduta nella città, che empiva
del suo nome la terra ^.
La sua grande opera è, come tutti sanno, perita nella
massima parte, e di 442 libri ne rimangono soli 35 con
qualche frammento "3. E fra le tante cose che mancano
sono anche le narrazioni dei tempi suoi , che megho
avrebbero potuto dirci fmo a qual punto lo storico salvò
la sua imparzialità e la sua indipendenza nel discorrere
degli uomini, di cui aveva l'amicizia e i favori. Quan-
tunque e l'autorità degli antichi, e alcuni passi dei libri
rimastici, nei quali allude ai suoi tempi, dicano che non
cadde in bassezze, è mostrato da altri luoghi che non
potè al tutto sottrarsi alle influenze del tempo, e alle
necessità in cui lo poneva il suo usare a corte. Come a
ninno è possibile camminare pulitamente nel fango, non
è dato a niuno di vivere a lungo immacolato tra i cor-
tigiani, e anche l'animo dell'uomo più puro ne contrae
qualche macchia. Un bel frammento di Livio sulla morte
di Cicerone ci mostra, che egli giudicò liberamente l'in-
dole e l'ingegno dell'uomo assassinato dai feroci trium-
viri; ma ivi odora fortemente di corte una frase, in cui
per iscusare l'infame uccisione del grande oratore dice,
che potè non parere sì indegna^ perchè non fu trattato
dal nemico vincitore più crxidelmente di quello che egli,
' Tacito, Ann.^ IV, 31; Seneca, Suasor., 7.
2 Plinio, Epist.j II, 3; San Girolamo, Epist. ad Paullinum.
3 Pei frammenti vedi Hertz, De fragmentis T. Livii commentatio, Breslau 1S61.
Gap. I.] TITO LIVIO, E CLAUDIO SCRITTORE DI STORIE. 171
vìncendo, avrebbe fatto al nemico ("). Anche altri luoghi
mostrano quanto allora fosse diffìcile fuggire al tutto l'a-
dulazione, che veniva necessaria compagna dei padroni
e dei servi; mostrano lui, per amore del principe, con-
tradicente a sé stesso C*); quantunque altrove apparisca
governato da nobile amore di virtù e non tema di opporre
i Romani antichi ai loro indegni figliuoli, anche dopo le
riforme fatte da Augusto, e celebrate dai poeti come rin-
novatrici della buona morale.
Quanto più procedevano i tempi, più crescevano le
difficoltà a scrivere la storia con animo indipendente.
Augusto che già scherzava con Livio chiamandolo Po7n-
peiano^, coli' invecchiare divenne più difficile e più so-
spettoso, e perseguitò fieramente i libelli, sicché da una
parte il timore, e dall'altra il dovere di adulare obbli-
gavano gli scrittori di storie ad essere più che prudenti.
E allora Livio, probabilmente per queste cagioni, finì il
suo lungo racconto alla morte di Druso; e stimando me-
gUo tacere, che dire a voglia altrui, confortò Claudio a
scrivere delle guerre civili e del regno di Augusto. E il
giovine principe scrisse, ma i rimproveri che ne ebbe
(«) Omnium adversorum nihil, ut viro dignum eratj tulit praeter
mortem,, quae vere aestimanti minus indigna videri potuit j quod a
vietare inimico nil crudelius passus erat, quain quod eiusdeni fortunae
compos, ipse fecisset. Livio in Seneca, Suasor., 7.
(*) Livio, IV, 20. Vedi anche Perizonio, Animadversiones liistor., cap.7;
Lachmann, De Fontibus Histor. Livii, li, pag. 74; Egger, Examen, p. 100.
Se dai brevi argomenti {Epitomae, Periochae) dei libri perduti potessimo
giudicare di ciò che aveva fatto l'autore, dovremmo credere, che in qualche
luogo egli affermasse cose negate da tutte le altre testimonianze. Nella
guerra di Perugia, ove Ottavio fece tanta strage dei vinti, Tabbreviatore
dice, che non versò stilla di sangue: Perusiam dirMÌt, redactisqiie in po-
testatem. suaìn omnibus diversae partis exercitibus, belhim extra ullum
sanguinem confecit. Epiiom., 126.
1 Tacito, Aìin.^ IV, 3J,
172 MESSALA E POLLIONE. [Lib. VII.
dalla madre e dall'avola * mostrano quanto Livio prov-
vedesse bene a se stesso, lasciando ad altri la cura di
continuare un'opera resa impossibile dal peggiorare e
dairinfierire dei tempi 2.
Altri pure scrisse storie; -chi usando a corte, chi lon-
tano da essa; alcuni indipendenti, altri adulatori servili.
Fra i pochi che stettero in disparte furono M. Valerio
Messala Corvino (690-762) e C. Asinio Pollione (679-758),
due uomini che, dopo avere aiutato in principio la rivo-
luzione monarchica, si ritrassero poscia sdegnosi che le
cose andassero al di là dei loro pensieri; simili a certi
hberali di altri tempi, i quali per distruggere i Repub-
blicani si unirono coi despoti, da cui poscia ebbero il
premio di essere avvolti nell'onta del comune servaggio.
Pure la vita dei due Romani fu dignitosa nei brutti
tempi, in cui si contaminavano tutti. Essi, lasciato ogni
ufficio, volsero i pensieri agli studi. Messala, che già
vedemmo oratore e proscritto, e, dopo aver combattuto
con Bruto a Filippi, aiutatore di Ottavio alla disfatta di
Antonio, si ritrasse dalle cariche, quando vide che la
libertà si spengeva affatto sotto le mani del principe ;
e cercò conforto scrivendo poesie erotiche in greco,
narrando i casi che vide, e facendo studi di lingua.
Scrisse i fatti del primo triumvirato, compose libri sulle
famiglie romane, e trovò anche il tempo a scrivere un
libro intero sulla lettera S. Era scrittore nitido ed ela-
borato ("), e nel fatto della lingua passò per inesorabile
purista; difese ostinatamente le vecchie tradizioni, e si
(«) Quintiliano, I, 7, 23 e 35, IX, 4, 38, X, 1, 113, XII, 10, 11, Xil,
11, 28, ecc.; Svetonio, Aug., 74; Plinio, Epist., V, 3; Plutarco, Bnit.,
40, 42, 45; Weise, De Messalae cita el studlis, Berolini 1829. Vedi di
lui alcuni frammenti citati in Gelilo, XIII, 14; in Macrobio, Sat., I, 9: in
Plinio, XXXIII, 3, XXXIV, 3«, XXXV, 2, e in Seneca, Conirov., II, 12.
I Svotonio, daicd.j 41.
' Kpk'or, loc. cit.j pag. 72 e 100.
Cap. 1.1
MESSALA.
173
burlò dei declamatori come non parlanti latino. Fu, come
dicemmo, l'eroe di Tibullo; e lui, come Pollione, celebra-
rono anche i poeti di corte e i commensali di ^lecenate,
col quale egli non potè aver mai commercio, per la troppo
diversa maniera di sentire e di vivere. Mori vecchio la-
sciando un figliuolo, M. Valerio Messalino Cotta, che ebbe
il vanto di essere stato il primo ad arrostire le palme dei
piedi delle oche e ad acconciarle insieme con le creste
dei polli, come il figlio di Cicerone restò famoso per es-
sere grande tracannatore di vino * : e credasi che com-
piesse per sepoltura del padre il bel monumento marmo-
reo di cui col nome di Casal Rotondo rimangono ancora
parecchie reliquie presso al settimo miglio dell'Appia (*).
(") Del moìiumento marmoreo parla due volte Marziale (Vili, 3 e X, 2).
Tra le rovine si trovò solamente il nome di Colta. Canina, Edifizii, voi. V,
pag. 36, e voi. VI. tav. 39. Vedi anche la sua Yia Appia, I, pag. 145-156.
» Plinio, X, 27, e XIV, 28.
Vannucci — atoria dell'Italia antica IV. 28
174 POLLIONE. [Lib. VII.
Pollione, nato di gente venuta dal paese dei Marrucini,
scrisse pure la storia delle guerre civili, nelle quali prese
parte al principio, e di cui rimase semplice spettatore
alla line *. Naturalmente dispiaceva in corte, che siffatto
argomento fosse trattato da -uomo non seguace delle opi-
nioni di Mecenate e del principe. E perciò Orazio, nel-
l'atto di lodare magnificamente l'ingegno dello scrittore,
lo disapprovava per essersi messo ad opera piena di pe-
ricolo 2. Ottavio gli avea scritti contro versi satirici, ed
egli rispose con uno scherzo dicendo, che non voleva
scrivere contro chi poteva proscrivere 3. Era dilettante di
belle opere d'arte: fece grandi fabbriche ricordate come
suoi monumenti, e queste, come gli Orti Asiniani posti
tra i colli dell'Aventino e del Celio ^, adornò di più capo-
lavori dei greci scalpelli, t»-a i quali si cita il gruppo fa-
moso di Anfione, di Zeto, e Dirce legata al toro, che
poscia passò alle Terme di Caracalla, e oggi col nome di
Toro Farnese sta tra i più belli ornamenti del Museo
Nazionale di Napoli ("). A suggerimento del principe aveva
restaurato l'Atrio della Libertà sull'Aventino ove colle
spoglie dei Dalmati fondò una Biblioteca greca e latina
che fu la prima aperta in Roma a uso del pubblico, e vi
pose le imagini degli scrittori ^. Teneva intorno a sé poeti
e grammatici; scrisse lodate tragedie e versi amorosi,
fece molte orazioni, e fu il primo a trovar l'uso di legger
(«) Plinio, XXXVr, 4, 10-13 e 21. Sugli Orti Asiniani vedi Nibbj,
Roma antica, II, 305-306, e Pellegrini (in Bull. Istit., 1867, pag. 109.
119) il quale descrive gli scavi fatti nel sito di essi, e le case ivi trovate
adorne di bellissime pitture e di preziosi musaici.
1 Svetonio, Caes., 30, 55 e 56; Seneca, Suassor.. 6 e 7; Valerio Massimo, VITI, 13, 4,
ext.^ e Snida alle voci I\v).i:cy, e '.Ajf'yt'jf.
2 Orazio, Od.. II, 1, 1-8.
3 Macrobio, Sat.. II, 4.
< Frontino, De Aquaed.. 21.
5 Svetonio, Aug.. 29; l'iinio, Nat. Hist.. VII, 31, 7, XXXV, 2; OTidio, Trist., III, 1,
71-72; Isidoro, Orig.^ VI, 5.
Gap. I.] LO STORICO TIMAGENE. 175
i suoi scritti in casa agli amici prima di esporli al giu-
dizio del pubblico *. Fu amaro critico delle opere altrui,
divenne acerbissimo alla fama di Cicerone, di cui era
stato amico da giovane; e oltre ad accusare di jpatavinità
Tito Livio riprendeva Sallustio di troppa affettazione del-
l'antico, mentre egli stesso scrisse arido ed affettato cosi,
che pareva piìi vecchio di un secolo -.
Per fare opposizione al principe accolse in sua casa
lo storico Timagene, cacciato di corte per sue maldicenze.
Questi era un Greco, stato dapprima schiavo e cuoco,
e portatore di lettiga, poi divenuto amico del principe,
e scrittore di storie e gran dicitore di motti arguti e
maligni che correvano tutta la città. Parlava liberamente
d'Augusto, diceva male di Livia e di tutta la casa im-
periale. Invano ammonito a frenare la lingua continuò
le sue maldicenze, e fu cacciato di corte. Pollione lo
accolse in sua casa dove invecchiò : ivi lesse le sue storie
e bruciò la parte in cui aveva narrato i fatti del prin-
cipe, distruggendo per ira le lodi scritte quando era in
favore. Ne la disgrazia gli fece chiudere le porte di ninna
casa. Seneca afferma, che lo accarezzavano e se lo ra-
pivano tutti, quantunque si mostrasse nemico di Roma,
e dicesse che gli dispiacevano gli incendii solamente
perchè sapeva, che da essi la città sarebbe risorta piìi
bella 3.
Né egli era il solo straniero che avesse che fare col
principe e coi grandi. Dalla Grecia e dall'Asia venivano
1 Virgilio, Ed.. Ili, 86, Vili, 9-10; Orazio, Od., II, I, 9-16, Sat.. I, 10, 42; Plinio,
Epist.j V, 3; Seneca, Controv. Excerpt. . Lib. IV, praef. ; Meyer, Orat. Romanor.
fragm... p. 329-336, 2" ediz.
- Seneca, Epist., 100, 6, Controv. ExcerpC, Lib. IV, praef., e Suasor.. 7 ; Svetonio,
Caes. 56, e De illustr. Gramm., 10; Gellio, X, 26; Quintiliano, IX, 3, 13, X, 1, 113, e
XII, i, 22; Tacito, Dialog. de Orati . 21 ; Thorbecke, De Asinii PoUionis vita et stiidiis
dectrinae. Lugduni Batavorum 1820; Ilendecourt, De vita, gestis et scriptis Asinii Pol-
lionis. Lòwen 1858; B. Luzzato, Ricerche storiche su C. Asinio Pollione. Padova 1867;
Lanzellotti, Della vita e degli studi di C. Asinio Pollione Marrucino, Prato 1875.
3 Seneca, De Ira. Ili, 23, Epist.. 91, 13, Controv. ^Y, 34; Conf. Quintiliano, I, 10, IO,
X, 1, 75; Ammiano Marcellino, X 9, 2; Strabene, IV, 1.
176 GRECI MERCANTI DI SCIENZA A ROMA. [Lib. VIL
molti a vendere a Roma filosofia, erudizione e precetti
grammaticali e figure rettoriche. Insegnavano ai gio-vani,
e li proteggeva il principe istruito da essi. Ateneo e Se-
narco di Seleucia, due filosofi peripatetici, batterono di-
versa via. Ateneo, amico del ^cospiratore Murena, fu preso
nella congiura, e, quando lo rimossero in libertà, con
Euripide disse agli amici che tornava dalle morte genti.
Senarco invece ebbe da Augusto onori e favori *. Alcuni
disputavano di parole: e tra essi fu Apione tristo sofista,
egiziano, scrittore di un libro sulla lingua romana 2, e
primo dei grammatici e dei retori che, cresciuti in infi-
nito sotto l'Impero, ponevano a servigio dei grandi e
del volgo una erudizione superficiale e spesso bugiarda ^.
Dalla Grecia nel sesto secolo era venuto Arcagato, il
primo dei medici che si vedessero a Rom.a, fatto citta-
dino romano, allogato in bottega compra a pubbliche
spese, e poi, per la sua crudeltà nel tagliare e bruciare
le piaghe, chiamato carnefice ^. Ora di là giungevano altri
di varia fama e dottrina: e, mentre Cornelio Celso nei
suoi molti volumi sulle arti trattava di agricoltura, di
rettorica, di filosofia, di scienze naturali, e di cose mi-
litari, e, biasimando le voluttà e il lusso venuti di Grecia
a guastare i costumi e la salute dei cittadini romani ^,
vestiva di eleganze latine i precetti salutari ("), Antonio
(«) Coluraella, I, 1, 14, II, 2, 15, III. 17. 4, IV, 8, 1, IX. 2. I, IX, 7,
2, IX, 11, 15, IX, 14, 6, ecc.: Plinio. X. 74_, XIV, 4, XX, 14; Quintiliano,
VII, 1, 10, X, 1, 124, XII, 11, 124; Augusiìno, De haeresi, Prolog.; Ve-
gezio, De re militari, 1,8; Lido. De magistrat., I, 47. Della vita e degli
scritti di lui vedi Bianconi, Lettere sopra A. Cornelio Celso, Roma 1779;
Del Chiappa, Intorno alle opere e alla persona d\ Celso, Milano 1829;
Paldaraus, De Cornelio Celso, Greifswalde 1842; Kissel, Celsus, eine histo-
* Strabene, XIV, 5; Euripide, Ecuba, 1.
* Ateneo, Deipnosoph.^ XV, 26. Coni Plinio, I, praef... i'O
3 Egger, loc. cit.^ pag. 105.
* Cassio Emina, citato da Plinio, XXIX, C.
5 Celso, De medicina libri octo^ Praef.
Gap. I.]
ANTONIO MUSA MEDICO D'AUGUSTO.
177
Musa, liberto di origine, era
ricompensato di larga pecu-
nia e di immunità concesse
anche agli altri esercenti
queir^arte (") , e onorato di
statua nel tempio di Escu-
lapio, per aver guarito Augu-
sto coi bagni caldi, con cui
poscia uccise Marcello Q): e
rische Monographie : I. Leben inid
Werhe des Celsus im Allgemeinen,
Giessen 1844.
Il Bianconi fa vivere Celso ai tempi
di Virgilio e di Orazio nei primi anni
dell'impero d'Augusto. Altri lo pon-
gono ai tempi di Tiberio e di Ca-
ligola.
(«) Molti i medici a corte. Nelle
iscrizioni sono ricordati un medico
Lapo di tutti (sitpra medicos), un de-
curione dei medici [dscurio medicus),
un medico particolare pei mali d'orec-
chie {Amintas medicus auricularius),
il medico di Giulia (Gori, Columbar:
liberi. Liviae, n. 73, 75 e 76; Creili, n. 2974 e 4227). E da Plinio sappiamo
che i medici primarii avevano la provvisione annua di duecentomila se-
sterzi (lire 28,967), e che Quinto Stertinio ebbe il doppio, e mostrò che
faceva questo sacrifizio per amore alla casa imperiale, perchè per l'avanti
curando le famiglie particolari della città non guadagnava meno di 600
mila sesterzi (lire 116,901): ed egli e il suo fratello, che ebbe pari mer-
cede da Claudio , alla loro morte lasciarono ciascuno 30 milioni di se-
sterzi (lire 5,845,065), quantunque avessero fatte grandi spese per abbellire
la città di Napoli. Vedi Plinio, XXIX. 5, il quale altrove (XXIX, 8)
notando i grossi guadagni dei medici ricorda che per la cura di una
malattia fu stipulata la somma di 200 m.ila sesterzi.
• ('') Svetonio, Ai(f/., 59; Dione, LUI, 30; Crell, Antonius Musa Augusti
medicus observationibus illustratus, Lipsiae 1725 ; Ackermann, De An-
tonio Musa Octaviani Augusti medico, et libris qui UH adscribuntur^
Statua creduta di Antonio Musa
{Pistoiesi^ Vaticano^ IV, 8).
178 LO STORICO DIONISIO D'ALICAKNASSO. [Lib. VII.
la scienza si divulgava cosi, che oggi se ne ritrovarono
vestigli notabili anche nei poeti e negli altri scrittori *.
Da Alicarnasso, dopo la fine della guerra civile, era
venuto Dionisio, un retore il quale, dopo avere speso
ventidue anni a ricercare nelle biblioteche romane gli
antichi ricordi, ])agava l'accoglienza degli ospiti com-
ponendo con facile erudizione il romanzo delle origini
greche di Roma. Scrisse a istruzione e a conforto dei
Greci, a' quali mostrava che potevano consolarsi di loro
caduta, pensando che ai furti vincitori erano stati maestri
delle istituzioni e delle leggi, da cui venne tutta la ro-
mana grandezza. Conforto che potrebbe sembrar simile
a quello di chi tenesse per meno spiacevole la morte
datagli con un'arme rapita a lui stesso. Spesso, all'uso
dei retori, Dionisio abbondò in luoghi comuni, in decla-
mazioni, in concioni prolisse e piene di noia. Errò anche
per non comprendere le antiche espressioni latine ; ma
fece utile opera raccogliendo molte cose degli antichi
annahsti ora periti : ed a lui siamo debitori delle notizie
che ci restano sugli antichi ordinamenti, e sulle muta-
zioni delle leggi e della costituzione primitiva di Roma :
ed è lodato di esattezza anche sotto il rispetto giuridico,
quando espone le conseguenze di-lla ritirata del popolo
al Monte Sacro (").
Altorfii 1780. Quantunque non sia provato che Musa scrivesse dell'arte,
si citano più opere col nome di esso, tra cui un trattato àeWerba beto-
nica, e vi .sono frammenti del libro De tiienda valetudine ad Maecena-
tem. Vedi Antonii Musae fragntenta qiiao cxlanl raccolti da Fior. Cal-
dani, Bassano 1800.
(^) Niebuhr, Leciiires, ecc., Ili, pag. LV; Giraud, Des Nexi, aeWAcadém.
des Sciences morales et politiques, 2^ sèrie, voi. V, pag. 4G3. Sulle fonti
a cui attinse Dionisio, e sulla sua critica, vedi Kiessling, Be Dioni/sii
Halicarn. antiquitatum aiictoribits laiinis , Lippiac 1858.
Per rimagine di Dionisio vedi Mai, Bionysii Halicarn. liomanarum
Antiquitatum pars hactcnus desiderata, Mediolimi \^\(j.
l Vedi Menière, Études mèdicaìes sur les poétes latina, l'aris 1858; e dello stesso. Ci-
céron mèdecin, Paris 1845.
Gap. L]
IL gp:ografo STRABONE.
179
In un campo diverso, ma riguardante da vicino la
storia, lavorava pure in Roma Strabone, un altro Greco
contemporaneo di Dionisio e di Livio. Egli scrisse un'o-
pera storica a continuazione di Polibio * ; ma a noi si
raccomanda per la sua geografia, nella quale se non ebbe
Dionigi d'Alic:\rnas.so del Cod
l'Oriana (Mai).
la scienza matematica dei dotti Alessandrini, fu singo-
lare per la vita e per la potenza delle sue descrizioni:
e la sua opera rimase, con gli scritti di Plinio, la rac-
' Vedi Ileeren, De Fontihus Plutarchi, pag. 100 e sptrg., e Coray, Prolegom. alla
Geografia di Strabone, Parigi ISIO.
180 FILONE GIUDEO E NICOLAO DAMASCENO. [Lib. VII.
colta più ricca di notizie e di documenti per la statistica
dell'Impero romano e per la etnologia e la storia dei
popoli antichi. Partito giovane da Amasia del Ponto sua
patria, viaggiò lungamente, raccolse fatti, tradizioni,
leggi e costumi dai luoghi e'dai libri. Fu il solo dei con-
temporanei che ci tramandasse notizie importanti delle
Spagne ; schiarì più parti della storia di Roma e delle
province : descrisse la grande città e i contorni, e più
vie romane, massime quelle delle Alpi ; parlò dei com-
merci, e di molte delle guerre combattute al suo tempo.
E quantunque esagerasse il quadro della potenza romana
sotto Augusto, in generale non sembra alla critica che
sia da sospettare della sua buona fede, e in generale può
ritenersi per guida sicura *.
Altri stranieri rispettarono meno se stessi e la reli-
gione del vero. Se l'alessandrino Filone libero e sapiente
scrittore potè non avvilirsi celebrando enfaticamente la
felicità del mondo sotto il governo di Augusto benevolo
al culto giudaico, altrimenti accadde a Nicolao Damasceno,
il quale dopo essere stato cortigiano e adulatore di Erode
in Giudea venne con esso alla corte di Augusto, e ot-
tenuti i favori anche di questo, ne scrisse la vita, i cui
frammenti lo dicono insipido amplificatore, e storico
parziale, e adulatore basso e sozzo e mal destro ; come
lo accusano di menzogna le «parole in cui affermò che
Cesare da giovin'etto fu desiderato da tutte le più belle
e più splendide donne, ma che egli non cede mai a ninna
loro arte {").
Ma in mezzo a tanto affaccendarsi nel magnificare i vin-
C*) Yeài Historicoruìn Graecorum Fraymenta, voi. Ili, pag. 427-456,
Paris, Didot, 1849. Avvene anche una edizione procurata da N. Piccolos
'■- accompagnata da una traduzione francese di A. D. (Alfredo Didot),
Paris, Didot, 1850. Per Filone vedi Opera, ed. Mangey. Londini 1742,.
voi. II, p. 567-568, 591-592.
1 Egger, Historiens anc. d'Auguste, pag. 95, ecc.
Gap. 1.1 TROGO POMPEO, GIUSTINO, FENESTELLA. 181
citori, è bello vedere, come non mancasse aoiche chi ebbe
un pensiero pei vinti, obliati sempre da Roma. Trogo
Pompeo, originario della Gallia, si messe a riparare a
questa ingiustizia; e ricercatele storie degli altri popoli,
e attinte le materie alle fonti dei Greci, le espose con
bello e svelto modo latino nei quarantaquattro libri giunti
a noi scemi nel compendio, che ne fece poscia Giustino,
scrittore magro, ma facile, chiaro, elegante e quasi sempre
di pura favella (").
Vi fu anche chi tenne dietro alla storia del pensiero
umano. Lucio Fenestella, autore diligentissimo, agli An-
nali delle guerre di Roma accoppiò la storia delle scienze,
delle lettere, delle istituzioni, dei costumi, del lusso e
del modo di vivere fino agli ultimi tempi d'Augusto e
al cominciar di Tiberio '.
A ciò rivolse il pensiero anche un re d'Affrica, Giuba II,
figlio all'altro che vedemmo vinto da Cesare, il quale
educato a Roma, dove fu prigioniero dopo la morte del
(^) Per lo storico che scrisse anche di zoologia e di botanica, e pel
suo compendiatore, vedi Giustino, Praef., 1, e lib. XXXVIII, 3, e XLIII,
5; S. Agostino, De Civ. Dei, IV, 6; Vopisco, Aurelian., 2, e Prob., 2;
Orosio, 1, 8 e 10; Plinio, X, 51, 3, XI, 94, 1 e 114, 2, XVII, 9, XXXi,
47, 6; Bielowski, Pompei Trogi fragmenta, Lemberg 1853; Wolffgarten,
De Ephori et Dinonis historiis a Trogo Pompeio expressis _, Bonuae
1868; Boissonade, Histoire universelle de Justin, in Journal de VEm-
pire, 3 dee. 1806, e nella Critiqiie littéraire, Paris 1863, voi. I, p. 343-350;
Rzesinski, De Justino Trogi epitomatore, Krakau 182(T; Raun, De CU-
tarcho Diodori, Curtii, Jiistini Alidore, Bonuae 1868; Rozek, De natura
latinitalis Jusiinianae, Hermanstadt 1865; Fischer, De elocittione Ju-
stini. Halle 1868.
1 Vedi Plinio, Vili, 7 e 74, IX, 30 e 59, XV, 1, XXXIIf, G e 'd, XXXV, 46; Plutarco,
Crasso, 5, Siila, 2S, e Quest. rom., 41; Tertulliano, Div. InstiC, I, 6, e De ira Dei, 22;
Seneca, Epist., 108, 31; 'Macrobio, Sat., I, 10; Nonio alle voci Reticulum, Praesente,
e Ruraor; Svetonio, Ter»ntii vita, 1; Digest., I, 13, 1; S. Girolamo, in Enseb. Chron.,
ann. 772; Mercklin, De Fenestella historico et poeta, Dorpat 1814; Poeth, De Fenestella
historiarum scrittore et carminv.m, Bonnae 1819; Madvig, De Asconii Pediani in Cì-
ceronis orationes commentar ìis, Ilauniae 1827, pag. 64.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 23
182 IL RE GIUBA SCRITTORE IN GRECO E IN LATINO. [Lib. VII.
padre, vi prese amore agli studi, e poscia rimesso in trono
da Augusto e sposato a Cleo-
patra Selene, figlia di M. An-
tonio e della regina Cleopatra,
si-dilettò a scriver libri, com-
pose la storia dell'arte dram-
matica presso gli antichi, illu-
strò i costumi e le istituzioni
romane, dettò opere di storia
naturale, di geografia, di filo-
logia, di grammatica, e forse
anche di metrica, e meritò
bene delle lettere greche e la-
tine, dagli esercizii delle quali
apprese ad esser buon padre e
buon re, e a rendere la sua me-
moria venerata tra i sudditi ('').
Giuba II (Visconti).
(^) Surmna veneratione (^IsMvì) coluerunt Jubani. TeriwWÌSiXìO, Dio. In-
.slit., I, 15. — Jiiba Mauria volentibus Deus est, Minucio Felice, Octav. ,23.
Di lui e delle sue opere citate molto da Ateneo, da Eliano, da Suida,
da Fozio, da Stefano Bizantino, da Esicbio e da altri, vedi Plinio, V, 1,
VI. 31, XI, 31, XXXII, 4. ecc., ecc.; Plutarco, RomoL, lo e 17, Num..
7 e 13, Seri., 9, Siila, 16, Anton., 87, Ces., .5, Parag. di Pelop. e Marcello.
Quest. rom., 4, 24, 59, 78, 89, Parallela, 23; Strabene, IV, 4, XVIL 3;
Dione, LI, 15, LUI, 26, e sopra pag. 61. I frammenti furono raccolti e
discussi dal Piagge, De Juba secundo rege Mauritaniae, Monasteri!
Guestphalorum i^49; dal Ten Brink, Juhae Maurusii de re metrica
scriptoris latini reliquiae , Ultraiecti ad Rhenum 1854; e dal Gòriitz,
De Juhae regis Mauritaniae fragmentis, Breslau 1862. Altri danno la
metrica a un altro Giuba del secolo terzo dopo G. C. Vedi Wentzel,
Sj/mbolae criiicae ad historiam rei metric. lat., Breslau 1858, pag. 18-25;
Keil, Quaestiones grammaticae , Lipsiae 1S(;0, pag. 14-22, e Teuffel,
Gesch. der róm. Litteral., 366, 1.
Diamo il ritrattò di Giuba nel diritto di una medaglia d'argento con la
leggenda latina rex juba, e nel rovescio, quello della regina Cleopatra sua
moglie col nome in lettere greche ; e aggiungiamo un altro ritratto di lui
in coi-nalina di squisito lavoro. Vedi Visconti, Icon. gr., tav. LV, n. 2 e 4.
Gap. I.] STORIA ANEDDOTICA DEL PRINCIPE E DELLA CORTE. 183
Ma queste -sono eccezioni. La letteratura è quasi tutta
occupata nei fatti e nelle lodi del principe, del quale rac-
coglie ogni pensiero, ogni minima azione, e lascia ricordi
a chi vorrà sapere le sue malattie, le disgrazie, i sogni,
la fede agli augurii, le profezie, i suoi motti, i suoi rigori
contro gli sbagli ortografici, quantunque per conto proprio
non guardasse alle regole stabilite dai maestri in gram-
matica; il suo modo di parlare e di scrivere elegante
e lontano dalle sdolcinature, e dalle affettazioni dei vo-
caboli rancidi e oscuri rimproverate a Mecenate e a Ti-
berio *; e colla sua temperanza nel mangiare e nel bevere,
notano i vini prediletti da lui e da Livia, ricordano i
pregustatori della mensa imperiale, e come il principe
usasse di riconfortarsi lo stomaco e di medicarsi colla
lattuga 2; come avesse il corpo sparso di macchie simili
alle stelle dell'orsa celeste, e gli occhi glauchi a moda
dei cavalli, e come si divertisse a pescare, e a giuocare
ai dadi e alla palla ^. E se alcuno lascia scritto come egli
fuggisse dalle battaglie '% altri narra i prodigi! che accom-
pagnarono la sua nascita, la sua gioventù e gli anni virili,
e fa sapere ai posteri che pei suoi trionfi gli fu mandato
l'alloro dal cielo ^ E i facitori di epigrafi tramandano
agli avvenire anche i nomi degli astrologi, dei ragionieri,
dei maestri di casa, dei chirurghi e dei medici, dei peda-
goghi, degli scrivani, dei segretari, portinai, lavandai,
fornai, camerieri, e di tutti i servi di corte ; della balia e
delle adornatrici e profumatrici, e rammendatrici di Li-
via, del suo portinaio, dei pedissequi, del lettore, del pit-
tore, del doratore, del calzatore, del custode delle gemme
e dei vestimenti, degli orefici, del distributore della lana
alle sue filatrici, dello schiavo destinato ad averne in cura
1 Svetonio, 86-SS, 91, 92-, Valerio Massimo, I, 7, 1-2; Plinio, VII, 46. .
2 Svetonio, 76, 77-, Plinio, XIV, 8, XIX, 38.
3 Svetonio, SO, 83; Plinio, XI, 54.
4 Plinio, VII, 16.
5 Svetonio, 91; Plinio, IX, 22, XI, 7S, XV, AO.
184 AUGUSTO CRUDELE AGLI SCRITTORI E AGLI SCRITTI. [Lib. VII.
la sedia, del sagrestano preposto all'edicola, da lei consa-
crata al marito, e di molte altre persone della medesima
classe, i cui titoli ci attestano del lusso e del fasto della
casa imperiale ora e in appresso *.
In mezzo ai concenti della letteratura officiale, tentava
di mischiarsi anche qualche libera voce di satira; ma
presto era fatta tacere dalle minacce, dalle condanne,
dagli esilii e dal fuoco : e quindi giunsero a noi solamente
i suoni laudanti.
Tacito parla di versi pieni di contumelie contro Augu-
sto ^1 ma perirono i versi e i nomi di chi li compose. 11
ferro di un sicario aveva vietato già a Cassio da Parma
di celebrare i suoi compagni nell'uccisione di Cesare, e
di fare nuovi epigrammi politici ^.
Sulle prime Augusto rispose scherzando alle più delle
satire scoccate contro di se e contro i suoi. Lasciava
dire, purché lo lasciassero fare ; e non curando di repri-
mere le invettive, solite a scriversi nei testamenti, fece
ricercare solo gli autori di libelli e di satire pseudonimo '*.
Ma mutò modo quando, spariti i più di quelli che ave-
vano respirato l'aria della libertà, il principato non aveva
più ostacoli a correre per le vie della tirannide ; quando
morti i migliori, rimanevano consiglieri e intriganti di
corte i più tristi.
Le sozzure che bruttarono da ultimo la casa imperiale,'
fecero sorgere libere voci contro i vizi dei grandi, e contro
la universale servitù, e il principe per far tacere l'elo-
quenza e la storia divenne crudele contro gli uomini e
contro gli scritti, ai quali apphcò la legge di maestà ^
1 Vedi Gori, Columbarium libertorum et servorum Liviae Augustae et Caesarum
Romae detectum in via Appia anno MDCCXXVI, Florentiae 1727, n. 4, 21-32, 35, 36,
:W, 11, 45, 73-78, 81-88, 94.96, 98, 99, 102, ]ni-l(i7, 113-126, U\, 177, 222, 221, 229, 295;
Creili, 2933, 2971; Egger, loc. cit.^ pag. 131.
2 Tacito, Ann.. IV, 31.
■J Weichert, De Cassio Parm.j pag. 273.
* Svetonio, 55.
5 Tacito, Ann... 1, 72; Dione, LVI, 27, e Brugraans, De perdueUionis crimine apud
Romanos^ Amstelsedami 1835, pag. 42.
Il
Gap. L] I DECLAMATORI ALBUZIO SILO E FORGIO L,\TRONE. 185
La vera eloquenza era morta insieme con la. libertà:
cominciavano i declamatori, dei quali Seneca ci lasciò
la storia e la critica. Sul Unire di Augusto, tra più altri
andarono celebri il novarese C. Albuzio Silo, Perciò La-
trone, Arellio Fusco, Giunio Gallione, e Tito Labieno e
Cassio Severo più forti d'ingegno e di studi, i quali po-
terono chiamarsi anche oratori.
Il troppo ricordarsi di Bruto e della morta Repubblica
portò sciagura a Silo, retore di grande probità e inca-
pace di fare e di patire un'ingiuria. Partì dalla patria
per un al'lronto fattogli sul tribunale, mentre come edile,
rendeva giustizia. A Roma pure trovò dispiaceri, A Mi-
lano difendendo un accusato davanti al proconsole, de-
plorò il misero stato d'Itaha, ed eccitato dai plausi e
da una statua di Bruto che aveva dinanzi, lo invocò
vindice della libertà e delle leggi, e fu al punto di ca-
pitar male. Da ultimo tornato vecchio e infermo a No-
vara convocò il popolo, espose pubblicamente le ragioni
che aveva di rinunziare alla vita, e quindi rimessosi in
casa si lasciò morire di fame K
M. Porcio Latrone compatriotta e amico del retore
Seneca, che nelle Controversie parlò lungamente di lui,
maestro d'Ovidio nel declamare, riverito dai discepoli
pel suo molto ingegno, e tenuto principe dell'arte sua,
usando modo diverso dagli altri ammaestrava coli' e-
sempio più che per via di precetti. Andava ad ascoltarlo
anche Augusto: e un giorno mentre declam.ava alla pre-
senza del principe e di Mecenate, gli accadde di offen-
dere Agrippa col ricordo dei suoi oscuri natali. Fu uomo
di singolari costumi, eccessivo nello studiare e nel di-
vagarsi, e alla fine uscì dalla vita per liberarsi dal tedio
della febbre quartana {"").
{°') Seneca, Controv., I, praef., II, 10, 12, ecc., ecc.; Plinio. XX, 57;
1 Svetonio, De Clar. Rhet., 6; Seneca, Controv.. Ili, praef. e IV, 25, ed. Bip.; Quin-
tiliano, II, 15, 36,111, 3, 4, 111,6, 61; Lindner, De Caio Albucio Silo commentatio ^\t&-
tislaviae 1861.
186 TITO LABIENO E CASSIO SEVERO.» [Lib. VII.
Non bene incontrò a Tito Labieno e a Cassio Severo
che, assalendo fierissimamente donne illustri e uomini
e ceti, colla estrema loro libertà mettevano a pericolo il
principato. Labieno, chiamato Rahleno pel suo dire rab-
bioso, era declamatore e scrittore di storie. Nelle sue
dicerie erano sforzati ad ammirare l'ingegno anche quelli
che più ardentemente odiavano l'uomo. Al pari dell'in-
gegno aveva violento anche l'animo. Non pose giù mai
il suo amore per la spenta Repubblica; e scrivendo la
storia dei fatti contemporanei disse cose sì fiere che,
quantunque arditissimo, non si attentava a leggerle nep-
pure a tutti gli amici, e le serbava alla lettura dei po-
steri. Ma la polizia lo riseppe, e inventò contro di lui
un supplizio nuovo. Un decreto del senato condannò que-
gli scritti alle fiamme; e quando erano arsi, Cassio Se-
vero, amicissimo dello scrittore, disse: Ora bisogna bru-
ciare anche me che li so tutti a mente. Labieno non volle
sopravvivere ai parti del suo ingegno; e seppellitosi vivo
nel monumento dei suoi maggiori, ivi finì. Poco appresso
quello stesso che aveva pronunziata la sentenza contro
gli scritti di lui, vide nel medesimo modo condannati alle
fiamme anche i propri *.
Cassio Severo aveva itiolto ingegno, e le qualità d'o-
ratore, massimamente politico, quantunque Tacito gli
attribuisca più forza che sangue. Non curava l'ordine
nelle cose, nò il pudore delle parole; usava le sue armi
scomposte; non faceva battaglia, ma rissa. Vigoroso,
culto, pieno di grandi sentenze. Destava a sua vogha
Quintiliano, IX, 2, 91, X, 5, 18; S. Girolamo, in Eusebii Chron.. ann. 751.
Della sua vita, dei costumi, del suo modo di declamare, e del posto che
tenne nelle lettere e tra i retori fu lungamente discorso da Gustavo-
Lindner nella dissertazione, De M. Porcio Latrane, Vratislaviae 1855.
' Seneca, Contrbv.. V, praef._, Excerpt. Controv.. IV, praef.; conf. Quintiliano, 1, 5,
S, IV, ], 11, IX, 3, 13; Weicliert, De Labieno oratore et historico, Excurs.^ II, nel
libro De Lucio Vario et Cassio Parmensi^ pag. 319-324.
Cap. L] OVIDIO E IGINO. 187
tutti gli affetti, ma meglio che ogni altra cosa lo ispirava
la collera. Non difese mai nessuno, tranne sé stesso, e
contro un Nonio Asprenate, amico d'Augusto e difeso da
Asinio PoUione, sostenne che in un convito aveva avve-
lenato 130 persone. Ma nelle sue accuse non otteneva
l'intento. I giudici spesso assolvevano gli accusati da lui;
€ il principe che dapprima lo motteggiava della sua poca
fortuna (''), da ultimo per accusa di diffamazione contro
uomini e donne illustri, lo mandò in esilio tra i sassi di
Serifo, piccola isola del mare Egeo, ove morì dopo 25 anni
di patimenti crudissimi ^
Vedemmo come fosse cacciato inesorabilmente in esilio
anche Ovidio. Qui vuoisi aggiungere che questo fatto è
opera del solo volere del principe, il quale di proprio
moto, senza processo, senza decreto del senato, condanna
un cittadino a morire tra i geli di Scizia. E la persecu-
zione sempre più arbitraria e più cruda si estende anche
alle opere del poeta, le quali se non sono arse come
quelle di Labieno, hanno il bando dalle biblioteche di
Roma 2. Capitano male anche gli amici dell'esule. A lui
era familiarissimo C. Giulio Igino, un liberto d'Augusto
di origine ispanica, autore di molti scritti di erudizione,
di agricoltura, delle api, di teologia, di biografìa, di cri-
tica letteraria, e di storia •"', tra cui voglionsi ricordare
{^) Augusto disse lan giorno: Vorrei che Cassio accusasse il mio Fòro;
sarebbe subito assoluto, cioè finito. Cum multi Severo Cassio accusante
absolcerentiir, et archilectus Fori Augusti expectationem operis diu
traheret, ita iocatus est: Vellem Cassius et mewn Forum accusasset.
Microbio, Sat., II, 4.
» Tacito, Ann., I, 72, IV, 21, e Diatog. de Oratt.j. 19 e 26; Seneca, Controv.^ II, 12,
Excerj)t. Controv., IN, praef.; Plinio, XXXV, 46; Quintiliano, VI, 3, 27, ecc.. Vili, 3,
89, X, l, 22 e IIG, XI, 1, 57, XII, 10, 11; Svetonio, Aug., 56; S. Girolamo, in Euseb.
Chron. ami. 785.
2 Ovidio, Trist., Ili, 1, 59-74.
3 ColumeUa, I, 1, 13, IX, 2, IX, 13, 8; Gallio, I, 14 e 21, VL 6, VII. 1, X, 16 e 18,
XVI, 6; Macrobio, Sat.. Ili, 4 e 8; Servio, Ad Aen.., V, 389.
188 PERSEGUITATO PIÙ' CHE MAI IL PENSIERO. [Lib. VII.
le opere Sull'origine e sul sito delle città italiche *. 11
ciotto nomo era stato posto alla direzione della Biblioteca
d'Apollo sul Palatino, ma alla line cadde anch' egli in
disgrazia, e rimosso da quell'ufficio morì in grande mi-
seria 2.
Così Augusto, divenendo coll'andare degli anni più ar-
bitrario e più crudo contro la libertà del pensiero, oscu-
rava alquanto colle tenebre del dispotismo lo splendido
quadro delle glorie letterarie, a cui fu legato il suo nome.
Xè è facile consolarsi, come altri credè, della persecu-
zione, pensando che essa cominciò quando i grandi in-
gegni finivano ^. È vero che la buona eloquenza storica
si era taciuta con Livio, e che i decreti colpivano odiosi
declamatori; ma gli esilii e le fiamme esercitavano su
tutti una influenza terribile educando una generazione
di schiavi, e preparando l'ultima abiezione dell'uomo.
Se tra le fiamme dei libri arsi, Cremuzio Cordo trovò
forza a scrivere liberamente dei tempi liberi, e a morire
più tardi vittima del suo coraggioso amore del vero *■,
quelh che non avevano sì forte la tempra dell'animo si
bruttarono sconcissim amente. L'eloquenza divenne stru-
mento di delazione in mano di retori sozzi; la storia fu
scritta per lodare i favoriti e i tiranni, e nell'oppressione
e nell'avvilimento dell'umano pensiero crebbe Velleio
Patercolo, che divinizzò anche Ottavio triumviro e Ti-
berio e Sciano {"), e celebrò la felicità del mondo sotto
{^) Velleio Patercolo, II, 80, 81, 94, 104, 123, 124, 120, 127, ecc. Re-
centemente ^i vollero cercare circostanze attenuanti, e per provare che
il lodatore di Tiiberio* e di Seiano era" di buona fede, e non vile, fu detto
1 Macrobio, Sat., V, IS; Servio, Ad Aen.. Ili, 553, VII, 112 o G7S, Vili, 597 e G38.
• Svetonio. De illu&tr. gramm.^ 20; Conf. dvidio, Trist., Ili, 11. Vedi Suringar, Hi-
scoria scholiastar. LcUinor., 1, pag. 20 1, e Eunte, De C. Julii llygini Augusti liberti
vita et scriptiSj Marburgi Ilassoruin 1816.
3 Seneca, Ccnlrov.^ V, praef.
* Tacito, Ami., IV, 34, 35; Seneca, Consol. ad Marciarne 1 e 22; Svetonio, Tib., CI;
Liionc, LVII, 21 ; Ileld, Commentatio de vita scriptisque A. Cremutii Cordi, Suidaici 1811.
Cah. L] avviliti gli animi e fatta roma PIÙ' ADORNA. 189
la più sconcia tirannide : allora si educarono gli altri
vili intriganti, che Tacito in appresso consegnò al di-
spregio dei posteri.
E il preparatore e cominciatore di questo avvilimento
degli uomini e delle lettere fu Augusto, il quale lasciando
scrivere e .parlare solamente a chi scriveva e parlava
per lui, e usando tutte le arti che abbiamo discorse,
2)acifìcò ' la libertà, la poesia, l'eloquenza, la storia, ogni
cosa.
Ma mentre avviliva gli animi, con grande lavorio di
architetti fece Roma più splendida di nuovi edificii, e
abbaghò i contemporanei e i posteri anche coli' avere,
come egli vantavasi, fatta di marmo la città che trovò
di mattoni (").
Vi era allora l'architetto Yitruvio Pollione, il quale
dopo essere stato ingegnere militare di Cesare e d'Au-
gusto, pensionato alla fine da questo per le raccoman-
dazioni di Ottavia 2, scriveva e dedicava a lui il libro
ove raccolse in un corpo di dottrine tutto ciò che i
Greci e i Romani seppero di architettura, e vi aggiunse
i trovati del proprio ingegno, e dimostrò tutte le ragioni
dell'arte. Lodò la divina mente e l'onnipotenza d'Augusto,
come quella di Cesare; pure non si allargò troppo in
clie potè essere ingannato dallo spirito del suo tempo, dai pregiudizi di
famiglia e di educazione, dal suo carattere e da quello di colore di cui
fa l'elogio, e cLe quindi fu troppo credulo, ma galantuomo, ecc., ecc. I\Ia
n chi legge le sozze parole scritte a glorificazione dei due mostri, tutti
questi discorsi non possono diminuire l'impressione di quelle parole, e
nella nostra opinione chi esalta i tristi, se non è uno stupido, non può mal
tenersi per uomo dabbene. Vedi Speckert, De la sinceriti' de C. Yelleiiis
Paterculus, Toulouse 1848.
(") Svetonio, 29; Dione, LIV, 30. Per l'architetto coi suoi strumenti,
del quale diamo l'imagine, vedi Grivaud de la Vincelle, Aris et mèiiers
<ìs^ anciens, Paris 1819, pi. XXII.
' Tacito, Dialog. de Oratoribus, 38.
2 Vitruvio, I, 'prnef.
Vaxnucci — Storia dell'Italia antica — IV. 21
190
L'ARCHITETTO VITRUVIO POLLIONE.
[LiB. VII.
adulazioni, e più volontieri si trattenne a raccomandare
agli artisti la probità del cuore, e la dignità dell'arte,
esortandoli a cercare
turpe ricchezza *.
l'onesta povertà piuttostoche la
Architetto in antica pittura del Museo Kircheriano trovata nella via Appia.
È notevole che egU non parli molto delle grandi opere
sorte al suo tempo, quantunque • dica di avere scritto,
affinchè il principe stesso volgendo gli occhi ai suoi vo-
lumi avvertisse quali fossero le opere da lui fatte e da
farsi ^\ Pure i suoi precetti dovettero servire a molti di
guida in questo grande rinnovamento della città, mentre
a noi riescono preziosissimi sotto il rispetto storico e ar-
tistico, perchè ci dicono di ogni forma e materia di fab-
briche dalle case dei barbari fatte di terra, di fango e di
» Vitruvio, I, 1; III, praef.^ VI, praef.^ IX, praef., X, praef.
. 2 Vitruvio, I, praef.
il
Cap. I.
L'ARCHITETTO VITRUVIO POLLIONE.
191
frondi lino> ai templi degli Dei immortali splendidi di
marmi preziosi, ai Fóri, alle basiliche, alle curie, ai tea-
tri, ai bagni, alle palestre, agli edifici privati per ogni
qualità di famiglie, alle case rustiche, alle stanze dei
morti, agli acquidottl, a ogni sorta di macchine utili in
pace e in guerra: e di tutte le opere dell'architetto pre-
Le antiche case dei barbari {B. Gcdiaii, Vilruvio tradotto j tav. 3).
scrivono i modi atti a farle forti e leggiadre, e ritraggono
l'arte greca e romana condotta alla sua perfezione.
Augusto, dopo avere rimesso nei templi del Pelopon-
neso e dell'Asia gli ornamenti rapiti da Antonio *, prese
a rinnuovare tutto a Roma; ristorò i vecchi monumenti,
fece nuovi e più belli gli edifìci sacri e profani: e quindi
la poesia cortigiana cantava di lui che, dopo gli uomini
volle obbligare anche gli Dei ("). Restaurò splendida-
e*) Caefera ne simili caderent labefacta mina,
Cavit sacrati provida cura Diicis :
» Monum. Aneyr., IV, 49; Strabene, XIII, I; Plinio, XXXIV, 19, 9.
192 TEMPLI E ALTRI MONUMENTI. [Lib. VH.
mente 82 templi*; ne inalzò molti dei nuovi, alla Dea
Roma, e a Giulio suo padre, a Quirino, a Castore e a
Polluce, alla Concordia, a Marte Vendicatore, alla Gio-
ventù; a Giove Feretrio e a Giove Tonante sul Campido-
glio; a Minerva, a Giunone Regina, e a Giove Liberatore
sull'Aventino; ad Apollo, e alla Gran Madre sul Palatino,
ai Penati sul Velia: e ai Lari pose un tempio nella Via
Sacra, e simulacri in ogni contrada 2.
Restaurò ed abbellì il Campidoglio, fece portici nuovi
denominati da Livia, e dai nipoti Caio e Lucio; compiè
e intitolò dal giovinetto Marcello il gran teatro, di cui
durano anche oggi le magnifiche rovine ^. Nel Circo Mas-
simo e nel Campo Marzio eresse, come altrove nettammo,
obelischi trasportati di Egitto su navi {") di maravigliosa
invenzione^. 11 Campo Marzio, cinto da vaghi colli de-
scriventi un semicerchio sul Tevere, fu variato di bo-
schetti con lieti passeggi, e abbellito di grandi edifizi.
Sub quo deluhris sentUur nulla senectus,
Nec satis est homines, obligat ille Deos.
Templorum positor, iemplorum sancte o-eposlor,
SU superis, opto, mutua cura tui;
Beni tibi coelestes, quot tu coelestibus annos,
Proque tua maneant in statione domo.
Ovidio, Fast., II, 59- G6.
C*) Una nave arrivata a Roma da Alessandria portava, oltre a 1200
soldati e 200 marinai, un obelisco lungo 87 piedi, e gran quantità di
derrate egiziane. Cedreno, ediz. di Bonn, tom. 1, pag. 300; Egger, toc. cit ,
pag. 332. Vedi anche sopra voi. I, pag, 272.
1 Monum. Ancyr., IV, 17.
2 Monum. Ancyr., W, 1-8; Ovidio, Fast.,Y, 145; Vitruvio, III, 2,7; Svetonio, 29, 57;
Dione Cassio, LI, 20, 22, LUI, 1, LIV, 4, 8, 19, LV, 8 e 27, LVI, 25. Vedi anche Eckel,
VI, 75, 98, 110, ecc., e Eichhoff, De consecrationis dedicationhque apud liomanos ge-
nerihus variis. Duisburgi 1859, pag. 19.
3 Dione Cassio, LUI, 30, LIV, 23 e 26, LVI, 27; Ovidio, Fast.. G39-C10; Plutarco, Mar-
ceìlo, 30; Livio, Epitom., 138 (140) ; Svetonio, 29; Nibby, Roma antica, voi. II, p. 593.
4 riinio, XXXVI, 11-15; Strabone, XVII, 1; Aminiano Marcellino, XVII, 4; Zoega,
De origine et usu obeliscorum, Roma 1797. Vedi anche sopra voi. III, pag. CS3.
J
Gap. I.]
TEATRO DI MARCELLO.
193
tra cui più templi simtuosi, tre teatri, un anfiteatro e
il superbo Mausoleo di- Augusto ^
Fra le cose più insigni di Roma fu numerato il Fóro
d'Augusto ("), che ebbe nel mezzo il tempio di Marte 2;ià
Veduta delle reliquie del teatro di Marcello su cui fu edificato il palazzo Orsini
(Canina. Edif.. IV, 163).
promesso in voto a Filippi, ed eseguito poscia magnifi-
camente, e destinato ad appendervi i trofei militari. Il
principe dedicò il tempio da se stesso, e volle che ivi il
senato trattasse le cose di guerra, che di li partisse chi
andava con governo militare nelle province, e che i
C^) I nomi dei padroui entravano dappertutto. Vi fu anche un marmo
augusteo e un marmo tiberiano (Plinio, XXX VL 11), e un rame detto
liviano da Livia (XXXIV, 2).
1 Strabene, V, 7.
194 FORO D'AUGUSTO. [Lib. VII.
duci vi deponessero la corona e lo scettro portati nella
pompa trionfale *. Ai lati del Fóro giravano due portici
ove furono erette in abito trionfale le statue dei duci
che più avevano contribuito ad ampliare la potenza di
Roma. E sotto ogni statua una iscrizione ricordava le
più gloriose gesto di ciascheduno, e gli onori avuti dalla
Repubblica. Si cominciava da Enea e da tutti gli ante-
nati della gente Giulia; poscia venivano gli eroi Repub-
blicani; e da ultimo vi si leggevano i nomi delle genti
conquistate dal principe. Oltre alle memorie storiche,
nella parte più frequentata del Fóro erano belli orna-,
menti di arte, tra cui si ricordano una statua d'Apollo
in avorio, pitture di battaglie e trionfi, e quattro tavole
di Apelle ritraenti Castore, Polluce, Alessandro Magno,
e la Vittoria ('^).
Anche i templi per tutta la città, oltre ad essere fatti
ricchi d'oro e di gemme, furono, come gli altri edifizi
pubblici, adorni di maravigliosi dipinti, di statue di marmo
e d'avorio '^. Vi erano denti interi di elefanti appesi a-lle
mura '. In Campidoglio destò le meraviglie un pezzo di
(^) Monum. Anctjr., IV, 21; Ovidio, Fast., V, 563; Yelleio Patercolo,
II, 39; Svetonio, 31 e 5G; Plinio, VII, 54, XXII, 6, XXXV, 10 e 36;
Gellio, IX, II; Hefner, Da statuia piris illiistrib. apud Roman, jìositis.
Monachii 1847. Rimangono ancora le iscrizioni laudative di Scipione Emi-
liano, di I\Ianio Valerio Corvino, di Appio Claudio Cieco, di L. Cecilio
Metello, di Q. Fabio Massimo, di Caio Mario, di L. Licinio Lucullo, di
Marcello, di Sicinio Dentato, di Cammillo, ecc., le quali credonsi quello
stesse che furono poste sotto le loro statue nel Fòro di Augusto. Vedi
Morcelli, De stilo inscript., I, 256-268, ed. 2*, 1819; Nibby, Roma antica,
II, 160 e segg. ; e conf. Borghesi; nel Giorn. Arcad., 1859, pag. 62, e
Graff, De Romanor. laudai ionibus, Dorpati 1862, pag. 77 e seguenti.
1 Dione Cassio, LIV, 8 e Supplem. Morell. al libro LV ; Svetonio, 29; Ovidio, Fast.^
V, 551. Vedi anche sopra a pag. 33 e 34.
2 Plinio, VII, 54, XXXV, 10 e 36.
3 Svotonio, 30; Dione Cassio, LI, 22; Plinio, XXII, 2, XXXV, 10, XXXVI, 5, C.
* Plinio, VIII, 10.
Gap. I.
MONUMENTI DI AGRIPPA.
195
cristallo di 50 libre, offerto da Livia, il maggiore che si
fosse veduto mai K
Augusto, oltre a fare da sé, esortò i cittadini princi-
pali, perchè a loro potere adornassero la città di novelli
monumenti: e quindi gli amici e i parenti messero in
questo ogni loro pensiero. Agrippa, sebbene tenesse al-
quanto del ruvido, portò a Roma tavole comprate a gran-
dissimo prezzo, adornò le sue terme di quadri e di pit-
Panteon d'Agrippa {Da Fclogra/ìa],
■ture all'encausto, e con una orazione magnifica inculcò
ai privati di mettere in pubblico e pitture e sculture,
piuttostochè mandarle nelle ville come in esiUo ^. Alle
grandi costruzioni fatte da edile, aggiunse altre opere
di suprema magnificenza. Fabbricò e decorò di pitture
1 Plinio, XXXVII, 10.
2 Plinio, XXXV, 9, XXXVI, 6J.
Ì9G ANFlTEATtlO DI TAURO, E TEATRO DI BALBO. [Lio. VII.
il portico di Nettuno per ricordo delle sue vittorie na-
vali*; fece, come già abbiamo detto, gli acquidotti del-
l'Acqua Vergine, e compiè il grande edificio del Panteon,
solenne di architettonica bellezza, e splendido di colonne,
di fregi, di bronzi, di statue-; una delle opere più per-
fette dell'arte romana. T. Statilio Tauro fece nel Campo
Marzio un grande e stabile anfiteatro di pietra dalle cui
rovine sorse poscia il Monte Citorio. Cornelio Balbo, il
vincitore dei Garamanti, costruì un teatro adorno di
quattro maravigliose colonne di onice, e un magnifico
portico coperto presso di quello in vicinanza del Tevere
e del luogo dove ora sorge il palazzo dei Cenci ^. Altri
con altre opere secondarono le voglie del principe, perchè
non rimanendo altro sfogo alle ambizioni, i ricchi stu-
diavano di far parlare di sé con suntuosi edifìzi. Taglia-
vano i monti cercando con crescente furore i marmi
stranieri. Senatori e cavalieri correvano le province in
cerca d'avorio e di cedro '\ La città romoreggiava conti-
nuamente di carri trasportanti grosse colonne ^. Era una
faccenda incredibile. Alle opere inalzate dagli ultimi Re-
pubblicani (') aggiungevansi edifìzi di nuovo splendore
(^) L'oratore Lucio Crasso era stato il primo ad avere, sul Palatino,
una magnifica casa, adorna di sei colonne di marmo del monte Inietto.
j\I. Emilio Lepido arricchì la sua di marmi numidici. LucuUo détte il suo
nome al marmo oscuro di Chio, perchè fu il primo a trasportarlo a Roma.
]\Ia ogni magnificenza di fabbriche fu vinta da M. Emilio Scauro, il quale
divenuto ricchissimo per le proscrizioni di Siila, nella sua edilità (C9u)
fece un teatro temporario a tre piani, il primo di marmo, il secondo di
vetro, il terzo di legno incrostato di oro. Vi erano 360 colonne, e tra esse
3000 statue di bronzo. La cavea potea contenere 80 mila persone. L'ap-
parato della scena era tanto che le tappezzerie, le pitture e gli altri or-
> Dione Cassio, LUI, 27.
2 Dione Cassio, toc. cit.; Plinio, IX, 5S, XXXIV, 7, XXXVI, 4 e 21
3 Plinio, V, 5 e XXXVI, 12; Svetonio, 21)-, Dione Cassio, LI, 23, LIV, 25; Strabene, V,
7; Piranesi, Antich. rom.. I, pag. 10; Nibby, Jioma ant.^ I, 43?, o li, 5S7.
4 Plinio, V, 1 ; Tacito, Ali»., Ili, 72.
5 Tibullo, li, 3, 41; Seneca, Epist.^ 90, 8; Plinio.. XXXVI, 1, Paneg., 51.
Cap. I.] SPLENDORE DI PALAGI, DI STATUE E GIARDINI. 197
dagli amici' del principe; e sorgevano in numero grande
palazzi pieni di colonne frigie, e tenarie e caristie, e nu-
midiche, e dei più squisiti marmi del mondo; con volte
il'icche d'oro, d'avorio, di pitture, d'intagli, e con pavi-
menti coperti di mosaici delle pietre più rare *. Gli atrii,
pieni in antico di spoglie nemiche ^ e delle venerate ima-
gini dei maggiori, ora sorgevano adorni di marmo e
d'argento in peregrini e sublimi disegni 3; e la turba
degli adulatori affamati invadeva il. luogo, ove le oneste
matrone antiche stavano a filare con le ancelle ^. E gli
appartamenti erano dipinti a storie e a fogliami 5; né vi
mancavano anche le pitture oscene ^. Le statue, già or-
namento dei luoghi pubblici, empivano anche le case
private, e davano ad esse sembiante di Fóri '. Vi erano
selve di platani tra i peristili marmorei, e al di sopra
giardini pensili, e grandi terrazze, adorne di alberi, di
fiori, di fontane^, d'onde si vedevano le magnificenze
del Campidoglio e del Palatino, i circhi, i teatri, i grandi
portici formati d'innumerevoli colonne '', i templi sfavil-
nameuti avanzati e trasportati nella villa Tusculana per uso delle quo-
tidiane delizie si valutarono a 100 milioni di sesterzi. (Plinio, XVII, 1,
XXXVI, 2, 3, 8 e 24). In appresso Mamurra di Formia, favorito di Cesare
e arricchito colle spoglie della Gallia Cornata fu il primo ad avere la
casa, sul Celio, piena di colonne tutte di solido marmo Caristio e Lu-
nense. (Cornelio Nepote, citato da Plinio, XXXVI, 7. Di lui vedi anche
Cicerone, Ad Atiic, VII, 7, XIII, 52, e Catullo, Carm., XXIX).
1 Orazio, Od.. I, 31, 6, li, 16, 11, li, 18, 1-5, Sai., II, 6, 103, li, 7, 9ó ; Tibullo, III,
3, 13; Properzio, HI, 21, 29; Stazio, Silv... I, 2, 152; Seneca, Episl.. 90, 9 e 114, 9, De
Ira. III, 35, De TranquilUt. animi. 1 ; Plinio, Xill, 29. .
2 Polibio, VI, 53; Virgilio, Aen.. VII, 184; Plinio, XXXV, 2.
3 Orazio, Od.. Ili, 1, 46; Plinio, XXXV, 2, XXXVI, 2 e 3.
4 Ovidio, Fast.. II, T41.
5 Vedi Mazois, Palais de Scaurus. 2* edition, Paris 1S22, chap. 7.
6 Properzio, II, 6, 27; Svetonio, Tib.. 41.
7 Plinio, XXXIV, 9.
8 Orazio, Od.. III, 10, 5, Epist.. I, 10, 22; Tibullo, III, 3, 15; Plinio, Epist.. V, 6-,
Rutilio Numaziano, Itincrar.. I, 111; Mazois, loc. cit.. chap. 15.
9 Stazio, Sili-.. III,- 5, 90.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 25
198 LUSSO SMODATO NELLE CASE DEI GRANDL [Lib. VIL
lanti, su cui l'occhio non poteva arrestarsi, i sontuosi
giardini del Gianicolo, gli ameni boschetti, i teatri, l'anlì-
teatro, i monumenti alle donne e agli uomini illustri, e gli
altri edifizii che nel Campo Marzio ricorda Strabone *.
Infinite le morbidezze raccolte in queste case dei
grandi, nel tempo stesso che i poeti cantano il ritorno
della severa virtù. 11 lusso passa ogni confine, e mette
a contribuzione anche i luoghi ove non giunsero le armi
di Roma ^. In ogni angolo delle case è profusione di ric-
chezza; splendidissimi gli addobbi, in cui gareggiano l'ele-
gante lavoro e la preziosa materia ^ ; letti di legno di
cedro, e di bronzo, adorni d'avorio e di squame di tar-
taruga, e coperti di sontuosi tappeti ^. Nei triclinii, ful-
gidi d'oro e di marmo e di tappeti babilonesi e persiani,
in vasellami d'argento ^ s'imbandiscono su mense d' oro
cibi di peregrine regioni; uccelli del Fasi, di Ionia e di
Afirica, rombi e pavoni e murene, ricci del capo Miseno
e ostriche del lago Lucrino e di Baia ^. Ivi coronati di
rose, di appio e di mirto, e profumati di nardo ^ man-
giano le più rare delizie del mondo, e divorano a tavola
le granai fortune {"), mentre belle schiave spagnuole can-
tano sulla lira e intrecciano danze lascive, e gladiatori
lottanti intorno alle mense accoppiano l'orrore della
strage alle gioie dell'orgia ^.
n Orazio, Epist., I, 15, 26, Sat., II, 8; Macrobio, Sat., II, 9; Stazio,
^Sih., 1, 6, 5-11. Sul lusso dei conviti cominciato, come vedemmo, da
assai tempo, scrissero molti. Erano proverbiali le cene dei pontefici: e di
una di queste cene ci fu conservata la lista di 25 squisite vivande. Vedi
.Boettiger, Carte ou memi d'un repas de l' ancienne Rome, Paris 1801.
i Rutilio Numaziano, I, 96; Strabone, V, 7.
5! Manilio, V, 369-375.
3 Seneca, De^ Tranquillit. animij 1 ; Mazois, loc. eie. ca]!. 7,
* Orario, Sat.. H, 0, 103; Properzio, II, 13, 21 ; Seneca, De Benefica VII, 9; Plinio,
Vili, 73, IX, 12, 13.
5 Orazio, Sae.^ II, 2, 4, II, 4, 83; Plinio, Vili, 73; Seneca, De Benefit.. VII, 'i.
e Orazio, Sat.. II, 2, 22 e 12, II, 1, 32-31 e 58, I>pod.. II, M; Marziale, III, 31, 77.
7 Orazio, Od, JI, 7, 21, II, 11, 15.
8 Orazio, E-piit.. II, 2, 98; Silio Italico, Xl, 51-51 ; Mazois, loc. cit.. cliap. 19; Marziale,.
Ili, G3, 5, VI, 72, 2; Stazio, Silv.. I, 6, 71 ; Plinio, Epist.. I, 15. Conf. Livio, IX, 40.
Cap. L] delicatezze del mondo muliebre. 199
Chi potrebbe ridire le delicatezze del mondo muliehre
€ le vesti, e i vasi di ogni forma e di ogni metallo, pieni
d'unguenti odorosi, di manteche, di lisci, e degli altri
apparecchi per tingere i capelli, e per render fresco il
colore ai volti appassiti? (").
Si ricercavano con amore più furioso i vasi di cri-
stallo e di onice, le perle, le gemme, le ambre ^ Il lusso
delle gioie passò tutti i modi. Se ne facevano collezioni
e musei, e Cesare, che da console comprò a Servilia,
madre di Bruto, una gemma per sei milioni di sesterzi (*),
poscia ne dedicò molte nel tempio di Venere Genitrice,
ove pose anche una corazza fatta di margarite britanni-
che -. Antonio proscrisse il senator Nonio per prendergli
una rarissima pietra che aveva all'anello: e il figlio del
commediante Esopo volle dare alla gola la gloria di sen-
tire qual sapore avessero le perle, e, come Cleopatra,
ne bevve, stemprata nell'aceto, una che costava un mi-
lione , e ne dette altre a gustare ai suoi commensali ',
C^) Tibullo, I, 8, 9 e 44; Ovidio, De Medicamine faciei, 51 e segg.; Boet-
tiger. Sabine, ou la matinée d'un dame romaine à sa toilette, Paris 1813,
pag. 61, ecc. Non ha guari negli scavi di Cuma fu trovata una scatola
di legno e di avorio racchiudente il mundus muliebris di una signora
romana: uno specchio con sua teca di legno, un pettine d'avorio, belletto,
aghi crinali, ecc., ecc. Vedi il Bullettino archeologico napoletano , feb-
braio 1856, pag. 113. Il Fiorelli ne détte una illustrazione anche nel-
Y Athenaeum di Londra, 12 aprile 1856. Donne in atto di farsi acconciare
sono figurate in un bassorilievo del Museo di Arezzo (vedi Roulez, Notice
sur un bas-relief funéraire du Musce d'Arezzo représentant une scéne
de toilette, nelle Mém. de l'Acadcm Royal de Belgique, 1845 e 1846),
in pitture di vasi, e altrove: e un mondo muliebre d'avorio scoperto pure
nella grande necropoli di Canoaa andò perduto per la imperizia di chi
conduceva gli scavi. Vedi Bullett. di corrisp. archeolog., 1843, pag. 73, e
Annali,' 1848, pag. 151. ^
(*) Svetonio, Caes,, 50. Cioè circa un milione e 192,786 lire italiane.
» Plinio, XXXVII, li e IS; OtìJìo, Mttam., II, 3jl-?/in.
« Plinio, IX, 57, XXXVII, 5.
3 Orazio, Sat., Il, 3, 239; Plinto, IX, 58 e 59, XXXVII, 21 ; V*lerio Mf.s.inio, IX, 1, 2.
200
PERLE, GEMME, ECC.
[LiB. VII.
In tazze fiammeggianti di gemme si beveva alle mense
dei grandi*; di gemme .adornavano le ricche vesti di
porpora ^. Gli uomini si empivano le dita di anelli con
pietre di squisito fulgore 3. Se nella lieta Campania l'ar-
tista greco imaginò gli Amorini messi al mercato, a Roma
il malinconico poeta vide venduta la fede e traditi gli
affetti a prezzo, di gemme ■^ Le donne chiedevano dia-
manti, perle e gemme agli amanti, e se ne caricavano
11 mercato degli amori in pittura di Stabia {Mus. Borboni.. I, 3).
la testa, le orecchie, il collo, il petto, le braccia e anche
i calzari 5. Avevano specchi adorni d'oro e di pietre pre-
' Virgilio, Georg., II, 50r,; Properzio, III, 5, 1.
2 Orazio, Episi., I, C, 18
5 Plinio, XXXIII, 1-, Ovidio, De Art. am., IH, JK); Seneca, Quaesl. Nat., VII ;jl •
Marziale, XI, 59. ' '
* Tibullo, I, 9, 32.
5 Properzio, I, 2, 21, II, 22, 9, IH, 0, 12; Ovidio, DeArt.am.. I, 132. III, 129, AmCf,
I, 2, U, liemed. amor, 313, De Medicamiì^e fac, 20; Plinio, IX, 53, XIII, 29.
Gap. L] profumi, PORPORA, SETA,, VINI STRANIERI, ECC. 201
ziose che costavano più di quello, che la Repubbhca dava
già in dote alle figlie dei capitani indigenti K
Profusi milioni in balsami, in unguenti, in olii aroma-
tici usati largamente al lusso dei conviti, e dei bagni,
e a profumare la persona, i capelli, le vesti ^, le ceneri
stesse dei morti 3. Ai vini ancora mescolavano aromi ^;
e dei mercatanti di queste voluttà era pieno a Roma il
vico Tosco, chiamato per causa di essi anche vico Un-
(luentario ^.
Dalle contrade dell' Oriente e del Mezzogiorno erano
mandate tutte queste delizie, come anche le porpore, i
drappi di seta, i tappeti babilonesi e persiani, F ebano,
l'avorio, le tartarughe e ogni sorta di pietre preziose,
per causa delle quali ogni anno uscivano dall'Impero, al
dire di Plinio ^ cento miUoni di sesterzi (19,879,775 lire
itahane), mandati ad arricchire gli Arabi, gli Indiani
e i Seri. Ed era commercio quasi tutto passivo per
l'Italia e per Roma, perchè si facevano pochi cambi, e
bisognava dare oro per quelle merci vendute a caris-
simo prezzo '.
A Roma venivano le cose di prima necessità, di co-
modo, di lusso, e di fasto, e tutti i beni delle province ^.
Vedemmo già come all'Italia, impoverita e disertata dalle
guerre, abbisognassero più che mai i grani di Sicilia, di
Sardegna e di Affrica. Quando molti posero loro gloria
nell'ubriacarsi 9, non più bastarono i vini di questa terra
1 Seneca, Quaest. Nat.^ I, 17.
2 Orazio, Od.. I, 5, 2, 1,29, 7, II, 11, IG, ITI, 20, 1 1 ; Tibullo. II, 2, 3, III, 1, 28; Pro-
jicrzio, I, 2, 3, TI, 4, 5.
3 Tibullo, I, 3, 7, III, 2, 23; Properzio, II, 13, 30, IV, 7, 33.
l Plinio, XIV, 15.
5 Orazio, Sat.. II, 3, 228, Epist., II, 1, 269.
G Plinio, XII, 41.
7 Vedi Mengotti, Dei Commercio dei Romani, cap. 6; Pastoret, Du Commerce et dn
Itcxe des Romains, nelle Mém. de V Acadèmìe des InscrijU. et Belles-lettreSj voi. Ili,
pag. 285 e 355, e voi. V, pag. 76.
8 Plinio, XI, 97.
9 Plinio, XIV, 28; Orazio, Sa(., I, 1, 51, II, 1, 9, II, 8, 3.
202 COMMERCI CON GERMANIA, BRITANNIA, SPAGNA, ECC. [Lib.VII.
celebrata come carissima a Bacco ', e moltissimi e pre-
ziosi ne vennero di Sicilia, di Grecia, di Asia, di Egitto
e di Spagna (°).
Ogni paese mandava le cose sue proprie. Dalla Sci-
zia venivano pellicce; dalle rive del Baltico traevasi
l'ambra, ornamento delle donne latine, pagata carissima
con meraviglia dei barbari-; dalla Germania biondi ca-
pelli per le donne galanti 3, vini dalla Rezia e dall'Istria;
oro e ferro di ottima tempra, e schiavi e- greggi e pel-
licce dal Nerico, dalla Dalmazia e dali'lUiria '^ : e di tutto
era emporio Aquileia ^. Le Gallie mandavano ruvide lane
e tappeti, lavori di ferro, di pionfibo e di stagno, e lino
per vele, e focosi cavalli, e nardo, e cacio di Nemauso
{Nimes) lodato su tutti quelli delle province, e grossi
prosciutti, e altri salumi in tal copia, che fornivano Roma
e quasi tutte le parti d'Italia ^. Con la Britannia si face-
vano cambi, e da essa mandavansi cani da caccia, pelli,
freni d'avorio, collane, vasi d'ambra e di vetro, e altre
produzioni dell'isole e dei mari d'attorno'. Di Spagna
veniva ogni sorte di beni s. Roma era piena di ricchi
mercanti spagnuoli che usavano l'oro a sedurre le donneai
grosse navi cariche di metalli preziosi, di oro, di ferro,
(^) Plinio, XIV, 2 e segg., ne ricorda più di 190 specie; tra cui .50 di vini
generosi, 38 di oltremarini, 7 di vini salsi, 18 di vini dolci, 64 di vini
contraffatti, 12 di vini prodigiosi, tra i quali quello di Arcadia che ren-
deva gli uomini rabbiosi e le donne feconde; quello di Acaia che faceva
sconciare le pregne, e quello di Trezene che impediva di generare.
1 Virgilio, Oeorg.^ Il, 2-8, 388 e segg.; Plinio, III, 9, 7.
2 Tacito, Germ.^ 4rj-, Plinio, XXXVII, 11, 12; Gibb.on, Decline, ecc., chap. 2.
3 Ovidio, Amor., I, 1 1, 15, De Art. nm... Ili, 103-168; Boettiger, Sabine, pag. 7i>.
* Virgilio, a»org., 11, 95; Orazio, Od.,ì, 10, 9-10, Epod., XVII, 71; Strabone, IV, 0;
Stailo, Silv., I, 2, 153, III, 3, 00, IV, 7, 15; Plinio, XXXIII, 21, XXXIV, 41.
•"> Strabone, V, 2.
« Orazio, Od., I, 8, 6; Varrone, De re ruslica, II, 1, 10; Strabone, IV, 3 « 1; Lu-
••no, I, 425; Plinio, XI, 97, XII, 26, XIX, 20.
7 Strabone, IV, 5.
8 Giustino, XLIV, 1. ■ ^
3 Orazio, Od., IH, 0, .•^1-33.
Gap. I.J NAVI MERCANTILI A POZZUOLI E AD OSTIA. 203
di squisiti vini, di olio, di finissime tele, di sparto per
funi da navi, di lane di colori bellissimi, di allume, di
minio e di ogni sorta di merci giungevano di continuo
a Pozzuoli e ad Ostia * : e di due navi a vela ci fu con-
servata l'imagine in un bel monumento non ha guari
scoperto nel porto ostiense superbo di moli, di colonne,
di statue colossali, e di archi, quale fu edificato magni-
ficamente da Claudio, e ingrandito poi da Traiano sulla
destra del Tevere (")•
('') Vedi P. E. Visconti, nella Gazzetta di Roma, 10 e 23 dee. 1863,
e 20 genn. 1864; Henzen, Scavi di Porto, in Bullett, Isiit., 1864, p. 12-20;
Cavedoni, Il bassorilievo rapjjr e sentante il porto di Claudio dichiarato
coi riscontri delle medaglie antiche, ivi, pag. 219-223; Guglielmotti,
Delle due na'^i romane scolpite sul bassorilievo portuense del principe
Torlonia, Roma 1866.
Secondo le illustrazioni dei dotti archeologi il monumento egregiamente
scolpito ai tempi di Settimio Severo è votivo, e fu posto, come usavasi,
dai naviganti scampati dai perigli del mare. Rispetto alle navi il Gugliel-
motti, ricco di elegante dottrina sulle cose navali antiche e moderne, lo
descrisse più largamente degli altri. Secondo lui la prima na-^e a sinistra
dei riguardanti, la quale nella gonfia vela porta per insegua la lupa nu-
tricante i gemelli e si distingue pel faro alla poppa, festeggia il felice
arrivo nel porto mettendo fuori corone di frondi, tenute da due figure
alate alla poppa e al calcese. L'arrivo è significato anche dal sacrifizio
fatto ad un'ara accesa dal Padrone, da una donna che tiene aperta Vacerra
o cassetta dei profumi, e da un servo che alla* chiamata del Padrone si
accosta portando la pàtera e il calato « vaso pocillare consueto nei sa-
crifizi bacchici, e nelle feste vinali, per far libagioni al Nume tutelare »
cioè a Libero o Bacco, indicato, come pare, anche dalie lettere V. L.
significanti votum Libero (Conf. Apuleio, Afetamorph., XI, 16). Le navi
credute cariclie di anfore piene di vino si dirigono all'emporio vinario,
cui presiede Bacco « scolpito di figura gigantesca, coronato di pampini,
ornato la faccia ridente di grappoli, col tirso nella sinistra, il cratère
nella destra, e la pantera allato .... su piedistallo in cui stanno scolpite
tre ninfe che versano liquore da una grande anfora a due manichi, ro-
1 Strabene, 111, 2, 3; Properzio, II, 3, li; Orazio, Epod.^ IV, 3; Plinio, III, 1, XIX,
2, XXXIII, 21, 10, XXXIV, ti, XXXV, 53; Silio Italico, I, 231-236; Marziale, XII,
99, XIV, 133.
2U4
i I..U. Vii.
Cap. I.J lane, vini, marmi, e vasi di GRECIA. 205
Esiliati dalle guerre i pastori d'Italia, e scemate quindi
le lane appule ed euganee, e le altre che più erano in
pregio, si introdussero, oltre alle iberiche, quelle morbi-
dissime di Laodicea e di Mileto, tinte colle porpore fa-
mose di Tiro, di Laconia e di Affrica *.
Delicatezza in gran copia forniva la Grecia; vini di
Coo per far salse ^ ; vini di Lesbo, vini dolci di Chio, e
miele per temprare il troppo austero Falerno ^; mille
sorte di marmi preziosi, tra cui quelli splendidi di Paro
e del monte Imetto '*; vasi di Corinto ^; profumi, stoffe,
vescia, e con ambedue anse airingiù: » vaso al tutto simile a quello che
porta sulle spalle il marinaro disceso dalla seconda nave, e diretto all'em-
porio. Di più a significare che le due navi portano vino notasi un Bacco
a mezzo busto sulla prua della seconda, e che sulla prima nel medesimo
luogo vedesi un piccolo Bacco colla lince e con tutti i segni di quello
gigantesco che presiede all'emporio; e che al disopra stanno scolpiti
due otri.
Il dotto illustmtore nota pura che le navi romane trafficanti di vino,
si misuravano ad anfore, e che la loro portata comune era tra le due-
mila e le tremila, come rilevasi da Cicerone {Ad Famil., XII, 15), e da
Plinio (VI, 22): e dopo queste ed altre importanti ricerche conclude sulle
navi del monumento votivo: « le navi sono due, a vela e non a remo,
conserve, rotonde, onerarie, vinarie, di duemila anfore: arrivano in porto
e vanno all'emporio. L'occhio umano, simbolo non ignoto di Osiiide e di
Bacco , pende da eteree catene davanti alle due navi , fattovi scolpire
dall'ordinatore del monumento votivo, perchè non era nò poteva stare a
quel modo nel Porto. L'occhio fatale e la prudenza han vinto il fascino
della malignità. Viaggi felici, grandi guadagni. 11 Padrone è lieto, ha
fatto voto, e chiede la pàtera per libare al Nume suo tutelare. Pone il
monumento, ricorda i benefici! ricevuti, e scrive sulla vela dipinta le
iniziali lettere del suo voto V. L., votum Libero. « Il voto è a Bacco. »
> Orazio, Od.^ II, 16, 35, Epist.. I, 6, IS, I, 17, 30; Virgilio, Georg. ^ III, 307; Plinio,
Vili, 73, IX, 60-64; Columella, VII, 2; Properzio, IV, 3, 51.
2 Orazio, Sat., II, 4, 73, IT, 8, 9.
3 Orazio, Od.^ 1, 17, 21, II, 6, 14, Epod.. IX, 31, Sat., I, IO, 24, II, 2, 15, II, 3, 115;
n, 1, 24; Virgilio, Georg.. IV, 101-102; Macrobio, Sat... VII, 12; Plinio, XI, 13.
4 Orazio, Od.. I, 19, 6, II, IS, 3; Tibullo, III, 3, 14; Plinio, XXXVI, 2-4.
5 Virgilio, Georg.. II, 464; Orazio, Sat... I, 4, 28; Ovidio, Met.^ VII, 416; Properzio,
in, 5, 6; Plinio, XXXIV, 1-3.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 26
206
MERCI DI AFFRICA E D'ASIA.
[ LiB. VII.
bisso, e le finissime vesti di Coo, che lasciavano traspa-
rire quasi come nude le membra delle donne romane *.
Le navi d'Egitto, oltre a copia grande di grano, por-
tavano leoni, leopardi, elefanti, papiro, lino, vetro, allume,
i marmi egiziani, e la mirra, l'avorio, e il cotone di
Vesti trasparenti (Pitture d'Ercolano, voi. Ili, tav. 30).
Etiopia, la porpora di Getulia, i marmi di Numidia e di
Libia, e le tavole preziose di cedro 2, e l'olio cedrino per
salvare i libri dalle tignole ^ '
L' Asia Minore e le contrade vicine davano grande
alimento al commercio con variatissime merci '*; coi
marmi di Frigia ^, col cacio di Bitinia reputatissimo a
> Orazio, Od., IV, !,'{, 13, Sat., 1, 2, 101; Tibullo, li, 3,53 e II, », 29; Properzio, I, 2,
2, II, 1, 5; Seneca, De benef.. VII, 9; Plinio, XI, 27.
2 Plinio, XII, 33-36, XIII, 21-27, XIX, 1, XXXV, 15, XXXVI, S ; Strabene, XVII, 2;
Orazio, Od., II, 16, 35, li, 18, 1-1, III, 20, 4, Epist.. II, 2, ISl ; Virg., Georg., Il, 120;
Mela, III, 2.
3 Vitruvio, lì, 9, 13; Orazio, EpUt. ad Pisones, 332.
4 Orazio, Od., I, 35, 7, III, 7, 3.
5 Orazio, Od., III, 1, 41; Tibullo, IH, 3, 13.
Cap. I.] ALESSANDRIA DEPOSITO DI TUTTO IL COMMERCIO. 207
Roma 1, col croco di Cilicia e di Licia -, coi legnami da
costruzione, col ferro, colla cera, col miele, e colle pietre
preziose del Ponto "; coi tappeti orientali, col preziosis-
simo nardo d'Assiria '*, colle merci di Tiro e cogli odori
di Armenia ^,
Alessandria era il deposito di tutto il commercio del-
l'Affrica e dell'Oriente con l' Italia e con Roma. Ai tempi
di Strabone 120 navi, salpando da Myos Ormos {Ahou-
somer) e da Bei^enice (Foul-Bay) nel seno Arabico ^, cor-
revano ogni anno lungo le coste aiTricane in cerca di
tartarughe destinate a ornamenti di letti, di tavole, e ad
altri lavori d'intarsio ^; raccoglievano le perle dell'Eritreo,
la mirra, gli aromi, e gli incensi delle odorose selve di
Arabia S; e i garofani, le spezi-erie, il balsamo, l'avorio,
l'ebano, l'oro, le gemme e le' conchiglie odorose del-
l'India ''^; e i tappeti, le pelli, gli unguenti, e le vesti pre-
ziose dei Persi e dei Seri **', e altre cose di lusso, che
giunte ai lidi egiziani si trasportavano per terra ad Ales-
sandria. Altre merci dell'interno dell'Asia si recavano alle
foci dell'Indo, e di là a Babilonia e a Palmira i'. Per
vie diverse, tutte le delizie venivano a Roma a nutrire
1 Plinio, XI, 97.
2 Orazio, Sat., Il, 1, r.S;'Plino, XXI, 17.
3 Catullo Carni., IV, 10; Orazio, Od., !, il, H ; Strabone, XII, 2; Plinio, XV, IS, XXI,
15, XXXVII, C.
* Plinio, Vili, 73; Orazio, Od., I, 31, 12, e II, 11, 16; Tibullo, III, 1, 2S
5 Orazio, Od., Ili, 29, 00; Tibullo, I, 5, 35, IV, 2, 11 e Hi.
6 Strabone, II, 1, XVI, 4, XVII, 1. Conf. C. Miiller, Geo'jraphi graeci minores, ediz.
Didot, 1855, voi. I, Prolego;n., pag. LXIX.
7 Plinio, IX, 12 e 13.
8 Tibullo, II, 1, 30, IV, 2, 19-20; Orazio, Epist. , I, 6, G; Virgilio, Georg., II, 117;
Diodoro Siculo, II, 19; Plinio, IX, 53, XII, 30-37; Manilio, V, 653; Strabone, XVI, 4;
Stazio, Sili}., Ili, 3, 33-31; Charton , Vpyogeurs anciens , vcl. I, jjag-. 7S-S0; Nòel des
Vergers, Arabie, in Univ. Pittar., Paris 1847, pi. 3S, pag. 44.
9 Plinio, XII, 12, ecc.; Virgilio, Georg., I, 57; Tibullo, II, 2, 16; Orazio, Od., I, 31,
fi; Ovidio, Fast., I, .339-312; Stazio, Silv., Ili, 3, 91.
io Plinio, VI, 20, XIII, 2, XXXIV, 41; Orazio, Od., Ili, 1, 41, Epod., XIII, 8; Vir-
gilio, Georg., II, 121; Stazio, Silv., I, 2, 122.
Il Baldelli, Storia delle relazioni vicendevoli dell'Europa e dell'Asia, Firenze 1S27,
I, 14.
20S GLI ODORI DELLE DONNE ROMANE. [Lib. VIL
il lusso, ad effeminare gli uomini, e ad abbellire le vo-
luttuose romane, che profumate di mirra orontea, di cin-
namomo e di balsamo, cariche d'oro, e adorne di con-
chiglie, di smeraldi e di gemme del valore di due o tre
patrimonii ^, correvano pei circhi, pei templi e pei por-
Albori dell' incenso, del cinnamomo e del lj?.lsamo {Cliarton e Nòel des Vergen].
tici in caccia di amanti ^, e coli' odore degli unguenti
invitavano a sé anche chi badasse ad altro ^
1 Seneca. De Benef., VIL 0; Orazio, Sul., I, 2, M; Properzio, I, 2. :?, Ili, (k 1-'; Ti-
bullo, I, 0, 70.
• Properzio, I, 2, 21, U, 10, 9; Ovidio, De Arte nm., HI ■[:>,') .387, Uemed. am.. oi:?
De Medie, fac, 21, e setrg.
•5 Plinio XIII, 1-r,.
Gap. I.] TRATTATI COMMERCIALI COLL'ORIENTE. 209
L'Oriente mandava anche numero grande di schiavi,
e nutriva il bruttissimo commercio degli eunuchi, tra-
stulli alle noie dei grandi, custodi alle donne, e sozzi
strumenti di vizi infami. Da Plinio è ricordato che, sotto
Tiberio, Sciano comprò un eunuco per 50 milioni di
sesterzi equivalenti a più di nove milioni di lire *.
Tutti questi commercii moltiplicando le relazioni colle
più lontane contrade, e facendo di uso comune le cose
dapprima ignote, giovavano alla umana vita -. Recavano
qualche vantaggio anche alle province, che colle indu-
strie si ripigliavano una parte della ricchezza, che ave-
vano tolto loro le rapine della guerra. Di più arrichivano
alcuni mercanti forti alle fatiche e audaci contro i peri-
coli 3, ma in generale erano a danno di Roma, .che con-
sumando e non producendo dava fondo al denaro, e si
riduceva da ultimo ad estrema povertà '*.
Augusto, quantunque la vera e utile scienza del com-
mercio non conoscesse, è detto che giovò ai traffici col
dar loro libertà, e col far diritto comune dell'Impero le
leggi rodiane, che per la loro saviezza furono accolte da
tutti i popoli navigatori ^. È certo che per ragioni di
commercio e di politica trattò coi re dell'Oriente, come
è provato da testimonianze latine, greche, indiane e chi-
nesi. Medaglie romane degli ultimi tempi della Repub-
bUca accennano a relazioni tra Roma e gli Indiani, e la
Battriana, posta tra l'India, la Persia e la China. Fino
da quando Antonio governava l'Egitto si vedono stabiliti
banchi romani nelle principali piazze di commercio dei
mari orientali, e ordinate compagnie di mercanti. Ogni
anno dai porti egiziani del Mar Rosso partivano, come
dicemmo, navi mercantili per l'Arabia, pel Golfo Persico
1 Plinio, VII, 40. Vedi Pi-norio, De ScyvU^ 17-.
2 Plinio, XIV, 1.
3 Orazio, Sat., I, \, C, I, 4, 29-32, Efiìst.^ I, 1, 4:.
■* Mengotti, Del commercio dei Romania cap. C <; 7.
5 Svetonio, ^'S; Faljricio, August. temp. notatio^ pag. 201.
210 AMBASCIATORI CHINESI A ROMA. [Lib. VII.
e per la penisola Indiana': e gli Annali chinesi, che
non conoscono il nome di Roma, chiamano Antou la ca-
pitale romana, cioè Alessandria, che ai tempi di Antonio
era il vero capo delle province orientali dell'Impero.
Queste relazioni coll'interno dell'Asia continuarono anche
sotto Angusto, e si mantennero poi per più secoli. Egli
fece trattati commerciali e politici coi Battriani e cogh
Indi, ed ebbe onorevoli ambasciate da essi. Al dire di
Strabene, alle navi romane fu offerto di accoglierle con
ogni facilità in tutti i porti, e gli ambasciatori deha Bat-
triana, chiedendo l'amicizia dell'imperatore, gli portarono
in dono perle, gemme, elefanti, tigri, vipere di straor-
dinaria grandezza, un serpente di dieci cubiti, e un uomo
senza braccia, che coi piedi teneva l'arco e scagliava
frecce, e faceva ogni cosa che altri fa colle mani. Venne
un'ambasciata anche dal paese dei Seri, cioè dalla China -,
e con essi pure fu fatto un trattato, e cominciarono più
direttamente le relazioni commerciali tra Roma e il Ce-
leste Impero, che già per mezzo dell'India forniva in
tanta copia la seta, sì cara al lusso delle donne romane ('*).
E cosi da ogni parte le lodi abbondavano a lui ordi-
natore pacifico delle romane conquiste. La fama non si
(") Reinaud, Memoire sur les reìations poliliques et commerciales de
l'empire romaìn avec l'Asie orientale pendant les premiers siècles de
l'ere chrctienne, d'aprcs les tómoignages latins, grecs, aràbss, persans,
indiens et chinois, nel Journal Asiaiique, mars-avril, 1863, pag. 95, e
segg., e mai-juin, pag. 298, e segg. Egli nota che gli Annali chinesi non
contengono il nome dei Romani. Essi sono ivi designati col nome di
Ta-thsin, cioè grandi Chinesi, perchè secondo alcuni si tenevano origi-
narli della China. Pure la parola Cesare si trova in quegli Annali sotto
la forma di Kai-sa. Ivi si parla dell'alta statura, dell'indole franca e
diritta dei Romani, somiglianti molto agli abitatori del regno del mezzo,
dei loro magistrati, delle monete d'oro e d'argento, delle stoffe, delle
piante medicinali, del loro commercio, ecc., ecc. Ivi, pag. 341.
» Strabene, XVII, 1. ' *
» Orario, 01., IV, 15, 15 e segg.; Floro, IV, 12, 62.
Gap. I.] DISGRAZIE DOMESTICHE E MOGLI D'AUGUSTO. 211
stancava di ripeterne il nome negli scritti, nelle boc-
che del popolo, nei templi a lui inalzati. Ma fra tante
liete fortune non mancarono cagioni di grandi dolori,
che fecero sentire di essere uomo più degli altri a quello
che tutti chiamavano Dio *. Fortunato nelle cose pubbli-
che, fu infelicissimo in casa; e da ultimo una grande
sconfìtta gli avvelenò anche il dolce delle passate vittorie,
e mostrò la debolezza dell'edificio ordinato con tanta
fatica.
Invano studiò lungamente di metter puntelli alla sua
signoria 2, raccogliendo intorno a se ed esaltando i pa-
renti più stretti. In mezzo agli splendori e alle gioie
della sua potente casa si aggirava una furia stermina-
trice di tutti i più cari destinati a suoi successori e a
continuatori dell'opera sua.
L'uomo che fece leggi contro il divorzio aveva ripu-
diato tre mogli, tra cui Scribonia, sorella di Lucio Scri-
bonio Libone suocero di Sesto Pompeo, dalla quale ebbe
Giulia sua unica figlia ^, e prese per quarta Livia Drusilla
togliendola al marito Tiberio Claudio Nerone, quantun-
que gravida di lui da più mesi. Era cosa vietata dalle
leggi e dall'onestà, ma egli non curando di questo, si
fece assolvere dai sacerdoti, prontissimi sempre ad ap-
provare le voglie dei potenti. Ne fu un gran dire nel
volgo : e quando, dopo tre mesi, la sposa partorì Druse,
dicevano che ai fortunati nascono i figliuoli trimestri, e
il motto diventò proverbiale *. Questa Livia nata da un
ramo dei Claudii entrati per adozione nei Livii 5, era
giovane («), bella, di sottile intelletto, eulta, accorta, al-
(°) Era figlia di (|Uel Livio Diuso Claudiano che dopo la rotta dei
> Seneca, Consol. ad Pohjb.^ 3t.
2 Tacito, Ann.. I, 3.
3 Svetonio, Aug.^ 62 e 63 ; Dione Cassio, XLVI, 50, XI.VIII, 5, 10 e 31.
4 Tacito, Ann.:. I, 10, V, 1; Velleio Patercolo, II, 91; Svetonio, Aug.^ G2, Tib:. ,
■Cianci., 1 ; Dione Cassio, XLVIII, 43-41.
!"' Tacito, Ann., V, 1, e VI, 51; Svetonio, Tib., 3.
212
LIVIA DRUSILLA.
[LiB. VII.
tera, ambiziosa. Non amava l'uomo per cagione del quale
dopo la guerra di Perugia andò raminga col marito e
Livia moglie d'Augusto {MovgeSj Iconcgr. rom., pi. XlX, n. l).
col figlio, ma si uni a lui per amore di grandezza e d'im-
pero, e coir ambizione spense in sé ogni altro affetto di
donna. Per ottenere i suoi desiderii, facile moglie chiuse
Repubblicani a Filippi si elètte nella sua tenda la morte (Velleio Pater-
colo, li, 71 e 75; Dione Cassio, XLVIII, 44). Alcuno la fa nascere nel
696, altri nel 700 (Dione, LVIII, 2; Plinio, XIV, 8). Secondo queste date
ella che sposò Ottavio nel 716 doveva essersi unita a Nerone circa quattro
anni prima, cioè nei suoi 12 o 16 anni. Quando entrò nella casa del secondo
marito era già madre di Tiberio nato nel 712, e gravida di Druso che
ii sospettò figlio di Ottavio, il quale ripudiò Scribonia appena si fu
sgravata di Giulia, perchè era innamorato di Livia (Dione, XLVIII. 34,
43; VelU-io Patercolo, II, 75, e conf. Svetonio, Tib.,Z, Aug., 62 e 69).
Gap. I.J LIVIA DRUSILLA. 21. 'i
un occhio sulle infedeltà del nuovo marito, cui fu detto
che procurava da sé stessa le donne che più gli piaces-
sero: Ulisse in gonna ^, scaltrissima e maestra nel dissi-
mulare al pari d'Augusto, entrò a parte dei suoi segreti
politici, e col sembiante dell'obbedienza e con moine e
lusinghe riuscì a governare a sua voglia il padrone del
mondo, sola ingannò l'uomo che aveva ingannato tutti;
non sgomenta dai primi tentativi falliti, provando e ripi'o-
vando, con pertinacia invincibile raggiunse i suoi fmi.
In processo di tempo fu salutata madre della pairia
e del mondo, cantata come Dea dai poeti; ebbe onori di
templi e d'altari, e fu adorata sotto l'imagine della Pietà,
di Vesta e di Cerere -. Ma la sua ambizione non era paga
di questo. Infeconda nel letto del principe, voleva inal-
zare all'impero i figli del primo marito, e a ciò rivolse
ogni pensiero, ogni arte, ogni sforzo : e la fama l'accusò
di avere usato intrighi e veleni e delitti per toglier di
mezzo chiunque facesse ostacolo all' inalzamento di Ti-
berio e di Druse, ai quali mercè la confidenza e l'affetto
di Augusto appianò la via agli onori e al comando.
Il principe amava caramente il giovinetto Claudio Mar-
cello nato di Ottavia, lo inalzò innanzi tempo agli onori
per -aprirgli la via al principato, e in questo intento
presto (729) lo sposò a Giulia sua figlia. Ma il giovane
si spense nel fiore della vita (731) alle acque di Baia,
celebrato dai poeti, onorato in tutti i modi dal principe
che lo fece seppellire con grandissima pompa nel suo
Mausoleo del Campo Marzio, pianto inconsolabilmente
dalla madre, e anche dal popolo, che lo credeva aifabile,
1 Svetonio, Calig.^ 23.
2 Muratori, Inscript.^ CCXXII, 3; Orelli, 613-61S; Eckel, Coctr. num. vel.^ VI, 1 is;,
150, 151,150-157; Marini, Arva^., I, 7S •,Vìscontì, Monumenti scelti borghesiani^ tav. XXII,
n. 1, e Museo Pio Cementino^ voi. II, tav. 47; Annali dell' Istituto di corrispondenza
archeologica^ 1839, pag. 46, 1817, pag. 283, 1851, pag. 201; Hobler, Records of roman
Hisitori/ as exibhited in the romans coins^ Westminster 1S60, voi. I, pag. 57 e 58.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 27
214 I FIGLI DI GIULIA E DI LIVIA. [Lib. VII.
virtuoso, e di nobile animo, e di civili pensieri, e che
della morte détte a Livia la colpa *.
Agrippa che, già gareggiante con Marcello di premi-
nenza, era stato costretto ad allontanarsi da Roma, per-
chè la segreta inimicizia non procedesse a manifesta rot-
tura 2,_ tornò dopo la morte del giovane, e Augusto gli
détte a moglie la vedova, dalla quale ebbe tre figli e due
figlie. Caio, Lucio, Agrippa Postumo, Giuha e Agrippina.
Il principe adottò Caio e Lucio (737) perché fossero so-
stegni di sua potenza, gli educò con gran cura, come
Caìo, Agrippina e Lucio, figli ili Giulia e di Agrippa
(ilongez, leon. Rom.. pi. XX, n. 6-7, e XXIV, n. 4).
destinati ad essere suoi successori all'Impero. Ma erano
amorevolezze funeste, perchè eccitavano gli ardenti e
operosi odii di Livia e di Tiberio, insofferenti di emuU
nelle speranze del potere supremo. Tiberio in più imprese
aveva dato saggi egregi di molto valor militare, e quando
Agrippa fu morto (742), egli rimaneva con Druse suo fra-
tello uno dei più valenti guerrieri dell'età sua. I figli di
Agrippa, come troppo giovani, non potevano in niun
> Svetonio, Aug., 20, V-, C?., 00; Tacito, Ann.j II, 11, Hist.. I, 15; Velleio, II, 93; Se
nfica, Consol. ad Marc.^ 2; Dione, LUI, 27, 30, 33, LIV, 2r.; l'iutarco, A««o»., 87; Vii
fc'ilio, Aen^ VI, 85(5-880, e Servio, i^ij, 862; Properzio, III, JS,
* Velleio, loc. cit.; Dione, LUI, 32, LIV, 6-, Svetonio, Tib.^ 10.
Gap. I.l
GIULIA FIGLIA D'AUGUSTO.
21S
modo competere coi fì^li di Livia : e quindi Augusto, biso-
gnoso di aiuti nell'amministrare le faccende, anche a suo
malgrado ^ accostò a se Tiberio, e gli détte a sposa la
madre di Lucio e di Caio, dopo avergli fatto ripudiare la
moglie Vipsania amata da lui. E cosi vinsero ora le arti
di Livia. Ma Giulia, maritata e rimaritata a voglia al-
trui per ragioni di Stato, dispregiava Tiberio come da
meno di sé; ed egli il sapeva,
e conosceva anche i rotti co-
stumi di lei, ma la sposò per-
ché con essa si appressava
più al trono: ed ella appena
gli ebbe fatto un figliuolo che
morì nell'infanzia non abitò
più col marito assente quasi
sempre da Roma ^.
Augusto aveva studiato di
educare con ogni cura più
sollecita questa unica figlia.
Si adoprò a farla onesta, le
adornò l' ingegno di egregi
studi. Ed ella crebbe bella
della persona, e di spirito
lieto ed arguto, ma rese vane
tutte le cure usate dal padre
per farla una donna dabbene. Volle che come le antiche
romane attendesse al lanifìcio, le vietò di dire o far cosa
che non potesse riferirsi negli Atti Pubblici, di ricevere
visite di giovani nobili 3, di mostrarsi con essi in teatro,
di andare adorna più di quello che convenisse alla figlia
di Cesare. Essa lo addolciva con graziose risposte: ed
Giulia e Tiberio busti iugati su cammeo
in onice (Galleria di Firenze^
serie V, tav. I, n. 4).
1 Dione Cassio, LIV, 31.
2 Tacito, Ann.^ I, 12 e 53; Svetonio, Aug.
Dione, LIV, 31.
3 Svetonio, Aug., 61.
03, Tib.^ 7; Velleio. Patercolo, », 96:
216
GIULIA FIGLIA D'AUGUSTO.
[LiB. VII.
egli dicendo scherzosamente agli amici di avere due de-
licate figliuole, la Repubblica e Giulia, che gli era ne-
cessità sopportare, persuadevasi di avere in casa il mo-
,'^W^W¥%.
Giulia figlia d'Augusto {Monges^ Icon. Rom.^ pi. 20. n. 2).
dello delle antiche matrone, mentre Giulia mostrava a che
possa giungere la donna libera che ha rotto ogni freno *.
Si attorniò di più giovani nobili cui nel nuovo ordine di
cose non rimaneva altra occupazione che correre per
portici e circhi e teatri ad esercitare Yartc insegnata da
Ovidio, a corteggiare e sedurre le donne. Fra questi si
•^ Macrobio, Sat., II, cap. 5, Super iocis ac morilus hdiae. Augusti filiae.
\
€a?. I.J GIULIA FIGLIA D'AUGUSTO. ^ 217
ricordano un Appio Claudio , un Sempronio Gracco, uno
Scipione, e, più distinto di tutti, Giulio Antonio, il se-
condo dei figli nati da Fulvia al triumviro, risparmiato da
Augusto dopo la vittoria sul padre, e fatto anche console.
Giulia, se prima aveva disonestato il talamo di Agrippa, e
scherzando ricordava svergognatamente le ingiurie fatte
al marito ("), ora corse a più rotte libidini. Sventata,
audace, con una turba di adulteri menò orgie notturne
per la città, fece stupri nel Fóro sui rostri stessi, da cui
suo padre aveva bandito le leggi contro gli adulteri. Roma
per più anni fu piena dei suoi vituperi, prima che Augu-
sto ne avesse sentore. Quando gli seppe, andò sulle furie,
e mandando il questore a leggere pubblicamente le sue
vergogne in senato fece palese a tutti ciò che avrebbe
dovuto celare. Né si rimase a grida e lamenti. I più dei
drudi furono banditi d'Italia: a Giulio Antonio, stimato
reo di maestà per aver corrotto la figlia del principe e
insidiato alla potenza imperiale, fece dar morte: deliberò
di far morire anche Giulia e poscia la relegò (752) nel-
l'isola Pandataria {Ventoiene), luogo reso poscia infame
dalle crudeli morti di Agrippina e di Ottavia. Ivi ella ri-
mase dolorosamente cinque anni in compagnia della ma-
dre Scribonia senza che altri potesse vederla mai se non
con espressa licenza del principe. Fu vana ogni pubblica
e privata preghiera per rendere il padre più mite con
essa. Agli intercessori rispondea fieramente imprecando
loro tali mogli e figliuole; e fieramente disse che avrebbe
voluto esser padre di Febe liberta di Giulia, e aiutatrice
ai suoi falli, la quale si dette da sé stessa morte. Si dolse
(iella perdita di Agrippa e di Mecenate che in quella oc-
casione coi loro fidi, consigli lo avrebbero impedito di
(") Cumque conscii flagitiortim mirarentur, quo modo similes Agrip-
pae filios 'parerei, quae tam vulgo potesiatem sui corporis faceret ,
nit: Nunquam enim nisi navi piena tallo vectorem. Macrobio, Sai., II, 5.
218
GIULIA FIGLIA D'AUGUSTO.
[LiB. VII.
andare troppo oltre nell'ira. Pure rimanendo fermo nei
suoi proposili vietò che la colpevole fosse mai sepolta
nel suo Mausoleo, la trattò duramente, e solo dopo cin-
que anni a nuove preghiere del popolo permise che
uscendo dall'isola stesse con! nata a Reggio sulle estreme
rive d'Italia, ove poi travagliata vieppiù da Tiberio mori
Avanzi della casa detta di Giulia nell'isola Pandataria
{Albiim di Roma^ 1857, voi. 24, pag. 21).
disperata e consunta dalla fame e dal lungo solfrire K
Il principe fu più fiero con essa che con le altre donne,
perchè nelle sregolatezze della sua casa puniva un'azione
sacrilega, e un crimenlese, e più che a vendicare l'olTesa
fatta ai buoni costumi intendeva a incutere rispetto per
la imperiale maestà 2.
» Tacito, Ann.^ I, 53, III, 24, IV, 41, VI, 51 ; Seneca, De Benef., VI, 32; Sveionio, (it,
65 e 101, Claud., 2, e Tib.^ 11; Velleio Patcrcolo, II, 100; Plinio, VII, 16, XXI, (3; I:ioi,e
Cassio, LI, 15, LIV, 26, LV, 10, 13, e LVI, 32; Zonaia, XI, 2; Macrùbio, Sat., U, r,.
* Tacito, III, 24; Montesquieu, Esprit des Lois, VII, 13.
Gap. I.] TIBERIO A RODI. MORTE DEI CESARI CAIO E LUCIO. 219
In appresso anche l'altra Giulia, non dissimile di co-
stumi dalla madre, fu per suoi adulteri rilegata nell'isola
dei Tremiti presso le coste d'Apulia, ove mc*rì, dopo avere
essa pure patiti lunghi anni di durissima vita ,*.
Così la casa del principe si faceva sempre più deserta
di parenti e di amici. Vi rimanevano gli altri figli di Giulia,
ma il destino e le tristi arti di Livia stavano sospesi ad
essi sul capo, e presto disparvero per lasciare tutto i!
campo ^ Tiberio.
Questi, prima della condanna di Giulia era partito (748)
da Roma, o per odio di lei, o per gelosia dei favori di
Caio e di Lucio; e in ritiro o in esilio vestito alla greca
visse a Rodi più di 7 anni baloccandosi con filosofi e con
indovini, e meditando ire, simulazioni e segrete libidini ^.
Ma Livia lavorava per lui alla corte, e presto disparvero
tutti quelli che gli facevano ostacolo. I giovani Lucio e
Caio, amati da Augusto, ammessi alla vita pubblica, fatti
principi della gioventù e inalzati agli onori prima che
avessero gli anni da ciò, e spediti agli eserciti, l'uno
in Oriente a frenare le pretensioni dei Parti, e l'altro
nelle Gallie, e nelle Spagne, morirono ambedue sul fiore
degli anni ; Lucio improvvisamente a Marsiha (755), e
Caio in Licia mentre (756) tornava d'Armenia ferito da
im traditore. Andò generale sospetto che finissero per le
arti di Livia; e l'indole e l'ambizione di lei, e l'utile che
aveva da quelle morti, dettero non piccolo fondamento
ai sospettare degli uomini ^.
Certo è, che quando morirono i due giovani Cesari,
Tiberio, per le pressanti sollecitazioni di Livia, aveva ot-
tenuto di tornare a Roma ^%. e già vi era giunto, e per
la influenza materna poco appresso fu adottato da Augu-
' Tacito, Ann.^ IV, 71; Svetonio, 05; Plinio, VII, W
2 Tacito, Ann.^ I, 4 e 53; Svetonio, Tib.^ 10-11; Dione, LV, 9 e 11.
3 Monwn. Ancyr., HI, 1-6; Tacito, Ann,. I, 3; Vellpio, II, 102; Diona Cassio, LIV,
-2ì, LV, 8, 9, 11 e 12; Plinio, VII, IG; Svetonio, 65.
* STetoDio, Tib.^ 12.
220
TIBERIO, AGRIPPA POSTU^.IO E GERMANICO. [Lib. Vu'
sto, e messo a parte delia potestà tribunizia. È vero che
Augusto, per non ingrandir troppo lui solo, adottò anche
Agrippa Postumo, l'ultimo figlio di Giulia, e obbligò Ti-
berio ad adottar Germanico figlio di Druso ' vincitore
Antonia madre di Germanico {Righetti^ Campidoglio. I
dei Germani, e della virtuosa Antonia nata dal triumviro
^I. Antonio e da Ottavia sorella d'Augusto (-'). Ma a Livia
("j Quest'Antonia detta famosa per bellezza e onestà da Plutarco (An-
ton., 87), è celebrata più pai'ticolarmente da Valerio Massimo (IV, 3, 3)
il quale scrive che ella colle sue Iodi superò tutti gli uomini eccellenti
della sua casa, e con egregia fedeltà serbata costantemente anche nella
> Tacito, Ann ^ I, 3 ; Dione Cassio, LV, 13; Svetonio, Tib.^ 15; Velleio Patercolo, H,
1u:ì, 101.
Cap. I.] AUGUSTO IN POTERE DI TIBERIO E DI LIVIA. 221
era facile togliere di mezzo anche questi ultimi ostacoli:
e per le accuse di lei, che oramai governava a suo senno
il vecchio marito, Agrippa Postumo giovane rozzo, fiero
di modi, e facile a lasciarsi vincere dall'ira, ma non reo
di alcun delitto, fu rilegato (760) alla Pianosa nel mare
di Toscana *. Cosi finivano le adozioni, i matrimoni e i
divorzi!, usati ad afforzare la riuova potenza. Gli esilii, le
morti e l'infamia menavano orrido strazio della famiglia
imperiale, e il vecchio principe sul finire della vita rima-
neva solo nella sua casa desolata, in preda alla trista
moglie e al feroce figliastro, ambedue apparecchiati a
nuovi delitti per possedere e conservare l'ambita potenza.
Tiberio fu adoprato al governo delle province, spedito
agli eserciti, e poscia preso stabilmente per compagno
all'impero. Ogni cosa si rivolgeva a lui; ed egli fu in
ogni cosa principale sostegno, e prestò utile opera nel
Settentrione, ove piìi si agitavano le genti indomite e
apparecchiate sempre a ribellare. Alla testa delle legioni,
già da lui comandate prima dell'esilio, corse le terre ger-
maniche fino all'Elba (757-758), ordinò una spedizione
combinata per terra e per mare, pose prima di ogni
altro un esercito alle stanze nel cuore di queste contrade
alle sorgenti della Luppia (Lippe), sottomise i Bructeri,
i Caninefati, gli Attuari, i Cherusci, stanziati tra il Reno
e il Visurgi (Wéseì^), e i Cauci e i Langobardi, gente di
più che germana ferocia, e parve che per un momento
col terrore riducesse a soggezione tranquilla tutte le
tribù stanziate tra il Reno, il Weser o anche l'Elba,
l'Oceano e il Meno ^.
sua vedovanza compensò l'amore ehe le portava il marito. La qual cosa
tìebbe esser notata come più singolare che rara in tanta corruzione di
uomini e donne, massime nella casa imperiale. Vedi anche Gius. Flavio,
Ani. Giud., XVIII, 8, 6.
1 Tacito, l§c. r.it.; Dione Cassio, LV, 32; Swftonio, Am^., 05, e Tib.s la.
.2 Velleio Patercolo, H, 104-107; Dione Cassio, LV, 28; Svetonio, Tib.^ 16.
Vankucci — Storia dell'Italia antica — IV. 28
222 MAROBODUO. RIVOLTA DEI PANNOM E DALINIATI. [Lib. VII.
Poscia si preparava a muovere contro Maróboduo, il
quale ai tempi di Druso emigrato coi Marco manni dal
paese nativo sugli estremi confini occidentali delle terre
germaniche, si era posto nel paese già occupato dai Boi
(Boemia), fondandovi un grosso reame. Era, dice Velleio,
di nobile stirpe, gagliardo di corpo, feroce di animo,
barbaro più di nazione che d'intelletto, inteso a fondare
impero fermo e assoluto. Stava tra monti e rupi e foreste,
signore delle genti d'attoi'no tirate a sé colle armi, forte
di 70 mila fanti e di 4 mila cavalli armati e disciplinati
all' uso romano. A lui si riparavano tutti i nemici di
Roma: ed egli per suoi ambasciatori parlava coi duci Ro-
mani ora in sembiante di supplice, ora coi liberi accenti
di chi credesi eguale. Tiberio divisava di assahrlo dal
Nerico, mentre il suo legato C. Senzio Saturnirio gli piom-
berebbe addosso dal Reno a traverso alla selva Ercinia.
E già arrivato a Carnunto (AUenbourg) sul Danubio poco
lungi da Vienna, si appressava al nemico, quando da non
atteso accidente fu costretto a trattare a giusti patti con
esso ("), per Volgersi a cose più urgenti. Scoppiò una
grande sollevazione in Dalmazia e in Pannonia, ove fu-
rono uccisi e presidii e cittadini e mercanti romani. Gli
insorti, gagliardi di 200 mila fanti e 9 mila cavalli, con-
dotti da acerrimi ed espertissimi duci, tra cui Datone e
Pinete in Pannonia, e Datone capo dei Dalmati che solo
alla fine scampò passando, traditore, alla parte nemica,
divisero la grande oste in tre corpi, per difendere con
uno il paese, e coll'altro piombare sull'Itaha per le vie
di Nauporto e Tergeste {Trieste), e assalire la Macedonia
col terzo; e confortarono Sarmati e Daci ad assalire sul
Danubio i Romani.
Augusto, atterrito a questa novella, disse che in dieci
giorni i nemici potevano essere a Roma, chiese pronti
(") Conditionibus aequis discessum. Tacito, Ann., II, 40.
I
€ap. I.] VITTORIE DI TIBERIO IN PANNONIA E DALMAZIA. 223
soccorsi ai senatori e ai cavalieri, richiamò da ogni parte
i veterani, costrinse uomini e donne a dare i loro liberti
all'esercito, mandò contro gl'insorti Tiberio, e quindi
anche Germanico, il quale, avuto sui 22 anni il suo primo
comando militare, con belle prodezze in Dalmazia co-
minciò a mostrarsi valente uomo di guerra, e degno
figlio di Druso. .11 contrasto fu duro: le legioni patirono
grosse perdite e furono a pericoli estremi. A. Cecina
Severo, comandante della Mesia, battè i Pannoni sulla
Brava, ma con vittoria non allegra. Se Valerio Me ssalino,
prefetto di Dalmazia e Pannonia, fu celebrato come vit-
torioso dei Dalmati, questi già erano stati vincitori di
lui. Ma dall'altro canto gl'insorti fino dal principio si
erano invano provati a prender Salona sul mare Adria-
tico, e Apollonia (PoUno) d'Illiria, e Sirmio (Sirmich),
sede del presidio romano in Pannonia tra la Sava e la
Drava. Vi furono lunghi assedii, e città fieramente difese
e incendiate con grande strage da ambe le parti, e donne
che trucidarono i figli per salvarli dalla schiavitù, e get-
tarono sé stesse nelle fiamme e nei fiumi. Ma alla fine
dopo' tre anni (759-761) di gagliarde, difese nelle città,
nei campi, sui monti, nei ripari delle selve ove furono
uccisi a modo di fiere, i Pannoni dapprima, .poi i Dalmati,
più che dalle armi vinti dalla fame e dalle malattie ve-
nute con essa, si arresero: e Roma fu padrona delle
grandi regioni, che sotto il nome d'Illiria si estendevano,
dal mare Adriatico fino al Danubio, e dalla Macedonia
e dalla Tracia fino al Nerico '.
A Roma furono decretati onori a Tiberio e a Germa-
nico per questa vittoria costata carissima: ma cinque
giorni dopo 1' annunzio di essa giunse la notizia di una
grande sciagura che impedì di attendere a feste e trionfi.
C(fme i Dalmati e i Pannoni erano insorti, perchè Roma
1 Velleio, II, 101-116; Dione, LV, 29 e segg., LVI, 11-17; Svetonio, Tih.. 16.
^
224 I GERMANI E IL PROCONSOLE QUINTILIO VARO. [Lib. VII.
mandava a guardia dei greggi non pastori né cani, ma
lupi *, così per l'avarizia dei governanti furono trucidate
tre legioni in Germania.
I Romani non incontrate grandi resistenze, si eran'o
colà afforzati con presidii e castelli, e profittando delle
inimicizie delle varie tribù, ne avevano recate alcune a
loro devozione con privilegi e alleanze. Si ricordano fra-
telli e figli di principali famiglie divisi in due parti: questi
fedeli alla patria, quelli seguaci dei nuovi signori. Altri
venerava i Cesari come suoi Dei^: e a Colonia sorse
un'ara con sacerdoti germani sacrificanti al culto di
Roma ("). 11 popolo commerciava in fiere e mercati coi
trafficanti italiani seguaci delle legioni, e le donne si-
cambre vendevano lor bionde chiome, ricercate per ador-
namento delle belle romane ^. Sembrava che i barbari a
poco a poco si adusassero alla civiltà e alle costumanze
di Roma. L' opera avrebbe potuto lentamente compirsi
senza gravi contrasti usando accorgimenti e riguardi, e
studiando di non offendere violentemente il sentimento
vivissimo della patria libertà, e gli usi, e l'onore, e la
dignità del paese. Ma così non l'intendeva il proconsole
P. Quintino Varo il quale, dopo avere in Oriente spogUata
la Siria e insanguinata la Giudea *, ora studia a trava-
gliare cupidamente colle estorsioni i Germani e ad am-
mollire colle leggi i non domi dal ferro. Pieno di folle
• fidanza tiene distanti gli uni dagli altri i presidii intesi
a cambiare loro stanze in colonie, senza provvedere alle
necessarie difese: corre qua e là senza le precauzioni
da usare in terra nemica, come un pretore urbano nel
(") Ara TJbiorum. Tacito, Ann., I, 57.
1 Dione, LV, 33. •
2 Velleio Patercolo, II, 107.
3 Dione, LVI, 18; Ovidio, Amor.^ I, 14, 15-50.
4 VeUeio Patr^rcolo, II, 117; Giuseppe ¥\a.yÌQ,Antich. Oetid.^XVIl, 12,8; Eckel, III^
?75; Borghesi, Oeuvres. I, 306, 309-310.
Il
Gap. I.] COSPIRAZIONE E SOLLEVAZIONE DI ARMINIO. 225
Fóro giudica le liti con leggi ignote e odiose al paese;
e pone tributi come tra popolo schiavo. Quindi nei fieri
animi si ridesta più terribile l'ira contro la prepotenza
straniera: m^ dissimulando per aver sicurezza ai loro
disegni, si mostrano tranquilli e sommessi, e cospirano.
Più ardente di tutti è Arminio, figlio di Segimero prin-
cipe dei Cherusci, giovane forte di mano, pronto d'in-
gegno, parlatore facondo, e spirante l'ardore dell'animo
dai detti, dagli occhi e dal volto. Apprese già la milizia
tra le armi^romane, e fu privilegiato della cittadinanza
e del grado di cavaliere. Ma tenendo in cima ad ogni
pensiero la hbertà del luogo nativo, a conquistarla volge
tutto r ingegno e il coraggio , e rende il suo nome im-
mortale. Mette il suo entusiasmo negh animi altrui, trae
molti ai suoi forti consigU, e ordisce larga congiura.
I cospiratori conversano come amici con Varo, stanno
spesso a sua mensa, lo occupano nei giudizi di loro con-
tese, pongono ogni cura per dargli a credere che i Ger-
mani possono esser tenuti soggetti senza usare le armi,
e più che mai lo eccitano a divider sue forze col man-
darle a trasportar vettovaglie, a presidiare i deboh, a
dar la caccia ai ladroni. Segeste, zio d' Arminio e suo
fiero nemico perchè il giovane gli ha rapito la figlia
Tusnelda, tenta invano di scuotere Varo denunziandogli
la trama ordita contro di lui. L'indolente proconsole,
tenendosi amato dai Germani per suoi beneficii, non dà
ascolto agli avvisi amichevoli, crede ai nemici che per
trarlo in aguatò gli annunziano una imaginaria rivolta
scoppiata in paese lontano, e si mette subito in moto
per correre a schiacciare i ribelli. I congiurati offertisi
guidatori alla marcia lo mettono per difficili passi, e poi
allontanatisi sotto colore di raccogliere aiuti per lui^
vanno a sollevar le tribù già preparate allo scoppio, e
le conducono al macello dell'aborrito straniero.
Per la grande foresta di Tefltoburgo, fra le sorgenti
226 I ROMANI NELLA SELVA DI TEUTOBURGO. [Lirs. VII.
della Luppia {Lippe) e dell' Amisia {Ems) in Vestfalia (^),
per ìjioghi ingombri da paludi, da dense e altissime
selve, senza via a schiere seguite da numero grande
di carri e di jiiacchine, l' improvido duce romano com-
battuto da piogge dirotte e bufere, e da un diluvio di
barbari alla fronte, ai lati, alle spalle, e ritardato tra lo
scemare continuo dei suoi e il crescere delle orde ne-
miche, non ebbe modo di scampo. Dapprima riuscì a
piantarsi sopra selvosa altura dove anche oggi riman-
gono le tracce degli accampamenti e del vajlo di cui le
genti vicine parlano con superstiziosa paura, e vi girano
attorno da lungi credendo il luogo infestato da appari-
zioni di spiriti ^ Nel giorno seguente, arsi o lasciati
carri e bagagli, si avanzò in luogo sgombro di alberi:
jjoì di nuovo per mezzo ad angustie di gole e di selve
fra l'incessante tempestare dei venti, delle piogge, e de-
gli strali nemici. Alla fine su paludoso terreno dove Ar-
minio aveva raccolto il più grosso sforzo dei suoi, in
{^) Negli ultimi 50 anni molto fu studiato d;ii Tedeschi sul sito e sulle
particolarità della disfatta di Varo nella foresta di Teutoburgo {Saltus
Teutoburgensis) tra le antiche sedi del Bructeri, dei Marsi e dei Che-
rusci nell'odierno circondario di Bechwn, non molto lungi da Mùnster.
Dal 1821 al 1874 si contano più di 70 scritture,' tra cui citiamo: Masz-
mann, Arminius Cheroscorum dux, ac clecus, Uberator Germaniae, ex
collectis veterum locis , Lemgoviae 1839; Gièfers, De Alisone castello
de^ue cladis Varianae loco, Crefeldiae 1844; Essellen, Ueber den Ort
der Niederlage der Romer unter Yarus, Hannover 1853. — Bas ròmi-
sche Castell Aliso j der Teuioburger Wald, und'die Pontes Longi,
Hannover 1857. — Ueber den Ort der Varusschlacht, Hamra 1863. —
Geschichte der Sigambern und der von den Rdmern bis suni Jaìire 16 n.
dir. im nordwestliclien Deutschland gefiihrten Kriege, Leipzig 1868. —
Bas Varianische Schlachtfeld ini Kreise BecJium, Berlin 1874; Bòttger,
Ein sicherer Fùhrer durch das Gebiet der am ztoeiten Tage endenden
Schlacht ziir Vernichiung des rómischen Heeres im Jahreg nach Chr.
durch den Cheriiskenfilrsten Hermann, Hannover 1874.
* Bòttger, Ein sicherer Fichrer^ pag. 52.
Gap. I.]
DISTRUZIONE DELLE LEGIONI DI VARO.
227
piccolo e mal fermo
campo fu l'estrema
atrocissima lotta.
Varo e i principali
dell'esercito già fe-
riti e disperati di
ogni salute per sot-
trarsi agli oltraggi
del vincitore si det-
tero di propria ma-
no la morte. Dei
soldati rimasti sen-
za comando fu me-
nato esterminio.
Tre intere legioni
con cavalli", fanti e
ausiliarii caddero
distrutte dal furore
di Arminio. Le tre
aquile
e tutte le
'02. di
msegne rimasero
trofei del nemico.
Dei prigioni alcuni
appiccati agli albe-
ri, 0 offerti vittime
agli Dei dei Ger-
mani : altri rima-
sero per 40 anni
schiavi tra i bar-
bari 2. Il cadavere
di Varo fu dissot-
terato e sconcia-
mente straziato. Po- Distribuzione delle truppe nel medesimo campo (Bòttger).
1 Tacito, I, 60, II, 25; Dione, LX, 8. Conf. Floro, IV, 12, 3S.
2 Seneca, Epht., 17, 8 ; Tacito, XII, 17.
228 SGOMENTO E PROVVEDIMENTI DI AUGUSTO. [Lib. VII
chi ramyighi poterono ripararsi al castello di Alisene ove
furono fortemente assediati e presto ridotti agli estremi:
ma quando il vincitore più che ad altro attese alle prede,,
essi, condotti dal prode Lucio Cedicio, coli' arte e col ferro
si apriron la via, e giunsero a scampo sulla sinistra del
Reno accolti dal legato L. Asprenate comandante di due
legioni il quale governandosi con energia e con senno
impedì che dopo il disastro la rivolta passasse oltre il
fiume, come senza dubbio era nei pensieri di Arminio
€he, cupido di schiacciare da ogni parte i Romani, mandò
la tronca testa di Varo a Maroboduo per eccitarlo a le-
varsi in armi di nuovo: ma il capo dei Marcomanni ge-
loso dell'uccisore delle legioni non rispose all'appello,
mandò la tronca testa ad Augusto, e salvò Roma da
più grosso pericolo '.
All' annunzio di questa disfatta, la più atroce e vitu-
perosa dopo quella di Crasso , se i più dei cittadini ora-
mai avvezzati a non curarsi delle cose pubbliche si mo-
strano apatici, Augusto diviene quasi forsennato: si
straccia le vesti,- batte la testa nel muro, richiede a Varo
le sue legioni, per più mesi non taglia ne capelli né
barba, si raccomanda a Giove con voti, come a tempo
delle guerre dei Marsi e dei Cimbri. Ma prende anche
forti provvedimenti: mette la città come in stato cV m-
sedio affinchè il popolo non si levi a rumore, caccia via
tutti i Galli e Germani usati come sue guardie del corpo,
o stanziati a Roma per altre faccende, pone ogni cura
a radunar nuovo esercito, e fortemente combatte contro
i resistenti a suoi ordini. A molti dei chiamati alle armi
che non fanno risposta il principe dà nota d'infamia, e
gli spoglia dei beni: e come questo non basta, egli a spa-
vento di tutti ne condanna alcuni alla morte ^. I forti
» Velleio Patercolo, II, 117-119; Strabene, VII, 1; Tacito, i4nM., 1,61,62, II, SS; Sy«-
tonio, Tib.^ 17; Dione Cassio, LVI, 18-22; Zonara, X, 37; Floro, IV, 12, 30-39; I'"rontSno,
Slratag., IV, 7, 8.
2 Svctonio, Aug.^ 23; Dione, LVI, 23; Aurelio Vittore, Epit.. 1 ; Orosio, VI, 21.
Gap. li TIBERIO CONDUCE NUOVE LEGIONI SUL RENO. 229
animi dekpopolo già famoso pel suo coraggio crescente
nelle sciagure, ora nella servitù sono caduti bassi così,
che per rialzarli abbisogna il carnefice.
Alla fine messi insieme veterani e liberti, Tiberio con
Germanico mosse (763) alla testa di essi verso i quar-
tieri del Reno ove l' impero di «Roma era tornato agli
antichi confini. E ivi per lungo tempo attese a discipli-
nare fortemente 1 nuovi soldati, a rialzare gli animi dei
vinti, a rifornire le legioni delle macchine e delle armi
perdute, e a metterle in grado di tornare animose sui
campi. Fece anche qualche scorreria tra i Germani, bruciò
i loro abituri, e ne messe a guasto le terre, ma per lo
più si tenne sul Reno, e procedendo molto rispettivo non
osò d'internarsi ne di assalire alcun luogo forte, come
pure i nemici non osavano di venire alle mani con lui *.
Poscia rientrò in Roma (765) al trionfo già differito
per le vittorie sui Pannoni e sui Dalmati, e trionfò ac-
compagnato da Germanico e dagli altri legati che per
quelle imprese ebbero le insegne trionfali; e prima di
volgersi al Campidoglio, sceso dal carro andò a inginoc-
chiarsi davanti ad* Augusto che presedeva alla pompa
trionfale Q").
(«) Svetonio, Tib., 17 e 20: Velleio Patercolo, II, 121 -, Ovidio, Ex Ponto,
li, 1, 19 e segg., PI, 2, 81-84; Masson, Ovid. vita, ann. 765.
Ciò vedesi anche nel cammeo di Vienna, insigne opera d'arte di cui
diamo il disegno. Nella parte superiore è un carro trionfale guidato dal
Genio delja Vittoria, d'onde scende Tiberio per andare a rendere omaggio
ad Augusto, (^esti, assiso accanto alla Dea Roma coperta di elmo e ar-
mata di asta, tiene il lituo nella destra e lo scettro nella sinistra, ha
sopra di sé il Capricorno sua costellazione natalizia: e una donna di fi-
gura ideale gli pone sul capo una corona di lauro. L'altra donna col
cornucopia assisa più abbasso è la Dea Abbondanza qui posta a perso-
nificare la pubblica prosperità procurata dal principe. Il giovane guerriero
Svetonio, Tib., 18-19; Velleio Patercolo, II, 120-121; Dione, LVI, 21-25.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 29
230
TRIONFO SUI PANNONI E DALMATI.
[LiB. VII
Germanico esercitò nel medesimo anno l'uffiiio di con-
sole, e come per le sue prodezze era caro alle milizie
sui campi, pei suoi modi umani e civili divenne più caro
al popolo che in lui riponeva le sue migliori speranze.
Tuonfo di Tiberio nell'insigne caiimieo di ^ lenna (Da Fotografia).
L' imperatore pose in sua mano la difesa della frontiera
più importante dell'Impero alla (^uale egli si recò con-
ducendo seco la sua sposa Agrippina, figlia di .Giulia e
di Agrippa, associata d'ora in poi a sue glorie e scia-
che sta in piedi tra Roma e il carro trionfale è Germanico, riconosciuto
al suo sembiante simile a quello impresso sulle medaglie.
Nella parte inferiore del quadro si vedono legionari! occupati a inal-
zare un trofeo di armi nemiche, verso il quale altri trascinano i barbari
vinti. Vedi Mongez, Iconogr. Rom., voi. II, pag. 59-66, pi. XIX bis, e
Maffei, Miis. Veron., pag. CCXLV.
Cap. I.j GERMANICO, TIBERIO, AUGUSTO, AGRIPPA E LIVIA. 231
gure *. In appresso noi lo vedremo correre altre fortune
alla testa di otto legioni sul Reno: ma Augusto non ve-
drà né i pericoli, né le vittorie del prode figlio di Druso.
N^l raccomandare Germanico al senato elevò Tiberio
a suo collega nel -potere supremo facendogli rinnuo vare
la potestà tribunizia 2, e in sue lettere gli die grandi lodi
per gli alti servigli resi come vigile e sapiente duce al-
l'Impero.
Ma in modo diverso parlava con altri di lui, biasimando
palesemente i suoi aspri costumi, e compiangendo le
sorti del misero popolo sotto un uomo di tempra si
cruda. 3. E parve pentito di averlo posto si alto, se è \7er0
che di nuovo volgesse l'aniioo al nipote bandito.
Andò fama che njei giofni estremi, dolente della soli-
tudine della sua casa pensasse a ri-
chiamare presso di sé Agrippa Po-
stumo, l'ultimo dei suoi sacrificato
alle ambizioni di Livia. Perciò dicono
che si recò segretamf nte a visitarlo
alla Pianosa, e che gli fece calde di-
mostrazioni di affetto, da cui stima-
vasi che presto lo .richiamerebbe alla Agripim Postumo in moneta
corte. Testimone di questo se^freto di Corinto (3io«^e^.
. ■■• ^ Icon. Rom... pi. 20, u. 8).
lu solamente il senatore Fabio Mas-
simo, che con suo danno lo rivelò alla moglie Marzia, da
cui fu ridetto a Livia. È facile a credere che questa usò
tutte le arti sue per render vani i pentimenti del vecchio
marito. Essa avrebbe fatto sparire Fabio, partecipe in-
comodo di un gran segreto di Stato, e mancato in fatto
poco appresso di morte stimata non naturale, come nei
suoi funerali attestavano i lamenti di Marzia; e per im-
pedire in qualunque modo il ritorno dell'esule, emulo di
J Velleio Patercolo, II, 123; Svetonio, Awgr., 64, Calig.. 1, 3, 7 e 8 ; Tacito, Ann.. 1,3.
« Dione, LVI, 26 e 28; Tacito, Ann., I, 3.
3 Svetonio, Tib.., 21.
232 MALATTIA E MORTE D'AOGUSTO. [Lib. VII.
Tiberio, affrettò, secondo i rumori d'allora, la morte
d'Augusto. Niuna di queste accuse date a Livia dalla
voce pubblica è accertata; ma ella era temita capace di
tut^o per assicurare l'impero al figliuolo; e il- suo con-
tegno dopo la morte del marito, e l'uccisione di Agrippa,
che fu il primo fatto del nuovo principato, dettero fon-
damento ai &x)spetti popolari *.
Comecchessia, Augusto mentre recavasi ad accompa-
gnare fmo a Benevento Tiberio, che andava in llliria
per assicurarvi la pace, fu preso in Astura da flusso
di ventre. Quantunque travagliato corse a diporto le
liete rive di Napoli e le vicine isole trattenendosi pia-
cevolmente per quattro giorni nel recesso di Capri. A
Pozzuoli fu accolto con augurii festosi dai marinari giunti
allora su nave alessandrina nel porto; assistè a giuochi,
a feste, a conviti; si mostrò allegro, fu largo di doni.
Poscia proseguito il viaggio a Benevento, nel ritorno
alla fine fu costretto dal crescer del male ad arrestarsi
a Nola. Livia con lettere pressanti lichiamò Tiberio en-
trato appena in llliria, chiuse la casa con strette guardie,
né ciò che dentro accadeva si seppe mai, finché una sola
voce annunziò la morte di Augusto e la elevazione di
Tiberio.
Narrano che Augusto sentendo avvicinar la sua fine
domandò se per causa di questo nasceva tumulto al di
fuori; quindi si fece dare uno specchio per acconciarsi
^ i capelli e la faccia, e domandò agli astanti che lo applau-
dissero se aveva fatto bene la sua parte nelkrcommedia
AmnidiRo- <^^^^ '>iiondo. E poscia lincenziato ognuno, morì fra le
g^J/'iY'^' braccia di Livia, nella stanza medesima, ove già era
morto Ottavio suo padre -.
I decurioni delle città municipali e delle colonie por-
» Tacito, Ann., I, 5; Dione Cassio, LVI, 29-30; Plutarco, Della garrulità. II.
^ Tacito, Ann., I, 5-, Svetonio, 97-100; Dione Cassio, LVI, 2e-31. Conf. Velleio Pater-
colo, II, 123.
Gap. L] suo TESTAMEìNTO. 233
tarono il cadavere da Nola a Boville, ove fa accolto dai
cavalieri, che lo deposero a Roma nel vestibolo della casa
imperiale. Prima dei funerali .fu letto in senato il testa-
mento, in cui lasciava per suoi eredi primi Tiberio e
Livia, cioè quello di due terzi, e questa di un terzo del-
l'aver suo; per secondi chiamava Druso di Tiberio e Ger-
manico e i suoi tre figli maschi; e in terzo luogo molti
parenti, e per boria anche alcuni cittadini da lui odiati.
Al popolo romano legava 40 giiUoni di sesterzi (7,951,910
lire italiane), alle tribù tre milioni e mezzo (695,792), a
ogni pretoriano mille (198), a ogni soldato delle coorti
urbane cinquecento (99), a ogni legionario trecento (59).
Fece legati a senatori, a cavalieri, e anche a re, e quan-
tunque ad alcuni lasciasse fino a due milioni di sesterzi
(397,595 lire italiane) è lodato di non aver trapassato in
ciò i modi civili; ed egli stesso si scusava dei piccoli la-
sciti colla sua mediocre fortuna, dichiarando che ai suoi
eredi non andrebbero più di 150 milioni (29,819,662 lire
ital.) dopoché aveva speso, come disse, a prò dello Stato
due patrimoni paterni e 4 miliardi di sesterzi (795,191,000
lire ital.) avuti in legato dai testamenti degli amici negli
ultimi venti anni '.
Col testamento furono letti anche tre volumi, nel primo
dei quali prescriveva il da farsi nei suoi funerali, nel se-
condo dava l'indice delle sue gesto, e nel terzo facea un
quadro delle forze e delle rendite pubbhche, ed era, come
oggi direbbesi, la statistica dell'Impero.
Dell'indice delle sue geste perì l'esemplare che, inciso
nel bronzo, fu posto per epigrafe, come egli aveva ordi-
nato, davanti al suo grande sepolcro. Ma le città delle
province che a lui divinizzato inalzavano templi , ivi
scolpirono sui marmi questo documento importante il
quale cosi giunse a noi nella massima parte. Nel pronao
1 Tacito, Ann.^ l, S; Svetaiio. 101; Dione, LVJ, 3?.
234
MONUMENTO D'ANCIRA.
LiB. VII.»
del tempio sacro a Roma e ad Augusto nella città di
Ancira (Angora) in Galazia se .ne scoprirono nel secolo
Tempio di Roma e d'Augusto ad Ancira, com'è di presente (Perrot).
decimosesto alcuni frammenti in latino e in greco : poi
per nuove e più accurate ricerche si ritrovò quasi tutto («).
(«) Per la storia del testo latino, come della traduzione greca ti-ovata
pure ad Ancira e in parte ad Apollonia {Oluburlu) di Pisidif ; per le
copie fatte sul luogo dal 1554 al 1862; per le molte stampe puljblicate
dal secolo decimosesto al decimonono; e per le moltiplicate ricerche, e
per tutti i lavori critici con cui viaggiatori e filologi tedeschi, olandesi,
inglesi e francesi ridussero alla maggiore perfezione possibile il Monv-
mento Ancirano, vedi Egger, Examen criiique des historiens anciens
de la vie et du regne d'Auguste, Paris 1844, pag. 412-456; Cacsaris
Augusti index rerum a se gestarum sive Monumcntum Ancijranum ex
reliquiis graecae inierpretationis restituii Ioannes Franzius , comen-
tario perpetuo instruxit A. W. Zvniptius , Bertlini 1845; Res gestoe
Cai'. L] monumento D'ANCIRA. 235
E ora mercè gli studi pazienti e sapienti della critica epi-
grafica e storica abbiamo con poche lacune questo te-
stamento politico in cui il vecchio principe negli ultimi
mesi della sua vita vantando con latina magniloquenza
le glorie della "sua sapienza civile ricordò le opere del
suo lungo regno ; le vendette per lui menate degli ucci-
sori di Cesare, le sue riforme militari e civili, le grandi
largizioni a cittadini e a soldati, le colonie poste in ogni
provincia, la città divertita con sontuosi spettacoli e
fatta splendida di templi, di teatri e di portici; le sue
vittorie e i trionfi su tutti i nemici, l'Egitto aggiunto al
dominio di Roma, f Impero allargato fino aU'Elba e al-
l'Oceano, le insegne di Crasso riavute dai Parti, il tem-
pio di Giano chiuso tre volte, le grandi dimostrazioni,
le magistrature, i sacerdozii, la corona civica e il titolo
di padre della patria avuti dal senato e dal popolo.
Tiberio e Druse lo lodarono con orazioni funebri nel
Fóro. Senatori, consoli e cavalieri gareggiarono di falsità
e di dimostrazioni servili, studiandosi., dice Tacito, di
non parer lieti della morte dell'un principe, né tristi del
principio dell'altro. In senato fu proposto che il funerale
divi Augusti ex monumentis Antijrano et Apolloniensi edidit Th.
Mommsen, Berolini 1865; Perrot, Exploration archéologique de la Ga-
latìe et de la Bithynie, Paris 1872, voi. I, p. 243-266, e voi. Il, pi. 25-29,
il quale colle sue nuove ricerche ad Ancira raccolse un testo più com-
piuto e più corretto di ogni altro, ne détte una bella tradi^zione francese, e
riprodusse con Ogni particolarità le rovine del tempio in cui fu ritrovato.
Altri coll'aiuto di questo documento dettero giudizi diversi di Augusto
e delle opere sue. Vedi Gaston Boissier, Le testament politique d'Atc^
gusle, in Revue des deux mondes, avril 1863, pag. 734 e segg., e Beulé,
in Journal des savants, 1873, pag. 209-216. Il Mommsen illustrando da
par suo la grande epigrafe si limitò a dire d'Augusto queste notevoli
parole: Arcana imiìerii in tali scripto nemo sanus quaeret, sed ea quae
populum universum et pleheculam maxime de se credere vellet impe-
rator aitimi callidi magis quam siiblimis, quique magni viri personam
apte gesserit, ipse non magnus.
236
ONORI FUNEBRI.
LiB. VII.
passasse per la porta trionfale , che il corpo fosse por-
tato al rogo sulle spalle dei senatori , preceduto dai ti-
toli delle leggi fatte, e dai nomi dei popoli vinti, e seguito
dalle statue dei suoi avi e parenti, e di tutti i Romani
più illustri cominciando da Romolo. Il cadavere fu arso
con gran pompa e apparato di armati nel Campo Marzio :
e le ossa raccolte da Livia furono ivi poste nel grande
Mausoleo d'Augusto restaurato da L. Canina {Edif., IV, lav. 2S3-286).
Mausoleo che egli aveva splendidamente edificato a se
stesso e ai suoi, nel quale già stavano Marcello, Ottavia,
Agrippa, e i giovani Caio e Lucio, figli di Agrippa e di
Giulia. Un'aquila posta sulla cima del rogo volò allo scop-
piare delle fiamme; e dissero che portava via l'anima
celeste di Augusto, che secondo gli storici di corte tor-
nava alla sua prima sede ("). E un Numerio Attico, che
C) Velleio Patercolo, 123, dice: animam coelestem coelo ì^eddidit.
I
Gap. I.] APOTEOSI. 237
giurò di aver veduto quell'anima volare al cielo, ebbe in
premio un milione di sesterzi (198,797 lire ital.) da Livia.
Per ordine di Tiberio e di Livia fu posta al morto una
statua d'oro nel tempio di Marte perchè i cittadini po-
tessero fargli offerte d'incenso. Come a un Dio gli ordi-
narono un tempio anche a Roma con culto, e cerimonie
e sacerdozii, e giuochi aiigiistali : e Livia divenuta Giulia
ed Augusta, e, fatta sacerdotessa del Nume, armata di
littori, presedè al culto dell'uomo già da lei governato
ed eccitato alla rovina de' suoi. Fu convertita in tempio
anche la casa di Nola dove egli morì, e da ogni parte si
moltiplicarono le feste e i sacerdoti augustali (").
Così finì a 76 anni onorato e deificato l'uomo, che dopo
aver pacificamente compiuta la grande opera dell' ordi-
namento delle conquiste , incurante o improvvido del-
l'avvenire, lasciò aperta la via al più feroce dispotismo
che mai flagellasse l'umanità. Sorto a nome- del popolo
non gli lasciava alcuna guardia contro la servitù, e non
previde che i soldati, rimasti unica forza dei nuovi or-
dini, diverrebbero tiranni anche dei principi. Incredulo
a tutto, aveva pensato solamente all'utile proprio, e ogni
sua cura fu di prendersi tutto sotto le apparenze di non
voler nulla e di sacrificarsi al pubblico bene: ogni studio
rivolse a bene rappresentare una lunga commedia. L'u-
manità, la virtù e la morale erano per lui una vana
rappresentazione teatrale, e l'uomo un attore. E neppure
nel suo più solenne momento smentì questo tristo pen-
siero. Dal letto di morte chiedendo plauso alla commedia
da lui recitata per 40 anni rivelò il segreto di tutta la
{^) Pei vari giudizi degli uomini sul principe morto, e per le partico-
larità degli onori funebri, dell'apoteosi, e dei sacerdoti destinati al suo
culto, vedi Tacito, Anwa^., I, 9-10 e 54, II, 83, Hist., II, 95; Dione, LVI,
30-47, LVIII, 12, LIX, 7; Svetonio, Aug., 100-101, e Claucl, 6; Velleio
Patercolo, II, 75; Petronio, Sai., 30; Grutero, InscriiH., 431, 1; Noris,
Cenotaphia Pisana, I, 6.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 30
23S
APOTEOSI.
[LiB. VII.
vita, e la regola con cui governò le sue operazioni. Se-
natori, consoli, cavalieri, e popolo e plebe comprati dalle
sue largizioni plaudirono e deificarono il gran comme-
diante, e nelle colonie, nelle città d'Italia e delle pro-
vince continuarono, alcuni di buona voglia, altri a loro
malgrado, a erigergli statue, e templi e sacrarii con sa-
cerdoti destinati al suo culto, come vedesi da iscrizioni
e medaglie, in cui fu rappresentato anche col fulmine,
attributo di Giove *. E anche tra le generazioni lontana
Apeteosi d'Augusto (Frammento di antico cammeo).
continuò il rumore di quei plausi e l'ammirazione al-
l'uomo, che dalla via del sangue passato a qfuella dei
sottili accorgimenti, delle ipocrisie e di tutte le tristi
arti di volpe giunse a farsi benedire per opere, che ad
altri fruttarono l'infamia della rupe Tarpeia, e che nel
suo egoismo è fama finisse contento, pensando che lo
desidererebbero dopo la morte a causa delle crudeltà del
successore eletto da lui ^.
l Eckel, Doctrina num. vet.^ VI, 87 , e sopra, pag. 73-71. Pel cammeo coU'apoteosi
d'Augusto vedi Mongez, Icon. Rem., voi. II, pag. 157-172, pi. 2G, e King, Antique gems.
London 18G0.
* Tacito, Ann.^ I, 10; Svetonio, Tib., 21; Dione, LVI, 15.
Gap. L] L'OPERA DI AUGUSTO. 23c>
La sua vita fu tutta una grande menzogna: e anche
quando nel suo testamento politico scrisse che dopo
spente le guerre civili rese al senato e al popolo l'ar-
bitrio della Repubblica datogli dall'universale consenso,
e che d'allora in poi, superiore agli altri in dignità, non
sovrastò mai di potenza ai suoi colleghi nei pubbhci uf-
fici *, inentiva sapendo di essere padrone assoluto di tutto,
e lasciava un'eredità dannosissima ai suoi successori e
all'Impero, cioè una potenza senza sostegno di istituzioni
vitali, e senza freno di leggi, esposta ai capricci e alle
follie di un despota deificato, il quale dalla sua vertigi-
nosa altezza darà in infamie e in atrocità non più viste.
L'Impero lasciato così in balìa della fortuna non pro-
tegge i deboli contro i potenti, come a torto fu detto:
opprime e fa vili tutti, disusa i cittadini dalle pubbliche
cure e dalle armi, fa i sudditi e i principi servi di mi-
lizie comprate, crea il tipo del governo in cui il principe
è un Dio, e il popolo prostrato ai suoi piedi una bestia
da macello e da soma. Questa è l'opera della sapienza
politica e della lunga commedia del divo Augusto.
l Momun. Ancyr.j VI, 13-23.
CAPITOLO 11.
'Gli imperatori della casa d'Augusto. — Tiberio. — Sollevazione degli
eserciti in Panaouia e sul Reno. — Imprese di Germanico. — Governo
di Tiberio nei primi anni. — Germanico muore in Oriente. — Pubblico
lutto e vendette. — Politica di Tiberio nelle faccende esteriori. — La
legge di maestà e i delatori. — Accuse e condanne. — Brutture e
atrocità del senato adulante al tiranno. — Sciano, primo ministro, usa
la sua potenza a distruggere tutti i successori all'Impero. — Grandezza
e rovina di lui. — Sterminati anche i suoi fautori — Tiberio carnefice
crudelissimo. — Terrore universale. — Sciolto ogni vincolo di umano
consorzia. — Morte del feroce e sozzo tiranno. — Gli succede Caligola.
— Allegrezza del mondo. — Buon principio e pessimo fine. — Gli uo-
mini straziati e rubati da un pazzo feroce e osceno. — Profusioni e
rapine. — Imprese ridicole. — Caligola si fa Dio. — Ucciso dal pu-
gnale di Cherea. — Vani tentativi per restituire la Repubblica. — Al
frenetico succede un vecchio tenuto imbecille. — Claudio fatto impe-
ratore dai soldati. — Il governo in mano ai liberti. — Imprese al di
fuori. — Leggi, riforme, e opere pubbliche. — Ati'ocità e infamie di
corte. — Messalina e Agrippina. — Claudio ucciso di veleno. — Im-
pero di Nerone.
(Anni di Roma 7C)7-821, di Cristo 14-G8).
__iJ»^ra le genti antiche sopravvissute in Roma
a tanto volgere di casi, una delle \nu singo-
lari era quella dei Claudii, già fautori ardenti
V" CO dei privilegi patrizii, crudeli alla plebe, cele-
Ijrati per numero grande 'di consolati e trionfi,
autori di opere egregie e di tristi fatti, fecondi
di eroi e di solenni ribaldi , e anche di donne famose
Gap. IL] I CLAUDII E TIBERIO. 241
per virtù egregie e per superbie oltraggiose. Di loro fu
il vecchio Cieco che fieramente eccitò gli animi alla
guerra di Pirro, e Claudio che cacciò i Cartaginesi di
SiciUa, e l'altro più famoso per la grande sconfitta di
Asdrubale. Da un altro lato la famiglia vide alcuni dei
suoi condannati per ladri e per omicidi : e Roma fu ti-
ranneggiata da Appio Claudio, insidiatore di Virginia, e
sconvolta da Clodio demagogo feroce *.
Da questi superbi discendeva per padre e per madre
Tiberio Claudio Nerone, che portò sul trono la dissimu-
lazione , la feroce libidine , e la inestinguibile sete del
sangue. Da Svetonio sono narrati i casi pericolosi che
egli corse da fanciullo, quando coi parenti esulava fug-
gendo le ire del vincitore di Perugia. E noi vedemmo
già come Livia sua madre gli aprisse poscia la via alla
suprema potenza, quali servigi egli rendesse colle armi
all' Impero, e quali varietà di fortune corresse fino alla
morte di Augusto. Nel 4848 si disse ritrovata a Magonza
la spada che fu strumento della vittoria d'Augusto, e ri-
mase splendido ricordo delle felicità di Tiberio (''). Co-
(") Vedi Lersch, Das sogennante Schioert des Tiberius , Bonn 1849;
Henzen, Bull. Istit., 1849, pag. 87-89; Bergk, in Gerhard Denkmàlern,
1849, II, pag, 61-64; Klein e Becker, Bas Schicert des Tibevius, Mainz
1850; Cavedoni, in Annal. Istit., 1851, pag. 227, e Bull., 1851, p. 155.
La spada ricca di bei lavori d'oro e d'argento è pei suoi bassirilievi
un monumento importante sotto il rispetto artistico e storico. Nella parte
superiore del fodero, secondo i primi illustratori, sta assiso Tiberio, ap-
poggiato colla sinistra a uno scudo colla scritta felicitas tiberi, e sten-
dente la destra ad accogliere una piccola Vittoria dalla mano di un gióvane
guerriero creduto Germanico. Dietro a Tiberio si avvicina scendendo quasi
dal cielo una divinità femminile avente al sinistro braccio uno scudo colle
parole vie. aug. {Yictoria Augusti), e nella mano destra una lancia.
Nel bassorilievo inferiore la figura f eminile quasi danzante, idealizzata
nel viso e nell'attitudine, con scure bipenne nella destra e lancia nella
siaistra, creduta un'Amazzone dal Lersch e la Germania da altri, si tiene
l STetonio, Tib., 1 e 2.
242
LA SPADA DI TIBERIO.
LiB. VII.
miinqiie sia , Tiberio Claudio Nerone
aveva mostrato valore e senno capaci a
condurre gli eserciti alla vittoria sulle
Alpi, in Germania e in Pannonia.
Era allora nei 56 anni. Corpo ampio e
robusto: statura più che ordinaria; largo
nelle spalle e nel petto, ben proporzionata
in tutte le membra; grandi occhi che ve-
la Viiidelicia o la Rezia dal Bergk, dal Klein, dal
Cavedoni e dal Becker sull'autorità d'Orazio {Od., I\%
4, 17) che dice costume dei Reti e Vindelici di andar©
colla destra armata di ^cz<re Atnasonia, e sulla tra-
dizione (Servio, Ad Aen. , I, 243) che alle Amazzoni
riferiva l'origine di questi popoli alpini.
Secondo questi ultimi interpreti nel bassorilievo
superiore l'imperatore assiso è Augusto, e il giovane
che gli porge la Vittoria è Tiberio al quale fu donata
da Augusto medesimo questa splendida spada d'onore
per la vittoria da lui riportata con Druso sopra i
Reti e Vindelici.
La '^lada di Tiberio e du ■ Ijn.ss'.riliovi di cs :>. '^rrsch e Klein).
Cap. IL] I^s'DOLE, STUDI E COSTUMI DEL NUOVO PRINCIPE. 243
devano anche all'oscuro ^ In lui grande conoscenza, e
lunga esperienza dei pubblici affari: alto, sottile ed astu-
tissimo ingegno nutrito di studi liberali: scrisse versi,
memorie, orazioni, ma poneva gran cura ad oscurare lo
stile coll'affettazione delle parole recondite e viete, e ad
essere studiosamente enimmatico ^^ precursore di chi
disse, la parola essere data all'uomo per celare il pensiero.
Pure di buon'ora apparvero e la mala natura 'e le sue in-
clinazioni feroci, quantunque usasse grand'arte a tenerle
celate. Teodoro Gadareo, suo maestro di rettorica, lo disse
fino da giovinetto fango impastato col sangue ^. E appena
chiamato alle faccende lasciò trasparire i tristi pensieri
del cupo animo chiedendo pene tiranniche contro gli
autori di liberi scritti ^ Già correva la fama di sue ire,
e superbie, e crudeltà, e simulazioni, e soppiatto libidini ;
e i soldati, poscia ammiratori di sua prodezza nei campi,
dissero quale fosse stato in principio la sua intemperanza
nel bere mutandogli i nomi di Tiberio Claudio Nerone in
quelli di Biherio Caldio Merone {"").
Appena spirato Augusto, pei segreti apparecchi di Livia
ebbe in mano le guardie e l'erario, e cominciò il regno
con un delitto. Fece assassinare Agrippa Postumo alla
Pianosa : e quando vennero a dargli notizia del fatto ,
disse che non aveva ordinato nulla, e che dovevasi ren-
derne conto al senato: ma la finta minaccia fu tosto la-
sciata da banda.
Tutti giurarono fedeltà al nuovo imperante , ed egU ,
quantunque avesse preso subito l' impero, e provveduto
(") Tacito, Ann., I, 4, e Svetonio, Tib., 42, che ricorda anche le sue
orgie quand'era censore , e i premi dati ai bevitori più intrepidi. Vedi
anche Plinio, XIV. 28, e Seneca, Epist., 83, 13.
1 Svetonio, Tih., 68; Plinio, XI, 51.
2 Svetonio, Tib.^ 8, 61, 70, Aug. 86 Tacito, Am«.> XIII, 3; Dione, LVII, 1.
3 Svetonio, Tib., 57.
* Svetonio, Aug.^ 51.
244 ANCORA LA COMMEDIA DEL NON VOLERE L'IMPERO. [Lib. VIL
cogli eserciti a sua sicurezza e mantenuto ogni uso di
corte, fece sembiante di non esser nulla, di non volere
il comando come faccenda troppo grave per lui: propose
di dividerlo coi cittadini, rimproverò loro di non sapere
qual fiera hestia fosse Vimjìero, e dopo avere con sommo
studio avviluppato le intenzioni dell' animo , alla fine ,
quasi sforzato dalle suppliche , cessò di negare , sospi-
rando tuttavia al tempo in cui volessero dare qualche
riposo a sua vecchiezza *. Era la vecchia commedia di
Augusto rifatta ora per nuove ragioni, tra cui entrava
anche la paura di Germanico , forte dell' amore del po-
Anni di Ro- polo 6 di otto Icgioui 6 di molti ausiliarii sul Reno. Esitò
o-V.?!/^* anche per parere eletto all'impero e non portatovi da
intrighi donneschi, e dalla tarda adozione di un vecchio:
e anche per aver modo a studiare gli atti e i volti e i
segreti intendimenti dei grandi , e a notare speranze e
timori, e coglierne pretesto a future vendette ^.
Del resto incontrò subito non piccole difficoltà nel-
r esercizio dell' ambita potenza : perocché se a Roma il
popolo si mostrava non curante della servitù , e il se-
nato non aveva altra faccenda che adulare vilmente il
nuovo signore , gli eserciti al di fuori rumoreggiavano
fieramente. E in breve giunsero novelle delle legioni sol-
levate in Pannonia e in Germania.
Le cagioni erano le medesime in tutti. I soldati, sen-
tendo in loro mano tutta la potenza di Roma , e la fa-
coltà di dare e toglier gU imperi, non volevano più tol-
lerare lor dure sorti, il troppo lungo servizio, il piccolo
soldo, i premi mal resi, i duri trattamenti dei capi. Prime
si levarono le tre legioni di Pannonia eccitate da uomini
turbolenti a farsi innanzi coi preghi o colle armi al prin-
cipe nuovo e mal fermo. Giunio Bleso, loro duce, non potè
contenerli per grida o minacce: riuscì solamente a per-
> Tacito, Ann., I, r.-8 e 11-13; Svetonio, Tib.. 21; Dion-', I.VII, 2.
* Tacito, Ann., I, 7.
Gap. II.] SOLLEVAZIONE DELLE LEGIONI IN PANXONIA. 245
suaderli di mandar messaggi a Tiberio con loro rimo-
stranze. Da ciò breve tregua al tumulto, che presto riarse
più fiero con scherni e oltraggi ai capi, con ruberie, con
sforzamenti di carceri. Né la sedizione posò neppure al
giungere di Druse, figlio di Tiberio, mandato da Roma
con Sciano e con più cittadini dei principali, e con buona
scorta di guardie. Solamente un ecclissi della luna a ciel
sereno atterrì i ribellati, superstiziosamente credenti che
l'astro si oscurasse per loro misfatti. E Druse allora co-
gliendo quel destro, divise gli ammutinati, destò speranze
e paure , tolse di mezzo i sommovitori , e schiacciò la
sommossa. I particolari della quale sono da vedere in
Tacito, che con solennità di concetti e di stile ritrasse
il furore delle turbe imperversanti al contemplare la loro
moltitudine, e sbigottite all'aspetto del duce: e il mor-
morare incerto e l'atroce gridare, e poi la subita quiete :
e secondo il prevalere della superstizione o della bal-
danza, ora timide, ora tremende.
Quasi nel medesimo tempo e con violenza maggiore
insorsero le legioni del Reno, che stavano in due campi,
superiore e inferiore, con due legati e sotto il supremo
reggimento di Germanico, allora intento a fare il censo
delle Gallie. Si sollevò arrabbiatamente Y esercito infe-
riore, nò potè ripararvi il legato Aulo Cecina avvilito
dai furori di tanti. Vane le parole dei tribuni e dei pre-
fetti del campo: i centurioni furono investiti colle spade,
e gettati fuori del vallo o nel Reno. Germanico accorso
rapidamente, rimproverò, pregò, minacciò. I soldati gri-
darono: vogliamo giustizia, ristoro dai crudeli tratta-
menti, più largo stipendio, men dure fatiche, e alla fine
riposo senza miseria. E aggiunsero di esser pronti a
dare a lui, se il volesse, l'Impero che stava in loro mano.
Alle quali parole, egli quasi contaminato di fellonia,
balzò dal tribunale, e tentò la fuga: ma ritenuto dai fu-
ribondi, ed esclamando voler morire prima che romper
Vannucci — Scoria dell'Italia antica — IV. 31
•24."
SOLLEVAZIONE DELLE LEGIONI SUL RENO. [Lib. VII;
la fede, si cacciava nel petto la spada, se gli astanti non
gli trattenevano la mano. Tratto dagli amici nel padi-
glione fece concessioni, studiò ogni rimedio per quietare
il tumulto, prima che anche Tesercito di sopra seguisse
Tesempio. Ma come nulla valeva a posare quegli animi
pieni di sospetti, di paura
e di furore, egli pensò a
mettere in salvo fra i Tre-
viri la moglie Agrippina
e il piccolo figlio Caligola.
Quando i soldati videro
partire mestamente senza
guardie, senza corteggio
la moghe del duce per
cercare scampo nella fede
degli stranieri; punti da
vergogna e rimorso, sup-
])licarono clie rimanesse.
E il duce, fiotto suo prò di
loro ripentirò, rimproverò
i delitti commessi, eccitò
i sedotti a separarsi dai
seduttori: e i rei furono
■spenti per giudizio degli
stessi soldati. Di due le-
gioni, state le prime alla
ribellione, e non atterrite
dai gastighi degli altri ,
fece prendere orribil ven-
detta da Cecina. 11 quale,
d'accordo con gii alfieri e coi migliori del campo, ordinò
di dare addosso ai più tristi : e a un segno dato saltarono
nelle tende menando tutto a strage. « Di quante guerre
civili tur mai, dice Tacito, ninna ebbe tal forma. Non
in lìattaglia. nò da contrarli canmi, ma da^li stessi letti.
Stat 1 1 (h Geiinanico
fig:uriito 111 atto (il parlari'
[On-ri'.rri, Museo Latcanense^ t
H'. II.] REPRESSIONE FEROCE. 247
dopo avere il dì insieme mangiato, la notte insieme tran-
quillamente dormito, a un tratto sorgon nemici, volgonsi
contro i ferri. Grida, ferite, sangue son palesi; la cagione
occulta, il resto retto dal caso. Molti pur dei buoni vi
furono uccisi; posciachè i cattivi, inteso contro chi s'in-
fieriva, dier di piglio all'armi ancor essi. Non v'era freno
di legato 0 tribuno; fu permessa al volgo licenza e ven-
detta a sazietà. Entrato ne' quartieri Germanico poi, la-
crimando e chiamando quella non vendetta, ma macello,
fa i corpi abbruciare. Entra allora in quegli animi tut-
tavia accaniti una smania d'andare contro al nemico in
satisfazione del passato furore; non altrimenti potersi
placar l'anime degli uccisi compagni, se non ricevendo
negli empi petti oneste ferite. Cesare seconda quel!' ar-
dore, e gittato un ponte, fa passare dodicimila de' legio-
narii, ventisei coorti dei soci ed otto squadre di cavalieri,
state pure d'intemerata modestia nella sedizione » '.
A traverso a selve corse nelle borgate dei Marsi
{West [alia), e trovatili in feste e in banchetti, né appa-
recchiati a resistenza, devastò a ferro e a fuoco per oO
miglia all'intorno, non perdonando a sesso, ad età, a
cose profane o sacre, e fece strage delle altre tribù ve-
nute troppo tardi al soccorso -. Poscia si ridusse alle
stanze del Reno, d'onde mosse l'anno appresso a novelle
correrie e arsioni nel paese dei Catti {Assia), colFinten-
dimento di volgere a suo prolìtto le interne contese dei
parteggianti per l'indipendenza e dei seguaci delle armi
straniere. Capo dei primi era al solito il prode vincitore
di Varo, e gli altri guidava Segeste, odiatore di Arminio
per amore di parte, e anche perchè, come altrove di-
cemmo, questi gli aveva rapita la figliuola Tusnelda, li-
danzata ad un altro. Segeste, traditore della patria, com-
battuto e assediato pregava di pronto aiuto Germanico,
1 Tacito, Ann.j, I, 16- M'.
2 Tacito, I, 50. 51.
?4S CORRERIE CONTRO I GERMANI ED ARMINIO. [Lib. VII.
il quale accorso lo levò dalle strette, ed ebbe in poter
suo Tusnelda che nell'animo si serbava più moglie che
figlia; e, degna di Arminio, in faccia al nemico non era
né piangente, ne supplice; colle mani strette al seno mi-
rava il gravido ventre, pensando alla schiavitù del fi-
gliuolo del liberatore di Germania.
Arminio, ora più fiero che mai per la sua donna ra-
pita, e pel figlio servo in seno alla madre, corre furiosa-
mente il paese, e ricordando la crudele avarizia straniera
trae a guerra i Cherusci e gli altri vicini, cupidi di ser-
bar libertà o di morire.
Germanico, spediti suoi legati per terra, navigò per
le foci del Reno all'Amisia {Ems), e di ciui internandosi
pervenne alla foresta di Teutoburgo, ove rimanevano an-
cora umani teschi conficcati nei tronchi degli alberi, e
pietosamente rese gli ultimi ufficii alle insepolte ossa
delle legioni di Varo. Poi segui Arminio, ritraentesi per
istrani sentieri di selve e di paludi, e, tentato vanamente
di coglierlo, tornò alle foci dell'Amisia, d'onde ricondusse
al Reno le legioni per mare, ed ebbe gran danno nelle
navi dalla tempesta, mentre Cecina tornando per terra
fu a pericolo estremo per la stretta via dei Ponti Lunghi
sulle paludi tra il Reno e il Yisurgi (Wescr). Arminio
corso innanzi ai nemici, nei tenaci pantani avrebbe rin-
novellato la giornata dell'eccidio di Varo, se non era il
senno e la prodezza di Cecina. E la fama dei pericoli
da cui egli uscì giunse rapida alle stanze del Reno, ove
narravasi dell'esercito colto in mezzo, e delle orde ger-
maniche accorrenti ad invadere la Gallia, Tanta fu la
paura, che ad impedire l'aspettata invasione volevasi
tagliare il ponte presso al luogo, ove poi fu Colonia, se
non lo contrastava Agrippina, la quale stando a capa
del ponte incuorò i timidi, accolse con lodi e premii le
legioni tornate, e fece virilmente le parti di capitano.
1 barbrri ne presero maggior baldanza: ma Germa-
Oap. IL] BATTAGLIA D'IDISTAVISO, E VENDETTA DI VARO. 249
nico, non avvilito dalla sciagura, ristorò i patiti danni
coi soccorsi di Gallia, Spagna e Italia, gareggianti a dare
armi, cavalli e pecunia, e quindi con mille navi portò
otto legioni in riva al Visurgi, e si incontrò con Arminio "^naSllviT
nel piano di Idistaviso sulla destra del fiume. Ivi fu un ^ ^'^^
grosso e fierissimo fatto, nel quale soprattutti apparve
spettabile Arminio sostenente la pugna con mano, con
voce e ferite, e salvantesi nella rotta de' suoi col trasfi-
gurarsi il volto col proprio sangue. Nel medesimo modo
sfuggi suo zio Inguiomero. Molti dei fuggenti rimasero
affogati nel fmme. La strage non cessò che al soprav-
venir della notte. Dieci miglia di terreno furono ricoperte
di cadaveri e di armi germaniche, di cui il vincitore
fece un trofeo, e vi scrisse sopra i nomi delle nazioni
vinte. 11 quale spettacolo afflisse e adirò i Germani cosi,
che subito anelanti a vendetta riapparvero tutti sui
campi, condotti da Inguiomero pronto a ogni cosa, e si
appiccarono a nuova battaglia, nella quale pure corse
in gran copia il loro sangue. Dopo di che Germanico,
lodati i suoi prodi, fece un mucchio delle armi nemiche
con questa superba epigrafe: « Debellate le nazioni tra
Reno ed Elba, l'esercito di Tiberio Cesare consacrò que-
sta memoria a Marte, a Giove, ad Augusto. »
E così vendicata la disfatta di Varo, avviò per terra
alcune delle legioni alle stanze, e altre ricondusse da sé
stesso pel fiume Amisia e pel mare, ove colto da altra
tempesta patì nuovi e più grandi danni di navi rotte o
disperse. Alla fine, dopo vari casi, giunse ai quartieri
del Reno, ove trovò lettere di Tiberio che lo richiama-
vano a Roma, e gli impedivano di proseguire la guerra
che, al dire di Tacito, avrebbe potuto compirsi in un'al-
tra campagna ^
Tiberio per rumoreggiare di sollevazioni o di guerre
250 GOVERNO DI TIBERIO NEI PRLMI ANNI. [Lib. VII.
non si era mosso da Roma. Dapprima aveva dato inten-
zione di recarsi in persona ad attutare le legioni ribel-
lanti, ma poi non curando le dicerie e le burle della
città contro i suoi Unti indugii, rimase fermo a non porre
a repentaglio se stesso e lo Stato *. E attendendo a for-
tificarsi contro il lupo die diceva di tener per le orecchie,
si governò accortamente, e nei primi anni il suo reggi-
mento ebbe lode di sapienza e di temperanza anche da
Tacito, il quale ricordò gli affari rilasciati a trattare al
senato, la facoltà data ai padri di discutere liberamente,
l'adulazione repressa, gli onori pubblici affidati ai più
degni, e le leggi bene usate, tranne i casi di maestà.
Rari in Italia i possessi particolari del principe: non lusso,
né insolenza di servi, pochi i liberti in casa, le liti del
prìncipe coi particolari decise dai tribunali secondo la
ragion comune. I grani, i tributi e le altre entrate pub-
bliche erano amministrate da compagnie di cavalieri. La
plebe invero pativa del caro, ma non era colpa del prin-
cipe, il quale non risparmiò spesa ed industria per sup-
plire all'infecondità della terra e alle disgrazie del mare.
Provvide che le province non fossero travagliate con
nuove gravezze, e che le antiche non si rendessero in-
comportabili per avarizia e crudeltà. Non battiture di
persone, non confìscazioni di beni-: alleviate con doni
di pecunia e remissione di tributi le sciagure di più città
dell'Asia rovinate per terremoti: beneficenze riferite con
lode dagli scrittori, e ricordate anche oggi dalle rovine
di un bel monumento eretto al benefiittore in Pozzuoli ('').
(«) Tacito, Ann., II, 47, e IV, Kj; Strahone, XII, 7, <'. XIII, 4; Plinio,
li, SO.
Il monumento scoperto nel 1693 a Pozzuoli, e poscia trasportato noi
Museo fli Napoli fu eretto dagli Augnatali a Tiberio. E una base (jua-
(hata con le imagini delle città beneficate, sculte sui lati: la statua del
' Ta.-ito, Ann., I, l(i, 17. « IV, \\ Svetonio, Tih., :ìS.
2 Tacito, Ann., IV, 0 ..• 7.
I
Gap. II.] SOCCORSI ALLE CITTA ROVINATE DA TERREMOTI. SA
Ai governatori dei sudditi egli ricordava che le pecore
iK'OS^^VR^/RAMYRns'A iE;5^He5o^ a>''^iw,^ >^t
L cut i ivnti he sDuCoisp Jd[ ) 1 (lami:
M s 5 ^ ij, e e ^ ij ^ )
l)enefattore sorgeva al disopra. Le città più o meno nuitilate riinanpono:
il beneluttore scomparve.
Le città sono dodici in Tacito, e 14 >ul monumento. L'epigrafe posta
nella fronte del marmo a significare che gli Augustali posero il monu-
mento a Tiberio è chiusa da due figure che si credono rappresentare
Sardi e Magnesia del Sipilo, cioè le due città principali tra quelle colpite
dal terremoto, e più largamente soccorse perchè più danneggiate. Due
degli altri lati hanno tre figure ciascuno, le quali, come vedesi dai lora
nomi rimasti interi o mutilati nel marmo, sono Filadelfea, Tmolo, Cime.
Mostene, Ege, lerocesarea : e nell'altro lato di cui diamo il disegno sono
sei città coi loro nomi, cioè . . ìnos {Temnos), cibyra, myrina, ephesos.
APOLLONIDEA. Dell'ultima non resta il nome: ma si sa che dapprima vi
fu letto HiRCA indicante la città degl'Ircani, ricordata da Tacito. Vedi
rJinervini, in Mus. Borbon., voi. XV, tav. 4 e 5.
Questa liberalità è ricordata anche dalle medaglie in cui coirepigrafe
civiTATiBUS ASIAE RESTiTUTis SÌ Vede Tiberio assiso, coronato di liuiro, >->
te'nente nelle mani patera e scettro. Cohen, Monn. frapp. soi'.s l'emp.
rorr,:, voi. I, pag. 124, 125, n. 51, 57, o pi. VI.
2r.2 PROVINXE, ITALIA. TEMPERANZA NEL DENARO. [Lib. VIL
t5i voglion tosare, non scorticare *: e furono accusati e
condannati per loro ladronerie molti proconsoli -. E questi
provvedimenti meritavano lode, quantunque non conse-
guissero pieno l'intento, e non togliessero in più luoghi
i mali, da cui i sudditi erano spinti alla disperazione
delle armi; e in alcune province, oltre ai governatori,
esercitassero brighe e avarizie anche le loro mogli che,
superbe, crudeli, ambiziose, avide di potenza comanda-
vano senza freno nei campi, marciavano in mezzo ai
soldati, decidevano gli affari 3.
Guardò l'itaha dai ladri e dalle sedizioni^; prese, e
spense Clemente schiavo delf ucciso Agrippa, il quale
preparava novità dandosi per Agrippa stesso, e trovava
credenti e seguaci, e da ultimo preso e da Tiberio do-
mandato come si fosse fatto Agrippa rispose: Come luti
■sei pitto Cesare ^. Tolse via gli asili moltiplicati in Italia
e nelle province a rifugio di debitori e di scellerati''. A
Roma fece reprimere le contese del teatro, e cacciar via
gl'istrioni, perchè gli spettatori gareggianti per questi o
per quelli venivano spesso alle mani e al sangue '.
Nei primi tempi fu fermo anche rispetto al denaro;
non accettò eredità se non dagli amici, e rigettò quelle
di sconosciuti, che lo nominavano erede per odio di
altri ^. Quantunque avesse modi villani fece anche be-
neficii e larghezze. Sovvenne più senatori caduti in mi-
seria, mentre ad altri rifiutò acerbamente, non volendo
che pel troppo donare fallisse lo Stato, e si accrescesse
la pigrizia e languisse l'industria-'. Nel caro delle vetto-
1 Svetonio, Tib.^ ?,2; Tacito, IV, 6; Dione, l.VII, lo; Orosio, VII, -1.
2 Tacito, Ann.^ I, 71, III, 60, 70, IV, 15, ecc. ecc.
3 Tacito, Ann., Ili, 3:!, ^^\.
* Svetonio, Tih., 3".
'' Tacito, Ann., II, :ir*-in; Svetonio, THk, 25; Diono, LVII, ir,.
fi Tacito, Ann., Ili, CO-C,;!, IV, 14; Svetonio, Tih., 37.
7 Tacito, Ann., 1. rrl, 77, IV, M; Svetonio, Tih , 37; Dione, LVII, 21.
s Tacito, Ann., Il, -IS.
i' Tacilo, Ann., I, 7r., II, 37, .38, i9,; Svetonio, 77'/.. 17; V-^lleio, li, li'9; Dione, l.VII, ]?).
%
k
Gap. IL] SOCCORSI AI POVERI, FRENI AL LUSSO, E A COSTUML 253
vaglie fissò il prezzo del grano, e ad alleviamento dei
poveri pagò per ogni medio due denari del suo: e quando
si incendiò il monte Celio, sovvenne con denaro alla
grande calamità *. Né perciò volle mai il titolo di padre
della patria, offertogli più volte, e riprese aspramente
chi chiamava lui signore, e divine le sue occupazioni,
dicendo che era padrone degli schiavi non dei cittadini,
e che le sue occupazioni si volevano appellar laboriose
e non altro. Vietò anche di giurare nei suoi atti, sti-
mando incerte le cose mortali; ne volle onori di statue
0 di templi 2.
Quanto ai costumi fece reprimere con gravi decreti e
condanne la disonestà delle donne, e vietò che le ma-
trone potessero mettere il corpo a guadagno, dopoché
fu veduta una di esse matricolarsi agli edili per mere-
trice 3. Moderò le spese degli spettacoli, e détte esempio
di parsimonia nelle masserizie e nei cibi. Ma sapeva
bene che le leggi suntuarie non giovano a nulla: e quando
altri proponeva forti rimedii contro gli apparati della
gola e della lussuria, egli dopo severe parole e rimprocci,
concludeva sempre per la tolleranza di vizi radicati e
cresciuti, e resistenti ad ogni decreto, dicendo doversi da
ognuno trovare nel proprio animo la medicina a questi
mali ; né volere egli pigliarsi odii e nimicizie per nulla ''.
Ai piccoli magistrati conservò la realtà degli uffici, e ai
maggiori le sole apparenze. Si alzava per segno di onore
alla presenza dei consoli, e dava loro luogo per via ^.
Al popolo tolse fm da principio anche il nome, che
solo gli restava, dei diritti politici, trasferendo dal Campo
Marzio al Senato le elezioni dei magistrati, e tutti gli
> Tacito, Ann.^ II, S7, IV, 61, VI, 45; Velleio, II, 130; Svetonio, Tib.^ 4S ; Dione,
LV!I, 16.
2 Tacito, Ann.. I, 72, II, S7 ; Svetonio, Tib., 2(5, 27; Dione, LVII, 8.
3 Tacito, Ann.^ II, So; Svetonio, Tib.^ 35.
4 Tacito, Ann.^ Ili, 52-51.
5 Tacito, Ann., IV, 6; Svetonio,. T/ò., 31; Dione, LVII, 11.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 32
254 COMIZI E GIUSTIZIA. [Lib. VII.
altri poteri dei comizi popolari che, sotto il nome dei pa-
dri, d'ora in poi stanno allatto in mano del principe *.
Egli a suo piacere ed arbitrio nomina i cittadini agli uf-
fici ^ e da sé stesso, o per mezzo del servile senato ordina
le leggi e giudica delle vite degli uomini. E se poi si
continua a parlar di comizi, questi sono una ceremonia e
non altro: l'assemblea è chiamata solo a ratificare gli
ordini venuti dell'alto ("). La cosa non curata dal popolo
se non con vano schiamazzo, fu detta ordinazione dei
comizi 2 da Velleio Patercolo, parlante la sozza lingua di
tutti coloro che, nelle più triste età, dissero i despoti
fondatori dell'ordine e salvatori del mondo. Nel senato
Tiberio trovò più viltà che non volesse, e talora se ne
mostrò stomacato, e resistè ai troppo ardenti, e ne tem-
jierò il soverchio zelo di servitù '^
Interveniva ai tribunali come consigliere dei giudici
per vegliare alla giustizia e alla osservazione delle leggi,
e fu causa di molti ordini contro alle pratiche e al fa-
vore dei potenti : ma, mentre colla sua presenza voleva
aiutare la giustizia, toglieva la libertà dei giudizi ^. E di
libertà egli favellava sovente, dicendo che in città hbera
dovevano esser libere le menti e le lingue: ricordava
l'osservanza dei dettami della sapienza antica, non aversi
a scemare il diritto dalla potenza dei principi, né usar
l'imperio ove si può far colle leggi. Belle parole, osserva
Tacito, ma fatti vani o falsi, che dalle finte mostre di
libertà doveano riuscire a servitù più crudele ^.
C^} Di comizi consolari è parlato da Svetonio {Domit.. 10). da Plinio
{Paneg., 03) e da Seneca {Epist., 118). Vedi Merivale, chap. XLIV, voi. V,
pag. 110 e segg.
» Tacito, Anw.j I, 15 o SI.
8 Dione, LVIII, 20.
3 Velleio Patercolo, II, 121.
4 Tacito, Ann.^ Ili, 65; Svetonio, Tih.. 27.
^> Svetonio, Tib., 33; Tacito, I, 75; Dione, F-VII, 7.
«i Svetonio, Tib., 28; Tacito, Ann.. I, 81, III, C!?«
Cap. II.]
LA LIBERTÀ DI TIBERIO.
255
E a malgrado delle dissimulazioni, la feroce bestia
a poco a poco mostrava i denti, con cautela dapprima,
fmchè non venne il tempo di imperversare senza riguardi
e di dar di piglio apertamente nell'onore, nella roba e
nel sangue. Già fino dai primi giorni avea mostrato come
Tiberio (Moiirjez, Icon. Jiom.^ pi. XXII, n. 1).
intendesse la giustizia e la libertà del parlare, allorché
un cittadino in un funerale si fece a chiedere al morto,
che riferisse ad Augusto che non erano ancora stati pa-
gati i suoi lasciti al popolo. Tiberio, risaputa la cosa,
ordinò che fosse preso il motteggiatore, e datagli la sua
parte dei lasciti, lo fece impiccare, perchè andasse a por-
256 PAURE, ESITANZE, ODII E TRISTIZIE. [Lib. VII.
tarne la novella ad Augusto *. Poscia apparve brutto di
atroce egoismo, di bassa gelosia, di viltà incredibile nel
vincitore dei Germani e dei Dalmati, e inferocì per sete
inestinguibile di sangue, e per barbarie crescente cogli
anni, e potè sostenere il paragone coi più abominevoli
despoti che la storia ha consacrato all'esecrazione degli
uomini.
La paura governava quest'uomo sempre esitante, e
oscuro in volto e in parole, dotto a dissimulare e a fìn-
ger tutto, tranne l'atlabilità, non contento né della fran-
chezza né dell'adulazione, sdegnoso della libertà e della
servitù, diffìdente del senato, del popolo, delle province,
degli eserciti, e massime del successore.
Spento Agrippa Postumo, rimaneva a turbargli i sonni
Germanico, caro al popolo e alle legioni, e perciò più
temibile. Né a temperare la paura valeva il severo con-
tegno del prode fìglio di Druso, né la fedeltà a tutta
prova, né l'orrore mostrato quando le legioni tumultuanti
gli offrirono l'impero. A cotali virtù non credeva Tiberio,
giunto al potere supremo per la via degli intrighi, e delle
tristizie. Egli odiava Germanico perchè all'abile e d'inge-
gno civile, e amatissimo dall'universale per la memoria
di Druso. Anche la vecchia Livia soffiava nell'odio per
sue stizze con Agrippina, moglie a Germanico, donna di
animo indomito, segnalata per fecondità, famosa per pu-
dicizia. Questa andava compagna al marito sui campi, si
mostrava forte ai pericoli, attutava le sedizioni, rasse-
gnava le schiere, dava donativi 2. Le quali cose parevano
a Tiberio una cospirazione contro di lui, e ne era più
punto il suo animo, già turbato e pieno di sospetti, pel
grande affetto dei soldati a Germanico, e per la gloria
di armi da esso acquistata. D'onde il proposito di toglierlo
alle legioni di Germania, e di mandarlo ad altri destini '.
« Svetonio, Tib., 57; Dione Cassio, I.VII, 11.
2 Tacito, A)ìn.^ I, 3:^, M\ 41, CO.
3 Tacito, Ann... I, r.2, ''.o, II, 5.
I
Cap. If.]
TRIONFO SUI VINTI GERMANICI.
Lo richiamò a un secondo consolato e al trionfo: e Ger-
manico venne, e fu più che mai festeggiato. Era giovine,
bello della persona,
prode in guerra: si
porgeva affabile ,
generoso. Tutti spe-
ravano da lui mi-
gliori destini alla
patria. Tutto il po-
polo di ogni ordine
e sesso ed età pieno
di entusiasmo andò
ad incontrarlo a 40
miglia fuori della
città. Cosi tutte le
coorti pretoriane
quantunque a due
sole fosse stato or-
dinato di uscire : e
lo acclamarono ar-
dentemente quan-
do ai 26 maggio
comparve sul carro
trionfale con Agrip-
pina e con cinque
figliuoli, preceduto
dai simulacri dei
monti, dei fiumi e
delle battaglie ger-
maniche, e dai prin-
cipali nemici fatti prigioni, tra cui Tusnelda
Arminio, e Tumehco suo figlio {").
Trionfo di Germanico, con Tusuelda, moglie di Arminio
e Tumelico suo figlio (Cohen, e Mon. ined. Istic).
moglie di
(^) Tacito, Ann.. II, 41, 4-2; Strabene, VII, 1; Svetonio, Calig., 4. La
medaglia rappresentante il trionfo ha nel diritto Germanico su quadrio-a
258 GERMANICO DESTINATO A RICOMPORRE L'ORIENTE. [Lib. VII.
Fu eretto un arco trionfale presso il tempio di Saturno
per le insegne di Varo ricuperate ("), duce Germanico^
auspice Tiberio, il quale in nome del trionfatore donò a
ciascuno della plebe 300 sesterzi e lo fece suo collega
nel consolato per l'anno seguente: ma perciò non fu
creduto che egli amasse di più o avesse meno in sospetto
questo suo nipote e figlio adottivo. L'opinione d'allora
fu che cogliesse la prima occasione per allontanare da
Roma il giovane carissimo al popolo, e amato anche da
alcuni alla corte parteggiante tra lui e Druso, uomo da
poco ma preferito dal principe come suo proprio sangue.
Tiberio mandò il fìgho a sorveghare lllirii e Germani,
e destinò Germanico al governo dell'Oriente ove si turba-
vano regni e province, e si riagitavano a guerra i Parti,
cacciato come straniero il re Vonone avuto da Roma,
e posto in suo luogo l'Arsacide Artabano: era agitata
l'Armenia a causa dello stesso Vonone accolto nella fuga
e fatto re degli Armeni, e quindi richiesto minacciosa-
mente dai Parti e, per evitare la guerra, tratto a sé con
artificio dal governatore di Siria, e custodito con pompa
e nome reale e serbato alle future occasioni. E si tur-
bavano Commageni e Cilici per la morte dei re Antioco
e Filopatore, e Siria e Giudea pregavano alleviamenti ai
troppo gravi tributi, mentre da un altro lato occorreva
ordinare la Cappadocia ora ridotta a provincia dopo la
fine del vecchio re Archelao morto a Roma. Tiberio disse
trionfale colle parole germanicus caesar; e nel rovescio Germanico con
scettro sormontato da un'aquila e coH'cpi^rafe signis kecept. (recepiis)
DEviCTis GERM. (anj.s) s. c. {Seìiatu.s consulto). Cohen, Monn. frappces
■sous- l'emp. rom., I, pag. 138, pi. A'III, n. 5.
Per la statua supposta di Tusnelda che è sotto le Logge dei Lanzi a F'i-
i-enze, e per la testa di Tumelico del Museo Britannico, vedi Monuni.
'Ined. Istit., voi. VIII, tav. 28, e Gottling, in Annal. Istit., 1841, p, 58-61.
(") Delle aquile di Varo erano state riprese due, secondo le testimonianze
di Tacito (Ann., I, 60, e II, 25): la terza fu ricuperata ai tempi di Claudio
(Dione, LX, 8). Conf. Floro, IV, 12, 3S.
€ap. IL] PARTE SOTTO LA SORVEGLL'^NZA DI GN. PISONE. 259
in senato la sola sapienza di Germanico capace a com-
porre l'Oriente sommosso, essendo egli stesso in età de-
clinante, e Druso non ancora uomo fatto; e con decreto
dei padri gli fece dare il governo delle province oltre-
marine con maggioranza d'imperio su tatti i governatori.
Ma gli messe alle spalle come aiutatore (") e sorvegliatore
Gneo Calpurnio Pisone, uomo superbo e feroce, destinato
al governo della Siria dopo averne rimosso Cretico Silano
stretto di affinità con Germanico. Credevasi che Pisone
avesse segreti mandati contro di lui: e Munazia Plancina,
sua moglie, che lo seguitò al governo di Siria, era inca-
ricata di travagliare con gare femminili Agrippina: e
Funa e l'altro menarono fieramente lor triste arti *.
Germanico mosso da Roma prima della fine dell'anno,
imbarcato ad Ancona approdò in Dalmazia per visitar
Druso con cui visse sempre in buona concordia, e quindi
corso con mala fortuna pei mari Adriatico e Ionio, visitò
il golfo famoso per la vittoria di Azzio, e i trofei ivi con-
sacrati da Augusto, e il campo d'Antonio suo avolo, e di
là si volse ad Atene. Era egregiamente nutrito di lettere,
nobile scrittore di versi, autore di commedie greche,
eloquente in greco e in latino, dotto ed elegante tra-
duttore di Arato 2, ammiratore, come i più culti romani,
di tutte le belle e grandi cose dei Greci: e quindi per
rispetto alla città madre della sapienza e dell'arte, e an-
tica confederata di Roma, egli console tenne un solo
littore. I Greci lo accolsero con esquisitissimi onori met- AnnidiRo-
tendo innanzi fatti e detti dei loro maggiori per dare g.'Ws/'
all'adulazione più dignità 3. E di loro ammirazione e af-
(^) In appresso (juando si trattava di giudicare Pisene ribelle, Tiberio
disse in, senato adiutorem Germanico datimi a se. Tacito, Aìtn., Ili, 12.
' Tacito, Ann.^ U, 1-1 e 41-41.
2 Ovidio, Fast., 1, 19-23, Ex Ponto, II, o. W-JB, IV, 3, 67-7S; SvetDnio, Ci'ij., 3;
Tacito, Ann., II, S'-i.
3 Tacito, II, 53.
260
LIETE ACCOGLIENZE AD ATENE.
[LiB. VIL
fetto per lui si credè trovare ricordo in un bell'onice
ove Agrippina sotto figura di Cerere, e un giovane con
qualche rassomiglianza a Germanico stanno sopra carro
tratto da alati serpenti, come quello in cui Cerere mandò
Trittolemo a insegnare l'agricoltura ai mortali comin-
ciando dal piano di Eleusi nell'Attica*.
Germanico e Agrippina in lÌLUra di liittolonio e di Cerere (/co-i. 7i'o»>i.^ XXIV, 3).
Passò poi in Eubea e in Lesbo ove Agrippina ebbe
Giulia, suo ultimo parto, e di là nei confini d'Asia e in
Perinto e in Bisanzio città di Tracia. Poscia entrò per
lo stretto della Propontide e per la foce del Ponto, vago
di conoscere quei luoghi antichi e famosi, e a un tempo
1 Mongoz, Iconogr. Rom., voi. p. II, IIW, pi. XXIV, n. :.'>.
Cap. ili escursioni in GRECIA E IN ASIA. FURORI DI PISONE. 2GI
per confortare quelle province travagliate dalle interne
discordie e dalle angherie dei magistrati. Impedito dagli
Aquiloni di approdare all'isola di Samotracia famosa e
venerata pei misteri della religione dei Cabiri, vide Ilio
cuna di Roma, ricosteggiò l'Asia e approdò in Colofone
a consultare l'oracolo di Apollo Ciarlo che fu detto gli
annunziasse con oscure parole vicina la morte.
Intanto Pisene per dar pronta mano a sue male opere
entra furiosamente in x\tene, pieno di sdegno perchè
non gli hanno fatto grazia di un falsario condannato
dall'Areopago, chiama la città feccia di ogni nazione, le
la colpa degli onori resi a Germanico, e morde obliqua-
mente anche lui per aver con modo non degno del nome
romano corteggiato gente siffatta. Poi per le Cicladi con-
tinua sua via, e spinto da tempesta agli scogli corre pe-
ricolo estremo, e ne scampa solo per l'aiuto che uma-
namente gli manda Germanico; ma non fatto più mite
per questo, dopo averlo incontrato a Rodi, rapidamente
passa oltre, e recatosi alle legioni di Siria fa ogni opera
di corruzione per trarlo ai suoi intenti. E Plancina lo
aiuta sui campi e ai militari esercizi aizzando i soldati
con invettive ad Agrippina e a Germanico. Delle quali
cose sono guasti anche i migliori perchè bisbigliansi
latte non senza voler di Tiberio.
Germanico sapeva ogni cosa: ma intento soprattutto
a riordinar le province, si volse all'Armenia, e aspettando
invano gli aiuti chiesti al governatore di Siria, quietò il
paese dandogli a capo Zenone, figlio di Polemone del
Ponto, il quale fin da fanciullo emulando gli usi e i co-
stumi d'Armenia era caro ai grandi e alla plebe; e nella
città di Artassata gli pose in capo la corona reale, e
tutti contenti lo gridarono re chiamandolo Artassia dal
nome della città. Alla Cappadocia ridotta a provincia
ilètte un legato e la sgravò di alcuni dei rcgii tributi
portarle parere più mite l'impero di Roma; e i Corama-
Vanàtccj — Storia del'.' Ita'.ia antica — IV. i^
2B2 RIORDINAM. DELLE PROVINCE, E VIAGGIO IN EGITTO. I Lib. VII.
geni furono per la prima volta sottoposti a im pretore.
Ai messaggi dei Parti recanti che Artabano per rinniio-
vare alleanza e amicizia verrebbe a riva d' Eufrate a
congiunger le destre, e intanto chiedeva fosse cacciato
Vonone di Siria, Germanico rispose con pompa rispetto
all'alleanza richiesta, e con decoro e modestia quanto
al venire del re ad onorarlo: e Yonone, protetto dal go-
vernatore di Siria pei doni che avea fatti a Plancina,
contino a Pompeiopoh, città marittima della Cilicia, dove
poco appresso tentando fuggire fu ucciso da chi lo aveva
in custodia.
Compiute le cure più gravi del riordinar le province
co-ntinuavano i disordini del governatore di Siria sempre
oltraggioso e recalcitrante ai comandi, prepotente in atti
e in parole, rispondente con altere scuse ai rimproveri
fatti con ira compressa, pretendente ad onori uguali a
quelli del capo supremo, e in ogni occorrenza tanto piìi
superbo e feroce quanto Germanico più porgevasi man-
sueto e benigno. Quindi più si concentravano e più si
invelenivano gli odii ^
Per distrarsi da questa rivalità che gl'inaspriva il dolce
animo, Germanico l'anno appresso (77'2) sotto colore di
visitar la provincia si recò a vedere le antichità e le ma-
raviglie d'Egitto. Andò pel Nilo cominciando da Canopo,
vide le grandi rovine dell'antica Tebe, il colosso vocale
di Memnone, le piramidi emiilatrici dei monti, e giunse
lino ad Elefantine, e a Siene termine allora dell'Impero
di Roma. Coir aprire i granai fece rinviliare il prezzo dei
gKani, e fece molte cose piacevoli ai popoli. Andava senza
guardie vestito alla greca, come già Scipione in Sicilia.
Del che lo rimproverò leggermente Tiberio mentre gli
scriveva agre parole sull'essere entrato in Alessandria
contro il divieto d'Augusto ai senatori e cavalieri di
1 lucilo, Aìin.j li, 51-58 e <1S.
Cap. ll.l CONTRASTI, MALATTIA E MORTE DI GERMANICO. 203
€onto di andare in Egitto senza licenza del principe, af-
finchè ninno potesse alfamare l'Italia tenendo con poco
presidio quella provincia, chiave di terra e di mare *.
Al ritorno in Siria trovò Pisene divenuto nemico aperto,
e guasta per lui ogni cosa, e contrariati o ilistrutti gli
ordinamenti suoi per le città e tra i soldati. Quindi aspre
parole da una parte e più feroci fatti dall' altra. Pisene
piuttostochè cedere stabili di lasciare la Siria, ma alla
notizia di una malattia di Germanico sostò in Antiochia;
e come l'udì riaversi e farsene sacrifizi e festa dal po-
polo, egli furibondo con suoi littori messe sottosopra le
vittime e tutto l'apparato festivo. Poi se ne andò a Se-
leucia per attendere a che riuscisse la malattia ridesta-
tasi e fatta più cruda dalla persuasione che ne fosse
causa il veleno. Germanico allora con lettera disdisse la
sua amicizia a Pisene, e gli ordinò di sgombrar la pro-
vincia. Ed egli salpò ma a lenta voga per essere più
pronto al ritorno appena la morte di Germanico gli ria-
prisse la Siria, poi si arrestò per attendere* a che riu-
scisse la malattia. Germanico aggravò e morì in Antiochia
per male arti o allaturamcnti di Pisene e di Plancina,
^secondo che allora corse la fama. È narrato che furono
scavate dal suolo e dalle pareti ossa umane con incan-
tesimi e scongiuramenti e col nome di Germanico su pia-
stre di piombo, e ceneri arsicciate e intrise di sangue,
e altre malìe con cui credevano consacrarsi le anime
ai Numi infernali (;'). Sid che non vi è nidla di certo,
C) Et reperiebantur -solo ac jìarietiOits erutae humanoru,,i, corporuni
reliquiae, carmina et devotiones, et nomen Germanici plumbeis tabulis
i'isculptum, semiusii cineres ac tabe obliti, aliaqtte , male fida, quis
' recUdir aninias numinibus infernis sacrari. Tacito, Annal., II, C9, e
Dione, LVII, 18, il quale afferma anche che Germanico morì per frode
■di Pisane e di Plancina, coi sommo piacere di Tiberio e di Licia.
L"u?o (li scrivei'e in piastre di piombo il nome dei nemici, oho volevansi
> Tacilo, Ann., II, 2K-61.
204 LUTTO E LODI DEI POPOLI. [Lib. VII.
tranne la persuasione in che era il morente di perire
per insidie e malie e veleni dei suoi persecutori. E negli
ultimi istanti lo disse chiaro agli amici, cui legò sue
vendette, mentre ad Agrippina raccomandava, che per
l'amore di lui e dei comuni figliuoli ponesse giù l'alterigia,
sottomettesse l'animo all'incrudelita fortuna, né irritasse
a Roma i più potenti di lei. Corse voce che in segreto
le dicesse anche ciò che temeva di Tiberio.
.liifco- Fini nel vigore dell'età e delle speranze, a 34 anni^
V. ù'. ' con gran lutto delle province circostanti; pianto da po-
poli e re, si era dolce agli alleati, mansueto ai nemici
e venerabile del pari a vederlo e a udirlo.
« Senza imagini né pompe, scrive Tacito, furono splen-
dide l'esequie per le lodi e la memoria di sue virtù.
Eravi chi comparava sua bellezza, età e genere di morte
ed anche la vicinanza del luogo ove morì, coi destini
d'Alessandro Magno. — Ambi di bel corpo, alto le-
gnaggio, non molto sopra ai 30 anni, per insidie de' suoi
tra straniere genti caduti. Ma questi aveva vivuto mite
agli amici, temperato ai piaceri, contento d'una moglie,
certo de' suoi lìgliuoli: non men guerreggiatore, benché
men temerario, e impedito di mettere il giogo alle Ger-
manie, pur abbattute da tante vittorie. Che se fosse stato
solo arbitro delle cose, se avesse avuto dritto e nome
regio, tanto più facile avrebbe conseguita la gloria del-
l'armi, quanto soprastava in clemenza, temperanza ed
ogni altra bontà. — Il corpo, prima che arso, fu snudato
sul Fóro d'Antiochia destinatogli a sepoltura. Se portasse
segni di veleno non é chiaro; interpretandone ciascuno
ammaliare e niuleJire e consacrare agli Dei infernali, è attestato da pa-
recchie tavole greche e latine che ancora rimangono, piene di siffatte
imprecazioni. Vedi Boeck, Coì-pus inscript. Graec, 5;5S e 539; Henzeu,
Annal. Istit., 1846, pag. 203--217, e Bitllet. htit., 1849, pag. 77; Lo-
norrnant, I)e tubulis decctionis plumbcis Alexondrinis, in RlieinischeS'-
Mv.cum, 1854, pag. 365-382.
I
Cap. il
PISONE LIETO E RIBELLE.
2r,a
diversamente secondo che pendeva a pietà verso Germa-
nico e a' concepiiti sospetti, ovvero al favor di Pisone » *.
Pisone, avuta la novella nell'isola di Coo, ne fece gran
festa, uccise vittime, menò furiosa allegrezza, e Plancina
si vestì panni più lieti. Poscia tornò a Siria d'onde era
stato cacciato, e apertamente ribelle tentò invano di ri-
pigliarne il governo dato già a Gneo Sanzio dal consiglio
dei legati e dei senatori del campo; e infelicemente com-
battè in guerra civile, e fu vinto e preso e mandato a
> Tacito, Ann.j II, G9-7:;; Svetonio, Cstliy-^ 1-j; Dioae, LV'II, IS.
263 LUTTO PUBBLICO A ROISLA. E ONORI AL MORTO. [Lib. VII.
Roma ', ove preparavasi contro di lui grossa tempesta da-
gli amici del morto, intenti a raccoglier prove all'accusa.
A Roma, come prima giunse la notizia della malattia
di Germanico, il popolo scoppiò in ira e lamenti; e aper-
tamente accusavano le trame di Livia con Plancina. Poi
quando certi mercatanti partiti di Siria portarofio nuove
più liete si fece smodata allegrezza: corsero in folla le
vie gridando: Salvo Germanico, è salva Roma, salva la
patria; corsero con lumi e vittime al Campidoglio per
ringraziare gli Dei, e quasi divelsero le porte del tempio:
da ultimo saputa con certezza la morte, vi fu silenzio e
gemito universale, e onori al morto in tutte le guise che
sa trovare ingegno d'amore. Decretato che il nome di
lui si cantasse nei Carmi dei Salii, che se ne portasse
l'imagine nei giuochi circensi: che avesse sepolcro in
Antiochia, sedie curuli tra 1 sacerdoti d'Augusto, e archi
a Roma, sul Reno e in Siria, con iscrizioni ricordanti
une geste. A Spoleto rimane ancora l'arco coi nomi di
lui e di Druso, figliuol di Tiberio ("). Innumerevoli le
statue e i luoghi destinati a venerarlo, L'imagine sua
fu data anche per insegna ai cavalieri per la marcia
degli idi di luglio, e una squadra di essi si chiamò dal
suo nome. Proponendosi di porgli il ritratto tra gli ora-
tori sopra scudo d'oro e d'insigne grandezza, Tiberio
affermò di dedicargliene egli uno uguale agli altri, pe-
rocché l'eloquenza non si giudica dalla fortuna, e a lui
sarebbe assai gloria 1' esser tenuto tra gli antichi scrit-
tori -. Si credè anche figurata la sua apoteosi in un'opern
d'arte nel giovane che s'inalza sulle ali di un'aquila men-
tre una Vittoria volante gii pone una corona sul capo ^
{^) valline la descrizione, il disegno e rejiip-rafe in Stinsi, Sloria(ìl
Spnì.no, voi. I, pag. 105-108 e 2GS, e tav. X. n. -2.
' Tacito, Ann.. It. 71-si.
2 Tacito, li, S-2-S:!; Svetonio, a.di'.i.. C^.
3 Vedi Monge/,, Icon. Rom.^ pi. XXIV bis. n. '<.
Il
Cap. IL] LUTTO IN ITALIA AL GIUNGER DELL'URNA FUNEBRE. 2GT
Poscia il dolore si rinnovò più rumoroso al giungere
di Agrippina con le ceneri nell'urna funebre. Gran folla
accorsa quando sbarcava a Brindisi ingombrò mesta le
vie, e con affetto gentile domandava a sé stessa, se colle
acclamazioni'o colla solennità del silenzio dovesse con-
fortare l'infelice donna e onorare l'estinto. Tiberio avea
Aiou Ji <j.riiiariico e .li Iiruso a S|.uleto (6a„Sn.
mandato due coorti pretorie con ordine ai magistrati di
Calabria, di Apulia e Campania di rendere gli ultimi
onori a Germanico. 1 figli di questo rimasti in città,
suo fratello Claudio, e Druso gli andarono incontro a
Terracina. Per tutta la via era un accorrere in folla
dalle colonie, dai luoghi vicini e lontani, e accompagnare
l'urna con gemiti e bTuciar vesti e profumi, secondo l'uso
dei funerali, e far sacrifizi. Uscirono in folla anche i
primi di Roma , e consoli e senatori e gran parte del
•208 PIANTI A ROMA, E ARDENTI SALUTI AD AGRIPPINA. [Lib. VII.
f)Opolo: e non era dolore adulante, perchè la mal dissi-
mulata contentezza di Tiberio era nota a tutti. Il principe
e sua madre Livia non uscirono fuori, stimando disdice-
vole a loro maestà il mostrarsi a piangere in pubblico,
ovvero, nota Tacito, per non far conoscere falso lor duolo
a tanti volti scrutatori. E perchè fosse meno notata l'as-
senza, ritennero in casa anche la vecchia Antonia, madre
di Germanico, la quale non prese parte a ninna cere-
monia pel figlio. Quando le ceneri furono riposte nel se-
polcro di Augusto la città era pel silenzio come un de-
serto, 0 desolata per il gran pianto: le vie brulicavano
di popolo, Campo ^[arzio ardeva di faci, tutti gridavano
caduta con Germanico la Repubblica, morta ogni spe-
ranza: e quantunque sapessero di far dispetto a Tiberio,
chiamarono Agrippina onore della patria, solo sangue di
Augusto, specchio unico della virtù antica, e pregavano
gli Dei che salvassero i suoi figliuoli dagli iniqui. Tiberio,
a frenare il troppo entusiasmo, con un editto ricordò al
popolo le grandi sciagure sostenute dagli antichi con più
fermo animo, e rimandò tutti alle usate faccende e anche
ai piaceri (-').
Poi dall'amore pel morto passarono naturalmente al
furore contro quelli da cui stimavasi ucciso. Le ire po-
polari si accrebbero al giungere di Pisone e di Plancina,
tornati a Roma con grande apparato, e banchettanti
lietamente in lor casa del Fóro, parata a festa, quasi a
insulto del pubbUco dolore. In quella irritazione dell'odio
gli amici di Germanico portarono contro Pisone l'accusa
di aver governato sediziosamente le legioni di Siria, e
adoperato malie e veleni contro Germanico, e celebrato
sua morte con feste e con sacrifizi, e poscia usato le
'"') TiKMto. Ann., III. 1-6. Sui ca>i .li Germanico e rli Airrippina redi
M-'iiate, De casìbus Germanici, occ, Roinae 1.S2Ì, il quale ci* ';7
:lir!- anche tutte le iscrizioni e mecla-J:lie che ad e«si si riù'riscono.
€ap. II.] ACCUSE A PISONE, E SUA MORTE. 269
jirmi contro lo Stato per ripigliare la provincia. Chiede-
vano che Tiberio stesso ne giudicasse, e anche l'accusato
non era scontento di aver lui a giudice. Ma Tiberio si
rifiutò, e rimesse la causa al senato.
Invano Pisone cercò difensori tra i più illustri: la
maggior parte spaventati dall'odio pubblico se ne scusa-
rono in vari modi: e tutti erano intenti a vedere se
Tiberio nascondesse a bastanza o mostrasse l'animo suo.
Egli parlò con studiato temperamento: disse volersi se-
vera, non animosa giustizia: gli accusatori provassero
loro detti; l'accusato e i difensori producessero libera-
mente ciò che serviva a scolparlo; i giudici guardassero
alla verità, non al dolore del principe.
L'avvelenamento non fu provato in niun modo, quan-
tunque i giudici rimanessero implacabili per non poter
credere che Germanico fosse morto senza tradimento.
Chiaro era il delitto dei soldati corrotti e delle armi ri-
volte contro allo Stato: e Pisone stesso nelle sue lettere
a Tiberio si dichiarava reo di rivolta, e chiedeva grazia
pel tiglio Marco, che lo aveva sconfortato dal tornare
in Siria. E questo bastava a rendere implacabile il prin-
cipe, il quale del resto, consapevole o no delle trame di
Pisone contro a Germanico, aveva interesse a perdere
l'accusato per dileguare colla condanna i sospetti di com-
plicità. 11 popolo era furioso fuori della Curia, e minac-
ciava di sbranar l'accusato colle sue mani, se scampasse
dai giudici, e ne traeva le statue alle Gemonie.
Pisone, al veder Tiberio impassibile senza segno d'ira
o pietà, perde ogni speranza, si tenne morto, e la mat-
tina fu trovato in sua stanza scannato col coltello in
terra. Secondo alcuni si détte morte da sé : secondo altra
voce lo fecero uccidere, per impedire che mostrasse in
senato le commissioni avute dal principe contro a Ger-
manico. I contemporanei e i posteri narrarono varia-
mente il fatto, e la verità rimase avvolta di tenebre.
Vanxucs! — Storia dell'Itnìia «mtica — IT, 34
270 DRUSO SUL DANUBIO. GUERRA CIVILE IN GERMANIA. [Lib. VII.
Tiberio premiò gli accusatori di dignità e di sacerdozii,
ma condiscese anclie alle ultime preghiere del morto,
liberò la famiglia dal disonore, rilasciò la più gran parte
dei beni paterni ai figliuoli. Per Plancina, che aveva se-
parato la sua causa da quella del marito, egU allegò con
vergogna e ignominia le preghiere di sua madre Livia: e
allora andò salva per finire più tardi di propria mano, ac-
cusata di noti delitti, quando perivano rei e innocenti:
e per una strana bizzarria di fortuna tornarono fatali
anche a lei le sciagure della sua nemica Agrippina *.
Nel tempo che Germanico pacificava l'Oriente, Druse,
figlio di Tiberio, mandato sul Danubio perchè sui campi
si acquistasse l'amore dei soldati, lavorava d'intrighi per
eccitare a discordia e a guerra civile i Germani, partiti
in due leghe nemiche dopo la vittoria sulle legioni di
Varo. Da una parte Arminio col suo zio Inguiomero sotto
il vessillo della libertà riuniva i Cherusci e le genti del-
l'Elba e del Weser; e dall'altra stavano Marcomanni,
Svevi e più altri sotto Maroboduo despota e potentis-
simo duce che Tiberio stesso disse più formidabile a
Roma di quello che già furono Pirro ed Antioco. Ma il
suo contegno di traditore dopo la rotta di Varo fece
disertare da lui varie genti che passarono ai Cherusci,
dai quali in compenso disertò con suoi clienti Inguiomero
geloso e sdegnoso di sottostare al nipote. Maroboduo e
Arminio uniti avrebbero assicurato l'indipendenza germa-
nica: separati e nemici rovinarono la patria e sé stessi.
Si alfrontarono con esito incerto e rovinoso da ambe le
parti: ed aspetta vasi nuova battagha, quando Maroboduo
ritraendosi ai colli confessò di avere ayuta la peggio, e
fu nella sciagura abbandonato da molti, e chiese aiuto
a Tiberio. Questi dapprima rispose: Tu non ci aiutasti
contro i Cherusci, e non meriti aiuto da noi. Poscia gli
• Tacilo, Ann.. HI, 7-l!J, VI. 20; STetonio, Tib.. 52; Dione, LVII, 1».
Gap. IL] FINE DI MAROBODUO E DI ARMINIO. 271
mandò Druso, che sotto nome di paciero soffiò più che
mai nel fuoco della discordia, e trasse lui malconcio ai
termini estremi, levandogli contro Catualda capo dei Go-
toni, già suo nemico, il quale entrato poderoso tra i
Marcomanni, sedusse i maggiorenti, sforzò la reggia e
il castello, e ne prese i tesori. Maroboduò da ogni parte
deserto passò il Danubio, e dal Nerico scrisse di nuovo
a Tiberio chiedendogli l'amicizia di Roma. La conclu-
sione della risposta fu che avrebbe asilo a Ravenna: ed
egli venne, e Tiberio lo usò come strumento di sua po-
litica per ispaventare gli Svevi, mostrandolo a ogni loro
mossa pronto a tornare nel regno. Ma non parti mai
d'Itaha in diciotto anni che invecchiò oscurato dalla
troppa brama di vivere. Neppure Catualda lini lietamente.
Cacciato via dagli Ermonduri e ricorso alla protezione
di Roma fini rilegato a Fóro Giulio (Fréjus) nella Gallia
Narbonese *.
Distrutta dalle discordie germaniche, e dagli intrighi
romani la potenza dei Marcomanni, cadde anche quella
dei Cherusci e di Arminio. Un capo dei Catti oliVi di
levarlo di mezzo se da Roma gli fosse procacciato veleno.
Gli fu risposto : il popolo romano essere uso a vendicarsi
dei nemici non con frodi né di soppiatto, ma aperta-
mente e colle armi. E Tiberio ne prese cagione di vanti,
e paragonò sé a Fabrizio che impedì l'avvelenamento di
Pirro. Ma Arminio circondato di nemici non tardò a
scomparire. È detto che inorgoglito di sua fortuna aspi-
rava a regnare sulle genti da lui fatte libere, e fu assa- Annidi uo-
lito colle armi e pugnò con varia fortuna, e alla fine o^-iò. '
cadde per inganno de' suoi parenti. Ciò solo sappiamo
della line dell'eroe germanico celebrato da Tacito con
queste parole che sono l'epigrafe più eloquente pel monu-
mento che ora gli pone la libera patria nella selva di Teu-
S Tacito, Ann.^ II, 44-40 e 62-63.
272 LODI E MONUMENTO DI ARMIMO. [Lib. VII.
toburgo dove distrusse le legioni di Varo ("): « Liberatore
non dubbio della Germania, disfidatore non del popolo
romano in sul nascere, come altri re e duci, ma del suo
fiorentissimo imperio: vario nelle battaglie, non vinto
nella guerra, compiè 37 anni di vita, 12 di potenza. Si
canta anche ora dai barbari; è ignoto negli annali dei
Greci ammiratori solamente di lor proprie cose; né ce-
lebrato secondo suo merito dai Romani, magniilcatori
dei fatti antichi, e dei presenti incuriosi » ('').
(•*) Il grande monumento nazionale, che sarà inatigurato ai 16 agosto
di quest'anno 1875, sorge presso Detmold, condotto con grande e lungo
amore dall'architetto Giuseppe Ernesto von Bandel. Sulla spada d'Arminio,
lunga 24 piedi e pesante undici centinaia di libbre, sono scritti in lettere
d'oro (jaesti due versi:
DEUTSCHE EINIGKEIT MEINE STAERK.E
MEINE STAERKE DEUTSCHLANDS MACHT
cioè: V unità germanica e la ìnia forza, la mia forza ^ la potenza
della Germania.
Pel disegno del monumento vedi Bòttger, Ein sicherer Fi'hrer, e Tìie
(iarlenlaiibe illuslrirtes Familienblatt, Leipzig 1875, n. 21, pag. 357.
Con molto piacere qui ricordiamo che il Prof. Michele Ferrucci, insi-
gne latiuii^ta italiano, fino dal 1840 compose l'epigrafe pel colosso d'Ar-
minio in questi semplici e nobilissimi versi, a ciò invitato dal ]irincipe
Leopoldo di Lippe Detmold, allora suo scolare a Ginevra:
WT.IC. udì. romano. RUliUEUU.NT. SANGUINE. VAI.I.ES
DUXQUE. DATUS. TERNA. CUM. LEGIONE. KECI
H0Ì5T1BUS. HEIC. TERROR. POST. PAECULA. MULTA. RESURiO
VINDEX. GERMANL NOMINIS. ARMINIU^=.
{}] Tacito, Ann., II, 88. L'eroe della libertà germanica entrn, come fu
notato, nel campo della storia ad un tratto, vi splende di fulgidissima luce,
poi scomparisce ad un tratto nella notte dei secoli: misterioso nel prin-
<'ipio e nel fine; inalzato a somma gloria dalle sue imprese, forse spento
digli emuli, che non ne potevano sopportar la gi'andezza. In ogni modo
("bbe la ventura di morire libei-o e senza vergogna, quando a lui la schia-
Titù della moglie e del fijrlio i-endevano meno cara la vita. A niun altro
Gap. II.
273
\r:i..i.i« {<jr'i,-teJi/(i,.i,,-).
274 SOLLEVAZIONE DI TACFARINATA IN AFFRICA. [Lib. VII.
Anche in altre parti Tiberio sovente più che colle armi
fini le contese con accorgimenti e astuzie. 11 fatto piìi
lungo e più grosso del suo tempo, dopo la guerra ger-
manica, fu la sollevazione di Tacfarinata in Alfrica. Era
un Numida che, dopo aver militato tra gli ausihari del
campo romano, disertò, divenne capo di vagabondi e di
ladri: poscia, tratti con se Musulani e Mori, a varie ri-
prese fece scorrerie e guerre più anni (770-777), ora
Tacito détte lodi più grandi di quelle con cui adornò il liberatore della
Germania celebrato nei canti nazionali, custodi delle patrie memorie. Ora
di questi canti non rimane più traccia: e uiuna ti'adizione o leggenda ri-
corda il grand'uomo. Nulla si seppe di lui nel medio evo. Solo fu creduto
che l'idolo Ermensul, onorato di tempio e di voti, e distrutto da Carlo
Magno quando prese Erisbourg, fortezza dei Sassoni, fosse un avanzo del
culto reso dai Germani ad Arminio. La memoria e l'onore di lui rivissero
solamente quando nel secolo XVI furono ritrovati gli Annali di Tacito.
Questa scoperta rivelò alla Germania il suo passato e il suo eroe più
grande, al quale poscia tutti gli amatori della libertà nazionale si volsero
con grande affetto e con culto di lodi magnifiche. Nei tempi moderni lo
celebrarono altamente i poeti, e di recente nel Gladiatore di Ravenna,
tragedia tedesca di Halm . fu nobilmente cantato l'Eroe di Teutoburr/o ,
il Padre, il Salvatore. Ivi si narrano cosi gli effetti prodotti dalla no-
vella della sua morte :
A (jiiella rea novella un gran silenzio
Si le' per le campagne, e voce alcuna
Non si levò di lode o pur di biasmo.
Ma col volger degli anni, bas>a bassa
Da prima udissi una parola intorno
Ricordar dì miglioi'i, indi più ardita
Quell'uomo nominai-, cui li dovemmo:
Ed or da lungi per monti e per valli
Un grido di dolore e di desio
Vola chiamando Ai-ininio, e ovunque dove
E una terra tedesca, ivi ogni bocca
Di lui favella, e ogni verso, ogni suga.
Il pia grande il saluta o il più famoso I
(Tradizione di Iacopo Ccb'.anra'.
Gap. II.] RIVOLTE DEI GALLI.
vincitore, ora ricacciato dentro ai deserti, finché non
cadde in battaglia, preso dalle sue medesime arti *.
Per causa dei gravi tributi di denaro o di uomini vi
furono sollevazioni di popoli nelle Gallio (77i), sui monti
di Tracia (774-779) e tra i Frisi (781).-
Giulio Floro treviro, e Giulio Sacroviro eduo, due no-
bili'-privilegiati della cittadinanza romana pei meriti dei
loro padri, in adunanze e crocchi segreti eccitarono a
libertà la Gallia Belgica e la Gallia eentrale oppresse dalle
estorsioni dei governatori e dai debiti. Si commosse quasi
ogni città sulle rive della Saona, della Loira e della Mo-
sella: ma al solito mancò la concordia ad insorgere tutti
ad un tempo. Andecavii (Aujou) e Turoni (Toaraine), le-
vatisi i primi e non seguiti dagli altri, furono facilmente
compressi da pochi legionarii : e Sacroviro per non isco-
prirsi a mal tempo dovè guidare contro i complici le
truppe ausiharie degli Edui. Floro riuscito a trarre a sé
una parte dei Treviri militanti sotto le insegne nemiche,
détte il segno della rivolta colf uccidere i mercanti ro-
mani, e radunata una frotta di clienti e falliti s'avviò
alla grande Selva Arduenna {Ardennes) ove circondato
da due legioni, e assalito da Giulio Indo treviro, suo per-
sonale nemico, quando vide chiusa ogni via di scampo,
col ferro détte fine a sua vita e al movimento dei Treviri.
Dall'altra parte Sacroviro recata in suo potere Augu-
stoduno (Autun), prese i giovani delle principali famiglie
che ivi erano a studio, arruolò i gladiatori tutti coperti
di ferro e male atti ai movimenti, e messe insieme qua-
rantamila uomini, di cui solamente ottomila con buone
armi preparate in segreto, e gli altri armati di spiedi, di
coltelli e dardi da caccia; e con tale esercito a nome
della libertà e delle antiche glorie dei Galli, sopra insigne
destriero mosse contro a C. Silio, il quale non potuto
> Tacilo, Ann.^ Il, 5i', IIL 50, 21 e 7:;-74, IV, 2:: 26,
276
RIVOLTE DEI GALLI.
[LiB. VII.
arrestare dai Sequani veniva con due ardenti e bene ar-
mate legioni a schiacciar la rivolta. Lo scontro fu a do-
dici miglia dalla capitale degli Edui, e anche qui il di-
sciplinato valore trionfò della tumultuosa bravura. I Galli
cederono al potente urto delle legioni, e la battaglia di-
venne macello. Sacroviro dapprima si salvò in Augusto-
duno: poscia, veduto non rimanere via di salute, per non
Arco irionralc- d'OraniJX' {Le lina. France, II, ;•!. b t)
cadere in potestà del nemico si trasse coi suoi pili lidali-
a una villa vicina, e messovi fuoco, egli di propria mano, e
gli altri si uccisero tra loro, e arsero tra quelle fiamme '.
» Tacito Xnnal.. IH, (0-47.
Gap. II.] TRACI E FRISI. TIBERIO PIÙ' FEROCE. 577
Il nome di Sacroviro rimane ancora sull'arco trionfale
d'Orange fra i trofei delle armi dei Galli unite alla loro
insegna militare del cinghiale ripetutavi dodici volte. E
quindi non ha guari fu sostenuto che quell'arco, il piìi
hello di quanti ne rimangono sulla terra di Francia a
ricordo delle vittorie romane, sorgesse come monumento
della disfatta di Giulio Floro e di Giulio Sacroviro *.
Colle imperiali astuzie furono quietate le regie contese
di Tracia (772), e poi colle armi vinti i popoli sorti a
rivolta, e i fieri montanari renitenti alla leva e alle mag-
giori gravezze, risoluti a non volere essere trattati da
schiavi, e pronti a farsi ragione col ferro, e a preferire
la morte alla servitici '-.
I Frisi, già assoggettati da Druse, si sollevarono per
causa della feroce avarizia di chi li reggeva, batterono
i Romani e ne uccisero 900 presso la selva Baduenna.
Tiberio dissimulò questi danni: e sospettoso della gloria
dei duci, pii^i che la guerra amava la pace anche poco
onorevole, e continuava a far prova d' insidie ^.
Del resto il più del suo impero passò quieto o senza
grandi commozioni al di fuori. Un tentativo di guerra
servile fatto nell'Italia inferiore per chiamare a libertà
gli schiavi a Brindisi e nei luoghi dattorno, fu represso
facilmente ^: e quindi l'imperatore potè volgere ogni pen-
siero alle cose interne della città, e sfogare il fiero animo
nel processare e uccidere, tormentare, esiliare cittadini
e parenti che gU dessero ombra.
È detto che peggiorò dopo la morte di Germanico 3;
ma era stato crudele anche innanzi. Cominciò coll'ucci-
1 Vedi Ch. Lenormant, E.ctrait d'un Mémoire sur Vare de triomphe d' Orange^ s'cr
l'i;poque de ce monunieììta et sur les sujets qui y sont représentós (lu le 17 aoùt 1SÒ7
dans la séance publique des cinq Acadèinies).
2 Tacito, Annui.. II, 61-67, III, 38-39, e IV, 46-51.
3 Tacito, Ann.. IV, 75-74. Coni'. Dione, LIV, ■'•2.
i Tacito, Ann.. IV, 27.
£• Tacito, Ann.. VI, 51.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. '.'^
278 FLAGELLO DELLA LEGGE DI MAESTÀ. [Lib. VlL
dere Agrippa: fece marcir di stento e di malattie in esilio
Giulia sua moglie * : poi usò fieramente la legge di maestà,
si cinse di delatori e di carnefici.
Una legge antica perseguitava coloro che con tradire
fesercito, sollevare la plebe, o male amministrar la Re-
pubblica menomassero la maestà del popolo romano: ma
allora si punivano i fatti, non le parole. Augusto, alte-
rando a suo profitto la legge, la rivolse contro i libelli
famosi per togliere ogni libertà di parola. Quindi delitto
di lesa maestà il dire la propria opinione sui fatti del
principe e del suo governo : e sacrilegio il menomo atto
di irriverenza all'imperatore, divenuto un Iddio. Con que-
sto nuovo trovato sotto Tiberio la signoria cominciò a
divenir legalmente feroce, e non vi fu più scampo per
chi avesse l'odio del principe, o eccitasse colle proprie
ricchezze la cupidigia dei delatori. L'accusa di maestà
fu universale flagello, perchè diveniva compimento di
tutte le accuse. Accusata come atto di ribellione ogni
cosa più indilTerente. La splendida vita, il chiaro nome,
l'innocente faceziar tra le mense, il festeggiare il giorno
del proprio natale, il consultar maghi sopra faccende di
Stato, il lodar Bruto, il conservare il ritratto di Cassio,
il trascurare il culto d'Augusto, levare il capo da una
statua di lui per mettervene un altro, non giurar nei
suoi atti, battere un servo vicino all'imagine dell'impe-
ratore, mutarsi dinanzi a quella la veste, portare in una
latrina o in un bordello l'imagine di lui scolpita in anello
0 moneta, e finalmente i sogni, i sospiri, la compassione,
e anche il silenzio, furono delitti di maestà, che raccolti
dalle spie esponevano a pericolo di esilio o di morte 2.
Tiberio aveva intorno a so e accarezzava una turba
di scellerati accusatori e delatori, che si arricchivano a
' Tacito, Ann., \, b:'>.
1 Tacito, Ann.. I, 7-2-7J, II. 27-3-' e 50, III, 22, 36, 3S, 69, 70, IV, 31, 36, 12, VI, l-S;
Svetonio, Tib., 5S • Dione, LVII, l'J.
1
Cai'. IL] INFA^IIE DEI DELATORI. 270
pubblico danno: peste crudelissima che a poco a poco
arse e divorò tutto. Ogni morto di fame, chiunque avesse
disperso il suo in libidini, cercava ricchezza e potenza
col rovinare i più chiari, e con la delazione si faceva
puntello del dispotismo, e serviva la crudeltà del tiranno.
Costoro andavano attorno per piazze e taverne, spiavano
le case, raccoglievano ogni parola, e, tortala al peggio,
la usavano ad accusa. Il morbo poi diventò contagioso,
e la pessima condizione dei tempi portò cavalieri e se-
natori ad abbassarsi all'infame mestiero, e a vendere
amici e parenti. Tiberio celebrava i loro servigi, gli aveva
più cari quanto più si mostrassero crudeli, e gli pre-
miava di ricchezze, di statue, di onori trionfali e di sa-
cerdozi, e gli chiamava pubblicamente conservatori del-
l'ordine e delle leggi '. 11 che non parrà incredibile alla
presente età, che vide sbirri e delatori onorati di regii
sorrisi, di croci e pensioni: e sa che, or sono 80 anni,
Carolina Austriaca sconcia e feroce regina di Napoli per
distruggere l'antico errore che reputa infame le spie, cioè
i cittadini migliori di tatti perchè fedeli al trono e custodi
alle leggi, détte loro titoli di marchesi e baroni, e uffici
di Stato. A Roma non mancò l'infamia di quelli che chia-
mano oggi agenti provocatori, ì quali eccitavano gli in-
cauti a parole e a fatti per accusarli, ed arricchirsi di
loro spoglie: perchè agli accusatori andava la quarta
parte dei beni del condannato -.
Alle prime accuse Tiberio consultato rispondeva si os-
servassero le leggi: ma fece assolvere più d'uno da im-
putazioni scempiate ^. Poi fu crudelissimo, empi di sangue
Roma, e di esilii le isole Fonzie nel mar Tirreno, e quelle
di Donusa, di Giaro, di Citno, e di Amorgo nei mari di
Grecia.
1 Tacito, Ann., II, 32, IH, 19, 07, IV, 3D, 36, G6 ; Svetonio, Tib., 61; Dione, I.VII, 19,
LVIII, 14.
2 Tacito, Ann., II, 27, IV, 2,).
3 Tacito, Ann., I, 72-71.
280 UN FIGLIO ACCUSATORE DEL PADRE. [Lib. VIL
Famoso tra i primi andò il processo di Libone di casa
Scribonia, giovane leggiero e improvido, accusato di mac-
chinar novità dal senatore Firmio Cato, uno dei suoi
amici intimi, il quale lo denunziò, dopo averlo eccitato a
cospirare. Altri accusatori si unirono a lui, e facevano a
gara a cui dovesse toccare la diceria, e dopo imputazioni
scempiate gli apposero di aver fatto di sua mano atroci
postille ai nomi dei Cesari. Libone negò: furono venduti
i servi perchè potessero testimoniare contro di lui: gli
fu cinta di soldati la casa. Egli disperato di scampo si
uccise: e Tiberio a giurare che, quantunque colpevole, gli
avrebbe salva la vita, se non avesse affrettata la morte *.
Atroce spettacolo di crudeltà e di miseria dettero due
Yibii Sereni, padre e figliuolo. Il vecchio, stato già tra
gli accusatori di Libone, e poi condannato all'esilio per
pubbliche violenze, ne era tratto lurido, squallido, inca-
tenato a richiesta del giovinetto, il quale presentandosi
tutto lindo e gioioso, lo accusava di aver tese insidie al
principe, e faceva da spia e da testimone a un tempo.
Un Cecilio Cornuto imputato di complicità si dette la
morte: ma il vecchio Sereno non perduto di animo, con
gli occhi rivolti al figlio squassava le sue catene, prote-
stava se innocente, imprecava vendetta, e chiedeva agli
Dei gli rendessero l'esilio per vivere lungi da tanto or-
rore. I servi esaminati stettero contro l'accusatore; il
popolo infuriato gli minacciava il supplizio dei parricidi:
ed egli atterrito fuggi, ma fu costretto a proseguire l'ac-
cusa infame da Tiberio, mal celante un suo odio antico
contro il vecchio esiliato, quantunque poi gli commutasse
la pena di morte pronunziata dai giudici, e lo facesse
ricondurre, senza altro aggravio, all'esilio di Amorgo ^.
Altri furono condannati all'esilio o alla morte per aver
violato il Nume di Augusto, o spregiato la maestà di
» Tacito, Ann.. II, 27-31.
« Tacito, Ann., II, 'M, IV, 13, '->8. 30.
Gap. IL] CONTINUE ACCUSE E CONDANNE. VILTÀ DEL SENATO. 281
Tiberio, o fatto incantesimi contro di lui, o consultato
maghi sulla casa imperiale *. Un Lutorio Prisco, accusato
di crimenlese per aver composto de' versi in una malattia
di Druso, sperando, se morisse, di averne dal principe
premio maggiore di quello ottenuto già per una poesia
in morte di Germanico, fu condannato e ucciso subito
in carcere; e Tiberio se ne lagnò in senato colle solite
ambagi, esaltando la pietà di chi aspramente vendicava
le offese anche lievi al principe , deplorando le troppo
precipitate punizioni delle parole, lodando gli accusatori,
e non biasimando i difensori. Fece stanziare che i de-
creti non si eseguissero se non fra dieci dì: ma anche
questo non profittò ai condannati, perchè il senato non
aveva libertà a ripentirsi, e Tiberio, dice Tacito, non sì
faceva più mite per indugio -.
Tutta la storia di questi anni è tediosamente uniforme
per continue accuse, per atroci comandari, per rovine di
innocenti, per cause riuscite costantemente a un mede-
simo fine ^.
Tiberio, variando e tramescolando segni d'ira e cle-
menza, ora infierisce, ora fa grazia: reprime talvolta an-
che gli accusatori eccedenti di zelo, ma più spesso li fa-
vorisce, anche quando appongono fìnti delitti, e punisce
solamente i dappoco, e tiene per più sacrosanti i più
inesorabili e più infami ^.
Ne meno atroce e laido spettacolo dà di sé il senato
colle inique sentenze, colle turpi delazioni, col vile adu-
lare. I più erano sempre apparecchiati a decretare le
pene più crude, ed avevano bisogno di esser frenati nel-
l'ardore soverchio. Aggravavano sconciamente la mano
sopra i morti : e fra le cose proposte da essi contro
1 Tacito, Ann., II, 27, IH, '«, 66, ecc., VI, 21).
2 Tacito, Ann... IH, 51.
3 Tacito, Ann., IV, 32, 33
4 Tacito, Ann., Ili, 56, IV, 31, 42.
282 BRUTTURE DI CAPITONE, E PROTESTE DI ALTRI. [Lib. VII.
Libone vi fu, che fosse festivo il giorno in cui si era uc-
ciso e si offrissero doni agli Dei, come se quella morte
avesse liberato la patria da un gran pericolo *. Yi era tal
gara nel dare i pareri più sozzi, che Tiberio stesso sen-
tiva schifo di quella tanta viltà dei suoi servitori, affac-
cendati a proporgli ovazioni per una passeggiata in Cam-
pania, e votanti per cose da nulla onori straordinarii, e
archi e imagini ai principi, e templi agli Dei -. Taluni in-
vocavano anche la libertà della parola per fare adula-
zioni più sconcie. Uno disse che come uomo libero vo-
leva liberamente far sapere al senato che Cesare colle
fatiche consumava se stesso pel bene di tutti: e quando
il cavaliere Lucio Ennio fu accusato di aver convertito
ad uso profano l'argento di una statua del principe, e
Tiberio non voleva che si procedesse , il giureconsulto
Capitone, come a mostrar libertà, contradisse altamente,
protestando, che non doveva togliersi al senato la fa-
coltà di punire : l'imperatore fosse pure arrendevole nelle
cose che offendevano lui, ma non largheggiasse in quelle
fatte alla Repubblica: e per questo vituperoso parlare ri-
mase soprattutti più infame, quanto più andava avanti
agli altri per sapienza di leggi ^.
Alcuno protestava contro quei vituperii: e Lucio Cal-
purnio Pisone un giorno parti dalla Curia gridando, che
voleva andarsene a vivere solitario nei campi per fuggire
i brogli del Fóro, la corruzione dei giudizii, le crudeli
minacce dei delatori: e ritenuto con preci del principe,
chiamò in giudizio Urgulania, che protetta da Livia so-
verchiava le leggi. 11 quale ardimento perdonatogli, ma
non scordato a corte, lo avrebbe fatto mal capitare in
appresso, se non gli veniva opportuna la morte '\ Un al-
» Tacito, Ann.^ II, 32.
2 Tacito, Ann.. Ili, 17, 57, 65, ecc.
3 Plutarco, Dell'adulatore e dell'amico, 18; Tacito, Ann., IH. 70.
* Tacito, Ann., II, 31, IV, 21.
à
Gap. IL] SEIANO PRLMO MINISTRO. 28»
tro senatore chiese arditamente riparo contro i ribaldi,
che toccando un simulacro di Cesare avevano impunità
ad ingiuriare ogni uomo dabbene K
Ma i più dei senatori contaminavano con brutture lor
nomi famosi, facendosi vili strumenti a Tiberio, e con-
tribuivano al crescere del dispotismo, che incrudeliva
ogni giorno sotto il ministero di Elio Sciano. Questi go-
vernava Tiberio stesso cosi, che Tacito non seppe trovare
a quel fatto altra spiegazione, che l'ira degli Dei contro
Roma. Nato in Volsinio (Bolsena) di un cavaliere ro-
mano, seguitò nella prima gioventù Caio Cesare, nipote
d'Augusto, ed ebbe fama di aver venduta l'onestà al
ricco e prodigo Apicio ("). Poscia con sue arti vinse Ti- Annidi ro-
berio cosi, che quell'animo, chiuso a tutti, divenne in- g.^Z^ì/
cauto e aperto per lui. « Era di corpo faticante, d'animo
audace; occultatore di sé stesso, dilfamatore degli altri;
adulatore e superbo insieme; composto al di fuori a mo-
destia, dentro cupidissimo di signoria: perciò ora usava
larghezza e lusso, e più spesso industria e vigilanza, arti
non meno nocevoh, quando si fìngono a fin di regnare -. »
Divenuto primo ministro, ebbe tutto in sua mano; ed
eccitando colle sue atroci ambizioni la sanguinaria in-
dole di Tiberio, rese più cupa e gelosa quella fiera ti-
rannide, e ne accrebbe gli orrori.
Prefetto delle guardie pretorie, allargò la potenza di
quell'ufficio, stato poca cosa fino allora. Quelle milizie
vivevano dapprima sparse per la città, ed egli le raccolse
in un campo fortificato a poca distanza fuori delle porte
{"') È queir Apicio che professò la scienza della cucina, e che dopo
aver divorata una fortuna di 100 milioni di sesterzi (19,879,775 lire ital.)
si avvelenò per non morire di fame coi dieci milioni che gli restavano.
Seneca, Consol. ad Helv., 10; Dione, LVII, 19.
l Tacito, Ann.^ IH. ?A.
* Tacito, Ann., IV, .
-284
TRAME CONTRO LA FAMIGLIA IMPERL\LE. [Lib. VII.
Viminale e Collina per tenerle, con disciplina più stretta,
separate dagli allettamenti di Roma, per dar loro colla
riunione più fidanza in sé stesse, e per averle tutte
pronte ad un cenno nei casi subitanei. Creava da sé
stesso centurioni e tribuni: e ridusse in suo potere i
soldati, insinuandosi a poco a poco nei loro animi col
visitargli spesso, e chiamargli a nome.
Padrone della forza e caro a Tiberio, che pubblica-
p^^^j gj mm a g j^^ ^r~^^ ^
Porta ed elevazione interna delle mura del CT^tro Pretorio
(Cnnina. Edif ^ II, tav. 17, n. 7 e s).
mente lo chiamava compagno di sue fatiche, potè tutto
ciò che volle. Lo corteggiavano consoli, senatori, pro-
consoli, e ogni ambizioso di onori: tutti ricorrevano a
lui per grazie ed uffici: in sua casa si apparecchiavano
le cose da trattare in senato. A lui poste statue nei
teatri e nel Fòro: le sue imagini venerate tra le insegne
delle legioni ^
Quindi inalzò l'animo ad audaci speranze: e come per
giungere alla suprema potenza gli facevano ostacolo i
giovani, di cui fioriva la casa imperiale, rivolse ogni
studio a torgh di mezzo. E cominciò da Druso, figliuolo
di Tiberio, che già associato alla potestà tribunizia aveva
1 Ta:I-o, .Ui.j in, 7:', IV. 2; S-neca, Conso'.ad Marc, -i ] Lione Cassio, LVII, 1'.'.
Gap. II.
DRUSO FIGLIO DI TIBERIO.
■285
le prime speranze ^ Era giovane di tristi costumi e d'i-
stinti crudeli, dato al soverchio bere, spesso e1)lito;
amante delle stragi del Circo così che le spnde iiiii tu-
glienti dei gladiatori dal suo nouxe furono ch'uitriate
Iirii-.o, Uglio di Tiberio [Mov.'jez, I.?<j^ . Rov.^iA. XXIII, n. 2).
Drusiane : pur non discaro al pubblico, perchè amava
giuochi e spettacoli, e si mescolava liberamente ai croc-
chi e parlari della città fuggiti dal padre : e di più era
vissuto sempre in buona armonia col cugino Germanica,
Tacito, A\n., Ili, Vi.
Van?;uc' £ — storia dcW Italia antica— IV,
28:5 UCCISO DI VELENO DALLA .^lOGLIE E DA SEIaNO. [Lib. VIL
e mostravasi affezionato ai suoi figli *. Egli vide o sospettò
le ambizioni del ministro, e come in sua fierezza non
poteva patir concorrenti, venne a guerra aperta con lui:
e quando questi in una disputa gli andò sopra colle mani,
egli rivoltandosi lo percosse nel viso. Onde Sciano piìi
fermo e fiero in suo proposito, per aver modo più facile
a perderlo, gli corruppe la moglie Livilla, sorella di
Germanico, la amoreggiò, la disonestò, e la indusse a
consentire di dar morte al marito per regnare poscia con
lui. Fu concluso l'infame patto : Sciano per più assicurare
la donna, ripudiò la propria moglie Apicata da cui aveva
tre figli: e alla fine dopo i timori, gli indugii e le esita-
zioni che portava la enormità del delitto, Druso bevve
per mano dell'eunuco Ligdo un veleno lento, che fece
credere naturale la malattia e la morte. Tiberio fece mo-
stra di animo forte in quella disgrazia, intervenne con-
tinuo al senato nei giorni della malattia e della morte,
e ai senatori piangenti rese con ferma voce i conforti
che volevano dare a lui ("). Fece condurre nella Curia
Nerone e Druso, figliuoli di Germanico, gli affidò ai se-
natori, quali eredi futuri del trono, e come uniche spe-
ranze della cosa pubblica nei presenti mali: e ai due
giovani raccomandò che avessero i senatori in luogo di
padri. Le quali parole avrebbero commosso gii animi se
si arrestavano qui: ma col ripetere le sue vecchie fole,
tante volte derise, di voler lasciare il governo e resti-
ci) Svetonio (Tib.j, a2) dice che Tiberio non lo amava di affetto pa-
terno, perchè di animo molle e di vita troppo rimessa, e che non mostrò
<U contristarsi della sua morte: e aggiunge che quando, un poco più
tardi, gli ambasciatori di Ilio vennero a condolersi con lui, come so il
ricordo del dolore fosse al tutto spento, rispose ridendo che anch'egli si
doleva di loro mala sorte, per aver perduto Ettore loro egregio concit-
tadino.
> Tacito, Ann., I, -29, 70, IH, 37; Dione Cassio, LVil, 13, 14-, Plinio, XIV, 23; Plu-
tarco, Quaest. Coni- tv., I, G, -1.
Gap. II.l CONGIURA COiNTRO LA CASA DI GERMANICO.
28":
tuire la Repubblica, tolse fede anche alle cose vere e
oneste *.
Del resto e popolo e grandi malgrado lor mostre di
duolo, in segreto erano lieti della morte di Druso, perchè
faceva rivivere le speranze della casa di Germanico. Ma
questo stesso affrettava la rovina di essa. Sciano si ac-
cese pili che mai nel proposito di toglier di mezzo i
giovani: e come la specchiata castità di loro madre e la
fedeltà dei servi non gli lasciavano speranza di far giun-
gere ad essi il veleno, usò strumenti di altra sorte : destò
sospetti, armò e invelenì l'odio fiero della vecchia Livia
contro Agrippina, e risvegliò le ire di Tiberio mostran-
dogli la città divisa come in guerra civile, e la vedova
di Germanico superba dell'amore del popolo, e cinta
apertamente di partigiani, i quali non frenati si farebbero
tremendi. E questi semi sparsi accortamente fruttifica-
rono poi ciascuno a
suo tempo, e porta-
rono larga raccolta
di mali. Tiberio ina-
sprito cominciò a mo-
strare il suo mal ani-
mo rimproverando i
pontefici di aver mes-
so Nerone e Druso
alla pari con lui nelle
preghiere agli Dei, e ordinò al senato di non levare a su-
perbia i lievi animi dei giovani con prematuri onori (");
Kerone e Dniso, figli di Germanico (Cohen)
('^') Le imagini dei due giovani Cesari si hanno coi loro nomi nelle
medaglie. In una di quelle che riproduciamo compariscono ambedue a
cavallo, e nell'altra si vedono le loro teste con attorno l'epigrafe, logora
in parte: nero et drusus caesares quinq. c. vi. n. c. {Quinqiiennales
coloniae victricis JSovae Ca.rthaginis). Il che significa che dalla colonia
Tacito, Ann., IV, 8-11.
288 ACCUSA E MORTE DI CREMLZIO CORDO. [Lib. VII.
mentre Seiano ne preparava la rovina da lungi, col far
togliere di mezzo ad uno ad uno tutti quelli, che nella
sventura erano rimasti fedeli a Germanico e ai suoi.
L'amicizia per essi fu rovina a Silio vincitore dei Galli,
e Sosia sua moglie ebbe l'esilio per l'amore che le por-
tava Agrippina •. Poscia vennero le rovine degli altri.
Era il tempo in cui i delatori trionfavano per l'aperta
protezione del principe, e servivano ardentemente Seiano
in sue ambiziose e crudeli vendette. Allora due clienti
di lui mossero innanzi nuovo e non più udito delitto, ac-
cusando A. Cremuzio Cordo, integro vecchio, di oltraggio
fatto alla imperiale maestà, per avere nelle sue storie lo-
dato Bruto e chiamato Cassio V ultimo dei Romani. Cre-
muzio, clie aveva motteggiato la crudeltà di Seiano,
sentita l'accusa e veduto il truce volto di Tiberio, certo
di morire, disse nobili parole, degne dello storico degli
ultimi difensori della Repubblica; e poi uscito dalla Curia
si lasciò morir di fame. I suo scritti furono condannati
alle fiamme; ma rimasero occultati allora, massime per
opera di Marzia sua figlia, e furono pubblicati in appresso
ad accrescere la gloria dell'uomo fortissimo die gli aveva
scritti col sangue, e l'infamia di chi in sua stoltezza cre-
deva di poter distruggere l'umano pensiero (").
Seiano, accecato dalla soverchia fortuna, e stimolato
dalla vedova di Druso al maritaggio promessole in premio
dell'uccisione del marito, con studiata lettera la chiese
di Nova Cartagine {Cartagcna) erano stati fatti Quinquennali, cioè eletti
tia i magistrati ohe nei niunicipii e nelle colonie avevano potere cen-
sorio. Vedi Cohen, Monn. frappces .sous l'cmp. rom., voi. I, pi. Vili,
11. 1 e 4.
(") Tacito, Ann., IV, 34-35: Dione Cassio, LVII, 24; Seneca, Consol.
ad Marc, I e 22; Svetonio, Tib., 61. Sulla vita di Cremuzio Cordo, scarsa
di notizie, e .sopra i suoi scritti, vedi Held, Commentatio de vita scrip-
tis'jue A. Cremutii Cordi, Suidnicii 1841.
» Tacito, Ann.. IV, 17-2».
Cap. IL] SEIANO ECCITA TIBERIO AD ALLONTANARSI DA ROMA. 289
in moglie a Tiberio, ma non ebbe in risposta se non
parole più astute, e un rifiuto addolcito da vaghe pro-
messe di cose maggiori e più degne del caro ministro *.
Onde questi, lasciato cotal disegno da banda, attese ad
avvantaggiarsi col persuadere a Tiberio il ritiro nella
solitudine fuori di Roma, ove, lungi dalla folla popolare
e cortigianesca, e dai fastidii e dagli odi!, potrebbe me-
glio vacare alle cose importanti. L'astuto ministro pen-
sava che, nell'assenza del principe, rimarrebbe padrone
di tutte le cure dell'Impero, e con meno invidia e sospetto
avrebbe modo più agevole a conseguire i suoi intenti.
Nò era difficile persuadere la fuga al principe impaurito
dall'odio e dal dispregio pubblico, manifestati contro di
lui ad ogni istante. Ora si trovavano libelli pieni di vil-
lanie in teatro sulle sedie dei senatori: ora uscivano versi
sul suo odio alla madre, e sulla sua sete di sangue: ora
i condannati gli dicevano in faccia ogni vituperio-: e
in una causa di maestà l'accusatore stesso, per provar
meglio l'assunto, ripetè pubblicamente in senato tutto il
male che si diceva in segreto del principe. Onde questi
fermava di fuggire le adunanze, e di ritrarsi dove non
potesse raggiungerlo il sordo fremito del pubblico odio ^.
Ma prima inferocì in altre condanne, e portò nuovi
colpi alla casa di Germanico, di cui oramai dovea com-
piersi la rovina. Fu accusata di maestà e di adulterio
Claudia Pulcra, cugina di Agrippina. E invano questa
usò, per salvarla, lamenti, ingiurie, preghiere. Accorsa a
Tiberio, e trovatolo sacrificante ad Augusto, gli disse
non istar bene offrir vittime a lui, e perseguitare i suoi
discendenti. Al che Tiberio, spiegandosi più chiaro del
solito, rispose: Ti olJendì, o donna, perchè non regni.
Seiano inacerbì più le ire facendo avvisar di nascosto
1 Tacito. Ann.^ TV, 39, 40.
2 Svetonio, Tih.^ 59, (iG; Tacito, Ann.. I, 72; Dione Ca-^-^io, LVII, 23.
3 Tacito, Ann., IV, 11, 1?.
290
PERICOLI DELL'INCAUTA AGRIPPINA.
[LiB. YIL
Agrippina che stesse in guardia, perchè Tiberio voleva
darle veleno. La mal cauta donna rifiutò a mensa le
frutte offertele dal principe, ed egli rivolto alla madre
disse, che non sarebbe da far maraviglia se trattasse più
severamente colei che lo accusava di avvelenatore. Dopo
Agrippina del Museo Capitolino {Righeiti, I. 31).
le quali cose andò attorno la voce che egU si apparec-
chiasse a darle segreta morte *.
Tiberio studiò di divertire questi rumori, e alla fine
dopo lungo meditare andò in Campania, allegando a pre-
testo la dedicazione del tempio di Giove a Capua e di
quello di Augusto a Nola, ma coU'animo fermo di viver
lungi da Roma. GU astrologi predissero che non vi sarebbe
Tacilo, Ann.. IV, 52-r.l; Svetonio, Tift , 5:5.
I
Cap. IL] CAUSE DELLA PARTENZA DI TIBERIO DA ROMA.
291
tornato, ed avvenne come avevano predetto. Della qual
dipartita, oltre agli eccitamenti di Seiano e alla paura
dell'odio pubblico, fu causa anche il desiderio di nascon-
dere agli occhi di tutti la sua vecchiezza brutta di turpi
libidini, e di sottrarsi alla prepotenza della imperiosa ma-
dre aborrita da lui, sdegnoso di metterla a parte dell'im-
pero avuto per le arti di essa. Egli aveva fino da prin-
cipio proibito al senato *di darle il nome di mach'e della
patria, rimasto in medaglie ed epigrafi, e di decretarle
altre onorificenze pubbliche, adonestando l'invidia e l'in-
gratitudine coi nomi di temperanza e di modestia: e po-
scia se l'era recata a noia per modo, che fuggì sempre
di trovarsi a segreti coUoquii con essa, perchè altri non
credesse che egli ne accettava i consigli. Quindi erano
divenuti nemici: ed egli non la visitò malata, non inter-
venne, quando fu morta (782), alle esequie, non ten.ne
conto del testamento di lei, e ne perseguitò tutti i fa-
miliari e gli amici *.
Partì con poca comitiva: Seiano, Cocceio Nerva, gran Anni di ro-
dottore di leggi, Curzio Attico, alcuni cavalieri e maestri g.c.2g. '
di arti liberali. Greci i più, per ricrearsi con loro discorsi.
Si trattenne alquanto per le amene ville di Campania,
ove proibì con editto che ninno venisse a disturbargli la
quiete, e poscia andò a nascondersi nell'isola di Capri,
nel golfo di Napoli, sicura perchè cinta quasi d'ogni in-
torno da scoscese e altissime rupi e da mare profondo,
lieta di dolce aere l'inverno, fresca e amena l'estate^, e
maravigliosa in antico, come oggidì, pel grande spettacolo
che dalle cime dei colli e dei monti offriva mostrando
r ampio mare di Sicilia, i golfi di Napoh e di Salerno,
le fiorite rive di Posilipo, di Pozzuoli e di Baia, colle
isole d'Ischia e di Procida, col promontorio di Minerva,,
• Tacito, Ann.. I, 14, IV, 57, V, 1 e 2; Svetonio, Tib.^ IO, DO, 51; Dione Cas.sio,
LVII, 3, 12, LVIII, 2. Conf. sopra pag. 213.
- Svetonio, Tib., 10-, Taeito, Ann.:, IV, OS e 67.
202
L'ISOLA DI CAPRI.
LiB. VII.
e Sorrento, e il Vesuvio ed Ercolano e Pompei non ancora
distrutte dagli incendii del tremendo vulcano. Ivi monti
selvaggi e aridi scogli frequentati dai falchi di mare, e
orride rupi cadenti a precipizio nelle onde, e oscure e
misteriose caverne dentro al suolo, e grotte marine con
incantevoli effetti di luce cerulea: e poi i ricordi delle
I:^ola fli rp.nri ilisegnata da Moritz Meurer, in Bazor^ 7 setteiiibi'P, Berlino ISTI.
Sirene, e valli ridenti, e aranci, e fiori e profumi e le-
tizia di vigne.
L' isola già popolata dai Greci e custode di loro studi
e costumi stette in potere dei Napoletani fino ai tempi
d'Augusto, il quale, dilettatosi del luogo ameno e dell'aero
salubre, la prese per so dando loro in compenso l'isola
d' Ischia di cui si era impadronito colle armi, e la fece
suo privato possedimento, e la ornò di edifici in cui rac-
4
Gap. II.J OPERE DI TIBERIO A CAPRI. 203
colse opere d'arte e rarità di smisurate membra di fiere,
e ossa di giganti e armi di eroi ^
Tiberio facendola per parecchi anni sua sede e metro-
poli del mondo romano, le détte non più veduto splen-
dore: appianò i luoghi scoscesi, colmò le valli, abbassò
le sommità per rendere accessibili i siti più ardui con
solide strade, tra cui rimane ancora spettacolosa quella
che a ponente sale la rupe di Anacapri con 533 scaglioni
di pietra calcare. Egli ingrandì e moltiplicò gli edilìzi
di Augusto sui colli più ameni, ove si ricordano dodici
magnifiche ville - delle quali parlano anche molti e grandi
ruderi di sale, di vòlte, di splendidi pavimenti a musaico,
di peregrini marmi, di colonne, di statue, di pitture, di
bassirilievi, di teatri, di templi, di acquedotti e di bagni
sparsi dappertutto nei luoghi più pittoreschi per selve e
campi e vigne e oliveti. Fu detto per congettura che queste
dodici ville fossero dedicate ai dodici gran Dei dell'Olimpo,
e che avessero loro nomi da essi 3, Rispetto a questo sap-
piamo soltanto che portò il nome di Giove '' quella che
sorse nell'estremità orientale sul colle di Santa Maria
del Soccorso, in sito incantevole che domina l'isola tutta
e i golfi e le rive vicine; villa più splendida e più ampia
di ogni altra, come tuttora apparisce anche dalle sue
grandi rovine più volte studiate e illustrate (").
(") Vedi Hadrava , Eaygttagli di vari scavi e scoverte di antichìió.
fatte nell'isola di Capri, Napoli 1793; Mangoni, Ricerche storiche sul-
l'isola di Capri, Napoli 1834, e Ricerche topografiche ed archeologiche.
Napoli 1834; Quaranta e Alvino, Le antiche mine di Capri, Napoli 1835;
Gregorovius, Die Insel Capri mit Bildern und Skizzen von K. Linder-
mann-Fionmel, Leipzig 1868, ripubblicata senza illustrazioni, in Wan-
derjahre in Itallen, voi. I, Leipzig 1870, pag. 313-388, e tradotta in
1 Strabene, V, 0; Dione, LII, 43; Svetonio, Avg., 72 e 92.
2 Tacito, Ann.. IV, G7.
3 I.ipsio, Ad Tiicit.. Annuì., IV, 67.
* Svetonio, Tib.. C5. ,
Van.nucci — Storia dell'Italia antica — IV. 37
-294
LA VILLA DI GIOVE.
[LiR. VII.
In essa Tiberio riparavasi come in sua rocca ', e di là
per undici anni mandò i suoi ordini a Roma, e al mondo,
nel tempo stesso che ebbro di vino, di lussuria e di sangue
rendeva infami gli ameni luoghi con sue turpitudini e
sue crudeltà: le ville, i giardini, i boschetti, gli antri, le
Rovine d.;lla Villa di Giove (Alvino).
rupi, e anche i templi furono contaminati dalle mostruo-
sità del feroce e turpissimo vecchio -.
Il tempo distrusse tutti i suoi grandi edilizi: e invano
altri si affaticò a ricercare e distinguere i luoghi ador-
italiano dal conte Augusto di Cossilla col titolo di Ricordi storici e pit-
torici (Vltalia, Milano 1870, voi. I, pag. 197-25:ì.
1 Svntonio, Tih., 65. Plinio, III, 12.
2 Svotonio, Tib., i:5-15.
Cap. IL]
IL SALTO E LE CRUDELTÀ DI TIBERIO.
29.'
nati dall'arte, e bruttati dall'orgia. Solo il suo terribile
nome in ogni parte rimase colà nelle bocche del popolo
che lo chiama Timherio, e lacrime di Tiberio chiama il
vino migliore dell'isola, e secondo una vecchia tradizione
crede che nei sotterranei della villa di Giove stesse un
colossale cavallo di bronzo e sopra di esso Tiberio con
gli occhi di diamanti, guardato da quattro schiavi pur
colossali, di raro e prezioso lavoro ' : e presso la mede-
sima villa anche oggi chiamano Salto di Tiberio la rupe
Il salto di Tiberio (Grcgorùcius. pag. 3S).
di aspri macigni cadenti nel mare da più di 800 piedi
di altezza, e mostrata, al dire di Svetonio, in antico come
la e arriifìcina, del mostro, il quale alla sua presenza fa-
1 Mangoni, Ricerche topografiche e arch.j pag. 91, e Grogoi-ovius, Die Instel Capri
pag. H.
-29G DISASTRO A FIDENE. MESSAGGI DI MORTE DA CAPRI. [Lib. VII.
€eva precipitare di lassù le sue vittime dopo averle stra-
ziate con lunghi e studiati tormenti. I miseri cadevano
in mezzo a una squadra di marinari occupati a percuo-
terli con bastoni e con remi fmchè rimanesse loro un
soffio di vita Q").
Tiberio appena giunto a Capri fa richiamato con pre-
ghiere e scongiuri dal popolo per provvedere al caso di
Fidene ove rovinò l'anfiteatro alfollato di gente accorsavi
da Roma a uno spettacolo di gladiatori, e di cinquanta-
mila persone, ventimila furono scliiacciate dalla rovina,
e l'altre ne uscirono storpie. Ed egli venne in terra ferma
e promise a ciascuno di andare a parlargli, e fece prov-
vedere perchè tali calamità non si rinnovassero più *.
Sciano tornò a Roma armato della intera fiducia del
principe, il quale si teneva pienamente sicuro della de-
vozione del ministro, dopoché questi a un banchetto in
una grotta naturale in Campania, presso i monti di Fondi,
gli fece arditamente riparo del suo corpo contro una frana,
€he schiacciò alcuni servi e fugò i commensali -. Era
creduto e secondato in qualunque rea cosa eh' ei pro-
ponesse. Ministro e tiranno, per fini diversi, andavano
concordi in odii e vendette. Delatori scellerati inventa-
vano delitti, pei quali solamente si giungeva a Sciano,
distributore di premi e di uffici. E Sciano ne scriveva
a Tiberio, il quale passava dalle orgie a segnare supplizi
atroci. Le condanne de' suoi parenti e di loro amici fu-
rono portate dai primi messaggi di Capri. Seiano aveva
posto guardie a spiare ogni loro moto, ogni detto, e su-
(^) Carnificinae cius o.slenditur locns Capreis, unde damncAos, post
longa et exquisìta tormenta, praecijìitari corara se in mare iubebat,
cxrÀpienle classiarioruin mamt, et contis atque remis elidente cadavera,
ne cui residui spirilus quidrjuani inesset. Svetonio, Tib., 02.
1 Tacito, Ann.^ IV, 02-03-, Svetonio, Tih., IO.
2 Tacito, Ann.^ IV, -,0.
Gap. II.] ^lORTE DI SABINO. ACCUSE DI TIBERIO AI SUOI. 297
bornato accusatori massime contro Nerone, modesto gio-
vane, e reo solamente di sconsigliate parole. Insidiato
continuamente, amareggiato con belle: recatogli a colpa
il parlare e il tacere. Neppur la notte era sicuro: sua
moglie Giulia, figliuola di Livilla, riferiva veglie e sospiri
alla madre, e questa ridiceva tutto a Sciano. Il quale
tirò dalla sua anche Druse, fratello di Nerone, eccitando
gelosie e odii fraterni, e dandogli speranza del primo
luogo, nel tempo che preparava la rovina anche a lui *.
Primo fu ucciso il loro amico Tizio Sabino, cavaliere
romano, perchè conservava alla famiglia, anche quando
era abbandonata dagli altri, l'affetto già avuto a Germa-
nico. Quattro infami senatori, d'accordo con Sciano, gli
prepararono con insidie la morte. Latinio Laziare, uno di
essi, fingendogli amicizia lo lodava di suo costante affetto
agli infelici: e Sabino piangendo si sfogava liberamente
con lui in lamenti contro la crudeltà di Sciano e di Ti-
berio. Gli sfoghi furono ripetuti più volte e uditi dagli
altri tre senatori, appiattatisi tra il tetto e il soffitto della
casa per origliare dalle fessure. Quindi fa data la querela,
.e scritta la trama a Tiberio, il quale rispose con altre
accuse indicanti che voleva sentenza di morte. Sabino
fu tratto tosto a morire: per via, quantunque soffocato
nei panni e stretto alla gola, non cessò, finché ebbe fiato,
d'imprecare ai tiranni. La città era piena di orrore : la
gente atterrita fuggiva temendo morte solo per averlo
ascoltato -.
Vennero ringraziamenti da Capri per la pena data a
quel nemico della ReinihhUca. Tiberio si diceva anche
trepidante di sua vita, e sospettoso di aguati nemici,
mirando ad Agrippina e a Nerone, quantunque non no-
minasse nessuno. Poscia in altre lettere mandò piìi aspre
parole e rimproveri di impudicizia al giovane, e di animo
1 Tacito, Ann., IV, 59-60.
2 Tacito, Ann... IV, (5>'-70.
:.^0S CRUDE MORTI DI AGRIPPINA , [Lib. VII.
arrogante e fiero alla madre. Il senato esitò e tacque.
11 popolo corse in folla intorno alla Curia, portando le
imagini di Agrippina e di Nerone: accusava Seiano, gri-
dava viva Tiberio ! diceva le lettere false, e inventate
per macchinare rovina alla casa imperiale. Ma Tiberio
con lettera più minacciosa ripetè gli obbrobri ad Agrip-
pina e a Nerone, garrì la plebe, si dolse dell' esitanza
dei padri, e prese la causa sopra di sé *.
Per la perdita di una parte degli Annali di Tacito ci
mancano i particolari sulla fine di quegli infelici, accusati
fra le altre cose di voler fuggire all'esercito di Germania
0 invocare nel Fóro l'aiuto del popolo: suggerimenti dati
loro dai nemici che gli spiavano, e apposti loro a delitto
Annidi Ilo- comecché rifiutati-. Sappiamo solamente che Agrippina
^^0 30. 'trasportata in catene nell'isola Pandataria, vi patì cru-
deli trattamenti, percossa e privata di un occhio dal cen-
turione posto a sua guardia. Anche dopo la caduta di
Sciano non ebbe alleviamento a sua pena, e morì, non
è certo se volontariamente o per violenza, maledicendo
sempre al feroce assassino di sua famiglia. Tiberio sca-
gliò sconce e false accuse contro a lei morta, e si fece,
merito di non averla strozzata e gettata nelle Gemonie :
e il senato decretò annuali offerte agli Dei nel giorno in
cui ella finì. Ma il tiranno che nella sua rabbia feroce
ordinò anche dì nasconderne sotto terra le ossa affinché
ninno potesse mai onorarle degli ultimi uffìcii, non riuscì
ad impedire che poscia fossero raccolte in un'urna, e
poste nel grande Mausoleo d'Augusto, e solennemente
onorate (").
C) Tacilo. /Inn., VJ, 25: Svotonio, Tib., 7)S: Dione Cassio, LVIII, 2.
L'urna u.'jcita colla sua epigrafe dalle rovine del Mausoleo imperiale,
0 portata in Campidoglio fu un tempo adoprata a servire di misura fru-
I Tacito, Ann.. V, ;^-5.
• T.ic-ito, Aun.j IV, ')7.
i
Cap. II.]
DI NERONE E DI DRUSO.
290
Nerone, esiliato all'isola di Ponza, vi mori di fame, o
si uccise di sua mano alla vista del carnefice che entrava
a strozzarlo *. Druso che aveva servito di strumento a
Seiano contro il fratello, tradito dalla moglie Emilia Le-
pida, accusato anch'egli e sepolto in un sotterraneo del
Palatino, e lasciato senza cibo, vi mori disperatamente
di fame dopo aver dato di morso alla coltrice. E Tiberio
AGRiPPI^IAEM-AGRIPPAE i ,;.
dIvIì^gheptis VXORIS ' 1/ ""■
GERHANICI-CAESARIS | ]'j[^
MATPJS CCAESARISAVG j |!!|,[Kl
I
Vnia sepolcrale ili Agrippina {BartoU).
fece narrare in senato tutte le particolarità dei tormenti
dati a quel misero, le bastonate, la fame, ogni circostanza
di sua crudele agonia, ogni imprecazione del morente ^.
jnentai'ia [rubiaiellae , scritto erroneamente i-ugitellae), come altri mo-
numenti furono usati a misurare olio e vino. Ora sta nell'atrio del palazzo
dei Conservatori, e porta nel fianco figurate le insegne di essi e del mo-
derno senato romano. Vedi Bartoli e Bellori, Sepulchra veteriim, p. 45.
1 Svetonio, Tib., 51.
2 Tacito, An7i.^ VI, 23, 24 a 40; Svetonio, Tib.j 51 ; Dione ("assio, LVII, 3 e 22.
300 SOSPETTI E ARTI DI TIBERIO CONTRO SEIANO. [Lib. YIL
Seiano, liberato dagli emuli, era, come voleva, pa-
drone di ogni cosa, e già si teneva presso alla cima dei
suoi desiderii, né restavagli più che a toglier di mezzo il
vecchio di Capri, al quale niuno più riguardava. Tutti
erano intenti a sfoggiare in servilità col ministro, ed ac-
correre a sua casa, ed esser veduti prima di ogni altro.
Da molti dei grandi tenevasi per alto onore l'esser co-
nosciuti dai liberti e dai portinai di Seiano '. Moltiplicate
in ogni luogo le sue statue : si giurava per la fortuna di
lui: quasi lo chiamavano imperatore, e il senato ordinò si
celebrasse pubblicamente il suo dì natalizio, e gli decretò
sacrifizi -.
Ma tutto ciò non poteva non dar sospetto a Tiberio,
facilissimo a sospettare Tli tutto e di tutti, anche per cose
da meno. Alla novella di queste grandigie del ministro,
e delle soverchie onoranze, fu impaurito di quella smi-
surata potenza creata da lui stesso a proprio danno, e
volse ogni pensiero a distruggerla, e a usare tutte le arti
di cui era maestro per iscreditare a poco a poco il fa-
vorito, e alla line aver modo a levarlo di mezzo, senza
che -quegli potesse farvi riparo. Le astuzie messe in
opera per menare a line questa faccenda furono tenute
il capolavoro della diplomazia del solitario di Capri. Per
causa di lui vietò al senato di ordinare sacrifizi ad un
uomo, ma al tempo stesso lo scelse compagno nel con-
solato, e lasciò a lui solo la carica, per addormentarlo
nelle ambiziose speranze. E quando i padri prorogarono
il consolato all'imperatore e al ministro, Tiberio disse il
decreto illegale, e rifiutò quell'onore, perchè anche Seiano
fosse costretto a fare lo stesso. E spesseggiava di lettere,
ora calde, ora fredde. Oggi si diceva malato e morente,
domani ben portante e sulle mosse per Roma: ora grandi
lodi al ministro, ora rimproveri: ora onorati, ora umiliati
' Tacito, Ann.. VI, 8.
2 Dione Cassi.., I.VIII, :.' ; Svrtonio, Tih... 6j.
I
Cap. II.] CONGIURA DEL MINISTRO SCOPERTA. 301
gli amici di esso. Pei quali segni contrarii, Seiano, incerto
tra timore e speranza, non sapeva a qual partito appi-
gliarsi. Ma quando gli fu negata la licenza di recarsi in
Campania, e vide gli onori e le speranze date a Caligola,
figliuolo di Germanico, pare che temendo dei mali estremi
cospirasse per salvarsi, senza usare però energia e riso-
lutezza, e lasciandosi ingannare da altre dimostrazioni
dell'uomo che in fatto di arti segrete e di insidie la sa-
peva troppo più lunga *.
È detto, che stavano per Seiano le guardie pretorie,
e molti senatori coi loro liberti "^. Era suo complice Fiil-
cinio Trione, uno dei delatori più infami: e Publio Vi-
tellio, prefetto dell' erario, fu in appresso accusato di
avere offerto ai cospiratori le chiavi del tesoro militare ^.
Ma non poteva contare sul popolo, affezionato al giovane
Caligola '\
Tiberio fu avvisato della congiura dalla vecchia Anto-
nia, madre di Germanico, la quale gli scrisse minutamente
per mezzo di uno dei suoi servi più fidi ^\ Al grave an-
nunzio egli serbò la sua usata calma, prese i ripari
opportuni, e si governò colle astuzie, non stimando sicuri
gli assalti aperti. Pel caso di una lotta in città, ordinò
di togher di carcere Druse, che non era ancora morto,
e di metterlo alla testa del popolo : e quando tutto an-
dasse male a Roma apparecchiò navi per rifugiarsi tra
le legioni lontane. Fece disporre segnali sulla via per
avere pronte le novelle del fatto: egli stesso stava in
osservazione sulla torre più alta dell'isola: e al tempo
medesimo mandò a Seiano la promessa di farlo suo pa-
rente, e di dargli la potestà tribunizia ^.
« Dione, LVIII, 1-8; Svetonio, Tih.. G5.
2 Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche, XVIII, S, 0.
3 Tacito, Ann.^ V, 8, 11, VI, 4.
4 Dione Cassio, LVIII, S.
5 Giuseppe Flavio, Ant. Giud., XVIII, 8, 6.
* Svetonio, Tib.. 63-, Tacito, Ann., VI, 23; Dione, LVIII, 13.
Vannucci — Storia dell' Italia antica — IV. 38
302
MACRONE NUOVO CAPO DEI PRETORIANI. [Lib. VII.
Come fu bene ordinata ogni cosa, una notte giunse a
Roma Nevio Sertorio Macrone, investito segretamente
del comando dei pretoriani. Si abboccò con Memmio
Regolo uno dei consoli tenuto fedele, e con Grecino
Lacone, prefetto delle guardie notturne, ai quali aprì i
segreti mandati del principe. Allo spuntare del giorno,
mentre si recava al senato, incontrò Sciano per via, e ai
lamenti di questo sul non aver lettere di Tiberio, rispose
Faro o castcUr, di Tiberio nell'isola di Capri [Da Fotografia).
che gli portava la potestà tribunizia. 11 ministro entrò
pieno di gioia nella Curia, e mentre i senatori si ralle-
gravano con lui e lo adulavano pel nuovo onore, Macrone
mostrò l'ordine da cui era investito del comando dei
pretoriani, e rimandatigli al campo sotto colore di un
donativo dell'imperatore, pose a custodia del senato Gre-
cino Lacone colle guardie notturne. Quindi entrò nella
Curia, consegnò ai consoli la lettera di Tiberio, e prima
che fosse letta si riparò nel campo fra i pretoriani *.
La lettera era luìiga e verbosa'^: cose vaghe in prin-
I Dione, LVIII, 0.
* Giovenale, Saf., X, 71.
Gap. II.
MESSAGGIO DI MORTE.
303
cipio: poi nominato Seiano con lieve rimproccio: poi
discorso di altre faccende: quindi ritorno a Seiano per
biasimarlo e lodarlo, e dopo lungo variare di tuoni le
parole diventando più gravi e più minacciose lìnivano
coll'ordine chiaro di arrestare il ministro cospiratore.
ìiyìiiiwdi ii'iiiiiiiii!iiiitiiiiT(iMiiiiiiNiij.iiiit'/iii,fiiiiii[i^^
Soldati Pretoriani {Musée des antiqites^ voi. Ili, pi. 30).
Fu uno scoppio di fulmine: le sedie intorno a Seiano
rimasero deserte a im tratto; fuggirono da lui i senatori
prima adulanti, e cambiarono in maledizioni le lodi. 11
console lo chiamò perchè gli venisse davanti. Egli non
■J04 SEIANO STRAZIATO DAL POPOLO GL\ PLAQDENTE. [ Lib. Vlf.
usato a ricevere ordini, e fatto stupido dal subito spa-
vento, non si mosse alla prima. Chiamato di nuovo, si
Anni di R..- alzò in mezzo alle ingiurie, fu incatenato, tratto in pri-
G.V l'i'/" gione, condannato e ucciso. La turba poco fa plaudente
e adorante (") gridava e imprecava, e spezzava e fondeva
le statue dell'uomo caduto (^), con ogni sorta di insulti
e di strazii al cadavere C), trascinato per le vie, e dopo
tre giorni gettato alle Gemonie e al Tevere. Inseguiti
e trucidati per le strade gli amici più noti, che caddero
in mano alla folla. Nel tumulto alcune contrade della
città andarono a fuoco e a sacco per opera dei preto-
riani gelosi delle guardie notturne. Il senato poco fa
adulatore vilissimo del potente ministro ora ordinò di
celebrare con giuochi e feste solenni il giorno della sua
uccisione: e, come se la tirannide fosse spenta con lui,
decretò F inalzamento di una statua nel Fòro a gloria
della Libertà riacquistata per virtù di Tiberio cui offri-
rono il nome di Padre della Patria con una festa nel
suo di natalizio e con altri onori ch'ei rifiutò. Anche al-
trove furono posti monumenti alla Libertà Pubblica e
(") Turba Remi iequitu)' forlimam, ut seviper, et odif
Damnatos. Idem populus, si Nurtia Tusco
Favisset, si oppressa foret secura senectus
Principis, hac ipsa Seianum diceret hora
ÀTgcstniii.
Giovenale, Sat., X, 73-77.
('■'i lam stridunt ir/ncs, iam foUibus atque caminis
Ardet adoratum populo caput, et crepat ingens
Seianus ; deinde ex facie toto orbe sectmda
Fin.nt iirceoli, pelves, .sarini/n. palellac.
Seianus ducitur unco
Spcclandus. daudent omncs.
Giovenale, loc. cit., 61 e segg.
(*) Populus ili frusta dioìslt : in i/uem i/uidquid congeri poterai, Dii
huììiinesque contulerant , ej; cu nihil superfuit quod carni fex traheret.
Seneca, Bc iranquillit. animi, 11.
Gap. IL] UCCISI ANCHE GLI AMICI E I PARENTI DI LUL 305
alla Provvidenza di Tiberio salvatore da quel nemico
perniciosissimo (").
Ma caduto il malvagio ministro, non vi fu migliora-
mento di sorte, e tornarono vane le speranze di quelli
che recavano a Seiano la cagione di ogni male. Continuò
il crudele governo, e Tiberio imperversò piti che mai nel
furore dei supplizi ', ai quali fu causa nuova l'amicizia
mostrata al ministro, come peri' avanti era stato delitto
di morte il non essergli amico.
Al sangue infame di lui andò mescolato anche il san-
gue innocente dei figli, fra cui fu uccisa pure una fan-
ciulletta sì semplice, che domandava per qual colpa e
dove la traessero, e prometteva che noi farebbe più, e
pregava che la punissero di sferza, come si fa coi fan-
ciulli. E come per uso antico la verginità difendeva dalla
condanna capitale,^ il carnefice violò la fanciulla prima
di ucciderla. La moglie di Seiano, già ripudiata da lui,
non volle sopravvivere ai figli, e si uccise dopo avere
svelato gli avvelenatori di Druso: e allora anche Livilla
fu fatta morire di fame, e Scipioni, e Cassii e Silani
dettero in senato atroci sentenze contro la memoria
di lei K
Nella implacabile persecuzione contro tutti quelli che
avessero avuto favori dall'uomo caduto furono avvolti an-
che i magistrati non pronti ad opprimerli ^. Alcuni degli
accusati scamparono mettendosi tra i delatori '*: e chi più
(") Dione Cassio. LVIII, 10-12. A Terni fu trovata questa iscrizione:
Saluti perpetuae Augustae Libertatique Publicae populi romani Provi-
dentiae Tib. Caesaris Augusti, nati ad acternitatem romani nomini.s,
sublato hoste perniciosissimo P. R.OveWì, Inscript., 089. Conf. Marini,
Arcai, I, 43.
> Svetonio, Tib., 61.
8 Tacito, Ann., V, 9, VI, 2; Dione Cassio, LVIII, II.
3 Tacito, Ann., V, 11.
4 Tacito, Ann., VI, 7.
306 IMMENSO MACELLO DI UOMINI. [Lib. VII.
vergognosamente era stato strumento alle ribalderie di
Seiano, ora più si alTannava a cercar salute col perse-
guitarne l'aborrita memoria. Tra tanti vili furfanti uno
solo accusato di quella amicizia ebbe cuore di vantarsene
apertamente, e ricordò ai senatori le loro adulazioni per
sedici anni alle spie, ai liberti, e anche ai portinai del
ministro, e concluse che dei suoi buoni ufficii a Seiano
egli si teneva reo quanto Tiberio, che per tanto tempo
lo aveva amato e onorato *. Molti furono uccisi, rei e
innocenti: altri si uccisero di propria mano 2. Poi in
un giorno furono trucidati tutti gli accusati di cui le
prigioni erano piene. Fu immenso macello di ogni sesso,
età, e condizione, sparsi 0 ammassati, con divieto ai
parenti ed amici di piangerli, e di raccoglierne i corpi.
Le guardie poste a notare il dolore di ognuno seguivano
i fetidi cadaveri trascinati nel Tevere, ove galleggianti
0 gettati a riva ninno si attentava di arderli, né di
toccarli 3.
E il mostro più beveva sangue e più ne chiedeva,
eccitato ora da Macrone che, entrato in luogo di Seiano,
esercitava più copertamente le medesime arti, e col suo
odio fu micidiale a parecchi ^. Le lettere di Capri porta-
vano ([uasi sempre sentenze di morte 0 di bando anche
agli amici del tiranno, irretiti nelle scelleratezze con cui
avevano perduto altri 2. Sacrificò i delatori vecchi quando
ne era sazio, e si affidò ad altri più infami ^•, accusò di
turpitudini, e uccise per toghere ai mortila roba^: uc-
cise le madri per aver pianto i figliuoli *. Fu delitto
i Tacita, Ann.^ VI, S.
« Tacito, Ann.^ V, 0 e 7, VI, 14.
3 Tacito, Ann.^ VI, VJ.
* Tacito, Ann.^ VI, 29, 4S; Dione Cassio, I.VIII, 21 e 27.
5 Tacito, Ann., VI, 10.
« Tacito, Ann., IV, 71, VI, :ìù, 3S, 18; Dione Cassio, I.VIII, 21.
~ Tacito, Ann., VI, 19.
« Tacilo, Aìtn., VI, 10.
Gap. II.] ALLA BELVA DI CAPRI CRESCE LA SETE DEL SANGUE. 307
l'avere avi, stati amici a Pompeo Magno *: né solo il
far versi satirici, ma il dir male di Agamennone in una
tragedia fu delitto da strangolazione e da rupe Tarpeia:
e le morti si davano lente ai più odiati ^. Molti, uomini
e donne, si uccisero da sé stessi di veleno, di ferro, di
fame per fuggire le pene degli strangolati dal carnefice,
ai quali negavasi la sepoltura e si confiscavano i beni
con rovina dei figli ^. La morte naturale di un uomo
chiaro apparve allora una rarità, degna di esser notata
come fenomeno ("). Fra i tanti che spensero volontaria-
mente sé stessi fu anche il giureconsulto Cocceio Nerva,
intrinseco e commensale di Tiberio, le cui preghiere non
valsero a distorglierlo dal fiero proposito di finire per
fame. Preso da tedio della vita fra i tanti orrori che aveva
dattorno volle salvarsi dal veder peggio *. Il cavaliere
Vibuleno A grippa, accusato,, si avvelenò pubblicamente
in mezzo alla Curia: ma anche così morente fu tratto in
carcere e finito dal carnefice, perché i suoi beni non fug-
gissero ai delatori e al fisco. Ad altri intervennero i me-
desimi casi ^.
Lo spettacolo continuo di tante crudeltà bandi ogni
compassione dagli animi, e in quel terrore universale si
sciolsero tutti i vincoli del consorzio umano ^. Ai tempi
delle proscrizioni di Siila, di Mario e dei triumviri, vi
furono cittadini salvati con proprio pericolo da parenti,
da donne, da servi. Ora non apparisce quasi segno di
devozione, nò di umana pietà: alcune donne si uccidono
per non sopravvivere ai mariti spenti, ma non «si vede
(") Per idem tempus , L. Piso 2'>oìiiifex, rarnm in tanta claritudine,
•fato ubiit. Tacito, Anìi., VI, 10.
» Tacito, Ann., VI, IS.
2 Tacito, A«M., VI, 29, 39; Svetonio, Tib., 01; Dione Cassio, LVII, 20, LVIII, 3 e 21.
3 Tacito, Ann., VI, 14, 18, 29, 3S, 39, 10, ecc.
4 Tacito, Ann., VI, 2o; Dione, LVIII, 21.
r. Svetonio, Tih., 01; Tacito, Ann., VI, 40; Dione, LVIII, 21.
6 Tacito, Ann., VI, 19.
308 OGNI VLXCOLO UMANO ROTTO DALLA PAURA. [Lib. VII.
per umana virtù salvato alcuno dei colpiti dalla tirannide.
L'accusato non solamente non trova difensori, ma come
colto da pestilenza è fuggito da amici e congiunti, i quali
studiosi di loro salvezza aggravano anche le accuse, e
si precipitano ad adulare vilmente i carnefici. Al passare
di un condannato imprecante ai tiranni rimangono de-
serte piazze e vie: fuggono tutti, scansano incontri e
discorsi di conoscenti, poi tornano indietro a farsi ve-
dere, temendo di esser notati e accusati per avere avuto
paura *. Non rimaneva neppure il sentimento volgare,
che muove l'uomo a spegnere il fuoco vicino, perchè non
si apprenda alla sua casa. Ninno pensava a difendere
gli altri, e non era difeso al bisogno. Quindi nel pericolo
tutti si trovavano soli, senza nascondiglio, senza riparo
dalle spie, dal tradimento, dall'universale paura, denun-
ziati da congiunti ed estranei, da amici ed ignoti 2. Vano
il tentar la fuga, perchè in quella vastità dell'Impero era
difficilissimo raggiungere un luogo di scampo. È ricordato
solamente un Rubrio Fabato che, disperando delle cose
romane, ebbe il pensiero di rifuggire alla misericordia
dei Parti. Fu ripreso allo Stretto di Sicilia, e ricondotto
a Roma, e messo sotto custodia, e più per oblio che per
clemenza scampò ^.
A chi considera questo scempio crudele dell'umanità,
fatto per volere di un brutal vecchio, se fa supremo
orrore Tiberio, non desta meno disgusto la vile pazienza
dei llagellati, i quali, pronti a darsi la morte per fuggire
il camelee, non sanno unirsi per resistere al sanguinario
dispotismo, di cui sono principal forza il terrore di tutti,
e il niun vincolo dell'uomo all'altro uomo. Una rivoluzione
non poteva essere allora schiacciata dagli eserciti, il cui '
principal nerbo stanziava ai lontani confini. Le forze di
1 Tacito, Ann., IV, r,o, 70.
2 Tacito, Ann., VI, 7; Champagny, Les Càsdrs, I, 2C.S.
3 Tacito, Ann., VI, 11.
Gap. IL] TREMANTI I SOGGETTI, E TREMANTE IL TIRANNO. 309
Roma potevano non diffìcilmente voltarsi, come si vide
in più casi, ed erano piccola cosa poste a confronto coi
presidii dGlle grandi città moderne, in cui pure il popolo
schiacciò anche i grandi eserciti, quando sorse concorde
nella sua ira tremenda. E bene lo sapeva il dispotismo
romano: e perciò, mentre tremavano tutti, tremava nel
suo covile anche la belva, causa dell'universale terrore.
La paura aveva cacciato Tiberio di Roma: ma anche
nella tana di Capri non viveva tranquillo, sebbene cinto
dal mare, e assicurato dai difficili accessi. Dopo la morte
di Sciano si tenne rinchiuso per nove mesi nella villa
(li Giove * : e dopo avere uccisi o banditi astrologi e
maghi stranieri, e vietato ai cittadini di esercitare quelle
arti, stava con un gregge di indovini -, tra cui principale
di tutti Trasillo già cimentato a Rodi con terribili prove.
Era cupido e pauroso di loro predizioni, come delle ri-
sposte degli aruspici, ed avrebbe distrutto gii oracoli
prossimi a Roma, se non lo tratteneva superstizioso ti-
more 3, Quando venne in Campania, e si avvicinò a Roma
per ordinare più da vicino le stragi, e vedere quasi coi
suoi occhi grondare il sangue per le case e dalle mani
dei carnefici, tornò indietro nel trovare divorato dalle
formiche un serpente che a suo diletto nutriva di propria
mano. Prese quel fatto come una ammonizione a guar-
darsi dalla furia della moltitudine ''. Sebbene i monumenti
parlino più volte della felicità di Tiberio, significata dal
caduceo ricorrente sulle medaglie, e dal simulacro alla
Felicità posto a Fondi dove altri lo crederono nato: seb-
bene i decurioni Fiorentini ogni anno celebrino con sa-
crifizi e conviti il di natahzio di lui felicissimo pontefice
' Svetonio, Tib.^ 65.
2 Giovenale, Sat.^ X, 93-01; Dione, LVII, 15.
3 Tacito, VI, 20 e 21-, Svetonio, Tib., U, 62-63, Aitg.. 9S; Dione, LV, IL LVIII, 27
Ciiovenale, VI, 575.
* Tacito, Ann.. VI, 1, 30; Dione, LVIII, 21; Svetonio, 72.
Vannocci — Storia dell'Italia antica — IV. Si)
310 NUOVI TORMENTI E NUOVI TORMENTATI. [Lib. VII.
massimo, e altri lo chiamino ottimo prìncipe *, la sua
turpe e crudele anima è, come vuole giustizia, in continui
tormenti. Anche fra gli scogli di Capri le grida delle
vittime risuonanti nelle vie deserte di Roma, turbano
le libidini e i sonni al tiranno, cui sono rivolte in sup-
plizio le scellerate vergogne. Un giorno scrive al senato,
che non sa più che dire e che fare, giura agli Dei che
si sente perire, ha paura dei tuoni, e nei recessi non
trova scampo ai tormenti che gli straziano l'anima -. Una
turba di spettri, un popolo di vittime grondanti sangue
gli passa dinanzi allo sguardo atterrito, e lo accompagna
alle mense, a letto, ai diporti. Tiberio, che vinse tutti i
nemici, è vinto dalla propria coscienza, dilaniato dalla sua
crudeltà.
Pure, finché gli bastò la vita, rimase fermo a condan-
nare, a uccidere, a mutare le pene delle leggi in assas-
sinio. Tra i nobili che Augusto avea indicati come pos-
sibili competitori all'Impero C. Asinio Gallo morì di fame
dopo lungo e miserissimo carcere: e L. Arrunzio, uomo
di integra vita, si uccise di propria mano per fuggire
maggiori tlagelli '^. Non passò giorno senza supplizi!. In-
ventò nuovi tormenti contro i'suoi grammatici, contro
gli invitati a sua mensa, contro i più intimi, e uccise
tutti, non mitigato mai per tempo, per preghiere o per
sazietà. Di venti de' suoi antichi amici, scelti a consi-
glieri pei casi di Stato, diciassette o diciotto furono uc-
cisi. Molti altri già destinati al supplizio rimasero salvi
per la morte inaspettata del tiranno, e per l'industria
dell'astrologo Trasillo il quale col predirgli ancora dieci
anni di vita lo persuase a rimettere quelle uccisioni a
tempo più comodo. Spense molti parenti con orribile
» Svetonio, Tih.. 5; Borghesi, Decad. Numisni.^ XIV, 7; Cavedoni, Medaglie iinpe-
riati, in Annal. Istit.. IS51, p. 2i'T; Ordii, loscripl., Gs6, e Ilenzen, T'^w;!.
2 Tacito, Ann., VI, C; Svetonio, TU.. 67, C»; Plinio, XV, .W.
:■■ Tacito, Ann., I, 13, VI, 23, 48, p XI, 36; Dione, LVIII, 3 e 27.
4
Cap. II.]
LE TURPITUDINI ESTREME.
311
strazio, e chiamava Priamo felice, per essere rimasto
superstite a tutti i suoi *.
Sono note le infami libidini del mostro, che di mezzo
alle brutture senza nome mandava a Roma sentenze di
morte e di esilio contro agli adulteri e alle meretrici
' /
éÌjim^L
Tiijerio in <Hi\. av^mzata (Mcseo Capitolino, Rirjh., \, 31).
Quelle turpitudini, da cui rifuggono la penna e il pen-
siero, furono toccate gravemente da Tacito, e le narrò
minutamente Svetonio, raccoglitore attento di ogni più
Tacito, Ann., VI, 38; Svetonio, Tih., 55, 'J\, 60, 02; Dione Cassio, LVIIt, 22, 2" e 27
312 TRISTA E QUASI CONTINUA MONOTONIA DELLA STORIA. [Lib. VII
sconcia cosa (''). Continuò in esse anche quando le donne
inorridite lo respingevano con pericolo di morte: e anche
quando l'età gli aveva fiaccate le forze, e fatta curva e
gracilissima l'alta persona, e calva la testa, e irsuta,
fetida, ulcerosa e piena di empiastri la faccia ^ 11 se-
colo era profondamente corrotto: pure quelle infande lai-
dezze fecero orrore, e furono assalite con allusioni in
teatro, e per lettera gliele rinfacciava dall'Asia il re Ar-
tabano, esortandolo anche ad uccidersi, per fuggire al-
l'odio universale meritato colle sue crudeltà -.
Questa uniformità di scellerate brutture, che empiono
di insopportabil tedio la storia, è appena interrotta da
qualche astuzia nel governo delle cose esteriori; dalle
notizie del re Artabano cacciato nuovamente di Armenia,
e costretto a fuggire ai confini di Scizia col muovergli
contro i barbari d'Asia, col destargli congiure in casa,
e i Parti richiamati al rispetto di Roma, col far mostra
delle potenti legioni condotte sull'Eufrate da Lucio Vi-
teirLo(700)3; dagli annunzii della conquista della Mesia,
e di nuove regioni della Giudea unite all'Impero^; e da
qualche atto di munificenza a sollievo delle miserie di
Roma. Come Tiberio altre volte aveva riparato con doni
ìiuo-alle pubbliche calamità, anche negli ultimi tempi di sua
ir; ' vita soccorse con cento milioni di sesterzi (lire 10,483,501
e 25 cent.) ai danni recati da un incendio sull'Aventino
e nelle vicinanze del Circo ^. Provvide anche al nuovo
infierire delle usure ; e per impedire i fallimenti e le ro-
{") Tacito, Ann., VI, 1: Svetonio, Tib.. 43. Pure Svetonio stesso (44)
aggiunge: Maiore adhuc et turpiore infamia pagravit, vix ut ì^e ferri
audirive possit, nedian credi fas .sit.
> Svetonio, Tib.. 45 e fiS; Tacito, Amì., IV, 57, VI, IO.
2 Svetonio, Tib.. CO.
3 Tacito, A'im... VI, .'«l e sepTg. ; Giuseppe Flavio, XVIII, 6, 2.
4 Appiano, Illyr.. 30; Giuseppe Flavio, Ant. Giud.. XVIII, 6, l. Cunf. Dione, LV, 27.
5 Tacito, Ann.. VI, ir>; Dione Cassio, LVIII, 26; Svetonio, 48.
I
Gap. IL] TIBERIO LIBERALE DELLA PECUNIA RAPITA. 313
vine minacciate dagli interessi smodatamente cresciuti
stabili il credito grahiito, come dicono oggi, per mezzo di
un fondo di 400 milioni di sesterzi, sul quale lo Stato pre-
stava ai particolari senza interesse per tre anni, purché
dessero cauzione doppia della somma imprestata *. Ma
erano liberalità di chi dona l'altrui. Egli dava ad alcuni
ciò che colle confiscazioni aveva rapito ai cittadini e ai
sudditi: perocché, oltre alle rapine sui condannati della
città, spinti spesso alla morte per avidità di loro fortune,
inventò delitti per confiscare i patrimoni ai più ricchi di
Spagna, di Gallia, di Grecia e di Siria, ad alcuni dei
quali fu sola colpa Favere una parte dei beni in denaro:
e Vonone, re dei Parti, cacciato dai suoi e riparatosi alla
fede romana, era stato ucciso per amore dei suoi grossi
tesori-. E così coli' andar del tempo il tristo vecchio di
Capri perdeva anche la non grande virtìi dell'astinenza
dalla roba altrui, della quale era stato lodato dapprima '\
Da ultimo egli era venuto in Campania: e comecché
si sentisse infiacchito e cadente, banchettava al sohto,
non rimetteva nulla di sue voluttà, affettava fermezza
nel patire, e si burlava, come sempre aveva fatto, dei
medici e di coloro che, passati i trent'anni, abbisognas-
sero dell' altrui senno per governar la propria salute.
Aveva con sé Macrone e Caio Cesare, soprannominato
Caligola, i quali più che d'ogni altra cosa si davano pen-
siero del successore all'Impero. Ci aveva pensato anche
Tiberio, alla cui scelta in famiglia si offrivano Tiberio
(ìemello, nato di Druso suo figlio, il nipote Claudio, e
Caligola, indegno figlio del prode e virtuoso Germanico.
Gemello era ancora fanciullo, e non amato da lui per
causa di sua madre Livilla adultera di Seiano e avvele-
natrice del marito: Claudio aveva scema la mente: e a
1 Tacito, Ann.^ VI, Kì e 17; Svetonio, 18; Dione Cassio, LVIII, 21.
- Tacito, Ann., VI, 1!); Svetonio, Tib.. W; Dione, LVIII, 22.
3 Tacito, Ann., I, 75, III, IS, IV, 2H.
314
QUESTIONE DEL SUCCESSORE ALL'IMPERO. [Lib. VH.
Caligola quantunque educato alla sua scuola di Capri vo-
leva male, perchè amato dal popolo, e lo chiamava ser-
pente ed allevato a rovina del mondo, e, al dire di Filone,
pensò più volte di spegnerlo *. Perciò Tacito afferma,
che incerto d'animo e incapace a risolversi, lasciò la
Tiljerio e C'aliiola iiloalizzati
;XII, 4).
•deliberazione al destino, nel quale credeva soprattutto : e,
al dire di Dione, era solito ripetere spesso l'antico verso:
morto io, bruci il mondo ("). Pure sappiamo da altra parte
che nel testamento lasciò eredi e colleghi Gemello e
Caligola, quantunque prevedesse e dicesse che quello sa-
C^) Dione, LVIII, 2'.i. — Illa vox inhumana et scelerata ducitur eorwn,
fjui negant se recuscu-e , quo minus ipsis mortiiis ierrarum oììinium
depagratio conserpiatrtr , quod vulgari quodani versu graeco pronun-
tiari solet. Cicerone, De Finib., Ili, 19. Vedi anche Seneca, De Clem.,
II, 2; Svetonio, Ner., 38: Claudiano, In Rufin.. II, 19-20.
1 Tacilo, Aìin., VI, IO; Svetonio, Tib.. 02, e Calig.^
Dione, LVIII, 23.
uno, Legazione a Caio ;
I
Cap. II.j MALATTIA DI TIBERIO. 315
rebbe ucciso da questo *. Caligola nella distruzione della
sua casa si era salvato coprendo il feroce animo con fìnta
modestia, né fiatò mai per la uccisione della madre e dei
fratelli, e tristo ipocrita alla corte del despota secondava
Tiberio si bene, che meritò allora il nome del migliore
dei servi, come poscia del peggiore dei padroni. Di più lo
proteggeva Macrone potente appresso a Tiberio, e cupido
di conservare la sua potenza col giovane sostenuto e inal-
zato colle sue arti; e a questo fine gli messe attorno
anche la propria moglie Ennia Nevia a innamorarlo e
a legarlo. Tiberio, vedendo gli accordi e le trame dei
due, rimproverò Macrone di abbandonare il sole al tra-
monto per volgersi al sole nascente, ed ebbe di' nuovo-
il pensiero di uccider Caligola, ma gli mancò il tempo,
0, secondo altri, lo preferiva volentieri per successore,
affinchè i suoi misfatti fossero oscurati da quelli più atroci
di lui 2.
Comunque sia, Tiberio cadde malato ad Astura: poi si
riebbe, andò a Circei e prese parte ai giuochi dei soldati.
Pure il male cresceva, e invano tentò di nasconderlo.
Avuta notizia che il senato aveva assolti alcuni accusati,
lo tenne per dispregio fatto a se, e fermò di tornar su-
bito a Capri, per colpire di là più sicuramente. Ma rite-
nuto dal male e dalla tempesta si arrestò al capo Miseno
nella villa stata già di LucuUo, ed ivi finì di veleno da-
togli da Caligola, secondo alcuni, di fame secondo altri,
0 soffocato tra vestimenti e guanciali. Seneca scrisse, che
sentendosi mancare si cavò di dito l'anello, come per
darlo ad altri, poi se lo rimesse : e quindi chiamati i ser-
venti, né avuta risposta da alcuno, si alzò e cadde non Annidi ro-
lungi dal letto per essergU mancate le forze ^. g.V.'s;. '
1 Svetonio, Tib.^ 76, Cal.^ 14; Dione, LIX, I.
2 Tacito, Ann., VI, 20, 15, 15; Svetonio, Calig., 10 e 12; Dione Cassio, LVIII, 28;
Filone, Legazione a Caio.
3 Svetonio, TU., 72, 73, Cali'j., 12; Dione Cassio. LVIII, 2S.
31G E SUA MORTE NELLA VILLA DI LUCULLO A MISENO. [Lib. VIL
Tacito narra, che gli stava appresso un medico insigne
di nome Caricle, non uso a curarlo, ma a dargli consigli:
il quale, facendo sembiante di congedarsi per andare a
sue faccende, e prendendogli la mano come per baciarla
in segno di ossequio, gli tastò i polsi. Tiberio se ne
accorse, e, più premendo sua ira se fu offeso, fece im-
bandire di nuovo le mense e vi stette più del solito,
come per fare onore all'amico che partiva. Pure Caricle
affermò a Macrone che si spegneva la vita, e che non
andrebbe avanti più di due giorni. Quindi disponevasi
in fretta ogni cosa a corte, e si mandavano messaggi
agli eserciti. Ai sedici marzo ebbe una mancanza, e lo
credettero morto: e già Caligola in mezzo a turba di
gratulanti usciva a prendere i primi ufficii dell'Impero,
quando viene nuova che torna a Tiberio la favella e la
vista, e che chiede cibo per ristorarsi. Allora impauri-
scono tutti, si disperdono, si fìngono mesti o ignoranti
del fatto. Caligola ammutoUto, attonito, dalle più alte
speranze cade ai timori estremi. Ma Macrone intrepido
fa affogare il vecchio nei panni, e ordina a tutti di
allontanarsi. Cosi lini Tiberio nel suo settantottesimo
anno dopo avere in 23 anni di regno tolto affatto la
maschera repubblicana al dispotismo dei Cesari. Uomo,
conclude il medesimo storico, di egregia vita e fama,
finche fu privato o nei comandi sotto Augusto : coperto,
e astuto in finger virtù, finche sopravvissero Germanico
e Druse: misto di bene e di male, finche visse la madre:
esecrabile di crudeltà ma nascosamente libidinoso, finché
amò o temè Sciano : da ultimo rotto ad ogni scelleratezza
ed infamia quando, rim.ossa ogni vergogna e paura, si
abbandonò tutto al suo genio *.
Giunta a Roma la sospirata novella, dapprima esita-
rono a crederla, e massime a rallegrarsene, temendo
1 Tacito, Anu., VI, 50. jl.
Gap. ll.l GIOIA PEL MORTO, E FESTE PEL SUCCESSORE. 317
che fosse un'insidia di spie. Cessati i dubbii, la gioia
passò tutti i modi; e quando fu portato da Miseno a
Roma l'odiato cadavere, la turba gridava che si gettasse
alle Gemonie e al Tevere. Pure ebbe gli onori funebri,
e Caligola gli recitò l'orazione piangendo, quantunque
avesse già fatto annullare dal senato la parte del testa-
mento, che chiamava a parte dell'eredità il figlio di
Druso *.
C. Cesare Caligola, festeggiato ardentemente per tutto
il viaggio da Miseno a Roma, fu proclamato imperatore
dal senato e dal popolo, che invase in folla la Curia.
Fecero festa i soldati, cui era caro perchè nato tra essi
nei campi, e soprannominato Caligola dai loro calzari
(caligae) che portò da fanciullo '^. Tutti erano lieti di ve-
dere alla fine in trono un figliuolo di Germanico, e lo
vezzeggiavano coi più cari nomi. Ed egli per risposta alle
liete accoglienze prometteva di dividere l'impero coi se-
natori, e di governarsi coi loro consigli: e per mostra di
civiltà e di libertà non prese alcun titolo di imperatore.
Prime cure di lui furono i pietosi onori alla madre e
ai fratelli spenti dalla crudeltà di Tiberio, del quale disse
tutti i vituperii che poteva maggiori: e sfidando le tem-
peste andò da sé stesso alle isole, infami per la morte
di Agrippina e di Nerone, ne raccolse reverentemente
le ceneri, le depose con solenne pompa nel mausoleo di
Augusto e istituì per essi pubbliche esequie annuali: e
per la madre ordinò giuochi Circensi, e carro da portarne
il simulacro nella processione solenne, ne ravvivò l'ima-
gine su medaglie d'oro e di bronzo nuovamente battute
a onore di lei {"). All'avola Antonia détte tutti gli onori
.(") Svetouio, Caiiij.. 15; Dione, LIX, 'i-, Cohen. Mcdailles frappe-
wì(S VEmp. Rom., I, pi. 8; Mougez, Icon. Rom., pi. XXIV, n. 5 e 7.
1 Svetonio, Tib.^ 75-76, Co.lig., 13-15; Dione, LIX, 1, 3 e 4,
2 Tacito, Ann.j I, 41. Couf. Svetonio, Calig.s S.
Yanmcci — Storia dell' Italia aritica — IV. 40
318 LIBERALE GOVERNO DI CALIGOLA NEI PRIMI MESI. [Lib. VH.
delle Vestali, e la fece Augusta e sacerdotessa d'Augusto,
del quale compi e dedicò con festa solennissima il tem-
pio che Tiberio avea lasciato incompiuto. Poi liberò tutti
di prigioni e banditi, dette amnistia generale, disse di
aver fatti bruciare i documenti delle passate tristizie per
levare ogni occasione alle vendette, tolse via la legge
di maestà, non volle più sentire di delazioni, e a chi gli
denunziava una congiura contro alla sua vita rispose di
non temer nulla, perchè non aveva fatto male a nessuno.
Medaglia battuta da Caligola in onore di Agrippina.
Provvide alla più pronta giustizia coli' accrescere i giu-
dici: cercò l'amore del popolo col far prova di restituirgli
i comizi, lasciò piena e libera autorità ai magistrati, rese
conto pubblicamente dell'amministrazione dell'Impero,
scemò le gravezze, ordinò soccorsi ai mali pubblici, fece
doni e larghezze ai cittadini e ai soldati. Ristorò anche
la libertà del pensiero, e permise di pubblicare e di leg-
gere le opere di Labieno, di Cremuzio Cordo e di Cassio
Severo, già bandite e bruciate, dicendo inportare a sua"
gloria che la verità dei fatti andasse agli avvenire. Poi
pubbliche feste e giuochi solenni, e pugne di gladiatori,
e lotte di atleti nel Circo, adornato con novello spendere,
e cacce di fiere alTricane, e notturne rappresentazioni tea-
trali per tutta la città illuminata, e conviti ai senatori e
cavalieri, e doni di cibi e di vesti al popolo. Per le quali
Gap. II.] SPETTACOLI, FESTE E UNIVERSALI ALLEGREZZE. 319
cose la letizia dei cittadini era estrema: e il senato de-
cretò di celebrare con festa religiosa il giorno dell'eleva-
zione di Caligola, come l'èra del rinnovamento di Roma.
All'amore dei cittadini si aggiunse anche il favore degli
strani; e il re dei Parti, che aveva mostrato tanto odio
e dispregio a Tiberio, chiese amicizia al novello impe-
ratore, e fece onore alle imagini dei Cesari e alle aquile
romane *,
È ricordato, che in tre mesi furono immolate 160,000
vittime per la conservazione della vita dell'uomo che
faceva felici tutti. A oriente e ad occidente, scrive Filone
Giudeo con enfasi asiatica, era universale allegrezza:
Roma, l'Italia e le province godevano festiva pace sotto
gli auspicii di così benigno Nume. Tutto pieno di festa,
di solennità, di vittime, di sacrificii, di tripudio, di gare,
di musica, di spettacoli, di conviti, di piaceri di ogni
sorte. « Niuna differenza più tra ricchi e poveri, tra per-
sone illustri ed umili, tra creditori e debitori, pareg-
giando il tempo i diritti: tanto che omai trovava fede il
secolo di Saturno, descritto nelle favole dai poeti. Tale
era l'ubertà e la felicità dell'annona: tale la giovialità e
la sicurezza, di che tutte le famiglie e tutte le popola-
zioni di notte e di giorno furono piene pei primi sette
mesi dell'impero di lui. Ma nell'ottavo gravissima ma-
lattia prese Caio, perchè volle la frugale e salubre ma-
niera di vivere.... cambiare in lusso da re. Che assai di
vino e d'altre lautezze si pose egli a consumare; né lo
smisurato appetito, per quanto il ventre fosse pieno, sa-
ziavasi. Aggiungevansi bagni inopportuni e i vomiti, e
il ripetuto bere, e i piaceri del ventre, e di ciò che sotto
il ventre stassi, e il mischiarsi con donne e fanciulli, ed
ogni cosa che nocevole all'animo, o al corpo, può rom-
pere d'entrambi l'accordo: poiché della temperanza è
» Svetonio, Calig., 13-18; Dione Cassio, LIX, 1-4 e 27; Plinio, XXXIII, 8 e 10.
320 CALIGOLA CAMBL\TO L\ BESTIA FEROCE. [Lib- VII.
frutto la robustezza e la sanità; della intemperanza la
malattia e la infermità vicinissima alla morte » *.
La nuova della malattia empì di dolore il mondo sì
lieto per l'avanti: tutti divennero malati col principe, e
vi ebbe anche chi votò la sua vita per lui. Poscia scoppiò
di nuovo un'allegrezza infinita alla notizia di sua guari-
gione. Ma fu breve festa. Caligola era divenuto un altro
uomo; anzi apparve d'ora in poi non più uomo, ma mo-
stro sozzo e furibondo.
Per ispiegar la subita mutazione, fu detto che il male
lo fece cadere in demenza, alla quale del resto aveva
mostrato disposizione anche prima, e ne dava segni
anche col brutto pallore del volto -. Da fanciullo era epi-
lettico: più tardi pativa d'insonnia, e lo spaventavano
fantasmi notturni. Tiberio aveva veduto una specie d'in-
sania nei suoi disuguali costumi, ed egli stesso qualche
volta pensò a cercare rimedio alla mente turbata ^. È
parlato anche di filtri amorosi, che gli avrebbero fatto
scemo il cervello. È certo che fin da principio dòtte segni
non dubbi di animo vile e corrotto. A Capri fu veduto
dissimulatore basso e servile, e, pei* amore della vita,
studioso a reprimere ogni senso di onore e d'affetto. A
Pioma era inteso ad orgie segrete e lussurie, mentre da
un altro lato mostrava la sua crudele e vituperosa na-
tura col dilettarsi di vedere i tormenti dei condannati ^.
Giunto agli splendori dell'impero, parve altro uomo da
quello che era: ma liberato da ogni timore di tiranni,
divenne più abietto servo delle sue turpi passioni, si ab-
bandonò più che mai agli sconci vizi che gli ammala-
vano l'animo e il corpo: e ubriacato dall'entusiasmo, dalle
smodate adulazioni di Roma e del mondo, e dalla illimi-
> Filone, Legazione a Caio, irad. da G. lìelloni, Milanu 1S2S.
2 Seneca, De Const. Sap.^ 18.
3 Svetunio, Calig., 50, 51; Tacito, Ann., Xlll, :! ; l-'iloiie, Legazione a Caio.
* Tacito, Ann., VI, 9 e 20, XV, 72; Svetonio, Calig., 11.
Cap. II.] UCCISIONI DI PARENTI ED AMICI. 321
tata potenza, senti più che mai girare la debole testa, si
tenne padrone assoluto di tutto e di tutti, e superiore
a ogni legge, mandò sfide anche a Giove re dell'OUmpo,
fece prove di tutte le più atroci foUie del governo dispo-
tico: e d'ora in poi le più delle sue opere sono quelle
d'un forsennato e furioso ("), asceso sul sanguinoso trono
dei Cesari a rovina e obbrobrio del genere umano, quan-
tunque ad intervalli apparisca anche acuto e arguto, e
si valga della pervertita ragione a commettere i più im-
mani delitti.
Fece tutto il contrario di ciò che aveva detto e fatto
in principio: comandò da despota più che Tiberio, rista-
bih la legge di maestà, trovò nuovi modi di accuse e di
rapine, uccise molti, odiò e rubò tutti. Tra i parenti ob-
bligò Tiberio Gemello ad uccidersi, dopo averlo adottato,
apponendogli a delitto di tenere un contravveleno contro
le insidie dell'imperatore. Fece morire di dolore o di ve-
leno l'avola Antonia, e ne mirò il rogo ardente da un
lieto banchetto. Comandò morte al virtuoso M. Giunio
Silano, padre di Claudia sua prima moglie: uccise Giulio
Grecino, perchè era uomo migliore di quello che conve-
nisse al tiranno, e costrinse a morire quelli che nella sua
malattia si erano votati agli Dei, affinchè non restassero
vani quei voti. Fra le prime vittime fu pure il confidente
Macrone con sua moghe Knnia Nevia, a cui doveva l'im-
pero. Questi gli susurrava continuamente alforecchio,
non essere dell'imperiale decoro il ridere rumorosamente
alle scurrilità dei buffoni in teatro, il contraffare loro
gesti, r accornpagnare con la voce i cantori; e ad ogni
istante gli dava nel gomito perchè cessasse. Caligola,
per hberarsi dalle noie del riprensore molesto, gli ordinò
lice im-
(«) Seneca, Consol. ad Poli/b., 36. Stazio, Silo.. Ili, 3, 69, lo die
Tnitis et furiis agitatus : e più sotto, al verso 72, terribilem affatu . . . .
cisuque tijrannum.
322 STRAZII E CRUDELTÀ SENZA NOME. [Lib. VII.
che morisse: ed egli si uccise: e anche sua moglie, che
gicà aveva venduto le sue libidini alle speranze e alle
promesse di nozze imperiali, fu avvolta con tutta la fa-
miglia nella stessa rovina *.
Liberato da Macrone, si lasciò governare da saltatori,
da gladiatori, da cocchieri, da mimi e da commedianti,
dei quali era pazzo. Richiamò tutti gli istrioni già cac-
ciati di Roma, fu largo ad essi di pecunia e di onori,
gli accarezzava sconciamente in teatro, parteggiava per
gli uni contro gli altri, e andava in furia contro il po-
polo non plaudente ai suoi favoriti. Fra i suoi amori era
Mnestere pantomimo, lo baciava pubblicamente, e bat-
teva chi facesse il più lieve rumore mentre quegli bal-
lava. Furono suoi consiglieri un Apelle, recitatore di
tragedie, uomo infame, e un Elicone, servo e buffone
iniquo, che compagno assiduo al giuoco, alla palestra,
ai bagni, ai conviti, lo divertiva con sue arguzie intra-
mezzate di accuse '^.
Sarebbe lungo e insopportabile narrare tutte le cru-
deli follie del mostro, che recava a sua lode l'essere senza
vergogna, e si credeva lecito tutto. Basti un cenno di
alcune. Mandò sicarii per le isole a trucidare tutti gli
esiliati, imaginandosi che gli augurassero la rnorte. Fece
pascere di carne umana le fiere del Circo, perchè il loro
nutrimento non costasse troppo allo Stato. Fece segare
uomini in mezzo, e straziarne in minuti brani le membra;
ricercava le morti lente, perchè fossero meglio sentite.
Crudele anche a mensa e ai passatempi, ai quali mesco-
lava spettacoli di torture e di uccisioni. A un convito
proruppe ad un tratto in riso smodato; e richiesto dai
consoli, che gli stavano dappresso, del perchè di quei
ridere, rispose: perchè con un sol cenno posso farvi
« Svetonio, Calirj., S3, 20, 2'.>\ Seneca, De Jhuef.. II, 21 ; Dione Cassio, LIX, 3, 8 e
10 ; Filone, loc. eie.
2 Svetonio, CuNij.. 51, 55; Dione Cassio, I.IX, 5 e 27; Filone, loc. cit.
€ap. II.] LODI A TIBERIO, E SOZZURE DI AMORI E DI NOZZE. 323
strozzare ambedue. Forzò padri ad assistere all'uccisione
•dei figliuoli, e nel medesimo giorno gli invitò a cena in
sua casa. Dolente che i suoi tempi non divenissero fa-
mosi per qualche grande calamità di pestilenze, di stragi,
di fami e di terremoti, ricercò spettacoli di sangue, fla-
gellò, uccise nobili e plebe, e i delatori di sua madre e
fratelli, come i cittadini più virtuosi. Non si vedeva altro
che morti, dice Dione: e nel delirio più sanguinario che
sia ricordato da storie, desiderò che il popolo romano
avesse un sol collo per uccidere tutti in un colpo '.
Dopo aver vituperate le laidezze e le crudeltà di Ti-
berio, le vinse tutte, e celebrò il mostro di Capri, e uc-
cise chi ne dicesse male. Un giorno, venuto in senato,
così favellava a difesa di quello: Padri coscritti, degli
uccisi sotto Tiberio vostra è la colpa: voi foste accusa-
tori, voi falsi testimoni, voi condannatori. E in prova
messe fuori i libelli, che già disse di aver fatti bruciare.
Poi induceva Tiberio a rispondergli in questo tenore:
« Veracemente parlasti, o Caio: guardati dall'amare e dal
perdonare ninno di costoro, che se possono ti uccide-
ranno. Pensa solamente al tuo piacere e alla tua sicu-
rezza: ciò solo è giusto. Ed essi ti onoreranno loro mal-
grado. Non vi è uomo che volentieri obbedisca: tanto
si rispetta il sovrano, quanto si teme : se egli cessa di
essere il più forte, bisogna che muoia » 2,
Fu mostruoso negli amori e nei matrimonii, infame
d' incesti con le sorelle Giulia, Agrippina e Drusilla. Le
prime due, dopo aver servito alle voglie brutali di lui e
de' suoi compagni di orgia, furono accusate di congiura,
e dannate all'esilio. Quanto a Drusilla, la tolse al marito
Lucio Cassio Longino, e la tenne per moglie legittima.
Poi, quando fu morta nel fiore degli anni, le rese divini
> Svetonio, Calig.. 2S-33 ; Filone, Ad FlaccHva.^ in fine; Dione Cassio, LIX, 18, 26 e
30; Seneca, De Ira. Ili, 18, 19.
2 Dione Cassio, LIX, 16: Svetonio, 30.
324 DRUSILLA. — INVIDIA DI TUTTE LE GLORIE. [Lib. VIL
onori, le inalzò templi e statue, giurò e fece giurare pel
Nume di lei, ordinò pubblico lutto, punì di morte chi in
quei giorni facesse alcun segno di gioia. Fu delitto ca-
pitale il non piangere la donna morta; delitto capitale
il piangerla divenuta una Dea. Studiò di divertire il do-
lore col giuoco, errò inconsolabile per Campania e Sicilia,
tinche non lo fece fuggire atterrito una eruzione dell'Etna.
Poi racconsolatosi, rapi una Livia Orestilla nel giorno in
cui si maritava a C. Calpurnio Pisone : quindi la rimandò,
e saputo che si era ricongiunta a Pisone, li mandò am-
bedue a confino. Prese al marito anche quella Lollia Pao-
lina, che andò famosa pel suo incredibile lusso di sme-
raldi e di perle*; e lei pure rimandò in pochi giorni,
con divieto di aver commercio con altri. L'ultima moglie
fu Cesonia, eh' ei mostrava ai soldati a cavallo vestita
di elmo e di scudo. L' amò furiosamente e più lungamente
d'ogni altra, quantunque né bella, ne giovane. D'onde
la fama dei filtri amorosi. Egli stesso, maravigliato di
essere si fermo con lei, diceva che la metterebbe al tor-
mento per istrapparle il segreto, con cui l'aveva legato
sì fortemente. Nel guardarla ebbro di voluttà diceva an-
che: eppure questo bel collo sarà tronco, quando mi
piaccia. Di lei ebbe una figlia, e la riconosceva per suo
vero sangue dalla fierezza con cui metteva le dita negli
occhi ai bambini, suoi compagni ai trastulli infantili ^.
Brutto di ogni più bassa passione, e pieno d'invidia
contro tutte le glorie e tutti gli ingegni antichi e re-
centi, ebbe in animo di distruggere Omero, Livio e Vir-
giho. Punì tutti quelli che con belle azioni cercassero
gloria: fece abbattere le statue inalzate da Augusto agli
uomini illustri. Avvilì i senatori con uffici di servi, e alle
più insigni casate tolse le insegne di loro nobiltà, perchè
« Plinio, IX, r.i<.
2 Svetonio, Catig.. l'I, 25; Dione Cassio, LIX, 3, 8, 12, 22, 28; Seneca, Consol. ad
Pohjb., 3';.
à
C,\p. 11.] AMORE 'ALLE COSE IMPOSSIBILI. PONTE DI BAIA. 325
voleva essere illustre, nobile e grande egli solo. Si teneva
pel primo degli oratori, e perseguitò chi mostrayse di
volerlo emulare. Seneca per aver difeso bene una causa
corse pericolo di morte, e Domizio Afro, migliore oratore
che uomo, si salvò in un'accusa, lìngendosi vinto dalla
maravigliosa eloquenza del principe. Ambi anche alla
gloria di gladiatore, di cantore, di istrione, di cocchiere,
e si decretava corone da sé stesso. Andò sì avanti nella
follìa pel suo cavallo Incitato, che gli fece stalla di marmo,
greppia d'avorio, e adornamenti di ostro e di perle. Lo
abbeverava di vino in vasi d'oro, gli dava a mangiare
vena dorata, gli fece una corte, lo inalzò all'onore del
sacerdozio, e voleva eleggerlo console '.
Soprattutto lo frugava la smania delle opere non fatte
da altri: senza curare di utilità aspirava al vanto delle
cose impossibili ("): e quantunque di codardia prodigiosa,
voleva ad ogni costo il nome di eroe. Per vincer Serse,
gettò sul mare da Baia a Pozzuoli un ponte di navi
fermate sulle ancore in doppia fila, e vi fece sopra una
grande strada, a somiglianza dell' Appia, lunga 3G00
passi, con luoghi di riposo e alberghi. Poi vi passò in
contegno di guerriero trionfante. Mosse da Baia colle
milizie, sopra superbo destriero, vestito di aurea clamide
splendente di gemme, armato di targa e di spada, e co-
ronato di quercia. A Po;?zuoli si riposò un giorno, come
se avesse fatto una gran fatica: poi ripassò il ponte su
carro tratto da quattro corsieri, con macchine e trofei
C^) Svetonio, Caliy., 37. La sola opera utile, fatta da lui, è la stazione
per le navi frumentarie provenienti dall'Kgitto costruita verso ! eggio e
Sicilia, ma non condotta a compimento (Giuseppe Flavio, Antichità. Giud.,
XIX, 2. 5). A ciò forse allude la sua moneta in cui è Nettuno stante,
con delfino nella destra e ti'idente nella sinistra. Vedi Cavedoni, Med. -
imp., in Annal. Istit., 1851, pag. 237. Con*'. Act. Apostolorum, XXVIII,
11-13.
1 .Svetonio, Calig.j 31, 35, 53; Tacito, Ann., IV, ó?; Dione ra«:sio, M\", l*^.
Vaxnucci — Storili de/I' Italia antica — H'. -fi
326 DISPERSIONE DI TESOIU IN EDIFICII E l'OLLlE. [Lib. VII.
militari: e a mezzo il ponte salito in un trono, con sua
diceria vantò la grande impresa, lodò i soldati, disse vinto
il mare, oscurata la gloria di Serse, e fece sacrifizii a
Nettuno, agli altri Dei, e anche al Livore, perchè l'altrui
invidia non olTendesse la sua fama. Poi conviti e alle-
grezze, e luminarie la notte sul ponte e sulle incantevoli
rive del golfo di Baia. La turba ammirava dai lidi; alcuni
si avvicinarono sulle barche: e il forsennato, per pigliarsi
uno dei suoi feroci piaceri, fece gittare nelle onde molti
dei curiosi, e anche alcuni dei suoi commensali. E come
quei malarrivati si sforzavano di salvarsi rimontando
alle barche o al ponte, li faceva ricacciar già a colpi
di remi *.
In queste stranezze disperse immensi tesori, né qui
si arrestò la mania, che più si accendeva davanti agli
ostacoli. Disegnò di tagliare l'istmo di Corinto, e di co*
struire una città sui gioghi delle Alpi; edificò, dice Sve-
tonio, nel profondo del mare contendendo colle ire dei
llutti: alzò le pianure al pari dei monti, spianò i monti
con incredibile celerità, dando morte a chi non eseguisse
pronto i suoi cenni. Non ebbe misura nelf edificar ville :
invase Roma colle sue case, le quali dal Palatino allargò
fino al Fóro in modo, che il tempio di Castore e Polluce
fosse ad esse vestibolo, e per mezzo di un ponte con-
giunse la sua abitazione palatina con l' altra fatta sul
Campidoglio per essere contubernale di Giove -. Pei suoi
diporti costruì navi con poppe ingemmate, e con velo
di ricche stolfe a vari colori, con dentrovi portici, terme,
e grandi triclinii e giardini. E su tali navi andava a di-
letto lungo le rive di Napoli in compagnia di gladiatori
e di istrioni, sempre in banchetti, e tra musiche e danze.
Fu eccessivo negli spettacoli, nelle feste a Roma e fuori,
' .Svptonio, Oaliij ^ 19 o 32; Dione C.issio, LIX, IT; Sfiieca, De Brevil. vitue^ 18.
- Plinio, XXXVI, 21; Svetopir., 21, 22, 37; Dione, I.IX, 28; e Nardini, Roma (mtioo,
VI, or\p, i:!, voi. Ili, iiat.', 107, Rom.-. 18K'.
i
Gap. II.] RAPINE IN ITALIA. 327
nelle distribuzioni di cibi, e nel gettar denaro al popolo:
eccessivo in bagni e profumi. Nei conviti trovò nuovi por-
tenti, e vinse i più stolti scialacquatori. Oltre al bevere,
come già altri, le pietre preziose stemprate nell'aceto,
faceva imbandire pane e vivande dorate, dicendo che
bisognava essere uomo frugale o Cesare. È affermato che
in una cena consumò dieci milioni di sesterzi (1,948,356
lire italiane) *; e con tali follie in meno di un anno di-
sperse duemila settecento milioni (o^OjOSO/lSS lire ital.)
raccolti da Tiberio -.
Poscia ricorse a modi crudelissimi per procacciarsi
nuovi milioni da spendere in nuove follie, mentre alla
plebe mormorante della scarsezza del pane rispondeva
con imprigionamenti, con esilii, con uccisioni. Fece accu-
sare i cittadini più ricchi, giudicò da sé stesso le cause,
condannò gli accusati e si prese la roba. Molti i modi
ad assalire l'altrui proprietà, e a rubar tutti. Ai vecchi
non uccisi dava il nome eli padri e di avi, e a titolo di
lìgliuolo metteva le mani nei frutti dei loro beni, finché
vivevano, e poi nei beni stessi quando erano morti. An-
nullò i testamenti di chi non avesse fatto legati a Ti-
berio e a lui: obbligò i principali cittadini a scriverlo
tra gli eredi, e perché, come diceva, non si burlassero
di lui continuando a vivere dopo averlo fatto erede, man-
dava loro il veleno. Ma, come neppur tutto questo ba-
stava alla sua fame insaziabile, inventò inaudite gravezze,
né vi fu cosa o persona che rimanesse salva. Tasse sulle
hti e sui giudizii: tassati i facchini nell'ottava parte dei
loro guadagni; tasse alle meretrici, ai ruffiani, agli adul-
teri. Per far guadagno messe anche un bordello a suo
conto nella casa imperiale. Rubò al giuoco, rubò anche
sulle contravvenzioni da lui procurate, colfimpedire che
le sue leggi venissero a cognizione del pubblico. Pe-
l'Seneca, Consol. ad Heìv., 9.
^Svetouio, Calig.^ 37. ConC. Dione ( assio, I.IX, 2.
32S SPEDIZIONE E BUFFONATE SUL RENO. [Lib. VII.
rocche le faceva scrivere in caratteri minutissimi, ed
affiggere in alto dove non giungesse la vista, e non
potessero leggersi. E lieto di queste rapine, si svoltolava
laidamente con tutta la persona sui mucchi dell'oro rac-
colto *.
Rubate Roma e l'Italia, andò in persona a spogliar le
province, coH'intendimento anche di fare grandi imprese
e di meritarsi il trionfo. Fece grandi leve, raccolse due-
centomila soldati sul Reno, e marciò ora rapido, ora
■mollemente, conducendo seco gladiatori, commedianti e
cortigiane, e facendosi spazzare e innaffiare le vie, perchè
la polvere non l'offendesse. Dopo una severa rassegna
sul Reno, passò il fiume in cerca dei Germani. Ma come,
nell'avanzarsi per uno stretto passo, alcuno avvertì che
nascerebbe gran disordine, se venisse a comparire il
nemico, egli atterrito a questo pensiero, si détte a pre-
cipitosa e sconcia fuga, né si arrestò fino al campo sul-
l'altra riva del fiume. Pure il codardo voleva ad ogni
modo i titoli per trionfare, e simulò una vittoria. Nascose
alcuni de' suoi in una selva, e mentre stava a mensa si
fece venire la notizia dell'appressare del nemico, vesti
subito le armi, corse all'assalto, fece prigioni i soldati
nascosti nella selva, e poscia tornò solennemente al
campo tra lo splendore delle faci e coi trofei della vit-
toria, e distribuì corone ai suoi prodi, e scrisse a Roma
vituperando il senato e il popolo di starsi vilmente tra
piaco'i di teatri e di ville, mentre egli affrontava fatiche
e pericoli. 1 Germani lo schernirono pubblicamente della
sua codardia, e voltisi ad invader la Gallia l'avrebbero
corsa e predata, se non vi era Servio Sulpicio Galba a
respingerli, mentre l'imperatore spaventato si apparec-
« SvPtonio, Ca'ifl.. 10-12; Dione Cassio, LIX, 2S.
2 Svctonio. Califi., 43-15, M, Calb ^ 0; Ta.ito, Ge,-m..?,l\ Dione Cas^iO; MX, 2!
Pr-rsio, Sot., VI, i:?-!".
J
Gap. IL] RUBERIE NELLE GALLIE. SPOGLIE DELL'OCEANO. :\2{>
Dopo queste ridicole imprese fece nelle Gallie cose
più gravi: rubò, confiscò, e superò la crudeltà di tutti i
più avari spogliatori di province. Uccise i maggiorenti
accusandoli di non vergognarsi di esser più ricchi di lui,
vendè i loro beni all'incanto, forzò altri a comprarli al
prezzo che egli poneva, e divenuto mercante fece por-
tare da Roma i mobili della casa imperiale, e li vendè
carissimi, facendo valere che avevano appartenuto quale
a Germanico, quale ad Augusto, quale ad Antonio. A
Lione celebrò giuochi e pubbliche gare di eloquenza,
nelle quali chi aveva fatto prova più trista dovè in pena
cancellare lo scritto con una spugna o colla lingua, se
non voleva la frusta o un tuffo nel Rodano *.
Di là meditò anche un'impresa in Britannia^, che.
come le altre cose sue, finì sconciamente ridicola. Ap-
pena imbarcate le truppe nell'Oceano, le richiamò a
terra, e disposte sul lido le macchine, fece suonar le
trombe, come per dare un assalto, e quindi ordinò ai
soldati di raccogliere negli elmi le conchiglie marine,
che chiamava spoglie dell' Oceano da portarsi in trofeo al
Campidoglio. E superbo di questa vittoria inalzò sul lido
una torre ("), a uso di Faro, che ricordasse la grande im-
presa, per la quale si apparecchiava al trionfo ^.
Prima di partire dalle Gallie voleva punire le legioni
del Reno, che lo avevano tenuto assediato da fanciullo
nel campo, quando si levarono a ribellione sotto Ger-
manico. A gran pena fu potuto rimuovere dal pensiero
di trucidare tutti i soldati, ma era fermo a decimarli,
se non provvedevano arditamente a sé stessi, minac-
(-<) La torre fu distrutta vei'so la metà del secolo XVII, e ne rimase
solamente un antico disegno puliWicato dai Montfaucon, come imag-ine
non dubbia del Faro eretto da Caligola sugli scogli in riva all'Oceano.
» Dione Cassio, LIK, 21 e 22: Svetonio, Cano., 20, :5;i-, Giovenale, Saf., I, 41.
2 Tacito, Agric, 1:!.
:ì Sveionio, Culig., i''^; Pionr, I.IX, -'5.
330
NUOVE CRUDELTÀ AL RITORNO IN ITALIA. [Lib. VII.
dando di volgergli contro le armi, e forzandolo a fug-
gire per la paura («).
Tornò a Roma furente contro i senatori, che accusava
di non saperlo onorare secondo i suoi meriii; e dopo avere
I.ft torre di Caligola a Gosoriaco [Montfaucon, Ant. expl.^ IV, Supplem^ tab. 50).
insultato per via i loro ambasciatori, e meditato di ucci-
dere tutto il senato coi principali dei cavalieri, gli spogliò,
ne uccise parecchi, e menò vanto pubblicamente di aver
ilisonorato le loro donne. La città nuovamente fu piena
di supplizii, di rapine, di terrore e di anarchia. Non più
sgoverno di sorta: sola legge l'insana nequizia che man-
(■^1 Svetonio, Caììfj., -18. Probabilmente a qii('*t(! bello imprese in Ger-
mania e in Ri'itannia si l'iferisce la inedugiia che ha una Vittoria con
'ine rami «li palma. Vedi Cavedoni, Med. imperiali , in AminL Istif. ,
i^r.i, paL^. ■s:hj.
Il
Gap,
ROMA ATTERRITA.
33 K
dava veleni e tormenti: e i magistrati atterriti non sa-
pevano fare altro, che prostrarsi adoranti all'aborrito
tiranno ', il quale aveva sempre con se un Protogene
portante due lunghe liste di vittime ; e ad accrescere la
^■
Ritratto di Caligola (t,v^«eo Cupitolino).
universale paura studiava allo specchio, per rendere più
truci i torvi occhi e il sinistro e orrido aspetto ricordato
da Seneca, da Svetonio e da Tacito, e tramandatoci dal-
l Svetouio, CuHi,'.^ iS-lC; Dione Ca-.-io. LIX, 23-, .Seneca, De La^ HI, 19: Giiisei-pe
Flavio, XIX, 1.
3:32 CALIGOLA METTE SE SOPRA TUTTI GLI DEI. [Lib. VII.
l'arte antica nel bronzo e nel marmo ("): mentre dall'altra
parte negli ornamenti della persona si mostrava molle
e affettato qual femmina, pieno di gemme e di armille,
e ora acconcio come Venere, ora in corazza e in veste
all'uso dei trionfanti, ora adorno da Nettuno, da Apollo,
da Ercole, da Bacco, da Diana, da Giunone, da Giove *.
Perocché tra le altre cose egli teneva soprattutto ad
esser Dio, e portò alle ultime conseguenze il nuovo culto
della divinità vivente degli imperatori, cominciato colla
creazione dell'Impero, e confermato poscia dai popoli di-
sputantisi il privilegio di eriger templi a Tiberio. Pieno
di questa idea volle star sopra a ogni Iddio, come stava
sopra a ogni re della terra. Quindi fece troncar le teste
alle statue più celebri degli Dei della Grecia per mettervi
in cambio la sua: prese i nomi degli Dei più famosi, si
chiamò Cesare Ottimo Massùiw e Giove Laziale e, nuovo
Titano, mandando a Giove sue sfide, imitava con una
macchina il fragore del tuono, e lo splendore dei lampi,
€ a ogni cadere di fulmine scagliava contro il cielo una
pietra. La Luna invitava a dormir nel suo letto. Si fece
adorare, volle templi e sacerdoti, che davanti alla sua
statua d'oro offrissero sacrilizii di pappagalli, di paoni,
e di altri uccelli più rari. Molti comprarono a carissimo
prezzo l'onore di quel sacerdozio, a cui egli ascrisse an-
C) Senoca, Da Const. Sap., 18; Svetonio, 50; Tacito, Ann.,, XV, 12.
Ecco il ritratto che trovasi in essi: Alta statura, color pallido, collo e
gambe estremamente sottili, pitó c^aorrai, tempie e occhi incavati, fronte
larga e torva; calvo in cima aìz, testa, ii^suto di peli in tutto il resto
<lel corpo. Pei ritratti ia mai-mi, in medaglie, in cammei vedi Bottari e
Foggini, Museo Capitolino, voi. II, tav. 11; Mongez, Icon. Rom., voi. II,
pag. 15G, pi. XXV; Visconti, Museo Pio Clement., voi. Ili, tav. 3; Braun,
ia Annal. Isiit., 1840, pag. 102-106, e Monnm. ined. Isiit., voi. V, tav. .");
Ampère. L'empire romain a Rome, Paris I8G7, voi. II, pag. '.} e segg. ;
Beulr, Le scuir/ de Germanicus, Paris 180*.i, pag. 1115-120.
' Diono. I,IX. M; Svelor.io, Calig., 5", 52.
Gap. II.] RUMORI IN GIUDEA E AD ALESSANDRIA. 333
che il suo cavallo Incitato, e se stesso. Ordini fulminanti
andarono per le province, e guai a chi non adorasse il
principe adoratore di sé. Pure un calzolaio delle Gallio,
vedendolo vestito da Giove, cominciò a ridere sconcia-
mente, e gli disse in faccia che gli pareva un gran matto *.
E peggio ancora furono accolte quelle stoltezze nei paesi
ove abitavano Giudei. Quando fu comandato di contami-
nare colla statua del nuovo Dio il sacro tempio di Ge-
rusalemme, tutti gli abitatori della Giudea, lasciato da
banda ogni altro pensiero, trassero in folla a Petronio,
governatore di Siria, e supplicarono piangendo e prote-
starono energicamente, che l'inaugurazione della nuova
divinità non si forebbe tra essi senza sparger fiumi di
sangue. Petronio commosso dalle rimostranze, e vedute
le difficoltà dell'eseguire gli ordini venuti da Roma, pru-
dentemente temporeggiò : ma, mentre egli con la umanità
e con la saviezza impediva le stragi, la tempesta scoppiò
furiosa per le stesse cagioni in Alessandria, ove tra i
Giudei e i Greci ardevano odii di religione, e gare d'in-
teressi e di schiatta. Gli Alessandrini colsero l'occasione
della nuova divinità per dare sfogo al loro maltalento, e
sapendo che i Giudei non patirebbero mai che la statua
del nuovo Dio s'introducesse nelle loro assemblee reli-
giose, gridarono quanto più poterono viva Caligola Dio!
e provocarono prima con parole di scherno i loro avver-
sarli, poi invasero i loro quartieri, profanarono i luoghi
sacri, e messere tutto a ruba, a sangue, a sterminio. Gli
scampati al disastro mandarono un'ambasciata a Roma
per chieder giustizia dei mali patiti, e fu capo di essa
Filone Giudeo, uno dei luminari della scienza giudaica
di questo tempo, il quale narrò le sciagure della sua gente,
le preghiere spese invano per implorare mercè, e le bef-
I Svetonio, Caìig., 2i', l~ \ Dione Cassio, LIX, 2G e 2».
V,^nxl:cci — Storia dcWItalia antica — IV. \2
334 CONGIURE CONTRO CALIGOLA, [Lib. VIL
farde accoglienze di Caligola, contro le crudeli stoltezze
del quale rimaneva solo la ragione del ferro *.
Per toglierlo di mezzo avevano già cospirato Gneo
Cornelio Lentulo Getulico, poeta erotico e storico, stato
per dieci anni legato della Germania superiore, e M.
Emilio Lepido, il quale parente di Augusto e legato d'a-
more alle sorelle di Caligola, sperava, spento il tiranno,
Anni di Ro- di Salire egli all'Impero. Ambedue furono scoperti da un
G.\\'39.'^' Anicio Cenale e spenti: si celebrarono giuochi e feste pei
ne farli disegni scoperti, e Caligola dalle Gallio fece con-
sacrare a Marte Vendicatore i ferri, destinati a rompergli
la persona {"). Allora ebbero l'esilio le sorelle Giulia e
Agrippina, accusate di complicità e di adulterio coi con-
giurati 2.
Più destro a menar la trama fu Cassio Cherea, uomo
arditissimo 3, già soldato di Germanico, e ora tribuno di
una coorte pretoria. Caligola lo aveva oltraggiato più
volte rispondendogli quando domandava la parola d'or-
dine, con motti ridicoli e osceni, che lo facevano burlare
dai compagni. Quindi Cherea, più fermo che mai a ven-
dicare i comuni oltraggi e se stesso, si intese con Va-
lerio Asiatico, a cui il tiranno aveva disonorato la moglie
e se ne era vantato pubblicamente. Ad* essi si unirono
il senatore Pompedio, Papinio e- Cornelio Sabino, tribuni
dei pretoriani, un liberto di Caligola, e più cavalieri e
C) Negli Aiti degli Arvali è così accennata la scoperta di questa con-
giura : GB DETECTA. NEFARiA cofisilia in C. Cuesarem AugustxìVi Ger-
manicum cn. lentuli GXEtulici. Vedi .Marini, Arvali, tab. VII, voi. I,
pag. CVIl, e 65-68; Orelli, Tnscript., n. 698, e Henzen, Ada fratrvm
Arvali'.an quae supersunt, Berolini 1874, pag. XLIX.
' Filono, Legazione a Caio; Tacilo, Hial., V, 9; Giuseppe Flavio, Antich. Giud.,
XVIII. 11, e Guerra Giud. ^ II, 10; Salvador, Histoire de la nomination romaine en
Judee, Paris 1817, voi. I. pag 459 e segs;.
2 Svetonio, Cxlio.. 8 e 21, Claud , 9; Tacito, A«n., VI, 30, XIV, 2, o XYI, 17; Diono
Cassio, LIX, 22; Seneca, Epist.^ 4; Plinio, Epist.^ V, 3.
3 Tacito, Ann . I, 32.
Gap. II.] E UCCISIONE DI LUI. 335
soldati. Chi voleva precipitare il tiranno dalla Basilica
Giulia, quando dal tetto di essa gettava denaro alla plebe
raccolta nel Fóro; chi trucidarlo nella Curia o nel tempio
del Campidoglio. Dopo varie sentenze, considerato im-
portare soprattutto il far presto, perchè l'indugio in tali
faccende porta pericolo, fermarono di ucciderlo nell'oc-
casione dei giuochi Augustali celebrati sul Palatino: e
ai 24 gennaio, quando egli recavasi allo spettacolo, o, se-
condo altri, quando tornava, Cherea, fattoglisi dappresso
in un andito appartato, gli menò un colpo sul collo: e
Cornelio Sabino gli passò il petto da banda a banda, e
gli altri lo finirono con trenta ferite. Alle grida accor-
rono i soldati della guardia imperiale, uccidono chi si fa
loro innanzi, e brutti di sangue precipitano al teatro,
minacciando esterminio alla turba atterrita, non ritenuti
da pianti o da preghi. Solo quando un araldo solenne-
mente annunziò dalla scena la uccisione del principe, i
furibondi quietarono, pensando essere inutile spargere
nuovo sangue a vendetta di un morto, da cui non ave-
vano più a sperar nulla.
Così fini Caio Cesare Caligola, spento nel suo anno ven- AnnidiRo-
tesimo nono dopo avere per poco meno di quattro anni g.V «'.^
fatto degli uomini strazio disonesto e feroce così che
allora, al dire di Seneca, l'essere ucciso senza torture
tenevasi tra le opere di misericordia. Con lui furono
spente anche la moglie Milonia Cesonia e la figlia per
mano di un tribuno spedito a questo effetto da Cherea;
la prima di spada, e l'altra infranta ad una parete *.
Ma il dispotismo non se ne va nò con questa, né con
altre uccisioni di tiranni, perchè i mostri non si spen-
gono per generosa rivoluzione di popolo, inteso a ricon-
quistare la libertà, ma per ira di qualche individuo, per
cospirazioni di corte, per intrigai di soldati, di liberti e
• Svetonio, Calig., 56-5!» ; Seneca, De Constant. Sap.j IS, e JV'il. Qxaest., praef. ; Dione
Cassio, I.IX, 29 e 30; Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche. XIX, cap. 1 e 2.
336 SPARISCE IL TIRANNO E LA LIBERTÀ NON RITORNA. [Lib. VII.
di cortigiane, e a benefìzio di un altro tiranno, da cai
si spera favore e potenza.
Il Senato, radunatosi subito non nella Curia, perchè
chiamavasi Giulia, ma nel tempio di Giove Capitolino, fu
assediato da una turba di schiavi, di liberti e della plebe
più vile, chiedenti vendetta della uccisione dell'uomo,
stato largo con essi di feste e di donativi. Ma Valerio
Asiatico impose silenzio a quei miserabili, dichiarando
arditamente, che gli doleva di non essere stato egli l'uc-
cisore del tiranno. I consoli, preso il governo, fecero
guardar la città dalle coorti urbane, promisero diminu-
zione di gravezze e ricompense ai soldati, mentre Cherea
si studiava di riaccendere fra essi l'amore di libertà. I
senatori disputarono lungamente e vanamente anche du-
rante la notte: e come gli uccisori non aveano pensato
a ciò che dovesse farsi dopo spento il tiranno, cosi i
padri nella novità del caso non avevano un determinato
e concorde partito alle mani. Alcuni erano pronti ad
abolire il nome dei Cesari, e a distruggerne i templi:
altri proponevano di continuare la monarchia in altra
famiglia: e di pretendenti non vi era difetto tra i nobili.
Gneo Senzio Saturnino, uno dei consoli, parlò degli ob-
brobriosi mali della tirannide, e salutò la luce della li-
bertà risorgente dopo tanta notte di turpe servaggio, e
propose decreti di onoranze solenni a Cherea, pubblico
benefattore, e più grande di Bruto e di Cassio : e colla
parola Liberia risposero a lui chiedente la parola d'ordine
per le milizie.
Ma mentre i padri perdevano il tempo in parole, ogni
questione fu troncata dai pretoriani, i quali non inten-
dendosi più di Ilepubblica volevano un imperatore, e lo
crearono da sé per averne doni più larghi. Nò fu difficile
trovare l'uomo da ciò. Mentre, nel tumulto che segui al-
l'uccisione, andava a sacco il palazzo imperiale, un sol-
dato scoprì Claudio, che pieno di paura stava rincantuc-
Cap. II.] CLAUDIO FATTO IMPERATORE DAI PRETORIANI.
337
ciato dietro una portiera, e lo trasse dal nascondiglio. 11
pover uomo si gettò in ginocchio chiedendo in grazia la
"vita; e il soldato lo gridò imperatore, e lo menò ai com-
pagni, che ripetendo quel grido, presero sulle spalle il
tremante e lo portarono al campo. La gente che lo ve-
deva passare abbattuto e smorto ne aveva pietà come
di uomo tratto al supplizio. Egli stesso credeva giunta
la sua ora estrema, e non cessò di tremare, se non quando
si vide in mezzo all'esercito festeggiato e salutato impe-
ratore da tutti i soldati.
Il Senato, avuta notizia della strana avventura, mandò
Claudio acool-
3tor;ani (Donaldson^ Archit. Sum., p. -32:3).
ambasciatori nel campo, i quali usarono esortazioni e
minacce, perchè Claudio non accettasse Tlmpero datogli
fuori d'ogni regola da audaci soldati, e gli intimarono
che si sottomettesse all'autorità delle leggi e dei padri,
cui apparteneva di statuire sulle sorti della Repubblica.
33S VANA RESISTENZA DEI LIBERALI. [Lib. VII.
Egli rispose non potere resistere alla forza maggiore: e
confortato da altri, e massime dal giudeo Erode Agrippa,
amicissimo dell'ucciso tiranno, che in quel giorno si mo-
strò consigliere scaltrissimo, stette fermo a pigliarsi il
comando, di cui il Senato non aveva forza a spogliarlo.
Parlamentò i pretoriani, ebbe il loro giuramento, e col
promettere a ognuno quindicimila sesterzi (2582 lire ital.)
fu il primo dei Cesari a comprare a contanti la fedeltà
dell'esercito. La plebe lo salutò con grida festive: da
ogni parte soldati e gladiatori accorrevano a lui, e alla
fine le stesse guardie del senato chiesero tumultuosa-
mente un imperatore e andarono al campo, né valse a
frenarle lo sdegno impetuoso di Cherea, che invano pro-
testava darebbe tutto il suo sangue alla Repubblica, e
non tollererebbe a imperatore uno stupido dopo un fre-
netico. 11 senato, rimasto senza difesa, e discorde tra i
vani pensieri di libertà e tra le ambizioni di più pre-
tendenti, alla fine fu necessitato ad accettare la elezione
dei soldati, e ad offrire i suoi omaggi a Claudio. Il quale,
entrato in Roma come padrone, spense, ad esempio,
Cassio Cherea con altri dei congiurati, e offri perdono
e amicizia a Sabino: ma questi non volle rimaner testi-
mone della nuova schiavitù, nò sopravvivere alla libertà,
che aveva creduta risorta *.
Il nuovo imperatore nasceva dal primo Druso e da
Antonia, figlia di Marco Antonio e di Ottavia sorella di
Augusto; e quindi era fratello di Germanico e nipote di
Tiberio e zio di Caligola. Aveva avuto l'infanzia e la gio-
ventù afflitte dai barbari trattamenti di un pedagogo, e
da continue infermità che gli travagliarono l'anima e il
corpo cosi, che non eravi alcuno che lo stimasse buono
a qualcosa. Era in corte zimbello alle beffe di tutti. L'a-
vola Livia non gli volgeva se non dure parole; e la madre
> Giuseppe Flavio, AiU. Gv'.d.^ XIX, 1-4-, Svctonio, Calig.^ «0. Cland.^ 10; Dione
Cassio, l,X, 1 e 3.
Cap. 11.] IMPERATORE SCIAGURATO, ERUDITO E BALORDO. 339
stessa lo chiamava un mostro di natura, e per notare
alcuno di grande stupidezza diceva: è piìi balordo di
Claudio mio figlio. Augusto che ne sentiva commisera-
zione, lo fece guardare, perchè con qualche sciocchezza
in pubblico non esponesse al ridicolo la famiglia impe-
riale.
Di questo dispregio dei suoi egli aveva cercato conforto
negli studi delle lettere, e divenne molto erudito, e pei
consigli di Livio scrisse più opere storiche: ma la sua
mente rimase sempre uno strano fenomeno, perchè fra
lo scrivere hbri non senza ingegno, e il parlare talora
elegante ^, dava sempre in grandi sciempiaggini, e per
difetto di giudizio ebbe chiusa la via degli onori. Augusto
gli permise solamente l'ufiìcio di augure, quasiché la ba-
lordaggine non facesse ostacolo a predire il futuro: e
Tiberio a cui chiedeva instantemente il consolato, gli
mandò denari perchè si divertisse nei Saturnali. Sotto
Caligola riuscì ad esser console: né perciò si facevano
minori le beffe di lui, povero e pieno di debiti, e usante
con mali uomini, e dato ad ubriachezze e altre lordure.
Corse anche non lievi pericoli: battuto e schiaffeggiato
da Caligola, che in Germania lo fece gettare in un fiume
quando a nome del Senato andò a congratularsi per la
scoperta della congiura di Lepido 2.
Per tutto questo diventò timidissimo, istupidì più che
mai, non ebbe più volontà, fu facile ad essere indotto
ad atti sconci e crudeli. Nei suoi buoni momenti dichia-
rava di essersi finto stupido per campare da Caligola: ma
non gli credeva nessuno, perchè altri atti e motti insipidi
mostravano subito che la sua balordaggine non era fin-
zione 3. Ora comincia lo spettacolo del governo del mondo
nelle mani di un uomo incapace a governare sé stesso.
1 Tacito, Ann.. XIII, 3.
2 Svetonio, Claud, 1-9, '11 e 12; Dione Cassio, LIX, 2?., IX, ?.
3 Svetunio, Claud.j 35; Dions, LX, 2.
340 MISTO DI CRUDELTÀ, DI BONTÀ E DI PAURA. [Lm. VIL
Quando i pretoriani lo messero in trono era sui cin-
quant'anni. Abbiamo negli scrittori il ritratto del corpo
e dell'animo, confermato in parte da numero grande di
medaglie, di statue e di busti. Aspetto dignitoso e au-
torevole, soprattutto quando stava in riposo; grande per-
sona, grasso collo, bella canizie. Ma nel muoversi e nel
favellare dava lo strano spettacolo di un imperatore del
mondo malato di corpo e di mente, mal sicuro sulle gi-
nocchia, indecente nel riso, con voce confusa e rauca a
guisa di mostro marino, e più sconcio nell'ira, colla bocca
spumante di bava, colle narici umide, colla lingua non
bene sciolta, colla testa tremante (").
Atterito dalla uccisione di Caligola sul principio non
osò per un mese di recarsi al senato. Dappertutto ve-
deva ferri appuntati contro il suo petto. Quindi inter-
venne cinto di guardie armate ai conviti, e faceva fru-
care uomini e donne e fanciulli che andassero a salutailo
in palazzo, né rnai andava a visitare un infermo se prima
non era assicurato che non si celassero armi tra le co-
perte e le materasse del letto K Al tempo stesso per
mostrar modi civili, non volle, secondo Svetonio, il nome
d'imperatore, ricusò gli onori soverchi, giurava nel nome
d'Augusto, vietò a tutti di giurare nei suoi atti, fu parco
nello spender per sé, détte amnistia alla tentata rivolu-
zione, abolì le accuse di maestà, giurò di non usar mai
(") Svetonio, Claud., 30; Seneca, Apocolocyntosis, o De morte Claudii
Caesaris, 5; Dione, LX, 2\ Giovenale, VI, 6'^3.
Pei ritratti di Claudio nelle medaglie, nei cammei e nei marmi vedi
Cohen, Mcd. frappces aous l'emp. rovi., voi. I, pi. X, pag. 157-IG7, n. 1-1»7;
Visconti, Museo Pio Clem., voi, VI, tav. 4], e Monumenti Dorgheniani,
tav. 19; Bottari, Mus. CapitolinOj voi. II, tav. 13; Mougez, Iconocjr. Rom.,
pi. 27 e 29; Garrucci, Mus. Laieran., tav. 11; Beulé, Le xanr/ de GeV'
manicus, pag. 192-201: Engelmaun, in Annoi. Istit.. lN7'.\ pag. 57, e
tav. agg. E.
• Dione Cassio, LX, 3; Svetonio. Claud. j, 35.
i
Cai>. IL] GIUDIZII SENZA AUTORITÀ, E SENZA DECORO. 341
la tortura coi liberi, richiamò gli esiliati, abolì le straor-
dinarie gravezze e le altre abominazioni di Caligola, e in
pari tempo pio agli altri parenti onorò la memoria di
Druso e di Antonia suoi genitori, e quella degli avi suoi
Livia ed Antonio: non fece nulla senza il senato, onorò
i magistrati, provvide al nutrimento del popolo, détte
donativi ai soldati, congiarii alla plebe, colse ogni oc-
casione per fare feste magnifiche, e pubblici conviti e
sontuosi spettacoli a cui assisteva le intere giornate,,
chiamando i cittadini suoi padroni, ed esortandogli a
stare allegri. Le quali cose fin da principio lo resero
amato cosi che sparsasi un di la voce di sua morte, il
popolo corso a furore minacciò i senatori e i soldati,
né si calmò, finché quel grido non fu smentito K
Ma da un altro lato perdeva ogni autorità, non ser-
bando alcun decoro in suoi atti e parole, dicendo spesso
fredde facezie e grosse sciocchezze ^, e facendosi ridi-
colo anche nelle cose più gravi. Era assiduo a render
giustizia; giudicava in camera sua, in senato, nel Fóro,
ora mitigando le leggi, ora trapassandole stranamente,,
ora mostrandosi circospetto e sagace, ora inconsiderato
e simile a un demente, e distruggendo con decisioni ri-
dicole l'effetto delle buone sentenze. Talora non ascol-
tava se non una delle parti, e diceva di stare con quelli
che avevano esposto la verità. Una volta, domandato
perché un testimone non fosse comparso, gli dissero:
perché è morto: ed egli seriamente aggiunse che la scusa
era lecita. Spesso dormiva nel render giustizia, e appena
era risvegliato dagli avvocati, che a bella posta alzavano-
la voce. Un giorno stando sul tribunale nel Fóro d'Au-
gusto senti l'odore di un lauto convito, che si apparec-
chiava dai Salii nel vicino tempio di Marte, e avidissimo
com'era di mangiare e di bere ad ogni ora, lasciò subito
> Svetonio, Claud.^ 11, 12, -'1; Tacito, Anv., XII, 41 -, Dione Cassio, LX, '.'.-6, 13, 25.
2 Svetonio, Claud.. 21 e 10.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 13
1
342 L'IMPERATORE E IL INIONDO IN POTERE DI LIBERTI. [Lib. VII.
la giustizia, e andò nel tempio e si pose a tavola e mangiò
sconcissimamente. Per le quali cose era la bella e il
dispregio di tutti. Gli avvocati pigliavano tanta confidenza
con lui, che quando voleva scendere dal tribunale lo ri-
tenevano pel lembo della toga e pei piedi: e vi ebbe chi
apertamente lo chiamò vecchio stolto e crudele, e gli gettò
•in viso lo stilo e le tavolette '.
È facile imagjnare a quali stranezze dovesse trascor-
rere il governo di un cotal uomo. Ma vuoisi dir subito
che, quantunque avesse non di rado buone intenzioni,
nella più parte delle cose buone o triste fatte in suo
nome, egli spesso non ebbe né merito, né colpa, perchè
non aveva né giudizio, né odio, se non dettato e coman-
dato '2. L'imperatore e il mondo stettero in potere di li-
berti e di donne: ed egli stesso, sebbene pcidre della
patria, e incoronato di quercia, e Dio anche in vita, di-
ceva di non esser padrone in sua casa (").
I liberti si vendicavano ora degli oltraggi patiti dagli
antichi padroni coli' umiliare davanti a sé i grandi di
Roma, e coU'usarli a strumento di loro turpitudini. Sono
ricordati Polibio, suo maestro di studi, Callisto, l'eunuco
Poside, Arpocrate, Mirone, Anfeo, Feronatte, e potentis-
simi il segretario Narciso e il ragioniere Pallante, che la-
sciati in libertà di rubare a loro voglia, divennero più
ricchi dell'imperatore stesso. Pallante ammassò 300 milioni
di sesterzi (58,450,083 lire ital.), e Felice, fratello di lui,
marito di tre regine, si arricchì nel governo della Giudea,
ove uccise e rubò, e si credè lecito ogni misfatto. Pallante,
P) Svet.onio, 40. Il Rorgliesi mostrò incontrastalìilinente che fu salutato
padre della patria agli idi di gennaio del 795: e il titolo di divino, dato
a lui vivo, è attestato dagli Aiti degli Arvali. Vedi Borghesi, Layn'(7e di
Criiinio Silano, in Oeuvres, V, 192, e Bull. Islit., 1842, pag. 177.
' Svoionio, 11, ir., -23, 3:!; Tacito, Ay.n ,. XI. ■.' .■ :ì : liion" Ca'^^io, 1,\'. !, ir, o 17;
.Seneca. Apocnloc , 7.
2 Tacito, Ann.. XU, '.\.
Gap. !I.
ONORI AL LIBERTO FALLANTE.
343
passato dalla servitù a scandaloso favore e a suprema
potenza, era onorato come discendente dei re di Arcadia,
e si divertiva a dettare decreti al senato per reprimere
il commercio delle matrone coi servi. E il senato per
questa proposta gli destinò le insegne pretorie e quindici
milioni di sesterzi, e per avviso di uno Scipione, aggiunse
doversi rendere pubbliche grazie al grande uomo, che
Claudio incoronato di quercia {Mongez, Icon. Rom., pi. XXVII, n. 2).
posponendo la sua antichissima nobiltà al pubblico ser-
vigio consentiva di essere uno dei ministri del principe.
Ma Fallante fece dire da Claudio che accettava solamente
l'onore, e rimaneva contento alla sua prima povertà. 11
senato allora, cadendo a più turpe bassezza, fece scolpire
•344 ORDINAMENTI MILITARI. GUERRA IN AFFRICA. [Lib. VII.
in bronzo il decreto, con cui si lodava di antica parsi-
monia il liberto ricco di 300 milioni *.
Costoro colle mogli del principe facevano e disfacevano
a proprio talento: venderono il privilegio della cittadi-
nanza romana, disposero sovranamente di ogni ufficio
pubblico, dell'erario, degli eserciti, delle fortune e delle
vite dei cittadini: per denaro davano il privilegio di por-
tare intagliati nell'anello i ritratti del principe; dettavano
i decreti di lui, annullavano i suoi giudizi, gli davano a
loro scelta la sposa -. Onde un altro imperatore più tardi
ebbe a dire di Claudio, che, quando non aveva seco i li-
berti e la moglie, era come un personaggio muto da scena,
e quasi un corpo senz'anima '.
Pure questi liberti, che governano l'imperatore e si
arricchiscono a spese del mondo, alle infamie sanno ac-
coppiare anche i savii consigli. E sotto lo stupido, non
geloso della gloria dei duci, si accresce la potenza romana
al di fuori, sono respinti i nemici da ogni frontiera, e nel-
l'interno si fanno utili provvedimenti e grandiosi lavori.
La cavalleria fu meglio ordinata: istituita una milizia
di soprannumero, che stesse come riserva*: gli onori
trionfali dati facilmente, e spesso anche sprecati^: ma
i duci attendevano di proposito ad imprese che parto-
rissero lode, e quasi dappertutto trionfarono delle male
disposizioni dei popoli e dei re. In Affrica i moti dei
Annidi Ro- Mauri, cominciati già sotto Caligola, furono repressi da
G.^c!4^'. ' C. Svetonio Paolino, che prima d'ogni altro s'avanzò oltre
• Piitter, De senatux consulto Claudiano , cel dà poenis midieruin qtcae aìieiiis se
servis iunrcerhìt, Berolini 1S27; Seneca, Apocoloc, 13; Svetonio, 2S, 29; Tacito, Ann.^
XI, 29 e 3S, XII, 53, Hist., V, 9; Dione Cassio, LX, 8, 17, S9, .'!!; Plinio, Hist. Nat.
XXXIII, 47, XXXVI, 12, Epht.. VII, 2.1, Vili, 0; Giovenale, XIV, 91; Giuseppe Fin-
vio. Guerra Gmd.^ li, 12, 13, e Ant. Giud.^ XX, 7; Tertulliano, De pallio. 5.
2 Svetonio, 25, 29; Tacito, Ann.. XII, 1 e 2; Dione Cassio, LX, 2, S e 11; Plinio,
XXXIII, 12.
3 Giuliano, / Cisarij :■. Vedi anche Filostrato, Vito, ili ApoUonio Tioneo, V, ;Ì2.
•1 Svctfinio, 25.
- Tacito, Ann... XI, 20, XII, 3; Srctonio, 21; Dione, LX, 2:' ■ :;;).
à
Cap. IL] SPEDIZIONE IN BRITANNIA. 345
l'Atlante, e la regione fu partita in due province coi nomi
di Mauritania Cesariana, e Tingil^ana '. L'anno appresso
fu intrapresa anche la spedizione in Britannia, ed ese-
guito il conquisto di una parte dell'isola, tentato sola-
mente da Cesare, e trascurato per prudenza da Augusto.
Ne ebbe l'incarico Aulo Plauzio, governatore delle Gallie,
il quale vinte le difficoltà dei soldati ricusanti dapprima di
avventurarsi ad un paese sconosciuto, e creduto al di là
dei confini del mondo, passò lo Stretto, e prese di leg-
gieri tutta la contrada fino al Tamigi. Ma i Britanni fug-
giti dapprima si apparecchiavano sul fiume a gagliarda
resistenza. Per lo che Plauzio, non stimando sicuro as-
sahrli con la sua gente chiese rinforzi, e scrisse a Claudio
di venire in persona al governo dell'impresa. E l'impe-
ratore, corso rapidamente il mare da Ostia a Marsilia,
e traversate le Gallie, passò da Gessoriaco (Boulogne) in
Britannia, varcò con tutta l'oste il Tamigi, messe in rotta
lo sforzo dei Brettoni, prese Camuloduno (Colcìiestcr) ca-
pitale dei Trinobanti, e assoggettò parecchie tribù. L'im-
presa fu compiuta in 16 giorni: e Claudio, salutato più
volte imperatore ("), lasciò Plauzio al governo dei vinti,
e dopo sei mesi di assenza tornò a Roma, e oltre al
nome di Britannico , che rimase poi più specialmente
al suo figlio , prese tutti gli onori degli eroi : un arco
trionfale in città {^), un altro a Susa, un altro sulle rive
(") Sebbene mea battagliero degli altri, Claudio fu salutato 27 volte
imperatore in sua vita. Spanhem., De praest. num., II, p. 404; Orelli, 715.
e*) L'arco di Roma ricordato anche dalle medaglie (Eckel, VI, 210)
sorgeva sulla via Flaminia {Corso) presso l'imboccatura della strada che
oggi (la Pia::za di Sciarra conduce a Piazza di Pietra (Nibby, Roma
oMi'ica , I, 440). Delle rovine di esso rimangono, a quanto sembra7 sola-
mente alcuni bassirilievi mutilati e logori molto tra le antichità della
Villa Borghese, nei quali vedesi un imperatore paludato in mezzo ai suoi
legati, e altri ufficiali, e molti soldati con insegne e scudi portanti la
protome di Claudio. Vedi Nibby, Monumenti scelti delle. Villa Borghese,
Roma 1832, pag. 14-15, 25-2G, e tav. 1 e T).
' Jionfi Cassio, LX, 0. Conf. Plinio. V, '.
346 TRIONFO DI CLAUDIO. [Lib. VII.
galliche ove si era imbarcato: corona navale, quasi do-
matore dell'Oceano: trionfo solenne sul Campidoglio, al
quale sali in ginocchio mentre Messalina lo seguiva sopra
magnifico carro. Fece pompa di corone d'oro, una delle
quali, donata dalla Spagna citeriore, pesava 7 mila libbre,
e 9 mila un'altra donata dai Galli. Profuse onori trion-
fali e corone d'oro e collane ed armille ai compagni. Poi
spettacoli senza misura, corse, lotte di atleti, cacce di
fiere, giuochi trionfali, sacrifizii, conviti e larghezze di
ogni sorte al popolo e ai soldati. Allargò il pomerio
per avere accresciuta la dominazione di Roma, e per
questa impresa ebbe monumenti e lodi per tutta la
vita *. Al trionfo sui Brettoni, ricordato e figurato sulle
medaglie, altri credè allusivo anche l'antico Cammeo in
cui sopra carro tratto da due centauri si videro Claudio,
Messalina e i loro figliuoli Ottavia e Britannico: Claudio
in veste trionfale e coronato di lauro, e armato di ful-
mine, mentre la Vittoria vola a porgli una corona sul
capo, e i centauri calpestano i barbari da lui fulminati:
Ottavia coronata anch' ella di lauro, e il piccolo Britan-
nico in veste militare con la sinistra appoggiata sul pa-
razonio -.
Pure la vittoria non era compiuta; i Britanni si sol-
levarono pili volte; e contro essi sorse a Camuloduno
la prima colonia romana, stabilita da P. Ostorio Scapula
successore di Plauzio, come fortezza della potenza ro-
mana nell'isola; e poscia (804) fu preso anche Carattaco,
capo famoso dei Siluri ("), il quale per molte dubbie e
molte felici imprese sorto sopra gli altri duci Britanni
C) Nella parte meridionalo del paese di Galle;?.
1 Tacito, Agric. 13; Pione Cassio, LX, l!>-23; Svctonio, !7, 21; Tlinio, XXXIII, 16;
Maff-i, Museo Veron.^ 218, 2\Annal. Jstit.^ 1839, pap. 31; Heazen, in Bull. Istit... 1857,
pajr. 12-13; Orelli. 710 e 713.
2 Per le medaglie vedi Cohen, I, pi. 20, n. 2 e 13. 11 Cammeo ò in Millia , Galerie
Mvihol, l'I. 177, n. «78, e in Mongez, Ico'k. Kom^ pi. XXIX, n. 5. Per le interpreta-
zinni vedi ivi, voi. 11, p. 211-216.
Gap. IL]
IL RE CARATTACO A ROMA.
347
dopo lunghe prove tentò l'ultima fortuna e fu vinto da
Ostorio, e dopo la perdita di sua moglie e figliuola, ca-
dute in mano ai nemici, venne anch'egli in potere di
essi, tradito da Cartismandua, regina dei Briganti, nella
cui fede si era commesso, e fu mandato in catene a Roma,
Trionfo ^i Clai
Mo.'oez)
ove il vinto parlò nobili parole all'imperatore assiso so-
lennemente sul suo tribunale, e Claudio risparmiò lui e
sua moglie, e figliuola, e fratelli; e i padri paragonarono
quella mostra alle antiche di Siface e di Perseo. Ostorio
ebbe l'onore dell'ovazione per quella vittoria: ma anche
348 IMPRESE IN GERMA:^IA E IN ORIENTE. [Lib. VIL
dopo questo i IJritanni non si accomodarono alla signoria
forestiera, e continuarono a tentare con varia fortuna
la prova delle armi *.
In Germania fa combattuto felicemente coi Catti e coi
Cauci da Servio Sulpicio Galba e da P. Gabinio Secondo,
il quale ebbe la gloria di riprendere l'ultima delle aquile
romane, rimaste in mano ai nemici dopo la sconfìtta di
Varo. Ai Cherusci chiedenti un re fu dato Italico , un
nipote di Arminio che stava a Roma, giovine bello di
persona e maneggiatore di armi e cavalli all'uso romano
e germanico : e Gn. Domizio Corbulone , il più valente
uomo di guerra di questa età, sottomise i ribellanti Fri-
Annidi uo- soni, 6 avrcbbc proceduto a cose maggiori contro i Cauci,
o.\\ 'i7?* se ordini della sospettosa corte di Roma non lo costrin-
gevano a tornare alle stanze del Reno, ove egli, invi-
diando la libertà degli antichi capitani, tolse dall'ozio i
soldati coir occuparli a scavare un canale di 23 miglia
tra Mosa e Reno ^ per agevolare le comunicazioni in
regioni di suolo mal fermo a sostenere il peso di una
via militare, e per mettere ostacoli alle invasioni d'-;!-
l'Oceano (")•
In Oriente, seguendo l'uso antico di nutrire le discordie
tra i Parti, non potuti mai vincere colle armi, fu dato
loro un re che ebbe tristi fortune; e Claudio ne menò
vanto, e si paragonò per questo fatto ad Augusto. Ai
Licii fu tolta la libertà per causa di loro discordie. I
Bisantini , che mandarono un' ambasciata a ricordare i
loro meriti, furono alleviati dei tributi per cinque anni:
sii Illesi andarono liberi da oo;ni gravezza in memoria
(") This great -work stili forms a principal drain of the province ol
HoUand bet^veen the city of Leiden and the village of Sluys on the Maas.
Greenwood, Hislory of ihe dermans , I, 111. in Scrivale, VI, 12.
1 Tacito, Ann.. MT, :'.l-:iS. A;.ri'-.. !-l <- H
2 Tacito, Ann.. .\1, 10-?(J: Sv.'tonio, 21: Dione Cassio, LX , S e .'{D.
à
Cap. n.] GOVERNO DELLE PROVLNCE, 349
dell'essere stati i primi padri di Roma: e quelli di Coo
ebbero immunità in grazia di Esculapio, che recò la me-
dicina nell'isola, e del loro concittadino Senofonte, medico
dell'imperatore. La Tracia sollevatasi fu vinta e ridotta
a provincia : la Palestina riunita al governo di Siria :
riconquistata l'Armenia: il Bosforo Cimmerio dato a un
discendente del gran Mitridate ; e come questi poscia
tentò di scuotere il giogo, fa preso e condotto a Roma
in mostra al popolo *.
In varie maniere fu provveduto all' amministrazione
•delle province -, al tempo stesso che si poneva ogni
studio nell'afforzare ed allargare le prerogative imperiali,
a danno del senato e dei magistrati. I consoli perderono
il diritto di giudicare alcune cause rimesse ai pretori 3,
mentre i giudizi dei procuratori, incaricati nelle province
di soprintendere ai servi e alle private sostanze del
principe, ebbero forza quanto le cose statuite da lui: e
avuta giurisdizione, a poco a poco presero l'autorità, che
perdevano i magistrati officiali. Cosi i liberti , ministri
della casa imperiale, si uguagHavano alle leggi e al prin-
cipe, il quale diveniva il solo magistrato, e convertiva
la sua volontà in unica legge del mondo. Dopo l'impresa
di Britannia , sotto colore di agevolare la piena sotto-
missione deli' isola , fu stabilito che ogni convenzione
fatta coi Brettoni dall'imperatore o dai suoi legati avesse
validità, come se fosse sancita dai padri e dal popolo.
E ne fece decreto il senato, che afforzava l'imperatore
coir indebolire sé stesso. Anche la licenza ai senatori
per assentarsi da Roma e d'Italia, già dipendente da un
senatoconsulto, divenne ora una grazia accordata dal
principe '*.
» Tacito, Ann... Xr, S-lli, XII, 10-21, 2?,, GÌ, 6:1; Svetonio, ì:*; Dione Cassio, I.X, S e
17; Giuseppe Flavio, Ant. Giud.^ XIX, 5, XX, 7
2 Dione Cassio, LX, 25.
3 Dione Cassio, LX, 21.
* Tacito, Ann.^ IV, 15, XI, 5, XII, i)0 ; Dione Cassio, LX, 23-25 ; Svotonio, 2:'..
Vanxucci — Storia dell'Italia antica — IV. 44
350 I SERVI PROTETTI, E I DRUIDI ABOLITI DA CLAUDIO. [Lib. VIL
Pure anche in mezzo al crescere della corruzione e
della tirannide, vi furono ordinamenti, che mostrano il
progredire dell'umana ragione. Mentre i filosofi scrivono
che, quantunque tutto sia permesso verso lo schiavo, il
diritto comune degli esseri animati non soffre che. tutto
sia permesso verso l'uomo % un raggio di pietà entra
anche negli ordinamenti dei despoti, e per legge s'im-
pedisce al padrone di uccidere il servo impunemente,
come il bove e la pecora: è tolto il feroce diritto di vita
e di morte, e l'uccisione di un servo è punita come
omicidio. Contro 1' uso di abbandonare i servi malati ,
esponendoli nell'isola Tiberina, è ordinato che tutti gli
esposti cosi divengano liberi, e che i padroni non abbiano
più alcun diritto su questi infelici. Dall' altra parte , a
mostrare quanto sia opera meritoria la liberazione dei
servi, è punita per legge la ingratitudine verso gli autori
di SI gran beneficio, e il liberto non riconoscente può
esser fatto servo di nuovo, ed è vietato l'assistere gli ac-
cusatori degli antichi padroni ; e a chi contravvenga a
quest'ordine si toglie la facoltà di accusare ^.
Legge umana fu pure quella che nelle Gallio aboliva
non solo i sacrificii di uomini, ma anche tutto il feroce
culto religioso dei Druidi, quantunque eseguita con modi
atrocissimi. Vietati sotto pena di morte tutti i segni di
quella credenza: e un Gallo, condotto a Roma per ca-
gione di un processo, fu dato al carnefice, perchè aveva
sulla persona Y uovo del serpente, un talismano druidico
creduto buono a vincer le liti '^.
Anche a Roma si volse il pensiero alle riforme di re-
ligione, e Claudio studiò di rimettere in vigore le tradi-
zioni degli aruspici, e l'antichissima disciphna d'Italia,
' Seneca, De Clementia. I, is.
2 Svetonio, Claud.j 25; Dione Cassio, LX, I::, -'S-i'Dj ,. coni, ivi ^ 15; Modesti
Digest. . XI , s, -2.
3 Plinio, XXIX, l;.': Svetonio, Claud., •>:>: Aurelio Vittore, De Cacsaribìis. 1.
Cap. ILI PEDANTERIE D'ANTIQUARIO. NUOVA CENSURA.
.351
già tramandata dai maggiorenti d'Etruria, e guasta ora
dalle superstizioni straniere *. Egli sognava di ristorare
la Roma degli avi, ed era tutto in citare e in imitare il
dassato. Nei trattati per assicurar la fede uccideva, come
già i Feciali, una porca nel Fóro. All'udir terremoti, e
alla vista di sinistri uccelli , ordinava preghiere e ferie
■secondo il rito degli avi; voleva i supplizi e le feste al-
l'antica, e anche nei conviti rinnuovò gli usi vecchi, quan-
Ponte Lucano e sepolcro dei Plaiizii (Mihby^ Viaggio Antiquario:, I, 112).
tunque il suo smodato e sconcio mangiare non avesse
che far nulla colla prisca parchezza. Ma tutto questo era
amor d'erudito, e pedanteria d'antiquario, non sentimento
di ciò che fra le istituzioni avite potesse profittare al
presente, Ristabih anche la censura, abolita già da tanti Anni di ro-
^ ma SOO, di
G. C. J7.
1 Tacito. Ann.^ XI, 15.
352 AUMENTO DEI CITTADINI ROM. I GALLI IN SENATO. [Lib. VIL
anni, e presone egli stesso 1' ufizio , creò secondo 1' uso
antico un collega, e si fece a riformare ogni còsa. Creò
nuovi patrizi, tra cui un'epigrafe ricorda i Plauzii illustre
famiglia plebea dei tempi repubblicani, della quale dura
anche oggi il grande sepolcro presso l'Anione sulla via
Tiburtina a i6 miglia da Roma. Chiamò a sindacato ca-
valieri e senatori, pregò gli indegni a uscire volontarii
dagli ordini, lodò con sua diceria i poveri che lasciavano
spontaneamente la Curia, e ne cacciò gli ostinati *. Mentre
i potenti liberti vendevano a corte il diritto della citta-
dinanza, egli studioso, come Augusto, di mantener puro
il sangue romano puniva fieramente chi usurpasse quel
privilegio ("). Pure il numero dei cittadini crebbe di molto,
e mentre nell'ultimo censimento, fatto nel 767 da Augusto
tre mesi prima della sua morte, erano quattro milioni e
937,000 i cittadini maschi di età militare, ora nel censi-
mento di Claudio se ne contarono cinque milioni 989,072 ^,
i quali possono rappresentare una somma di più che
venticinque miUoni. Ora anche i provinciali cominciarono
ad avere il diritto di entrare in senato. Claudio , per
riempire i vuoti fatti nella Curia dalle uccisioni di Tiberio
Annidi Ro- e di Caligola, propose di ammettervi i cittadini della Gallia
crc^'iV/^' Chiomata, ai quali aveva particolare affetto, perchè era
C) Svetonio. ClcwcL, 2,'); Dione Cassio, loc. cit., 17. Sotto questo ri-
spetto egli si mostra indulgente in un editto ritrovato l'anno 1809 presso
a Ck's in Val di Non a settentrione di Trento, nel quale dopo avere or-
dinato che una Commissione regoli le contese tra la città di Como e i
montagnoli dipendenti da essa, tratta delle popolazioni soggette al mu-
moipio di Trento accusate di avere usui'pato la qualità di cittadini ro-
mani. Claudio, considerando che in ciò avvi una specie di prescrizione,
decide che si lascino in possesso della cittadinanza. L'editto è dei ir>
maggio 709 di Roma, 46 dell'era volgare. Vedi Kenner, Ein Edict des
Koisers Klai'dius , Wien 18G9, e Revne archcoh(/iquc , 1800, voi. 20,
pag. 417.
i Tacito, A«M.> XI, 25. XII, r.-2 ; Svetonio, Claud., Kl, Ollt., 1; Dione Cassio, I.X, -t*.
2 Moninn. Ancyr., II, lO-U ; Tacito, Ann.. XI, -Kk
1
Gap. II.l EDITTI DI CLAUDIO, E RIFORMA DELL'ALFABETO. 353
nato in Lione fra essi: provvedimento liberale e savio
in sé stesso, perchè univa più sicuramente le province
con Roma, e dava modo a meglio conoscere i bisogni
dei sudditi. Invano i senatori si opposero, chiamando
quell'ammissione dannosa all' Italia e ingiuriosa all'onore
di Roma. Claudio sostenne la proposizione con grande
sfoggio di erudizione antica: e fatto, come egli volle, il
decreto, gli Edui, antichi amici di Roma, ebbero i primi
l'onore di sedere nella Curia (").
In quel suo invasamento di esercitare la censura su
tutto , riprese severamente la licenza del popolo che in
teatro fischiava le tragedie del consolare Pomponio * ;
vietò agli usurai di fare ai figliuoli di famiglia prestanze
pagabili alla morte dei genitori, e tassò la mercede degli
avvocati a diecimila sesterzi (4948 lire ital.), entrando di
mezzo tra i seguaci dell'antica severità, vietante ogni
ricompensa, e coloro che chiedevano troppo grossi gua-
dagni 2. E sempre, secondo il suo solito, ai provvedimenti
serii aggiungeva sconvenienze e sciocchezze : e, quantun-
que altri si pigliasse giuoco di lui, era continuo in dicerie
e in editti, dei quali mandò fuori fino a venti in un giorno,
avvertendo tra le altre cose il popolo che, per esservi
abbondante ricolta di vino, avesse cura di impeciar bene
le botti, e insegnando a medicare i morsi delle vipere
col succo dell'albero che chiamasi tasso (^). Finalmente
C^*) Tacito, Ann.j XI, 2:3-25. L'orazione di Claudio, rimasta in buona
parte su due tavole di bronzo scoperte a Lione tre secoli fa, e pubbli-
cata da Giusto Lipsio e da altri commentatori di Tacito, all'età nostra
fu illustrata più volte in Francia e in Germania. Vedi Zeli, Claudii Im-
jìeratoris oratio super civitaie Gallis danda, Friburgi Brisigavorum 1833;
Boissieu , Inscriptions antique.s de Lyon, Lyon 1846: Comarmond, Be-
■srrÌ23fion des tahles de Claude,, Lyon 1847: ^lonfalcon, Mono'jraphie
de la table de Claude, Paris 1853.
(/') Svetouio, Claud., 10. Andò fonia che meditasse anche di fare un
1 Tacito, Ann., XI, 13 Coaf. Plinuj. Epist., VII, 17.
2 Tacito, Ann., XI, 5-7 e 13.
354 PROVVEDIMENTI CONTRO LA FAME. [Lib. VII.
nella sua manìa di riforme, pensò anche all'alfabeto la-
tino, e aggiunse tre nuove lettere, che vi rimasero finche
durò la potenza di lui o poco più ('').
Tra le cose sue più lodevoli sono i provvedimenti
contro gli incendi e la fame minacciante non di rado
la quiete di Roma, perchè la plebe romana docile e ser-
vile in tutto si levava a tumulto per ogni timore di vi-
veri scarsi, e una volta assediò l'imperatore nel suo tri-
bunale, e gli diceva improperii e gli scagliava pezzi di
pane e gli fece una grande paura ^ È detto che alla morte
di Caligola la città era provvista solamente per sette o
otto giorni, perchè egli aveva occupato in sue folM im-
prese le navi destinate ai trasporti dei grani di Siciha
e di Affrica -. Era necessario provvedere affinchè rapi-
damente e sicuramente si volgessero a Roma le tante
merci che facevano capo a Pozzuoli. L'antico porto di
Ostia posto nella foce del Tevere non era più adatto al
bisogno, perchè ingombrato dalle alluvioni del fiume:
cosi che le grandi navi erano costrette a starsi ancorate
nell'alto mare, e far trasportare pel fiume le merci su
piccole barche ^. Cesare ebbe il pensiero di sgombrare
le sabbie ammassate intorno al littorale ostiense e di
farvi porti sicuri per numero grande di navi. Ciò che
editto quo veniam darei, flaUon crepitxìnqiie ventris in convivio emil-
tendi, cum periclitatuni quendam prae pudore ex contumelia reperisset.
Svetonio, Claud., 32. Anche Triraalcione permetteva che ai suoi conviti
ognuno avesse piena libertà di sgravarsi. Petronio, Satijric, Al.
(") Tacito, Ann., XI, 13, 14; Svetonio, Claud., 41; Quintiliano, I, 7, 27;
Orelli, 710, 711; Marini, Arvali , pag. 97. Le tre nuove lettere erano:
d, un F a rovescio, da servire pel V consonante; 0 l'antisigma, da valore
come ps 0 bs; P 0 la metà sinistra dell' H. per indicare il suono di mezzo
ti>a Vi e r?( (Y) : la piima e la tei-za si vedono in parecchie iscrizioni.
Vedi Buechlor, ])e Ti. Claudio Cacsare (/rayamafico, Elberfeldae 1856.
1 Tacito, Ann.. XII. 13; Svetonio, is.
2 Spoeca, De breoit. vit.., IS; Biono, LIX, 17; A. Vittore, De Caeis., ^.
3 Strabone, V, 3.
Gap. II.]
NUOVO PORTO DI OSTIA.
355
non potè fare il grand' uomo fu intrapreso e compiuto
da questo buon uomo di Claudio, il quale intento ad al-
lontanare la fame, ed eccitato dal suo segretario e pa-
drone Narciso che nelle grandi costruzioni trovava il suo
conto, non si lasciò spaventare dalla enorme s-pesa oc-
corrente, né dalle difìicoltà d'ogni sorte messe avanti
dai suoi ingegneri, e prontamente fece metter mano alla
costruzione di un porto dal lato opposto all'antica città
di Ostia, sulla destra del Tevere. Furono gettati nell'alto
mare due moli {brachia), fu scavato un seno dentro la
l'orto e Faro di Ostiu
(^Donaldson, Archit. Numism., p, 332, e Canina^ Edif., VI. isr>, n. 3).
terra, fu costruita davanti alla bocca un'isola ponendole
per fondamento l'enorme nave costruita già da Caligola
pel trasporto dell' obelisco vaticano, e sopra l' isola fu
eretto un alto Faro, emulo di quello di Alessandria, per
mostrare colle sue faci l'entrata ai naviganti che poterono
356 INCORAGGIAMENTI AI TRASPORTI DEL GRANO. [Lib, VII.
sicuramente condurvi i loro carichi di giorno e di notte.
11 nuovo porto dopo più anni di sforzi fu compiuto al
principio del regno di Nerone, in una medaglia del quale
se ne vede Fimagine; e riuscì bella, e grande e molto
utile opera, e servì pienamente ai bisogni per cui fu edi-
ficato ('). Oggi non resta che una morta palude nel luogo
che per più secoli fu animato da potentissima vita, e fiorì
di ricchi commerci e splendè di belle opere d'arte e di
grandi edificii , origini ad una nuova città che da esso
prese nome di Porto, e che con esso disparve lasciando
poche rovine e più ricordi dell'antico splendore C*).
Dopo, a incoraggiare i trasporti, fu trovato un modo
che in qualche parte somiglia a ciò che fecero le compa-
gnie di assicurazione nei tempi moderni. Si assicurava ai
navigatori un determinato guadagno sul grano trasportato
da essi, e si mettevano a carico dello Stato i danni delle
tempeste. Vi furono anche premi e privilegi ai costrut-
tori di navi : i Romani ebbero sgravio dai carichi della
legge Papia Poppea sui matrimoni : i Latini furono pri-
C») Dione Cassio, LX, II; Svetonio, Clauil, 20; Plinio, IX, o, XVI, 76,
XXXVI, 14 e 15; Giovenale, Sat. , XII, 75; Quintiliano, II, 21, 18, III,
8, 16; 'ìiìhhy, Della via portuense e dell'amica città di Porto, Roma 1827,
pag. 41-48, e segg., e Dintorni di Roma, II, 430-431, e GÌ 1-613. Un'e-
pigrafe, trovata nel 183G, e illustrata da P. E. Visconti, dice che a caupa
<lel porto furono fatte fosse per condurre l'acqua del Tevere al mare, e
liberare Roma dal pericolo delle inondazioni. Vedi gli Atti dell'Accademia
romana di Archeologia, voi. Vili, pag. 213-222. SwWa^ Stagione delle navi
di Ostia, vedi anche una dissertazione di Luigi Canina, loc. cit., pag. 250-
310, ed Edifici, voi. V, pag. 198-205, e voi. VI, tav. 180-191. Vedi anche
sopra in questo volume, pag. 204-20.5.
(/") Sulla città di Porto, sulle vicende e sulle rovine di essa, e su ciò
che ne dissero gli ultimi scavi vedi Nibbv, Dintorni di Roma, II, 614-
660, e Via Portuense. pag. 48 e segg. ; Henzen, Lanci, Cavedoni e G. B.
De Rossi, in Bulleit. htit,. 1864, pag. 12 e segg., 151, 219, 1866, p. 135,
1867, p. 123; Lanciani, Ricerche topografiche sulla città di Porlo, in
Annal. Istit., 1868, pag. 144-19.5, e Monutn. ined. Istit., Vili. 60; e dello
stesso: Iscrizioni Portuensi, in Bullett. , 1868, p. 2S7, e 1870, p. 18.
i
Cap. II.] L'ACQUE CLAUDIA E ANIl^NE NUOVA. 2^7
vilegiati della cittadinanza romana ; e alle donne che
costruissero navi fu dato il diritto delle madri di quat-
tro figliuoli *.
Altra opera molto magnifica fu l'acquidotto che, comin-
ciato già da Caligola e compiuto e inaugurato da Claudio
neir803, e appellato dal suo nome ^, portò un altro fiume
tino sui colli più alti di Roma. Furono raccolte da sor-
genti diverse due acque, d'una delle quali, detta propria-
mente Claudia^ veniva da 38 miglia presso la via di Sub-
biaco, e l'altra, detta. Aniene Nuova, perchè derivata dal
liume dello stesso nome, partiva da quattro miglia più
lungi. Il corso della prima era di 46 miglia, e di 58 quello
della seconda, venendo lungamente per vie sotterranee
e in più tratti sopra sostruzioni e opere arcuate, le cui
grandi rovine rendono anche oggi sublime lo spettacolo
dello, deserta campagna ^ Fuori di Roma correvano se-
parate sui medesimi archi, e poscia confondendosi in-
sieme in città, da 92 serbatoi si distribuivano a case pri-
vate, a più di mille fontane, a edilizi pubblici, a terme,
ad alloggiamenti militari, a teatri, a ville, a giardini: ed
erano in sì grosso volume, che formavano più d'un terzo
di tutta l'acqua di Roma ("). L'acquidotto che costò 55
milioni e 500 mila sesterzi (10,813,376 lire ital.), era per
testimonianza di Plinio la più gran maraviglia del mondo ^.
Ne rimangono anche oggi grandi avanzi in campagna e
in città, e gli archi della Porta Maggiore, ove l'acqua
(^) Frontino dice, che i condotti della Claudia e de]V Aniene Nuova
portavano 9345 quinarie, mentre gli altri sette condotti (Appia, Aniene
Vecchia, Tepula, Giulia, Vergine, Marcia, Alsietina) uniti insieme ave-
"\ano 15,400 quinarie. De Aquaecl., 13, 21, 72, 76, 87; Nibby, Roma antica,
1, 343-354; Canina, Edifizi, voi. Ili, pag. «.
1 Svetonio, Claud., IS e 19.
2 Frontino, De Aquaed.. 13; Svetonio, Calig.. 21, e Claude 20; Tacito, A«n., XI, 1:?.
VeJi anche il frammento dell'epigrafe, trovata nel 1S31, ìnBullett. htit.j 1831, pa^-. l\-,
3 Frontino, 13-15.
4 Plinio, XXXVI, 21.
"V,vN.NUcci — Storia dell'Italia antica — IV, 45
35S
EMISSARIO DEL LAGO FUCINO.
[LiB. VII.
passava sopra le vie Prenestina e Labicana, sono la parte
più bella sopravvissuta alle rovine del gigantesco edilizio.
Ma anche più prodigioso fu il lavoro intrapreso per
disseccare il lago Fucino nei Marsi coll'intendimento di
rendere liberi all'agricoltura i fecondi campi d'attorno,
inondati spesso dal traboccare del lago. 11 liberto Narciso
presedè a questa opera di incredibile spesa: e dopoché
Vedut,» interna delia Porta Maggiore
-■oi comlotti delle acque Claudia e Aniene Nuova {Caniìia^ Edif., IV, 22!)).
W'ò mila uomini ebbero lavorato per undici anni continui
a scavare tra gli scogli dei monti un canale, lungo tre
migHa, che scaricasse le acque nel Liri, Claudio per inau-
gurar l'opra con solenne festa, armò sul Iago due flotte
di dodici triremi ciascuna, e fece venire 10 mila prigioni,
che combattessero in battaglia navale al suono della
ti^rribn di \m Tritone d'argento fatto venir fuori pervia
Cap. II.] EMISSARIO DEL LAGO FUCINO. 359
di una macchina dal mezzo del lago. Le ripe e i monti
d'attorno a modo di anfiteatro si empirono di folla in-
numerabilcj venuta al grande spettacolo da Roma e dalle
altre parti d'Italia. Presedè l'imperatore vestito d'insigne
paludamento, e non lungi stava la sua moglie in clamide
d'oro. Gli infelici, destinati ad uccidersi per dare spetta-
colo alla turba, indirizzarono all'imperatore l'estremo
saluto: e come egli rispose. Salate a voi, essi si reputa-
rono graziati, e ninno voleva combattere. Del che Claudio
andato in furia meditava di ucciderli tutti di ferro o di
fuoco: ma bastarono esortazioni e minacce per indurli
alla pugna: e quando ebbero appagata la curiosità della
turba con molta effusione di sangue, fu fatta cessare la
battaglia, e impedita l'intera uccisione. Alla fine fu aperto
l'emissario, ma non sgorgò se non poca parte delle ac-
que perchè avevano errato nel calcolo, e il canale non
era livellato neppure a metà della profondezza del lago.
Quindi fu mestieri di ritornare sui lavori: e alla fine,
dopo nuovi spettacoli, fu data la via alle acque, che pro-
ruppero a furia menando spaventoso rumore e rovina *.
La grande opera, trascurata in appresso, rimase inutile,
e fu mestieri di ripigliarla all'età nostra 2, per impedire i
danni del lago che durarono fmchè un principe romano,
Alessandro Torlonia, non si messe risoluto e ardito alla
difficile impresa, e spendendo generosamente una parte
della sua grossa fortuna, c'on lungo e sapiente lavoro tolse
di mezzo le acque del Fucino, rese all'agricoltura i fertili
campi già preda delle onde, e per tanto beneficio ebbe
le benedizioni dei popoli, e l'onore di una medaglia d'oro
depretata (1875) dal governo della libera Italia ^.
1 Tacito, Ann., XII, 50, r,7 ; Svetonio, Claud., 20, 21, :« ; Plinio, XXXVI, 21; Dione
Cassio, LX, 11 e 33; Sparziiino, Adrian., '22.
2 Afan De Rivera, Della restaurazione dell'emissario di Claudio e dello scolo del lago
FurAno, Napoli 1836; Colletta, Storia del reame di Napoli, VI, 1, 3; Bullett, Istit.^
l'^3i), pag. 85 e 111, e Annali, 1831, pasr. "21, e segg. Vedi anche Guattani, Sul lago Fu-
cino e suo emissario, negli Atti dell'Accad. rom. d'archeologia, voi. IV, pag. ITd-VJù.
3 Veli Lanci, in BaUett. Istil. , 183S, pag. 89-92, e la Gazzetta Olficiale del Regno
d' Italia, 12 febbraio 1875.
360 LE MOGLI DI CLAUDIO. INFAMIE DI MESSALINA. [Lib. VII.
Si debbono ricordare anche la via Claudia, già aperta
da Druso colla guerra nelle Alpi, e da Claudio selciata
per 320 miglia dal Po fino al Danubio, come è detto da
tre iscrizioni trovate in Tirolo; e i lavori di restauri e
di ponti fatti alla Claudia Valeria (802) da Cerfennia nei
Marsi fino alle foci dell' Aterno, come è attestato da altre
iscrizioni ^
Mentre l'imperatore era tutto nelle opere pubbliche e
nei pensieri della censura, i liberti e la moglie gli contami-
navano la casa con infami tresche, che, note a tutti, igno-
ravansi da lui, farneticante dietro agli antichi costumi.
Dopo essere stato vanamente fidanzato a Emilia Lepida^
nipote d'Augusto, e a Livia Medullina, e dopo avere ri-
pudiato due mogli (Plauzia Urgulanilla ed Elia Petina),
si era sposato con Valeria Messalina, figlia del suo cu-
gino Valerio Messala Barbato, dalla quale ebbe Ottavia
e Britannico, famo^ in appresso per loro sciagure. Ella
portò al colmo l'infamia delle feroci libidini, e mutò in
postribolo il palazzo imperiale e lasciò nella storia un
nome che suona obbrobrio proverbiale al suo sesso. D'ac-
cordo coi liberti più favoriti governava a sua voglia il
marito, lo abbrutiva più che mai tra voluttà e gozzovi-
glie, gli empiva l'animo di paure, e ne usava il terrore
alle proprie vendette. Per gelosia gli fece uccidere Giulia
nata da Druso, figliuolo di Tiberio, e cosi l'altra Giulia^
sorella di Caligola, e Poppea Sabina, la più bella donna
dell'età sua; ed esiliare in Corsica il filosofo Seneca,
accusato di adulterio con Giulia. Fece uccidere anche il
patrigno C. Appio Giunio Silano, perchè non volle condi-
scendere alle sue turpi voglie: l'avere rifiutato, e ravej:*e
assentito ad esser suo drudo furono cause di morte -. Ti-
1 Crolli, Iiiscr/pt.jlll, e Hi'iizen, ÓIHD; vedi anche Do King, litablissements romains:
(hi- Rhin et du Dannhe, voi. II, pH^r. ITil.
2 Svetonio, Claud.. 29 e 37; Tacito, Axjì., XIII, i:{ e T.; Diono Cassio, LX, 8, 11, 18,
:n ; Seneca, Apocoìoc.j 11.
Gap. II.] RIVOLTA VANAMENTE TENTATA IN DALMAZIA. 36!
rava le matrone a oscene tresche in palazzo : e voleva te-
stimoni di loro infamia i mariti, i quali erano premiati di
ricchezze e di ufficili se compiacenti, e uccisi se resistenti.
E tristo a chi tentasse di far noti a Claudio quei vituperi *.
Le lordare della corte andarono al sommo, e furono stru-
mento a nuove fortune. 1 liberti e la sconcia donna trova-
rono sconcissimi adoratori. Lucio Vitellio, padre a quello
che fu imperatore in appresso, bruttò in corte la fama di
severa virtù procacciatasi nel governo di Siria, e rimase
ai posteri sozzo esempio di adulazione servile. Dopo es-
sere stato il primo ad adorare Caligola come un Iddio,
rese culto alle imagini di Fallante e di Narciso, poste
in sua casa tra quelle dei Lari: e ottenuto per grazia
particolare di levare i calzari a Messalina, ne teneva
sempre uno sotto la toga, e lo venerava e baciava 2.
L'indignazione pubblica contro le infamie di corte si
manifestò in parecchie congiure di patrizi, intesi a toglier
di vita Claudio, per non esser pili bersaglio ai furori della
imperiale meretrice ^. Nel 795 vi fu cospirazione in città
per fare imperatore Annio Viniciano, uno dei candidati
all'Impero dopo l'uccisione di Caligola, e i congiurati
spinsero alla rivolta M. Furio Cammillo Arrunz*io Scribo-
niano, comandante in Dalmazia, il quale con una lettera
piena di minacce fece tanta paura all'imperatore, che
questi pensò di abdicare. Ma presto andò a monte la ten-
tata rivolta, perchè i soldati, vedendo un tristo augurio,
non tennero il fermo, e Cammillo abbandonato fu co-
stretto a fuggire e si uccise nell'isola d'Issa (Lma): e la
sua memoria venne proscritta, e si cancellò il suo nome
dai fasti '\ Ricercato ogni complice, più uomini e donne
illustri ebbero a Roma l'estremo supplizio. Furono am-
1 Dione Cassio, LX, IS.
2 Tacito, Ann.^ VI, 32; Seneca, IVat. Quaest.. IV, Praef. ; Svetonio, Vitell.^ 2; Dione^
MX, 27.
3 Svetonio, Clatid.. Vi, 36; Tacito, Anv., XI, ?2 e 2S, XIII, J3; Dione, LX, lo e 27.
* Vedi Borghesi, in Annui, hrit.. lS5lt, pag. 350, e Ilenzen, Ada frair. Arv . p. 1S7.
■362 FEROCIE E LIBIDINI A CORTE. [Lm. VII.
messe anche le delazioni dei servi contro le nuove leggi
di Claudio che vietavano ad essi di far testimonianza
contro i padroni. Alcuni ricomprarono ad alto prezzo la
vita: altri, tra cui Viniciano, si uccisero da sé: e fra tutti
andò famoso il caso di Arria, la quale, per essere di con-
forto e di esempio al morire a Peto suo marito, si trafisse
il seno e, trattone il ferro insanguinato, lo offri a lui di-
cendo : Prendi, o Peto; non fa dolore K
Per opera dei liberti, e delle mogli di Claudio, anche
il regno di lui fu pieno di sangue. Rancori, libidini, avi-
dità, gelosie furono a molti cagioni di morte. Uccisi 35
senatori, più di 300 cavalieri, moltissimi cittadini 2. Valerio
Asiatico fu ucciso perchè Messalina ne voleva i sontuosi
orti Lucullani : uccisa Poppea Sabina per pretesto di adul-
terio con lui: ucciso anche il liberto Polibio, dopo aver
servito da drudo a Messalina ^, la quale sempre più fu-
riosa in sue sconcezze correva notturna le vie in cerca
<\ì avventure, andava pei lupanari, teneva più adulteri in
corte, ed era sì accesa di Mnestere istrione, che per vin-
cerne le repugnanze gli fece ordinare da Claudio stesso
di obbedirla in ogni sua voglia ''. Da ultimo, sprezzando
le facili turpitudini, si volse a non più conosciuti piaceri,
e ardendo furiosamente di Silio, giovane nobile, il più bello
di Roma, pubblicamente andava a casa all'adultero, gli
profondeva onori e tesori; e sì crebbe in questo furore,
che pensò di sposarlo e regnare con esso: e questa grande
infamia, dice Tacito, le piacque come ultima voluttà, dopo
avere scialacquato tutte le altre. Colta l'occasione di un
viaggio di Claudio a Ostia, essa ripudiò l'imperatore, e
prese a marito l'amante. Vi furono testimoni e contratto
1 Plinio, Epist., Ili, 10; Tacito, Ann., XII, r.2, Hist.^ II, 75; Svetonio, Cìaud.. i:!, :r. ;
Dione Cassio, LX, 15; Marziale, 1,11.
2 Svetonio, Claud.,2'J\ Tacito, A/(<( ^ XIII, K'.; Seneca, Aposo/oc^ o De motte CUutdii
■Caesaris, U.
3 Tacito, Ann., XI, 1, e segg-. ; Dione Cassio, I.X, :'.!.
* Dione, I.X, 22; Tacito, XI, 30; Giovenak, S'it., VI, 115.
I
Cap. II.] LA MOGLIE DI CLAUDIO SPOSA SILIO SUO AMANTE. 3G3
e dote e sacrifizii e velo, e convito e tutte le solennità
delle nozze *.
I liberti di corte, inorriditi di tanta audacia e temen-
done rovina a sé stessi, agitarono se fosse da strappare-
da quello strano amore la donna per via di segrete mi-
Messalina {Mongez^ Icon. Rotn.^ XXVIII, n. 2).
nacce. Dopo vario consultare. Fallante e Callisto per
paura si rimasero da ogni pratica: ma Narciso fermo a
troncar la tresca, per mezzo di due cortigiane fece sa-
i Tacito, Ann.j XI,
X,4K'.:), e secisr.
-27; Svetonio, Claud.j 2G e 30; Dione, LX, 31; Giovena'.e, 5rt/.,
364 ORGIE DI NOZZE E PAURE DI MORTE. [Lib. VII
pere a Claudio in Ostia le vergogne della sua casa, e
poscia gli confermò egli stesso lo strana novella. L'im-
peratore impaurito già si credeva rubato, con la moglie,
l'Impero, né sapeva a qual partito appigliarsi. Alla fine
fu stabilito, che prima provvedesse alla sua sicurezza ri-
parandosi fra i pretoriani nel campo: poi si penserebbe
alla vendetta degli adulteri. I quali intanto sul Palatino
nel palazzo imperiale menavano grande orgia, simulando
una festa di vendemmia. Silio era incoronato di edera,
e Messalina brandiva il tirso fra cori procaci e furiose
baccanti. Fra quelli schiamazzi Vezio Valente, un medico
adultero dell'imperatrice *, inerpicatosi sopra un albero,
disse che di lassù vedeva venire da Ostia un'atroce tem-
pesta. E difatti venivano Claudio e Narciso apparecchiati
a vendetta. I festeggianti si dispersero subito: Silio per
mostrar sicurezza andò agli uffici del Fóro; Messalina
agli orti LucuUani, e benché fuori di sé per la grande
sciagura, risolvè di farsi incontro al marito per disar-
marlo colle preghiere. Condusse seco i comuni figliuoli,
e la più vecchia delle Vestali, e traversata la città fra i
segni manifesti dell'universale dispregio, appena s'in-
contrò in Claudio gridava : volesse udire la madre di
Britannico e di Ottavia: ma Narciso le ricopriva la voce
ripetendo a Claudio le infamie di lei. Ai iìgliuoli non fu
permesso accostarsi: la A'estale fu rimandata con pro-
messa, che si ascolterebbero le discolpe. Claudio stava
muto, e Narciso, intento ad accenderlo, gli mostrò le
spoglie imperiali portate in casa all'adultero, e trattolo
in mezzo al campo eccitò i soldati a gridare che si pu-
nissero i rei. Quindi Silio fu condotto subito al tribunale :
e non tentò difesa né indugi, ma pregò gli affrettassero
la morte. Furono uccisi più senatori e cavalieri complici
delle imperiali vergogne, e con essi anche Mnestere,
quantunque Claudio ne sentisse pietà 2.
1 Plinio, XXIX, r,.
2 Tacito, Aìin., XI, Ì:ì-M.>.
Gap. II. J uccisione DI MESSALINA. 365
«Intanto Messalina negli orti Lucullani {Villa Medici)
allungava la vita, componeva suppliche con qualche spe-
ranza, e talor con ira; sì fu superba fino allo estremo.
Che se Narciso non le avesse affrettata la morte, ricade-
vagli sul capo la rovina. Perocché Claudio tornato a casa,
e datosi a gozzovigliar più per tempo, come ne fu ammol-
cito, e riscaldato dal vino, comandava si andasse ad an-
nunziare alla misera, tal parola dicono usasse, che venisse
il dì appresso a difendersi. 11 che udito, e veduto allenar
l'ira e tornare l'amore, e temendosi, se s'indugiasse di
più, la notte vicina e la memoria del letto maritale; Nar-
ciso esce fuori, ed intima ai centurioni e al tribuno lì pre-
senti, aversi ad eseguire la morte; così comandava l'im-
peradore. Fu dato loro per guardia e soprastante, Evodo,
uno dei liberti. Questi volato ai giardini trovala in terra
stramazzata; e sedutale appresso Lepida sua madre, non
amica alla figlia nella felicità, ma ora vinta a pietà dalla
sua estrema miseria. Consigliavala a non aspettare il si-
cario; passata era oramai sua vita; non altro restava a
cercare che morte onorata. Ma in quell'animo dalle libi-
dini corrotto non capeva onore; nò altro che lacrime e
lamenti vani n'uscivano. Quando dall'impeto de' vegnenti
spalancate le porte, ecco senza far parola il tribuno, e
con gran furia di servili villanie il liberto. Allora soltanto
fecesi capace di sua fortuna, e preso il ferro se ne die
tremando malamente per la gola ed il petto, finché da
un colpo del tribuno fu trafitta. 11 corpo fu conceduto
alla madre. A Claudio banchettante fu annunciato, esser
morta Messalina, senza dire se di propria mano o d'altrui.
Né egli cerconne; ma chiesto un bicchiere seguitò al so-
lito il convito. Ne' dì seguenti non fece segno d'odio,
gioia, ira, dolore, o ninno umano affetto; non quando
vedeva gli accusatori gioire, non quando i figliuoli do-
lersi. Aiutollo il senato a quell'oblio, ordinando si le-
vassero il nome e l'effigie di lei da ogni luogo pubblico e
Van:<occi — Stona dell' Italia antica — IV. 16
366 CONTESE PER DARE A CLAUDIO ALTRA MOGLIE. [Lib. VIL
privato. A Narciso furono decretate le insegne da que-
store; cosa da poco a lui, che già sovrastava a Fallante
e Callisto. E bene stette tutto ciò; ma n'avevano a se-
guire efìetti pessimi, e tristezze non vendicate » ^
Claudio, quantunque avesse detto ai pretoriani di uc-
ciderlo, se dopo tanti matrimonii infelici si ammogliasse
novellamente 2, non poteva star libero da un giogo di
donna. E i liberti furono subito in gran faccenda per
dargli altra moglie, e più donne sfoggiarono di nobiltà,
di bellezze , e di ricchezze a mostrarsi degne di tali
nozze. Lollia Paolina, già moglie di Caligola, era soste-
nuta da Callisto : Narciso instava a favore di Elia Petina,
già ripudiata dall'imperatore per cause non gravi: ma
vinse Fallante protettore di Agrippina, figliuola di Ger-
manico, e nipote di Claudio, sebbene le leggi romane e
la pubblica opinione riprovassero come incestuose le
nozze fra zio e nipote. Claudio, già preso dai vezzi di
Agrippina, fu eccitato più da Vitellio, il quale facendosi
ora strumento di altre brutture gli détte ad intendere,
come quella unione volevasi pel bene universale dal se-
nato e dal popolo. Anche nella Curia alcuni protestarono
a gara che, 'se l'imperatore indugiasse le nozze, ve lo
costringerebbero a forza, e decretarono che d'ora in poi
potessero unirsi legittimamente zii e nipoti: vergognoso
monumento di servitù e di ambizione, che durò fra le
leggi fino all'Impero di Nerva 3.
Agrippina nel vigore dell'età, bella di persona, ricca
d'ingegno, piena di virile energia, audace, superba e fe-
rocemente ambiziosa, ora ha raggiunto una parte dei
desiderii a cui ebbe sempre rivolto il suo animo.
Era nata a Colonia dal prode Germanico e dalla fiera
e virtuosa Agrippina IMaggiore nell'anno 10 dell'era vol-
> Tacito, Ann.^ XI, :?r, 3S, traU. da «'. Palljo.
2 Svetonio, Ctaud.^ 23.
3 Tacito, Ann.^ XH, 1, e segg.; Svetonio, Claude 20; Dione Cassio, T.X, 21, LXVIII, l'.
J
Cap. IL]
L'AMBIZIOSA E FEROCE AGRIPPINA.
367
gare (769 di Roma). Passò i primi anni tra gli splendori
e i lutti domestici , dei quali poscia fece ricordo 'nei
Commentarii scritti per difesa dei suoi e di sé ^ Dopo
la morte del padre, e l'esilio e la uccisione della madre,
Tiberio la sposò giovanissima (781)
a Gneo Domizio Enobarbo, uomo
feroce, brutto d'infami delitti e
degno di lei, come confessava egli
stesso, quando agli amici congra-
tulantisi per la nascita di un fi-
gliuolo rispose, che da Agrippina
e da lui non poteva nascere cosa
che non fosse detestabile e dan-
nosa al genere umano -. E questo
figliuolo, nato coi piedi avanti a
significare sciagura ^, chiamato Do-
mizio dapprima, fu più tardi Ne-
rone. Sotto r impero del fratello
Caligola essa partecipò colle altre
sorelle agli onori divini, alle orgie e
agli incesti del mostro : poi cospirò
contro di lui, e con Giulia fu ri-
legata alle isole Fonzie, mentre il
figliuolo rimasto orfano del padre
a tre anni, era raccolto da Domizia
Lepida, sorella di questo *. Richia-
mata da Claudio (794) e rimessa
in possesso d'ogni aver suo trovò
a Roma le persecuzioni di Messa-
lina, da cui si salvò facendosi druda del liberto Fallante
Agrippina giovinetta
( Visconti^ Monuìu. Borghesiani^
tav. XXIH, n. 2).
Tacito, Ann.^ IV, 53; riinio, VII, S; Sfahr, AgrÌ2ìiri»a^ die Mutler des Kero^ Ber-
2 Svetonio, Ner.. 6; Tacito, Ann., IV, 75; rimo.
3 Plinio, VII, 8.
* Svetonio, Ner., G; Dione, LIX, 23.
5 Tacito, Ann.^ XI, 12, XII, 25; Dione, LXf, 1').
compendiato da Sifilino, LXI, 2.
363 L'AMBIZIOSA E FEROCE AGRIPPINA. [Lib. VII.
e usando a suo prò la bellezza, la pecunia procacciata
per ogni via, e il favor popolare venutole dal nome del
padre. Vedova del feroce Enobarbo, dapprima aspirò alle
nozze di Galba a cui era stato predetto l'Impero *. Poi
si maritò coli' oratore Crispo Passieno, di cui agognava
i tesori, e lo tolse di mezzo appena egli ebbe istituito
suo erede Nerone -.
Ardente d'ogni brama tirannica, ora divenuta moglie
del principe vuole regnare a nome del vecchio, e inalzare
il figliuolo all'Impero per regnare a nome di questo in
appresso. Con questi intenti pone ogni studio a tirare a
sé 0 a toglier di mezzo i potenti di corte, e non cu-
rando di ostacoli combatte intrepidamente, senza scru-
poli e senza rimorsi, coll'oro, col ferro, col veleno, colle
rapine, colle libidini, con ogni più mostruoso delitto.
Da Claudio ottiene subito ogni sua voglia. Sta con lui
sulle medaglie, ha titolo d'Augusta, e si eleva alla piìi
alta potenza. Dà udienza ai cittadini, e ne fa mettere il
ricordo negM Atti Pubblici; sale al Campidoglio su coc-
chio simile a quello destinato alle statue degli Dei e ai
sacerdoti, comparisce solennemente come imperatrice
nelle grandi occorrenze. Nel giorno in cui è mostrato
trionfalmente a Roma il Britanno Carattaco, ella siede
su trono cospicuo davanti alle insegne romane; e alla
gran festa del lago Fucino presiede con Claudio in cla-
mide d'oro, 0 paludamento simile a quello che vestono
i duci supremi alla guerra ^.
E per mostrare la sua potenza anche alle genti alleate
fece mandare col suo nome una colonia di veterani sul
Reno, nella terra degi Ubii dove era nata (").
(■') Tacito, Ann., XII, 27. Si chiamò Colonia Agrippina, e détte prin-
> Svetonio, Galba. 1-5; Tacito, VI, 20; Dione, LVII, 19, LXIV, 1.
2 Svetonio, Ner.. G; Plinio, XVI, 91; Schol. a Giovenale, IV, 81.
3 Cohen, Méd. imp , I, pa"-. 171; Tacito, Ann.. Xll, :^7, 12, 5'!; Plinio, XXXIII, 19;
Dione Cassio, LX, 33.
1
Cap. II.] TRACIE E DELITTI. 369
Per togliersi davanti ogni ostacolo, sotto vari pretesti e
false accuse perde tutti quelli, che in qualunque maniera
le dessero ombra. L. Giunio Silano (Torquato) fu accusato
e costretto ad uccidersi, perchè fidanzato ad Ottavia, che
ella voleva sposare al proprio figliuolo ; e fu bandita anche
la di lui sorella Giunia Calvina. A Statilio Tauro portarono
morte le molte ricchezze, che Agrippina desiderava per
sé. Lollia Paolina, rea di essere ricchissima e di avere
aspirato alle nozze del principe, fu mandata in esilio, ove
presto le giunse un tribuno ministro di morte. E quando
Agrippina se ne vide portata davanti la testa, e in quel
trasfìguramento non potea riconoscerla, le apri, dice
Dione, di propria mano la bocca per accertarsene da un
particolar segno che aveva nei denti. Calpurnia, illustre
•matrona, ebbe l'esiho, perchè Claudio un dì rammentan-
dola a caso ne lodò la bellezza. Pei medesimi intrighi
donneschi fu uccisa Domizia Lepida, la madre di Messa-
lina, parente dei Cesari, pericolosa alla cognata Agrippina,
perchè da lei non molto distante di bellezza, di età, di
ricchezza, e come lei impudica, violenta, e gareggiante di
vizi non meno che di prospera fortuna; e studiosa di at-
trarre a se con doni e carezze il nipote Nerone. L'ac-
cipio alla città di Colonia, che è oggi la più cospicua del Reno. Degli
edificii, che fecero splendida la colonia romana, si ricordano il Capitolio,
i templi a Giove, a Venere, a Marte, a Giunone, a Giano; la naumachia,
l'arsenale, 1" anfiteatro, il pretorio militare, di cui esiste sempre una
torre, il pretorio civile, il palazzo e castello di Druso, Tara ad Augusto,
e altri monumenti attestati dallo iscrizioni. Vedi De Ring, Étahlissements
romainf dit RJiin et dn Danube, voi. II, pag. 23 e segg.
Parlammo già della Colonia di Camuloduno in Britannia. Debbe ricor-
darsi che dei tempi di Claudio è anche quella del paese dei Treviri
{Augusta Treviroriim) la quale détte o-rigine alla città di Treves ; e che
altre colonie di lui andarono a Sabaria in llliria, ad Apros in Tracia, a
Tolemaide in Fenicia, ad Archelaide in Cappadocia, e in Affrica a Lisso,
a Cesarea, e a Jol dove già fu la reggia di Giuba. Vedi Zumpt, De colon,
militar. Roman., p. 384-390.
370 NERONE ADOTTATO A DANNO DI BRITANNICO. [Lm. VII.
cusarono di aver cercato con malie di sposare il principe,
e di aver mal frenato i suoi servi in Calabria, e così
turbato la pace d'Italia *. E Nerone che aveva avuto la
prima educazione da lei, per far piacere alla madre te-
stimoniò contro la zia^.
In cima ad ogni pensiero di Agrippina stava l'innal-
zamento di questo figliuolo. Ella voleva dargli a ogni
costo l'Impero, ma col fermo proposito, dice Tacito, di
non mai sopportarlo imperante. Dapprima gli aveva messo
d'attorno Seneca, richiamato dall'esilio di Corsica, perchè
gli fosse maestro di studi, e consigliere a giungere al
principato ^. E come primo passo a ciò era l'adozione di
lui nella casa imperiale, volse a questo intento ogni stu-
dio, sostenuta nell'opera dal suo drudo Fallante, il quale
eccitò Claudio a provvedere al bene dello Stato coll'af-
forzare di questo aiuto la fanciullezza del suo Britannico.
E l'imperatore, dopo aver fatto in senato una gran di-
Anni di ro- ceria, adottò il figlio di Agrippina nella famiglia Claudia
g'^S).'^' e nel nome dei Neroni: e i sacerdoti fecero festa e sa-
crifici per quell'adozione ("): poi gli anticipò la toga virile,
perchè paresse atto agli affari, lo destinò console pel
ventesimo anno, lo colmò di onori, e lo sposò alla sua
figlia Ottavia. E il giovane ammaestrato da Seneca per
dar saggio di eloquenza e di spiriti generosi orò a fa-
vore degli Illesi, antichissimi padri di Roma, che furono
sgravati di ogni pubblico carico, e col suo patrocinio fece
sovvenire di dieci milioni la colonia di Bologna arsa in
(«) Tacito, Ann., XII, 2.5, 2G; Svetonio, CkvuL, 3'.). In una tavola, re-
centemente scoperta, è memoria dei voti fatti dai fratelli Arvali per quel-
l'adozione, avvenuta ai 28 di giugno. Melchiorri, in Bullett, Istit., 1842,
pag. 177. Vedi anche Henzen, Ada fratriim Arvaìium 'ptae supersunt ,
pag. LVl', LVIF, Berolini 1874.
1 Tacito, Ann., XII, 4, S, 22, 59, fil, 05; Svetonio, Claud.. 27 e 2iJ; Dione, LX. 31, 32;
Borghesi, Lapide di Giunto Silano, in Oeuvres, V, iyO-U)2, e Ilenzen, loc. cit., p. 189.
2 Svetonio, Ner., 7.
3 Tacito, Ann.. XII, 8 e CI; Svetonio, loc. ci/.
Gap. II.] GUERRA A CORTE. 371
un incendio, e rendere la libertà ai Rodiani, e rimettere
cinque anni di tributi agli Apamesi (Denais) di Frigia,
sovvertiti da un terremoto *. In nome di Nerone si fecero
donativi ai soldati e alla plebe: a lui riserbate le parti
graziose: e quanto più egli era esaltato più si deprimeva
Britannico, che lasciato sempre senza alcun segno di
onore, ai giuochi circensi fu portato come fanciullo in
pretesta, mentre Nerone comparve in veste trionfale,
perchè si argomentasse di loro varia fortuna. Poi, perchè
rimanesse senza sostegno, la matrigna allontanò da lui
chiunque gli mostrasse compassione e affetto, e, fatti
esiliare o uccidere gli educatori più fidi, lo pose in mano
a. gente venduta -.
Per conseguire pieno il suo intento la feroce donna
meditava anche l'uccisione di Claudio, temendo che si
risvegliassero in lui gli affetti di padre; ma non osò il
misfatto, finché non si fu assicurata delle coorti pretorie
col togliere ad esse i capi antichi, e col darne il comando
a Burro Afranio, il quale, stato fin qui di fama egregia
neUa mihzia, ora per riconoscenza e per ambizione prestò
l'opera sua a sostegno delle infamie di corte. Ella studiò
anche di rovinare Narciso, che le era di ostacolo, e lo
issali con accuse: ma questi, non perduto di animo, le
esistè a viso aperto, le rinfacciò la donnesca insolenza e
ie soverchie speranze, e prese a sostenere apertamente
Britannico ^.
Fra queste agitazioni di corte Claudio, ignaro sempre
delle tristizie domestiche, alla fine seppe che si preparava
rovina al suo figlio; e un giorno parlò minaccioso alla mo-
glie, e fatte carezze a Britannico, come a ristorarlo della
trascuranza passata, gli promise la toga virile prima del
tempo, affinchè il popolo romano avesse un vero Cesare '\
1 Tacito, Ann., XII, 58.
- Tacito, Ann., XII, 2(5, li ; Svetonio, .Ver.. 7.
3 Tacito, Ann.. XII, 42, 57, 65.
4 Svetonio, Claud., 43; Dione, LX, 31.
372 CLAUDIO UCCISO DI VELENO. [Lib. VII..
Allora Agrippina, a impedire che rovinasse ad un tratto
tutta l'opera sua, affrettò l'estremo misfatto, cogliendo
l'occasione che Claudio rimaneva senza guardia, perchè
Narciso, affranto sotto il peso di tante cure, era andato
in Campania a cercar salute. Stabilito di spegnere il ma-
rito con morte che non fosse né troppo rapida, né troppo
lenta, fu chiamata Locusta, avvelenatrice famosa, tenuta
fra gli strumenti di regno: e il tossico preparato dall'arte
di lei fu amministrato al vecchio in un piatto di funghi^,
dei quali era ghiottissimo *. Ma come questo non pro-
dusse altro che un breve scioglimento d'intestini, e parve
faUire all'effetto, ebbero tosto ricorso all'aiuto del medico
Anni (li Ro- Senofonte, il quale, come a promuovergli il vomito, gli
gVsV cacciò in gola un rapido veleno, e lo finì ai 13 ottobre.
Intanto al di fuori senato, consoli e sacerdoti, facevano
voti per la salute dell'imperatore: e in corte, per aver
tempo a proclamar Nerone, si fingevano cure al malato,
e si chiamavano commedianti come a distrarlo. Agrippina
pose guardie a tutte le entrate, ritenne in camera i fi-
gliuoli di Claudio, abbracciava Britannico chiamandolo
ritratto vero del padre, e faceva dire che il malato stava
meglio. Finalmente preparata ogni cosa, e venuto il mo-
mento annunziato propizio dagli astrologi, al mezzodì si
aprirono ad un tratto le porte, e Nerone, accompagnato
da Burro, si presentò alla coorte di guardia, la quale
indettata dal capo lo accolse con grida di gioia, e lo
trasportò in lettiga al campo, ove egli aringo i soldati,
promise larghi donativi, e fu gridato imperatore da tutti.
L'elezione delle milizie fu confermata anche da un de-
creto dei padri, nò vi fu esitanza nelle province, cui poco
importava del nome del padrone.
Poscia si fecero esequie solenni. Agrippina e Nerone
piangevano; e questi recitò al morto una grande orazione
« l'ikiio, XII, IO.
Gap. II.]
CLAUDIO DIVINIZZATO.
composta da Seneca, e, ricordate le glorie* antiche dei
Claudi!, lodò gli studi liberali del principe, e fece rider
tutti discorrendo di sua provvidenza e saggezza. Lo po-
sero anche fra i Numi; Agrippina gli inalzò un magnifico
tempio sul Celio ("): e allora andò attorno- un motto di
Gallione, fratello di Seneca, che diceva Claudio tirato in
cielo con un uncino, come i condannati che si trascina-
vano alle Gemonie. Nerone più tardi disse anche che i
(") Altri gli pose un cenotafio sul Libano. Veili la Re>:ue arcJirolor/ique,
mai 1862, pag. 344.
Vanxucci — Storia dell'Italia antica— W. 17
374 NERONE IMPERATORE. GOVERNO DEI PRIMI ANNI. [Lib. VII,
funghi erano. cibo da Dei; e Seneca, dopo le lodi 'dell'ora-
zione funebre, sfoggiò di arguzie per far? ridere il mondo
sulla morte, sull'apoteosi e sul viaggio al cielo e all'in-
ferno del vecchio, assassinato dalla ferocissima moglie *.
Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico salì sul
trono a 17 anni; e anch' egli ebbe lode di mitezza nei
primi tempi, quando si lasciò governare da Burro e da
Seneca, a suggerimento dei quali con programma letto
nella Curia promise buona amministrazione e severa giu-
stizia, e guerra alla tirannide dei delatori. Le porte della
sua casa sarebbero chiuse alla baratteria e agli intrighi.
Voleva che il Senato ripigliasse i suoi ufficii antichi, e che
r Italia e le province del popolo stessero nella giurisdi-
zione dei consoli: a sé riserbava solamente il comando
degli eserciti, e promise di governare secondo le prescri-
zioni di Augusto ^.
Sulle prime si mostrò severo contro le spese soverchie,
fece pompa di J^beralità, e prometteva clemenza con '
dicerie, composte da Seneca; e quando gli prese- .
una sentenza di morte da sottoscrivere gridò, e' •
desiderato di non sapere di lettera ^. E anche a
fatti risposero alle parole in modo, che Tacito i ....,
che rimaneva come un'apparenza di Repubblica '\ Il Se-
nato ebbe libertà di fare utili provvedimenti: e vi furono
leggi nuove e riforme (''). Puniti i questori dell'erario ag-
gravanti la mano sul popolo ^; frenate le prepotenze e
C) Dione Cassio, compendiato da Sifilino, LXI, 4. D'ora in poi della
stui'ia di Dione non abbiamo più che il compendio di Giovanni Sifilino
gr( co del secolo undecirao, nipote del monaco Giovanni Sifilino di Tre-'
bifonda, che fu patriarca di Costantinopoli dal 1004 al 1075,
' Tacito, A>m., XII, 66-69, XIIl, ^■, Svetonio, Claud.. 11-15, Ner.. V,\ Dione Cassio,
I.X, 31-35; Giovenale, Sat. ^ I, GO, V, 117, VI, 620; Maizialc, 1,21; Seneca,, Apoco/oc,
o De morte Clandii Cacsaris
2 Tacito, Ahm.,, XII, 1; Svetonio, Ner.. 10.
3 Tacito, A«»i.,'xill, 11 ; Svetonio, Sur.. 10.
* Tacito, Ann.^ XIM, 28.
5 Tacito, Ann., XIII, 2S.
Gap. II.] DOGANE, PUBBLICANI, DAZII, PROVINCE, E COLONIE. 375
le ruberie dei governatori delle province, e condannati
tra essi quelli, che non erano salvati da scelleratezze care
alla corte. Fu condannato anche un delatore, stato già
strumento alle vendette di Messalina *. Oltre ad abolire
0 mitigare le imposte più gravi, Nerone, assordato dai
lamenti del popolo contro i pubblicani, meditava in ap-
presso di toglier via le dogane: ma come lo distolsero
da ciò i senatori, i quali lodando la sua magnanimità gli
mostrarono che rovinerebbe lo Stato se mancassero i
modi di bilanciare le uscite e le entrate, egli con un
editto ordinò, che si pubblicassero le taril'fe di ogni com-
pagnia di pubblicani tenute fino allora segrete; le riscos-
sioni tralasciate, dopo un anno non si potessero ripetere;
a Roma e nelle province fossero giudicati prima d'ogni
altra causa i richiami contro i pubblicani; che i soldati
godessero immunità, tranne in quelle cose di cui traffi-
cavano: ed altri provvedimenti giustissimi, dice Tacito,
serbati qualche tempo, e delusi in appresso. Pure rimase
la soppressione della quarantesima e della cinquantesima,
introdotte illecitamente dai pubblicani, sulla esportazione
e importazione delle mercanzie. E le province oltremare
furono liete della legge che rese meno gravoso il diritto
sul trasporto del grano, e liberò le navi mercantili dal
dazio 2. Le nazioni delle Alpi marittime ebbero il diritto
del Lazio: le Alpi Cozie, e il Ponto, furono ridotte a pro-
vince 3. Fu ora (811) con nuovi veterani afforzata la co-
lonia di Capua, come in appresso quelle di Nuceria, di
Taranto e d'Anzio, e dato il diritto di colonia col co-
gnome di Nerone all'antica città di Pozzuoli ''.
. Una legge sui testamenti intese a impedire le frodi dei
folsarii: e nelle liti, stabilito lo stipendio che dai con-
1 Tacito, Ann., XIII, 30, 31, :!3, 13, XV, 20-22.
2 Tacito, Ann., XIII, 50, 51.
3 Tacito, Ann., XV, 32; Svetonio, Ner., 18; .\urolio Vittore, i3c Caesarihus, 5.
4 Tacito, Ann., XIII, 21, XIV, 27; Zumpt, De co'.oniis militar, roman., pag. 331-393.
376 QUATTROCEiNTO SCHIAVI TORTURATI E UCCISI. [Lib. VII.
tendenti doveva pagarsi agli avvocati, fu vietato di dar
mercede ai senatori, perchè pagati dal pubblico '. Contro
quelli che privi di figliuoli fingevano di adottarne per
aver diritto agli onori, e gli emancipavano appena otte-
nuto l'intento, il Senato decretò, che per adozioni simu-
late niuno potesse aver pubblici uffìcii né eredità -. Tornò
in campo anche la questione dei liberti, cresciuti oltre-
modo e divenuti insolenti contro agli antichi padroni; e
chiedendo alcuni, che con legge generale vi si mettesse
riparo, Cesare rispose al Senato, che si voleva distinguere
gli innocenti dai rei, e fare ragione in particolare a qua-
lunque padrone che desse querela ai liberti, senza dero-
gare in generale a niuno dei diritti della libertà una volta
donata ^. Ma fu rinvigorito con nuove disposizioni il se-
natoconsulto che dannava a morte tutti gli schiavi di una
casa, in cui da uno di essi fosse stato ucciso il padrone:
e il tremendo decreto fu messo ad effetto, quando (814)
si trovò spento in. sua casa Pedanio Secondo, prefetto
di Roma; e Nerone nel dissenso dei padri sostenne l'av-
viso più fiero, e quattrocento schiavi, a malgrado delle
grida furibonde del popolo, furono torturati e mandai' a
morte (''). Anche la Repubblica metteva al tormento ..'it
C) Tacito, Ann., XIII, 32; XIV, 42-45. Vedi anche sopra, pag. 4C.
I più dei giureconsulti riferiscono all'impero di Nerone anche la legge
Petronia, che tolse ai padroni la potestà di vendere a loro arbitrio gli
schiavi per combattere colle fiere. Altri la pongono sotto Augusto, altri
sotto Antonino Pio, altri sotto Adriano. Un'epigrafe, trovata a Pompei
nel 1814, offrì occasione a meglio illustrar questa legge, e a dimostrale
che esisteva anche prima di Adriano e di Antonino. Vedi Arditi, La legge
Petronia illustrata col mezzo di un' antica iscrizione , rincenuta ncl-
r Anfìi eatro di Pompei, Napoli 1817; Ruga, in Giornale Arcadico.
voi. IV, pag. 19-34, e Pqmpeianarum antiquitatnm hist. collegit los.
Fiorelli, Neapoli 1860, voi. I, pars. II, pag. 149.
1 Svctonio, Ner ^ 17.
2 Tacito, Ann., XV, ]!).
3 Tacito, Ann., XIH, 2(i, 27.
Gap. IL]
NERONE GIOVANE.
377
schiavi dei padroni uccisi*: ma l'Impero definì meglio
questa materia, ed estese l'applicazione della tortura e
della pena di morte, come vedesi dai senatoconsulti Si-
laniano (763), e dal Neroniano , Claudiano o Pisoniano^
ora citato, il quale ordinò anche, che uccisa la moglie si
K CS.C/H.tlENI /
Nerone giovane {Mv.s. Capilo!.^ High. I, 7S).
desse la tortura alla famiglia del marito, e lo stesso si
facesse alla famiglia della moglie quando fosse ucciso il
marito -.
1 Cicerone, Ad- Fani)l._, IV. 12.
2 Pauli, Sentent.^ HI. 'ì. (ì Vedi anclie WassTKclileben, Hixloria quaeslionum per tor-
menta apud RomanoS:. Ilerolini 1S36, pag. 69-76, e Walter, Stor. del diritto di Roma^ TSO.
378 CRUDELTÀ E INTRIGHI DI AGRIPPINA. [Lib. VII.
I primi cinque anni di Nerone furono celebrati come
modelli di savio e giusto governo *, opera dei filosofi li-
berali Seneca e Burro e degli altri che andavan con
loro. Pure anche questo felice quinquennio abbonda di
sangue , e di grandi delitti , e la reggia vede la nuova
infamia del matricidio, e il gioivano Nerone, comecché
ammaestrato alla clemenza da Seneca, non degenera dal
padre feroce, né dagU avi, violenti, selvaggi, sanguinarli,
barbe di rame, teste di ferro, cuori di piombo ("). Agrip-
pina cominciò il nuovo regno col far morire di stento
Narciso in dura prigione, e coll'ordinare che fosse ucciso
di veleno, senza saputa di Nerone, M. Giunio Silano, pro-
console d'Asia, per timore che vendicasse il fratello Lucio
già spento da lei-. Agitata da insaziabile smania d'im-
pero, voleva governare a suo arbitrio il Senato, lo faceva
adunare in palazzo, e si stava dietro a una tenda per
ascoltarne, non veduta, i decreti. Si apprestava anche a
salire sul tribunale col figlio per dare udienza agli amba-
sciatori di Armenia, se non vi rimediava un accorgimento
di Seneca, il quale suggerendo all'imperatore di farsi
incontro alla madre, e di differire ad altro giorno l'alTare,
impedì quello scandalo sotto colore di filiale reverenza ^.
Essa vide come Seneca e Burro, governatori di Nerone,
quantunque inalzati da lei, mirassero a toglierle ogni in-
lluenza sull'animo del figliuolo, ogni autorità nel governo;
e sostenuta dal liberto Fallante cominciò guerra ardente
d'intrighi. Nerone le lasciò sulle prime gli usati segni
d'onore*: ma come questi non bastavano a lei, cupida
(") L'oratore Lucio Crasso disse di Gn. Domizio Enobarbo console nel
032 e conquistatore degli Allobrogi : Non esse mirancìjvm, qund aeneam
barbarli habcret, cui os ferreiim, cor plnmbeum essel. Svetonio, Xer., 2.
■ l Aurelio Vittore, De Caesaribus^ 5, e Epiiomej 5.
2 Tacito, Ann.. XIII, 1 e 33; Plinio, VII, H ; Dione, LXI, G.
3 Tacito, Ann.. XIII, 5; Dione, LXI, 3.
4 Tacito, Ann.. XIII, 2; Svetonio, Ner'.. 9; Dione, I.XI, .''..
Cai». IL] GUERRA DI SENECA E BURRO ALLA FIERA DONNA 379
di tutto il comando, egli cominciò a pigliarla a noia in-
sieme con Pallente, che con trista arroganza ne secon-
dava le voglie. Burro e Seneca a soffiare nella nascente
discordia, e a porre ogni studio in accrescerla, per affor-
zare la loro potenza sulle rovine della fiera donna. Ne
questi educatori, comecché lodati di severi costumi, bada-
vano troppo ai modi di raggiunger l'intento. Per sottrarre
il figliuolo dalla influenza materna gli si fecero arrende-
voli, gli allentarono il freno, gli lasciarono attorno M.Salvio
Ottone, di famiglia consolare, e Claudio Senecione, fi-
gliuolo di un liberto di Cesare, due bei giovinetti entra-
tigli' in grazia per via di lussurie, e gli messero davanti
un'Atte liberta, della quale egli, che già aborriva la virtìi
della casta moglie, arse furiosamente ("). La madre fre-
mente lo svergognava, ed egli si accendeva di più, e non
dava ascolto a rimproveri. Né a ricovrar la sua autorità
le valse il tentar nuovi espedienti, nò il far carezze, nò
Foifrirsi pronta a tener mano alle lascivie del figlio, nò
il porgersi umile quanto prima era stata superba. Gli
amici avvisarono Nerone, perché stesse in guardia contra
quelle false mostre, e lo indussero anche a togliere a
Pallante, favorito di lei, il maneggio delle finanze, da-
togli da Claudio. Allora Agrippina a modo di forsennata
proruppe a grandi villanie contro i ministri, minacciò di
rivelare tutti i delitti con cui era stato tolto l'Impero a
Britannico, e di condurlo nel campo tra i soldati a pu-
nizione del figlio ingiuriatore della madre : e nel suo fu-
rore invocò Claudio dal cielo, e le ombre di tutti gli
uccisi, e le tante inutili scelleratezze *.
Le quali ire non servirono ad altro che a prepararle
(") Svetonio, 28; Dione, LXI, 7. Questa liberta è celebrata benemerita
e ottima moglie e soreMa pns:shna nelle iscrizioni. Vedi Raphael Fabretti,
Inscripl. antiq., 120, 40; ^relli, 735; Menzen, 5412, 5413.
380
UCCISIONE DI BRITTANICO.
[Li3. VII.
rr
Annidi Ro-
ma 808, (li
G. C. 55
■ WS
V ultima rovina , e ad afTrettare la morte del figlio di
Claudio, al quale pur nocquero gli amori del popolo e
dei grandi. Nelle feste dei Saturnali, tra lo scherzare dei
giovani, Nerone, re dei giuochi, ordinò a Britannico di
cantare, coll'intendimen-
to di renderlo ridicolo e
spregiato: ma il giovi-
netto cantò con ferma
voce alludendo alle sue
sciagure e all'Impero ra-
pitogh, e mosse a pietà
i circostanti, e accrebbe
odio a Nerone. 11 quale a
liberarsi dall'emulo chia-
mò l'avvelenatrice Locu-
sta: e dopo una prima
]ìrova riuscita vana, fu
composto tale veleno, che
amministrato al giovi-
netto alla mensa impe-
riale gli tolse ad un tratto
e voce e fiato. Al subito
caso si spaventarono i
commensali "non consa-
pevoli: Ottavia, sorella
di Britannico, non ardi
far segno di dolore o
d' amore : Agrippina ,
smarrita al vedersi togliere quell'ultimo appoggio, sentì
che cosa si preparava anche a lei. Nerone rimase cori-
cato com'era, e fingendosi nuovo disse esser mal caduco,
di cui il giovinetto pativa- fin dall'infanzia.
Cii^i
M>
Britannico {Visc. Monum. Borghes., tav. IG).
La medesima notte si fecero mediocri funerali, già pre-
parati, e l'imperatore si scusò al pufeblico della piccola
pompa, e disse che aveva affrettato l'esequie per non
Gap. II.] AGRIPPINA ESPULSA Da CORTE, E ACCUSATA. 381
prolungare ai cittadini il dolore dell'acerbo caso. Locusta
ebbe ampli poderi, e discepoli cui insegnava sua arte. I
beni di Britannico furono donati ai più potenti per farli
tacere: e quegli stessi che affettavano più gravità di co-
stumi, cioè Burro e Seneca, o volontari o forzati presero
case e, ville. Anche Agrippina ebbe parte alla preda *.
Ma per larghezze non potevano attutarsi le ire di lei
e continuò a infuriare. Abbracciando Ottavia, esaltando
i più nobili, accarezzando centurioni e tribuni, am-
massando denari, cercava fautori e capi di parte. Allora
Nerone le fece toglier le guardie, avute prima come
moglie del principe, poi come madre, e la mandò in altra
casa lungi da sé, ove la visitava di rado e con studiata
freddezza, e le mise d'attorno gente che in ogni modo
la travagliasse 2. E nella cresciuta dis^azia esSa non solo
rimase deserta da tutti , ma fu accusata di cospirare
contro al figliuolo per isposare e portare all' Impero C.
Rubellio Plauto, nipote d'Augusto. Ordirono la trama due
donne: Domizia, sorella di Domizia Lepida, poco fa con-
dannata e uccisa, e zia paterna di Nerone, e grande ne-
mica di Agrippina; e Giuha Silana, famosa per nobiltà,
bellezza e lascivia, la quale per causa di offese feminili
patite , era passata segretamente dall' amicizia all' odio
contr'essa. L' istrione Paride , liberto di Domizia , portò
l'accusa all'imperatore, il quale atterrito pensò subito di
uccider Plauto e la madre, e di togliere il comando dei
pretoriani a Burro, stimato complice come antica creatura
di Agrippina : ma lo lasciò al suo posto per le assicura-
zioni di Seneca. Burro promise che spegnerebbe Agrip-
pina, se fosse provata l'accusa, ma pregò istantemente,
perchè alla madre accusata da genti nemiche si conce-
desse la difesa, che non negavasi agli altri: e avuto egli
stesso l'incarico di esaminarla, adempì quell'ufficio alla
1 Tacito, Aniì., XIII, lE-lS; Svetonio, ./Ver.. 33; Dione, LXL 7.
2 Tacito, Ann.^ XIII, IS; Svetonio, Ner.^ 34; Dione, LXI, S. '
Vanhucci — Storia dell'Italia antica — IV. 48
382 ORGIE DI NERONE [Lib. VII-
presenta di Seneca e di .alcuni liberti. Agrippina, quan-
tunque vergognosa di esser costretta a difendersi avanti
a uomini inalzati da lei, serbò l'usata fierezza: respinse
le accuse, ricordò tutto quello che aveva fatto per mettere
in trono Nerone, e riuscita ad avere un abboccamento
con lui, ottenne vendetta contro ai suoi delatori, alcuni
dei quali ebbero l'esilio, altri la morte. Andò salvo so-
lamente Paride, necessario alle libidini del principe. Di
Plauto per allora non fu parlato *.
Pure il credito rimase ai ministri, i quali per conser-
vare in loro mano il governo chiusero più che mai gli
occhi ai disordini di Nerone : e per questa facilità egli,
che prima aveva cercato di coprir sue brutture , corse
ora apertamente per le vie del vitupero. Sempre in con-
viti e in abominevoli orgie. 11 ponte Milvio lo vide la notte
in sozzi baccani; e le rive del Tevere e del golfo di Baia
furono bruttate di sue sporcizie. In città, travestito da
schiavo, correva di notte le vie e i lupanari con ima
turba di dissoluti, sconficcava le porte, rubava le botte-
glie, stuprava, feriva, uccideva. Su quell'esempio anche
altre brigate notturne presero a disturbare la città, e
crebbero gli oltraggi a uomini e donne, e ogni notte pa-
reva un saccheggio. Per amore di orgie egli pighava di-
letto anche alla licenza teatrale, e fatte toghere, come a
segno di più libertà, le coorti solite stare a guardia degli
spettacoli, eccitava da se stesso a guerra aperta istrioni
e pantomimi, e mentre volavano pietre e sedili, stando
nascoso gettava dall'alto sassi sul popolo, e un giorno
ruppe la testa a un pretore -.
Poi un nuovo amore del sozzo principe finì di rovinare
Agrippina, e condusse lui al più esecrando dei delitti.
S' invaghì di Poppea Sabina, nata dall'altra che fu uccisa
1 Tacito, Atin., XIII, 19-22; Dione Cassio, I.XI, 8; Borghesi, Lapide di Giunio Silano^
in Oenvres, V, 2W-2in.
S Tacito, Avn.^ XIII, 21, 25, 47; STetonio, Aer.^ 2C-27; Dione Cassio, LXI, 0.
Gap. II.] RESO PIÙ' SCELLERATO DALL'AMOR DI POPPEA. 383
da Messalina per essere la più bella donna di^Roma.
Anche la figlia era bellissima, e tranne l'onestà, aveva
tutti gli ornamenti del corpo e dell'animo. Era lasciva
e affettava modestia: mostravasi di rado in pubblico, e
mezzo velata per destare più desiderio. Incurante della
fama, e intenta solo all'utile suo, non distingueva mariti
da adulteri. Lasciò il letto di un cavaliere romano per
darsi ad Ottone, di cui piacevale il lusso e il favore ac-
quistato in corte per sue infamie. Ottone, fosse amore o
ambizione, non finiva mai di lodare al principe la bella
moglie. Quindi il principe volle vederla, e la fece venire
in palazzo: ed essa usò sì bene le sue arti, ohe in breve
Nerone acceso di lei allontanò dalla corte il marito, e
perchè non gli facesse il rivale in Roma, lo mandò al
governo di Lusitania *.
Ma Poppea, non contenta di esser la druda del prin-
cipe, voleva titolo e potenza di moglie: e per accendere
più desiderio di se usava severità e superbi disdegni.
Come vide, che alle alte ambizioni ostavano la madre e
la moglie di Nerone, e che vivente Agrippina, non sa- AnniJiRo-
rebbe facile indurlo al ripudio di Ottavia, fece ogni sforzo g.^csò. '
per recarlo all' infamia del matricidio. Lo irritava gar-
rendolo e motteggiandolo come pupillo, ligio all'altrui
volontà: chiedeva di esser resa al talamo di Ottone per
non vedere i pericoli e le vergogne dell'imperatore; e a
tutto questo mesceva lacrime e libidini più eccitanti -.
Narrano che Agrippina, agitata dalla smania di tenere
in poter suo il figliuolo, trascorresse fino al tentativo di
legarlo a sé coll'infamia di un incesto. Altri scrisse che
la scellerata voglia fu di Nerone, non di Agrippina: ma.
giova più stare con quelli che credono il pensiero del
defitto imaginato per causa dei costumi dell'uno e del-
l'altra ^. Certo è che Nerone, timoroso d'insidie, fuggiva
1 Tacito, Ann.^ XIII, -15-16.
« Tacito, Ann.. XIV, 1.
3 Tacito, Ann.. XIV, 2; Svetonio, Ner.. 28; Dione Cassio, LXI, 11.
334 RISOLVE DI AFFOGAR LA MADRE NEL GOLFO DI BAIA. [Lib. VIL
Ogni rijj-ovo con essa, e alla fine risolvè l'estrema scel-
leratezza del matricidio, meditata già da gran tempo.
Difficile ucciderla di veleno, perchè andava munita di
antidoti , coi quali fece tornar vani tre tentativi ' : e la
morte di ferro non copriva il delitto. Quindi esitanze sulla
scelta del modo, finché non ne propose uno nuovo Ani-
ceto, prefetto dell'armata a Miseno, aio già di Nerone,
odiatore di Agrippina e odiato da lei, il quale suggerì
si facesse perire in mare per via d'una nave, che apren-
dosi a un tratto la precipitasse nell'onde, e paresse opera
del caso.
Nerone, andato a Baia per celebrare le feste di Minerva,
vi attirò Agrippina col darle intenzione di volere rifar la
pace con lei. Ed essa, facile a credere a ciò che deside-
rava, vi andò, e fu lietamente incontrata dal figlio, che
la tenne seco a mensa per gran parte della notte, la ac-
carezzò, le fu largo in dimostranze d'onore, e al dipar-
tirsi non saziavasi di baciarla, o per compiere l'inganno,
dice Tacito, o che l'ultima vista della madre destinata a
perire rattenesse quell'animo, quantunque feroce.
Era stellata la notte, placido il mare: e la donna, fi-
dente e lieta delle dolci accoglienze, muoveva in nave
alla sua villa di Bauli con due soli familiari, Crepereio
Gallo, che stava al timone, e Acerronia Polla, che assisa
ai suoi piedi le ragionava del pentimento del figlio e del-
l'amore ricuperato. Quando ad un tratto precipitò la co-
perta della nave , e il piloto ne rimase schiacciato. La
nave non si sfasciò tutta, né si sommerse istantanea-
mente, come era ordinato, perchè in quel tumulto i re-
miganti non indettati impedirono l'opera degli altri. I lati
sporgenti del letto salvarono le donne dalla prima rovina.
Acerronia, mentre, o per paura o per devozione, diceva
esser ella la madre del principe e chiedeva soccorso, fu
1 Svctonio, Ner., 'M,
Cap. II.] FALLITO L'ANNEGAMENTO ADOPRASI IL FERRO. ,385
uccisa a colpi di remi. Agrippina ferita in una spalla si
gettò a 'nuoto , e trovata poscia una barca entrò nel
lago Lucrino, d'onde si fece trasportare alla' villa.
Appariva chiara l'iniquità della trama: ma essa, sti-
mando che unico scampo fosse il mostrare di non inten-
der le insidie, mandò a dire al figliuolo, che per beni-
gnità degli Dei e per fortuna di lui era scampata da un
gran caso, dopo il quale non le occorreva altro che stare
in riposo.
Nerone al sentire non riuscito il delitto, di cui non
poteva rimaner dubbio l'autore, credè di veder subito
accorrere la madre a sollevargli contro il Senato, il po-
polo e i soldati. E in quel terrore fece chiamar subito
Burro e Seneca, i quali è incerto se fossero a parte del
fatto. Essi stettero tm pezzo in silenzio: poi Seneca guardò
in viso l'altro, come per interrogarlo se si aveva a man-
dare un soldato a uccider la donna: e Burro rispose, che
i pretoriani, memori di Germanico, non ardirebbero un
misfatto contro il suo sangue: e come per risparmiare
quell'obbrobrio ai soldati aggiunse che al liberto Aniceto
apparteneva di compier l'opera. Questi accettò lieta-
mente: ebbe caldi ringraziamenti da Nerone, gridante
che ora solamente e in grazia di un liberto possedeva
l'Impero; e inventata la favola di un servo mandato dalla
•madre a uccidere il figlio, con una mano di sicuri sgherri
andò a consumare l'assassinio.
Alla novella del caso di» Agrippina i lidi di Baia si erano
empiti di popolo: correvano attorno con fiaccole, cerca-
vano, chiedevano, facevano risuonare le rive e il mare
di lamenti, di grida, di voti. E saputala salva, muovevano
a congratularsi con essa, quando furono dispersi dagli
armati. Aniceto circondò di guardie la villa , sforzò le
porte, s'impadronì degli schiavi, e penetrò nella camera,
dove Agrippina giaceva affannata di non veder giungere
nessun messaggio, ne tornare quello spedito al figliuolo.
386« AGRIPPINA UCCISA DAGLI SGHERRI NEL LETTO. [Lib. YIL
i"
Era stata abbandonata da tutti, e l'ultima ancella fuggì
al comparire degli sgherri. La sciagurata al vedere cinto
il suo letto* dagli assassini disse ad Aniceto: Se Nerone
ti manda a cercar mie novelle, gli dirai che mi sono
riavuta: sevieni a un delitto, io non credo che ti abbia
mandato il mio figlio. In questa uno degli sgherri le dette
U
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y "^.
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Agrippina inadre di Nerone {Mo:^geZj Icon. Rara., jl. XXVII, n. C<).
di un bastone sul capo: e mentre un centurione strin-
geva il ferro, essa sporgendo il ventre dissfe: Ferisci qui;
e rimase spenta di più colpi di spada. Il cadavere fu arso
nella stessa notte dalla pietà di un liberto, e le ceneri
non ebbero onore di sepoltura, fìncliò visse il matricida*.
» Tacito, Ann., XIV, 3-9; Svetonio, 31; Dione Cassio, I.XI. 12-11.
Cap. II.] PUBBLICI PLAUSI AL MISFATTO, E NUO\'I DÉLITTL 387
Anche la scellerata anima di Nerone non potè aver
quiete dopo tanto misfatto. Lo agitavano furie tremende,
e nell'atterrita fantasia udiva lamentevoli suoni, che lo
cacciavano dai luoghi infamati colla sua empietà. Ma non
mancarono confortatori allo scellerato, quasi a mostrare
a quatito eccesso d'infamia fossero condotti gli uomini
dalla più sozza delle tirannidi. Burro gli mandò centurioni
e tribuni a congratularsi di essere scampato dalle insidie
materne. Gli scellerati di corte gli dissero, che aveva ac-
quistato il favore del popolo colla morte dell'odiata donna.
Le città di Campania arsero incensi sugli altari e fecero
festa. Seneca, scrivendo a Roma del matricida, ne fece
l'apologia, e chiamò pubblico beneficio quella uccisione,
mentre Nerone, per accrescere odio alla madre e parere,
levata lei, più benigno, richiamava in patria più donne
e uomini cacciati da essa. 11 Senato fece ringraziamenti,
e supplicò al principe che tornasse in éìiik: e in quella
occasione il solo Peto Trasea protestò contro la vile
scelleratezza di tutti coli' alzarsi e partire dalla Curia.
Alcuni fecero satire in greco e in latino; ma i più ap-
plaudirono, e quando alla fine il mostro tornò a Roma
fu incontrato e festeggiato dalla folla che stette su palchi
lungo la via come a veder passare un trionfo. Gli Arvali
sacrificarono per la salute e pel ritorno di lui. Ed egli
trionfante della pubblica servitù, entrò in Campidoglio,
rese grazie agli Dei, fece sacrifizii e giuochi sontuosissimi.
Il mondo non aveva veduto mai abominazioni simili a
queste K
Dopo non ebbe più freno a misfare : si contaminò sulla
scena, e fra più turpi libidini, inferocì nelle stragi, uccise
i ministri, fu micidiale di tutta la sua casa.
Fino dai più teneri anni, educato da un ballerino e da
im barbiere, si dilettò solo in cavalcare, in cantare, in
1 Tacito, Ann.^ XIV, 10-13; Dione, LXI, 15-17-, Svetonio, y.rr., 31, ?9; Ilenz.'n, Ad.
Arv.^ pag. LXXV.
388 NERONE CITAREDO, ISTRIONE, AURIGA, ECC. -[Lib. VII.
dipingere, in far versi ^ Ora Burro e Seneca, non po-
tendo più trattenerlo nella sua manìa di far da cocchiere
e di cantar sulla scena, condiscesero che reggesse ca-
valli senza pubblicità in un chiuso della valle vaticana.
Ma bramoso di esser veduto e ammirato vi ammesse il
popolo, e dai plausi fu viepiù acceso nei suoi strani amori.
Cosi sul teatro domestico cominciò a cantare sulla cetra
a modo di giullare: poi comparve più solennemente nei
giuochi giovcnali, istituiti quando si tagliò la prima barba.
E per menomare la sua onta trasse per prezzo o per forza
più nobili di ogni sesso, grado ed età a cantare, a dan-
zare, a fare sulla scena sconci atti: e a poco a poco,
posto giù ogni riguardo, si fece pubblico cantore e gui-
datore di cavalli, e recitatore di tragedie, non lasciando
occasione di farsi ammirare sui teatri, nel circo, alle feste
particolari dei cittadini. Il popolo e i soldati applaudi-
vano a lui, cantante con grande studio e amore di ar-
tista, e anche Burro e Seneca, comecché dolenti, erano
costretti a lodare il citaredo. Applaudivano con bella va-
rianza di suoni cinquemila cavalieri Augustani, arruolati,
e istruiti da particolari maestri a quest'uopo, e chiama-
van divine la bellezza e la voce del principe -.
Egli poneva ogni studio a conservare e a coltivare que-
sta voce divina, chiamato, dagli storici rauca ed esile ^:
e al tempo stesso era fieramente frugato anche dal de-
siderio della gloria poetica, e raccoglieva intorno a sé
poetastri, perchè gli ripulissero i versi, i quali poi, reci-
tati da lui in pubblico a gara con altri, erano natural-
mente coronati dai giudici, e il Senato li faceva scrivere
in lettere d'oro e consacrare nel tempio di Giove Capi-
tolino. Si recitavano anche da giullari per le piazze, e i
cittadini che non vi badass'ero, nò dessero premio ai re-
» Sretonio, Ner.^ fi, 20; Tacito, Ann.. XIH, ,'ì.
« Tacito, Annal.. XIV, H, 15; Svetoiiio, AVr., 20-22; Dione Cassio, LXI, 17-21.
3 Plinio, XIX, 'S.i, XXXIV, :>">] Sv^-touio, 2:1; Dione, I.XI, 21.
Cap. II.] UCCISIONE DI BURRO E DISGRAZIA DI SENECA. 389
citanti, correvano rischio di andare in prigione per cri-
menlese. Si dilettò pure dell'ascoltare le dispute dei filo-
sofi, e Tacito ritrasse sdegnosamente i frequentatori delle
sue cene, i quali compiacevansi di esser contemplati in
volto e voce severa tra le delizie e le voluttà della
reggia (").
Così il mondo per più anni ebbe lo spettacolo di un
cannibale verseggiatore e suonatore di cetra. Fra gli
esercizi di poesie e di musiche fece uccidere dai medici
Domizia, sua vecchia zia, per pigliarne i possessi che
ella aveva a Baia e su quel di Ravenna Q). Poi spense
di veleno Burro *, contrastante al meditato ripudio di
Ottavia: e détte il governo dei pretoriani a Fenio Rufo
e a Sofonio Tigellino; il primo buono e dappoco, l'altro
scelleratissimo, e che perciò divenuto onnipotente usò
a delitti la grazia e la potenza, acquistate con libidini
infami. Collo sparire di Burro cadde anche il favore di
Seneca, che già aveva mal nome pei milioni procaccia-
tisi con tristi arti di usure, e per le sue connivenze alle
scelleratezze di corte. Egli veduto come precipitavano le
cose, studiò di tirarsi indietro per provvedere a sua si-
curezza: tenne lungo discorso a Nerone per domandargli
riposo, lo ringraziò delle sue grandi liberalità, e offri di
rendergli i troppi doni, divenuti causa di travagli e d'in-
vidie. E Nerone a sfoggiare in parole cortesi, a ringra-
ziare il maestro dei suoi precetti e consigli, a pregarlo
che non volesse, per troppo amore di moderanza e di
(") Tacito, Ann., XIV, 10, 21; Svetcnio, Ner., 10-12: Filostrato, Vita
di Apollonio Tianeo, lY, 39. A questo conversare coi filosofi probabil-
mente allude anche la medaglia di Nerone, in cui si vede una civetta e
Minerva. Vedi Cavefloni, Med. iìnjì. in Annal. Istit., 1851, paj;'. 244.
(^) Era sorella della Domizia Lepida già condannata a morte per le ge-
losie di Agrippina. Vedi Svetonio, Ner., 34; Dione, LXI, 17, e Reiniar, i':i.
1 Svetonio, Ner.^ 3ó; Dione Cassio, LXII, 13; Tacito, A.nn., XIV, 'A.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 40
390 ALTRE UCCISIONI. RIPODIO DI OTTAVIA. [Lib. VII.
quiete, lasciare l'amico esposto a passare per avaro e
ingrato. Poi "abbracciamenti e baci, usando sempre co-
prir l'odio con le carezze. Seneca, come avviene sempre
a chi ragiona coi principi, lo ringraziò, e riformò sua
grandezza, e colse pretesti a star solitario per non dare
ombra : ma non riuscì a campare da morte violenta *.
Invano il filosofo aveva mostrato al principe che, per
quanta gente spegnesse, non potrebbe toglier via il suc-
cessore. Crebbero le uccisioni e i misfatti. Il comparire
della cometa, che durò continuo per tutto questo feroce
regno, e che Nerone placò sempre con sangue illustre -,
erasi creduto annunziatore di mutazione di Stato. E come
la voce pubblica metteva innanzi il nome di C. Rubellio
Plauto, severo uomo discendente per parte di madre dai
Giulii, Nerone lo aveva rilegato nei suoi possessi di Asia.
Ma poiché anche di là faceva paura, Tigellino lo fece
uccidere come troppo ricco, e arrogante e torbido, e
avido di affari, come tutti gli stoici. Anche Fausto Cor-
nelio Siila Felice, sacerdote Arvale, marito di Antonia,
figliuola primogenita di Claudio, quantunque povero e
indolente, per la chiarezza del sangue fu spento a "Mar-
silia, ove lo avevano esiliato, attribuendogli a sottile
astuzia la tardità dell'ingegno. Le tronche teste furono
portate al principe, il quale mirandole si burlò del grosso
naso di Plauto e della precoce calvizie di Siila ^. Per le
quali infamie lo ringraziava il Senato*: ed egli certo
oramai di potere osar tutto, e di fare accogliere come
cosa ottima ogni scelleratezza, alla fine ripudiata la casta
Ottavia sotto pretesto di sterilità, sposò la sua meretrice
Poppea Sabina, la quale per infamare la virtuosa donna,
le fece dare accusa di amore a uno schiavo. Le più delle
' Tacito, 4«JM.> XlU,'*i2, 43, XIV, 50-57, X^,\ D j» 50; Dione, LXII.^S.
' T'ilnio, II, 2jJ; Tacilo, Ann., XIV, 22, XV, 17; Svefonio, Ner., :Ik
3 Tacilo, Ann., XIII, 10 e 47, XIV, 22, 57-59; fevetonio, C/awd.. 27; Dione Cassio,
LXII, 14; llenzen, Ada fratfwn ^rvaliumj^^g. LXIV, <■ l'indicf a pag-, ^181.
4 TRcito, Ann.. ^vlV, OC». ^ * , ' ' ' «• i
Gap. IL]
SPOSATA POPPRA.
391
ancelle resisterono a tutti i tormenti per sostenere la
santità della padrona, e una di esse fra le torture sputò
in faccia a Tigellino e gli disse, che più pure della sua
bocca erano le parti femin'li di Ottavia. Tornò vana ogni
difesa, e la infelice sorella di Britannico fu cacciata in
Poppca Saljina {Museo Ciipi^ Righeti'L I,
Campania, sotto la custodia di feroci sgherri. Per tanta
scelleratezza si levò a rumore la città, e Nerone impau-
rito richiamò a Roma la misera donna. E allora la turba
sali al Campidoglio a ringraziare gli Dei, e benedicendo
a Nerone, abbattè de statue di Poppea, e inghirlandò
quelle di Ottavia. Sforzi vani e dannosi! Una frotta di
■à02 OTTAVIA UCCISA. [ Lib. VII.
Sgherri disperse i festeggianti a colpi di bastone e di
spada: e Poppea, più inferocita dalla pubblica esecrazione,
ridestò con l'ira l'ardimento del delitto in Nerone, e subito
fu risoluta la morte di Ottavia. Aniceto, uccisore della
madre, tratto da larghe promesse a infamare con nuova
accusa la moglie, sostenne di aver fatto adulterio con lei,
e sotto nome di bando ne ebbe a premio il godimento di
Annidi Ro- ricchi posscssi in Sardegna'. Ottavia, relegata da un
G^S/' editto nell'isola Pandataria, partì accompagnata dalla ste-
rile pietà del volgo, e trovò il carnefice nel luogo, già
infame per altre stragi della casa imperiale. Era nel ven-
tesimo anno; e quantunque la sua vita fosse stata un
continuo dolore, non sapeva ridursi a lasciarla. Circon-
data da centurioni e soldati pregò, invocò i parenti co-
t®'
Ottavia moylii' di Neronn {Cohen).
muni a lei e a perone. Le strinsero di legami le mem-
bra, le tagliarono le vene, e come il sangue ghiacciato
■dalla paura usciva lento, la fecero spirare col vapore di
un bagno caldissimo ("). Aggiungono anche che per più
atroce crudeltà le fu recisa la testa, e recata a Poppea.
E si decretarono per ciò doni ai templi, perchè oramai
(") Nel diritto della medagli£|||3i bronzo che diamo incisa vedesi l'ima-
gine di Ottavia con attorno l'epigrafe: octaviae neronis aug. [iisH), sot-
tinteso l'.xon Nel rovescio è una donna che tiene una patera é un cor-
nucopia, colla leggenda significante che la medaglia fu battuta nella
Colonia di Corinto sotto il duumvirato di Q. Fulvio Fiacco: gen. {io)
COL. (oniae) cor. (inthi) q. vvu. flacco n vik. Cohen, Monn. frap. sous
l'emp. rom., voi. I, pi. XII, n. 1-; Mongez, Icon.Rom., pi. XXXVII, n. 7.
1 Tacito, Ann., XVI, nO-62-, Svetonio, Ner., Ip; Diono, LXII, 13.
Gap. II.] UCCISA ANCHE POPPEA. 393
divenne uso di ringraziare gli Dei per ogni uccisione o
esilio, come in altri tempi si faceva pei successi felici *.
Poppea, giunta coi delitti al colmo dei desiderii, andò
superba di sua feroce vittoria; sfoggiava di non più visto
lusso, ferrava d'oro i muli destinati a portarla, era stu-
diosissima della bellezza, che le aveva dato la mano del-
l'imperatore; e per conservare morbide e lucenti le carni
si bagnava ogni giorno nel latte di un armento di cin-
quecento asine 2. Nerone, sempre più preso di lei, ne
cantava in versi i biondi capelli ^, e détte in eccessive
allegrezze quando gli partorì una figliuola, cui, come alla
madre, dette il nome d'Augusta. Gli Arvali fecero voti
solenni, e i soliti sacrifizi di bovi e di vacche pel parto *.
11 Senato pure non ebbe misura nel fare ringraziamenti
agli Dei, e nell'ordinare allegrezze. Poi, quando in capo
a pochi mesi morì la bambina, la dnchiararono Dea, e
le fecero onore di templi e di sacerdoti ^. Ma non dura-
rono a lungo queste felicità della divina ^ Poppea, perchè
dopo tre anni, mentre era gravida di nuovo, Nerone un
dì, crucciato con essa, le dòtte un calcio e la uccise: e
dopo le fece onori infiniti, ne lodò la bellezza dai Ptostri,
la celebrò come madre di una divina fanciulla, e per
onorarla e imbalsamare il cadavere all'uso orientale con-
sumò più profumi di quelli che produceva l'Arabia Felice
in un anno: e poscia le dedicò un tempio adorno di ma-
gnifici voti coll'epigrafe : A Sabina Dea Venere fecero le
matrone: perchè edificato col denaro rapito principal-
mente alle donne ''.
Poscia ebbe capriccio di Antonia, figlia primogenita
1 Tacito, AwM.,XIV, 61.
2 Plinio, XI, 96, XX Vili; 50; Dione Cassio, LXII, 2S. Conf. Giovenale, VI, 4G2-Ì70.
3 Plinio, XXXVII, 12.
4 Marini, Arvah, pag. CXXIII, 0 121, 125; Ilonzrn , Ada fratr. Arv. ^ p. LXXVIII,
LXXIX.
5 Tacito, Ann.j XV, 23; Svetonio, Ner.^ 35.
6 Vedi Creili, Inscripf., h. 731.
7 Tacito, Ann.^ XVI, 6-7; Dione Cassio, LXII, 27, e LXIII, 2G; Plinio, XII, 41.
394 NUOVE E PIÙ' TURPI NOZZE, E IXNUMERABILI ORGIE. [Lib. VII.
<]i Claudio, alla quale, come dissi, aveva già ucciso il ma-
rito, e perchè essa non volle consentire alle nozze, la
spense, accusandola di macchinazioni contro all'Impero:
e sposò Statilia Messalina, cui pure trucidò, .per averla,
il marito *. Fece anche cose più infami, sposando pub-
blicamente e con ogni solennità di nozze uno Sporo, ed
altri eunuchi e liberti, inventando ogni dì libidini più
mostruose, introducendo a Roma ogni lascivia straniera,
facendosi maestro e sforzatore di vizi, e perdonando ogni
delitto a chi più si mostrasse impudico ^. Si voltolava
come porco in brago, banchettava giorno e notte alla
presenza del pubblico , nella Naumachia , nel Campo
Marzio, nel Circo Massimo, servito da male donne e da
matrone sulle ripe del Tevere, e sui lidi di Baia in ta-
verne apparecchiate per lui. È detto che per una sola
cena spese fino a (Quattro milioni in lusso di dolcezze, e
di rose e profumi ^. Un banchetto preparato da Tigellino,
è ricordato da Tacito come esempio degli scialacquamenti
e delle turpitudini di cui 'era capace. Fu fatto nello
stagno d'Agrippa su navi intarsiate d'oro e d'avorio-, e
imbandite di uccellami e selvaggiumi d'ogni paese, e di
animali ricercati fino dall'Oceano, mentre sulle sponde
matrone e donne da conio davano di se mostruoso spet-
tacolo ^.
Gli cresceva sempre più anche la smania di fare am-
mirare la sua voce dal mondo, e a Napoli cantò in tea-
tro tre giorni di seguito alla folla accorsa a sentirlo anche
dalle vicine colonie e dai municipii. Poi fu a Benevento
e meditava un viaggio in Grecia, per avere ammiratori
più degni della sua valentia (■').
(«) Tacito, Ann., XV, 33, 34; Svetonio, Ner. , 20. Anche le medaglie
1 Svetonio, Ner., 35; Tawto, Ann.^ XV, 68.
2 Tacito, Ann.^ XV, 37 ; Svetonio, Nei:. 23, 23; Dione, I.XIII, l:>.
3 Svetonio, Ner.^ 27.
* Tacito, Ann.. XV, :!7. Couf. Dione Cassio, I.XII, ir..
Gap. II.] GUERRA IN BRITANNIA. 395
Mentre Nerone poneva ogni diletto nelle libidini, e
ogni gloria nel far l'istrione, il cantore e il cocchiere,
altri combatteva in lontane contrade: ed egli da quelle
geste pigliava occasione ad orgie novelle, a grandi spet-
tacoli, a inaudite profusioni, e quindi a nuove violenze di
sangue sui ricchi per riempire le casse vuote coi loro
tesori.
Sotto il suo impero arse lungamente la guerra in Bri-
tannia e in Oriente. I Britanni si sollevarono per causa
delle insolenze soldatesche, e delle crude gravezze im-
poste anche ai morti '. Dicono vi contribuisse pure l'ava-
rizia di Seneca, che aggravò le miserie dei popoli col
ripetere a un tratto il pagamento di 40 milioni di sesterzi
(7,352,392 lire ital.) prestati loro con grossa usura -. Sve- .
tonio Paolino, governatore della provincia, assalì l'isola
Mona {Anglesey) possente di abitatori; e ricetto ai fug-
giaschi di altri paesi, e ai Druidi cacciati di Gallia, i quali
ora tenevano qui loro assemblee e scuole ed oracoli nel
bosco sacro al loro terribile Dio. Svetonio Paolino spinse
i suoi fanti su navi adatte a quella spiaggia di fondo
scarso e incerto, e fece passare i cavalli a guazzo o a
nuoto dove erano più alte le onde. Fu contrastato ga-
gliardamente lo sbarco. Il popolo in armi occupava le
rive: le donne vestite a lutto, scapigliate, correvano in
mezzo alle schiere agitando faci ardenti a modo di Furie.
I Druidi colle mani alzate al cielo gli mandavano feroci Annidi ro-
preghiere, e con quello spettacolo nuovo mettevano paura 'g.^^cY"'
ai soldati che rimasti immobili si lasciavan ferire. Ma
presto richiamati al dovere dal duce ed eccitatisi tra
ce lo hanno conservato in veste ed in attitudine di citaredo con lira
nella sinistra e plettro nella destra. Vedi Cavedoni, in Anna!. Isiit,, 1851.
pag. 244, e Cohen, Med. frappèes sous l'emp., voi. I, pi. XI, n. 214.
1 Dione Cassio, I.XII, ?..
2 Dione Cassio, LXII, 2.
396 SOLLEVAZIONE DELLA REGINA BAODICEA. [Lib. VII.
loro a non tremare di quel muliebre e fanatico stuolo,
spinsero avanti le insegne, dettero addosso ai nemici e
gli avvolsero in loro fiamme. Superato in breve ogni con-
trasto, abbattute le selve druidiche sacre a riti crudeli,
rovinate le are sparse del sangue dei prigionieri, e delle
umane viscere usate a consultare la volontà degli Dei-,
e posto un presidio sui vinti ', il vincitore parti chia-
mato altrove da una grande sollevazione dei Brettoni
spinti agli estremi da nuovi oltraggi degli invasori.
Prasutago, re degli Iceni (Noì^folk e Suffoll) morendo
lasciava eredi due figlie, e con esse Nerone per salvare
cosi la famiglia e il regno. Ma i centurioni, mandati dal-
AnnidiRo- l'imperatore a raccoglier l'eredità, messere a sacco il
G.^c:39. 'regno, percossero Baodicea moglie del morto, stuprarono
le figliuole, rubarono la casa. Per le quali enormità il
popolo levato a rumore, tirò a ribellione i Trinobanti
{Hertford e Esscx), e le genti dattorno, più cupide di li-
bertà. Si aggiunsero narrazioni di strani prodigii, minac-
cianti ai nemici rovina estrema; e ne crebbe il cuore agli
oppressi. Assalita la colonia di Camuloduno, seggio odioso
della tirannide: uccisi i veterani non forti a reggere a
tanto impeto, e con essi i sacerdoti del tempio eretto
ivi a Claudio, il quale appariva come una rocca di eterna
dominazione; inseguiti i soldati sparsi per le castella,
espugnate le rocche, arse le case, rovinato il municipio
di yerulamio: e nel rapido spargersi della rivoluzione
per ogni luogo, dove fossero Fiomani, furono uccisi 70
mila tra cittadini e alleati, senza distinzione di sesso o
di età, e con strazi ferocissimi alle donne appese agli
alberi con in bocca le mammelle tagliate. L'ira e la vit-
toria non lasciarono alcuna sorte di vendetta.
Erano in armi 120 mila uomini governati da Baodicea,
Ja quale armata di asta, coi lunghi capelli sparsi dietro
1 Tacilo, Ann., XII, 29-30. Conf. Lucano, I, 150 <• segp., TU, 31)9-120.
Gap. II.] GRANDE STRAGE DEI BRETTONI. 397
le spalle, truce in volto, ardente di vendetta, eccitava le
turbe a rivendicare la libertà, mostrava le figlie stuprate,
ricordava le ingiurie patite dai superbi oppressori, non
rispettanti né verginità, né vecchiezza,
Svetonio Paolino, accorso con rapida marcia al riparo
e traversati arditamente i paesi infestati dalla rivolta,
andò a Lohdinio (Londra), luogo già celebratissimo per
commerci e ricchezze; e intento a raccogliere tutte le
forze, e pensando col danno di una sola terra salvare il
tutto, senza dare ascolto a lamenti, prese seco chi volle
seguirlo, e lasciò donne, vecchi e fanciulli al furore dei
nemici, che gli uccisero tutti.
I Brettoni, pazienti di ogni disagio, forti alla guerra
dei luoghi difficili, e vincitori agli assalti repentini, non
avevano né disciplina, né armi da reggere alle grandi
battaglie contro le ordinanze romane. Perciò, quando la-
sciarono la guerra spicciolata per venire a giornata cam-
pale, la virtù prevalse al furore, e Svetonio Paolino con
soli diecimila uomini ne vinse 120 mila. Il centro nemico
fu sfondato dai legionari: la cavalleria romana colle lun-
ghe aste sbaragliò tutti i più forti che le si fecero in-
contro. È detto che caddero 80 mila uomini, né furono
risparmiate le donne venute sui carri per veder la vit-
toria: e Baodicea si uccise di veleno, per non sopravvi-
vere all' esterminio di sua gente. Furono messe a ferro e
a fuoco le terre dei vinti: ma questi, anche nelle estreme
sciagure, non lasciarono il pensiero della resistenza, né
l'amore della libertà. Sperarono anche di far loro prò
delle discordie na.te fra i duci. del campo nemico; e quando
da Roma venne il liberto Policleto a ricomporre gli animi,
essi risero al vedere come un duce e un esercito vit-
torioso di SI gran guerra si lasciassero governare da
schiavi 'K
1 Tacito, Ann., XIV, 23-39, Agric, Il-IG; Dione Cassio, LXII, 1-1;
VAN-Nacci — Storia delVItaìià antica — IV.
398
MOTI D'ORIENTE COMPRESSI DA CORBULONE. [Lib. VII.
Sotto Nerone la quiete fu appena turbata in Germania
da tentativi facilmente repressi*: all'incontro patirono
lunghi travagli di guerra le province orientali, per causa
del gran disegno conce-
pito da Vologeso, re dei
Parti, di sottrarre l'O-
riente dal giogo romano,
e per l'amóre ardente di
indipendenza che agitava
i Giudei.
Vologeso cominciò dal-
l'invadere l'Armenia, e
vi pose al governo il suo
fratello Tiridate, nei pri-
mi anni di Nerone: poi
minacciato si ritirò, e
dette ostaggi per ingan-
nare con sembianti , di
pace, e aver tempo a
più forti apparecchi. A
vegliare e a impedire
quei moti fu mandato
Gn. Domizio Corbulone,
duce di grande eccellen-
za, il quale, bramando di
rinnuovare in Asia i
trionfi di Lucullo e di
Pompeo, richiamò a se-
Corbiilone
(Fise, J/oHK/H. Borghes., ta
3).
vera disciplina le legioni infemminite tra le delizie orien-
tali, e poscia entrato in Armenia arse la grande città di
Artassata, ebbe a patti Tigranocerta, e recato in suo po-
tere tutto il paese, cacciò Tiridate , ne détte la corona
T;\cito, Ann., XIII, 53-5G.
Gap. II.] SOTTOMISSIONE DEI PARTI. 399
a un Tigrane, amico di Roma, e si ridusse nella provincia
di Siria.
Ma i due Parti non erano uomini da lasciare facil-
mente il pensiero di quell'impresa. Mandarono ambasce-
rie e preghiere, usarono accorgimenti, corsero di nuovo
l'Armenia, ne cacciarono Tigrane , e ridotto il legato
Cesennio a capitolare vergognosamente, chiesero a Roma
per via di messaggi il regno, già preso colle armi. Ma
come questo sembrava uno scherno, il consiglio di Ne- Anni di ro-
rone dichiarò la guerra, e ne détte tutto il carico a Cor- g.^Ss.'^'
bilione, investito di straordinari poteri. Egli, fatti grandi
apparecchi, passò l'Eufrate, e correva sulle terre dei
Parti per la via fatta già da Lucullo, quando, prima per
ambasciatori e poscia in persona, gli si fecero incontro
Vologeso e Tiridate chiedenti pace. Molte le ceremonie *
e le cortesie da ambe le parti; e alla fine fu concluso,
che Tiridate ponesse sotto la imagine di Nerone la re-
gia corona, e che andasse a riprenderla dalle mani del-
l'imperatore a Roma, ove avrebbe ogni sorte di liete ac-
coghenze '.
Mentre si "combatteva al di fuori, Nerone, per procac-
ciarsi non più visti spettacoli e nuovi piaceri di artista,
fece incendiar la città. La voce pubblica, riferita dai*piìi
degli slorici («), narrò che egli commise questa atrocità
(«) Plinio (XVII, I) dice apertamoute che Nerone bruciò la città :
urbem cremavit. Svetonio (38) afFerma lo stesso, e ricorda i suoi came-
rieri veduti ad eccitare l'incendio con fiaccole e stoppa. Dione (LXII, 16
e 17) dice che le guardie notturne e i soldati, intenti alle rapine, invece
di spegnere il fuoco, davano aiuto a -farlo più divampare. Tacito (XV, 38)
riferisce la voce non sapendo se l'incendio avvenne a caso o per frode del
principe, e aggiunge che lo spegnere era proibito con minacce da molti,
e che altri gittavano fiaccole gridando di avere quest'ordine, o che lo
avessero veramente, o per rubare con più licenza. Si ricorda anche che
1 Tacito, Ann.. XIII, G-0, XIV, 23-2(;, XV, I 17; Dione Cassio, LXII, 19-23; Svetonio,
Ner.. 39.
400 INCENDIO DI ROMA. [Lib. VII.
inaudita, perchè non garbandogli la forma e l'ordine dei
vecchi edifizi e delle strette e tortuose vie, ambiva alla
fama di architettore, col creare una novella Roma che
portasse il suo nome. Comunque sia, l'incendio scoppiò
ai 19 di luglio nel giorno stesso in cui dicevasi che Roma
fu già incendiata dai Galli. Cominciato presso al Circo
Massimo da alcune botteghe piene di materie facilmente
infiammabili, rapidamente si allargò nei piani e nei coUi,
Annidi Ro- aiutato dal vento, dai calori estivi e dai ministri del prin-
G^c.^Hl^' cipe, che impedivano ad altri di spegnerlo, e lo eccita-
vano con ardenti faci. Corse terribile distruggitore per
sei dì e sette notti sul Palatino, nel Velabro, nel Fòro,
nelle Carine, sul Celio, e non si arrestò che ai pie del-
l'Esquilie: poi riprese e durò ancora tre giorni volgen-
dosi al Quirinale e al Viminale {''). Lo scroscio degli
edificii cadenti e il rumore delle fiamme ricoprivano le
grida e i lamenti dei miseri che, cinti per ogni .parte
dal fuoco e da una notte di fumo, invano cercavano
scampo, e molti morirono per salvare i cari parenti.
Non si era mai veduta uguale rovina. Andarono in ce-
nere tre intere regioni: di sette restarono poche vestigie;
e quattro sole rimasero intatte. Fra gli edificii arsero i
pili 'venerati per antichità e religione, perirono l'Ara
Massima e l' edicola consacrata a Ercole dall'Arcade
Evandro, il tempio votato da Romolo a Giove Statore, il
tempio consacrato da Servio Tullio a Diana sull'Aventino,
la reggia di Numa, e il tempio di Vesta col Palladio e
coi Penati di Roma. Perirono irreparabilmente i monu-
menti della Storia, i ricordi delle guerre Puniche e Gal-
lo spettacolo delle fiamme era uno dei suoi grandi amori e che un giorno
mostrò desiderio di vedere coi suoi occhi l'incendio del mondo (Svetonio,
Ner., 11 e 38; Dione, LXII, 10).
(") Una iscrizione attesta che T incendio durò nove giorni: Urbs per
novem dies arsit neronianis temporibus. Creili, n. 736.
Gap. II.] GL'INNOCENTI CRISTIANI ACCUSATI E STRAZIATI. 401
lidie, le case degli antichi duci adorne delle spoglie ne-
miche, e i tanti miracoli dell'arte greca.
Nerone, che era in Anzio, tornò quando il fuoco infu-
riava già da sei giorni, e corse voce che tutto lieto dalla
torre di Mecenate mirasse lo splendore delle liamme, e
che di là, o di sulla scena di casa sua, cantasse l'eccidio
di Troia, di cui il presente disastro rendeva viva la tre-
menda imagìne. La qual cosa, creduta dal popolo, rese
meno grati i soccorsi, con cui egli tentò di riparare alla
grande miseria prodotta dall'incendio, e il rinvilio del
grano, e i ricoveri dati ai raminghi, e le ftiasserizie fatte
venire da Ostia e dai municipi vicini, e i subiti edilìcii
inalzati per accogliervi la turba mendica. Poscia ordinò
la riedificazione della città con disegno più bello, pro-
mise premi a chi rifacesse più presto le case, fece molti
provvedimenti a impedire -nuovi incendii, e comandò
espiazioni agli Dei*. Ma per questo non iscemò l'infame
•grido, che diceva lui comandatore dell'incendio. E quindi
egli, per iscagionarsene, ne, détte la colpa a una gran
turba di innocenti Cristiani, e li fece straziare crudel-
mente, aggiungendo alle morti gli scherni. Alcuni vestiti
di pelli di fiere furono fatti dilaniare dai cani; altri af-
fidisi alle croci; altri coperti di vesti resinose e incerate,
erano arsi per far lume la notte agli spettacoli, che Ne-
rone in abito di cocchiere dava nei suoi giardini nel
Circo Vaticano costruito già da Caligola: dove quello
strazio feroce di uomini innocui, spenti non per ben puh-
hlico, ma per bestialità di lui solo, mosse a pietà il po-
polo stesso, che non amava e calunniava i Cristiani 2.
Quei giardini già infami pel sangue delle matrone ro-
mane e dei senatori che vi uccise Caligola ^, rimasero
consacrati dal puro sangue di molti uomini e donne,
1 Tacito; Ann., XV, 38-U; Svetonio, A'ei-., 3S ; Dione Cassio, LXII, IG-IS.
- Tacito, XV, 44-, Giovenale e il suo scoliaste, Vili, 235.
3 Seneca, De Ira., Ili, IS.
402 LA CITTA RIEDIFICATA PIÙ' REGOLARE. [Lib. VIL
martiri della dottrina di Cristo. I Romani gli dissero
odiatori del genere umano, odiati per loro scelleratezze
e ' superstizioni prave, malefiche, esiziali, sfrenate^: ed
essi non curanti calunnie e supplizi resisterono eroica-
mente a tutti i tiranni, e, crescendo sempre di numero,
dal Colle Vaticano sparsero per ogni contrada nuova e
splendida luce di verità, di libertà e di giustizia, e col
martirio e coi santi costumi rigenerarono e conquista-
rono il mondo.
La città risorse più regolare con isolati edificii, con
larghe e diritta strade per opera di Severo e di Celere,
due ingegneri di tale audacia, che non conoscevano osta-
coli, e ne disgradavano la potenza del principe, a cui
promisero di trarre un canale navigabile dal lago Averno
ad Ostia per aride spiaggie ed opposti monti: ed egli,
smanioso com'era delle cose impossibili, fece cominciare
i lavori, e durarono anche in appresso i vestigli della
folle speranza. Disegnava anche di tirare Je mura della
città lino ad Ostia, e di condurre dentro Roma il mare
per via di una fossa 2.
Era bruciata anche la casa del principe che non con-
tento di quella antica del Palatino l'aveva protratta di là,
col nome di Transitoria, fino ai giardini di Mecenate suV
l'Esquilino, in una circonferenza di quasi tre miglia e un
terzo. Ora fu tutto inteso a riedificarla più splendida. E
questa tra tutte le opere nuove si alzò portentosa col
nome di Casa aurea per l'oro e per le preziosità non mai
vedute in tale abbondanza fra le tante grandigie di Roma,
e si estese largamente dal Palatino all'Esquihe e alle cime
del Celio ^. Ivi il lusso volgare delle gemme e dell'oro,
profuso per le sontuose sale, e la novità dei marmi ri-
> Tacito, XV, 11; Svetonio, Nc;:^ 16; Plinio, Epht.^ X, <J7. -
2 Tacito, Ann.^ XV, 12; Svetonio, Nér.^ 10, 31.
3 Svotonio, Ner., 31 e 30; Tacito, XV, 39; Mi\r/iale, De spectac, 2; Diom-, LXVf,
5; Plinio, XXXHI, 16, XXXVI, 21; Nibljy, Roma antica, II, 411).
Cap. II.
LA CASA AUREA DI NERONE.
403
flettenti a guisa di specchi gli oggetti, era nulla rispetto
alla magnificenza dei campi, dei laghi, degli spazi aperti,
dei prospetti, e delle selve solitarie che si distendevano
d'attorno al superbo edificio, a cui lavorarono i condan-
nati e i prigioni di tutto l'Impero, Nel vestibolo sorse in
bronzo il colosso di Nerone, alto 120 piedi, opera di Ze-
nodoro; e sul davanti un portico di mille passi con tre
ordini di colonne. Nell'interno tutto fregiavasi d'oro, di
gemme, di perle e di pitture, tra cui si ricordano quelle
di Amulio dipintore di umili cose, grave e severo e llorido
a un tempo, autore di una ])klinerva, che fissava lo sguardo
in 1 1 i_ j saci 1 \ 1 Al jUo n
, r' /. IV, t \ 311)
sui riguardanti da qualunque parte fosse veduta;. il quale
ivi ritenuto come in carcere lavorò lungamente, sempre
in toga e in grave contegno anche sui ponti {"). Nei tri-
(") Paucis diei horis inngehat, id quoque cmn gravitate, quamquam
in machinis. Career eius domus aurea fiiit. Plinio, XXXV, 37.
404 ADORNA COLLE SPOGLIE D'ITALIA E DELL' LMPERO. [Lib. VII.
clinii le vòlte di avorio si volgevano con mirabile con-
gegno, e spargevano fiori e profumi sui convitati: e la
sala principale, di forma rotonda, girava giorno e notte,
come per imitare il movimento del mondo. 1 bagni'erano
forniti da acque di mare, e da quelle chiamate Albule.
Un lago dei' contigui giardini, fatto a imitazione del mare,
era circondato da tanti edificii, che davano imagine di
una città. I boschetti d'attorno abbondavano di ogni sorta
di animali domestici, e di fiere.
Quando l'opera fu compiuta, Nerone nell' inaugurarla
disse, che alla fine cominciava ad aver casa degna di
un uomo. E per adornarla saccheggiò l'Asia e la Grecia,
prese a Delfo 500 statue di bronzo, imagini di Numi e
di uomini, rubò Tespia ed Olimpia, e le opere più belle
■pose nelle stanze delle sue turpitudini ("), non. perdonò
a cose sacre e profane *, fece sua preda gli Dei di Roma,
e Foro dei trionfi, e i voti dei templi, e tutte le robe
trovate tra le rovine dell'incendio, e gravò senatori, ca-
valieri e mercanti, e devastò l'Italia e tutto l'Impero 2.
Era una vicenda continua di profusioni e di rapine:
profusioni immense in non più visti spettacoli, in giuochi,
in feste di ogni maniera, in donativi di oro, di gemme,
di tavole dipinte, di giumenti, di carri, di navi, di terre,
di frumento, di cibi squisiti e di masserizie, gettate alla
plebe per via di tessere 0 polizze ^ : profusioni di tesori,
di palagi di consoli, e di ricchi possessi a delatori, a
citaredi, a pantomimi, a liberti e a servi, uho dei quali
potè comprarsi la libertà per 130 milioni (23,895,274 lire
C*) In sellariis domiis aureae disposila. Plinio, XXXIV, 19.
1 Tacito, Ann., XV, 12, J5-, Svetonio, Ner., ?,\ ; riinio, XXXIV, 1?, XXXV, :ì3, XXXVf,
".0; Pa.isania, V, *5, 9 e 26, 3, IX, 27, 3, X, 7, 1 .
* Svttonio, Ner., 3S; Orosio, VII, 7.
3 .Svetonio, Ner.. \\, 12-, Tacito, Anw.^ XIII, 31, XV, 3-.' ; Plinio, Vili, 7; Pione Cas-
sio, LXI, 0, 18.
Gap. II.] PROFUSIONI, RAPINE E UCCISIONI. 405
ital.) *. È detto ^ che Nerone profuse in donativi 2 mila
200 milioni (404,381,560 lire ital.), che dichiarava sordido
ogni spenditore temperato, che lodava di magnificenza
chi fondesse tutta la sua facoltà, e che era grande am-
miratore di Caligola per avere in breve tempo disperse
le grandi ricchezze lasciate da Tiberio. Smodato in tutto:
nel pescare usava reti d'oro:- non si messe mai la stessa
veste due volte: conduceva in viaggio duemila carri, tratti
da mule ferrate d'argento: copriva gli istrioni di oro,
indorava barbaramente le statue ^. Per aver denaro ecci-
tava alle rapine i ministri, e nel dare un ufficio era solito
a dire: Tu sai quello di cui ho bisogno: attendiamo a
far SI, che non rimanga nulla a nessuno ^. Gli fu dato a
credere, che a Cartagine troverebbe nascosti i tesori-
delia regina Bidone: e ordinò scavi e ricerche, e rimase
schernito della folle speranza ^, ma si rifece uccidendo
sei grandi cittadini, e pigliandosi la metà della provincia
di Affrica posseduta da essi ^. Dette di piglio a testa-
menti ed eredità ", spense per amore di pecunia i più
ricchi s. Ogni parola fu convertita in delitto di maestà:
non ricercavansi lunghi processi, né minuzie legali; una
denunzia bastava a dar morte: e se gli accusati erano
lenti a morire, egli mandava i suoi chirurghi a curarli^
cioè a tagliar loro le vene ^. Anche ora fu causa di ma-
raviglia un uomo illustre, che a forza di nascondersi
riuscì a viver tranquillo '^.
Questa feroce e obbrobriosa tirannide alla fine fece
1 Tacito, Hist.. IV, !•-'•, Svetonio, Nei-., 30; Plinio, VII, 40. C'onf. XIII, I, XVIir, 2,
XXXV, 33.
2 Tacito, Hist.^ I, 20.
3 Svetonio, iVer.. 30; Plinio, XXXIV, 19, XXXVII, (3.
■i Svetonio, Ner.^ 3?.
5 Tacito, Ann.^ XVI, 1-3-, Svetonio, Ner.^ 3Ì.
C Plinio, XVIII, 7.
7 Svetonio, Ner.^ 32.
8 Tacito, Ann.^ XIV. 65, XV, 35, Tli^t.. I, fS.
3 Svetonio, A'er.j :!T.
10 Tacito, Ann., XVI, -17.
Vannucoi — Storia dell'Italia antica — IV. 51
406 GRANDE CONGIURA CONTRO NERONE. [Lib. VII.
Anni di Ro- nascere una grande cospirazione, a cui presero parte se-
G.^a fó/' natori, cavalieri, centurioni, tribuni, forti soldati, uomini
molli, e anche donne. Fra i più ardenti erano Subrio
Flavio, tribuno d'una coorte, Plauzio Laterano, console
designato, Fenio Rufo, uno dei prefetti del pretorio, i
senatori Flavio Scovino e Quinziano Afranio, il poeta
Lucano, più commensali di Nerone, ed Epicari, una li-
berta, che alla prova si mostrò più forte di tutti. Alcuni
volevano vendicar la Repubblica; i più le ingiurie pri-
vate. Lucano, tra gli altri, odiava Nerone, perchè per
istolta competenza vituperava e proibiva i suoi versi.
Scopo alla congiura era uccider l'imperatore, e mettere
in suo luogo Caio Pisene, della illustre casa Calpurnia,
uomo rotto ai piaceri, ma caro ai più perchè bello di
aspetto, largo in donare, protettore facondo dei citta-
dini, e cortese in atti e in parole.
Subrio Flavio, tirato da subito impeto, voleva spegnere
il tiranno mentre cantava in teatro, o quando corresse
per la città senza guardie, ma la brama di impunità lo
ritenne. Indugiavano incerti, quando la presura di Epi-
cari, intenta a tirare alla trama i capi della flotta stan-
ziata a Miseno, messe paura in tutti, e fu stabilito di
affrettar l'uccisione. Alcuni proponevano di fare il colpo
a Baia nella villa stessa di Pisene, dove l'imperatore,
allettato dall'ameno luogo, andava sovente per bagni e
banchetti. Ma Pisene non volle contaminare di sangue
le mense ospitali: e quindi fu fermato di ucciderlo ai
giuochi del Circo, e si dòtte la sua parte ad ognuno. Se
non che, mentre si apparecchiavano al fatto, fu rovinata
ogni cosa dal tradimento di un liberto, il quale, allettato
da speranza di premio, accusò Scovino di aver fatto te-
stamento, liberato i servi e dato loro danari, e ordi-
nate fasce da ferite, e affilato un pugnale, tratto dal
temj)io della Salute in Etruria, o della Fortuna in Ferente.
Trovato e sostenuto uno dei cospiratori, non fu difficile
Gap. IL] I CONGIURATI SCOPERTI E UCCISI. 407
scoprirne molti altri, perchè i più, spaventati alla vista
delle torture, rivelarono gli amici, e anche i parenti. Vi
fu un momento di universale paura: tremanti i congiu-
rati, tremante Nerone, comecché armato di sgherri e
di supplizii. Fu imprigionata, a così dire, tutta la città,
occupate con guardie le mura, interclusi il mare e il
fiume. Fanti e cavalli e soldati germani correvano la
città e la campagna traendone continue funate di prigioni.
Pure alcuni congiurati rimanevano ancora ignoti, liberi,
e in armi presso a Nerone, e, mentre gli erano ministri
ai tormenti, continuavano le trame. Fra gli altri Fenio
Rufo per mostrarsi ignaro era crudelissimo ai complici : e
quegli già sostenuti denunziavano gli altri. Dal cavaliere
Antonio Natale fu denunziato Pisene e anche Seneca.
Scevino udito ciò, o per fiacchezza, o perchè credesse
tutto scoperto, nominò gli altri. Tra questi Lucano, Quin-
ziano, e Tullio Senecione negarono a lungo. Poi Lucano
denunziò sua madre Acilia, e gli altri nominarono due
dei loro amici più cari. Un centurione cospiratore trasse
al supplizio Laterano, che generoso non gli rivolse con-
tro l'accusa: un tribuno, pur complice, avuto l'ordine
di andare a uccider Seneca consultò Fenio Rufo, che gli
disse di obbedire al comando. Finalmente Nerone, mentre
interrogava i sostenuti, si trovò senza saperlo fra i due
congiurati Subrio Flavio, centurione, e Fenio Rufo, pre-
fetto. Flavio domandò per cenni al prefetto, se in mezzo
alla disamina aveva a sguainare la spada, e compire
l'uccisione: e il timido Rufo rispose di no, e gli rattenne
la mano già corsa all'elsa.
I cospiratori morirono in varie maniere; tremanti al-
cuni, impavidi altri. Epicari détte forte esempio ai de-
nunziatori codardi, sopportò imperterrita verghe, fuochi,
ira di manigoldi, e colle membra dilaniate serbò costante
silenzio a favore di ignoti, che tradivano gli amici e i pa-
renti ; e alla fine, perché i tormenti non le strappassero
408 MORTE DI SENECA. .[Lie. VII.
alcuna parola, si appiccò da sé stessa, fatto capestro
della fascia del petto. Pisene, non ascoltate le voci di chi
lo confortava a tentare il favore dei soldati e del popolo,
da ultimo si ritrasse in sua casa, alTorzò l'animo pei mo-
menti estremi, e finì colle vene tagliate alle braccia; e
per salvare i beni alla moglie fece nel testamento brutte
adulazioni a Nerone.
Seneca, reduce dalla Campania erasi fermato nella sua
splendida villa suburbana sulla via Appia a quattro mi-
glia da Roma. Ivi fu chiuso da una coorte pretoria ("),
e dopo varie domande e consulte ebbe l'intimazione eli
uccidersi. Imperterrito chiese di far testamento, e impedi-
tone dal centurione, lasciò agli amici l'esempio della sua
vita, la sola e più bella cosa rimastagli, e die conforto
ai piangenti dicendo, che null'altro che morte era da
attendere dalla crudeltà di Nerone. Poi abbracciata la
moglie Pompea Paolina, la pregò a temperare il dolore,
e a confortarsi onestamente di quella sciagura. Ma come
ella dichiarò di voler morire, egli non resistè, per non
invidiarle tal gloria, e ambedue si fecero aprir le vene.
A lei, cui Nerone non aveva odio proprio, furono fasciate
le ferite, e visse ancora pochi anni, ma sempre pallida
in volto e memore dell'amato consorte. Seneca, fatti ve-
nire scrivani, occupò i momenti ultimi a dettare suoi
ricordi di stoico. E poiché il sangue stentava ad uscire
dal vecchio corpo, bevve un veleno già apparecchiato:
e non spento neppure da questo, entrò in un bagno caldo,
e fini spruzzando i servi vicini, e consacrando quel li-
quore a Giove Liberatore. Nel medesimo luogo fu arso
senza alcuna pompa il suo« corpo, e un monumento se-
(") Temporibus diris igitur iussuque Neronis
magnos Senecae praediviiis horios
Clausìt .... tota cnhors.
Giovenale, X, 15-18.
Gap. II.] MORTI CORAGGIOSE DI LUCANO, DI LATRRAXO, ECC. 409
polcrale di opera laterizia che ivi ancora rimane fu con
molta probabilità a lui attribuito ('').
Lucano, sentendo per l'uscire del sangue fieddarsi le
mani e i piedi e appressare la fine, presente a sé stesso
Jlomoria sepolcrale
scoperta al quarto miglio della Via Appia dove accadde la morte di Seneca {Canina).
recitò i versi del suo poema, in cui aveva ritratto il
morir sim.ile di un soldato ferito *: e furono questi i suoi
detti estremi. Laterano, tratto al luogo dei supplizii dei
servi, morì con fermo silenzio. Senecione, Quinziano e
Scovino smentirono colla morte la morbida vita. Subrio
(«) Vedi Nibby, Dintorni di Roma^ voi. III, pag. 5-13; Canina, EcUfizi,
voi. VI, tav. 23, e Via Appia, pag. 97-104, tav. 14.
1 J.ucano, Pharsal.^ Ili, 039.
410 ^'U.MERO GRANDE DI VITTIME. ONORI A NERONE. [Lib. VII.
Flavio mori confessando con soldatesca fierezza a Ne-
rone il proponimento di ucciderlo per l'odio destatogli,
dopoché era divenuto uccisore della madre e della mo-
glie, e cocchiere e istrione e incendiario. Quando gli
facevan la fossa, vedendola bassa e angusta, disse ai
soldati: neppur questo è in regola. Poi ammonito dal car-
nelice di porgere il collo da forte, rispose: lo troncassi
tu con pari fortezza. E quegli dopo avere tutto tremante
spiccato il capo appena in due colpi si vantò di sua
fierezza a Nerone, dicendo averlo ucciso due volte. E in-
trepidi finirono anche gli altri soldati, tranne Rufo, morto
tra indegni lamenti.
La città fu piena di funerali, e il Campidoglio di vit-
time. 1 parenti e gli amici degli uccisi, per paura di sé,
si affaccendavano a ringraziare gli Dei, a ornare di allori
le case, a gettarsi alle ginocchia di Nerone, e stancarne
la destra coi baci. I senatori, quanto più avevano ra-
gioni di dolore, più s'infangavano in adulazioni, decre-
tando doni e grazie agli Dei, e giuochi circensi e templi
alla Salute, e onori particolari al Sole che dal suo tempio,
presso al Circo dove si apparecchiava il delitto, aveva
scoperto i segreti della congiura; e dettero il nome di
Nerone al mese d'aprile. E Anicio Ceriale quello stesso
che già tradì la congiura contro Cahgola, propose un
tempio al Divo Nerone meritevole della venerazione degli
uomini. Egli consacrò a Giove Vindice il pugnale di Sce-
vino, e onorò di statue Tigellino, e altri ministri di sue
vendette. Il liberto Ninfidio ebbe gii onori trionfali, e
quindi fu inalzato a prefetto del pretorio. A ogni soldato
furono donati duemila sesterzi (367 lire it.) e grano gra-
tuito. Premiati riccamente i delatori, per cagione dei
quali, e per la crescente paura del principe, continua-
rono lungamente le stragi *.
1 Tacito, Ann.^ XV, lS-71; Dione Cassio, LXII, iM-:»7.
Gap. Il] BANDI A FILOSOFI, E NUOVE UCCISIONI. 411
Furono fatti morire di veleno o di fame i figliuoli dei
condannati, e fu vietato ai rimasti poveri di andar men-
dicando per vivere *. Poi bandi a truppe di uomini e
donne: bandi ai filosofi, sebbene non partecipi della con-
giura. Andarono per le amare vie dell'esifio Anneo Cor-
nuto, maestro di Persio, Virginio Flavo, insegnatore di
eloquenza e C. Musonio Rufo, eroe degli stoici, e cele-
brato anche dai Cristiani per la sua grande virtù 2. Per-
secuzione e deportazione in Sardegna al vecchio e cieco
C. Cassio Longino, famoso giureconsulto, perchè serbava
venerata l'imagine del suo antenato, uccisore di Cesare ^.
Nell'anno precedente era stato costretto a tagUarsi le
vene D. Giunio Silano Torquato per la chiarezza della
sua nobiltà, per avere Augusto a suo bisarcavolo, per
lo spendere più di quello che convenisse a un privato,
e tener liberti per cancellieri, segretarii e ragionieri, e
nutrir pensieri da imperatore. Ora le stesse accuse an-
darono contro il suo nipote L. Silano Torquato, disce-
polo di Cassio, quantunque ammaestrato dalla rovina dello
zio stesse in guardia: e fu portato a Ostia e chiuso a
Bari, municipio di Puglia, ove presto lo raggiunse con
suoi sgherri il carnefice contro il quale, sebbene inerme,
lottò di tutta sua forza ^. Più altri perseguitati feroce-
mente per delitto di parentela 0 amicizia agli uccisi ^.
Polluzia (0 Pollitta) vedova di RubelUo Plauto, ucciso già,
come altrove fu detto, ne aveva abbracciato il corpo san-
guigno, ne serbava religiosamente il sangue e le vesti
intrise, durava in lutto perpetuo e in digiuno, rotto sol
quanto bastasse a non morire. Ella, e suo padre Vetere,
1 Svetonio, Ner.^ 33, 37.
2 Tacito, Ann.^ XV, 71; Svetonio, Persil vita; Suida alla voce Kop-jo-'iroi-; Diono
Cassio, LXII. 27, 29; Plinio, Epist., Ili, U; San Giustino, Apoìog.
3 Tacito, Ann.^ XII, 12, XVI, 7 e 9; Svetonio, Ner., 37; Plinio, Epixt., VII, 2J.
4 Tacito, Ann.^ XV, 35, XVI, 7-9; Dion.-, I.XII, 27; Ror-h.-si, Lapide di Giunio Si-
lano^ in Anna!. Istit. arch.^, I8J9, pag. 35 o scgij-.
5 Tacito, Ann.^ XVI, 17 e 33.
412 IL FORTE OSTORIO SCAPULA E IL MOLLE PETRONIO. [Lib. VII.
e Sestia, suocera a lui, erano odiosi a Nerone cui, vi-
vendo , pareano rimproverare la uccisione di Plauto.
Quindi fu facilmente trovato il modo da perderli: e il
vecchio e le donne non vedendo via onesta di scampo,
nella medesima camera si tagliarono le vene e morirono
insieme *. M. Osterie Scapula, forte soldato e famoso per
le sue geste in Britannia, ove ebbe l'onore di una corona
civica quando ivi militò sotto il governo del padre, e
poi console (812), accusato ora di consultare indovini
contro Nerone, si ruppe le vene in una sua villa sui
confini di Liguria, e, spacciandosi col pugnale, rivolse
in sé la virtù mostrata spesso al nemico. E le vene si
tagliò P. Anteio colpito dalla medesima accusa 2. Perle
molte ricchezze fu costretto ad uccidersi Anneo Mela,
fratello di Seneca, e padre a Lucano: così altri per le
stessè cagioni '. E fra tanta pazienza servile e tanto
sangue sciupato, che stancavano e straziavano anche il
forte cuore di Tacito, andò singolare la morte di Caio
Petronio, che, famoso per molle vita e squisitezza di
lusso, era intimo al principe e arbitro di sue eleganze.
lì qual favore gli fu cagione di morte, perchè Tigellino,
sdegnoso di esser vinto da lui nell'insegnare al padrone
le voluttà, lo fece accusare da un servo di essere stato
amico a Scovino. Nerone ne desiderava la morte, anche
per impadronirsi delle sue ricche mense. Onde Petronio,
veduto che non vi era scampo, non istette a indugiare
tra speranze e timori, ma non corse nemmeno precipi-
toso a morire. Scherzò colla morte; si fece aprire, poi
richiudere, e quindi riaprire le vene, parlò burlescamente
agli amici, si fece leggere, non detti di filosofi sull'im-
mortalità dell'anima, ma versi piacevoli; dette agli schiavi
denari e bastonate, passeggiò e dormi per dar sembiante
1 Tacito, Ann.. XVI. 10, 11.
2 Tacito, Ann.. XII, 31, <• XVI, 11, 15; llcnzrn, Ada frat. Arra!., pag. LXXV.
3 Tacito, Ann.. XVI, 17.
Gap. IL] ACCUSE A PETO TRASEA E A BAREA SORANO.
413
di volontaria alla morte forzata; non scrisse nei codicilli
ninna adulazione ai po-
tenti , fece spezzare un
prezioso vaso potorio co-
statogli 300 talenti, perchè
non potesse goderne Ne-
rone, e lasciò descritte
tutte le foggie nuove delle
ribalderie di lui, e gliele
mandò sigillate *.
Dopo tante uccisioni
Nerone volle, dice Tàcito,
spiantare la stessa virtù
collo spegnere Peto Tra-
sea e Barca Sorano, già
odiati da lungo tempo am-
bedue.
P. T rase a Peto, nativo
di Padova, era uscito dal
senato, quando gli altri
celebravano la uccisione
di Agrippina: non assistè
ai funerali di Poppea, non
faceva sacrifizi per la sa-
lute del principe , non
plaudiva alla sua celeste
voce, A queste colpe, ba-
stanti a dar morte, ag-
giungevansi anche le au-
daci sentenze, l'ostenta-
zione di animo libero, la
severità dei costumi e del
portamento, per cui an-
P.Trasea, statua nel Prato della Vall«
{Da disegno dell'archivio del Municipio di
Padova).
Tacito, Ann.^ XVI, 18, 10; Pliiiio, XXXVII, 7.
Van-.nucci — Storia dell' Italia antica — IV.
414 CONDANNA DI SGRANO E DI SUA FIGLIA SERVILIA. [Lib. VII.
dava celebrato in Italia e nelle province. Sorano aveva
l'odio di Nerone per la severa giustizia esercitata nel-
l'amministrazione dell'Asia. I due onesti cittadini erano
coi severi costumi perpetuo rimprovero alle brutture di
corte, e quindi fu decretato di spegnerli.
Nel giorno del giudizio, del quale non poteva farsi a
meno con uomini di quella chiarezza, fu cinta la Curia
di milizie e di sgherri togati, e le basiliche e le piazze
vicine si empirono di squadre a minaccia dei giudici: e
per questo apparecchio 1' assemblea dei padri apparve
compresa, non della tristezza nota e solita per la conti-
nuità dei pericoli, ma di nuovo e più profondo terrore.
Nerone non osò di comparire alla Curia, e mandò a leg-
gere dal questore una sua diceria. Tre infami delatori
Eprio Marcello, Capitone Cossuziano e Ostorio Sabino,
tirati da speranza di grossa preda, dissero a gara parole
minacciose al Senato e feroci agli accusati. A Trasea,
tra le altre cose, imputarono il dispregio di ogni reli-
gione, perchè non adorava Nerone, e le lodi date a Ca-
tone, e l'aver settatori, e infine il silenzio con cui con-
dannava tutti i fatti del principe. A Sorano apposero a
colpa l'amicizia tenuta con Plauto, e l'ambizione di con-
ciliarsi la provincia per far novità. Fu implicata nella
causa anche la sua figlia Servilia, giovinetta di 20 anni,
vedova di un marito esiliato, e accusata di avere speso
denari per consultar maghi contro Nerone. Ella, condotta
in senato, non osava guardare in faccia il vecchio padre
stimando di avergli accresciuto i pericoli: e quando la
interrogarono sugli ornamenti femminili venduti per fare
misteriose cerimonie, piangendo e abbracciando gli altari
rispose, non aver supplicato empi Dei, ne chieste con
sue preghiere infelici se non che fosse salvo l'ottimo
padre, per cui non che le gemme darebbe anche la vita.
Sorano, non lasciandola finire, chiese che la sua causa
fosse separata da quella della figlia, rea solamente di
i
Gap. IL] MORTE DI TRASEA. 415
soverchia pietà, e correva ad abbracciarla, se non lo re-
spingevano brutalmente i littori.
Furono condannati tutti alla morte, lasciata loro sola-
mente la libertà di sceglierne il modo.
Trasea sentì la condanna mentre nei suoi giardini era
a crocchio con uomini e donne illustri, attendendo prin-
cipalmente a Demetrio filosofo, cui domandava della na-
tura dell'annua e della disgiunzione di essa dal corpo.
Esortò gli amici piangenti a ritrarsi, affinchè il prati-
care con un condannato non portasse loro sciagura. Alla
moglie Arria, che voleva imitare la fortezza di Arria sua
madre *, ordinò di vivere come unico sostegno alla co-
mune figliuola, vedovata di Elvidio Prisco, che la stessa
sentenza dannava all'esilio. Poscia fattesi tagliar le vene
alle braccia, offrì il suo sangue a Giove Liberatore, e morì
impavidamente. Gli accusatori Marcello e Capitone eb-
bero ciascuno cinque milioni di premio (919,049 lire ital.),
e Sabino un milione e 200 mila sesterzi ('220,571 lire it.)
cogli ornamenti della questura ('').
Né fra tanti misfatti cessavano mai le orgie e le feste,
e le letizie delle danze e dei canti. Roma, contaminata
del sangue più illustre, festeggiò solennemente Tiridate,
venuto a prendere la corona di Armenia, accompagnato
da moglie e figliuoli, da tremila cavalieri Parti, e da nu-
mero grande di Maghi. Il suo viaggio fu come una marcia
trionfale. Nerone gli andò incontro a Napoli, gli détte
(«) Tacito, Ann., XIII, 4'.), XIV, 12, XVJ, 21-35; Dione Cassio, LXII,
26, 27; Svetonio, Ner. , 37; Plinio, Epist. , VII, 19, VIII, 22; Plutarco,
Praacept. ger. Reipubl., 14, e Cut. Min., 25 e 37; Giovenale, V, 30; Mar-
ziale, 1, 9. Tutte le notizie tramandateci dagli antichi su Trasea si pos-
sono vedere raccolte nel libro di Raffaele Mecenate, intitolato: l)e Thrasea
Paeto eiusque genero Hekidio Prisco commentarius , Romae 1823, di
cui il Giornale Arcadico, voi. XIX, pag. 87, e segg., détte un estratto; e
in Hoits-ema, Dispiitalio hislor. de P. Thrasea Paeto, Groningae 1852.
» Vedi sopra pag. 362.
416
ACCOGLIENZE AL RE TIRIDATE A ROMA. [Lib. VIL
un grande spet-
tacolo di gladia-
tori a Pozzuoli, e
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quindi lo condus-
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se a Roma. La
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tore, lo chiamò
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venerò come Mi-
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dell' Oriente * e
Statua
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conti, Monum. lìorgha
(li Tiriilate d'Armoni
.. XXII, n. 1).
Nerone, rialzan-
dolo, lo baciò, gli
pose in testa la
coroi
la,
e lo gridò re. Poi lo ebbe" a
sontuoso convito, e
quindi
lo coiidus.se i
a
teatro di Po
npeo, fatto a bella
i
€ap. II.] FESTE, CANTI, CRUDELTÀ, E DISEGNI DI GUERRE. 417
posta coprir d'oro in quel giorno: e vago di mostrare
allo straniero la virtù di cui più si gloriava, vestito da
Apollo sfoggiò nel Circo la sua destrezza a regger cocchi
e cavalli, e cantò al suono della cetra, destando di sé
profondo dispregio nel Parto, il quale disse apertamente,
che non comprendeva come il prode Corbulone potesse
star soggetto a un tal uomo. Nerone volle essere da lui
istruito nei misteri della magia, per apprendere a par-
lare colle ombre e cogli spiriti infernah. Poscia, riman-
dandolo al regno di Armenia, lo colmò di doni e per le
spese del viaggio durato nove mesi gli fece pagare 800
mila sesterzi (147,047 lire ital.) al giorno *.
Anche gli spettacoli, dati per fare ammirare la sua voce,
erano occasione a nuove crudeltà, e vi correva pericolo
chi dalle spie fosse notato non plaudente e non lieto.
Vespasiano, dormicchiante nel tempo del canto, ebbe in
appresso una grande sgridata da Febo, liberto, e a mala
pena ne uscì salvo. Percosse toccavano agli Italiani e ai
provinciali, non pratichi di tali lascivie, e non tolleranti
della disonesta fatica dei plausi comandati -.
Pei successi d'Oriente Nerone aveva avuto onori mi-
litari, e il Senato gli ordinò statue, archi e continui con-
solati ". Egli, fra tante follie e crudeltà aspirò pure alla
gloria di scopritore dei segreti del Nilo, e mandò due
centurioni a cercarne le ignote sorgenti; e un giorno
«bbe anche vaghezza della gloria delle armi, e meditò
guerra agli Etiopi e ad altre nazioni*: ma tutto finì
con un viaggio da artista.
Dopo i plausi di Roma e d'Italia ardeva di farsi am-
mirare dalla Grecia, patria delle arti, dalla quale gli
erano inviate spesse corone, anche per gare a cui non
1 Svetonio, Ner., 1:3; Dione Cassio, I.XIII, 1-7-, Plinio, XXX, C, XXXIII,
2 Tacilo, Aim.^ XVI, 1, 5.
3 Tacito, Ann., XII!, 11.
4 Seneca, Nat. Quaest., VI, 8; Tacito, Ann.^ XV, 30; Plinio, VI, 35.
418 VIAGGIO ISTRIONICO DI NERONE IN GRECIA. [Lib. VII.
avea preso parte. Onde gridando che i soli Greci si in-
tendevano di canto, e soli erano degni dei suoi cari
Anni di Ro- studi, partì per la Grecia con splendidissimo corteggio,
G^c S ^^ con un esercito di istrioni e di citaristi, armato di cetre,
di plettri, di maschere e di coturni. Cantò dapprima a
Corcira; poi corse trionfante per tutte le città omeriche,
tranne Sparta e Atene, per paura di Licurgo e delle Furie
vendicatrici dei delitti: ne osò di farsi iniziare ai misteri
Arco trionfale di Nerone a Roma {Donaìdson, Arcliit. Niim.^ p. 222).
di Eleusi vietati con orribili imprecazioni agli empi e agli
impuri. I Greci fecero celebrare per lui tutti i giuochi
ricorrenti in successivi anni ad Olimpia, a .Nemea, a
Delfo, a Corinto: ed egli entrò in tutti gli aringhi, si fece
gridare vincitore di tutti gli istrioni, e cocchieri e can-
tori, ed atleti di cui, per risplendero solo, ordinò che
fossero abbattute le statue: coronalo alla corsa anche
Oap. II.] VITTORIE NEI GIUOCHI, RAPINE E UCCISIONI. 419
quando cadeva rovesciato dal carro, coronato quando
sul teatro rappresentava le parti di Canace partoriente,
e quelle di Oreste matricida, di Ercole furioso, di Edipo
cieco. Un consolare romano facendo da araldo gridava
alle attonite genti : Nerone Cesare vincitore corona il i^o-
polo romano e il mondo a cui impera. Furiosi da ogni
parte gli applausi: e Nerone a largheggiare di pecunia
e del premio della cittadinanza romana coi giudici delle
sue valentie; e da Corinto dette libertà e immunità a
tutta la provincia d'Acaia («).
Qui pure alle feste uni le rapine e le stragi, mentre 1
liberti Elio e Policleto uccidevano e rubavano a Roma
in suo nome ^ A Delfo, sdegnato dell'oracolo che gli ri-
cordava i suoi delitti, rubò le ricchezze del tempio, con-
fiscò il sacro campo di Cirra, volle esterminare i sacerdoti.
Altrove mescolò il greco col sangue dei nobili romani,
tratti con se come mallevadori di ciò che accadesse sul
Tevere. Fieramente geloso e pauroso del prode Corbu-
lone e della gloria acquistata colle sue imprese nell'Asia,
per liberarsene lo chiamò in Grecia con lettera inganna-
trice. 11 valente e fedele soldato obbedì, e appena giunse
a Cencrea, porto di Corinto, ebbe ordine di morire: ed
egli si ferì di sua spada, dicendo di aver meritato tal
sorte, per essersi serbato fedele al vile istrione e all'in-
fame incendiario. Presi ai medesimi lacci ebbero pari
sorte i due fratelli Proculo e Rufo di casa Scribonia,
proconsoli dell'Alta e della Bassa Germania -. Nerone,
ambizioso di tutte le glorie, a Corinto imprese il taglio
(«) Dione, LXIII, IO, 11 e 14; Svetonio, 21, 23, 24 e 34 ; Plutarco,
Flamìn., 12. Alla libertà data alla Grecia si riferisce la medaglia in cui
vedesi la Vittoria incedente col pileo della Libertà. Vedi Cavedoni, in
Annal. Isiit., 1851, pag. 245.
1 Diono, I.XIII, 12.
3 Diune, LXIII, 17.
420 TAGLIO DELL'ISTMO DI CORINTO. [Lib. VII.
dell'istmo, già tentato invano da Demetrio Poliorcete,
e progettato da Cesare e da Caligola *. Con una zappa
d'oro, cantato l'inno di Anfitrite e di Nettuno, al suono
delle trombe détte egli stesso principio solenne all'opera
fra i plausi del popolo. Numero grande di soldati, di
schiavi, di condannati, e seimila prigionieri Giudei, man-
dati da Vespasiano, attesero alacremente all'impresa, cui
lavorò incatenato anche il filosofo Musonio Rufo fatto
venire da Giaro dove stava a confino: e in breve scavato
il canale per quattro stadii, ne avevano fatto la quinta
parte quando venne ordine di cessare il lavoro perchè
il malcontento di Roma, e le agitazioni dell'Occidente
trassero Nerone ad altri pensieri («).
Già era stato più volte sollecitato a tornare a Roma
dove le cose si mettevano male. Alle prime lettere egli
rispose che non aveva colto ancora tutti gli allori del-
l'arte. Alla fine il liberto Eho venuto a lui in gran fretta
da Roma gli disse di una grande congiura intesa a cac-
ciarlo di trono. Allora il cantore, posto giù ogni altro
Annidi Ro- disegno, lasciando libera e insanguinata e spogliata la
GX'.'k. ' Grecia, senza curare il mar tempestoso, s' imbarcò alla
volta d' ItaUa , e giunse a Pozzuoli, carico di palme e
(«) Svetonio, Ner., 19; Dione, LXIII, 16; Giuseppe Flavio, Guerra Giud.,
Ili, 10, in fine; Filostrato, Vita d'Apollonio Tianeo , IV, 24, e V, 19;
Luciano, Nerone, o del taglio dell'istmo; Lucano, VI, 57.
Fu detto che Nerone lasciò da parte l'impresa perchè gli scienziati
egiziani, misurata la superficie dei due mari, assicurarono che se l'opera
fosse stata compiuta, le acque del golfo di Corinto più alte di quelle del
golfo Saronico riversandosi intorno all'isola di Kgina l'avrebber sommersa.
Luciano, che riferisce questa voce, non le dà fede alcuna, e non crede alla
disuguale altezza delle acque, e fa dire a Musonio che Nerone non si sa-
rebbe tolto dal taglio neppure se gliel avesse detto Talete con tutta la
fisica e la sapienza che aveva, perche egli era più pazzo di cavare che
di cantare in pubblico: e afferma che fu tratto di Grecia e dell'istmo
dal movimento dei popoli dell'Occidente e dall'ardimento di Vindice.
1 riiuio, IV, 5; Slrabono, I, 3; Svt-tonio, Caes.^ !l, Cuìig., 21; riiitavco, Ces.^ 'ì^.
Gap. IL] RITORNO TRIONFALE DI T>^ERONE IN ITALIA. 421
trofei. Di là su carro tratto da bianchi cavalli fece la
sua trionfale comparsa a Napoli, entrando per una brec-
cia fatta alle mura, come usavano in Grecia i vincita!
dei giuochi. La medesim^a scena fu ripetuta ad Anzio, ad
Alba e a Roma. Qui entrò con accanto il citaredo Dio-
doro, sul carro che servì ai trionfi di Augusto, in veste
purpurea, e clamide ricamata a stelle di oro, portando
nella destra la corona dei giuochi Pizii, e coronato di
oleastro; e ostentò 1800 corone ('') riportate di Grecia,
e sah al Campidoglio e poi al Palatino e al tempio
d'Apollo, accompagnato da soldati, da cavaUeri e da se-
natori festanti. Gli fecero sacrifizi, lo ricoprirono di pro-
fumi e di fiori. Da ogni parte gridavano furiosamente:
evviva Nerone Apollo, Nerone Ercole, Nerone vincitore di
tutti i giuochi. Il Senato gli decretò feste più numerose
dei giorni dell'anno. Egli si fece ritrarre da citaredo in
statue e medaglie (''); e deificato e adorato continuò nelle
orgie, nelle rapine e nel sangue, finché il mondo non fu
stanco di quella tirannide mostruosa K
La tempesta mosse dalle afflitte province e dagli
eserciti, stati cagione di perpetua paura al cantore -:
Io scoppio primo fu nelle Gallio, dove era vicepretore Ann! di ro-
C. Giulio Vindice, discendente dagli antichi re d'Aqui- G^c'ck '
tania, uomo di gran cuore, di interi costumi, ardentis-
(") Le corone furono poste nel Circo, sul grande obelisco che ricorda
le conquiste di Sesostri; ed è quello stesso che oggi sorge sulla Piazza
del Popolo.
(^) La medaglia che uniamo alla statua sedente del citaredo ha nel
dii'itto la testa di Nerone radiata colla legg^enda: nero claud. {ius) caesak
AUG. (ustvs) GERMANI [cus): 6 nel rovescio Io stesso Nerone stante in
veste da donna, in atto di cantare e di accompagnarsi colla lira, e at-
torno le parole: pontif. [ex) max. [imiis) tr. {ìbunitia) p. [oteslatc)
IMP. {eì^ator) p. p. {Pater Patriae). Cohen, Mcd. frapp. sous l'emp. rom.,
voL I, pL XI, n. 214.
1 Svetonio, Ner., 22-25; Dione Cassio, LXIII, lS-21.
2 Tacito, Ann.. XIV, 51, 57, XV, 59.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 5:5
RIVOLUZIONE NELLE GALLIE E NELLE SPAGNE. F Lib. VI
bimo di libertà, e scampato per sue arti da Nerone *.
Edi non agitava pensieri d'indipendenza, ma voleva
sottrarre la provincia nativa e l'Impero dal governo del
NeruiK.' citaredo Visconti^ Miis. P. Clem ^ voi. IH, 4; o Cohen).
sozzo tiranno. Non forte di esercito sollevò la nazione,
ricordandole le rapine e le vergogne patite, e, raccolti
1 Plinio, XX, n.
I
Gap. II.J PAURE E STOLTEZZE DI NERONE. 423
100 mila uomini nella Gallia centrale, offri l'Impero al
vecchio Sulpicio Galba, governatore di Spagna, pregan-
dolo con ripetute lettere a farsi liberatore del genere
umano. E questi, dopo molte incertezze, si messe nella
impresa, fece leva di uomini, trovò seguito grande, ec-
citò col narrare le crudeltà di Nerone, e promise ogni
cura alla patria, chiamandosi non imperatore, ma ca-
pitano del Senato e del popolo romano '.
Nerone, che già altra volta aveva creduto di vedere
segni di novità nei fulmini, che nella villa di Sublaqueo
(Sabiaco) gli colpirono le mense 2, ebbe le prime notizie
di Gallia a Napoli, dove stava tra le usate libidini, e
sul primo fu lieto di quei moti, sperandone occasione a
nuove vendette e rapine. Né si mosse, né fece risposta
agli avvisi, finché non seppe che Vindice nei suoi bandi
Io chiamava un tristo cantore. Allora andò sulle furie,
affidò le vendette al Senato, andò a Roma, mise una
taglia al ribelle, ordinò gli muovessero contro le legioni
d'Uliria e del Reno ^. Gli arguti di Roma scrivevano sulle
mura e sulle colonne, che i Galli cantando lo aveano
svegliato *. Ma gli durarono poco i gravi pensieri. Dopo
le agitazioni della prima paura tornò alle libidini, ed era
tutto nel provare e mostrare al pubblico uno strumento
di nuova invenzione. Poi nuovi terrori alla notizia della
sollevazione di Galba: si stracciò le vesti, dòtte della
testa nel muro, non poteva persuadersi di avere a lasciar
l'Impero prima di morire. Altre novelle non triste lo ri-
condussero alle gioie dei canti e dei lauti conviti, ove
recitò versi contro i ribelli: e m.editò di assassinare tutti
i duci degli eserciti, fece vendere a Roma i beni di Galba,
che in risposta prese i possessi di lui nelle Spagne: si
1 Plutarco, Galba^ 4, 5; Svetonio, Galba^ 9, li); Dione Cassio, LXIII, 22, 23
2 Tacito, Ann.. XIV, 22.
3 Tacito, Hist.. I, 9.
* Svetonio, Ner.. 15.
424 VINDICE E VIRGINIO RUFO A VESONZIO. [Lib. VII.
apparecchiò a dare le province rivoltate al saccheggio,
a fare uccidere tutti i Galli che erano a Roma, ad .avve-
lenare il Senato a un convito, a incendiare la città, a
scatenare le bestie feroci contro il popolo. Parve pen-
sare anche alla guerra, ma al modo solito, non trascu-
rando tra gli apparecchi le vetture pei suoi strumenti di
musica, e per le cortigiane vestite e armate a foggia
di Amazzoni. Disegnò pure di presentarsi senz' armi ai
ribelli, sperando d'intenerirli col pianto; e già preparava
gU inni per tale vittoria '.
Ma i sogni dello stolto svanirono presto. 1 cittadini
non risposero all'appello, e negarono soldati e denaro.
La plebe affamata e turbolenta: la città piena di satire
e di grida, e di presagii annunziatori di estrema rovina 2.
Sempre più tremendi gli annunzii di fuori: la rivoluzione
allargatasi in Lusitania, dove Ottone seguiva la parte di
Galba, e in Germania ^, dove L. Virginio Rufo, capo delle
legioni, si dichiarava nemico a Nerone, sebbene ripro-
vasse le sollevazioni di Gallia e di Spagna. Virginio,
uomo di antica severità, sosteneva, l'Impero doversi dare
dai liberi sutfragii del Senato e del popolo, non dai sol-
dati: e corse a frenare i moti delle Gallio. A Vesonzio
(Besanzone) ebbe un abboccamento con Vindice, ed era
sul punto di intendersi con lui, desideroso di abbatter
Nerone, non di sottrarre le Gallie all'Impero, quando i
due eserciti venuti alle mani, senza ordine dei capi, fe-
cero grossa battaglia, e i Galli perderono 20 mila uomini
e Vindice stesso, spentosi di propria mano al veder ca-
duta tanta speranza di libertà. Le legioni vincitrici gri-
darono imperatore Virginio, che fermo nel forte proposito
ricusò quell'onore, ripetendo che il dar l'Impero non ap-
parteneva ai soldati *.
1 Svctonio, Ner., 40-11.
• Svoionio, Galba, 1.
3 Plutarco, Galba. 2.); Svetonio. Ncr., 17; Tacito, Hixt., I. r.:^.
4 I)i.;nc, I.XIII, 21-25; Tacito. Illst. . 1, H, IV, 17; Svotoaio , Ner. . 10, GaU,a , \\\
riutarco, Galba. G; Plinio, £/)?sf.. Il, 1, e VI, H).
Cap. II.] FUGA DI NERONE 425
Nelle Spagne Galba tornava alle antiche dubbiezze, e
stava per lasciare l'impresa. Un capo eli ardimento e
senno avrebbe potuto trar profitto dalle incertezze del
vecchio governatore, come dai contrasti di Gallia. Ma
Nerone, frugato dalla rea coscienza e perseguitato dal-
l'odio e dalle grida universali, tremava di suprema paura,
e cadeva nel precipizio. Lo abbandonarono anche quelli
tenuti più fidi, e invano mandò e andò in cerca di essi.
Lo stesso Ninfidio Sabino, inalzato non ha guari al grado
supremo di prefetto del pretorio, trasse i pretoriani alla
parte di Galba con promessa di larghissimi donativi. Lo
sconcio tiranno, non trovando neppure un gladiatore
che gli desse la morte, e ondeggiante fra disperati pen-
sieri, ora voleva gettarsi nel Tevere, ora ricovrarsi in
Egitto a vivere del suono della sua cetra, ora tra i Parti,
ora alla misericordia di Galba, o a implorare coi pianti
perdono dal popolo: ora ricordava i presagii, che gli ave-
vano promesso l'imperio d'Oriente. Quando vide saccheg-
giate le sue stesse camere, e rapito anche il veleno che
gli aveva preparato Locusta, fatto stupido aspettava il
fato estremo. 11 liberto Faonte gli offrì ricovero in una
sua villa tra le vie Nomentana e Salaria a quattro mi-
glia da Roma: ed egli accompagnato da quattro persone
nel buio della notte partì sopra un tristo cavallo, scalzo,
in camicia, col viso nascosto in un velo per non essere
riconosciuto, e, spaventato da terremoti e baleni, e dalle
grida che nel Campo Pretorio mandavano maledizioni
al suo nome e felici augurii a Galba, per tragetti e male
vie si ridusse affannato alla villa, ove per non essere ve-
duto entrare dalla porta passò da un'apertura, fatta nella
parte più nascosta del muro. Ma quasi subito vi fu rag-
giunto dalla notizia, che il Senato lo condannava a pe-
rire di supplizio all'antica. Egli domandò qual fosse questo
supplizio, e udito che consisteva nell' inforcare il collo
del reo, e nel battere colle verghe pubblicamente il nudo
426
E SUA SCONCIA MORTE.
[L1B.VII.
corpo finché spirasse, fu preso da più fiera paura, e
trasse di sotto due pugnali, ne tentò la punta, e poi li
ripose dicendo, che ancora non era giunto il fatai mo-
mento. Chiese all' infame Sporo che cominciasse i la-
menti, pregò che alcuno gli facesse cuore col proprio
esempio ad uccidersi, e si rampognò di viltà. Alla fine,
Nerone (Mongez, Icon Rom.^ pi XXX, u. 1).
all'udire il rumore dei cavalli correnti a cercarlo, ripetè
il verso d'Omero « Sento il rumor dei pronti corridori » *,
e rammaricandosi che in lui finisse un artista si grande,
coU'aiuto del liberto Epafrodito si dette del pugnale nella
J Iliade, X, 535
Gap. II.] NERONE ANTICRISTO. 427
gola, e sconciamente, come aveva vissuto, morì ai 9 giù- ''n'Ja'sfi^'di
gno all'età di 30 anni e sei mesi, nel decimo quarto anno g. e. es.
del suo principato ("). Due nutrici e Atte sua concubina
gli prepararono rogo e funerali, e lo deposero nel se-
polcro di casa Domizia sul colle degli Orti, ove è oggi la
lieta passeggiata del Pincio *.
Lasciò Roma e l'Italia piene di sangue e di devasta-
zioni e rapine, e contaminate da non più viste libidini,
delle quali durò vivo il ricordo fino all'età più lontane.
Se egli fu adorato e desiderato dalla canaglia, per cui
ridusse la vita a un baccanale continuo, nella memoria
di tutti gli uomini onesti rimase come l'infamia più
grande del mondo. Nella fantasia dei Cristiani orrenda-
mente straziati divenne l'ideale del male, generato da
una potenza satanica; scomparso e non morto, per essi fu
l'Anticristo, la Bestia annunziata dal Veggente di Patmos,
il mostro destinato a ricomparire nei giorni precedenti
la distruzione del mondo {''). Il suo orribile nome si vede
ancora cancellato da più epigrafi greche e latine ^. Anche
sul finire del secolo undecimo le genti credevano di ve-
dere l'orrendo fantasma uscire dal sepolcro, ed errare
sulle alture d'attorno: e la chiesa di S. Maria del Popolo
C^) Clinton (Fast. Rom., I, 52) calcola la vita di Nerone a 30 anni,
cinque mesi e ventisei giorni contando dai 15 decembre 790 ai 9 giu-
gno 821. Vedi Merivale, voi. VI, pag. 358, e Conf. Svetonio, Ner., 57.
(») S. Agostino, De Civ. Dei, XX, 19; Lattanzio, Div. Instit., VII, 17,
e De mortib. persec, 2; Snlpicio Severo, Hist. sacra, II, 28, 29; Mal-
yamìa., De Antichristo,\\Wi\xnàe.Q,\m, Romae 1604; Renan, L'Antechrist,
Paris 1873, pag. 178, 350 e segg., e chap. XVI e XVII.
Nell'opera del Malvenda il libro sesto narra in 22 capitoli particolar-
mente i vizi, le frodi, le arti infernali, le magie, le rapine, le profusioni,
le sontuosità, le libidini e tutte le mostruosità di Nerone Anticristo.
1 Svetonio, Ser.. l;!-50-, Dione Cassio, LXII!, 2(5-2;) ; Sii-pplementa ad Tacit.^ Ann.,
XVI, 06, e se-'g.; Nibby, Roma antica. II, [lag. 315.
2 Vedi Letronne, Recueil des inscriplions de V Egypte , toiii. I, pag. 410, toni. II,
pag. ISl, 160; Creili, 725, 7Ì9; Henzen, 5106; Momiuscn, Inscript. regni Neap., 2163.
428 FINE DELLA STIRPE DEI CESARI [Lib. VII.
fu edificata per cacciar via quei terrori'. L'esecrato
nome rimase congiunto a più rovine della campagna di
Roma, ove popolarmente fu chiamato sepolcro di Nerone
quello che, oltre il quarto miglio della via Cassia, l'epi-
grafe dice eretto a P. Vibio Mariano; e sulle amene
rive di Pozzuoli e di Baia dura sempre l'atroce memoria
del matricida. Al suo tempo, quasi non bastassero i fla-
gelli della mano del principe, l'Italia fu percossa anche
da tempeste e malori. La Campania fu devastata da trombe
di venti, che abbatterono ville, arbusti e biade fin presso
a Roma; e una gran pestilenza uccise ogni generazione
di mortali e 30 mila persone in città '^. Caddero fulmini
più che in nlun altro tempo, splenderono continuamente
sinistre comete. È narrato anche di strani predigli, di
uomini e d'altri animali nati con due teste, e di fiumi
che corsero indietro ^, ma il prodigio maggiore fu, che
fosse sopportato quattordici anni questo nemico del ge-
nere umano (").
Con Nerone finì la progenie dei Cesari, la quale comin-
ciata coi Giulii e invano rinforzata per via di adozioni
cogli Ottavii, coi Claudii e Domizii crescendo sempre di
ferocia, negli ultimi cinquant'anni riuscì a distrugger sé
stessa. Fra quelli che tennero il supremo grado Augusto
solo finì la vita tranquillo. Gli altri, uomini, donne, gio-
vani e vecchi nella massima parte finirono di ferro, di
veleno, di stenti e di fame. La morte naturale fu allora
una eccezione per chiunque avesse parentela coi de-
spoti, divenuti carnefici di loro madri, mogli, sorelle,
fratelU e nipoti.
(") Xeronem loto principatu suo hostem nencris humani. Plinio, VII, 6.
1 Nibby, Roma ant.. It, 310.
2 Tacito, Ann.^ XVI, 13; Svetonio, Ner., 39.
3 Tacito, Ann., XV, il; l'iinio. II, 23, Xó, inC.
CAPITOLO HI.
Anarchia militare e guerra civile. — Galba vecchio e avaro ucciso dopo
sette mesi di regno da Ottone, inalzato dalle milizie, mentre le legioni
di Germania gridano imperatore il sozzo Vitellio. ■ — La contesa si fi-,
nisce sul Po. — La parte vitelliana vince a Bedriaco, e Ottone si uc-
cide di propria mano. — L' Italia predata e disertata dal furore dei
vincitori e dei vinti. — Orgie di Vitellio. — Flavio Vespasiano gridato
imperatore dalle legioni d'Oriente, dopo la fama acquistatasi nelle
guerre contro i fpiudei. — Guerra dei Flaviani e Vitelliani sul Po. —
Cremona distrutta. — Rolla in preda ai Flaviani. — Vitellio ucciso.
— Onori ai vincitori. — Elvidio Prisco, Mudano e Domiziano, e le
spie. — Grande sollevazione destata da Civile nelle Gallie e in Ger-
mania. — Vespasiano in Egitto. — Gerusalemme presa e distrutta da
Tito. — Vespasiano a Pi,oma. — Provvedimenti per ristorare l'ordine,
la giustizia, le finanze, i costumi, e per abbellire la città. — Tito triste
dapprima, poi delizia del genere umano. — Calamità pubbliche. —
Grande incendio del Vesuvio. — Roma flagellata dalla tirannide di
Domiziano, finché un ferro non toglie dal mondo l'atroce mostro.
(Anni di Roma 821-840, di Cristo G8-96).
e i pretoriani avevano mostrato che di-
luieva dal loro arbitrio il dare e il togliere
impero, ora l'elezione di Galba svelava il
rande arcano, che il principe poteva farsi an-
_^: ^■\\(ì fuori di Roma; e quindi sollevandosi gli
""^^"^ animi dei soldati e dei capi delle province si
apparecchiava nuova materia a rivoluzioni, ad anarchie,
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 54
430 ODII E AMORI A NERONE. [Lib. VII.
a guerre civili. Tutto l'Impero andò sottosopra: arse
guerra sterminatrice in Italia e in Roma stessa; e in po-
chi mesi tre imperatori finirono di morte violenta.
La città, morto Nerone, fece grandi allegrezze, e la
gente correva le vie col berretto degli affrancati. Con
principe nuovo e lontano pigliavano libertà il Senato e i
grandi ; e i lorcr seguaci e il popolo migliore e imparenti
dei condannati aprivano l'animo a liete speranze. Sola-
mente la plebaglia, e chi campava sui vituperi di Nerone,
erano addolorati e avidi di rumori. Non mancò chi per
più anni ornasse di fiori il sepolcro dell'osceno tiranno,
ne chi pighasse il suo nome: molti desideravano e cre-
devano, 0 fìngevano che Nerone vivesse- un discepolo
della sua scuola giunse in pochigpnesi an'impero, e in
breve si videro piti falsi Neroni, uno dei quali ebbe aiuti
dai Parti, e un altro levò rumore e trovò seguaci, e fu
ucciso nell'Arcipelago *.
Anche ora era spento il tiranno , non la tirannide.
Sulle prime Ninfìdio Sabino, prefetto del pretorio, messo
da parte Tigellino suo collega, col favore dei soldati tirò
a se ogni faccenda, comandò da padrone , e si fece sa-
lutare dal Senato benefattore della patria. Per procac-
ciarsi popolarità fece trucidare i Neroniani che gli cade-
vano in mano : poi mirando più alto, cospirò per far se
imperatore , e volle tradir Galba , come aveva tradito
Nerone. Ma non riuscì nel disegno; perocché i soldati,
sebbene accarezzati da lui, furono svolti da altri, e quando
egli si presentò al campo, invece di salutarlo imperatore,
lo trucidarono ^.
Le novelle di Roma erano giunte a Galba quando egli
pensava a lasciar da banda l'impresa, in cui era entrato
per caso, non per consiglio deliberato. Dapprima Icelo,
1 Tacito, Hist. I, 2, 1, 5. Il, S, 9; Svetonio, Ner.. :>7 ; Dione C:l<^sio, I.XIV, i) ; Dione
Crisostomo, Orat., ?0; Zonara, XI, 15.
2 Plutarco, Galba^ 8, D, 11, 13, 11; Tacito, Ilist.. I, 5; Svetonio, Galba, 11.
Gap. III.] CRUDI E SANGUINOSI PRINCIPII UI GALEA.
431
SUO liberto, poi Tito Vinio Rufino, gli recarono la notizia
che r esercito , il Senato e il popolo lo avevano eletto
all'Impero, già a lui prenunziato da Augusto, da Tiberio
e da altri. Era wn vecchio di 73 anni , discendente dai
Sulpicii, casa nobile, antica, opulenta, figlio di padre pic-
colo, gobbo, poco eloquente, e di madre bella e assai
ricca. In sua vita ora duro, ora molle. Da giovane ebbe
fama per aver dato prima d'ogni altro al popolo uno
spettacolo di elefanti funamboli. Rese culto alla Fortuna,
corse la via dei pubblici ufficii. Governò l'Aquitania sotto
Caligola, fu aspro mantenitore della disciplina militare
sul Reno, e combattè fortemente i Germani: poi sotto
Claudio rigido fino alla crudeltà nel governo dell'Affrica,
e ne ebbe gli ornamenti trionfali. Ma, vedendo correre
tempi diffìcili, si ritrasse poscia a vita solitaria, finché
Nerone non lo mandò al governo di Spagna, ove dopo
le prime severità divenne trascurato e infingardo, per
allontanare da sé i sospetti che menavano a morte ogni
mmliore
Fatto imperatore nel modo che abbiamo veduto, mosse
a piccole giornate da Spagna alla volta di Roma. A Nar-
bona gli si fece innanzi l'ambasceria del Senato, che lo
pregava di affrettar il cammino, perchè il popolo aveva
grande desiderio di lui. Ma egli continuò lentamente per
andare più sicuro. Tolse dall' esercito di Germania Vir-
ginio Rufo, quantunque ave|^e cessato da ogni resistenza,
e pose in suo luogo Ordeonio Fiacco vecchio, debole,
infermo, e non atto al governo di soldati pronti a sedi-
zione 2. Nelle Gallio alleggerii tributi ai popoli amici^e
pose enormi gravezze e diminuì i territori ai nemici, e
a più città distrusse le mura e uccise i'capi con loro
donne e figliuoli. Dappertutto spedi ordini per toglier di
1 Svetonio, Galba, 2-9; Plutarco, Galha ^ ?, e scgg. ; Tacito, Ann. ^ VI, 2(1; Dione,
LVII, 1-j, e LXIV, 1.
2 Tacilo, Hist., I, 9; riutarco, Gaìba, 10-11.
432 GOVERNO DEI FAVORITI E BRUTTURE DI CORTE. [Lib. VII.
mezzo chi gli fosse contrario, e fece uccidere a Roma i
complici della congiura di Ninfìdio, e in Affrica e in Ger-
mania i legati Clodio Macro e Fonteio Capitone, minac-
cianti rivolta *. Le quali morti, date senza processo e con
tutto il fiero arbitrio della tirannide, gli partorirono fama
di uomo crudele : e F Odio si accrebbe al suo entrare in
Roma per la strage dei remiganti, dei quali fece uccidere
più migliaia, perchè chiedevano tumultuando di rimanere
nell'ufficio di soldati, in cui gli aveva posti Nerone. Le
vie erano piene di sangue : e quell' entrata del nuovo
imperatore fra tanti cadaveri apparve orribile cosa \
Anche il suo governo non fu tale che gli conciliasse
favore, perchè, incapace a reggere di per sé cotanto peso,
si abbandonò a tre favoriti, Icelo, Tito Yinio e Cornelio
Lacone, che messere tutto a disordine. Icelo, liberto, con
grande onta dell'ordine equestre ebbe le insegne di ca-
valiere e il nome di Marziano; Lacone, uomo intollera-
, bilmente arrogante e ignavo, fu pi^efetto dei pretoriani,
e governò ogni cosa insieme con Tito Vinio già legato di
Galba nel governo di Spagna, un altro tristo, peggiore di
tutti, audace, pronto, astuto, vario di costumi, capace
di grandi ribalderie e di forti opere, infame nella sua
prima mihzia, quindi comandante d'una legione con lode,
poi lordo di una bruttura da schiavo per avere rubato
una tazza d'oro alle mense di Claudio. Costoro, intesi
soprattutto a farsi presto rkchi, per timore che la vec-
chiezza di Galba non lasciasse loro troppo tempo, ven-
devano le cariche, le dignità, i privilegi, le esenzioni, le
pene degli innocenti, le impunità dei rei: rubavano a
man salva lo Stato, e empivano di odio e di dispregio
il principe, di cui erano sempre al fianco assidui pedo-
noglti, come chiamavali il volgo, del vecchio di 73 anni 3.
' Tacito, Hist., I, 6, 7,'s, 37, r>l, G:.; Svetonio, Guì'.a ., 11, 12; Plutarco, GalhOj ir.;
Mone Cassio, LXIV, ,>.
2 Tacito, IJist., I, C; Svetonio, 12-, Plutarco, loc cil., \:>\ Dion-, LXIV, .?.
3 Svetonio, Gaìba^ 11, 15; Tacito, Hist., I, 0, 7, 12. Ili, :.'3, 'òi, ol , 'IS; Dione Cassio,
I.XIV, i>; Plutarco, Galla, 13, 2f>.
I
Gap. 1II.1 GALEA DEBOLE E INCAPACE A REGGER L'IMPERO. 433
Egli dal canto suo era frugale in sua casa, e rispetto
alla pecunia pubblica mostravasi integro custode in ogni
occorrenza: ma non avendo forza e risolutezza per tenere
fi*
^' tor^
Galba {31>'.s. Capitoì., Righetti^ I.
nella retta via i ministri, dopo essersi mostrato buono
amministratore di province apparve incapace all'impero.
E invano altri chiamava saviezza il suo andar lento. Fa-
434 MALCONTENTO DEI SOLDATI. RIVOLTA IN GERMANIA. [Lib, VII.
ceva pompa di severità all'antica; ma alle parole non
aveva corrispondenti i costumi. In nulla era uguale a
sé stesso: ora mostravasi fiero, ora rilassato: punì alcuni
partigiani di Nerone, e per la protezione di Vinio * ri-
sparmiò Tigellino, più infame di tutti, e rampognò il
popolo che ne chiedeva il supplizio. La stessa sua età
era cagione di fastidio e di beffe al volgo, che, dice
Tacito, fa concetto dei principi dalla bellezza e dal de-
coro della persona. Le brutture di corte duranti come
sotto Nerone erano meno scusate, perchè mentre questi
largheggiava in donare , Galba mostravasi parco , anzi
avaro sordidamente. Quindi l'odio dei sol-dati, cui non
dava il donativo, per la speranza del quale avevano ab-
bandonato Nerone. Ai pretoriani, chiedenti le larghezze
promesse da Ninfidio in suo nome, rispose: che egli sce-
glieva, non comprava i soldati. Il quale detto, che in altri
tempi avrebbe fatto famoso un uomo, a lui fu cagione
di pronta rovina. Perocché le milizie inasprite rimasero
materia disposta ai cenni di chiunque ardisse di far no-
vità, mentre Roma e l'Italia erano pronte a servire e a
darsi a chi vincesse, come premio della guerra 2.
Ì?ochi giorni dopo le calende di gennaio, in cui entra-
rono consoli Galba e Vinio, venne avviso che le legioni
Anni di Ro- dall'Alta Germania, irritate della falHta speranza dei
G.^a m>/' premi, sprezzando il duce Ordeonio Fiacco, si erano le-
vate a chiedere altro imperatore, di cui, per parer meno
ribelli, lasciavano la scelta al Senato, e l'approvazione
a tutti gli eserciti. Piene di malcontento anche le legioni
della Germania Inferiore, poste sotto gli ordini di Aulo
Yitellio, mandato a quel governo da Galba: e nel me-
desimo tempo si mostravano divise, inquiete e minac-
ciose anche le Gallie ^. Onde l'imperatore, pensando che
1 Tacito, HisC.^ I, 72.
2 Tacito, Hist.^ 1, 5-7; Svetonio, Galla, 12, 15, Ifi; Dione Cassio, LXIV, 2, 3; Plu-
tarco, Galba, 17, IS.
3 Tacito, Jiist., I, 51 e segg. ; Plutarco, Galba, 22; Sretonio, 10.
Gap. III.] ELEZIONE DEL SUCCESSORE E NUOVI ODII. 435
la mala contentezza di tutti venisse dall' essere lui vec-
chio e senza figliuoli, per rassicurare gli animi si affrettò
a recare ad effetto il disegno già concepito dell'adozione
di un successore. Di che fu grande il discorrere per la
città, grande 1' affaccendarsi dei favoriti. Vinio portava
M. Salvio Ottone, sperando di dargli per moglie la pro-
pria figliuola : e Ottone contava molto suU' adozione per
essere stato il primo a dichiararsi per Galba: ma il vec-
chio imperatore non volle sapere di lui, pieno di vizi e
di debiti, e in quella repugnanza fu confermato da Lacone
e da Icelo , già adombrati del troppo orgogUo di Vinio.
Alla fine fu chiamato a corte e adottato L. Calpurnio Pi-
sone Liciniano , uomo di stirpe nobilissima, grave di
aspetto, severo di costumi, e di modi all' antica. Fatta
l'adozione in palazzo ai 10 gennaio, non ostante un fiero
temporale che dava tristo augurio , fu presentato al
campo dei pretoriani come successore all' Impero. Ivi
Galba disse brevi parole, e si astenne da ogni promessa
di doni. Quindi cupo silenzio nei più dei soldati, che per
ogni poca di liberalità avrebbero levato plausi. In se-
nato molti applaudirono di cuore all'adozione, altri tepi-
damente e fintamente ("). Poi fu discorso di mandare
ambasciatori in Germania all'esercito ribellato; e strin-
gendo il bisogno di rimediare alla penuria dell' erario,
nella difficoltà di porre nuove gravezze i consiglieri di
Galba avvisarono che si facesse danaro col ripigliare i
tesori, prodigati già da Nerone ai suoi favoriti. E come
molti di questi avevano dissipata ogni cosa, fu stabilito
di andare contro chi aveva comprato da essi, e ne nac-
quero grandi turbamenti nella città, e nuovi ed inutili
odii. Fu accresciuta anche la irritazione dell'esercito col
cassare quattro tribuni dai ruoli: perchè quell'atto di
C^) Di essa è ricordo negli atti degli Arvali , che al solito fecero voti
e sacrificii. Marini, Arval., I, CXXVII, tab. XX.
536 CONGIURA CONTRO GALEA. [Lib. VII.
diffidenza, invece di essere di esempio agli altri, messe
paura e malanimo in tutti *.
Di questi errori fece suo profitto Ottone, il quale stato
il primo, come dicemmo, ad accostarsi alle parti di Galba,
ed entrato fin d' allora nella speranza di alte fortune,
, avea posto ogni studio nel far suoi i soldati con carezze
e con donativi. Lo vedemmo già compagno a Nerone
nei vizi più infami: era molle e pieno di mondizie mu-
liebri, col viso sbarbato e impiastrato, e curava la cute,
e andava armato di specchi, nascondeva accuratamente
la calvizie , si acconciava con lo studio di una mere-
trice. Tutti i cortigiani di Nerone amavano, per la uni-
formità dei costumi, costui splendido, scialacquatore,
avido di pompe e di voluttà, e pieno di gusti da grandi.
Gli astrologi gli avevano promesso l' Impero, ed egli lo
cercava ardentemente per lib,erarsi dai debiti, per aver
modo a vivere in lussurie, in ebbrezze, in ritrovi di fem-
mine: e sebbene molle di corpo e piccolo di statura, aveva
l'animo ardito a ogni pericolosa ventura "^. Quindi, appena
vide fallire la speranza dell'adozione, non avendo altro
partito alle mani, si gettò alla rivolta, e pensò ad ucci-
dere Galba e Pisone , nel tempo stesso che faceva loro
la corte, ed ebbe a principale strumento il liberto Ono-
masto, il quale, corrotti con denari alcuni soldati, tirò
facilmente a servir la congiura gli altri, aborrenti il prin-
cipe avaro: e la pessima scelleratezza fu, dice Tacito,
ardita da pochi, voluta da molti, patita da tutti.
ADDirìiRo- Ai i5 gennaio, nel sacrifizio offerto da Galba nel tem-
ucci), pio di Apollo, 1 aruspice vide segni di vicina sciagura.
Ottone, che era ivi presente, ne prese cagione a meglio
sperare per sé; e poco appresso, avvisato copertamente
da Onomasto che tutto era pronto, partì, scusandosi di
avere a comprare certe case. Appena giunto nel Fóro,
• Tacito, Hist.^ I, l?-20; Svetonio, Galba^ 15 e 17-, Plutarco, Galba^ 16 e 23.
i Svetonio, Olh... 12.
Cap. III.] OTTONE IMPERATORE. ROMA IN TUMULTO. 437
ventitré soldati lo salutarono imperatore, e mentre tre-
pirlava per causa del piccolo numero, lo posero in let-
tiga , e lo rapirono al campo , ove in breve fu gridato
imperatore anche dagli altri soldati, accorrenti da ogni
parte. Egli stendeva loro le mani, adorava la turba, ser-
viva per dominare, e con ardenti parole eccitava ai mi-
sfatti i già pronti.
La notizia del fatto giunse a Galba mentre continuava
ad affaticare con voti gli Dei dell'Impero, che non erano
più suoi. La città offrì quel giorno uno sconcio spetta-
colo di ferocia, di viltà, di paura, e di repentini passaggi
dalla gioia al dolore, dal rumore al silenzio, dalle salu-
tazioni festive alle grida di morte, ora a questo ora a
quello, a seconda dei timori e delle speranze. La plebe
e gli schiavi dapprima empirono di grida adulatrici l'atrio
imperiale, e chiesero la morte dei congiurati: e quando
lisci voce che Ottone era ucciso, moltiplicarono nelle
dimostrazioni di gioia, e più feroci di lingua apparvero
i più codardi, pronti a imprecare, poco appresso, a Galba
spento, e inchinarsi umili a Ottone vincitore.
Fra quel tumulto Pisone studiò con modeste parole
di tener fedele la coorte di guardia al palazzo, mentre
Mario Celso ed altri facevano prova di tener devoti gli
altri soldati. Da un altro canto i favoriti stringevano con
discordi consigli lo sciagurato imperatore, il quale, la-
sciato da banda il partito di difendersi cogli schiavi in
palazzo, si avviò al Fòro, sperando di frenare i ribelli col
suo aspetto. Usci in lettiga, non potendosi reggere sulla
persona, e mostrò fino all'ultimo animo intrepido a ogni
minaccia, e fermo a reprimere la insolenza soldatesca.
A un Giulio Attico, che vantavasi di avere ucciso Otto-
ne, e a prova del fatto mostrava la spada insanguinata,
disse: Comìnilitone, chi te lo Ita e ornami aio"? Ma tutto era
vano; la sedizione si faceva più furibonda, crescevano le
triste novelle. Pisone, mandato innanzi a tentare il campo,
Vanxucci — Storia dell'Italia antica — IV. 55
438
UCCISIONE DI GALEA E DI PISONE.
[LiB. VII.
Anni di Ko-
ina 822, di
e. e. OS).
era costretto a retrocedere : le milizie della città in piena
rivolta: fuggiti anche quelli che avevano mostrato più
fede e coraggio. Galba era spinto qua e là nel Fòro dal
vario ondeggiare della turba, passata dalla servile bal-
danza al terrore dei codardi. Finalmente al giungere dei
soldati dì Ottone il vecchio imperatore fu abbandonato
da tutti, e rovesciato dalla lettiga, lini trucidato e osce-
Tempio di Vesta in moneta di Vespasiuno {Doii'.tldaon, p. 60).
namente straziato dopo sette mesi d'impero, al quale
parve atto finche non l'ebbe ottenuto. Il cadavere ebbe
umile sepoltura nei suoi orti privati, sulla via Aurelia
fuori della porta Gianicolense, dalle mani di un servo.
Pisone, difeso magnanimamente da un centurione, fuggì,
sebbene ferito, nel tempio di Vesta, d'onde poi tratto a
forza dagli sgherri, fu fatto a pezzi sul limitare. Vinio,
che per salvarsi gridava di essere della congiura, cadde
Cap. III.] ATROCITÀ K GIOIE DELLA STRAGE CIVILE. 430
di più colpi davanti al tempio di Cesare. Lacone fu esi-
liato e subito ucciso; Icelo, liberto, giustiziato in pub-
blico al modo degli schiavi. Le tronche teste, infitte sulle
aste, furono portate in trionfo. Ottone fece smodata al-
legrezza di quella di Pisene, e la contemplò con occhi
insaziabili. I carnefici mostravano a vanto le mani brutte
di sangue: più di 420 chiesero premio di quelle ucci-
sioni: e Vitellio in appresso, trovate le loro suppliche, li
fece tutti punir di morte, non per amore agli uccisi da
essi, ma per provvedere, secondo l'uso dei principi, alla
sua sicurezza col metter timore della vendetta avvenire.
Tutto quel giorno andò a voglia dei soldati. Ebbero pre-
mio del sangue versato, nominarono a loro arbitrio i pre-
fetti del pretorio, fecero prefetto di Roma Flavio Sabino,
fratello di Vespasiano, già nominato a quella dignità da
Nerone. Poi, a colmo delle scelleratezze, si aggiunse la
gioia. Il popolo e il Senato precipitatisi nel Campo Pre-
torio gareggiarono in false e turpi mostre di allegrezza,
lodando il giudizio dei soldati, imprecando a Galba, ba-
ciando la mano a Ottone. Ognuno sfoggiava in adulazioni
per far dimenticare le recenti parole d'ingiuria*.
Ottone, avuti tutti gli onori dei principi e salito al trono
fra i cadaveri e il sangue, studiò di rassicurare la città
e di quietare i soldati avidi e minaccianti: e quantunque
non avesse ancora la forza da proibire il mal fare, salvò
dai loro strazi, col farlo incatenare, Mario Celso, uomo
dabbene, stato fedele a Galba fino all'estremo.
La città, spaventata da tante atrocità, ebbe nuovo ter-
rore dall'avviso, che le legioni del Reno, non potute fre-
nare da Ordeonio Fiacco e dagli altri capi rimasti fedeli
a Galba , creato nuovo imperatore, marciavano minac-
ciose alla volta d'Italia.
La rivolta, cominciata, come dissi, prima della morte
1 Tacito, Hist., I, 21- li); Plutarco, Ott., 5, Galha, '2?.-2?i\ Svetonio, Galba^ 19-20,
Oth.. 1-7, Vespas.^ 1 ; Dione Cassio, LXIV, r.-6; Kutropio, VII, 10.
440 LE LEGIONI DEL RENO DANNO L'IMPERO A VITELLIO [Lib. VII.
di Galba, non si arrestò quando egli fu spento, perchè i
soldati, non curanti di ciò che facevasi a Roma, volevano
un capo che fosse pieghevole alle loro voglie. Perciò ave-
vano inalzato all'impero Aulo Vitellio, messo da Galba al
Governo della Germania Inferiore. Era figlio del sozzo
adulatore di Caligola, di Claudio e di Messalina, e lo
rendevano spregevole vizi grossolani, e la cura soverchia
del ventre, e la insaziabile voracità, e la mancanza di
qualunque senso di decoro e di onore. Da giovinetto
avea servito alle infamie di Capri : poi fu parasito e
aiutatore dei vizi alle corti di Caligola, di Claudio, e di
Nerone, ed ebbe in premio più ufticii. Si comportò one-
stamente nel governo dell'Affrica, e questo è il solo bene
che si dica di lui. A Roma nell'ufficio di edile rubò gli
ornamenti preziosi dei templi, e gettò nella voragine
della sua gola i beni ereditati e rubati. Quando Galba lo
mandò governatore in Germania, e per causa dei debiti e
della miseria non poteva partire, si liberò dai creditori
con fiere minacce d'accuse, e trovò i denari occorrenti
al viaggio appigionando la casa paterna, e strappando
una perla dalle orecchie di sua madre Sestilia. Lieto di
aver modo a rifarsi nella provincia, e a mangiar più
che mai, al campo si porgeva familiare e triviale con
tutti, largo donatore del suo e dell'altrui, pronto a passar
sopra a ogni colpa, a far grazie, a liberar gli accusati.
Quindi subito divenne oltremodo caro ai soldati, i quali
con sediziose grida scuotendo la sua tarda natura gli
fecero parer bello l'Impero *. Ma nutriva più il desiderio
che la speranza, finche non fu più vivamente eccitato
dai legati Alieno Cecina e Fabio Valente, i quali, audaci
e avidi di farsi con una mutazione ricchi e potenti, gli
mostrarono che egli più di ogni altro era degno del-
l'onore supremo. Ai 3 di gennaio Valente , accorso in
1 Svtonio, VitelL, 3-8.
Gap. III.] E MUOVONO PER VIK DIVERSE CONTRO L'ITALIA. 441
Colonia coi cavalli e con gli ausiliari della prima legione,
lo gridò imperatore. Aderirono a gara gli altri soldati,
e ad essi furono pari in ardore i Coloniesi, i Treviri e i
Lingoni, offrendo all'esercito aiuti d'uomini, d'armi, di
denari, e ogni loro facoltà. Assentirono alla mutazione i
Galli, parte per le offese patite da Galba, parte per paura
delle minacciose legioni, e i presidi! della Belgica e della
Lionese, come quelli di Rezia e Britannia K
Per lo che i sollevati sentendosi forti chiedevano ar-
dentemente di precipitar subito all' assalto d' Italia e di
Roma: e quell'ardore, compensando il difetto del duce, che
briaco a mezzo dì e torpido per troppo mangiare, innanzi
tempo godeva la fortuna del principato in lusso infin-
gardo, fu deliberata e presa tosto la guerra. Valente mosse
con 40 mila armati per la via delle Gallio verso le Alpi
Cozie: Cecina si diresse con 30 mila uomini alla volta
dei monti Pennini (Gran San Bernardo): e Vitellio dovea
tener dietro con gli aiuti di Galha e con tutto il pondo
della guerra.
Le Gallio non fecero resistenza, dopo le triste sorti
toccate a Divoduro (Metz), dove l'esercito, quantunque
accolto cortesemente, uccise ì mila persone. Tutte le al-
tre città, tirate da amore o paura, andarono incontro e
aprirono festevoli e supplichevoli le porte a Valente, il
quale per Lione, Vienna e Savoia, giunse ricco di rapine
alle Alpi.
Più preda e sangue fece Cecina contro gli Elvezii ignari
della uccisione di Galba e ricusanti di obbedire a Vi-
tellio. Egli chiamò i Rezii a pigliarli alle spalle, ed empi
di crudeli rovine gli ameni luoghi, ove è di presente la
città di Baden nel cantone di Argovia, frequentati anche
allora per salutiferi bagni. Sacco e sangue per tutto. Gli
abitatori, fuggiti nel Giura al monte Vocezio (Boezberg)
1 Tacito, Hist.^ I, 50-59.
442 IL MONDO DIVISO TRA OTTONE E YITELLIO. [Ltk. VII.
e perseguitati per selve e caverne, caddero a migliaia
0 furono venduti all' incanto. Aventico ("), loro capitale
destinata alla distruzione, fu salva dalla parola di un
ambasciatore eloquente. Dopo, Cecina, passate fra le nevi
le Alpi, giunse alle pianure del Po, dove già una guar-
nigione dichiaratasi per Yitellio aveva tirato con sé le
più forti città transpadane, Milano, Novara, Eporedia
{Ivrea) e Vercelli K
Stettero per Ottone le legioni di Dalmazia, di Panno-
nia e di Mesia, con l'Egitto e l'AlTrica, e le altre province
lontane e le armi di oltremare. Vespasiano gli tenne fe-
dele la Giudea, Muoiano là Siria. La Spagna giurò, e poi
si volse a Vitellio (''): così molti luoghi delle Gallie, quan-
tunque fossero dati privilegii per tenerli fedeli.
Prima di venire alle mani i due tristi uomini si ten-
tarono a vicenda con lettere: Ottone offriva a ViteUio, e
questi a quello, pecunia e favori e vita sicura a patti di
lasciar l'impresa: dapprima dolcemente e con brutta si-
mulazione, poi con male parole o con rinfacciamenti
scambievoli di loro malvagità. Studiarono anche di cor-
rompersi i soldati, e l'uno e l'altro mandò vanamente
assassini al rivale ^.
Pure fra questi furori la famiglia di Vitellio a Roma
non pati oltraggio di sorta. Ottone per darsi nome di
clemente accolse fra i suoi intimi e pose fra i capi della
guerra Mario Celso, già sottratto alla furia dei soldati
e confessante la fede serbata a Galba, e promettente di
serbar fede uguale al nuovo signore. Questi apparecchiò
navi e uomini con energia insolita a lui, quantunque fra
{'^'■) Avcnches a due leghe e mezzo da Friburgo.
(^) Al giuramento allude anclie una medaglia coirepigrafe: Cunsensus
liispaniarum. Vedi Cavedoni, in Annal. Istit. archeolog., 1851, pag. 252-
1 Tacito, Hist.^ I, Cn-70.
2 Tacito, Hist.^ I, 02, 71-70; Svctonio, Oth., 8; PUitsirco, Ottone, J.
Gap. hi.] ROMA IN PREDA DELLA TIRANNIDE E DELLA LICENZA. 443
le gravi cure non iscordasse anche gli amori antichi.
Fece rialzare le statue a Poppea, e celebrare Nerone,
del quale per primo atto del suo governo ordinò di com-
piere la Casa aurea colla spesa di 50 milioni (8,846,673
lire ital.), e rendè gli ufficii ai procuratori e liberti di
esso; né fece segno alcuno di rifiuto quando plebe e sol-
dati lo salutarono Ottone Nerone; ed è detto che scri-
vendo ai governatori delle province si firmava Nerone.
Per piacere alla città fece anche dare a Tigellino la
morte, chiesta come debito puuhUco dall'universale; da
una parte perchè fautore, dall'altra perchè traditore di
Nerone. Lo scellerato, colto ai bagni di Sinuessa senza
aver modo di scampo, finì tra laidezze di concubine e
brutte diuiore la infame vita, tagliandosi la gola con un
l'asoio ^
Ma nulla rassicurava la città, incerta tra tirannide e
licenza per le frequenti mutazioni dei principi, e trava-
gliata da mali crescenti. Il Tevere straripando fece strage
di uomini e di case. Mancavano il lavoro, il denaro, le
vettovaglie: infuriava la fame, infuriavano le feroci sol-
datesche, cupide di metter le mani negli averi e nel
sangue sotto colore di difendere Ottone dal Senato co-
spirante contro di lui. Mentre egli dava un gran convito
in palagio a senatori e a nobili donne, andò un falso grido
fra le coorti, che egli era a pericolo di essere assassinato.
Quindi i soldati mezzo ubriachi corsero colle spade sguai-
nate, uccisero chi tentasse ritenerli, entrarono furiosi in
palazzo. I convitati pieni di terrore si salvarono fuggendo
come potevano per segrete uscite, e l' imperatore a fa-
tica potè frenare i tumultuanti con preghi, con lacrime,
con donativi. Anche nel giorno appresso stettero deserte
le vie e chiuse le case. 1 soldati, pieni di maltalento con-
tro ogni nobile e ricco, andavano travestiti a spiare i
1 Tacito, Hist.. I, 71, 72, 78; Plalarco, Ottone . 1-3; Svetonio, Oth.. 7.
444 OTTONE MUOVE ALLA GUERRA CONTRO VITELLIO. [Lib. VIL
segreti domestici. A ogni nuova buona o trista si cam-
biava animo e volto per non mostrare o paura o poca
allegrezza. Tutto pieni di sospetti: i tristi soli speravano
di avvantaggiarsi dei mali pubblici.
"f^^p-' '^^a
iton^' {Muxco CapUoì., Righetti^ I, 91).
Finalmente cominciava la guerra. Ottone, preparata
la llotta per assaltare la Gallia Narbonese, e commessi
fanti e cavalli a Svetonio Paolino, a Mario Celso, e a
Licinio Proculo prefetto dei pretoriani, nel quale fidava
Gap. III.] FAZIONI IN LIGURIA E NELLA NARBONESE. 445
più che in ogni altro, ai 14 marzo celebrò in parlamento
la maestà di Roma, e la concordia del Senato e del po-
polo nell'inalzare lui all'Impero. Il popolo per libidine di
servitù gli rispose con grida adulatrici e false: ed egli,
raccomandata la Ptepubblica ai Padri, e lasciato il sao
fratello L. Salvio Ottone Tiziano al governo della città
e dell'Impero, parti per la guerra, conducendo seco ma-
gistrati e personaggi a modo di corte, e molti che, non
avvezzi alle pugne, pompeggiavano in belle armi, in ca-
valli e in apparecchi di conviti e di lascivie ^
Cinque coorti pretoriane, una legione e 2000 gladia-
tori, sotto il comando di Annio Gallio e di Vestricio Spii-
rinna, andarono innanzi a pigliare le ripe del Po, e a far
testa a Cecina. Seguiva Ottone, accompagnato da truppe
scelte, non tardo né col solito lusso, ma pronto e pede-
stre, innanzi alle insegne, armato di lorica di ferro, lu-
rido*, polveroso, dissimile dalla sua fama (").
La sua flotta s' impadronì di quasi tutta l' Italia occi-
dentale fino alle Alpi marittime, e, disertata la Liguria e
sfogata l'ira feroce contro Albio Intemelio (T^en^frr.f^fZfa)^
procede alla Gallia Narbonese per arrestare le operazioni
di Valente: ed ivi menò atroce strage dei Vitelliani ve-
nutigli contro, e li forzò a ritrarsi in Antipoli {Antibo). E
la fama di questi successi tirò anche la Corsica e la Sar-
degna alle parti di Ottone -.
Dall'altra parte Cecina, felice nei primi scontri, aveva
occupato i luoghi più fiorenti dal Po alle Alpi. Compariva
in saio di vari colori e in brache all' uso dei Galli con
Salonina sua moglie, montata su nobile palafreno coperto
di porpora. Tentò di corrompere i nemici e fu tentato
C) Pedester, ìiorridus, incomptus, famaeque dissimilis. Tacito, Hist.,
II, 11. Ciò contrasta al detto di Giovenale (lì, 104): Speculum civili^
sarcina belli 1
1 Tacito, Hist.^ I, 71-90; Svetonio, Olh.^ S; Plutarco, Oliane^ 3-5; Dione. LXIV
2 Tacito, mst.. Il, 11-17.
Vannucci — Storia dell' Italia antica — IV. 50
44G DISCORDI ! CAPI, INDISCIPLINATE LE TRUPPE. [Lib. VII.
da essi: assali Piacenza con grande sforzo, e respinto
vergognosamente da Spurinna ripassò il Po, si diresse a
Cremona, e a 12 miglia da essa fu battuto di nuovo dagli
altri duci di Ottone, e avrebbe patita piena sconfitta, se
Svetonio Paolino per soverchia prudenza non suonava
troppo presto a raccolta.
Erano discordi i capi, indisciplinate le truppe. A Sve-
tonio Paolino, che era il capitano più grande di questi
tempi, e a Mario Celso, e ad altri, duci di vigore e di
senno, diceva villanie ogni peggior soldato. E Ottone,
che credeva a ogni più vile e temeva dei buoni, gli facea
tener d'occhio da Licinio Proculo prefetto dei pretoriani
non pratico di cose di guerra, con ordine di fomentare
tra essi gelosie e divisioni stimate buone a tenergli fe-
deli: e alla fine chiamò da Pioma Tiziano, suo fratello,
e lo fece supremo capo.
Dall'altro canto l'esercito di Valente, composto di Ba-
tavi, di Treviri, di Tungri, di Galli, di Liguri misti ai
legionarii, era corso agli estremi disordini. Levatisi a
tumulto contro il duce, lo avevano forzato a nascondersi
travestito da schiavo: poi impauriti dal vedersi senza
capo, e dalle conseguenze di loro anarchia, lo ricerca-
rono, gli fecero gran festa, lo portarono in trionfo. Ce-
cina e Valente si astiavano, si rinfacciavano loro colpe
scambievolmente. Ma nel pericolo, posti giù i gelosi pen-
sieri e i rancori, congiunsero insieme tutte le forze con
animo di finir la guerra in una giornata campale.
Allora Ottone tenne consiglio sul partito da prendere.
Svetonio Paolino , famoso per le sue geste di Britannia
e tenuto pel più accorto guerriero del suo tempo dimo-
strò che, mentre al nemico necessitava la fretta, l' in-
dugio era senno per essi, abbondanti di tutti i comodi,
difesi dal Po e da città forti , e vicini a ricevere pode-
rosi rinforzi di Pannonia e di Mesia. Mario Celso e Annio
Gallo furono dello stesso avviso. Ma Ottone ardeva di
Gap. III.] GLI OTTONIANI SCONFITTI A BEDRIACO. 4-17
combattere. Tiziano e Proculo per ignoranza avevano il
medesimo desiderio: battaglia chiedevano i pretoriani,
cupidi di tornare alle delizie di Roma. Quindi fu risoluto
il combattere, e con più tristo consiglio, che fece cader
l'animo a molti, spinsero l'imperatore a non pigliar parte
alla pugna e a ritrarsi coi migliori in Brescello, ove si
serberebbe all'ultimo uopo e all'Impero.
La battaglia (15 aprile), detta di Bedriaco da un borgo Anni di ro-
fra Cremona e Verona, fu cominciata sulle rive del Po. g.Vou '
I Vitelliani erano superiori d'ordine, di prodezza, di nu-
mero. Agli altri mancava la disciplina e la perizia dei
supremi capi, ai quali Celso e Paolino gridarono invano,
non doversi assahre il nemico riposato con soldati stan-
chi per una marcia di 16 miglia. Pure anche con questi
svantaggi dettero dentro ferocemente, e al principio fece
belle prove la prima legione. Poi essa perde il legato e
molte bandiere: andarono a sbaraglio i gladiatori, fu rotta
la legione decimaterza, fu sgominato il centro, fuggirono
i duci, e tutti gli Ottoniani corsero a precipizio verso
Bedriaco, e per la lunga via patirono grande uccisione,
perchè la guerra civile non permetteva di far prigio-
nieri. Dione affermò che tra questa battaglia e il fatto
accaduto precedentemente presso a Cremona perirono
40 mila uomini. I soldati fuggiti a tumulto infuriavano
contro i capi, chiamandoli traditori per volgere in altri
la propria vergogna, e a fatica furono ritenuti dal voltare
le spade contr'essi e dall' aggiungere l'infamia ai mali
della sconfitta. Nel giorno appresso, raccoltisi da varie
parti nel campo, chiesero pace al nemico e la ebbero.
Allora, dice Tacito, vinti e vincitori con lacrime dirotte
e con miseranda allegrezza esecravano le armi civili.
Nelle medesim.e tende chi de' fratelli, chi de' parenti me-
dicavano le ferite. Le speranze e i piaceri erano dubbi,
le morti e i lutti certi: non vi fu chi non avesse ninno
da piangere.
448
OTTONE SI UCCIDE A BRESCELLO.
LiB. VII.
Giunta la nuova della disfatta in Brescello, i soldati
facendosi intorno ad Ottone, con grande amore lo prega-
vano, non disperasse. Gli ricordarono che vi era ancora
un'oste fedele, e pronta a ogni estremo, e che presto
giungereblDero i rinforzi di Mesia. Ma Ottone, coraggioso
e di sé risoluto, li ringraziò di loro fedeltà, disse esser
fermo a non voler cercare con nuovo sangue civile il suo
scampo. Confortò i piangenti , premiò gli amici , pregò
tutti a partirsi per non irritare l' ira del vincitore, arse
le lettere in cui fossero parole di lode a lui e di vitupero
a Yitellio, e quindi nella notte si trafisse colla sua spada.
Così fini l'avventuriere disceso da famiglia etrusca ori-
ginaria di Ferento, antica città presso a Viterbo sulla
sinistra della via di Montefiascone, ove ne rimangono
Rovine del teatro di Feronto {Dennis).
più rovine di sepolcri, e di altri edificii tra cui sorgono
ancora maestose le rovine delie arcate, delle mura e
delle porte del vecchio teatro ricordanti le forti costru-
zioni etrusche di massi rettangolari senza cemento, unite
ai ruderi di altre opere dell'architettura romana proba-
Gap. III.] LA MORTE, LA VITA, I FATTI E I DETTI DI OTTONE. 440
bilmente dei tempi di Ottone Q'). Egli fini a 37 anni dopo
95 giorni di tristissimo regno, glorificato come un eroe
per la morte dissimile dalla sua molle vita. Tutti gli
storici celebrarono la fortezza dell'effeminato, che, fa-
cendo la scimmia a Catone, protestava di morire per la
pace di Roma. Ma altri con ragione può domandare, se
l'uomo caduto in fondo alla più vile mollezza non si uc-
cidesse piuttosto per non esser capace a lottare contro
le estreme difficoltà, e a sopportare le incertezze fra
il timore e la speranza; e se meriti lode di eroe il mae-
stro di voluttà e d'infamie a Nerone, lo sconcio merca-
tante della moglie Poppea, il quale dopo aver fuggito la
morte in battaglia mostra la forza allora comune anche
alle donne, e si uccide quando non può salvare in modo
alcuno la vita, e dice esser meglio la morte di uno per
tutti che quella di tutti per uno, quando Roma è piena
del sangue dei cittadini sparso per opera sua, e 40 mila
uomini giacciono cadaveri nelle pianure del Po per so-
stener lui corso a scellerata guerra civile per salvarsi
dai debitori, e continuare allegramente la sua turpe vita.
I soldati, facilissimi all'ammirazione pei duci larghi di
doni, e di licenza a misfare, lo piansero come uomo for-
tissimo, e parecchi si uccisero intorno al suo rogo. Poi
fecero tumulto per dar di nuovo l'Impero a Virginio
Rufo, 0 mandarlo ambasciatore per essi al nemico: ed
egli, fermo più che mai al rifiuto, si salvò colla fuga *.
Roma alla notizia della vittoria, che portava nuova
mutazione di principe, disse contumelie a Ottone ca-
(") Degli antenati di Ottone scrive Svetonio al principio della sua vita
che nacquero oppido Ferentino, familia vetere et honorata , atque ex
principibus Etruriae. Per le rovine della città e del teatro vedi Canina,
Topografia dell'antica città di Perento, in Annal. Istit. arch., 1837, e
Dennis, The cities and cemeteries of Etruria, I, 201-208.
l Tacito, ffisf.^ II, 18-51; Svetonio, Oth. . 9-12; Plutarco, Ottone^ G-18; Dione Cassio,
LXIV, 10-15. Vedi anche Marziale, VI, 32, <• conf. Giovenale, II, 99-109.
450 L'ITALIA STRAZIATA DA TUTTE LE PARTI. [Lib. VII.
duto, fece plausi a Vitellio vincitore: e il Senato, tremante,
gli decretò quanti più onori si trovarono mai per prin-
cipe stato lungamente sul trono, e con ambascerie mandò
agli eserciti lodi e ringraziamenti. Il popolo portò le
imagini di Galba intorno ai templi con corone di fiori e
d'alloro, e con esse gli fece come un sepolcro nel luogo
dove fu trucidato ^
Intanto la povera Italia rimaneva disonestamente stra-
ziata per queste infami battaglie, nelle quali trattavasi
solamente di quale dovesse prevalere tra i contendenti,
famosi per dappocaggine e per brutti costumi. Già i sol-
dati di Ottone, nel muovere alla guerra, avevano trattato
le patrie contrade come paese straniero. In Liguria di-
sertate le coste, arse e rubate le città. Albio Intemelio
{Ventimiglia) patì orribile strazio -. Dall'altra parte rube-
rie e distruzioni dei barbari venuti d'oltre Alpe. A Pia-
cenza andò distrutto un magnifico anfiteatro. I capi met-
tevano contribuzioni di ogni maniera, rubavano nemici
ed amici, e per immense rapine non si appagava la fiera
ingordigia 3. Né i mali cessavano col tacere delle armi:
dopo la battaglia le misere contrade furono afllitte più
atrocemente che in tempo di guerra. « I Vitelliani, sparsi,
dice Tacito, per municipii e colonie, spogliavano, rapi-
vano, stupravano: niun riguardo a sacro o profano: uc-
cisi i particolari nemici sotto specie di soldati di Ottone.
I soldati pratici del paese destinavano a preda i fertili
campi, le ricche case, e chi contrastasse uccidevano: nò
i capi ardivano di rattenerli. Cecina era meno avido,
ma più ambizioso: Valente, infame per brutti guadagni,
dissimulava perciò le colpe alti'ui. L'Italia, spossata già
da gran tempo, non poteva più tollerare tanti soldati, e
violenze e oltraggi » '•.
1 Tacito, Hist., ir, 5r)-, Dione Cassio, LXV, 1.
2 Tacito, Hìst., Il, 12, 13, Agric, 7.
3 Tacito, Hist., II, 21; Dione Cassio, LXIV, 10; rintarco. Oltane, G.
* Tacito, Hist.. II, 56.
Cap. III.] ORGIE E IMMANITÀ DI VITELLIO. 451
Poi rimaneva a nutrire la insaziabile voracità di Vi-
tellio, che, udita nelle Gallio la morte di Ottone, mosse
alla volta di Roma facendosi portare a modo di trionfante
in mezzo a un esercito, pieno di scompiglio, di crapule,
di baccani. Egli rideva delle rapine dei suoi familiari *, e
attendeva più che mai a grandi apparecchi di mense e a
piaceri di ventre. Fu ricerca e saccheggiata tutta l'Italia
dall'uno all'altro mare per apprestargli squisiti cibi: i
grandi e le città si rovinavano in imbandigioni di mense.
Al giungere di qua dalle Alpi gli disturbava i sozzi
piaceri il pensiero dei soldati, statigli contro a Bedriaco,
e quindi per liberarsi da quella molestia fece uccidere i
centurioni mostratisi più prodi e più devoti al nemico,
sciolse i pretoriani, rimandò gli stranieri ai loro paesi,
disperse qua e là le legioni, e seminò nuove cagioni di
guerra. Tra i capi principali Paolino e Proculo, lunga-
mente straziati, alla fine si salvarono col sostenere di
essere stati traditori ad Ottone. Mario Celso la scampò
senza viltà; e Salvio Tiziano ne uscì a nome della pietà
pel fratello, e della sua dappocaggine 2.
Tutto il viaggio fu brutto di orgie e di sangue sparso
tra i vincitori stessi, che corrotti dall'esempio del capo
venivano a risse, e si davano dei ferri nel petto. A Cre-
mona Vitellio assistè allo spettacolo dei gladiatori, prepa-
rato da Cecina, e poi volle vedere nei campi di Bedriaco
i tristi vestigi della recente vittoria, e passeggiò lieto nei
luoghi devastati dalla guerra fraterna, lordi ancora di
tabe, pieni di corpi laceri e di tronche membra, mentre
i Cremonesi gli spargevano la via di fiori, e gli uccide-
vano vittime. 11 mostro, non commosso da tanto strazio
di uomini , bevve allegramente tra i cadaveri e disse
che il sangue dei nemici mandava odor buono, e meglio
quello dei cittadini. Fu un osceno tripudio, che agghiaccia
1 Svetonio, VilelL, 10.
2 Tacito, Hisl.^ II, 00.
452 VIAGGIO A ROMA TRA RAPINE, EBBREZZE E STRAGI. [Lib. VII.
solo a pensarvi, e l'orrore si tempera al solo ricordo di
un umano alletto mostrato dai soldati, che piansero alla
fiera vista *.
Poi nuovo spettacolo di gladiatori a Bologna, e nuove
e più fiere crudeltà pel cessare della paura, che gli era
venuta dagli emuli. Neil' appressarsi a Roma si faceva
più dispregevole per lordure sue, e di eunuchi, di istrioni
e giullari amici suoi per comunanza di vituperi. Lo se-
guivano 60 mila uomini licenziosissimi, e numero mag-
giore di servi e di vivandieri. Grande anche il corteggio
dei familiari, dei cavalieri e dei senatori venuti a incon-
trarlo per adulazione o paura. Incredibili le rapine. Per
ammassar provvisioni furono devastate, come paese ne-
mico, le città e le campagne biondeggianti di messi'. I
soldati, discordi tra loro, s'intendevano solo nel rapire,
neir uccidere i miseri abitatori, e nell' empir tutto di
paura. Strage immensa accadde a sette miglia da Roma,
ove Vitellio distribuiva largamente cibo alle milizie, come
avesse a ingrassare gladiatori. Vi corse per diletto molta
plebe dalla città, e come si divertiva a scherzare to-
gliendo le cinture ai soldati, quegli animi fieri, non usi
ad esser beffati, corsero con le spade ignudo addosso
agli inermi e tra gli altri fu ucciso il padre di un soldato
che accompagnava il figliuolo. Anche Roma andò sotto-
sopra per le milizie precorsevi, che vestite di pelli di
fiere e ornate di grossi dardi, per nulla menavano le
spade ed empivano le vie di terrore e di strage -.
Vitellio fece solenne entrata sopra superbo corsiero
col popolo e Senato innanzi, e i soldati attorno. Il giorno
appresso, salito al Campidoglio, fece, con gran diceria, le
lodi della sua industria e temperanza davanti a quelli
stessi, che lo avevano veduto traversare l'Italia ebbro e
sonnolento. 11 popolo strepitò colle solite adulazioni im-
« Tacito, Hist.^ II, 70; Svetonio, VitelL. 10; Dione Cassio, I,XV, 1.
2 Tacilo, Hist.^ II, 87, 8S
Cap. lil.] FAMIGLIA, GOVERNO E VORACITÀ DI VITELLIO. 453
parate, mentre insolentivano i soldati, sparsi senz'ordine
pei portici, pei templi, per la valle del Vaticano. Cecina
e Valente, discordi e gareggianti, governavano ogni cosa,
rapivano le case, e i giardini dei particolari e le ricchezze
dell'Impero. Alla brutta corte era gara di turpitudini tra
liberti, istrioni e cocchieri fatti potenti. Feroce si mo-
strò Lucio, fratello del principe: feroce più che donna,
Triaria moglie di quello. Galeria moglie di Vitellio si
tenea modesta, ne aftlisse gli afflitti: e Servilia madre di
lui serbò l'antico costume, e non fatta baldanzosa per
lusinghe di fortuna, né per corteggiamenti, sentì solo i
mali della sua casa. Dal principato del figlio non cavò
altro che pianto e buona fama. Andò voce che fosse uc-
cisa da lui, 0 che si avvelenasse per tedio del presente
0 per paura dell'avvenire K
Vitellio attese anche a far leggi, intervenne nella Curia
a discutere, e contradetto da f]lvidio Prisco ricordò come
egli avesse già dissentito da Trasea, e fece ridere colla
temerità del confronto. Ordinò come Pontefice Massimo
le feste pubbliche, sebbene fosse ignorante di ogni ra-
gione umana e divina. Per mostrare a qual modello mi-
rasse nel suo governo, fece celebrare nel Campo Marzio
solenni funerali a Nerone, e la città pose in mano di vi-
lissimi istrioni e cocchieri. Cacciò gli indovini d'Italia, e
proibì ai cavalieri di dare spettacolo di'sè nella palestra
e in teatro, ma soprattutto era occupato a mangir.re ^.
Tutti affaccendati a preparare incredibili imbandigioni a
quella gola, insaziabile come voragine. Orgie e ubria-
chezze il giorno e la notte. Mangiava, vomitava, tornava
a mangiare. Si faceva convitare da questo e da quello, e
alcuni per lo smisurato spendere andarono falliti. Nella
cena datagli dal fratello al suo entrare in città furono
imbanditi duemila uccelli e settemila pesci rarissimi. Costò
1 Tacito, Hist., II, 63, 01, 90, 02, 03, III, 67; Svotonio, Vite'!., 11.
» Tacito, Hist.^ II, 02, .S7, 01, 95; Svetor;io, Vileìl.^ 11-11.
Van.nucci — Storia dell'Italia antica — IV. 57
454 T. FLAVIO VESPASIANO. [Lib. VII.
un milione di sesterzi (76,932 lire ital.) un piatto fatto fare
in una fornace edificata a quest'uopo, chiamato Scudo di
Minerva per la sua smisurata grandezza, pieno di fegati
di scari, di cervelli di fagiani e paoni, di lingue di pap-
pagalli e di latte di murene, pescate dal mar Carpazio
fino al mare di Spagna. Era sì lordo, che ai sagrifìzi si
gettava a divorare le viscere delle vittime, e viaggiando
entrava per le cucine delle osterie, e trangugiava ogni
avanzo. In pochi mesi détte fondo a 900 milioni (159,239,038
lire it.) di sesterzi *, e, mentre le medaglie lo figuravano
in atto di sollevare Roma prostrata, avrebbe divorato
l'Impero, se le legioni di Oriente e il nome di Vespasiano
non venivano a disturbargli i conviti (').
T. Flavio Vespasiano, che inalzò al trono la oscura
gente dei Flavi, veniva dalle terre Sabine, e sua madre
Vespasia Polla da cui prese il nome era nativa di Nursia.
Egli nacque a Falacrine, piccolo borgo al di là di Rieti (^),
dove anche oggi la valle Falacrine, e la chiesa di San Sil-
vestro in Falacrino conservano il nome antico del luogo.
Sulle prime si fece largo col blandire i potenti. Adulò
bruttamente Caligola col chiedergli di celebrare i giuochi
per la sua ridicola vittoria in Germania, col proporre in
senato che ai congiurati Getulico e Lepido fosse negata
la sepoltura: cercò la protezione dei liberti di Claudio, e
fu duce in Germania, e poscia si acquistò alta gloria nelle
guerre della Britannia, dove è detto che prese 20 città,
assoggettò l'isola Vecte (Wiglit), e vinse 30 battaglie: e ne
ebbe in premio gli ornamenti trionfali e due sacerdozi e
C) In una medaglia, coU'epigrafe Urbem restitutam, si vede Vitellio
accompagnato da due soldati in atto di sollevare Roma prostrata. Cave-
<loni, in Annoi. Jstit. archeolog., 1851, pag. 253.
(^) Nalns in Sahinis ultra Reale, vico modico, cui nonun est Pha-
lacrine. Svetonio, Vespas., 2. Vedi Gu^ittani, ^lomcnenti Sai/ini, voi. I,
p. OG-97, e li, pag. 203-264, tav. 39.
l'h'acito, nùt.^ ir, i'5-, Svttonio, ViteU.^ l:'.; rione, LXV, S-l; Plinio, XXXV, l''>.
Gap. III.]
T. FLAVIO VESPASIANO.
455
poi il consolato. Era fiero soldato, pronto di mano e di
consiglio; appariva il primo ai pericoli, sopportava disagi e
fatiche, sapeva farsi amare dai soldati senza corromperli.
Sotto Nerone ebbe favori e patì disgrazie perchè, invece
di porgersi attento e plaudente, si addormentava ai canti
del citaredo: tornò povero dal governo dell'Affrica, e
di cavalli e di schiavi. Poscia fu
S\n Silvestro Falacrino {GicnUinij.
mandato a domare la ribellata Giudea ', d'onde la fama
di gran capitano lo condusse all'impero.
I Giudei si erano sollevati, perchè non potevano più
reggere alla cruda tirannide dei governatori romani. Pi-
lato, messo colà da Sciano, vendeva le sentenze, rubava,
uccideva, e nel tempio di Gerusalemme mescolò il san-
gue del popolo a quello dei sacrifizi ^. In appresso furono
1 Svetonio, Vespas.^ 2-1; Tacito Ann., XVI, 5, Hist., U, 5, 97, Agr-, 13 e 17.
2 Filone, Legazione a Caio; Luca, Eoang.. XIII, 1.
456 SOLLEVAZIONE DEI GIUDEI. [Lib. VIL
ferocissimi i governi del liberto Felice ', come quelli dei
procuratori Albino e Gessio Floro sotto Nerone. Continue
le iniquità, le offese, le rapine, le stragi ^. Quindi fre-
quenti i tumulti: bande armate correvano i monti: cre-
sceva ogni di il desiderio di scuotere l'insopportabile
giogo, e s'infiammavano tutte le passioni religiose e po-
litiche per opera di predicatori ispirati e d'impostori
profetizzanti, i quali traevano a sé malandrini e sicarii,
e facevano farneticare le turbe, promettendo loro che
Dio farebbe miracoli per liberarle dalla schiavitù ^. Erano
divise le città e le famiglie. A Gerusalemme in numerose
assemblee gli amatori della indipendenza nazionale si
accendevano con canti e preghiere e commenti alla legge.
1 più caldi, chiamati zelanti, ripetevano doversi con
guerra disperata cacciare la dominazione straniera o mo-
rire: i più temperati volevano la lotta, ma con speranza
di accomodamenti: altri stimando mortale follia la spe-
ranza di resistere alla onnipotenza di Roma contrasta-
vano in tutti i modi alla guerra: e tra essi i non caduti
sotto il ferro degli assassini o nelle lotte della guerra
civile, ai giorni estremi si ripararono nel campo nemico.
Alla fine il partito estremo prevalse, e il grido della ri-
volta risuonò per tutte le terre giudaiche. Alle richieste
dei sacerdoti e dei nobili Floro mandò da Cesarea a Ge-
rusalemme una parte delle sue truppe. 1 soldati per più
giorni sostennero grossa battaglia contro la città solle-
vata: ma, non soccorsi, furono dalla necessità delle cose
costretti ad arrendersi. Capitolarono a condizione di aver
salve le vite, e presi e disarmati furono uccisi contro la
fede dei patti giurati. Invano Cestio Gallo, governatore
di Siria, accorse con forte oste al riparo. L'entusiasmo
1 Tacito,. //?s^. V, 0.
2 Giuseppe Flavio, Guerra Giinl.^ U, 12-1 1, Anllcìnlà Giud.^ XX, 0-9, 11; Tacito,
Ann., Xll, 54.
'i ninseppu l-'lavio, Guerra CiniL, II, 1">.
Gap. III.] VESPASIANO MANDATO A REPRIMERLI. 457
détte di nuovo la vittoria agli insorti: anche il governa-
tore fa battuto e fugato '.
Gli insorti provvidero gagliardamente alla guerra, or-
dinarono la difesa per tutto il paese, afforzarono le mura
di Gerusalemme, fabbricarono armi: la gioventù correva
a gara agli esercizi guerreschi, e le donne stesse erano
ardentissime a difendere la libertà -. Di questi gravissimi
fatti, accaduti negli ultimi anni di Nerone, giunse a lui
la novella in Acaia, mentre era intento ai trionfi di ar-
tista. A reprimergli faceva mestieri di forte esercito e
di prode condottiero, e fu scelto Vespasiano, perchè,
quantunque non godesse allora le grazie del principe,
stimavasi il solo capace a domare i ribelli, e non dava
sospetto a cagione degli oscuri natali. Egli mosse all'im-
presa con Tito suo figlio, e con oste forte di numero e
di disciplina. Radunò a Tolemaide (S. Giovanni d'Acri)
60 mila combattenti , s' intese coi partigiani di Roma
sparsi pel paese nemico, fece ogni apparecchio oppor-
tuno, e quindi cominciò l'invasione nelle terre giudaiche,
e mise tutto a ferro e a fiamme.
Non è qui luogo a narrare partitamente le prodezze
di Vespasiano, né le eroiche prove fatte dai Giudei a di-
fesa della indipendenza nazionale. Il grande e luttuoso
argomento, di cui ci lasciò i principali ricordi Giuseppe
Flavio, giudeo traditore di sua gente, fu non ha guari
trattato nobilmente da un dotto Ebreo, che aveva il
cuore e l'ingegno e l'eloquen-za da ciò (-'), e a noi non
(«) Vedi Salvador, Hialoire de la domination romaine en Judée,
Paris e Bruxelles 1847. Vedi anche Renan {L'AntecJvist, Paris 1873,
chap- X, XII e XiX) il quale più recentemente accoppiando le vicende
dei Giudei alle sorti Cristiane, e illustrandole colle tradizioni della Chiesa
nascente e della vecchia Sinagoga, espose le peripezie, l'esaltazione feroce,
f Teroismo della patria giudaica, e cercò le cause delia lotta nella singo-
1 Giuseppe Flavio, Guerra Giuri., Il, 17-20; Tacito, Hht., V, 10; Svetonio, Vespas., \.
2 Giuseppe Flavio, Guerra Giud., II, 2-2; Tacito, Hist... V, 13.
458 EROICA RESISTENZA E STRAGE DEI GIUDEI. [Lib. VII.
appartiene se non toccarne i fatti principalissimi e le
conclusioni finali.
AnnidiRo- Vcspasiano entrò in Galilea alla metà di aprile^, prese
G^c??.*^' Gadara, la dette alle fiamme, e uccise tutti gli abitatori.
A Giotapata, posta sopra scoglio di difficilissimo accesso,
i cittadini opposero una resistenza, che merita di stare
fra le più famose che ricordi la storia. Vespasiano stesso
vi ebbe una ferita di freccia. Ma dopo i-5 giorni di ter-
ribile assedio gli eroici difensori, spossati dal lungo com-
battere e dalla sete, furono vinti per tradimento di un
disertore, e menati al macello. Essi medesimi, quando
videro fallita ogni speranza di vittoria, aiutarono la strage
uccidendosi di propria mano, e gettandosi dai precipizii.
Vi furono iO mila morti, e 1200 schiavi di ogni sesso
ed età *. Furono vinte e sterminate le bande raccolte
sulle montagne. A Giaffa uccise 15 mila persone: 4000
perite alla presa di loppe, ove i sollevati armavano navi.
Tiberiade per opera di Agrippa apri le porte al nemico ;
poscia fu vinta con fiera battaglia Tarichea, città forte sul
lago di Tiberiade, e degli abitanti 6500 perirono pel ferro
nemico, 6 mila furono mandati in Grecia a lavorare,
come dicemmo, al taglio dell'istmo; 30 mila venduti al-
l'incanto; e i rendutisi a patto di aver salve le vite, e
1200 vecchi e altri, cui la debolezza toglieva ogni valore
in commercio, furono uccisi a Tiberiade nel Circo sotto
gli occhi di Vespasiano. Con valore pari alla loro fama
si difesero i cittadini di Gamala, tenuti pei più forti dei
Galilei. Vespasiano vi corse pericolo, e patì grandi danni
]are natiu'a e nelle istituzioni sacerdotali dfl popolo, che dispregiatore
della civiltà greca e romana, e odiato da tutti i vicini corse ciecamente
e inevitabilmente alla morte; e dice che in faccia a quel grande accesso
di febbre e a quella convulsione Vìiistorien, partagè entre V admiration
et Vhorreur, doil s'arréler avec respect cotnme devani iout ce qui est
mistrrieux (pag. 22G).
1 Giuseppe Flavio, Guerra Giud., Ili, 7-, Svetonio, Vespas., \.
Gap. III.] QUASI TUTTA LA GIUDEA SOTTOMESSA. 459
l'esercito, contro il quale furono rovinate le case poste
in pendìo. Qui, come a Tarichea, andò celebrata la pro-
dezza di Tito. La città cadde dopo un mese di assedio :
di 10 mila abitanti ne perirono 4 mila di ferro, e 5 mila
precipitandosi giù dagli scogli K
L'ultimo grido di libertà in Galilea suonò sulle alture
del Tabor: e spento anche questo nel sangue, le fron-
tiere e le parti settentrionali del territorio giudaico e i
distretti galilei stettero tutti in potere del nemico. I so-
pravvissuti alle prime battaglie si ripararono con mara-
vigliosa marcia a Gerusalemme, sotto la scorta del galileo
Giovanni di Giscala, uno degli eroi e dei martiri della
libertà nazionale, mentre Giuseppe, preposto al supremo
comando di Galilea, passava ad aiutar la conquista nel
campo nemico, accolto con premi ed onori, seguito dal-
l'accusa di traditore dei suoi, e quindi, nelle storie che
in appresso scrisse sui miserandi casi della nazione, in-
teso, per giustificazione di se, ad aggravare le sciagure e
le colpe dei vinti, e ad esaltare la virtii dei vincitori, a
inventare profezie adulatrici in onore di Vespasiano e di
Tito, a imaginare i miracoli del Siloe asciutto pei difen-
sori di Gerusalemme, e largo di acque per dissetare i
Romani 2. Nei due anni seguenti Vespasiano assalì le altre
contrade coll'intendimento di impadronirsi di ogni pro-
vincia, e di stringere da ultimo la metropoli da ogni
parte. Dappertutto trovò eroi pronti a combattere e a
morire per la patria: ed egli sparse ilumi di sangue,
empì il Giordano di cadaveri, incendiò e devastò cam-
pagne e città, e alla fine aveva recato in suo potere tutta
la Giudea, tranne Gerusalemme, e le fortezze di Hero-
dion, di Massada e di Macheronte 3; quando sopravven-
nero i fatti che dovevano portarlo all' impero.
1 Giuseppe Flavio, Guerra GivA-. Ili, T-10, IV, 1; Svetonio, Tlt.. 1.
2 Giuseppe Flavio, Guerra Giud ^ V, 9; Salvador, III, pag. 131. Ed. di Braselles.
3 Giuseppa' Fì'ivi... Ice. cit.. IV, 1. 2, s o 0
4G0 VIAGGI DI TITO IN CERCA DI BUONE VENTURE. [Lib. VII.
Nel tempo della guerra egli teneva l'occhio anche alle
rivoluzioni di Roma, e dopo l'inalzamento di Galba aveva
mandato Tito a onorarlo, o per essere eletto a successore,
come si diceva dal volgo: ma la sùbita novella della
uccisione del vecchio, giunta a Tito in Corinto, gli im-
pedì di proseguire il viaggio e rese vana ogni pratica.
Tito che in cima a tutti i pensieri avea quello di pro-
cacciare alla sua casa e a sé l'impero del mondo, dopo
aver consultato gli amici a Corinto, mosse in cerca di
buoni augurii. A Cipro visitò il santuario famoso di Ve-
nere Pafia ove la Dea sorgeva nella cella del tempio non
Temp
l'ain [Donaldson)
in figura di donna, ma in pietra di forma conica o pi-
ramidale, come è detto dagli scrittori e confermato dalle
medaglie ("); e sacrificò a lei molte vittime, e chiese del
(") Tacito, Ilist., II, 3; Servio, Ad Aeu., I, 720; Massimo Tirio Bissert,
Gap. III.] LE LEGIONI D'ORIENTE DISPOSTE A RIVOLTA. 461
SUO viaggio, e copertamente delle cose che dovesse spe-
rare di sé. L'oracolo gli promise mare propizio, e il sa-
cerdote, trattolo in disparte, gli confermò la speranza che
avea dell' impero. Quindi il giovane ambizioso tornò, cre-
sciuto di animo, al padre, e messe in opera l'arte e l'in-
gegno per conseguire l'intento '.
Dopo le elezioni di Galba, di Ottone e di Vitellio, fatte
dai soldati, ogni esercito ardeva di disporre dell'Impero
a sua voglia. E le legioni d'Oriente dispostissime a non
mostrarsi da meno delle altre, pensarono a inalzare al-
l'impero il vincitore dei Giudei, il quale sotto ogni rispetto
avanzava di gran lunga i tre, eletti in pochi mesi dagli
altri soldati. A questo erano accese anche dalla voce,
allora divulgata, che i fati promettessero grandezza a chi
veniva d'Oriente 2. Vi si aggiungevano pure gli interessi
di molti capi, che speravano di ingrandirsi col dare al
mondo un nuovo padrone: e fra questi era principale C.
Licinio Muoiano, governatore di Siria e comandante di
quattro legioni, uomo molle e forte a seconda dei casi,
grande spenditore, e potente per vizi e virtù, e per arti
squisite di seduttore (^). La vicinanza dei governi aveva
dapprima portato inimicizia fra lui e Vespasiano, ma po-
scia, per le pratiche di Tito, i due posero giù gli odii,
38; Mùater, Der Tempel der himmUsche Gottin zn Paphus , tab. IV,
1; Guigniaut, Religions de l'antiquitc, pi. LIV, n. 204-206. Couf. Pitture
di Ercolano, voi. III, tav. 52.
La medaglia col tempio e col simulacro di Venera che diamo incisa
sta nel Museo Britannico, ed è dei tempi di Caracalla del quale porta
dall'altra parte l'imagine. Vedi Donaldson, Arcìiiiect. Niimism., pag. 106,
n. 31.
C') Tacito, Ilist.j I, 10. Sui fatti suoi vedi Borghesi, Dei tre consolati di
Mudano, in Oeuvres, IV, 34.5 e segg.; Marini, Arua/.^ pag. 1:^9; Plinio,
VII, 40, 6, IX, 10. I, IX, 85, 3, XII, 5, 1, XIII, 17, 3, XVI, 79, 1, XXXI,
13, 1, XXXVI, 27, 1 ; e Brunn, De C. Licinio Mudano, Lipsiae 1870.
1 Tacito, Hist., II, l; Svotcnio, Tìt., 5; Criusepiie Flavio, Guerra Guaì., IV, 9, '?,.
2 Svetonio, Vespas.^ 4.
Vannucci — - Storia dell'Italia antica — IV. 58
4GL' VESPASIANO FATTO IMPERATORE DAI SOLDATI. [Un. VII.
accomunarono i consigli, e Muciano, che non poteva
sperar l'Impero per se, fermò di darlo al vincitore dei
Giudei, pel quale si adoperavano anche Tiberio Alessan-
dro, giudeo rinnegato, posto da Nerone al governo d'E-
gitto, Agrippa li, figlio dell'ultimo re di Giudea, e sua
sorella Berenice, regina di Calcide, la quale bella, grande
maestra d'intrighi, cara a Vespasiano pei suoi ricchi doni,
e am.ante di Tito, era caldissima a favorir quella parte e
a procurarle fautori '.
Le miUzie erano si infervorate per Vespasiano, che
rimasero silenziose quando dovevano prestare il giura-
mento a Vitellio ^. Eventi conformi a ogni suo desiderio
erano stati a lui promessi dal sacerdote del monte Car-
melo : sogni, prodigii, augurii e responsi di astrologi
gli avevano prenunziato l'Impero ^, ma egli andava con-
siderando le difficoltà, e pendeva incerto se a 60 anni
dovesse avventurar sé, e i due giovani figli Tito e Do-
miziano, a un'impresa piena di estremi pericoli. 1 legati
e gli amici gli fecero cuore, e soprattutti Muciano insi-
stendo con veemenza maggiore lo tolse dalle incertezze,
col mostrargli che il prender l'Impero era opera agevole,
gloriosa, utile al pubblico, necessaria alla propria salute.
Il primo a gridarlo imperatore fu il governatore di Egitto,
Anni Hi Ro- chc fcce giurare le legioni in suo nome il primo di luglio.
orc'c"'. ' Quindi giurarono le legioni di Giudea, ove pochi soldati
dapprima, poi tutti lo salutarono Cesare e Augusto, e gli
dettero ogni titolo del principato. Giurarono unanimi e
liete le legioni di Siria cui fu detto che Vitellio delibe-
rava di tramutarle dalle dolcezze e dai riposi di quella
regione ai freddi e alle fatiche di Germania: e Muciano
nel teatro di Antiochia parlamentò con grazia e greca
facondia alle turbe, e tirò tutti alla nuova fortuna. In
1 Tacito, Jlist., II, 2, 5, 81; Salvador, loc. cit.. Il, .TtìS.
8 Tacito, Hist . II, 74.
3 T.acito, Hist^ II, 78; Svetonio, Vcfitas.^ 5; Dione, LXV, P.
1
Gap. III.] ADUNANZA A BKRITO E APPARKCCIII DI ARMI.
pochi giorni stavano per Vespasiano, oltre alle legioni,
i principi alleati e tutto 1' Oriente K
Egli, sollevato l'animo alle alte venture, parlò militar-
mente, apparve non gonfio, non arrogante, non nuovo in
tanta novità. Tenne generale consiglio a Berito (Beirut),
e subito furono stanziati nuovi apprestamenti di guerra,
ieirùt dove fu l'antica Borito (Taylor^ La S>jrie. I, --'IS .
ordinate leve, richiamati i veterani, scritte lettere ai
legati di tutti gli eserciti, invitati a ripigliare le milizie
i pretoriani nemici a Vitellio, fermati con ambascerie i
Parti e gli Armeni per non aver molestia alle spalle.
Fu battuta moneta, e cercato, senza badare a modi, il
denaro, nerbo della guerra civile. Mudano rapi agli altri,
e spese tutto il suo per rifarsi poi sullo Stato: e in breve
tutto romoreggiò di navi, di armi, di uomini. Stabilito
1 Tacito, Hist.. II, 76-81.
464 LA GUERRA RECATA TOSTO IN ITALIA DA ANT. PRIMO. [Lib. VII.
che Tito avesse la cura di governare la Giudea, e di
vincere Gerusalemme, Vespasiano si indirizzò all'Egitto,
per tenere la chiave dell'Impero ed avere in mano le
vettovaglie di Roma, e Mudano, con parte delle truppe
e col nome del nuovo eletto, si dispose a correre contro
Vitellio in Italia ^
L' impresa e la vittoria finale furono accelerate dalle
legioni d'Illiria e di Mesia, rinforzate da quelle di Pan-
nonia, volte a Vespasiano dal tribuno Antonio Primo,
uno dei più terribili strumenti della parte llaviana. Era
un Tolosano soprannominato Becco dai suoi ^. Fu cac-
ciato dal senato per condanna di falsario, poi vi rientrò
nei tumulti della guerra civile. Uomo prò' di mano, pronto
di lingua, gran seminatore di odii, potente nelle sedi-
zioni, rapace, largo a donare, pessimo in pace, non spre-
gevole in guerra. A lui si uni anche Cornelio Fusco, che
tirò seco i soldati di Dalmazia, e aggiunse gran fiamma
all'incendio. Essi eccitarono con lettere le legioni di Bri-
tannia, di Gallia e di Spagna, e mossero precipitosi alla
volta d'Italia ^.
Antonio occupò ogni cosa intorno ad Aquileia, tirò a
se facilmente Opitergio (Oderzo), Aitino, Padova, Este,
e Vicenza, patria di Cecina, e, sorprese e volte a mutar
fede tre coorti vitelliane sul Po, fermò la sede della
guerra in Verona, la quale forte di ricchezza e di sito,
e cinta di nuove trincee dava riputazione agli invasori,
e li faceva padroni degli sbocchi della Rezia e delle Alpi
Giulie. Vespasiano dall'Egitto aveva ordinato di non pro-
cedere oltre Aquileia, sperando che i Vitelliani cedessero
per mancanza di vettovaglie: ciò stesso ripeteva con let-
tere frequenti Muoiano, cupido che si riserbasse a lui
tutta la gloria della guerra: ma, per causa delle grandi
distanze, gli avvisi giungevano sempre dopo i fatti.
1 Tacito, Hist., II, 81-81.
2 Svetonio, Vilell.^ IS, « Reiinar ad Dion., LXV, 9.
3 Tacito, Hist.^ II, 83, 86.
Gap. III.] I VITELLIANI ROTTI A BEDRIACO E A CREMONA. 405
A queste novelle, poco credute dapprima, Vitellio or-
dinò a Cecina e a Valente di mettersi in pronto. L'eser-
cito, corrotto dai piaceri sull'esempio del principe, uscì
di Roma fiacco di corpo e di animo, e con capi discordi
e nemici. Cecina, che mosse il primo e mandò le legioni
a Ostiglia e a Cremona, aveva l'animo al tradimento,
per r invidia che portava a Valente: quindi tutti i suoi
pensieri erano a intendersi con Lucilio Basso, capo della
flotta stanziata a Ravenna, per tirarla alla parte flaviana.
Poi si accampò in luogo sicuro tra Ostiglia e le paludi
del Tartaro, e quando ebbe la nuova che la flotta aveva
voltato bandiera, corse pel campo esaltando la virtù
della parte nemica, esortò i soldati a tradire, e ne mandò
avviso ad Antonio Primo. 1 consapevoli giurarono subito
fedeltà a Vespasiano, e abbatterono le imagini di Vitel-
lio: ma gli altri si levarono ferocemente contro tanta
bruttura, incatenarono Cecina, e, creati nuovi capi, si
volsero a Cremona per unirsi alle legioni Ptcìpace e Ita-
lica, già ivi spedite a tener la città ^
Antonio, che aspettava l'esito del tradimento, al sen-
tire che la frode non procedeva felicemente, mosse pre-
cipitoso da Verona ad assalire i Vitelliani, prima che si Anni di ro-
unissero insieme, e nei campi di Bedriaco, già fatali ad g^c'gò.
Ottone, incontratosi in una parte di essi, sulle prime fu
anch' egli al punto di esser disfatto , e vide i suoi vólti
in fuga; ma nel pericolo, facendo fortemente le parti di
duce e di soldato, ritenne i fuggenti, raccolse la caduta
bandiera, ristorò la battaglia, e, vólti in piena sconfitta
i nemici, gli inseguì fin sotto Cremona. Dove, al giun-
gere poco appresso di sei legioni di Vitellio e di tutto
r esercito stato ad Ostiglia , fu combattuta nella notte
una nuova battaglia, varia, atroce, ora a questi ora a
quelli esiziale. Non valevano né animo, né mani, né oc-
! Tacito, Hht., II, 06-101, UT, 1-1 1; Dione Cassio, LXV, 10.
4GG CREMONA RUBATA E ARSA DAI FLAVIANI. [Lib. VII.
chi a schermirsi fra le tenebre, e nella confusione dei
segnali, delle armi, delle bandiere. 1 Vitelliani furono
disfatti con orribile strage, e, come in tutte le guerre
civili, si videro fatti atrocissimi, tra i quali l'uccisione
di un padre per mano del figlio *.
Rimaneva a superare la città, forte di mura, di torri,
di porte aspramente ferrate, di popolo numeroso, e di
altra moltitudine, concorsavi in quei giorni alla fiera da
ogni parte d'Italia. Antonio Primo, a spavento, fece su-
bito incendiare le amene ville d'attorno, poscia spinse
all'assalto delle mura i suoi, avidissimi di preda. 1 Vi-
telliani ivi raccolti erano scorati per tante perdite, né
potevano resistere alla nuova tempesta. Quindi, cedendo
alla fortuna, pensarono a provvedere a sé stessi: abbat-
terono le immagini di Vitellio, e sciolto Cecina, lo man-
darono a implorare mercè dal nemico. Il traditore, con
pretesta e littori da console, si presentò nel campo dei
vincitori in contegno superbo e lieto così, che fece or-
rore agli stessi nemici, i quali gli rinfiicciavano l'infamia
del suo tradimento, e gli avrebbero fatto peggio, se An-
tonio non lo salvava mandandolo sotto scorta a Vespa-
siano.
Fu perdonato alle milizie, non alla misera Cremona,
ove, entrati a furia 40 mila armati con numero maggiore
di servi cupidi di preda e ardenti di menar vendetta dei
cittadini, stati sempre fautori di Vitellio, empirono tutto
di rapine, di stupri e di sangue. È detto che, contata la
strage della precedente battaglia, furono uccise 50 mila
persone 2. Il saccheggio durò 4 giorni, e ad esso fu ag-
giunto l'incendio, che distrusse ciò che non si poteva ra-
pire. Mai non si vide ardore più feroce nella ricerca del-
l'argento e dell'oro, né rabbia cosi crudele nel macello
degli esseri più inoffensivi. La città, già lieta di popolo
1 Tacito, Hist.^ IH, ir., IS, 22, ecc.; Dione Ca^^sio, LXV, 12-14.
2 Dione Cassio, LXV, i:>. Coni". Giusoi.pc Flavio, Guerra Gind., IV, 11, 2.
Gap. in.] VESPASIANO POSCIA AIUTA LA INFELICE CITTÀ.
467
I — sJ
e ricca per libertà di campi e comodità di commercii,
rimase un mucchio di rovine. 1 cittadini sopravvissuti
andarono all'incanto: e poiché gl'Itahani con bell'esempio
di fraterna pietà stettero concordi a non comprare que-
gli infelici, 1 soldati, _,__^
pieni di sdegno, minac-
ciavano di ucciderli tut- -n-.^^
ti, e avrebbero tenuto
parola , se parenti e
amici non correvano a
procacciarne il riscatto.
In appresso si ripopo-
larono anche ciucile ro-
vine : la magnificenza
dei cittadini rifece fóri
e templi; e Vespasiano
stesso favorì il risorgere
della città, distrutta dal
furore dei suoi '.
Alle sciagure vitellia-
ne non potè ripararsi
da Fabio Valente , il
quale, muovendo lento
fra concubine ed eunu-
chi, e pensando più che
altro a sfogar sue libi-
dini, giunse quando era
impossibile porgere ef-
ficace soccorso. Da ultimo egli, mandate le sue genti ad
Arimino, s'imbarcò sulle coste d'Etruria, volgendo nell'a-
nimo l'ardito disegno di correre nella Narbonese, e de-
stare di là nuovo incendio di guerra nelle Gallie e in
Germania. Ma, travagliato da fortuna di mare, cadde in
Vespasiano {Mongez, Icon. Rom. , XXXI!, n l;
Tacito, Hist., in, 31-31.
468 PROGRESSI DEI FLAVI ANI, E PAURE DEGLI ALTRI. [Lib. VII.
mano dei nemici alle Stecadi {Hijères) isole dei Marsi-
gliesi: e ricondotto in Italia, fu dopo ucciso in prigione
ad Urbino, e mostrata la sua testa ai soldati, per togliere
ogni speranza a chi volesse serbarsi fedele a Vitellio *.
I vincitori mandarono corrieri e novelle della vittoria
nelle Spagne, in Gallia e in Britannia per tirare le le-
gioni a Vespasiano, e chiusero i passi delle Alpi per
impedire che di Germania giungessero aiuti al nemico.
Cornelio Fusco, messo a capo della flotta di Ravenna,
circondò i soldati che tenevano Arimino, e prese i piani
dell'Umbria, e le marine del Piceno. Antonio Primo nella
fortuna scopri meglio il suo animo avaro, superbo, cu-
pidissimo di potenza ; calpestava l'Itaha, studiava di farsi
ligio l'esercito, mentre si apparecchiava a passare l'Ap-
pennino e a muovere a Roma^ contro a Vitellio. Il quale,
come dicemmo, non credente sul primo ai pericoli, stava
sdraiato pei boschetti di Aricia, come porco in brago,
intento a empire di cibo il sacco. Alla prima novella dei
tradimenti tentati tornò a Roma, spogliò Cecina per l'ul-
timo giorno dell'ufficio di console, fece pompose dicerie
in senato fra le adulazioni dei padri, e spinto dal fratello
Lucio proruppe ad atti crudeli. Poi, saputo della disfatta
di Cremona, aggravò il male per volerlo celare, e fece
uccidere le spie mandate a osservare le forze nemiche,
affinchè non parlassero, mentre in Roma non discorre-
vasi d'altro, e si diceva anche più del vero. Continuava
nelle orgie, creò consoli per dieci anni, dette titoli di
cittadini agli strani, largì immunità: ma non voleva udire
di guerra ^.
^Pure alla fine, destato dal moltiplicare delle notizie
semi^re più gravi, mandò gente a occupare l'Appennino,
ed egli stesso con gran seguito di senatori, tratti i più
> Tacito, Jlist., Ili, -10, '11, in, C2.
2 T.-.cilo, Wst.. Ili, 42, 10.
3 T.^ri.n, rrhi.^ Ili, 30-^;»,. 51.
Gap. III.] VANI SFORZI PER LASCIAR L'IMPERO. 469
da paura, andò a campo nell'Umbria. I soldati gli erano
fedeli e pronti a far testa al nemico, travagliato dalla fame
e dal freddo: ma egli non seppe fare altro che dar loro
continuo spettacolo di ubriachezze e di paure crescenti
a ogni annunzio. Quando poi udì, che anche la flotta di
Miseno gli aveva voltata bandiera, lasciato parte dell'e-
sercito a Narni, e mandato il fratello Lucio a frenare la
Campania, tornò precipitoso a Roma, pianse, pregò, fece
larghe promesse, come è solito di chi ha paura, prese
come buono augurio il nome di Cesare, non voluto dap-
prima. Il volgo chiese armi a difenderlo: ed egli pose
gravezze, e pensò a nuovi argomenti di guerra, che ora-
mai erano vani
Antonio Primo, passato l'Appennino con molto pericolo
per le nevi della cruda vernata, al primo incontro tirò
a sé i Vitelhani , scorati per la fuga dell' imperatore e
degli altri capi. Poi, per fuggire a Roma l'odio partori-
togli dal gran sangue sparso a Cremona, raffrenò l'ardore
dei soldati, e mandò a offrire larghi patti a Vitellio, se
rinunziasse all'impero. E quegli, incapace di ogni forte
consiglio, avrebbe ceduto a quei patti, se non si oppone-
vano i suoi. Invano pianse e chiese pietà, e cercò di de-
porre le insegne dell'Impero prima in mano de' magistrati,
poi nel tempio della Concordia (18 dicembre). La turba ^^^j^jr^,.
si levò a rumore, chiuse le strade, e lo forzò a rientrare g.^c^'I;.'''
in palazzo, mentre egli voleva tornar privato in casa al
fratello 2.
Fra quel disordine i grandi stavano attorno a Flavio
Sabino, prefetto della città, esortandolo a farsi capo a parte
Flaviana, e a salvare l'Impero al fratello. Egli, debole per
vecchiezza 0 aborrente dal sangue, sulle prime andò lento
e trattò con l'imperatore di porre giù le armi e far pace ^.
1 Tacito, Hist.^ Ili, 58; Svetonio, Vitella 15.
2 Tacito, Hist.^ Ili, GS; Svetonio, loc. cit. ; Dione, LXV, 16.
3 Tacito, Hist.^ Ili, 65.
Vannucci — Stori». dell'Italia antica — IV. 59
470 CAMPIDOGLIO ARSO. MORTE DI FLAVIO SABINO. [Lib. VII.
Poscia, allo spargersi della voce che Vitellio rinunziava
l'Impero, confortato più che mai dai primi del senato e
dall'ordine equestre, uscì fuori in armi, e battuto in un
primo scontro da tre coorti di Germani, fedeli a Vitellio,
si riparò, con qualche senatore, al Campidoglio. I Vitel-
liani lo assediarono, ma con tal negligenza, che nella
notte potè farvi entrare i figliuoli, e il nipote Domiziano,
e spedire avvisi ad Antonio. Nel giorno appresso mandò
a ricordare i patti a Vitellio; ma il messaggio a mala
pena scampò dal furore dei soldati, i quali intanto dal
Fóro assalivano impetuosamente il Campidoglio, salendo
pei cento gradi della rócca Tarpeia, e pei congiunti edi-
fizi, e tentando di aprirsi la via colle fiamme. I difensori
gettarono dall'alto tegoli e sassi, e chiusero le arse porte
con le statue dei grandi cittadini, già poste ivi ad or-
namento dei templi e degli archi. In quel furore andò
a fiamma il tempio di Giove con gli edifizi d'attorno,
e gli assalitori mossero tutto a ferro e a distruzione.
Sabino, atterrito e come fuori dal senno, smentì la fama
acquistata in 35 anni di onorata milizia, e non seppe di-
fendere contro tre coorti la rócca, stimata inespugnabile
anche da fortissimi eserciti. I suoi alla fine, studiosi solo
del proprio scampo, gettarono le armi, e fuggirono, chi
travestito da schiavo, chi in altro modo. Domiziano si
nascose nella notte presso il custode del tempio, e la
njattina, travestito da sacerdote d'Iside, trovò via alla
fuga. Fu preso Sabino inerme e non fuggente: e Vitellio
tentò di salvarlo, ma la furibonda plebe glielo tolse di
mano sulle scalee stesse del palazzo, e, fattolo a pezzi, lo
trascinò alle Gemonie. 11 console Quinzio Attico, che aVeva
mandato fuori gran bandi pieni di vituperi a Vitellio, si
salvò coU'asserire di aver messo fuoco nel tempio, e col pi-
gliare per sé l'odio e l'infamia che andavano ai vincitori *.
1 Tacito, Ilist., II r, 71-7G, 7S; Dione Cassio, LXV, 17; Svctonio, Domit., I.
Gap. III.] I FLAVIANI A ROMA. 471
La fama di questi fatti affrettò la marcia dei Flaviani,
già venuti da Narni ad Otricoli. Q. Petilio Ceriale, venuto
avanti con mille cavalli per la via Salaria, fu respinto
e rotto presso alla città. Ma ciò non spense l' ardore
degli altri. Invano Vitellio spedi ambasciatori di pace:
fu risposto che, ucciso Sabino e arso il Campidoglio,
non vi potevano essere accordi '. Quindi Antonio Primo
fece entrare in Roma 1' esercito in tre corpi, per la via
Flaminia, lungo la ripa del Tevere, e per la via Salaria
dalla porta Collina. La plebe andò in rotta al primo urto
dei cavalli. Gli invasori trovarono dapprima forte con-
trasto negli Orti Sallustiani per le vie insidiose e angu-
ste, ove dall'alto delle macerie i nemici gli travagliarono
e gli respinsero a lungo. Ma per esser meglio guidati
alla fine poterono atterrare ogni ostacolo. In Campo
Marzio fu fiera battaglia, I Vitelliani, vólti in fuga, si
raccozzarono dentro le mura: e allora si combattè dap-
pertutto sotto gli occhi del popolo, che, come fosse a
festa, applaudiva ora a questi ora a quelli, scopriva il
ritiro dei vinti perchè fossero uccisi, e attendeva a ra-
pire, mentre i soldati empivano le vie e le case di strage..
Crudele e bruttissimo in quel giorno l'aspetto di Roma
piena di battaglie, di sangue, di cadaveri, e al tempo
stesso di crapule, di voluttà, di nefande scelleratezze:
misti, più che in ogni altra guerra civile, gli estremi
lutti e il sozzo esultare di uomini lieti dei mali pubblici ^.
V ultima battaglia fa al Campo Pretorio , ove i Vitel-
liani con coraggio degno di miglior causa caddero tutti
feriti nel petto. Dopo la città fu tutta in potere dei Fla-
viani ^.
Vitellio aveva tentato invano la fuga. Deserto anche
dagli infimi schiavi si aggirava pel vasto palazzo con
1 Tacito, Hist., Ili, 78-81; Svetonio, VitelL, IO; Dione Cassio, LXV, 18, 19.
2 Tacito, Hist., Ili, 83.
3 Tacito, Hist.. Ili, 84.
VITELLIO SCHERNITO E UCCISO.
[LiB. VII.
l'anima atterrita da quel silenzio di morte. Da ultimo si
era nascosto in un vergognoso aguato. Lo scoprì Giulio
Placido, tribuno di una coorte, e cavatolo fuori, lo stra-
scinò con le mani legate dietro alle spalle e mezzo ignudo
a obbrobriosa mostra nel Fóro, tra le grida insultanti
della oscena turba. Con le punte delle spade gli tene-
vano alta la faccia, perchè la presentasse agli scherni,
Ai/
^^,,,g3Sr
Vitellio (Bottai-I, Museo Capitolino, II, tav. 21)
e vedesse lo strazio delle sue statue cadenti. Lo rico-
prirono di fango e di sterco, lo chiamarono incendiario
e leccapiatti, lo schernivano della soverchia pinguedine,
e della faccia rubiconda pel soverchio bere. Agli insulti
Gap. ih.] STRAGI E RAPINE DEI VINCITORI. 473
rispose solo una volta dicendo : Eppure io fai vostro im-
peratore. Alla fine lo gettarono alle Gemonie, e il volgo
lo straziò morto con la stessa perversità, con cui lo aveva
favorito vivente K
Col morire di lui cessò la guerra, non cominciò la
pace. I vincitori Flaviani, fatti padroni della città, dap-
prima uccisero chi incontrassero per via, poi traevano
dagli asili i nascosti, e alle uccisioni aggiungevano le
rapine. Furono sfondate e rubate le case sotto colore
di cercare i Vitelliani. Dappertutto, dice Tacito, grido e
lamenti e faccia di sforzata città. Non era facile frenare
il furore della soldatesca: e i capi avevano il pensiero
ad altro. Domiziano, uscito dai nascondigli e salutato
Cesare dai soldati, dapprima nel palazzo imperiale era
inteso a mostrare potenza principesca con stupri e adul-
tera; poi trascorse a insolenze, e distribuiva a suo ta-
lento ufficii in città e nelle province, ed eccitava contro
di sé gli sdegni del padre lontano -.
La suprema potenza stava in Antonio Primo, che so-
pra tutto attendeva a spogliare il palazzo dei Cesari.
Mandò cavalli contro Lucio Vitellio , fratello del morto,
che riconducendo da Terracina le coorti , con cui era
andato a frenar la Campania, faceva temere che si riac-
cendesse la guerra. A Boville Lucio si dette in mano
ai Flaviani e fu spento. I suoi soldati furono condotti a
Roma e incarcerati in mezzo agli scherni del volgo.
Fu provveduto con nuovi presidii alla quiete della Cam-
pania, e alla fine parve tornata stabilmente la pace. La
città era lieta delle lettere scritte d'Egitto da Vespasiano,
che parlava modestamente di sé e magnificamente della
Repubblica. E il Senato gli decretò tutti gli onori soliti
ai principi ("), lo fece console insieme con Tito, e détte
(^) Il decreto, detto volgarmente legge regia, con cui il Senato rivestì
1 Tacito, Hist.^ Ili, 85; Svetonio, VitelL, 16, 17; Dione Cassio, LXV, 20, 21.
2 Tacito, Hist.^ IV, 39, 46, 47, 51; Dione Cassio, LXVI, 2.
474 ONORI A VESPASIANO E AI SUOI. ELVIDIO PRISCO. [Lib. VII.
a Domiziano la pretura con potestà consolare. Mudano,
che scriveva lettere piene di vanti, ebbe le insegne
trionfali a nome della sua spedizione contro i Sarmati,
ma in verità per la guerra civile. Ad Antonio Primo
furono date le insegne consolari; agli altri capi altri
onori.
Mentre tutti applaudivano ai nuovi padroni, solo El-
vidio Prisco non apparve adulante. Discorrendosi di ri-
fare il Campidoglio arso, egli propose che si riedificasse
a pubbliche spese, e che Vespasiano porgesse aiuto. Col
che si aprì la via alla estrema rovina, e fu esempio di
quanta libertà godesse Roma sotto il nuovo padrone. Ve-
niva da Terracina; era uno stoico della tempra di Trasea,
di cui, come vedemmo, sposò la figliuola. Tacito lo ce-
lebra come uomo giusto, spregiatore delle ricchezze, h-
berissimo d'animo, intrepido nei pericoli. Bandito, quando
Trasea fu ucciso, tornò ai tempi di Galba, e in ogni in-
contro si scagliò contro i delatori, che sotto la tirannia
di Nerone erano stati causa di morte ai migliori. Più
fieramente d'ogni altro assalì C. Eprio Marcello, peggiore
di tutti, ma non riuscì a perderlo, perchè i senatori eb-
bero paura che con lui non rovinassero troppi.
Mancava il principe, mancavano le leggi per gover-
nare i casi presenti: i vinti ardevano di rabbia, i vinci-
tori non avevano autorità, e tutto si avvolgeva nell'in-
certezza, quando giunse a Roma Muoiano, e recò ogni
faccenda in poter suo. Comparve in grande apparato di
armi, di guardie, di lusso, di grandigie da principe, e
fu corteggiato dalla città, pronta a volgersi a ogni for-
tuna nuova: poi, datosi al severo, tolse di mezzo anche
Vespasiano dell' autorità imperiale, fu inciso in bronzo, e rimane anche
oggi in gran pai-te nel Museo Capitolino, ed è uno dei più cospicui mo-
numenti di Roma antica. Fu stampato dal Grutero, e nelle edizioni di Tacito
dell' Oberlino, del Brotier e del Leraaire, e nelle iscrizioni dell' Orelli,
voi. I, pag. 507.
I
Gap. III.] LE ARTI DI MUOIANO E LE SPIE. RIVOLTA DI CIVILE. 475
gli innocenti che gli dessero ombra, fece mettere in
croce Asiatico, liberto potente per tristizie sotto Vitellio,
e più tardi uccise anche il figliuolo di questo, per toglier
via ogni cagione di discordia; calmò i pretoriani che le-
vavano quasi fiamma di sedizione, accarezzò Antonio
Primo, non potendolo assalir di fronte, e, dopo averlo
celebrato in pubblico, gli tolse tutta la forza col privarlo
dei più devoti soldati; e con lettere a Vespasiano lo
fece cader di grazia per m(Jdo, che poscia non fu più
parola di lui.
Per queste arti di Mudano la città a poco a poco tornò
in potere delle leggi e dei magistrati. Ma non cessavano
gli assalti contro i delatori arricchitisi sotto Nerone ; e
vi ebbero fiere batoste in senato , e fu coperto di im-
properii Regolo, iniquissimo fra gli accusatori. Elvidio
si rifece contro Eprio Marcello: e Musonio Rufo assalì
Celere, che aveva perduto Barca Sorano, suo discepolo
e amico. Ma Domiziano si fece a intercedere per questi
ribaldi. Muoiano stesso, per cessare le contese, la prese
apertamente pei delatori, che andarono salvi *.
In questo mezzo giunsero avvisi di una grande rivolta
di Germani e di Galli, e della distruzione delle legioni
sul Reno. Eccitatore primo del moto era Claudio Civile,
nato in Batavia {Olanda) di regia stirpe, e destro più
di ogni barbaro, e fiorissimo odiatore della signoria fo-
restiera; si chiamava Sertorio ed Annibale, per essere
com' essi cieco da un occhio. Da giovane militò pei Ro-
mani , da cui patì prigionia ed ebbe un fratello spento.
Quindi, cresciuto nell'odio, giurò di non tagharsi i ca-
pelli, finche non avesse fatta vendetta di sé e della pa-
tria colla cacciata degli stranieri. Rivolse tutti gli sforzi
della sua energica anima a fare un solo impero dei Da-
tavi, dei Galli e dei Germani, e in questo intento com-
1 Tacito, Hist. IV, 1-11, 39-10, 80; SvLtonio, Domit.j 1; Dione, LXVI, 12.
470 LE LEGIONI BATTUTE SUL RENO. [Lib. VII.
battè da eroe, eccitò con ardente eloquenza gli oppressi
radunati in un sacro bosco. Diceva, la natura aver fatto
liberi anche gli animali muti: la virtù esser bene proprio
dell'uomo; gli Iddii stare coi forti. Mandò messaggi ai
lontani, e parlando a questi di preda, a quegli di libertà,
agli altri di gloria, destò un moto terribile.
Per far suo prò della guerra civile, che teneva divisi
i dominatori, dapprima simulò di seguire la parte Fla-
viana, e ne ebbe aiuti al suo intento, e potè armare i
suoi Batavi, cacciare i presidii stranieri dall'isola, e im-
padronirsi delle navi romane del Reno, e quindi sollevare
Galli e Germani. Tirò a sé Classico e Tutore, duci dei
Treviri, e quel Giulio Sabino Lingone, che si vantava
bastardo di Giulio Cesare, e che poi fu reso celebre dalle
sue sciagure, e .dall'affetto di Eponina sua moglie.
Le legioni del Reno erano in piena anarchia: ardenti
per Yitellio i soldati, inchinevoli a parte Flaviana i capi;
tutto pieno di sospetti, di licenza, di zuffe. Ordeonio
Fiacco, capo supremo, uomo lento e pauroso, fu accusato
di tradimento dai soldati e spento; Dillio Vocula assas-
sinato da un disertore: degli altri duci chi imprigionato,
chi scampò colla fuga. Fra tanto disordine Civile ebbe
modo a vincere dappertutto. Le legioni furono battute a
Bonna, a Magonza, a Novesio (Neuss): gli accampamenti
stretti con ferro e fame, e dopo lungo contrasto espu-
gnati; e i soldati, tra cui erano molti ausiliarii barbari,
con nuovo obbrobrio giurarono fedeltà all'impero dei
Galli.
Dopo le quali cose gli oppressi, stimando giunta l'ora
estrema della dominazione di Roma, inalzarono l'animo
a grandi speranze; e Ubii, Tungri, Treviri e Lingoni,
radunati in Colonia, si gridarono liberi. Per le Gallio i
Druidi dicevano, l'incendio del Campidoglio esser segno
del cielo annunziante la line della potenza di Roma, e
promettente l'impero del mondo ai Transalpini. Ai Ger-
Gap, III.] ROMA AIUTATA DALLE DISCORDIE DEI SOLLEVATI. 477
mani accresceva animo la profetessa Velleda, che aveva
predetto le prime vittorie.
Ma i sollevati non raggiunsero l'intento finale perchè
non fecero provvedimenti pari all'impresa, non guarda-
rono i passi delle Alpi, per cui veniva il nemico a schiac-
ciarli, e si mostrarono discordi e gelosi, quando più bi-
sognava unità di consigli e di sforzi: Civile, ««nirando a
più alto* scopo, non volle giurare nell'impero dei Galli;
e fra questi presto scoppiò fiera discordia per opera dei
partigiani di Roma. Giulio Sabino, che prese nome di
Cesare, fu battuto dai seguaci della fortuna romana, e
scomparve, e fu creduto estinto nell'incendio della sua
casa. Gli altri Galli convennero a generale assemblea
nella città dei Remi (Rcims) per deliberare sul partito
da prendere. Ma come ogni città metteva innanzi le sue
ambizioni e i suoi titoli a esser capitale dell'Impero non
ancora creato, le vane gare impedirono di ascoltare chi
eccitava alla lega e alle armi, e quindi tornò inutile anche
questa ultima prova, contro la quale già erano in via
nuove forze da Roma.
Muoiano, ordinate come meglio poteva le cose della
città, mandò quattro legioni contro i sollevati, ne chiamò
altre di Britannia e di Spagna, e détte il governo del-
l'impresa a Q. Petilio Cenale, e si apparecchiava a partire
egli stesso alla volta delle Gallie. Anche Domiziano ar-
deva di correre oltr'Alpe, ma Muoiano ne ritardò a suo
potere la partenza, affinchè colle sue sfrenatezze e coi
mali consìgli non rovinasse la pace e la guerra.
Appena giunse fra i sollevati la prima legione romana,
fu battuto a Bingio {Bingen) Tutore coi Treviri; e quindi
Valentino, altro duce di essi, che corse alla riscossa, fu
sconfitto e preso a Rigodulo {lìiol) nel piano della Mo-
sella da Ceriale, arrivato per la via di Magonza. A Co-
lonia vennero innanzi al duce le legioni che avevano
giurato fede al nemico: erano stupide per la vergogna,
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 60
478 CIVILE SOTTOMESSO DA CERIALE. [Lih. YII.
e davano di sé spettacolo miserando. Ceriale le perdonò
e fece loro coraggio, sperando che con forti prove si
purgherebbero dalla passata vergogna.
Il duce romano, impetuoso e non rispettivo nel ma-
neggiar la guerra, fu più volte a pericoli estremi. Mentre
poneva le stanze nella capitale dei Treviri (Trcves) fu
inopinatafhente assahto di notte da Civile, da Classico e
da Tutore che, presa una parte del ponte dell^ Mosella,
mandarono le legioni in rotta. Ma egli con gran fran-
chezza riparò alla sua trascuranza, e respinse gli assa-
litori, e arse il loro campo. Poscia li fiaccò e Castra Yetera
(Xanten) {'') in più grossa e più decisiva battaglia, dopo
la quale Civile fu forzato a ritirarsi cogli altri in Batavia.
Ceriale lo inseguì anche colà, e messe a guasto il paese,
destò tumulti nel popolo stanco dei lunghi travagli, e
dall'altra parte indusse la profetessa Velleda a ispirare
pensieri di pace ai Germani. Onde Civile, disperato di
quell'impresa alla fine cessò dalle armi, e fu conclusa la
pace a patto che i Batavi rimanessero alleati, non sud-
diti, che non pagassero tributo, e fornissero, come per
l'avanti, uomini a Roma ♦.
Mudano e Domiziano, che seppero della rotta dei Tre-
C) Vetera fu per un pezzo la principale piazza di guerra della Ger-
mania Inferiore. Ivi molte legioni lasciarono ricordo di sé. Nei dintorni
si trovarono molte tombe dei tempi di Augusto, di Druso, di Germanico,
di Claudio, di Caligola, di Nerone, dei Flavii e degli Antonini. lu niim
altro luogo del Reno rimasero tanti oggetti di arte romana, come gioielli,
cammei, figurine di bronzo, vasi cinerarii, frammenti di armi , ecc. , elio
ora adornano il museo della moderna città. Si trovano anche avanzi della
via militare che congiungeva Vetera a Colonia Agrippina. Più tardi la
piccola città di Xanten sorta sulle rovine di Vetera andò famosa mA
poema dei Niebelungen pel palazzo di Sigismundo e di Siegelinda, geni-
tori di Siegefrido, eroe principale di quest'epopea. Vedi De Ring, É/a-
hlissements romains du Rhin et du Damile, voi. II, pag. 6-14.
1 Tacito, Ilist., IV, 12, 37, j1-7'J, V, 11-2G.
Gap. III.] MUOIANO E DOMIZIANO. 479
viri prima di giungere alle Alpi, non procederono più
oltre di Lione; e Mudano colse da questa notizia il de-
stro per impedire al giovane principe di accostarsi al-
l'esercito. Gli disse non essere della sua dignità andare,
finita la guerra grossa, a imprese, cui bastavano minori
duci. E Domiziano, accortosi dell'arte, fece sembiante di
-yr^'^fP'^^
11 giovane Domiziano {leon. Rom.j pi. Zi).
non intenderla, ma è fama che da Lione tentasse Ceriale
per averne l'esercito in sua mano, né si sa, se per far
guerra al padre o al fratello. Ad ogni modo Ceriale lo
eluse destramente, come fanciullo bramoso di cose vane,
e il principe tornò a Roma senza aver fatto né bene, né
480 MIRACOLI E PROVVEDIMENTI DI VESPASIANO. [Lib. VII.
male, quantunque l'adulatore Giuseppe Flavio scriva che
si ricoprì di gloria per geste superiori ai suoi anni, e
attribuisca a lui tutto l'onore della vittoria sui barbari *.
La guerra finita in Occidente continuò ancora qualche
tempo in Oriente. Vespasiano governava dall' Egitto ogni
faccenda. Mandò armi a ricacciare oltre il Danubio i
Sarmati, che passati nella Mesia, e ucciso il presidio ro-
mano, mettevano le contrade a ferro e a fuoco. In Egitto
gli venne un'ambasciata dal re dei Parti coli' offerta di
40 mila cavalli di aiuto, che egli rifiutò. Di là spediva
suoi ordini in ogni parte, intento ad assodare con ogni
mezzo la nuova potenza. È narrato che in Alessandria,
per acquistarsi autorità e maestà, facesse miracoli su
ciechi e rattratti guariti al suo tocco, e che nel tempio
di Serapide vedesse, come se fosse presente, un Basilide
che era lontano 80 miglia. E vi fu chi credè e fece te-
stimonianza a queste imposture degli adulatori e dei preti
egiziani, che facevano la corte al potente, mostrandolo
amato dagli Dei. Egli pensò a raccoglier denari ponendo
gravi tributi, di cui gli Alessandrini lo maledissero. Ma
le sue cure erano principalmente all'Italia, ove mandò
navigli carichi di grano per fornire Roma, ridotta quasi
alla fame: e, mentre aspettava i venti favorevoli alla sua
partenza, mandò Tito a compiere la guerra giudaica colla
espugnazione di Gerusalemme -.
1 Giudei, spogliati, come vedemmo, di tutto il loro ter-
ritorio, si erano ricoverati nella metropoli, ove la grande
moltitudine portò l'anarchia, la pestilenza e la fame. La
parte che governava al cominciar della guerra fu abbat-
tuta dagli Zelanti, i quali, armati di feroce audacia, ac-
cusarono gli avversarli di tradire la patria, e ne fecero
• Tacito, Hist.j IV, 85, 85; Svetonio, Dom. , 2; Giuseppe Flavio, Guerra Giudaica,
VII, 1, 2. Vedi anche Silio Italico, III, 607-608.
2 Tacito, Hist., IV, 51, 52, 81, 82; Dione Cassio, LXVI, 8; Svetonio, Vespas.^7\ Giu-
seppe Flavio, Guerra Giud.^ VII, 4, 3.
Gap. III.] GERUSALEMME. 481
macello ; e ordinatisi alla difesa giurarono di non cedere,
finche avessero mano da reggere un ferro. Anima e capi
dell'impresa furono Giovanni di Giscala e Simone, figlio
di Giora, che combatterono da eroi fino agli estremi.
La città, mirabilmente afforzata, era chiusa per ogni
parte in circa quattro miglia di giro da mura di grossi
macigni coronate di 164 torri, e fornite di parapetti. Nel-
l'interno l'arte aveva fortificato le colline, forti già per
Veduta di Gerusalemme presa dalla valle di Giosafat {Taylor)
natura. Il Sion, o alta città, aveva torri, e bastioni, ed
era circondato di particolari mura, di fosse e valloni.
Così le colline di Aera e del Moria dette Città Bassa ri-
spetto alle alture di Sion, e la Città Nuova, comprese nel
comune recinto, stavano separate l'una dall'altra dentro
mura distinte. Sul Moria elevavasi il tempio con due re-
cinti, chiusi l'uno nell'altro, e in vicinanza sorgeva su
nudo scogUo la mirabile fortezza Antonia fiancheggiata
482 ASSEDIO DI TITO. [Lib. VII.
di torri: la quale per via di un ponte comunicava col
tempio, e stava come legame delle altre difese. 1 palazzi
stessi solidissimi e muniti di torri potevano, al bisogno,
aiutare le difese e le offese *.
I difensori avevano 24 mila uomini disciplinati e ar-
mati, a cui aggiungevasi una grandissima turba di popolo
credente che ai Giudei fosse promesso l' impero del
mondo, e quindi pronto in ogni occorrenza a piombare
da ogni parte addosso ai nemici. Tito, famoso per sue
valentie e consigli di combattitore e di duce, e caro ai
soldati perchè affabile e prode e partecipante alle comuni
A^ini'iRo- fatiche, giunse ai primi di aprile sotto le mura della forte
G.\vfo. 'città con terribile apparato di macchine, con circa 80
mila uomini tra legionarii e ausiliarii, e bande di Arabi,
nemici, come vicini, ai Giudei, e molti venuti di Roma
e d'Italia per pigliar parte, prima di altri, alle fortune dei
principi nuovi-: e aveva ai suoi ordini valenti ufficiali
tra cui si ricordano il giudeo Tiberio Alessandro, Sesto
Cereale, Larcio Lepido, Tittio Frugi, Aterio Frontone, e
^I. Antonio Giuliano (").
Al primo avvicinarsi coi suoi cavalieri Tito stesso corse
pericolo di cadere in mano ai nemici venutigli impetuo-
samente addosso da una porta che all' improvviso fu
aperta, e scampò coli' aiuto del suo freddo coraggio, e
del forte e veloce cavallo. Nel giorno appresso pose le
truppe dai lati di borea e di ponente, e poscia mandò
Giuseppe Flavio sotto le mura per esortare alla resa i
Giudei, i quali alla vista del traditore divennero viepiù
{") Giuseppe Flavio, VI, 4, 3. Per la storia di essi vedi Leon Renier,
.S/fr les officiers qui assistcrent au conseil de guerre temi par .Titus-,
avanl de livrer l'assaut au tempie de Jerusalem, in Mcm. de l'Insliiui
imprrial de France, Paris, 1867, tome XXVI, pag. 294-321,
1 Salvador, De la domìnation romaine en JudéCj ch.Tp. IS e 19; Taylor, La S;/rif,
VEgypte^ la Palestine et la Judée, voi. I, pag. 271, Paris 1839.
« Giuseppe Flavio, Guerra Giud.^ V, 1, 2 e 6; Tacito, Hist.. V, 1 e 13.
Gap. III.] EROICA DIFESA DEGLI ASSEDIATI. 483
furiosi, e dopo avere risposto con ima grandine di pietre
e di dardi, uscirono impetuosamente a distrugger le mac-
elline, e messero in disordine gli assediatori. Pure, a
malgrado dei fieri contrasti, ai primi di maggio fu aperta
la breccia, e Tito entrò con duemila uomini nella Città
Nuova: ma i difensori, usciti ad un tratto da tutte le case,
gli piombarono addosso con tanto impeto, che dopo aver
perduti molti soldati fu forzato a ritrarsi velocemente
fuori delle mura, prima che gli fosse preclusa la via.
Breve vittoria. I Romani, ardenti di vendicare la scon-
fitta e la fuga, tornarono più furiosamente all'assalto, e
dopo tre giorni di terribile battaglia rimasero padroni
del quartiere contrastato, e ai Giudei fu forza ritirarsi
dentro le mura della Città Bassa.
I mesi di maggio e di giugno furono spesi a combattere
la fortezza Antonia, guardata da Giovanni di Giscala, che
mostrò suprema energia, ed ebbe sì devoti i soldati, che
a ogni suo cenno incontravano i pericoli a gara. Tito
schierò fanti e cavalli nei sobborghi, e per crescer terrore
ai nemici fu largo di strazii ai prigionieri: tagliò loro
le mani, e ne mise in croce fino a 500 per giorno. Gli
assediati alla orribile vista si accesero viepiù alla difesa,
e imprecando al feroce oppressore, si scagliarono a met-
ter fuoco alle macchine, e respinsero gli assedianti nel
loro campo. Fu questo un supremo sforzo. Soldati e po-
polo, usciti dalle mura, si avventavano furibondi contro
le aste romane, respinsero i nemici da ogni parte, e as-
sediatili negli alloggiamenti combatterono terribilmente
un giorno intero. Le legioni erano a estremo pericolo, se
la cavalleria non isbandava gli assalitori, forzandoli a
ritornare in disordine dentro alle mura.
Tito, cui importava affrettare la fine, ventilati vari par-
titi, ordinò una circonvallazione per chiudere ogni en-
trata alle vettovaglie, e vincere colla fame. E presto anche
questa si aggiunse agli orrori della guerra, e portò seco
484 BATTAGLIE ALLA FORTEZZA ANTONL\ E AL TEMPIO. [Lib. VII.
crudele pestilenza e infinita mortalità. Mette spavento il
ricordo dei mali patiti dalla infelice città, ove è detto
che una donna, per fame, mangiò il suo figliuolo. In
mezzo ai moltiplicati flagelli crebbero anche le furie ci-
vili, e le crudeltà contro i partigiani di Roma, accusati
di nascondere le provvisioni. Le vie erano ingombre di
cadaveri: tutto pieno di orrore e di morte. Pure l'odio
alla schiavitù sosteneva ancora le forze dei difensori, che
ricordando animosi il loro giuramento erano fermi a re-
spingere qualunque proposizione di accordi.
Sulla fine di giugno l'ariete ruppe il muro della for-
tezza Antonia, e ne fece crollare una torre: ma dalla
breccia gli assediatori videro sorgere un nuovo bastione,
forte come il primo, fatto inalzare da Giovanni di Giscala.
Onde i Romani atterriti cominciavano a disperare del-
l'impresa, e fu d'uopo di tutta la costanza del duce per
tenerli fermi e rinfiammarne colla eloquenza il coraggio.
Alla fine una sorpresa, aiutata forse dal tradimento, fece
cadere la fortezza. Tito nei silenzi della notte fece salire
22 uomini per le rovine della torre crollata , e li seguì
con grossa schiera di prodi. 1 difensori, atterriti alla im-
provvisa vista, si precipitarono in tumulto fuori della
fortezza, e si volsero al tempio, ove aiutati dalle forze
di Simone Giora ebbero modo a far testa. Fu combattuto
tutta la notte fra le tenebre in disordine, a ventura: e
alla nuova luce la battaglia continuò a corpo a corpo
dieci ore con prove di eroica prodezza da ambe le parti:
e per quel giorno il tempio fu salvo.
Prima di procedere a nuovi assalti, Giuseppe Flavio
tornò a gridare ai Giudei di arrendersi. Tito stesso fece
esortazioni, e minacciò, se non si arrendessero, di ardere
il tempio di Dio, e spinse per più giorni l'ariete contro
i baluardi, che lo accerchiavano. Vane prove. I Giudei,
risoluti a seppellirsi nelle rovine, non dettero ascolto ad
esortazioni o minacce, e comecché rifiniti dalla fame re-
AP. III.I
48
^^-"""^-^
illiniiiiiiim'ittJÉiilililiMl
Tuo in atto di arlngare i soldati (Mongez^ Ieo;x. Rara . XXXIK, n. 1).
Vannucci — SlorU dell'Italia antica — IV. ''1
48S VITTORIA DEI ROMANI E MACELLO DEI VINTI. [Lib. VII.
spinsero fieramente gli assalti, sventarono le sorprese,
precipitarono dall'alto chi tentasse di salire per le scale.
Ma non poterono chiuder la via, che gli assalitori si apri-
rono colle fiamme al primo, e quindi al secondo recinto
del tempio. Invano Tito gridò di^ arrestare la distruzione:
i soldati, cupidi di predare e di finir la guerra, dettero
nutrimento all'incendio: e fu distrutto il sontuoso edilìzio,
e molti guerrieri rimasero ravvolti in quella grande ro-
vina. È narrato di prodigii e di segnaU terribili veduti
nel tempo della fiera battaglia: e oltre ogni credere tre-
menda fu la strage menata dai vincitori. Seimila, tra
donne e fanciulli, perirono di fuoco sotto il portico reale:
il sangue corse a rivi sui gradini del tempio.
Simone Giora e Giovanni di Giscala, seguiti dai più
prodi, riuscirono con disperato sforzo ad aprirsi una via
tra le fiamme e i nemici, e, ritiratisi nell'alta città, fecero
le ultime prove tra le fortificazioni di Sion. Tito promise
salva la vita a chi si arrendesse: ma senti ripetere il
terribile giuramento, e allora furioso pronunziò l'estremo
esterminio, e fece battere incessantemente le mura. I
più dei difensori erano caduti di ferro, di fame, di pesti-
lenza: e tutti aveva abbandonato omai la speranza.
Aperta la breccia, i Romani entrarono (7 settembre)
gridando vittoria: e i loro vessilli sventolarono sulle torri
di Sion. Fu menato incredibil macello: uccisi, oltre ai
soldati presi colle armi, anche i vecchi inermi. In pochi
giorni perirono undicimila persone di dolore e di fame,
e il numero totale dei moi'ti durante l'assedio vuoisi che
ascendesse a più d'un milione ("). 1 principali capi fecero
invano ogni sforzo per sottrarsi alla rabbia nemica. Riu-
sciti dapprima a riparai'si per cloaclie e caverne, alla
(") Giuseppe Flavio, VI, 9, 3, dice che gli uccisi durante l'aesoflio fu-
rono un milione e centomila. Giusto Lipsio, De Constanlia , II, 21, con-
tando anche i periti nella guerra di Vespasiano, dà in tutto la somma
di un milione e 240 mila.
Gap.
LA CITTA ROVINATA E I GIUDEI DISPERSI.
487
fine furono presi. Giovanni ebbe condanna di perpetua
prigione, e Simone fu serbato alle onte del trionfo, e a
crudissima morte. Vi ebbero circa centomila prigioni: i
più giovani riserbati al trionfo, gli altri destinati ai la-
vori pubblici e a pasto delle fiere nel Circo. La città ri-
mase tutti,! ima rovina; l'aratro passò dove già sorse il
ii^i:i':i^:5']?^si=
Ruderi del recinto del tempio di Gerusalemme
{De Saulcyj Voyage autour de la Mer Morte^ ecc., pi. XXIII a, e XXIV, 1 e 2).
magnifico tempio, e i Giudei scampati cominciarono la
loro dispersione pel mondo (").
k
{"') Delle ultime sciagure di Gerusalemme détte particolareggiato rac-
conto Giuseppe Flavio, il quale recentemente ebbe uu accurato e im-
portante commento in un' opera del De Saulcy {Le derniers jours de
Jèrusalem, Paris 1866) che in questo intento si recò due volte a Geru-
salemme, e vi fece lunga dimora per bene studiare la città e i suoi con-
488 FESTE DEL VINCITORE. VESPASIANO A ROMA. [Lib. VII.
Tito lodò il valore dei suoi, distribuì fra essi le ricche
spoglie, pose un presidio a Gerusalemme, e lasciata ad
altri la cura di pigliare le fortezze di Massada, di Hero-
dion e di Macheronte, che lungi dalla capitale reggevano
ancora, si apparecchiò a muovere a Roma per far ces-
sare la voce che lo accusava di voler farsi indipendente
dal padre, creando per sé un impero d'Oriente. Ma prima
di mettersi in via festeggiò a Berito e a Cesarea l'anni-
versario del padre e del fratello: e in quei giuochi i vinti
Giudei furono forzati a combattere colle fiere o a ucci-
dersi a vicenda, e più migliaia furono arsi vivi, per ren-
dere più vera l'imagine di ciò che era accaduto a Ge-
rusalemme K
Le terre giudaiche andarono poscia vendute, e i Giudei
di qualunque parte del mondo furono obbligati a pagare
ogni anno due dramme a testa al tempio di Giove Ca-
pitolino, come già facevano a quello di Gèrosolima 2.
Prima che fosse compiuta la guerra giudaica. Vespa-
siano si era incamminato alla volta d'Itaha. Sopra una
nave da carico tragittò a Rodi e in Grecia, e toccata
Corcira approdò a Brindisi, ove, fra i plausi del popolo.
torni, e cavarne piante e livelli, e così comprendere e spiegare tutte le
particolarità narrate dallo storico che fu testimone oculare. Egli ricercò
amorosamente ogni angolo della città, ogni rovina delle sue mura, ogni
ricordo che potesse dar nuova luce al racconto della tremenda catastrofe:
riconobbe e notò tutti i punti assaliti e difesi, segui minutamente la
strategia dei Romani, e i loro accampamenti, gli immensi lavori dell'as-
sedio, i combattimenti giornalieri fra assedianti e assediati, e ritrasse le
abominevoli e terribili scene della città in quell'enorme moltitudine di
popolo decimato dalla carestia, dalle malattie e dalle stragi della guerra
civile. Di lui vedi anche Voyarje autoiir de la Mer Morie et dans les
Terres Bibliques, Paris 1853.
1 Giuseppe Flavio, Guerra Giud., V, 1-13, VI, 1-10, VII, 1-10; Tacito, //isf.^ V, l-llì;
Dione Cassio, LXVI, 1-7.
2 Giuseppe Flavio, Guerra Giud. ^ VII, 0, 7; Dione, LXVI, 7; Svetonio, Dom.^ 1?;
Tertulliano, Apolog., 18; Appiano, Syr.^ 50.
Gap. ih.] TRIONFO SUI GIUDEI. 489
fu accolto da Mudano e dai maggiorenti di Roma venuti
a incontrarlo. Egli, cortese a tutti, fu severo con Do-
miziano, di cui conosceva le insolenze e la trista natura.
Per tutta la via corsero in folla le genti a vederlo e a
salutarlo festosamente. A Roma più solenne la gioia con
lieti conviti e sacrificii agli Dei. Tutti pieni di alte spe-
ranze cantavano inni al principe, e lo salutavano Salva-
tore 1.
Le feste si rinnovellarono, più mesi dopo, all'arrivo del
vincitore di Gerusalemme. Tito, facendosi avanti al pa-
dre come per rispondere a chi lo accusava di trame,
disse con effusione: Eccomi^ eccomi, o padre! - E Vespa-
siano lo accolse festevolmente, e per toglier via ogni
dubbio e timore lo prese a compagno in tutti gli ufficii
della potenza imperiale. Socio nella censura e nella po-
testà tribunizia, collega in sette consolati, primo ministro,
e da ultimo prefetto del pretorio: e d'ora in poi ebbero
in comune gli adoratori e i pubblici voti (").
Il padre e il figlio uniti menarono insieme un solo
e comune trionfo della vinta Giudea, e di Gerusalemme
distrutta, del quale serba anche oggi vivo ricordo l'arco
di Tito, uno dei monumenti più conservati di Roma (^).
(^) Svetonio, Tit. , 5; Censorino, Be die nat.j, 17. Un Trofimo fondò
per essi sul Celio il collegio dei cultori o devoti Numinis Dominorum.
Vedi Marini, Aì'val., I, 113; MafFei, Mus. Yeron., 96, 5; Morcelli, De
Stilo inscript., I, 348. Nella censura si vedono uniti anche sopra una
medaglia. Vedi Giorn. Arcad., 1822, voi. XVl, pag. 57-S9.
(*) L'iscrizione sull'arco dice: Senatus populusque romanus Biro Tito
Bivi Vespasiani F. (ilio) Vespasiano Augusto. In altro monumento il
Senato e il Popolo romano celebravano Tito quod praeceptis patris
consiliisque et auspiciis gentem ludaeorum domiiit et urbem Hieroso-
li/mam omnibus ante se regibus gentibusque aut frustra petitam aut
omnino intenfafam delevit.-\' edi Orelli, Inscr., 759, e Henzen, ivi, voi. Ili,
p. 73. — Paolo Orosio (VII, 9) conta questo come il CCCXX dei trionfi
1 Giuseppe Flavio, Guerra Giud.j VII, 2 e 4; Dione Cassio, LXVI, 9, 10.
2 Svetonio, TU.. 5.
490
TRIONFO SUI GIUDEI.
[LiB. VII.
Lo storico giudeo con trista compiacenza disse * la
gioia sovrumana del popolo, le sontuosità della pompa,
le ineffabili miserie dei vinti. Niun particolare fu per lui
lasciato da parte. Lietamente vide Vespasiano e Tito lau-
Arco di Tito (Canina^ Ediflti, IV, tar. 2W).
reati e vestiti di porpora, uscire, all'aurora, dal^tempio
di Iside, e avviarsi ai Portici d'Ottavia; e ivi le acco-
glienze dei senatori, dei magistrati e dei cavalieri, e il
romani. Poi se ne aggiunf^ono altri trenta, finché Diocleziano chiude
nel 302 la serie dei trionfanti. Vedi Goell, Be triumphi romani origine,
perrnissu, apparatu, via, Schleize 1854, pag. 43.
Giuseppe Flavio ^Guerra Gtud., VII 5.
Gap. ih.] TRIONFO SUI GIUDEI. 491
giubilare dei soldati coronati d'alloro e vestiti di seta, e
le pubbliche preghiere dei trionfanti, e il pranzo usato
in tali occasioni prima di mettersi in moto: poi il sa-
crifizio agli Dei custodi della porta trionfale, e lo sfilarsi
della grande processione per le vie, pel Circo Flaminio,
e pel Circo Massimo affollati di popolo plaudente. Ninno
è rimasto a casa quel giorno in cui può vedersi riu-
nito ciò che di più bello e più ricco possederono mai
gli uomini più fortunati: innumerabili lavori di oro, di
argento e d'avorio, vesti purpuree, vesti babilonesi di-
visate a pitture finissime, gemme in tanta abbondanza
da smentire l'opinione che tiene una rarità le pietre pre-
ziose; imagini di Dei di maravigliosa grandezza, di pre-
ziosa materia, di squisito lavoro; animali d'ogni sorta
splendidamente arredati; i partecipanti al trionfo adorni
in non più vista maniera; coperti di porpora e d'oro
anche gli inservienti alla pompa, e del pari adorni i 700
prigioni scelti pel trionfo tra i giovani più belli della
Giudea.
Poi maraviglie di macchine guerresche a tre e quattro
piani, intarsiate d'oro e d'avorio, con aurei drappelli, e
in cima le imagini dei capi delle città soggiogate nel-
l'atteggiamento in cui furono presi. Su quadri di verità
portentosa la guerra fa grande mostra di se in figure di
città messe a fuoco, ed a fiamme, in falangi nemiche
menate a sterminio, in mura di strana grandezza cadenti
all'urtar degli arieti: e vittorie contro fortezze poste sulle
vette dei monti, e incendii di templi, e case rovinanti
addosso ai padroni, e ogni luogo pieno di sangue e di
morte.
Dietro, una lunga mostra di navi e molte altre spoglie
alla rinfusa. Ma soprattutto è detta notevole la comparsa
delle spoglie del tempio di Gerusalemme, stato il più ma-
gnifico e più ricco del mondo. Vedovasi la mensa d'oro
pesante molti talenti, il candelabro d'oro a sette lucerne,
492 TRIONFO SUI GIUDEI. [Lib. VII.
e il codice delle leggi giudaiche : e quindi molti simulacri
d'avorio e d'oro, seguiti da Vespasiano e da Tito sul carro
trionfale, con Domiziano procedente dappresso sopra su-
perbo destriero.
Giunti al tempio di Giove Capitolino, termine della
processione trionfale, secondo l'uso aspettarono che ve-
nisse la notizia della morte del più terribile capo. Simone,
figlio di Giora, condotto tra i prigionieri, fu con un laccio
al collo trascinato nel Fòro, e percosso di verghe e uc-
ciso. All'annunzio che egli avea cessato di vivere scoppiò
un feroce grido di gioia a cui seguirono sacrifìcii e pre-
ghiere. Poscia i principi si ridussero a grande banchetto
alla reggia, e i cittadini in loro case fecero festa a mense
lautamente imbandite. Tutti tripudiarono sulle stragi e
sulle rovine di un popolo straziato con una barbarie di
cui non trovasi pari esempio tra genti civili.
L'arco di Tito che, come dicemmo, rimane monumento
di questo grande e atroce trionfo, nei bassirilievi di cui
diamo il disegno, ci mostra istoriata una parte della
pompa: dapprima il trasporto del candelabro, e della
mensa d'oro con un vaso per le libazioni, e le trombe
annunziatrici del giubileo ; quindi l' imagine del fiume
Giordano portato prigioniero sopra una barella, e le vit-
time destinate al sacrifizio sul Campidoglio; e da ultimo
il vincitore coronato dalla Vittoria su carro tratto da
quattro cavalli guidati da Roma *.
Dopo tanto infuriare di tirannide e x3i guerra tornava
finalmente la sicurezza e la pace: e le genti benedissero
come salvatore l'uomo, che nel nuovo grado si porgeva
senza fasto, e umano e cortese, dando a tutti facile ac-
cesso, non tenendo guardie alle porte, e non pensando.
1 Vfili Bartoli, Admiranda , tab. 4-6, e Rossini, Archi onorarti e funehri degli an-
tichi Romani sparsi per tutta Italia, lloina 1S3G, tav. 3«. Vedi anclie Braun, Bassori-
Uivo rappresentante l'accoglienza d'un trtonfatore presso t portici d'Otlavìa^ in Annal.
IttH.^ Is5t, pag. 78-79.
Gap. III.]
493
\]m n*" ||il'|i|M||[tr"l|' ifil |ii|iii|M I Ifi pilli II l|i| ^^wn TT ' I |i| nii|| 1 II pTf^l
mM^^m.
Trijufo cui Giuilfi figurato nei bassirilievi d"U'arco di Tito (Bartoli e Rossini)
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 62
494 VESPASIANO TUTTO INTESO A RIORDINARE LO STATO. [Lib. VII.
ad altro che a riordinare lo Stato, e a soccorrere ai tra-
vagli del mondo, e lavorando i giorni e le notti a questa
grande opera *. Con molti sforzi riparò subito ai mali più
gravi; rimesse in freno 1 licenziosi soldati, licenziò molti
dei vinti, e con severa disciplina tolse l'audace baldanza
ai compagni della vittoria 2, Come da più tempo non si
faceva giustizia, e i. delitti rimanevano impuniti, egli, oltre
a rendere ragione da sé stesso, provvide al modo di
spacciar subito le liti, che prima duravano eterne, e or-
dinò un tribunale con autorità di giudicare e fare resti-
tuire le cose rubate durante la guerra ^. Fattosi poscia
censore con Tito, riformò il Senato e l'ordine equestre,
togliendone gl'indegni, e mettendovi i cittadini più ono-
rati d'Italia e delle province. Creò nuovi patrizi, crebbe
fino a mille le famiglie senatorie, di cui rimanevano ap-
pena duecento, e al senno del Senato, divenuto come una
rappresentanza di tutto l'Impero, sottomise ogni affare
importante *.
Ma soprattutto importava ristorare le finanze, di cui
i suoi predecessori avevano fatto tristissimo governo.
Trovando vuoto l'erario, Vespasiano dichiarò che biso-
gnavano 40 miliardi di sesterzi (circa dieci mihardi di
lire) per riparare ai mali pubblici e privati, e far sussi-
stere lo Stato {"). Per raccoghere questa somma fece un
nuovo catasto, che gli desse modo e regola a stabilire
nuove gravezze ^, rimesse su quelle tolte da altri, aumentò
(") Professus , quadringentics millies opus esse, itt Ttespiiblica stare
posset. Svetonio, Vespas., 16. Altri leggono quadragies millies, cioè 4
miliardi di sesterzi.
1 Svetonio, Vesj)as.j. 12; Plinio, Ilist.. Nat.^ Il, »; Plinio, Epist. , III, 5; Dione Cas-
sio, LXVI, 10.
2 Svetonio, Vespas ., 8.
3 Tacito, Hist.^ IV, 40-, Svetonio, Vespas.^ 10; Dione Cassio, LXVI, 10.
4 Tacito, Agrìc, 9; Svetonio, Vespas.^ 9; Dione Cassio, LXVI, 10; Canitolino. M. An-
tonini vita, 1 ; Aurelio Vittore, De Caesaribus, cap. 9.
5 Frontino, De coloniis^ in Goes., Rei agrar. auctores, pag. 127 e 1 IC.
Gap. III.] PROVVEDIMENTI PER RISTORARE LE FINANZE. 495
e raddoppiò i tributi ad alcune province *, e se détte il
diritto del Lazio a tutta la Spagna ^ tolse la libertà al-
l'Acaia, cui l'aveva restituita Nerone, e alla Licia, a Rodi,
a Bizanzio e a Samo, per aver modo a sottoporre questi
luoghi alle gravezze dei sudditi: e col medesimo intento
ridusse a province la Cilicia e la Commagene, state fm-
qui sotto il governo di re, riunendo quest'ultima alla
Galazia sotto un governatore imperiale ("). Né ad Antioco,
re della Commagene, valsero i servigi resi a Roma sotto
Gerusalemme. Il governatore di Siria lo accusò di inten-
dersela coi Parti, e mossagli guerra, gli prese Samosata
sua capitale, importantissima per esser ai passi dell'Eu-
frate, pose il re in catene e lo mandò a Roma, dove gli
fu fatta abilità di vivere colla sua donna e coi figli 3,
A sollievo delle esauste finanze ricompensò i veterani
licenziati dopo la guerra civile coll'aggiungerli agli anti-
chi coloni di Ostia, di Rieti, di Spello, di Pozzuoli, di Nola
e di Fóro Popilio in Campania, e in altri luoghi del Sannio,
di Apulia e Calabria, e mandò nuove colonie in Spagna,
in Elvezia, in Pannonia, in Tracia e nell'Asia (^).
{^) Svetonio, Vespas., 8; Borghesi, Iso^izioni di Sepino, in Oper., V,
348. Svetonio pone anche la Tracia, ma questa era provincia fino dai
tempi di Claudio, come si ha dalla Cronaca di Eusebio. Aurelio Vittore
[De Caes., 9) ha Cilicia Trachea. E invece di Tracia debbe leggersi in
Svetonio Trachea. Vedi Spanheim, Orbis Romanus, pag. 260, e Turnebius,
Adoers., XXIV, 36.
(*) Zumpt, De Colon. Roman, milit., in Cotnment. Epigraph., p. 394-
398. Il nome dei Flavii si trova tra gli Elvezii ad Aventico (Avenches),
a Vindonissa {Windisch) e altrove (Orelli, 212, 363, 364, 380, 381, 437,
5026; Henzen, 5256, e Momrasen, Inscr. Helvet., 18, IBS, 249). Plinio (IV, 34)
ricorda Flaviobriga in Spagna. A Sirmio {Mitrovic) in Pannonia si trova
la colonia Flavia Sirmiatium {Corp. Inscr. lai., III, pag. 418 e n. 753).
In Tracia i Veterani fondano la colonia Flavia Pacensis a Develto (Plinio,
1 Svetonio, Vespas.^ 16; Dione, LXVI, S.
2 Plinio, Nat , Hist.. Ili, 4, 15.
3 Giuseppe Flavio, toc. ciC.^ VII, 7.
496 NUOVE INDUSTRIE PER EMPIRE L'ERARIO. [Lib. VII.
Fu detto che Vespasiano anche delle orine fece capi-
tale per rinfrescare l'erario ("), e come con arguzie ri-
spose a chi lo rimproverava di non guardare a modi per
raccoglier pecunia. Accostò al naso di Tito i primi denari
raccolti dal nuovo tributo, dicendogli che non putivano,
quantunque venuti da quella putida fonte '. La cronaca
scandalosa narrando questo e altri simili aneddoti ag-
giunse che egli andò anche più oltre, e si dette a mer-
cature vergognose, e per denari vendeva le assoluzioni
di rei e d'innocenti, dava i pubblici ufiicii ad uomini
tristi e rapaci per guadagnare poi condannandoli allorché
si fossero arricchiti colle rapine, o per ispremerli, se-
condo il suo detto, come le spugne ^, quando son piene.
Tutto questo potè essere esagerato dalle voci maligne:
ma dovè esservi un fondamento di vero, perchè anche
lo scandalo ha qualche rispetto al probabile, e nelle sue
esagerazioni non corre a inventare colpe che non esi-
stono affatto. Tacito narra che Muoiano era stato mae-
stro in dar vinte le cause a chi più potesse pagare, e
che per far denaro usava delazioni e rapine. Le quali
cose, fatte dapprima per le necessità della guerra, ri-
masero anche in tempo di pace, e poi furono anche dal
IV, 18, e Zumpt, loc. cit.) dove fu l'antica Zela; e Siscia (5.-J5;e/f) nella
Panuonia Superiore chiamasi Flavia nell' iscrizioni (Orelli, 3075, e Momm-
%en, Corp. Insci: lat., III, pajr. 501). licheni in Palestina diviene Flavia
Neapolis (Kckel, III, 433). Una colonia Flavia è stabilita a Cesarea di
Samaria (Plinio, V, 14; Paolo, in Digest.^ L. lo {de ciinsibus) 7); e due
Flaciopoli si incontrano in Oilicia e in Bitinia (Kckel, II, 412, e III, 56).
(") Oltre alle lati-ine pubbliche, ricordate da Svetonio {Tib.,5S), e affit-
tate ai pubblicani (Giovenale, Sat., Ili, 38), sui canti delle strade di Roma
vi erano vasi, in cui ognuno poteva fare i fatti suoi senza spesa. Vespa-
siano per farne suo prò vietò di orinare fuori di quei vasi, e impose una
tassa a chi ne usasse, Svetonio, Vesj/as.j 23; Dione. LXVI, 14; Dureau
De la Malie, Econom. politique des Romains, li, 48:2.
1 Svetonio, Veapas.^ 23
' Svetonio, Vespas.^ 16.
Gap. 111.] SPESE IN OPERE UTILI AL PUBBLICO. 497
principe imparate e osate *. Tito pure mercanteggiava
sulle cose pubbliche, e Cenide, concubina di Vespasiano,
lo aiutava a vendere ufficii, sacerdozi e rescritti -. Né le
necessità dell'erario scusano Vespasiano di questa avidità
del denaro. Era una vera manìa, ereditata dall'avo per-
cettore, e dal padre riscuotitore delle pubbliche rendite
e usuraio: manìa rimproveratagli da un vecchio bifolco,
il quale non riuscito a ottenere gratuitamente da lui la
sua libertà, gridò: La volpe muta il j^elo, non i costumi ^.
Del resto usò bene la pecunia in tutti i modi raccolta,
spendendola non in suoi piaceri, ma a pubblica utilità.
Soccorse senatori e consolari divenuti indigenti, ristorò
più città dei danni patiti per terremoti e incendii, premiò
artisti, scelse i migliori professori di eloquenza greca e
latina, e détte loro uno stipendio annuo di centomila
sesterzi (lire 21,240). Provvide alla storia, facendo rimet-
tere per mezzo di copie nel pubblico archivio {Tabularlo)
tremila tavole distrutte dal fuoco, nelle quali si contene-
vano senaticonsulti, trattati di pace, privilegi di città, e
altri importanti documenti ^. Fece ogni sforzo per toglier
via di Roma le rovine e i guasti degi'incendii, incoraggiò
altri a edificare, e ricostruì egli stesso più edìfizi periti.
Alla riedificazione del Campidoglio, cominciata solenne-
mente da Elvidio Prisco pretore, e da Plauzio Eliano
pontefice ^, è detto che lavorò egli stesso nell'apparecchio
dei fondamenti, e fece lavorare i più cospicui senatori
per eccitare il popolo coli' esempio: ma a ciò contrasta
la ragione dei tempi perché fu posta mano all'opera prima
del suo ritorno in Italia^: e quindi egli non potè avere
1 Tacito, Hist.^ II, 84.
2 Dione Cassio, LXVI, 14.
3 Svetonio, Vespas.j I e 16.
4 Svetonio, Vespas.j. 8, 16, 17, 18; Dione Cassio, LXVI, 10; Aurelio Vittore, De Cas-
saribusj cap. 9.
5 Tacito, Hist., IV, 53.
6 Svetonio, Vespas.^ 8; Dione Cassio, LXVI, 10, e Reiniar, ivi.
RIEDIFICAZIONI DI TEMPLI.
[LiB. VII.
altro onore che quello di contribuire agli adornamenti,
e di mettere il nome e il ritratto sulla medaglia in cui
venne a noi Fimagine del tempio splendidamente ri-
sorto {"). Rifece a sue spese le vie di Roma mal andate
per l'incuria degli ultimi tempi, rialzò il tempio della
Vittoria rovinato per vetustà (*). Riedificò magnificamente
il tempio di Claudio sul Celio, distrutto quasi da Nerone
per fare la casa aurea, e lo ridusse una delle opere più
belle di Roma*. Ristorò a sue spese anche l'acquidotto
Riedificazione del tempio di Giove Capitolino.
di Claudio, come lo attesta una iscrizione a Porta
giore (<=): e per lui fu riedificato e ornato di pitture il
tempio dell'Onore e della Virtù (^): e quindi nei monu-
(^) Cohen, Med. frapp. sous l'emp. rom., I, pi. XV, n. 409, pag. 420:
medaglia in bronzo colla testa di Vespasiano coronato di alloro, e attorno
la leggenda: imp. caes. vespasian. aug. p. (ontifex) m, {aximus) tr.
(ibunitia) p. (otestafe) p. P. (pater pairiae) cos. (consul) vii. Nel rovescio
la facciata del tempio, e sotto s. e. [senatus comtullo).
(») Creili, n. 742 e 1868.
(*) Aquas Curtiam et Caeruleam perductas a divo Claudio et postea
intermissas dilapsasqiie jìer annos novem sua impensa urbi restitiiit.
Creili, n. 55.
(«*) Plinio, XXXV, 37. Ad esso allude anche una medaglia. Vedi Ca-
vedoni, Med. imp., in Ann. Istit. archcolog., 1853, pag. 7-8.
l Svctonio, Yespas.t 9; Marziale, De Spectac, 2.
Gap. III.] TEMPIO DELLA PACE. STRADE, ACQUIDOTTI, ECC. 499
menti è celebrato come restitutore dei sacri templi, e
conservatore delle cerimonie e dei riti antichi *. Nel cen-
tro della città, inalzò il grande Anfiteatro {Colosseo), di
cui parleremo in appresso.
Tutti erano lieti della tranquillità ristabilita dopo tanto
infuriare di atrocissima guerra civile in- Italia, e anche
dentro le mura di Roma: e il principe contento dell'opera
sua simboleggiò sulle medaglie la Pace tornata col be-
nefico olivo e col cornucopia a ristorare i travagliati
mortali (") ; e affinchè del beneficio rimanesse più solenne
memoria, alla festeggiata Pace consacrò un tempio presso
al Fóro Romano e al luogo dove poscia sorse la Basilica
di Costantino, alle rovine della quale per più secoli erro-
neamente fu dato il nome di esso. Il grande edificio col
sacro recinto e colla Biblioteca che stavagli a lato ora
è al tutto scomparso : e solo dagli antichi ricordi sap-
piamo che fu splendidissimo per adornamenti di pitture
e sculture, e sorse quasi un museo delle più rare opere
d'arte, e delle cose più preziose raccolte da ogni parte
del mondo, tra cui i vasi d'oro rapiti a Gerusalemme dal
tempio di Dio ^.
E fuori di Roma le iscrizioni attestano che restaurò
la via Appia, costruì un acquidotto ai Minturnesi, di cui
rimangono magnifici avanzi, rifece strade in Sardegna,
rialzò ad Ercolano il tempio della Madre degli Dei andato
(^) Nel rovescio di parecchie medaglie di Vespasiano coU'epigrafe Paei
orbis terrarum , ecc., vedasi figurata una donna ora assisa, ora stante,
ora alata, avente nelle mani rami d'olivo, caduceo, cornucopia, spighe,
palme e corone. Vedi Cohen, Monn. frappées sous Vemp. rom.. Vespa-
sien, n. 124, 126, 129, 131-137, 140, 142, 143, 145, 146, 195, 326,330,
335-351.
1 Muratori, Inseript.j 185, 5; Ordii, 716, 186S e 2361.
2 Svetonio, 9; Plinio, XII, 42, XXXV, 36, XXXVI, 4, 11, 24; Giuseppe Flavio, VII,
5; Giovenale, Sat., IX, 22; Spanheim, De Praestantia et tisu Numism. ant'iq., voi. I!,
pag. 618, ediz. 1717, Vedi anche Annali Istituì, archeolog.^ 1S53, pag. 10-13. _
500
NUOVO TEMPIO DI BRESCIA.
FLiB. VII.
in rovina*: e altre lo ricordano restitutore al Pubblico
dei beni invasi dai privati a Pompei, come dei luoghi
dedicati a Capua a Diana Tifatina, e costruttore di nuove
strade nell'Asia Minore 2,
11 suo nome rimane anche tra le rovine di un tempio
romano scoperto nel 1823 sulla costa meridionale del
mM
Ruderi del tempio col nome di Vesi^pasno a Bresci;
{Mu». Bresciano illustr.j nel frontespizio).
colle Cicneo alle cui cime sovrasta la rocca di Brescia.
Si vedono ancora i tronchi di sedici colonne corintie,
avanzi dell'ampio portico già sorto a fronte del bello edi-
lìzio, con fogliami egregiamente scolpiti e col fregio ove
stette l'epigrafe che ricorda Vespasiano nell'anno 825 di
1 Raphrifl l'aljrctti, Inscr. antiq. . pap. IIJ, n. .Tiri; Bullettino archeolog. Napoletano,
lS12-i:{, papr. 131; La Marinerà, Voynge en SardaignCj 11, -KW.
. * Orelli, H6) e 3262; e Corpus Imcr. lat ^ III, 752, pag. 88, n. 470.
Gap. III.] LA VITTORIA DI BRESCIA. 501
Roma e 75 dell' èra volgare {"■). Dietro a quei ruderi è un
muro con tre porte conducenti a tre celle nelle quali
sorgono tre grandi piedistalli a modo di altari, figurati
nelle facce di genii alati, di patere, di litui, e di altri
utensìli pei sacrifizi. Peregrini marmi rivestono i pavi-
menti e le pareti interne dell'edificio adorno in antico
di belle statue, di busti di bronzo e di marmo, e di altre
sculture, di cui nel 18'2G fu ritrovata ivi presso una parte.
Fra tutte queste opere primeggia altamente « una statua,
maggiore del vero, che rende imagine della Vittoria, atteg-
giata a un di presso come vedesi nella Colonna Traiana,
dallo scudo in fuori, che in questa pare dovea esservi,
ma non venne trovato: statua che per molta correzione
di disegno, per aggraziata movenza, e per singolare ma-
gistero di fusione si ammira come capolavoro e come
gemma del bresciano Museo » K
Architetti e archeologi scrissero con afletto sapiente
di queste rovine, e conclusero che il tempio dovè esser
eretto da Vespasiano probabilmente come attestato della
sua gratitudine a Brescia per gli aiuti che ne ebbe nel
giorno in cui dalla battaglia di Bedriaco fu a lui assicu-
rato l'Impero; e che come ricordo di tale vittoria fu da
lui donata ai Bresciani la Dea sosjjìro dei forti e premio
dei prodi, figurata nella grande statua di bronzo, che
dura perenne ornamento della città nobilissima madre
in ogni tempo di uomini forti, di eletti ingegni e di grandi
e liberi animi ('').
(") L'epigrafe restaurata si legge così: imp. caesar. vespasianus augu-
STUS PONT, [ifex) MAX. (imus) TR. [ibunitio) POTEST. (ate) mi. imp. x. coss.
{ConSUl) UH. CENSOR.
(*) Nel Museo bresciano illusi, -ato (Brescia 1838), ricco di splendide
incisioni e di dotte ricerche vedi Vantini, Dell'antico edificio nel quale
è posto il Museo, pag. 17-30; e Labus, Osservazioni storiche intorno
1 Vantini, in Mus. bresciano illustrato, pag 23.
Vannocci — Storia dell'Italia antica — IV. 63
501;
LiB. VII.
Vittcria di Brescia {Museo bresciano illustralo, tav. 10).
CAI'. III.] VESPASIANO RIFORMATORE DEI COSTUMI. 503
Esercitando la censura con Tito attese anche a rifor-
mare i costumi, e a frenare il lusso smodato delle mense
e dei vestimenti. La corruzione era al colmo, e peggiori
mostravansi i più potenti alla corte. Turpemente vizioso
Muciano; depravati i figliuoli del principe, ed egli stesso,
perduta la moglie Flavia Domitilla, teneva molte concu-
bine in palazzo, e a tavola cogli amici si lasciava andare
a sozzi parlari *. Pure, a confronto degli altri, poteva
passare per uomo di costumi temperati, ed è lodato di
non abbandonarsi ad eccessi, di ritenere la semplicità
antica, e di aborrire gli uomini molli ^. Egli rinnovò il
decreto di Claudio, che faceva schiave le donne prosti-
tuentisi a servi, e perseguitò gli usurai, che coi prestiti
da restituirsi dopo la morte del padre, nutrivano le dis-
solutezze dei giovani. Vietò le vendite di cibi delicati
nelle taverne; e, vestendo e vivendo all'antica, ai grandi
raccomandò la semplicità coli' esempio. E l'ossequio al
principe, dice Tacito, e il fervore di imitarlo valsero più
che ogni pena o paura di leggi 3.
La semplicità del suo animo appariva anche nel por-
gersi cortese a tutti, nel soffrire gli scherzi pungenti,
nell'aborrire dal fasto, nel ricordare volentieri la sua
oscura origine e nel burlarsi degli adulatori, che si af-
fannavano a mostrarlo disceso da un compagno di Ercole
fondatore di Rieti '\
Ebbe lode di clemenza per avere scordate le offese
antiche. Maritò onorevolmente e con ricca dote una figlia
all' antico edificio nel quale è posto il Museo, pag. 39-52, e 136-141, ove
pai^ticolarmente è illustrata la Vittoria di cui le tavole danno tre squi-
siti disegni. Vedi anche Annal. Istit. ardi. , 1839, pag. 182, e Raoul-
Rochette, in Journal del Sai-ants, 1845, pag. 466-479, e 530-547.
1 Svetonio, 3, 13, 21, 22.
2 Svetonio, S.
3 Tacito, Ann.^ IH, 55; Svetonio, 11 ; Dione Cassio, LXVI, 10.
4 Svetonio, 12, 13; Dione Cassio, LXVI, 10, 11.
504 LODI DI CLEMENZA, E PERSECQZIONI AI FILOSOFL [Lib. VII.
di Vitellio, e fece console Mezio Pomposiano, cui gli astri
promettevano l'Impero (").
Dei familiari liberissimi con lui, e di Muoiano mas-
simamente, sopportò di buon animo i modi arroganti,
quantunque, come gli altri principi, non amasse né le
libere parole, né i liberi pensieri. A Demetrio, fdosofo
cinico, che diceva male di lui, dapprima rispose chia-
mandolo cane; ma poi, a istigazione di Muoiano, lo bandi
da Roma con gli altri filosofi e fece battere con le
verghe un Diogene, e uccidere Erate più ardito degli
altri 1. Gli stoici furono crudelmente battuti nella per-
sona di Elvidio Prisco, capo della setta, il più nobile
e più ardito di tutti. Toccai sopra come gli venissero
addosso le prime ire di corte, le quali gli si accrebbero,
quando da pretore negli editti non faceva menzione del
principe, e di lui e del governo parlava con grande ar-
dimento, e celebrava il dì natalizio di Bruto e di Cassio.
Per tutto ciò ebbe di nuovo l'esilio, nel quale lo rag-
giunse uno schiavo, che gli tolse la vita. Dicono che
Vespasiano pentito si adoprasse ad impedire l'esecu-
zione; ma arrivò troppo tardi il messaggio, e non è
chiaro se questa fosse commedia o sincera volontà di
salvarlo ^.
Più inutile, e quindi più odiosa, apparve la uccisione
(li Giulio Sabino, ricordato sopra nella sollevazione delle
Gallie. Egli, fatto credere di essere perito nell'incendio
della sua villa, si era nascosto in una caverna, ove gli fu
amantissima e coraggiosa compagna la moglie Eponina,
la quale dopo sette mesi sperando che l'ira di Vespa-
C') Veispasiano gli détte il consolato dicendo: si ricorderà del beneficio
quando sarà imperatore. Svetouio, 14; Dione, LX^'II, 12; Aurelio \'it-
tore, De Caesaribus^ 11.
1 Svetonio, 13; Dione Cassio, LXVI, 13, 15.
2 Svetonio, 15; Dione Cassio, LXVI, 12; Arriano, Epitteto^ I, 2.
Gap. III.] UCCISIONE DI GIULIO SABINO E DI EPONLNA. 505
siano fosse calmata, per tentare la fortuna si recò a Roma
col marito travestito da schiavo: ma fatti accorti della
vanità d'ogni prova, tornarono segretamente alla tene-
brosa caverna. Nell'orrido luogo ella partorì e allevò due
figliuoli. Dopo nove anni, scoperti in quell'asilo, furono
trascinati a Roma in catene. La forte donna, cui solo pen-
siero era salvare il marito, si gettò supplice ai piedi del
principe; e mostrandogli i teneri figliuoli, disse: Questi,
0 Cesare, ho partorito e nutrito nell'orrore delle tenebre,
perchè fossimo in più a chiederti mercè pel povero padre.
La città fu commossa alla novità del caso pietoso, e com-
pianse la. grande sciagura, e celebrava quelle solenni
prove di coraggio e di affetto. Anche Vespasiano ne fu
intenerito fino alle lacrime: ma la commozione non gli
impedì di fare uccider Sabino, e. di acquistarsi nome di
uomo crudele in una occasione, in cui egli pieno di con-
fidenza nei suoi destini poteva esser clemente senza pe-
ricolo. In tutto il suo principato, dice Plutarco, non av-
venne caso sì crudele e odioso, e non fu spettacolo più
abominato dagl'Iddìi e dai Demoni. La generosa donna
quando disperò della salvezza del marito, chiese di par-
teciparne il destino, e disse che era stata più felice con
lui nelle tenebre, che Vespasiano nello splendore dell'im-
pero del mondo. E anch' ella fu uccisa. Dei figli uno fu
ucciso in Egitto, e l'altro, di nome Sabino, accolto da.
Plutarco nella sua casa di Delfo, potè raccontargli tutta
la dolorosa storia dei suoi ^
Solo negli ultimi tempi Vespasiano corse pericolo, ma
da uomini di altra fatta. Congiurarono contro di lui
Alieno Cecina, traditore di VitelUo, ed Eprio Marcello,
l'infame spia di Nerone, ambedue onorati e accarezzati
anche alla nuova corte. È detto che avevano tratti pa-
recchi soldati con se, e preparata l'allocuzione all'eser-
1 Dione Cassio, LXVf, IO; Plutarco, Ragionamento d'amorej 25. Conf. Tacito, Hist.^
IV, G7.
506 MORTE E QUALITÀ DI VESPASIANO. [Lib. VII.
cito; ma furono scoperti prima che venissero ai fatti, e
Tito all'uso dei despoti saltando sopra ogni impaccio di
leggi e processi, invitato Cecina a cena, lo fece pu-
gnalare all'uscir dalle mense. Marcello, condannato dal
Senato, tolse la fatica al carnefice uccidendosi di pro-
pria mano *.
Anni di Ro- Vespasiano mori (23 di giugno) dopo quasi dieci anni
g"c''?5/' di regno e 70 di vita. Sentendo i prima assalti del male
se ne andò a Cutilia nei suoi possessi Sabini, ove era
solito di passar sempre l'estate, e ivi anche ammalato
attese finché potè alle cure del regno. Quando senti
giunta l'ora sua, burlandosi dell'uso di divinizzare gli im-
peratori morti, disse: sento veramente ch'io divengo un
Iddio. Aggiunse anche, che un imperatore doveva morire
in piedi, e mentre teiltava di alzarsi mandò l'estremo
sospiro-: e anch' egli ebbe gli onori divini, di cui si
burlava.
Sebbene avaro, non mise, come i predecessori, le mani
ladre nelle robe altrui, non uccise per ispogliare, non
confiscò i beni ai nemici, mentre dall'altro lato tolse via
molti disordini del governo assoluto, rese forza alle leggi,
e ristabili la quiete e la sicurezza. Qualche volta anche
egli fece sentire le unghie e i denti del despota, ma in
generale il suo governo fu saggio e benefico, e portò
qualche ristoro ai travagli del mondo.
Egli era stato il primo de' principi che divenisse mi-
gliore sul trono ^. Il medesimo accadde di Tito suo figlio,
che per testamento gli successe nell'impero, e détte
l'esempio come di due contrarie nature. Era bello e mae-
stoso d'aspetto, comecché di statura non grande né
snella. Da giovinetto stette alla corte imperiale e fu
1 Dione Cassio, LXVI, 10; Svetonio, Tit., 0. Per Marcello vedi AvoUino, Sopra una
cjìùp-dfe di C. Eprio Marcello, Napoli 1831, e Borghesi, Opere, voi. Ili, pag. 385 e segg.
2 Svetonio, 21; Dione Cassio, LXVI, 17
3 Tacito, HiH., I, 50.
Gap. III.
GIOVENTÙ' E STUDI DI TITO.
507
educato con Britannico, e patì grave malattia per aver
gustato la bevanda che uccise il figlio di Claudio. Poi
entrato nella milizia fece prove famose in Germania e
in Britannia, ove fu onorato di statue e d'imagini. In-
gegno pronto e adorno di gentili studi: dettava all'im-
provviso versi e prose, cantava di musica, e danzava
piacevolmente. Scrivendo contraffaceva si bene l' altrui
Tito imperatore (Visconti^ Mus. Pio Clem.^ VI, tav. XLIII, n. 1).
mano, che gli sarebbe stato agevole, come egli diceva,
di riuscire un valente falsario. Coll'arte accrebbe la natu-
rale grazia dei modi, con cui si concihava mirabilmente
gli alTetti. Pure, finché visse suo padre, ebbe fama di
uomo libidinoso, crudele, cupido, perfido. Nel tempo della
508 NON BUONO PRIMA DI SALIRE SUL TRONO. [Lib. VIL
guerra giudaica, quantunque ammogliato, amoreggiò la
regina Berenice, sorella di Agrippa II, la quale, venuta
a Roma dopo la distruzione di Gerusalemme, fu accolta
in palazzo e levò rumore colle sue bellezze e colla splen-
dida vita; e fu tenuta qual moglie da Tito, che probabil-
mente per causa di lei ripudiò la madre della sua unica
figlia *. Ma eravi anche di peggio. Amava gli eunuchi,
passava le notti in orgie con sozzi cinedi : e quando
Vespasiano gli ebbe commesse le cure principali del go-
verno, si mostrò rapace, e fece mercato degli uffìcii, e
a lui furono attribuiti molti degli atti, da cui venne bia-
simo al padre. Era stato crudele in guerra, e a Gerusa-
lemme straziò disonestamente i prigioni. Anche a Roma,
come prefetto del pretorio uscì dei modi umani e civili,
fece pigliar dai suoi sgherri e uccider i sospetti senza
processo. Per le eguali cose si acquistò odiosissimo nome,
e quando giunse all'impero tutti ne ebbero paura come
di un novello Nerone, a cui rassomigliava anche nei
gusti di poesia, di musica e di danza 2.
Ma si comportò in modo che presto il biasimo e l'odio
gli si rivolsero in lode e in amore: allontanò da sé i vi-
tuperosi compagni delle orgie, scelse gli amici, i consi-
glieri e i ministri fra i più pregiati cittadini, rimandò
Berenice in Giudea, lasciò le voluttà, e vestì in tutto co-
stumi onesti. Accettò l'ufficio di pontefice, per essere
viepiù obbligato a serbarsi puro da ogni macchia, e go-
vernò con intelletto di giustizia e d' amore. A tutti si
porgeva cortese di amorevoli accoglienze, studiavasi di
non rimandare ninno scontento: e ciò non vuoisi spre-
giare in un principe assoluto. Al bene si credeva ob-
bligato così, che una sera, non ricordando di aver fatto
nella giornata servigio ad alcuno, disse dolente quelle
1 Svetonio, Tit.^ 1-3, 7; Tacito, Hist. ^ II, 1-5, 81; Dione Cassio, LXVI, 15; Aurelio
Vittore, De Caesarihus, 10; Giovenale, Sat.^ VI, 155.
2 Dione Cassio, LXVII, 2; Svetonio, Tit., 3, 6-7.
e XP. III.] DELIZIA DEL GENERE UMANO DA IMPERATORE.
509
famose parole: Amici, questa è una giornata perduta.
Onde fu detto delizia del genere umano e salutato qual
nume : e poscia nei bassirilievi del suo arco lo figura-
rono, come anche oggi si vede, nell'atto di esser portato
al cielo da un'aquila K
Parrebbe inutile il dire che non uccise nessuno: ma
gli scrittori lo notano perchè era un merito in un impe-
ratore romano. Abolì il delitto di maestà, e giurò di voler
Apoteosi di Tito (Banali).
perire egli stesso prima di uccidere altri, affermando che
quanto a sé non temeva le ingiurie non meritate, e per
rispetto agli altri imperatori lasciava ad essi la cura di
farne vendetta, se erano divenuti Dii, come dicevasi. Ri-
spose con affetto alle offese, e, scoperta una cospirazione,
non solo perdonò ai cospiratori mostrando la vanità dei
loro disegni pel principato, su cui poteva solamente il
1 Svetonio, 1, 7, 8; Plinio, Paneg.^ 35; Dione Cassio, LXVI, IS, 19; Aurelio Vittore,
De Caes., 10; Bartoli, Arlmiranda^ tav. 9.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 64
510 GRANDI CALAMITÀ PUBBLICHE SOCCORSE DA TITO. [Lib. VII.
destino, ma spedì messaggi a rassicurare la madre di
uno di essi sulla sorte del figlio. Perdonando a Domi-
ziano le ingiurie e le insidie lo tenne sempre a parte
di sua potenza, e come suo successore: ma quantunque
anche colle lacrime lo pregasse a rendergli amore per
amore, non riuscì ad ottenere gratitudine dal tristo fra-
tello. Fu crudo solamente coi delatori, stati flagello uni-
versale di Roma: gli fece battere nel Fóro, e porre
nell'Anfiteatro a pubblica mostra, e poi vendere come
schiavi, 0 bandire nelle isole, ove più fosse aspra la vita *.
Tre grandi calamità, che nel breve suo regno afflissero
Roma e l'Italia, gli dettero nuove occasioni a mostrare
la bontà del suo animo. A Roma un incendio durato tre
giorni e tre notti distrusse i templi del Campidoglio e
quelli di Serapide, d'Iside e di Nettuno, il Panteon e le
Terme di Agrippa, la scena di Pompeo, il teatro di Balbo,
e altri grandi edifizi, e molte case di cittadini. Soprav-
venne poscia la pestilenza, che menò strage crudelis-
sima. Tito accorse soccorrevole da ogni parte, confortò
ì miseri, aprì l'erario, usò le particolari ricchezze, e
anche gli ornamenti delle sue case a ristoro dei pubblici
mali -.
Ma non eravi munificenza capace a riparare alle mol-
tiphcate sciagure. Infiniti furono i danni portati dall'in-
cendio del Vesuvio, che fece strazio crudelissimo delle
città e delle amene rive della Campania.
Le tradizioni e la geologia dicono che il terribile vul-
cano aveva già imperversato altre volte in tempi lonta-
nissimi 3. Ora da lunga stagione tacevano gli incendii,
ma il suolo di frequente era scosso, e ai tempi di Ne-
rone un terremoto fece grandi guasti a Pompei, a Er-
colano, a Nocera, e afflisse Napoli e altri luoghi dattorno:
1 Svetonio, 8; Dione Cassio, LXVI, 19; Plinio, Paneg.. ?'>.
« Svetonio, 8; Dione Cassio, LXVI, 24; Eusebio, Cliron. ann. 81.
3 Tacilo, Hist.^ I, 2; Diodoro Siculo, IV, 21; Strabene, V, 1; Vitruvio, II, 6, 2.
Gap. III.] INCENDIO DEL VESUVIO E MORTE DI PLINIO. 511
e dalle esalazioni sotterranee ne venne fiera pestilenza
ai greggi *.
Sotto l'impero di Tito, ai primi di novembre, dopo Anni di ro-
lunga siccità la terra nuovamente si scosse, e con tale g.^c^S.'^'
fragore che pareva tutto andasse in rovina. Quindi il
Vesuvio cominciò a vomitare fiumi di lava, di fumo, di
lapilli e di ceneri, che coprirono la Campania di folte
tenebre, rischiarate solo in qualche istante da lunghe
figure di fiamme, che squarciavano la nera nube diffusa
sulla terra e sul mare 2. È detto che il sole ne fu oscu-
rato anche a Roma, e che le ceneri giunsero fino in Asia
e in Egitto 3. Le città di Ercolano e di Pompei, e altre
terre minori rimasero sepolte sotto quella pioggia di
lava e di ceneri, e solo dopo 18 secoli per lungo lavoro
di scavi, non ancora compiuti, fu dato a noi di rivederle,
in parte, alla luce con loro monumenti e fóri e templi,
e teatri, e basiliche e abitazioni private, che ne rivelano
le arti, le istituzioni, le credenze, le feste, gli amori,
i gusti, gli usi domestici e la prospera vita con qualche
imagine dei cadaveri del popolo miseramente colpito.
Plinio il Naturalista, che comandava la flotta stanziata
a Miseno, accorso per dare aiuto ai pericolanti di Stabia
e per istudiare da vicino il fenomeno, rimase vittima di
quella sciagura, e tre giorni dopo fu trovato cadavere
sul lido, come è narrato dal giovane Plinio, suo nipote,
il quale, testimone oculare, disse i pietosi casi del sa-
piente vecchio, e con essi i particolari della crudele ro-
vina e l'universale terrore. Risuonavano, egli dice, ulu-
lati di donne, gemiti di fanciulli, grida di uomini. I
padri chiamavano i figliuoli, le mogli i mariti, e tra
quelle tenebre li riconoscevano solamente alla voce. Chi
deplorava la propria sciagura, chi quella dei suoi. Alcuni
1 Tacito, Annali XV, 22; Seneca, Nat. Quaest.j VI, 1 n 27.
2 Plinio, Epist., VI, 16 e 20.
3 Dione Cassio, LXVI, 22. 23.
I.IR. VII.
Gap. III.]
ROVINE DI POMPEI.
per timore della morte invocavano la morte; molti sup-
plicavano gli Dei; altri stimavano che non vi fossero
più Dei, e credevano venuta la fine del mondo («).
^^li^.V l||||,
Cadaveri Pomijciani [Overheck, pag. 29 e 30).
Tito andò da sé stesso a visitare i luoghi colpiti dal-
l'immane flagello, e, quantunque fosse impossibile prov-
C') Plinio, Epist., VI, 20. Pei particolari del fatto vedi Beulé, Le drame
du Vcsiive, Paris 1872, il quale coi ricordi storici e coi soccorsi della
.scienza narrò eloquentemente quella grande catastrofe, spiegando, come
già fecero altri, qualmente Plinio giaciutosi sul lido quando i terremoti
forzarono tutti a uscir dalle case di Stabia, fu ucciso dall'acido carbonico
solito a prodursi alla superficie del suolo nelle eruzioni vulcaniche, e
morì mentre scampavano tutti i suoi compagni che non erano giaciuti.
Egli fu asfissiato nel modo che avviene al cane posto in terra nella
grotta a poca distanza dal lago di Agnano, ove rimangono illesi i visi-
tatori che assistono in piedi a quello spettacolo, perchè la mortifera
esalazione, come più pesante dell'aria, rimane accosto alla terra, né
giunge a chiuder loro le vie del respiro.
514
BENEFICENZE E MONUMENTI. TERME.
[LiB. VII.
vedere efficacemente a tanta grandezza di mali, fece tutto
il bene che era in poter suo. Commise in due consolari
la cura di ristorar la regione, e di dar soccorsi a chi più
aveva patito, soccorse coi propri denari, e destinò a que-
st'uso i possessi rimasti senza padrone, e soliti per l'a-
vanti a divenir proprietà dell'erario '.
A malgrado di tanto dispendio non pose nuove gra-
vezze, né prese neppure tutti i tributi ordinarli 2. Del che
fu ammirato e celebrato dagli uomini che avevano visto i
principi rapire e sprecare le facoltà dei privati e del
pubblico. Né per questo trascurò di essere magnifico nel
costruire edifizi, e nel secondare i gusti del popolo collo
splendore degli spettacoli. In breve tempo edificò a co-
modo pubbUco le sue belle Terme sull'Esquilie presso
Veduta delle; iirincipali reliriuie delle Termo di Tito [Canina^ Edif.^ IV, 2i)l).
l'Anfiteatro cominciato dal padre 3, e anche questa grande
opera continuò alacremente.
1 Svetonio, S ; Dione Cassio, LXVI, 21.
2 Svetonio, 7.
3 Sretonio, Tib., 7; Canina, EJilìzi. voi. Ili, pag. 73-71, e IV, lav. 202-2)4.
Gap. III.] ANFITEATRO FLAVIO. 515
Fu notato come nelle opere di Vespasiano e di Tito
apparisca chiaro lo studio di far guerra a Nerone col
riedificare le cose distrutte da lui, col toglier via i monu-
menti del suo fasto oltraggioso, col riparare ai pubblici
danni venuti dalle sue grandi follie. Vespasiano rifece sul
Celio il tempio di Claudio che egli aveva quasi distrutto.
La Casa aurea fu rovesciata coU'intento di rendere a uso
e a diletto del pubblico i terreni da Nerone rapiti (''). Il
suo colosso di bronzo fu trasportato presso la via Sacra
e trasformato perchè rappresentasse Apollo colla testa
adorna di raggi *. Le Terme di Tito sorsero nel luogo
ove egli aveva posto i suoi grandi giardini (''). Il lago
artificialmente scavato tra il Celio e l'Esquilie fu pro-
sciugato. Con esso scomparvero i prati e le selve piantate
a diletto del citaredo : e nel sito del lago sorse il grande
Anfiteatro, portento della grandezza romana, celebrato
come la più magnifica meraviglia del mondo C").
L'imagine esterna con a lato la Meta sudante si vede
nelle medaglie di Tito che insieme alle sue Terme lo
dedicò solennemente nell'anno ottanta dell'era volgare, abuì di rc
° ma 838.
(") Reddita Roma sibi est: et sunt, te praeside, Caesar,
Deliciae populi^ qiiae fuerant dotnini.
Marziale, De spectac, 2.
(*) Hic ubi miramnr, velocia munera, Thermas,
Abstulerat miseris teda superbus ager.
Marziale, De specfac, 2.
C^) Hic ubi conspicui venerabili^ Amphitheafri
Erigitiir moles, slagna Neronis erant.
Marziale, De spectac, 2.
Barbara Pgramidum sileat miracida Memjìhis ;
Assiduus iactet nec Babijlona labor
Omnis Caesareo cedat labor Amphitheatro :
Unum prae cunctis fama loquatur opus.
Marziale, Da spectac, 1.
'- Dione, LXVI, 15; Plinio, XXXIV, IS; Sparziano, Adrian., 18.
516
ANFITEATRO FLAVIO.
[LiB. VII.
Si ricordano i sontuosissimi spettacoli dati dal popolo in
quella occasione: grande numero di gladiatori combat-
tenti a coppie e a truppe, cacce a migliaia di fiere uccise
da strenui bestiarii e anche da donne, battaglie navali, e
larghi doni gettati dall'imperatore alla folla, e lieti plausi
di vittoria, e orribili grida di morte. La festa durò cento
L'Anfiteatro in medaglia (li Tito {Donaldsùn, pag. 201, n. 79).
giorni, ed è detto che fu rallegrata anche da combatti-
menti di gru K
La grande mole capace di 87 mila persone fu compiuta
poscia da Domiziano con lungo lavoro di prigionieri e
di schiavi e con profusione di fiumi di oro^. L'edificio
1 Svofnnio, Tit.^ 7; Dione, I.XVI, 2r,; Eutropio, VII, H.
2 C'iissiodoro, Vm-iar. Epiat., V, 12.
Gap. III.l ANFITEATRO FLAVIO. 517
di pietre Tiburtine fortemente commesse con perni di
piombo e di ferro sorse alto così che appena l'umana
vista potea pervenirne alla cima * ; con cinque ordini di
gradini all'interno splendidamente coperti di marmo, e
al di sopra un portico destinato alle donne e alla plebe:
ottanta archi di ordine dorico, ionico e corintio all'esterno
decorati di statue, e quelli corrispondenti nel mezzo degli
assi adorni di colonne sporgenti e di carri trionfali, come
si vedono nelle medaglie. Al di sopra del vasto recinto
distendevasi, quando bisognasse, un immenso velario per
togliere agli spettatori le molestie del sole. La parte sot-
terranea all'arena fu poscia scavata e murata ed ebbe
ambulacri di accesso, e cavee per tenervi pronte le fiere,
e congegni ordinati a far saltar fuori le macchine per
gli spettacoli, e tutto disposto in modo da poter con-
vertire l'arena stessa in un lago per le battaglie navali.
Il grande edificio destinato ai feroci divertimenti di
Roma risuonò lungamente delle grida di migUaia di gla-
diatori combattenti e morenti, di prigionieri e di schiavi
sbranati da numero infinito di leoni, di leopardi, di orsi
e di altre belve fatte venire dall'Asia e dall'Affrica. Ro-
vinato e restaurato più volte dopo i danni patiti da in-
cendii, da terremoti e da fulmini, nel medio evo, preso
il nome di Colosseo^, divenne fortezza feudale, campo alle
lotte di prepotenti baroni, di papi e di popolo, e teatro
ai misteri della Passione di Cristo e a giostre di cavalieri,
e a scene notturne di negromanti, e servi anche a rico-
vero di malandrini. Poi fu guasto in più parti per trarne
pietre a costruire chiese e palazzi finché al principio del
secolo nostro altri con aiuti di grandi contrafforti fecero
opera di impedire che rovinasse del tutto. E oggi rimane
la più magnifica e spettacolosa rovina di Roma («).
{^} Le particolarità più importanti della costruzione e delle vicende
1 Ammlano Marcellino, XVI, 10, 15.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 65
518
^MALATTIA E MORTE DI TITO.
[LiB. VII.
È narrato che l'ultimo giorno delle feste celebrate per
dedicare l'Anfiteatro e le Terme, Tito pianse dirottamente
in presenza del popolo per causa di tristi augurii. Quindi
parti malinconico per le sue terre Sabine. Per via lo
colse la febbre : e presentendo il suo fine, alzò le tende
della lettiga, guardò il cielo, e si dolse di avere a morire
\lUiU del Culusseu ^icb^r, j-a_;.
sì presto. Disse che di una sola azione della sua vita
="'£',^5: sentiva rimorso: né si sa quale fosse. Morì a 42 anni
a8:U, di ^
<^'-8i- nella villa in cui era morto Vespasiano, dopo im regno
dell'Anfiteatro sono in Nibby, Roma antica, voi. I, pag. 399-432, e in
Canina, Edifizi di Roma antica, voi. Ili, pag. 23-28, e IV, tav. 164-177.
Per le scoperte fatte cogli ultimi scavi nei sotterranei vedi Gori , Le
memorie storiche, i giuochi e gli scavi delV Anfiteatro Flavio, ed i pre-
tesi martiri del Colosseo, Roma 1875, pag. 105 e segg.
Gap. III.] ROMA IN LUTTO. 519
di 26 mesi e '20 giorni. Roma fu tutta in lutto. Ognuno
se ne dolse come della perdita di un caro parente, e il
Senato pianse e lodò solennemente questo modello dei
principi *. Tutti avevano obliata la prima parte della vita
di lui, e non ricordarono se non il breve tempo in cui
mostrò la sua buona natura. I Giudei soli non dimenti-
carono mai (ed è ben ragione) lo strazio crudele fatto alla
loro patria infelice, e quindi nelle loro tradizioni rimase
come un orribile mostro l'imperatore, che altri chiama-
rono la delizia del genere umano (^).
Dopo questo breve ristoro il mondo torna a sentire i
flagelli della tirannide, e Domiziano contamina il trono di
nuove brutture.
{") Le leggende giudaiche, spiegano in modo particolare la fine preci-
pitata di Tito. Egli è vittima di uno spettro, che di continuo gli si alza
davanti, ed ha l'anima travagliata dal ricordo delle crudeltà commesse
in Giudea. I supposti rimorsi sono simboleggiati da un verme, che gli
rode il cervello. Secondo la leggenda Tito introdusse nel tempio di Ge-
rusalemme una prostituta , squarciò colla spada il sacro velo, e ne usci
sangue. Poi ravvolse in questo velo il libro delle leggi e i vasi sacri, e
li fece portar sulla nave. Nel viaggio corse pericolo di naufragio. Allora
il distruttore di Gerusalemme gridò : « Dunque il Dio dei Giudei ha forza
solamente sul mare, che uccise Faraone, e minaccia d'inghiottire anche
me. Se questo Dio è onnipotente, venga a combattermi in terra. » Allora
si ascoltò una voce che disse : « Tristo figlio di un tristo, io ho prodotto
una creatura che si chiama moscerino: vieni sulla terra e sarai là com-
battuto da esso. » Ora un moscerino entrò nelle narici di Tito, salì al
suo cervello, e lo ròse per sette anni. Un giorno nel passare davanti alla
bottega di un fabbro il rumore del martello annestò il rodere dell'insetto.
Tito fece venire presso a sé un uomo, e gli dava quattro monete d' ar-
gento al giorno, perchè continuamente battesse col suo martello. Per 30
giorni la cosa andò bene: ma dopo il moscei-ino, avvezzato al rumore,
si messe a roder di nuovo. Pinra o Fineo, figlio di Erouba, aggiunge la
leggenda, era pi'esente coi maggiorenti di Roma quando Tito mori: e
narrò come, apertogli il cranio, vi fu trovato un moscerino, grosso quanto
una rondine con unghie di ferro e becco di bronzo. Salvador, Hixt. de
la domination rom. en Judèe, II, 498.
l Svetonio, 10, U; Dione. LXVI, 26.
520 TRISTA INDOLE DI DOMIZIANO. [Lib. VII.
Altrove accennammo, come egli di buon'ora desse
saggio del suo animo tristo. Stato di sconcia vita fino
da giovinetto, dopo la vittoria del padre crebbe nei vizi,
visse tra violenze e adulterii , rapi a L. Elio Plauzio
Lamia la moglie Domizia Longina, indegna figliuola del
prode e virtuoso Corbulone, ingiuriò Tito nella sua unica
figlia; poscia, mentre per dispetto affettava modestia e
amore agli studi, arse d'invidia contro il fratello, gli tese
aguati, e da ultimo ebbe accusa di avergli affrettata la
morte cacciandolo, nell'ardore della febbre, in un bagno
di neve; e sebbene lo deificasse, abolì gli onori del suo
di natalizio '.
AanidiRo- Avuutl clic Tito spirassc, egli corse a Roma, e si fece
G^c^ii.^' gridare imperatore dalle milizie. Senza rispetto alcuno
osò dire che il padre scrisse lui per suo successore, e
che altri ne falsicò il testamento : e poscia dichiarò im-
pudentemente in senato che egli aveva dato l'impero al
padre e al fratello, e che essi ora glielo avevano reso (^')-
Sulle prime si tenne appartato in palazzo e dilettavasi
a trafigger mosche 2, quasi preludio alle uccisioni degli
uomini. Ma, sebbene i segni di sua tristizia apparissero
non dubbii, sulle prime, mescolando vizi e virtù, fece
anche qualche buona opera. Attese a fabbriche utili ; in
Roma rese libere da ogni ingombro le strade 3; restaurò
le vie Appia e Latina ^; rifece e chiamò col suo nome
la via lungo le spiagge della Campania, la quale uscendo
da Sinuessa sotto magnifico arco, e poscia traversando
il Volturno andava a Cuma, a Baia e a Pozzuoli, d'onde
(«) Patri se et fi atri imperium dedisse, illos sili reddidissc. Sve-
tonio, 13.
1 Tacito, Hist. , IV, 8G ; Svetonio, Domit. ^ 1, 2 e 22; Dione Cassio, LXVI, 3 e 26,
LXVII, 2-3; Aurelio Vittore, De Caesarihus. 10, 11.
2 Svetonio, 3; Dione, LXVI, 9; Aurelio Vittore, Epit.^ 11.
3 Marziale, VII, 61.
4 Marziale, IX, 102; Stazio, SUv., IV, 3, 3, o IV, 4, 60.
Gap. III.] PROVVEDIMENTI, LEGGI E RIFORME. 521
fu poi prolungata per Napoli, Ercolano, Pompei e Sor-
rento *. Per favorire gli studi mise gran cura a ricom-
porre le biblioteche incendiate, mandò ad Alessandria a,
copiar manoscritti, e ne fece venire da ogni banda-. Si
fece censore e riformatore religioso e politico, attese alla
giustizia, cassò le sentenze parziali, notò d'ignominia 1
giudici corrotti, punì i magistrati colpevoli, studiò che
fossero temperati e giusti i governatori delle province:
si astenne egli stesso dall'altrui roba, e rifiutò anche le
eredità di chi avesse fìghuoli. Per un momento si videro
frenati e puniti i delatori calunniosi dall'uomo, che poco
appresso usò l'opera loro a dar di piglio negli averi e nel
sangue. Cosi egli incestuoso e adultero e vissuto tra tur-
pitudini di meretrici, prese a riformare colle leggi i co-
stumi, che oltraggiava coi fatti e cacciò dal senato e dai
tribunali gli uomini di vita non pura, punì fieramente
gli adulteri e le Vestali accusate di disonestà, mentre
teneva fra i suoi cortigiani e delatori l'infame Crispino,
contaminatore di Vestali. Fece leggi sui teatri, proibì
alle donne di mala fama di andare in lettiga, e di rice-
vere lasciti ed eredità, richiamò in vigore la legge Scan-
tina contro le libidini infami, vietò di prostituire i bam-
bini lattanti, e di fare gli uomini eunuchi. Per le quali
cose i poeti di corte cantarono lui pudico e santo prin-
cipe, e datore di salute e di gloria al mondo, e restitu-
tore di buoni costumi e della pietà e della giustizia 3.
Non è certo che tali provvedimenti movessero da amore
1 Dione, LXVII, 14; Stazio, Silv.^ IV, 3, 26 e segg.; Corcia, Storia delle due Sicilie^
II, pag. 457.
2 Svetonio, 20-, Aurelio Vittore, Epit., 11.
3 Svetonio, 7,8,9, 22; Dione Cassio, LXVII, 2, 3, 13; Giovenale, Sat., II, 29-33 e 44;
Marziale,. J>e Spectac. 4, 5, II, 60, 91, V, 2, 19, VI, 2, 4, 45, IX, 7, 102; Stazio, Silv.^ Ili,
4, 73, IV, 1, 25. Delle leggi di Domiziano ragionò particolarmente Van Goens, De T.
Flavio Domitiano imp. rom. eiusque iurisprudentia. Lugdiini Batavorum 1820. Per
tutti i particolari della vita e del regno di Domiziano vedi Imhof, Titus Flavius Domi-
tianus^ ein Beitrag zur Geschichte der ròmischen Kaiserseit^ nach den Quellgn
iargestellt^ Halle 1857.
522 PRINCIPE FEROCE, ASTUTO E IPOCRITA. [Lib. VII.
del bene. Fece sotterrar viva la Vestale Cornelia, di cui
non è certa la colpa; ma un onesto scrittore afferma,
che a ciò lo indusse il desiderio di illustrare il suo secolo
con quella severità ^ E altri pure disse che la legge
sugli eunuchi era una satira agli antichi amori di Tito,
al quale in ogni occorrenza dava obliqui morsi, mentre
gli amici più cari di lui, come quelU del padre, dannava
all'ignominia e alla morte, reputando a sua ingiuria l'af-
fetto mostrato ad essi -.
Fu notato come nei ritratti apparisca più bello del
padre e del fratello, ma di una bellezza formidabile e
di un'aria feroce. Nella sua statua al Vaticano si mostra
una caricatura terribile, che aggrotta le ciglia e digrigna
i denti, come chi ha voglia di mordere. Era una bestia
più fiera delle altre, che sederono sul trono dei Cesari,
perchè bestia intelligente, e non pazzo come Caligola (^).
La paura gli accrebbe la naturale ferocia. Talvolta
erompeva furioso, ma il più spesso bassamente codardo
e ipocrita, usava insidie e astuzie, e celava gli odii mor-
tali sotto sembianze di affetto, e accarezzava quelli de-
stinati alla morte, e preparava freddamente le stragi
dei più intimi suoi, e studiava che ne ricadesse l'odio
sugli altri 3.
Uccise per cose da nulla. Dopo spento l'istrione Paride,
adultero di sua moglie Domizia, e quelli che in esso ave-
vano onorato l'artista, fece perire anche uno scolare di
lui, perchè dicevasi che emulerebbe il maestro nella ec-
cellenza dell'arte e nella bellezza della persona. A Elio
C^) Vedi Ampère, L' Empire romain à Rome, li, 121. Stazio cantò i
celestiali occhi di Domiziano {Silv., Ili, 4, 53), e la inarrivabil bellezza,
e la serena e dolce maestà (IV, 2, 41): e anche Marziale (IX, 25) vide
in Domiziano la serena fronte di Giove !
1 Plinio, Epist., IV, 11,
2 Svetonio, 2; Dione Cassio, LXVII, 2, 3.
3 Svetonio, 11; Plinio, Paneg.. 66 e 95, Epht.^ IV, 11 ; Dione Cassio, LXVII, 1, 2, 3.
Gap. III.J
UCCISIONI DI UOMINI E DONNE.
523
Lamia, cui prima di essere imperatore aveva rapito la mo-
glie, détte morte, perchè si ricordò che in quella occa-
sione gli aveva detto contro un'arguzia. Mandò al supplizio
il cugino Flavio Sabino, perchè il banditore, invece di
gridarlo console, per isbaglio lo chiamò imperatore. Ucciso
Salvio Cocceiano, nipote di Ottone, perchè festeggiava il
dì natalizio dello zio : ucciso Sallustio Lucullo, legato in
Statua loricata di Domiziano (Museo Chi aro monti).
Britannia, per aver lasciato chiamar lucullane certe lance
di nuova foggia: ucciso Mezio Pomposiano, perchè oltre
ad essergli stato predetto l'Impero, si dilettava di carte
geografiche, e aveva raccolto insieme le allocuzioni dei
re e dei duci delle storie di Livio, e due suoi schiavi
524 LA MOGLIE DI DOMIZIANO, E LA FIGLIA DI TITO. [Lib. VII.
_ — <k 1
chiamava coi nomi di Magone e di Annibale: uccisi Ci-
vica Celiale proconsole d'Asia, e Salvidieno Orfito, e
Acilio Glabrione, come macchinatori di novità: ucciso il
sofista Materno, perchè ad esercizio dell'arte sua aveva
declamato contro i tiranni: ucciso Ermogene di Tarso,
perchè in una sua storia usò ambigue espressioni, e fu-
rono posti in croce quelli che avevano copiato e venduto
Giulia figlia di 'I ito (Mongee, Icon Rom ^ pi. XXXV, n. 2)
il SUO libro. Meditò anche di uccider la moglie adultera,
le die libello di ripudio, e poi la riprese. Aveva rifiutato
di sposar Giulia sua nipote, la brutta figliuola di Tito:
poi vivente ancora il padre, la disonestò maritata a Flavio
Gap. III.] IMPRESE DI GUERRA. GIULIO AGRICOLA. 52.5
Sabino, e da ultimo, uccisole il marito, la tenne pubbli-
camente per sua concubina, e le fu cagione di morte
forzandola ad abortire. Altre donne da lui corrotte fu-
rono condannate a morte per adulterio, e una fu uccisa
per essersi spogliata dinanzi ad una statua del principe.
Altri spenti per altre simili ragioni *.
Benché pieno di codardia e di paura, Domiziano ambì
anche alla gloria delle armi, e fino dai tempi del padre,
per emulare il fratello, aveva tentato di capitanare un
esercito da mandarsi in Oriente a soccorso del re Volo-
geso. Non conseguì allora l'intento perchè Vespasiano
inteso ad afforzare colla pace lo Stato non amava di
mettersi a pericolose avventure per altri ^ : ma quando
fa padrone di sé, mosse ad imprese che riuscirono a
grandi vergogne.
Il capitano che sotto il suo regno tenne in più onore
le armi romane fu da lui invidiato e umiliato.
Gneo Giulio Agricola, nato di chiara famiglia nella co-
lonia di Forogiulio {Frejus), era uno dei pochi che nella
corruzione dell'Impero serbavano le virtù di altri tempi.
Tacito, che gli era genero, ne scrisse con affettuosa elo-
quenza la vita, e lo fece immortale, ritraendolo ardente
della sapienza, affettuoso coi suoi, prode soldato, inte-
gerrimo magistrato, prudente e magnanimo, autorevole
senza burbanza, umano senza fiacchezza. Suo padre Giulio
Grecino senatore e filosofo fu ucciso da Caligola perchè,
rifiutatosi ad accusare Silano: e la madre Giulia Procilla,
castissima donna e sua educatrice sapiente, gli fu uccisa
dai soldati di Ottone predatori dei suoi beni in Liguria.
Entrato di buon' ora nella milizia fu valente e onorato
tribuno in Britannia sotto Svetonio Paolino, e poscia
questore integro in Asia. Uccisa la madre dagli Ottoniani
1 Svetonio, 3, 10, 22; Dione Cassio, LXVII, 3, 12; Plinio, EjiisC. ^ IV, li; Giovenale,
IV, 151. Per ISIaterno conf. Tacito, Dialog. de Orat., 2.
2 Svetonio, 2; Dione, LXVI, 15.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 6<j
526 AGRICOLA IN BRITANNI A. [Lib. VII.
si gettò subito alla parte Flaviana da cui ebbe il carico
di quietr-re in Britannia i soldati ribellanti della legione
ventesima. Vespasiano lo fece patrizio, lo mandò a go-
vernar TAquitania, lo nominò console, e da ultimo lo
mandò governatore in Britannia dove rimase sette anni
(831-837 -di Roma, 78-84 di C). Ivi subito represse gli
Òrdovici e), riprese l'isola Mona {Anglesey), lasciata dopo
la prim;ì conquista, e pose ogni studio a togliere le ca-
gioni dtile sommosse, frenando la licenza militare con
severa disciplina, riformando sé e la sua casa, chiamando
agli ufiìcii i più degni, e ripartendo più equamente le
imposte, e facendo ogni opera perchè paresse meno dura
la servitù. Fu dolce ai cedenti: le voluttà e le lusinghe
dei vizi usò a snervare i più forti, e per tirare più facil-
mente i stivaggi all'ozio e alla sommissione gli invaghì
delle arti liberali, dei begli edifìzi, delle sontuose vesti,
delle delizie di bagni e conviti, chiamando civiltà, ciò
che era strumento di servitù. I resistenti persegui e predò
senza tregua: pose loro fortezze sul collo, corse da ogni
banda, vide tribù sconosciute, assah la Caledonia (Scorm),
e munì di presidii l'istmo tra i golfi di Glota e Bodotria (^),
che la separava dalla Britannia. Si avanzava per terra
facendosi seguire dalle navi lungo le coste. I Caledonii,
vedendosi turbare nei quieti recessi, corsero alle armi,
assalirono le nuove fortezze, e messere a pericolo estremo
la nona legione. Agricola accorse pronto al bisogno, e li
disperse: ma quelli, tenendosi vinti per astuzia di capi-
tano più che per valore di soldati, non si smarrirono
d'animo; e armata la gioventù, e, messo in salvo donne
e figliuoli, con giuramenti e sacrifizi si strinsero in po-
tente lega. Agricola avanzando gli incontrò al monte
(*) A settHnti-ione del paese di Galles.
(^) Sono i jjfnlfi in cui, dalla parte di Edimburgo, mette foce il Forili
(Bodotria) e dal lato opposto la Clyde (Glota).
Gap. III.] VITTORIE E SCOPERTE, E RICHIAMO DI AGRICOLA. 527
Grarapio ("). Erano 30 mila uomini capitanati da Galgaco,
il primo fra tutti per nascita e per valore. Ivi fu com-
battuta una grande battaglia descritta in tutti i partico-
lari da Tacito, il quale mostra i forti barbari accorrenti
in folla dalle native selve a difesa del sacro suolo della
patria, e racconta le fiere parole con cui Galgaco gli
infiammava a scuotere l'aborrito giogo dei ladroni del
mondo, e ricorda le prodezze dell'una parte e dell'altra,
e la grande sconfitta e la fuga dei Caledonii e la strage
di diecimila uomini.
Agricola, dopo la vittoria, fece fare dalle navi il giro
di tutta la Caledonia, e accertò che la Britannia era isola,
e prese anche le Orcadi, e vide l'ultima Tuie *, e fu ce-
lebrato come conquistatore e scopritore di nuove regioni.
Dopo tutto ciò l'opera principale era fatta. Rimaneva
da compiere e assicurare la conquista: e Agricola era
l'uomo da ciò; ma non glielo assentì la gelosia del ti-
ranno, irritato dalla fama delle vittorie, che rendevano
un particolare cittadino più rinomato del principe. Agri-
cola annunziò con modeste lettere il felice successo, ma
la fama pubblica lo celebrava con tanta solennità, che
Domiziano stesso, comunque pieno di maltalento, non
potè non fargli decretare gli onori trionfali. Poi richiamò
l'odiato vincitore, sotto colore di destinarlo ad altro co-
mando. Agricola venne subito a Roma, entrò di notte in
città, e, trovate fredde accoglienze in palazzo, studiò di
sottrarsi alla tristizia dei tempi e ai pericoli colla riti-
ratezza e colla modestia della vita. Ma forse quello studio
non bastò a camparlo dai pericoli che gli sovrastavano :
e rimane incerto, se finisse la vita naturalmente o per
opera di Domiziano, cui erano crudo tormento quella
virtù e quella gran fama, e quell'ammirazione del po-
(«) Oggi Grampians nella Scozia settentrionale.
1 Forse la maaroriore delle isole Shetlands detta ora Mainland.
528
IMPRESA DI DOMIZIANO SUI CATTI.
[LiB. VII.
polo, che a ogni notizia di patite sconfitte e di eserciti
disfatti chiamava il vincitore dei Britanni per riparare
alle altrui codardie K
L'imperatore che geloso e pauroso dell'altrui gloria sen-
tiva che senza capitanare gli eserciti e fare a sé devoti
i soldati non potrebbe tenere l'Impero preso colle armi
dai suoi, prima del ritorno di Agricola si era messo alla
testa delle legioni, sperando di oscurare con una grande
impresa il vincitore dei Britanni e ogni altro più famoso
guerriero. Mosse senza necessità in Germania ove era
pace, corse e saccheggiò il paese dei Catti, non vide il
nemico ritrattosi al suo comparire e poscia, chiamandosi
Germanico, tornò a Roma superbo e trionfante di quella
Domiziano coronato col titolo di Germanico {Monges ^ Icon. Eom., XXXIV, n. 5 e 6).
escursione, come di guerra gloriosamente compiuta, portò
iiRo- simulacri di bugiarde vittorie, e mostrò come prigionieri
^l <^' gli schiavi comprati al mercato e vestiti alla foggia dei
barbari; applaudito dai soldati cui aumentò lo stipen-
dio, e deriso da chi sapeva i segreti della commedia (").
(«) Dione, LXVII, 4; Zonara, XI, 19; Svetonio, C; Marziale, IX, 2;
Creili, Insci'. j 521, che ricorda Domiziano Germanico.
Tacito {Agric, 39, e Germ., 37) parla dei falsi trionfi e degli schiavi
1 Tacito, Agricola.
Gap. III.] GUERRA CONTRO I DACI. 529
Due anni dopo andò a reprimere le irruzioni dei Daci,
una forte nazione stanziata al di là del Danubio, gover-
nata da Decebalo, famoso per prodezze e accorgimenti
di guerra sotto la scorta del quale passarono il fiume,
invasero la Mesia, sconfìssero i presidii romani e ucci-
sero il comandante Oppio Sabino *.
Il governo dell'impresa fu dato a Cornelio Fusco, pre-
fetto dei Pretoriani. 11 principe non osando di prender
parte ai pericoli stette in un villaggio della Mesia occu-
pato in ozii e libidini, e all'avvicinarsi della tempesta
tornò a Roma a perseguitare il Senato e il popolo, mentre
duci e soldati si facevano uccidere per lui. L'esercito
corrotto dall'esempio era simile al principe che andava
alla guerra in lettiga : la disciplina spenta, tutto pieno di
confusione, di licenza, di codardia: i duci senza autorità
e senza fiducia; i migliori presi a sospetto, e puniti gli
esecutori fedeli degli ordini quando avessero nemica la
sorte 2. Decebalo spregiava altamente il nemico. Si venne
a battaglia. I Romani patirono piena sconfitta e grossa
perdita d'uomini. Cornelio Fusco fu ucciso, e l'aquila
d'una legione restò preda dei barbari ^.
La sciagura fu riparata poscia da Terzio Giuliano già
comandante di una legione nella Mesia, passato a parte
Flaviana a tempo della guerra tra Ottone e Vitellio ^.
Egli procede oltre al Danubio, vinse il nemico alla grossa
battaglia di Tape, e lo inseguì fino alla sua capitale.
Domiziano al rivolgersi della fortuna tornò alle fron-
comprati. Plinio, {Paneg., 16 e 17) dice dei carri mimici e dei siìmdacri
della falsa vittoria. Conf. Stazio che celebra il trattato coi vinti: Yictis
jìarcentia foedera Cattis/ Silv. , III, 3, 168, e Frontino, Strataq., I, 1,
8, II, 2, 7.
1 Svetonio, 6; Eutropio, VII, 13-, lordanes, Get., 13, il quale lo chiama Poppeo.
2 Dione, LXVII, 6; Plinio, Paneg.^ 18 e 82; Svetonio, 19; Orosio. VII, 10.
3 Svetonio, 6; Giovenale, VI, 112; Marziale, VI, 76; Orosio, VII, 10.
4 Tacito, Hist.^ II, 85, IV, 39 e 40.
530 SCONFITTE E TRIONFI. [Lib. VII-
tiere, e corse baldanzoso a punire i Marcomanni, i Quadi
e i Sarmati perchè non lo avevano aiutato nella lotta
coi Daci. Ma i Marcomanni lo batterono e lo volsero in
fuga, e una legione fu uccisa col suo capo dai Sarmati («).
Quindi egli che già avea respinta ogni domanda del capo
dei Daci, ora gli mandò messaggi di pace. E Decebalo
rispose mandandogli un messo a trattare con lui, e a
rendergli le armi e alcuni prigioni. Domiziano, come se
fosse il caso di un popolo debellato e assoggettato e
chiedente un re al vincitore, pose sulla testa del messo
il regio diadema: e dopo questa cerejnonia concluse la
pace col dare molta pecunia al nemico, e col promet-
tergli annuale tributo, e artefici romani per ogni opera
di pace e di guerra *: fatto obbrobrioso che dà principio
alla lunga serie dei patteggiamenti e delle viltà per cui
alla fme l'Impero e l'Italia diverranno preda dei barbari.
Domiziano Germanico e Dacico reduce da cotali im-
prese fece sentire la sua potenza alle province poste sulla
sua via. È detto che i luoghi per cui passava patirono
saccheggi e devastazioni come da una irruzione di bar-
AnnidiRo-^^^i- -^ Roma menò duplice trionfo sui Germani e sui
g\^^9i/^' Daci, e pei Sarmati portò a Giove Capitolino un ramo
di alloro (*), e fra i plausi del Senato e del popolo celebrò
le sue glorie con greggi di vittime, con pugne navali, e
combattimenti di fanti e di cavalieri nel Circo, con corse
di vergini, con un grande convito al popolo prolungato
per tutta la notte. Tutti gli accessi del tempio di Giove
Capitolino furono, dice PUnio, contaminati da innume-
revoli statue d'oro e d'argento poste all'incestuoso prin-
{") Dione, LXVII, 6. — In Sarmaiia lerjio eius cum duce interfecta,
Eutropio, VII, 15. Verli anche Tacito, Agric, 41.
(») Plinio, Paneg., 20; Svetonio, 6; Eutropio, VII, 15; Eusebio, Chron.
all'anno 91 di Cristo: Domitianus de Dacis et Germanis tì^umphavit.
1 Dione, LXVII, 7.
Gap.
MONUxMKNTI E MENZOGNE POETICHE.
531
cipe tra quelle dei numi. Poi simulacri a lui per tutte le
regioni della città, e una colossale statua di bronzo nel
Fóro; dappertutto archi con quadriglie trionfali («). I poeti
Arco di Domiziano {Donaldson, p. 222)
cantarono a gara le grandi prove, gli allori, e i degni
trionfi del sommo duce, invitto domatore del Reno e
dell' Istro, vincitore di re, guerriero forte al pari di Marte,
maggiore di Achille e d'Alcide, tutela e salute del mondo;
e convertirono le sconfitte in grandi e non piìi viste vit-
torie *. E il gran capitano giunse a tale arroganza che
(*) Dione, LXVII, 8; Svetonio, 13; Plinio, Paneg., 52 e 54; IMarziale
Vili, 65. Per la grande statua equestre di bronzo nel Fòro vedi Stazio,
Silv., I, 1.
1 Marziale, II , 2 , V, 1, V, 3, 19 e 65, VII, 5-S, Vili, 2, 51 e 7S, IX, 2, 7, 65 e 102;
Stazio, Silv.^ I, 1, 13-21, I. 2, 180, I, 4, 89-92, HI, 3, 117-118, IV, 4, 94-96, IV, 7, 49-52,
V, 1, 88, V, 2, 177, e Theb.. I, 19-20; Silio Italico, III, 607 e segg., e XIV, '"" '"°
-688.
532 VITTORIA SUI NASAMONI. — EDIFIZI DI DOMIZIANO. [Lib. VII.
non andò più al senato se non in veste trionfale, dette
i nomi di Germanico e di Domiziano ai mesi di settembre
e di ottobre, perchè nell'uno avea preso l'Impero e nel-
l'altro era nato: e prese consolati più che niun altro
mai, si fece salutare imperatore 22 volte come se avesse
riportate altrettante vittorie, procede con 24 littori, si
chiamò signore e Dio, e negli editti volle usata la for-
mola: il Signore e Dio nostro comanda ^. E allorché dopo
una disfatta delle truppe di Fiacco pretore di Numidia
per opera dei Nasamoni rivoltatisi a causa delle procon-
solari angherie, questi, sorpresi ubriachi del vino rapito
ai nemici, erano stati schiacciati dal pretore prima bat-
tuto, il superbo imperatore scrisse al Senato dicendo che
aveva proibito ai JSasamoni di esistere (").
Domiziano passò il suo tempo in imprese guerresche,
che furono vergogne, in ridicoli trionfi, in atti crudelis-
simi, in continue paure. La satira lo chiamò un calvo Ne-
rone ^, ed era come questo crudele, e amatore furioso del
fabbricare, e dello spendere in grandi spettacoli e festeg-
giamenti, per poi riempire l'erario colle accuse di maestà
e coll'ùccidere e spoghare i cittadini più ricchi. Rifece
sontuosamente molti edifìzi incendiati, fece un Odeo, uno
Stadio dove è ora la Piazza Navona, e una nuova Nau-
machia per divertimento del popolo ^, rese splendida e
degna di Giove la casa imperiale sul Palatino, con grande
profusione di marmi, e di oro per le camere delle sue
concubine, per logge, e bagni e ninfei * ; converti in tem-
pio sacro alla gente Flavia la povera casa in cui nacque
(«) Zonavsi, AnnaL,X], 19; Eusebio, Chron. ann. 841 di Roma, 88 del-
l'era volgare. Alla Vittoria sui Nasamoni allude anche una medaglia. Vedi
Cavedoni, in Annal. Istit,, 1853, pag. 27.
1 Svetonio, 13; Dione Cassio, LXVII, 1 ; Plutarco, Num.j 19; Stazio, Silv.j, IV, 1.
2 Giovenale, Sat.^ IV, 38.
" Svotonio, 5.
4 l'Iiitarco, Public. 15; Marziale, VII, 5C, Vili, 36 e 39; Stazio, Silv.. Ili, 4, 48.
Gap. III.
TEMPIO DI VESPASIANO.
533
sul Quirinale (-'), e inalzò un tempio a Vespasiano nel
Fòro presso al tempio della Concordia ('')• Sul Capitolio
Ruderi del tempio di Vespasiano {Bi:rn).
(«) Svetonio, l e 17; Marziale, IX, 2, 4 e 35; Stazio, 5i7u., V, 1, 240-
241. Un'epigrafe attesta che la casa dei Flavii era pre?«o l3 chiese di
Santa Teresa e San Caio. Vedi Nibby, Roma an'ica. II, C6 \
(*) Stazio, Silv., I, 1, 31; Cassiodoro, Chron.; Nibby, Bonia antica,
II, 119-120.
Ai piedi del Campidoglio di fianco alb Coucord a ne rin:angono in
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 67
534 TEMPIO DI GIOVE CAPITOLINO. ■ Lib. VII.
pose un tempio a Giove Custode nel luogo in cui egli
giovinetto si nascose per sottrarsi al furore dei Vitelliani^ :
e il tempio di Giove Capitolino arso di nuovo dopo la
riedificazione di Vespasiano rifece con tanto splendore
che le dorature della vòlta costarono dodicimila talenti
(36 milioni di lire ital), e a causa di esso Roma per più
secoli si chiamò Città d'oro {Urbs aurea) ("). Poi templi.
piedi tre colonne corintie cue un tempo si dissero volgarmente di ''-iove
Tonante. 11 Canina dietro le scoperte del 1830 ne restaurò la pianta, il
prospetto e le parti laterali, e disegnò i particolari delle decorazioni bel-
lissime. Edifizi, voi. I, pag. 76-79, li, tav. 33-34. Conf. Architettura ro-
mana, tav. 19-20. Pei disegni delle tre colonne vedi Reber, Bie Ruinen
Roms, pag. 81, e Burn, Rome and the Campagna, pag. 118.
L'anonimo di Einsiedlen vide il tempio intero nel secolo ottavo, e ne
conservò l'ultima epigrafe postavi a ricoidare che il tempio distrutto da
un incendio fu rifatto dal Senato e dal Popolo romano: S. P. Q. R. in-
cendio consumptum resiilnit divo Vespasiano. Vedi Bunsen, in Ballett.
Istif., 1835, p. 77-78, e Annal., 1836, pag. 223-224.
(") Svetonio, 5; Marziale, IX, 4; Stazio, Silv. . IV, 3, 10; Plutarco,
Pìihlic, 15; Gregorovius. Geschichte der Siadt Rom im Milielaltcr . I.
41. Recentissimamente si è ritrovata nel giardino dei Conservatori una
parte della sostruzione di questo tempio. Leggiamo nel giornale V Opinione
(7 novembre 1875): « Nei lavori di sterro eseguiti nel giardino del pa-
lazzo dei Conservatori per la costruzione della sala centrale dell'Esposi-
zione archeologica da inaugurarsi nel venturo dicembre, è stato scoperto
il lato orientale della platea in opera quadrata già antecedentemente rin-
venuta nell'attiguo giardino Caffarelli, e che occupa quasi tutta la som-
mità occidentale del colle Capitolino.
« Alcuni topografi avevano già timidamente proposto doversi riconoscere
ili questa immensa platea la sostruzione del tempio di Giove Capitolino,
cui Dionisio attribuisce una superficie di 4000 piedi quadrati. Tale sup-
posizione sembra ora raggiungere il grado di assoluta certezza in seguito
della scoperta di un rocchio di colonna scanalata in marmo bianco che
presenta una circonferenza di metri 5,43. Ponendo a confronto di tale
scoperta quanto fu ragionato nel primo volume, del Bollettino della Coiu-
raissione archeologica municipale (pag. 149 s. p.) e considerando come a
niun monumento del Campidoglio possa convenire una colonna di dimen-
1 Tacito, Tlist.^ Ili, 71; Svetonio, 5.
Gap. III.] TEMPLI A GIUNONE, APOLLO. ^HNERVA, ECC. 535
parte nuovi, parte restaurati, a Giunone, ad Apollo, a
Ercole, a Castore e Polluce, a Serapide e Iside, e a
Giano *. Onde i suoi poeti gli dettero vanto di aver fatta
Roma più splendida di quello che mai fosse stata, e dis-
sero che, se egli richiedesse tutto ciò che aveva dato
agli Dei, essi, anche vendendo all'incanto tutte le pre-
zio.sità dell'Olimpo, non riuscirebbero a saldare la duo-
decima parte del debito 2.
Come Cesare vantavasi disceso da Venere, e Augusto
si pose sotto la protezione di Apollo, Domiziano rese
culto superstizioso a Minerva di cui si spacciava figliuolo,
ne tenne sempre l'imagine in camera, la pose sulle me-
daghe, adornò dell'egida gorgonea i propri ritratti, e le
eresse un magnifico tempio nel Fóro che per essa fu
detto Palladio, e Transitorio {Tranéitorium , Pervium)
perchè posto in luogo di transito dalla parte occidentale
alla parte orientale di Roma (").
Anche ad Alba pose un tempio a Minerva con un col-
legio particolare di sacerdoti per celebrare ogni anno le
festività della Dea (Qiùnquatria) con grandi cacce di
fiere e lotte di gladiatori, e spettacoli scenici, e gare di
oratori e poeti, a cui distribuiva corone 3. Ad Alba riunì
sioni così stiaordinarie, se non che al tempio di Giove Ottimo INIassimo,
cosi sembra potersi finalmente considerare come risolta la questione della
jìosizione rispettiva sulle due sommità capitoline dell'arce e del tempio.
« È superfluo aggiungere che i frammenti marmorei scoperti nel giar-
dino del palazzo dei Conservatori spettano alla riedificazione del tempio
latta da Domiziano. »
(«) Quintiliano, X, 1,91; Svetonio, 5 e 15; Dione, LXVII, 1; Filostrato.
Apoll. Timi., Vili, IG; Lampridio, Alex. Sever., 28; A. Vittore. Caes.,
!•-'; Eckel, VI, 375. Nibby, Roma anf. , II, 221-238; Camna, Edi fi :i , J,
p. 276-279, e II, tav. 104-110.
1 Marziale, VI, 4, IX, i, 05 e ln2, X, 2S ; Stazio, Silv., IV, 3, !».
2 Marziale, Vili, 56, IX, 1.
3 Svetonio, Domit. ^ 4; Dione Cassio, LXVII, 1 e U; Marziale, IV, 1, V, 1, Vili, 1;
Stazio, Silv.. Ili, 5, 28, ecc., IV, 2, 65, IV, 5, -'2.
536
LA VILLA ALBAN.
[Ltb. VIL
insieme le magnifiche ville di Pompeo e di Clodio, e ne
fece una villa di inusitato splendore, estendentesi a circa
sei miglia di giro, e ridotta a modo di ròcca *. Vi fab-
Uuvine <ltil Fóro Palladiu (Bum, \,. ^■iC^].
bricò terme?, teatro, campo pretorio e anfiteatro, di cui
rimangono grandi rovine 2. Istituì i concorsi quinquen-
1 Tacito, Agric , V:<\ Dione Cassio, LXVII, 1; Giovenale, IV, 1 !:>.
2 Nibby, Analiai della carta dei dintorni di Fonia, voi. I, pa^;-. 91-0(5, e Viaggio An-
tiquario, II, pacr. I17-122-, Menzon, in BuHettino L<tit. archeol. , U5:{, pag. 4, ecc.;
r";sjardins, Topogrophie du Latiura , Paris Viò\, pag. 122, 210, 255.
Gap. III.] AGONE CAPITOLINO, E GRANDI SPETTACOLI. 537
nali dell'Agone Capitolino in onore di Giove con premi ^x^apfdi
di molte corone ai vincitori nelle musiche, nelle lotte, ^•^•^^•
nelle corse di giovinette, nei certami equestri e pedestri,
e nelle gare di eloquenza e di poesia greca e latina: e
presedeva egli stesso vestito alla greca, portando in testa
corona d'oro con l'effigie di Giove, di Giunone e di Mi-
nerva, circondato dal sacerdote Diale e dal collegio dei
sacerdoti Flaviali, vestiti nel medesimo modo ("').
Fece celebrare i giuochi secolari cent'anni dopo cjuelli
•i^Afiiij^^jÌjiyLSiiiiJji-
Ruderi dell'Anfiteatro di Domiziano nella sua villa All)ana {Canina^ Et'if.^ VI, 58).
celebrati da Augusto non contando quelli celebrati in-
nanzi tempo da Claudio. E sempre nuovi e sontuosi spet-
tacoli nell'anfiteatro, nello stadio e nel circo ove aggiunse
nuovi colori e fazioni: grandi battaglie navali, corse di
carri, certami di cavalli e di fanti, e battaglie di donne
con bestie, e lotte di gladiatori, prolungate anche la notte
a lume di faci. Uomini consolari furono costretti a com-
battere con orsi e leoni: numerosissime nell'anfiteatro le
(^) Svetonio, 4. Vedi Morcelli, Siili" Agone Capitolino, Milano 181G, e
Friediaender, Moeurs romaines, II, pag. 25G e :327, ove sono molte par-
ticolarità e le citazioni delle epigrafi e degli autori che parlano di questi
concorsi.
di Ro>
^11, di
, 88.
r)38 LARGIZIOM, FESTE E CRUDELTÀ. [Lib. VII.
mostre di elefanti, di rinoceronti e di tigri K Poi larghi
regali al popolo di denari, di conviti, di cuccagne e fon-
tane di vino 2. Stazio parla di ogni sorta di delizie get-
tate a pioggia in teatro dalla mano cesarea, e ricorda
come in quelle orgie plaudissero le grasse donne di
Lidia, e danzassero le Gaditane con crotali e cembali,
e poi come fra il tumulto popolare scendesse dall'alto
una nube di uccelli di Numidia, e del Nilo e del Fasi: e
per quelle allegrezze di conviti e di spettacoli egli vanta
il suo tempo come superiore dell'antico secolo d'oro ^.
Ma tutto non era allegrezza anche fra le feste in cui
sovente erompevano i crudeli istinti del principe. Soprav-
venuta una volta nell'affollato anfiteatro una pioggia di-
rotta, egli vietò che ninno partisse, e a non pochi fu
causa di malori e di morte *. Ora obbligava i cittadini a
combattere colle fiere, e poi gli uccideva per essersi diso-
norati in quei combattimenti servili. Marziale, che coglie
ogni occasione per vantare la grande mitezza del feroce
mostro, narra come un giorno chiedendosi da alcuni
spettatori un gladiatore, e dagli altri un altro, egli per
somma benignità li fece combattere tutti e due, e con-
tentò ambe le parti ^. Ma da altri sappiamo come anche
nell'anfiteatro cercasse delitti di crimenlese, tenendosi
spregiato da chi non rispettava i suoi gladiatori «. Di più
non voleva che lo spettacolo crudele fosse finzione, e
quando si rappresentavano casi di morte faceva verace-
mente uccidere gli attori. Alla rappresentazione della
storia di Orfeo con meravigliosi effetti di scena, con mo-
vimenti di rupi e di selve, e con ogni sorta di fiere che
I Svctoiiio, 4 e 7; Dione Cassio, LXVII, 11; Giovenale, IV, Bil-lOl ; Marziale, De
Spectac. 6, 8-11, 17, 18, 19, 22, 2*, 23.
* Svetonio, loc. cit. ; Dione Cassio, LXVII, 1 e 8.
3 Stazio, Silv., I, 6.
4 Dione Cassio, LXVII, S.
5 Marziale, De Spectac.^ 20.
<; Svetonio, 10-, Plinio, Paneg., 33.
Gap. III.] DELATORI ASSASSINI E LADRONI. 53'.)
stavano intorno al cantore di Rodope, la conclusione fu,
che l'attore rappresentante il personaggio di Orfeo fini
sbranato da un orso *.
Ad Alba stava, dice Plinio, come una fiera nell'antro -,
e di là lo vediamo spedire suoi editti per decidere le liti
dei popoli 3. Vi riuniva suoi consiglieri, e senatori servili
e pontefici^, e una turba di delatori ministri alle sue
crudeltà: M. Regolo il più tristo animale della terra:, già
arricchitosi colle stesse infamie sotto Nerone^; Catullo
Messaline, che parve mostro di turpitudini anche in tempi
di sozzi costumi ^ ; un Pompeo destro a fare spargere il
sangue con segrete calunnie '; Mezio Caro e Bebio Massa,
flagelli di tutti i buoni ^; Fabrizio Veientone , sozzo e
scaltrissimo^; e Crispino, stato già schiavo in Egitto, e
poi corruttore di Vestali, e giunto colla delazione ad alta
potenza ^^. Essi servirono a tutti gli odii e a tutte le atro-
cità del tiranno. Come assassini e ladroni infestavano i
templi e le vie, uccidevano e rubavano. Non eravi più
testamento sicuro: l'erario fatto spogliatoio dei cittadini e
crudo ricettacolo delle cruente rapine *' : subornati schiavi
contro padroni ; amici tirati a tradire gli amici ; la servitù
giunta al colmo ; tolto dalle spie il poter favellare e
ascoltare *'^.
Servì a questi furori anche il Senato, caduto nell'e-
strema viltà. Adunavasi muto e pauroso in mezzo a un
1 Marzir.le, De Spedar.^ il. Vedi anche t>, ivi.
2 Plinio, Paneg.. 4S.
3 Orelli, Lat. Inscript.^ 3118.
4 Plinio, Epist.^ IV, 11; Giovenale, Sat.^ IV, 61.
5 Tacito, Hist.. IV, 12; Plinio, Epist., I, 5, II, 20, IV, 2, T, VI, 2.
6 Plinio, Epist., IV, 22; Tacito, Agric... 45; Giovenale, Sat.^ IV, 115.
- Giovenale, Sat.. IV, 109-110.
8 Plinio, Epist.., I, 5, III, 4, VI, 29, VII, 19 e 33; Tacito, Hist.j IV, 49, Agric.
45; Giovenale, Sat., I, 35-36.
'J Giovenale, Sat.. IV, 113; Plinio, IV, 22. IX, 13.
10 Giovenale, Sat.^ I, 27, IV, 1, e segg.
11 Plinio, Paneg.^ 31 e 36.
12 Tacito, Hist., I, 2, Agric.^ 2 e 45.
5-10 IL SENATO VILE MINISTRO AI FURORI IMPERIALI. [Lib. VII.
assedio di soldati e di sgherri, e decretava statue e
trionfi, e commetteva scelleratezze, e condannava uò-
mini e donne innocenti *. Giovenale racconta, come Do-
miziano ad Alba chiedesse consigli a più senatori per
cucinare un magnifico rombo -, e altri ricorda come, a
spavento, invitasse senatori e cavalieri a un convito
apparecchiato in sala parata di nero con tutti i segni
dei banchetti funebri ^, ove li fece servire da fanciulU nudi
imbrattati d' inchiostro a guisa di spettri. Tremavano
tutti. Egli godendo di quella paura li trattenne a lungo
con ragionamenti di stragi: poi congedatili più morti che
vivi, mandò in dono a ciascuno una parte dei lugubri
apparecchi stati loro cagione di mortale spavento.
I senatori sempre più avviliti e tremanti, per salvare
se stessi infuriarono più che mai con sentenze di sangue,
e fecero da sgherri contro i colleghi odiati dal principe.
Fra i tanti uccisi si ricordano particolarmente Erennio
Senecione, Elvidio Prisco, e Aruleno Rustico, uomini lo-
dati di rara virtù.
A Rustico costò la testa l'avere scritto la vita di
Trasea, chiamandolo uomo santissimo: e a Senecione
l'avere scritto quella di Elvidio Prisco, ucciso da Vespa-
siano. Il figlio di questo, chiamato Elvidio pur esso, in-
vano studiò di nascondere nel ritiro il pericoloso nome
e la propria virtù; fu accusato e ucciso come gli altri:
e il senatore Publicio Certo gli mise le mani addosso in
senato, e détte primo l'osceno esempio di un giudice
faciente le parti di sgherro. I libri di Rustico e di Sene-
cione furono arsi pubblicamente, come per affogare in
quel fumo, secondo il detto di Tacito, la voce del popolo
e la coscienza del genere umano. La persecuzione colpi
anche i parenti dei lodatori e dei lodati. Ebbe esilio
1 Pliuio, Paneg.^ 51, 7ò, Epist.^ Vili, 1-1 ; Tacito, Agrk., 45.
2 Sat.^ IV.
3 Dione Cassio, I.XVII, 9.
Gap. III.] PERSECUZIONI A DONNE, A FILOSOFI. A CRISTIANI, ECC. 341
Maurico fratello di Rustico. Fannia, figliuola di Trasea,
vedova del vecchio Elvidio e madre del giovane, con-
dotta anch' essa sui tribunali sostenne impavidamente
di aver fornito documenti e memorie allo scrittore della
vita di suo marito, e nulla fece per sottrarsi al pericolo,
e accolse la sentenza di esilio con animo sereno. Aveva
già esulato due volte, sotto Nerone e Vespasiano, in com-
pagnia dello sposo: ora esulava la terza per amore alla
memoria di esso, portando seco e conservando con re-
ligione il libro, che era causa di sua condanna: e per la
pietà e costanza di animo meritò le nobili lodi di Plinio,
e rimase modello alle madri e alle spose. Furono esi-
liate anche Arria, madre di lei, e Pomponia Gratilla,
moglie di Rustico *.
Come i tre virtuosi uomini spenti facevano professione
di stoici, i furori di Domiziano si volsero anche contro
tutta la setta, e con decreto del Senato fece cacciar
d'Italia tutti i filosofi, e con essi ogni buona arte-.
Perseguitò i Giudei, e con essi i Cristiani, di cui ne
erano anche alla corte, e tra i parenti stessi del principe.
Ucciso Flavio Clemente, ed esiliata sua moglie Domitilia,
cugini di lui. San Giovanni rilegato nello scoglio di
Patmos 3.
Uccisioni violente di ferro, uccisioni insidiose di ve-
leno: scogli bagnati di sangue, mari, dice Tacito, pieni
di esilii. Gli illustri natali, le ricchezze, i rifiutati e gli
esercitati onori, erano delitto capitale : la virtù soprat-
tutto recava sicura rovina. Anche ora fu prodigio un
nobile giunto a vecchiezza ^ Domiziano, più feroce di
Nerone, alla crudeltà univa l'insulto; le sentenze di
morte accompagnava con proteste di clemenza, andava
1 Ts.cho,Agric., 2 e 45; Plmio, Epist^ L 5, II, IS, III, li e 16, V. I, VII, 19, IX, VA \
Dione Cassio, LXVII, 13; Svetonio, 10.
2 Tacito, Agric.^ 2; Dione Cassio, loc. cit. ; Svetonio, 10.
3 Dione Cassio, LXVII, 14; Svetonio, 12, 15; Eusebio, Hist.. Eccles.^ Ili, 12, 19, 2^.
< Tacito, Hist.^ I, 2; Svetonio, 10; Dione Cassio, loc. cit.; Giovenale, Sat.^ IV, 07.
Vannucci — Stoì-ia deU'Ualia antica — IV. 6S
542 RIVOLTA MILITARE DI L. ANTONIO IN GERMANIA. [Lib. VII.
per le prigioni a interrogare da sé stesso gli accusati,
tenendo in mano le loro catene; assisteva ai comandati
supplizii, e strazio peggiore d'ogni altro era ai miseri
il sostenere quel volto, che del rossore faceva schermo
a vergogna, e lo sguardo della belva, che all'immane e
oscena ferocia accoppiava l'astuzia '.
I primi tentativi di congiure contro di lui tornarono
vani, e produssero esilii e nuove uccisioni 2. Vana era
stata anche la sollevazione militare tentata in Germania.
Lucio Antonio Saturnino, comandante delle legioni del-
l'alto Reno, dichiarò imperatore se stesso, ma fa com-
battuto e ucciso da Lucio Appio Massimo Nerbano, e
la rivolta rimase subito spenta. Il vincitore arse tutte le
carte di Antonio per togliere ogni occasione a processi
e uccisioni. Vane cautele! Domiziano corse in Germania,
e saziò la sua crudeltà tagliando le mani e mettendo il
fuoco alle parti più delicate del corpo delle vittime: e
l'uccisione fu tanta, che egli stesso vietò di tenerne
registro (").
Per impedire nuove sollevazioni di milizie, studiò di
affezionarsi i soldati accrescendone lo stipendio di un
terzo. Vietò di riunire più legioni nel medesimo campo ^:
per ragioni di paure vietò, secondo alcuno, la cultura
delle viti, perchè l'abbondanza del vino era causa a som-
mosse {% e pensò anche a diminuire gli eserciti, quando
la furia dei barbari si faceva più minacciosa.
(") Dione Cassio, LXVII, 11; Svetonio, G, 10; Plutarco, Pao^o Emilio,
25. Lucio Appio ]\Iassimo, che oppresse la sedizione di Antonio, è ricor-
dato anche in una iscrizione, ove si chiama confectoris belli germanici.
Vedi Grutero, 359, 5; Orelli, 772, e Heuzen, pag. 75, e Borghesi, Del-
l'età di Giovenale, in Oper., Ili, p. 52.
(*) Filostrato, loc. cit. , VI, 17. Svetonio, 7, assegna a ciò un'altra
1 Tacito, Agric.^ 'la; Plinio, Paneg.^ 48; Dione Cassio, LXVII, 12.
2 l'ilostrato, Vita di Apollonio Tianeo, VII, 8; Dione Cassio, LXVII, l:;.
3 Svetonio, 7.
Gap. III.] VANO IL GUARDARSI DALL'ODIO DI TUTTI. 543
Le cose erano giunte agli estremi. Una parola, un
gesto, un sospiro erano causa di morte *. Terribile il
tiranno a incontrarsi e a vedersi con quella superbia di
volto, con quegli occhi accesi d'ira. Operando da nemico,
teneva nemici tutti, e cercava le tenebre, circondato di
spavento, come una fiera nell'antro, né usciva dalla so-
litudine, se non per far solitudine dove passasse ^. Ma in
mezzo alle stragi tremava sotto il peso del pubblico
odio, e aveva la turpe anima agitata da tristi presagii.
Invano prese provvedimenti di ogni sorte, e accrebbe
le guardie, e ad evitare le sorprese, dice Svetonio, ri-
coprì le pareti del portico in cui solca passeggiare di
una pietra, che riflettendo le imagini gli mostrasse ciò
che facevasi dietro di lui. La vendetta lo colse tra le
stesse sue guardie, e sforzò, dice Plinio, le porte e pe-
netrò nelle segrete caverne, e nei crudeli recessi, ove
lo rinchiudevano la paura e l'odio degli uomini ^. Piccoli ^
e grandi ne volevano la morte. Un nobile vecchio, tor-
mentato dagli anni e da atroci dolori di gotta, li soppor-
tava tranquillo nella speranza di sopravvivere anche di
un giorno all'aborrito tiranno ^. Gli erano nemici i prin-
cipali capi dei pretoriani, tementi ognuno per sé: nemici
gli ufficiali di palazzo e i camerieri e i liberti, dopo il
caso di Epafrodito, che Domiziano spense,, perchè aveva
aiutato Nerone ad uccidersi, e volle con ciò avvertire
che a niuno era lecito di mettere, in qualunque modo,
cagione, cioè il suo amore alla cultura del grano. Vedi anche Stazio,
Silv., IV, 3, 11-12. Svetonio riferisce (14) che non fu dato seguito al-
l'ordine di tagliare le viti a causa di un epigramma greco messo fuori
in quell'occasione, il quale diceva: « Benché tu mi tagli fino alle radici,
pure manderò fuori tanto frutto che basti a sacrificar Cesare. »
1 Tacito, Agric.j 2 e 45.
2 Plinio, Paneg., 18, 18.
3 Svetonio, 14; Plinio, Paneg., 19.
4 Giovenale, Sat.^ IV, 153.
3 Plinio, EpisC.^ I, 12.
)44
CONGIURA IN PALAZZO.
LiB. VII.
le mani nel sangue del principe. Ma l'avvertimento par-
torì l'effetto contrario, e i minacciati si affrettarono ad
allontanare in un colpo il pericolo. Dicono che, scoperta
una lista in cui Domiziano aveva scritti i nomi dei li-
berti destinati alla morte unitovi anche quello di sua
moglie Domizia, essi a quella notizia si strinsero insieme,
Domizia moglie di Domiziano (Mongez^ Icon. Rora.^ XXXV,
e pensarono concordi ad uccidere per non essere uccisi.
Anni ili Ho- Come SÌ furono intesi sul modo, ai 18 settembre, Stefano
«. e. &6. ' liberto, portando fasciato il braccio sinistro come se
fosse malato, si presentò al principe per dirgli di una
congiura scoperta, e a prova di essa gli pose in mano
Cap. ih.] DOMIZIANO UCCISO CON SETTE FERITE. 545
uno scritto; e mentre Domiziano leggeva attentamente,
trasse di sotto alle fasce del braccio un pugnale, e gli
détte una ferita nel ventre. 11 colpo non era mortale, e
il ferito precipitandosi sul feritore lo stramazzò a terra
e lottò gagliardamente per cavargli gli occhi, e trargli
di mano il ferro. Al trambusto e alle grida accorsero
altri dalle vicine stanze, ma per raddoppiare i colpi, non
per porger soccorso, e lo finirono con sette ferite. Aveva
45 anni di età, e quindici di regno *.
Il popolo ascoltò con indifferenza la nuova dell'ucci-
sione, i soldati ne fremerono, e se non mancavano capi
sarebbero corsi subito a vendicare il tiranno. Ma tutti
gli altri, che avevano tanto tremato di questo flagello e
peste del mondo, esultarono al vedersi liberati dal mostro.
Il Senato, raccoltosi in fretta, disse al morto ogni sorta
di vituperi e fece abbattere e spezzare e fondere le sue
innumerevoli statue^ e distruggere gli archi e toglier via
ogni memoria di lui. Il cadavere ebbe di nascosto povere
esequie da una nutrice. E così, dice Plinio, Giove ascoltò
le imprecazioni del mondo, e tolse le genti dalle fauci
dell' avidissimo ladrone ^.
1 Svetonio, 17; Filostrato, Apol. Tian.^ Vili, 25; Eutropio, VII, \:<, e Vili, 1. Conf.
Dione, LXVII, 15, 17 e IS.
2 Svetonio, 23; Dione, LXVIII, 1; Plinio, Paneg.. 52, 94.
CAPITOLO IV.
Breve e debole impero di Nerva. — Traiano prode duce e modello dei
principi cittadini. — Umano e sapiente governo. — Imprese di guerra
sul Danubio, e vittorie sui Daci. — Grandi opere pubbliche. — Spe-
dizione in Oriente. — Elio Adriano. — Ordinamento dell' Impero. —
Gli Antonini. — Antonino Pio, Marco Aurelio, Commodo.
(Anni di Roma 840-945, di Cristo 96-192).
k JKJ^ [)LMito il feroce tiranno, fu gridato im-
/ iK-ratore M. Cocceio Nerva, vecchio di circa
ì\ ' 70 anni, clie aveva congiurato cogli uccisori.
Ir" lira nato a Narni, nell'Umbria, di famiglia
/ già venuta dall'Isola di Creta, e così dava il
primo esempio, rinnovato poi frequentemente,
di uno straniero salito al trono dei Cesari. Aveva indole
mite e timida, si dilettava di versi leggieri, era uomo
giusto e benefico, e lodato anche di gravi costumi, quan-
tunque altri lo rimproverasse di intemperanza nel vino,
e di costumi facili troppo.
Con lui e con Traiano comincia un' era nuova , cele-
brata con entusiasmo dagli scrittori più gravi pel ritorno
della sicurezza , della giustizia , e della libertà del pen-
siero e della parola : e Tacito loda Nerva per avere ac-
coppiato insieme libertà e principato , stati sempre in
Gap. IV.]
]yi. COCCEIO NERVA IMPERATORE.
547
guerra finqui : e per decreto del Senato e del popolo fu
posto un monumento alla Libertà restituita da lui {'').
Nerva in ogni suo atto si mostrò civilissimo , e de-
sideroso del bene universale, e fece molti provvedimenti
meritevoli di ogni più alto encomio. Con editto pieno di
Ncrva (Mongez^ Icon. Rom., XXXVI, n. 2 e 3).
giustizia e di umanità assicurò i cittadini ; assolvè tutti
gli accusati di empietà, richiamò in patria i banditi, punì
gli schiavi denunziatori dei padroni, restituì ibeni a quelli
(«) Tacito, Agric, 3; Plinio, Epist. , IX, 13. — ubertati ab imp.
NERVA CAESARE AUG RESTiTU {tae) s. P. Q. R. Grutero, Inscr.j 246,
1, e Henzen, n. 5436.
548 BUONI PROVVEDIMENTI E DEBOLEZZE. [Lib. VII.
che ne erano stati spogliati , vietò le accuse contro il
rito giudaico o cristiano, confermò 1' ordine che vietava
di fare gli uomini eunuchi, fece aggiunte ai benefici de-
creti di Tito , suir esempio del quale perdonò anche e
accarezzò quelli che gli tramarono insidie. 11 palazzo im-
periale chiamò casa pubblica ; sollevò le città afflitte da
flagelli, si porse benefico a tutte le umane sciagure, soc-
corse i poveri, cominciò l'istituzione intesa ad alimen-
tare i figli orfani ; e a questo fine pose modo a ogni
altra spesa, non curò di attendere a fabbriche (^), cessò
feste e spettacoli, e vendè i suoi beni privati e i vasel-
lami preziosi del palazzo imperiale, e col valore di essi
comprò terre da distribuire ai più bisognosi, e con ma-
gnifico discorso esortò tutti alla liberahtà. Agli onori
pubblici chiamò i più degni cittadini; e allora si videro
consoli Virginio Rufo , il venerabile vecchio che aveva
tante volte combattuto per non accettar Y impero, e po-
scia lo storico Corneho Tacito.
A.1 cominciare di questo nuovo impero con incomposte
e turbolente grida furono assaliti i ribaldi, stati vili stru-
menti ai furori di Domiziano , e Plinio si dette molta
faccenda per usare contr' essi i beneficii della nuova
libertà. Quindi alcuni delatori furono puniti , ma i più
potenti non ebbero altro che un po' di paura, e rimasero
salvi, perchè i più dei senatori non volevano avventu-
rarsi a pericolose vendette , e Nerva per la sua mite e
debole natura rifuggiva dai mezzi violenti, e a malgrado
del suo buon volere, non sapeva resistere a ninno, e
studiava di esser d'accordo con tutti. Perciò i delatori
più odiosi si videro presto alla sua mensa con le vittime
C) Del Fòro chiamato col suo nome, egli, come sopra fu detto, fece
solamente la dedica, o poco più. Le epigrafi ricordano qualche riatta-
mento 0 coi^truzione di strade fatto da lui. Vedi Muratori, 448, 1 ; Orelli,
n. 780 e 783, e Henzen, 5437, 5438.
Cap. IV.] ADOZIONE DI TRAIANO E MORTE DI NF.RVA. 540
di Domiziano tornate d'esilio. La quale facilità apparve
soverchia, e molti ne mormoravano, e nacquero nuovi e
gravi disordini. I pretoriani, cupidi di vendicare il tiranno
ucciso , contenuti dapprima colla promessa di un dona-
tivo, presero nuova baldanza, né ebbero più alcun ri-
spetto al vecchio, cosi facile a cedere alle altrui voglie.
Gli infiammava il prefetto Casperio Eliano : levarono fiero
tumulto, e chiesero apertamente il supplizio degli uccisori
di Domiziano. Nerva provò a resistere, disse esser me-
glio morire che avvilire cosi l'autorità dell'Impero, e
offrì la sua vita ai tumultuanti: ma nulla valse a quie-
tarli : e le vittime domandate furono uccise, e il principe
fa costretto a ringraziarli pubblicamente di quella ucci-
sione, come di un pubblico servigio. Perlochè l'impe-
ratore si vide fatto spregevole, e, non tenendosi capace
a regger cotanto peso , saviamente pensò a mettere in
mani più gagliarde l'Impero: e sul Campidoglio dichiarò
solennemente, che adottava e faceva suo successore M. Annidi ko-
Ulpio Traiano. Questo fu il beneficio più grande da hii G.^^aw."
reso all'Impero: poco dopo al quale morì ai 23 di gen-
naio dell'anno 98 avendo regnato 16 mesi '.
M. Ulpio Traiano era nato ad Italica (Ann. di R. 80G,
di G. C. 53), città della Betica , sorta per opera di una
colonia militare di Scipione Affricano e divenuta poi flo-
ridissima, come attestano anche oggi le sue grandi rovine
presso a Siviglia nel borgo di Santiponce succeduto alla
splendida sede degli antichi coloni (").
(") Appiano, Hispan., 38; Aurelio Vittore, De Caesaribiis, 13; Eutro-
pio, Vili, 2; Dione, LXVIII, 4.
Per le rovine d'Italica vedi De Laborde, Bescripiion d'un pa>:r en
mosaì'quc decouvert dans Vancienne ville d'Italica, Paris 1803, e Voijarje
1 Pliuio, Epht., I, 5, ir, 1, IV, 22. V, ?,, VII, 31. IX, 13, X, 0(3, P.vierj.. 5-!0. 35, IT,
39, ecc., ecc.; Tacito, Agric. 3; Dione Cassio, LXVIII, 1-1; Aurelio Vittore, De Cae-
mribus, 12, e Epit., 12; Eusebio, Chron. ; Eutropio, VILI, 1; Marziale, Vili, 70, IX, 27.
Tannucci — Storia dell' Italia antica — IV. 69
IL PADRE DI TRAIANO.
[LiB. VII.
Il padre suo Ulpio Traiano legato della decima legione
nella guerra giudaica si distinse all' assedio di Giaffa ,
combattè con Tito a Tarichea ^ , e f a fatto patrizio e
Rovine d" Italica dove naciine Traiano {De L'horOe).
console da Vespasiano ^ : poscia ebbe la propretura con-
solare di Siria, riportò una vittoria sui Parti per cui fu
decorato delle insegne trionfali ^ , e sotto Tito (70) go-
vernò come proconsole la provincia di Asia ove le iscri-
zioni greche lo ricordano perchè costruì un acquidotto
a Smirne, e inaugurò l'Anfiteatro di Laodicea presso il
pittoresque de V Espagne, voi. II, pi. 84; Taylor, Yoyage pitloresquc cu
Espagne, V^- partie, pi. 45; D. de los Rios, Terme d'Italica, in Annal.
Islif. ardi., 18G1, pag. 375-380. Vedi anche sopra voi. II, p. -108.
' Giuseppe Flavio, Gner,
2 Plinio, Pmegii:^ 0.
3 l'iinio, Praeg., 1 1 e 1(3
•a Gitici., IH, 7, 2r.-2r,, e III, 10, 3.
Caf. IV.] TIROCINIO i: PRIMI GOVERNI DI TRAIANO. o51
Lieo *. Nel rovescio di una moneta d'oro rimane l'ima-
gine di lui, deificato poscia dal figlio -.
Questo grande figliuolo nella prima gioventù ebbe modo
a farsi esperto delle cose e degli uomini:
conobbe nuove genti e paesi e costumi, X-$'p^'^^^\
vide F Eufrate, militò come tribuno dieci (/^'^0f^^
anni, contribuì con sue prodezze alla vit- [Ù, l^"^ f/j
toria del padre sui Parti, si indurò alle \\{0^^yy
fatiche dei campi, crebbe forte soldato e x..:^^-;^::^
sapiente duce : poi divenne pretore , fu n lajrc di Traiano.
console nel 91 (841- di Roma), comandò
nella Spagna, e di là negli ultimi tempi di Domiziano o
al principio dell'impero di Nerva andò al governo del-
l'Alta Germania ^ ove col suo forte braccio compresse le
sedizioni, ristorò la disciplina guasta in tutti gli eserciti,
restituì alle legioni Y antico vigore, e le rese capaci a
respingere gli assalti dei barbari, e a fare rispettare e
temere il nome romano già caduto in dispregio (").
È ricordato come rimasto anche nel nuovo grado affa-
bile con dignità e con fermezza prendesse parte a tutti i
militari esercizi], e mettesse negli altrui animi la propria
virtù. Egli il primo alle fatiche e ai pericoli delle batta-
glie, e l'ultimo a ridursi la notte al riposo dopo aver vi-
sitato tutte le tende. Eccitava col suo esempio e colle sue
lodi, portava aiuto agli stanchi, ristoro agli infermi: e
quindi divenne l'ammirazione e famore di tutti K
("■) Plinio, Pancv/.. .", 12, 1-1-15. l^'^; S])!ìV7.i3.no. Adrian.. 1; Reimar. «c^
Bion., LXVllI, 4, e Henzen. Iscrizione onoraria di Adriano, in Ann.
IsliU, 1862, p. 146. ove si prova che Traiano governò l'Alta e non la
Bassa Germania, come fu supposto finora dietro le espressioni di Aurelio
Vittore (Be Caes., 13), e di Eutropio (VIII, 2j.
1 Eckel, Nmn. vet.^ VI, 133-136; Boeck, Corjnts inscrlpt. graec, n. 3116, 3117, 31)35
2 Culien, Moìiìuiies fyafipéea sous l'empire romain, voi. II, pi. IV, n. 1.
3 Vedi Diiruy, Hist. des Romains, IV, 213, >' Mommsen e Dicrauer ivi citali.
4 Plinio, Paneg., 9, 13, II, 15, 19.
552 VENDICANHRVA.E AFFORZA L'IMPERO IN GERMANIA. [Lib. VII.
La fama della sua virtù presto risuonò da ogni parte
chiarissima, e lo designava all'Impero cosi che Nerva
eleggendolo non fece che secondare il pubblico grido. ■
Era sui 44 anni quando gli giunsero i messaggi por-
tanti l'annunzio dell' adozione e dell'associazione all'im-
pero , accolto con grande entusiasmo dal Senato e dal
popolo , e poi dagli eserciti, come attestò il suo cugino
Adriano andato a congratularsi da parte delle legioni di
Mesia ^
Xerva, nel dichiararlo figliuolo e successore all'Impero,
gli chiedeva che vendicasse l'insulto fatto dai pretoriani
alla imperiale dignità, e con le parole che in Omero
Crise rivolge ad Apollo, diceva al tiglio adottivo : I Greci
■pacjliiìio per le tue saette il mio pianto. E Traiano, po-
stosi subito air opera , chiamò presso di sé Casperio
Eliano , .6 gli altri istigatori delle turbolenze , li punì di
morte o d' esilio, e colla fama della sua forza quietò da
lungi ogni tumulto, e rimesse la calma in Roma 2.
Forse avea combattuta vittoriosamente egli stesso là
guerra Suehica ricordata da una iscrizione ^, per la quale
Xerva prese il nome di Germanico -', e lo détte anche a
lui con quello di Cemre ^. Ma rimaneva molto da fare
per ridurre a tranquillità la Germania, e assicurare l'Im-
pero da quella parte : e quindi non si mosse di ■ là alla
prima chiamata, e vi rimase anche allorché poco ap-
presso gli giunse a Colonia la notizia della morte di
Xerva recatagli dallo stesso Adriano allora tribuno di
una legione a Magonza *.
Fu detto che l' Impero quasi invecchiato e appassito
per l'inerzia dei Cesari tornò a rinverdire come vigo-
1 Sparziano, Adrian., 2.
■- Tiione Cassio, LXVllI, t-5; Plinio, Paneg.. 1-15.
:ì Ilcnzcn, in Orelli, n. 513'J.
4 Il.-nzcD, in Orelli, n. 513S; Eckel, VT, 400.
5 llenzen, Iscrizione onorari d'A<\ria»o, pag'. 117
C Sparziano, Adrian.., 2.
Cap. IV.] SCARSE E NON CHIARE NOTIZIE DEI EATTI SUOI.
553
roso di nuova gioventù per la virtù di Traiano *. Ma
per mala ventura le notizie di questa novella età, seb-
bene ora aiutate dagli studi epigrafici, rimangono scarse,
Traiano (Monjez, co», liohi.. XXXVI. n. :>)
incerte e confuse in piìi parti, e danno sempre molto
da fare alla critica storica (0. E quindi non ò dato di
(") Vocìi Francke, Geschic/tte Trojans, uncl seiner Zeitcjenossen, Que-
dlinburg 1840; Borghesi, Iscrizioni di Foligno, in Annal. Istit. arch.,
184C, pag. 328-332; Volker, De imperatoris Trajani vita, Elberfeld 1859;
Henzen, Iscrizione onoraria di Adriano illustrata, in Annui. Istituì.,
1862, pag. 145 e segg. ; Noci des Verger?, Memoire sur la chronologie
1 Floro, Proeni. in fine .
554 COLONIE E FORTEZZE SIL DaNLBIo E SUL RENO. [Lib. VIE
seguire l'imperatore con passo sicuro in tutte le sue im-
prese sul Reno, sul Danubio, sull'Eufrate e sul Tigri, e
vedere distintamente e narrare tutto ciò che egli fece in
guerra e in pace in circa iO anni di regno.
Senza curarsi delle pompe di Roma, e lasciando il go-
verno al Senato e ai consoli , continuò per quasi due
anni in Germania a tenere i nemici in freno colle armi
e con forti ripari. Non temeva e non provocava la guerra.
Andò, a quanto sembra, in Pannonia (ann. 98-99) ove ri-
cordasi la colonia Ulpia Troiana * a Petovione {Pcttau),
corse colle legioni le ripe del Danubio gelato , chiese
ostaggi ai nemici , e li forzò a star quieti in loro la-
tebre 2.
Fra le opere fatte nel suo lungo soggiorno in Germa-
nia, oltre a pili città rialzate ^ si ricordano la fondazione
della Città Uljyia ove ora è Ladcnlnirg sulle rive del
Nechar ("); la Colonia Traiana nelle vicinanze di Xanten '• ;
la fortezza che si chiamò col suo nome presso la con-
giunzione della Nitida col Meno {'): una parte del limite
transrenano, immensa barriera innalzata a impedire che
du rcgne de Trojan, in Coraptes rendiis de l'Acadcmie dcs Inscriptions,
Paris 1866, pafj^. 73-86; Diei-auer, Beitrdge za einer kriiischen Ge-
.schichlc Trojan' s, in Budinger' s Untersuchungen zht ròmisch. Kai-
sergeschichle ., Leipzig 1808, voi. I. paLT. 1-18G; Froehner, La Colonne
TraJane, Pari.s 1872, pag. 1 e scgg.
(«) È ricordata da un'epigrafe scoperta presso Ladcnburg or sono po-
chi anni. Vedi Froehner, Die grossherzogliche Sammlung vaferlaendi-
.scher Alter thiìmer zu Karlsruhe, Karlsruhe 1800, u. CO i^, e Archaeo/o-
gische Zeitung, 1869, pag. 74.
(^) Munimenium quod in Alariiannorum solo condiUirii Trajanns suo
•/.ornine voluit appellari. Aramiano Marcellino , XVII , 1 , 11 ; De Ring,
Klahlisscmcnts rom. sur le Rhin, I, pag. 308.
1 Xumpt, De colon. Rom. ìnUit.. p- lOT ; Corpux int^crìpt. lal.^ Ili, p. 510.
2 Plinio, Pancg.. 12 e IC; Siobl.c-, Plinius Brirfc^ in Phiìologus^ 1870, p. .ISUr^SO.
3 Eutropio, Vili, 2.
4 Antonini Itinerar., p.'-.g'. ^\\ ed. del IGOO; Zumi t, 'o^- ''»'■' P^g. lff>
Cap. IV.] RITORNO E FESTOSE ACCoOLlENZE A RO^IA. 555
i Germani si avvicinassero al fiume *; la grande via da
Colonia a Nimega, il ponte sul Reno presso a Magonza, e
lo scavo 0 rabbellimento dei bacini delle acque termali
nel luogo ove ora sono le delizie di Baden-Baden (°).
Finalmente, lasciando le province afforzate e tran- AimidiRo-
quille, sul cadere d' autunno, mosse alla volta di Roma, g.*c. w5. '
ove lo chiamavano i pubblici voti , e procede con pla-
cido e modesto viaggio. Ninno ebbe a patire della licenza
soldatesca : temperatissime le spese, di cui fu reso conto
al pubblico, confrontandole con quelle enormi già fatte
da Domiziano. Al suo arrivo immensa la folla: calcate le
vie, gremiti di gente anche i tetti. Ogni sesso, ogni età,
anche i malati, corsero a salutare con lieti evviva l'uomo
celebrato per prode e giusto e mitissiaio. Ammiravano
la nobile ed alta e forte persona, il volto lieto, amabile,
dignitoso, tranquillo, e improntato di grande energia ; e
stringendosi a lui gli volgevano parole di affetto. Entrò
a piedi con pochi soldati quieti e modesti come cittadini;
si porgeva cortese a tutti, riconosceva e salutava tra la
folla gli amici, chiamava a nome senatori e cavalieri. Con
civile modestia salì al Campidoglio, modestamente andò
al palazzo imperiale, e modestissima si mostrò sua mo-
glie Plotina, la quale dalle scale del palazzo volgendosi
alla moltitudine promise di uscirne come vi entrava,
non mutata di costumi dalla fortuna "-.
Traiano, come Nerva, aprì a tutti il suo palazzo , nel
quale visse semplicemente come in casa privata, difeso
non da guardie ma dall'amore del popolo. Aveva sempre
C^) Francke, Geschiclite Trojnns, pag. 57-60; Froehner, La Colonne
TraJane, pag. III. Traiano è ricoulato a Baden-Baden (Aquae e poscia
Aurelia Aquensis) da un'epigrafe ivi a lui posta dalle legioni prima e
undecima, e pubblicata nella sovraccitata Gvos alter zogliche Sarnmlung
vaterlaendischer Alterthilmer, n. CO A.
1 De Ring, loc. clt.. pag. 309.
2 Dione Cassio, LXVIII, 5-, Plinio, Panari., SO- -23, 55.
55G
TRAIANO MODELLO DEL PRINCIPE CITTADINO. [Lib. VIL
i più virtuosi cittadini alla sua mensa, non splendida
di vasellami preziosi, ma lieta di libera gioia e di schietti
e affettuosi coUoquii. Visitava cortesemente gli amici,
era compagno a loro cacce , e diporti e conviti. Per le
vie non andava cinto di sgherri, lasciava ad ognuno
libertà di accostarglisi , s' intratteneva in familiari col-
/^N^^
Plotina moglie di Traiano [Mo'ngez . Icon. Rom., XXXVII, n. 2).
loquii, non stimando di abbassarsi col mostrar gentilezza,
né credendo necessaria la burbanza a conciliarsi rispetto.
Insomma rimase uomo nel grado supremo, e uomo onesto
e affettuoso, e perciò trovò venerazione e amore, e fu
reputato il modello del principe cittadino. Ebbe quello
che quasi mai non fu dato ad un principe, molti amici
I
Cap. IV.] NON SOSPETTOSO, NÉ FASTuSO, NÉ AMBIZIOSO. 557
sinceri, che conservò con ricambio di fidanza e di affetto.
Quando alcuno volle fargli sospetto L. Licinio Sura, suo
amicissimo, egli andò senza guardie a cena da lui, e si
pose tutto in sua mano ^
Fidente in sua virtù, non apparve mai sospettoso né
ombroso. Nel creare il prefetto del pretorio gli porse la
spada dicendo : con questa difendimi se governo bene ,
e volgila contro di me se faccio altrimenti. I voti fatti
per lui volle che fossero espressi colla condizione che il
suo governo fosse giusto e tornasse ad utilità dell'uni-
versale. I quali sentimenti gli erano ispirati dalla bontà
del suo animo, dai pericoli corsi sotto la passata tiran-
nide, e dall'odio che aveva veduto gravare sui despoti:
e quindi diceva volere essere con tutti come avrebbe
desiderato che gli altri imperatori fossero con lui cit-
tadino -.
Quanto più meritava gli onori , tanto si mostrò tem-
perato neir accettarli, e prese i più piccoli per non parer
superbo. Poche le statue, e non d'oro, ma simili a quelle
dei più benemeriti cittadini 3. Dopo avere rifiutato di
esser console, cede alle preghiere, ed esercitò quell'uf-
ficio con civile modestia, e sottomesso alle leggi, tenendo
se non padrone, ma primo magistrato della Repubblica.
Andò come gli altri candidati ai comizi consolari, e
aspettò la sua nomina: poi prestò giuramento, promise
dalla ringhiera di osservar le leggi, e all' uscire di ufficio
giurò di non averle violate. Al Senato lasciò piena libertà
di parola e di deliberazioni, e in una allocuzione esortò
i padri a ripigliare il possesso della libertà , e a darsi
cura dell'Impero, come di un bene comune ^.
1 Dione Cassio, LXVIII, 7 e 15; Plinio, Paneg.^ 4S, -19, SVS/; Eutropio, Vili, 2;
Aurelio Vittore, De Caesaribus^ 13.
2 Dione Cassio, LXVIII, IG; Plinio, loc. cit.^ Il, Ò7. 6S, 71; Aurelio Vittoro, De Cae-
saribus^ 13; Eutropio, Vili, 2.
3 Plinio, Paneg.j 55.
♦ Plinio, loc. cic.^ 51, 55, 58, G3-C5.
Van.nucci — Storia dell'Italia antica — IV. 70
55S BENEFICO E PROVVIDO GOVERNO. [Lib. VII.
Le sue lodi maggiori stanno nella bene amministrata
giustizia, neir onesto e forte governo, nello studio posto
a soccorrere largamente i pubblici mali.
Per celebrare il suo inalzamento all' impero fece larghi
donativi al popolo di Roma e delle altre parti d' Italia ,
e vi comprese pure i fanciulli più bisognosi, a cui prov-
vide anche coli' allargare e render più stabile l'istitu-
zione degli alimenti , cominciata da Nerva , assegnando
per le città d'Italia somme più grosse al nutrimento e
all' educazione dei piccoli figliuoli dei poveri *; istituzione
benefica divenuta in breve floridissima , come non ha
guari fu provato dagli studi epigrafici, della quale ne oc-
correrà di parlare più a lungo in appresso. Ne per questo
volle aggravato e danneggiato nessuno: anzi tolse via le
gravose contribuzioni, che col nome di doni le città e le
province erano costrette a offrire ai nuovi imperatori 2.
Soccorse alle pubbliche sciagure, cagionate da inonda-
zioni, da incendii, da pestilenze, da carestie -; e per libe-
rare Roma dai pericoli della fame favorì il commercio,
rese sicure le vie , agevolò i trasporti del grano dalle
province, procurò che fossero pagate effettualmente al
prezzo fissato le derrate provenienti dalle terre lontane.
Quindi abbondanza alla capitale senza rovina delle pro-
vince: e le cose furono governate con tal provvidenza e
buon ordine, che in un anno di sterilità Roma potè soc-
correre di grano l'Egitto, solito finqui a nutrire l'Italia '*.
Fra i beneficii delle diminuite gravezze fu anche l'avere
ristretto l'odioso diritto della ventesima sulle eredità col-
laterali , già mitigato da Nerva ^. Rese pure libertà ai
• Plinio, Paneg., 26-23; Dione, LXVIII, 5; Ilenzen, De tabula alhnentaria Baebiano-
ì-um^ in Annal. Istit.j 1814, pag. 10 e segg.-, Ernest Desjardins, De tabulìs alimenta-
riis^ Parisiis 1851.
2 Plinio, loc. cit.. 27, 41.
3 Aurelio Vittore, loc. cit. ; Plinio, Paneg.j 29; Eusebio, Chron.
< Plinio, Paneg.^ 29-31.
^o Plinio, loc cit.. 37-39.
Gap. IV.] L K (.GIUSTIZIA E IL DENARO PUBBLICO. .550
testamenti , togliendo 1' obbligo di far legati all' impera-
tore *, e moderò i diritti del fisco, che per F avanti era
causa di rapine sanguinose. Per opera sua i tribunali
furono aperti a chiunque avesse da lagnarsi dei mini-
stri di Cesare : fu libera ai cittadini la scelta dei giudici:
la libertà e il principato litigarono nel medesimo Fóro,
e con gran meraviglia di tutti il fisco non ebbe sempre
ragione 2. Furono abolite di nuovo le accuse di maestà:
puniti come assassini i delatori, e rilegati nelle isole già
piene di loro vittime ^.
Molto fu speso in donare, in soccorrere: ma le lar-
ghezze non fecero pianger nessuno: e a malgrado delle
sue liberalità, il principe abbondava in ricchezze, perchè
vendè a utile pubblico le cose di lusso, e perchè la fru-
gale e semplice vita non gli faceva sentire la diminu-
zione delle rendite. L' erario rigurgitò della pecunia, che
gli altri spendevano in fasto e in delitti.
Di tale uomo, che fu reputato il più grande dei prin-
cipi, e alla fine nelle epigrafi, nelle medaglie e nel lin-
guaggio comune ebbe il titolo di Ottimo (-'), dato finquì
solo a Giove, non avvi una storia compiuta, che parti-
tamente ne descriva le imprese militari e civili. Perirono
con altri ricordi le memorie che aveva scritto egli stesso
in più libri sulle sue guerre di Dacia, di cui rimane solo
una frase in un grammatico del secolo SQsto Q): e la
notizia delle sue opere civili ci viene scarsa da qualche
(«) Vedi De Vita, Antiquit. Benerent., I, 253; Orelli, 788, 789, 795.;
Eckel, 418, 420, 421, 423-4:30, 436-438, 448-450, 458; Mongez, Icon. Rom.,
pi. XXXVI, n. G: Cohen, voi. II, Trojan, n. 9, 16, 17. 21-59, 63-75, 91-
94. 96-100. ecc.. ecc.
(*) Trajanus in 1 Dacicorum: inde Berzobim processimiis — Pri-
sciano, VI, 13.
1 Plinio, loc. cil.^ 13.
2 Plinio, loc. cit.y S?.
3 Plinio, loc. eie... 34-3G.
560
IL PANEGIRICO DI PLINIO A TRAIANO.
[LiB. VII.
compendio, e dal Panegirico detto da Plinio quando entrò
console il primo di luglio dell'anno 853 di Roma (100 di
Cristo), cioè quando l'imperatore era al principio della
^fua grande carriera: panegirico di una declamazione ele-
gante, che usa ed abusa la lode, che da tutto trae occa-
sione d'entusiasmo, e che esagerando non può quindi
tenersi in ogni parte come documento di storia. Pure, da
chi considera l'onestà dello scrittore e il suo concordare
in più cose con ciò che sappiamo da altri, non può ne-
C. Traiano Otlimo principe (3Io>}gez, Icon. Roni.^ XXXVI, n. G).
garsi fede a molte delle asserzioni del panegirista, quando
sieno sceverate dagli artifizi rettorici.
Lo loda anche per le sanguinose battaglie dei gladiatori,
perchè atte a nutrire il valore e il dispregio della morte.
Altrove contradice anche a sé stesso, perchè lo appella
sempre sifjnorc *, dopo aver detto che il principe non
voleva quel titolo. Il panegirista celebra l'universale en-
tusiasmo; e mostra Traiano perfetto di ogni pubblica e
|)rivata virtù. Egli il modello dei capitani e dei principi
riformatori, degnevole con tutti, piangente di gioia e
suffuso di rossore alle grida festose del popolo: venerabile
Plinio, Epist., lib. X, passim.
Gap. IV.l
IL PANEGIRICO DI PLINIO A TRAIANO.
561
di aspetto, cui aggiunge maestà la precoce canizie. Egli
di santi costumi, sui quali si modellano quelli dei cittadini,
richiama al mondo l'onestà, bandita dagli sconci tiranni.
La sua casa, già antro di fiere, convertita in tempio di
giustizia, e in scuola di morale alle genti. Ivi virtuose la
moo'lie Plotina, la sorella Marciana poscia deificata («),
Marciana e Matidia {Monge:^ Icon. lioni., XXXVII, n. 1 e 5).
e Matidia figlia di ciuesta, della quale sappiamo da una
medaglia che pia e benefica aiutava l'imperatore nel soc-
correre i poveri ('). Plinio dice che nel palazzo imperiale
(") Ella è Diva uell'arco di Ancona e in altre epigrafi (Hùbuer, lu-
script. Hispaniae, n. 2340), e nelle medaglie ove colla parola consecralio
4 vede anche il carro sacro (Thensa), simbolo dell'apoteosi. Col suo nome
fu chiamata Marcianopoli nella ^Mesia Inferiore la città detta oggi Pra-
wady. Corp. Inscript. lat.. Ili, pa,ii. 144.
{^) Mongez, Icon. Rem.,, pi. XXXVII, n. 5. Testa di IMatidia colla
leggenda: matidia. aug. {ìista) eivae marcianae f. i^ilia): e nel rovescio
ima donna che accoglie due fanciulli chiedenti soccorso, colla leggenda:
PIETAS AUGUST. (o). 6 le sigle s. e. [senatus consulto).
562 GOVERNO DELLE PROVINCE. — FRENI ALLE BRIGHE. [Lib. VII-
erano virtuosi anche i liberti, e ci mostra Traiano inteso
solamente alla felicità universale, a riformare ogni abuso,
a incuorare i nobili studi, a infiammare i giovani al bene
coi premi della virtù, a esaltare le indoli generose punite
dagli altri, ad affidare gli uffici pubblici ai più integri cit-
tadini, e a toglierne i ribaldi, e a perseguitarli in città
e nelle province.
Sappiamo con certezza che furono processati e con-
dannati i governatori che rubavano in Affrica e Spagna*:
e in quest'opera del ralfrenamento dei ladri, anche PIo-
tina détte aiuto al marito, mettendolo in guardia contro
i procuratori imperiali -. Con molta sollecitudine studiò
che nelle province fosse resa buona giustizia, mandò
governatori onesti a riordinare l'amministrazione, e a
correggere i guasti costumi, e temperò le spese fatte dai
provinciali in suo onore ^. Concesse immunità a più
luoghi, e provvide alla pubblica prosperità in ogni re-
gione, facilitando le comunicazioni con magnifiche strade
e con ponti sui fiumi ^. In Italia pei buoni provvedimenti
di Traiano, si vide ad un tratto cresciuto il prezzo dei
campi. I candidati, dice Plinio, facevano banchetti ai se-
natori, mandavano regali, promette van denaro a chi
avesse dato loro il suffragio. L'imperatore richiesto che,
come agli altri disordini, riparasse col suo senno anche
a questo, con la legge del broglio restrinse le brutte e
infami spese dei candidati, e comandò che una terza
parte del loro patrimonio dovessero averlo in terre d'I-
talia, stimando cosa sconcia che i concorrenti agli ufficii,
quasi altrettanti viaggiatori, tenessero Roma e l'Italia
non per patria, ma si per albergo e osteria. Onde è che
i candidati comprarono a gara, e fecero rincarare le
1 Flinio, Epist.. II, 11, III, 9, VI, 22.
2 Aiiri'lio Vittore, Epilom.j 42.
3 Plinio, Epist.^ VII, 10, X, 52-Ó3.
4 Dione Cassio, LXVIII, 7 e 15 ; Eutropio, Vili, 2.
Gap. IV.] PLINIO GOVERNATORE IN BITINIA. 563
terre, massime le suburbane, mentre ravviliavano quelle
delle province *.
Traiano messe nell'amministrazione una cura instan-
cabile, e provvide a tutto con attività prodigiosa. Quanta
fosse la sua vigilanza è attestato dal carteggio che tenne
con Plinio, quando questi, uscito dal consolato, andò per
ordine del principe governatore in Bitinia a riformare
gli abusi e a stabilirvi durevol pace ^. Plinio di là consulta
l'imperatore sulle più piccole cose, e questi risponde con
lettere mirabili di gravità, di concisione, di chiarezza. A
Prusìa, per esempio, è un bagno fetido e cadente. Si
debbe rifare? Sì, risponde l'imperatore, purché i Prusiani
paghino coi propri denari ^. La città di Nicomedia è stata
guasta dal fuoco. Si vorrebbe un collegio di fabbri per
avere, all'occorrenza, gente pronta con strumenti acconci
a riparare agli incendii. Ma Traiano non accorda la do-
manda, perchè la provincia patì travagli da siffatte unioni
di uomini *. Ora è necessaria la sua permissione per un
acquidotto a Nicomedia o a Sinope, ora per un teatro a
Nicea, e un bagno a Claudiopoli, ora per l'interramento
di una palude insalubre ad Amastri, ora per la traslazione
del tempio di Cibele, e delle ceneri di un sepolcro, ora
per regolare i premi dei giuochi, per dare i passaporti
a chi vuol partire s, e per cento altri provvedimenti re-
lativi all'amministrazione delle finanze, della giustizia,
dei lavori pubblici, e di tutte le più minute faccende
municipah.
Le quali cose, se provano la grande attività di Tra-
iano, mostrano anche quanto fosse pericoloso il sistema
che, in sì vasto Impero, toglieva alle città ogni diritto,
e sottometteva tutto ad un uomo il quale a malgrado
1 Plinio, Ejiist., VI, 19.
2 Plinio, Epist., X, 41 e US,
3 Plinio, Episl.. X, 31, 35.
4 Plinio, Epist., X, 42, 4.3.
5 Plinio, Epist., X, 46, 49, 5S, 59, 73, 71, 91, 92, ecc., ecc.
nG4 PERSKCUZIONE AI CRlSTIAM, E ALLE ASSOCL\ZIONI. [Lib. VIL
del SUO buon volere, non poteva mai curare ogni fac-
cenda.
Nelle lettere sopraccitate è discorso anche dei Cristiani,
che andavano moltiplicando in Bitinia per città e bor-
gate e campagne. Plinio chiama prava e sfrenata super-
stizione la credenza cristiana; quantunque, dopo aver
messo donne al tormento, non gli sia riuscito scoprire
se non che si adunavano per cantare inni a Cristo, per
fare innocenti conviti, e si obbligavano con giuramento
a non mancare alle promesse, a custodire fedelmente il
deposito, a non commettere furti, violenze, e adulterii.
Egli aveva condannato vari degli accusati, fermi in loro
credenza, per punirli di loro invincibile ostinazione. j\fa
come gli accusati crescevano di numero, anche dopo
l'editto dell'imperatore vietante quelle adunanze, egli
volgevasi a Traiano per consiglio sul partito che si avesse
a pigliare. L'imperatore lodò la diligenza del governatore
nel fare i processi, e gli ordinò di punire i Cristiani,
quando le accuse, non anonime, fossero abbastanza pro-
vate '. Le associazioni gli facevano una grande paura {"):
e quindi, quantunque nel resto più umano degli altri,
chiedeva la punizione di uomini da lui non compresi.
Egli non era capace a sentire quanto grande sia l'iniquità
che uccide la libertà più sacra di tutte, la libertà del
pensiero e della coscienza.
Traiano, vissuto tutta la gioventù tra gli eserciti, ove
erasi acquistato nome di primo tra i prodi, amò, anche
sul trono, la guerra. Era ardentissimo tra i suoi desiderii
quello di cancellare le vergogne di Domiziano, che aveva
(") Le proibì tutte tranne quella dei l'ornai a cui die maggior forza
affinchè fosse perpetua l'abbondanza del pane. Annonae perpeiuae mire
consultum, reperto firmatoqiie pistornva collegio. Aurelio Vittore, l^e
Caesaribus, 13.
1 Plinio, Episl.^ 97-i)?.
Gap. IV.]
TRAIANO E I BACI.
565
vilmente comprato la pace dai barbari. Lo agitava sì
forte la voglia di sottometter Decebalo che per affermare
energicamente una cosa era uso a dire: così potessi io
ridurre la Dacia in provincia *. E presto ebbe l'occasione
voluta a correre sul vasto paese compreso tra il Tibisco
(Theiss) a occidente, i Carpazi a tramontana, l'Hierasso
(Pruth) a levante, il Basso Danubio a mezzogiorno, e
rispondente alla parte orientale della moderna Ungheria
{Banato di Tcniesvar), alla Transilvania, alla Buckovina,
alla Moldavia e alla Valachia.
Gli abitatori, detti (") della stirpe dei Geti {Bulgaria e
in villaggi ,
in caverne e
Romelia), e stanziati in città.
capanne di legno per selve e per monti, erano fortissima
gente, fiera di voce, truce d'aspetto (^); i maggiorenti
f ( x^lV (S?^^?^-
-"^w
Daci pileati e cliiomati {Froehnc;-^ Colonne Trajane, pi. 19 e 51).
coperti di pileo, il volgo con lunghe chiome e barbe ar-
ruffate, dediti soprattutto alla guerra, e usi, prima di
andare a un'impresa, di attingere acqua al Danubio, e
beveria come vin sacro giurando di non tornare alle
C^) Baci quoque soboles Getarum suni. Giustino, XXXII, 3. Conf.
Dione, LXYII. 6.
(*) Yox fera, trux cullus, verissiina Marlis imago;
Non corda, non itila barha reseda ììianii.
(Ovidio, Trist.j V, 7, 17-18).
Amniiano Marcellino, XXIV, 3, 0.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV.
5G6
I BACI.
LiB. VII.
patrie sedi se non dopo aver trucidati i nemici *, contro
i quali muovevano dietro ad insegne con figure di grandi
Le insegne dei Daci {Froehner^ 19 e SI).
serpenti a bocche spalancate come minaccianti di ingo-
iare chi tentasse di opporsi "-.
Continue e terribiU le loro scorrerie sui paesi vicini e
t^tàp^^
--;>^:x^rin!i;;
'r-'-^m
li m-
Trofei (lei Daci {Bartoli^ Col. Traiana, tav. 19, e Froehner^ 50).
lontani con rapine e uccisioni delle quali serbavano come
trofei le tronche teste dei vinti sulle mura di loro for-
1 Filargirio, Ad Georg. Virgil., U, 497.
2 Ammiano Marcellino, XVF, 10, 7,
Gap. IV.]
I RE COTISOXE E BEREBISTA.
567
tezze. Sembra che anche le donne all'occasione mettes-
sero le mani nel sangue nemico, perchè nella Colonna
Traiana si vedono ma-
neggiare a guisa di Furie
le faci, e bruciar vivi i
prigioni.
Poco sappiamo di loro
vicende. Cesare ebbe il
pensiero di frenarne le
incursioni in Tracia e nel
Ponto *. Morto lui, storici
e poeti ricordano il re
Cotisone che, sprezzata
l'amicizia d'Augusto, e
unito con M. Antonio ,
minaccia co' suoi Daci
Roma dairistro ^. Crasso
li vince (727) e ne mena
trionfo: pure essi conti-
nuano le feroci escur-
sioni in Pannonia, pas-
sano il Danubio gelato,
vietano che si chiuda il
tempio di Giano, e anche
dopo che Augusto li dice
vinti sulle due rive del
fiume 3, si vedono sor-
gere forti di 200 mila armati sotto il re Berebista, il
quale, sostenuto da un profeta rivelatore dei voleri divini,
fa la sua gente più sobria e gagliarda, la regge con go-
verno assoluto, la conduce a più sanguinose rapine, di-
Le donne dei Daci bruciano vivi
[Bartoli^ 33, e Froehner^
1 Svetonio, Caes.^ i4, e Aug., S.
2 Svetonio, Aug., 63; Floro, IV, 12, 18-19; Dione, LI, SS; Frontino, Slrat. ^ I, 10, 1;
Virgilio, Georg.. II, 197; Orazio, Od., I, 35, 9, II, 15, 17, HI, 0, 13-16, III, S, IS.
3 Dione, LI, 23, LIV, 33; Monum. Anojr.. V, 40-«.
568 SCORRERIE E INSULTI DEI BACI SOTTO DECEDALO. [Lib. VII.
serta le terre dei Taurisci e dei Boi, traversa a suo talento
il Danubio., infesta Macedonia ed Illirico, e domina dal
Nerico al Ponto Bussino, fmchò cade vittima di una se-
dizione dei suoi. Il potente regno allora va diviso tra
quattro capi sui quali le legioni hanno facil vittoria: il
grande esercito è ridotto a 40 mila guerrieri, e la nazione
sembra divenuta obbediente ai Romani *. Ma questa era
solo apparenza. Poco appresso i Daci uniti coi Sarmati
tornarono a invader la Mesia {Scrvia e Bulgaria) -: quindi
ai tempi della guerra tra Vitelliani e Flaviani dettero
addosso ai presidii del Danubio e ne presero ambe le
rive 3; e da ultimo guidati da Decebalo re potente di ac-
corgimenti, di ardire e di mano, come altrove vedemmo,
combatterono fortemente colle legioni, e per la> viltà di
Domiziano fecero pace imponendo a Roma un tributo.
E ora Decebalo facendo scorrerie sui confini superba-
mente insultava l'Impero e accresceva la misura delle
vergogne di Roma. Quindi Traiano cupidissimo di can-
cellare quell'onta '', e probabilmente eccitato anche dal-
l' ampere della gloria, e dalla cupidità delle ricchezze dei
Daci, si apparecchiò energicamente a combatterli. Uno
dei primi preparativi fu il compimento della via strategica
disegnata già da Tiberio lungo la riva destra del Danubio,
opera gigantesca tagliata nel vivo scoglio dei monti, della
quale rimangono anche ora i vestigli nella Servia tra
Kolumbacz e Orsova là dove il fiume corre più rapido,
strettamente racchiuso fra scoscese e altissime rupi; come
vicino alla Porta di Ferro, in faccia al villaggio di Ogra-
dina a due ore da Orsova, 24 piedi al disopra delle acque
rimane incisa nella rupe anche l'epigrafe, la quale ricorda
che Traiano nel terzo suo consolato e nella quarta po-
1 Strabene, VII, 3; Svotonio, Aug. ^ 21 ; Floro, loc. cit. ; Mommsen , Ees gestae divi
Augusti, pag. 88-89.
2 Svotonio, Tib.^ ti.
3 Tacito, Hixt.^ Ili, IG.
* Dione. LXVIII, 6.
Gap. IV.] LA VIA TRAIAXA LUNGOIIL DANUBIO. 5G9
testa tribunizia (an. 100 dell'era volgare), fagìiati i monti
e vinti i fiumi, aprì questa via (").
La via Traiana lunio il Danubio presso ad Orsova (Andree).
(^) Vedi Arnetli, Die Trojans Inschrift in der Naehe des eisernen
Thores, Wien 1856; Froelmer, La Colonne Trajane, Paris 1872, pag. X;
Mommsen, Corpus Inscript. latin., voi. Ili, Berolini 1873, pag. 209, n. 1699,
570 LE FORZE DI TRAIANO CONTRO DECEDALO. [Lib. VII.
Le forze usate da lui alla guerra furono le quattro
legioni stanziate a Troesmi {Iglitza), e a Durostoro (S/-
listrìa), nella Mesia Inferiore, e a Singiduno (Belgrado)
e al forte campo di Viminacio (Kostolatz) nella Mesia di
sopra *. Rispetto alle quattro legioni della Pannonia ri-
cordate nelle epigrafi ad Aquinco {Buda), a Petovione
(Pettau), a Carnunto {Petronell presso Altenhurg), e a
Vindobona (Vienna), sappiamo che la Trigesima Gemina
Pia Fedele fu quella che détte principio alla guerra, e
dopo la vittoria finale rimase colla Prima Adiutrice a oc-
cupare il paese dei vinti -.
Ai legionarii si unirono le coorti pretorie sotto il go-
verno del prefetto Claudio Liviano, e molti ausiliari Batavi,
Oalli e Germani, e frombolieri e arcieri orientah, e una
squadra di Mauri condotti coi loro veloci cavalli dal
prode Q. Lusio Quieto dall'Affrica 3. Tra gU altri ufficiali
di primo ordine si ricordano L. Licino Sura compatriotta
e amico di Traiano * ; Adriano ^ ; P. Ghzio Atilio Agricola
originario di Torino, dove più iscrizioni ne dicono ancora
le lodi, un valoroso già governatore della Spagna e della
Belgica, poi console, e ora governatore in Pannonia '^;
il quale così supplisce Tepigrale nelle due ultime righe di cui rimangono
poche lettere:
MOìiTibiis excisis KmnìBVs
suPtfrATÙ ■ciam fecì(.
Per r irnagine del luogo in cui stette la strada e pei ruderi che ne ri-
mangono vedi Andree. Der Weltverhehr und seine Mittcl, Leipzg und
Berlin 1875, pag. G7, fig. 24.
1 Vedi Corp. Inscript. latin.. vo\. Ili, pag. 115-14G, 265-266, 997, 909-1003, e 1021-1023.
2 Corp. lnscrip(. latin.. Ili, pag. 439 e segg. , 510-520, 550-561, 564-569, 1041-1012,
1014-, Froehner, loc. cit . pag. X.
3 Dione, LX VI II, 9 e 32. Conf. Strabene, XVII, :ì, § 7.
4 Dione, LXVIII, 9 e 15; Aurelio Vittore, De Caes.. 13; Grutero, Inscript.. p. CCCC-
XXIX, n. 3-9.
5 Sparziano, Adrian.. 3; Henzen, in Annal. Istit.. 1862, pag. ir!7.
6 Vedi Rivautella e Ricolvi , Marmora Taurinensia. Augusiae Tatirinorum , 1743 e
1747, voi. I, pag. 185, e li, 25-10; Maffei, Hus. Ver.. 226, 9, Ut, e :il3, C; Borghesi,
Iscrizioni di Foligno, in Annal. Istit.., 1846, p. 313; llenzen , 5119; Corp. Inscript.
graec. C763.
Gap. IV.
PRIMA GUERRA COI DACI.
571
e Manio Laberio Massimo governatore di una delle due
Mesie K
11 fortissimo esercito muovendo probabilmente dalla Annidi ro-
città di Viminacio una delle principali fortezze romane g.^c. w'i.*
Cavalieri Mauri al Campo di Traiano {Bartoli^ Colonna Traiana^ tav. '13).
dell'Alta Mesia, passato il Danubio sopra un ponte di
barche, per varie vie procede nel paese nemico lasciando
dietro a sé presidii e campi fortificati per non esser preso
alle spalle e aver sempre aperta la via del ritorno. È
detto che prima di trovare i nemici l'imperatore vide
comparirsi davanti gli ambasciatori dei Burli (") i quali
(-') È supposto che abitassero presso le sorgenti del Tibisco. Tacito,
Germ., 43, parla dei Burli stanziati dietro ai Marcomanni, e ai Quadi.
Vedi anche Capitolino. M. Aurelio Antonino, 22.
1 Dione, LXVIII, 9; Plinio, Eiiist., X, IG (75).
572 PRIMA GUERRA COI BACI. VITTORIA DI TAPE, ECC. [Lib. VII.
venuti a pregarlo di retrocedere e non turbare la pace,
portavano quella preghiera scritta in lettere latine sopra
un grandissimo fungo. Traiano non badando alle richieste
di quella povera gente, poco dopo venne a grossa bat-
taglia coi Daci a Tape nel luogo stesso in cui già furono
battuti ai tempi di Domiziano, e ne menò grande strage
w:^! ;!'!'. ''r':ii'iir'!iì;ii""'jiiiMi!:iiiiiini|,,
ittà, sul Danubio d'onde le legioni muovono contro la Dacia
(Bartolij Colonna Traiana^ tav. 'ò-l, Froehner^ o0-31).
accompagnata da molte e gravi perdite delle legioni. Egli
si mostrò pieno di umanità coi feriti, fu largo di cure
con essi, e per fasciarli stracciò le sue vesti, e ai morti
inalzò un'ara e ordinò funerali da ripetersi ogni anno.
Poscia continuando a dar la caccia al nemico, lo inseguì
nei suoi ripari, ne sforzò i luoglii muniti, e recò in poter
suo Sarmizegetusa, capitale del regno, della quale riman-
gono ancora le rovine in Transilvania al villaggio di
Varhcly ove stette naturalmente afforzata dal vivo scoglio
della montagna e da due o tre strati di pietre poligone
intramezzati da tronchi di alberi, ^vlolti dei difensori ivi
caddero spenti o fatti prigioni ^ ^
Decebalo che prima di esser vinto aveva, come a di-
> Dione, LXVIir, S; Plinio, Epht.. \U\, 1; l'rcchncr, Colonne Trajane, pag. 21.
Gap. IV.
VANE TRATTATIVE DI PACE.
573
spregio, spediti per suoi messaggi uomini del volgo a
Traiano *, ora gli manda ambasciatori i suoi maggiorenti,
uno dei quali vedesi gettato ai piedi del principe a im-
plorare che voglia concedere al re di venire in persona
a trattare di pace, con promessa che egli assentirà ad
ogni richiesta. L'imperatore manda a lui Licinio Sura e
Claudio Liviano; ma in questo mezzo il re ha mutato
pensiero, non accoglie i messaggi, e le pratiche non rie-
Ci
.- ^'^^
-■et i — 'Mi
m ■ ■■ H t< 3
F( riti e chirurghi del Campo Romano (Bartoli^ ta%-. 29, e Froehne>\ 65).
scono a nulla. Quindi la guerra continua con ardore cre-
scente. Manio Massimo s'impadronisce della cittadella in
cui risiede la sorella del re, e la fa prigioniera: Traiano
supera le fortezze sui precipizii dei monti, toglie al ne-
1 Dione, LXVIir, 9; Pietro Palricio, in Ilistoricor. graecor. Fragni, j ed Didot, voi IV
p. 185. '
Vannccci — Storia dell'Italia antica — IV. 72
574
SOTTOMISSIO^'E DI DECEBALO.
[LiB. VII.
mico armi, macchine e uomini, e alla line ripiglia anche
l'aquila legionaria divenuta preda dei barbari nella guerra
di Domiziano.
Dopo tutto ciò Decebalo per acquistar tempo ad altri
consigli tornò alle proposte di pace, e colla scorta dei
suoi dignitarii recatosi a implorare perdono, si prostese
Aìr.ii.liUo-
).!;■. -:.'5, di
'..I-, 103.
Ambasciatore di Decebalo prostrato davanti a Traiano
{BartoK^ tav. 41, e Froehncr^ 83).
a modo di supplice davanti a Traiano,, promise di con-
segnare tutte le armi e tutti gli strumenti di guerra coi
romani fabbricatori di macchine e i fuggiaschi che fosser
presso di lui, dichiarandosi pronto a non accoglierne più
alcuno, a distruggere i castelli già costruiti, a rinunziare
ai luoghi occupati sui confini, e a quelU presi dalle le-
gioni, e a tenere per suoi nemici i nemici di Roma. A
queste condizioni ottenne la pace, e mandò suoi mes-
saggi a Roma per chiederne la ratificazione al Senato*.
Finita con questa vittoria la guerra, e lasciati presidii
in più luoghi, Traiano tornò glorioso e trionfante in Italia,
1 Uiono, LXVIII,
Gap. IV.] TRAIANO DACICO. FESTE E PREMI DELLA VITTORIA. 575
prese il nome di Dacico, rallegrò Roma con feste e spet-
tacoli di gladiatori e di mimi, distribuì un congiario ai
soldati », détte ricompense di ornamenti trionfali, di col-
pF"
^ ' 0Z-C
Sottomissione di Decebalo {BartoH^ tav. 51-55, e Froehner^ 102-103).
lane, di armille, di aste e vessilli, di corone murali, vallari
e navali a Licinio Sura, a Glizio Agricola, a Minicio
Natale, a Lusio Quieto, a Manie Massimo, a Pompeo
Falcone, e agli altri più valorosi che fortemente lo aiu-
tarono a vincere; doni ripetuti poscia a tutti quelli che
dettero opera alla vittoria finale 2.
Poscia lasciate le feste, l'imperatore tornò assiduo alle
cure civili e all'amministraz'one della giustizia 3, Ma al
tempo stesso teneva fìsso il pensiero anche alle cose dei
Daci, consapevole che sulla parola del fiero re non bi-
1 Dione, LXVIII, 10; Eckel, VI, 417; Borghesi, Osservazioni Numism.. XV, 6.
• Marmerà Taurinensiay voi. II, p. 27 o 37 ; Orelli, 2«scr.> 3451, 3570; Henzen, 54IS,
5451, 6777, 6853 Corpus Inscript. latin., II, 2424, 4101, III, 1910.
3 Dione, LXVIII, 10.
576 PONTE DI TRAIANO SUL DANUBIO. [Lib. VII.
sognava troppo fidare. E a rendere più facile e sicura
la via per corrergli addosso quando non stesse al trattato,
fece dar mano alla costruzione di un forte e stabile ponte
sul Danubio, il quale dopo lungo lavoro sorse magnifico
e celebrato come la più maravigliosa delle sue grandi
opere *, e anche oggi è ricordato dalle rovine che dopo
avere resistito alle vrolenze del tempo e delle onde ri-
mangono visibili tra i villaggi di Turnu-Sevcrinuhii (l'an-
tica Drobete) in Valachia, e di Feti-Islam in Servia un
poco al di sotto delle rapide correnti di Orsova.
Dalle testimonianze degli antichi e dagli studi recenti
sappiamo che senza contare le cosce, le venti pile de-
stinate a reggere il ponte sorgevano in pietre quadrate
distanti 170 piedi l'una dall'altra, alla prodigiosa altezza
di piedi 150, così che l' intravatura delle volte a pieno
sesto, e il piano del ponte erano molto al di sopra delle
piene più grosse, nella lunghezza di quasi 3670 passi ro-
mani. Una porta monumentale apriva e chiudeva da
ambi i lati il passo del ponte, afforzato sulle rive opposte
da due cittadelle {").
(«) Vedi Canina, Architettura romana, Roma 1840, tav. 182; Asbacli,
JJeber Trojans steìnerne Donauhrùcke, Wien 1858; Froehner, La Co-
lonne TraJane j pag. 19-20. Conf. INTai'sigli, Bescription du Banube dcpiiis
la montagne de Kalenherij en Autriche jusqu'au confluent de la risière
lantra dans la Bulgarie, traduit du latin, G voi. in fol., à la Haye 1744.
Gli avanzi del ponte come esistevano alla fine del secolo XVII sono fi-
gurati e descritti nei volumi I, tab. 16, e II, pag. 25 e segg., tab. 10-15.
L'autore fino dall' anno 1700 avea pubblicato il Banubialis operix pro-
dromus.
Diamo il disegno dei ruderi delle pile come furono osservati noi 1858,
quando le acque erano più basse del solito, e Timagine dell'opera come
vedesi nei bassirilievi della Colonna Traiana e nelle medaglie da cui ap-
pariscono costrutti di legname il piano, le vòlte e ì ripari laterali del
ponte sostenuti dalle colossali pile di pietra.
1 Plinio, Epist.. vili, l; Dione, XIA'III , 13; Aurelio Vittore, De Caes.. 13; Tzetze,
Chiliad.j, II, C5-, Procopio, Degli edilizi di Giustiniano, IV, G; Fabretii, Columna Tra-
pana, [<ng. 90-100 e 301. Conf. Uoiinar, Ad Dion,, toc. cit.
i
•Gap. 1Y.]
PONTE DI TRAIANO SUL DANUBIO.
'ni
ApoUodoro di Damasco, secondo che riferisce Procopio,
architettò la grande opera, a cui lavorarono lungamente
i soldati, destri a maneggiare, al pari delle spade e del
Ponte di Traiano sul Danubio [Bartoli. tav. TI, e Froehner^ pag. 19-20).
pilo, vanghe e zappe e martelli e ogni strumento del-
l'arte (").
if) Tre tegole trovate nel 1858 sui ruderi delle pile del ponte portano
scritto il ricordo di tre coorti ausiliarie, cioè della II Hispanorum, della
I civium Roìnanorum equitata, e della III Britannica. Vedi Corpus In-
^cript. latin., voi. Ili, pag. 270, n. 1703.
578 SECONDA GUERRA DACICA. [Lib. VII.
Intanto Decebalo reso infrenabile dallo sdegno dell'op-
pressivo trattato, non aveva altro pensiero che liberarsi
da quella vergogna e ricovrare la sua indipendenza. Era
tutto neir apparecchiarsi di nuove armi, nel riparare le
rovinate fortezze, nell'accogliere disertori, nello stringere
alleanze colle vicine tribù, ed eccitarle a insorgere con-
tro il nemico comune. Fece incursioni sulle terre degli
amici 0 clienti di Roma, mosse oltre il Tibisco (Tlicìss)
contro gli lazigi ricusanti di unirsi con lui, sottomise
una parte del loro paese, e pare tentasse anche con-
giura coi Parti*. E quindi Traiano desideroso di aver
modo a finirla coi Daci prese vigorosamente l'occasione.
Ama dillo- fece dichiarare dal Senato Decebalo nemico di Roma,
dTr'^iS corse con gagliardo esercito contro di lui, e in due anni
condusse all'ultimo fine l'impresa.
Decebalo fece tutti gli sforzi, messe in opera ogni arte,
mandò assassini a Traiano, assalì i campi romani. Le in-
sidie uscirono a vuoto, gli assalti furono validamente re-
spinti con perdite" grandi dei Daci. Il re attirò a colloquio
Longino prode comandante di una legione col pretesto
di trattare di accordi, e presolo a tradimento lo ritenne
in ostaggio per aver modo a scoprire i disegni nemici, e
fece sapere a Traiano che restituirebbe il prigioniero a
patti di riavere i confini del Danubio e tutte le spese
di guerra. Longino resistè alle lusinghe e alla forza, e
affinchè il pensiero dei pericoli della sua prigionia non
diminuisse all'imperatore la libertà di governarsi a suo
senno, si détte col veleno la morte.
Dopo lungo contrasto colle insidie, colle difficili vie,
colle dense foreste, e colle fortezze dei monti le legioni
fecero le ultime prove all'assalto di Sarmizegetusa, forte
capitale dei Daci. La città dopo fiera resistenza fu presa
di nuovo, e Decebalo disperando di se e d'ogni sua cosa
1 Minio, Epist.^ X, 15 (75).
Cap. IV.]
DECEBALO VINTO UCCIDE SE STESSO.
570
nascose i regii tesori nel fiume Sargezia (Strelil) fatto
deviare a quest'uopo, e per non cader vivo in mano al
nemico si détte di sua mano la morte. La sua testa mo-
strata a spettacolo delle legioni nel campo, e poscia a
Roma nel Fóro annunziò che la guerra dacica era finita*.
Erano passati quasi due secoli dal giorno in cui C.
Decebalo uccide sé stesso
(Bartoli^ 104, e Froehner^ 171).
La testa di Decebalo mostrata al Campo
Romano {Barlolij 109, e Froehner^ 17SJ.
Scribonio Curione, proconsole di Macedonia, dopo aver
fatto prova di invader la Dacia (G7G di Roma) si ritrasse,
spaventato dalla profonda oscurità delle selve (^). Traiano,
non arrestato da nulla, ridusse in suo potere il vasto
paese che dissero rinchiuso nel giro di un milione di
C^) Curio Dacia tenus venit: sed ienehras saltuura expavit, Floro,
III, 4, 6.
Dione, LXVIII, 10-14.
580 LA DACIA RIDOTTA A PROVINCIA ROMANA. [Lib. VII.
passi • , e ne fece subito una provincia che fu l' ultima
acquistata e poscia la prima perduta (").
Per ripopolare le contrade che la guerra aveva rese
deserte, vi chiamò gente da tutto l'Impero (^), e la
stanziò ivi in colonie, in oppidi, e in municipii a Sar-
mizegetusa colonia principale e metropoli della nuova
provincia, ad Apulo (Carlshiirg), a Napoca {Kolsvar, o
Klausenhurg), e in altri luoghi ricordati poscia dalle
iscrizioni (").
Fra i nuovi abitatori si vedono anche Galati, Palmi-
reni e Iturei, e colla nuova gente pighano possesso del
paese gli Dei romani, greci, asiatici, egizii, ricordati
essi pure di frequente nelle epigrafi mortuarie e votive,
scoperte nei campi militari, e negli altri luoghi più fre-
quentati, unitamente a statue di marmo e di bronzo, e
a rottami di colonne e di fabbriche erette dai nuovi pa-
droni, i quali introducendo dappertutto loro arti, e reli-
gioni, e linguaggio e culti e costumi, fecero sparire quasi
ogni ricordo del popolo vinto nel paese solcato di nuove
{^) Fu divisa dapprima in due parti, superiore e inferiore, e poscia in
tre, Porolissense, Apulense e Maluense^ poste tutte sotto il governo di
un legato imperiale, con un procuratore particolare a ciascuna. Henzen,
Inscr., 5280, 5520, G919; Mommsen, Corpus Inscript. latin.. Ili, p. IGO,
e n. 753.
(*) Trajanus, vieta Dacia., ex loto orbe romano infìnitns eo copias
hoìninum transtulerat ad agros et itrbes colendas. Eutropio, VIII, 3.
C) La capitale di Decebalo ora si chiamò Colonia Ulpia Trajana Augu-
sta Dacica Sarmizegetusa. Orelli, 791, 812, 831, 3234, 3441. Ulpiano {Di-
gest., L, 15, 8) ricorda come dedotta da Traiano la Colonia Zernensium,
colonia iuris italici, come Sarmizegctusa. Più altri luoghi sono notissimi
nelle epigrafi come Porolissum {Mojgrad}, Certia [Romlot), Potaissa, o
Patavissa (Thorda), Brucia (presso Nugy-Enyed). Alburnus maior vicus
Pirustarum ( Verespatak), Ampeluni (Zalatna). Germisara (presso Csilimù),
Tibiscum (presso Karansebes), Ad Mediani {Mehadia). ecc. Vedi Corpus
Inscript. latin., voi. Ili, pag. I61-2G1.
l Eutropio, Vili, 2.
Oap. IV.l PREDE E TRIuNFl» SU! DACI. 581
strade, e reso florido di nuova cultura e di nuovi com-
merci ("').
Nelle due Mesie che ora cessavano di essere province
di confine furono poste in riva al Danubio le colonie di
Oesco (Gicen) e Ratiaria o Retiaria (Acer) * per affor-
zare, al bisogno, i presidii di Dacia: e nella Mesia Infe-
riore, presso riatro {lantra), ai piedi dell'Emo, fu edifi-
cata la città di Nicopoli come monumento della grande
vittoria sui Daci, di cui rimane il nome nel borgo chia-
mato oggi Xikup ^.
Il paese dei Daci era ricco di miniere d'oro e d'ar-
gento 3j le quali scavate e amministrate dai vincitori
accrebbero gli splendori e le magnificenze di Roma. È
detto che Traiano, tornando da quel famoso conquisto,
riportò cinque milioni di libbre d'oro e dieci milioni di
argento, senza contare le armi, i vasi d'inestimabile
prezzo, e gli altri tesori del re Q) trovati sepolti nel fiume
dietro l'indicazione di un servo ''-.
La grande vittoria fu celebrata a Floma con nuovo
trionfo, splendido di larghi donativi ai soldati, di amba-
scerie venute fino dall'India e da ogni parte del mondo,
e di giuochi durati 123 giorni, in cui combatterono die-
cimila gladiatori e undicimila bestie feroci: perocché
(^) Per le .scoperte archeologiche fatte in Daci.a negli ultimi tempi vedi
Henzen, Aniicliità della Trans iloania, in Bullett. Istif. arch., 1848,
png. 129, 152, 161, 177, e Neigebaur, Dacwn aus den Ueberresten des
Klassischen Alterthiirns, Kronstadt 1851.
(*) Lido, De magistroAibus j, 11, 2*^, il pale aggiunge anche la cifra
incr'edibile di 500 mila prigioni.
1 Zumpt, De yailit. Eom. colon. ^ p. 403 ; Henzen, 52S0; Momni3$n, Cor^). Inscr. ìat..
Ili, pag. 112 e 2d3, n. -53 e 1641.
2 Ammiano Marcellino, XXXI, 5, 16; lordanes, Getic.^ cap. IS e M ; Corp. Inscript.j
ìat.. Ili, p. 111.
3 Henzen, loc. cit.^ pag. 165; Momm=on, Corp. Inscript. ìal.^ voi. Ili, pag. 213--;i!.
4 Dione, LXVIII, 11.
Vannucci — Storia dell' Italia antica — IV. . 73
RICCARDI L»l TRAIANO IN DACIA.
LiB. VII.
anche Traiano conservava la massima antica di tener
quie-to il popolo con pane e spettacoli *.
Egli fu il primo e il solo che piantasse la potenza ro-
mana al di là del Danubio e con essa una nuova civiltà
che trasformò la popolazione, il hnguaggio e i costumi.
La lingua divenne romana cosi che anche oggi dopo tanto
Ti-i'.iano trii)ni;iiitc di-i Daci {Rossini^ Ardii., tav. H).
volger di secoh i Yalaehi, i Moldavi e gli altri Danubiani
ricordano il latino con loro favella che si chiama Bo-
mania i^'). E la memoria di Traiano, trionfante del tempo,'
C^) « I popoli, elio noi chiamiamo Valaclii, cliiamano sé stessi Romani.
L- il loro liniiuati-iiio Romania. (Questo linguasiyio Romanzo è parlato in
Valachia e Moldavia e in qualche parte dell'I'nglieria, Transilvanfa -•
Dcssarabia. Sulla riva destra del Danubio occupa alcuno parti deirantica
Tracia, della Macedonia e anelie della Tcssajilia. K diviso dal Danubio
la due rami: settentrionale o Daco-roraanieo , e meridionale o Macedo-
romanico. Il primo è meno misto, ed ha ricevuto una certa cultura let-
1 Dione, LXVIII, V<: Fr-ntone, Piincipia hifloriae ^ {<•■
Pc^ieg., 33.
115, ed. Mai. Conf. Plinii
Oap. IV.] LA COLONNA TRAIANO.. oS3
rimase popolare in quelle contrade, unita inseparabil-
mente nelle leggende e nel linguaggio volgare ai campi,
ai piani, ai prati, alle fosse, ai monti, ai dirupi, alle vie,
al cielo, ai tuoni e alle tempeste, (^).
Ma di questa guerra, che per alcun tempo chiuse una
delle porte delle invasioni barbariche, e portò la civiltà
sulle rive del Danubio, abbiamo appena qualche cenno
nell'informe abbreviatore di Dione, dal quale non è pos-
sibile aver chiaro concetto della parte che vi fece il
grande guerriero. Con ogni particolare ricordo andarono
perduti, come dicemmo, i commentari che sulle Guerre
'ìaciche scrisse Traiano: perì anche il poema con cui le
celebrò Caninio Rufo amico di Plinio ^ : e solo monumento
della grande impresa rimane la Colonna trionfale, inalzata
in Roma da Traiano, sulla quale in molti quadri mara-
vigliosamente scolpiti, si vedono istoriate le varie vicende
delle marce, delle battaghe e delle vittorie.
La Colonna d'ordine dorico si compone di grandi massi
di marmo egregiamente commessi. Una scala interna
conduce per 184 gradini alla cima, ove sorg§ ora una
leraria; l'altro lia preso uu ■jrdn numero <ii parole albanesi e greche, e
non è ancora grammaticalmente fissato. Il moderno Valaco viene dalla
lingua parlata nella romana provincia di Dacia. » Max Mi'iller, On the
Science of languagej tliird edition, London 1862, pag. 196.
{"■) «.Le souveniv de Trojan est empreint partout , dans la D'adition.
dans la langue, sur les monts,, dans le del r.icme. Aìnsi la voie Lactce,
i^'est le chemin de Trajan; l'orage e' est sa voìj'; Vavalanche est son
tonnere ; la plaine est son camp , la montagne est sa tour; le pie
■-■scarpe est sa vedette. » Ubicini, La Roumanie, pag. 207.
In Servia la tradizione parla di lui narrando le geste di Troiano, prin-
■;ipe mitico, che aveva ali e tre teste, e partiva spesso dal suo vecchio
castello di Trojanovgrad per volare contro le genti vicine. Froelmer, Xa
Colonne Trajane, pag. XV.
Vedi anche D, Sestini, Viaggio curiosOj scientifico, antiquario per la
Yalachia, Transilcania, ecc., a pai^-. 60. Firenze 1815.
I Plinio, Epist.. Vlir, i. Conf. I, .;.
:M le guerre DACICHE nella colonna TRAIANA. [Lib. yil
statua rappresentante S. Pietro, in luogo di quella che
in origine rappresentata Traiano. La Colonna sorge sopra
un gran piedistallo, nel quale sono figurati grandi trofei,
e varie maniere di armi. Le storie della guerra dacica
furono distese a modo di fascia al di fuori per tutta la
lunghezza del fusto, e gli artisti, di cui principale fu
Apollodoro di Damasco, famoso architetto del ponte get-
tato sopra il Danubio, dettero prova di raro ingegno e
di squisitissimo gusto, e fecero tale opera che con ra-
gione potè esser chiamata il capolavoro della scultura
romana. Ed è importantissima per l'arte, come per ri-
spetto alla storia, perchè ritrae gli usi di guerra, le vesti
dei combattenti, le insegne, le armi di ogni sorte, le ba-
liste che dai carri scagUano dardi, le testuggini, gli arieti,
i sacrifizi prima delle battaglie, le ambascerie, le forti-
ficazioni dei campi, il modo di gettar ponti sui fiumi,
e gli assalti delle fortezze, le stragi, gli incendii, le
fughe {").
(") Pei dis^-ni pubblicati in vari tt-rniji e per le illustrazioni archeolo-
gicke e storiche della Colonna . vedi Historia utriusqiie belli Bacici a
Traiano Caesare gestì, ex simiilachris qiiae in columna ciuscìern liomae
riscinUir colletta, av.ctore F. Alfonso Ciacono hispano, eie., Koniae 1576.
(Fu ristampata nel 1585 e nel 1610). I disegni sono di Girolamo ^Muziano
fondatore dell'Accademia di S. Luca (1577). il <|Uale gli fece incidere da
F. Villamena a sue spese ^
Colonna Troiana nuovamenie d'a^egìiata et inioijliato da Pietro Santi
Bartoli, con l'esposizione latina di Alfonso Ciaccone coynpendiata nella
rolgo.re lingua sotto ciascuna i.nagine, accresciuta di medaglie, iscri-
zioni e trofei da Giovanni Pietro Bellori, Roma 1672, (Opera che seb-
bene jiiyV elegante che accurata al dire del Fabretti, ed erronea nell'in-
terpretazione delle parti «xancanti. ebbe piìi fortuna e più fama delle
ultr,;-. Fu ristampata a Roma nel 1813 con prefazione di Carlo Fea) ;
Fabretti. I)c Columna Trojana syntagma, Romae 1083. (Ristampata
nel 1090. Opera egregia e degna di questo dotto archeologo):
Piranesi, Trofeo ossìa inagnifica colonna coclide , ecc.. Roma 1770.
(Grandiosa imagino del prospetto principale dell" altezza di quasi duf
meti-i. con cinque granì: tavole figuranti il piedistallo, e altre con par-
Gap. IV.] LE GUERRE DACICHE NELLA COLONNA TRALVNA.
585
La guerra scolpita comincia col passaggio del Danubio
sopra un ponte di barche. Il Dio del fiume che ha sua
stanza in una caverna è fii^iurato colossale colla testa
Il Danubio proiii/io al passo U«_'i Kuiiiaiii
[Bartoli^ Colonna Traìana^ tav. l. o Froehncr^ 31 1.
cinta di canne, con capelli e barba grondanti di acciua.
con mantello avvolto alle spalle. Egli protegge le legioni
licolarità di armi e figure intaccate: tutti cUseu:ui egregi, e magnifica-
mente incisi).
Columna Trojana exliibens historiarn l'iruisque belli Bacici a Tra-
jano Cacsare Avgusto gesti, ab Andrea Morellio accurate delineata et
aere incisa,, nova descriptione illustrata cura et studio, Aut. Fr. Gori,
Amstelodami 1772. (I disegni del Morell , numismatico svizzero, furono
tratti dai modelli in gesso già eseguiti per conto di Luigi XIY di Francia.
L'opera è di poco conto dal lato dell'arto, e anche le illustrazioni non
danno quasi nixlla di nuovo).
La Colonna Traiana ilh'.strata da Era-^nio Pistoiesi, disegyiaia da
580 LE GUERRE DACICHP: NELLA i OLoNNA TRAIANA. [Lib. VIL
sostenendo colla possente destra il ponte di navi co-
struito sulle sue onde.
L'esercito passa con sue insegne, e armi e bagagli.
Traiano alla testa delle legioni è uno dei primi a mettere
Salvatore Busuttill, incisa da Nii-ola Moueia. con alcune indicazioni del
Faljretti, Cecconi. Ikllori, Roma 1S40. (I disegni vengou da quelli del
Bartoli).
La Colonna coll'audare del tempi i-orse vai-ie vicende. Nel secolo de-
cimo servi di campanile a un convento L'Ostruito nel sito del Fòro, finché
nel 1162 il Senato romano vietò sotto pena di morte e confiscazione de'
tieni di guastare il più bel monumento di Roma. (Fea, nella sua edizione
'Vi Winckelmann, voi. Ili, p. 355) ,
Nel secolo XM, per ordine dì Paolo 111, l'ui-ono tolte via le l'ovine </iie
}ie copri van la base; e poscia E architetto Domenico Fontana ebbe da
Sisto V Fiacarico di demolire le case vicine e di fare i restauri che cre-
-lesse opportuni: e allora >S. Pietro fu i»osto sulla cima dove già stett'^
Traiano. Pure gli ingombri non iscomparvero allatto fino ai primi anni
del secolo XIX pei nuovi lavori di Napoleone I, i ijuali ridussero il Fòro
Traiano come vedesi oggi. (Fea, Ine. cit., p. 378, o dello stesso, Miscel-
lanea, II, 9-11, yotizie degli scavi nel Fóro Traiano, Roma 1813,
pag. 13-26, e Reclami del Fòro Traiano, Roma 1832, pag. 3-6).
Quando le truppe francesi dopo il trattato di Tolentino occuparono
Roma, il generale Pommereul aveva proposto di trasportare tutta la Co-
lonna a Parigi, perchè servisse di piedistallo alla statua della Libertà
sulla Piazza Yendòme. Il monumento rimase al suo posto: ma ai giorni
nostri, sotto Napoleone III, ne fu con modo diverso trasportata in Francia
la parte che potevasi pigliare senza furto, affinchè servisse agli studi
della scienza e dell'arte. E i calchi dei bassirilievi fatti negli anni 1861-
1862. e riprodotti in galvano-plastica nel 1863 dettero occasione a una
nuova e grande pubblicazione recentemente compiuta: zz W. Froèhner,
La Colonne Trajane d'aprcs le surmoulage executé à Rome en 1861-
1862 reproduite en photographie par Gustave Arosa, 220 planches ini-
priraces en couleur avec textc or ne de nombreuses vignettes, Paris 1872.
::r: Sono tre magnifici vòlunni di tavole con un l)el volume di tt-sto in cui
il Froèhner facendo suo profitto delle medaglie, delle iscrizioni, dei raarmi.
delle nuove scoperte archeologiche, dei viaggi fatti nelle terre de' Daci.
e dei progressi degli studi scientifici, etnografici e storici, illustrò sapien-
temente tutti i bassirilievi considerati come monumento di storia, e ac-
curatamente studiò d'indagare il signifi<ato e i fatti di ijuolle tante figui'e.
Gap. IV.] ].E GL'ERRE DACICHK .NELLA COLONNA TRAIANA. 587
il piede sulla tèrra nemica. Prima di procedere nelle sco-
nosciute contrade tiene consiglio di guerra coi suoi uffi-
ciali, sulla via da seguire. Secondo l'uso antico seguito
sempre al cominciar d'una impresa, l'imperatore vestito
di toga, con in mano lituo e pàtera, al suono di corni e
di flauti offre vittime e incensi per propiziare gli Dèi: e
poscia dal suo tribunale parla alle truppe per esortarle
alla pugna imminente.
Le allocuzioni e i sacrifizi, ripetuti sovente, seguono le
vicende e le peripezie della guerra, nelle quali l'impera-
tore è sempre presente a provvedere, a dirigere, a or-
dinare e sorvegliare le costruzioni dei campi, a far cuore
ai soldati, a eccitarli con lodi e con premii.
Non è possibile dire partitamente tutto l'andamento
della grande epopea istoriata sulla Colonna con circa
2700 figure di Romani, di Daci, di Sarmati, di Galli, di
Germani, di guerrieri affricani ed asiatici: colle imagini
dei cavalli, degli armenti, dei fiumi, dei monti, delle case
e delle fortezze barbariche, delle vie aperte nelle foreste,
con più di 20 campi fortificati dalle legioni, con le prove
di tanti assalti e combattimenti e grandi battaglie, cogli
incendii delle città e dei villaggi, colle stragi, colle donne,
e i fanciulli e i vecchi tratti prigioni.
Si vedono dapprima su veloci cavalli gli esploratori
mandati a osservare il paese. 11 nemico è vicino: e le
legioni, apertasi la via tra le selve, piene di ardore Io
affrontano. Se, come altrove vedemmo, i Daci sono usi a
ostentare come trofei le teste tagliate ai nemici, qui i
Romani appariscono non meno feroci. Un soldato tiene
in mano la spada e stringe tra i denti la testa tronca
di un barbaro: e altri portano all'imperatore due teste
come loro trofei. Al furore degli uomini risponde l'im-
perversare degli elementi: dall'alto delle nubi il Si-
gnore del tuono scaglia fulmini ai Daci. e aiuta la vittoria
romana.
LiB. VII.
_^_^va^ -^^
Teste tronche dei Daci (Bartoli^ IT, e Froehner^ lS-19).
I baci (iihimiuti uà «j1^.vi- [Bartoli, \i, e Froehner^ 49).
Cah. IV.l LE GUERRE DAC^ICIIE NELfA COLuNNA TRAIANA.
580
1 nemici disfatti sono forzati a lasciare uno dei loro
grandi ripari posto in cima a una rupe dentro a doppio
muro circolare, difeso da fossa, coronato di merli, e di
teste troncate agli invasori. I Romani incendiano il forte
oppido, e quindi passato a guado un torrente e non trat-
tenuti da nulla corrono con ardore a dar la caccia ai
fuggenti.
In appresso l'imperatore parla ai soldati, e riceve un
ambasciatore venuto a far proposte di pace: ma come
le parole non approdono a nulla, si procede a nuove
battaglie. L'avanguardia romana scopre un villaggio ove
stanno a rifugio le famiglie e i greggi dei guerrieri corsi
Prigionieri Daci (Bartoli^ tav. 21, e Froehnev^ 53-51).
altrove a combattere. I vecchi sorpresi nel loro riparo
combattono con mazze di ferro e vendono caramente la
vita. Uno di essi trascina nella fuga un fanciullo. Gli in-
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 71
590 LE GUERRE DACICHE ^■ELLA COLONNA TRALVNA. [Lib. VII-
vasori scannano i greggi nascosti in una caverna e trag-
gono prigioniere più donne vestite di lunga tunica a
piccole pieghe, e coi capelli coperti da un pezzo di stofla.
Le povere madri portano seco i piccoli figli, e gli mo-
strano supplichevolmente a Traiano, il eguale sembra dire
col gesto che saranno umanamente trattati.
I Daci col disegno di assalire un campo romano si
avventurano al passo di un fiume gelato : ma il gelo sotto
il loro peso si rompe, e uomini e cavalli sprofondano
miseramente nell'onde alla vista dei compagni che dalle
rive fanno ogni prova per dar loro soccorso. Ma anche
dopo questa sciagura Fesercito procede arditamente al-
l'assalto. I difensori lo accolgono con una pioggia di
mortiferi strali cui i Daci rispondono coi loro archi, e
battono follemente coll'ariete le mura.
Poscia altra scena al principio della stagione che dopo
l'inverno richiama i soldati alle fatiche dei campi. Sullo
rive di un fiume sorge una grande città bella di templi,
di anfiteatro, di portici. Nel fiume sono apparecchiate
le navi pel trasporto di soldati, di cavalli, di armi, di
tende e bagagli. La bireme imperiale è adorna alla prua
con pitture di Amori a cavallo a Tritoni armati di remi.
Traiano vestito di tunica corta e di manto è uscito dal
suo palazzo e imbarcato: e, com'è suo costume, dà mano
a remare («). La llottigUa solca le onde del fiume e mette
sull'altra riva le truppe che tosto corrono nel paese ne-
mico. Traiano a cavallo è alla testa dei suoi armato di
lancia e di spada. Giunge l'annunzio dell'appressar del
nemico forte dell'aiuto di uomini e cavalli tutti coperti
di corazze di ferro (catafraciaril). La cavalleria ronKina
C^) Si quando plaucit idem corporis rohur in maria jivoferre, non
ille fluitanlia. vela, aiit ocitlis sequi ,_, aut manibus : sed nunc guber-
naculis assidei, nunc cum valentissitno quoque sodaliwn certat froi-
(jere fluctus, domitare venios reluctanies, remisqiie transire obstaniia
freta. Plinio, Paneg., 8L
Gap. IV.] LE GUERRE DACICHE NELLA COLONNA TRALA.NA. 501
assale vigorosamente questi tremendi guerrieri, gli rompe
e gli fuga. Una schiera di Daci che fa prova di arrestare
i vincitori al passo dei monti è fortemente battuta e fu-
gata, e un loro capo uccide se stesso per non andar vivo
in mano ai nemici. Sulla collina piena di cadaveri si
vede una fila di carri pieni d'insegne militari, di armi
e di oo;ni sorte di vasi. A una delle rote sta attaccato il
Cavalieri e cavalli coperti di corazze di ferro {Bartoli^ tav. 27, e Froehner^ (!-').
cadavere nudo e mutilato di un prigioniero romano; le
legioni continuano la marcia dietro ai gloriosi vessilli,
e ai suonatori di corno. 11 nemico che tiene le alture è
assalito da fanti e cavalli, e lascia il campo di battaglia
pieno di morti e morenti.
Finita questa battaglia, Traiano circondato dai rappre-
sentanti delle truppe che ebbero parte alla vittoria gli
ringrazia di loro bravura: e poscia distribuisce i donativi
rm LE <tUERRE DACICHE nella colonna TRALVNA. [LiB. VII.
ai più prodi. Egli è assiso in alto sulla sedia castrense,
ove uno dei premiati gli bacia rispettosamente la mano.
Due discesi dalla tribuna si abbracciano commossi di
gioia pel donativo ottenuto. Un altro si allontana portando
in un sacchetto il suo premio. Gli spettatori sembrano
mandar grida di giubilo. In seguito si vedono le donne
dei Daci che menano orribile strazio dei prigionieri ro-
mani, e la guerra continua collo stesso spettacolo di fo-
Distribiizione 'lei donativi ai soldati più prodi [Bartoli, tav.
reste abbattute per costruire campi fortificati, di grandi
movimenti di schiere e di macchine, di assalti, di scara-
mucce e battaglie, di città e villaggi e casolari incendiati;,
di stragi, di prigionie, di allocuzioni alle truppe, di amba-
sciate, di sacrifizi, fmchò Decebalo cede alla necessità
delle cose, e la prima guerra si conclude, conforme alla
€ap. IV.I LE GUERRE DACICHE NELLA COLONNA TRAL\NA.
593
storia, col trionfo delle armi romane: e la Vittoria tra
due trofei scrive sullo scudo il nome del popolo vinto.
Nei bassirilievi la seconda guerra comincia coli' arrivo
delle legioni a una città posta sulle rive del mare, la
quale dà grande spettacolo coi suoi edificii splendidi
di colonne e di statue, e col porto pieno di navi. La
bireme imperiale distinta pei suoi ornamenti dalle altre
ha un fanale sospeso alla sommità della poppa. Traiano
Vittoria lacica (BartoU, lav.
iu7j.
sbarca di notte accolto festevolmente dai cittadini con
fiaccole, e fa la sua entrata solenne nel Fóro e offre sa-
crifizi agli Dei. Sulle are inghirlandate ardono frutti ed
incensi; i vittimarli scannano i tori; suonano i flauti:
uomini e fanciulli incoronati di foglie, levando le mani
al cielo accompagnano la cerimonia con loro preghiere.
Finite le offerte e le preci si dà mano alle armi e ri-
comincia la marcia. L'imperatore muove a piedi in mezzo
ai soldati, e in breve siamo di nuovo nell'interno delle
594 LE GUERRE DACICHE NELLA COLONNA TRAL\NA. [Lib. VII.
terre dei Daci alcuni dei quali si presentano tosto coi loro
figliuoli a chieder mercè.
In questa come nell'altra guerra la scultura ritrae il
continuo alternarsi di costruzioni di alloggiamenti e di
ponti, di passaggi di fiumi, di assalti, di correrie per fo-
reste. Qui vedesi un campo dei barbari costrutto e af-
Daci supplicanti (Bartoìi^ tav. 07, e Froch;ìcì\. 119-120).
forzato secondo le regole dell'arte romana. Più oltre i
Romani sono improvvisamente assaliti in due campi posti
l'uno in vicinanza dell'altro. A un tratto i ripari si em-
piono d'armati che respingono fortemente l'assalto. Nel
più forte della mischia giunge di fuori un rinforzo, alla
vista del quale i Daci caduti di animo si danno alla fuga
lasciando sul terreno loro morti e feriti.
Poi vedesi il magnifico ponte di cui demmo altrove
l'imagine, e il sacrifizio fatto per l'inaugurazione di esso
a lato di un campo di forma emisferica. Vi assiste una le-
gione per mezzo di un tribuno e dei suoi vessillarii. L'ara
Cai». IV.
Assalto dei Daci a im campo romano [BartoV.^ tav. 71, ■■ FroehneVj 155).
Sacrifizio per l'inaugurazione del ponte del Danubio {Br,-io]'_, tav. 71. e FroehncVj 12i')»
r,9G LE GUERRE DACICHK NELLA COLONNA TRAIANA. [Lib. VIL
è al solito inghirlandata e coperta di frutti. Il vittimarlo
aspetta il segnale per immolare il toro a ciò preparato.
Più oltre, dopo l'incontro di una deputazione di Sarmati
0 Geti, e il passaggio di un ponte ornato di trofei, Tra-
iano in veste sacerdotale nel recinto del campo al suono
di tibie e di trombe offre libazioni agli Dei e sacrifica
un verrà, una pecora e un toro {suovetanriUa): e com-
piuto il rito dice ai soldati che le viscere delle vittime
promettono sicura vittoria. Quindi essi muovono lieti
cogU elmi incoronati di lauro: e disertato il paese e
}:/:^^<i^^jk
Assalto a Sarniizcgetusa (BartoHj. tav. Sti, e Froel^ner:, 14r>-HCi).
vinto ogni ostacolo giungono alle ultime prove davanti
alla forte capitale nemica.
Legionarii, fanti leggeri. Germani, frombolieri e arcieri
le stanno d'attorno e corrono intrepidamente all'assalto
sotto una tempesta di pietre e di strali pioventi dall'alto.
Gli assalitori rispondono con ogni sorta di strali, e co-
perti dei loro scudi avvicinano le scale alle mura, l'no
Cap, IV.] LE (GUERRE DACìCHE NELLA COLONNA TR.UANA. 597
di essi salito in alto ha tagliata la testa al nemico ve-
nutogli contro, e si ritrae col sanguinoso trofeo.
Da un'altra parte si tenta di aprire la breccia: le grosse
pietre gettate dall'alto vietano di compiere l'opera, e
l'assalto è vittoriosamenie respinto. Occorre tentare altra
via: e i Romani atterrano gli alberi della vicina foresta,
e danno opera ad elevare un grande aggere per battere
più efficacemente le mura.
Intanto un ambasciatore del re viene a chieder la pace.
Traiano lo accoglie solennemente in mezzo ai suoi uffi-
ciali e soldati. Ma, a quanto pare, le trattative falliscono.
Quindi Decebalo ordina ai suoi di incendiar la città e di
ritrarsi. Fortezze, torri e palazzi si vedono in preda alle
fiamme.
Dopo questo disperato partito i più coraggiosi dei sa-
cerdoti e dei principi daci risolvono di non sopravvivere
al morir della patria, e raccoltisi intorno a un grande
vaso di veleno bevono disperatamente la morte a mal-
grado dei piantile degli sforzi dei loro compagni che li
supplicano di serbarsi a migliore avvenire. Un pileato
empie il bicchiere al vaso mortifero, e un altro lo ac-
costa alle labbra. Alcuni stesi per terra sono in orribile
angoscia: più lungi altri sono portati via moribondi.
1 più valenti difensori della capitale distrutta non di-
sperati ancora della patria si riparano precipitosamente
nelle foreste per tentare di nuovo la fortuna delle armi:
e si vedono poscia raccolti in vasto campo protetto da
un fiume e da baluardi di pietre e di tronchi di alberi,
d'onde muovono all'assalto di un alloggiamento romano.
Inutili prove. Decebalo, tentato invano di placare con
nuova ambasciata il nemico, si uccide. Alcuni dei capi
ne seguon l'esempio, mentre altri si apparecchiano a
comprare la vita con ricchi doni. Da ogni parte piena
vittoria con grandissima predadi ricchezze, d'uomini e
d'armi. Sono scoperti e presi i vasellami d'oro e d'argento
Va>ìnjcci — Storia dell'Italia antica — IV. 75
598 LE GUERRE IiACICHE NELLA COLONNA TRALWA. [Lib. VIL
e gli altri regii tesori nascosti nel fiume. I soldati gridano
imperatore Traiano, che li ringrazia di loro prodezze.
I pochi Daci non sottomessi combattono fino agli
estremi contro la cavalleria che gì' insegue. Le fiamme
di una città incendiata dai vincitori illuminano la trista
scena della morte di un popolo.
L'ultimo quadro figura quelli che dopo fatto ogni sforzo
per salvare la patria non hanno cuore di vederne la schia-
vitù, e cercano rifugio sulla terra straniera. Uomini e donne
emigrano con armenti e con ogni aver loro, portando in
Emigrazione dei Daci (BartoVi^ ti
Froehner, 18 1).
collo i piccoli figli: e due di quei miseri si volgono me-
stamente indietro a dare l'ultimo sguardo al paese]nativo.
La grande Colonna sorse nel Fòro che Traiano edificò
e chiamò col suo nome, superando di grandezza e splen-
dore tutte le opere simili fatte finqui, con moli gigan-
tesche e singolari tra tutte le opere umane, così che
Ammiano Marcelhno in appresso alTermò non .potere
esser descritte a parole, nò rinnuovate dai mortali (").
(^) Sinr/ularem sub ornni rodo sirucinrarn, ut opinamnr, etiam 'im-
minum adsensione mirahilem .... (lif/antcos contextiis .... ncc re-
latu cffubiles, nec rursus mortalibi'.s adpetendos. Amm. Marcellino, XVI.
10, \7). Lo storico parla del Fòro Traiano ranno XiO, quando venne a
Roma l'imperatore Costanzo.
Gap. IV.
11. FORO TRAIANO.
590
Come lavoro preparatorio fu scavata la parte montuosa
che nel luogo a ciò designato sorgeva tra il Capitolino
e il Quirinale congiungendo i due colli, e si ridusse pia-
neggiante coll'abbassare l'altura di centoventotto piedi,
corrispondenti all'altezza della Colonna, come attesta
l'epigrafe posta nella base di essa {"■). Di queste magni-
Ruderi «lei Fóro Traiiino {Da Fotografia).
iìcenze parlano anche le rovine, quantunque non si veda
che una piccola parte del luogo occupato dal Fòro e dalle
(") L' epigrafe couservata intera dairAiionimo di Einsiedeln .lice che il
Senato o il Popolo romano posero la colonna airimperatore Ti-aiano nel-
l'anno della sua deciniasettima pot-^stà ti-ibunizia (113 dellV-ra volgare)
ad declarandum rjuantae aliiiudinli mons et lociis tant (is ope) ribiii:
sit egestas.
600
IL FORO TRAIAXf) E I SUOI MONUMENTI.
LiB. VII.
sue grandi fabbriche («). Ivi sfoggio non mai veduto dei
marmi più preziosi del mondo nelle colonne, nei portici,
nei pavimenti, nei fregi, nei trofei, nelle statue. L'entrata
era per un arco trionfale adorno di bassirilievi e di statue
con quadriga e trofei alludenti alle vittorie del principe
di cui giganteggiava la statua equestre in mezzo all'area
quadrata. Rimangono alcuni ruderi della basilica già" va-
stissima e splendida di soffitta di bronzo, di ricche co-
lonne, di squisitissimi fregi, di quadrighe trionfali, e di
insegne, con epigrafi ricordanti Traiano benemerito della
Repubblica in guerra e in pace, e le legioni che combat-
terono in Dacia (''): e in appresso vi si aggiunsero statue
a gueiTÌeri, a magistrati, a scrittori. Un tempio del quale,
come della "rande basilica e dell'arco d'ingresso, le me-
l'òro, Dasilica e tciiii'io di Iraiano {Car,rna^ £dif.j II, tav. IKi e 120).
daghe ci serbarono Timaginc esterna, fu poscia ivi con-
sacrato a Traiano. E ad esso vicino stette una biblioteca
in due sale, una per gli atti pubblici, pei senaticonsulti,
e pei libri lintei relativi ai fatti de' principi, e l'altra per
le opere letterarie e scientifiche, destinata più tardi anche
(") Il NibLy (Rom. ant., II, 221) notò clic de' 330 mila piedi quadrati
«leHri superfice antica ora non ne voiipiamo clic TC» mila <> 800, cioè circa
la sesta parte.
(^) Fra i nomi delli' U'i:ioni ivi scritti rimant:ono quelli della XI Clau-
dia, della XV Aiiollinnre. e della NX.
Gap. IV.] VITTORIA DI C. PALMA SUGLI ARABI. 601
a USO di letture accademiche. Una epigrafe diceva che
tutte queste grandi opere furono fatte colla vendita delle
spoglie dei vinti (").
Anche d'Oriente venivano spoghe di guerra, perchè
mentre Traiano era occupato alla sottomissione dei Daci
il suo legato Aulo Cornelio Palma, governatore di Siria,
aggiunse nuovi paesi al grande proconsolato dell'Asia
(105) vincendo gli Arabi nomadi infesti alla Palestina sui
mal fìssati confini da Damasco al Mar Rosso: e presi i
luoghi che servivano di riparo ai ladroni afforzò Gerasa
(Djeràsrit), Bostra (Bosra), Filadelfia {Rahhath-Ammon) e
Petra, reggia dei Nabatei *, le quali d'ora in poi sotto la
disciplina romana divennero città popolose e floride d'im-
portanti commerci, massime Petra e Gerasa, di cui pa-
recchie rovine ricordano ancora la prospera e splendida
vita f ).
(^) Eo' manubiis. Gellio. XIÌI, 24. Per le altre particolarità conosciute
del Fòro Traiano e delle sue fabbriche vedi Aram. Marcellino, XVI, 10,
15; Pausania, V, 12, 6; Dione, LXVIII, 10, LXIX, 4; Sparziano, Adrian..
19; Vopisco, Anrelian., 1 e 8, Tacit., 8, e Prob., 3; Gellio, XI, 17; Si-
donio Apollinare, IX, IO: \ìo\a, Memorie storico-critiche del Fi'>ro Tra-
iano, in Giorn. Arcad. , 1821-1822, voi. XII, p. 207-230, XIII, 260-273,
XV, 201-215. 370-384, XVI. 76-88; mhhx, Ro,.ia ant.,, II, 183-221; Ca-
nina, Edifizi, I, 279-288, II, tav. 111-125, e Indicazione topografica di
Roma antica, pag. 279-288; Fea, Miscellanea, voi. II. pag. 9-11, e No-
tizie degli scavi nel Fóro Traiano, Roma 1813, p. 13-26. Deu'li scavi
più recenti è dato ragguaglio nel Bull. Isiit. arch., 1844. pag. 131, 177-
179, 1852, pag. 183 e segg., e AnnaL, 1849. pag. .349, 1852, pag. 131-135.
(*) A Petra tra le altre cose rimangono grandi ruderi di due archi
trionfali, di un anfiteatro, di un tempio, e di molte magnifiche tombe con
iscrizioni greche e latine. Vedi Leon De Laborde et Linant, Voj/agc de
l'Arabie Petrée , Paris 1830, pag. 42-68, pi. 33-60: Noel des Vergers,
L'Arabie, Paris 1847, pag. 3 e 34, pi. 11 e 12: Hittorf, Petra et Pompei,
in Revuc archcologique, 1862, voi. 5, \A. X, e voi. 6. pag. 1-18.
Per Gerasa vedi Taylor, La Sgrie, VEggpte, la Palestine et la Judée,
Paris 1839, voi. I, pag. 291.
1 Dione, LXVIII, 11; Ammiano Marcollino, XIV, S, 13; Merivale, Vili, 47-48.
002 GOVERNO E GIUSTIZIA. [Lib. VII.
Cessate le fatiche dei campi, Traiano torna assiduo
alle cure civili del governo, delle leggi, della giustizia, e
delle opere pubbliche a Roma, in Italia e nelle province,
con una perseveranza instancabile, ammirata non meno
del valore di cui die prova alla guerra. Egli discute coi
suoi colleghi in senato i provvedimenti utili al buon go-
verno del mondo: coi giudici più valenti ascolta gli ap-
pelU dei tribunaU più alti di tutto l'Impero, e le sue
sentenze divengono leggi, come i suoi editti, e rescritti
e risposte ai governatori e magistrati delle province •.
Giornalmente siede in tribunale nel Portico di Livia, nel
Fóro di Augusto e altrove 2. Plinio che lo aveva veduto
per tre giorni in senato intento ai lunghi dibattimenti
per l'accusa di un proconsole ladro dell'AfTrica, pieno di
ammirazione lo ritrovò giudicante in prima istanza cause
di tradimento, di eredità, e d'adulterio anche nell'ameno
ritiro di Centocelle (Civliai'rccìda), ove si mostravano
meglio, egli dice, la giustizia, la gravità, e la piacevolezza
del principe ^.
Vietò di condannare gli assenti, e gli imputati per soli
sospetti, e statui esser meglio Vimpnnità di un reo che la
condanna di un innocente ("). La Giustizia che nelle me-
daglie di Traiano sta assisa e impugna lo scettro ^ nel
regno di lui presedè quasi sempre al governo degli uomi-
ni, e pel grande amore eh' ei le portava fu sovranamente
ammirato e amato dai contemporanei e dai posteri.
Rispetto all'edificare, vinse tutti gl'imperatori nel nu-
mero e nella grandezza delle opere, e perciò fu chiamato
architetto del mondo (*). Xè sembra che le sue magnifi-
ca) Satius esse lelinqui facìnus nocentis, nuani innocentem daranare.
1 Ipiano, Biyest., LXVIIK 19. 5.
(^) Orhem terr<u'u,H ncdiftcans. Eutropio, Vili. 2.
1 Sullo leggi di Traiano vedi Franckc, Orxch. Trajans^ pag. 366-Ó19.
2 Dione, I.XVIII, 10.
3 Plinio, Epist.. Il, 11. e VI, 31.
y Cohen, Mona, frapp. ^ous l'enip. rom.. II, Trajaa^ n. 2>I.
Cap. IV.l EDIFIZI ERETTI 0 RESTAURATI DA TRAIANO.
003
cenze portassero ai sudditi straordinarie gravezze. Se
altri avevano gettato in follie il sangue dei cittadini pro-
scritti, egli usò le sue economie e le prede e i tributi
sui nemici vinti colle armi in opere che per lo più tor-
navano a utile pubblico. A Roma, come nelle province,
riparò ai guasti delle inondazioni, degli incendii e dei
terremoti, e a rendere meno facili le rovine limitò a 60
piedi l'altezza delle case private *. Pose ogni cura a con-
servare le fabbriche antiche, edificò per gli Dei, pel Se-
nato, pei cittadini, non per sé stesso 2, e messe all'al-
tezza delle nuove fortune la grande città di cui dopo il
conquisto della Dacia potè allargare il pomerio ^. Inalzò
un tempio a Nerva nel Fóro Palladio, pose statue e mo-
numenti a Sura, a Palma, e ad altri cittadini, benemeriti
per grandi servigli resi allo Stato '*. Dette al popolo nuove
Tc-rmo di Traiano (Co.in,^.a^ E<iif., IV, ii.
Terme sulle Esquilie (presso la chiesa di S. Martino) in
vicinanza di quelle di Tito ^ Prolungò la serie degli edi-
1 Aurelio Vittore, Epit., 13 ; Orosio, VII, 1-'.
* Plinio, Paneg., 50 e 51 ; Dione, LXVIII, 7.
3 Vopisco, Aìireliano^ 21.
4 Plinio, Paneg.. 11; Dione LXVIU, 15 e 16: Nibby, Roma artf.j II, 5i>?. e 231.
ti Pavisania, V, 12, (i; Nibby, ìoc. ci(., pag. 811, Canina, Edifzi, voi. IV, tav. 206.
604 CIRCO M.A.SSmO. CONDOTTO DELL'AOgUA TRAIAXA. [Lib. VII.
fìzi 6 dei portici che adornavano il Campo Marzio *, e vi
fece un teatro notevole per la sua forma rotonda, di-
strutto poi da Adriano 2. E Dione ricorda anche l'odeo e
il ginnasio edificati per ordine suo da Apollodoro, famoso
architetto del ponte sul Danubio e del Fóro Traiano 3.
Il Circo alassimo, guasto dal fuoco, fu restaurato e con
nuovi ornamenti fatto emulo alla bellezza dei templi, e
ingrandito in modo che bastasse ai bisogni della grande
città, e fosse degna sede del popolo vincitore del mondo.
Degno di principe cittadino fu ivi il cambiamento fatto
nel palco imperiale, che "finqui disposto in modo da dare
facoltà all'imperatore di non esser veduto dal pubblico,
quando cosi gli piacesse, ora fa reso aperto, e quindi
l'imperatore agli spettacoli stava come in mezzo al po-
polo, vedendo tutti e veduto da tutti ("). E finalmente
tra le grandi e più utili opere fatte a benefizio di Roma
fu V Acqua Traiana condotta (863) parte sopra archi,
parte sotterra dal lago Sabatino {Lago di Bracciano) al
Gianicolo, come attesta l'epigrafe ritrovata nel 1830 a
dieci miglia da Roma. Fu il decimo acquidotto che portò
un nuovo fiume in città, il quale lungamente servì a muo-
ver macine e a tutti gli usi comuni, e dopo la interru-
zione cagionata dalle ingiurie dei secoli fu nei tempi
moderni (1612) restaurato da Paolo V Borghese, e col
nome di Acqua Paola anche oggi abbevera largamente
il Trastevere (^).
(«) Plinio, Paneg., 51; Dione, LXVIII, 7; (ìnitero, 240, 8; Giovena!.,
Sai., XI, 195; Canina, Edif., Ili, pag. 42-43, IV, tav. 185, n. 1. Vedi la
medaglia incisa sopra, voi. 1, pag. 601.
(^) Vedi Fea, m Bullett. Istit.. 1830, pag. 220, e Relazione della sco-
perta di una interessantissima iscrizione del condotto dell' Acqua
Traiana, Roma. 1831. L'epigrafe trovata lungo il condotto dice che l'im-
]ieratore nella XIII potestà tribunizia Aijuam Trajanam pecunia sua in
urbem perduxit emptis locis per latitudinem pedum XXX.
i P. Vittore, De rerjionibus urbis; Francke, p. 601.
2 Pausaaia, V, 12, 0; Sparziano, Adriano^ 9.
3 Dioen Cassio, LXIX, I.
Gap. IV.J
I Pr>RTI D'ANCONA E DI CIVITAVECCHIA.
605
Grandi e importantissimi i suoi lavori nei porti e nelle
strade d'Italia. Il bell'arco marmoreo e l'iscrizione di
Ancona dicono che ivi colla sua pecunia rese ai navi-
ganti più facile e più sicuro l'accesso d' Italia (").
Dopo tanto imperversare delle tempeste e degli uomini
Are Olia {I\oss
Archì^ tav. 41
rimane anche oggi a Civitavecchia il molo da lui pian-
tato contro la furia delle onde, e si ritrovarono i rottami
delle colonne e dei marmi attestanti la magnificenza del-
l'opera messa, a quanto sembra, sotto la protezione di
un colossale Nettuno, di cui si rinvenne un braccio e il
tridente '. Plinio vide il grande lavorio delle pietre e
(«) ProrAdentissirno Principi Senatus P. Q. R. quod accesswn Ifaliae
hoc etiam addito ex pecunia sua portu tutiorem nai-igantibus reddidit.
(Jnitero, 247, 6.
1 P. Manzi, Stalo antico e cttuale del porto e provincia di Civitavecchia, Prato 1S37,
pag. 6-'J ; Annovazzi, Storia di Civitavecchia^ Roma 1833, pag. 86 e segg.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 76
PORTO DI OSTIA. " Lib. V
delle pile trasportate per inalzare l'isola e le due braccia
del porto, e fornire tranquilla stazione alle navi *.
A Ostia dove non era luogo bastante ad accogliere
tutte le navi cariche dei grani necessari alla cresciuta
popolazione di Roma, restaurò il vecchio porto di Claudio,
lo rese più sicuro, e lo ingrandì scavando dentro alla
terra il Porto Traiano circondato di magnifiche fabbriche
l'orto Traiano a Ostia (Donaldso»).
per uso di magazzini, del quale rimane fimagine e il
nome in una medaglia: e con nuovo canale {Fossa Tra-
lana) aprì un'altra via al Tevere in mare(").
{^) Vedi lo Scoliaste di Giovenale, Xll, 75 e segg.; Plinio, Ej.nst., \ 111.
17; Fea, Alcune osservazioni sopra gli antichi porti di Ostia ora di
FlwnicinOj Roma 1824, e La Fossa Troiana confermata, Rnnia 1824;
l Plinio, Epiit.^ VI, 31.
Cap. IV.] VIE RESTAURATE E COSTRUITE DI NUOVO. 607
Galeno scrisse che a questi tempi tutte le strade d'I-
talia erano fangose, o ingombre di sassi e di sterpi, o
molestamente ardue, troppo lunghe, e impraticabili per
mancanza di ponti; e aggiunse che Traiano le ripulì, le
selciò e appianò e abbreviò, corresse le troppo forti sa-
lite, fece ponti sui grandi fuimi, e quelle poste in siti de-
serti e pericolosi diresse per luoghi abitati e sicuri *.
Oltre alle costruzioni delle tre vie Traiane, piccoli
rami delle vie Clodia e Cassia -, e a quella nova Traiana(f)^
ricordasi che egli pose ogni cura ad assicurare il pas-
saggio delle Paludi Pontine, e selciò e in più parti rese
migliore la via Appia 3, e dette il suo nome a un gran
tronco di essa, il quale battuto anche prima, secondo che
attesta Strabene, fu più solidamente costrutto e reso
rotabile. L'Appia da Benevento volgeva ad Eclano {Grotte
presso Mh'ahella) e a Venosa, e discesa a Taranto, di
là per Oria andava a Brundusio, Il nuovo tronco chia-
mato Via Traiaua, partendo da Benevento, e costeg-
giando gl'Irpini andò nella PugUa, e lini a Brindisi dopo
aver toccato Equotutico (Saìif Eleutcrio), Acca {Troia),
Erdonia {Ordona), Canosa, Piuvo, Ceglie di Bari, e Gnazia
N'ibby, Della Via Portuense e dell'antica città di Porto, Roma 1827,
pag. 29-33 e 49-50; Canina, Edifizi, V, pag. 202, e VI, tav. 184.
Della medaglia riferita a questa grande opera diamo (fecondo l'ingraii-
dÌ!iiento del Donaldson, Archit. Numism., pag. 332, n. 90) il rovescio iu
cui vedesi il porto di forma esagona circondato da edificii, con più navi
e coir epigrafe i-ortim traiani s. <•. [senatus consulta).
(«) Orelli, n. 822. L' epigro fé 150 dell' Ordii stesso ohe ricorda la vi»,
Traiana pei Salentini e pei Bruzii è oggi dichiarata spuria, come pur^i
si tiene indubitatamente per falsa la 143 che parla della via Traiana
Frentana. Vedi Henzen, Inscript., in Orelli, voi. IH, pag. 7, e ^lommseu,
Sullo, topografia deijli Irpinij in Bnllett. Istit. ardi.. 1848, pag. 10. Conf
Corcia, Storia delle due Sicilie, I, 210.
1 Galeno, Method. raedendi, lib. IX, cap. S.
'- Grutero, 113, 1; Orelli, 3300; Mommsen, Sulla topogra/ki d'-gli Irpòù^ pag. IO.
3 D'oae C.-\ssio, LXVIII, 15; Fabretti, De Colum>ì:i Trojaìia. pag. l'Ol ; Grutero, 1019, 8
C08
VIA TRAIAXA. NUOVO TRONCO DEI.l/APPIA. [Lib. VII.
presso a Fasnuo. Ciò rilevasi da parecchie colonne mil-
pl 1 II l!ii I lillllhipiilf Pi ili
Via 'li'aiana {Bur/nli >■ Jìu.-sìn,).
liarie ritrovate nei luoghi per cui passava •, in una dello
(juali ò detto che Traiano fece questa via a sue spese {^).
{"■) Viam a Benevento Brundusiuni pecunia sua fede. Garrucci, Dis~
sertazioni archeologiche, I, pag. 87. — Qiu'sto ti-nnco fece abbandonar*
Talti-o (li Taranto.
' Moininsfin, Topografìa degli Irphii, pa^'. 6-3
Gap. IV.1 ALTRE OPERE IN ITALIA E NELLE PROVINCE. POSTE. (309
Ad essa alludono le medaglie e uno dei bassirilievi del-
l'arco di Costantino ove la via è figurata simbolicamente
da una donna seminuda che appoggiata colla mano .si-
nistra a una rota, stende la destra all'imperatore, come
chiedendo soccorso; ed egli ascolta la domanda con volto
benigno ^
Altre epigrafi parlano delle sostruzioni fatte alla via
Salaria nella valle del Velino per difenderla dalle rovine
del monte ^, e di sue liberalità ai privati e al pubblico a
Brindisi e a Mesagne nel paese degli antichi Messapi, di
benefici provvedimenti sulle rive del lago Fucino, e di
vie costruite o restaurate in Campania 3.
Per aver modo a mandare prontamente i suoi ordini
nelle regioni lontane, e ricevere pronte notizie di esse,
riordinò il servizio postale : e, come in Italia, anche nelle
province fece sentire il suo provvidente governo con
opere utili eseguite parte a spese dello Stato, parte chia-
mando i municipii a concorrere ''.
L' antica città di Hypsa, nel centro della Sardegna, per
esser stata fornita di un Fóro e forse ingrandita, lasciò
il vecchio nome e si chiamò Fòro Traiano, ricordato dal
nome di Fordungianus che serba anche oggi il villaggio
<love si trovarono molte medaglie traianee di bronzo e
d'argento, e armi antiche, ed epigrafi onorarie e fu-
neree (").
Fu detto delle sue opere sul Danubio e sul Reno. Ora
("') Ivi rimangono in massi ciclopici i ruderi delle Terme {Aquae Hyp-
■sitanae) anteriori alle opere dell'arte romana: e il ponte lungo 120 metri
a otto archi, del quale le sole fondamenta sono antiche. Vedi Spano, Bui-
lettino Archeologico Sardo, 1860, pag. 161-170.
1 Eckel, VI, 421-422; Cohen, Jlfonn. frapp. sous l'emp.^ voi. II, Trojan, n. 289; Bar-
toli, Admiranda, tab. 21 ; Rossini, Archi, tav. 71.
2 Urlichs, Iscrizioni di Antrodoco, in Annal. Istit. arch., 183S, pag. 306; Mommsen,
Inscript. Regni Neap., 6201.
3 Mommsen, Inscript. Regni Neap.. n. 451, 501. 5619, 6251, 6207, 0268.
* Aurelio Vittore, De Caes.. 13. Conf. Plinio, Epist. , X, 62 e 120.
(310 IL PONTE SUL TAGO E IL CANALE DEL NILO. [Lib. VII.
clebbesi aggiungere che una via da lui costruita andava
dal Ponto Eussino alle Gallie *, e che molte iscrizioni ne
ricordano parecchie rifatte per ordine suo nelle Spagne (")
ove mandò anche il suo favorito ingegnere Lacero a co-
^inaS-859 strulrc il gran ponte sul Tago, intrapreso a spese dei mu-
',';,-,.',;,,; '^- nicipii vicini della provincia di Lusitania; opera egregia
di cui rimangono magnifici avanzi ad Alcantara insieme
all'epigrafe con cui fu dedicato all'imperatore Germanico
Dacico nell'anno della sua ottava potestà tribunizia ('').
Da ogni parte il nome dell'instancabile edificatore si
trova unito a grandi e belli edifizi. In Egitto a causa di
nuovi restauri si chiamò Fiume Traiano quello che per
l'avanti dicevasi Fiume Tolomeo -, cioè il canale tra il
Nilo e il mar Rosso che agevolava il commercio e spe-
cialmente il trasporto del granito e del porfido tratti in.
('') Le epigrafi l'icoidauo k- .strade rifatte e le lodi dei mimicipii a
Traiano. Vedi Hiibuor, Inscriptiones Hispaniae, in Corpus Inscripi. latin.,
voL II, n. 1028, 1041, 2010. 2054. 2097, 3581, 4660, 4673, 4725. 4781,
4782, 4708, 4707, 4841. 4800, 4803.
(*) Hiibner, in Annoi. Istit. ardi., 1863, pag. 173-194: Moniim. inech
Isiit., Vl-VII, tav. 73-75, e Inscript. Hispaniae, pag. 91-96, n. 759-761.
L'Epigrafe dà i nomi di 13 municipii i quali stipe coniata optis pontis
perfecerunt.
All'ingresso «lei ponte rimangono i ruderi del tempio sacro a Traiano:
>• dodici versi latini celebrano il tempio ^jieno dc(tli Dei Superni e di
Cesare, le magnificenze del pont^-, e l'arte del famoso Architetto:
Templum in rupe Torji Superis et Caesare pleniim
Ars uhi materia ri.irifìir ipsa sita.
Infjente'.n vasta pontern qui y>iolc pcrer/lf .
Sacra litaturo fecit honorc Laccr.
Poi)tem perpetui rnaiìsì>ru,ri in soccida rrmncli
Fecit divina nohiUs arte Lucer.
' Aurelio Vittore, De Caeaarih".^^ I^.
2 Tolomeo, Geoqr., IV, ').
Gap. IV.] TRAIANO A.KELFO. — RITORNO ALLA (rUERRA. Gli
grande abbondanza dalle cave del monte Claudiano {Gehel-
Fatìré) in vicinanza del porto di Piloterà («).
Finalmente le epigrafi parlano di Traiano anche a Dello
ove coll'opera del suo legato C. Avidio Nigrino fece re-
stituire al ricco tempio la regione consacrata ad Apolline
Pizio, cui l'avevano tolta le genti vicine contro la sen-
tenza degli Anfizioni *. La quale ripetizione continua del
nome dell'odiamo principe in ogni regione e in ogni edi-
fizio fu tacciata di vanità dalla satira, e poscia Costantino
che trovava dappertutto quel nome, forse mosso da in-
vidia, gli rimproverò la mania di volere, come la parie-
taria, attaccarsi a ogni muro ^.
Dopo tanti lavori pacifici di costruzioni, di amministra-
zione pubblica, di governo, di giustizia e di leggi, Traiano,
quantunque sui 60 anni, torna ai suoi vecchi amori, veste
armi e corazza, e si volge a nuove grandi conquiste per
assicurare da un'altra parte i confini dell'Impero, e al-
largarlo nell'Asia, ed emulare colà le gesto del grande
Alessandro.
Le imprese che in circa quattro anni (714-717) ten-
nero dietro a questa grave risoluzione del vecchio guer-
riero, piene di rumore e vuote di durevoli effetti, per
mancanza di particolari ragguagli giunsero a noi oscure,
confuse e nella successione dei fatti e dei tempi imbro-
gliate cosi che un sommo cronologo potè con sicurezza
affermare che la durata della guerra 2:)artica è il pro-
blema più inviluppato di tutta la cronologia romana 3.
(") In questa regione deserta rimangono le rovine di due città sorte
per opera della popolazione impiegata alle cave e alla lavorazione dei
marmi. Delle cave parlano le epigrafi ricordanti gli ufficiali preposti ab
optimo Imp. Traiano operi marmorw/n monti Claudiano. Vedi Letronne.
Inscriptions grecques et latines de l'Egi/pte, I, pag. 146, 149 e sq^^. ,
e 420 e segg., e ]\Iomiiisen, Corpus Inscript. latin., vo!. Ili, n. 24 e 25.
1 Corpus Inscript. latiti.^ voi. Ili, pag. 10()-1«9.
2 Aminiano Marcellino, XXVII, 3, 7; Aurelio Vittore. Epit... Il, 13.
3 Borghesi, Decadi Numismatiche., X, 8.
C12
fLiB.VIL
^- - 4kl
{Visccntù AtonuM Borghesiam^ XIX, 2),
Gap. IV.] SPEDIZIONE DI TRAIANO IN ORIENTE. 613
li motivo dichiarato della spedizione in Oriente fu la
vecchia pretensione dei Parti sopra l'Armenia. 11 re
Cosroe, cupido, come i suoi antecessori, di tenere ivi
ferma la sua influenza, fece giungere il suo nipote
Exedare al trono vacante per la morte di Tiridate.
Traiano all'incontro dichiarò che l'Armenia dipendeva
in tutto da lui, e mosse subito a far valere colle armi le
ragioni della sua padronanza. Cosroe, lìero dapprima,
quando vide imminente il pericolo, per evitare la guerra
mandò ambasciatori e doni a Traiano giunto in Atene,
gli offrì la sua amicizia, lo assicurò di avere spinto
Exedare a lasciare il trono di Armenia, e gli chiese che
in luogo di lui ponesse l'altro suo nipote Partamasiri alle
condizioni con cui Nerone coronò Tiridate. Traiano, ri-
fiutati i doni, rispose che l'amicizia più che dalle parole
si doveva vedere dai fatti, e che giunto in Siria farebbe
ciò che reputasse opportuno *. Quindi continuando il suo
viaggio per l'Asia Minore e la Licia arrivò in Antiochia,
e dopo avere colà ristorata la disciplina delle legioni am-
mollite dal clima di Siria, per la valle dell'Eufrate si,
volse all'Armenia Maggiore col fermo proposito di ridurla
a provincia romana. Al suo appressarsi, Partamasiri gU
scrisse firmandosi re: e come non gli fu fatta risposta,
riscrisse omettendo quel titolo, e chiedendo che gli fosse
mandato il governatore di Cappadocia per trattare con
lui. Traiano, occupati i passi dell'Eufrate a Samosata e
ad Elegia, gli ordinò di presentarsi a lui in persona, e
lo accolse ai confini di Armenia, assiso sul tribunale in
mezzo al suo campo. Partamasiri si avanzò sicuro di sé
con piccolo corteggio di Parti e di Armeni, e salutato
l'imperatore pose il regio diadema ai suoi piedi, e in
silenzio aspettò che gli fosse riposto sul capo. Alla vista
di questo re scoronato tutto l'esercito levò un altissimo
1 Dione Cassio, LXVIII, 17.
Vannucci — Storia dell' lUi'ia antica
614 UCCISIONE DI PARTAMASIRI RE D'ARMENIA. [Lib. VII.
grido e salutò Traiano im^-)eratore, come se avesse vinta
una grande battaglia. A questo punto Partamasiri spa-
ventato'dal subitaneo tumulto si credè preso a un'insidia,
e tentò di fuggire; e impedito dai soldati che lo chiu-
devano da tutte le parti, chiese gli fosse risparmiata l'onta
di parlare in mezzo alla folla. Allora lo condussero nella,
tenda imperiale, ove non fu nulla concluso. Traiano che
voleva avvilire il pretendente, lo fece ricondurre nel
campo, e lo costrinse a parlare alla presenza di tutti.
Partamasiri disse : Io non sono stato né vinto in guerra,
né fatto prigione: venni qui di mia volontà pensando di
non ricevere ingiuria, e di avere il regno nel modo con
cui Nerone lo restituì a Tiridate. E Traiano rispose :
L'Armenia appartiene a Pioma, e d'ora in poi avrà a
capo un governatore romano. Dopo ciò Partamasiri fu
lasciato libero di andare dove più gli piacesse colla scorta
di una squadra di cavalieri per impedirgli di parlar con
alcuno, e di tentar novità: e della sua comitiva i Parti
furono lasciati andare con lui, e gli Armeni ritenuti come
soggetti di Roma *.
Qui finisce la storia di lui in Dione: ma da altri sap-
piamo che egli fu ucciso ^i e da un frammento di un
autore contemporaneo apparisce che il congedo datogli
fu una finzione, e che esso arrestak) di nuovo, quando
tentò di resistere fu brutalmente ammazzato 3; e che il
trattamento sprezzante fatto all'inerme venuto supplice e
fidente al campo nemico è una brutta macchia all'onore
di Roma, e alla lealtà di Traiano, il quale permise anche
che di questa non eroica vittoria rimanesse monumento
una medaglia, nel diritto della quale è il ritratto dell'im-
peratore e nel rovescio Partamasiri col ginocchio piegato
davanti a lui assiso sul tribunale, colla leggenda Re Parto''.
1 Dione Cassio, LXVIir, lS-20.
2 Eutropio, Vili, 2.
3 Frontone, Principia Hisloriae, c<l. Mai, pai:. -TIO.
* Cohen. Monn. frapp. aous Vamp, rom.j voi. Il, Tmjim.
Gap. IV.] FACILI VITTORIE. INVASIONE DELLA PARTIA.
615
Tolto di mezzo il pretendente, l'Armenia non fece re-
sistenza di sorte, e fu ridotta a provincia. D'onde Traiano
rivoltosi alle regioni settentrionali trovò pronte a obbe-
dienza le popolazioni del Ponto
Eussino {Mar Nero), ebbe omaggio
dagli Enochii, accettò l'.alleanza
<lelle tribù del Bosforo Cimmerio,
dei Sauromati, e degli Iberi, dette
un re agli Albani, e fece sentire la
potenza di Roma a tutte le genti
del Caucaso fino al mar Caspio
(Mare Hijrcanum) *.
Poscia lo troviamo alle stanze
d'inverno in Antiochia quando la
grande capitale della Siria fa col-
pita da turbini straordinarii di
venti e da fulmini, forieri di un
terribile terremoto che fece gran-
dissima strage di. case e di gente.
Fra i Romani vi perì il console
M. VergiUano Pedone: e Traiano
stesso vi corse pericolo, e si disse
salvato da un essere misterioso di più che umana sta-
tura che lo portò via da una finestra 2.
Pieno del pensiero di volgere ogni sforzo a sottomet-
tere l'impero dei Parti, e portare i vessilli romani nelle
contrade vinte già da Alessandro, alla primavera egli
passa l'Eufrate, corre la Mesopotamia per le vie in cui
da Crasso fu trovata la morte, è accolto in più luoghi
con doni e con feste, usa gl'intrighi non meno che le
armi, fa suo prò delle interne contese dei Regoli e Satrapi
nemici di Cosroe, prende i forti siti di Singara e Nisibi
Re Parto {Cohen)
1 Eutropio, Vili, 2. Conf. Plinio, Epist.^ X, IS-Tj; Franckc, Gescli. TraJaììHj p. 271.
2 Dione Cassio, LXVIII, 21-25.
616 TRAIANO PARTICO. IL RE COSROE IX FUGA. [Lib. VII.
(Nisibin): e i soldati Io salutano Partico. Giunto al Tigri
lo passa coll'aiuto delle navi fatte costruire nelle selve
di Nislbi, e colà trasportate su carri, e reca in poter suo
l'Abiadene colle città di Arbella e Gaugamela, famose per
le vittorie di Alessandro su Dario, e imposti tributi alla
Mesopotamia, di là senza trov.are forti ostacoli a causa
delle discordie intestine dei Parti va a Babilonia, riduce
a provincia l'Assiria, fa trasportare con macchine la flotta
sull'istmo che separa l'Eufrate dal Tigri, e varcato di
nuovo quest'ultimo, corre ad assalire Ctesifonte residenza
invernale dei re Parti, la quale, come gli altri luoghi,
non fa resistenza, e vi entra trionfalmente, acclamato di
nuovo Partico e Imperatore dalle esultanti legioni. Il re
Parto è fuggito, e i legati imperiali gli danno la caccia,
e a Susa prendono la sua figlia e il suo trono d'oro ^
Dall'Eufrate all'Indo tutte le genti orientali furono
scosse dagli eventi di questa guerra^: e il vincitore ac-
ceso più che mai nel pensiero di emulare e superare
Alessandro scese il Tigri, entrò, nel golfo Persico, navigò
l'Oceano e sebbene sentisse dolorosamente di non avere
la gioventù necessaria a correre sulle tracce del conqui-
statore macedone fece costruire una flotta per andare
più oltre di lui 3.
Giunte a Roma queste grandi novelle, tutti parlarono
stupiti degli Armeni, dell'Eufrate e del Tigri, dei Babi-
lonesi, degli Assiri, degli Arabi, dell'Oceano e dei Parti
sottomessi all'Impero di Roma. Le medaglie perpetua-
rono nel bronzo i nomi delle nuove province, e mostra-
rono l'Armenia colla sua tiara in mezzo alle imagini del-
l'Eufrate e del Tigri calpestata dal conquistatore decorato
del nome di Partico ''.
1 Dione-, Cassio,!. XVIII, 21-2:ì, 20. 23; Kiitropio, Vili, 2; Sparziano, Adriano^ 13 o 21;
Krancke, pag. 287.
- .Vurelif. Vittore. De Cacsaribus. \X
■■5 Dione Cassio, LXVIII, 28-29; Eutropio. Vili, 2.
•* Tacito, Ann.j l, Ri; Rufo, Breviar., U; Kutrniiio, Vili, 2; NioV)iihr, Inscriptinnes
Nubiensea . in Acctd. Romana d'archeoìogia ^ IS?!, voi. I, |);irle 1", pap;. 609; Kckfl ,
Num. vet.. VI, p. 120, I^T-IIO; Colion, n. 2a?-2()l, 292-290.
Gap. IV.]
ARCO DI BENEVENTO.
617
11 Senato che già aveva decretato il grande e splen-
didissimo arco di Benevento a onore del fortissimo prin-
cipe per ivi accoglierlo al suo tornar dalla guerra, e di
là condurlo al trionfo di Roma * , ora gli decretò un
Vruu U 1 cit\ nu (Aos
nuovo arco trionfale nel Fòro Traiano, e trionfi quanti
volesse (").
('*) Dione. LXVir, 29. — Il nuovo arco oi-a decretato forse non fu mai
i De Vita, Antlqicita't. Beneventan., I, 258-200.- Vedi anche Nicasfro, Descrfi/oje del
.'lebre Arco eretto in Benevento a Traiano^ Benevento 1723.
018 RIVOLTE DEI POPOLI IN ASIA E IN AFFRICA. [Lib. VII.
Ma la ferrea mano del Fato aveva scritto che i trionfi
di Traiano eran Uniti, e che egli non rivedrebbe più
Roma. Mentre sognava le Indie, e a Babilonia sacrificava
ai Mani di Alessandro nella casa ove morì, i popoli fa-
cilmente sottomessi si levarono a rivolta tra l' Eufrate e
il Tigri, e i Giudei stimando giunto il tempo del loro
trionfo accrebbero forza e grandezza all'incendio.
Egli mandò i suoi più valenti legati a schiacciar la ri-
volta. Lusio Quieto riprese Nisibi e vinse Edessa, e la
détte alle fiamme. La grande città di Seleucia, sulla de-
stra del Tigri, fu presa e incendiata dai legati Erucio
Claro e Giulio Alessandro. Ma L. Appio Massimo Nerbano
fu battuto e ucciso dai rivoltati. L'imperatore stesso ac-
corse in- persona a impedire la rivolta dei Parti, e a
€tesifonte, radunato il popolo in una pianura, dal suo
tribunale fece alle turbe una gran diceria in lode delle
sue gesto, e poscia dòtte il diadema degli Arsacidi a
Partamaspate, rampollo della medesima stirpe,. un fan-
toccio destinato a tenere il regno nella dipendenza di
Pioma (").
Intanto i Giudei rivoltati menavano grandissima strage
dei Romani e dei nativi nella Libia Cirenaica e a Cipro.
Fu contrasto lungo e ferocissimo da tutte le parti: e
quando la rivolta fu spenta a Cipro nel sangue, ogni
Giudeo ebbe proibizione assoluta di metter piede nell'i-
sola, e chiunque vi approdasse, anche spinto dalla tem-
pesta, era senza pietà messo a morte.
compiuto: e le sculture fatte i)er esso a ricordo delle imprese di Traiano
fuiono poscia trasportate ad adornare Tarco di Costantino. Vedi Canina,
Fdifizi, IH, pag. 116.
("■) Dione Cassio, LXVIII. 29-30. In una medaglia, colla leggenda rex
PAUTHis DATUs, SÌ Vede Traiano assiso in atto di presentale alla Partia
inginoccliiata un re che sta ritto ai piedi del suggesto imperiale. La scena
dc'ir incoronazione vuoisi figurata anche in uno dei bassirilievi che dal-
l'arco di Traiano passarono a ornare quello di Costantino. Vedi Bartoli,
Admiranda, tab. 17, e Rossini, Archi, tav. 71.
Gap. IV.]
UX NUOVO RE DATO AI PARTI.
61^
In Egitto batterono in più incontri Lupo, governatore
romano: poi furono vinti dal legato Marzio Turbone, il
quale spedito con forze terrestri e navali al riparo, dopo^'
Traiano dà un re ai Parti iBartoìi e F^ossini).
aver lungamente evitato gli scontri, schiacciò la rivolta
in una saiaguinosa battaglia, in cui gl'insorti caddero
colla faccia rivolta al nemico. Dappertutto combatterono
620 RITIRATA DEL CONQUISTATORE VINTO AD ATRA. [Lib. VII.
con ardore e furore incredibile, e anche con atti di im-
mane barbarie, quantunque apparisca esagerazione evi-
dente quella che scrisse Dione, cioè che usassero di se-
gare per mezzo i nemici, di vestirsi di loro pelU, e man-
giarne i cadaveri ^
Temevasi che anche in Mesopotamia, dove ne erano
molti, insorgessero d'accordo coi Parti: e Traiano per
impedire questo effetto fece ordinare che partissero dalla
provincia: ma essi non dato ascolto a quell'ordine corsero
alle armi: e Lusio Quieto riunite segretamente le sue
forze, piombò loro addosso ad un tratto, e ne fece macello ;
e poscia, perchè portasse lo spavento anche nelle loro
sedi native, dalla Mesopotamia fu trasferito a reggere la
Palestina col titolo di legato augustale ^
Ma tutto questo non era bastante a rassicurare le cose
romane in Oriente, .e Traiano che sentiva sfuggirsi le
grandi conquiste cominciò dolorosamente la sua ritirata.
Da Ctesifonte retrocedendo per la Mesopotamia si diresse
alla volta di Siria, dopo avere invano tentato di togliere
la fortezza di Atra {El Haclr) ai ribeUi. Era una- piccola
città sulla via da Ctesifonte a Singara, fatta forte dalla
natura del luogo deserto, infestato da insetti malefici,
arso dal sole, senz'acqua se non salsa e fetida, privo
delle cose più necessarie alla vita. Fu dato l'assalto alle
mura, e aperta la breccia, ma tornò vana ogni prova per
espugnar la fortezza. Gli assahti si precipitarono sugli
assalitori, gli dispersero da ogni banda, né valse il cor-
rere di Traiano a cavallo per raccozzare i fuggenti. Egli
stesso, quantunque avesse spogliato la veste imperiale
per non esser preso di mira, fu a pericolo di restare sul
» Dione Cassio, LXVIII, 32; Orosio, VII, U; Appiano, Bell. Civ. ^ II, 00; Eusebio,
Hist. Eccles.^ IV, 2; Sparziano, jicJrian^ 5. Vedi anche un nuovo frammento di Appiano
scoperto e illustrato dal Miller nella Revue archéologique. 1869, pag. 101-110.
2 Niceforo Callisto, III, 23; Eusebio, Hist. Eccles. ^ IV, 2, e Chron. ; Dione, LXVIII,
32; Orosio, toc. cil. ; Borghesi, Decadi JSumismatiche., X, 8.
Gap. IV.] MORTE DI TRAIANO A SELIN'UNTE IN CIUCIA. 621
campo. È detto che anche la tempesta, la grandine e i
fulmini aiutarono quel giorno i nemici di Roma *.
Anche sotto il governo di un fortissimo duce, scrive
Frontone, un legato fu col suo esercito ucciso, e non fu
né sicura, né incruenta la via per cui il principe tornava
al trionfo (").
Finalmente arrivò in Antiochia colla robusta tempra
affranta dalle lunghe fatiche e forse anche dal cordoglio
degli ultimi fatti e dal veleno dei vapori pestilenziali di
Atra. Quindi se ebbe il pensiero di apparecchiar nuova
guerra, sentì che la salute non gli permetteva di cimen-
tarsi di nuovo alle durezze dei campi: e posto Adriano
al governo della Siria, e congedatosi dalle legioni, sue
compagne in tante gloriose campagne, s'incamminò alla
volta d'Italia. Ma nel viaggio presto aggravò il suo male
di colpi apoplettici, d'idrope, di flussi di sangue, o di ven-
tre, secondo le voci diverse: e giunto a Selinunte (Se-
lindi) in Cilicia morì ai primi di agosto, dopo un regno Anni di Ro-
di 19 anni, sei mesi e quindici giorni.
Le sue ceneri trasportate trionfalmente a Roma da
Azziano, da Plotina e Matidia, rinchiuse in urna d'oro fu-
rono sepolte nella base della Colonna Traiana, divenuta
trofeo e sepolcro: ed egli fu deificato, e celebrato per
molti anni il 18 settembre, suo giorno natalizio, con spet-
tacoli che si chiamarono Partici ^.
Phnio, come vedemmo, rappresentò Traiano qual mo-
dello di ogni virtù, perchè il panegirista aveva l'ufficio
(") Etiam fortissimi imperatoris Trajani ductu legatus (Maximus)
cum exercitu caesus, et principis ad iriumphum decedentis handqua-
qitam secura nec incruenta regressio. Frontone, Principia Eistoriae ,
pag. 338, ed. Mai.
> Dione, LXVIII, 31; Amraiano Marcellino, XXV, S, 5; Merivale, Vili, 161.
2 Dione Cassio, LXVIII, 33; Eusebio, Chron. ; Sparziano, AdWan.. 5; Aurelio Vittore,
De Caesaribus, 13; Eutropio, Vili, 2; Eckel, .V«)u. vet., VI, 411-443; Francke, Gesch.
Trajans^ p. 297-29S,
Vannucci — Storia deWItalia antica — IV. - 78
ma 870, di
Ct. C. 117.
QUALITÀ DELL'UOMO E DEL PRINCirE. [Lib. V
di lodare, non di criticare l'eroe. Ma la storia non tacque
dell'eccessivo amor della gloria, che lo spinse ad inutili
imprese, e che per questo amore non curò il sangue de-
gli uomini, e antepose la
guerra alla pace, e rimandò
inascoltati gli ambascia-
tori dei Parti, né rispose
sempre alla fiducia da altri
riposta in lui *. Vuoisi ri-
cordare anche, che potenti
furono sotto di lui gli istrio-
ni, e, se dapprima cacciò i
pantomimi -, li richiamò in
appresso per amore di Pi-
lade 3; e quantunque lo-
dato per la riforma dei
costumi e per le frugali
cene '% ebbe ministri di vo-
luttà ("), si contaminò con
sozzi amori di giovani, ed
ebbe così immoderata la
passione del vino, che fu
obbligato a ordinare, che
non si eseguissero i suoi
comandi dati dopo i lunghi
conviti 5. Per le quali, come
per altre ragioni, gli fu da alcuno negato il nome di
Matidia {Icon. Rom.^ XX, VII, n.
(«) Pedifserjiii rationis volnptuariae. Marini, Arval., I, 92; Mommsen,
Inscript. Regni Neap., n. 6758.
1 Frontone, Principia HisC, II, 332, ed. Cassan.
2 Plinio, Paneg.^ 46.
3 Diono Cassio, LXVIII, 10.
Plinio, Paneg.^ 17 ; Epi^t., VI, 31.
5 Dione Cassio, LXVIII, 7 e 21; Aurelio Vittore, De Caenar.. 13; Sparziano, Adrian..
,3, 4; Frontone, Epist.. Ili, De fei-iis Ahiensibus, voi. II, 144; Giuliano, Cesari, 11 e 35.
Cap. IV.] CONSACRAZIONE DELLA SUA VIRTÙ' NEL ^lEDIO EVO. 623
Ottimo *, che egli preferiva a tutti gli altri suoi titoli ^ dì
cui vedesi adorno nel Panegirico e nelle iscrizioni. Ebbe
gran lode anche per non avere ucciso nessuno, e si ri-
corda che Calpurnio Crasso, cospirante contro alla sua
vita, dopo essere stato già perdonato da Nerva per altra
congiura, fu ora ucciso dal Senato, ma senza che egli ne
avesse contezza ^ : pure è certo che per odio alle corpo-
razioni perseguitò i Cristiani, e ne uccise più d'uno ^.
Del resto virtù vere furono in lui la singolare modestia
civile, l'aborrimento dal fasto, l'assennata liberalità, e
l'amore del giusto, e il desiderio ardente di rendere colle
buone leggi e col buon governo gli uomini felici. E di
queste virtù si propagò chiara la fama nei secoli: e a
Roma in appresso, quando non eravi più ragione ad adu-
lare il potente, andato dove anche gli imperatori non sono
piii nulla, il Senato rendeva splendido omaggio alla me-
moria deWottimo principe, augurando ai nuovi eletti di es-
sere ^)fw felici di Angusto^ ■migUori di Traiano ^. Poscia
nel medio evo, che convertì in bizzarre leggende i ricordi
dell'antichità, fu consacrata la memoria di Traiano con
un singolare racconto, secondo il quale, non potendosi
dagli uomini di quella età ammettere che uomo sì egregio
andasse dannato, è supposto che San Gregorio papa,
commosso dal ricordo delle virtù dell'ottimo imperatore
e della giustizia da lui resa alla vedova, implorasse ed
ottenesse la sua salvazione («). E San Tommaso s'inge-
C*) Vedi Paolo Diacono. Vita S. Gregorii, cap. 27; Giovanni Diacono,
nella vita del medesimo papa, lib. II, cap. 44, e Conf. ivi, lib. Ili, cap. 10;
Giovanni Sarisburiense, Policraticus , sioe de nugis Curialiwn, lib. V,
cap. 8. Il Novellino {Nov., C9), ripetendo ciò che allora credevasi, rac-
conta cosi la tradizione:
1 Velli Bartels, De Traiano non Optimo^ Wittembcrgae 1725.
•2 Dione Cassio, LXVIII, 23.
3 Dione Cassio, LXVIII, 3 e 16-, Eutropio, Vili, 2.
4 Eusebio, Hist. Eccles., Ili, 33.
5 Eutropio, Vili, 2.
624 GIOVENTÙ' E PRIMI FATTI DI ADRIANO. [Lib. VII.
gnò di spiegare, come la caritatevole tradizione potesse
ammettersi senza eresia: e Dante la eternò nel sacro
poema, ponendo Traiano nel suo paradiso *.
Traiano aveva lasciato in Siria al governo dell'esercito
Publio Elio Adriano, che gli successe all'impero, non si
sa, se per espressa sua volontà o per intrighi di corte.
Adriano era anch'esso originario di Italica nella Spa-
gna, e nasceva di famiglia andata colà in antico dal
Piceno. Il padre di lui era cugino di Traiano, e quindi
sotto la tutela di questo restò il giovinetto, quando a
dieci anni rimase orfano. Fu dapprima educato nelle
lettere greche, e divenne in quello studio perito così
che lo chiamavano il Pìccolo Greco. Poscia attese alle
cose civili e alla milizia, e una epigrafe onoraria, sco-
perta nel 1862 tra le rovine del teatro di Bacco ad Atene,
porta nuova e più sicura luce sulla sua vita politica e
militare, primachè giungesse all'impero, perchè annovera
« Lo 'mperadore Traiano fu molto giustissimo signore. Andando un
giorno con la sua grande cavalleria contra suoi nemici, una femina ve-
dova li si fece dinanzi, e preselo per la statfa e disse: messer. fammi
diritto di quelli che a torto m' hanno morto il mio figliuolo. E lo 'mpe-
radofe disse: io ti soddisfarò quando io tornerò. Et ella disse: se tu non
torni? Et elli rispose: soddisfaratti lo mio successore. E se '1 tuo succes-
sore mi vien meno, tu mi sei debitore. Allora lo 'imperadore smontò da
cavallo, e fece giustizia di coloro che avevano morto il figliuolo di colei,
e poi cavalcò e sconfisse i suoi nemici. E dopo non molto tempo dopo la
sua morte, venne il beato S. Grigorio papa, e, trovando la sua giustizia,
andò alla statua sua. E con lacrime l'onorò di gran lode e fecelo dissep-
pellire. Trovare che tutto era tornato alla terra, salvo che le ossa e la
lingua. E ciò dimostrava come era stato giustissimo uomo, e giustamente
aver parlato. E Santo Grigorio orò* per lui a Dio. E dicesi per evidente
miracolo che per li preghi di questo santo papa, l'anima di questo im-
jieradore fu liberata dalle pene dell' inferno, et andonnc invita eterna,
«■d era stato pagano. »
1 San Tommaso, Supplem. quaest.^ 73, art. 5, ad snmm.; Dante, Parad.^ XX, 15
Purgat ^ X, 73-03.
Gap: IV.] SFORZI PER ENTRARE IN GRAZIA A TRAIANO. 625
i suoi uffìcii fino al consolato ('') : il decemvirato delle liti,
la prefettura delle ferie latine, il sevirato d'una turma
de' cavalieri romani, il tribunato militare per tre volte,
cioè nella legione seconda Adiutrice, nella quinta Mace-
donica, e nella vigesima seconda Primigenia; poi la que-
stura, la partecipazione alle imprese di Dacia, in cui
comandò la legione prima Minervia; quindi il tribunato
del popolo, la pretura, il governo della Pannonia Infe-
riore, il sacerdozio degli Epuloni e degli Augustali: ai
quali ufficii sappiamo da altri che si aggiunse quello di
scrivere i discorsi del principe, e da ultimo la legazione
di Siria, quando accompagnò l'imperatore alla guerra dei
Parti. Era nella Bassa Mesia al momento della elevazione
di Traiano, e i soldati lo elessero, come altrove fu detto,
a portare le loro congratulazioni al nuovo eletto, il quale
lo pose in ufficio tra le legioni del Fieno *. Adriano, come
parente di principe senza figliuoli, fin da principio mirò
cupidamente all'Impero, promessogli anche dalle sorti
Virgiliane, e da più predizioni di astrologi, e fece ogni
sforzo per entrare in grazia a Traiano, ma non pare che
riuscisse troppo nel suo intento : perchè Traiano, amatore
delle armi e delle conquiste e di indole franca e gene-
rosa, non ebbe mai schietta simpatia per lui, intento a
studi e a sottigliezze di retori, e leggiero, incostante,
falso, ombroso, geloso, invidioso. Pure Adriano non si
dòtte per vinto alle prime difficoltà: fece con maggiore
studio la corte al principe, lo secondò anche nei vizi 2,
mostrò di amar la guerra, e vi fece prodezze: poscia si
volse per aiuto a Plotina, a cui è detto che seppe ispi-
C*) Vedi questa epigrafe dottamente spiegata e illustrata da Guglielmo
Henzen negli Annali dell' Istituto di corrispondenza archeologica, 1862,
pag. 1:37-160.
' Sparziano, Adrian, 1, 2; Aurelio Vittore, Epit., It.
2 Sparziano, Adrian. j 2 e 4.
62G ADRIANO IMPERATORE PER GLI AIUTI DI PLOTINA. [Lib. VII-
rare una passione amorosa * : il che, se fosse fermamente
provato, mostrerebbe che anche qui bisogna fare un poco
di tara alle lodi di Plinio, che la chiama santissima fem-
mina -, e alla medaglia che celebra la sua fedeltà ("). In
ogni modo è certo che coli' aiuto di essa e di Licinio
Sura egli giunse a sposare Giulia Sabina, nipote di Tra-
Plotina Fides Angusta.
iano perchè nata da Matidia figlia di sua sorella Mar-
ciana: e così restringendo la parentela rese migliori le
sue condizioni, e si levò a più alte speranze ^. Per opera di
Plotina ottenne anche nuovi onori e comamli di eserciti.
Pure pel fatto dell'adozione non profittava troppo, e ne-
gli ultimi tempi sembravano cresciute le contrarietà di
Traiano, il quale, eccitato dagli amici, volgeva l'animo
ad altri, e Adriano era a pericolo di avere speso invano
cure e fatiche, se Plotina non gli avesse dato l'ultimo
soccorso con arditissimo colpo. Secondo che alcuni nar-
C) Mongez. Iconographie romaine, pi. XXXVII, n. 3. Nel diritto della
medaglia è l'imperatrice colla leggenda: plotina avg. {usta)\yiv. [eratoris)
TRAiANi (pottiuteso uxor). Nel rovescio una donna che tiene spighe nella
destila e una patera nella sinistra con attorno le parole fides. aigust. (a),
e nel campo s. e. {senatus consulto).
' Dione Cassio, LXIX, 2 e 10.
- Epist., IX, 28; Paììep., 83.
3 Sparziano, Adrian.^ 2.
Cai>. IV.] PROVVEDIMENTI ALLE DIFFICOLTA DELL'IMPERO. G27
rano, essa assicurò il suo protetto con una falsità, che
oggi a chi non è principe frutterebbe la pena della ga-
lera. Mentre l'imperatore in Selinunte era vicino a morte,
nella stanza vicina un estraneo, a luce incerta, fece de-
stramente le parti di imperatore moribondo, e con voce
quasi spenta dichiarò alla presenza di più testimonii, es-
sere sua ferma volontà di adottare P. Elio Adriano. Poi,
per aver più agio a preparare ogni cosa, si tenne na-
scosta più giorni la morte di Traiano, e la sua supposta
volontà fu mandata al Senato con lettere sottoscritte
dalla stessa Plotina *.
Adriano avuta in Antiochia la notizia della morte del
principe si fece gridare imperatore dai soldati, cui die
doppio donativo per renderli a sé più devoti, e con sue
lettere scusò questo modo di elezione, e con grandi pro-
messe ne chiese la conferma al Senato, il quale subito
assentì alla domanda e si mostrò pronto a decretargli
ogni sorta di onori 2.
Egli, come già notammo, non amava la guerra, e su-
bito volse ogni studio alla pacificazione del mondo.
Molte le difficoltà da vincere. Fremeva ancora l'insur-
rezione dei popoli che avevano respinto Traiano. Perdute
le recenti conquiste dell'Asia: sollevazioni e sedizioni tra
i Mauri, in Egitto, in Palestina; e Brettoni e Sarmati mi-
nacciavano guerra ^. Adriano prese tutti i provvedimenti
opportuni, mutò capitani, traslocò eserciti, e per meglio
concentrare le forze ritrasse le truppe dall'Armenia,
dall'Assiria, dalla Mesopotamia, abbandonò tutti i paesi
al di là dell'Eufrate e del Tigri, e per ridurre l'Impero
in tutto agli antichi confini, è detto che avrebbe abban-
donata anche la Dacia, se altri noi distoglieva da questo
disegno, mostrandogli i pericoli dei molti coloni romani
1 Dione Cassio, LXIX, 1; Sparziano, 4; Aurelio Vittore, De Caesaribus^ 13.
- Dione Cassio, loc. cit., 2; Sparziano, 5 e 6.
i Sparziano, 5.
628 NON PIÙ' CONQUISTE. I NEMICI VINTI COI DONI. [Lib, VII.
colà stanziati *. Quindi si contentò di rovinare il ponte
fatto da Traiano sul Danubio, per rompere la via ai bar-
bari pronti a inondare la Mesia. Tolse ai Parti il re dato
loro da Traiano, rimesse poscia Cosroe in trono, per-
^^f^'!^^^^
Adriano, (Icon. Rom.^ XXXVIII, u. 1).
mise agli Armeni di eleggersi un re di loro nazione, e
molti principi di altre contrade allettò condoni all'ami-
cizia di Roma, comprando anche col denaro la pace 2,
1 Sparziano, 5, 9; Eutropio, Vili, 3.
2 Dione Cassio, I.XVIII, 13; Spar/.iano, r>, 13, 17 e 31.
Gap. IV.] NUOVO ORDINAMENTO DEGLI ESERCITI. (i2'J
e vantandosi di aver profittato più con questi mezzi che
altri colle armi. Così coli' abbandono delle ultime conqui-
ste egli faceva mentire l'oracolo promettente che il Dio
Termine non tornerebbe mai indietro. E non pochi gliene
vollero male, e lo accusarono di viltà per avere spesso
seguito il mal uso di comprare la pace dai barbari,- e
dissero che abbandonò le nuove conquiste per invidia a
Traiano. Ma egli ebbe grande ragione di governarsi cosj,
perchè quelle conquiste non avean fondamento, e perchè
il rimanere negli antichi tradizionali e naturali confini
poteva solo dar forza a resistere ancora al turbine delle
invasioni. E coi fatti suoi dimostrò di non cercare la
pace per codardia e per amore di vita infingarda. Egli
seguace di Traiano in tutte le sue grandi imprese; egli
prode combattitore nella guerra Dacica, e perciò pre-
miato col dono del prezioso anello che Traiano ebbe da
Nerva quando fu associato all'impero ^, aveva dato prova
di sapere stare intrepidamente sui campi: e ora e poi
confermò la sua valentia militare ponendo ogni cura a
ordinare gli eserciti in modo , che fossero, al bisogno,
apparecchiati gagliardamente alla guerra. Storie, meda-
ghe ed epigrafi attestano (") che egli ristorò la disciplina
degli eserciti, tolse via ogni delicatezza, rese obbedienti
e forti i soldati colle esortazioni, coi premi, coi gastighi,
e più coir esempio, mostrandosi primo ai disagi e alle
fatiche, cibandosi duramente, marciando a piede e a capo
scoperto, vigilando da sé stesso agli ufficii del campo,
{") Per l'epigrafe Biscipulinue Augusti incisa .«opra l'altare trovato
in Inghilterra a Walton House lungo la linea del vallo d'Adriano, e
perciò a lui riferita dal Bruce e da altri, conf. Hiibner, Imcript. Bri-
tanniae latinae, n. 869. Pel resto vedi Bruce, The roman M'ali, pag. 48
e 282, e Cohen, Mi'd. frapp. sous l'cmp. rotn., voi. II, Adrien , n. 210.
1 Sparziano, Adriait.^ 3.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. "9
630
DISCII'LIXA -AIILITARE.
[LiB. VII.
alle spese, alle armi, alle macchine ("), ed esercitando
le legioni a ogni sorta di pugne, e facendole valenti a
trar d'arco, a maneggiar fionde, e ad emulare i cavalieri
più famosi dei Parti e di altre nazioni *,
Tornato a Roma, modestamente rifiutò il titolo di Padre
Momimonii (iella disciplina ristorata da Adriano (Bruce e Cohen).
della Patria, preso solo più tardi, e gli altri onori ecces-
sivi che gli offriva il Senato: non volle celebrare in suo
nome il trionfo già decretato a Traiano, e portò sul carro
{"■) Rispetto ai provvedimenti che prese per avere nuove e buone mac-
chine belliche vedi Poliorcciica excerpta ex libris Apollodori, in Mathe-
maticerum veterum opera, Parisiis 1693, pau:. 13-48.
' Sparziano, 10; Dione Cassio, LXIX, CI; Sahnasio. in Graec. Tlies., X, lUl.
Cap. IV.] ADRIANO COxNTRO I S ARMATI. CONdlTRA A ROMA. 631
trionfale Fimagine del morta al tempio di Giove, e in
quella occasione condonò all'Italia e in parte alle province
i tributi che col nome di donativo (aurum cornonarium)
si pagavano ai trionfanti ^ E poco appresso parti seguendo
le sue truppe spedite nella Mesia contro i Sarmati e i Ros-
solani che invadevano e disertavano le province romane,
e in breve gli calmò e fece pace con essi continuando,
come facevasi prima, a dar loro i tributi che a salvare
le apparenze, furono detti stipendii, come se i barbari
stessero al soldo di Roma, e si pagassero per guardare
i confini. Quindi partì lasciando il suo prode legato Marzio
Turbone al governo della Dacia e della Pannonia 2.
A Roma intanto parlavasi di una trama ordita contro
la vita del prìncipe da Cornelio Palma vincitore degli
Arabi, da Lusio Quieto prode legato di Traiano in Dacia
e nell'Asia, da Celso e Nigrino, coi quali andavano d'ac-
cordo molti altri. Pochi e oscuri i cenni di questa con-
giura. È certo soltanto che gli accusati fuj-ono uccisi in
luoghi diversi. Palma a Terracina, Quieto in viaggio, Celso
a Baia, Nigrino a Favenzia {Faenza), creduti innocenti
dal pubblico, il quale ebbe tanta irritazione di loro strage
che Adriano fu costretto ad affermare con giuramento
che non erano stati uccisi per ordine suo, e si adoperò
a quietare il turbamento degh animi col ripetere la pro-
messa, ora divenuta usuale, di non uccidere, senza or-
dine del Senato, alcun senatore, col largheggiare di doppio
congiario al popolo, e di donativi ad uomini e a donne
nel teatro e nel Circo, col dare nel giorno suo natalizio
grandi spettacoli di gladiatori con uccisione di molte
bestie feroci tra cui cento lioni e altrettante lionesse; e
col rimettere all'Italia e alle province 900 milioni di
debiti arretrati da sedici anni, dei quali fece solenne-
mente bruciare i titoli nel Fòro Traiano, com'è attestato
' Sparziano, Adrian., G.
• Sparziano, Adrian., 6; E;iseÌjio, Cliron.
DONI ali; ITALIA E ALLE PROVIXCE.
[LiB. VIL
dagli scrittori e da una .medaglia, nel rovescio della
quale si vede un littore armato di fascio e di scure in
atto di dar fuoco a un ammasso di carte, mentre tre
cittadini davanti ad esso levano le mani in segno di
plauso (^).
Più tardi andò famosa la guerra di esterminio eh' ei
Novecento milioni di cri'dito bruciati per sollievo dei di-bitori (Cohen).
fece ai Giudei: ma l'opera per cui ebbe lodi non dubbie,
è l'ordinamento e l'amministrazione dell'Impero, alla
quale rivolse i principali studi del destro ingegno.
Prima sua cura fu, come dicemmo, di rimettere la
pace nel mondo, di afforzare e assicurare i confini del-
l'Impero, di trarre i barbari all'amicizia di Roma, e di
usarli come propugnacolo contro le orde più lontane e
più feroci. E come l'Impero componevasi di genti sepa-
C^) Spaiziaiio, ilrf>-mn., 7: Dione Cassio, LXIX. 2 e 8: Eckel, Doctr. nutn.
vet., VI. 478: Cohen, Me(ì. frapp. sous l'emp. rom., vo!. II. pi. VI. n. I04r»
L'epigrafe, rkliqi a vktkra h. s. {sestertium) noviks mii.l. (ies) augi. ita
nel rovescio ilella mcflaglia, dice del vecchio debito di 000 milioni di se--
sterzi abolito.
Anche un'epigrafe posta nel Fòro Tiaiano ricordò clic 1" imperatore
unus omnium principtim et solus remittenclo .seslerlìum novies millies
eentena millia n. debitum fisci non prp.esenies modo, snd et posieros
.trias- reddidit hac liberoìilatc securos. Ordii. Insrr., n. 805. e Hcnzon,
i*:j, voi. Ili,
V-'?-
Gap. IV.] L'UNITA DELL'IMPERO. IL PRINCIPE E IL SENATO. 633
rate per diversità di costumi e di leggi, a più stabilmente
ordinarlo studiò che tutte le parti di esso si legassero
meglio, e fossero quasi membra di un medesimo corpo,
e si reggessero, al possibile, da ordinamenti uniformi, e
Roma si potesse chiamare con verità la patria comune *.
Per ciò che riguarda la imperiale potestà egli ordinò
lo Stato a forma più monarcale, e pose in più alto luogo
la persona del principe, che, se anche prima si chiamava
Signore, ora si chiamò Sacratissimo ^, e i suoi poteri am-
pliarono in modo, che i giureconsulti gli davano non solo
piena facoltà di far leggi, ma lo scioglievano da ogni
freno di esse. Al che l'accorto principe giunse nel tempo
stesso che affermava di voler governare, come se lo Stato
fosse cosa non sua, ma del popolo ^i e si mostrò pieno
di reverenza al Senato, e ristorò i senatori caduti in po-
vertà, e frequentava la Curia e ne difendeva l'autorità,
e negava appello dalle sentenze di essa, e diceva che
l'ufficio di senatore era l'onore più grande che potesse
darsi ad un cittadino '': quantunque il Senato nel fatto
ogni giorno più cadesse nel nulla, e sovente non fosse
neppur consultato, e in luogo dei decreti di esso entras-
sero i mandati, i rescritti, e le costituzioni del principe:
come in luogo degli antichi magistrati del popolo stet-
tero sempre più i magistrati imperiali, e il consiglio del
principe, che prese le parti del Senato, e tenne in sua
mano ogni grave faccenda. Augusto, come vedemmo,
aveva istituito una specie di consiglio, che, cessato quasi
al tutto sotto i suoi successori, fu da Adriano rinnovato
ed ampHato, e ridotto a pubblico consiglio di Stato, e de-
finito con regole e forme più certe, e con facoltà non
1 Vedi Cnillet, Dr ratione in imperio romano ordinando ab Hadriano imperatore
odhibita, Parisiis 1S:)7.
2 Gaio, /)?.xii7., I. SI-, Grutero, MC, 4; y\ixv\m. Atti dei fratelìi Xrvcìi , paa-. t?l ; Creili,
134, 202, 3300, 3S5S.
3 Sparziaiin, 8.
4 Sparz ano, 7. roiif. Capitolino, M. Anton, philns., 10.
634 COXS. DI STATO, PALAZZO, FISCO, RENDITE PUBBLICHE. [Lib. VII.
solo di render giustizia, ma di far costituzioni, e ammi-
nistrare la Repubblica. I consiglieri e assessori, di cui
lasciavasi l'approvazione al Senato, erano presi fra i se-
natori, fra i cavalieri, fra i giureconsulti più chiari, e
fra gli amici del principe, e stavano sempre ove stesse
l'imperatore, a Roma o in viaggio, e facevano a lui da
Senato, e pronti ad ogni sua voglia, contribuirono ad
accrescerne la potestà. Il prefetto del pretorio, che linqui
attendeva solamente a cose di milizia, fu tenuto ora a
sapere di leggi, e s'ingerì anche nelle cose civili, e fu
come capo del consigho di Stato *.
Adriano ordinò megho anche gli ufficii del palazzo, e
i ministeri del principato, che, stati fmqui in mano ai
liberti, furono dati stabilmente ai cavaheri, i quali per-
ciò ebbero in loro potere le ragioni e le lettere, e, come
oggi si direbbe, tutta la cancelleria imperiale, con la
cura di conservare gli Scrinia, in cui stavano gli atti,
i decreti e le risposte del principe -.
Adriano prima di ogni altro creò l'avvocato del fisco,
che nelle province si aggiunse al procuratore cesareo,
con l'incarico di usare ogni dihgenza per far pagare i
debitori infedeli e morosi ^.
Alle rendite pubbliche fu provveduto diligentissima-
mente, e Adriano attese all'amministrazione con tanta
cura, che è detto aver conosciuto tutte le faccende del
vasto Impero, come un padre di famiglia conosce le ra-
gioni della sua casa privata*. E le rendite accrebbe,
quantunque rigettasse i guadagni nefandi, e dichiarasse
volere che l'Impero si ampliasse più col crescere delle
persone che coU'abbondanza delle pecunie ^ Non ammet-
1 Sparziano, 8, IS, 22; Dione Cassio, I, XIX, 7; Unnho\il, De consistorio principum ro-
manorum^ negli Opuscid. Accadem.j Lipsiae lS2a, toiii. I, pag. 207, e sogg. ; Niebulir,
Lectiires on the Hislory of Rome, voi. IH, pag. 239.
2 .Sparziano, Adrian., 22; Aurelio Vittore, Epit , 14; Caillet, loc. cit , cap. 6.
3 Sparziario, Adrian., 20; Vedi Guiherius, De o/TiCìis domus Augustae, III, I.
•i Sparziano, 11 e 2fi.
5 Digest.. XLVIII, 2.), 7.
Gap. IV.] NOBILTÀ E TITOLI NUOVI. CURA DP:LLE PROVINCE. 635
tendo i delitti di maestà, vietò che i beni dei condannati
entrassero nel fìsco, e li fece andare all'erario : e ai figli
dei condannati concesse la duodecima parte di loro averi,
e ricusò le eredità degli ignoti, né volle neppure quelle
dei conoscenti, se avessero figli *.
A lui si debbo anche il principio di quegli istituti, per
cui più specialmente gli animi si assuefecero al regime
di un solo, cioè della più certa distribuzione degli ordini
e militari e civili, e di quella nobiltà, che coll'andar dei
tempi divenne numerosissima. Quanto alla distribuzione
degli ordini tenne la disciplina civile non altrimenti che
la militare ^, e pare che allora cominciassero i titoli so-
nori di chiarissimo, jjcrfetfissimo ed eminentissimo , che
non solo furono onorifici, ma dettero dignità' e privilegi ('').
La nobiltà si propagò anche in altra maniera. Nella li-
bera Repubblica, chi aveva esercitato un ufficio ne rice-
veva onore al suo nome, ma non ne ritraeva alcun frutto.
Ora avvenne altrimenti, perchè si dettero titoli di uffici!
non sostenuti, e Adriano divulgò molto quest'uso 3.
Soprattutto ebbe a cuore le province. Lo attestano
scrittori e monete ed epigrafi. Passò molti anni in viaggi,
correndo dall'Eufrate e dalle cateratte del Nilo al Da-
nubio e alla Caledonia. Fu detto che corse due volte
tutto il mondo romano, ma ciò non è dimostrato, come
non è chiaro abbastanza neppure l'ordine e il tempo di
questi viaggi*. Visitò tutte le province dell'Impero, e
(«) Dositeo, Seni. B. Hadrian.. cap. 5: Cod., lib. IX, tit. 41. 11; Cail-
let, loc. cit., pag. 64. Poco dopo anche i senatori si chiamarono viri
darissimij e le loro mogli furono dette clarissimae. Il Senato fu diviso
come in tre ordini di illustri, spettabili e chiarissimi. Isidoro, Eti/m.,
IX, 4; Raphael Fabretti, Inscript., pag. 677, n. 33. Conf. Lampridio,
Hcliogab., 4; Marini, Arval, II, pag. CLXIV e 673.
i Sparziato, 7 e 18.
2 Sparziano, 22.
3 Sparziano, 7, 8; Creili, 3135, 330G; Marini, Arvali^ tora. I, tab. 6iV
4 Vedi Flemmer, De itineribus et rebus geslis Hadriani imperatoris sectmdum numo-
rum et inscriptionum testimonia^ Hauniae 1836 ; Greppo, Mém sur les voyages de l'em-
psreur Adrien. d'après les médaiUes q".i s'y rapportentj, Paris 1842.
630 VIAGGI PER TUTTO L'IMPERO. DIVISIONE ir ITALIA, i Lib. VII.
alcune più volte, per conoscere di per sé, ciò che abbi-
sognasse ad ognuna, e per unirle in un sol corpo, e as-
sicurarle dai pericoli interni ed esterni. L'anno 120 del-
l'era volgare mosse dalla Campania alle Gallio, passò
quindi in Germania e in Britannia, e due anni dopo in
Ispagna, d'onde tornato a Roma riparti per l'Oriente:
passò due inverni ad Atene, andò più volte nell'Asia,
visitò la Siria, la Palestina, l'Arabia, l'Egitto, e dapper-
tutto lasciò monumenti, e larghezze, e provvedimenti
intesi ad assicurar la pace e la prosperità dei sudditi.
Tenne d'occhio a impedire le rapine dei governatori, pro-
curò che rendessero buona giustizia, tolse via ogni vio-
lenza, e lasciata ampia facoltà di accusare i malvagi, li
punì fieramente ^
L'Italia fu da lui divisa tra quattro consolari -, ma non
sappiamo con quali circoscrizioni e giurisdizioni e diritti,
quantunque per via di congetture sia stato opinato che
loro ufficio fosse di diminuire anche in Italia i diritti dei
municipii, e di ridurli tutti, secondo il disegno imperiale,
alla medesima forma (").
In Italia, lasciando le cose di Roma, di cui diremo al-
trove, fece pure molte altre opere di diversa maniera:
restaurò la parte della via Cassia che conduceva da Chiusi
a Firenze, rifece di suo la via Giulia presso alla Treb-
bia ('), e a spese sue e dei possessori dei campi adiacenti
(") Fu congetturato che le regioni distribuite fra i (juattro (.ousolai-i
fossero: L** Campania e Sannio; 2.° Apulia e Calabria; 3.° Bruzio e Lu-
cania; 4° Etruria, Umbria e Piceno, i-ccettuate le regioni suburbicarie,
che appartenevano alla giurisdizione del prefetto della città. Vedi Poin-
signon, Sur le nomhre et V origine des j)^'ovinces romaines crèces depuis
Aufjuste jusqu'à Bioclétien, Paris 1846.
(^) Yiam Cassiam vetustate collapsam a Clusinor. (um) finibus Fio-
rentiam jierduxit, Grutero, pag. 156, 2. — Viam luliani Aug. a fiumine
Trebia quae vetustate interciderai sua pecunia restituit. Maffei, Mus.
Yeron., 231, .5.
» Sparziano, 13, 21, 22; Digest. . lib. I, tit. XVI, 10.
• .Sparziano, 22; Capitolino, Ant. Pio.. 2 e 3; Appiano, De Bell. Civ... I, 3S.
Gap. IV.] OPERE PUBBLICHE IX ITALIA. 037
restaurò per quindici miglia la via Appia tra Benevento
ed Eclano *. Sparziano attesta che sollevò tutte le città
di Campania, 'e con nuovi lavori aiutò lo scolo del lago
Fucino 2. E da altra parte sappiamo che per le sue li-
beralità in opere di decoro e di utile pubblico ebbe mo-
numenti ad Eclano, a Nola ^, a Sorrento, a Capua, a Teano
dei Sidicini *■, a Suessa ("), nel Sannio ^, a Gabii, a La-
vinia '5, a Nursia, a Faleria, e altrove ^. A Gabii Adriana
e Sabina sua moglie stanno congiunti nella lode di lar-
ghi benefattori del municipio. I Teanesi lo celebrano
massimo e ottimo principe : nel Sannio diviene Giove
Trebulano, o genio tutelare di Trebula: e finalmente in
alcune monete è celebrato restitutore d'Italia, come in
altre si chiama restitutore della Sicilia, della Gallia, della
Britannia, della Spagna, della Mauritania, della Libia,
dell'Egitto, dell'Acaia, della Macedonia, dell'Arabia, della
Frigia, della Bitinia, dell'Asia, e anche dell' or&e terre-
stre (^), non esclusa la Giudea da lui flagellata a morte
con guerra atrocissima.
Percorrendo due volte le Gallie vi lasciò liberalità di
(«) Viam Suessanis munìcipibus sua pec. (unia) fec. (it). Grutero, 151,
3; Mommsen, 4037. Nel Piceno è munifico restauratore del tempio della
Dea Cupra, Orelli, n. 1852.
{") Vedi Eckel, Docir. num. vct., VI, pag. 487, 4S8, 492, 494, 495, 497-
500, 504, 506, 809; Cohen, II, Adrien, u. 445, 447-448, 450, 455, 459,
1050-1088. Conf. Boeckli, Corp. Inscr. graec, n. 334, ove è detto Sal-
vatore del mondo. In alcune monete si legge : Restitutori orbis terrarum,
e in altre rarissime, locupletatovi orbis terrarum. Greppo, Yoijages de
l'empr. Adrien, p. 26 e seger.
1 Moranisen, in Bull. Istit.^ 1848, pag. 9, e Inscriptiones Regni JVeapolitanù n. 6287.
Conf. Garrucci, Dissertaz. archeol.^ voi. I, pag. 85-86.
2 Sparziano, Adrian. ^ 9 e 22.
3 Mommsen, Inscr. Regni Neap.^ 1098, 197t, 1975.
i Orelli, 3293; Mommsen, 2112, 3990.
3 Mommsen, BuUett. Istit. arch.j 1817, p. 153, e Inscr. Regni ÌS^eop. ^ 51tl ; Ilenzen-
Orelli, 545t.
6 Orelli, 816, 2503, e Henzen, ivi, voi. Ili, p. S2.
7 Orelli, 808 e 3311; Henzen, 5152; Mommsen, loc. cit.. n. 5771.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. SO
638 GALLIA, GERMANIA, E REGIONI DEL DANUBIO. [ Lib. VII.
più sorte {"): e nel suo disegno di affrettare l'unione di
tutte le genti del mondo romano pare che desse a più
città il diritto del Lazio, e a quelle che già lo avevano,
massime nella Narbonese, largisse la cittadinanza ro-
mana, e vi ponesse colonie *. A Nemauso (Nimes) eresse
una basilica o un tempio di maraviglioso lavoro a glo-
rificazione di Plotina di cui ricompensò i servigli avuti
per salire sul trono del mondo coli' inalzarla agli onori
divini -.
In Germania dove stanziavano cinque legioni attese
soprattutto a riordinare e a rafforzare la disciplina mi-
litare, 6 con questi e con altri provvedimenti studiò di
impedire che i barbari passassero il Reno ai danni delle
Gallie e di altre province. Dette un re ai Germani ^, pro-
babilmente coir intento di frenare per mezzo di esso le
genti che stavano dietro al grande baluardo piantato da
Traiano contro le invasioni nemiche; e forse questo
stesso baluardo fu da lui prolungato e afforzato.
Marzio Turbone reggeva fortemente la Dacia e la Pan-
nonia riunite in un solo comando: e l'imperatore ora e
poi fece sentire utilmente l'opera del suo governo in
queste province e in tutte le regioni del Danubio, come
si vede da più documenti '\
In Pannonia ricordasi a Buda un'ara posta a Giove
per la salute del principe ^. Fu comunemente creduto
che egU piantasse una colonia a luvavo {Salisburgo) nel
('*) Un'epigrafe ricorda la gratitudine che avevano a lui i barcaioli del
Rodano. Orelli, 809; Millin, Voyage dans le Départem. du midi de l
France, II, 76.
' Sparziano, 10; Zumpt, De Coloniis Romanoymn militaribus , in Comment. Epigra-
phic^ pag. 411, 412.
2 Sparziano, 12; Dione, LXIX,10; Orelli, 3744; Flemmer, De itinerib. Hadriard ,
pag. 22. Vedi anche Los aigles ou le palais de la princesse Piotine^ in Menard, Hisloirc
des antiquités de la ville de yinies^ augmentée par PcrroL Nimes ISIG, pag. 167-172.
3 Sparziano, 12.
* Corpus Jnscripl. latin. ^ voi. HI, n. 719, 953, 1371, 1115-1417 e 1 l(i2.
S Orelli, n. 815.
I
Gap. IV.] BRITANNIA. GUERRA COI CALEDONI. 639
Norico. La critica rigetta ora come interpolata la Co-
lonia Adriana nell'epigrafe citata a prova del fatto * : ma
un'altra epigrafe attesta come opera sua la fondazione
della Colonia Elia Mursa nella Pannonia Inferiore, nel
luogo ove poi sorse Eszeg capitale degli Schiavoni {"). In
Pannonia pure sembra opera di lui il Municipio Elio a
Carnunto {Petronell), come nella Mesia Superiore da lui
venne il nome di Elia preso dalla città di Scupi (Uski'ih)
dove stette una colonia Romana ^.
Dalla Germania si recò nella Britannia passando pro-
babilmente per la regione dei Batavi, ove la Tavola Peu-
tingeriana segna il Fóro d'Adriano, ricordato per avven-
tura da larghe rovine tuttora esistenti nella campagna
di Arentshurg presso YAia ^. La più parte dell'isola era
sottomessa da un pezzo, e accogliendo le arti civili por-
tatevi dai vincitori ^ per lo più stava tranquilla sotto il
nuovo governo che pare ponesse la sua sede principale
a Eboraco {York). Ma dalle selve Caledonie {Scozia) ove
l'amore di libertà durava ardentissimo, i barbari minac-
ciavano continue incursioni. E a questi tempi scoppiò
fiera rivolta in cui molti dei dominatori furono uccisi ^,
e vi fu guerra non piccola della quale nel silenzio della
C^) Vedi Corpus Inscript. latin.. Ili, n. 3279. in cui è detto che i
Mursensi posero questo ricordo Divo Hadriano conditori suo ; e il
n. 3280 ove nell'anno 133 il nome di Adriano è posto con quello della
seconda legione Adiutrice, coll'opera della quale probabilmente fu edifi-
cata la nuova città.
1 Orelli, n. 496, e Henzen, ivi, voi. ITI, juip. 35; Mommsen, Corp. Tnscr. latin.. Ili,
pag-. 6C9, n. 5036. Conf. Hefuer, negli Atli dell' Accadem. di Vienna^ 1S19, vul. I, Class.
philos. hisC... pag. 11 e segg.
2 Orelli, n. 2675-, Corp. Inscript. latin... HI, n. 1551; Kellerman , Tigil. Roman..
n. 119; Renier, Inscript. de la Mésie Super. ìa Rev. archéolog., :S73, voi. 26, p. 137-138.
3 Vedi De Westreenen de Tiellandt , Recherches sur l'ancien Forum Hadriani, .■\ni-
sterdam 1S2G, e Reuvens , Notice et pian des constructions romaines trouvées dans Ics
fouilles faites en 1S27-1829, sur V emplacement presume du Forum Hadriani à la cam-
pagne nommée Arentsburg Comm'ine de Voorburg prés de la Haye. La Ilaje 1830.
4 Tacito, Agric. 21; Giovenale, II, 159-161, XV, 112; Marziale, XI, 3, 5.
s Frontone, De bello Partico, ndiz. Mai, pag. 321-322.
640 VALLO DI ADRIANO. [Lib. VII.
storia danno qualche cenno le epigrafi e i diplomi mili-
tari, ricordanti la legione seconda Augusta, la sesta
Vittrice Pia Fedele, fatta venire in questa occasione
dalla Germania in Britannia *, e la ventesima Valeria
Vittrice; Aulo Platorio Nepote, legato imperiale, capo
della seconda legione, e propretore nell'isola 2; M. Menio
Agrippa Camerinate tribuno della 1^ coorte degli Spa-
gnuoli, e poi prefetto della flotta Britannica, e procura-
tore della provincia ^; e altri duci minori mandati per
combattere nella medesima guerra *, alla quale è fatta
allusione anche nelle medaglie che dicono dell'arrivo
dell'imperatore, e della vmta Britannia "".
In un frammento molto lacero di una iscrizione pare
che Adriano ricordando le prodezze dei soldati sparsi per
la provincia tra i due lidi dell'Oceano, gii lodi di aver
quietamente ceduto alla dira necessità delle cose che im-
pediva di portare le armi vittrici fino al termine ultimo
del mondo conosciuto da quella parte ^. Comecchessia,
egli invece di mettersi ad avventure di grande pericolo,
usò l'opera delle legioni a costruire nell'istmo inferiore
dell'isola {Northiimherland e Cumherland) una forte bar-
riera di 80 mila passi (73 Vs miglia inglesi) destinata a
dividere i barbari nordici dai Romani ', e a servire di
riparo dai Caledonii, e di base di operazione contro i
Brettoni già sottomessi.
Questa grande e arditissima opera di cui dopo gli
scavi e gli studi recenti si possono seguire quasi co-
stantemente le tracce, e conoscerne gli edificatori, le
1 Orelli, n. 31SG.
2 Orelli, II. S22; Bull. Istit.^ 1818, pag. 17-18 e £9-32-, lìuhncr, Inscript. Britanniae
latinae, n. 6G0-663 e 1195.
3 Orelli, n. 801; Hùbner, Inscript. Britanniae latinae j. n. 3T9-:?82. Per la flotta Bri-
ti>.nnica, ricordata ora per la prima volta, vedi ini anche i numeri SCI, 970 e 1226.
< Hcnzcn, 5156, e pag. 510; Hiibner ad num. 211.
•'• Eckel, Doctr. Num. vct.^ VI, pag. 303; Cohen, voi. II, .U'iù'»^ ii. 5''). 781, 785.
r- llubner, n. 198.
7 Spar/iano, Ad»., 11.
Caì'. !V
Vallo di Adriano. — Sezioni JolI'Aggere presso al IS" miglio a occidente di Newcastl
e a mezzo miglio a occidente di Carraw (Bruce^ pag. 57).
L'Atjgr' a Cawiìrlds iBruce, pag. 07)
L'Aggere a Down Hill {Bruce^ p.ig. 132).
<542 VALLO DI ADRL\NO. [Lib. YIL
sostruzioni, l'andamento, le misure e varie rovine, muo-
vendo a levante da Segeduno (Wallsend) presso le foci
della Tìjne fu condotta per pianure e dirupate monta-
gne alla costa occidentale fino a Bowness sull'estuario
del Sohuay ; composta di un aggere o terrapieno, di un
muro di pietra, di ottanta castelli posti alla distanza di
un miglio l'uno dall'altro, di diciassette stazioni, o campi
muniti, di 320 piccole torri di guardia, sussidiarie ai ca-
stelli, delle quali scomparvero quasi dappertutto le tracce,
e di una via militare costruita tra l'aggere e il muro pel
trasporto delle vettovaglie, e pel passo rapido e sicuro
delle milizie dai vari quartieri ai punti che potessero
esser minacciati dai barbari ("). Tutte queste parti della
grande fortezza chiamata nei tempi moderni Muro dei
Pitti e con altre denominazioni diverse (*), in antico fu-
rono comprese nel nome generale di Vallo, come è atte-
stato dall'altare eretto per causa d'un voto (v. s. voimn
soh'it) a Marte Cecidio e al Genio del Vallo (GENIO VALL)
(<«) Vetli Collingwood Bi-uce . Tìie Roman Wall, a descripiion of the
murai borricr of the nord of England, third edition in 4" di pag. 465.
London 18G7: Hiibner, Inscriptiones Britanniae latinae, in Corpus In-
òcri'ptiomim latinarum, voi. VII, Berolini 1872, cap. XLI-LVllI, pag. 99-
IC)').
Il libro del Bruce venuto dopo tanti altri ^tudi inglesi è l'opera più
dotta, più accurata, e più eloquente di tutte .«u questa materia : raccoglie
amorosamente le epigrafi, descrive ogni rovina, e va splendido di nume-
lose incisioni che danno l'imagine di tutti i monumenti più importanti
per la storia e per l'arte.
Per la notizia delle altre opere precedentemente composte a illustra-
zione del vallo da Camden, Speed , Gibson. Stukeley, Gordon, Horsley,
Swinhow, Smith, Warburton, Wallis, Hutchinson. Brand, Hutton. Lysons,
Mackenzie, Hodgson, Richardson, Clayton, ]\huighan, Iledley, Maclau-
chlan, ecc., vedi Hiibner, pag. 104-106.
(») Dai Brettoni fu detto Gual-Secer, Bai, Val, e Mur-Sever ; dagli
Scozzesi. Scottiskwaith ; dagli Inglesi e da quelli che abitano ivi dattorno,
The Picts Wall, o Pehits Wall, The Kecpe Wall, e semplireuK'nte The
Wall, cioè il muro per eccellenza, Bruce. pag. 49.
I
Gap. IV,
VALLO DI ADRIANO.
643
da un Marzio, ufficiale della prima coorte dei Daci *, e
posto a ricordo delle prospere imprese al di là della linea
del vallo («).
U àggere {valium caespiticium) composto di tre bastioni
di terra e di sassi, e afforzato con
fossa larga trenta piedi inglesi, e
profonda dieci, sta costantemente a
mezzogiorno del muro di pietra, e
nella parte che prospetta quest'ul-
timo si eleva da sei a sette piedi.
Del m.uro edificato di pietre qua-
drate congiunte l'una all'altra con
cemento fortissimo, rimangono in
più parti notevoli ruderi; e quasi
dappertutto ne sono visibili i fon-
damenti che lo mostrano largo da
sei a sette piedi e mezzo. La sua
altezza non può precisamente cono-
scersi, perchè non rimane intero in
niun luogo. Esso pure nel margine
settentrionale era accompagnato da
larga e profonda fossa, la quale ri-
mane oggi anche dove il suo com-
pagno è scomparso (*).
Nel loro lungo corso in linea quasi diretta l' aggere e
il muro talvolta procedono vicini cosi che tra essi appena
resta luogo bastante al passo della via militare: ma spesso
a seconda della natura djel suolo si scostano da 180 a
200 piedi, e a mezza via, nella parte centrale dell'istmo.
Altare al Genio del Vallo
{Eruce^ pag. 287).
(^) Ob yes trans vatìum prospere ijestas. Heiizen. n. 6774; Hùbiier,
n. 940.
(*) W. Hutton, Historij of the Roman Wall, p. 139, .siubili che la fossa
avesse la profondità di 15 piedi, e la larghezza di 36. e il Bruce tiene
probabili queste misure.
1 Bruce, pag. 2S7; Ilubner, n. SS6, pag. 151. i
644
VALLO DI ADRL\XO.
[LiB. VIL
ove il terreno sorge a considerevole altezza, stanno più
di mezzo miglio discosti, perchè Taggere segue costan-
temente la valle, e il muro preferisce le cime più ardue
dei monti, e fa viaggio più lungo estendendosi da Wall-
sencl sulla Tyne fino a Boivness sul Sohvay, mentre l'ag-
gere corre tre miglia di meno da ambe le parti, comin-
ciando da Ponte Elio (Ncwcastlc) a levante, e cessando a
Dì/Ics ficlcl a ponente.
l.a fossa deirAu-gere a Limestone Baule presso Chesters [Bruce^ \i:\ii 1 'i--
Lungo tutta la linea rimangono le tracce, le fonda-
menta e anche grandi rovine delle 17 stazioni {castra
stativa), cioè dei campi fortificati di mura, di baluardi
di terra, e di fossa per sicuro e stabile alloggiamento
delle truppe poste a presidio del vallo. Sono di forma
quadrata, con quattro porte secondo lo stile di tutti i
campi romani. La grandezza di queste stazioni varia da
tre a sei acri inglesi ("). La più piccola di tutte è quella
di Aesica {Creai Chesters): le più grandi quelle di Am-
(") T'n aci'c inglcf^c equivale a quasi 40 are e mezza.
Gap. IV.]
VALLO DI ADRIANO.
645
boglanna {Birdosivald), di Borcovicio (Houscsteads), e Ci-
lurno (Chesters). Spesso stanno in siti forti e ameni, ora
appoggiate alla grande muraglia, ora al mezzogiorno di
questa e dell'aggere. Di alcune durano grandi e splendidi
avanzi. Sopra altre passò l'aratro e mandò sossopra gli
Ruderi delle stazioni di Amboglanna e di Borcovicio (Brace ^ pag. 256 e frontespizio).
alloggiamenti dei militi, il pretorio d'onde partivano gli
ordini e la giustizia dei duci, i templi, gli altari, i se-
polcri, e le ville erette d'attorno per uso dei seguaci
delle truppe in queste lontane contrade. In più luoghi le
rovine delle fortezze romane furono usate a costruzioni
di castelli baronali, di chiese e di altri nuovi edificii. A
Ponte Elio, ove la prima coorte dei Traci e altre milizie
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV.
646
VALLO DI ADIIL\N0.
LiB. VII.
boschi, alle Dee Madri, a Mercurio e ad Ercole *, sta oggi
la grande città di Newcastle, ricca d'industrie e com-
mercii, affumicata dalle grandi fabbriche in cui un po-
polo di manifattori lavora a fonder minerali, a costruire
battelli a vapore, a crear macchine per le strade ferrate
inglesi e straniere, a. preparare terribili cannoni alla
guerra. E l'ultima stazione occidentale è ora un pacifico
luogo di bagni marini.
Fra le stazioni si ritrovarono i fondamenti e più ru-
deri degli 80 castelli, parte essenziale del muro, posti
ordinariamente a un miglio l'uno dall'altro, e perciò detti
miniarli {Mile- Cast Ics) dagli Inglesi che scrissero delle
antichità romane in Britannia: edificii di mura grosse
come la grande muraglia del vallo, del medesimo stile,
Forma generale dei castelli mostrata dai ruderi di Castlo Nick (Brucej pag. 72).
e quindi evidentemente del medesimo tempo; di forma
quadrangolare, arrotondata sugli angoli, differenti di qual-
che poco nella grandezza, ma per lo più di sei piedi
quadrati; eretti nell'intento di proteggere contro le su-
Bruce, pag. 103-105; Hubncr, Lisa: Brit. latin., p. 109-110.
Gap. IV.]
VALLO DI ADRIANO.
647
bitanee sorprese i soldati posti a guardia del contiguo
miglio del muro. In quelli scavati si trovò una grande
porta al settentrione del pari che al mezzogiorno: il che
non dimostra che la regione settentrionale fosse lasciata,
come altri opinò, nelle mani dei barbari *.
Oltre a tutto ciò si conoscono i siti e le rovine di una
Interno del castello di Housesteads presso la stazione di Borgo vicio (Bruce^ jiag. 202)
trentina di campi' posti a settentrione e a mezzogiorno
del vallo per sostegno alle parti meno forti di esso : e
da questi, come dal muro , dai castelli e dalle stazioni
di tutta la linea uscirono ricordi moltiplici degli edifica-
tori e dei difensori della grande barriera.
Lungamente fu disputato suWa edificazione di essa at-
tribuita a Giulio Agricola, a Settimio Severo, a Teodosio
e a Stilicene.
Brace, pag.
648 . GLI EDIFICATORI DEL VALLO. [Lib. VII.
Fra gli antichi Sparziano sulla fine del secolo terzo
scrisse, come sopra fu detto, che Adriano edificò un muro
di 80 mila passi per dividere i barbari dai Romani: e
poscia al capo decimottavo della vita di Settimio Severo
aggiunse che questi fece un muro da un mare all'altro,
e che per tale opera, la più gloriosa di tutto il suo re-
gno, fu soprannominato Britannico. Dove fosse questo
muro diverso da quello che il biografo attribuì ad Adriano,
né egli, ne altri lo ha detto. Erodiano e Dione Cassio, con-
temporanei di Severo e narratori della sua spedizione in
Britannia, e più antichi di tutti quelli che ricordano il
Mtiro, non dissero che fosse edificato da lui. Pure tutti gli
autori dei secoli dopo in grazia dell'imbroglio di Sparziano
attiibuirono a Severo quest'opera: e i più degli scrittori
del medio evo la rimandarono alla metà del secolo quinto.
D'onde le dispute inglesi continuate fino ai tempi più
prossimi.
Ma ora l'esame più attento dei ruderi e lo studio severo
dei documenti scritti, e dei monumenti dell'arte raccolti
tra le rovine, non lasciano dubbio sul tempo e sull'unico
autore del vallo, le cui parti diverse, create da un solo
concetto, rispondono a un solo e medesimo intento.
Mentre dell'imperatore Severo (") e degli altri supposti
autori dell'opera non rimane in essa ricordo nessuno,
da un capo all'altro del vallo molte iscrizioni ricordano
Adriano coi suoi duci e soldati che lavorarono alla edi-
(") Del toinpo di Severo pì ricordano nel vallo solo i nomi dei consoli
degli anni 207 e 210. Il nome di lui assente dalla grande barriera si
trova fuori di essa a Herram, a Old Carlisle, e al campo di Habitancum
0 Habitancium (Risingham), ove un'epigrafe dice che egli restaurò la
porta e le mura di quella stazioije : portam cum muris vetustate dilap-
sis .... a solo restituii. Hiibner, n. 1003 : e da questo fu ai-gomentato
che prima di muovere a guerra contro i Caledonii rimettesse in buon
ordine lo stazioni sulla sua linea di marcia, e si tenne probabile che re-
staurasse anche una notevole parte del muro. Bruce, pag. 82, 267, 336,
344, 3G3. 383-384.
Gap. IV.] GLI EDIFICATORI DEL VALLO. 649
ficazione del gigantesco baluardo. Il nome di lui rimasto
alla stazione di Ponte Elio si ripete molte volte su tutta
la linea e fuori di essa nelle stazioni, nei castelli, nei
campi distaccati, e lungo le vie restaurate o fatte di
nuovo, ora solo, ora congiunto ai nomi del suo legato
Aulo Platorio Nepote, e delle legioni seconda e vente-
sima ^ Di Elio Adriano è parlato in piti luoghi con nu-
merose iscrizioni dalla prima coorte dei Daci, e dalla
prima coorte degli Ispani chiamate Elie ambedue - : e
pili sicuramente si riferiscono ai tempi di Adriano l'al-
tare della stazione di Magna {Carvoran) dedicato alla
Fortujia Augusta per la salute di Elio Cesare adottato
dall'imperatore e morto prima di lui 3; e i monumenti
che a Maryport sulla costa occidentale ricordano M. Menio
Agrippa, tribuno della prima coorte degli Spagnuoli, e
poscia preposto da Adriano, come vedemmo, al governo
della flotta Britannica '^
I soldati delle legioni seconda, ^sta e ventesima, e più
coorti ausiliarie e centurie, e anche i lavoranti alle cave
di pietre lasciarono scolpito il ricordo dei loro capi e di
se nei dirupi e in moltissime lapidi sulle varie parti del
muro, dei castelli, e dei campi da essi costrutti, e sui
moltiplici altari eretti agii Dei (").
C^) Tra i molti ricordi delle tre legioni, delle squadre {vexillationes).
delle coorti, e delle centurie di cui si nominano i capi, diamo a pag. 650
i seguenti: u. 1. Legione II Augusta. — • ^. Legione VI Vittrice Pia Fe-
dele ( Vie. P. F.). — 3. Legione XX Valeria Vittrice, (V. V.). — 4. Coorte
HI dei Batavi. — 5. Centuria di Sorione. — 6. Coorte IlII, centuria di
Probiano. — 7. Centuria di Aufidio Rufo. — 8. Coorte VIII, centuria di
Cecilio Clemente. — 9. Centuria di Ostilio Lupo. — 10. Centuria di Giulio
Rufo. — 11. Centuria di Lucio. — 12. Centuria di Gellio Filippo. — 13.
Centuria di Valeriano. — 14. Centuria di Fiorino, ove con le parole
P. XXII si nota che questa centuria edificò ventidue passi del muro.
1 Bruce, pag. 16, 208, 217, 230, 251, 251-235, 259,203, 273,356,372,383-381,412; Iliib-
ner, n. 660-663, 713, 961, 1169, 1175.
2 Bruce, pag. 25J-256, 239, 273, 356, 412; Iliibner n. S03, SOS-823, 951, 963-965.
3 Bruce, pag. 244; Hubner, n. 748.
4 Bruca, pag. ?07; Hubner, n. 379-382.
650
[LiB. VII.
Ricordi delle legioni, delle coorti, squadre e centurie edilìcalrici del Vallo (Druce).
Gap. IV.] ANFITEATRI, BAGNI, TEMPLI ED ALTARI NEL VALLO. 651
Tutta la regione del vallo ora e per molti anni in ap-
presso è popolata da gente varia di luoghi, di lingue e
costumi. Vi sono Italiani, Galli, Batavi, Frisii, Germani,
Daci, Pannoni, Dalmati, Reti, Traci, Ispani, Mauritani,
Hamii di Siria. All'intorno ferocia e barbarie. Qui per
opera degli ordini e della potenza di Roma sorge una
nuova civiltà di cui rimangono dappertutto i vestigi. I
soldati romani che con tutti gli aiuti dell'ade lavorano
alla edificazione del forte propugnacolo vi lasciano nu-
merose memorie di loro gusti, e pensieri, e amori e
credenze.
Alle stazioni di Cilurno (Chesters) e di Borcovicio {Hoii-
sesteads) sono tracce di anfiteatri: in molti luoghi fre-
quentissime le rovine di edificii di bagni, di acquidotti,
di ponti, di ville, di templi. Rimangono 140 altari, tra
cui alcuni egregiamente scolpiti, coi nomi dei duci e sol-
dati che gl'inalzano a Giove Ottimo Massimo, a Giove
Augusto, a Giove Dolicheno, a Giove d' Eliopoli, agli Dei
vecchi e nuovi, ad Apollo, al Sole Apollo, al Dio Sole
Invitto, a Mitra, alla Santa Minerva, a Diana, a Nettuno,
a Esculapio, a Marte Militare, a Bellona, a Epona Dea
dei cavalli e dei muli, a Ercole Invitto, a Ercole Tirio,
alla Fortuna che dopo il re dell'Olimpo è il Nume più
favorito e più onorato di sacrificii dai militi intenti a
implorarne la vittoria sui campi, e il- sicuro ritorno alla
patria, alla Fortuna del Popolo Romano {"), alla Dea
(«) I tre altari clie diamo incisi nella pagina seguente furono trovati
imo al campo di Habitancium {Risingham) fuori della linea del vallo, e
gli altri alla stazione àìNìm\o\^\\2i, (Chesterholm): il primo dedicato alla
Fortuna Reduce dal tribuno Giulio Severino a scioglimento di un voto dopo
compiuta Tcdificazione di un bagno : il secondo a Giove' e agli altri Dei
immortali e al Genio del Pretorio da Quinto Petronio Urbico italiano di
Brescia, prefetto della quarta coorte dei Galli; il terzo alla Fortuna del
Popolo Romano da G. Giulio Retico centurione della sesta legione Vittrice.
Bruce, pag. 335, 213-214 e 211. Per le iscrizioni vedi Hùbner. n. 984,
704 e 702.
652
CULTO AGLI DEI ROMANI E STRANIERI. [Lib. VII.
Roma, a Roma Eterna; alla Vittoria Augusta, ai Numi
imperiali, al Genio dell'Imperatore e delle Insegne; al
Genio del loco, al Genio delle coorti, del Pretorio e del
Campo; alle Dee Madri, alle Madri Domestiche, alle Madri
Campestri, alle Madri Tramarine, alle Madri di tutte' le
genti; alle Madri Parche, agli Dei Mani, ai Fati, al Buon
Evento, alle Tre Lamie; agli Dei del Villaggio, a Silvano
Invitto e prèside dei giardini e dei boschi, alle Ninfe
'iTORTVNAE REDVCi
i'iVLlVS-SEV'ERINVS
j BALI MEO -V-S-LM
CETERISQVL
|:DI!S If^MORTH
y!!ETGEM-PRA\ET«il
Q.PETRONIVS
QF.FABVRBlCVS'i:
PRAEF-COH-liL^
!i EX ITALIA
DOMOBRIXIA
VOTvM SOLVn
PRO SE
AC SVIS
Altari alla Fortuna Reduce, a Giove e arOenio del Pretorio, e alla Fortuna
del Popolo Romano (Bruce).
custodi dei rusceUi e dei fonti; ad Astarte, alla Grande
Dea Siria adorata a Magna, dove stanziano gli Hamii,
ed altrove; al santo Cocidio e a Beltucadro, Numi guer-
rieri trovati solo nella parte occidentale del vallo, alla
Dea Setlocenia, a Vanaunti, ad Anocitico, ad Antenoci-
tico, a Matuno e ad altri Dei ignoti alfOlimpo Romano.
Gap. IV.
OPERE D'ARTE DEI SOLDATI DEL VALLO.
653
Da questi altari, ora rozzi, ora belli di variati orna-
menti, e dalle altre opere appariscono le differenti facoltà
artistiche dei soldati romani, alcuni dei quali si vedono
cercare e più volte raggiungere le gentilezze dell'arte
nei fregii delle fabbriche e delle colonne, nei bassirilievi,
e nelle statue che parte intere, parte mutilate uscirono
dalle rovine* degh edifìcii civili e dei templi. Vi sono si-
mulacri di Nettuno, di Esculapio, di Mercurio, di Ercole,
Saggio delle opere d'arte dei soldati del Vallo (Bruce).
della Vittoria, di Minerva, di Venere e delle Ninfe ai loro
lavacri, del Genio del Campo, e di più soldati tra cui
un cavaliere in atto di calpestare im nemico vinto, e un
milite delle coorti ausiliarie ("). Rozze sculture ritraggono
(^) N. 1. Ercole. — 2. Cavaliere che calpesta un nemico vinto. — 3. Sol-
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 82
654 CONTINUAZIONE DEI VIAGGI DI ADRIANO. [Lib. VII.
le cacce dei militi a cervi, a daini e cinghiali: e piìi epi-
grafi ricordano con gentile affetto le prodezze dei com-
pagni, e i cari parenti perduti, e le loro tombe lungi
dalla terra natale.
Tutta la linea del vallo, e i campi d'attorno parlano
Tombe romane a Bremenio (High Rochester) {Bruce^ pag. 330).
dei fatti, delle arti, degli affetti, dei conforti, della vita
e della morte di più generazioni di uomini qui venuti a
lavorare e a combattere da tutte le parti del mondo: e
le grandi rovine della formidabil fortezza rimangono come
una epitome della storia dei Romani sotto l'Impero *.
Assicurati in tal guisa i confini anche da questa parte,
Adriano continua i suoi viaggi pel mondo romano ove
lo seguiamo con rapida corsa.
Poco appresso è nelle province di Spagna: sverna a
Jato ausiliare. — 4. Genio del Campo. — 5. Vittoria. — 6. ^KnerTa. —
7. Venere al bagno. — 8. Ninfe ai loro lavacri. Bruce, pag. 114, 292, 199,
199, 359, 196, 172, 409, 318.
* Merivale, Hist. of the Romana under the empire^ Vili, 210.
i
Gap. IV.] SPAGNE E AFFRICA. 655
Tarragona ove corre pericolo di essere ucciso da un
servo pazzo, che egli, dopo l'attentato, raccomanda alle
cure dei medici. Ivi restaura il tempio d'Augusto, raduna
in generale assemblea gli abitatori della provincia reni-
tenti derisoriamente alla leva, e, trattando con grande
veemenza gli originarli d'Italia e con prudenza e cau-
tela i nativi, provvede a toglier via ogni disordine *. Nella
Tarraconese, nella Betica e in Lusitania restaura numero
grande di strade, e ne fa delle nuove 2; 1 municipii ora
e in appresso gli pongono monumenti e lo celebrano
ottimo e massimo 'principe ^. Quantunque vicino, non vi-
sita Italica sua patria, ma la cumula di doni e di onori '*.
In Affrica ove è detto che fu amato dagli abitanti per-
chè al suo arrivo piovve dopo cinque anni di siccità ^,
compresse i moti guerreschi dei Mauri, fu largo di be-
neficii alle province ^, e studiò di afforzarle per via di
colonie a Thenae nella Bizacena, a Zama in Numidia, a
Utica e altrove '. Condusse una via di 197 miglia da
Cartagine a Teveste (Tehcssa) in Numidia ^ coli' opera
della terza legione Augusta che, stanziata colà da un
pezzo e rimastavi per lungo tempo in appresso, ora ebbe
il suo quartier generale a Lambaesa {Lambesa nella pro-
vincia di Costantina) in fondo a una fertile valle sulle
ultime pendici del monte Aurasio, ove con moltissime
iscrizioni datine * si ritrovarono quasi intatte le mura
del campo dei legionarii con basilica o pretorio, e ac-
i Sparziano, 12.
« Hùbner, Inscriptiones Hisponiae latina e ^ n. 4633, 4656, 4658, 1659, 4661-4663, 4658,
4669, 4678, 4682, 4735-4738, 4747, 4748, 4752, 4779, 4780,4783,4821,4825, 4S39, 4841, 4849,
4860, 4867, 4871, 4877, 4906.
3 Hiibner, n. 186, 4-?9, 478, 2ni, 2.3G5, 32.39, 4201, 4230.
4 Dione Cassio, LXIX, 10. Vedi anche Gellio, Noct. Attic, XVI, 13.
5 Sparziano, 22.
6 Sparziano, 12 e 13.
7 Zumpt, De Colon. Roman, inilit., pag. 420 e segg.
8 Creili, n. 3564; h&tvonm. L'are de triomphe de Theveste. ìa Revue archcologìqne^
1817-1818, voi. 4, pàg. 300.
9 Leon Renier, Inscriptions romaines de l'Algerie., pag. 1-160, n. 1-1109.
656 AFFRICA. I SOLDATI RO:\IAM A LAilBESA. [Lib. VII.
quidotto e altri edificii, e poco lungi le rovine del campo
delle truppe ausiliarie con una colonna caduta, nella cui
base leggesi ancora l'allocuzione colla quale Adriano en-
comiava la disciplina, la forte operosità e la destrezza
di questi soldati posti qui a difendere la Numidia dagli
archéolog.).
assalti delle tribù non soggette all' Impero (^). E riman-
gono anche ricordi di loro presidii staccati ad aHorzare i
confini in castelli muniti lungo la montagna su cui poscia
eressero altari alla Trinità Capitolina di Giove, di Giunone
e Minerva *, e a Giove sujnore delle temiicstc divine (*).
e*) Renior. Inscriptions romaines de l'Algerie, n. .5; Henzon, in Annal.
Isfit. arch., 1800, pag. 62 e segg. — Per le antichità di Lambesa vedi
De La Mare, Notice sur Lmnbaesa ville de la province de Costantini,
in Revue arclu'ologique. 1847-1848, voi. 4. pag. 449-453; Texicr, ivi, 1848,
voi. 5, pag. 417-418, e pi. 98.
(*) lovi 0. M. tempestatiwn divinarum 2iot(:nti. Rcnier, u. 6., Sopra
1 Renier, lec. cit.^ n. IGll.
Gap. IV.] GRECIA. 657
Dall'Affrica tornò a Roma, e presto ripartì, passando
per Atene, alla volta d'Oriente ^ Corse la Grecia accom-
pagnato, secondo il suo solito, da una turba di architetti
e di fabbri, ordinati a modo di legione e divisi in coorti 2,
e in più luoghi fece sorgere rapidamente nuove e belle
opere pubbliche.
Pausania vide i monumenti e i templi parte fatti di
pianta, parte rinnovati e resi più adorni: tra cui i bagni
e le fontane di Corinto con le acque condottevi dal lago
Stinfalo; l'allargamento della via Scironia lungo l'Istmo
per le balze già infestate da fieri ladroni; la restaurazione
del sepolcro di Epaminonda con nuova epigrafe del viag-
giatore imperiale a Mantinea tornata al suo nome antico,
e decorata colla riedificazione del suo tempio a Nettuno;
a lampoli, nella Focide, il tempio sacro ad Apollo ; e ad
Abe un portico chiamato Aclrianeo; agli Argivi l'offerta
di un pavone d'oro e di fulgide gemme nel tempio della
loro Giunone, e il rinnovamento della corsa equestre nei
giuochi Nemei ; e tutte le altre magnificenze di edifìcii e
di doni ricordati ad Atene dalla epigrafe nel tempio sacro
a tutti gli Dei ^.
Ad Atene, stazione usuale dei suoi viaggi in* Oriente,
svernò due volte, occupato in veste greca a esercitare le
funzioni di agonoteta e di arconte, a presedere i pub-
blici giuochi, a celebrare splendidamente le feste di Bacco,
a dare grandi cacce di fiere, a iniziarsi ai misteri eleu-
iin altro altare della stessa legione terza è scritto: Vcntis bonarum tem-
lìestatium potentibus, ivi, n. 7.
Per altri l'icordi di Adriano a Cirta, a Riisicade, a Sigiis, a Teveste e
nella Mauritania vedi, ivi, n. 1810, 2157, 2158, 2464, 2465, 3081, 3269,
3842, 4136.
1 Sparziano, 18.
» Aurelio Vittore, Epit.^ 1 1.
8 Pausania, I, 5, 5, I, 44, 6, II, 3, i, li, 17,0, VI, 16, 4, Vili, S, 12, Vili, 10, 2, Vili,
11.8.
658
ATENE,
[LiB. VII.
sini *, a gareggiare negli esercizi della musica, della
danza, dell'architettura, della scultura e della pittura*,
a conversare coi filosofi e con Erode Attico e con Po-
lemone maestri dell'arte, della parola, a fare sfoggio di
sue munificenze e dei suoi amori di antiquario e d'ar-
tista, e a rinnovare con altri splendori la vecchia città
di Minerva.
Lungo rilisso a levante dell'antica città ne sorse per
tZ^^'-vi,
Arco di Adriano ad Ateno (Stuart e lievett).
opera di lui una nuova chiamata Adrianopoh, di cui parla
anche oggi l'arco trionfale colle epigrafi nel fregio delle
sue facce di marmo pentelico, una delle quali prospiciente
l'Acropoli dice: Qui è Atene, l'antica città di Teseo, e
1 Sparziano, 13 e 19; Dione Cassio, LXIX, 1(1 e ir,.
* Aurelio Vittore, Epil.^ 11.
Gap. lY.] ATENE. 659
l'altra dal lato opposto : Qui è la città d'Adriano, e non
■più quella di Teseo {^).
Il nuovo quartiere fu poscia abbellito anche da Erode
Attico di uno stadio coperto di marmo pentelico, e di
un odeo colle soffitte di cedro, ed elegantemente adorno
di statue della stessa materia; due opere celebrate come
le più magnifiche e insigni di Grecia *.
Ivi presso sorse l'Olimpieio, cioè il tempio di Giove
Olimpio, di straordinaria grandezza, in un sacrario di
quattro stadii Q), cinto da numerose colonne, adorno di
uno stupendo colosso d'oro e d'avorio, e di molte statue
di preziosi marmi e di bronzo consacrate all'imperatore
dalle città greche e dalle colonie ^ : edificio a cui lavo-
rarono per secoli Pisistrato e i figli, e Antioco Epifane,
re di Siria, poi rovinato in parte da Siila per portarne
via le colonne, e non pienamente rifatto dai re alleati
che vollero dedicarlo al Genio d'Augusto ^. Adriano, com-
piuti i lavori già fatti cominciare nei precedenti viaggi,-
inaugurò il tempio con solenne festa, nella quale il suo
amico Polemone, famoso sofista, celebrò con una sacra
orazione il maraviglioso santuario, in cui l'altro sofista
Erode Attico stette gran sacerdote dell'imperatore e di
Giove C).
C) Bi-eton, Athénes, p. 262. Pei^ le rovine deirArco vedi Stuart e Re-
vett, Les antiquités d'Athénes, Paris 1812, tom. Ili, pi. 19 e pag. 61;
Bloiiet, Expedition scientifique de Morce, Paris 1831, pi. 98.
(*) La circonferenza del sacrario trovasi ora di 746 metri e 50 centi-
metri. Vedi Breton, Athénes, p. 207.
C) Pausania, I, 18, 6; Filostrato, Vite dei Sofisti, I, 25, 3; Sparziano,
13; \k\alLa.h\a,cììe, Hérode Atticus, Etude critique sur la vie, Paris 1872,
a pag. 37.
A pag. 74 del presente volume demmo una piccola imagine di questo
colossale edifizio di cui rimangono 15 colonne, cioè due isolate e 13 riu-
nite ancora dai loro architravi. Vedi Breton, Athénes, pag. 213.
1 Pausania, I, 19, 6, VII, 20, 6; Filostrato, Vite dei So/ìsCi^, I, 1, 5.
2 Pausania, I, 18, 6.
3 Polibio, XXVI, 10; Vitruvio, lib. VII, P>-aef.^ 15; Livio, LXI, 20 (25); Velleio Pa-
tercolo, I, 10; Plinio, XXXVI, 5 (Gj; Svetonio, Aug.. 60.
660 ATENE. ^ [Lib. VII.
Fra le opere sorte ora di nuovo si ricordano il Portico
di Adriano, il tempio a tutti gli Dei, il tempio di Giunone
e di Giove Panellenio superbo di 120 colonne e splendido
d'oro, di alabastro, di pitture e di statue, con una maravi-
gliosa Biblioteca e un Ginnasio Adrianeo, adorno di cento
colonne di marmo delle cave di Libia *, e finalmente
un grande acquidotto per abbeverare la nuova città -.
Agli Ateniesi Adriano fece ogni sorte di amabilità con
grandi doni di pecunia, di grano annuo, e dell'isola di
Cefalenia: détte loro leggi composte sul modello di quelle
di Bracone e Solone, e con un decreto regolò la cultura
e il commercio dello squisito olio attico, e provvide che
la troppa esportazione di esso non facesse mancare il
bisognevole agli usi pubblici dei sacrificii, dei ginnasi! ,
dei giuochi, dei bagni \
Se Pericle ebbe un giorno il pensiero di unire i de-
putati di tutti i Greci dell'Europa e dell'Asia per trattare
degli affari comuni ^, ora illudevasi chi potè creder sul
serio che il Panellenio significasse veracemente l'unione
di tutti i Greci nel pensiero e nel culto della patria co-
mune. Il Giove adorato nel Panellenio come nell'Olimpieio
non simboleggiava la patria ellenica, ma l'imperatore del
mondo romano consacrante templi e are a se stesso.
Egli il Dio vivente e potente cui dovevansi indirizzare le
preci dei sudditi: Giove non era che un nome e un'om-
bra. E i Greci lo capirono subito, e chiamarono lui Giove
Olimpio ^, e Panellenio, e Dodoneo ^ e gli moltiplicarono
le statue nei templi, nelle piazze, nei portici'', e nel
1 Pausania, I, IS, 9; S. Girolamo, Euseb. Chron.
2 Orelli, Inscr., n. 511; e Corp. Inscr. lat.^ voi. Ili, n. 5J9.
3 Dione Cassio, LXIX, 10; S. Girolamo, in Euseb. Chron.; Corp. Inscr. graec, n. 355.
4 Plutarco, Pericle^ 17.
r. Muratori, Inscript.^ pag. 231-233; Boeckh, Corp. Inscript. graee... n. 321-311; Ordii,
5453; Aìinal. Istit. arch... 1852, pag. 193; Corp. Inscr. lai., voi. Ili, n. 371 e 51S.
ti Corp. Insnr. grate. , n. 1072 e 1521 ; Eckel , Boctr. mim. vet.^ VI, 518; Fleiiimer,
De iliner. Hadriani, pag. 69.
f Pausania, I, 3, 2, l, 18, 6, l, 21, 7, V, 12, G; Corp. Inscr. graec. 629, 6102.
Gap. IV.]
ATENE.
VIAGGI NELL'ASIA.
CGI
teatro di Bacco ad Atene; tra le rovine del quale non
ha guari scoperte si notò il posto del suo sacerdote, e
le basi di due statue a lui imperatore ed arconte *. Da
ogni parte furono istituiti giuochi Adrianei, Panellenii ed
Olimpii. Dalle più lontane regioni dell'Asia vennero de-
Hoviae del teati'o di Bacco ad Atene [Da Fotografìa).
putati alle feste d'Atene, e statue di Adriano all'Cdim-
pieio 2. A Cizico rimangono le rovine del magnificentis-
simo tempio eretto al nuovo Dio 3, che vedesi consacrato
anche ad Efeso colla sua moghe Sabina K
Adriano corse piìi volte le regioni dell'Asia romana
per vigilarne il governo, per afforzare i confini, per di-
1 Corp- Inscript. lat.j TU, n. 519-, Hcnzen, Inscriz. onorar, di Adr.^ in Annal. Jstit.^
1SG2, pag. 137; llittorf, in Revue archéolog.. 1S62, voi. G, pag. 111-112, e renormant,
ivi, 18G1, voi. 9, pag. 431-436.
8 Vedi le iscrizioni greche e latine citate nella pagina precedente a proposito di Giove
Olimpio e Panellenio.
3 Dione Cassio, LXX, 4; Maiala, Chronographia, ed. Oxonii, 1691, pag. 364; Perrot
Le tempie d'Hadrien a Cyzique. h\Eev. arch., 1854, voi. 9, p- 3i;0-360, e Exploraiion
de la Galatie, pag. 69 e segg., e pi. 3 e i.
4 Corp. InscripC. graec... n. 29C9.
V.\N.Nucci — Storia deh' Italia antica — IV. 83
C62 ADRIANO NEL PONTO BUSSINO. [Lib. VII.
sarmare con doni e alleanze i nemici, per visitare i luoghi
famosi, e godere i grandi spettacoli della natura e del-
l'arte: e qui come altrove lasciò dappertutto moltiplici e
variati ricordi di sé.
Coi suoi accorgimenti tenne a sé amici i Parti, e gli
abitatori del Caucaso, e fece che i re barbari delle coste
del Ponto Eussino riconoscessero i loro scettri da lui *.
Egli stesso andato nel Ponto costruì il porto di Trape-
zunte {Trehisonda) per sicuro ricovero alle navi accor-
renti a quella città mercantile, e di là contemplò il mare
dal luogo d'onde i Diecimila di Senofonte mandarono
loro grida di gioia riconoscendo l' Eussino, termine alle
fatiche e ai pericoli della ritirata famosa. E ivi sorse una
statua del principe a ricordo degli eroi greci, e di quella
sua visita. Per ordine di lui Flavio Arriano di Nicomedia,
storico di Alessandro Magno e ora governatore di Cap-
padocia, navigò lungo le coste di tutto il giro del Ponto,
e in una sua lettera gli rese conto della natura dei luoghi
e degli abitanti, delle colonie greche, dei commercii, delle
arti, dei porti, delle distanze tra i vari punti di approdo,
delle truppe romane poste ivi a guardia, delle forze dei
barbari, dei luoghi muniti, e di quelli bisognevoli di nuove
difese: e non dimenticò i monumenti e le leggende poe-
tiche degli Argonauti, di Achille e di Prometeo legato
alle rupi del Caucaso -.
I popoli e i re barbari mossi per tali provvedimenti
da timori e speranze si facevano amici. Una epigrafe la-
tina e una greca di Panticapea (Kertscìi), e due greche
di Fanagoria ricordano il re Tiberio Giulio Sauromate,
grande re dei re di tutto il Bosforo, e prestantissimo
amico dell'Imperatore e del Popolo Piomano : in un'altra
latina la città di Tomi {Kòstendjc) pone un monumento
1 .Sparziano, 13, 17 e 21; Arriano, Periplo del Ponto Eussino.
2 Arriano, Periplo del Ponto Eussino.
Gap. IV.] GUERRA AGLI ALANI. COLONIE. CACCE D'ADRIANO. 663
d'onore all'imperatore Adriano *. E chi tenta novità è
subito ridotto al dovere, come attestano in appresso gli
Alani, che mossi da Farasmane, re degli Iberi, devasta-
rono Armenia e Cappadocia e furono rimandati alle loro
montagne da Arriano accorso rapidamente con grande
apparecchio di armi: e Farasmane, già isdegnoso e su-
perbo, venne a Roma a sacrificare a Giove Capitolino, e
ne ebbe onori e accrescimento d'imperio ^.
Anche in Asia fu provveduto alla sicurezza dell'Impero
per via di colonie novellamente fondate o accresciute
nella Misia, in Siria, in Giudea e altrove ^ : ma come nella
più parte dei paesi asiatici eravi quiete, Adriano potè
attendere a farsi amici i popoli coll'edifìcar nuove città,
e col restaurare e abbellire di nuovi monumenti le an-
tiche.
Era grande amatore di cacce: e i poeti lo celebrarono
pei leoni e per gli orsi coraggiosamente uccisi in Libia
e nelle foreste EHconie di Grecia {"). In Asia per questo
medesimo amore frequentò le selve del monte Olimpo
di Misia, e ivi pressa) edificò la città detta Adrianotere,
cioè Cacce d'Adriano ^^ e l'altra chiamata Hadriani in
Bitinia nella valle del Rindaco sulla via da Prusa a Per-
gamo presso il villaggio di Beidjik ^
(*") Vedi Ateneo, XV, 21 : e riscrizione che celebra in versi greci l'uc-
cisione di un'orsa nelle selve dell" Elicona, trovata nel 1869 presso Tespia
in Beozia, pubblicata lo stesso anno ad Atene nella Nuova effemeride
archeologica, e riprodotta e tradotta a Parigi dall' Egger nei Comptes-
rendus de V Académ. cles Inscriptions, 1870, pag. 50.
1 Corpus Inscript. lai.. Ili, n. 783 e 705; Boekh, Corp. Inscript. graec.^ a. 2108 B.,
2123 2124
2 Arriano, Ordine della battaglia contro gli Alani; Dione Cassio, LXIX , 15, e Rei-
maro, ivi; Sparziano 13 e 17.
3 Corp. Inscr, lat., n. 374-, Henzen, n. 5153; Dione Cassio, LXIX, 12; Eusebio, Hist.
Eccles.. IV, 6; Eckel , li, 462, III, 441; Stefano Bizantino alla voce Palmira; Zumpt,
De colon... pag. 117-120.
4 Dione Cassio, LXIX, 10; Sparziano, 20.
5 Flemraer, De itiner. Hadr., p. 61 ; Perrot , Exploration de la Golatie et de la Bi~
thynie., pag. ■61-68.
004 CITTA ADRIANEE. OPERE PUBBLICHE IX ASIA. [Lib. VII.
Quattro città in Europa, ventidiie in Asia, e due in
AiMca per le opere che egli vi fece furono chiamate
Elie, Adrianee, Adrianopoli *, tra le quali una sola con-
tinuò fino ai giorni nostri a chiamarsi Adrianopoli.
Si ricordano suoi beneficii e monumenti in ogni con-
trada: restaurate Nicomedia, Nicea, Cesarea e le vicine
città, e Cizico metropoli dell'Ellesponto, rovinate da ter-
remoti 2; aiutata con molta pecunia l'edificazione del
grande Ginnasio di Smirne 3; rialzato con grande sforzo
di spese e di macchine il colosso di Rodi già fatto ca-
dere da un terremoto, e giacente da più di tre secoli^;
acquidotti e bagni chiamati Adrianei ad Antiochia, e
teatro e tempio, e altre splendide opere nel sobborgo di
Dafne 2; liberalità di acquidotti alla città di Troade e a
Durazzo <^: strade e monumenti di gratitudine in Cilicia
e in Galazia ^; adorazioni e culto divino in cento città,
tra le quali notiamo Eliopoli in Celesiria, dove proba-
bilmente cominciò allora l'edificazione dei grandi templi
di cui durano anche oggi le spettacolose rovine ^; e ri-
cordi di monete a Tiberiade, a Gaza, a Tolemaide, a
Cesarea, a Gerusalemme, e in altri luoghi della desolata
Giudea ^.
In Siria dove dimorò lungamente avanti e dopo il suo
inalzamento all'impero, le iscrizioni parlano di lui a Be-
rito {Beirut), e a Biblos <^, ove ebbe amici i retori Filone
1 Fiemmer, ìoc. cit., pag 61-S3.
2 Maiala, Chronographia. pag. 361; S. Girolamo in Euseb. Chron.
3 Corp. Inscr. graec, 3118.
i Maiala, Chronogr.j, p. 305.
5 Maiala, loc. eie... pag. 363.
C Filostrato, Vite dei So/isti.. Il, 1, 3; Corp. lascript. lai... Ili, n. 466; lleuzey, in
Rev. archéoìog., 1S62, voi. 6, pag. 319.
7 Perrot, Exploration de la Galatie, p. 2?S; Corp. Inscr. Ut., n. 227, 2^1, 310, 313,
311, 6057; Bull. Istit., 1862, p. 6S.
8 Corp. Inscr. graec, n. 4182; Wood, The ruins of Balhec otherwise Heliopolis in
Caeìosyria, London 1757.
9 De Saulcy, Numismatique de la Terre-Sainte. Paris 187 1, pag. 37, 85, 122-123, 159-
160, 174, 215-217, 333, 338, 312, 3S5.
10 Orelli, n. 511; Robinson, Voyage en Palestine et en Syrie, li, 691, e Renan, Mission
de Phèniciej 280. '
Cai». IV.]
ISCRIZIONI DI ADRIANO SUL LIBANO.
665
ed Aspasio, il primo dei quali gli scrisse un panegirico,
e l'altro la vita *. E nelle foreste del Libano al di sopra
di questa città rimane anche oggi in monogramma il
nome d'Adriano profondamente scolpito per centinaia di
volte sulle alte rupi, accompagnato in più luoghi da epi-
grafi in piene lettere di 30 e 40 centimetri: scritture sin-
golarissime, credute come una specie di cartelli ivi posti
Ricordi di Adriano sul Liljauo yUcao-n^ Mission de 1'
-Ì73).
a nome dell'imperatore per distinguere quattro sorte di
alberi di proprietà dello Stato dagli altri concessi all'uso
privato '.
Sul finire di questi lunghi viaggi in tutto il mondo ro-
mano, pei quali sulle monete fu rappresentato in sem-
bianza dell'Oriente e del Sole 3, si vede correr l'Arabia,
1 Fragni. Historicorum graec, ed. DiJot, voi. Ili, pag. 560 e 576.
2 Renan, Mission de Phénicie^ Paris 1864, pag. 25S-2SI.
3 Eckel, VI, 475; Cavedoni, in Bull Jstit. arch. ^ 1853, 141 ; Cohen, Monn., voi II,
Adr.^ n. 330-333.
666 ARABIA. ED EGITTO. [ Lib. VII.
e lasciare anche a Petra {Wadi-Musa) il suo nome ^, e
poi per la via di Pelusio entrare in Egitto ove era stato
anche al cominciare del suo regno per causa di una se-
dizione delle città che armata mano si contendevano
l'onore di accogliere il Bue Api ritrovato dopo molti
anni '^.
Qui lamentando che non abbia tomba l'uomo già ono-
rato di templi, rifa con più magnificenza il sepolcro a
Pompeo rovinato dal tempo ^, edifica sul Monte Clau-
diano un tempio a Giove Sole, Grande Serapide, e agli
altri Dei ivi adorati ''■, conduce lungo il Mar Rosso per
luoghi piani e ricchi di acque una strada di cui parla
un'epigrafe recentemente illustrata^; naviga il Nilo, vi-
sita le città d'Egitto e di Nubia, e lascia ricordanze del
suo passaggio nei monumenti e nei templi ^.
Pel suo amore alle cose antiche fece più lunga dimora
a Tebe (Karnak), ove i cittadini lo festeggiarono po-
nendo a un mese intero il suo nome ^. La città famosa
per le cento porte cantate da Omero, e per gli splendori
dei grandi suoi monumenti era a quel tempo visitata so-
prattutto per uno dei due Colossi che Amenofì III, ot-
tavo re della Dinastia diciottesima, aveva inalzati a sé
stesso; Colosso che nelle finzioni dei Greci ebbe il nome
di Memnone figlio di Titone e dell'Aurora, morto alla
guerra di Troia. Questo monumento dopoché da un ter-
remoto fu rovinato nella sua metà superiore ^, la mattina
colpito dai raggi del sole mandava un rumore che dice-
vasi la voce di Memnone salutante il jìtorno della sua
1 Corp. Jnscript. graec. , n. 4GG7; Momnisen, Corp. Inscript. latin. ^ III, pcvg'. 17.
- Sparziano, 12.
3 Appiano. Giterr. Civ.j II, 86; Dione Cassio, LXIX, 11; Sparziano, 11.
* Letronne, Inscript. de l'Ègypte, I, 153.
5 Miller, in Revue nrchéoìogique, 1S70, voi. 21, pasr. 313-318.
6 Rosellini, Monumenti dell'Egitto e della Nubin^ Monitm. storici, voi. Ili, parte 1%
ag. 216, ecc.; Campollion-Fiireac, Epypte ancienne, pag. '107, 471, Paris 1839.
7 Epigrafe, in Letronno, La statue vocale de Memnon, pag. 189-192.
8 Strabone, XVII, 1, K!.
Gap. IV.]
VISITA AL COLOSSO DI MEDINONE.
667
madre divina; e fu tenuto per una delie grandi maravi-
glie del mondo *. Molte epigrafi greche e latine, in prosa
e in versi, scolpite sulle gambe e sul piedistallo serbano
ancora piti di cento nomi di personaggi greci e romani,
prefetti di Egitto, giudici, ufficiali e soldati venuti ad
ascoltare il miracolo; e tra essi i nomi di Adriano e della
sua sposa Sabina. Una epigrafe latina ricorda Vimpera-
éM^.
Colosso di Meninone {DescrìpHon de l'Egypte^ A.n(iquitéSj voi II, pi. 20 e 22)
tore Adriano senz'aggiungere altro. Una in .versi} greci
posta da una Giulia Balbilla narra che Memnone [vedendo
Adriano re del mondo, gli détte il buon giorno anche
prima del sorger del sole; poi quando il sole fu alto, il
1 Tacito, Annalj II, GÌ; Letronne, loc. cit.^ pag. 43.
668 I .MIRACOLI DELLA STATUA VOCALE. [Lib. VII.
colosso con suono acuto come quello di un vaso di bronzo
percosso salutò per tre volte l'imperatore, il quale gli
rese il saluto. In altra epigrafe greca che dallo stile sem-
bra della stessa poetessa, è detto che Meninone meno
gentile con Sabina rimase muto alla sua prima visita.
Quindi grande sdegno della regina. E Memnone per ti-
more che anche il re si sdegnasse, e che una lunga tri-
stezza prendesse la sua venerabile sposa, il giorno di
poi a un tratto fece risuonare la sua voce divina atte-
stando che si dilettava della compagnia degli Dei (").
Ad Alessandria Adriano fu accolto con lietissima festa,
se dicono vero le medaglie in cui vedesi entrare con
pompa trionfale e stringere la mano alla città che gli
presenta i suoi omaggi, e fare con essa sacrifizi agli Dei
del paese *.
e*) Vedi Bescription de l'Égt/pie, ou recueil dcs obsernations et des
recherchcs qui ont eie faites en Égyple j^cndant V expedition de l'armie
frangaise, piiblié per Ics ordres de l'empereur Napoléon le Grand,
Paris 1809, voi. I. pag. 100-120; Letronne, La staine vocale de Memnon
considerce dans ses rapports avec l'Ègypte et la Grece, Paris 1833,
ì\\ 4° di pag. 274, e Jnscriptions grecques et latines de l'Ègypte, voi. II,
pag. 316-419; Lep:^ius, Denkmàlcr aus Aegypten und Acthiopien , Ber-
lin 1849, voi. VI. Per le epigrafi latine vedi anche ]Mommsen, Coiy. In-
script. latin.. Ili, pag. 9-14, n. 30-66.
La statua vocale, dopo aver parlato por circa due secoli e mezzo finché
restò mutilata, si tacque per sempre quando l'imperatore Settimio Severo
la restaurò nell" intento di render vita alla religione morente. Strabone
dapprima avea sospettato che il colosso parlasse per artificio di sacer-
doti, e il sospetto fu accolto anche dai primi che nei tempi moderni vol-
sero ad esso gli studi. Oggi air incontro è dalla scienza provato che il
rumore di I\Iemnone veniva dalla vibrazione del colosso monolite nel cam-
biamento di temperatura cagionato sopra di esso dai primi raggi del
sole. Questo eftetto naturale fu dalla scienza osservato sulle brecce in più
luoghi. L'Humboldt lo notò sulle rive dell'Orcnoco; e Cliampolli^on e altri
sentirono risuonarc nel medesimo modo i graniti del palazzo di Karnak,
e quelli Siene, del Sinai e dei Pirenei.
J Campollion-FigeaC; loc. cit.
Gap. IV.] IL ^lUSEO D'ALESSANDRIA. 669
Egli riparò le rovine fattevi dai Romani nell'ultima
guerra contro i Giudei sollevati, rese alla città gli antichi
privilegi e ne concesse dei nuovi * : e come amatore di
studi prese a cuore il Museo, antica istituzione scienti-
fica e letteraria dei Lagidi, vi messe a capo Lucio Giulio
Vestino, gran sacerdote di Alessandria e di tutto l'Egitto,
stato suo maestro e segretario, e preside delle biblioteche
greche e latine di Roma-; ascoltò i dotti e prese parte
a loro dispute, e in questa gabbia delle Muse, come la
disse Timone, rinchiuse altri sofisti e poeti ^ che nutriti
a pubbUche spese parlavano e cantavano secondo le vo-
glie e gli amori del principe.
Un'epigrafe in versi latini celebrando l'arrivo di Adriano
in Egitto cantò il suo pio secolo e il ritorno degli uomini
all'antica virtù ^: e un Pancrate cantò il principe gra^
cacciatore per avere ucciso un ingente leone di "ijStm
e con esso celebrò il suo bello Antinoo, e per prèr^^Jriu
ammesso nel Museo a godere la mensa egiziana ^.
Ma a tutti non piacevano gli scandalosi amori del prin-
cipe. Gli Alessandrini dopo averlo festeggiato all'arrivo ^,
quando fu partito si burlarono dell'imperiale cinedo,
e Adriano li chiamò razza sediziosissima, vanissima, in-
giuriosissima, di mali costumi, intesa solo ad adorare
come suo Dio il guadagno, con altri vituperi e rimpro-
veri ^.
Mentre navigava sul Nilc^ perde il suo bello Antinoo
annegato casualmente nel fiume, come scrisse egli stesso,
0 sacrificatosi per la salute del suo amatore alla quale
secondo il dire dei maghi occorreva una vittima. Ed egli
1 S. Girolamo, in Eicseb. Cìiron. ; Vopisco, Saturnino. 8.
2Fabretti, Inscript. antiq.^ pag. 19S, n. 479; Letronne, Recherches pour servir à
l'ìiist. de VÉgypte, pag. 251 ; Mattcr, L'école d' Alexandria^ 1, pag:. 2fi6, 2" edit., Paris 1840.
3 Sparziano, 20; Timone, in Ateneo, XV, 41; Filostrato, So/Isti^ I, 22, 3, e I, £5, 3.
•4 Corpus Inscript. latin. _, voi. Ili, n. 77.
5 Ateneo, XV, 21.
fi Eckel, Doctrina Num. vet.^ V[, 180-191.
7 Vedi la lettera di Adriano a Serviano, in Flavio Vopisco, Saturnino., S.
VANNacci — Storia dell'Italia antica — IV. 84
670 APOTEOSI DI ANTIXOO. RITORNO DI ADRIANO A ROMA. [Lib. VII.
femminilmente lo pianse con vergognoso dolore, e presso
al luogo dove morì edificò col nome di lui la città di An-
tìnopoìì {CJieikli- Abaci), lo fece Dio con templi, sacerdoti
ed oracoli da lui stesso composti, e disse di vedere nel
cielo la sua anima volata in un astro novellamente com-
parso, e per tutto il mondo gli dedicò simulacri. 1 Greci
e gli Asiatici adulatori al potente si affaccendarono ad
adorare l'imperiale Batillo con gli attributi di. Bacco, di
Mercurio, di Apollo, di Nume Egiziano, a festeggiarlo con
giuochi solenni, a celebrarlo con medaglie ed epigrafi *.
Poi il SUO culto venne anche a Roma: un collegio dei
suoi cultori prese stanza a Lanuvio: la villa Tiburtina si
empì dei ricordi di lui - : e dappertutto se .ne moltipli-
caron le imagini in pitture, in bassirilievi, in statue e in
busti marmorei che rimangono ancora in parecchi Musei
ad attestare le eleganze dell'arte, e a perpetuare la me-
moria delle imperiali sporcizie ('').
L'imperatore tornò a Roma glorioso delle tante opere
fatte in ogni provincia, dei confini afforzati con baluardi
(") ^Vinckelmaun. Storia delle arti, lib. XII. c;ip. I, e Monumenti ine-
diti, n. 179; Vi.sc'onti, Museo Pio dementino, I. -tav. 7, Monumenti scelli
Borghesiani, tav. 36, e Musée des antlques, voi. Ili, Busti, pi. G; Le-
vezow, Ueber den Antinous dargestellt in den Kunstdenkmàlern des
Alterthums , Berlin 1808; ^Mongez, Iconographie romaine, III, p. 52-54;
Righetti, Descrizione del Campidoglio, l, tav, 3, 60 e 93; Gonze e IMi-
chaelis, Scavi di Eleusi, in Bull. Istit. arch., 1860, pag. 179; Lenormant,
in Revue archèolog., 1874, voi. 28, pag. 217-219, pi. 17. Il nome di An-
tinoo rimane ancora con quelli di Adriano e Sabina sull'obelisco che stette
nella Villa Adriana, e ora sorge sul Pincio. Rosellini , Moniim. dell'E-
gitto, parte 1^ tom. II, pag. 449; Nibby, Roma antica, II, 275.
1 Pausania, Vili, 9, 7-8; Sparziano, 11; Dione Cassio, LXIX, 11; Eckel, JDoc/r. ìV«ot.
vet.. VI, 52S-539; Corpus Inscript. graec. . n. 2IS, 233, 2309, ecc.; Mionnet, li, 57,
97, 160, 403, 417; Flemincr, De itiner. Hadriani. pag. 117-125; Cohen, Méd. frapp. sous
l'emp. rom.^ voi. II, pag. 27G.
2 Ordii, Inscr.^ n. 823; Viola, in Giornale Arcadico^ 1820, voi. VI, p. 207-213; Ratti,
Sopra wi' a» Cica iscrizione rinvenuta nel territorio di Civita Lavinia, spettante alla
città di Lanuvio, in Accadem. rem. d'archeologia, 18?5, voi H, pa^'. 137-161; llonzcn,
n. 60S6.
I
Gap. I .1 ORDINAMENTI MUNICIPALI. 671
e colonie, della pace mantenuta per via di alleanze, di
amicizie e di doni, degli sforzi fatti a procurare l'unità
dell'Impero, alla quale pare mirasse anche collo studio
posto ad aprire più larga via al diritto della cittadinanza*.
Vi hanno ricordi di privilegi concessi ai decurioni, e ai
municipii, che poterono ricevere eredità fidecommissarie
e legati '^. Adriano in varie maniere favorì parecchie
città 3, i cui oneri par che scemasse anche ordinando in
altro modo le poste \ mentre d'altra parte si vede come
egli studiasse di porre i privilegi delle città al di sotto
degli statuti imperiali ^. Di più , o fossero i municipii
stessi, che per adulare all'imperatore menomavano la
propria libertà dando a lui e ai suoi alcuni degli ufficii
municipali, o fosse Adriano, che per suoi fini volesse
entrare dappertutto^ lo vediamo pretore in Etruria, dit-
tatore ed edile e duumviro nelle città latine, quinquen-
nale in Italica sua patria e in Adria, demarco a Napoh,
e arconte ad Atene ^: e una epigrafe ricorda distinta-
mente il suo duumvirato a Minturna ^. Oltre a ciò, nel-
r amministrazione delle faccende municipali eravi anche
l'ingerenza dei curatori imperiali, della cui sorveglianza
incontrasi il primo esempio sotto Traiano che a questo
effetto mandò a Bergamo P. Clodio Sura, trasferito poi
da Adriano a Como col medesimo ufficio ^: e si moltipli-
carono da ogni parte in appresso, e a poco a poco tol-
sero via l'indipendenza amministrativa delle città.
Egli attese con cura particolare alle leggi, e fu lodato
1 Gaio, Instìt.. I. 30, 77, SO, 81 e 92; Sparziano, Adr.. 21.
2 Digest., XLVIII, 19, 15; Ulpiano, Fragm., XXII, 5, e XXIV, 2S; Walter, Storia
ilei diritto di Roma, 611.
3 Dione Cassio, XLIX, 5
4 Sparziano, 7. Conf. 'Sa.udet, De l'administration des postes ches les RomainSj p. 14.
5 Uljiiano, Fragìn. j in Caillet, De ratione in imperio romano ordinando ab Hadrian
imp. adhibita^ pag. 106.
6 Sparziano, 19; Dione Cassio, LXIX, 16.
7 Orelli, 3S17; Monimsen, Inseript. Regni Neapol., 4059.
8 Orelli, Lìscript... n. 389S; Henzen, Sui curatori delle città, in A.nìì. Istit. arch. .,
1851, p. 11.
672 LEGGI, GIUSTIZJA, EDITTO PERPETUO. [Lib. VII.
perdio studio posto nel render giustizia, nell'esercizio
della quale tenne per massima che nei maleficii si guarda
alla volontà non all'esito ("), e che quindi può assolversi
chi uccise senza intenzione di uccidere, e che all'in-
contro chi ferì per uccidere debbe condannarsi quale
omicida, quantunque non venisse morte dalla ferita *. Vi-
gilava i magistrati, e sovente giudicò da sé stesso, assiso
tra consoli e pretori, e si cinse dei più valenti giurecon-
sulti, come Giulio Celso, Salvio Giuliano, Nerazio Prisco,
alle opinioni dei quali détte con un rescritto autorità
maggiore di quella che avessero prima -. Usò special-
mente dell'opera di Salvio Giuliano, giureconsulto allora
più famoso d'ogni altro, per compilare Veditto perpetuo,
che fu una specie di codice, nel quale si raccolsero or-
dinati, compendiati e commentati tutti gli editti prece-
denti dei pretori, degli edih e proconsoli, e si fissò in
modo positivo il diritto onorario, così appellato, perchè
veniva da editti di magistrati esercenti gli onori. È at-
testato che l'imperatore stesso prese parte a quest'opera,
da cui, tolte via le incertezze provenienti dalla grande
varietà degli editti, fu resa più determinata e più chiara
la scienza. E pare anche che per essa fosse preparata la
via a dar leggi uguali alle province, e che quindi venisse
dallo stesso concetto di rendere più unito l'Impero".
Ai senatori vietò di pigliare i tributi in appalto * : e
tra i suoi provvedimenti migliori furono quelli diretti a
•
(") In maìcficiis voluntas spcctatur, non cxitua. Digesto, XLVIII, 8, 14.
1 Digest.. XLVIII, 8, 1, § 3.
2 Sparziano, 18, 21, 22; Dione Cassio, I.XIX, 7; Gaio, 1,7 ; Orelli, Inscr.. 23'59; Momni-
sen, Inscf. Regn. Neap., 4931, e Borghesi, ivi; Sickel, De Neratio Prisco icto, Lipsiae
1738; Viertel, De vitis ictorum. Konigsberg ISG8, pag. 20-30; Walter, loc. cit.. 409.
3 Giustiniano, Cod., I, 17, 2, 111, 33, 15, IV, 5, 10; Entropio, Vili, 9 ; Eusebio, C/iro)ì. ;
Eincccio , De Salvio luliano ictorum sua aetate coryphaeo j Hallo 1732; Bioner, De
Salva Juliani meritis de edicto praelorio vite aestimandis, Lipsiae 1809; Ortolan, Hist.
de la législation romaine. Paris 1844, pag. 263, 3' édition ; lludorff, Edicti perpetui quae
reliqua sunt. Lipsiae 1869.
* Dione Cassio, LXIX, IG.
Gap. IV.] PROVVEDIMENTI A DIFESA DEI SERVI. 675
procurare che i servi fossero più umanamente trattati,
rinnovando e allargando gli ordini di Claudio, vietanti
ai padroni di uccider gli schiavi, e sottoponendoli, come
gli altri uomini, al giudizio dei tribunali. Relegò per cin-
que anni una matrona, che per lievi cagioni aveva atro-
cemente torturato le ancelle; proibì di adoperare a ca-
priccio i tormenti; e, mitigando il feroce senatoconsulto
silaniano che dannava a morte tutti i servi deha casa in
cui fosse stato ucciso il padrone, statuì che si desse la
tortura soltanto a quelU, che per la vicinanza potevano
aver cognizione del delitto. Vietò pure di vendere uomini
e donne a maestri di gladiatori e a ruffiani, e tolse via
gli ergastoli, orribili carceri, in cui i servi erano rin-
chiusi a lavori forzati *. Tra gli ordini dei tanti rescritti
con cui prese a riformare e regolare ogni cosa (''), è no-
tevole lo studio posto a toglier via con minacce di morte
il barbaro uso della evirazione forzata o volontaria dei
servi e dei liberi ^i e fra le sue opere buone debbe ri-
cordarsi anche l'aver provveduto agli alimenti dei fan-
ciulli poveri, allargando gli ordini dati già da Nerva e
Traiano, e fissando che i maschi si nutrissero fino a 18
anni, e le femmine fino a lì ^.
Onde è giustizia concludere che Adriano, valente am-
ministratore, fece molto bene al mondo: ma da ciò non
viene che egli sotto il rispetto della onestà e della bontà
debba esser posto alla pari con Traiano e coi due An-
tonini suoi successori, che furono chiamati i santi del
paganesimo. Stranezze dispotiche e voglie crudeli non di
rado gli stravolgevano l'animo: e dopo aver detto delle
{^) I rescrittti di Adriano furono recentemente riuniti dall' Haenel nel
Corpus legum, pag. 88-101.
1 Sparziano, IS; Digest.. \, 0, 2, e XLYIII, IS, I.
2 Binest.^ XLVllI, 8, 1, § 2.
3 Sparziano, 7; Digest.. XXXIV, I, 14.
G74 OPERE DEL PRINCIPE NON FRENATO DA LEGGI. [Lir. VII.
sue opere buone, la storia imparziale debbe ricordarne
le tristizie e i malvagi costumi.
Sparziano tocca delle contradizioni di esso, dicendolo
severo, lieto, piacevole, grave, lascivo, lento, avaro, libe-
rale, simulatore, crudele, clemente, vario in ogni cosa*:
e si citano più fatti che stanno a conferma di questa
varietà di contegno.
Dapprima fece mostra di grande clemenza, né volle
uccidere alcuni cittadini, che altri accusava come sospetti
di tentar novità ^i e appena saUto sul trono, lungi dal
perseguitare i vecchi nemici, disse ad uno dei più crudi:
Tu V hai scampata perchè io sono imperatore ^; e sì mo-
strò cortese alla donna che per via gli chiese giustizia,
e apertamente gli rammentò che chi regna deve sempre
ascoltare i richiami ^.
Fra le sue sentenze che altri raccolse, molto notevole
è la risposta data ad un figlio il quale negavasi di dare
alla madre una parte del congiario avuto dall'imperatore.
Se tu non riconosci la madre, disse egli, neppure io ri-
conosco te per cittadino romano ^.
Pure ebbe anch' egli le ore del despota, che quasi sem-
pre vengono a chi non ha freno di leggi. E se è vero,
come giurava, che non uccise i quattro personaggi che
al principio del suo regno gli congiurarono contro, è
detto che in appresso uccise altri, mosso da animo so-
spettoso e crudele *^, e dopo essere stato degnevole coi
cittadini ammettendoli agli imperiali conviti, e alTabihs-
simo coi più umili, e cortese oltremodo agli amici, che
visitava infermi, e aiutava e onorava in tutte le guise ',
1 Sparziano, 14.
2 Sparziano, 5.
3 Sparziano. 17.
4 Dione Cassio, LXIX, G.
5 Vedi Dositeo, Hadriuni sententiae^ 11.
« Dione Cassio, LXIX, 3 e 23 ; Sparziano, 2C.
7 Sparziano, 9 e 20; Dioùe Cassio, LXIX, 7.
Gap. IV.] STUDI DI LETTERE, DI SCIENZE E DI ARTI. 675
fini col trattarli tutti come nemici, e alcuni ridusse alla
estrema miseria, altri forzò a uccidersi, e altri vituperò
con libelli famosi, e perseguitò anche quelli cui doveva
l'Impero. Da ultimo tenuto come nemico Celio Azziano,
già suo tutore, che con Plotina molto operò per farlo
salire; perseguitato Marzio Turbone, uomo di severi co-
stumi e prode soldato, benemerito per segnalati servigli
resi allo Stato e al principe: altri con vari pretesti pro-
scritti, e poscia fatti ammazzare K Con trista curiosità
voleva sapere ciò che facevasi in casa degli amici, e man-
dava spie a esplorare: e, violando le lettere, scopriva i
segreti domestici di mogli e mariti -.
Promosse gli studi a Roma, in Grecia, in Egitto, ma
anche dagli studi che fanno l'uomo più mite prese oc-
casione ad atti crudeli. Dicemmo che fino da giovinetto
era stato studiosissimo dei Greci. Sulle prime per esser
vissuto in provincia non pronunziava bene il latino, e ne
fu beffato nella Curia, quando parlava o leggeva a nome
di Traiano; ma poscia si corresse di questo difetto, e
riuscì valente oratore, e si citano parecchie orazioni di
lui e altri scritti 3. Ebbe prodigiosa memoria, e poteva
ripeter tutto un libro letto solo una volta. Al tempo stesso
scriveva, dettava, ascoltava, conversava cogli amici ^
Scrisse poemi, rispose in versi agli altrui epigrammi, fece
versi pei suoi sconci amori, e coi versi accompagnò Plo-
tina al sepolcro ^. Attese a tutti gli studi e a tutte le
arti: cantava di musica, suonava di lira, dipingeva, mo-
dellava, architettava, pretese a mago ed astrologo, van-
tavasi di saper tutto, ed era cupido di gloria così che
scrisse la propria vita e le sue lodi, e^ le fece pubblicare
1 Sparziano, 1, 8, 9 e 13; Dione Cassio, LXIX, 1 e 4.
2 Dione Cassio, LXIX, 5; Sparziano, 11.
3 Sparziano, 3 ; Dione Cassio, LXIX, 3 ; Gellio, XVI, 13 ; Carisio, II ; Digest.. V, 3, 22 e
40, XXXVin, 17, 9; Gaio, II,2S5-, Meyer, Oratorum roman. fragm.. p. 372, Parisiis 1837.
4 Sparziano, 20.
5 Dione Cassio, LXIX, 3 e IO; Sparziano, 11; Apuleio, Agiologia, 11.
676 ACCOLTI. INVIDIATI E PERSEGUITATI I SAPIENTI. [Lib. VII.
col nome di un suo liberto. Aveva corte di filosofi, gram-
matici, retori, musici, medici, geometri, architetti, pittori,
e alcuni ne intrattenne con provvisioni e con gradi ono-
ratamente, e, come Vespasiano, ai medici e retori e gram-
matici e sofisti in più luoghi détte immunità * : ma quando
alcuno diveniva famoso lo cacciava da sé, lo persegui-
tava, lo infamava con satire atroci, perché aveva l'insania
di voler passare per primo in tutto, e invidiava la fama
di ogni altro. Ebbe invidia anche ai morti, famosi per
bontà 0 per ingegno: e tentò di screditare la memoria di
Tito, affermando che aveva avvelenato Vespasiano per pi-
gliarsi più presto l'Impero: e avrebbe voluto toglier di
seggio Omero, per mettere in luogo di esso Antimaco,
come pure insolentemente giudicava Platone, e preferiva
Catone a Cicerone, Ennio a Virgilio, e Celio a Sallustio.
Tutto .ciò poteva semplicemente essere effetto di gusto
non buono : ma nel suo grado non riusciva a conclusioni
innocenti la mania di imporre agli altri i suoi gusti let-
terarii ed artistici, quantunque non gli fosse difficile tro-
vare applausi ad ;0gni sua bizzarria, per le ragioni che
mossero Favorino, il quale, ripreso da alcuni amici per-
chè cedesse ad Adriano sopra una parola usata da buoni
scrittori, rispose argutamente: Gran torto avete, amici
miei, a non volere eli' io tenga pel più dotto del mondo
l'uomo che ha trenta legioni ai suoi comandi. E una delle
cose di cui questo stesso Favorino faceva maraviglia, era
di esser vivo a malgrado del suo disaccordo col principe ^.
Indegnissimo il modo con cui trattò Apollodoro, archi-
tetto del Fóro e della colonna traiana, col quale aveva
antiche cae;ioni di odio. Mentre Traiano un di ragionava
I Sparziano, 16; Di^gest.^ L, 4, 18, 30.
• Sparziano, 15 e 16-, Dione CassiOj I-XVI, 17, LXIX, 4; Aurelio Vittore, De Caesar.j
11; Filostrato, 5oj)/n's^, I, 8, 2; Aniniiano Marcellino, XXX, S, 10; Sainte-Croix, 5«r le
gout de l'empereur Adrien pour la littérature et les ar(s^ nella Mém. de ì'Académ des
InscrijUions et beli. ìett.. voi. I!>, pag. !13; Marres, De Favorini Are'.aten&is viCa^ stu-
diis, scì-iplis^ Traifcti ad Rhenum (Itrecht), ISS:*, pag. 20.
Gap. IV.] APOLLODORO E IL TEMPIO DI VENERE E ROMA. 677
di opere d'arte col grande architetto, Adriano ivi pre-
sente disse, a quanto pare, qualche grande schiocchezza.
Onde Apollodoro gli rispose : Va a dipingere le tue zuc-
che, perchè in questo tu non capisci nulla. Adriano non
dimenticò mai quella parola. Appena che fu divenuto po-
tente con sua lettera invitò il grande ingegnere ad aiu-
tarlo colla sua scienza nel rinnovamento delle macchine
da guerra, ed egli messosi all'opera costruì migliori con-
gegni da crollar mura, da edificar torri e ponti, trovò
strumenti più facilmente movibili, e nuovi modi per ri-
parare i soldati dagli strali nemici, e mandò all'impera-
tore disegni e modelli e artefici ammaestrati a questi
lavori, e con modeste e gentili parole si disse felice degli
ordini avuti *. Dopo questi segnalati servigi, non sappiamo
per quale delitto, si vede il valentuomo cacciato in esilio,
ove Adriano gh mandò il suo disegno del tempio di Ve-
nere e Roma, come a mostrargli che potevano farsi grandi
opere anche senza di lui, e gli chiese il parer suo. Apol-
lodoro trovò da criticare sotto più rispetti il disegno, e
quanto alle statue di Venere e Roma, poste a sedere in
una cella del tempio, notò esser più grandi di quello che
comportasse il luogo, e aggiunse che se volessero alzarsi
e uscire non sarebbe loro possibile. E il principe rispose
da par suo alla critica, mandando assassini a uccidere
il libero artista -.
Questo tempio di Venere e Roma, fondato, come mo-
strano le medaglie, ai 21 di aprile (874 di R., 121 di G.
C), anniversario della fondazione di Roma, sorgeva sulla
Via Sacra presso all'anfiteatro Flavio: e rimangono anche
oggi i ruderi delle due celle, e, giacenti sul suolo, le grandi
colonne di granito, che servivano a sostegno di un magni-
fico portico ai fianchi del tempio. Sappiamo che l'edifizio,
1 Vedi, Poliorcetìca excerpta ex libris ApoUodori^ iu Vetemm Mathemalieorìim operoj
Parisiis 1693, pag. 13 e segg.
2 Dione Cassio, LXIX, 4. Conf. Sparziano, 19. '
VAjfNucci — Storia dell'Italia antica — IV. 85
GTS
[LiB. VII.
Ristaurazione del tempio di Veneru e Roma col coios'^o ni iMii.hl' ir.-^so aii Aniiieiurfj
{Canina^ Edif.j II, tav. 55 A.)
Gap. IV.] OPERE PUBBLICHE A PvO?»IA. MAUSOLEO D" ADRIANO. 679
splendido di preziosi marmi, era dei più belli e grandi
di Roma; e anche le sue rovine attestano del gusto e
della magnificenza di Adriano: ma, come fu con ragione
osservato, il sangue d'Apollodoro contamina tutto *.
In Roma Adriano restaurò il Panteon, i Septì, la Ba-
silica di Nettuno, molti templi, il Fóro di Augusto, le
Terme d'Agrippa, ne fece altre nuove dove si rinvennero
antichi dipinti : e dal collegio degli auguri fece ristabilire
i termini del pomerio ^. Dedicò un tempio a Traiano,
quantunque sia detto che per invidia al vincitore dei Daci
rovinasse il teatro da lui eretto nel Campo Marzio; e
pare anche che allargasse il Fòro Traiano ^.
Tra le sue opere nuove di primo ordine è il Mausoleo,
costruito presso al Tevere per sé e pei successori, per-
chè agli imperiali cadaveri non rimaneva più luogo nel
sepolcro d'Augusto ^. Fu una mole superba, sorgente al-
tissima in forma rotonda sopra un dado quadrato, co-
perta di grandi massi di marmo e coronata di statue di
egregio lavoro, tra le quali levavasi colossale quella del-
l'imperatore nel centro: capolavori, che poscia nelle
guerre dei barbari servirono di armi da lanciare contro
gli assaUtori, e i Greci le avventarono contro i Goti ^. E
quindi nella lunga notte della barbarie il superbo sepol-
cro fu mutato, col nome di Castello S. Angelo, in for-
tezza, da cui Italiani e stranieri travagliarono la città
caduta dalla sua prima grandezza; e successivamente,
spoglio dei suoi ornamenti, vide violenze fatte e patite
da papi e baroni; fu stanza a Crescenzio, a Marozia, a
Cola di Rienzo ^. Poi divenne una trista prigione papale
1 Nibby, Roma antica, II, 723; Ampère, L'empire rom. a Rorae^ II, pag. 191.
2 Sparziano, 19; Grutero, 198, 1; Orelli, n. 811; Braun, in Annal. Istit. archeolog.^
ISIO, pag. 161
3 Sparziano, 9, 19; Biinsen, in Annal. Istit. archeolog.., \<?,~, pag. 11.
4 Dione Cassio, LXIX, 23; Canina, Edifizi. HI, pag. 143-154, e IV, tav. 283.
5 Procopio, I, 22, III, 36, IV, 33.
6 Nibb}-, loc. eie. II, 4SS-518.
680
MAUSOLEO D'ADRIANO E PONTE ELIO.
[LiB. V!
destinata a strazio di chiunque contrastasse al dispotismo
dei preti. E da ultimo noi lo vedemmo al tempo stesso
prigione e fortezza e corpo di guardia francese fino al
1870, in cui la nostra sacra bandiera inalberatavi dai
soldati italiani, dalle alture dell'antico sepolcro annunziò
al mondo la morte del mostruoso governo dei preti, e la
fine di ogni signoria forestiera in Italia.
Presso a questa superba mole l'imperatore edificò il
Mu^jsol.o d. AOr.ano rai.i-res.-ntaio n.'lhi sua intera architettura
col ponte Elio nella sua fronte (C'inina, Edif.^ IV, 2S5;.
Ponte Elio che oggi chiamasi Ponte Sant'Angelo, e anche
un circo per celebrare neir874 il natale di Roma *.
]^Iolte delle opere di Adriano furono fatte per servire
1 Sparziano, 10; Dione Cassio, LXIX, 23; Canina, Sui Circo edificato da Adriano vi-
cino al suo Mausoleo. n.>gli Atti delV Accademia Romana d'archeologia, 1S12, voi. X,
pag. la'.-r.l. .- /•;/,'.■;!, Ill, pag. 56, e IV, tav. 192 e 239.
Cap. IV.] VILLA ADRIANA. 681
ai gusti e al fasto di lui, quantunque sia detto, quasi a
indicare modestia, che non gli piaceva di scrivere il suo
nome sui monumenti. Fece sepolcri a' suoi cani e cavalli,
e una città costruì, come sopra fu detto, per ricordare
le sue valentie alla caccia, per la quale aveva amore fu-
rioso {").
A dimostranza di fasto, e a sfogo dei suoi piaceri di
artista, fece lungo lavoro la grande sua villa sul declivio
dei colli Tiburtini, ove, in uno spazio di più miglia di
giro raccolse le memorie e le imitazioni delle pili belle
maraviglie vedute nei suoi viaggi in Grecia e in Egitto.
Con curiosità infaticabile aveva voluto vedere tutte le cose
più singolari lette sui libri intorno ai vari paesi. Salì di
notte l'Etna per contemplare dall'alto il sorgere del sole,
che dicevasi mostrare di colà i colori variati dell'arco ba-
leno, e perciò stesso salì anche il monte Cassio (Djehel
Olirai)), presso Antiochia ♦. Nei viaggi prese le più belle
opere d'arte, che potevano trasportarsi, e delle altre recò
seco l'imagine, e le ricostruì nella gran villa. Ivi rifece
il Liceo, l'Accademia, il Pritaneo e il Pecile d"Atene, il
Canopo d'Egitto, e vi aggiunse tre teatri, una palestra,
un ninfeo, una biblioteca, un natatorio, uno stadio, e con
più altri edificii un grande e splendido palazzo d'abita-
zione. Una profonda valle fra Tivoli e la villa, chiamavasi
Tempe. Vi erano acque cadenti dall'alto, e due rivi scor-
renti ivi presso furono chiamati Cefiso ed llisso. Alle
falde del colle furono scavate quattro vie sotterranee per
rappresentare l'inferno. Non lungi si vedevano gli Elisi,
e in tutto il colle fiorivano vaghi giardini, ricchi delle
piante rarissime raccolte da ogni regione del mondo.
C^) Sparziano, 20: Dioue Cassio, LXIX. 10. Un'epigrafe che è sospetta
alVOielli (824) celebra la velocità di Boristene suo cavallo da caccia.
l Sparziano, 13, 14 e 17; Vignoli, De Cohtmna Antonini Pii^ cap. 7, pag. 123 e segg.
Conf. Strabene, XVI, 2, 8; Plinio, V, 13 (•?2»; Solino, cap. 36.
[LiB. VII.
Villa Adriana. Ruderi del palazzo imperiale {Canina^ Edij ^ VI, tav 156 e^lSS).
T<atro 0 Odeo (Canina^ Edif.^ VI, 151 o 152).
Gap. IV.] GUERRA AI GIUDEI. 683
Grande anche la ricchezza delle opere d'arte : gli edifizi
rifulgevano di marmi preziosi nelle pareti, e di squisiti
mosaici nei pavimenti. Innumerevoli le statue ritraenti
Dei, eroi, e massime Antinoo. Di tutte le quali splendi-
dezze non rimane ora che una grande rovina, da cui
uscirono più capolavori di statuaria, e fregi squisiti e
maravigliosi mosaici, trasportati ad adornare i musei, e
molte opere egiziane, vere o imitate ♦.
Altrove dicemmo che Adriano pose ogni studio a man-
tenere e anche a comprare la pace. Ora vuoisi aggiun-
gere che una guerra terribile arse durante il suo regno,
e che egli la combattè fieramente ed esterminò gli av-
versarli. Quella guerra fu l'ultimo atto disperato di un
popolo per riconquistare la sua indipendenza, fu l'ultimo
grido della nazione giudaica.
Adriano ebbe desiderio ardente di conoscere le varie
religioni dei popoli. In Grecia si iniziò ai minori e ai
maggiori misteri di Eleusi, e gli istituì anche a Roma^:
fu detto che pensasse a porre tra gli Dei anche Cristo •"',
e le tradizioni giudee pretendono che dapprima si facesse
proselita della legge mosaica. Ma, anche senza credere
a questo, può tenersi probabile che, mosso dalla sua cu-
riosità naturale, e dal desiderio di conoscere i costumi
e tutte le forze del popolo che avea resistito a Roma con
tanta energia, nel suo soggiorno di Siria cercasse gli
ordinamenti rehgiosi di esso, per aver modo più facile
a compierne la distruzione ^. Egli tolse a Gerusalemme
1 Sparziano, 23", Aurelio Vittore, De Caes.^ 1 1 ; Tconographia villae Tiburtinne Hadr.
Caes. olim a Pyrro Ligorio delineata et descripta^ poslea a Fr. Continio recogn.^ Ro-
mae 1751 ; Nibby, Descrizione della villa Adriana^ Roma 1827, e Dintorni di Roma^ III,
647-706; MùUer, Roms Campagna in Beziehung auf alte Geschichte ^ Dichtung und
Kunst ^ Leipzig 1S24, voi. I, pag. 17S-204; Lepsius, in Annui. Istit. archeolog.^ 1S37,
pag. 168; Canina, Edifizi, voi. V, pag. 152-193, e VI, tav. 148-175.
2 Sparziano, 13; Aurelio Vittore, Ke Caes.^ 14; Dione Cassio, LXIX, 11; Corsini, Fcjs?;
Attici^ II, pag. 110; Flemnier, De itinerihus Hadriani^ pag. 33-40 e 48.
3 Lampridio, Alessandro Severo., 43.
* Salvador, De la domination romaine en Judée., II, 366.
684 GUERRA AI GIUDEI. [Lib. VII.
anche l'antico suo nome, ponendovi una colonia, che
chiamò Elia Capitolina. Fece un tempio a Giove dove
sorgeva il tempio di Dio, e di più vietò ai Giudei di cir-
concidere i figli *. Queste furono le cause immediate del-
l'ultima sollevazione, di cui partì il segnale da Tiberiade,
ove stava l'assemblea dei dottori con Akiba, rabbino o
maestro, che fu l'anima a cui tutti i capi dell'insurre-
zione servirono successivamente di braccio. E il suo nome
rimase venerato dall'intera nazione, perchè lavorò tutta
la vita a liberare la patria, e pose i primi fondamenti
della nuova legge del popolo schiavo e disperso, e a lui
è attribuita la Kahhala, dettata nell'oscuro linguaggio
necessario a cospiratori 2.
Annidi Ro- Lo scoppio della sollovazìone generale fu preceduto da
g^caìÌ^ sforzi particolari di bande insorte e afforzate sulle mon-
tagne. La nazione tutta corse alle armi capitanata da
Barcocheba, il figlio della stella, cui Akiba pose in mano
il bastone del comando, la spada di Dio e del popolo : e
tre anni di terribile resistenza mostrarono quanta fosse
la sua energia, quanto il suo senno di guerra. Fu detto
clie la sua bocca vomitava fiamme 3, allegoria orientale,
significante la potenza che egli aveva a infiammare i
suoi partigiani. Afforzò città, villaggi, borgate e ogni
luogo atto a offesa e difesa, e scavò vie sotterranee per
avere sicuro passo da un luogo all'altro; fece rappresa-
glie feroci contro Tinnio 0 Tineio Rufo, governatore ro-
mano della Giudea, che mise le mani nelle robe di tutti,
e alla fine rimase sconfitto: e l'insurrezione in breve .si
allargò, e agitò, dice Dione, quasi tutta la terra. Adriano,
intento ad usare ogni provvedimento atto a schiacciarla,
chiamò daha Britannia Giulio Severo («), il duce più
e*) Dione Cassio, LXIX, 13. Una iscrizione mutilata pare che ricordi
1 Dione Cassio, LXIX, 12; Sparziano, 1!.
2 Salvator, loc. cit.^ II, 513.
3 S. Girolamo, Advers. Ruff.^ lib. 3.
Gap. IV.] GUERRA AI GIUDEI. G85
grande di questa età, il quale seguendo le arti di Ve-
spasiano, evitò gli scontri generali di nemici che la di-
sperazione faceva tremendi, li battè separatamente, chiuse
loro le vettovaglie, ed entrato nelle fortezze metteva tutti
a filo di spada. Il centro della rivolta e delle operazioni
di guerra fu a Bitter, presso Gerusalemme, ove gli asse-
diati sopportarono tutti gli orrori della fame e della sete
con eroico coraggio. Akiba, ivi rinchiuso, animò colla sua
energia gli ultimi martiri della hbertà nazionale. Presa
la fortezza d'assalto, Barcocheba peri colla spada alla
mano, e Akiba, caduto in potere dei nemici, fu tratto al
supplizio con gli altri dottori, che avevano fatto parte
del consiglio di difesa. Lo serbarono a perir l'ultimo:
vide gli strazi dei suoi infelici compagni, e poscia, lace-
rato con uncini di ferro, mori intrepidamente ripetendo
che V Essere è Dio K
La tradizione narrò di milioni di uomini uccisi, e di
torrenti di sangue grandi cosi che trasportavano macigni,
e di un gran muro costruito da Adriano con le ossa dei
morti. Incalcolabile il numero dei periti di malattie e di
fame. Secondo Dione i Giudei ebbero 580 mila morti di
ferro, e furono prese loro 50 fortezze e distrutti 985 vil-
laggi ("). Tutto ciò può credersi facilmente ingrandito.
la legazione di lui in Britannia. Vedi Borghesi, Burbule'io , in Opere,
voi. IV, pag. 166, e Hùbner, Inscr. Brit. lat., n. 276, Altre epigrafi ri-
cordano tra i duci C. Nummio Costante, e Q. LoUio Urbico premiati da
Adriano di corona aurea, di collane, di armille e di falere per loro pro-
dezze nella guei'ra giudaica. Vedi Orelli, 832; Henzen, 6500.
(«) Dione Cassio, LXIX, 13-14; Eusebio, Hist. Eccles., lY, 6, e Chron. ,
conf. Fi'ontone, Epist., II, 96. Di questa guerra scrisse particolarmente
il jMiinter, Ber jùdische Krieg unlcr Trojan und Hadrian, Altona 1820.
Vedi anche Tillemont, Hist. des empereurs, voi. II, pag. 285-294; Bor-
ghesi, loc. cit, pag. 165-168. Per le monete che si riferiscono ad essa,
vedi Flemmer, Be iiincribus Hadriani, pag. 97-104.
1 Salvador, loc. cit.. II, 57>'.
Vannuuci — Storia dell'Italia antica — IV. 86
686 GUERRA AI GIUDEI. COSTUMI DI ADRIANO. [Lir. VII.
ma riman certo che senza numero furono le calamità
che accompagnarono e seguirono la guerra. La Giudea
fu ridotta a deserto, e i molti prigioni andarono venduti
alle fiere di Terebinto e di Gaza K Furono moltiplicati i
provvedimenti e i decreti per estinguere affatto il sen-
timento della patria presso i Giudei, cui fu vietato di
avvicinarsi a Gerusalemme: e solo più tardi gli esiliati
poterono comprare il permesso di piangere una volta
l'anno sulle rovine della santa città, nell'anniversario
della sua distruzione ("). E quindi la memoria di Adriano
(a cui pare che pel compimento di questa guerra fosse
eretto un monumento pubblico a Roma) (^) rimase piena
di abominazione, e il suo nome fu pronunziato con or-
rore nelle solennità dei Giudei ^. Anche i Cristiani furono
insultati nella vittoria: posto un porco di marmo sulla
porta della città rimpetto alla grotta di Betelem, conver-
tita in tempio di Adone, mentre statue di Venere e di
Giove sorgevano sul Calvario e sul santo sepolcro ('^).
Quanto ai costumi di Adriano sappiamo che egli fu
adultero, e non rispettò neppur l'onore degli amici. Ma
sotto questo rispetto meglio d'ogni altra cosa ce lo mo-
C) S. Girolamo, In Soplion., 2. . . . Excepto planciu prohibentur ingredi
leriisalem , et ut ruinam siiae eis fere liccat civitaiis pretio redi-
munt Videas in die quo capta est a Romanis et diruta lerusalem,
venire popiilwn htgubrem , connuere decrepiias mulierculas et senes
pannis annisque ohsitos. . . . ptlungere ruinas templi, etc. . . . Adluic fletus
in genis et livida brachia et sparsi cineres ; et miles mercedcm postu-
lat, ut illis fiere j^ius liceat.
(^) Vedi il frammento di una iscrizione troiata negli sgombri del Ta-
bularlo, Bullett. Istit. archeolog., 1851, pag. 107, e Henzen, 5457.
C) Eusebio, Chron. II tipo di un porco, a dispregio dei riti giudaici ,
si vede anche sopra le monete di Elia Capitolina. Vedi Cavedoni, Spici-
legio Numismaiico, pag. 284, e Bullett. Istit. archeolog., 1838, pag. 137,
e Tillemont, loc. cii., pag. 295.
1 Chronicon Aìcxnndrinum, pag. 50S
2 Salvador, H, 'm.
Gap. IV.
GIULIA SABINA.
687
strano i suoi infami amori per Antinoo, di cui toccammo
di sopra. Per causa di esso visse in discordia con sua
moglie Giulia Sabina, nipote di Traiano, la quale spo-
sata, con lieve assenso di questo, per favore di Plotina,
gli aveva resa più facile la via dell'Impero K È affermato
I
Sabina moglie di Adriano {Movr/ez. Icon. Rom ^ XXXVIII, 4).
che l'afflisse con trattamenti servili, e che accusandola
di umore difficile e aspro diceva l'avrebbe ripudiata se
fosse stato in condizione privata. Ed ella pure dolevasi
Sparziano, Adriano^ 2.
688 IMALATTIA E CRUDELTÀ DI ADRIANO. [Lib. VII.
fieramente di lui, e corse voce che dicesse di aver fatto
ogni sforzo per non dargli un figliuolo, il quale venendo
da tale uomo sarebbe nato a rovina del genere umano.
Fu detto pure che alla fine la facesse morire ^ Non sap-
piamo quanta parte di vero sia in questi rumori: ma sono
certe le atroci ingiurie che egli fece alla moglie coi suoi
sconci amori, colle sue follie per la bellezza maschile, ed è
certo che Sabina non potè avere affetto per lui. Se egli
allontanò dalla corte Svetonio Tranquillo, e gli altri che
trattavano troppo familiarmente con lei 2, ciò non prova
l'affetto del marito, ma la cura del principe pel decoro
della casa imperiale: e questo stesso e non altro dimo-
strano le medaglie, e i fastosi monumenti in cui l'impe-
ratore e l'imperatrice sono figurati in compagnia della
Concordia e sotto le sembianze di Marte e di Venere ("),
Da ultimo Adriano si ritirò alla villa di Tivoli, e ivi
attendeva a opere di smodato lusso, a sontuosi conviti,
a lascivie. Ma poco durarono i suoi godimenti. Una ma-
lattia irrimediabile gli straziò crudamente la vita: e al-
lora, impaziente del dolore, détte in strani furori e di-
ventò ferocissimo anche contro i più cari; e tolse di
mezzo più senatori, alcuni apertamente, altri per mezzo
d'insidie. Uccise Serviano, suo cognato, in età di 90 anni,
e Fosco, nipote di questo, in età di 18, accusandoli di
tentar novità, perchè non approvavano la scelta del suc-
cessore all'Impero, la quale era biasimata da tutti. E
Serviano spirò, pregando gli Dei che non concedessero
la morte al suo uccisore, quando più la cercasse '.
{") Vedi Cohen, Monn., II. p. 265-206; Rraun, Adriano e Sabina, BaS'
soi'iliet/o del Museo Chiaramonti, in Annal. Istit. ardi., 1839, pag. 243,
tav. agg. Z,. Sabina in figura della Concordia, e ornata di diadema è in
lina statua illustrata da \\. Q. Visconti nei Mommi, scrlti Borghesinni,
tav. XXXVI, n. 1.
'. A\irei:o ViUorc, Epit., Il; Sparzicno, 11 e 23.
2 S[iarziano, 11.
3 Dione Cassio, LXIX, 17; Sparziano, 15 e 23.
Gap. IV.]
ADOZIONE DI ELIO VERO.
089
A successore avea destinato per via di adozione L. Annidi ro-
Ceionio Commodo Vero, chiamato d'ora in poi L. Vero o^flV.''
Elio Cesare, un giovane a lui caro per la molta bellezza
e, al dire dei malevoli, per turpi commercii. E il fatto
fu celebrato con solenni feste, con grandi giuochi nel
Circo, e ricchi congiarii: i soldati ebbero 300 milioni di
Elio Cesare {Righelti, Campid.^ I, 149).
sesterzi, e nulla fu lasciato di ciò che potesse eccitare
lafpubblica gioia, quantunque il successore adornato della
pretura e mandato a governare in Pannonia, e poi fatto
console, fosse uomo da non promettere alcun bene di sé
690 BRUTTL'RE E MORTE DI VERO. ADOZIONE DI ANTONINO. [ Lib. VII.
nel governo del mondo. Le mollezze più rare erano suo
studio precipuo: inventò un pasticcio squisito, che ad
Adriano piaceva moltissimo. Fra i suoi raffinamenti era
pure un letto ripieno di foglie di rose, ove, profumato
di odori persiani, giaceva colle sue concubine coperto
d'un velo di fiori di giglio. Suoi libri prediletti erano gli
Epigrammi di Marziale e i versi più licenziosi di Ovidio.
Vestiva da Amori gli schiavi destinati a servirlo. Ai suoi
corrieri metteva le ali, perchè rassomigliassero gli Amori.
Alla moglie, dolente delle sue infedeltà, rispondeva che
la sposa si tiene per titolo di dignità, non per cagione
di piacere. Dal che vediamo quali beni fossero per ve-
nire all'Impero da questa adozione. Ma i disordini presto
portarono via questo novello Cesare, che fini d'un ri-
bocco di sangue, e come Antinoo, suo collega in turpi-
tudini, ebbe anch' egli statue colossali e templi in tutto
l'Impero '.
Dopo fu adottato Tito Aureho Fulvo Boionio Antonino
AnnidiRo- (13 febbraio), che poi con singolare bontà onorò il trono,
ma 891. di , ,, . -, ? • x • •
G. c 13S. quanto altri lo avevano contaminato con ogni maniera
d'infamie. Adriano chiamò intorno al suo letto i prin-
cipali fra i senatori, e presentando loro il nuovo adot-
tato , lo raccomandò come quello che aveva virtù e
senno da far felice il mondo. Poscia aggravò nel male:
più grandi le perdite di sangue: crebbe anche l'idrope,
che già gli dava fiero travaglio. Egli sperò vanamente
di liberarsene con arti magiche, ma alla fine non vedendo
scampo e sentendosi straziare da fieri dolori, chiese che
lo uccidessero di veleno o di ferro. Ninno gli rese il do-
mandato servigio, ed egli traendo guai, e lamentando di
non poter morire, mentre poteva uccidere altri, infierì
negli estremi momenti con ordini crudelissimi di cui im-
pedì gli efletti la umanità di Antonino. Alla fine in un
1 Sparziano, Adriano, 23; Elio Vero. 1-7; Dione Cassio, LXIX, 17 e 20.
Gap. IV.]
MORTE DI ADRIANO.
691
eccesso di cibo e di bevanda trovò la morte bramata.
Scherzando con leziosi ver-
setti rivolti alla sua anima,
ai dieci di luglio spirò nella
sua età di circa 62 anni e
mezzo dopo averne regnati
21 e undici mesi (").ll Sena-
to, che lo odiava perle sue
crudeltà, volle condannarne
la memoria e cassarne gli
atti, come quei d'un tiran-
no; ma fu salvato dalla pietà
di Antonino, il quale, te-
mendo anche per la sua
adozione, pianse e pregò,
e fece ricomparire molti
condannati, che aveva sot-
tratti agli ultimi furori del
moribondo, e riuscì a met-
tere anche lui tra gli Dei,
gli edificò per sepolcro un
tempio presso a Pozzuoli,
d'onde fu trasportato nel
grande Mausoleo sulle rive
del Tevere, e gli consacrò
culto di giuochi quinquen-
nali e di sacerdoti. Così finì
con onori divini P. Elio Adriano che per la sua indole
non ebbe affetto neppure da chi più lo lodava {'') ; e fu
89J. <ii
Adriano in veste sacerdotale
(Righettij, Camxiid.^ tav. I, 116).
(") Animula vayula, blandula, Hospcs comesque corporis, Qu/u; mine
ahlbis in loca, Pallidula , rigida, nudula; Nec, ut soles, dabis iocos.
Sparziano, 25.
(*) Dione Cassio, LXIX. 22 e 23; Sparziano. Adr. . 24-27; Capitolino,
Antonino Pio, 4 e 5; Frontone, Epist., I, 102. I suoi sacerdoti si chiama-
rono Adriano.li.\eAì Borghesi, i^rammen/o di fasti sacerdotali, in Opere,
voi. HI, pag. 400.
692 GLI ANTONINI. [Lib. VII.
adorato qual Dio l'uomo che rappresentò in sé tutte le
contradizioni del tempo suo, sì pieno di contrasti e di
antitesi, il gran sacerdote e instancabile fabbricatore di
templi senza Dei, cupidissimo di sapere il futuro *, cre-
dulo a tutto senza creder nulla da vero (").
Col successore di Adriano comincia propriamente il
periodo degli Antonini, chiamato il secolo d'oro del ge-
nere umano: ma è un periodo che non oltrepassa i 42
anni. I buoni Antonini sono due solamente, e al compa-
rire di Commodo, erede e contaminatore del nome così
venerato, cessano a un tratto le gioie degli uomini, e
torna più tremendo il flagello della tirannide.
Antonino, soprannominato Pio pel grande studio posto
nell'onorare gii Dei, per la squisita clemenza e bontà
del suo animo e per la pietà mostrata nel difendere e
nell'onorare Adriano suo padre adottivo (''), veniva da
(") Sotto questo rispetto fu studiato, non ha guari, da un valente Te-
desco studiosissimo delle cose italiane, il quale lo mostrò greco nelle
sue inclinazioni poetiche, nei suoi amori di sofista, nel suo entusiasmo
per Tarte: amico ai gentili e ai cristiani, barbaro nell'amore, voluttuoso
e stoico, e vero Romano per la sua energia, per la sua ragion di Stato.
e per lo studio delle leggi, in cui infuse non poca vita.
La prima parte del libro contiene la storia politica, 1 fatti di Adriano
come imperatore, e viaggiatore irrequieto fino alla morte ; poi un quadro
del sistema politico, dell'amministrazione e delle costituzioni legali. E
la seconda discorre della cultura, delle scienze, della rettorica, dei sofisti,
e della decadenza delle lettere al tempo di Adriano, come deirartificioso
rialzamento delle arti belle, opera non del tempo, ma del principe, e
senza fondamenti essenziali nel popolo : e finalmente tratteggia la guerra,
che a quel tempo insorse tra la filosofia antica e il paganesimo da un
lato, e il cristianesimo e il misticismo orientale dall'altro, e ci pone da-
vanti 1 campioni che presero parte alla lotta. Vedi Gregorovius, Gcschichte
d'is rbmischen Kaiser s liadrian und seiner Zcit, Kònigsberg 1851.
(^) Pausania, Vili, 43, 5; Sparziano, Arf/*., 24 e 27; Capitolino, Anion-
Più, 2 ; Vulcazio Gallicano, Cassio, 2. — Il titolo di Pio comparisce sulle
medaglie suI)ito dopo la morte di Adriano: e le feste istituite in onore
di questo sono chiamate Pialia. Eckel, VII, 36; Merivale, Vili, 262.
1 Lampridio, Alessandro Severo^ 43; Amitiiano Marcellino, XXV, 1 17.
CAf. IV.] EDUCAZIONE E PRIMI UFFlCll DI ANTONINO. 093
famiglia originaria di Nemauso {Nlmes) nella Narbonese,
e per lui le Gallio dettero un capo all'Impero, come le
Spagne gli avevano dato Traiano e Adriano. Nacque ai
19 settembre (839 di Roma, 86 di C), a Lanuvio poco
lontano da Alba, di padre illustratosi nei pubblici ufficii,
e di madre discesa da chiarissima stirpe. Anche l'avo era
stato due volte console e prefetto della città; ed egli coi
beni della sua casa fu erede, dell'integrità, e dei puri
costumi aviti e paterni. Fu educato nella villa paterna
(li Lodo (Castel Guido} a dodici miglia da Roma, sulla
via che va a Civitavecchia, nel luogo stesso in cui poi
sorse un palazzo, divenuto famoso pel soggiorno di lui e
di Marco Aurelio, e dove tra antiche rovine si trovarono
iscrizioni e più pezzi ragguardevoli di arte vetusta*. Ivi
probabilmente prese quell'amore dei campi, che mantenne
tutta la vita , e che lo fece rassomigliare pei semplici
modi ai virtuosi cittadini antichi. Entrato poscia nelle
faccende pubbliche, fu console al principio dell'impero
di Adriano (120 di C, 881 di R.), andò proconsole in Asia
nel 128, ove lasciò fama singolare di saviezza e d'inte-
grità; fu uno dei quattro preposti da Adriano al governo
d'Italia, e a Roma fu continuo nei consigli del principe,
cui in ogni cosa, onde fosse richiesto, dava avvisi mi-
tissimi -.
Quando Adriano gli aprì il suo pensiero di inalzarlo
coir adozione al grado supremo, egli chiese tempo a
pensare, se gli convenisse pigliarsi il grave peso, così
ricercato da altri. Poscia accettò, e secondo le prescri-
zioni di Adriano, adottò Marco Aurelio, figlio del fratello
di sua moglie Faustina, e Lucio Vero, figlio di quell'Elio
Vero che vedemmo morire poco dopo la sua adozione ^.
i Vedi Ci. Amati, in Giorn. \rcad.. 1623, voi. XVIII, pag. Cy-lOO; Nibby, Dinlorni di
lìomc, II, pag. 269 e segg.
■- Capitolino, Antonino Pie 1-3.
'i Capitolino, 4.
Vannucci — Storia dell' Itaha antica — IV. ' S7
094
SCARSE LE NOTIZIE DI LUI.
[LiB.VII.
Antonino era adorno di lettere , bello della persona ,
d' indole mitissima, affabile, generoso, virtuosissimo. Ma
la storia che disse ogni minuzia dei despoti, ci tramandò
scarse notizie di questo principe senza modello, perfetto
(Vomii virtù, e stimato deono del nome di Padre del
Antonino Pio (Rifjhelti^ Camph'., I, tav. 157i.
genere umano K Andò perduto il libro di Dione che par-
lava di lui; peri l'elogio, in cui a Marco Aurelig pareva
che Frontone avesse ras;2fiunto il sommo dell'eleganza e
i ran<afli£v. Vili, -Iv
Cap. IV.] RITRATTO D-ANTONINO NEI RICORDI DI M. AURELIO. 695
dell'arte; e nelle lettere dello stesso Frontone rimane
solo qualche cenno sui santi costumi e sulla prudenza,
sulla frugalità, sulla innocenza, sulla santità e sulle altre
virtù, per cui questo gran re sovrano di tutta la terra
e del mare superò ogni altro principe *. Onde tutto ciò
che sappiamo di più particolare è nella povera biografìa,
scritta da Giulio Capitolino, e nei Ricordi di Marco Au-
relio, il quale , facendo il ritratto del suocero e padre
adottivo, così ne ricorda le virtù, da lui prese a modello.
« Io imparai, egli dice, dal padre mio ad esser clemente,
e fermo a tutta prova nei partiti presi dopo accurata
disamina. Egli non traeva vanità da quelli che il volgo
chiama onori; amava il lavoro e l'assiduità; sempre pronto
ad ascoltare chiunque avesse da proporre qualche cosa
di utile al comune: niuna considerazione lo distornava
da retribuire a ciascuno secondo il merito -.'sapeva usare
a proposito la severità e l'indulgenza: pose line di buon
ora agli amori dei giovani. Sentiva modestamente di sé,
e voleva stare ad uno stesso ragguaglio cogli altri.... Nei
consigli esaminava le cose con diligenza e coja persistenza,
e per deliberare non contentavasi mai dei primi pensieri.
Costante e non fastidioso né capriccioso nelle amicizie.'
In ogni occorrenza bastava a sé stesso, e serbava sere-
nità di volto. Antivedeva da lontano ciò che potesse in-
contrargli, e provvedeva senza schifìltà a ogni menoma
cosa. Bandì le acclamazioni e le adulazioni di ogni ma-
niera. Teneva sempre in pronto quanto era necessario
per le occorrenze dello Stato, moderando le spese ordi-
narie, e sopportando di buon animo i larnenti e i rim-
proveri che altri per ciò gli faceva. Non superstizioso nel
culto reso agli Dei, né studioso di acquistarsi il favore
degli uomini con piacente]>ie, non curandosi di acquistar
grazia appo il popolo con le larghezze o con le lusinghe,
I Frontone, Epist.^ I, HO, 128, 212, II, Q^, 111. Ed. Cassan, Paris 1830.
696 RITRATTO D'ANTONINO NEI RICORDI DI M. AURELIO. [Lib. VII.
0 con lo imitare i modi di quello, ma in ogni cosa era
sobrio sempre e saldo, e non mai altro che delicato e
gentile, e osservatore della convenienza e del costume
stabilito. Delle comodità della vita, di cui la fortuna è
larga ai suoi pari, usò con libertà e senza fasto, per modo
che delle presenti ei si giovava senza farne caso, e le
assenti non desiderava. Si governò sempre in modo, che
niuno potò mai tacciarlo di sofista, di facitore d'arguzie
0 pedante; ma sibbene passò sempre per uomo maturo,
perfetto, nemico dell'adulazione, capace a governar sé
medesimo ed altri. Onorava i filosofi veri, e non faceva
scherno dei falsi, non lasciandosi nulladimeno ingannare
da essi. 11 suo conversare era sciolto, la sua grazia non
istuccava. Teneva cura del proprio corpo, non tanta da
parer tenero della vita o damerino, né tanto poca da
parere trascurato, ma quanto basta per non avere quasi
punto bisogno di medicine o simili cose. E sovra tutto era
ammirabile quel suo cedere senza invidia a chi avesse
acquistato abilità in qualche cosa, come nell'eloquenza o
nella conoscenza delle leggi e dei costumi de' popoli o
altre di cotal fatta; e lo adoprarsi insieme con essi, perchè
ottenessero fama ciascuno nell'arte in che primeggiava; e
quel suo fare ogni cosa secondo gl'istituti dei maggiori,
senza dare a divedere che avesse nessun intento partico-
lare, nò anche quello di voler conservare essi istituti. An-
cora il non esser né randagio, né avventato, ma continuar
volentieri a star nel medesimo luogo e ad occuparsi delle
medesime cose; e dopo passati gli accessi del dolor di
capo ritornar fresco e vigoroso ai lavori soliti; e il non
aver di molti segreti, Ina anzi pochissimi, e di rado, e
solamente nelle cose di Stato; eia prudenza e la misu-
ratezza nel dare spettacoli, nell'intraprendere opere pub-
bliche, nel far distribuzioni ai soldati e simili cose; sic-
come uomo che riguardava a quello che conveniva fare,
e non alla fama, che gli sarebbe venuta dalle cose fatte.
Gap. IV.] PRINCIPE INTENTO SOLO ALLA FELICITÀ UNIVERSALE. C97
Non al bagno fuor d'ora, non la smania di fabbricare,
non ricercatezza nel cibo o nella tessitura dei panni o
tintura, o nell'appariscenza dei servi. Le vesti che por-
tava in campagna, ordinariamente erano fatte nel villag-
gio vicino. Nulla di men che umano, nulla d'immiseri-
corde, nulla di violento, nulla di non temperato ; tutte
le cose di lui pensate, distintamente avvertite, con pa-
catezza, con ordine, con vigore, e d'accordo le une con
le altre, come se le avesse premeditate per ozio. Ed a
lui si potrebbe applicare ciò che vien detto di Socrate,
che egli poteva astenersi egodere colà, dove a gran
parte degli uomini manca la forza per l'uno e la tem-
peranza per l'altro. E il saper reggere con fortezza e con
sobrietà ad ambedue, non appartiene se non a colui che
]ia r animo sano ed invitto {°). »
Tutte le lodi di Antonino si comprendono in questa
grandissima, che il suo regno, con quello del successore,
fu forse il solo periodo della storia, in cui i governanti
non mirassero ad altro che alla felicità universale, e la
cercassero con instancabili cure, stimandola la vera ric-
chezza del principe.
In occasione dell' inalzamento all' impero dei doni già
offertigli per festeggiare la sua adozione rese l'intero al-
l'Italia e la metà alle province '. Fece larghi donativi, ma
del suo patrimonio, al popolo e alle milizie, e più volte.
in appresso ripetè siffatti congiarii attestati dal suo bio-
grafo e da molte medaglie in cui presso all'imperatore
si vede la Liberalità con tessera e cornucopia, d'onde
versa monete che il pubblico accoglie stendendo le mani
(") Ricordi dell' imperatore Marco Aurelio Antonino, volgariz za-mento
con note tratto in f/rnn 2'>arte dalle scritture di Luigi Ornato, terminalo
e imbblicato per opera di (urolarao Picchioni , Torino 1853. lib. I. IG.
Vedi anche VI, 30.
1 Caiàlolino, I.
C9S
LIBERALITÀ
[L1B.VII.
e le vesti » ; e il ricordo di queste largizioni imperiali si
credè figurato nel frammento di un elegante bassorilievo
Antonino in bassorilievo della Villa Albani {Monum. ined. Istit.j IV, 1).
ove Autonino sta in sedia curule accompagnato dalle
imagini dell'Abbondanza e di Roma (").
C) Vedi Blessig, Bassorilievo inedito della Villa Albani, in Annal.
Istit. arch., 1844, pag. 155-160, e Monumenti inediti^ voi. IV, tav. 4.
Roma in coturni militari e in tunica è nell'atto di levarsi il balteo:
il quale atto, come l'esser senza elmo, sembra allusivo alla pace amata
e mantenuta da Antonino nel mondo, e attestata essa pure dalla storia
e da molte medaglie.
1 Ca|)itolino, 4. 8 e 10; Eckel, Doctr. Niim. vet.^ VII, pag. 17 e segg. ; Cohen, Monn.
voi. II, Anton., n. 13, 174-198, 512, 513, 648-669.
Gap. IY.J GIUSTIZIA E RELIGIONE. CULTO ALLE TRADIZIONI. 69<)
Rimproverato dalla moglie Faustina di essere poco largo
coi suoi, le disse: Stolta! col venire all'impero noi per-
demmo anche la proprietà di ciò che prima era nostro.
La dolcezza della sua anima benefica gli appariva sempre
sulla serena fronte. Primo de' suoi piaceri era il far bene
altrui. Come da privato dava in prestanza alla più pic-
cola usura, per aiutare quanti pii^i potesse col suo patri-
monio, da imperatore détte i suoi beni particolari allo
Stato , e vendè per utile pubblico tutte le superfluità
della reggia, e bandi il lusso di corte, e visse modestis-
simo. Non fece mai viaggi, tranne quelli per andare alle
sue terre in Campania, stimando che i corteggi princi-
peschi, anche se molto modesti, tornassero a gran danno
dei popoli ^
• Ogni suo studio fu nel governare con giustizia e mi-
tezza, e perciò una epigrafe lo celebra ottimo e massimo
principe, giustissimo con somma benignità, e segnalato
per la cura posta a mantenere le pubbliche cerimonie e
la religione ('■), di cui avea sentimento profondo, e sfor-
zavasi di ridestarne la reverenza negli animi, come atte-
stano le medaglie che spesso lo figurano sagrificante, e
mostrano in pari tempo lo studio che egli poneva nel
fare rivivere le vecchie tradizioni delle origini religiose
e civili di Roma, sperando di ringiovanire e rafforzare
l'amore della patria morente col rimettere sotto gli occhi
del popolo Enea giunto nel Lazio coi sacri Penati , il
sogno di Rea Silvia e le sue avventure con Marte, la
lupa allattante i gemelli presso al fico ruminale, Romolo
colle prime spoglie opime, il ratto delle Sabine, gli an-
elli di Numa, i miracoli dell'aufrure Navio, l'eroismo di
(") Optuno maximoque principi et cuìn siimma benignitate iustissimo
oh insignem erga caerimonias puhlieas curam et religionem. Creili. In-
script., n. 844.
V Capitolino, 2. ), 7.
700 BUONO E VIGILE GOVERNO DEI POPOLI. [Lib. VII.
Orazio Coclite al Ponte Sublicio, la venuta di Esciilapio
a portar la buona salute ai Romani, e Roma difesa dal
sacro Palladio K Usò verso lo Stato la vigilanza che un
padre di famiglia pone a regger sua casa ^. Né era facile
ingannarlo, perchè stava attentissimo alle cose dei sud-
diti, e voleva conoscere da sé stesso e domande e lamenti,
e nulla lasciava in facoltà di liberti e di cortigiani. Né
ciò vuol dire che pretendesse a far tutto col suo pro-
prio senno. In ogni grave faccenda ricercò sinceramente
l'avviso dei Padri, nelle cose di diritto consultò la sa-
pienza dei più valenti giureconsulti come Ummidio Vero,
Salvie Valente, L. Volusio Meciano, maestro di diritto a
Marco Aurelio, lavoleno Prisco e L. Ulpio Marcello; e
in ogni faccenda chiese consiglio agli amici , per aver
lume a cogUere più sicuramente nel segno: e dopo aver,
consultato e deliberato, sicuro del fatto suo , agiva con
fermezza e vigore, e rendeva conto al pubblico di ogni
provvedimento, che per lui si prendesse ^.
Sceglieva a suoi ministri e a governatori delle province
i più specchiati cittadini, né li mutava, se non costretto
da essi. 1 rei d' ingiustizie punì severamente, e lasciò ai
sudditi libero il campo alle accuse. Provvide che i tributi
fossero riscossi senza violenza, e rifiutò ogni lucro, che
cagionasse l'altrui oppressione. Abolì il premio del quarto,
di cui godevano gli accusatori, e rese le confiscazioni
più rare: e fra i suoi buoni ordini ricordasi anche, che
saggiamente provvide agli alimenti pubblici, e che fu il
primo a stabilire che non vi fosse pena a non accettare
un legato ^.
1 Eckel, Doctr. Num. vet.. VH, pag. 29-33; Cohen, Monn. . voi. IT, A:,\tonìn . n. 27,
32, 121-123, 2SS-290, 292, 298, 376, 379, 392. 435, 4U, 417, 467, 751, 758, 817, SIS, 820-
.S22, 874.
2 Aurelio Vittore, Epit , 15; Capitolino, 7.
3 fapitolino, Antonin.. 6 e 12, M. Aureli 3; Digest., XXXll, 78, (ì, XXXVI, 4, 15,
XXXVII, 14, 17, XL, 2, 5, XL, 5, 42, XLVIII, 2, 7. 2; lenichen, De Prisco javoleno
iurisconsuìto i)ìco>npara6t7i., Lipsiae 1731 ; Siin-'din;.', Uè Saìvio Aiurnio Valente emsque
quae in Digesto adsunt fragmentis . Lugduni Datavoriim 1821.
4 Capitolino, 5-S, 11.
I
Gap. IV.] BENEFIZI E MONUM. NELLE PROVINCE E IN ITALIA. 701
Per opera sua fiorirono le province, di cui conobbe e
governò sapientemente e umanamente ogni faccenda ^
Moltiplicò i cittadini 2, e a favore di essi tolse via l'odioso
diritto che dava al fìsco l'eredità, quando i figli di un
cittadino romano avessero serbata la cittadinanza del
luogo nativo 3. A Pallanzio, in Arcadia, détte immunità
per amore della tradizione , che diceva venuto di colà
l'antico Evandro nel Lazio. Molti luoghi soccorse colla
pecunia , ristorò città subissate dai terremoti , costruì
belle e utili opere in Siria; fóro e terme a Laodicea ;
selciata Antiochia di pietre molari fatte venire dalla Te-
baide; bagni pubblici a Cesarea di Palestina, a Nicome-
dia di Bitinia, a Efeso; in Eliopoli splendido tempio a
Giove, contato tra le meraviglie del mondo; nuove ma-
gnificenze nella Jonia, nella Grecia e in Alfrica, a Car-
tagine, a Lambesa e altrove '": costruzioni 0 restaurazioni
di acquedotti , di anfiteatri , di strade e altre opere in
più province d'Europa accennate dalle iscrizioni ^i e
forse alcuni dei bei monumenti che anche oggi si am-
mirano a Nìmes furono inalzati da lui per amore al luogo
da cui originarono i suoi maggiori.
In Italia ricostruì i porti di Gaeta e di Terracina, le
terme di Ostia, l'acquidotto di Anzio, i templi di Lanuvio ^.
A Roma inalzò il tempio di Adriano , e ne compi il
Mausoleo, ma fece poco di nuovo, contento a restaurare
la Grecostasi, il grande anfiteatro, e il ponte Sublicio '.
Gli piaceva di risparmiare la pubblica pecunia , ma la
1 Capitolino, 7; Frontone, I, 212.
2 Grutero, /K.scr.j pag. lOS, n. 1; Cohen, J/oh/ì. Anton. ^ n. 309, ove nel rovescio della
medaglia è la leggenda ampliatori civiim.
3 Pausania, Vili, 43, 5.
4 Pausania, Vili, 13; Capitolino, 9; Maiala, Chroìiographia ^ pag. 3G7: Renier, In-
scrij)tions rom de l'Algerie., n. 28, 22, 2300.
•"' Corpus Inscript. latin., voi. HI, n. 7.30, 762, 3609, 5734, 5713.
*5 Capitolino, S. Per le magnifiche terme di Ostia vedi Canina, in Accadem. rom. d'ar-
cheologia, 183S, voi/ Vili, pag. 270-271, e C. L. Visconti, Escavazioni di Ostia., in Aìinal.
htit areh., 1857, pag. 317 e segg., e Monum. ined. Istit., voi. VI, tav. 11.
' Capitolino, 8.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — H'. 88
702
^lONUMENTI A NIMES.
[LiB. VII.
sua economia non si vuol tacciar d'avarizia. Fu scherzato
sul suo costume di guardarla troppo per la sottile in ogni
minima cosa, ed era chiamato tagliatore del cumino *, il
che presso a poco è come dire che il valentuomo avrebbe
tagUato in quattro parti un pisello. Ma in queste minuzie
Anfiteatro (Les Aréìies) e tempio (Maison ccirrée) di Nimes.
{Ménard et Perrot^ Ilist. des antiquités de la Ville de Ntmes^ p. 2(5 e 16, Nimes 1SI6).
non vi era danno pei sudditi , che vedevano alleggerite
le gravezze, represse le violenze, e il principe dilettarsi
in passatempi innocenti, rallegrarsi in giuochi che non
costavano altrui né averi, nò sangue, spendere onestà-
Dione Cassio, LXX, 3; Giuliano, / Cesarù 13.
Gap. IV]. DONA TRI, SPETTACOLI, CORTESIE. 703.
mente le ricchezze bene acquistate, parco nei monumenti
di lusso, e largo nello spendere in opere, che soccorres-
sero ai veri bisogni, e alle umane sciagure. Ne rendono
fede le opere già ricordate, e gli alimenti dati alle fan-
ciulle , che chiamò Faustìniane in onore di sua moglie
Faustina, e i soccorsi in occasione di rovine, d'inonda-
zioni e d'incendii a Roma e nelle province, e le molte
largizioni al popolo , cui in una carestia dette grano ,
vino e olio del suo. Perchè gli spettacoli tenevansi come
parte di pubblica felicità, celebrò con gran magnificenza
i Giuochi Secolari, per festeggiare l'anno 900 della fon-
dazione di Roma, e in altre occasioni fece mostre grandi
di leoni, di elefanti, di rinoceronti, di cocodrilli, di tigri
e ippopotami, quantunque anche in ciò temperasse le
spese soverchie, massime negli spettacoli dei gladiatori
e dei comici, e si mostrasse liberale senza prodigalità ,
come era economo senza avarizia ^ Per serbare le pub-
bliche rendite a opere utili tolse anche i salarli a molti,
che li godevano in ozio, dicendo esser cosa oltremodo
vile e crudele roder lo Stato senza far nulla per esso :
e perciò a un Mesomede, poeta lirico, menomò la pen-
sione, ma ad altri, che utilmente professavano filosofia
ed eloquenza, come anche ai medici, détte premii, onori
e immunità in ogni provincia *: e i retori Cornelio Fron-
tone ed Erode Attico inalzò all' onore del consolato ^.
Anche egli, come Traiano e Adriano, non stimò di
avvilirsi usando civiltà e cortesie ai cittadini, coi quali
si accumunava ad onesti sollazzi di commedie, di conviti,
di cacce, di pesca: e al pubblico détte facoltà di andare
ai suoi bagni ''.
Dalle gravi cure di Stato pigliava riposo nella vita ca-
1 Capitolino, Antonino Pio^ 8-12; Aurelio Vittore, De Caes.^ le
» Capitolino, 11; Digest. XXVII, 1, 6, § 1 e 2.
3 Frontone^ II, 68; Creili, Inscr., 4409 e 4719.
4 Capitolino, 7 e 11.
ro4
ANTONINO E FAUSTINA.
[LiB. VII.
salinga e nei diporti delle sue ville di Lanuvio e di Lo-
rio *, quantunque non tutto gli andasse a seconda in sua
casa. Di quattro figli avuti da Annia Galeria Faustina,
due maschi e una femmina morirono presto, e gli rimase
solo la figlia Faustina Minore sposata a Marco Aurelio
in appresso. La moglie, sorella di Elio Vero, favorito di
Faustina Maggiore, ino^^'he di Antonino Pio [Monrjes, Icon Rom , l-\v Kl, n, I).
Adriano, non ebbe né il temperamento, nò alcuna delle
qualità del virtuoso marito. È ricordato che all'occasione
Capitolino, 6 e 7
Cai', ir] ANTONINO E FAUSTINA. 705
di una congiura ella lo eccitò a riserbare la benevolenza
agli amici, e a punire severamente i ribelli *. Egli non
lasciò per questo la usata dolcezza: ma nel resto non
riuscì col suo esempio a distogliere quella donna dalla .
troppo facile e libera vita , e ne ebbe inolte amarezze
che, portando l'oblio e l'indulgenza all'eccesso, tenne
dolorosamente racchiuse nell'animo senza farne lamento ^.
E quando ella nel terzo anno del suo impero (141 di C;
894 di R.) fu morta, egli scrisse dolente a Frontone che
gli sarebbe stato più caro viver con lei negli scogli di
Giaro, che senza di lei nel palazzo imperiale («). Il Senato
fece di essa una Dea, la onorò di giuochi Circensi e di
tempio sulla via Sacra presso al Fòro Romano, le die
sacerdoti e statue d'oro e d'argento portate a processione
nelle feste coi simulacri delle Divinità nazionali ^. Del
tempio, a cui venti anni dopo fu unito anche il nome e
il culto di Antonino deificato, veggonsi ancora al loro
posto la cella, le colonne del portico e gli elegantissimi
fregi che rimangono una delle belle rovine di Roma ^.
Antonino fa mite anche con gli altri che in vari modi
gli fecero ingiuria. In una gran carestia, preso dalla plebe
a sassate, invece di andare in furori e rispondere col
ferro, come è uso dei prin(iipi, calmò i tumultuanti, di-
cendo loro dei provvedimenti fatti ad alleviamento di
quella sciagura^. In casa di un ricco domandò d'onde
{"') Ita se res habet. Mallem, meliercule, Gijaris cum illa quam sine illa
in Pnlaiio vivere. Frontone, Epist., pag. 254, ed. Mai. IMa sembra che
poi si desse pace assai facilmente. Una epigrafe trovata nel secolo pas-
sato sulla via Prenestina, dice che il divo Antonino, dopo morta Faustina,
visse in concubinato con Lisistrate, liberta di lei. Vedi Novelle letterarie
Fior., I7S6, pag. 186, e Henzen, in Creili, Inscr., n. 5406.
1 Vulcazio Gallicano, Avidio Cassio^ 10.
2 Capitolino, 3.
3 Capitolino, C.
4 Nibby, Roma antica^ II, 631-635; Canina, Edifi:!. voi. I, p. 61-65, e tav. 23-25.
5 Aurelio Vittore, Epit.j 15.
706
ANTONINO MITE ANCHE COGLI INGIURIANTI. [Lib. VII.
avesse avuto alcune belle colonne di porfido: il ricco gli
rispose che in casa altrui si vuole essere muto e sordo,
ed egli portò in pace la scortese risposta ^. Quando sotto
.Adriano andò proconsole in Asia, a Smirne aveva preso
stanza in casa del sofista Polemone, uomo ricco, fastoso,
arrogante. Il quale, tornato di viaggio e trovato il novello
Tempio di Antonino e Faustina {Da Fotografìa).
ospite, menò tanto rumore, che Antonino fu costretto di
mezzanotte a sloggiare e cercarsi altro albergo. Fatto
imperatore, Polemone venne a corteggiarlo a Roma, ed
egli non mostrò di ricordarsi di quella avventura, se non
per pigliarne occasione a piacevoli motti. Lo alloggiò in
bello appartamento, dòtte ordine che ninno potesse slog-
Caiiitolino, 11.
Gap. IV.] UMANI ORDINI IN TUTTO. SERVI E CRISTIANI. 707
giarlo; e quando un attore si richiamò a lui, perchè Po-
lemone presedendo ai giuochi ohmpici celebrati in Asia
lo aveva cacciato dal teatro di mezzodì, l' imperatore ri-
spose: Me cacciò egli di sua casa di mezzanotte, eppure
lo portai con pazienza *.
Di due cittadini, che per ambizione di regno cospira-
rono contro di lui, uno fu bandito dal Senato, e 1' altro
si uccise di propria mano : ma Antonino vietò che si fa-
cesse ricerca di complici, dicendo argutamente di non
voler colle troppe indagini scoprire di essere odiato da
molti; e al figlio di uno dei congiurati fu largo di prote-
zione 2. Risparmiò a suo potere i supplizii, serbò fedel-
mente la promessa di non uccidere alcun senatore, e
ripeteva sovente celi' antico Scipione esser meglio salvare
un cittadino che spegnere mille nemici ^. Argomento di
sua grande umanità è anche il motto ai ministri di corte,
che studiavansi di arrestare il pianto di Marco Aurelio
per la morte del suo educatore: Lasciatelo esser uomo,
disse Antonino, perocc/iè né la filosofia né l'impero tolgon
gli affetti ^.
Anche le cure che prese dei servi attestano la bontà
del suo animo. Oltre alle pene ordinate contro i loro uc-
cisori, nel rescritto a Elio Marciano proconsole della Be-
tica richiamò l'attenzione e l'aiuto dei magistrati contro
le sevizie e le ingiurie infami dei crudi e sconci padroni,
provvide che ninno fosse spogliato del suo diritto , mi-
nacciò severamente dii eludesse i suoi ordini, e pose
regola alle accuse e ai giudizi ^.
Fu benigno e rispettoso ai Cristiani di cui ammirava
il coraggio, la virtù e i costumi : ed è detto che in loro
1 Filostrato, Sophixt.^ I, 25, 3.
2 Aurelio Vittore, Epit.j 15; Sparziano, 7.
3 Capitolino, 8, 9.
i Capitolino, 10.
5 Gaio, Instit.^ I, 53; Giustiniano, Instltut.^l, 8, 2; Digest.. I, 6, 2, e XLVIII , 2, 7,
§ 2-5.
708 MOTI GUERRESCHI FACILMENTE REPRESSI. [Lib. VII.
favore scrisse lettere^ ai Larissei, ai Tessalonicensi, agli
Ateniesi e a tutti i Greci. È certo che ne accolse le apo-
logie scritte da Giustino, filosofo greco di Palestina, il
quale coli' esame delle dottrine e cogli argomenti della
ragione difese la nuova filosofia del Cristianesimo, come
è certo che sotto il suo regno gli adoratori del Cristo
furono, generalmente, lasciati tranquilli *.
Se rispetto ai Giudei mantenne le pene crudeli già
ordinate contro quelli che per aumentare i seguaci del
loro rito circoncidessero gli estranei alla stirpe giudaica ("),
per ogni altra cosa usò rigore solo nelle estreme neces-
sità , e lo temperò sempre colla sua naturale dolcezza.
Ai rei di maltolto confiscò i beni, ma li rese ai figliuoli
purché riparassero ai danni cagionati dalle ruberie dei
parenti: e anche le sedizioni dei popoli quietò con mo-
derazione e fermezza, non con modi crudeli -.
Antonino amava la pace, e non provocò a guerra nes-
suno. Si accenna con poca chiarezza a rivolte e a moti
guerreschi in Britanuia, in Germania, in Dacia, tra gli
Alani, tra i Greci, tra i Giudei e tra i Mauri nell'AlTrica,
i quali in generale, furono facilmente .repressi dai legati
imperiali ^.
Della guerra vittoriosa sui Brettoni è ricordo anche
nelle medaglie in cui si vedono figurati Antonino e la
(-') Circumciderc Iv.dneis filios suos tantum rescripto Divi Pii per-
mittitiir: in non ciusdem religionis qui hoc fecerit castrantis pc^ena
irrogatur. Digest., XLVIII, 8, 11. Quale fosse la pena per chi trasgre-
disse la legge è detto nelle Sentenze di Paolo (V, 22, 3 e 4) : Civcs ro-
mani qui se iudaico ridi rei servos suos circumcidi patiiintur, bonis
ademptis in insidam perpetuo relegantur. Medici capito puniuniur.
ludaei, si alienac nationis comporofos serros circumcidcrint, autde-
poì'tantur, aut capjite punivntitr.
1 Dione Cassio, LXX, 3; Apologia di S. Giustino filosofo e martire, in Opera omn ia
Venetiis 1717, pag. 41 e seg^'- ; Eusebio, Hist. Eccles.^ IV, 12, 13 e 26; Orosio, VII, 14
2 Capitolino, 10 e 13.
3 Pausania, Vili, 43, 3; Ca;itolino, 5.
<
Gap. IV.]
GUERRA E VITTORIA IN BRITAXNIA.
709
Vittoria sopra un globo con una corona e una palma, e
la Brìtannia atteggiata a mestizia, assisa sopra uno sco-
glio, e appoggiata a uno scudo con insegna nella destra
e asta nella sinistra {"). Quinto Lollio Urbico duce di essa
Vittoria sui sollevali J3i'itanni (Cohen, n. 493 e 500).
e noto per due iscrizioni di Affrica ^ clie parlano dei suoi
molti uffìcii militari e civili e degli splendidi premi ripor-
tati per sue prodezze sotto Adriano nella guerra giudaica,
mentre il biografo imperiale e le iscrizioni britanniche
ce lo mostrano legato di Antonino in Britannia ^ , ove
(«) Eckel, VII. p. 14; Cohen, Monnaies frappccs sous Vempire, II.
Antonìn, 40G-r)0n. pi. XI: Bruce, The roman loall, pag. 19 e 20. Vedi
anche l'epigrafe loci Optirno Maximo et Victoriae victrici prò salute
imperatoris nostri, posta nel Vallo di Antonino da 'M. Cocceio 'Firmo,
centurione della seconda legione, in Hilbner, Inscript. Brit. lat., pag. 199,
u. 1111.
1 Renier, lascriptions romaines de l'Algerie, n. 2319, 2320; Henzen, 6500.
2 Cruce, loc. ciC, pag. 17 e^ IS ; II\ibner, Inscrìpt. Britann. lat.j n. 1041, 1125; Capi-
tolino, Anton. Pio, 5.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 89
rio VALLO DI ANTONINO. — SOLLEVAZIONE IN EGITTO. [Lib. VII.
dopo la repressione dei sollevati Briganti intese a frenare
le irruzioni nemiche con nuovo baluardo di terra e di
pietre edificato in Caledonia dall'uno all'altro mare sul
più angusto istmo dell'isola tra i golfi Glota e Bodotria
{Clijdc e Forili)^ quasi tra Edimhnrcjo e Glasgow^ nel
luogo già afforzato di presidii da Agricola *.
Quest'opera che détte nuovi e piìi larghi confini all'Im-
pero in Britannia e si chiamò Vallo di Antonino esten-
devasi per circa 40 mila passi romani in lunghezza, cioè
la metà del Vallo di Adriano. Ne rimangono anche oggi
più tracce da cui apparisce composto di aggere e fossa
con torri e con via militare, e di una ventina di castelli,
dieci dei quali si distinguevano nel secolo scorso. Dalle
rovine nominate Graliam's Dyl:c vennero fuori parecchie
iscrizioni le quali ripetutamente ne attestano che gli edi-
ficatori della nuova barriera furono i soldati delle legioni
Seconda Augusta, Sesta Vittrice e Ventesima Valeria Vit-
trice unitamente a loro vessillazioni e centurie, e più
coopti ausiliarie. Dalla qual cosa è chiaro che a costruire
e difendere il nuovo Vallo Caledonio furono condotti i
presidii del Vallo di Adriano e dei campi adiacenti -.
In Egitto i sollevati uccisero il prefetto Dinarco, e al
dice di Maiala, l' imperatore stesso stimando la sua pre-
senza necessaria a sedare la ribellione, sarebbesi recato
colà, contrariamente al detto del biografo che asserisce
non essersi Antonino mai mosso d'Italia 3, Comunque
sia, il nome di Antonino si trova colà nei templi a Tebe,
ad Esneh, e nella pianura di Denderah, ove anch' egli è
chiamato Signore del mondo, f^il^'^o del Sole, Signore dei
dominanti '\
La fama della mite virtù del principe risonante per
1 Capitolino, ìoc. cit. ; Tacilo, Agric.j 23.
2 Iliibner, Valium Pii, in Inscriptioìies Britanniae latìnae, jiag. 191-205, n. 10SS-Uir>.
Vedi anche Ilorsley, Britannia Romana, London 1732, pay. 15S e scs-g-.
3 Maiala, Chronographia, p. 367. '
"• RosoUini, Monum. dell'Egitto a della Nulia, voi. Il, Monumenti storici, pag. 419-453.
Gap. IV.]
RE DATI AGLI ARMENI E AI QUADI.
711
tutta la terra fece in più luoghi il medesimo effetto che
la fama guerresca di altri. Niuno ebbe mai tanta auto-
rità sugli strani. Con essa, senza bisogno di armi, quietò
le contese tra principi e popoli, détte re ai Quadi, agli
Armeni (") e ai Lazi abitanti oltre il Fasi, messe accordo
Jle dati agli Armeni e ai Qaadi (Cohen).
tra i Greci e gli Sciti della Penisola Cimmeria, e con
una sua lettera fece desistere il re dei Parti dall'assalire
l'Armenia nel tempo stesso che rifiutava di rendergli il
trono d'oro preso già da Traiano. Farasmane da se stesso
portò a Roma i suoi omaggi, e rese ad Antonino onori
più grandi di quelli fatti all' imperatore Adriano ^ Gli
{") Ciò è attestato «la due meilaglie portanti nel iliritto riinagiae ili
Antonino e nei rovesci le epigrafi rex armeniis datcs s. c. (scnatus con-
sulto) e REX. QijADis DATUS s. c. e l'imperatore che jione la tiara sulla
testa del re dato agli Armeni, e stringe la mano al re dei Quadi. Coben,
Mann., II. Anton., n. 75S e 759.
1 Capitolino, Anloìi. Plo^ 9; Dione Cassio, LXX, 7; Eutropio, Vili, l.
712 PACE PER 23 ANNI. GUASTO DELLE PULIZIE. [Lib. VIL
mandarono ambascerie Indi, Battriani e Ircani chiedenti
di divenire suoi sudditi: e lo storico Appiano vide i mes-
saggi e scrisse che l' imperatore non accolse quelle ri-
chieste stimando che tale amphamento d'Impero non gli
sarebbe di utile alcuno *.
Cosi il suo governo mantenne 23 anni di pace nel
mondo. È vero, che i provvedimenti di Adriano avevano
preparato questo riposo , ma 1' opera fu compiuta dalla
virtù d'Antonino. Pure non vuoisi tacere che da questa
lunga pace venne anche l'abbandono della disciplina mi-
litare, che poco dopo fu causa a nuovi disastri, e agevolò
le invasioni. Frontone e altri ci mostrano le legioni del-
l'Asia corrotte in lungo ozio e in lascivie. In Antiochia
i soldati andavano coronati di fiori, erano assidui a plau-
dire istrioni, stavano in orgie, fuggivano le insegne. I
cavalli irsuti per incuria; i cavalieri lisciati cosi che non
eravene uno con braccia e gambe pelose, e tutti meglio
vestiti che armati: in guisa che Leliano Ponzio, un uomo
grave e all'antica, rompeva le loro corazze colla punta
delle dita. Le selle fatte molli da piume e cuscini; pochi
capaci a montare d'un salto a cavallo; gli altri soste-
nentisi appena sui piedi, non atti a far ^vibrare le aste
che lanciavano senza ferza, come fiocchi di lana. Dapper-
tutto la bisca nel campo, i sonni lunghi quanto le notti,
e le veglie passate nel vino ^
Tali erano le milizie , quando finì dopo ventitré anni
AnnifiiRo- il pacifico reguo di Antonino Pio. Causa alla morte del-
G.Vuh.' r imperatore fu un'indigestione di cacio delle Alpi; morte
volgare, che potrebbe farlo accusare di intemperanza, se
non sapessimo che alle altre virtù unì anche la sobrietà
e l'aborrimento da ogni eccesso. Sentendosi aggravare
raccomandò la cosa pubblica a Marco Aurelio Antonino,
suo figlio adottivo, e lo designò successore facendo tra-
1 Aurelio Viitorf, Epit.. 15; Appiano, Pr-aef.. 7; Dione Cassio, LXX, 6; Capitolino, 0.
■- Frontono, II, I!)2; Viilcazio Giiliii^ano, Aviilio Cassio. 5.
Gap. lY.] I\IORTE E APOTEOSI DI ANTONINO. 713
sportare presso di lui la statua d'oro della Fortuna, che
soleva sempre stare nella camera dell'imperatore. Poi al
tribuno dei pretoriani détte per motto la parola equani-
mità, e finì tranquillamente nella villa di Lorio all'età di
73 anni, pianto sinceramente da tutti ammiratori della
dolcissima indole, e riconoscenti degli sforzi fatti da lui
per la felicità del genere umano. Ricordando che fu quasi
il solo dei principi che non mise le mani nel sangue e
negli averi dei sudditi, e paragonandolo a Numa per la
sua religione, celebrarono la pietà, la clemenza, la ge-
nerosità e i puri costumi dell' uomo integerrimo nella
vita privata e migliore e più modesto sul trono *, del
quale anche oggi i ritratti ci mostrano la serena anima,
la semplice dignità, la maestosa dolcezza.
Consacrato e fatto divino con unanimi voti, ebbe culto
nel tempio già eretto a sua moglie Faustina con giuochi
Circensi, e ?>2LceTàoi\ àeiiì Aurcliani Antoniniani'^: e an-
.che a Pozzuoli fu onorato di un tempio ^. Marco Aurelio
e Lucio Vero, suoi figli adottivi, gli dedicarono una co-
lonna onoraria nella cui base, che sola rimane nel giar-
dino annesso al Museo Vaticano, coli' epigrafe dedicato-
ria ("), vedonsi in bassorihevo soldati a cavallo e a piedi
correnti intorno al rogo per festeggiare la deificazione
del principe e da altra parte un Genio alato che porta
lui e Faustina all'Olimpo ('').
C^) Divo Antonino Aug. Pio Antonimis Aiiguslus et Ycriis Aiigustns
fila. OrelH, n. 848.
(*) Vedi A'ignoli, De colwnna imperaioris Antonini Pii, Romae 1705:
Slilobates colwnnae Antoninac e ruderibus Camiti Mariii effossus in
tres tabulas distributiis , Romae 1708; Piranesi, Colonna di Antonino
Pio; Canina, Edifizi, voi. Ili, p. 127, e IV, tav. 261.
La colonna, alta 50 piedi, fatta di un solo pezzo di granito rosso preso
1 Capitolino, Anlonin. Pio. 12 e 13, e M. Alerei. 7; Dione Cassio, LXX, 5; Eutropio,
Vili, 1.
2 Capitolino, 13; Borgliesi, Frawm. di Faxti sacerdotali, in Opere, voi. Ili, pag. 39S.
3 Mommsen, Inscript. Regni Neap., 2517.
[LiB. VII.
Deificaziono di Antonino e Faustina (Righetti, Campidoglio, voi. I, tav. .Ifil).
Gap. IV.] RICORDI DI ANTONINO NELLE PROVINCE. 715
In molte province rimasero ricordi del governo e della
generosità dell' o^^fmo e carissimo principe che portò la
perfezione umana sul trono. Dai monti Caledoni all'Atlante,
dal Danubio al Nilo e all'Eufrate si trovano tracce degli
altari e dei moltiplicai monumenti posti dai p^frticolari
cittadini, dai soldati, dalle colonie, e con pubblico de-
creto dalle città per augurare salute e per celebrare la
virtù e i benefizi del principe (") che largo a tutti del
suo amministrò attentissimamente il patrimonio comune,
e dopo tante liberalità, lasciò 1' erario ricco di duemila
settecento miUoni di sesterzi*, cioè da 500 a 600 milioni
di lire.
Rispetto all'Italia, oltre alle edificazioni di cui toccammo
di sopra, piìi iscrizioni monumentali accennano ciò che
dalle cave di Egitto, si scavò nel 1704 tra le macerie di Monte Citorio
dovo stava sepolta, e fu rotta e adoprata a usi diversi. L'imagine inteia
di essa si ha nel rovescio della medaglia battuta a onore del Divo Pio.
la quale diamo incisa secondo l'ingrandimento del Donaldson {ArcJiitec-
tura JSiimismalica, pag. 198).
In altra medaglia coU'epigrafé Consecratio è figurato il rogo di Anto-
nino in forma di piramide a quattro piani, sulla cui cima sta 1" impera-
tore in quadriga (Cohen, Monn., II, Antonin, n. 44-49).
{^') Pei monumenti posti a lui nelle Spagne vedi Hiibner, Inscrijif.
Hispan. latinae, n. 187, 1167, 1168, 1170, 1283, 1532, 1643,2366, 23:^1.
2517, 3236, 3412. 4057, 4089, 4494, 4605; in Atfrica, Renier, Inscript.
de r Algerie, n. 17, 21, 1410, 1412, 1487, 1631, 1716, 1723, 1811, 2716,
3501, 3660, 3S43, 4071, 4360; Henzen, 5463, e Bull. Istit. arch. , 1871.
p. 238; in Egitto, Mommsen, Corp. Inscript. latin.. Ili, additam. ,
n. 6025; in Siria, ivi, n. 131. 134, 189, 203, e Letronne, Inscript. dr
VEgyptc, II, 218: in Acaia, jMomm«en, ivi, n. 501; in Tracia, n. 730;"
nella Mesia Inferiore, n. 6167, 6168; in Dacia, n. 860, 940, 1128, 1170,
1299, 1416, 1448, 1576; in Dalmazia, n. 1912; in Pannonia, n. 3487. 4616,
4618, 4641, 4649: nel Xorico, n. 5054; nella Rezia, n. 5770, 5906, 5912.
5918 a, 5924; in Britannia, Hiibner, Inscr. Britanniac latinae, n. 1088,
1099, 1109, Ilio a. 1121, 1126, 1130-1133, 1133 a, llc5-1137, 1140-
1143; nelle Gallie, in Elvezia, e sul Reno, Oielli. n. 203. 330, 843, 2322.
1 Diona Cassio, LXXIII, S.
710 MON'OIENTI D'ITALIA. IL SUCCESSORE DI A>;T0NIN0. [Lib. VII.
egli fece per decoro e utile pubblico, e per sollievo delle
umane miserie, e i ringraziamenti e le lodi che n'ebbe
a Pozzuoli, a Baia, a Capua, a Formia, a Gaeta, a Ce-
prano*; a Yolceio (Buccino) in Lucania 2; a Compsu
(Consa) «città degli Irpini e nel Sannio a Limosano tra
Campobasso e Trevento^; a Istonio nella Regione Fren-
tana^; a Scilacio (Squillace) sui confini della Calabria
Orientale ^; ad Ascoli Appulo, e a Siponto presso Man-
fredonia per pubblico decreto dei cittadini*; a Laurento
nel Lazio per aver ampliato e conservato i privilegi della
vecchia città ' ; a Perugia e a Cere in Etruria ^. Nel Pi-
ceno a Cupra Montana e in altri luoghi sopravvissero i
ricordi delle sue liberalità e delle gentili beneficenze ai
fanciulli *.
Fra le tante opere fatte dal buon Antonino con animo
schiettamente amorevole e scevro di ostentazione e di
vani pensieri, grandissima e ottima è quella di avere
con ogni cura educato all'amore degli uomini Marco Au-
relio suo figlio adottivo, che ora gli succede nel trono e
continua a rallegrare i mortali coll'amore, colla virtù e
colla sapienza, degno dal principio alla fine di governare
il mondo Che Roma pone in sua mano.
Anche di esso ci dà scarse notizie la storia: i ricordi,
che egli scrisse di sé, ci fanno comprendere la bontà e
la grandezza della sua anima: le lettere di Frontone ci
dicono i suoi studi e costumi: e le epìgrafi, raccolte e
studiate all'età nostra, rischiarano alcun poct) i suoi fatti
di guerra, e le sue opere a benefizio degli uomini 'o.
1 Mommsen, Inscript. Regni yeap.^ n. 101, 21G1, 2190, -JGIT, 2Gj3, 3593, lOSO, 10S2, 6252.
8 Mommsen, ivi, n. 217.
3 Ilenzen, n. 5162; Bull. Isti!, arch., 1S15, p. .50; Ordii, n. 812.
4 Mominsen, n. 5252.
5 Ordii, n. 136, e Mommsen, loc. cit., n. 6S.
C Mommsen, n. 913 e 9i7.
7 Nibljj-, Viaggio antiquario, II, 261, e Ordii, n. l-'l
8 Ordii, n. 2531, 403S, 3092.
!> Ordii, n. 89, 817, 3360.
10 Vedi Nòel des Vergers, Sss«( itu.r Marc-Aurèlc, d\:[irts les ìnont'.mtul^ e ii i ^j i a iihi-
ques, Paris 1860.
i
Gap. IV.]
^lARCO AURELIO.
Per lui r Impero tornò agli Spagnuoli. Era della fami-
glia degli Annii, originaria della Betica, d'onde trasferitasi
a Roma si era nobilitata colle grandi magistrature. Egli
^larco Aurelio riceve da Roma l'impero del inomlo {Righetti, Campidoglio, I, tav. ICI).
nacque a Roma sul Celio (26 aprile 874 di Roma, 121 di
C.) da Publio Annio Vero e da Domizia Lucilla ("). Dap-
(^) Co^ì è chiamata anche nei Ricordi del figlio (Vili, 25), così d.i
VanRccci — Storia dell'Italia antica — IV. 90
718
MARCO AURELIO.
[LiB. VII.
prima si chiamò Vero col nome del padre e dell'avo, e
fino dalla fanciullezza fu caro ad Adriano, che per la
schietta indole lo chiamava scherzosamente Annio Ve-
rissimo: nome di cui egli stesso compiacquesi, e lo ebbe
Domizia Lucilla niiidro di M. Aurelio (Longpérierj.
qualche volta nelle medaglie *. Più tardi , quando fu
adottato dal Pio, prese il nome di Marco Aurelio An-
tonino. A sei anni Adriano lo ascrisse all' ordine dei
cavalieri, e a otto lo fece porre nel collegio dei Salii y
custodi degli anelli di Numa, ove egregiamente condusse
le danze e fu capo dei cori e maestro , e compì da sé
stesso le cerimonie di rito, perchè sapeva a mente tutti
i carmi Saliari: e dopo aver preso a quindici anni la
toga virile, con suo grande onore fu prefetto delle ferie
Sjtarziano, nel cap. primo della vita ili.Diilio Giuliano, cosi in molte iscri-
zioni delle figuline: e Domizia Lucilla è il suo vero nome, datole anche
da Giulio Capitolino al cap. 6 della vita di M. Aurelio, quantunque o
per inavvertenza di questo biografo, o per errore dei copisti si chiami
Domizia Calvilla al pi'incipio della medesima vita. Vedi Borghesi, Fiiju-
lina (li Domizia Lucilhi, madre dell'imperatore M. Aurelio, in Giornale
Arcadico, 1819, voi. I, pag. 359-376, e, in Opere, voi. IIL p. 35-47.
La medaglia che ha nel diritto Domizia Lucilla, e nel rovescio il gio-
vane Marco Auielio a cavallo, e dall'una parte e dall'altra le epigiafi
greche coi nomi della madre e del figlio, fu battuta a Nicea di Bitinia.
Vedi Longpérier, in Revice Numismatique, 1863, pag. 242-250.
J Capitolino, M. Aurelio, 1; Dione Cassio, LXIX , 21; Nòel des Vergers , Essai,
pag. 5. S. Giustino indirizzò l'apologia ad Antonino, e al suo figlio Verissimo.
Cah. IV.]
SUOI PRIMI STUDI.
VJ
latine. Di buon'ora studiò lettere greche e latine ; ebbe
particolari maestri di leggi, di matematiche, di disegno,
di danza, di musica. Nel carteggio tra lui e Frontone si
vede quanta cura ponesse questi a farlo un oratore per-
fetto , e come il principe alle gravi cure congiungesse
7
ifc^
Marco Aurelio giovanetto {Iconogr. liom., XLI, 2).
sempre gli ameni studi, come attendesse alle parole e
allo stile, come corresse dietro alla vecchia moneta, e
facesse estratti di libri antichi, e fosse tutto nel legger
Gracco, Ennio, Scipione, Catone, Lucrezio e Sallustio, e
come amasse teneramente il maestro, che gli insegnava
720 MAESTRI DI ELOQUENZA E DI FILOSOFIA. [Lib. VII.
tutti i partiti oratorii *. Ma la filosofia fa il suo grande
amore, e da essa cercò con incredibile studio ciò che
giova a governare e a rendere onesta la vita. A 42 anni
mise in pratica le austerità degli stoici , e ne ebbe la
salute alterata. Pure dei filosofi non prese 1' arrogante
ispidezza: si serbò grazioso con tutti, virtuoso con gen-
tilezza, verecondo senza timidità, grave senza tristezza.
I suoi maestri onorò vivi e morti, gli inalzò alle dignità,
ne conservava i ritratti in oro con quelli dei Lari , e
sulle loro tombe offriva vittime e fiori. Principali tra essi
furono Erode Attico per F eloquenza greca , Cornelio
Frontone per la latina, un Alessandro grammatico greco,
un altro Alessandro platonico, Claudio Severo peripate-
tico e gli stoici Apollonio Calcedonio, Sesto di Cheronea,
nipote di Plutarco, Claudio Massimo, Cinna Catulo, e L.
Giunio Rustico, gran maestro di quelle dottrine, per amore
delle quali fu messo a parte di tutti i pubblici e privati
consigli -. Da essi fu educato alle Virtù morali e civili ,
e nei Ricordi disse degli insegnamenti di cui andava
debitore a ciascuno. Di sopra vedemmo le virtù che égli
confessava di avere appreso da Antonino Pio. Degli altri
parenti e maestri egli aggiunge le cose seguenti : « Dal
mio avolo Vero imparai la gentilezza del' costume e il
non adirarmi. Dalla fama e dalla memoria del mio ge-
nitore r esser verecondo e forte. Dalla madre , 1' esser
pio; il donar volentieri; l'astenermi non sol dal fare il
male, ma anche dal venirne in pensiero. Ancora l'esser
frugale nel vitto, e allenissimo dalle usanze dei ricchi.
Dal mio bisavolo , il non essere andato alle pubbliche
scuole ; 1' avere avuto dei buoni maestri per casa , e il
conoscere, che in siffatte cose non si vuol guardare alla
spesa. Dal mio aio, il non aver parteggiato per gli au-
1 Frontone, I, 110, N8, 134, 201, 208, 211, II, 16, 6», 70, 108, 138.
2 Capitolino, iW. A«jv/., I-i, e Pio. 10; Dione Cassio, LXX, 1 e 35; Frontone, I, 20G ;
Filostrato, So/!sti. II, 1, 9; Digesto. XLIX, 1, 1, 3.
i
Gap. IV.] CIO' CHE MARCO IMPARO' PER GOVERNARE LA VITA. 721
righi del circo; il reggere alla fatica; l'aver bisogno di
poco; il saper fare da me; il non intromettermi nelle
faccende altrui; il non porger facilmente orecchio ai de-
latori. Da Diogneto ("), il non occuparmi d'inezie; il non
dar fede a ciò che i maghi e i fattucchieri dicono intorno
Erode Attico maestro di M. Abr In ilconogr
vjI. IV, r
tav CI 'j n. 3).
alle malie, allo scongiurare gli spiriti e altre cose di tal
fa»tta.... il patire che altri mi parli francamente; l'essermi
dato alla filosofia; l'avere udito primieramente Bacchio,
(^) Era filosofo e pittore. Opcram j^dnrjendo suJj magistro Dioyncto
dc'dit. Capitolino, M. Aurei. ^ 4.
722 GIO' CHE MARCO IMPARO' PER GOVERNARE LA VITA. [Lib. VII.
poi Tandaride, e Marciano ; 1' avere scritto dialoghi da
ragazzo.... — Da Rustico, l'esser venuto in per^siero che
i miei costumi avean bisogno di correzione e di coltura;
ilnon essermisviato
-^^lf^Ì!X
dietro ad un'ambi-
zione di sofista, 0
scrivendo su mate-
rie speculative , o
declamando ora-
zioncelle esortato-
rie, 0 facendo, per
dar nell'occhio al-
trui, l'uomo austero
e benefico ; e lo
avere abbandonato
la rettorica e la poe-
tica e il bel favel-
lare; e il non pas-
seggiare togato per
casa , e altre tali
cose ; e lo scriver
le lettere semplice-
mente e natural-
mente, come quella
che egli scrisse da
Sinuessa a mia ma-
dre ; e il non serbar
rancore verso le
persone che si son
meco adirate e lìii
hanno offeso, e rap-
pacificarmi volen-
tieri con loro tosto che elle si voglion ricredere; e il leg-
gere con attenzione, e non contentarmi di capire cosi
all'ingrosso; nò assentire troppo di leggieri a quel che i
L. Giunio Rustico filosofo stoico
[Icon. Rom., tav. XIV, 5).
Gap. IV.] CIO' CHE ^^lARCO IMPARO' PER GOVERNARE LA VITA. 723
circostanti dicono; e l'avere avuto contezza dei ricordi
di Epitetto, ch'egli mi donò di suo proprio moto. — Da
Apollonio, la libertà dell'animo e la fermezza nel propo-
sito, senza dar mai nulla al caso; il non guardare ad altro
mai, né anche per poco, che alla ragione; l'esser sempre
uguale, nei sommi dolori, nella perdita del figlio, nelle
lunghe malattie ; l'aver veduto ad evidenza, nel vivo esem-
pio di lui, siccome può la stessa persona' essere gagliar-
dissima ad un'ora e rimessa.... e l'avere imparato come
convenga ricevere quelli che il volgo chiama benefizii
dagli amici senza mostrarsi loro né servile né ingrato.
— Da Sesto, l'amorevolezza, l'esempio del governare
da buon padre una'casa; e il concetto di vivere secondo
natura; e la gravità non affettata; e l'indagare con
sollecitudine quello, di che gli amici hanno uopo; e il
sopportare gl'ignoranti..., e il sapersi adattare a tutti,
per modo che il conversare con esso lui era più dolce
cosa che l'adulare di chicchessia, ed era egli nondimeno
in quello stesso punto ed appo quelle stesse persone in
venerazione grandissima; e la chiarezza di mente, e la
sagacità con cui trovava ed ordinava le verità filosofiche
necessarie alla vita; e il non aver dato indizio di col-
lera, né d' altra passione , ma essere stato ad un' ora il
più impassibile uomo e il più tenero; e il dir volentieri
bene d'altrui, senza menar rumore per ciò; e la molta
dottrina senza che paresse. — Da Alessandro gramma-
tico, il non isgridare, e il non riprendere ingiuriosamente
chi faccia un barbarismo o un solecismo o un cattivo
accozzamento di suoni, parlando; ma profferire destra-
mente ciò che quegli avrebbe voluto dire, per modo di
risposta 0 di conferma , o come volendo esaminar con
esso la cosa, non già la parola, o per qualsivoglia altro
modo di suggerimento indiretto , garbatamente. — Da
Frontone, quanta invidia, quanta malizia, quanta simu-
lazione sia nella tirannide. E siccome questi, da noi chia-
724 CIO' CHE MARCO IMPARO' PER CtOVRRNARE LA VITA. [Lib. VII.
mati patrizii, son cattivi padri anzi che no. — Da Ales-
sandro il platonico, il non dir sovente ne senza necessità
a nessuno, né* scriver per lettera, eh' io sono occupato,
ne contrarre F abito di disimpegnarmi in tal modo dei
doveri verso le persone con le quali io vivo , allegando
per iscusa le faccende. — Da mio fratello Severo, l'af-
fezione ai domestici; l'amor del vero e del giusto; l'avere,
per mezzo di lui, avuto contezza di Trasea, d'Elvidio, di
Catone, di Dione, di Bruto, ed essere venuto in pensiero
d'un reggimento civile, dove la legge sia una per tutti
e pari i diritti di ciascheduno, e di un governo regio che
sovra ogni altra cosa tenga conto della libertà dei gover-
nati. Ancora, quel suo tenor costante ed uniforme nel
culto della filosofìa; e la beneficenza, e il far parte altrui
volentieri e senza risparmio delle proprie sostanze ; e lo
sperar bene; e l'aver fede nell'amicizia degli amici; e
quel suo non infingersi con le persone quando disappro-
vava alcuna cosa in loro, e il non aver mai avuto biso-
gno gli amici di lui di andare indovinando che cosa egli
volesse o non volesse, sondo l'animo di lui sempre aperto.
— Da Massimo, il contener se medesimo, e non lasciarsi
andare in nulla malgrado suo; e quella temperatezza di
costume, soave ad un tempo e dignitoso; e l'eseguir
prontamente e senza querimonia qualunque cosa gli ac-
cadesse di dover fare; e la credenza, che tutti avevano
di lui, ch'egli pensasse tutto che diceva, e facesse a fin
di bene tutto che faceva; e il non istupir di nulla; non
isgomentarsi di nulla; non esser mai nò frettoloso, nò
tardo, né imbarazzato,' né sfiduciato, nò infingardo, nò
ripentito del consiglio preso, nò sospettoso; e il benefi-
care e il perdonar volentieri; e l'esser veritiero; e il pa-
rer piuttosto uomo per natura incontaminato, che non
per arte emendato; e siccome nessuno fu mai che o si
credesse dispregiato da lui, o ardisse riputar se miglioro
di lui; e quel suo piacevoleggiare a proposito'. »
1 Marco Aurelio, Ricordi^ I, I-Ij.
Gap. IV.l MARCO AURELIO E LUCIO VERO IMPE!l\TORI. 725
Educato fia questi studi, e nutrito di qii'^sti pensieri,
il giovane filosofo dall'adozione imperiale fbbe più spa-
vento che gioia, perchè la sua mente vedeva chiaro i
mali che porta seco l'esercizio del supremo potere. Ma
presso alla grandezza non mutò modi, e fu parco come
nella casa privata, e studiò di raggiungere riaeah- che
aveva nell'animo, e i suoi detti e fatti e pensieri conformò
alle massime del padre adottivo, al quale |'i-estnva ufficii
affettuosissimi ', Questi, dopo la morte di Adriaiio, gli
offri in moglie la sua figlia Faustina, ma euli rispose vo-
lerci pensare, e non la sposò che più tardi. Dofx) queste
nozze ebbe la potestà tribunizia, e altri uflìcii d'aiitoi-ità
e di onoranza, e crebbe nell'affetto e nella stima del Pio
così che questi non fece mai nulla senza aveiiie consi-
glio con lui: e con lui spesso va accompagnato nei voti
e nell'affetto dei popoli sui monumenti d'ilaliu. e delle
province 2.
Alla morte del Pio, il Senato lo gridò imperatore, ed
egli generosamente divise subito il comando con Lucio
Vero, suo fratello adottivo, non mai messo a parte dei
pubblici affari dal buon Antonino ^, che di buon'ora ne
avea conosciuto il carattere; e governò insieme con lui,
e gli fidanzò la figliuola Lucilla, e in quella occasione vi
furono gioie di doni e larghezze ai figli e alle figlie dei
nuovi cittadini. E insieme uniti si vedono nelle medaglie,
e insieme sono chiamati Dei Olimpici e nuovi Dioscuri
nelle iscrizioni *. Era a Roma il primo esempio di due im-
peratori governanti con pari autorità. Ma questa divisione,
che può aver lode di generosa virtù, fu politicamente e
moralmente un errore, perchè Lucio Vero era uomo brutto
1 Frontone, Epist. ad M. Antonin.^ I, 5, ed. Cassaa, vo!. II, 60.
- Capitolino, M. Aurei., l-i; Nòel.des Vergers, Essai, p. 19-22.
'■> Capitolino, Vero, 3.
4 Capitolino, M. Awal. , 7. Vedi Borghesi, Medaglioni di M. Aurelio e L. Vero, ecc.,
in Ann'X'.. IsHt. archeolog.. 1833, pag. 55, e in Opere, voi. Il, p. 4G1; lay.us, liecueil
■ ranllquieès, VI, lyo.
Van.nucci — Storia dell'ItaHa antica — IV. DI
(26
FESTE E LARGIZIONI.
LiB. VII.
d'ogni vizio, e solamente buono a fare scandali, e a dare
impacci, quantunque nel fatto Marco Aurelio rimanesse
il solo imperante, e Vero non pigliasse dalla suprema
potestà altro ohe la licenza a ogni sorta di vituperi!.
Primi atti dei nuovi signori furono i giuoclii e i fune-
rali solenni in onore del padre, di cui l'uno e l'altro dis-
Lucio Vero iR'^hctlij Campid., voi. I, lav. 10'2).
sero le lodi dai Rostri. Accrebbero le largizioni, e a ogni
pretoriano promisero 20 mila sesterzi, e un proporzio-
nato donativo ai legionarii '. E il nuovo regno cominciò
lietamente: il popolo era allegro dei doni, la pace durava
capitolino, M. Aw.j 0 e 7.
Cap. IV.] SCIAGURE PUBBLICHR, E RIVOLTE DI POPOLI E RE. 727
ai confini, e Marc' Aurelio continuava a cercare dai filo-
sofi la verità e il modo di acquistarsi il pubblico alletto. E
presto ebbe occasione ad esercitare la sua virtù nel soc-
correre ai pubblici mali, perchè una grande inondazione
rovinò case, uccise animali e portò carestia. A queste
sciagure aggiungevasi anche che il fratello insultava al
pubblico dolore con ci-apule e dissolutezze di ogni ma-
niera. Poi venne la guerra già prenunziata da Antonino
nel delirio febbrile delle sue ultime ore.
Vi sono cenni di moti e sollevazioni nelle Gallio, in
Germania, in Britannia, e nella Spagna invasa dai Mauri.
Il legato Aufidio Vittorino andò contro i Catti irrompenti
nella Rezia e in Germania. Didio Giuliano, quello stesso
che in appresso fu imperatore, respinse dalla Gallia Bel-
gica gli assalti dei Cauci abitatori delle rive dell'Elba*.
In Britannia, ove agitavansi i barbari, e le legioni chie-
devano a imperatore il loro capo M. Stazio Prisco Licinio
Italico 2, fu mandato Sesto Calpurnio Agricola, il quale
frenò i Caledoni e i soldati, tenendosi, a quanto sembra,
nel vallo di Adriano ove le epigrafi lo ricordano legato
di M. Aurelio e di Vero 3.
Più grossi e più pericolosi di tutti erano i moti dei
Parti anelanti sempre ad avere in loro mano l'Armenia,
cui, come vedemmo, anche Antonino Pio avea dato un
re dipendente da Roma. Se Vologese 11, uomo pacifico,
aveTa frenato gli sdegni dei suoi, Vologese IH, suo suc-
cessore sul trono dei Parti, cupidissimo di vendicare le
offese patite dalle correrie di Traiano, fatti grandi appa-
recchi di guerra, mosse contro l'Armenia non preparata
a resistere. Severiano, legato di Cappadocia, erasi recato
ad occupare la città di Elegia {Iliiljalt) sulla riva sinistra
' Capitolino, M. Aur., 8 e 22; Sparziano, Didio Giuliano, 1.
2 Henzen, Inscript., n. 548S-, Yiurghesi. Historicorum graecorum excerpta vaticana,
in Oper., Il[, 219. Pei fatti di Stazio Prisco vedi anche voi. IV, 107 e 16S, e V, STj.
3 Henzen, 5S'n ; Briice, The Roman Wall, pag. 21, 214, 100; IlUbner, Inscript. Britan.
kit., n. 225, 758, 773, 771. Vedi anche 329.
728 L. VERO PoSTO A CAPO DELLA GL'HaRA DOXIEME. [ Li». VIE
deir Eufrate, ma senza la forza dei consigli e delle armi
bisognevoli a far testa ai nemici, mosso soltanto dalle
false predizioni dell'impostore Alessaiìilro. La città dopo
tre giorni di lotta cadde in potere dei Parti: Severiano
rimase ucciso con un'intera legione, il re d'Armenia fuggi,
e anche la Siiia fu invasa, e messo in fuga Atidio Cor-
neliano governatore imperiale '.
Anaid:i:-- All'annunzio di questi disastri furono da Iloma pron-
G.^c'io].' tamente ordinate le forze necessarie al ii[)aro: e Marco
Aurelio risoluto a non muoversi per provvedere dal cen-
tro a tutte le necessità dell'Impero, d'accordo col Senato
pose al supremo comando della guerra Partica il fratello
per trarlo dalla sconcia sua vita, sperando che nelle fa-
tiche e nei pericoli sentisse di esser imperatore, e ne
tornasse migliore -: e per assicurare l'impresa coll'opera
di uomini [)rovati e lodati nel governo dei cartipi, dòtte
a Lucio Vero per principale legato Avidio Cassio, duce
forte e sapiente, e rigido osservatore della disciplina an-
tica; e altii prodi conduttori di legioni, come Marzio
Vero ^', Fiuio Saturnino, Stazio Prisco, richiamato dalla
Britarinia e jiosto al governo di Cajipadocia, M. Claudio
Frontone, e P. Giulio Geminio Marciano, ricordati dalle
iscrizioni '*. Ma nulla facevano a Vero gli esempi. Il suo
viaggio fu un seguito 'di oscene orgie. Toltosi agli sguardi
del fratello si tulio più che mai nei piaceri. Attese a
crapule e a cacce in Campania, a musiche in Corinto e
in Atene, passeggiò voluttuosamente la Grecia e le ma-
rine dell'Asia Minore. Spinto dai suoi cortigiani andò
1 Luciano, Come si debba scriver la storia^ § 21, pag. 202, ed. [li.lot, e Alessandro.
0 il falso profeta. 27, [.ag. 330; Dione Cassio, LX.Kl, 2; Capitolino, M. AureliD ^ 8, e
Vero. 6.
2 Dione Cassio, l.XXf, 1; Capitolino, M. Aurei.. 8, e Ver.. :>.
3 Dione Cassio, I.XXI, 11.
* Luciano. Come si debba scriver ìa starvi. 21; Maffei, Mus. Vernn . 2P, 8; Creili,
Inter.. Vyn. Sfl'.S; ll.nzen, ivi. ón8-51tiO; Borghesi, /.te» JiJOtii <ii S.-piiio. in Ann. htit.
arch.. 1852, ya.'^ 37, e Oper.. voi. V, pag. 375; Renier, /nsC)'t/)^ de V Algerie, n. 1S18;
Corp. Jriscript. graee.. n. b'J66.
Gap. IV,
L. VERO E SUA MOGLIE LUCILLA.
r29
fino all'Eufrate, poi tornò ad Efeso per accogliervi la
sposa Lucilla mandatagli colà da Marco Aurelio proba-
bilmente per ritrarlo con queste nozze dalla sua sconcia
vita. Ma egli era infrenabile, e invece di esser corretto
dai riguardi dovuti alla sposa, col suo malo esempio cor-
Lucilla moglie di Lucio Vero {Monges^ Icon. Rom.j tav. XLIII,
ruppe i costumi di lei. Passava in delizie gli inverni a
Laodicea, e le estati ad Antiochia e a Dafne, luogo in-
fame per turpi costumi, ed era sempre nel giuoco, nel
vino, in amori di giovani, fra meretrici e commedianti,
730 IL FIERO LEGATO AVIDIO CASSIO. f Lib. VII.
e buffoni, intento soprattutto a curarsi la bionda chioma*.
Per buona ventui-a Avidio Cassio con la sua severa vigi-,
lanza e prodezza teneva in dovere gli eserciti, e faceva
testa ai nemici. Questo liero uomo, originario di Siria, di-
sceso per parte di madre dai Cassii, figlio di quell'Avidio
Eliodoro che dalla rettorica pasbò alla prefettura d'E-
gitto {"), sognava di Mario, e dei fatti e delle virtù di
altri tempi. Il suo biografo narra che a seconda dei tempi
era truce e mite, religioso e spregiatore delle cose divine,
devoto alla crapula, e temperato e forte a sopportare la
fame, ora rotto a lussuria, ora casto. Fuvvi chi lo cliiamò
Catilina, ed egli godea di quel nome, e augur,avasi di
spegnere l'imperatore dialogista. È detto pure che fino
dalla puerizia pensava a cacciare dal trono Antonino Pio.
Giunto al comando delle milizie portò rigore crudele nei
campi, che per lui videro nuovi supplizii. 1 soldati rei di
furto metteva in croce, o bruciava o allogava nel fumo:
alcuni incatenati insieme a diecine e gettati nel mare o
nei fiumi: ai disertori tagliate mani e gambe, perchè più
della morte gli pareva efiìcace 1' esempio della sciagura
vivente. Quando comandò sul Danubio fece porre in croce
una schiera di ausiliarii, corsi a combattere senza suo
ordine, quantunque avessero ucciso tremila Sarmati, e
riportato ricca preda. E poiché per l'immane atto si levò
a sedizione il campo, egli corse intrepido in mezzo ai
furenti gndsindo: Percuotetemi se ne avete l'ardire, e alla
("') Dione Cassio, LXXl, 22; .Yulcazio Gallicano, Caboto, 1, e Letronne,
Inseriptions grecq. et latin, de l'Eyypte, l, pag. 1:^9-130, il quale i-ife-
risce e illustra un'epigrafe ricordante questo retore Eliodoro come pre-
fetto di Egitto nel terzo anno dell'imperatore Antonino Pio. Egli è pro-
babilmente quello stesso Eliodoro che Adriano tenne un tempo per suo
segretario, e che dal retore Dionisio Milesio fu punto col motto: L' im-
peratore ti può dare onori e 'pecunia, ma non ti può fare oratore.
Dione, LXIX, 3.
1 Capitolino, il. Aur.. S, e Vero.. 4, 6 e 7.
Gap. IV.] CORRERIE E VITTOT^IE NEf L'INTERNO DELL'ASIA. 731
indisciplina aggiungete il delitto. E quelli a tanto ardi-
mento quietaronsi, e lo temerono percliè non aveva te-
muto *.
Con questi modi rimesse la disciplina anche tra le molli
legioni di Siria, e, resele atte alla guerra, corse contro
Vologese, lo sconf^^se, lo volse in fuga, passò l'Eufrate,
corse la Mesopotamia, penetrò nell'interno dell'Asia; e
distrutta al nemico la reggia di Ctesifonte, e arsa Se-
leucia sul Tigri, tornò in Siria con l'esercito scemato per
fame e per malattie, ma vincitore '^. Altri valenti duci gli
dettero mano nei luoghi vicini, e anche in Armenia la
guerra fu governata felicemente da Stazio Prisco e da
Marzio Vero, e si compì colla presa di Artassata, e dopo
cinque anni di correrie e di battaglie fu fatta pace coi
Parti, i quali pare cedessero la Mesopotamia ^■. e per
questa vittoria il nome romano andò fino alle estremità
orientali dell'Asia, e, secondo gli storici chinesi, la China
vide allora per la prima volta un'ambasciata romana, aqduìkio
che all'imperatore del Celeste Impero recò in dono denti
di elefanti, corni di rinoceronti e scaglie di tartaruga''.
Vero, quantunque avesse atteso solamente a delizie,
senza niun pensiero di armi, fu lodato come grande uomo
di guerra dal suo maestro Frontone che, chiamandolo
restitutore della corrotta disciplina, ne celebrò la militare
sapienza, e lo disse uomo forte e prode .e glorioso guer-
riero, e raccoglieva memorie per iscrivere la storia di
questo eroe, che di ciò lo pregava colle sue lettere •''. E
storie laudative e gonfie e spropositate, di cui si burlò
argutamente Luciano ^, e poemi scrissero di lui retori e
1 Vulcazio Gallicano, Cassio^ 3 e 4 ; Frontone, II, 211.
2 Dione Cpsio LXXI, 3.
3 Capitolino, 3i. Aurei.. 9, e Vero, 7 e 8; Dione Cassio, LXXI. 2, e Fragm.^ in Rei-
maro, pag. 1201-1202; Tiliemont, Hist. dts empereurs^ II, P'^^c- 353.
* Vedi Nóel des Vergers, Essai ^ pag. 58, Conf. Letronne, in Mém. de lAcad. des
Inscr. et Belles-Lettres, nouv. sèrie, toin. X, p. iST.
5 Frontone, Epist.. II, 178, 1S2, 18-1, 190, lO-ì, 202, 218.
<• Come si debba scriver la storia j § I, 2, 8, 10, 15-32.
ma 939, di
732
TRIONFO DFI DUE IMPERATORI.
[LiB. VII.
sconci adulatori greci e romani *. Egli fu gridato tre
volte imperalore dall'esercito, e prese i nomi ài Armenico,
di Partico e Medico, i quali furono dati anche a Marco
Aurelio, che da|)prima gli rifuitò, quantunque avesse da
lungi provveduto a tutti i bisogni della guerra. Il Senato
decretò loro anche il titolo di Padrhdella patria, e il
trionfo, e trionfarono ambedue sul medesimo carro ove
si videro anche i piccoli ligli e le figlie di Marco ^.
L. Vero conduceva seco dall'Asia non re captivi, come
Annio Vero e Conimodo figli di Marco Aurelio (Icon. Eom.^ tav. XLII, n. 8, e XI. IV, n. 'ì).
gli antichi, ma trofei degni di lui, istrioni, suonatori di
flauto, prestigiatori e bufloni, stati suo sollazzo nel campo
e colmati di onori ^. Portò seco anche un'orribile pesti-
lenza, che presa dall'esercito nelle terre dell'Asia, venne
1 Vedi Philibort-^oniè, De Frontonianis reliquiis, Anibiani 1S53, pap. 71, e scgg.
2 Capitolino. M. Aurei.. \'2\ Ver., 8. Vedi anche Borglicsi. Medaglioni di M. Aurelio
e di L. Vero, n^gli Antxili dell' Isliluto di Cotrii'poiuk'hza archeologica, 1838, pag. 55 ;
Frontone, II, 17 e 2(i0.
3 Capitolino, Ver., 8. Conf. Frontone, II, 220.
Gap. IV.] PESTILENZA A ROiAIA. ORGIE DI L. VERO. 733
con esso per le altre province' e desolò Roma e tutta
Italia, d'onde passò nelle Gallie e in Germania. A Roina
morirono le genti a migliaia, volgo e patrizi!, poveri e
ricchi: e i governanti dovettero pigliarsi la cura di sep-
pellire a pubbliche spese le vittime, che pel gran numero
giacevano abbandonate da amici e parenti. Marc'Aurelio
non risparmiò niuna curti che servisse di allievamento
alla grande calamità, e ad evitar mali maggiori fece leggi
rigorosissime sulle sepolture ^, mentre che il fratello in-
dillerente in mezzo alla strage del morbo, continuava la
sua sozza vita, spendendo incredibili somme in feste e
bagordi. Emulò nei vizi Caligola, Nerone e Vitellio, mutò
la reggia in taverna, passava le notti a ubrisicarsi, a giuo-
care a dadi, a correre le vie con turpi compagni, ad
attaccar brighe per bettole e per lupanari 2. Nella son-
tuosissima villa che pei suoi piaceri edificò lungo la via
Clodia in Etruria colla solita compagnia d'istrioni, di ci-
nedi e di vituperosi liberti dava fondo all'eredità di
Antonino. Spese sei milioni di sesterzi in un convito di
solo dodici commensali, a cui, tra le altre cose, donò i
ricchi vasellami usati alla mensa, e i servi e le carrozze
e i cavalli destinati a ricondurli in città ^. Un dì invitò
anche il fratello, e Marc'Aurelio restò cinque giorni in
questo luogo d'infamia attendendo assiduamente agli
affari, e sperando di farlo vergognare colla lezione del-
l'esempio. Inutile era ogni dimostrazione di tal fatta, e
questa troppa indulgenza del filosofo fu con ragione ac-
cusata di debolezza. Ma quantunque Marc'Aurelio ge-
messe di questo solamente in segreto, alla fine la sover-
chia contrarietà di costumi minacciava di sciogliere ogni
legame, e di portare ad aperta inimicizia, se la morte
non fosse presto venuta a toglier gli scandali.
1 Capitolino, M. Aureli 13; Orosio, VII, 14.
2 Capitolino, Ver.^ 4.
3 Capitolino, Ver.^ 5.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 92
734 GLI IMPERATORI CONTRO I BARBARI NORDICI. [Lib. VII.
Negli ultimi tempi della guerra d'Oriente erano giunti
a Roma frequenti annunzi di incursioni barbariche lungo
il Danubio. Dapprima furono frenate coll'arte, ma ora e
in appresso arse lunga e fierissima guerra mossa simul-
taneamente da tutte le genti dei confini settentrionali,
in parte collegate a uno sforzo comune contro le pro-
vince soggette all'Impero, dall' lUirio fino alle Gallie.
Primi a venire in campo furon i Marcomanni, i Quadi
e altre genti Germaniche a cui rispondevano gli assalti
degli Sciti e dei Sarmati ("): contesa durata molti anni
sul Danubio e in Pannonia, non bene distinta nei magri
racconti, istoriata nelle mute sculture della Colonna An-
tonina, e ricordata anche da un arco trionfale scomparso
da più di due secoli (^).
L'Impero e l'Italia erano a grave pericolo, perchè i ne-
mici mossi alla volta di Roma, avevano raggiunta Aquileia.
Quhìdi grandissimo il terrore per tutta Italia, Marc' Au-
relio per calmare gli animi fece espiazioni e sacrifìcii e
preghiere, e cerimonie di ogni sorte ^ : poscia corse al
C) Dione Cassio, LXXI, 11-12; Capitolino, il/. A?<rt'?., 2?. I nomi degli
assalitori son questi : Mai'comanni, Quadi, Narisci, Ermunduri [Germani);
Latringi, Burii, lazigi, A stingi, Cotini, Dancrigi [Sarmati); Victovali,
Sosibi, Sicobati, Rossolani, Bastami, Peucini, Alani e Costoboci [Sciti).
Vedi Greeuwood, History of the Germans, I, 176, in Merivale, Vili, 337.
(*) Nardini, Roma antica, VI, 9; Nibby, Roma antica, voi. I. pag. 471-
476; Canina, Edifici, voi. Ili, p. 113-114, e IV, tav. 245.
L'arco attribuito a Marco Aurelio a causa della sua imagine ricono-
sciuta nei bassirilievi sorse sulla via Flaminia nel Corso di oggi, e pre-
cisamente all'angolo meridionale del Palazzo Piano, e vi rimase fino alla
metà del secolo decimosettimo. « Quest'arco, scrive il Nibby, stando al-
quanto obliquo colla direzione attuale della via del Corso, che declina a
sinistra da quella della Flaminia, ed inoltre stringendo la strada, dava
specialmente incomodo al popolo nella grande affluenza del Carnevale, e
perciò Alessandro VII, che principalmente contribuì a fare regolare la
via del Corso, lo fece demolire l'anno 1662. »
1 Dione Cassio, LXXI, 3; Capitolino, M. Aurei., 12, 13 e 11; Ammiano Marcellino,
XXV, 4, 17.
Gap. IV.I GLI IMPERATORI CONTRO I BARBARI NORDICI.
rSo
riparo: e condusse seco il fratello, per non lasciarlo in
Roma più libero nell^aue orgie. Passate le Alpi, Vero
attese agli usati piacer^ ma l'altro provvide si energi-
Arco di M. Aurei
;onie vedevasi nel secolo XVII3 (Ccxmna^ Edif.^ IV, tav. 145).
camente alla guerra, che in breve furono liberati i confini,
e i barbari respinti mandarono messaggi a chieder mercè.
Marco Aurelio la stimava finzione, ed era d'avviso di
spinger la guerra più avanti, ma perchè Vero era stanco
dei campi, e sospirava ai piaceri della città, afforzate le
frontiere, e provveduto alla difesa dell' lUirico e dell'Italia,
i due imperatori mossero alla volta di Roma. Fra le truppe
riunito infierì di nuovo il flagello della pestilenza, contro
rò6
MESSAGGI DEI BARBARI.
[LiK. VII.
il quale nulla potè neppure Galieno, chiamato a soccor-
rervi coir eccellenza dell'arte ^à ("). Giunti presso ad
r-^--^ 1 VT A f ,'/fe:i --^i /ri>^ }p
Messaggi doi barbari a M. Aurelio (Righetti, Campid., I, tav. 165).
C) La storia tace .sul servizio medico dei campi romani: ma
documenti provano, che al tempo di Marco Aurelio lo Stato non ci
altri
a in-
Cap. IV.] MORTE DI LUCIO VERO. 737
Aitino (undici miglia sotto a Treviso), Vero morì in tre
giorni di colpo apoplettico. Andò voce che egli avesse annidi ro-
meditato di uccidere il fratello per pigliar solo l'Impero, o.Vftìb^'
e che questi avvisatone, lo prevenisse facendogli dare il
veleno. Ma non vi è prova, né probabilità di questo, come
delle voci corse che alla morte avessero parte Faustina
e Lucilla, suocera e moglie di Vero. La causa vera erano
stati i grandi stravizii. Marco Aurelio pose l'indegno fra-
tello nel mausoleo di Adriano, lo dichiarò Dio, gli die'
templi e sacerdoti, e istituì feste molte in suo onore*.
Dopo le quali cose rimasto solo padrone di tutto, potè
senza impacci attender meglio al governo del mondo, e
fece le leggi e i provvedimenti che resero venerando il
suo nome. Alla istituzione degli alimenti dei fanciulli, già
ricordata piìi volte, détte basi più larghe, affidandone la
du^ezione ad uomini rivestiti di più larghi poteri, come
consolari e pretori, affinché avessero modo a far bene
differente alla salute dogli eserciti, destinati a difender T Impero. E le
iscrizioni dicono, che le legioni, le coorti, la cavalleria e le truppe ausi-
liarie e l'armata di mare avevano lor medici propri e chirurghi per cu-
rare le malattie e le ferite, e che in ogni accampamento eravi un capo
(medicus castrensis), il quale dovette avere la soprintendenza generale
del servizio medico di tutte le truppe. Vi furono anche medici ordinariij
medici clinici, medici veterinarii {medicus iumentarius) : e una epigrafe,
scoperta a Baia, ricorda un Satrio Longino medico a doppio soldo {me-
dicus duplicarius) della nave che aveva nome Cupido. Vedi Maffei,
Mus. Veron., pag. CXX, n. 4; Marini, ArvaL, pag. 62 e 826; Orelli,
n. 448, 3506-3508, 3640, 4229, e Henzen, ivi, voi. ili, pag. 358, n. 3506;
Renier, Inscript. de l'Algerie, n. 506; Nòel des Vergers, Essai, pag. 69-
72; Simpson, Was the Roman Army provided with any medicai offi-
cersì Edimburg 1851, trad. nella Gazete medicale de Paris, 1857, n. 12,
16 e 18; Aubertin, Du service medicai dans les armées de Vanti [uité,
nelJournal general de l'instruction publique. 1861, pag. 303, 3l7, 327;
Lamarre, De la milice romaine , Paris 1863, pag. 3S5, e segg.; Briou,
Du service de sante militaire chez les Romains, Paris 1866.
1 Capitolino, M. Aurei., 14, 15, 20; Ver.. 9, 10, 11 ; Aurelio Vittore, De Caes... 16.
738 AMMINISTRAZIONE DI M. AURELIO. [Lib. VII.
maggiore*. Fa diligentissimo a render giustizia, e a questo
fine provvide di nuovi magistrati l'Italia, che era sua
cura sollecita, e desiderava si popolasse di illibata gio-
ventù-. Già fino dal tempo della guerra d'Oriente ag-
giunse un quinto giuridico ai quattro posti da Adriano
alla cura delle cose d'Italia, e per aver campo più largo
alla scelta dei magistrati modificò l'istituzione col pren-
dere a questo uffizio uomini stati semplicemente pretori,
mentre prima sceglievansi nel ceto dei consolari: e dalle
iscrizioni apparisce che détte loro anche il carico di
provvedere all'annona delle regioni, in cui dovevano
render giustizia ("). Anche in mezzo alle guerre l'impe-
(") Gli studi epigrafici all'età nostra portarono assai luce a questo
fatto . di cui i biografi imperiali dettero un inagrissimo cenno. Il Bor-
ghesi, e altri col raffronto delle iscrizioni fecero conoscere un gran nu-
mero di questi giuridici, e ne mostrarono le nuove incombenze, e il' modo
con cui erano distribuiti per le undici -regioni, in cui Augusto aveva di-
viso r Italia. Da queste ricerche ora è chiaro, che la prima regione del
Lazio e della Campania, e la settima dell' Etruria non ebbero giuridici,
0 perchè per la vicinanza potevano ricorrere ai tribunali di Roma, o
perchè erano in parte comprese nel raggio delle cento miglia, su cui si
estendeva la giurisdizione del prefetto della città. Sotto un solo giuridico
furono riunite la decima della Venezia e 1' undecima dalla Transpadana,
come ad un solo obbedivano anche l'ottava dell'Emilia e la nona della
Liguria. Un giuridico ebbe la seconda regione, composta dell'Apulia e
della Calabria: cosi la terza, comprendente la Lucania e i Bruzi: e ad
un altro eran sottomesse la quinta regione del Piceno e la sesta dell'Um-
bria. Rimaneva senza giuridico solamente la quarta regione, composta
dei Frentani , Marrucini , Peligni, Sanniti, Sabini, ecc. Ma il Borghesi
con buon fondamento opinò, che questi paesi fossero fin da principio di-
visi ti-a i giuridici del Piceno e d'Apulia. Vedi Orelli, 3177; Tonini,
Storia di Rimini, I, 363; Borghesi, Iscrizione onoraria di Concordia,
in Annal. Istit. archeolog., 1853, pag. 196-209, e Oper., Y, pag. 383 e
segg. ; Noel des Vergers, Essai sur Marc-Aurèle, pag. 44, e segg.
1 Capitolino, M. Aureli 11; Borghesi in Bullett. Istit. archeolog.^ 18M, pag. 125 e
segg. ; Henzen , Tabula alimene. Baebian. ., in Annali Istit. archeolog. , \8U, pag. 39 •
segg.; e Nòel des Vergers, Essai^ pag. 41.
! Fr»«tone, ed. Cassan, voi. II, 130.
Gap. IV.] GIUSTIZIA, SENATO, COSTUMI, CIRCO, DELATORI. 739
ratore passava i giorni e le notti a esaminare da se stesso
le cause: le pene delle leggi alleviava, quantunque fosse
inesorabile contro i convinti di grandi delitti. Di molte
cose détte il giudizio al Senato, si mostrò in ogni fac-
cenda di guerra e di pace deferentissimo ad esso, e lo
richiamò a dignità, come in libero Stato. Era assiduo alla
Curia, e per le adunanze veniva espressamente fino dalla
Campania, né partivasi mai primachè il console avesse
sciolta l'assemblea colla formula : Non vi riteniamo piw.
Padri Coscritti. A molti dei senatori affidò nuovi ufficii
e giudizi!, per farli più autorevoli. Ripeteva sovente: È
più giusto ch'io segua il consiglio di tanti e tali amici,
che tanti e tali amici la volontà di me solo *.
Anch'egli tenne con sé i più valenti giureconsulti, tra
cui ricordasi particolarmente Q. Cervidio Scevola 2, per
aver lume ed aiuto a render migliori le leggi. Fece or-
dini per riformare i costumi rilassati delle matrone ro-
mane e dei giovani nobili, tolse via i bagni comuni ai
due sessi, frenò la licenza teatrale e la ferocia del Circo.
Sul che merita ricordo un provvedimento di umanità,
che poscia si converti in uso costante. Caduto in teatro
un funambolo, egli ordinò di porre una materassa sotto
alle corde, per impedire che le cadute fossero mortali:
al che in appresso fu sostituita una rete distesa. Con
altri ordini mise termine alle calunnie dei delatori, e non
tenne conto delle accuse dirette ad impinguare il fìsco.
Istituì il pretore tutelare a patrocinio degli orfani. Regolò
meglio le iscrizioni dei nuovi nati nello stato civile, ri-
ducendo la consuetudine a legge, e ordinando che ogni
neonato fosse dichiarato con un nome dentro trenta
giorni presso il prefetto dell'erario di Saturno; e nelle
1 Dione Cassio, LXXI, 0; CD.pitolino, M. Aurei. ^ 10. 22 e 24 ; Frontone, Epist.^ I, 330,
II, 90.
2 Capitolino', J\l. Aurei. 11; Digesto, XXVIII, 6, 38, 3, XXXVI, 1, 22; Conradi, De
vita et scriptis Q. Cervidii Scaevolae^ Lipsiae 1751.
740 STATO CIVILE, ANNONA, SOCCORSI, UNITA DELL' IMP. [Lib. VII.
province stabilì conservatori degli atti di nascita, affinchè
i sudditi nel caso di contese in materia di libertà civile
potessero trovare facilmente i loro titoli. Alforzò la legge
delle affrancazioni; aggiunse nuove disposizioni a quella
sulla ventesima delle eredità, e provvide alle tutele dei
liberti, alle frodi dei testamenti, e alle successioni dei
figli negli averi materni (").
Cure grandi per ordinare i pubblici alimenti e l'an-
nona. Alle città d'Italia in tempi di carestia fece doni
di grano sulle provvisioni di Roma. Alle province fu be-
nignissimo; soccorse ai bisogni di molte città, le ristorò
dei danni patiti, e all'occorrenza le dispensò dai tributi
e condonò i debiti arretrati da 46 anni, e ne fece bru-
ciare le scritture nel Fóro ; frenò gli abusi delle esazioni,
allargò da ogni parte la cittadinanza romana, e i luoghi
esausti, come le Spagne, rifornì di coloni. Coi suoi par-
ticolari decreti sottomise, al dire di Frontone, tutti i sud-
diti a una medesima legge, e, tolto via l'arbitrio, coH'unità
dell'amministrazione studiò di compiere l'unità dell'Im-
pero, e di ridurre a fatto la sua idea di un reggimento
civile, dove la legge fosse una per tutti, e pari i diritti
dei cittadini. E della raggiunta unità parlò il greco Ari-
stide dicendo, che al tempo suo non vi erano più stra-
nieri, che gli onori si davano ai più meritevoli senza
guardare alla patria, e che l'amministrazione dell'uni-
verso era come quella di una sola casa *.
(«) Capitolino, M. Aurei, 9. 10, 11, 12, 23; Aurelio Vittore, De Cflev..
16; Frontone, ed. Cas.?an, I, 154; Trouip, Disputatio itiridica de proba-
tionibus familiae apud liomanos, Lugduui Batavorum 1837, pag. 25, e
segg. Una epigrafe mutilata }>arla del primo giuridico della Traspadana
cui 2'irimo iurisdictio pupillaris a so.nclissimis imperaloribiit mandala
est'. Vedi Borghesi, Iscrizione onoraria di Concordia, u\ Annal. Isti/,
urcheolog., 1853, pag. 188, e Opcr., V, p. 3>3.
1 Dione Cassio, LXXI, 32; Aurelio Vittore, De Cassar., Ifi; Capitolino, M. Aurei. 9,
11, 17, 23; Frontone, ^tsf. ad M. Caes., ed. Mai, pag. 16 e 17; Aristide, Orai, in Rom.
Gap. IV.] GUERRA AI BARBARI DI NUOVO IRRUENTI. 741
Marc' Aurelio era tutto in questi pensieri di rendere
gli uomini felici con dolce e saggio e giusto governo, ma
i barbari tornarono presto a toglierlo dalle predilette sue
cure, e lo tirarono a lunga e difficilissima guerra della
quale, come delle precedenti, si hanno poche e scon-
nesse notizie *. I soliti Marcomanni, e coi Quadi, e lazigi,
e altre genti feroci, correndo di nuovo alla volta d'Italia,
batterono i presidii romani, invasero tutti i confini del- Annidi ro-
r Impero dalla Pannonia alle Gallio, e giunsero come G.\'.ìr>/
prima fin sotto Aquileia. Per colmo di sciagura conti-
nuava ancora la pestilenza, e mancavano gli uomini. Bi-
sognò ricorrere a straordinarii partiti, e furono, come
dopo la rotta di Canne, armati schiavi e gladiatori; con-
vertiti in soldati i ladroni di Dalmazia e Dardania, e
comprati aiuti germanici contro i Germani. E quantunque
la storia taccia del numero delle forze usate in questa
occasione, dalle iscrizioni si apprende, che delle 30 le-
gioni armate a sostenere l'Impero, circa la metà presero
parte alla guerra germanica; cioè 100 mila soldati ro-
mani con altrettanti ausiliari 2. Anche l'erario era vuoto,
e l'imperatore per non mettere nuove gravezze vendè
all'incanto nel Fóro Traiano gli ornamenti imperiali, i
ricchi vasellami, le vesti preziose di sua moglie, e le
gemme trovate nel tesoro segreto di Adriano ^. E prov-
veduto del bisognevole e indossate le armi volò contro
al nemico, e lo respinse oltre i confini; ma continuando
il pericolo, fu costretto a rimanere più anni in Pannonia.
Confusi e oscurissimi sono anche i fatti di questa guerra,
in cui con Marc'Aurelio combatterono CI. Pompeiano,
divenuto marito di Lucilla vedova di Lucio Vero, e M.
Basseo Rufo e Macrino Vindice-, e quel Pertinace, che
poi giunse per breve all'Impero. I barbari coi quali com-
1 Dione Caspio, LXXI, 3, 7-21; Caiitolino, .V. Aurei.. 17, 2K 22, 21.
" Vedi Noel des Vercers, Essai j pag. 7G-?I.
3 Capitolino, 17.
Van>;ucci — Storia dell' Italia antica — IV, 93
742
[LIB.VII.
Marco Aurelio in veste militare {Righelli, Cam-pidoglio , I, tav. 70).
Gap. IV.
GIOVE PLUVIO.
r43
batterono fortemente anche le donne, messero più volte
a pericolo le legioni, vinsero battaglie, e uccisero Vin-
dice. Si narrano anche portenti. Un dì i Romani, messi
in mezzo daiQuadi, erano a pericolo estremo, rifiniti dalle
fatiche, dall'ardore del sole, e dalla sete: quando, dice
Dione, molte nubi raccoltesi repentinamente si sciolsero
in grandissima pioggia, che rese vigore agli affranti,
mentre dall' altro canto grandine e fulmini piovendo sui
ì
' ;. !
Giove Pluvio {Bartolo Collimila Antonin.^ tab. 15).
barbari li misero in dispersione. Fu stimato un prodigio
del cielo, da una parte attribuito ad incanti di maghi,
0 alla protezione di Giove Pluvio, o alla virtù dell' impe-
744 LEGIONE FULMINANTE. PACE COI BARBARI. [Lib. VII.
ratore, mentre i Cristiani lo dissero miracolo ottenuto per
le preghiere della legione melitina composta di soli se-
guaci di Cristo, la quale perciò, al dire di Sifilino, avrebbe
avuto dall'imperatore il soprannome di Fulminante. Il
fatto d'una pioggia è rappresentato anche nella colonna
Antonina tra i bassirilievi, che portano istoriate le guerre
di Marc' Aurelio in Germania. Vi si vede un Giove Pluvio,
dalla cui lunga barba scorre acqua, cinto di fulmini, che
colpiscono e disperdono gli stupefatti soldati *. Ma quanto
al nome di fulminante o fulminata è ora^provato esser
falsa l'origine miracolosa qui ricordata, perchè nelle
epigrafi si trova una legione fulminante ai tempi di Nerva,
e più indietro anche sotto Nerone 2.
Dopo fu continuata più gagliardamente la guerra: su-
perate genti ferocissime, e strette a chieder pace, che
alla fine fu conclusa a condizione, che i barbari si te-
nessero sei miglia oltre il Danubio, e restituissero i pri-
gioni, i quali fu detto sommare a 150 mila, cifra che posta
per vera mostrerebbe la grandezza dei pericoli corsi dalle
legioni, e darebbe più merito al duce, che riuscì a vin-
cere anche dopo queste perdite enormi. Egli fu gridato
imperatore per la settima volta, e appellato Germanico^ e
poscia trionfò col suo figlio Commodo, già ornato del ti-
tolo di Cesare, Faustina ebbe il nome nuovo di Madre dei
campi, cioè delle mihzie ^. 1 duci che avevano combat-
tuto da prodi ebbero l'onore di iscrizioni e di statue nel
Fóro Traiano, nel tempio di Antonino e in quello di Marte
Yendicatore ^ Dopo la vittoria il principe, continuando
1 Dione Cassio, LXXI, 9-10; Capitolino, M. Awel., 21; Clamliano, De sexto consulat.
Honorii, vors. 310; Eusebio, Hist. Eccles.^ V, 5; Orosio, VII, 15 ; Tertulliano, Apolo/j.^ 5.
2 Creili, 517; Fea, Iscrizioni Tarquiniensi, in BuUet. IstiC. archeolog.^ 1830, pag. 19S ;
Letronne, Statue vocale de Memnon^ p. 119-120; Borghesi, Iscrizioni rom. del Reno,
in Oper.. IV, 232-233; Nòel des Vergers, Essai, pag. 93. Conf. Dione Cassio, LV, 23.
3 Orolli, Inscr., n. 866; Cohen, Monn., voi. II, pag. 59t, n. 145, e pag 599, n. 19J;
Dione Cassio, LXX, 10; Capitolino, M. Aureli 26.
* Dione Cassio, LXXI, 3; Capitolino, 22; Kellermann, Vigil.j 42; Borghesi, Iscrizioni
^iFuligno, iaAnnal. Istit. archeolog., 1816, paj. 317; Nòel d«s Vergers, Eìsai, pag. 88.
Gap. IV.] MARCOMANNI E DACI. PERICOLI IN SIRIA. 745
nel suo benigno costume, rese ai provinciali la preda, Anni di R(
perchè si ripartisse, a risarcimento dei danni sofferti, tra o.^a n?
gli abitatori dei luoghi ov'era stata la guerra. Pose colonie
di Germani siiUe terre dell'Impero, e alcune fece stan-
ziare anche in Italia *. È detto che aveva anche in animo
di ridurre a provincia i paesi dei Marcomanni e de' Sar-
mati, e dalle testimonianze delle epigrafi è certo che i
paesi dei Daci, tenuti fmqui sotto il governo di cittadini
stati pretori, furono, sotto Marc' Aurelio, affidati a con-
solari, come è certo che la Dacia, per l' avanti distinta
in Superiore e Inferiore, trovasi ora divisa in tre parti 2.
Intanto più gravi necessità lo chiamavano altrove.
I moti scoppiati nelle Gallio, nelle Spagne e in Egitto,
furono di leggieri composti ^ : ma grave pericolo parve
minacciarsi dalla sedizione di Avidio Cassio in Oriente.
Era quel fiero vincitore dei Parti da noi ricordato di
sopra. Posto a regger la Siria tenne il governo dell'ampia
regione situata tra l'Eufrate e il monte Tauro, e, come
apparisce da Ammiano Marcellino, compresa dai Romani
nel nome generale di Oriente Q').
Di là egli corse in Egitto a comprimere i moti dei
Bucoli ^ e da quella potenza inalzò l'animo al grado su-
premo, di cui da lungo tempo gli era venuto il pensiero
senza aver bisogno di essere istigato da Faustina, come
a torto ne corse la voce confutata dai documenti che ri-
('') Ammiano Marcellino, XIV, 8, 5. Vedi Borghesi {Burbuleio, in Opere,
IV, 160-161) il quale notò che quantunque Dione (LXXI, 3) dica che
Cassio presedè a tutta l'Asia, non si può intendere di tutti i possessi ro-
mani di quella parte del mondo, perchè nel medesimo tempo Marzio Vero
reggeva la Cappadocia, come successore di Stazio Prisco, e neppure della
provincia detta propriamente Asia, in cui si vedono vari proconsoli.
1 Capitolino, 21, 22, 24.
2 Henzen, in Creili, Inscr., n. 6917, 6919, 6920, e Antichità della Trantilvania. in Bai'..
Istit. arch.. 1848, p. 163; Noel des Vergers, Essala p. 126-132; Corp. Inscr. lai., IH, p. 15).
3 Dione Cassio, LXXI, 4; Capitolino, 21 e 22; Vulcazio Gallicano, 6.
4 Dione Cassio, LXXI, 4; Capitolino, M. Aurei. ^ 21.
746 AUDACI DISEGNI DI AYIDIO CASSIO. [Lib. VII.
ferisce il biografo dell'audace ribelle K Lucio Vero, quando
lo ebbe per suo legato, si accorse di questi disegni, e di
Siria scrisse i suoi sospetti al fratello, chiedendo che
Cassio fosse guardato. Fra gli altri lamenti scriveva:
« Ogni, cosa nostra gli spiace, si procaccia aiuti potenti,
mette in ridicolo il nostro amore alle lettere, te chiama
vecchia filosofessa, me lussurioso bulfone. Vedi qual par-
tito sia da pigliare per togliere te e i tuoi dal pericolo,
che vi ha nel tenere a capo degU eserciti gente siffatta,
cui i soldati portano tanto amore. » Marc' Aurelio rispose
con singolare tranquilhtà ricordando, che niun principe
uccise mai il suo successore ; che se gli Dei avevano de-
stinato Cassio all'Impero non sarebbe possibile torlo di
mezzo, e che se non doveva regnare precipiterebbe da
se stesso senza bisogno di usargli crudeltà. Disse, non
potersi trattare da colpevole un uomo da nessuno ac-
cusato, e caro ai soldati: avvertendo anche, che nelle
cause di maestà passano per vittime quelli stessi di cui
è meglio provata la colpa, e che misera, come diceva
Adriano, è la condizione de' principi, che niuno crede
mai minacciati, se non quando sono spenti. Onde, con-
cludeva, lasciamo in pace Cassio, duce buono, sevèro e
forte e sì necessario allo Stato. Quanto a' miei figli, alla
cui sicurezza vorresti che io provvedessi colla morte di
lui, periscano essi, se Cassio meriterà di essere amato di
più, e se tornerà utile alla Repubblica, che egU viva
piuttosto che i figli di Marc'Aurelio ^.
Quindi Cassio rimase libero a ordire sue trame. Dive-
nuto chiaro per le imprese di Armenia, di Arabia e di
Egitto, e rimasto al governo delle legioni d'Oriente, ebbe
modo a preparare la rivolta. Per meglio riuscire fece
correr voce che Marc'Aurelio fosse morto, o usò a suo
profitto di un grido sparso da altri, e pose tra gli Dei
1 Vulcazio Gallicano, Cassio, 9-11. Conf. Capitolino, M. Aurei., 21.
2 Vulcazio Gallicano, Cassio, 1 e 2.
Gap. IV.] CASSIO GRIDATO DIPERATORE E UCCISO. 747
il supposto defunto, e in Antiochia fece dai soldati gri'
dare imperatore sé stesso. A quel grido risposero i suoi
partigiani in Egitto, in Cilicia, in Giudea: fu riconosciuto
da più re forestieri, e fece subito atti da imperatore, e
in una lettera scritta al suo genero dichiarò che si era
posto a quell'impresa per rimettere in vigore la severa
disciplina degli avi, per liberar l'Impero dalle violenze
dei ricchi e degli avidi di ricchezza: e riconoscendo che
Marc' Aurelio era un ottimo uomo, lo rimproverava che
per ambizione di clemenza lasciasse viver tali, di cui egli
stesso condannava la vita; gli rinfacciava di star filoso-
fando e discutendo sulla natura dell'anima e sull'onesto
e sul giusto, quando più vi era bisogno di pensare allo
Stato, e infierire coi supplizii contro i proconsoli, intesi
solo ad arricchirsi e a godere *.
A Roma questa novella fece spavento. Dicevasi che
l'usurpatore verrebbe a metter tutto a saccheggio: e il
Senato confiscò i suoi averi, e lo pose fuori della legge 2.
In Pannonia Marc'Aurelio, appena conclusa la pace coi
barbari, dette tranquillamente ai soldati le notizie di Siria
dicendo che gli doleva soltanto di esser tratto alla guerra
civile, e da uomo cui aveva dato tante prove di affetto,
e cui cederebbe di buon grado anche l'Impero se così
piacesse agli Dei, al Senato, ai soldati e al popolo. Quindi,
mandato avanti Pertinace colle prime schiere, mosse egli
stesso a quietare la rivolta, conducendo seco la moglie
Faustina, e Commodo e gU altri figliuoli. Ma prima di
giungere in Siria seppe per via, che Clodio Albino gover-
natore in Bitinia aveva arrestato la defezione degli eser-
citi, e che Cassio era stato ucciso da uno dei suoi cen-
turioni. Allora, dolente del sangue già sparso, e dell'aver
perduta l'occasione a esser clemente al nemico, non dette
1 Dione Cassio, LXXI, 22 e segg. ; Vulcazio Gallicano, Cassio^ 1 1 ; Capitolino, M. Awf .,
21 e 25.
^ Vulcazio Gallicano, Cassio,, 7.
748 PERDONO AI COMPLICI. [Lib. VIL
ascolto alla moglie Faustina che lo esortava a infierire,
e volse ogni opera ad impedire che fosse incrudehto con-
tro i complici. Belle e umanissime furono le parole, con
cui scongiurava il Senato a cessare da ogni vendetta, a
non uccider nessuno, a richiamare i banditi, a render loro
gli averi, a salvare e assicurare gli innocenti figliuoli di
Cassio e lasciar loro metà dei beni paterni, e la facoltà
di aspirare ai pubblici onori. E fu fatto come egli chie-
deva. Bruciate, senza aprirle, le lettere rivelanti i fautori
di Cassio; salvata la vita ai soldati, che più erano intinti
nella congiura; perdonato alle città e alle province più fa-
vorevoli alla sommossa: e, con esempio più singolare che
raro in una causa di ribellione, perirono solamente i por-
tati via dal primo tumulto: e i tribunali non sparsero
sangue *.
Dopo, l'imperatore attese a riordinare da se stesso le
province turbate, trattò coi re venutigli incontro, ebbe
ambasciate dai Parti, e a tutti dette sicurezza di pace ^
Ricordevole che Cassio governatore di Siria suo luogo di
origine avea potuto di là mettere l'Impero a pericolo,
ordinò per legge che ninno fosse mai posto al supremo
governo del paese natale 3. Agli Antiocheni fautori del
ribelle dapprima si mostrò molto irato, e gli privò di loro
assemblee e spettacoli, ma poscia rese loro ogni cosa *.
Si porse in più luoghi benefico, e agli Smirnei, presso i
([uali trattennesi ad ascoltare il sofista Aristide, liberal-
mente fece restaurare la città rovinata da un terremoto ^.
È detto che in Palestina noiato dei Giudei graveolenti,
e sempre inclinati ai tumulti, uscendo dalla sua naturale
mansuetudine esclamò che essi erano peggio dei barbari *.
1 Capitolino, M. Aurei. ^ 21, 25, e Albin... fi-, V. Gallicano, Cassio j S-IS; Dione Cassio,
l.XXI,22-2S.
2 Capitolino, M. Aur.^ 26.
3 Dione Cassio, LXXI, 31.
■t Vulcazio Gallicano, Cassio. 0; Capitolino, M-. Aurei., 25.
5 Dione Cassio, LXXI, 32; l-'iljstrato, Sofisti. II, 0, 2.
fi Ammiano Marcellino, XXII, 5, 4.
Gap. IV.] M. AURELIO QUIETA L'ORIENTE, E TORNA IN TRIONFO. 749
In Egitto perdonò agli Alessandrini le lodi che dettero
a Cassio: e le genti plaudirono alla clemenza del prin-
cipe mostratosi cittadino e lìlosofo nelle scuole, nei tem-
pli, in ogni luogo (").
Ordinato l'Oriente venne ad Atene, ove a mostrare la
sua innocenza nei fatti passati entrò con animo sicuro
nel tempio di Cerere vietato a chi non fosse senza mac-
chia, e si fece iniziare ai misteri. Alla città dette privi-
legi ed onori, e per utile di tutte le genti vi pose mae-
stri di ogni dottrina con grossi stipendi *.
Poi s'imbarcò pel ritorno, e giunto a Brindisi nell'au- AnnidiRo-
tunno prese. la toga, e la fece pigliare ai soldati, non g.''c.'i7g^'
permettendo mai che essi portassero, in Italia, il saio
(sagum) di guerra. A Roma feste e trionfi e maravigliosi
spettacoli, e larghe distribuzioni alle milizie e al popolo.
Ogni cittadino ebbe otto monete d'oro, in memoria degli
anni che era durata la guerra. Di più l'imperatore con-
donò tutti i debiti, che i cittadini e i sudditi avevano
coll'erario e col fìsco. Continuò pure nelle riforme civili,
e quindi erano lietissimi tutti ^. Il suo ritorno a Roma,
il trionfo e i sacrifìcii davanti al tempio di Giove, e i
suoi fatti in Pannonia, si vedono anche oggi figurati in
antiche sculture sul Carhpidoglio : come dura l'epigrafe,
che ricorda la gloria immortale acquistata per aver di-
strutte 0 sottomesse le genti più bellicose del mondo 3.
Ma presto egli dovè di nuovo lasciar la città rallegrata
anche da feste e liberalità per le nozze di Commodo con
Crispina fìgha di Bruzio Presente. I barbari non curanti
(") Capitolino, M. Aur. , 25-26. Il nome di M. Aurelio si legge anche
ora con quello di L. Vero sopra alcuni monumenti Egiziani, e specialmente
sul cornicione del piccolo tempio di Pbilae. Rosellini, Monum. dell'Egitto
e della Nubia, voi. II, Monumenti storici, pag. 453-454.
1 Dione Cassio, LXXI, 31 ; Filostrato, Sofisti, II, 1, 12, II, 2, II, 10, 4, II, 11, 1.
2 Capitolino, 27; Dione Cassio, LXXI, 32.
3 Vedi Creili, 861, e Nòel des Vergers, Essai:, pag. 142.
Vannucci — Storia dell' Italia antica — IV. 9t
r50
[LiB. VII.
Gap, IV.l NUOVA GUERRA AI BARBARI IN RIVA AL DANUBIO. 751
dei legati posti contr'essi tornavano a infuriare e a mi-
nacciare in riva al Danubio, e bisognò correre in fretta
alle armi. L'imperatore chiese, con modestia civilissima
e nuova, permissione al Senato di usare per la guerra la
pecunia dell'erario, dicendo che essa, come ogni altra
annidi Ro-
ma 931. di
O.C. 178.
Crispina moglie di Coniinoilo [Monge:, Icon. Rom.^ XLV, n. 2).
cosa, era del pubblico, non del principe, e che perciò non
poteva usarsi senza licenza del pubblico. Poscia vibrò
l'asta di Marte, prese gli augurii, e partì insieme con
Commodo, già investito della potestà tribunizia. Ebbe a
sostenere forti travagli dai barbari, ma alla line li ruppe
752 MORTE E ONORI DIVINI DEL MODELLO DEI PRINCIPI. [Lib. VII.
di nuovo in una grande battaglia, dopo la quale fu ac-
clamato imperatore per la decima volta, e avrebbe ridotto
a provincia il paese nemico, se la morte non sopravve-
niva a troncargli ogni disegno. Vinto dalie fatiche cadde
infermo a Vindobona {Vienna) o a Sirmio, e in breve
morì di inedia, o di peste, o di veleno ministratogli, se-
condo Dione, dai medici, intenti a far piacere all'iniquo
figliuolo che egli avea raccomandato ai soldati e agli
amici'. Prima di spirare raccomandò a questo di provve-
dere all'Impero, e al paterno e al proprio onore, com-
AnnidiRo- pi^i^do la gucrra. Fini all'età di 01 anno, dopo 18 di re-
G.^afs'o!'' giio S coha calma che aveva avuta sempre nell'animo,
colla gloria di pacificatore del mondo, e di imperatore
maggiore di tutti gli imperatori più grandi ("): pianto
dai soldati, dal Senato e dal popolo, che lo avevano
amato come padre e fratello e figliuolo, e concordemente
lo dichiararono Dio con tempio e sacerdoti 2, e gli posero
una statua d'oro nella curia. Fu tenuto come sacrilegio
il non averne in casa l'imagine; e i suoi ritratti, come
quelli del Pio, vedevansi anche su tutte le tavole dei
cambiatori, in ogni bottega, a ogni finestra, dipinti 0
grossolanamente modellati in argilla e scolpiti ^'. e questo
culto durava anche un secolo dopo, e le statue di Marco
Aurelio si vedevano tra quelle dei Penati e dei Numi *.
Ond' è, che anche oggi molti sono i ritratti che si hanno
di lui.
Per le terre d'itaha e delle province, oltre alle tante
(^) Pacatori orbis. Orelli, 359. — Qìiod omnes omnium ante se maxi-
mor. \mpii. glorias siipergressus bellicosiss. yentib. dcletis atque subactis
S. P. Q. H. Orelli, 861.
1 Capitolino, 27 e 28; Dione Cassio, LXXI, 33 e 31; Erodiano, lib. I, 3.
2 Capitolino M. Aureli 18; Aurelio Vittore, Epit ^ 16; Brunn, Tempio creduto di M.
Aurelio rappresentato in un bassorilievo di Villa Medici^ in Annal. Istit. arch.^ 1852,
p. 333-315, e Monim. ined. Istit. ^ V, 40. Conf. Cavedoni, in Bull. Istit. arch.., 1853, p. 141.
3 Frontone, ed. Mai, pag. 111.
* Capitolino, 18, 19, 27, 23; Dione Cassio, LXXI, 31 e 31.
Gap. IV.] M 0 N U ^I E N T 1 . 753
iscrizioni che gli augurarono salute appena entrato a
parte dei pubblici affari ricordandolo dapprima col padre
e poi col fratello adottivo, sopravvivono ancora molte
memorie delle particolari opere sue, e piii monumenti
posti in ogni regione da città, da cittadini e soldati a
onore del guerriero, e del principe beneficatore ^, e pari
a Giove nel consiglio e nel volto ^.
Solenne monumento delle sue imprese guerresche
sorge sempre a Roma la Colonna Antonina, di marmo
lunense, inalzata a ricordare le pugne e le vittorie sui
barbari nordici, figurate nei bassiriUevi che la rivestono
dalla base alla cima, inferiori sotto il rispetto dell' arte
alle sculture della Colonna Traiana, ma importanti come
documento di quelle guerre oscurissime (").
E finalmente stupendo monumento sopravvissuto alla
guerra del tempo e degli uomini dura anche oggi sulla
Piazza Capitolina la grande statua equestre di Marco
AureUo, portento dell'antica arte fusoria, a cui Miche-
langiolo disse che manca solo il movimento per appa-
rire creazione vivente.
Gli scrittori sono concordi nel celebrare quest'uomo,
che prima d' ogni altro fece una divinità della Benefi-
cenza, inalzandole un tempio sul Campidoglio •'', e le rese
culto vero mostrandosi benefico in ogni occasione. Fu
y^ lodato comiO il migliore degli imperanti, buono per in-
{"■) I bassirilievi furono incisi dal Bartoli in 75 tavole. Vedi Columna
Antoniniana 31. Aurelii Antonini Augusti rebus gcstis insignis Ger-
■manis simul et Sarmalis gemino hello devictis, etc. Vedi anche Nibby,
Roma antica, II, 635-641, e Canina, Edifici, voi. Ili, p. 127-128, e IV,
tav. 260.
1 Vedi Mommsen, Inscript. Regn. Neap. index a pag. 469, e Corp. Inscript. latin. ^
III, pag. 1112-, Ilùbner, Inscript. Hispan. lat., p. 764, e Inscr. Britan. lat.. p. 333; Re-
nier, Inscript. de l'Algerie, n. 2S, 33, 34, 33, 89, 1414, 1415, 1417, 1419, 1193, 1494, 1595,
1633, 1717, 1719, 1725, 2527-2529, 2917, 2921, 3662, 3823, 4072, 4391, 4393, 4396, 4397.
2 E. Q. Visconti, Iscrizioni greche Triopee. II, 20, pag-. 32.
3 Dione Cassio, LXXl, 34.
ro4
LiB. VII.
Statua eqnestre di ,M. Aurelio {Da Folojrafia).
Gap. IV.] STUDII DI ^I. AURELIO. 755
dole, ■virtuoso per sentimento, saviamente temperato,
superiore a tutti i principi per la santità dei costumi;
d'animo forte, costante, imperturbabile: non fu visto
mai mutar sembiante né per timore né per letizia. Guer-
riero forte e destro stette come antemurale alle pubbliche
calamità, e impedì che l'Impero andasse a fondo con ro-
vinosa caduta. Esercitò il supremo potere con modesta
sapienza, schietto, cortese, generoso, temperatissimo,
come magistrato di città libera. Fu caro a tutti per gU
allettamenti dei suoi modi, del suo aspetto, della sua
voce, del suo ingegno, della sua eloquenza. Solo tra i
principi onorò egli veramente la filosofia, non colle pa-
role e colla sterile cognizione delle dottrine, ma colla
dignità dei costumi e colla bontà della vita K
Da giovane, come vedemmo, era stato amantissimo
delle eleganze, e, se crediamo al suo maestro Frontone,
a 22 anni aveva fatto progressi maravigliosi in ogni sorta
di eloquenza, intentissimo a studiare gli oratori e i poeti
antichi, a vestire i pensieri con arte, con chiarezza, con
precisione, a cercar comparazioni ed imagini, a racco-
glier sinonimi, a studiare l'antico, perclié il maestro gli
ripeteva che le monete nuove spesso sono false o di
piombo: e poscia anche tra le cure di Stato trovava il
tempo da pensare allo stile -. Ma presto abbandonò l'elo-
quenza per seguire i virili studi degli stoici, e a 25 anni
era tutto nelle opere di Aristone, da cui rallegravasi di
imparar la virtù, ma nel vedersi ancora sì lungi dai
virtuosi modelli arrossiva e s'indignava, e colla privazione
del cibo punivasi di non essersi ancora bene imbevuto
di quelle pure massime e di quei grandi pensieri ^. A
Roma, in mezzo alle faccende politiche, nei viaggi, tra
i pericoli di guerre atrocissime, egli trovò sempre modo
1 Krodiano, lib. T, 1; Capitolino, 12; Ai;r.4io Vittore, Epi(.^ 16.
■-' Frontone, ed Cassan, I, 110, US, 171, 1S8, SOI, IL 16, GÌ, 1C4, 13.', I3>'.
3 Frontone, I, 2GS.
756 FILOSOFIA MORALE E CIVILE. [Lib. YIL
a speculare le verità filosofiche, e filosofò tutta la vita.
In procinto di partire per la guerra dei Marcomanni,
mentre tutti temevano pericoli da quell'andata, egli per
tre giorni di seguito disputò tranquillamente di filosofia,
ed espose al pubblico i suoi pensamenti *. E nella villa
Albani rimane ancora un bassorilievo, che mostra l'im-
peratore nell'atto di indirizzare al popolo le sue lezioni
di morale ^.
Nei suoi Ricordi si legge che alcuni furono scritti in
Carnunto ('') e altri in mezzo alle guerre dei Quadi. E in
questo libro è intera l'imagine del suo animo ('').
Egli seguita le massime fondamentali della sapienza
del Portico, e i suoi precetti rassomigliano in tutto a
quelli di Epitteto; ma questo stoicismo è temperato da
una nuova dolcezza, e da un nuovo amore per l'umanità.
e*) Caniunto, (oggi Petronell) dapprima colonia e poi municipio in
Pannonia, come attesta un'epigrafe, fu città illustre e forte , sede d' im-
peratori e quartiere d" inverno a due legioni. Della sua prisca grandezza
attestano gli scrittori, e gli avanzi di un arco che esiste tuttora. Fra i
suoi ruderi si trovarono molte epigrafi, una delle quali ricorda Diocle-
ziano e Massimiano, coi Cesari Costanzo e Galerio. Vedi Labus, Ara an-
tica scoperta in Hainburgo, INIilano 1820, e Borghesi, in Giorn. Arcad.,
voi. VII, pag. 378, e segg.
(*) In un nuovo lavoro furono aon ha guari esaminate nuovamente e
coordinate le dottrine metafisiche e morali di Marco Aurelio, e vi è
mostrato come ad esse l'imperatore informò la sua vita, studiandosi
sempre di applicare le verità filosofiche al bene del genere umano. Vedi
E. De Suckau, Elude sur Marc- Aur èie, sa vie e sa doclrine, Paris 1860.
Sull'influenza che le dottrine filosofiche ebbero sulla vita e sull'ammini-
strazione del principe vedi Robiou, De V influence du stoicisme à V epoque
dcs Flaviens et des Antonins, Rennes 1852, pag. 228, e segg. Egli qual-
che volta mette a riscontro M. Aurelio con Seneca: ma il confronto delle
dottrine morali dell'uno e dell'altro fu fatto più largamente da Arminio
Doergens, L. Annaei Senecae disciplinae moralis cum Anioniana con-
tentio et comparatio, Lipsiae 1857.
1 Vulcazio Gallicano, Cassio^ 3.
2 Ampère, L'emjnre romain à liome^ II, p. 2U.
Gap. IV.] FILOSOFIA MORALE E CIVILE. 757
Con gii Stoici cerca la rettitudine assoluta, l'indipendenza
da ogni cosa esteriore, dalla stima degli uomini e da
ogni vanità della vita. Continuamente avverte, che si
vuol cercare il riposo e la felicità nel conoscer sé stesso,
nel coltivar degnamente e conservar puro e render per-
fetto il proprio genio; nel conformarsi all'ordine univer-
sale, nell'andare per la via più corta, che è quella se-
condo-natura, nel non deviare per altrui dicerie, nello
star fermo come scoglio battuto dai flutti, nel non es-
sere angosciato del presente, né pauroso dell'avvenire,
e finalmente nel dispregiare la morte *.'La filosofia pone
in cima a tutti gli studi, perché essa vuole solamente
ciò che vuole la natura 2, e custodisce il genio interno
così che egli non riceva né onta, né danno, e sia supe-
riore al piacere e alla pena, e non operi nulla a caso
né infintamente, né abbia bisogno mai che altri faccia
0 non faccia checchessia, e accetti ogni avvenimento a
lui destinato, siccome cosa che gii viene di colà d'onde
viene egli stesso: e soprattutto poi aspetti serenamente
la morte, siccome nulla più che dissoluzione degli ele-
menti, di cui ogni animale è composto, e non come un
male, perchè non è male nulla che sia secondo natura 3.
Ma sebbene stimi che l'anima si debbo concentrare in
sé stessa, il sentimento religioso e il dovere di uomo e
di cittadino lo portano ad abbracciare il mondo esteriore,
e ad inculcare che tutto vuol farsi ad un fine, che è
sempre Dio e l'osservanza delle sue leggi e il bene co-
mune di tutta l'umanità. 11 culto che vuole per gli Dei
è il culto della virtù, il cui sacerdozio é confidato ^ ogni
uomo dabbene*. Pensiero principale dell'uomo sia di
aver l'anima giusta, di dire il vero e di far bene altrui.
1 Ricordi. II, 9, 17, III, 16, IV, 3, IS, 19, VII, 59, Vllf
- Ricordi. V, 9.
■■'' Ricordi^ lì, 17.
< Ricordi. III, 4.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV.
758 FILOSOFIA MORALE E CIVILE. [Lib. VII.
perchè questa è la cosa per cui siamo venuti nel mondo *.
Altrove egli dice a sé stesso : Non pensare ai fatti altrui,
se non con un fine di comune utilità: fuggi ogni pen-
siero vano, curioso e maligno, e non conveniente ad
animale socievole, il quale non si compiace nelle imma-
ginazioni di godimento, qual eh' ei sia, o di gara o d'in-
vidia 0 di sospetto. Non operar mai senza relazione al
bene della società; non far nulla d'ingiusto «e di antiso-
cievole 2; prendi piacere, e ti sodisfa nel passare dall'una
azione sociale all'altra, nell' esser buono verso di tutti.
Breve è la vita, e l'unico frutto di essa è la santa dispo-
sizione dell'anima e le opere indirizzate al comun bene,
colle quali giovando alla società gioverai a te stesso.
Obbedisci a Dio, e ama e benefica gli uomini ^.
Come imperatore, sebbene abbia l'idea di un reggi-
mento che salvi la libertà e i diritti di tutti, avverte se
stesso a non isperare la Repubblica; di Platone, e a con-
tentarsi ad ogni poco di progresso, pensando che anche
il ridurre questo ad eìTetto non è piccola cosa. E dispera
di mutare le opinioni degli uomini, senza di che non è
possibile di avere se non schiavi, che gemono e s'infìn-
gono d'obbedire ^. Dall'altra parte, sebbene con Platone
ripetesse che le città fioriscono quando i filosofi regnano
o i re sono filosofi ^, nei Bicordi pare diffidi della propria
filosofia, e nel torrente che trae seco ogni cosa gli ap-
pariscono molto piccoli questi uomini, che al parer loro,
maneggiano secondo filosofia gli affari di Stato ^. Pure
tutti i suoi sforzi sono sempre rivolti a far quello the la
ragione, dell'arte regia e legislativa gli suggerisce per
l'utilità degli uomini, ed è pronto a mutar partito, quando
• Ricordi, V, 1.
2 Ricordi. IH, 1, 5 e 7.
3 Ricordi. VI, 7 e 30, VII, 31, XI, i e 21.
4 Ricordi. IX, 29.
5 Capitolino, M. Aurei, 27. v
e Ricordi. IX, 29.
Gap. IV.] FILOSOFIA MORALE E CIVILE. 759
altri venga a raddrizzarlo e a rimuoverlo da ima qualche
falsa opinione, e si ammonisce a far ciò per motivo di
giustizia e di vantaggio comune, non per ragioni parti-
colari di piaceri o di gloria *. E ad ogni istante torna a
raccomandare a sé stesso la giustizia, la temperanza, la
benevolenza, la schiettezza, la verità: e nulla di meglio
reputa nella vita che la giustizia, è l'operare secondo la
retta ragione, e il fare ogni cosa non altrimenti, che se
fosse fatta dalla Giustizia in persona ^. Non tiene come
utile nulla, che possa un dì sforzarlo a violar la fede, a
odiare alcuno, a sospettare, a maledire, a simulare, a
desiderar cosa che abbia bisogno di pareti e di velame ^.
Non vuole esser né tiranno, nò servo: ammonisce se
stesso a non essere né eroe da tragedia, né putta, a non
cadere nei vizi dei Cesari, a non imbrattarsi in corte, e
a ricordarsi sempre, che utile suo é ciò che giova a Roma
e al mondo ^ E ripone la prudenza nell'operare con giu-
stizia, e la buona ventura nei buoni moti dell'animo,
nelle buone volontà, nelle buone azioni, e crede che bea-
titudine voglia dir mente buona ^: e l'uomo che non in-
dugia a porre sé nel novero degli ottimi, gli apparisce
come un sacerdote e ministro degli Dei, che « diventa
incontaminabile ad ogni piacere, invulnerabile ad ogni
dolore, inviolabile ad ogni ingiuria, insensibile ad ogni
malizia, sostenitore in campo della massima delle im-
prese, quella che ha per fine di non lasciarsi abbattere
da nessuna passione, di imbeversi di giustizia sino al
fondò, e di essere sempre disposto ad accogliere con
tutta l'anima quanto accade e gli vien destinato ^. »
Da ultimo egli chiede che l'anima sua, fatta buona e
1 Ricordi. IV, 12
2 Ricordi, III, 6, IV, 37, XII, 21.
3 Ricordi. Ili, 7.
i Ricordi. IV, 31, V, IG, VI, 30 e H
■' Ricordi. IV, 37, V, 36, VII, 17.
6 Ricordi. Ili, 4
760 FILOSOFIA. MORALE E CIVILE. [Lib. VII.
schietta, gusti quello stato che è tutto dilezione e amore *.
E in alcuni dei Ricordi altri senti spirare una dolce aura
di pensieri cristiani, perchè, oltre ad inculcare l'amore
disinteressato del prossimo 2, predica il perdono delle
offese, e anche la benevolenza e la beneficenza agli of-
fensori, agli ingiusti, che ci sono congiunti per comu-
nanza di mente, derivata in noi tutti da Dio ^, e che pec-
cano malgrado loro, non sapendo quel che si facciano (").
' Insomma l'amore del vero e del giusto, l'indulgenza,
la dolcezza e la bontà splendono in tutta la filosofia di
Marco Aurelio, come furono le guide costanti ai pensieri
e alle opere di tutta la sua vita. Pure, mentre cercava
ardentemente la verità e la giustizia, nel Cristianesimo
non vide altro che una lotta ostinata di una fazione co-
(«) Ricordi, XI. 18. Conf. S. Luca, Ecangel. XXIII. 34: Pater dimitle
illis: non cnim sciunt quid faciunt. Dal coufrouto di qualche passo delle
«dottrine stoiche e cristiane fu da più d"uno concluso che il Cristianesimo
a questi tempi modificò e mitigò lo stoicismo, ed ebbe grande influenza
negli scritti di Seneca , di Epitteto e di Marco Aurelio. Vedi Schmidt .
Essai historique sur la société civile dans le monde romain et sur sa
iransforniation por le Christianisme, Strasbourg 1853, pag. 355, e segg. :
Fleui-y. Saint Paul et Scnèque, Recherches sur les rapports du philosophe
atee l'apótre, et sur Vinfllration du Christianisme naissant à travers
le paganisme , Paris 1853; Robiou, loc. cit., pag. 145 e 203; Nòel des
Vergers, Essai sur Marc-Aurèle d'après les moniiments cpigraphiques,
Paris 1860, pag. 147, e segg. Ma non è troppo probabile che il Cristia-
nesimo nuovo ed ignoto potesse in pochi anni mutare le sentenze d^i
filosofi: e la nuova dolcezza dello stoicismo meglio si spiega dal fatto,
che la disciplina della setta in parte era mite, in parte severa: e se gli
stoici antichi seguirono le dottrine più dure, i recenti si attennero a
quelle più umane, per non rimaner soli col pretendere dagli uomini ciò
che non era possibile. Vedi Koenigsbeck, De stoicismo Marci Antonini,
Kegimonti Prussorum, 18G1 . pag. 8, e segg. Lo stoicismo screditato da
altri, si può vedere nobilmente e dottamente difeso dal Denis , Histoire
des thèorics et des idées mor"Je^- 'Jt,ìs^ l'nnti'iuitr, Pai-i< l^.'O.
1 Ricordi. X, 1.
2 Ricordi, Vir, 13, XI, 1.
3 Ricordi, II, 1, Vii, 23, XII, 23.
Gap. IV.] MARCO AURELIO E FAUSTINA. 761
spirante a rovesciare lo Stato: e, quantunque egli abor-
risse dal sangue, molti Cristiani furono per loro credenze
uccisi dai suoi ministri nelle Gallio e nell'Asia '.
Quantunque, come dicemmo, gii scrittori andassero
unanimi nel celebrare la schietta e sovrana virtù del fi-
losofo, dell'uomo e del principe mandato a ristoro del
mondo colpito da crudeli flagelli ^, non mancò chi ac-
cennasse come la sua bontà qualche volta degenerò in
debolezza colla promozione di gente non buona al go-
verno dei pubblici affari, e col suo contegno verso la
moglie e il figliuolo destinato a succedergli.
Di Faustina bella d'aspetto, come anche ora si vede
dai busti, dalle statue e dalle medagUe, e non degenere
dai costumi materni, fu detto che davasi a gladiatori, a
marinari e a commedianti, e che induceva il marito a
inalzare i suoi drudi ai pubblici ufficii. Gli scandali noti
alla città e presi di mira anche in teatro con chiare al-
lusioni sono , con poche varianze di particolarità e di
dubbi, ricordati concordemente dagli storici quasi con-
temporanei, e dai biografi, dagli abbreviatori, e dai sa-
tirici che scrissero dopo fino al secolo quarto ^: e la
critica storica non riesce ora a mutare sostanzialmente
il giudizio venuto dall'antichità fino a noi ('').
(^) Vedi Renan, E.ramen di: qiiclqnes faits relntifs à l'impératrice
Faustine, femme de Marc-Aurèle, in 'Comptes rendiis de V Acadcmie des
Inscri20tions, 18G7, pag. 203-215.
Eg'li col suo solito ai'ume esamina tutte le accuse, discute l'autorità
degli accusatori, ricerca le ragioni da cui furono mossi, nota le asser-
zioni assolute di alcuni, e i dubbi e ]o esitazioni di altri, e tenta di di-
fendere la bella Faustina contro gli austeri filosofi cari al marito « non
amati da lei ardente di temperamento, e vaga di passatempi e di feste.
Da tutta questa discussione è confermato soltanto che essa non avvelenò •
1 Orosio, VII, 15; Eusebio, Chron.
2 Aurelio Vittore, De Caesaribus, Ifi.
3 Dione Cassio, LXXI, 31; Mario Massimo, in Vulcazio rrallicaao, CassiOj 9; Capito-
Jino, M. Aurelio^ 10, 23 e 29; Lanipridio, C'ommodo, S; Eutropio, Vili, 7; Aurelio Vit-
tore, De Caesarib.^ IG; Giuliano, / Cesari, 14.
762
MARCO AURELIO E FAUSTINA.
[ LiB. VII.
Il venerato imperatore, l'onesto ricercatore del vero,
Faustina moglie di M. Aurelio {MongeZj Icon. Rom.^ tav. LXII. n. 2).
il filosofissimo * che vivea più colle idee che cogli uomini,
Lucio Vero suo genero, e non fu complice della rivolta di Cassio: ma
per ciò che spetta ai disordini coniugali non avvi modo a provare che
siano false tutte le accuse. E anche l'eloquente autore della difesa con-
fessa che Faustina ebbe dei torti esagerati per amore di parte dagli scrit-
tori; e notando che gli altri pure ebbero dei torti con lei conclude che
in questo caso le devoir de la critique est, non 2jCis de prononccr des
nbsoluiions inconsidérres, mais de se renfenner dans ces jugements
tempere s de « pezit-ctre » où rèside bien sotivent la vcrité.
1 Giustiniano, Cod.^ V, 17, 12.
Gap. IV.] MARCO AURELIO E FAUSTINA. 763
dissimulò 0 ignorò ciò che sapevano tutti, come in simili
casi accadde tante volte ai mariti? La dissimulazione non
sembra ammissibile coli' uomo che mentre per indole e
per massima filosofica sempre mostravasi pronto all'in-
dulgenza per le debolezze e pei fatti altrui *, era pure
per indole la schiettezza in persona, e per essa, come
vedemmo, fu chiamato Verissimo : e più verisimile è che
il correttore dei corrotti costumi delle matrone e dei
giovani nobili -, ignorasse le vergogne domestiche ('').
Comunque sia, egli immerso negli studi della filosofia,
e nelle gravi cure di Stato trovava dolce riposo nella
concordia domestica, e la mogli.e amò sempre tenerissi-
mamente (^), credè sempre di essere amato da lei, e nel
suo libro maraviglioso di verità, di onestà e di schiet-
tezza rese grazie agli Dei per avergli dato si docile e
affettuosa e semplice donna ^. E quando l' ebbe perduta
nel viaggio d'Oriente, la pianse con molta amarezza, le
eresse un tempio alle falde del Tauro dove era morta,
pose una colonia nel luogo stesso che d'ora in poi si
chiamò Faustinopoli ; istituì altri soccorsi per le figlie dei
poveri, chiamate Nuove Faustiniane in onore di essa: e
ne scrisse le lodi al Senato chiedendogli onori e tempio
per lei. Il Senato decretò subito onori divini: le eresse
C^) A ciò contrasta la risposta attribuitagli quando altri lo eccitavano
ripudiare la indegna consorte. Egli avrebbe detto: rimandando la mo-
:glie, bisogna renderne anche la dote, cioè Tlmpero: Si uxorem dimitti-
ìmuSj readamus et dolem (Capitolino, 19). Ma questo motto non concorda
col suo animo disinteressato, generoso, integerrimo, e non risponde alla
verità storica, perchè Faustina non gli portò in dote l'Impero a cui già
lo avea designato Adriano coU'obbligare Antonino ad adottarlo per figlio.
(^) Vedine più testimonianze in Frontone, Epist., ed. Mai, Romae 1823,
pag. 121. 125, 133, 135. 136, 141, e nelle lettere di Marco e di Faustina.
in Vuleazio Gallicano, Cassio, 9-11.
i Dione Cassio, LXXI, 31; M. Aurelio, Ricordi, IX, 12, XI, IS, XII, 16, ecc., ecc.
2 Capitolino, M. Aurei, 23.
3 Ricordi, I, 17.
764 MARCO AURELIO E FAUSTINA. [Lib. VII.
un' ara a cui dovessero sacrificare le vergini quando si
facevano spose; pose a lei e a Marco statue d'argento
nel tempio di Venere e Roma : di più una statua d' oro
a Faustina da mettersi nel luogo ove ella già stava
assisa in teatro, tutte le volte che l'imperatore inter-
venisse allo spettacolo, con ordine che intorno a quella
imagine sedessero le matrone più illustri *. E quindi la
donna che gli storici dissero d'infami costumi, nei monu-
menti officiali diventò venerabile Dea. Le iscrizioni la ce-
lebrarono Diva (''): e nelle medaglie in cui ella già stava
Augusta colla Pudicizia, colla Concordia, colla Letizia,
colla Fortuna Muliebre, coji Giunone, con Venere Genitrice
e'Vittrice, e con Cerere, ora sta i)«ya con Venere, colla
Pietà, coir Eternità e con Diana Lucifera che la porta ne-
gli astri ^, in modo simile a quello che vedesi in una bella
scultura del Campidoglio in cui l'imperatrice deificata ap-
parisce nell'atto che dal rogo ardente s'inalza al cielo,
sorretta da una donna alata con face, mentre l'imperatore
seduto l'accompagna con uno sguardo pieno d'amore ('').
M. Aurelio si porse oltremodo benigno anche a Com-
modo che la fama disse nato dai gladiatori cui Faustina
(^) Orelli, Inscr., n. 867, e Henzen, 5472 a; Mommsen. Inscr. Regni
Xeap., n. 1093 e 1101. Anche nelle iscrizioni triopee, Faustina è consa-
crata da Erode Attico qual nuova Cerere accanto all'antica. Vedi E. Q.
Visconti, Iscrizioni greche TriopeC:. Roma, 1794, pag. 32 e 30, Epigrafe
seconda, vers. 6 e 48.
(«') B&vio\\,Aclmi,-anda, tab. 36; Rossini, .-Irc/u', tav. 49; Rijflietti. Dc-
■scrizione del Campidoglio, voi. 1 , tav. 170. Questo bassorilievo soprav-
vissuto con altri alle rovine di un arco di M. Aurelio sta ora nel secondo
l'ipiano della scala del Palazzo dei Conservatori.
11 personaggio che sta in piedi presso all'imperatore può essere mi
ministro di lui. e la figura seclente, seminuda, sul suolo si volle ivi posta
a rappresentare il Genio del luogo ove Faustina mori.
1 Dione Cassio, I.XXI, 29-31; Capitolino, M. Aw.. Sfi; Sparziano, Caracolla^ li.
« Cohen. Mann., voi. Il, pap. 577 e segg., n. 1-», 12, 1 l-S-I, 3?, 38, 41, 60, 65-67, SI,
W, lir>, 132, 145-160, 195, 215-217, 211.
Cap. IV.]
APOTEOSI DI FAUSTINA.
765
faceva copia di sé. Oggi la critica nega questa paternità
adulterina notando che nei ritratti di Commodo si rav-
Apoteosi di Faustina mojlio Ji M. Anrelia {Righetti, Cjmpid., I, 170).
visano le fattezze del padre legittimo, attestate fortemente
anche da M. Cornelio Frontone ("). Pure il truce animo,
C^) Yidi pìiUìilos tuos (Commodo e Annio Vero) .... to.m simili facio
libi ut niliil òit hoc simili siniilius. Frontone, Epist. ad Antonin. imp.,
I, 3, p. 131, ed. Mai, llomae 1823.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 96
766 TURPI E FEROCI COSTÓII DI COiMlNIODO. [Lib. VII.
i bestiali costumi e tutti i fatti della sua vita parvero
dare ragione a chi lo teneva figliuolo di un gladiatore.
Fino dalla prima puerizia apparve turpe e malvagio,
e cupido di mostrarsi gladiatore perfetto. A dodici anni
dette a Centumcelle (Civitavecchia) terribili segni del suo
animo feroce, perocché, trovata troppo calda l'acqua del
bagno, ordinò di gettare in un forno il servo che lo avea
preparato; e l'effetto del bestiale comando fu impedito
solo per l'accorgimento del pedagogo, che facendo bru-
ciare una pelle di becco, con quell'odore ingannò e sod-
disfece il crydele fanciullo. Anche in altre occasioni mo-
strò animo feroce e scelleratissimo, su cui ninno effetto
ebbero le cure del padre e degli educatori, dei quali egli
non potè mai sopportare i più onesti. Quando gli furono
tolti quelli che favorivano le sue turpitudini, egli ne di-
venne per dolore malato; e il padre ebbe la debolezza di
renderglieli: e allora il palazzo imperiale fu convertito in
taverna e postribolo: e Comraodo fu continuo tra male
donne e ruffiani, e giuocatori e gladiatori, e altre lor-
dure *. Pure Marco Aurelio non mancò di inalzarlo anche
innanzi tempo a tutti gli onori, e se alla fine dei suoi
giorni sentiva rimorso di lasciare imperatore un tal mo-
stro, non comprendiamo come, invece di raccomandarlo
ai soldati, non lo cacciasse da sé, adottando qualche
virtuoso cittadino, come già aveva fatto il Pio, quantun-
que avesse propri figliuoli. L'aver lasciato erede questo
scellerato, già noto per tale, che disonorò il nome reve-
rito degli Antonini è grande colpa dell'imperatore filo-
sofo, che sotto ogni altro rispetto avea meritato l'amore
e la venerazione del genere umano: perchè, come giusta-
mente fu detto, è colpevole delle stragi di un furibondo,
chi pone il ferro in sua mano (").
C) Questa colpa di M. Aurelio fu spiegata colle sue dottrine filosofiche,
1 I>ainpri(lio, CommodOj 1 e 2; Dione Cassio, LXXII, 1 ; Capitolino, 3/. Aurei. ^ 1'^ l'7>
19, 22, 27-, Macrmo. 7; Sparziauo, Severo^ 21.
Gap. IV
COMMODO IMPERATORE.
767
Appena spirato il padre, Coramodo, in età di 19 anni,
prese senza ostacolo il potere supremo, e fece tosto il
y
, p-SiS-»^ V -
Commodo (Mongez^ Icon. Rom.j XLIV, n. 5).
contrario di ciò che il morente gli aveva raccomandato,
e senza badare alla guerra volse ogni pensiero al ritorno.
per le quali egli credeva che i vizi sono errori ed errori involontarii, e
diceva che basta istruire il preteso colpevole, a cui sempre si vuol per-
donare , aggiungendo col fatalismo degli stoici , che necessariamente vi
debbono essere malvagi o insensati, i quali per lui sono tutt'una, e che
non bisogna maravigliarsi dei fatti loro più che di vedere una pianta
di fico produrre fichi con lattificio. Ricordi, IX, 42, XI, 18, XII, 16.
Conf. Robiou, De l'influence du stoicisme, pag. 242.
768 COMMODO TRATTA COI BARBARI E TORNA A ROMA. [Lib. VII.
Invano i consiglieri paterni lo confortavano a liberare i
contini dalle minacce dei barbari, e a non abbandonare
ad un tratto i frutti raccolti con tanti travagli. Egli ascoltò
più facilmente i compagni delle sue dissolutezze, che fra
gli orrori delle terre barbariche gli ricordavano le delizie
d'Italia, e trattò coi Quadi e coi Marcomanni. Secondo
alcuni si lasciò imporre la legge dal nemico, e comprò
la pace con grosse somme; ma secondo Dione, storico
contemporaneo, i patti furono, che i nemici dessero
ostaggi, rendessero i prigionieri, pagassero un tributo
annuale, fornissero truppe ausiliarie, e non si adunassero
se non una volta al mese alla presenza di un centurione
romano, né facessero guerra ai Vandah, lazigi e Burli: e
quindi furono abbandonate le castella costruite al di là
del Danubio. Nel medesimo modo fu trattato anche con
altri barbari, e 12 mila Daci, già espulsi da Traiano, eb-
bero terre nel loro antico paese, e furono ordinati a di-
fender l'Impero *.
Poi fu dato con ardore incredibile il segno della par-
tenza per tornare alle italiane delizie, e su tutta la via
le genti accorsero in folla e con grandissima gioia a
vedere il principe, da cui si aspettavano ogni bene, re-
putandolo di animo e di virtù simile al padre. Da Roma
gli uscirono incontro patrizi e plebei con rami d'alloro,
e gli spargevano il cammino di fiori. Egli andò a offrir
voti in tutti i templi, salì al Campidoglio in trionfo, e
ringraziò Senato e pretoriani di loro fedeltà ^.
Poscia, sebbene alcuno dica che sulle prime seguì i
buoni consigli degU amici del padre, non troviamo di lui
altro che hbidini, e crapule e sangue e imprese di gla-
diatore e cacce di fiere. Nel giorno stesso del suo trionfo
teneva dietro a se sul carro un cinedo, cui ad ogni tratto
volgevasi per baciarlo pubblicamente ^.
1 Lainpridio, Commodo^ 3; Erodiano, I, fi; Dione Cassio, I.XXII, 1-3.
* Erodiano, I, 7; Lampridio, CommodOj 3.
3 Laiiiiiridio, 3.
Gap. IV.] GUERRE, LIBIDINI^ E CRAPULE. 76&
Per tutto questo brutto e sanguinoso regno di 13 anni
le province, con poclie eccezioni, rimasero quiete. I moti
dei Mauri, dei Germani, dei Daci e dei Sarmati ricusanti
obbedienza furono repressi da C. Pescennio Nigro e da
Clodio Albino e da altri legati (929, 930, 935 di Roma, 176,
177, 182 di C.) e dettero a Commodo i nomi di Sarma-
tico e Germanico ^
Girossa guerra solo scoppiò tra i Britanni, che, passato
il vallo d'Adriano, messero a devastazione la provincia
romana: ma Ulpio Marcello, un prode duce della scuola
di Marco Aurelio, del quale parlano più monumenti -, li
respinse nelle native foreste ^. E quindi Commodo salu-
tato imperatore per la settima volta e chiamato Britan-
nico ("), stupido e feroce dalla pace ebbe agio a volto-
larsi tra le turpitudini, a cui lo tiravano e il suo. infame
talento, e Perenne, prefetto dei pretoriani, un tristo che
coir intendimento di recare ogni cosa in sua mano lo
eccitò a viver tutto ai piaceri, mentre egli si piglierebbe
ogni cura di Stato '\ E Commodo ne fu felicissimo, e si
abbandonò alla più sconcia vita del mondo, in mezzo a
300 concubine e a 300 cinedi. Passava i giorni a bere e
a mangiare, e la notte correva taverne e lupanari. Stuprò
Lucilla e le altre proprie sorelle, e fece laidezze che one-
sta penna non può descrivere. Come Nerone, al colosso
del quale pose la propria testa, era continuo ^ ali' auri-
ca) Per le medaglie che ricordano questa j^uerra e il titolo c!i Bi'itan- ,
nico vedi Bruca, The roman Wall, p. 2:^-23, e Cohen, Monn., voi. Ili,
pag. 58-60, n. 38-42, 46-51, pag. 127, n. 467-468, e pag. 1S2 e 183, n. 836
e 842.
1 Dione Cassio, LXXII, 8; Lainpridio , Commod., 0, S e 13; Capitolioo, Albino^ 6;
Cohen, Monn.^ voi. Ili, pag. 57-58. n. 3;J-35, 36 e 37.
2 Bruce, The roman WalL pag. 22 e lU"; llubner, Inscript. ISritann. Int.j n. 336 e 501,
e couf. 963.
3 Dione Cassio, LXXII, S
* Dione Cassio, LXXII, y; Lanipridio, 5
S Lan.pridio, 17.
770 BATTAGLIA DEL SOZZQ PRINCIPE NELL'ARENA. [Lib.VII.
teatro e al circo, a guidar carri, a uccider fiere, e mas-
sime a fare da gladiatore, pel quale ufficio voleva come
pagamento una somma valutata a 200 mila lire per giorno.
È detto che combattè 735 volte nell'arena, ed ebbe mille
palme per aver vinto o ucciso altrettanti reziarii. Stando
in luogo sicuro era valentissimo a perseguitare le fiere,
a uccidere in gran numero orsi, leoni, elefanti, tigri,
ippopotami, rinoceronti, struzzi di Affrica, e gli animali
più rari dell'Etiopia e dell'India. La gente accorsa allo
spettacolo ammirava l'occhio maraviglioso dell'arciere, i
colpi che dividevano in due parti il collo allo struzzo
rapidamente corrente; e applaudiva a queste prove, e
lo celebrava come il più forte combattitore, come il più
destro tiratore di frecce *. Ed egli chiamavasi Ercole Ro-
mano, e si fece rappresentare colla pelle del leone sul
capo, colla clava e coi pomi delle Esperidi, attributi di
Ercole, come è attestato dalle medaglie, e da un busto
di squisito lavoro recentemente scoperto suU' Esqui-
lino ("): e sorse in statue equestri e pedestri, armato di
lancia in atto di dar la caccia alle belve.
(*) Vedi P. E. Visconti, Commodo rappresentato come Ercole Romano,
busto sino al torace, nel BuUetiino della Commissione archeologica mu-
nicipale, Roma 1875, pag. 3-14, e tav. 1-2.
II dotto archeologo descrive in tutti i suoi particolari questa singolaris-
sima opera d'arte, e pone ogni suo studio a dichiarEyne i simboli riferiti
ai fatti e alle insanie di Commodo. Il busto di marmo pentelico, alto
metri 1, 18 ha le braccia e le mani, e si estende oltre la consueta ragione-
idei busti fin quasi al mezzo della persona. Posa sopra una base, omessa
nel nostro disegno, formata da uno scudo lunato (la pelta delle Amazoni)
inchiuso tra due cornucopia che s'intersecano, e nella parte inferiore della
loro curva tengono compreso il globo celeste, ai lati del quale stanno i
fram.menti di due Amazoni allusive al nome di Amazonio preso da Comraodo.
Al di sotto è la scritta posta dal Municipio per ricordare che il busto,
ora messo in Campidoglio tra le sculture raccolte dagli ultimi scavi, fu
ritrovato suU'Esquilino ai 23 decembre del 1874.
Per le medaglie vedi Cohen, Mann., voi. HI, Commod., n. 64, 364 e
ó32-ry33.
1 Lampridio, H, 12; Diono Cassio, LXXII, 10 e 19-, Ero.liano, I, 17.
Gap. IV.]
COMMODO IN FIGURA DI ERCOLE.
771
Dione, testimone oculare, scrive che una volta uccise
100 orsi, e che poi combattè da gladiatore, e continuò
14 giorni di seguito in queste prodezze, cui senatori e
cavalieri erano costretti, per fuggire la morte, ad ap-
-^^^x
U
Commodo rappresentato come Ercole Romano {Bullelt. Municip.^ 1S75, tav. 1).
plaudire e a gridare: « Ju sei il Signore, tu il primo ,
tu il più, felice di tutti, tu solo vinci e vincerai sempre *. y>
Queste imprese, come tutte le altre sue opere crudeli
e turpi, volle con nuova impudenza che fossero registrate
negli atti pubblici 2. E per esse prese i soprannomi e i
1 Dione Cassio, LXXII, 17-21.
2 Lampridio, 1 .
772 TITTO CAUSA A CONDANNE E RAPINE. [Lm. VII.
titoli di Felice, Germanico, Sarmatico, Massimo, Britan-
nico, Pacificatore del mondo, Invincilnle, Ercole Romano,
Padre della Patria, Pio, Amazonio, Trionfatore, e a più
mesi furono dati i nomi di lui : Erculei si dissero i giorni
in cui aveva avuto i titoli di Cesare e di Germanico; Com-
modiano si chiamò il senato, da lui aborrito, Commodiano
il popolo romano, Commodiano il palazzo, Commodiano il
secolo, CommocUana la flotta, e Roma Commodiana co-
lonia di cui sulle medaglie si asserì fondatore (").
Grandissime furono le somme disperse nelle orgie e
nei divertimenti dell'anfiteatro e del circo. Poi gravezze
e uccisioni di ricchi per trovar nuovi denari. Nel suo di
natalizio voleva a Roma due monete d'oro da ognuno, e
5 dai decurioni di ogni altra città. Tutto per -lui fu ven-
duto; le sepolture, la diminuzione delle pene, la sosti-
tuzione delle persone condannate a perder la vita: ven-
duti governi e province. Apponeva delitti ad uomini e
a donne: uccise per la nobiltà della stirpe, per l'eccel-
lenza della dottrina e della virtù. Contaminò ogni luogo,
e anche i templi, di stupri e di sangue ^ E intanto altri
faceva iscrizioni e dedicava monumenti agli Dei per la
salute dell'orribile mostro 2, il quale nelle medaglie diceva
so stesso datore di libertà, celebrava la sua pietà e la
sua provvidenza, la sua felicità superiore a quella di ogni
altro principe, e Roma felice, il secolo felice, la perpetua
felicità dei suoi tempi, la salute del genere umano, la
sicurezza e la letizia del mondo ^.
(«) Dione Cassio, LXXIl, IT.: La^ipridio, 8, 9, 11, 14, 15 e 17; Erodiano.
I, 14; Eckel, VII, 126; Cohen, il/onn., fol. Ili, pag. 62-63, n. 63-72, ecc.;
Orelli, 884 e 886. In un'altra iscrizione (Henzen, 5486) Commodo è detto
nobilLssiriius oninìinn et fclicissimus princip.
» Dion-; Cassio, LXXII, 7 e K,; Lampridio, 9, 10, 11 e It.
* Vedi l'epigrafe greca pubblicata o illustrata tifile Novelle letterarie Fiorent., 1761,
p. 483, e 17SS, p. 210.
3 Cohen, Monn., voi. Ili, Commod., pag. 59 e segg. n. 43, 85-SO, 178, 170, 187, 220-
2??; 221-227, 236, 251, .373, -I21-12S, 505-509, 720, 730, 753-758.
Gap. IV.]
I FRATELLI QULNTILII.
r73
Fra le innumerevoli vittime, singolare è la storia dei
due fratelli Massimo e Condino o Condiano Quintilii, il
cui nome si ritrovò nel 1828 anche tra le grandi rovine
della loro villa sulla via Appia, a poca distanza da Roma(«).
i#f
Ruderi della Villa dei Quintilii [Canina^ Edìf., VI, 36).
Erano celebri per dottrina, per eccellenza nelle armi,
per grandi ricchezze, e soprattutto per una rarissima
(") Era poco oltre il quinto miglio sulla sinistra tlell'Appia, dove si
trovarono frammenti di statue e altri ruderi, tra cui un'epigrafe che dice
i nomi degli antichi padroni : // Quintilioriim Conclini et Maximi. Vedi
Nibby, Dintorni di Roma, voi. Ili, ediz. 2*, Roma 1849, pag. 724-734;
Canina, Esposizione topografica della prima parte dell'antica via Appia,
neg\\ Annali dell'Istituto di Corrispondenza archeologica, 1851, pag. 275,
ed Edifizi, V, pag. 33-35, e VI, tav. 3.5-37.
Vannucci — .Sferici dell'Ilaìia aulica — IV. 97
774 CASI SINGOLARI DI SESTO. [Lib. VII.
concordia fraterna. Insieme sempre agli studi georgici,
agli ufficii, ai piaceri: insieme godevano loro ricca for-
tuna: pareva fosse un'anima sola in due corpi. Ambedue
consoli nel medesimo anno (904 di R., 451 di C.) sotto
Antonino Pio, furono poscia familiari ed amici di Marco
Aurelio e guerreggiarono contro gli Sciti, e insieme
ressero l'Acaia e poi fa Pannonia: uniti scrivevano al-
l'imperatore; ed egli, come vedesi dal Digesto, rescri-
veva loro in comune. Contro Commodo non cospirarono
mai, ma per la loro virtù vennero in sospetto di non
esser favorevoli all'osceno tiranno, cupido dell'amena
villa e di ogni loro possesso : e proscritti e strangolati
morirono insieme come erano vissuti. Sesto, figliuolo di
Massimo, giovane d'ingegno e di dottrina, era allora in
Siria, e come seppe il caso del padre e dello zio, te-
mendo lo stesso per sé, cercò scampo simulando la morte.
Levve del sangue di lepre, montò a cavallo, e poco dopo
lasciandosi cadere vomitò quel sangue, come se fosse il
suo proprio, e fece da morto. Gli amici indettati gli fe-
cero i funerali, bruciarono in sua vece il corpo di un
ariete, e non fu più parlato di lui. Egli andò errando
travestito in varie maniere; ma alla fine corse voce che
era vivo, e se ne fecero diligenti ricerche, e molti fu-
rono uccisi per rassomiglianza con esso, e per sospetto
di avergli dato asilo. Non si sa se lo trovassero mai,
nò se la sua testa fosse tra le tante, troncate e portate
a Roma col nome di esso. Il certo è che, dopo la morte
di Commodo, uno, tentato dalla bella villa e dalle grandi
ricchezze di casa Quintilia, si fece avanti, dandosi per
Sesto, e ne richiese l'eredità. Somigliava a lui nei linea-
menti del volto, ne sapeva bene ogni cosa, e rispondeva
destramente ad ogni domanda. Ma non potè reggere a
un'ultima prova. L'imperatore Pertinace, cui era noto
come il vero Sesto avesse familiarissimo il greco, fatto-
selo venire davanti gli parlò in questa lingua: e come
Gap. IV.] UCCISIONI, PESTE E CARESTIA. 775
il pretendente la ignorava, rispose a rovescio, e si chiarì
un impostore *.
Commodo uccise amici e nemici, tristi e onesti, chiari
e oscuri, e fu più atroce contro quelli, cui era stato più
largo di onori e di doni ^. Se altra volta aveva gettato
al fuoco le rivelazioni offertegli dal segretario di Avidio
Cassio, ora ne fece bruciar vivi i figliuoli perdonati e am-
messi da Marco Aurelio agli onori 3: e accolse ogni accusa,
e la città nuovamente fu piena di delatori, e di nuovo fu
delitto la virtù e la sapienza, e cagione di morte l'essere
stato amico di Marco Aurelio. Non vi ebbe scampo per
ninno di quelli, da lui chiamati agli ufficii. Ad ogni mo-
mento mutati i prefetti. Nigro rimase in carica sei ore;
altri, pochi giorni; e parecchi furono spenti. Principali
fra i suoi favoriti furono Perenne e Cleandro, i quali,
ciascheduno a suo tempo, uccisero a loro voglia, sov-
vertirono le leggi, volsero le altrui condanne a proprio
utile, fecero ricchissima preda delle altrui robe ''.
A questi flagelli si aggiunge la pestilenza, che spegneva
a Roma duemila persone al giorno, ed era aiutata da fa-
cinorosi, che per vaghezza di uccidere ferivano con aghi
avvelenati. Si destarono incendii, che distrussero botte-
ghe e case private, e pubblici edifizi, tra cui i templi
sacri alla Pace e a Vesta ^. Poi venne anche la carestiii,
prodotta da incettatori avari o cupidi di rivolgimenti con
cui farsi grandi. Per evitarla si era apparecchiata una
flotta affricana, che servisse di riparo nel caso che Ales-
sandria non mandasse più grano ^; ma non produsse
1 Dione Cassio, LXXI, 33, LXXII, 5-7; Lampridio, Commodo ^ 1; Filostrato, Sofisti^
li, 1, 10-11, II, 9, 2; Digesto. XXXVIII, 2, 16, § 1; e Ateneo, XIV, GÌ, che cita il libro
terzo del trattato De re rustica^ scritto dai due fratelli.
2 Aurelio Vittore, Epit. 17.
. 3 Dione, LXXII, 7; Vulcazio Gallicano, Cassio. 13.
4 Dione Cassio, LXXII, 9 e 14; Lampridio, G, 11 e 13; Erodiano, I; Aurelio Vittore.,.
Epit.. 17.
5 Dione Cassio, LXXII, 15 e 24; Erodiano, II, i.
6 Lampridio, 17.
776 CONGIURE. UCCISO IL PREFETTO PERENNE. [Lib. VII.
alcun buono effetto, perchè, quantunque non mancas-
sero i grani, gli amministratori rapaci, per arricchire sé
stessi, fecero nascer la fame. È vero che Comraodo po-
scia uccise gli autori del male, ma contribuì anche a
render maggiore la penuria, comandando eccessiva bas-
sezza di prezzi, per l'idea che il secolo commodiano ren-
desse imagine del secolo d'oro *.
Anche qui è luogo a ripetere che fa meraviglia come
il mondo soffrisse per lunghi anni cosiffatta ignominia.
Non mancarono congiure per togliere di mezzo il feroce
mostro, ma i primi tentativi caddero a vuoto. Cospirò
prima coi suoi amanti Lucilla, sorella di Commodo, ge-
losa di Crispina moglie di lui, e indignata di non aver
più i soliti onori. Quegli che prese il carico della ucci-
sione, facendosi davanti all'imperatore in un andito an-
gusto all'entrare dell'anfiteatro con la spada sguainata,
gli disse: Questo a te manda il Senato. Ma il tempo per-
duto a parlare dette al principe modo a salvarsi, e l'as-
salitore fu preso e ucciso con gli altri complici, e Lucilla
ebbe esilio e morte nella infame isola di Capri, dove po-
scia fu spenta anche Crispina, rilegata per adulterio -.
Poi nuova congiura contro il prefetto Perenne, che
aveva fatto uccidere tutti i cospiratori, e anche il collega
Paterno e tutti quelli, su cui non vi erano che sospetti
lievissimi. Egli, fatto ricco delle altrui spoglie, credevasi
il vero padrone, usava le prede a corrompere altri, e
mirava al grado supremo, secondato in questo anche dal
proprio figliuolo, cui aveva fatto dare il governo delle
armi d'IUiria. Ma presto pagò colla testa gl'intrighi e le
smoderate ambizioni. Dapprima un uomo in veste di fi-
losofo cinico fattosi avanti nell'anfiteatro gridò a Com-
modo del pericolo minacciatogli dall'ambizioso ministro.
Poco appresso soldati fuggiti segretamente d'illiria por-
• Lampridio, 11.
* Dione Cassio, I.XXII, 1; Lain]iriilio, 1, 5, S.
Cap. IV.] TUINIULTO CONTRO IL SUCCESSORE OLEANDRO. 777
tarono monete, che il figlio di Perenne aveva battute in
suo nome: e l'esercito di Britannia, rimproverato di una
sedizione, mandò 1500 uomini a Roma per denunziare il
prefetto. Allora Commodo spaventato abbandonò Perenne
ai soldati, che dopo averlo battuto con verghe, gli tron-
carono il capo, e gli trucidarono la moglie, la sorella, i
figliuoli ^
A lui successe nel favore e nell'ufficio Oleandro, ch&
gli aveva dato la spinta a cadere. Era un Frigio, d'ori-
gine schiavo, il quale menò sue arti sì bene, che divenne
cubiculario di Commodo, e col farsi strumento di sue
laidezze recò in propria mano ogni faccenda. A sua vo-
glia uccideva e rubava: vendè la dignità senatoria e il
patriziato ai liberti, mercanteggiò la giustizia, gli ufficii
militari, i governi delle province, e in un solo anno no-
minò venticinque consoli. Della moltissima pecunia cosi
raccolta, parte usava a splendide fabbriche per acqui-
starsi il favore pubblico, parte dava a Commodo e alle
sue meretrici. Ma non potè raggiungere l'ambito favor
popolare, e come presto sali, presto cadde con grande
ignominia per una sollevazione di popolo. Venuta la ca-
restia, ne fu data la colpa alle sue ruberie : a lui recavasi
la cagione di ogni male presente, e la plebe gli disse
villania in teatro, e poscia si levò apertamente a tumulto.
Un giorno, nel tempo della celebrazione dei giuochi, gran
numero di fanciulli accorrono nel Circo guidati da una
vergine di alta statura e di terribile aspetto, e levano
feroci grida, per le quali il popolo montato in furore
esce in folla dallo spettacolo, e per la porta Capena e
la via Appia corre in cerca di Commodo alla villa dei
Quintini. Colà fanno tumultuariamente augurii felici al-
l'imperatore, e mandano ogni maniera di imprecazioni
a Cieandro, e ne chiedono la morte. Oleandro lancia su-
1 Dione Cassio, I.XXII, 9; Lampridio, G; Erodiano. I, 8.
778 CLEANDRO UCCISO. CONGIURA DI MATERNO. [Lib. VII.
bito una schiera di soldati contro la folla, la quale non
reggendo all'urto indietreggia, e fugge a Roma, lasciando
sulla via molti morti e feriti. Ma le cose andarono altri-
menti in città, ove il popolo afforzato dalle milizie urbane
salì sopra i tetti, e con una terribile tempesta di sassi
forzò i cavalli a fuggire. Dal che ripreso ardimento la
turba détte la caccia ai fuggenti, e tornò più violenta
alla villa di Commodo. Questi frattanto, ignaro di tutto,
stava nelle sue stanze occupato in libidini : ma Oleandro
non potè impedire a lungo che gli giungesse notizia del
pericolo, che lo minacciava. La sorella Fadilla e Marcia,
la più amata delle sue concubine, corsero piangenti ai
piedi di lui, e gli dissero del furore del popolo, dei de-
litti del ministro, e della morte che a tutti sovrastava.
Commodo, vile com'era, fu preso da grande spavento^
e quindi abbandonò subito alla rabbia popolare Oleandro
e il suo figlio, che stava in educazione alla corte. Il fan-
Anui di Ro- Giulio fu fatto a pezzi: Oleandro fu trascinato per le vie,
G.Vrég/ e la tronca testa portata a ludibrio sopra una picca: cad-
dero trucidati anche quelli inalzati da lui *.
Due anni prima, altra congiura si era volta contro
Commodo stesso. La guidava un soldato, disertore, di
nome Materno, il quale dopo aver con molti malandrini
corso le Gallie e la Spagna, assalendo villaggi e città,
menando incendii e ruberie, e liberando prigioni per ac-
crescer le forze, diresse la sua gente per segrete vie alla
spicciolata verso Italia, coll'intendimento di pigliarsi l'Im-
pero. E riuscito di entrare coi suoi colatamente in Roma,
si apparecchiò ad usare la prossima occasione della festa
di Cibele, in cui i cittadini usavano ogni sorta di trave-
stimenti. Suo disegno era di travestir sé e i compagni da
guardie imperiali, e uccider l'imperatore in mezzo alla
festa. Ma alcuni dei suoi scoprirono per gelosie il segreto^
1 Dione Cassio, LXXIF, 10, 12, 13-, Lamiiridio, 6 e 7; Erodiano, I, 1?.
I
Cap. IV.] COMMODO "SPENTO PER CONGIURA DI CORTE. 779
ed egli fu sostenuto, prima che giungesse il giorno del
fatto, ed ebbe tronca la testa coi compagni, su cui fu
possibile metter la mano *.
Commodo, spaventato da questi pericoli andò a mag-
giori atrocità, e alternò più che mai le libidini e il san-
gue. Impossibile dire quante furono le sue vittime. Dopo
i cittadini più ricchi e molti consolari e senatori uccisi
di veleno o di ferro, spense tutti i prefetti e cubicularii,
alle cui voglie erasi governato fìnqui. Spingeva i suoi
sgherri contro il popolo agli spettacoli, quando credevasi
burlato dai plausi; ordinò una volta d'incendiar la città -,
e continuò in questi furori, fino al giorno in cui altri
provvidero a se, ordinando più destramente la uccisione
di lui.
Nella festa di Giano, il primo dell'anno, egli aveva di-
visato di uscire solennemente in pubblico dalla scuola
dei gladiatori, accompagnato da gladiatori, e vestito e
armato com'essi. Invano Marcia, prediletta sua concu-
bina, e Leto prefetto dei pretoriani, ed Eclecto cubicu-
lario studiarono di levarlo da questo pensiero. Egli ir-
ritato da tali contrarietà preparò una delle sue usate
vendette, e scrisse in una tavoletta i nomi di quelli che
destinava alla morte. Vi erano molti senatori, due con-
soli, i ricchi, di cui voleva pigliarsi i beni per farne lar-
ghezze a gladiatori e soldati, e con essi erano Marcia,
Leto ed Eclecto, e tutti quelli che lo noiavano coi loro
consigli. Dopo pose la tavoletta sotto il capezzale, e si
addormentò. Mentre dormiva, un fanciullo amato da lui
di infame amore entrò nella camera, e avvenutosi nella
tavoletta la portò via: e la ventura volle che cadesse
nelle mani di Marcia, la quale, vedendo che non era da
perder tempo, s'intese con Leto ed Eclecto, e trovarono
modo a spegnere il mostro. Stabilito che più sicuro era
» Erodiano, I, IO.
2 Lampridio, 15.
780 PUBBLICA GIOIA E IMPRECAZIONI AL CADAVERE. [Lip. VIL
usare il veleno, Marcia glielo amministrò in una coppa
AtniOiRo- Ji vino, 0, sccondo altri, nel cibo: e, come temevasi che
tì.\\t92^' la scampasse col vomito, lo fecero strangolare dall'atleta
Narciso. Così finì a 32 anni, dopo 13 di regno, l'ultimo
degli Antonini, a cui lo storico Erodiano dà lode del più
destro arciere del suo secolo '.
Come se ne divulgò la notizia, il popolo uscì lieto, im-
precando al mostro con ogni sorta di contumelie. 11 Se-
nato, che era stato plaudente e tremante dinanzi a lui
vivo, proruppe in grida violentissime, quando lo vide ca-
davere. Imprecò al nemico pubblico, al carnefice di tutti,
allo spogliatore dei templi e dei cittadini, al- tiranno più
crudele di Domiziano, più osceno di Nerone, chiedendo
fosse trascinato per le vie, ne fossero abbattute le statue,
se ne abolisse la memoria. E poiché il successore lo
aveva fatto seppellire di notte, chiedevano si dissotter-
rasse, e si trascinasse nel fango {"). Ma come anche ai
più tristi non mancano mai difensori, un altro impera-
tore più tardi pose tra gli Dei - questo infame gladiatore,
pasciuto di sozzure e di umano sangue, questo mostro
con aria stordita simile a quella di un ebbro.
C^) Tutte queste imprecazioni, che occupano più pagine, l'uronó inserite
negli Alti diurni, o come oggi direbbesi nel Diario o Giornale di Roma,
ria cui le copiò Lampridio alla fine della vita di Commodo. Vedi anche.
Dione Cassio, LXXIII, 2.
1 Erodiano, I, 17 ; Dione Cassio, LXXIT 22.
2 Vedi Sparziauo, Settimio Severo^ 11.
CAPITOLO V.
L'Impero nei primi due secoli, le province e l'Italia e il dispotismo. —
L'amministrazione della giustizia. — I delatori. — I soldati. — ■ Cor-
ruzione profonda. — La filosofia morale, la poesia e la storia.
'Uri scrisse, or son 37 anni, un dotto
libro, inteso a far conoscere in ogni partico-
larità le miserabili condizioni, a cui il dispo-
tismo imperiale ridusse Roma, l'Italia e il
mondo *. A quel libro debbe ricorrere chiun-
que voglia avere intera notizia delle umane
sorti in questi tempi pieni di ineffabili sciagure e di ob-
ì)robrii: e noi, che non abbiamo modo ad allargarci troppo
su questa materia, e non vogliamo rifare il già fatto,
dopo avere raccontato le opere dei primi imperatori strin-
geremo in breve le cose più acconce a mostrare gli
effetti dei nuovi ordini sulle condizioni degli uomini nei
due primi secoli,
L'Impero, nel secondo secolo, giunse alla sua maggior
grandezza, che si calcolò a 180 mila miglia quadrate ^
' Della storia e della condizione d'Italia sotto il governo degli imperatori romanici
iovanni Battista Garzetti, Milano 1838, 3 voi.
2 Gibbon, Decline and Fall of the Roman Empirej cap. I.
Van-nucci — Storia dell'Italia antica— IV. 93
782 ESTENSIONE DELL'IMPERO NEL SECONDO SECOLO. [Lib. VIL
con una popolazione di 120 o 130 milioni. 11 numero
delle province fa accresciuto col dividere le antiche, o
col far sudditi i paesi alleati, o per via di nuove con-
quiste. Sotto Augusto si aggiunsero le due Germanie, le
Alpi Marittime, la Rezia, la Mesia, le due Pannonie, la
Galazia con la Licaonia, e la Panfilia con la Licia; poi
il Nerico e la Cappadocia sotto Tiberio, la Numidia sotto
Caligola, le due Mauritanie e la Giudea sotto Claudio,
le Alpi Cozie e il Ponto sotto Nerone, la Cilicia Trachea
e la Commagene sotto Vespasiano; sotto Domiziano la
Britannia, cominciata a conquistare ai tempi di Claudio;
e la Dacia, le due Armenie, l'Assiria, la Mesopotamia e
l'Arabia sotto Traiano. In questo momento l'Impero si
era allargato oltre al Tigri e fino ai lidi del Mar Rosso,
e quindi comprendeva nell'Asia, tutta la penisola ba-
gnata dal Mediterraneo, dall'Arcipelago, dallo Stretto
dei Dardanelli, dal mar di Marmara, dal Bosforo, e dal
Mar Nero fino alle fonti dell'Eufrate, e da questo fiume
per le parti settentrionali dell'Arabia fino all'Istmo di
Suez e al Mar Rosso: nell'AlTrica, l'Egitto e le coste
settentrionali fino al cominciar del deserto; nell'Europa,
la Spagna, il Portogallo, la Francia, e tutti i paesi al-
l'occidente del Reno, l'Inghilterra col paese di Galles, e
parte della Scozia fino a Edimburgo, e finalmente i paesi
che stanno dalla sponda meridionale del Danubio al mare,
e la Transilvania per qualche tempo, e la Moldavia e la
Valachia in gran parte *.
Il vastissimo Impero ò tenuto soggetto da un esercito
permanente composto di 30 legioni, a ognuna delle quali
è assegnata la propria provincia ("), e da armate navali
C) Le legioni, che, al dire di Tacito, sono 25 sotto Tibeiio, giungono
a 30 sotto Vitellio, e stanno 7 in Germania, 1 nella (iallia Lugdunese. 3
1 Garzetti, lib. Ili, cap. 2, § 8; Naudet, Des changemens opèréa dans toutes les par-
tics de Vadminislri.(tion de l'empire romain.. parlo I, pat'- 3; Gibbon, cap. I.
Gap. V.] FORZE DI TERRA E DI ^lARE. 783
stabilite a Miserie, a Ravenna, in Britannia, in Germania,
in Mesia, in Pannonia, in Siria, in Egitto, delle quali ci
lànno importanti novelle le epigrafi, ricordando i nomi
delle navi come dei loro prefetti e minori ufficiali e mi-
liti, ivi raccolti dall'Italia, dalla Sardegna, Dalmazia,
Germania, AITrica edAsia("): mentre i monumenti del-
l'arte ne serbano le forme e gli emblemi (^).
in Britannia, 3 in Spagna, 2 in Dalmazia, 2 in Pannonia, 3 in Mesia.
1 in Affrica, 2 in Egitto, 3 in Giudea, 4 in Siria. Vedi Borghesi, in Opere,
ly, pag. 217 e 240. Anche ai tempi di Adriano e di M. Aurelio si ri-
cordano 30 legioni di cui si conoscono ora, come prima i nomi e le
stanze. Sparziano, Adr., 15; Grutero, 513, 3; Orelli, 3368; Marquardt, in
Becker, Roem. Alterthilm., Ili, 2, p. 356.
(«) Vedi Orelli, 3593-3647; Henzen, 6864-6903. La flotta misenate, che
stanziava in parte anche ai porti Lucrino, Puteolano, Neapolitano, Sor-
rentino e anche in altri luoghi della Campania, fu largamente illustrata
da Raffaele Garrucci, che intorno, ad essa raccolse e commentò 261 iscri-
zioni. Classis praeioriae Misenensis Piae, Vindicis, Gordianae monu-
menta, Neapoli 1852. Delle navi, che il Lipsio portò al numero di 250,
il Garrucci ha raccolto circa 70 nomi (cioè di 10 liburne, di 47 triremi,
di 10 quadriremi, di due quinqueremi, e di una exereme) tra i quali
notiamo i seguenti: Esculapio, Aquila, Clemenza, Concordia, Fede, Giu-
stizia, Nettuno, Nereide. Virtù, Apollo, Augusto, Capricorno, Cerere,
Cupido, Danuvio, Diana, Fortuna, Ercole, Giove, Iside, Gioventù, Libertà,
Lucifero, Marte, IMercurio, Minerva, Oceano, Pace, Partico, Pietà, Polluce,
Provvidenza, Reno, Salamina, Salute, Sole, Speranza, Tevere, Trionfo,
Venere, Zenone, Annio Municio, Dacico, Olivo, Vesta, Opi. Sui nomi delle
navi vedi anche Gori, Inscript. antiq. in Etriiriae urbib., tom. Ili, pag. 72
e segg., e Cardinali , iV/emorfe roìnane d'antichità e belle arti, tom. I.
pag. 80-86, e Diplomi militari, pag. 7-15, 73-75, 282-285.
Più recentemente F illustre archeologo G. B. De Rossi portò nuova luce
in questo argomento pubblicando e illustrando alcune epigrafi di Centum-
celle relative a più militi delle navi che ivi ebbero stazione nel Porto
Traiano. Vedi Sepolcreto scoperto a Civitavecchia, in Bull. Istit. arch.,
1865, pag. 42-46. Vedi anche Mommsen, Inscr. Regni Neap., p. 145-154.
e*) Probabilmente a causa del nome di Cupido sulla nave della Colonna
Traiana, di cui diamo il disegno, sta dipinto alla prora un corteggio di
Amori a cavallo a Tritoni armati di remi: e anche la prora della bireme
imperiale, di cui pure diamo il disegno, porta per emblema un Amore
cavalcante un Ippocampo. Vedi Bartoli, Colonna Traiana, tav. 25 e 33,
« Froehner, pag. li, pi. 59 e 71.
784
LiB. VII.
Gap. V.] IMPERATORI DISPOTICI. 785
Dei mezzi usati dagli imperatori a governare gli uomini,
sparsi su tanta parte di mondo, toccammo in più luoghi.
Ora voglionsene accennare gli effetti.
In generale nel governo fu tenuto sulle prime il si-
stema introdotto dal fondatore dell'Impero, e alcuni sal-
varono certe apparenze, ma i più cupidi di dominazione
non guardarono né a tradizioni, né a leggi, e si chiama-
rono padroni: e Adriano recò quasi ogni cosa in poter
suo così, che allora si disse, dove era l'imperatore ivi
essere Roma *. E le cose procederono in modo, che dove
i primi imperatori « si studiavano di nascondere sotto
nomi civili questa lor padronanza, a quei dei tempi po-
steriori non pareva di poterla ostentare e far sentir che
bastasse. Quindi la casa del principe divenuta corte di
re, quindi {jnù tardi) le gemme e il diadema sulle sue
vesti e sul capo, quindi la maestà del nome romano con-
centrata nella sua sola persona, quindi uomini liberi di-
venuti servidori di questa, e i servigi loro elevati a di-
gnità dello Stato, e delle prime ; quindi all'erario posto
il nome di largizioni, quasi l'imperatore per impulso di
liberalità facesse le spese del suo ^. »
In generale fu detto ^, che la storia di Roma dopo la
caduta della Repubblica non é altro che la storia della
sostituzione del regime dispotico, che gravava sulle pro-
vince, al regime di libertà, che fece la gloria e la potenza
della Repubblica: e quando la rivoluzione fu compiuta,
l'Italia, e Roma stessa erano divenute province.
Altrove dicemmo che le città conservarono loro assem-
blee, e magistrati e consigU municipali regolati con leggi
e usi diversi. Ciò é chiaro pei documenti noti da un
pezzo, e per quelli nuovamente scoperti. La tavola la-
1 Erodiano, I, G.
2 Garzetti, III, 1, 3.
3 Laboulaye, Essai sur les lois erbninelles des Romains concernane la responsabililé
xies magistrats. pag. 100-101, Paris 1818.
786 GOVERNI MUNICIPALI. [Lib.VII.
tina di Eraclea già sapientemente illustrata dal nostro
Mazzocchi ci serbò una parte della legge GiiiUa Miinì-
cipcde ', fatta per le città d'Italia da Cesare ('*), alla quale
ora si aggiungono lo statuto che egli détte alla colonia
Genetiva dedotta ad Ursone {Ossima) nella Spagna me-
ridionale dopo la vittoria di Manda, conservato in parte
nei bronzi scoperti or sono cinque anni 2; e le leggi di
Salpensa e di Malaga (^), tornate a luce nel 1851, ove
si vedono, ai tempi di DoQiiziano, i cittadini divisi per
[^) Mazzocchi, Tab. He rad. , pag. 303 e segg. ; Savigny, Vermischie
Schriften, III, pag. 279-412. Dei meriti del primo illustratore della legge
ragionò ultimamente con acume di critica, eoa molta chiarezza e con
giustizia distributiva il Prof. Felice Barnabei ne' suoi Studi degli scritti
di Alessio Simmaco Mazzocchi su la storia di Capiia e su le Tavole
di Eraclea, Napoli 1874, p. 48-64.
La tavola latina trovata nel 1722 con le greche di cui parlammo a
pag. 323 del primo volume, sta ora nel Museo Nazionale di Napoli e fu
recentemente ripubblicata da T. Mommsen nel Corpus Inscriptionum
laiinariim, voi. I, pag. 119-125 col titolo di Lex Julia Municipalis.
(^) Vedi Rodriguez de Berlanga, Estudios sabre los dos bronces en-
contrados en Malaga ò. fines de octubre de 1851, Malaga 1853; Momm-
sen,Di> Stadtrechle der Intinischen Gemeinden Salpensa und Malaca
in der Provinz Baetica, nel volume terzo delle Dissertazioni della R.
Società Sassone delle Sciente, pag. 363-488, Leipzig 1855; Capei nel-
V Archivio Storico italiano, nuova serie, 1855, tom. I, parte 2*, pag. 5-21;
-<}iraud, Les tables de Salpensa et do Malaga, 2'' édition, Paris 1856;
Laboulaye, Les tables de bronze de Malaga et de Salpesa , traduites
et annotces, Paris 1856; Zeli, Leges municipales, salpensana et mala-
citana, Heidelbergae 1857; Zumpt, De Malacilanorum et Salpensanorum
legibus municipalibus , in Studia romana, Berolini 1859, pag. 209-322;
-Hùbner, Inscriptiones Hispaniae latinae, pag. 251-262, Berolini 1869.
•' Epigrafe, in Furlanetto, Lnpid. Potov.. p. SS.
2 Vedi Los bronces de Osuna que puhiica Manuel Ilodrisjuez de lìcrlanga, Malacac
1s7:ì; Hiibner e Motnmsen , Lex Colonine luliae Genetivae Urbanorttm sive L'rsonis ,
<lata a U. C. 710, in Ephemeris Epigraphica, J8T1 , voi. II, jiap. lOr-lSl; Camillo Re,
Le tavole di Oxsiina illustrale^ Roma 1871; Giraud, Les bronzes de Osuna, in Journal
<(es Savants^ 1S71, i>ag. h:{'>-:Vm, e dello stesso, Les bronzes d' Ostina^ Bemarques nou-
velies, Raris 1875.
Gap. V.] GOVERNI lAIUNICIPALL 787
curie e adunati in assemblea popolare eleggere lor prin-
cipali magistrati, cioè i duumviri amministratori supremi
e giudici delia città e del suo territorio; gli edili preposti
alla polizia delle strade, degli edilizi, dei mercati, delle
misure e dei pesi, delle terme e dei giuochi, e al man-
tenimento dell'ordine; e i questori custodi della pubblica
fortuna. Ivi tra molte altre cose si vedono le formalità
dei Comizi, i divieti di doni e. di brighe, le pene minac-
ciate a chi tenti di impedire o turbare le elezioni, le
qualità morali e civili, e le garanzie volute nei candidati,
e il loro giuramento davanti all'assemblea cinque giorni
dopoché furono eletti (").
Del popolo diviso in curie è parlato da piìi iscrizioni
nei municipii dell'Affrica *. Delle elezioni di Pompei at-
testate amplissimamente dai programmi elettorali alla
vigilia della sua distruzione dicemmo al principio di que-
sto volume 2. Di elezioni municipali alla metà del se-
condo secolo (157) si parla a Boville quasi sotto le porte
di Roma 3-. e a Tergeste (Tr^es^e) ^, a Tufico e a Sarsina
nell'Umbria, ad Arezzo in Etruria, e nell'Italia meridio-
C^) Il candidato debbe provare che è di condizione libera, che non fu
mai condannato dai tribunali, che non esercitò mestieri che rendano in-
capaci ai pubblici ufficii, che ha 25 anni di età, e 5 di domicilio, e che
possiede quanto è richiesto per cauzione di ciò che farà. L'eletto giura
davanti all'assemblea (jìro contione) per Giove e pel divo Augusto, e pel
divo Claudio e pel divo Vespasiano Augusto, e pel divo Tito Augusto, e
pel Genio di Domiziano Angusto e per gli Dei Penati, se, quodcumque
ex hac lecje exque re communi rnunicipum municipi Flavi Scifpensani
censeat, recte esse facturum, neque adversus liane legem remce com-
munem rnunicipum eius m,unicipi facturum scientetn dolo malo, quos-
que prohibere possit prohibitiirum, etc. Lex Salpens. Riibr. 20.
1 Renler, Inscript. Rom. de VMg., n. fJl, 1130, 1525, 2871, 2902, 3090, 3161, 3727;
llenzen, 712;) f, 7120 fa. Vedi anche Cod. Theodos.j XII, 5, I.
2 Vedi sopra pag. 15-17.
■i Creili, 3701.
i Corpus Inscript. latin., voi. V, n. 532.
788 GOVERNI MUNICIPALI. [Lib. VII.
naie a Istonio, a Benevento, e a Suessa si ricordano
anche consensi e decreti di plebe {").
Le asseìnhlee popolari in cui sta il potere sovrano delle
città sono presedute dai duumviri della giustizia i quali
preseggono pure il Consiglio dei decurioni, cioè dei cit-
tadini piìi facoltosi e più ragguardevoli per le magistra-
ture esercitate con lode ♦ ; Consiglio che col nome di
Curia, e di Senato specialmente in Italia ^, e di amplis-
simo e splendidissimo ordine ^, sindaca i magistrati, e ne
corregge gli abusi, delibera sui lavori di utile pubblico,
provvede con suoi decreti a tutti gl'interessi e alla pro-
sperità del Comune, e in qualche luogo ha anche la fa-
coltà di chiamare alle armi le milizie civiche per difesa
dei minacciati confini (^).
Le iscrizioni parlano anche di 2)i'incipi dei municipii '%
e di cittadini principali e primati ^.
Non potendo entrare in particolari sugli ordinamenti
municipali di cui fu scritto variamente da molti (''), noto
(«) Bullett. Istit. ardi., 1845, p. 134; Henzen, 7170; Orelli, 2182, 2220,
2603, 3763, 4047. Vedi anclie i numeri 3145, 5985, 6218 e 7183, ove si
ricordano i tribuni della plebe a Pisa, a Teano, a Venosa.
(&) Finium ieundorum causa. Lex Colon. lui. Genet., cap. 103.
Pei tribimi militum a popido ricordati in venti iscrizioni di Pompei,
di Avellino, di Corfinio, di Velletri, di Olevano, di Cere, di Verona e di
Spagna, e non creduti eletti dal popolo dei munieipii, vedi Giraud, Les
hronzes d'Osuna, Paris 1875, pag. 38-76.
(c) Sui magistrati e su tutto il regime municipale, oltre alle leggi ci-
tate di sopra, vedi Res Municipales , in Orelli-Henzen, Inscr., voi. Il,
pag. 149-226, e voi. Ili, p. 401-449; Zumpt, De Quinqucnnalibus Muni-
c.ipiorum et Coloniarum, e De Quatuormris municipalibus , in Commen-
inlioncs Epigr., Berolini 1850, pag. 73-158 e 161-192; Honzen, Sui jìretori
> Plinio, Epht.. I, 19, e X, 83; Corpus Inscr. lat.. V, ',?,i.
2 Lex Julm municipalis^ 86, 109, 131; Orelli-llenzen, voi. Ili, index^ p. ir>2.
3 Orelli-Henzen, n. 1180, 1181, 1180, 3721, 5721, ecc.
* Grutcro, 472, 4; Orelli, 37.08, 3759; Corpus Inscr. lat.^V, 1893; IIcnzon,7014; Della
Marmerà, Voyage en Sardaione^ 11, 489.
5 Orelli, 2170, 2330, 3762. 3X00, 1009, 4125; Henzen, 5001, 7013.
Gap. V.] GOVERNI MUNICIPALI. 789
soltanto che se dapprima le città più privilegiate ebbero
(la questi ordini eccitamento a gagliarda e utile vita,
presto le cose mutarono per la non curanza delle leggi,
e per la facile intromissione del governo imperiale nelle
faccende civili dei popoli in Italia e nelle province.
Fino dai tempi di Traiano e Adriano s'incontrano i
curatori e i legati imperiali mandati sotto nome di be-
nefìcio a finire le liti, a rivedere i conti e a regolare 1(3
spese dei municipii e delle colonie ^ Di Adriano sappiamo
che ordinò fossero rescissi i decreti decurionali a nome
deWutile pubblico, com'ei l'intendeva ^. Era il primo passo
per la via conducente all'arbitrio pessimo di tutti i go-
verni. Il pericolo dell'arbitrio verso le città era già stato
presentito quando sotto Traiano un legato imperiale andò
a ordinare lo stato delle città libere nella provincia d'A-
caia; e Plinio si credè in obbligo di ricordare al Commis-
sario suo amico che sarebbe duro, disumano e barbarico
togliere ai Greci l'ombra di libertà che loro restava, e
turpe, se il nuovo ordinamento si mutasse in distruzione,
e la libertà in servitù ^. E che i timori dell'onesto e li-
berale cittadino non fossero vani lo attesta Plutarco, il
quale tornato a finire la onorevole vita alla sua Cheronea
trova le città greche soggette in tutto ai proconsoli che
con un cenno possono annullare o trasferire da uno ad
un altro l'autorità dei magistrati civili; vede che di li-
bertà non rimane se non quanto agli imperatori piacer
e dittatori dei Municipii antichi, in Annal. Istit. arch., 1846, pag. 253-
267, e Intorno alcuni magistrati municipali dei Romani, ivi, 1859,
pag. 193-226; Giraud, Le regime municipal des Romains , in Bronzes
d'Ostina, pag. 77-101; Duruy, Dii regime municipal dans Vemp. rom.
aux deux premiers siècles de nutre ère, in Revue historique, 1876,
voi. I, pag. 39-66, e voi. II, pag. 3i2-371.
1 Henzen, 6450, 6183, 6506; Mommsen, Corpus Inscr. lat., IH, pag. 106-109. Vedi an-
che sopra pag. 671.
8 Digesto, \., 9, 1 e 5.
3 Plinio, Epist., Vili, 24.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 99
790 GOVERNI MUNICIPALI, [Lib. VII.
concederne: e i magistrati avverte a ricordarsi che essi
governano città sottoposte ai proconsoli e ai procuratori
di Cesare, e quindi gli esorta a metter giù ogni superbia,
e, pel bene della patria, studiare di tenersi amici i pa-
droni, guardandosi, legate le gambe, di non sottoporre
anche il collo, e di non rendere il principe più padrone
di quello che voglia col mettere l'autorità di esso in ogni
decreto, in ogni consiglio ed uflicio: e conclude che al
politico e all'uomo di sano intelletto non resta che ado-
prarsi a mantenere la concordia, l'amicizia e la quiete
tra i cittadini, poiché la fortuna non ha lasciato alla
Grecia altro bene *.
Poco dopo, altri discorrendo delle leggi e dei diritti
concessi ai municipii e alle colonie affermò che gli uni
e le altre erano andati in disuso e in oblio 2. Presto i
cittadini fuggirono gli uflìcii municipali ridotti a titoli
vani, e anche nel secolo secondo la scarsezza dei con-
correnti si vede ai tempi di Adriano che con suo re-
scritto costringe a riprender l'ufficio quelli che altra volta
lo tennero ^ e più che mai sotto Marco Aurelio che per
supplire al difetto obbliga ad esser magistrati i cittadini
che la legge ha resi immuni^, e ammette alla curia gli
spurii, purché facoltosi ed onesti ^ Nel secolo terzo le
assemblee munici[)ali furon soppresse, e con esse scom-
parvero le più importanti franchigie. 1 magistrati eletti
dalle curie videro la loro autoiilà usurpata in gran parte
dai ministri dfl principe, e ridotta ai minimi termini: i
decurioni già amplissimo, oncslissimo e splendidissimo or-
dine, allora presi solo tra i nobili, e incaricati anche di
riscuotere le pubbliche tasse divennero servi del governo
imperiale. E cosi, calpestati i vecchi statuti, finirono gli
1 l'Iiilarcf», Insegnamenti civili^ 17, 18, 19 e 32.
2 Gelilo, XVI, 1^.
S Diopsl.. L, 1, 11.
* !/iiiPsl , I., -1, 11.
t higesl.. ),, 2, legg-. 3 e 4.
Cap. V.] GOVERNO DELLE PROVINCE. 791
splendori delle città governanti sé stesse, e la vita dei
Comuni restò quasi spenta.
Per agevolare il governo si allargarono le comunica-
zioni restaurando le vecchie strade e aggiungendone delle
nuove e magnifiche a traverso all'Italia e alle province,
come già più volte vedemmo attestato da molte iscrizioni.
Alcuni imperatori studiarono di conoscrre i mali dei po-
poli, e intesero ad opere di pubblica utilità, e concessero
immunità e priviiegii: ma ne questo, né i provvedimenti
dell'imperatore Filosofo, né la cittadinanza estesa poscia
a tutti da Caracalla, fecero prosperare le province, né
assicurarono le vite o le robe dalla crudele rapacità dei
tiranni. Niun provvedimento valeva, perchè stabilito che
lo Stato era cosa propria del principe divenuto superiore
a ogni legge, e non lasciata alcuna garanzia di istituzioni
ai soggetti, ne veniva di conseguenza che i fatti di un
principe buono rimanessero inutili sotto i successoli mal-
vagi, che nulla avendo per sacro, mettevano, a loro
talento, le mani nelle robe e nel sangue. È vero che la
sorveglianza di un potere centrale fortemente ordinato
dovè essere di qualche utile alle province, e che ora in
molti casi era più facile perseguitare i proconsoli ladri;
ma é vero del pari che il governo oppr-imeva con pesi
gravissimi, e non riusciva a dar sicurezza, perché si narra
di grandi delitti impuniti, di giovani nobili che infestano
e insanguinano di notte le piazze, di prepotenze di l'icchi
che ferocemente spogliano i loro vicini, e si vedono
grosse bande di ladri desolarle le campagne, sfor-zare le
case, rubare e uccidere, e assalire le città stesse '.
Ricor'dammo le opere dei pochi imperatoi-i che volsero
ogni cura al bene degli uomini : e vedemmo Tibcr-io e
Sciano contaminare e spogliare e uccidere; e Caligola e
Nerone e Vitellio e Domiziano e Commodo profondenti
> Apuleio, Metamorph.. II, 13, III, 28, IV, 6 e segg., IX, S t 35.
792 RAPINE D'IMPERATORI E PROCONSOLI. [Lib. VII.
i milioni dell'Impero in crapule, e in oscenità senza nome,
e poscia saccheggianti le province per rifarsi dei dispersi
tesori. Lo stesso Vespasiano raddoppiò le gravezze, ed è
detto che vendeva gli ufficii, e mandava i più rapaci al
governo per trar pecunia dalle condanne *. Vedemmo le
enormi esazioni dar causa a guerre e a tumulti. Le ra-
pine di Nerone divennero proverbio, e per significare
l'eccessiva ricchezza di uno fu detto, possedere quanto
Nerone rapì -. Spoliazioni di imperatori, crudeltà di pro-
consoli e oltraggi di soldati narra la storia in Oriente (''),
in AlTrica, nelle Spagne, in Germania, in Britannia '. Qua
governatori ingordissimi, che la ricca provincia induce
a rubare; e superiori e inferiori che fanno mercato della
giustizia '% e che si tengono il sacco; le province che pa-
tiscono corruzione dai giovani mutanti la milizia in bor-
dello, e i vizi fatti strumento d'impero anche dai capitani
migliori ; altrove fiere querele di genti contro la insazia-
bilità dei Romani, e i barbari delle selve Caledonie gri-
danti, che impero significa rubare, trucidare, rapire ^ E
colla storia si accorda la poesia e la satira, che dicono
di città spogliate ^ e di province che, se anche vincitrici
nei processi contro chi le avea derubate, rimanevano a
piangere i patiti danni, mentre i ladri, non curanti del-
l'infamia, facevan tempone colle rapine, alla barba degli
(«) Seneca {I)e Ira, II, 5) riferisce che Yoleso Messala essendo, ai
tempi di Augusto, proconsole d'Asia, in un eoi giorno fece uccidere tre-
cento persone, e passeggiando superbamente tra i cadaveri, quasi avesse
fatto l'opera più bella e magnifica, esclamava: Oh cosa regia che e questa!
Tacito {Ann., Ili, 68) ricorda il senatoconsulto fatto contro di lui, ma
con dice a qual pena fu condannato.
1 Svetonio, Vespas.. 16.
2 Giovenale, Sat.. XII, 129.
3 Tacito, Ann.j, I, 59, II, 15, 42, 54, IV, 15, XIV, 31, 3S; Agric. . 15; Dione Cassio,
MV, 2, 3, e segg.; Velleio Patercolo, II, 117.
* Kilostrato, Vita di Apollonio Tianeo. V, 36.
6 Tacilo, Agric, 5, 6, 21, 30-32.
« Silio Italico, Panie. ^ XIV, 6S5.
<Up V.] GRAVEZZE SENZA NUMERO. 793
Dei adirati; e ricorda che i paesi più floridi erano per
queste ruberie a tale ridotti, che nulla più vi rimaneva
da potersi rapire; messe le ladre mani nel povero cam-
picello, nello scarso gregge, e anche nel sacrario dei
F_.ari; e nel sangue dei socii rotte le verghe dei feroci
proconsoli, che a guisa di arpie distendono per tutto gli
adunchi artigli, senza risparmiare neppur quelli che colle
loro fatiche nutrono Roma, vivente in feste e spettacoli,
e senza pensare che gli oltraggi possono alla fine fare
scoppiar l'ira compressa in quelli cui rimane la miseria
t' la forza *.
Poi gravezze senza numero; oro coronario in occasione
(li principi nuovi, o per nascite o adozioni di figli ^;
tasse sui fondi e testatico pagato dalla plebe più povera,
dai coloni e anche dagli schiavi, ed esatto con acerbis-
simi modi («); tasse sul celibato e sull'orbita, sull'affran-
cazione degli schiavi e sui testamenti; tasse sotto nome
di regali nel dì natalizio del principe, o al capo d'anno 3,
uso mutato in legge in appresso ''; dazii sulle merci che
passavano da un luogo ad un altro, e balzelli sui bestiami,
>' le antiche gabelle del sale; e tributi di opere straor-
ilinarie, sordide e vili, ordinati nei secoli dopo ^.
Onde crebbero sì i mali e i debiti delle città e dei pri-
vati, che vari imperatori tra i buoni dovettero condonare
più volte milioni di debito ai sudditi incapaci a pagare^:
e nei tempi precedenti a Costantino si vedono i figliuoli
("■) Per le particolarità più importanti di questa materia toccate nel
.-ecolo primo e secondo dagli scrittori, e meglio schiarite poscia dalle
leggi dei codici Teodosiano e Giustiniano, vedi Gai'zetti, lib. Ili, cap. XI.
S 68-73.
1 Giovenale, Sat, I, 49 e 50, VIU, 08-130.
- Sparziano, Adriano. 0; Capitolino, Antonino Pio. 4; Eckhel, VII, pag. 6.
3 Svetonio, Aug.. 57; Tib.. 31; Calig.. 42; Dione Cassio, LVII, 8 e 17, LIX, 24.
4 Cod. Theodos.. lib. VII, tit. 24, legg. 1; Cod. lustin.. lib. XII, tit. 49, legge unica.
5 Tacito, Agric, 19, 32; Aurelio Vittore, De Caesaribus. 9; Garzetti, loc. cit.. § 71.
'• Sparziano, Adriano ^ T; Dione Cassio, LXXI, 32.
794 SFOGGIO DI MONUMENTI E MISERIA IN ITALIA. [Lib. VII.
esposti, venduti, uccisi diille plebi d'Italia incapaci, per
l'esli'ema miseria, a nutrirli: donde la spopolazione di
pili luoghi, che anche nel sscorìdo secolo era stato ne-
cessario Impopolare tras[)ortandovi orde di barbali ^
In Italia, come nelle province, più città fauno sfoggio
di teatri, di anfiteatri, di tem[)li e di monumenti, a so-
miglianza di Roma, di cui per fasto ripetono i nomi (").
Mi in più luoghi si vede miseria e squallore: e le città
famose nei tempi antichissimi, Gabii, Vti, Cora, Alba e
altre, ei'ano ora mutate in miseri e desolati borghi. A
tanta miseria, dice Lucano, siam giunti, che in tutto il
Lazio iiou nasce più tanta gente, che basti a po|)olare
le sue città e a coltivare i suoi campi. Uua sola città ci
contiene: le itale mòssi si coltivano da incatenati lavo-
ratori. Lo case rovinano, e ninno corre pericolo da quelle
rovine. Roma ò piena di figli non suoi, e della feccia
del mondo. Le stragi dei campi farsalici ci hanno di-
strutto -.
Delle città italiche poco parla in questi tempi la storia:
e appena si accenna a qualche rissa intestina, e a qual-
che zulla tra i rapi dei municipii e le plebi, o tra gli
abitatnii dei luoghi vicini; come a Pollenzia ])resso al
Tanaro sotto Tdjeiio ^, e a Pozzuoli e a Pompei sotto
Nerone ''. A Pozzuoli la plebe, levatasi a tumulto per l'a-
varizia dei magistrati e dei grandi, infuria con sassi, mi-
C) Tra molti e.«empi citerò i Vichi di Rimini i quali, come attestano
le epiijrafi, avevano i rionii di Aventino, Celio, Dianense , Esquilino ,
Gè mulo, Vefabro. Viminale. Vet'i Nhi-Jì, Sui Vichi entro le ci tà e se-
gna aweite in Rimino a lempo de' Romani, nel Giorn. Arcnd. , H24,
voi. Wlli. pig. :3^8-37.^. Vei i anche Tonini, Rinvni acanti il principio
dell'era vuljare, lumini 1848, voi. 1, pag. 2U(i-;^13.
• Coli Ttiendox.. XI, 27, 1; I.ait.Tnzio, Institi VI, 20; Capitolino, Marc'Aurelio^ 22
2 l.iic;ir.... pltursiil.. V1I,:3'J1 o se^y.
3 Sv^t.-iiio. Tit,.. 37.
* Tacilo, Ann.. XUI, 48, XIV, 17.
I
Cap. V.l
79'j
Anfiteatro di Capiia {Alcìno_, Anfiteatro Camnano. tav."15).
796
POMPEI E I SUOI GLADIATORI.
[LiB. \H.
naccia incendii, ed è repressa dalle milizie col supplizio
dei capi.
A Pompei un grande edifizio di cui rimangono tuttora
parecchie colonne era quartiere e scuola dei gladiatori,
come sì argomentò dalle armi gladiatorie ivi scoperte,
dalle liste dei nomi dei combattenti, con accanto il nu-
Qiiarliero dei gladiatori a Pompei (Orerheck. Pomp.^ jiag. 173).
mero di loro vittorie, e dalle imagini di essi rozzamente
tracciate sulle pareti. Qui vedonsi Asteropeo Neroniano
col ricordo delle sue centosette corone, e Antigono e
Superbo, due gladiatori liberti in atto di contrastarsi la
palma; il primo glorioso di più di 2000 vittorie, l'altro un
apprendista che ha vinto solo una volta; poi Achille so-
prannominato l'Invitto'. Qui, come altrove, col sangue
• Garnicei, // ludus gladialorius ovvero Convitto dei gladiatoria in Questioni Pom-
peiane^ Napoli 1853, vagr. 6 i; sopg. , e Gratti de Pompii, l'aris 1850, pag. 65-77,
1.1. IX, XI o. xir. .
Gap. V.l SANGUINOSA RISSA NELL'ANFITEATRO A POMPEI.
?97
dei gladiatori si celebrano i funerali dei cittadini più il-
lustri, e sulla tomba di Scauro nella via dei sepolcri si
vedono ancora scolpite queste ferali onoranze. Ma i
grandi e rumorosi spettacoli ricordati spesso nelle iscri-
zioni sono quelli che nell'Anfiteatro si danno continua-
mente dai personaggi più ricchi alla città amantissima
delle sanguinose battaglie, a cui anche le genti vicine
traggono in folla.
/VtfMArvf )^T-TCf/vvs s^?t){E')(sm
Rozze iraagini dei gladiatori sulle pareti {Garrucci^ Graffiti^ tav. XI, n. 2, XII, n. 1 e ?).
A una di tali feste l'anno 812 (59 di Cr.) i coloni Pom-
peiani e i Nocerini vennero a parole, a improperii, a
sassate, e in ultimo ai ferri. Molti Nocerini furono ripor-
tati in città storpi e feriti, e molte case piansero la morte
di figliuoli e parenti. La plebe Pompeiana restò vittoriosa,
ma non ne uscirono allegri. Gli eccitatori della sedizione
furono puniti di esilio: la città di Pompei ebbe per dieci
anni il divieto de' suoi cari spettacoli *: e se nella pittura
graffita rozzamente sul muro nella via di Mercurio e cre-
duta allusiva a quel fatto uno dei combattenti ostenta la
Tacito, ìoc. cit.
Yannccci — Storia dell'Italia antica — IV,
798 ONORI DELLE CITTÀ A PRINCIPI BUONI E CATTIVI. [Lib. VII.
palma del trionfo, l'epigrafe posta al dì sotto dice che i
Campani perirono coi Nocerini in una sola vittoria ('*).
Le iscrizioni a Pompei, a Ercolano, e in altre città
registrano i voti e gli augurii dei cittadini e dei Comuni
ai principi buoni, e anche ai cattivi; celebrano, come
Anfiteatro di Pompei {Overbeck, Pomp.^ pag. 152).
vedemmo, Vespasiano per le sue opere pubbliche; Tito
prode e benefico; e Galba e Nerva restitutori di libertà;
Adriano per le sue liberalità; Traiano fortissimo, prov-
videntissimo e ottimo principe ; e Antonino Pio e Marco
Aurelio per le virtù grandi e utili al mondo; ma cele-
brano pure la libertà di Tiberio, e ricordano le pubbliche
feste e i voti fatti per lui nelle colonie, e i voti per
Claudio e per Messalina, e per Nerone festeggiato con
C) Campani Victoria una cum Nucerinis peristis. Bechi, Museo Bor-
bonico, voi VI, tav. C. Conf. Garrucci, Graffiti, pag. 15, pi. XXIX, n. 6.
Gap. V.l MONUMENTI A MAGISTRATI E LIBERALI PATRONI.
799
solenni spettacoli*; ed esaltano il trionfo felicissimo di
Domiziano, e lodano le vittorie di Commodo, e lo chia-
mano il più nobile di tutti i principi 2.
Le città stanziano monumenti ai magistrati, ai liberali
patroni, e ai cittadini larghi di conviti e di giuochi e di
altri pubblici beneficii 3. A Pompei rimangono moltiplici
ricordi degli onori resi ai cittadini munifici che fecero
la città più adorna e più lieta; onori del biseUio, larga
Bisellii a Pompei {Museo Borhon.^ Il, 31, e Mazois^ Ridnes^ I, 21).
e splendida sedia nel teatro e nella curia, onori di fu-
nerali e di statue nel Fóro: e ad Ei'colano rimangono,
tra le altre, le statue equestri de' Balbi, nobilissime opere
d'arte, e con esse i simulacri di tutta la famiglia posti
nel teatro per testimonianza di pubblico onore *. Altri
tramandarono alla posterità i nomi dei pantomimi, dei
commedianti e dei danzatori onorati dalle più splendide
città d'Itaha ^, e i nomi dei cavalli famosi per loro velo-
1 Orelli, Inscr., 686, 6S9, 690, 709, 732, e Ilenzen, 5406,
2 Orelli, 769, 879 ; Henzen, 5486.
3 Muratori, Thesaur. Inscrijìt.^ p. 611, 4, 617, 6, 618, 1 e 3, 620, 1 e 2, 652, 2; Orelli
e Henzen, 73, 77, 80, 81, 90, 2532, 2547, 2570, 6118, 6149, 6151, 6152.
i Vedi Museo Borbonico^ voi. II, tav. 3S-14.
5 Muratori, Thesaur., pag. 611-663; Orelli, 2627, 2629, 2630, 2637, 2641.
800
FLAGELLI D'ITALIA.
[LiB. VIL
cita nelle corse del Circo *, e dei servi e delle meretrici
degli imperatori più sconci ^.
Sovente si ricordano i flagelli patiti dalle nostre con-
trade, che spopolate e spogliate dalle guerre civili decad-
Statua equestre di M. Nonio Balbo a Ercolano {Museo Nazionale di Napoli).
dero ogni di più. Ai tempi di Tito, di Marco Aurelio e
di Commodo, gravissime pestilenze spensero uomini e
bestiami a migliaia, disertarono città e campagne, le?
/|iiali prive di cultori, si coprirono di spine ^. Pestilenze
0 stragi e rovine nuove poco dopo al tempo dell'anarchia
1 Iscrizione ili Brescia, in Muratori, 625
2 Orelli, 733, 735.
3 Capitolino, Vero^ 8; Orosio, IX.
(Jap. V.] MAL GOVERNO, CARESTIE E SPOPOLAMENTO. 801
militare; e più crudele d'ogni cosa il brutale governo,
che uccideva e spogliava, e infamava i luoghi più ameni
col sangue e con turpi delitti. Nerone per rifare Roma
più bella avea saccheggiato con le province anche l'Ita-
lia *, cui Vespasiano accrebbe i gravami ^i e se Nerva e
Traiano mitigarono la rigida legge sulla ventesima delle
• redità, altri colle eredità arricchirono l'erario annullando
i testamenti, in cui non si facessero lasciti al principe ^.
K anche qui gravi sopra quelle di tutti le miserie del
volgo. Non mancavano carestie, e il popolo minuto pativa
la fame, mentre le signorili mascelle stavano in gozzo-
viglia, e gli edili sono accusati di arricchirsi rubando, e
di esser d'accordo coi fornai per tener caro il pane ''. Il
provvedimento di Traiano ordinante, che per aspirare
agli onori occorresse avere almeno un terzo del patri-
monio in Italia ^, fu causa che i terreni cadessero tutti
v.eWe mani dei grandi. Lo spopolamento è attestato dai
i)arbari, che Marco Aurelio condusse a stanza in Italia, e
«lalle terre abbandonate, che Pertinace distribuì, perchè
fossero ridotte a cultura ^. Trascurata per turpi guadagni
Tagricoltura, che sola era atta a dare innocente ricchezza:
1a Terra Saturnia, ove gli Dei, dice Columella, insegna-
rono agli uomini la cultura dei campi, non produsse più
le cose necessarie al mantenimento dei suoi abitatori, che
non poterono più vivere senza l'aiuto dei campi di oltre-
mare e delle vigne di Grecia, delle Gallie e di Spagna '.
Delle misere sorti d'Italia parla anche il provvedimento
preso dai "principi buoni di alimentare a pubbliche spese
in ogni città i piccoli figliuoli dei poveri, del quale fu
i T.'^.cito, Ann., XV, 45.
- Zonara, Annal., XI, 17.
3 Svetonio, Caiig.. 3S; Ner., 32; Dione Gassio, LIX, 15.
< Petronio, Sati/ric^ U.
'■ Plinio, Epist.. VI, 19.
>'' Capitolino, M. Aure!.. 22; Erodiano, II, i.
' Columella, Praef.. 1, 20.
802 PUBBLICI ALIIVIENTI AI FANCIULLI D'ITALIA. [Lib. VII
toccato sopra in più luoghi. Era opera di beneficenza e
in pari tempo provvedimento politico inteso a incorag-
giare i matrimonii legittimi, a favorire e accrescere la
popolazione libera, e a preparare buoni cittadini e sol-
dati devoti alla patria *.
Oltre ai brevi cenni degli scrittori, attestano il fatto
le medaglie^ le epigrafi e i monumenti dell'arte. Piìi
volte vedemmo le pubbliche largizioni ai tempi della
libertà, e poi sotto F Impero : ma quelle miravano sola-
mente a favorire l'oziosa plebe di Roma. Nerva fu ii
primo ad allargare il beneficio in nuova maniera, ordi-
nando di alimentare a pubbliche spese i piccoli figliuoli
dei poveri per le città d' Italia (^), e provvedendo così
alla tutela di essa, come è detto da una medaglia in
cui r imperatore assiso sopra sedia curule stende la de-
stra a un fanciullo e a una fanciulla '^.
La benefica istituzione non potuta recar pienamente
ad effetto da Nerva morto nell'anno stesso (di R. 850,
di C. 97) in cui ne ebbe il pensiero, fu fortemente or-
dinata e ingrandita da Traiano, promotore sollecito di
tutte le belle e nobili cose. Anche dell'opera sua, oltre
a Plinio e a Dione, rendono testimonianza iscrizioni (*)
e monete in cui colla scritta alimenti d'Italia si vade
l'ottimo principe distribuire soccorsi, ora accompagnato
dalla Liberalità che offre spighe a un fanciullo, ora fra
{^) Puellas puerosque natos parentibus egestosis sumptu^niblico per
Italiae oppida ali iussit. Aurelio Vittore, Epit., 12.
(«>) Plinio, Paneg.. 26-28; Dione Cassio, LXVIII, 5; Grntero, 1084, 7;
Fabretti, pag. 686, n. 91; Muratori, 230, 3. Nell'iscrizione di Ferentino
è detto che colla istituzione degli alimenti provvide aireternitù della sua
Italia, aelernitati Italiae suae prospexit. Orelli, 784. Un'altra iscrizione
accoppia la munificenza imperiale alla figliolanza italiana. Muratori, 230, 3.
1 Plinio, Paneg., 26-28.
2 Per la medaglia colla leggenda tutela Italiae vedi lOckhel, VI, 107, e Cohen, Mom^.,
voi. I, pag. 4717, n. 121.
€ap. V.] PUBBLICI ALIMENTI AI FANCIULLI D'ITALIA. 803
madri che gli conducono i piccoli figli, ora in atto di
rialzare l' Italia (?he tiene un globo, mentre due fanciulli
inalzano le mani al munifico soccorritore (").
Finalmente nell'arco di Benevento vi hanno uomini
(;he portano fanciulletti sugli omeri, e quattro donne con
in testa corone murali, conducenti quattro fanciulle verso
Traiano, le quali si crederono rappresentare i municipii
• V Italia soccorsi col beneficio degli alimenti *,
Ma documenti più utili e preziosi di tutti rispetto alla
istituzione degli aUmenti e al modo con cui fu da Tra-
iano ordinata e assicurata, sono le due tavole alimentarie
trovate, una nel 4747 tra le rovine dell'antica Velleia
non lungi da Macinesso nel Piacentino, e l'altra nel 1832
a Campolattaro nel Sannio, dove stettero i Liguri Be-
biani e Corneliani, di cui fu altrove parlato 2.
Di ambedue fu scritto molto al tempo di loro scoperta
*i in appresso sotto i rispetti filologici, archeologici, giu-
ridici, economici e storici Q). In esse si vedono le somme
(«) Eckhel, VI, 425; Cohen, Monn., voi. II, pag. 5, n. 13 e 14, pag. 48-
49, n. 299-303, e pag. 60, n. 373. Talvolta invece dell'epigrafe alimenta
Italiae vi è Resi, hai., cioè Restitutore d'Italia.
(*) La tavola Bebiana appartiene al quarto consolato di Traiano (854
di Roma, 101 di Cristo): la Velleiate fu incisa dopo la vittoria sui Daci.
Xeir intestatura della prima è detto che i Liguri Bebiani obligarunt
praedia affinchè per la liberalità dell'ottimo e massimo principe pueri
[mcllaeque alimenta accipiant: e la Velleiate s'intitola obligatio prae-
diorum ut ex indulgentia optimi maximique principis Caes.
Nervae Traiani Aug. Germanici Bacici pueri puellaeque alimenta
accipiant.
Per le illustrazioni e pubblicazioni di esse vedi Borghesi, Tavola ali-
mentaria Bebiana, in Bull. Istit. arch., 1835, p. 145-152; Henzen, Be
tabula alimentaria Baebianorum, in Annal. Istit. arch., 1844, pag. 5-111.
'■he pubblicò e illustrò dottamente la tavola e tutta la storia degli ali-
menti; e le difese e correzioni e aggiunte di nuove ragioni e iscrizioni
1 Rossini, Gli archi trionfali , onorarii e funebri degli antichi Romani , sparsi per
"■'ma l'Italia, tav. 10.
J Vedi sopra voi. I, pag. 2G5, e voi. II, pag. 400.
[LiB. V]».
Gap. V.] PUBBLICI ALIMENTI AI FANCIULLI D'ITALIA. 805
date da Traiano per servire coi loro frutti di alimento
ai fanciulli dell'uno e dell'altro Comune fino agli anni in
cui possano guadagnarsi la vita col proprio lavoro; cioè
un milione e centosedicimila sesterzi ai Velleiati, e quat-
trocentonovemila ottocento ai Bebiani. 11 capitale è dato
in prestanza perpetua assicurata sopra terreni superanti
da dieci a dodici volte il valore di esso. Nel contratto
sono nominatamente rjotati i possidenti che ricevon l'im-
prestito, e le somme per le quali si obbligano : vi sono
tutti i nomi dei fondi con loro siti e confini e valori se-
condo le stime scritte nei libri del censo; le usure an-
nuali che ciascuno debbe pagare a prò dei fanciulli sono
del cinque per cento a Velleia, e del due e mezzo a Be-
biano. A Vélleia i fanciulli alimentati colla rendita di
55,800 sesterzi sono 300, cioè 263 maschi legittimi, 35
femmine pure legittime, uno spurio e una spuria. Nelle
distribuzioni mensuah si danno 16 sesterzi ai fanciulli
legittimi e 12 alle fanciulle ; 12 allo spurio e 10 alla
spuria: piccole somme, ma bastanti a dar pane ai po-
veretti (^) che rimanevano nelle case dei loro parenti, nò
dello stesso in Bull, Istit.. 1847, p. 8 e segg., Annal. 1849, p. 220-23'J,
Bull. Istit., 1859, p. 230-233, e 1863, p. 140-146; Garrucei, Antichità
dei Liguri Bebiani j, e le altre opere di lui e di altri citate sopra voi. 1,
pag. 266; Desjardins, Z)<? tabulis alimentariis , Parisiis 1854, il quale ri-
pubblicò la Velleiate con suoi commenti storici e geografici, e détte una
copiosissima lista dei lavori fatti su queste due grandi iscrizioni; e final-
mente Furlanetto , BecjV istituti di pubblica beneficenza presso gli an-
tichi Roraani per l'età infantile simili a quelli dei tempi nostri, Pa-
dova 1857, dissertazione letta all'Istituto Veneto nel 1845 e rimasta
inedita fino all'anno suddetto.
(") « Dalle accurate indagini fatte dal Letronne risulta che il sesterzio
al tempo di Traiano valeva circa 20 centesimi austriaci, che il moggio
romano di frumento valeva tre sesterzi: dunque con 16 sesterzi compc-
ravansi cinque moggia e un quinto di frumento , e che questo moggio
pesando circa 20 libbre nostre, ogni fanciullo avea piìi di libbre 100 di
frumento al mese. Sapendosi poi da Seneca {Epist., 80, 7), che ogni servo
avea dal suo padrone cinque moggia di frumento e 20 sesterzi al mese,
Van.nucci — Storia dell'Italia antica — IV. 101
806 PUBBLICI ALIMENTI AI FANCIULLI D'ITALIA. [Lib. VII.
erano raccolti in particolare istituto, come altri erronea-
mente pensò *.
Anche i privati, tratti dal buon esempio di Traiano,
concorsero in più luoghi alla benefica opera. A Terra-
cina la ricca matrona Celia Macrina lasciò, in memoria
di Macro suo figlio, un milione di sesterzi perchè col
frutto di essi fossero nutriti in perpetuo cento fanciulli
della stessa città ; e, più generosa del principe, ordinò
di dare 20 sesterzi per mese ai maschi e 16 alle fem-
mine, forse perchè a Terracina, prossima a Roma, il
frumento era più caro che altrove -. E Plinio il giovane
nel medesimo intento, sopra un suo fondo stimato più
di mezzo milione, obbligò sé stesso e i suoi eredi a
pagare ogni anno 30 mila sesterzi per gli alimenti dei
fanciulli di Como, ai quali legò ancora altri 300 mila
sesterzi nel suo testamento ^.
Fu calcolato che con questa istituzione Traiano prov-
vedesse al nutrimento di 300 mila fanciulli ('') : ma il
cioè circa il doppio di ciò che davasi ad ogni fanciullo alimentario; e
dovendo questa mesata servire pel vitto e vestito del servo e di tutta la
sua famiglia, si scorge evidentemente che i 16 sesterzi erano più che
sufficienti al sostentamento di ogni fanciullo. » Furlanetto, Istit. di bene-
ficenza, pag. 28-29.
(*) Francke, Geschichte Tralan.s „ pag. 413. Egli supponendo che la
istituzione si estendesse uniformemente per tutti i luoghi d'Italia, dalle
largizioni che Traiano fece al piccolo municipio di Velleia argomenta le
somme date su tutto il territorio italiano, e calcola il capitale di questa
magnifica beneficenza a 54,250,000 talleri, (203,437.500 lire italiane, va-
lutando il tallero a lire 3,75) producenti una rendita di 2,712,500 talleri,
colla quale sarebbe stato possibile di alimentare 300,000 fanciulli.
1 Vedi Ratti, Stabilimenti di pubblica beneficenza degli antichi Romania negli Atti
dell' Accad. Romana d'archeologia,, 1829, voi. IH, pag. 391, e conf. Ilenzen, Tab. alim.
Baeb.,, p. 30, e Furlanetto, loc. cit.^ pag. 45-17.
8 Borghesi, Iscrizione alimentaria di Terracina j in Bull. Istit. arch... 1S39, p. 153-
ir,8, e Opere, IV, 269-273.
3 Plinio, Epi.'st.. VII, 18; Aldini, Gli antichi marmi Comensi^ Pavia 1831, pag. 107,
Borghesi, Durbuleio^ in Opere^ IV, 119; Ilenzen, Tab. alim. Baeb... p. 13-17; Momrasen?
in Ar-ft. Istit. arch.j 1851, p. 42.
Gap. V.] PUBBLICI ALIMENTI AI FANCIULLI D'ITALIA. 807
calcolo non posa su solida base, e non regge. Oltre ai
300 fanciulli nutriti a Velleia e ai 5000 che l' imperatore
soccorse a Roma coli' ammetterli alle ordinarie distribu-
zioni del frumento i, non abbiamo altre cifre. Ad ogni
modo è certo che il numero dei fanciulli alimentati do-
vette essere molto notevole perchè di essi e della isti-
tuzione si trovano, ora e poi, frequenti ricordi epigra-
fici per le città di ogni parte d'Italia; a Industria, città
dei Liguri, sulla destra del Po, forse nel luogo dove ora
sorge Casale 2; a Brescia e ad Aquileia 3; nel Piceno
a Cupra Montana, a Pesaro, a Osimo *; nell'Umbria a
Sestine, ad Assisi, ad Arna, ad Ameria, a Urbino, ad
Arimino ^ ; a Pioma ^ e nelle sue vicinanze a Nepete
(Nepi) e Faleria 7, a Ficulea e a Nomento ^, a Ostia
e a Tivoli ^, a Preheste, a Ferentino e ad Anagni ^^ ;
neir Italia meridionale per le regioni dei Bruzii, in Lu-
cania, in Apulia, in Campania, nel Sannio, nei Marsi e
Vestini, a Locri, a Compsa, a Siponto, ad Eclano, ad Avel-
lino, ad Abella, a Nola, a Napoli, a Suessula, a Capua, a
Caiazia, a Fondi, ad Allife, a Sepino, a Marrubio, e a
Peltuino {Civita Ansidonia) città dei Vestini (-'). Sono mo-
(«) :Mommsen, Inscript. Regni Xecp., 10, 202, 929, 1130, 1894, 1951-
2454, 3552, 3610, 3903, 4151, 4771. 4940, 5491, 6036, 6037. Per le iscri-
zioni controverse di Taranto, di Nola e di Belano conf. Muratori, 705, l;
Fabretti, p, 61, n. 357; Henzen, Tab. alim. Baeb. , pag. 35 e 64 , e
Momrasen, n. 1130, e Falsae vel suspectae, p. 7, n. 155, e p. 10, n. 241.
1 Wimo, Paneg., 23-28; Fabretti, pag. 189, n. 437, p. 235, 6iy e le altre iscrizioni ci-
tate dall' Henzen, Tab. alim. Baeb.^ p. 2'i.
2 Ricolvi, Il sito dell'antica città d'Industria., pag. 1 e segg. ; Orelli, 62.
3 Grntero, 314, 12; Orelli, 40S2; Mommsen, Corp. Inscript. lat.j V, SG5; Henzen, Tab.
alim Baeb.^ p. 35 e 13.
4 Orelli, S9, 3113; Grutero, 812, 7; Muratori, 230, 3; Henzen, Tab. alim. Baeb. ^ pa-
gine 13 e 3S.
5 Orelli, S17, 3360, 5005; Grutero, 10S4, 7, 1092, 7, 1097, 2; Muratori, 23S, 3; Henzen
loc. cit., pag. 35 e 38.
i5 Fabretti, pag. 61, n. 357, e 713, n. 3 ti.
7 Grutero, 3!)5, 1; Henzen, Tab alira. Baeb., p. 16 e 35.
f» Orelli, :;:\'\\\ .\.ma.ù, Iscrizione Nomentana^ in Giorn. Arcad.j 1S32, voi. 50, p. 32!.
« Muratori, ItiOc, 2; Grutero, 1097, 7; Henzen, in Awial. Istit. ardi... 1819, p. 223.
l« Grutero, 411, 1; Orelli, 784, 4101.
808 PUBBLICI ALIMENTI AI FANCIULLI D'ITALIA. [Lib. VII.
numeriti che attestano la gratitudine dei beneficati a,
Traiano e ai buoni Antonini che continuarono e accreb-
bero l'opera sua: e più che altro sono ricordi dei mini-
stri imperiali e municipali preposti al go^^erno e alla
distribuzione degli alimenti.
Vedemmo come Adriano allargasse il beneficio degli
alimenti. Delle fanciulle Faustiniane istituite da Antonino
Pio a onore di sua moglie Faustina, è il ricordo anche
in una medaglia ^ ; e delle nuove Faustiniane create da
Marco Aureho parla elegantemente un bassorilievo della
Villa Albani tenuto fra le più graziose opere d'arte ri-
ferentisi alle cose romane ; ove Faustina stante sopra
un suggesto, assistita da altra donna, stende la destra
con un vaso di particolar forma, da cui versa qualche
cosa che debbo esser frumento nel grembo di una fan-
ciulla, la quale è seguita da, molte compagne in variate
attitudini, e colle teste acconce nel modo usato da Fau-
. tina Minore -.
Dell'amministrazione degli alimenti di cui tacciono gli
? crittori, abbiamo solamente le poche notizie che stanno
sparse qua e là per l'epigrafi. In molte città si vede un
questore o camarlingo che qualche volta è la persona
.'stessa che ha in sua cura l'erario municipale ^. I que-
stori obbediscono ai j^roai.ratori posti al governo degli
alimenti delle varie regioni, come nella Transpadana,
nell'Istria, nella Liburnia, nei Bruzii, in Calabria, in
Apulia e altrove '•. Tutti costoro dipendono da un ma-
gistrato supremo, chiamato forse prefetto degU alimenti.
Dopo i tempi di Traiano, per un cambiamento intro-
dotto probabilmente da Marco Aurelio, i procuratori di-
1 Eckhel, VII, IO; Cohen, Monn., voi. II, pag. 4:'.Z, n. 108.
- Zoega, Bassiriìievi antichi di Roma^ pag. 151-157, lav. 32- e 3:?. Vedi anche Winckel-
iTiann, Storia dell'arte jiresso gli antichi^ lib. XII, cap. 2, Prato 1832, voi. III, p. HGG-
s<5.S, e Ilenzen, Tah. alim. Baeb., p. 20.
3 Grutero, 1092, 7; Muratori, 747, n. 1 ; Ilenzen, Tah. alim. Baeb., p. 33-33.
* Grutero, -102, 4, Ul, 1 ; Orelli, 3814-, Mommsen, Inscr. Regni Nea-p.^ 3610-, Ilenzen, ')y32.
Gap. V.J
800
810 STATUE AGLI IMPERATORI. RELIGIONE AUGUSTA. [Lib. VII.
ventano prefetti degli alimenti ("), si scelgono tra i cit-
tadini di dignità consolare e pretoria e al tempo stesso
hanno la cura delle vie principali d'Italia, e nella circo-
scrizione di esse sopraintendono alla istituzione benefica',
la quale a malgrado dello studio posto dal fondatore per
farla stabile e sicura dalle rapine dei tiranni, dopo la
scomparsa dei principi buoni è dapprima sospesa pei
l'abbandono dei fondi obbligati, poi languisce, e per
oscure vicende corre alla morte 2.
Le iscrizioni ricordano anche parecchie opere pubbli-
che, come mura, ponti, acquidotti, porti, piazze, vie, ab-
bellimenti di anfiteatri, e di città intere per opera di pii-
imperatori 3, come anche dei municipi! e dei cittadini
privati: ma da altra parte si vede, come nella pubblic;;
miseria sparisse l'antico splendore, di cui un tempo an-,
darono superbe le città dell' Italia centrale e inferiori .
Molte statue inalzarono a sé stessi e a loro donne gli im-
peratori a Roma e nelle altre città: molte ne sorsero per
opera di municipii e colonie anche in Italia, ove puro
fiorì grandemente la religione augusta con templi e sa-
cerdoti augustali. A Pompei rimangono le rovine del
tempio creduto d'Augusto: e ivi si chiamarono auguste
anche la Concordia e la cieca Fortuna ''. Altrove templi
anche a Tiberio, e ad altri: ma spesso le statue e i templi
imperiali più che ad ornamento, tornavano a danno, per-
chè continuò ora e poi 1' uso di prenderne pretesto ad
{-') Orelli, 2761, 3143, 3151. 3933; Heiizen, 0-109, 6503. Pure i procu-
ratori non cessano al tutto,, come vedesi dairiscrizione dell' Henzen (6524 j
che parla dei tempi di Settimio Severo.
1 Vedi Borghesi, Sopra un'iscrizione del Console Burbuleìo, in Opere^ IV, p. 18:.-
ì:i7, o Osservazioni intorno ai due prefetti alimentorum, in Bull. Jstit. arch.\ 181 1,
p. 120-127 ; Ilenzen, Tab. alim. Baeb.j. p. 33-48; Furlanetto, loc. eit.^ p. 31.
2 Vedi Henzen, Tab. alim. Baeb.^ pag. 51-57, e Furlanetto, Istit. di pubblica bene/:-
cenza. pag. 15-18.
3 Muratori, Tliesaur.^ pag 441-157; Orelli-Honzen, Inscr. j voi. II, p. (il e seg^^, ■
III, p. 310 e segg.
* Guarini, Fasti duumvirali di Pompei., pag. 73 e SS.
r.Ap. V.]
L' IMPERATORE PADRONE DI TUTTO.
811
accuse *, e anche sótto gli imperatori cristiani fu reo di
maestà, chi avesse venduto o fuso o rimosso dal luogo
suo una statua del principe ^.
L' imperatore da Roma comanda a sua voglia all'Italia
Tempio d'Augusto a Pompei (Overbech, Pomp.^ pag-. lii
e alle province, e a niuno rende conto del fatto suo. Se
dapprima ciò si fece a nome delle leggi antiche e del
Senato, e coi titoli e coi poteri repubblicani che il prin-
cipe raccolse tutti in se stesso; poi, massime dopo Ti-
berio, il principe è un vero monarca, che qualche volta
lusingando le vecchie abitudini con vane parole, nel fatto
non ha altra legge che la sua volontà, nel governo, nel-
l'amministrazione, nel render giustizia, nel disporre della
1 Sparziano, Caracallaj 5.
'-J Tacito, Ann.. I, 73, III, 70; Digest., XLVIII, 4. 4-7.
812 AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA. [Lib. VIL
libertà, dell'onore, della roba e della vita dei sudditi. Ai
fatti di atroce tirannide, che abbiamo ricordato a suo
luogo, voglionsi qui aggiungere poche considerazioni sul-
l'amministrazione della giustizia, che è il più sacro fra i
doveri di ogni governo, come il più sacro fra i diritti
dei governati.
I nuovi ordini introdotti nei tribunali erano in tutto
conformi all'indole del nuovo governo. Non più libertà
alla difesa dei rei, né la lentezza della procedura che
sotto la Repubblica dava all'accusato modo e agio di
provvedere a sé stesso: ma forme nuove, brevi, eccezio-
nali. Tolti via i provvedimenti che potevano impedire
all'accusa di seguire il suo corso; soppressa l'interces-
sione dei tribuni; introdotta la carcere preventiva; abolito
il diritto di volontariamente bandirsi; la confiscazione
fatta compagna all'esiUo; le pene rese arbitrarie; la tor-
tura divenuta wn modo di prova ordinaria, e usata con
servi e padroni; la medesima procedura fatta generale
per ogni causa e per ogni delitto, e le pene date non
dalla legge, ma dalla volontà del Senato e dal capriccio
del principe *.
II Senato parve essere il primo potere legislativo e
giudiciario, e davanti ad esso vennero infatti quasi tutte
le cause di maggior importanza. Giudicò i magistrati, i
rei di mal tolto, i prevaricatori, i cospiratori, i rei di
maestà, di avvelenamenti, di omicidii, di calunnie e di
molte altre cose. E quindi parve aver tutto in sua mano,
e lasciata ogni regola antica, riunì in sé l'incarico della
formazione dei processi, e dello statuire la pena 2. Ab-
bondano le testimonianze mostranti le enormità di questi
giudizi {"), in cui uno stesso delitto, ora è punito d'una
(") Vedi tra gli altri il processo di Silano in Tarilo, Ann., Ili, 66-69.
1 Laijoulaye, Sur les loh criminelles des Rom.^ pa;?. 408 e segg.
i Plinio, EpUt.^ IV, 9; Tacito, Ann.^ IH, 23, 63, 6fi, XII, 22, XIV, i8; Laboulay ■,
Gap. V.] AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA. 813
semplice nota d'infamia, ora di pena capitale *. Continua
la mancanza di libertà alla difesa; ninna la indipendenza
dei giudizi serventi a voglie tiranne, alle quali il Senato
si fa ogni giorno più brutto strumento, e commette scel-
leratezze, e immola le vittime chiestegli dalla gelosia e
dalla cupidigia dei despoti^: condanna quelli che aves-
sero consultato maghi su cose di Stato, o rimpianto la
morta Repubblica; condanna anche le donne, di cui fosse
gelosa la moglie di un principe, e in più casi, come in
quello famoso di Trasea, non fa altro che registrare
l'onnipotente volontà del padrone.
Dai capricci di questo dipendeva, come dicemmo, ogni
cosa. Giudicava insieme col Senato, e anche senza di
esso; arrestava le procedure a suo grado 3^ riformava le
;^entenze, mitigava o aggravava la pena, e da sé stesso
i toglieva davanti quelli che lo avessero offeso, o gli
acessero ombra. Nei tempi di Tiberio, di Caligola, di
Nerone, di Domiziano, di Commodo, è uno spettacolo
aliominevole, in cui non sai se più grande apparisca la
crocia del carnefice o la; vile pazienza delle vittime. Quei
nostri divengono pazzi a misura che mettono le mani
nel sangue, e non vi hanno né istituzioni, né uomini ca-
lcaci a resistere a quella furiosa mania.
11 Senato tornò indipendente sotto i primi principi
aioni, e allora ebbe licenza d'esser giudice giusto, e di
indurre rettamente i processi: ma anche allora l'accu-
lato non ebbe altra garanzia che la moderazione dei giu-
*lici e il buon volere del principe: e i vizi fondamentali
lei sistema rimasero sempre, per risorgere e infuriare
:lì nuovo appena il trono fosse occupato da un tristo.
Vedemmo le mutazioni che fece Adriano. Per quelle
J Tacito, Ann.^ XIV, 28; Plinio, Epist..U, 11 -, Giovenale, ^ar., I, 47, e Vili, 98 e segg.
2 Plinio, EpisC, Vili, 14, e Paneg., 76.
■ Seneca, De Clem.^ I, 9; Tacito, Ann.^ IH, 70, XIII, 43; Svetonio, Avg.. 32 e 51,
Tit.^ 9.
"V kìifivccì — Storia dell' Italia antica — IV . hit
814 . INFAMIE CRUDELI DEI DELATORI. [Lib. VII.
novità la giurisdizione del Senato passò al Consiglio di
Stato preseduto dal principe, il quale del resto, se creando
questo Consiglio faceva sembiante di limitare il suo po-
tere assoluto, nel fatto rimaneva, come prima, libero in
ogni suo atto, e quindi vediamo più volte lui stesso e
altri in appresso giudicare e condannare e assolvere e
premiare e uccidere e di tutto disporre a loro arbitrio
senza riguardo alle nuove forme *.
Insomma, con poche e brevi eccezioni, la storia a ogni
pagina dice che nulla erano le leggi, e che tutto stava
nelle voglie del principe.
Potentissimi presso di lui i delatori, accusanti per in-
vidia, per adulazione, per ingordigia delle altrui spoglie;
i quali, incoraggiati. e premiati di ricchezze e di ufìicii,
furono flagello crudehssimo, che alla città tornò gravo
più che guerra civile 2. Questi abominevoli strumenti del
dispotismo erano avvisati dal principe sulle cose da ap-
porre ai destinati a perire per pigliarne gli averi, ed essi,
cospirando e gareggiando per furore di guadagno, e non
risparmiando parenti né amici, raccogliendo parole e
gesti e sospiri, facendo da agenti provocatori, calun-
niando, inventando scempiaggini, uccisero, esiliarono,
spogliarono tutti i migliori, si fecero ricchi colla rovina
di grandi famiglie ^. 11 pretesto di crimenlese non lasciò
scampo a ninna virtù, a niuna fama, a ninna fortuna.
Gli schiavi stessi adoprati come strumento a rovinare i
padroni *: si fece processo anche ai morti per confiscarne
gli averi: e ogni pagina della storia di questi tempi mi-
serissimi parla in lugubri note del perpetuo terrore
messo nell'universale dai delatori, come poi si allieta ri-
' Sparziano, Adriano^ ì.i\ Dione Cassio, I,XXV, 8; Capitolino, Marco Aurelio j 2);
Lampridio, Alex. Sev.. 28 e 18; Erodiano, III, 8, e IV, <■.
2 Seneca, De Benef.. HI, 26.
i Plinio, Epist.^ IV, 9; Tacito, Ann.^ I, 72-71, li, 2T-3li, III, 19, VI, 3. 7 e 2:», XIV, 4S,
XV, ;j5; Hixt.. IV, 42, <• Agric. la; Svetonio, Domit.. 12.
< Tacito, Ann., II, W, >> r'at., I, 2; Minio, Paner,., I?
Gap. V.] MILIZIE. 815
cordando il generale entusiasmo levatosi, quando Traiano
e altri tolsero l'abominevole flagello. Pure, a malgrado,
delle pene che colpirono l'infame genia dei calunniatori,
l'accusa, che ai tempi della libertà fu diritto politico usato
da tutti i più ragguardevoli personaggi, rimase contami-
nata così dai sozzi strumenti della tirannide, che, nei
momenti di tregua al flagello, niun uomo dabbene volle
più usare, anche contro i veri ribaldi, di quest'arme in-
famata; e sotto Nerva e Traiano, quando trattavasi di
spogliatori di province, gli accusatori non venivano spon-
tanei ai tribunali, e bisognò designare le persone, che per
ufficio attendessero a questa faccenda *. Ma i delatori,
già puniti e sempre maledetti, tornano fuori al sorgere
di nuovi tiranni, e diventano furiosi così, che le leggi in
appresso li chiamano genia esecrabile, e massimo ma-
lanno dell'umana vita, e ordinano di perseguitarli con
atroci supplizi 2.
Potenza grande al male, e maggiore di tutte, fu quella
dei soldati, nelle cui mani stavano i destini del mondo.
Per essi durò per secoli la più bestiale delle tirannidi
esercitate dagli uomini.
La mihzia, già sacro dovere di ogni cittadino, divenne
ora mestiere di lucro, seguito da uomini grossolani, vio-
lenti, feroci. Spento con la libertà il nobile amore e il
nobile fine delle armi, i cittadini si ritirarono da esse,
e fu mestieri che il dispotismo assoldasse mercenarii e
stranieri, e quindi truppe intere di barbari, che alla fine
furono rovina e morte a Roma e a Italia. Soldati Ger-
mani, Batavi, Frisi e Suevi, nei primi tempi dell'Impero
facevano da guardie del corpo ad Augusto, a Tiberio, a
Nerone: poi furono disciolti da Galba: ma in appresso
altri stranieri, Batavi, Frisi, Caninefati, Brittoni, Elvezii,
Bossi, Traci, Reti, Norici, Pannonii, Baci, Misii, Sirii,
> Plinio, Epist., Ili, I, VI, 29, VII, 33, X, 20; Laboulaye, Lois o-iniin^ p. 437.
2 Cod. Theodos.. X, IO, I-I; Cod lustin.. X, li, 1-6.
^816 DISPOTISMO SOLDATESCO. f Lib. VII.
-Afri, Mauri, ordinati in corpo di equiti guardarono la
persona del principe a Roma e alla guerra. Vi sono militi
pretoriani, peregrini^ frumentarii e altri vari di nome,
serventi al mestiero di spie, di carcerieri, di carnefici, e
per piacere al principe che li paga e li premia, non cu-
ranti di patria o di leggi, e pronti sempre ad opprimere
i cittadini *. Uno degli ufficii delle milizie di Roma è di
assediare i palazzi e le ville dei ricchi , di ucciderli o
forzarli ad uccidersi, affinchè il principe dia di piglio a
loro ricchezze 2. Quindi odii ed ingiurie. Soldati e citta-
dini si ricambiavano di vicendevole dispregio; il cittadino
dispregiava la stupida brutalità del soldato, e questi la
viltà di quello. Le milizie battevano, ferivano, rubavano,
né vi era modo a scampo 0 a giustizia. Giovenale ci
narra, come sotto questo militare dispotismo tacessero
tutte le leggi, e come ogni privilegio stesse a favore dei
soldati; e mostra come i cittadini battuti fossero costretti
a dissimulare, e si guardassero bene di richiamarsene al
pretore, e di mostrargli i denti rotti, il viso offeso, e gli
occhi malconci: perchè chi perseguitasse il suo aggres-
sore aveva per giudice un villano, passato dalla schiavitù
alla milizia, e se ne faceva giudizio nel campo, ove tutta
la coorte levavasi contro il cittadino offeso per render
vana l'accusa. « Vorrai tu, dice il poeta, che la vendetta
sia più grave dell'ingiuria? vuoi tu rischiar le tue gambe
contro tante migliaia di scarpe armate di chiodi? («). E
chi vorrà correre nel campo fuori di Roma per deporre
in tuo prò? Un testimone si ardito da dire ho veduto ,
(«) Giovenale, XVI, 25. Di questi chiodi o bollette il satirico fa ricordo
anche al verso 248 della satira terza, ove dice: in digito clavus miìii
miliiis haeret.
1 Vedi Henzeu , Sugli equiti singolari degli imperatori romani, in Ann. Istit. ar-
cheolog., 1850, ^pag. 5-53, e Sui militi peregrini e frumentarii, ia Bullett. Islit. ar-
theolog.j 1851, pag. 113-121, e Naudet, Sur la police chez les Romains , 2' panie, in
Acadérn,. det Sciences morales, 2* sèrie, tom. VI, pag. 7G3, e segg.
2 Tacito, Ann., XVI, 15; Giovenale, X, 15-18.
Gap. V.] DISPOTISMO SOLDATESCO. • 817
sarebbe comparabile ai più virtuosi cittadini antichi. È
più facile trovare un falso testimone contro un cittadino
senza difesa, che un testimone sincero contro l'onore e
la fortuna di un milite armato ("). »
È vero che esistevano leggi rigidissime contro i sol-
dati, ma, quando essi furono padroni dell'Impero e del
principe, tornò inutile ogni ordinamento, e più d'un im-
peratore perì per aver voluto mantenere le leggi.
Soldati ora timidi, ora feroci e correnti alle ingiurie e
alle percosse dei duci; legioni cupide di interpretare,
pÌLittostochè di eseguire i comandi, procaci, petulanti, se-
diziose, pronte sempre a terribili rivòlte *; eserciti di co-
stumi e di lingue discordi, duci e legati pieni di lussuria,
di povertà e di misfatti, intolleranti di principe che non
fosse turpe e ai loro servigli obbligato ^; pretoriani a
Roma raccolti in un campo, perchè dessero fiducia a sé
stessi e timore agli altri; legionarii nelle province, pre-
potenti e licenziosi, e non curanti di ragione o di torto,
intesi solo ai propri vantaggi, facevano e disfacevano a
loro voglia, e a capriccio inalzavano chi più li pagasse ^.
D'onde la necessità nei principi di porre ogni cura in
accarezzarli, in aumentarne la paga, e quindi la neces-
sità di sempre nuove spoliazioni e gravezze, per aver
modo ai ricchi donativi.
E così le armi volte non a difesa, ma a strazio della
patria divennero sempre più aborrito mestiere da cui i
cittadini rifuggivano: e i figliuoli dei conquistatori del
mondo abbandonarono ogni forte esercizio, e per ozio
si sprofondarono nell'abisso della corruzione, e dettero
(«) Giovenale, Sat. , XVI, 7-3ó. Vedi anche Apuleio, Metani. j IX, 30,
dove è molto significante il racconto delle violenze di un legionario di
Macedonia contro un povero giardiniere.
» Tacito, Hist.^ II, 12, 39 e 41, III, 10, 11, 11; e Ann.^ I, 16 e segg.
2 Tacito, Hist.^ Il, 37.
3 Tacilo, Hist., I, 5, 18 e 30, II, 79-80.
818 ESTREMA CORRUZIONE DEI COSTUMI. [Lib. VII.
facilità ai vinti di tornar vincitori, e di venire a far le
vendette dei patiti mali colla desolazione di Roma e
d'Italia. I tiranni lasciarono al popolo re solamente la #
libertà di voltolarsi nel fango, ed esso usò tutta la turpe
licenza, quasi compenso di sua servitù.
I vizi romani in questi tempi danno alla città un
aspetto, che mette disgusto e spavento. Il palazzo dei
Cesari è, tranne poclii intervalli, una officina di veleni,
un postribolo di meretrici e cinedi, d'onde partono sen-
tenze di morte e di esilio contro ogni ricco, contro chiun-
que sia meno corrotto. E ad orgie furiose si danno i
grandi, o per mala natura, o per obUare se stessi, o pei-
togliere i sospetti al tiranno: in orgie senza nome si
gettano le donne: e la plebe, contenta dei doni e delle
feste imperiali, applaudisce ai mostri, che empiono la
città di vituperii e di sangue, e mostra la sua vita nel
parteggiare per mimi, per ballerini e fazioni circensi ; e
solo qualche volta, quando sente o teme la fame, dà nelle
furie e tira sassate contro i principi, insorge contro i
ministri, e, seguace della fortuna, trascina nel fango i
caduti, che avrebbe adorato vincitori *.
II lusso, cresciuto sul fine della Repubblica, al comin-
ciar dell' Impero andava ad incredibili eccessi. Dei ricordi
della corruzione sfrenata ne sono piene le satire: e i
libri degli storici e dei filosofi confermano troppo i detti
dei poeti, e mostrano come questi non mentiscano nella
pittura degli sconci costumi.
I ricchi, non avendo più modo a sfoggiare in ambizioni
pubbliche, più che mai profondono i tesori, salvati dallo
rapine dei tiranni, in ubriachezze, in delicatezze di cibi,
in profumi, in gemme, in case splendide d'oro e di
marmo, in porpore saturate di molta conchiglia, in vesti
seriche che non difendono né il corpo, nò il pudor fem-
' Giovenale, Sat.^ X, 72 e segg.
Gap. V.] NUOVE MOLLEZZE DEI RICCHI. 819
minile, in rare suppellettili d'oro e d'argento lavorate da
artisti famosi, in tazze cristalline e murrine per vomi-
tarvi le crapule, nel mettere alle orecchie di loro donne
il valore di due o tre patrimonii, nell'avere innumerabile
turba di schiavi, nel costruire terme in mare, nel piantar
giardini e pomarii e selve sui tetti e in cima alle torri,
nell'ingrassare il corpo e render l'animo sonnolento e
corrotto, nel comprare per diecimila nummi una triglia,
nel cercar vanto dal profumarsi due e tre volte al giorno,
e nel voltolarsi tra sconcissime voluttà ^ Hanno portici
e case capaci di popoli, e si alte, che più che a riparo
sono a pericolo: e bagni in cui gareggiano di splendore
le colonne e i marmi più rari e le gemme disposte con
mano industre. D'argento i pavimenti e i canali per cui
scorre l'acqua, d'argento i vasi in cui cade 2. Cresciute
smodatamente le ville: piene di esse le rive dei mari,
dei laghi, dei fiumi 3.
In città vivono in conviti, tra vino e profumi e mere-
trici; hanno le dita piene di anelli con sardoniche, dia-
manti, smeraldi, e diaspri*; passano la mattina a far
compagnia alle donne mentre si acconciano ^; mutano
colle donne le vesti, affettano gesti e atti che li mostrino
femmine, involgono in rete dorata i crini inanellati con
gran leggiadria, e fatti splendidi con molto balsamo as-
sido ("). Molta parte del giorno consumata fra il pettine
(^) Seneca, Epist., 122; Giovenale, Sat., II, 95 e segg.; Marziale, li, 63,
e Vili, 77. — Attoniti miramur gcstus eff'eminatorum, quocl a natura
sexum viris denegatum muliebri niotu mcntianttir , dccipiant'juc oculo,^
spcctantium. Columella, l, Praef., lo.
1 ^enecA, De Benef.^ IV, 6, Vir, d \ De v'U. heal.^ 11 cl7; EpuL, S<;, SS, !<i!, Ili.- 122;
Controv.^ Il, 9; Svetonio, Tib.^ 31.
2 Seneca. Epist. ^ 86; Conlror., U, !) ; Plinio, XXXIIT, 51; Stozio , Sih-.., I, 5; Mar-
.;iale, VI, 42.
3 Seneca, Epist., 89.
4 Marziale, V, Il e 12, XI, 59.
- Petronio, Satyric... 11.
§20
NUOVp MOLLEZZE DEI RICCHL
[Lin. VII.
e lo specchio, a consultare col barbiere sulle pieghe di
ogni capello, a farsi radere ciò che è cresciuto la notte,
a render liscia la pelle con pomice e gomma delle fo-
reste dei Bruzii *, a fare scommesse nei portici, a no-
Lettiga (Ginzrot^ Die Wagen, li, 25t).
vellare di guidatori di bighe, e di mimi, a discorrere d'in-
trighi, a scrivere e leggere bighetti amorosi, a modulare
lascive canzoni, a correr le terme e i luoghi infami tra
schiavi e bagasce 2. Altrove procedono in superbi cocchi,
accompagnati da infemminiti coppieri 3, 0 trasportati da
Seneca, De brev. vit., 12; Giovenale, IX, 14 e 95.
: Marziale, Ilf, 63, XT, 1 -, Seneca, De brevit. vil.^ 12, e De vit. beat.,
Marziale, X, 13.
Gap. V.] IL PENSIERO DELLA CUCINA E DEL VENTRE. 821
quattro, da sei e da otti belli e grandi servi di Dalmazia
e di Siria sopra cuscini di piume, dentro a molli lettighe,
già lusso di donne, poi diventate lusso e mollezza degli
uomini ('*); delicati cosi che la più lina porpora è loro
pesa in estate, e nel caldo hanno bisogno di anelli più
leggieri alle dita *.
Grande pensiero, e somma delle cure sono la cucina
e il veiltre. L'animo è tutto nel delicato convito, nel
pensare come sarà preparato dal cuoco il cinghiale, con
quant' arte si debbano scalcare gli uccelli dai maestri
educati a tal uopo (^), nell'adunare portenti di lusso, nel
trovar cibi rari e preziosi, che eccitino l'ottuso palato e
il nauseante stomaco (''): pesci di mari lontani, ostriche
(«) Cicerone, Philipp., IT, 41; Catullo, X, 16; Seneca, Epist. , 110, e
Suasor., 7; Svetonio, Aug., 29, 33, 43, 76. 78, 91, 94; Tib., 27, 30, 60,
64; Caliga, 27 e 58; Claud., 2, 10 e 2ó; Ner., 8 e 9; Tit., 10; Dom., 2
e 8; Giovenale,!, 32. 64 e 121, III, 240, VI, 351 e 477, VII, 132, X, 35;
Marziale. II, 81, III, 46, VI. 77. IX, 3. X, IO, XI. 98.
La lettiga non trovaf?i figurata sui monumenti: iria coi passi degli
autori antichi clie la descrissero particolarmente, altri potè rieomporne
Fimagine della quale diamo il disegno. Vedi Ginzrot, Wagen und Fahr-
■icerkc dcr Griechen und iìomer, Miinclien, 1817, voi. II, pag. 254, tab. 6.5.
{") Seneca, Epist., 47; De vita beata, 17; De brevit. vitae ^ 12; Pe-
tronio, Satyric, 59; Giovenale, V, 120-124, XI, 136-141. Columella, I,
Praef., 5, si lamenta che non vi siano scuole di agricoltura e che ab-
bondino conteminissimoruni vitioriwi offlcinas, gulosius condendi cihos.
et luxuriosius fcrcula strucndi , capitiimque et capillorurii concinna-
tores. E Giovenale, Sai., VII, 184-188, dice che i grandi di Roma spen-
devano grosse somme nel cuoco e nel pasticciei'e, e che davano pochi
soldi al maestro dei loro figliuoli.
(f) Ales Phasìacis petita Colchis ,
Atquc Afrae volucres placcnt palato ,
Quod non sunt faciles : at albus anser ,
Et pictis anas enotata pennis j
Plebeium .sapit. Ultimis ab oris
Attractus sQarus , atque arata Sjriis ,
Si quid naufragio dcdit, prohatiir.
1 Giovenale, Sat.^ I, Ì7-29; Marziale, Xl, 59.
Va:ì>-ucci — Storia dell'Italia antica — IV. lnS
822 VOLUTTÀ DELLE MENSE. [Lib. VIL
di lidi ignoti, peregrini uccelli, fiere prese con molta
strage di cacciatori *.
Alla mensa, dove è raccolto il fiore delle più rare de-
lizie, stanno sopra letti di rose, fra drappi tirii, in una
nuvola di profurai, fra cori di bei garzoni e fanciulle,
che cantano lascive canzoni e muovono danze imaginate
a risvegliare la languente lussuria, e in pubblico fanno
cose più sconce di quelle dei lupanari -, Sontuoso è l'ap-
parato; credenze intarsiate di testuggini, deschi intesti
d'avorio, letti fulgidi di porpora e d'ostro, piatti d'oro
e d'argento, vasi preziosi per materia e lavoro, tazze
di ambra arricchite delle gemme, che altri già poneva
alle spade ^; bicchieri con forme oscene Q"), e pieni di
specchi '^, e ad imagini oscene conformati anche i cibi ^.
Infinita la turba dei cuochi, coppieri, ministri, e "cinedi ^.
Belli schiavi di Asia, comprati a incredibili prezzi", e
serventi anch'essi a sconce libidini^, ministrano i cibi
e i preziosissimi vini, che poco appresso sono cacciati
via dallo stomaco, e vanno in terra a contaminare le
Mullus iam gravis est. Amica vincit
Uxaretn, rosa cinnamum veretitr.
Qìddquid quaeriiur, optimum videtiir.
Petronio, Satyric, 93. Conf. Giovenale, XI, 121, e segg,
(") In poculis libidines caelare invita ac per ohscoenitates biberc.
Plinio, XXXIII, 2. E XIV, 28: Iam vero quac vasa adulteriis caelata?
tanquam per se parum doceat libidinis temulentia. Ita vina ex libidini;
haiiriuniur. — Vitreo hibit ilio Priapo. Giovenale, II. 95.
1 Seneca, De vita beata^ 11; De provid.^ 3; Consol. ad Helv.^ 9, 10; De Benef., IV,
6, De brevit. vitae^ì2\ Epist.^ 89; Persio, IV, 17; Lucano, IV, 373-376.
2 Seneca, De vj^ beat.^ 11; Gelilo, XIX, '9; Giovenale, II, 110, XI, 161 e segg.; Mar-
ziale, V, 78, VI, 71.
3 Plinio, XXXIII, 52; Marziale, IV, 39, IX, 60, X, 9S, XII, fiC; Giovenale, V, 30- C;
Virgilio, Aen., IV, 2rA-iO,=i.
4 Plinio, XXXIII, 45.
T) Petronio, Satyric. j 60.
C Seneca, Epist.. 95, 23-21.
' Giovenale, V, 56. Vedi anche Plinio, VII, 10 (15), e Svctonio, Caes., 47.
s Seneca, De brevit. vit.^ 12.
Gap. V.l ONORI AI BEVITORI E ALL'EBBREZZA. 823
gemme, l'onice, e i ricchi mosaici, di cui splende il tri-
clinio 1. Vomitano per mangiare, mangiano per vomitare,
dice Seneca, ne degnansi digerire le cose cercate con
tanta cura per ogni terra e nell'ultimo Oceano ^. Si ubria-
cano a digiuno, smaltiscono l'indigestione col molto su-
dare nei bagni donde son tratti via mezzi morti; vanno
ebbri a cena 3-. e dalle notti passate in queste orgie
escono smemorati, pallidi, con membra tremanti, e dal-
l'ebbrietà si volgono a libidini mostruose (^). D'onde turba
infinita di mali, supplizio della lussuria ''.
Già Marc'Antonio aveva scritto un libro per celebrare
la sua ebbrietà; e sotto Tiberio, dice Plinio, era stato ti-
tolo pei sommi onori F aver continuato a bere intrepi-
damente più giorni e più notti. -Molti stimavano il vino
come la più cara cosa che abbia la vita. Tracannavano
grandi vasi, come ad ostentazione di forza; poi vomito,
e poi esercizi e bagni caldi, per sudare ed eccitar di
nuovo la sete. Era giunta l'ora predetta dell'ebbrezza
avuta in onore, e del reputarsi a virtù il superare ogni
altro nel bere ^. Si cercò e si ottenne fama di eleganza e
di lautezza, e l'ambizione passò dai trionfi al furore dei
conviti ^. Fu gloria tenere sempre imbandite più tavole
a Baia, bevere i vini più generosi in tazze amatistine,
ubriacarsi di Falerno, e di Cecubo gelato entro la neve,
e mangiar lo storione, cibo che i poeti di corte dicono
degno degli Dei e dei Cesari '. Le cose giunsero a tale
(«) Plinio, XIV. 28; Columella, I, Praef., 16, dice: Noctes libidìnibus
et ebrielatibus j, dies ludo vel somno consumimus, ac nosmetipsos dii-
cimus fortunatos quod nec orientem .solem videmus, nec occidcniem.
1 Giovenale, XI, 173; Marziale, XII, 50; Seneca, Eplsl.^ SG.
2 Seneca, Conno!, ad Helv.^ 9; Plinio, XIV, 2S; Svotonio, ViCell.^ 13; Dione Cassio,
LXV, 3.
3 Seneca, Epist.. 122; Plinio, XIV, 23.
4 Seneca, Epist.. 95.
5 Seneca, De Benef.^ I, 10.
6 Seneca, Be brevit. vitae^ 12.
7 Marziale, X, 13, 49, XII, 17, XIII, <:n.
824 PATRIMONII PROFUSI IN CONVITI. [Lib. VII.
che, secondo alcuno, Apicio sarebbe sembrato uomo
frugale *. Si ricordano uomini che, apprese le arti della
gola alla corte di Nerone piena di stravizi continuati i
giorni e le notti, si erano acquistati fama dei più raffi-
nati ghiotti del mondo: e i magnifici apparecchi e le
lautezze di altri andavano celebri su per le piazze, ai
teatri, alle terme 2.
Molti rovinò sconciamente questo furore di conviti 3,
ma per diminuita pecunia non si frenavano le smodate
voglie, e i più spiantati mangiavano meglio, e volevano
le cose più rare. La satira ricorda cavalieri che avevano
mangiato anche l'anello e 400 mila sesterzi in un vaso
d'argilla; e altri, che ridotti agli estremi, fuggivano, non
vergognosi dei debiti, ma addolorati di lasciare i diver-
timenti del Circo *, e a Baia, ricovero di ogni lussuria,
si imbrancavano cogli ebbri pei lidi e pei laghi, echeg-
gianti di lieti suoni ^.
Con pari furore che le ricche mense e le voluttà, si
cercano le ricchezze, strumento di quelle. La cupidità
della roba si è insignorita degli uomini così, che non
pare che posseggano, ma sian posseduti*. A nulla si
guarda per raccoglier fortuna. Ogni angolo del mondo
frugato per raddoppiare il censo tre e quattro volte: si
vende l'anima al lucro ': per esso oppressi i deboli, spo-
gliate le province, rubati gli Dei, commesse fraudi, scel-
leratezze e turpitudini di ogni sorte ^. La pecunia rovina
la città, mette alle mani padri e figliuoli, mogli e mariti,
aguzza ferri, mesce veleni, fa meretrici le donne, cui le
gemme splendono come il bene più grande del mondo ^.
1 Giovcnalp, IV, 23.
2 Giovenale, IV, 137, XI, 1-19.
3 Seneca, De Benef.^ I, 10.
4 Giovenale, XI, 17-20, 42-55. Vedi anche Seneca, Epist.^ 95.
5 Seneca, Epist., 51.
6 Plinio, Epist., IX, 30.
7 Persio, Sat., VI, 75-80.
8 Seneca, De Benef.^ I, 9; Giovenale, XIII, 150 e segg.
!> Seneca, De Ira^ III, 32, o Consol. ad Helv.. 16.
Gap. V.} LE RICCHEZZE CERCATE PER LA VIA DEI DELITTI. 825
Per la pecunia avuta in onore l'orbita, e corteggiati e adu-
lati i ricchi privi di eredi *, e chiesta nei templi la morte
dei ricchi parenti ^. Molte le vie della ricchezza, e brutte
e scellerate nella più parte ^. Oro a sacca guadagnano
i condottieri delle bighe nel Circo, amore e delizia di
Roma, che li fa splendidi d'ostro ''; oro dà l'esser confi-
denti e complici di grandi delitti ^. Arricchiti tutti i peg-
giori 6: molti col far la spia, col calunniare e frodare,
col mutare il nero in bianco, col falsificar testamenti ',
col gettare ami ai morenti, col procacciarsi eredità, an-
che per via di prostituzione di figliuoli ^, col render false
testimonianze, coll'uccider parenti, col vendere il corpo,
coll'amoreggiare le vecchie, collo sposare le brutte, spe-
rando che muoiano presto, collo spogliare le amanti, col
fare il mezzano, col vender fumo nelle case dei grandi,
col plaudire agli istrioni favoriti dal principe ^. In gran
credito è la massima, che hisogna avere e non importa
del come, perchè l'oro da qualunque luogo venga ha
sempre odor buono: questo, al dire del satirico, inse-
gnano ora le vecchie ai bambini , questo imparano le
fanciulle prima dell'abbici ^O; e così la pensava anche l'im-
peratore Vespasiano ^K Coi delitti si acquistano belli ar-
redi e giardini e palagi ^^^, e ciò insegnano anche i feroci
esempii di corte *^. E l'oro turpemente acquistato, turpe-
1 Plinio, XIV, 1; Seneca, Consol. ad Marc.^ 19; Giovenale, X, 202, XII, 3 e segg.
2 Petronio, Satyric. SS; Persio, Sat.^ Il, 10 e segg. Conf. Giovenale, X, 23-26.
3 Seneca, De Ira, II, 8.
4 Marziale, IV, 67, X, 50 e 74, XI, 1.
5 Giovenale, III, 49-57; Marziale, VI, 50.
6 Persio, VI, 15.
7 Tacito, Ann. . I, 73, VI, 8; KUt. ^ IV, 42; Plinio, Epi&t.. I, 5, II, 20, IV, 9, VI, 2;
Svetonio, Domit.^ 12; Giovenale I, 21 e segg.; Ili, 30; Marziale, XI, 66.
8 Petronio, Satyric.j HO; Seneca, De Benef.^ IV, 20, e VI, 3S.
9 Giovenale, I, 33, IX, 27, XIV, 212 e segg.; Marziale, I, 11, IV, 5 e 28 , VI, 50,
Petronio, Satyric.j 58; Lampridio, Aìess. Severo, 67^
10 Giovenale, XIV, 207.
11 Svetonio, Vespas., 23; Dione Cassio, LXV, Il
12 Giovenale, I, 75.
13 Tacito, Aìin., XI, 1.
826 LE BRUTTURE VEDUTE DA. SENECA A ROMA. [Lib. VII.
mente si spende, per vincere i custodi dell'altrui moglie,
per adornare la druda di gemme eritree, o per mandarle
a uso di orinale un ricco vaso lavorato da Mentore *, per
comprare dal marito la libertà di starsi col drudo, per
rapire alle altre gli amanti, per inalzare statue ai vin-
citori nelle corse dei carri, per comprar tutto, perchè a
Roma tutto si vende ^ e la maestà delle ricchezze è san-
tissima 3, e può ciò che vuole, e mentre, più potente di
ogni seduttore, corrompe padri e figliuoH, dà anche fama
d'ingegno, di lealtà e di virtù *. I poeti ricchi fanno fu-
rore, quando declamano versi: gli avvocati ricchi vincono
tutte le cause: coi ricchi stanno gli Dei ^. Al ricco è per-
messa ogni cosa^; il povero calunniato, beffato '.
Per le strade, ingombre di folla, di enormi carri e di
fango, fragorose di giorno e di notte, pericolose per in-
festazioni di ebbri bisognosi di risse, e di ladri che ti
spogliano col ferro alla gola ^, Seneca ad ogni passo in-
contra scellerati, avari, prodighi, impudenti, fehci per
questi vizi: vede uomini che vincono in mollezza le me-
retrici, e pongono ogni studio in trovar nuovi modi da
fare ingiuria alla virilità. Al Fóro turpi liti e più turpi
avvocati, accuse contro padri e madri, magistrati giudi-
canti in cose di cui anch'essi sono rei, testimoni corrotti
a sostegno di male cause, e i cittadini tutti in guerra
tra loro, e intenti a guadagnare sul danno altrui, odianti
i fehci, dispregiatori degli infelici, oppressi dai grandi,
oppressori dei piccoli; peggiori delle fiere che tra loro
son placide e non mordono i simili. Non vi è cosa, dice
il filosofo, che non si faccia per un lieve piacere o van-
1 Giovenale, VI, 232; Marziale, XI, 11.
2 Giovenale, III, 183, X, 322; Marziale, IV, 67, e V, 2ó.
3 Giovenale, I, 112.
4 Giovenale, III, 137 e segg.
5 l'etronio, SatyriCs 137.
« Giovenale, XI, 175 e segg.
7 Seneca, De Benef., I, 9 ; Giovenale, III, 145-155, 299-301.
8 Giovenale, III, 7 e segg., 239-218, 208-314; Marziale XII, 57.
Gap. V.] SCONCEZZE INAUDITE. 827
taggio: si gareggia di nequizia; l'innocenza non rara, ma
nulla; non fede, se non quando torna conto; impossibile
contare i delitti, cui più non bastano 1 tribunali; comuni
gli spergiuri, i furti, le frodi, gli incendii, i veleni, i ratti,
gli stupri, e tutto apertamente e senza ritegno *.
Non potrebbero decentemente ripetersi le infamie
dell'ebbra libidine, eccitata con arte 2, e dell'adulterio
divenuto cosa ordinaria, e dei molti, pei quali pigliar
moglie non significa altro che sedurre la donna altrui,
quantunque non manchino mariti, che si vendicano col
bastone e col ferro ^. Il palazzo dei Cesari, e le case dei
grandi e i templi stessi, videro turpitudini, che in lingua
onesta non trovano nome. Non curata la educazione dei
figliuoli, che fino dalla più tenera età sono torti per male
vie dagli schiavi, dati loro a maestri, e dagli esempi
stessi dei genitori *. Sono ricordati padri corruttori dei
figli, di cui vendono la gioventù e la bellezza^; uomini
più infami delle meretrici, mariti sconcissimi, che con le
gemme fanno tacere la moglie ^; altri severi ai sembianti
e sozzi cinedi nel fatto ; matrimonii fra uomini e uomini,
fatti sull-' esempio di Nerone con solennità di tede, di
velo, di cantici nuziali, di dote e inviti d'amici ^; e i nitidi
adulteri tenuti in grande onore dalle matrone ^. Le splen-
dide case turpi per foggio di libidini nuove, e per ob-
brobrii, divulgati nel vicinato dai servi a vendetta di loro
dura sorte ^; e nobili, che davanti alle imagini dei glo-
1 Seneca, De Ira, II, T-11 ; De Tranquillit., 15, e Nat. Qme&t., VII, 31.
2 Persio, VI, 71; Giovenale, IX, 134; Marziale, 111,75, VI, 71 ; Petronio, Sa^yne.^ 130,
e Fragm., 11.
3 Seneca, De Benef., I, 9; Consol. ad Helv., 16; De Ira, II, 8 e 10 ; Giovenale, X,
310-326.
4 Tacito, Dialog. de Orai., 23, 29.
5 Musonio Rufo, in Stobeo, Semi., 79.
6 Giovenale, II, 41-61.
7 Tacito, Ann., XV, 37; Svetonio, Ner. , 2S ; Giovenale, I, 62 e 7S, II, 117-142; Mar-
ziale, XII, 12.
8 Seneca, De Benef., I, 9; Giovenale, XI, 176.
9 Giovenale, IX, 70-120.
828 TURPI MATRONE, TURPI PRINCIPI, TURPI PATRIZI. [Lib. VII.
riosi avi menano vita infame nelle crapule e al giuoco,
e gareggiano di turpitudini sulla scena e nel Circo *.
Delle infamie donnesche è pieno ogni libro. Vi sono
matrone che si danno al mestiere di meretrici ^. La sa-
tira parla di donne che si dilettano di sucidi schiavi, di
commedianti e di lordure plebee ^. E anche quelle che
non vanno, come la imperatrice Messalina, al postribolo,
studiano solo in libidini, ogni lode cercano nella bellezza,
si contaminano in faccia di lisci , cercano le vesti che
più le mostrino nude, e a lussuria, non ad onesto orna-
mento, volgono gli studi delle lettere : e di loro fecondità
si vergognano, e nascondono, come peso indecente, il
tumido ventre, e ne spengono il frutto ^\ E in tutto ade-
guano la licenza e la sfrontatezza degli uomini, e come
essi bevono, si ubriacano e vomitano ^.
Insomma innumerabili le colpe e i (Relitti: turpi prin-
cipi, turpi matrone, turpi patrizi; prezzolati sicarìi, jjrte-
fìci e mercatanti di veleni, dei quali grande laboratorio
e scuola è il palazzo dei Cesari ; ogni sorta di turpitudini,
unite a crudeli atti di sangue, per opera di uomini, che
dall'ebbrezza e dalla lussuria prorompono a uccisioni,
e non passano giorno senza qualche grande nefandità *.
E anche sotto Vespasiano, che è lodato di aver posto
riparo alla corruzione, e sotto Traiano e gli Antonini,
continue scmo le querele delle anime oneste contro i co-
stumi effeminati, brutali, falsi, buffoneschi, taverneschi,
tiranneschi, il più gentile dei quali pare appena tollera-
bile all'imperatore filosofo; contro la gente che adula,
che presume di se, che tende insidie, che ammassa tesori,
1 Soneca, £/)!sr, 99; Svrtonio, Aug.. 43; Tib.^ 35; Dione Cassio, XLVIII, 20 e 33, LF,
22, LUI, 1, LIV, 26, LVI, 25; Giovenale, Vili, 7-2(1.
2 Svctonio, Tib.^ 35; Tacito, Ann.. II, S5.
3 l'etronio, Satyric, 126.
*■ Seneca, Consol. ad Helv.^ 16; Controv.j II, 15; Gellio, XII, 1.
-'■. Seneca, Epist.j 95.
6 Seneca, Epht.j ^d.
Gap. V.] CITTA E PERSONE RESISTENTI ALLA CORRUZIONE. 829
che desidera la morte di alcuno. Grandi anche allora i
vizi e la licenza dei tempi: e la fede, la verecondia, la
giustizia e la verità si dicono partite dal mondo *.
Ammettasi pure che siavi sfoggio di colori nei tristi
qijiadri, che di questi tempi fanno gli storici, i poeti e i
filosofi; ma anche tolta la esagerazione vi rimane sempre
tanto furore di tirannide, tanta corruzione nella reggia e
nelle case dei grandi, tanto puzzo di lordure e d'infamia
per tutto, che mette nell'animo profondo orrore. E questa
città, piena di luoghi destinati ad esercitare in pubblico
il male 2, apparisce la cloaca del mondo ^, e mercato di
eloquenza, di leggi, di ambizioni, di lussurie, e di vizi di
ogni sorte ^.
I principi e i grandi di Roma portavano la corruzione
anche fuori di essa, e noi vedemmo le più belle contrade
d' ItaHa contaminate dalle crudeli follie e da tutte le im-
periali nequizie. Pure le regioni lontane da Roma con-
servarono più intero costume, e Padova e Brescia e altri
luoghi dell'Italia superiore si vedono citati come serbanti
molto della modestia, della semplicità e della rettitudine
antica ^, e si lodano municipii e colonie per severo co-
stume ^, e si ricorda sempre la semplicità dei Marsi e
Sanniti, e di altre genti, tra le quali celebrasi la onestà
delle donne ^ Ma tutt' altro che severo costume s' in-
contra nella molle Campania. Se a Pozzuoli si decretano
onori di pubblici funerali, di profumi e di statue a una
matrona per la sua maravigliosa castità ("), questi onori
(") Gaviac JSI. fil. Marcianac honcstae fi incomparabili sanctae nia-
' Marco Aurelio, Ricordi, IV, 2S, 32, V, 10; Plinio, Epist , V, 8; Giovenale, T, UT.
- Seneca, De Costant.j Sap., 6.
3 Lucano, VII, 405. Conf. Giovenale, III, 61.
4 Seneca, Consol. ad Helv., 6; Petronio, Satyric, 11 e Fragra., ?3-, Giovenale, VII,
14 e segg.
5 Plinio, Epist., I, 11.
'^ Tacito, Ann., Ili, 55.
' Giovenale, HI, 168 e segg-., VI, \Cy,.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 11
830
VENERE FISICA REGINA A POMPEI.
[ LiB. VI
stessi dimostrano che il pudore e la castità erano ivi ec-
cezione, non regola. La Venere Fisica {") stette adorata
regina a Pompei: ed ivi, come ad Ercolano, le case pione
Uovini' del tempio detto di Venere a Pompei {Overbeckj Pomp.j [ifty. 1.0).
di delicatezze, di sconce imagini, di lascivie e di orgia,
attestate dalle rovine, ci mostrano anche oggi la vita
dei voluttuosi Campani.
Gli scrittori sovente oppongono i costumi delle province
tronae Iluic cura oh eximiiim pudorem et admirabilem casti^
tatemHn matura et acerba morte intcrceptae llcspuhlica funus publicum
item foleum et tres statuas decrevit. Momrasen , Inscript. Regni Neap.,
n. 2517.
(<") In più epigrafi è detta Ve7tcre fisica Pompeiana e plagiaria , e
invocata propizia e onorata di offerte. Vedi Zangemeister, Inscriptiones
parielariae Pompeianae , Berolini 1871, n. 26, 538, 1411, 1520, 1538,
1025, 1824, 1839, 1985, 24.57, 2487, 2776; Moramsen, Inscr. Regni Neap.,
2253; Henzen. in Orelli, n. 7294.
Gap. V.] STUDIO DELLA SAPIENZA E AMOR DELLA MORTE. 831
e dei poveri a quelli dei ricchi cittadini. I vinti, dice
Giovenale, non sanno ciò che si fa a Roma, e hanno bi-
sogno di venir qui per apprendere che l'uomo può fare
le parti di donna *. Per onore dell'umana natura debbe
dirsi, che anche a Roma non mancavano uomini e donne
di severo costume e di intera onestà, contrastanti coll'e-
sempio e colla parola alla crescente corruzione. Si ricor-
dano uomini di specchiata innocenza, probi all'antica,
di gran fede e schiettezza, di pura coscienza, di illibata
fama, alieni da ogni ambizione, santissimi in casa, inte-
gerrimi nei pubblici ufficii, modeUi in tutto alla gioventù;
e matrone pudiche e severe, e specchio di pure e forti
virtù ^. Ma negli animi retti è tale sgomento, che in cima
a ogni loro pensiero sta la morte, come solo scampo dal
furore del dispotismo e del vizio. Quindi vediamo gli studi
di molti rivolti a imparare e a prepararsi a morire.
Al cominciare dell'Impero, tolti dall'eloquenza e dalle
faccende pubbliche, state palestra alle menti e ai cuori
più alti, gli uomini che non potevano acquietarsi all'ozio,
che senza lettere è morte e sepoltura dei vivi, si dettero
alla coltura dell' animo, contro la quale non eravi forza
di tirannide: e prostrata ogni cosa, rimase in piedi lo
studio della sapienza, che fu precipua cura ai migliori,
e sostenne gli animi affranti, ritraeridoli dalle tenebre
della servitù ai templi sereni di cui parla il poeta ^. Come
Lucrezio tra le stragi delle guerre civili cercava quiete
nel proprio animo purgato da ogni timore, così ora ri-
corrono al medesimo scampo contro altri mali, non meno
atroci. E nei giorni più dolorosi per flagelli di tirannide
e pazienza di schiavi si ritraggono tutti in sé stessi, me-
ditano mestamente la morte, e nutriscono nell'animo la
1 Giovenale, K, 162-170.
2 Plinio, Epist.. I, 12, li, 7 o 9, ITI, 2, 3, 11 e IH, IV, 22, V, 15, VII, 19 e 31 , Vili,
-23, IX, 13.
3 Seneca, Epist-^ 11 e SS; Lucrezio, II, S.
832 • BRUTTI CIARLATANI MERCANTI DI FILOSOFIA. [Lib. VII.
forza per affrontarla con dignità. Fra tante mostruose
mollezze vi sono uomini di ogni grado e fortuna, che tutto
di si liberano colla morte dai loro mali. Muoiono per sot-
trarsi a Tiberio e a Nerone, muoiono per ignavia, per
capriccio, per noia, tutt' al contrario di Mecenate, cu-
pido di vivere zoppo, monco, anche in croce *. Seneca,
che in questi tempi fu principale tra i cercatori della
sapienza, riprova la universale libidine di morire, e chiama
dementi quelli che muoiono per timor della morte, e in-
segna che r uomo forte e sapiente debbo uscire non fug-
gire dalla vita; e si duole che troppi anche fra i più
generosi siano, fuori dei casi estremi, violenti contro sé
stessi: ma al tempo medesimo è continuo nelle esorta-
zioni a non temere la morte, ad averla non come male,
ma come strumento di libertà, a morire onestamente,
saviamente, fortemente, e quando lo persuade ragione ^.
A Roma, dove da ogni luogo concorre la gente per
procacciar sua ventura, grande è il numero dei ciarla-
tani venuti di Grecia e di Asia, che si spacciano per
filosofanti, e sono venditori di sofismi e di inezie, e di-
sonorano la sapienza colla lingua e coi fatti: feccia di
tristi, che sotto severo sembiante nascondono cupidigie
e libidini, e professano la filosofia per guadagno, e vi-
vono in diletti di gola, tra meretrici e adulterii, nelle
taverne e alla reggia. Vagabondi viventi di elemosina;
grandi faccendieri si cacciano per le case dei ricchi, esor-
tano ai vizi, vantano la sapienza del bere e del convi-
vare, adulano e fanno la spia. Altri ripongono la filosofia
nella barba e nel pallio, e tenendo cattedra recitano a
mo' di commedianti, cercano plausi coi gesti e col batter
dei piedi, spaccian sofismi, vanno a caccia di vecchie
parole, insegnano a disputare, non a vivere 3,
1 Seneca, Epi$t.. 21 e 77.
2 Seneca, Epist.^ 21, 26, 30, 70, 71, 76, 77, ecc., De Constant. Sap.^ 4, 8, ecc.
3 Seneca, Epist.^ 20, 29, 40, 18, -19, 52, 75, 103, De Brevit. vii., 10-13; Tacito, Ann.,
XIV, 10, XVI, 32; Gelilo, IX, 2; Giovenale, li, 1-15, 111,58-125; Luciano, A'i'i^ritìo., 21-25.
i
Cap. Y.] filosofi confortatori nelle sciagure. 833
Ma altri sono i pensieri e la vita e i precetti dei veri
filosofi, celebrati per santità di costumi e per altezza di
animo. Parlano libere parole ai potenti, insegnano a sof-
frire tranquillamente le persecuzioni della tirannide, e
più d'uno aggiunge ai precetti l'esempio. Frequente l'in-
fluenza di essi sulla vita dei cittadini. Accolti nelle fami-
glie, consacrano ad esse tutta l'opera loro ; custodiscono
l'innocenza dei figli, ne informano coll'esempio e colle
parole l'animo al bene, educano a seconda dell'indole,
della condizione, dell'età, e si trattengono coi discepoli
in letterati colloquii *. Alcuni ricorrono ad essi solo
quando la fortuna è avversa. 11 ricco lieto di buona sa-
lute, di bella moglie, e di prosperi figliuoli non cura di
altro; ma se perde fortuna, salute e famiglia, ricerca dai
filosofi consolazioni e precetti per sopportar la sciagura '^.
Ed essi danno conforti, e consolano i mesti, dirigono nelle
cose dubbie, confermano i trepidanti, insegnano che la
sventura è l'occasione della virtù, che questa sta nel
vincere ciò che temono tutti, e che l'uomo debbe porre
la sua ricchezza nell'animo, non nel patrimonio, e con-
siderare la virtù come il solo bene della vita, porre l'a-
nimo al di sopra delle minacce e delle promesse della
fortuna, tollerare tutto con lieto cuore, inalzare pure
le mani al cielo, chiedere mente pura, e ciò che ad altri
non nuoce. Insegnano che l'uomo può da sé stesso uscire
facilmente da ogni servitù, da ogni sciagura 3. E quando
il padrone di casa delibera se debba darsi la morte, in-
sieme agli amici è chiamato per consiglio il filosofo, e
in generale si sta all'avviso di questo. Egh persuade ad
aspettar con forte animo l'ultima ora, accompagna al sup-
phzio quelli cui ha insegnato a vivere, e ora gli aiuta a
1 Seneca, E-pì&t., 11, 25, 26, 27, 52, 91.
2 Dione Crisostomo, Orat., 27.
3 Seneca, Epist.^ 12 e lOS; De Provici., l-G; Nat. Quaest. .. Ili, praof. , l;{; De vita
beata., 22.
834 I SESTII, SOZIONE, ATTALO. [Lib. VII.
morire mostrando loro un mondo, nel quale l'uomo dab-
bene si ride dei tiranni e di loro insensati furori. Trasea
ascolta con sereno animo il filosofo Demetrio nei momenti
estremi. Musonio Rufo è compagno a Rubellio Plauto
aspettante la morte.: un altro filosofo fa il medesimo uf-
ficio con Cano Giulio condannato nel capo da Caligola *.
Altri filosofavano al pubblico, e fra questi notiamo Q.
Sestio Nigro e un suo figliuolo, che vissero al cominciar
dell'Impero, e insegnarono forti e virili dottrine vestite
di greche eleganze, e fecero una nuova scuola, da cui
uscirono anche oratori e grammatici. Loro fine era di cor-
reggere i guasti costumi, e ritrarre gli uomini dal molle
torpore. La virtù raffiguravano come cosa grande e su-
blime, ma pure accessibile a tutti, e la vita come una
continua battaglia contro la fortuna, e la crudeltà e la
lussuria ^; usando, a quanto sembra, di significare i pre-
cetti con figure e proverbi, che poscia tradotti e tras-
formati da altri presero colore al tutto cristiano ("). Di
questa scuola fu pure Sezione d'Alessandria, maestro di
Seneca, ora addetto ai Pitagorici, ora agli Stoici, dispu-
tatore acre, concitato, animoso, di cui rimangono alcuni
detti sull'amore fraterno ^. Al medesimo scopo di ritrarre
gli uomini dalla mollezza mirava Attalo, egli pure stra-
niero, uomo d'animo forte, che con grande eloquenza
vituperava le voluttà e le ricchezze, e chiamava turpitu-
(") Vedi G. Corrado Orelli, Opuscula Graecoriini veteriim sententiosa
etmoralia,lÀ\)s\^e 1819, voi. 1, pag. 244-268, e aS^^^ì enchiridion latine
versum a Rufino, iu Fragm. philosophorum graecorum, ed. Didot, 1860,
pag. 523-531, e TeuiFel, Gesch. der roemisch. Literatur, 250, 8.
1 Tacito, Ann.^ XIV, 59, XVI, 31; Seneca, De TranquiUit., 11, Epist.^ 77.
2 Seneca., Episl., 59, 73, 98, 108* De Ira, II, 36, e III, 36, Nat. Quaest.. VII, 32, Con-
trov.. Il, praef.; Quintiliano, X, 1, 121; Svetonio, 75e c?a»-. gramm., 18; Riitev, Histoir e
de la philosophie , voi. IV, Paris 1837, p. 138; Ilepke, De philosophis qui Romae do-
cuerunt ad M. Aurelii Antonini imperium. Berolini 1812, pag. 11-45; Aubertin, De sa-
pientiae doctoribus qui a Ciccronis morte ad Neronia prindpatum Romae viguere.
Paris 1857, p. 59-62.
3 Soaeca, Epist.. 49 e 108; Stoboo, Serm., 81; Iloplto, loc. cìt., pag. 47.
I
Gap. V.] PAPIRIO FABIANO, SENECA. 835
dine riporre la vita beata nell'oro, e vera ricchezza sti-
mava il contentarsi del poco. Era continuo nel gridar
contro i vizi, e contro il fasto e le mollezze dei grandi
e dei re, e nel lodare la sobria mensa, il casto corpo,
la mente pura. E per tutto ciò patì la persecuzione di
Sciano K
Al popolo dissertava Papirio Fabiano, anch' egli della
scuola dei Sestii, combattendo impetuoso contro le umane
passioni; ed era applaudito con alte grida. Uomo egregio
di vita, di scienza, di eloquenza, e scrittore elegante di
più libri di filosofia, e di cose civili e naturali 2.
Lucio Anneo Seneca (750-818), che per ingegno e dot-
trina andò più alto di tutti i filosofi e moralisti dell'età
sua, fu uditore di Fabiano, di Sezione, di Attalo, e di più
cose andò debitore a questi maestri, come a tutti i fi-
losofi greci, nei libri dei quali trascelse le migliori dot-
trine, e le usò a suo talento volgendole ai bisogni di
Roma. Era nato a Cordova da quel Seneca che stabilitosi
a Roma ai tempi d'Augusto, divenne famoso fra i retori,
dei quali ci trasmise in frammenti le vane esercitazioni.
Il giovane venuto a Roma nella sua fanciullezza, ed edu-
cato all'oratoria e alla filosofia coi suoi fratelli Nevato
e Mela che poi fu padre di Lucano, mostrò subito vivis-
simo ingegno; e, inteso a cure ambiziose («), coll'eloquenza
imparata dal padre e dagli altri declamatori si apri la via
alle cariche, e fu senatore ^ e poi console (^) e uomo di
(") Il padre scrive di lui e del suo fratello Novato: Fratribus ....
ambitiosae curae sunt, foroque se et honoribus parant in quibus ipsa
quae sperantur, timenda sunt. Controv., II, praef.
(*) Sul consolato di Seneca, posto nell'anno 811 , vedi Borghesi, in
Opere, voi. IV, pag. 393-397.
1 Seneca, JVat. Quaesti II, 50, Epist.^ 63, 67, 72, 108, HO, e Suassor.. 2.
2 Seneca, Spisi. ^ 11, 40, 52, 58, 100, De Brevit. vit._, 10 e 14, Controv.^ II, praef.;
Iloefig, De Papirii Fabiani vita scriptisque^ Vratislaviae 1852.
3 Seneca, Consol. ad Helv., 19, Epist... 49, 98, 108; Svetonio, Ner., 7.
836
SENECA.
[LiB. VII.
corte. Sotto Caligola corse pericolo di essere ucciso dal-
l'invidioso tiranno, per aver difesa maravigliosamente
una causa in senato *. Altrove dicemmo la parte eh' egli
ebbe nelle faccende di Stato, come maestro e consigliere
di Nerone, e della morte che gli détte il discepolo, e
che egh prese con virile e sereno animo.
Molte cose furono détte allora e in appresso sul suo
stare alla corte piii sconcia del mondo, sugli amori suoi
con Giulia di Germanico, con Agrippina e con vili donne ;
Seneca '{Moììr/ez^ Icoii. Kom.^ pi. XIV, n. 1 e 2).
sulle sordide usure, sulle ricchezze accumulate in mag-
gior quantità di quello che si convenisse alle dottrine che
ei professava, e suMusso menato in sua casa, mentre em-
piva i libri delle lodi del viver frugale e della povertà (").
i^') Tacito. Ann., XII. 8, XIII, 14 e 42, XV, 60-G4; Dione Cassio. LX,
I. TAI, 10, LXII, 2 e 25. Egli po.?f=ecle va 300 milioni di sesterzi, oquiva-
1 Dinne Cassio, I,IX, 19.
Gap. V.] SENECA. 837
Non tutto ciò che fu detto contro di lui vuoisi ammet-
tere senza riserva, perchè le più di queste accuse ven-
gono da uomini che gli erano acerbissimi nemici : ma
ve ne hanno parecchie, su cui non può cader dubbio. E
queste bastano a metterlo in contradizione flagrante
colle dottrine, e a macchiargli bruttamente la vita. Dalla
sua rilegazione di Corsica scrive alla madre, l'esilio
non essere altro che una mutazione di luogo, non to-
gUere i beni dell'animo, e potersi anche dalle orride re-
gioni contemplare il sole, la luna, e le stelle *. Ma poi,
per esser liberato dall' esilio volge basse parole a Po-
libio, tristo liberto arricchito per male arti, potente al-
lora alla corte di Claudio, e lo celebra uomo innocentis-
simo, frugale all'antica, gran letterato, benemerito molto
di Omero e di Virgilio, valente poeta, oratore capace di
far passare per grandi le cose piccole, e degno di nar-
rare egregiamente le geste di Cesare 2. E come loda il
liberto per averlo intercessore presso al padrone, anche
a questo e alla turpe sua Messalina non è scarso di en-
comii, e lui chiama consolazione pubblica di tutti i mor-
tali, benefico custode del mondo, specchio di clemenza
e di sapienza, e mitissimo dei principi, e nume indul-
gentissimo, di cui si adorano i fulmini anche da quelli
che ne sono colpiti; e conclude pregando tutti gli Dei
e le Dee e la Fortuna, perchè lo lascino lungamente a
soccorrere ai mali del genere umano ^. Ma poco appresso,
questa grande sapienza e clemenza si mutano in imbe-
cillità e crudeltà. Seneca per opera di Agrippina, divenuta
lenti a più di .55 milioni di lire italiane. Ai rimproveri fattigli su queste
enormi ricchezze egli risponde citando Catone Tlticense che, mentre lo-
dava la povertà di Curio e di Coruncanio, possedeva 400 mila sesterzi.
De vita beata, 21.
' Consol. ad Helv.^ 4, 6 e 9.
2 Comol. ad Polyb.. 22, 25, 26, 30, 37,
3 Consol. ad Polyb., 31, 32, 33, 36; Dione Cassio, LXI, 10.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 105
838 SENECA. [Lib. YII.
moglie di Claudio, è richiamato dall'esilio, è fatto pre-
tore, ed entra in corte maestro a Nerone *. Claudio muore
avvelenato dalla moglie, ed è fatto Dio : e il filosofo al-
lora non gli perdona l'esilio, e con acerbissima satira
inveisce contro lui morto, quanto a lui vivo si era colle
adulazioni abbassato -. Poi, volgendo ad altro segno le
lodi, celebra, con intento politico, la naturale innocenza,
la mansuetudine, la misericordia, la umanità, la giustizia
ed altre molte virtù di Nerone : virtù, dice egli, ammirate
da tutti, e che fanno beata l'età sua, e torneranno a vita
nel mondo la santità dei costumi antichi 3.
Non sappiamo se veramente Seneca fosse complice di
Nerone nella uccisione di Agrippina, ma è certo che egli
giustificò il matricida in senato, e aggravò di accuse la
donna , che lo aveva richiamato dall' esilio e fatto po-
tente '•: ingratitudine che turpemente accresceva i con-
trasti tra i fatti e gì' insegnamenti , come lo stare alla
oscena corte, ed esortare altri a fuggire dallo splendore
delle aule, e dai ritrovi della lussuria^; raccomandare
la mediocrità e la povertà e la fuga dalle ricchezze ac-
quistate con turpi guadagni e colle lacrime altrui, e poi
ingrossare il patrimonio con sordide usure 6; raccoman-
dare concordia tra le parole e la vita (") . e operare in
(") La filosofia vuole, egli dice, ut ad legem suam quisque vivat, ne
oraiioni vita dissenliat .... Maximum hoc est et officium sapientiae
et indicium, ut verbis oliera concordent. Epist., 20. — Haec sit propo-
siti nostri summa; quod sentimus, loquamur ; quod loquimur, sentia-
ìnus : concordet sermo cum vita. Ille promissum suum irnplevit, qui,
et cura videas illuni, et cum audias, idem est. Epist., 75. Altrove loda
1 Tacito, Ann., XII, 8, XIII, 11.
2 Vedi, De morte Claudìi Caesaris ludus.. o Apocoìohyntoxis (trasformazione in zucca),
l'ione, LX, 35.
3 De Clementina I, 1, 2, II, 2; Nat. Quaest.. VI, S, VII, 21.
4 Tacito, Ann., XIV, 7, II.
5 Ep'St., 18 e 51.
e Tacito, Aììn., XIII, 12, XIV, 5.3; Ttìoni Cassio, LX% 10, LXII, 2; Seneca, De vita
Unta, 22, Epist., 25.
Gap. V.] SENECA.
modo diverso dalle parole; nelle dottrine ora credere alla
vita futura, ora al nulla * : e anche nell'arte dello scrivere
contradire alle proprie regole, ed empire di ornamenti,
di lisci , di antitesi e di declamazioni il discorso, dopo
aver lodato la semplicità, e disapprovato nelle parole
del filosofo ogni ricercatezza (").
Del resto belle, nobili e umanissime sono le dottrine
di cui vanno pieni i suoi libri e soprattutto le Epistole,
il più durevole di tutti i suoi scritti da cui i contem-
poranei e più generazioni in appresso trassero efficaci
conforti nelle crudeli traversie della vita. Se egli, non
addetto esclusivamente ad alcuna setta e vagante libe-
ramente per tutte, non inventò cose nuove, seppe da
ogni campo raccogliere le cose migliori e applicarle più
largamente al governo della vita , senza darsi cura di
mettere gli altrui pensieri in armonia col corpo delle
proprie dottrine. Tutti gli studi rivolse alla correzione
dei costumi , e cogli stoici fece ogni sforzo per com-
battere e richiamare a sanità il secolo corrotto, e per-
suadere agli uomini , che la felicità vera sta nei puri
diletti della sapienza e della virtù. A questo mirò in
tutti i suoi scritti morali , alcuni dei quali andarono
perduti^, e a questo ritorna sovente anche negli studi
sulla natura, ove dalla considerazione dei fenomeni na-
quelli qui cum dixerìnt quid faciendum sii, probant faciendo ; qui do-
cent quid vifandum sii, nec tmquam in eo, quod fugiendum dixerini,
deprehenduntur. Epist., 52.
e*) Epist, 75. Sulle contradizioni di Seneca vedi Gelpke , Be Senecae
vita et moribus, Bei'uae 1848, il quale con molti fatti e confronti tentò
dimostrare, che egli fu più cortigiano che filosofo, e che Tacito e Dione
non lo calunniarono. Tra i suoi difensori primo è il Diderot. Vedi anche
Reinhardt, Be L. A. Senecae vita et scriptis, lenae 1816, pag. 24 e segg.,
e Volquardsen, Ehrenretiung des Seneca^ Hadersleben 1839.
1 £pist., 30, 54, 86, 104, 117.
2 Vedi Osann, Be L. Annaei Senecae scriplis quitusclam deperditis. specimen, I-III,
Gissae 1816-1848.
840 SENECA. [Lib. VII.
turali fa prova di elevarsi alla cognizione di Dio, e nella
fisica cerca i fondamenti della morale *. È continuo in
esortazioni a fuggire le voluttà, che snervano l'animo 2,
a cercare il sommo bene nell'onesto, a porre in cima di
ogni pensiero il sapere ciò che giova alla vita, a studiare
il modo di vivere e di morire degnamente ^, a cercare
la dirittura e la grandezza dell'animo, che ninna forza 0
necessità può mutare ^, e la libertà, che viene dalla non-
curanza della fortuna, dal ventre bene educato, e dalla
sottomissione del talento alla ragione («). Predica il guar-
darsi dall' ira , perchè è cosa sconcia e bestiale 1' uomo
che infuria contro all' altr' uomo ; predica non si rechi
danno 0 ingiuria a persona ^i e raccomanda il far bene-
ficio a quanta più gente si può, e anche agli ingrati: e
stima il bene sempre possibile, perchè non avvi tirannide
capace di impedire al buon cittadino di soccorrere e gio-
vare agli uomini coll'opera, coll'esempio, colla parola, col
virtuoso contegno •: e vane essere le querele sulla brevità
della vita, che a chi sappia usarla dà tempo a far molto
bene "". Ammira come spettacolo degno di Dio l' uomo
forte in lotta colle avversità, e sottomettente ogni cosa
a sé stesso*: e loda gli stoici, che adoperano virilmente,
e tentano di farci superiori ad ogni fortuna : umani, mi-
sericordiosi, intenti al bene universale, tranquilli nelle
disgrazie, che non piangono ma soccorrono al naufrago,
ospitano l'esule, aiutano il povero, soccorrono anche ai
nemici *.
e*) De vita beata, 5. yoW Epistola \2'.\ dice: Magna pars libertatia
est bene moratus venier.
1 Nat. Quaest.. I, praef. , III, praef. , e Epixf.. 117.
2 Epist., 101
3 Epist^ 45, f.8, 711, 71.
* Epist., 31, 41, 6ò.
5 De Ira, III, 3, l, 5.
6 De Olio Sap., 3; De Tranquiìlit., 3, e De Beiiff., VII, Z2
7 De Brevit. vitae, 1.
8 De Provid., 2; Epist.. 121.
U De Constane. .Sap., 1-, De Cìeraentia. II. 5. 6, o Ih' Olio Sap.^ 28
Gap. Y.] SENECA. 841
Altrove ci occorrerà di citarlo spesso con altri a prova
dei sentimenti umani, che s'invigorivano tra le ferocità
dei tiranni. Ora avvertiamo, quanto al suo scrivere, che,
se sovente egli dà in gonfiezze di linguaggio, in affetta-
zioni, in arguzie, in epigrammi e in esagerazioni di pen-
sieri, talora egli scorre anche placido, con brevi e buone
e chiare sentenze, con qualche cosa di familiare e di
candido, e senza ambiziosi ornamenti, conforme ai pre-
cetti dati agli amici ^ Si tempera spesso anche nelle
domande, pensando alla debolezza degli uomini, per la
quale tutti abbisogniamo di reciproca indulgenza-. Egli
segue uno stoicismo più dolce, e le dottrine del Portico
tempera con quelle di Platone, e vantasi eclettico, e
combatte gli amici, e cerca la verità ad ogni porta, e
predica con ardore ciò che reputa buono, e gli amici
esorta a studiarsi di far proseliti al vero morale, e di
tirare quanti più possono alla sapienza ed alla virtù (").
{") Sulla filosofia, sulla morale, sui gusti k-tterarii di Seneca e sul suo
modo di scrivere vedi Werner, De Senecae philosophia j Breslau 1825:
B. ten Drink, De Senecae eiiisque in philosophiain ineritisi Gandavi 1827;
Herzog, De Senecae philosophìa , Bernburg 1828; Bòhmer, De Senecae
latinitate, Oels 1840; Baarts, Seneca de Deo, Marienwerder 1848; Martha.
De la morale pratiquc dans les lettres de Séncque, Strasbourg 1854, e
dello stesso, Les moralistes sous l'empire romain, Paris 1865, pag. 1-
125; Bolim, Seneca, und sein Werth auch fiir unsero Zeit, Berlin 1850:
Fickert, Seneca de natura Deorum, Breslau 1857; Doergens, Senecae di-
sciplinae moralis cum, Antoniniana comparatio , hì^ìsìa.e 1857; Hol/herr,
Der Philosopih Seneca, Rastatt 1858-1859: Bernliardt, Die Anschauung
des Seneca vom Universum, Wittenberg 1861; Siedler, Die religiòs-
sittliche Weltanschauung des Seneca, Fraustadt 1863; Gréard, De Lit-
teris et litterarum, studio quid censuerit L. Annaei'.s Seneca, Paris 1867:
Fleury, St. Paul et Scnèque, Paris 1853; Aubertin, Etude critique sur
les rapports supposés entre Séncque et St. Paul, Paris 1857, e 1860.
e 1870; Boissier, Le christianisme et la morale de Sénèque, in Rev. d.
1 Epist., 75.
2 De Benef., I, I ; Epist.. 55 ; De Ira, I, 1 «
842 DEMETRIO FILOSOFO CINICO. MUSONIO RUFO. [Lib. VII.
Vanamente si disputò sulle supposte relazioni di Seneca
con San Paolo e con altri Cristiani, ma con ragione per
la grande somma delle sue morali dottrine egli fu chia-
mato il moralista per eccellenza.
Egli fu amico e grande ammiratore del fdosofo Deme-
trio, un Greco povero, ma lodato di severa dottrina, e
di vita conforme ad essa : e, come Trasea lo ebbe con-
fortatore nelle ore estreme, Seneca lo teneva attorno a
sé, per impararne temperanza tra le licenze della reggia.
Demetrio, venuto da Corinto a Roma con Apollonio Tia-
neo, e in ultimo bandito da Vespasiano, era di quei ci-
nici, che per la somiglianza delle dottrine andarono spesso
confusi agli stoici. Teneva per vano passatempo ogni
scienza che non serva al governo della vita : contava
solo sulla forza della sua anima, aveva per nulla le cose
esteriori, sfidava la fortuna, diceva non male, ma libera-
zione da molti mali, la morte, e le dicerie degli ignoranti
aveva per nulla (") ; non precettore, al dire di Seneca,
ma testimone, colla sua vita, del vero : acerrimo combat-
titore contro tutte le passioni, professò la scienza della
povertà non affettata, né ambiziosa, ma vera; fu nemico
agli adulatori, rifiutò i doni dei principi, pati tranquillo
l'esilio, fu esempio e rampogna al secolo guasto (^).
Alla pratica della vita volse tutta la filosofia anche C.
deux mond., mars 1871, p. 40-71; Baur, Drei Abhandlungen d. Ge-
schichte der alien Philosophic und ihres YerhdUnisscs z-um Christen-
thum, Leipzig 1870 (pubblicato da Ed. Zeller).
e*) Eleganter Deraetrius noster solebat dicere j eodem loco sibi esae
noccs imperitoì'um , quo ventre redditos slrepitus. Seneca, Epist., 91.
(6) Seneca, De Benef.. VII, I, 8-9; De vii. beat., 18; Epist., 20, 67 e 91 :
De Prov., 3 e 5; Nat. Quacst., IV, praef. ; Tacito, ilnn.^ XVI, 34; Svctonio,
Yespas., 13; Stobeo, Semi., 8; Arriano, Comment. de Epici, disput., I,
25; Filostrato, Yita di Apollonio Tianeo , IV, 25, V, 19, VI, 31, ecc.
Conf. Tacito il quale ricorda {Hist. , IV, 40) Demetrio, come difensore
della .spia di Barea Sorano; e dice che difese questo reo manifesto am-
biliosius quam honestius.
Gap. V.] MUSONIO RUFO ED EPITTETO. 843
Musonio Rufo, cavaliere romano, nato a Volsinio (Boi-
sena) in Etruria. Insegnò a Roma sotto Nerone, patì la
prigione, ebbe l'esilio e i lavori forzati al taglio dell'istmo,
d'onde tornò in tempi men tristi, e nella guerra civile
tra Vitelliani e Flaviani entrò fra i combattenti a dir pa-
role di pace, che gli furono cagione di pericolo, e sotto
Vespasiano accusò e fece condannare l' accusatore di
Barca Sorano. Chiamava alla filosofia uomini e donne,
voleva filosofassero i re per ben governare, faceva filo-
sofare i villici fra le faccende dei campi. Filosofare per
lui non è altro che praticare l'onesto e il dovere, e la
filosofia non è che 1' aspirazione a vita migliore : anzi
stima che senza filosofia non esista virtù, e tiene non
esser difficile a nessuno il giungervi. Rigetta il vano di-
sputare dei sofisti, insegna i buoni costumi e la sem-
plicità della vita, riprende il molle vestire, vieta i turpi
amori tra gli uomini, e 1' usar con donna anche libera ;
raccomanda il matrimonio, vuole che il filosofo prenda
moglie per vivere secondo natura: combatte l'egoismo,
inveisce contro l'esposizione dei figliuoli, e chiede a tutti
di essere umani e benefici'.
Discepolo suo fu Epitteto,. nato a lerapoli in Frigia,
dapprima schiavo ad Epafrodito, liberto di Nerone, e poi
reso a libertà. Filosofò in Roma fino al bando, che a tutti
die Domiziano : allora si ricoverò a Nicopoli in Epiro,
ove fece il maestro, e sopportò con stoica fermezza la
estrema miseria e le altre sciagure, e andò celebrato
per nobile indole, pei puri costumi e per modesta vita,
e potè vantarsi di esser caro agli immortali "^. Arriano,
1 Tacito, Ann., XIV, 59, XV, 71; Htst., ITI, 81, IV, 10 o !0; Plinio, Epht.., Ili, 11;
Dione Cassio, LXII , 27, LXVI, 13; Luciano, Nerone, o del taglio dell'istmo; Stobeo,
Serm., 1, 6, 17,46, 48, 56, 67, 71, 73, 75, 79, 84, 85; Filostrato, Vita di Apollonio Tianeo,
IV, 35, 46, V, 19; Gelilo, IX, 2, XVI, 1, XVIII, 2; Rit'.er, loc. cit.. pag. 165; Niewland,
De Musonio Rufo., Amstelodami 1783; Venhnizen-Peerlkamp , C. Musonìi reliquiae et
apophfhegmatiij Harlem 1822; O. Bernhardt, Zu G. Musonius Rufus, Serau 1S63.
2 Sui.la alla voce 'Eiiiy.Tqxor ; Gelilo, II, 18, XV, 11 ; Spangenberg:, Die Lehre Epik-
iets, Hanau 1819; Grosch, Dia Sittenlehre des Epikt., Wernigerode 1867.
844
DOTTRINE MORALI DI EPITTETO.
[LiB. VII.
SUO discepolo, ne raccolse le dottrine, e le tramandò
lino a noi, e coi pensieri più notevoli compose il Ma-
nuale famoso. Come gli altri stoici, anche Epitteto ri-
volse tutta la filosofia alla morale, e ogni studio fece
ausiliare e strumento di essa. Non è qui luogo ad ana-
Marco Aurelio filosofo stoico, {Mongez, Icon. Rom.j pi. XLI,
lizzare le semplici e nobili massime, con cui insegnò a
frenare i desiderii, a stare in guardia contro le voluttà
seduttrici, a purificar l'anima, a perfezionare la ragione,
a combattere pel conseguimento della vera libertà, a non
far male a nessuno, a beneficare anche i nemici. Diremo
Gap. V.] PREDICATORI SOFISTI. 845
solo che i suoi principii ebbero grande influenza sullo
spirito dei contemporanei e dei posteri, e che da lui di-
rettamente venne il nobile libro, bello di alti pensieri e
di vigoroso stile, in cui Marco Aurelio depose i suoi scon-
forti, le sue speranze, la sua fede ardente, i rimproveri
a se stesso, e le cure con le quali studiava di eccitarsi
al bene, di nobilitare la sua anima, e di esser utile a
tutti .
Sotto Vespasiano e Tito e Traiano disputò di filosofia
morale Plutarco di cui rimaser gli scritti *, e il suo amico
Favorino di Arli discepolo di Dione Crisostomo, scrittore
enciclopedico unì gli studi dell'etica a quelli della gram-
matica e della sofistica, pei quali ebbe grandissima fama ^.
Altri correvano il mondo parlando in pubblico per
piazze, e teatri e basiliche. I più erano sofisti vani, ar-
roganti, libidinosi ^, che presentavansi in aria teatrale,
con manto di porpora, colle chiome piene di profumi,
incoronati di lauro e di fiori. Alcuni procedevano con.
regio fasto su carri magnifici, seguiti da schiavi e da
cani. Erano" onorati di corone, di statue e di ambascerie
e di altri pubblici ufficii dai principi e dalle città. La
gente traeva in folla ad udirli far panegirici delle città,
degli Dei, degli eroi, degli imperatori, dei magistrati : e
più gli ammirava, quando encomiavano le cose più ri-
belli alla lode, come le zanzare, le mosche, le pulci, la
sordità, la cecità, l'idropisia, il catarro, la febbre, la gotta,
il sonno, la negligenza, il fumo, la polvere '► : e di Favo-
rino è ricordato, che con dicerie peregrine e ornate lodò
1 Vedi Gréard, De la morale de Plutarque^ Paris 1866.
2 S. Girolamo, Euseh. Chron.j. ad ann. 132; Filostrato, Sofisti^ I, S ; GelHo, I, li), II,
26, vili, 2, XVIII, 7, XX, 1; Marres, De Favorirli Arelatensìs vita, studiis , srriptia.
Traiecti ad Rhenmn {Utrecht) 1S53, pag. 41, 62, 91, ecc.
3 Dione Crisostomo, Orai., 4 e 12.
4 Filostrato, Sofisti, I, 7, 8, 25, e Vita di Apollonio Tianeo, IV, 30; Martha, Les so-
phistes rhèteurs, in Moralistes sous l'empire romain, Paris ISGl, pag. 270 e segg.;
Walch, De praemiis veterum sophistarum, § XII, ecc. ; Talbot, De ludicris apv.d veteres
laudationibus, Parisiis 1S50, pag. 73 e 123; Graff, De Romanorum laudationibus, Dor-
pati 1862, pag. 33, ecc.
Van.nucci — Storia dell'Italia antica — IV. 106
846 DIONE CRISOSTOMO MAESTRO A POPOLI E PRINCIPI. [Lib. VII.
Tersite e la febbre quartana; e un sofista, che poi divenne
filosofo serio, lodò il pappagallo *. Ma altri volgevano a
più alto scopo l'eloquenza e l'ingegno, e tenevano come
dovere religioso predicare anche con loro pericolo la virtù
e la morale ai principi e ai popoli. Fra questi filosofi er-
ranti merita ricordo particolare Dione Crisostomo per la
singolarità della vita, per l'ingegno e pei severi costumi.
Era di Prusia in Bitinia, e fu sofista dapprima. Venuto
a Roma, ove capitavano tutti, fece una violenta scrittura
per vendicare un nobile personaggio spento da Domi-
ziano: e quindi, per sottrarsi alla morte, fu costretto a
fuggire e ramingò in paesi lontani. Mendico e cencioso
guadagnava la vita con opere servili 2. Alcuni lo presero
per un vagabondo, altri per un sapiente e lo consulta-
vano: ed egli riflettendo vide la propria follia, e quella
di tutti gli altri intenti a guadagni, a piaceri, a vanità ^
e si convertì alla sapienza e alla virtù, e se ne fece ar-
dentissimo propagatore. Portava seco solo un'orazione
di Demostene e un dialogo di Platone *. Era tra i Geti,
quando si sparse la novella della morte di Domiziano e
della elezione di Nerva. Le legioni romane accampate tra
i barbari rifiutavano il giuramento al nuovo eletto, e mi-
nacciavano di levarsi a tumulto, quando Dione, salito so-
pra un altare, depose i suoi cenci, narrò i suoi casi,
disse della crudeltà di Domiziano e della virtù di Nerva, e
colla sua eloquenza, e con questo colpo di scena quietò
la sedizione, e li ricondusse al dovere ^. Quindi, cessata
la tirannide, egli potè tornare a Roma, e vi fu caro a
Nerva e a Traiano ai quali parlò libere e generose parole.
Mentre usava alla corte imprecò all'adulazione, come al
turpissimo di tutti i vizi, e disse che le piacenterie non
1 Gelilo, XVH, 12, Marres, loc. cit.. pag. 53; Filostrato, Sofisti^ I, 7, 1.
2 Filostrato, Sofisti^ I, 7.
3 DioD-^ Crisostomo, Orat., Vi.
* Filostrato, loc. cit.
5 Filosirato, Sofisti., I, 7; Dione, Orat., 15.
Gap. V.] DIONE CRISOSTOMO IN GRECIA. IN ASIA, E IN EGITTO. 847
si volevano temere da lui parlatore del vero anche a
rischio della sua vita, quando tutti credevano necessario
il mentire ^ Ai principi ricordò il dovere di esser tem-
peranti, pii, giusti, benefici, di aver cura degli uomini,
di ispirare rispetto più che terrore ^. Dipinse la vita soave
dei buoni reggitori dei popoli, e l'odio e il perpetuo pe-
ricolo dei tiranni, pasciuti di crudeltà e di libidine, con-
taminatori delle altrui donne, tormentatori e uccisori
degli uomini liberi ^. E continuò poscia a correre il mondo,
non per fare ammirare la sua eloquenza, ma per inse-
gnar giustizia, umanità e sapienza al popolo e ai grandi.
Fu tra i Greci, e tra i barbari, ad Atene, a Corinto, a
Rodi, in Asia, in Egitto: dappertutto intrepido predicatore
di onestà, sfidando i popolari tumulti, usando ogni arte
per farsi ascoltare, sopportando con animo tranquillo le
ingiurie dell'ignoranza, consolando gli afflitti, mostrando
che l?i filosofia è tutta nello studio del bene, e dando le
sue innocenti lezioni con benevolenza di padre e di fra-
tello. Sulle rive del Boristene in un tempio spiegò alla
folla r origine del mondo. In Grecia, ai giuochi olimpici
davanti alla statua scolpita da Fidia, parlò mirabilmente
degli attributi di Giove, e con un commentario poetico
interpretò il pensiero del grande artista, mostrando tutte
le virtù del Dio che respirava in quel marmo sublime.
A Tarso , a Nicea , a Prusia , a Nicome.dia e nelle altre
città greche dell' Asia Minore , gelose e contendenti le
une con le altre, disse parole di pace, quietò le discordie
popolari *•. Più perigliosa tempesta ebbe a sfidare in
Alessandria , sentina dell' Europa e dell' Asia , ove una
immonda turba di marinari, di cortigiane, di sofisti, di
ciarlatani , accorsi da ogni paese , rendevano sconci i
1 Orat.^ 3.
8 Orai., 1, 2, 3, 4.
3 Orni., 47, 63.
* Orai., 12, 33, 33, 10, 10, IS, ecc.
848 DIONE CRISOSTOMO, E APOLLONIO TIANEO. [Lib. VII.
pubblici ritrovi, prendevano i filosofi a fischi e a sassate,
impedivano ogni savia parola , e furiosi nell' amore dei
cavalli venivano nell'ippodromo alle risse e al sangue *.
Dione entra un giorno fra questa turba disordinata ,
mentre assiste alle corse dei carri, chiede silenzio, e gli
rispondono con grida ingiuriose: ma egli, non curando
gli scherni, continua intrepido, e giunge con gran fatica
a farsi ascoltare. Si concilia 1' attenzione celebrando lo
splendore della città e la bellezza del sito, e poi libera-
mente li rampogna degli immodesti spettacoli, e insegna
decoro, disciplina, concordia e mansuetudine alla turba,
contaminata di tutti i vizi dell'universo ^.
Egli sapeva parlare all'improvviso meglio di ogni altro,
amava i discorsi molto fioriti, e per le sue eleganze fu
soprannominato Crisostomo; era grazioso nelle dispute;
di animo mite e amorevole, studioso di correggere i
guasti costumi, e pronto sempre a usare le amicizie dei
potenti non a proprio utile, ma a sollievo dei filosofi e
dei virtuosi (").
Coi medesimi intenti viaggiò tutta la vita Apollonio
Tianeo filosofo Pitagorico nato a Tiane in Cappadocia,
il quale, dicendo che portava con sé la saggezza, la
temperanza, la modestia, la pazienza, la magnanimità,
la continenza e il coraggio, corse la Grecia, l'Italia, la
Gallia, la Spagna, l'Egitto, l'Etiopia, l'Asia Minore, la
Persia e l'India, per apprendere dai savii, per istruire
gli ignoranti nella religione e nella morale. A torto fu
detto che voleva farsi Dio. Suo intendimento era di ri-
{"■) Pei" altre notizie di lui vedi, oltre alle sue 80 orazioni greche che
ci rimangono, Plinio, FypisU, 85 e 86 (82, 83) che lo chiama Dione Coc-
coiano; Filoptrato, Sofisti, I, 7, e Vita di Apollonio Tianeo, V, 37, 38,
40, ecc.; Snida alla voce A:Vov ; Sinesio, Dio, vcl do ipsius vitae insti-
tuio; ^Martha, Les moralistes sous l'empire romain, pag. 292-314.
1 Filostrato, Vita di Apollonio Tianeo, V, 26.
2 Vedi lorazionc 32 ad Aleccandrinos.
Gap, V.] APOLLONIO TIANEO. 849
chiamare la religione e il culto alla primitiva purezza,
e di persuadere agli uomini che a Dio piacciono non 1
sacrifizi di sangue, ma le anime pure. Tutta la filosofia
poneva nella religione, e la religione nel commercio
intimo dell'animo con Dio. Predicava l'unità di Dio e l'im-
mortalità divina dell' anima. La sua prece agli Dei era
questa: Concedetemi che mi contenti di poco, e che non
abbisogni di nulla: fate che la giustizia trionfi, che siano
osservate le leggi, che i sapienti siano poveri, e che tutti
gli altri arricchiscano, ma senza frode. E dette ai poveri
ogni aver suo. Si asteneva dalle donne, dalle carni, dal
vino, e si nutriva di grossolani cibi, fuggiva le case dei
grandi, e usava a quelle dei poveri. Con animo pio e
compassionevole insegnava la benevolenza e la carità, e
si adoprò ad alleviare le sciagure dei popoli, che da ogni
parte accorrevano a lui pieni di venerazione. Agli Efesii
ragionò della comunanza dei beni e dell'obbligo di aiu-
tarsi scambievolmente, di gareggiare nella giustizia, nel-
r educazione dei figliuoli , nell' amore della patria. Agli
Ateniesi rimproverò le danze lascive , e i sanguinosi
spettacoli dei gladiatori; e agli Alessandrini le risse del
Circo. Venne a Roma due volte; dapprima sotto Nerone
per vedere che razza di bestia fosse un tiranno: e, non
timoroso della morte, disse libere parole a Tigellino; poi
rimproverò l'avarizia di Vespasiano, lo esortò ad essere
temperante e sottomesso alle leggi, e a tutti i potenti
disse aperta la verità *. Rimase lungamente ammirato
come benefico e grande sapiente e profeta, e poscia,
combattuto per le magie e imposture di resuscitamenti
di morti e di altri miracoli che si dicevano operati dalla
sua virtù. Molto fu scritto di lui in varie sentenze; né
gli mancarono le lodi di qualche scrittore cristiano ("):
('-*) Per le vite di lui, oltre ;i <iUclla romanzesca che ne scrisse Filo-
> Filostrato, Vita dì Apollonio Tianeo. I, 13, 20, 21, 23, 27, 28, 3), 35, II, 23, 3S,
1, 3, 8, 21, 22, 27, 38, 40, 41, V, 2:., 20, 28, 36, 41.
IV.
850
APOLLONIO TIANEO.
[ LiB. Y]
e a Roma ebbe sacri onori di templi con imagini po-
stevi accanto a quelle dei buoni imperatori unitamente
a quelle di Abramo, di Cristo e di Orfeo (").
^^.
Apollonio Tianeo^FiSCOTJ^f)
Questi ed altri filosofi colle severe dottrine, confermate
spesso dall'austerità della vita, collo sdegnare tutto ciò
che non è la libertà dell'animo, coll'esaltare la forza in-
vincibile dell' uomo dabbene , col vituperare la viltà dei
malvagi, collo spregiare le mollezze dei grandi, coli' op-
porsi parlando o tacendo al dispotismo imperiale , col
ridersi dei suoi terrori, col rianimare così il fuoco sacro
strato a richiesta di Giulia Domiia moglie dell'imperatore Settimio Severo.
vedi Fabricio, Biblioth. graeca, tom. V, pag. 563, ediz. di Ilarless.
(«) Filostrato, Apoll. Tian., I, 5; Dione Cassio, LXXVII. 18; Vopisco,
Aureliano, 24; Lampridio, Alessandro Severo, 29; Sidonio Apollinare,
Episi., YIII, 3; Cassiodoro, Chron.; Ammiano Marcellino, XXI, 14, 5,
XXIII, 16, 19; Letronne, La statue vocale de Memnon, pag. 53-55 e 257.
Nel diritto della medaglia che diamo incisa è il nome Apollonius
Teaneus attorno al busto del filosofo rivestito di tunica e pallio. Nel ro-
vescio sta sopra quadriga un Eliano cocchiere al quale la leggenda au-
gura la vittoria nelle corse del Circo: ELIANE NIKA. Qui, come in altri
casi, non avvi alcuna relazione tra la testa di Apollonio, e questa figura
del rovescio, che ricorda gli spettacoli in occasione dei quali si conia-
vano le medaglie. Visconti, Iconogr. greca, pag. 156-159, tav. 17, n. 4.
Gap. V.] GLI STOICI CUSTODI DELL' UMANA DIGNITÀ. 851
della libertà e della virtù, salvarono, in tanto irrompere
di bassezze e di vizi, la dignità dell'umana natura.
1 despoti esiliano e uccidono , e i saggi , come i loro
seguaci , sopportano tranquilli V esilio e la morte , e in
mezzo alle brutture dei tiranni e dei servi lasciano qual-
che argomento di ammirazione e di conforto alla storia,
la quale conserva i nobili nomi delle vittime perige con
fermo animo fra i tormenti, e celebra anche nobili donne,
che nell'educazione degli stoici trovarono la forza a^ es-
sere esempio di eroica fedeltà, e di amore sublime *. E
bello veramente è questo spettacolo della filosofia la quale
alle prese coll'avversità e col carnefice, rimane ultimo
custode della dignità e della ragione e sopravvive alle
leggi, alle istituzioni, ai costumi; delle varie sètte accor-
dantisi a predicare la temperanza, la giustizia, il disprezzo
del mondo; dello stoicismo, che si rinnova e s'ingran-
disce nella lotta dello spirito contro la forza brutale, e
divien fede ardente, e ha i suoi devoti e i suoi martiri,
e si fa maestro di verità, ed è tutto inteso a medicare
e a fortificare le anime, e sotto austeri sembianti sente
compassione a ogni sciagura umana.
Dalla profonda e universale corruzione di questi tempi
uomini di parte vollero concludere sulla vanità della ci-
viltà antica e sulla impotenza dell' umana ragione : ma
altri osservò e dimostrò , che gli antichi colla ragione
giunsero a farsi idea vera degli elementi del diritto e
della società, come della morale, e che anche all'ombra
malefica dei Cesari , e nel sanguinoso fango imperiale ,
germogliarono nuovi principii di verità e di giustizia che
prepararono le menti alle alte dottrine, per cui poscia
si rinnovellò il mondo ^.
E , per accennare alcuni dei principii morali sparsi
t Plinio, Epist., ITI, 16, VII, 19, ecc.
2 Vedi Denis, Histoire des théories et des idées morales dans l'antiquité^ Paris 1856,
volume secondo a pag. 55 e segg.
852 PRINXIPII MORALI NEGLI SCRITTORI DI QUESTA ETÀ. [Lib. VII.
nei libri di questa età , prima notiamo che l' idea della
città universale e della fratellanza, vagheggiata da Cice-
rone e da altri più antichi di lui, ritorna frequente negli
scrittori dei primi due secoli, che parlano dei diritti del
genere umano, dell'alleanza sacra che la natura ha posto
tra i popoli, del sacro amore del mondo, e della paren-
tela, e della comunità universale ("). Marco Aurelio rac-
comanda di conformarsi alla ragione e alla legge della
repubblica del mondo, più antica e veneranda di tutte
le altre, che sono come altrettante famiglie di essa, e di
amare il genere umano, e di porre in cima a ogni pen-
siero il maggior bene della grande città *. E Seneca ed
Epitteto, come tutti gli stoici, e come già Socrate, si
dicono cittadini del mondo 2.
L'egualità morale e naturale degli uomini, già soste-
nuta dallo stoicismo antico, è ripetuta con più forza dagli
stoici recenti , i quali fanno ogni sforzo per ricondurre
gli uomini ai diritti della natura, che da ninna istituzione
possono esser distrutti. Quindi le proteste contro la schia-
vitù, come immorale e contraria alle leggi eterne, che
fecero tutti liberi e uguali: quindi mostrate le origini
odiose di questa istituzione barbarica, venuta dalla forza
brutale, e fondata sulla iniquità. Altri in molti modi
ripetono, che tutti abbiamo origine uguale e nasciamo
dal medesimo seme, e bevemmo lo stesso latte, ed ugual-
mente viviamo e moriamo: che nobiltà sola è la virtù,
la quale accoglie ognuno senza guardare a servi 0 in-
genui, a titoli, a condizioni, a fortune: che i servi hanno
(«) Stazio, Thebaid., XII, 642; Lucano, IV, 189, VI, 139, Vili, 128. K
altrove l'autore della Farsalia (II, 383) celebra l'uomo die non si ciedo
nato per sé, ma por tutto il genere umano. Vedi anche Plutarco, Bel-
l'esilio, 5.
» Ricordi, II, 10, III, 11, IV, \, i'D, VI, 11, VII, :U ; Seneca, De h-a^ II, ;>1 ; De Dencf..
IV, 18; EDist . '.):>.
•i Seneca, De viti beala, 2); Arriano, Commentar, de Epict. disput., I, i).
I
Gap. V.] LA FILOSOFIA E LA SCHIAVITÙ'. 85^
anima, la quale non si vende né si compra, e rimane
libera sempre : e quanto a dignità sono detti superiori
a molti padroni, viventi schiavi alle ricchezze, ai tiranni,
al corpo, a libidini, a cortigiane, a sozzi cinedi *.
Quantunque parecchi provvedimenti fossero presi a
mitigare le dure sorti degli schiavi , e a rifarli uomini
almeno in faccia alla legge , e a liberarli dalle immani
crudeltà dei padroni si vedono durare i trattamenti fe-
roci. Gli schiavi sono in tanta moltitudine nei palazzi dei
grandi, che si chiaman gregge e j^lehe della casa e legioni,
e ci vuole un nomenclatore che ne ricordi i nomi al pa-
drone ^. Continua il commercio degli uomini con tutte
le sue grandi infamie ^. Si vendono e si comprano molti
fanciulli per uso di sconce libidini ^. Venduto un uoma
per comprare una triglia ^. Plinio parla di schiavi colti-
vanti la terra coi piedi in catene ^. In Columella si ri-
trova , come in Ovidio', il servo incatenato alla porta
delle case dei grandi, i quali mentre giuocano tranquil-
lamente 100 mila sesterzi, negano al servo una veste,
che lo ripari dal freddo; *. Si ricordano schiavi tenuti in
servigio tutta la notte digiuni : e guai se fra le orgie del
padrone sfugge loro una parola , mentre detergono gli
sputi e la crapula da lui vomitata. La verga è pronta a
punire il più lieve mormorio , e da essa non scampano
neppure le cose fortuite , come la tosse , gli starnuti , i
singhiozzi *. Vi è sempre un manigoldo salariato per
1 Seneca, Ejnst. , 31, 11 e 47; De Benef.^ Ili, is, 19, 20, 21. 23, 2.-! ; De Clementia ^
I, 18; Controv.j IH, 21; Arriano , Commentar, de Epicteli dispiUatt., I, 13, li, 10;
Dione Crisostomo, Orai., 10, 11 e 15; Petronio, Satyric.. 71.
8 Plinio, XXXIII, 6 e 47; Seneca, De Clementia, I, 24; De Benef.. VII, 10; De Con-
stara. Sap„ 14; De vit. beat.^ 17; Marziale, VI, 2V, e Vili, 5.
3 Quintiliano, V, 12, 17. Conf. Svetonio, Domit.., 7, e Marziale, IX, 7.
4 Seneca, Epist., 47; Marziale, I, 59, V, 41; Giovenale, VII, 132.
5 Marziale, X, 31.
6 Plinio, XVIII, 1.
7 Ovidio, Amor.^ I, G, 1; Columella, I, praef. 10. Conf. Seneca, De Ira, III, .37.
8 Giovenale, I, 88-93.
9 Seneca, Epist., 47.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 107
854 SORTI DEGLI SCHIAVI MEN DURP. [Lib. VII.
battere *. Sulla porta di Trimalcione sta scrìtto : Cento
bastonate al servo che esca dì casa senza permesso *. Vi
sono sempre ergastoli , e crude prigioni domestiche , e
lìagelli e catene e rotture di gambe, come attesta anche
il povero Epitteto. Alcuni impiccati col capo all' ingiù ,
altri per le braccia, altri impalati 3. Apuleio ricorda servi
scorticati, e legati a un fico, e unti di miele e fatti di-
vorare dalle formiche ; altri mal coperti di stracci , col
dorso impiagato dalle battiture, coll'infamia scritta sulla
fronte, coi piedi nei ceppi '^: e Giovenale afferma che i
servi non si tengono per uomini, e si mettono in croce
per capricci di donne ^. E anche due e tre secoli dopo
occorrono nuove leggi per salvare quei miseri dall'essere
spenti col laccio, precipitati giù da dirupi, avvelenati,
lacerati, arsi a fuoco lento «. Pure anche in questo, come
in molte altre cose, si mutavano i sentimenti e le idee,
e la coscienza pubblica protestava contro le atrocità del-
l'antica barbarie. Ninno osa assalire direttamente questa
piaga , che corrompe e distrugge il mondo sociale , ma
le leggi hanno di già menomato la potestà del padrone,
di cui più non rimane assoluto il diritto: e gli scrittori
raccomandano la dolcezza coi servi, lodano il \ivere fa-
miharmente con essi ', e alcuni li trattano colla umanità
e coi riguardi che si debbono ad esseri umani ^. E quando
sotto Nerone si vuole rinnovare, come fu altrove narrato,
Tatroce giustizia che manda al supplizio tutti gli schiavi
della casa ove sia stato ucciso il padrone, la città si
commuove al feroce spettacolo, la plebe leva tumulto,
I Giovenale, VI, 1?0; Marziale, IX, 93.
- Petronio, Satyric.^ 2-<.
3 Plutarco, Del non adirarsi^ K.; Seneca, ConsoK ad Move, Ji»; De Ira. IH, 32; Df
Comtanlia Sap , 4.
* Apuleio, Metamorph.. lib. VII, ?, VIH, 22, e IX, 12.
r. Giovenale, VI, 220-22:*.
•• Cod. Theodor., IX, 12, 1; Cod. lustin.. IX, U, 1.
7 Seneca, De Clem., 1, Is; Epist.. 17; Columella, I, S.
« Plinio, EpUt., IV, li), Vili, IC.
Gap. V.] LA FAMIGLIA. L'AMORE E LE DuXNE. 855
ed è necessaria la forza armata per eseguire V orribile
legge ^ Il che prova che gli uomini si fanno più umani,
e che non è vano il predicare dei fdosofi. Niuno pensa a
ristabilire l'egualità, cioè il naturale diritto, ma l'indica-
zione del male e le proteste contro di esso sono un pro-
gresso e una preparazione al rimedio.
Anche contro i profondi disordini della famiglia , op-
pressa dall'assolutismo del padre, contaminata da turpi
amòri , da aborti , da crudeli esposizioni e uccisioni di
figli, si levano i filosofi e gli altri scrittori, accusando i
mali, invocando i diritti della natura, celebrando la san-
tità del matrimonio e la bellezza dell'amor coniugale, di
cui cercano i severi esempi anche tra i barbari -. Sen-
tita la vera dignità della donna, cui chiedesi la purezza
del pensiero e del cuore; raccomandato il ritegno severo
nelle azioni, nei gesti, nelle parole, nei segreti pensieri :
chiesti il rispetto, il pudore e la verecondia agli sposi an-
che nei piaceri legittimi ^. Né l'amore puro è al tutto in-
venzione dei moderni, come da alcuno si crede. Se la
Venere dei postriboli e della taverna è la Dea celebrata
dai più in loro orgie ed ebbrezze di sensi, altri rendono
culto alla Venere discesa dal cielo, e al suo bello e nobile
figlio ispiratore di mesti e profondi pensieri: e di ciò ò
documento l'Amore malinconico squisitamente figurato
dall' arte '♦. Anche fra le oscenità di Petronio un liberto
ama per causa della virtù, non per diletto carnale («) :
e per questo sentimento Marzia vuol morire moglie di
(") Non corporaliter aiU 'propter res venerarias s/jd ,,iagii; quod
bene movala fuit. Petronio, Satyric, 6L Conf. Plutarco. Raijionam. d'u-
more^ 13. e Precetti coniugali, 47. e Platone. Leggi, lib. YIIL
1 Tacito, Ann.. XIV, 12-15.
2 Seneca, De Benef.. IH, 10; Valerio Massimo, II, 1, IV, S; Stobeo, Se>v/i.., GT e 6'J\
Plntarco, Amor. nat. ; Precetti coniugali ; Tacito, Germ.^ 19.
3 Musonio, in Stobeo, Serm., 6; Plutarco, Precetti coningali., 10, 15, 12, l's '"•
4 Vt'di Visconti, Museo Pio dementino, voi. I, tav. 12, e Autière. L' histoire ro-
maìpe à Rome, voi. 111. p 3Ui.
856
Amore malinconico [Visconti^ Museo P. Clem.
Gap. V.] LA PROSTITUZIONE COMBATTUTA DAI FILOSOFI. 857
Catone in Lucano \ e Ama non vuol sopravvivere a Peto,
e altre danno esempi solenni di fedeltà coniugale, e muo-
iono per la incolumità del marito, o si uccidono per
seguirne le sorti 2, 0 rimangono in perpetuo lutto, con-
servando religiosamente le vesti maritali intrise di san-
gue 3. L'ideale della donna anche in questi tempi è posto
nella maternità coi suoi austeri doveri, colia sua tenerezza
grave e serena. È ricordato alle madri il sacro dovere
di allattare i figliuoli, e Favorino ha su ciò un tratto
solenne, che contiene i germi di tutto quello che fu detto
in appresso. Egli chiama offesa alla natura l' affidare la
propria prole a seno straniero; ricorda che le mammelle
furono date alle donne non a voluttà, ma per nutrire i
figliuoli; dice che commette mostruosità chi per mante-
nere la bellezza fa sparire il latte e dissecca questo sacro"
fonte, ahmento primo del genere umano: e a questo vi-
tuperoso disordine egli reca la causa prima della corru-
zione dei grandi ^.
Altra causa del disordine delle famiglie è la prostitu-
zione, che coi facili piaceri corrompe ogni classe, e mette
le matrone in braccio agli schiavi, e i vecchi e i giovani
fa servi di avare cortigiane e di sozzi cinedi. 1 filosofi a
nome dell' umanità si levano fieramente contr' essa ; e
Dione Crisostomo è il primo ad assalirla come istituzione
legale, dicendo non potersi da legge permettere il turpe
traffico su donne e fanciulli, tenuti prigioni in case d'in-
famia: e non la vuole tollerata neppure nei servi, degni
di rispetto al pari d'ogni altro uomo; e combatte coloro
che la prostituzione dicono necessità per salvare le case
oneste, e la dichiara invece mezzo facile ad allargare la
corruzione, e la chiama ulcera che rode la società tutta
1 Pharsal.^ II, 32,; e segg.
2 Seneca, Controv., Il, 13; Tacito, Ann.. VI, 29, XVI, 33-31; Plinio, F.pisr.. Ili, 10;
Dione Cassio. LX, 16.
3 Tacito, Ann., XVI, 10.
4 Gelilo, XII. 1.
85S MOGLI E MARITI. [Lib. VII.
intera *. Epitteto predicatore continuo dell'onestà e della
purezza dell' anima vuole che l'uomo non trovi bella
ninna donna tranne la sua. Musonio, come vedemmo, non
solo vieta i turpi commercii tra i maschi, ma anche tra
uomini e donne, quando non siavi a scopo la prole; e
Marco Aurelio ringrazia Dio di non essere stato allevato
presso la concubina dell'avo, e di aver serbata casta la
sua giovinezza -,
Riguardo alle donne già il vecchio Catone notò l'ingiu-
stizia della facoltà data al marito di punire fieramente la
moglie infedele senza che ella potesse avere ragione della
medesima colpa commessa da lui 3, e Plauto gridò pubbli-
camente in teatro contro questa disuguaglianza di pesi e
misure'*: e più tardi nel secolo terzo Ulpiano notava la
grande iniquità del marito dissoluto che vuole pudica la
moglie ("). Ora Tacito all'erma che se le donne escono
fuori dei termini ò colpa dell'uomo il quale dà loro malo
esempio e le lascia in preda agli altrui desiderila : e ai
rigidi censori di esse altri dice che sono rei di infamie più
grandi ^. Gli stoici vogliono la moglie compagna non serva
al marito, perchè se tra loro vi è differenza di sesso non
avvi inegualità sotto il rispetto morale, e la donna par-
tecipa, del pari che l'uomo, alla ragione di Giove ': e
ricordano che se i coniugi hanno parti diverse, non sono
minori quelle assegnate alla moglie, la quale col marito
ha comuni gli interessi, le gioie, i dolori^.
(j'^) Po iniqìium .... vidctur ut imdicitiaìn vir ab u.rore exigat quatir
ìpse nnn exhibeat. Ulpiano, Ad le;/. lui. de adultcr. in Digest., XLVIII.
n, 13. Vedi anche Plutarco. Precelti coniugali, 41 o 47.
1 Orat., 7.
2 Ardano, Commentar, ile Eplct. dispute. II, 1, III, 7; M. Aurelio, Ricordi, I, 17.
:'• Oellio, X, 2,3.
•4 Plauto, Mercat., IV, r., :;-i:>.
"' Tacito, Ann., Ili, :M.
fi Giovenale, Sat., II, 1-03.
7 Vedi Denis, Hist. dcs Théories el lìcx idées moraìes, voi. II, pag. ÌOi.
s Squccsì, De Benef., II, 18; Musonio, in Slobeo, 5t'r/;i., 07, 6> e 7n. Vedi anche Plu-
tarco, Precetti coniv.goH, lo e ?o.
€ap. V.] DISPOTISMO DEL PADRE. EDUCAZIONE DEI FIGLI. 859
Del pari è imprecato alla tirannide del padre , che
secondo la legge antica può vendere e uccidere i figli :
e ai padri snaturati Epitteto ricorda le pecore e i lupi,
che nutriscono i loro nati: e nei declamatori si ritraggono
al vivo le misere sorti dei figli, che esposti dai padri e
caduti in crudeli mani, sono dati alla prostituzione, al-
l'infamia, agli ergastoli, o mutilati e straziati in molte
guise per far guadagno sui loro mali dalla carità pub-
blica *. E altri sono pieni di rimproveri ai padri che cor-
rompono i figli, e di ricordi sul dovere di rispettarli, di
bene educarli, affidandoli non a mani di schiavi, ma a
maestri sapienti e onesti, che insegnino prima i costumi
e poi l'eloquenza ('').
Tutte le idee più umane e tutti i più nobili sentimenti
si trovano ripetuti e inculcati nei libri degli stoici , da
cui passano nei versi dei poeti , nelle narrazioni degli
storici, nelle declamazioni dei retori. Dal principio che
gli uomini partecipano tutti d' una stessa mente e ori-
gine divina, si trae che sono nati a cooperare l'uno col-
l'altro al bene comune, e si raccomanda la filantropia e
l'amore universale, e il non far nulla che non abbia re-
lazione al bene comune , e il passare dall' una azione
sociale all'altra "^. Contro natura e contro ragione è l'adi-
(«) PVinio, Ejjist., 11, 7, III, 3; QmniìUixno, InstUu'. orai.. 1, 2. Oiove-
nale si distende a lungo su questo arg-oinento nella satira deeiuia^uaifa,
dove tra gli altri si leggono questi notevolissimi versi:
*V(7 dictii foednni visuque liaec limina tangat
Intra quae piier est Procul hinc, 2ìyocul inde puellae
Lenonum , et cantus jìornoctantis para-siti.
Maxima dchetur puern recerentia. Si quid
Turpe paras, ne tu pueri contempseris annos ;
Sed peccaiuro obstel tibi fdius infans (XIV, 41-40).
1 Musonio, in Stobeo, Serm., 75; An-iano, Commentai-, de Efj^ct. àisputf.^ I, 53; Se-
neca, Control-.^ V, 33.
2 Marco Aurelio, Ricordi, II, I, 13, IH, I, 5, IV, 3, 33, V, r,, Ki, VI, 7, 30, VII, 13,
55, VIIT, 23.
860 FILANTROPIA, INDULGENZA, PIETÀ. [Lih. VIL
rarsi l'uno coli' altro, e ingelosire e invidiare, e odiare
e maledire *. L'anima umana fa onta a sé stessa, e ri-
traesi dalla natura universale, quando ha avversione a
qualcuno o gli si volge contro per nuocergli ^. Proprio
dell'uomo è voler bene ai congeneri, e porre ogni studio
nell'aver disposizioni benevole, e nell'esser utile altrui ^.
L' indulgenza è la virtù che più conviene , anche a chi
non ha bisogno di quella degli altri *. Si vuole ammonire
amorevolmente chi erra, e studiar di correggerlo; non
far mai oltraggio di opere, né di parole ^; vendicarsi delle
ingiurie col non rassomigliare a chi le ha fatte ^; odiare
solamente il vizio, e anche questo con temperanza, affin-
ché , secondo il detto di Trasea , T odio non passi mai
all'uomo '; fare il bene, e non cercare, come usan gli
stolti , che altri sappia 1' opera tua , o te ne sia reso il
contraccambio: benevolenza e amore verace non solo ai
parenti e agii amici, ma al genere umano, senza riguardo
a ingenui o a schiavi, a ingiusti, a ingrati, a disumani,
anche ngli olfensori, perchè oflesero travedendo e a loro
malgrado, e quindi meritano compassione e perdono ^.
La pietà è celebrata come ottimo dei sentimenti, come
virtù che rende sicurissimi gli uomini ^, e dal poeta
stesso, cui era musa l'indignazione, è detto che le la-
crime dateci dalla natura sono la parte migliore della
nostra coscienza ("). Si ammira chi soccorre al nemico
{^) . . . •■ Mollissima corda
Hianann generi dare se Natura fateiiir,
Qtiod lacrimas dcdit : liaec nostri pars opiima senstis.
Giovenale, SaU, XV, 131-133.
1 Marco Aurelio, Ricordi, IH, 7, VI, U!, 2r., VII, 21, H?.
* Marco Aurelio, Ricordi, II, l'i.
3 Marco Aurelio, Ricordi, IV, 25, 37, Vili, 1, 20; Seneca, De Trar.(iuinU., 3.
4 Plinio, Epi^t., Vili, 22.
5 Marco Aurelio, Ricordi, V, 27, 31.
C Marco Aurelio, Ricordi, V, :!3, VI, 0.
7 Plinio, Eìnxt.. Vili, 22.
8 Marco Aurelio, Ricordi, VII, 13, 23, 20, 31, 52, 63, 'm, 73; Seneca, De Benef., IV,
S''), VII, 32.
9 Petronio, Fragm , 12.
Gap. V.] BENEFICENZA, E ORRORE ALLA VENDETTA. 861
caduto *; si ricorda che tutti abbiamo bisogno di perdono,
di compassione e d' aiuto : che si vuol prestar culto al-
l'umanità, e domare lo spirito tirannico che è dentro di
noi 2. Seneca nel libro dei Benefizii raccomanda di be-
neficare con modo cortese e discreto, per non umihare
i miseri. Un'iscrizione della via Appia negli ultimi tempi
della Repubblica o al cominciar dell'Impero parla di un
uomo huonb, misericordioso, amante dei poveri if). Poscia
gli scrittori chiedono pietà pei mendichi ^ e fanno in-
vettive contro il fasto insolente dei ricchi, che insul-
tano e abbandonano 1 poveri * ; e Dione Crisostomo ci
pone davanti il povero contadino , che accolto un nau-
frago, lo ristora di vino e di scelti cibi cercati a posta
per lui , e poi rimettendolo in via gli dà la veste della
propria figliuola, la sola che abbia in sua casa; mentre
il ricco dà all'ospite i cibi più magri, lo rimanda nudo,
ed è povero ogni volta che si tratti di beneficare, a cui
non gli lasciano modo il giuoco, e gli sfarzi in addobbi,
le; donne, i cinedi ^
Si parla con orrore della vendetta, e anche la parola
è chiamata inumana ^. Imprecato alla guerra, flagello del
genere umano, e agli uomini che, più feroci delle belve,
empiono il mondo di sangue e di servitù per procacciarsi
(«) Eos'pes resiste, et hoc ad fjrumum (tumulo) ad laevam aspice uhi
continentur ossa hominis boni misericordis amantis pauperis. Rogo te
vialor monumento huic nil male facias. Ateilius Serrani L. Evhodus
■margaritarius de Sacra Via in lioc monumento conditus est. Yiatoì'
vale, ecc.; Henzen, in Orelli, Inscript.,, 7244, e iu Annal. Istit., ardi..
1852, pag. 303-304 e 31L
1 Plutarco, Bell'utilità dei nemici^ '■).
2 Seuecsi, De Ira, I, 14, II, '.), 21-31, III, 5, li, -.'9, 1:;; De Clera., I, 16; VìnXMCo, Bei
non adirarsi, 12 e 10.
3 Seneca, Controv., l, 1, G, II, 12, i;!; Excerpt. ex Uh., Ili, I, ecc., ecc. ; Quintiliano,
Beclam., 9, 10. 12, 13, ecc.
4 Giovenale, Sat., Ili, 203-211.
5 Dione Crisostomo, Orat.. 7; Giovenale, Sat., I, !)1, e VII, 71-7S.
6 Giovenale, Sat., XIII, 180 e segg. ; Seneca, De I>-a, II, 32.
Vannucci — Sloria dell' Italia antica — IV. lOS
862 COMPASSIONE, CLEMENZA E PERDONO. [Lib. VII.
oro e voluttà •: vituperati i sanguinosi spettacoli dei
gladiatori, da cui le genti tornano più crudeli e inumane ;
riprovata la uccisione dei condannati nel Circo; perchè
se essi, dice Seneca, meritarono di essere uccisi, qual
delitto commettesti tu per esser condannato alla vista
di quel supplizio -? Infine si protesta contro i mille tor-
menti usati a strazio degli uomini ', e contro tutte le
crudeltà dei tiranni. Si chiede che i reggitori dei popoli
abbiano per prima virtù la clemenza , siano giusti e
umani, tengano per proprio ufficio la cura degli uomini *:
dapprima correggano con miti parole, poi con pene leg-
giere e mutabili, e non a sfogo d'ira pel male fatto, ma
a difesa contro il male futuro, e le pene estreme lascino
solo ai casi estremi. Quando il bene pubblico vuole la
uccisione di un uomo, non si incrudelisca contro di lui
coU'esporlo alle fiere, si uccida senza le torture che, se-
condo il detto di Trasea, fanno infami i giudici e i tempi ^
e tolgono ogni moralità alla pena, ogni maestà alla giu-
stizia. I principi imitino gli Dei, che perdonano: la dol-
cezza gli farà più autorevoli, più sicuri dai timori, che
sono compagni perpetui ai tiranni. La natura non vuole
crudeltà in chi comanda, e lo mostrò non dando aculei
al re delle api. Non mai sicuro il re, ove niente è sicuro
da lui. La sola inespugnabile difesa è l'amore dei citta-
dini. Le pene rade e men feroci rendono minori i de-
litti. La crudeltà non è cosa né da principi , né da uo-
mini, ed empie il mondo di solitudine e di squallore *.
Queste ed altre sono idee , e non fatti , ma provano
che la ragione procede. Da altra parte gli istituti cari-
1 Seneca, Controv.. II, 9.
2 Seneca, Epist. ^ 7; De Ira, I, 2; De Brevit. vit., 13-1 J; De Tranquill. animi, 2;
Dione Crisostomo, Orat., 31.
3 Seneca, De Ira, III, 3; Controv., II, 13.
4 Dione Crisostomo, Otat., 1, 2, 3, 4, C.
5 Tacito, Ann., XIV, 48.
C Seneca, De Clem., I, 5, 6, 7, 11, 17, 19, 22, 2^; De Ira, I, 5, II, 11, 31 ; Epht.. litr,;
Oedlp., atto III; Dione Crisostomo, Orai., 4, 0.
Gap. V.] INFLUENZA DELLA FILOSOFIA SUL DIRITTO. 863
tatevoli a prò dei fanciulli indigenti, di cui facemmo pa-
rola, mostrano che alcune di queste idee si riducevano
a fatti, quando V umanità ebbe qualche tregua dalla fe-
roce tirannide. Anche il diritto si risente delle benefiche
dottrine dei filosofi, e i giureconsulti accolsero il prin-
cipio degli stoici , che gli uomini tutti nascono liberi e
sono uguali, e ebbero il concetto di una giustizia eterna
indipendente dalle leggi umane , e conobbero il diritto
naturale come ragione eterna del giusto. e dell'ingiusto:
e, quantunque non applicassero sempre gli ammessi prin-
cipii, tolsero via le categorie politiche, sorgente di molte
iniquità , riconobbero la civile uguaglianza , sul diritto
naturale fondarono i contratti : e quanto alla schiavitù
sentirono, che essa era un diritto contro natura, e inchi-
narono ogni dì più a tenere gli schiavi come uomini, e
sottomessi al diritto comune *.
Siffatti sentimenti morali si ritrovano nella più parte
degli scrittori di questa età. Noi, non avendo spazio a
discorrere particolarmente di tutti, diremo con brevità
dei principali e delle discipline che coltivarono, conside-
randoli massime dal lato morale e civile, e lasciando a
chi scrive la storia letteraria il discorrere largamente
della decadenza del gusto , che ogni giorno apparisce
maggiore.
E prima di tutto accenniamo come influissero sugli
studi i primi imperatori, che per la più parte erano uo-
mini nutriti di lettere greche e latine, e alcuni preten-
devano anche a gloria di poeti, di storici e di oratori.
Tiberio , studioso di tutte le arti liberali , aveva fatto
orazioni fino da fanciullo ; compose anche versi greci e
latini e dettò un commentario della sua vita. Era scrit-
tore purista, e affettato e oscuro; aveva stile tristo, come
la sua anima , amava gli arcaismi , aborriva le parole
1 Denis, Hist. des théories et des idées morales^ 11, ^as. 100; Forti, Istituzioni civiU^
I. 12G.
864 GLI IMPERATORI E GLI STUDI. TIBERIO. [Lib. VIL
straniere, e quando in un editto gli scappò un vocabolo
di non pretto latino , ne ebbe disturbato il sonno , e
chiamò a consulta gli intendenti di queste faccende. Tra
essi C. Ateio Capitone famoso giurista che collo sconcio
adulare disonorò la dottrina, portando la sozza piacen-
teria anche nella grammatica disse che , sebbene non
usata da altri, quella parola sarebbe ora ammessa da
tutti in grazia del principe: ma M. Pomponio Marcello,
linguista implacabile, rispose che Cesare poteva fare cit-
tadini gli uomini, non i vocaboli *. E questa fu celebrata
per grande libertà di parlare, ed è detto che non portò
pericolo alcuno a Marcello. Ma più volte male incontrò
ai cultori delle lettere, che Tiberio si teneva dattorno per
suo sollazzo, al pari degli astrologi e dei ministri di sue
sconcezze. Ai grammatici greci dava la baia, e per ve-
dere come si cavassero d'impaccio domandava loro, chi
fosse stata la madre di Ecuba, che nome avesse Achille
quando andò vestito da donna, che cosa solessero can-
tare le sirene: e dopo le beffe venivano le uccisioni e
gli esilii^. Vietò di pubblicare nei giornali il nome di
un valente architetto, autore di un mirabile ordigno, e
dopo averlo ammirato e premiato di pecunia gli dette
l'esilio e la morte ("); mentre ad Asellio Sabino donava
200 mila sesterzi per un dialogo, in cui aveva introdotto
l'uovolo, il beccafico, l'ostrica e il tordo, disputanti su
chi fra essi fosse il miglior boccone ^. Fece esiliare da
(") Dione Cassio, LVII, 21. Nei giornali faceva scrivere, o scriveva egli
stesso, novelle, ma per registrare le cose cl«tte contro di lui, e talora
anche le cose non dette, affine di apparecchiarsi cosi pretesti a vendette.
Svetonio, Tib., 66; Dione Cassio, LVII, 23, e LVllI, 25; Le Clero, Des
journaux chez les Romains, pag. 189.
1 Svetonio, Tib.. fi, 8, (il, ti", 70, 71 ; Aug .. SG; Domit., 20; T)e illustr. grammat.., 22 ;
Dione Cassio, LVII, 15 e 17; Tacito, Ann... Ili, 70, XIII, S.
2 Svetonio, Tib.. 50, 70. Conf. Seneca, Epist... 88, 5, e Giovenale, VII, 2:»-23().
3 Svetonio, Tib.., 12.
Gap. V.] CALIGOLA. 865
Seiano Aitalo, filosofo stoico eloqiientissimo e sottilissi-
mo *, e da qualunque parola scritta contro di lui prese
occasione a dar morte: uno pei suoi versi fu precipitato
dalla rupe Tarpeia ; altri strangolato in carcere ; altri
condannato per aver detto male di Agamennone in una
tragedia ^ : e una tragedia con allusioni costò la vita a
Mamerco Scauro ^. Cremuzio Cordo morì per aver lodato
Bruto e Cassio nelle sue storie, le quali furono pubbli-
camente bruciate ^.
Sotto Caligola continuano le persecuzioni a chi pensa e
scrive, ed hanno un nuovo eccitamento nell'invidia del
principe, che vuole essere primo di tutti in ogni cosa,
e, se rimette in onore Cremuzio Cordo e T. Labieno e
Cassio Severo, tenta di distruggere le opere di Livio e di
Virgilio, e pensa anche di abolire i poemi di Omero per
non esser da meno di Platone che lo bandì dalla sua
Repubblica ^. Espertissimo nel latino e nel greco, e fa-
cile parlatore ^, rispondeva improvvisamente agli oratori,
e ferocemente sdegnavasi quando altri lo superasse : e
Seneca appena scampò da morte per l' invidia , che gli
destò colla sua eloquenza: e Domizio Afro, oratore ce-
leberrimo , non si salvò , se non ammirando 1' orazione
che Cahgola disse contro di lui ^. Ordinò gareggiamenti
di eloquenza greca e latina, costringendo i vinti a pre-
miare i vincitori, e quelli che fossero più dispiaciuti ob-
bligò a cancellare colla lingua lo scritto, se non vole-
vano esser battuti o erettati nel fiume ^. Bandì un retore
1 Seneca, Suasor.^ 2.
8 Dione Cassio, LVII, ■>() ; Tacito, Ann.^ VI, ?,9; Svetonio, Tib.. 61.
3 Tacito, Ann.^ VI, 29; Dione Cassio, LVIII, 24.
4 Tacito, Ann., VI, 3J-:r>; Svetonio, Tib., 01; Seneca. Consol. ad Marc, I ; Dione Cas-
sio, LVII, 24.
•"' Svetonio, Calig., 31.
6 Tacito, Ann., XIIT, .3; Dione, Excerpt. Vatic, in Mai, Scriptor. veti, nova coUectio,
tom. II, pag. 551; Svetonio, Calig., .">3.
7 Svetonio, Calig., 53; Dione Cassio, LIX, 19.
8 Svetonio, Calig., 20.
866
CLAUDIO.
FLiB. VII.
per avere, ad esercizio dell'arte sua, declamato contro
1 tiranni*; uccise il filosofo Giulio Cano 2, e Lentulo
Getulico proconsole per dieci anni in Germania e scrit-
tore di storie e di poesie 3. Giulio Grecino, padre di
Agricola, chiaro oratore e filosofo e scrittore di agricol-
Claudio storico dell' Etruria [Garruccij Museo Lateranense).
tura, si guadagnò per queste virtù l'ira del principe, e,
perchè non volle accusare M. Silano, fu ucciso '*.
Claudio, che da giovinetto aveva atteso sotto la scorta
l Dione Cassio, LIX, 20; Giovenale, VII, 201.
* Seneca, De tranquillit . animi^ 1 1.
3 Svetonio, Calig.^ S; Dione Cassio, LIX, 22; Plinio, Epixt., V, 3; Marziale, I, praof
4 Tacito, Aflrcic, 1; Columella, I, 1, 11, II, 2 e sogg. ; Plinio, XIV, I, e XVI, 90; Se-
naca, De Benef.^ II, 21 ; Epist.. 29.
Gap. V.] CLAUDIO ANTIQUARIO, E NERONE POETA FANATICO. 8G7
di Livio agli studi storici componendo opere in greco
e in latino, e poscia ebbe forse l' onore di un monu-
mento dalle città etrusche per la sua storia di Etruria {^),
portò l'erudizione e la pedanteria d'antiquario sul trono,
e mentre le mogli e i liberti gli erapivano la casa d'in-
trighi e di turpitudini, era tutto nelle cure dell'alfabeto,
nello scriver decreti, nel dissertare di cose antiche*.
Pure questo erudito, chiamato parlatore elegante ^, passò
alla posterità col nome di stupido, né ci resta cosa che
possa dirci in che egli giovasse alle lettere. I frammenti
che ci rimangono degli atti pubblici del suo tempo con-
servano le lettere trovate da lui, notano le visite rice-
vute da Agrippina, e parlano della fenice portata a Roma
ed esposta nel comizio per ordine dell'imperatore ^.
Andarono celebri la mania di Nerone per le gare ora-
torie e poetiche, e le sue fatiche di citaredo, e i plausi
e le corone che ne ebbe a Roma e sulle scene d'Italia
e di Grecia. Seneca gli compose le orazioni da recitare
ai soldati e al Senato ^: poetuzzi radunati in palazzo gli
facevano o gli racconciavano i versi: ed egli fieramente
invidioso ai poeti migliori era di continuo occupato a
empire le carte , a fare ammirare fra le stragi e gì' in-
cendi la sua voce e il suo ingegno di artista ^. Si ricor-
dano suoi versi sulle cose troiane*, cantici e versi la-
(") Vedi sopra, voi. I, pag. 125, n. («), gli argomenti addotti a far cre-
dere che la statua mutilata, di cui qui diamo il disegno, fosse posta sul
monumento eretto nel centro della città di Cere in onore di Claudio isto-
liografo dalle dodici città principali di Etruria.
1 Tacito, Ann.^ XI, 13, Ile 21; Quintiliano, I, 7, 26; Svetonio, Claud.^ 3, 40-12.
2 Tacito, A.nn.^ XIII, 3. Conf. Svetonio, Claud.^ 10.
3 Plinio, X, 2; Solino, XXXIII, 11; Dione Cassio, LX, 33; Le Clerc , Des journaux
chez les Romains^ pag. 391 ; Reasstn, Disputatio de dmrnis aliisque Eomanorumaclis
[lag. 27 e 31, Groningae 1856.
•» Tacito, Ann., XllI, 3; Dione Cassio, LXI, 3.
•■5 Tacito, Ann.^ XIV, 16; Svetonio, Ner., 52.
6 Giovenale, Vili, 221; Dione Cassio, LXll, l«J; Servio, Georg. , III, 36 ; Ae».., V,37().
868 INGEGNI SERVILI. E SPIRITI INDIPENDENTI. [Lib. VII.
scivi e satirici *, versi da cantar sulla scena ^, versi per
celebrare i capelli della sua moglie Poppea ^, ed è detto
che meditava un enorme poema sui fatti di Roma (").
Dopo cena si tratteneva anche a sentir disputare i filo-
sofi, ma i severi cultori della sapienza che Agrippina
gli aveva insegnato a temere come nemici a chi regna
furono da lui imprigionati o banditi^: e chi fra tante
crudeltà sentiva il bisogno di vivere tra i libri davasi
agli innocenti studi grammaticali ^.
Sotto questi feroci tiranni vi sono scrittori che usano
la parola a divinizzare Tiberio, salute della lìatria, e ad
esaltare Sciano <», e poi con crescente impudenza di lodi
si volgono a Domiziano censore santissimo, modello com-
piuto di ogni virtù, trionfatore su tutti per valore di
armi e per gloria poetica^: ma altri ricordano e vitu-
perano le sue scelleraggini e la sua codardia, i libri
bruci'ati, gli autori uccisi, i filosofi cacciati ripetutamente
d'Italia, e con parole di compianto e di sdegno vendicano
le vittime del calvo Nerone 8, come quelle di Nerone ci-
taredo, e dell'osceno vecchio di Capri ^.
(«) Giudicavasi che quel poema avrebbe dovuto avere non meno di
quattrocento libri, e poiché il filosofo Anneo Cornuto disse che niuno lo
avrebbe letto a causa della soverchia lunghezza, Nerone lo fece esiliare.
Dione Cassio, LXII, 29.
1 Svetonio, Vitella W.eDomit.. 1; Tacito, A»?'-!.. XV, 19; Plinio, Epiat., V. 0; j\Iar-
ziale, Vili, 7, IX, 26.
8 Svetonio, Ner.j, .38; Dione Cassio, LXI, 20, LXII, IS; Giovenale, Vili, 2-20.221 ; Fi-
lostrato, Apollonio Tianeo. IV, 3!'.
3 Plinio, Hist. Nat., XXXVII, 12.
4 Tacito, Ann., XIV, 16; Svetonio, IS'er., 39 e 52. Vedi sopra a pag. 108-112.
5 Plinio, Epist., III, 5.
6 Valerio Massimo, Pt-aef., e V, 5, 3; Velleio Patercolo, II, 91, 101, 127, ecc.
7 Quintiliano, Instil. Orat., IV, proem. 3-1, e X, 1, 91; Silio Italico, III, 607 e segg.,
XIV, 686-688; Valerio Fiacco, Argonaut., I, 12-11; Stazio, Achill., I, 11, 19; ,Si7r., IV,
I, 93-f>6, ecc., ecc.
8 Tacito, Ap)-iC.. 2; Plinio, fi^pis/.^ Ili, \\\Paneg.. 17; Giovenale, IV, 37; Gelilo, XV,
11; S. Girolamo, Etiseb. Chron., ann. S9 e 95.
!• Fannio, in Plinio, Epist. , V. :■; Tacito, Ann., VI, 1 e 6; Svetonio, Tib. , 45 e 59
Giovenale, I, 155-156.
Gap. V.] LA DECLAMAZIONE SUCCEDUTA ALL'ELOQUENZA. 869
1 primi tempi dell' Impero sono il secolo d' oro della
declamazione e della rettorica. Non potendosi più par-
lare in pubblico, si declama nelle scuole e nelle acca-
demie e ciò che prima era stato esercizio' preparatorio
air eloquenza del Fóro, diviene ora vano studio di stra-
nezze, fatica senza scopo, e perdita di tempo e d'ingegno.
Si declama non per vincere una causa in giudizio, ma
per far mostra d'ingegno, e aver plausi da chi si diletta
di tali prove. Si discute in senso contrario sopra finzioni
con sfoggio di argomenti, di divisioni, di descrizioni, di
entimemi, di colori, di sottigliezze sofìstiche, di sentenze,
sulle ricchezze, sulla fortuna, sui vizi del secolo *. Le
scuole risuonano di pirati incatenati alle rive, di tiranni
ordinanti ai ligli di uccidere il padre, di sepolcri incan-
tati, di mesciuti veleni, di cadaveri mangiati, di rapimenti
di donne, di mariti malvagi. False idee, false cause,
false persone, falsi argomenti, parole ampollose, discorsi
faticosi, artificiosi, affettati di uomini arroganti che di-
spregiano Cicerone e Demostene, e si tengono piìi fa-
condi di essi. L'eloquenza, già signora di tutte le arti,
ora è imprigionata in pochi concetti e in brevi sentenze,
si nutre di chiacchiere, si adorna da mereti'ice, si veste
della feccia del favellare comune, e si impara come uno
dei più sordidi artificii. Questi uccide colle grida i ti-
ranni, quegli insegna a rimproverare l'amhizione di Siila
e di Annibale, e si annoia fieramente nel ripetere ogni
giorno le pedanterie e le insulsaggini, che rendono stolti
i discepoli, e guastano la ragione e l'arte della parola ^.
Altri deliberano se possa tagliarsi l'istmo di Coiinto, asciu-
gar la palude Pontina, fare il porto di Ostia: lodano o
vituperano uomini illustri; lodano il sonno, il fumo e la
morte; mostrano vere le favole, false le storie; difendono
1 Seneca, CmUrov.^ I, praef. ; II, praef. ; IV, praei.
2 Tacito, JUalog. de Orati. j 32 e .35; Petronio, Satiirìc, I-i'; Giovenale, S.?/., I, 15-17,
VII, 151-177, X, 107.
Vannucci — Storia dell'Italia antica— IV. U9 .
870 IL RETORE SENECA E I DECLAMATORI. [Ltb. VII,
una parte e poscia la impugnano, invertendo i ragiona-
menti propri e degli avversari, e sfoggiando tutte le ar-
guzie della rettorica, e tutti gli argomenti dei bindoli.
Anche la declamazione ha le sue feste, come le ebbe già
la grande eloquenza. In certi giorni declamano maestri
e discepoli: i più valenti si sfidano, e in una medesima
scuola danno spettacolo agli invitati, che applaudono ai
gesti, alle modulazioni sceniche, alle ben suonanti sen-
tenze, ai ben cadenti periodi (").
Seneca, padre del filosofo, stato retore in sua gioventìi,
fu da vecchio lo storico e il critico di questi declama-
tori, che aveva conosciuti nella piìi parte. Egli, usando
della sua portentosa memoria, che davagli modo a ri-
petere fino a duemila parole nell'ordine in cui le avesse
ascoltate \ raccolse, a petizione dei figli, le aringhe di
più di cento autori dell' età sua, le ordinò per materie,
notò loro pregi e difetti, fece i ritratti dei retori che
popolavano le scuole, e poi confessò di sentire tedio e
vergogna di attendere a questi studi non serii (^). Sen-
tiva che nelle arguzie e nelle affettazioni dei retori si
corrompeva il gusto e la lingua, e in questo, come nel
lusso e nell'ignavia dei giovani, trovò le ragioni del
morire della eloquenza -.
('') Seneca, Controv., I, 3 e 7, II, 9 e 14, l'ce. Sui declamatori e sui
retoi-i, corruttori dell' eloquenza , scrisse di proposito A. Chassang, I)e
corrup^a post Ciceronem a declamatoribus eloquentia, Paris 1852. Vedi
anche Van der Kloes, De praeceptorìbus in rhetoruni scholis apud Rn-
mnnos, Traiecti ad Rhenum 1S40: Wittich, De rhetoribiis latinis eormn-
que scholis, Eisenach 1853; Bonell, De mutata sub primis Caesaribus
elcqnentiae romanae cond'twne, imprimis de rhetoriim scholis , com-
ynentatio hisiorica, Berlin lb3G; conf. Graff. De Romanorìim laudatio-
nib'S, Dorpati 1862, pag. 63.
(*) lam res inrdio est .... iam 2i>(det quod tandem non scriam revii
aqnm. Scholistica studia levila' tractata d/lcclant : conirce.tata et pro-
pius adrnn a. fastidio simt. Contror.. V. praef.
t Covti-nr. , I. pn-t'-r.
2 Contfov., I, I raof.
Cap. V.] QUINTILIANO MAESTRO D'ELOQUENZA. 871
Petronio, ricordando e riprovando le ampollosità e i
falsi ornamenti, posti in luogo delle naturali bellezze,
assegna più cause alla corruzione : i retori costretti a
impazzire coi pazzi e a dire ciò che volevano gli sco-
lari, per non veder deserte le scuole; e anche i parenti
smaniosi di spingere innanzi i figliuoli, e non curanti
di farli convenientemente istruire ("). Altri attribuì gran
parte del male al filosofo Seneca, che andava quasi solo
per le mani dei giovani, e, ricco di molte e grandi virtù,
era anteposto ai migliori pei dolci vizi di cui abbon-
dava ^ Invano si istituirono cattedre con grossi stipendi!
di centomila sesterzi e si elevarono agli onori equestri,
senatorii, e consolari i maestri ^. 11 male venuto da più
profonde cagioni non poteva esser guarito dai precetti
dei retori che molto insegnarono e scrissero. Tra costoro
stette primo M. Fabio Quintiliano , nativo di Calagurri
{Calaliorra) nella Spagna Citeriore, condotto a Roma da
Galba^; figlio di padre declamatore, e dapprima decla-
matore egli stesso e oratore giudiziario ■% poi pubblico
maestro con lauto stipendio per 20 anni s, e da ultimo,
nel riposo, scrittore dei dodici libri àeW Istituzione ora-
toria che giùnsero a noi come uno dei migliori trattati
degli antichi sull'arte della parola. Uomo di dottrina e
di gusto, e critico acuto pose ogni studio a risanare l'e-
loquenza corrotta, la richiamò ai severi principii, rimesse
in onore i grandi modelli, istruì i maestri, insegnò a stu-
(") Petronio, Satyric, 1. Egli, a proposito delle strane e seonee cose
insegnate dai retori, dice che i giovani qui inier haec nutriuntiir non
iiiagis sapere possunt, quaìn bene olere, qui in culina habitmif.
1 Quintiliano, X, 1, 12r.-131.
2 Svetonio, Vespas.^lS-^ Seneca, Conlrov ^ ll,praef. ; Giovenale, VII, 197; Filostraio,
Sonati, I, 22, li, 32; Capitolino, Anton. Pio, 11.
3 S. Girolamo, Euseb. Chron., ann. 06 e SS di Cr. ; Ausonio. Profess. Dio'di(j.. 1, 7.
4 Quintiliano, Instit. Orai., IV, 1, If/, IV, 2, S6, VII, 2, 5 e 23, IX, 2, 73. 11, XI, 2,
:;ì); Giovenale, V!, 280.
'■> Quintiliano, Instit. Orai., I, proera. ].
872 I DUE PLINII. [Lib. VII.
dìare, a comporre, mostrò le vie per giungere all'eccel-
lenza dell'arte, disse dell'indole, della virtù e dei costumi
richiesti nel buon oratore {"). Col vecchio Catone ripetè
che l'oratore è un galantuomo perito nel ben parlare *,
ed ebbe su ciò alti e nobili pensieri da cui discorda cru-
damente il linguaggio che parlò a Domiziano. Questi lo
insign'i degli onori consolari, e lo incaricò d'istruirgli i
nipoti 2; ed egli, di animo retto nel resto, esaltò brutta-
mente l'ingegno sovrano, l'eloquenza e la santità del
tiranno ^, con menzogna sconcissima che serviva a con-
durre i discenti per le fangose vie dei servitori di corte,
non, a moralizzare l'arte, nò a confermare la definizione
del buon oratore.
Anche Plinio il Vecchio aveva scritto suU' eloquenza,
sforzandosi di educare l'oratore sino dalle fasce e di ren-
derlo perfetto*'. E il suo nipote, Plinio il Giovane, di-
scepolo di Quintiliano, studiò l'arte con grande amore,
détte regole ai giovani 5, difese molte cause famose, e
fu lodato come oratore di primo ordine: ma ciò che resta
di lui non risponde a quelle lodi superlative, e mostra
sempre più come fosse disperato il male. Una prova
novella del cadere della eloquenza è data da lui stesso
nel suo famoso Panegirico a Traiano, pieno a sazietà di
turgidezze, di rotte sentenze, di arguzie, di esagerazioni,
e della allettata ricerca di tutto ciò che non è naturale.
(<*) Per la vita e per le dottrine di lui vedi Drie.^en, De M. Fabii Quin-
tiliani vita, Ciiviis 1845; Pilz , Qicintilianiis , fin Lchrerleben aus dcr
Roem. Kaiser zeìt, Leipzig 18G3; Babucke, De Quiìitiliani dncirina et
siudiis , capita duo, Regim. Pi'UPsorum, 18f)6.
1 Imtit. 0,-at., XII, 1, 1. Conf. II, IT.. 1.
2 Giovenale, VII, 197; Ausonio, Gratiar. ardo ^ ciì. Biimnt , i>. 2!M); Quintiliano, IV,
Iiroem. 9. ' *•
3 Inxl't. Orar., IV, procm. 3-1, e X, 1, ^'1. Conf Svotonio, Domit., l'-i, e Giovenale,
II, 29-:«.
4 l'iinio, EpiH.. Ili, r..
r. Plinio. EpUt , VI, -20, VII, \>.
Gap. V.]
L'ELOQUENZA AI TEMPI DI TRAIANO.
!73
Del suo lodato che non frequentò le scuole dei retori
sappiamo che ebbe naturale facondia, e in più incontri
si vede che la sua eloquenza fece mirabili effetti. Se
nelle faccende civili usò più volte la parola degli altri',
nei campi parlava spesso alle legioni, e coi suoi detti
Allocuzione di Traiano ai soldati (Barloli^ Colonna Traiana, tav. S, Froehner ^ 36)-
converti in eroi i soldati, gli fece pazienti delle lunghe
fatiche e gli condusse alle vittorie sui Germani, sui Daci
e sui Parti. Sebbene non dotto, ristorò colla libertà tutti
gli studi quasi spenti dalla tirannide : e in quel rivivere
di ogni buona speranza molto si parlò e molto si scris-
se 2, ed ebbero fama parecchi oratori e avvocati, tra i
1 Dione Cassio, LXVIII, 7; Giuliano, I Cesari ^ "j. Conf. Frontone. Epist. nd L. Ver,,
I, p. ISl, ed. Mai, Romae 18215.
2 Plinio, Paneg. , 47; Epht.. I, 13, ITI, 18, IX, 13; Giovenale, VII, 1 e segg. ; Hulle-
iiian, Oratio de litera>-um, praesertiin latinarum, aptid liomanos xtudiii j, Nerva Tra-
iano imperatore, Liigdimi Raiavorum 185"^.
>;74 IL RETORE M. CORNELIO FRONTONE. [Lib.YII.
quali in appresso è detto principe delia eloquenza '
Marco Cornelio Frontone, numida, cominciato a fiorire
sotto Adriano, e maestro poscia di Marco Aurelio, che
lo ricompensò di nobile alletto e delle dignità di sena-
tore e di console, e dell'onore di una statua in senato.
Era uomo di dolci e puri costumi, di animo retto, di
cuore nobile, ricco d'ingegno e di elegante dottrina. Ol-
tre i ])rincipi educò molti giovani nell'arte della parola,
e dette principio a una nuova scuola, i cui seguaci in
appresso si chiamarono Frontoniani ^. Dotto delle arti
e delle ambagi del Fòro difese clienti ed amici, e citta-
dini e città, fu accusatore veemente, lodò ampiamente
gli imperatori e tutta la imperiale famiglia. Gli antichi
ne celebrano il gusto squisito, e la pura e graziosa fa-
vella: vantarono le sue virtù di grande oratore, e vi fu
anche chi lo pose alla pari con Cicerone ("). E gran-
dissime lodi gli détte Angelo Mai, che all'età nostra
ne dissotterrò molte lettere e più frammenti della sua
eloquenza (^). Ma questi stessi frammenti, non rispon-
(") Eumenio nel Panegirico di Costanzo, cap. 14, lo chiama eluquen-
i.iao roi'iianae non secundum, sed aliertim dectis,
('') Vedi il dotto commeutario, De vita et scriptis M. Frontonis pre-
messo ai suddetti frammenti, stampati per la prima volta a Milano nel
1815. Uno scritto più recente lo giudica con termini lontani dalla lode
])indarlca, come dalla acerba censura, e dopo avei-ne narrate le vicende,
le qualità dell'animo, e i pregi e difetti come avvocato, come accusatore,
come panegirista, storico, scrittore di epistole, precettore, e grammatico
e retore, conclude chiamandolo virum optiinum dicendi longe non
imperitum. Philibert-Soiipè , Be Frontonianis reliquiis, Ambiani 1853,
pag. 125. Su Fi'ontone, sulle sue lettere e sui frammenti vedi anche
Daunou in Journal des Savants, 1816, pag. 27-35; \{.oi\\, Bemerchungen
neber die Schriflen des M. Corn. Pronto, und ueber das Zeitaltcr der
Antonine, Ni'irnberg 1817. e II Racogliiore, Milano 1820, tom. IX, pag. 86,
e segg. ; Zannoni, \\e\V Antologia di Firenze, lf-25, voi. 17 a pag. 101-125:
Boissier, La jcunesse de Marc-Aurèle et les lettres de Fronton, in
Rei-'U des deuo: mondes, I avril, 1868, pag. 671-698.
1 Dione Cassio, LXIX, 18.
- Sidonio Aiiullinare, Epist., I, 1.
Gap. V.] LA LIBERTÀ NEGLI SCRITTI MIGLIORI. FEDRO. 875
denti alla sua antica fama oratoria, ci apprendono come
egli, più che grande oratore, fosse un retore che inse-
gnava a declamare in lode del sonno e del fumo, della
polvere, della negligenza * : e ad andare a caccia di ima-
gini singolari, di arguzie, di antitesi, di inezie e di vec-
chie parole; e quindi, sebbene avesse molta e scelta
dottrina e ci conservasse parecchi e utili ricordi delle
lettere e dell'arte antica, non vedesi come coU'opera
sua potesse tornare a vita la vera e la grande eloquenza,
che era perita irreparabilmente colla libertà e colle agi-
tazioni civili 2.
Il pensiero della libertà si ritrova in tutto ciò che ha
di meglio la poesia di questi tempi: qui mirano l'apologo,
il poema, il dramma, la satira.
Frequenti le allusioni satiriche alle tristizie imperiali
e alla tirannide sono nelle piccole favole di Fedro, nato,
come egli dice, sul monte Pierio ^, ultimo degli scrittori,
che con qualche affettazione e con gualche segno del
gusto che cominciava a corrompersi, conservò fin sotto
Claudio parecchie delle eleganze e delle grazie dei tempi
migliori, e fu lodato per semplicità non triviale, per bella
chiarezza, e per virtù di lingua e di stile, in quei brevi
racconti, in cui adombrò la viltà e le miserie del popolo,
i delatori arricchiti colle spoglie e col sangue altrui, i
prepotenti ministri, e gli sconci padroni del mondo, e
Tiberio e Seiano ''. E, come è naturale, gliene incolse
sciagura, e andò incontro a un giudizio, in cui lo stesso
Sciano faceva da accusatore, da testimone e da giudice ^.
Piene di libere e austere sentenze sono le tragedie,
dette di Seneca, e che sembrano potersi, almeno in parte,
1 Vedi Epist., pag. 188, 361 e segg., 369 e segg., della prima edizione del Mai.
2 Tacito, Diaìog. de Oralt.. 36* 37, ecc.
3 Lib. ili, Prolog, vers. 17.
4 Vedi fra gli altri lu ghi, Fab.^ I, 2, 6, 15, II, 7, V, 1, ecc.
") Lib. Ili, prolog. Per ogni particolarità vedi Nisard, Phéfire ou la transition ^ in Ktn.-
d's sur les Poèles ìatins de la décadence, Paris 1S34, voi. I, pag. 201-2G2.
870 LE TRAGEDIE DI SENECA. [Lib. VII.
attribuire al filosofo, massime per la grande rassomi-
glianza di sentimenti e di idee, che vi è tra queste de-
clamazioni in versi e gli altri scritti di lui. La tragedia
vera, che ha il suo principio vitale nella libertà, non po-
teva fiorire regnante Nerone: pure anche allora si fecero
tragedie, ma destinate a leggersi in radunanze di amici,
non a comparire sulla scena. Mancano affatto di arte
drammatica, di verità di caratteri, di condotta, d'azione,
snaturano i personaggi del dramma greco, da cui pren-
dono gli argomenti (''); sono piene di passioni violente,
di descrizioni e declamazioni pompose, di gonfiezze, di
antitesi. Ma hanno bei versi e nobili sentimenti, espressi
talora con forza e splendore; riflettono tutte le idee
stoiche dei tempi di Seneca, descrivono energicamente
i vizi e le crudeltà, ritraggono la virtù in nobili e mae-
stosi sembianti, e la fanno amare, ammirare e cercare
anche nella oppressione. Non so se sia vero, come altri
pensò, che l'autore, avesse in animo di dipinger Nerone
nei personaggi di Ercole Furioso, di Atreo, e di Egisto
assassinante Agamennone, ma è certo che dappertutto
ispirano odio per gli oppressori, e pietà per gli oppressi.
Come Seneca, a malgrado dei suoi molti difetti, si leva
e*) Pei' la paternità, per la critica e pel carattere di queste tragedie,
e pei confronti colle opere greche da cui furono tratte vedi NisarJ, Lcs
tragédies diteci de Sénèque ou la tragedie en manuscrit, in Études sur
les poètes latins, voi. I, pag. 59-198; Klotzsch, De Annaeo Seneca uno
tragoediarum quae supersunt auctore , Wittenberg 1802: Richter. De
Seneca tragoediarum auctorc, Naumburg 1862; Boissier, Les tragrdies
de Sénèque ont-elles étr reprcsentces? Paris ISGl; Widal, Etudes sur
trois tragédies de Sénèque (Troiane, Ippolito, Medea) imitces d'Euripide.
Paris 1854; Swalin, De Hippolgto Senecac fabula, Holra 1857: Kòliler.
Senecae tragoedia quae Oedipus inscribitur cum Snphoclis Oedipo Rege
comparata, Neuss 1865; Braun, Der Oedipus des Seneca in seinen Be-
ziehungen zu den gleichnamigen Stiichen des Sophocles und Euri-
pideo- und su Statius Thebais , in Jihein. Museurn , 1867, voi. XXll,
pag. 245-275.
I
Gap. V.] LUCANO. 877
per ingegno singolare su tutti gli scrittori dell' età sua,
così il più splendido di tutti i poeti sotto Nerone è M.
Anneo Lucano, anch' egli spagnuolo d'origine, nato ni-
pote di Seneca a Cordova, portato a Roma nell'età di
otto mesi, istruito dai più insigni maestri, tra i c[uali si
conta Anneo Cornuto, educato in grazia del zio alla corte,
poi per due anni agli studi d'Atene, e al suo ritorno
fatto questore prima del tempo legale, e ammesso fra
gli amici del principe: e qui egli gareggia con luì nel-
l'arte poetica, lo celebra nel teatro di Pompeo con suoi
versi premiati di una corona: e da ultimo cade in dis-
grazia, patisce persecuzione o pel suo troppo vantarsi,
o più veramente per l'invidia dell'imperatore poeta fa-
natico, e si mette nella congiura dì Pisone nella quale
finisce dopo avere in breve vita (792-818 di R. ; 39-65
di Cr.) dati molti saggi in verso e in prosa del suo
fervido ingegno ("),
A Nerone celebrato nei concorsi accademici fece poi
nella Farsalia encomii cosi fuori di modo che molti nei
tempi passati e alcuni anche all'età nostra*, tennero
come ironie quelle sguaiate e sconce parole per liberare
il poeta da una grande turpitudine, e per meglio com-
(«) Tacito. Ann., XV, 49, 56, 57, 70, XVI. 17; Stazio, Silv., II, 7; Mar-
ziale, VII, 21-2:?, X, 64.
Vi .«ono due vite antiche di lui, una breve e monca, e poco favorevole
al poeta, attribuita a Svetonio ; l'altra prolissa, intera e a lui favorevole
forse scritta dal grammatico Vacca clie ne commentò le opeie nel se-
colo sesto. Per e.«se vedi Weber, Vitae Lucani collectae , Marburg
Cattorum 1856, e ReifFer.scheid, Sceloni prneter Caesarum libros reli
quiae , pag 50-52 e 76-79, Lipsiae, 1860. Del Weber vedi anche Lucani
vita per annos digesta, Marburgi 1857- 1858, e De suprema Lucani
voce, jMaiburgi 1857. Vedi pure Genthe, De M. Ann. Lucani vita e
scripti'i, Berolini 1859; e sulle opere minori. Unger, Quaestio de Lucani
Heliacis, Friedland 1858, e De Lucani carminum 7-eliquiis, Friedland 1860
1 Vedi Matteo Ardizzone, Il primo libro della Farsalia di Marco Anneo Lucano ira-
dotto^ Palermo 1S71, pagine 61 e s-jig.
Vanndcci — Storia dell'Italia antica — IV. 110
LUCANO. [LiB. VII.
prendere i sentimenti di libertà da cui è governato il
poema, perchè altrimenti non è possibile accordare col
resto i versi in cui egli superando stranamente tutte le
adulazioni dei poeti imperiali dice che gli orrori delle
guerre civili furono comportabili e non lamentabili, per
avere aperta la via alla dolce signoria di Nerone *.
Altri, all'incontro, negò l'ironia, stimando che Lucano
lodasse sinceramente Nerone, quando al cominciare del
suo impero si comportava da uomo onesto e da principe
giusto; e che poscia, quando divenne feroce e turpe tv
ranno, il poeta, perseguitato da lui, mutò idee e pro-
positi, e détte ai suoi versi un nuovo e contrario indi-
rizzo. Quindi i vituperii detti contro la casa imperiale
nella continuazione del poema: quindi le lodi superlative
a Pompeo, come difensore e martire della libertà: quindi
l'odio implacabile a Cesare, fondatore della tirannide:
lodi e odio che non si trovano nei primi libri , scritti
nel tempo, in cui accarezzato e fatto questore da Nerone
scriveva con altro intendimento delle guerre civili ^. Ma
contro tutto ciò vuoisi notare che sostanzialmente il con-
cetto politico dei primi libri non diiferisce da quello dei
successivi nei quali solamente si manifesta più aperta-
mente e con violenza eccessiva («), e che quindi neppure
da questo hanno.spiegazione le enormi lodi date a Nerone.
Comunque sia, quest'opera per le idee e pei giudizi,
come per lo stile e per la composizione poetica, fu esal-
tata con encomii eccessivi, e avvilita con censure acer-
bissime. Tacito ricorda Lucano con Orazio e Virgilio tra
(juelli che potevano fornire ornamenti all' eloquenza :
C) Fra le altre cose nei primi libri è chiara la sua predilezione per
Rruto, per Catone e Pompeo (li, 234 e segg., 453 e segg. , 519 e segg. ,
732 0 segg.) e la sua avversione per Cesare. Vedi Teulfel , Gesch. der
ròm. Litlerat, 286, 6.
1 Pkarsal., I, 33-66. Conf. Virgilio, Georg. ^ I, Ì9S.
• Vedi Freirae, De Lucan} Pliarsalia^ Marburgi Cattorum 18")!», pag. 12 e segg.
Gap. V.] LA FARSALIA. 879
Marziale lo chiama gloria del romano Elicona, e Stazio
lo antepone a Ennio, a Lucrezio e ad Ovidio *. Poscia da
alcuni la Farsalia fu paragonata all'Iliade e all'Eneide ^i
altri affermarono che Lucano non è poeta ("), che non
canta, ma latra ^ e declama a modo di gazzettiere ^: e
Petronio, che gli nega la qualità di poeta epico, forse
contro di lui scrisse i versi che ci rimangono sulla guerra
civile ^.
Lucano aveva alto e nobile ingegno, ma guasto dal
cattivo gusto dominante nelle scuole dei retori, e dalla
educazione avuta fra le lordure di corte. Quindi dà spesso
in gonfiezze di espressioni e di imagini, in frasi sforzate
per amore di peregrinità; declama, è soverchio nelle de-
scrizioni, cerca le arguzie e i falsi splendori, e in uno
stile spesso nervoso, ma senza elegante armonia, ha
pezzi che non sono scritti né in prosa nò in verso. In-
vano gli chiederesti l'arte sovrana, che narra con solenne
semplicità i grandi fatti, che mirabilmente gli aggruppa,
e tutto fa cospirare all' azione principale , e allo svolgi-
(^) Quintiliano, X, 1. 91: Servio, Ad Aeìi., I, 382. Marziale (XIV, 194)
facendo parlare Lucano, a quelli che dicono non esser egli poeta ri-
sponde che il suo libraio è di contraria* opinione : Sunt quidam, qui me
dicunt non esse poetmn; Sed qui me vendit bibliopola piitat. Per Lu-
cano considerato sotto il rispetto dell'aite, oltre ai critici già citati vedi
Nisard che a lui dedica tutto il secondo volume (di pag. 454) dei suoi
Poètes latins de la dccadence; Leloup, De poe^i epica et de Pharsalia
Lifcani j Trier 1827; Charpentier, Elude sur la Pharsale, premesso a
una ristampa della traduzione del Marmontel, Paris 1865; Ardizzone, Pre-
fazione, loc. cit. ; Girard, Un poète rcpublicain sous Neron, in Revue des
deux mondes, 15 juillet 1875, p. 423-444.
1 Tacito, Dialng. de Oratt.^ 20; Marziale, X, GÌ; Stazio, SU., II, 7, 75-7S.
2 Preime, loc. cit., pag. 6, e Meusel e Buerger, Disputalio de Lucani Pharsalia,
Ilalae 1767, pag. 2, e segg.
3 G. Cesare Scaligero, Hypercritic, cap. 6.
4 Voltaire, Essai sur la poesie èpiqice, chap. 1.
5 Petronio, Sul., 118. Vedi Moessler, Commentatio de Petronii poema/c de bello ci-
vili. Vratislav'Iae 1S12, e dello stesso, Quaestionum Petronianarum specimen, quo
poema de bello civili cum Pharsalia Lucani comparatur, Ilirschberg 1857.
LA FARSALIA. [ Lib. VII.
mento di essa. Egli manca spesso d'invenzione poetica,
non cura di unità, e, contento di seguire passo passo gli
annali, si diffonde a descrivere, e fa non poema, ma
storia ("). Ecco in breve 1' ordine della sua narrazione
poetica, che si apre coli' imprecare alle guerre civili, di
cui sono toccate le principali cagioni. Dapprima ritrae
l'indole di Pompeo e di Cesare, e quindi vediamo questo
al passaggio del Rubicone, non ritenuto dall' imagine
della patria, invadente Rimini, ove giunge a lui Curione
con gli altri tribuni fuggiti da Roma, che lo eccitano ad
alfrettare l'impresa. A queste novelle, lutto e spavento
di Roma contristata da orrendi presagi. Fra le querele
dei soldati, e il pianto delle doiine e dei vecchi, Bruto
animoso si reca dal severo Catone, e lo conforta a di-
fendere la libertà minacciata. Pompeo fugge coi Padri;
e Cesare, cui le città apron le porte, vince a Corfìnio,
e caccia il Magno da Brindisi, e poi vola a Roma, e ra-
pisce il pubblico erario, vanamente difeso dal tribuno
Metello, e ripassa le Alpi e corre sotto Marsilia, rimasta
fedele a parte pompeiana: e qui il poeta ò lunghissimo
nel descrivere assedio e battaglie e vittorie. A queste
C) Di ciò fu rimprovei-ato anche dai contemporanei. Vedi Petronio ,
Satyric, cap. 118. Hecentemente fu confrontato cogli storici, e special-
mente con Cesare, di cui segui i Commentarii, e fu mostrato .che tenendo
dietro, a modo degli annalisti, alla ragione delle cose e dei tempi, in al-
cuni fatti fu narratore fedele, e ottimamente espose le cause private e
pubbliche della guerra civile, ma più spesso per amore o per odio di
parte adulterò la storia, affermò cose false, vestì il vero di finti colori,
tacque le cose disonorevoli ai Pompeiani, e quelle che facevano onore a
Cesare e ai suoi, e col fare ingiuria alla verità nocque al poema. Vedi
Mandon, Quacnam Lucano fides sii adlùbenda? Monspelii 1858; Kortiim,
Gcschtl. Forsehìtngen , Leipzig und Heidelbei'g 1SG3; Creizenach , Bie
Aencis, die 4 Eclogue und die Pharsnlia, Frankfurt a M. 18()4; Schau-
bach, Lucan's Pharsalia und ihr Verhàltniss zur Geschichte, Meioin-
gen, 1859; Baier, Le Livio Lucani in Carmine de bello cioili auctore,
Suidaiciae (Schweidnitz) 1874; Girard, loc. cit., pag. 432-443.
Gap. V.] LA PARSALI A. 881
succedono le imprese contro Afranio e Petreio nella
Spagna, con diffuse descrizioni delle pioggie, delle inon-
dazioni e della fame, che alla fine dà vittoria al vinci-
tore delle Gallio; pel quale sinistramente procedono le
cose in lUiria, ove Yulteio, fatto prigione dai Pompeiani,
induce i suoi ad uccidersi di propria mano, mentre anche
Curione è vinto con grande strage da Giuba nell'AIMca,
a proposito della quale è raccontata la storia di Anteo.
Intanto in Epiro Pompeo è gridato dai Padri supremo
duce; si decretano premi ai molti alleati, di cui altrove
è la rassegna, e si manda a consultare l'oracolo di Delfo
sull'esito della guerra. Di qui torniamo in Italia a vedere
i veterani ammutinati a Piacenza, e ridotti al dovere
dalla potente parola di Cesare, il quale di là torna a
Roma, si fa dittatore, e muove rapido a Brindisi e al-
l'Epiro, e ardente di venire alle mani si accampa presso
al nemico. Ma la tempesta ritarda Antonio, destinato a
condurre le altre truppe d'Italia, e Cesare impaziente
si affida a una nave da pescatore, per andare a pren-
dere egli stesso gli aiuti, e lotta fieramente colle onde,
che lo ributtano al lido. Antonio giunge alla fine, e
quindi Pompeo, vedendo che non si possono scampare
i rischi dì campale battaglia, manda con misera fuga in
salvo la moglie Cornelia a Lesbo, e 5i apparecchia alla
pugna. Si appressa il momento delle ultime prove. Pom-
peo è accampato sopra Durazzo: Cesare lo cinge di
mura nel campo: a una parte dà travaglio la fame,
all'altra la sete: prove ammirande nei due campi, e
solenni soprattutto quelle di Scova, che lungamente
sparge la morte tra i Pompeiani. Vincitori ora questi
ora quelli, e da ultimo Cesare, ridotto a mal partito,
con mal consiglio è lasciato fuggire, e seguitato in Tes-
saglia Il poeta coglie qui il destro a descrizioni di monti,
di fiumi, di città, di genti e costumi, e narra a lungo
le arti infami e i portenti delle maghe tessale, una delle
882 LA FARSALIA. [Lib. VII.
quali, la cruda Erittona, è consultata da Sesto figlio del
Magno, e gli rivela con orrendi incantesimi le sorti fu-
ture di Roma. 11 libro settimo è tutto nella scellerata
battaglia farsalica, annunziata da feri augurii, affrettata
dall'eloquenza di Cicerone, che a nome del Senato stringe
Pompeo a romper gli indugi, e da ultimo combattuta
con sacrilego furore. Immensa è la strage. Avvi il pianto
dei cadaveri, cui è negata la sepoltura: orde infinite di
belve accorrono a pascersi del sangue civile, sparso nella
maledetta campagna ove si decidono le sorti di Roma
e del mondo, colla morte della libertà, col trionfo di un
uomo, e col servaggio di tutte le generazioni future.
Nell'ottavo abbiamo la fuga di Pompeo a Lesbo, e le
ambasce e i lamenti di Cornelia, e la commozione di
Mitilene all' inusitato spettacolo. Poi ro e senatori rag-
giungono il duce: si disputa lungamente sul partito da
prendere. Pompeo vuole ricovrarsi tra i Parti: gli altri
avvisano che cerchi asilo in Egitto, ed egli veleggia
alla volta del Nilo. Là, avuta contezza di questa fuga,
si tiene consiglio di satrapi, e il re Tolomeo, seguendo
l'avviso di chi gli dice, non dovere i re serbar fede a
chi è in ira alla fortuna, ordina l'assassinio dell'ospite:
e quindi la scellerata uccisione del Magno, le disperate
grida della moglie, e il povero rogo, e l'umile sepolcro
di poche arene e di un sasso. Il nono libro, apertosi
coll'apoteosi di Pompeo, ha i pianti e le querele di Cor-
nelia e dei figli, e l'elogio funebre detto nel duolo uni-
versale del campo da Catone, che, raccolti a Corcira gli
avanzi della rotta farsalica, li conduce a rinnovar la
guerra sui lidi alTricani. E qui il poeta più che mai con-
discende al suo piacere di descrivere. Giardini delle
Esperidi , Giove Ammone , Medusa , tempeste di arene ,
Sirti, serpenti d'ogni generazione, che uccidono in vari
modi i soldati; Psilli e loro magiche arti, e la sete con
tutti i suoi crudi tormenti. Mentre Catone corre gli
1
Cah. V
LA FARSALIA.
883
ardenti deserti di Libia coi suoi, travagliati dagli ani-
mali, dalla terra e dal cielo, Cesare, saziato dalle stragi
farsaliche, corre per 1' Ellesponto in traccia del nemico
fuggente, visita sulle prode Retee la tomba d'Aiace ("),
ricerca con venerazione le macerie della superba Ilio,
Lo tomlje di Aiace e di Achille (Schliemann).
e i ricordi degli eroi a cui non fu dato salvarla, e ivi
erge un'ara e sacrifica agli Dei tutelari delle Frigie ro-
vine, pregando che lo aiutino a compiere felicemente
l'impresa. Poscia, sciolte di nuovo le vele, approda all'E-
gitto, ove, celando l'allegrezza del cuore, sparge mentite
lacrime sul teschio dell'emulo. 11 decimo libro, nel quale
rimane interrotto il racconto, ci presenta Cesare davanti
(") Phars., IX, 964 e segg. Per le tombe di Aiace e di Achille vedi
Schliemann, Atlas des antiquitcs Troyennes, Leipzig 1874, pi. 177 e 178,
e Choiseul-Gouffier, Yoijagc pittoresqiie de la Grece, voi. II. pag. 276,
pi. 26 e 27.
S84 LA FARSALIA. [Lib. VII.
alla tomba d'Alessandro, sulla quale sono istoriate rovine
di città, campi distrutti, dolori e stragi di popoli, (lumi
tinti di sangue: poi l'incontro del guerriero romano colla
bella Cleopatra, le loro lascivie, le pratiche per riconci-
liarla al fratello, e il lieto connubio di essi. Quindi la
festa nuziale splendidamente descritta, con le gioie del
popolo alessandrino, le musiche e le pompe e i regi con-
viti e le mollezze e il fasto egiziano. Dopo il rumore
della festa, a Cesare piglia vaghezza di sapere delle cose
più singolari di Egitto, e il sacerdote Acoreo gli ragiona
partitamente delle fonti e del corso del Nilo, e delle
cause per cui cresce ed allaga e feconda i campi. Ma in
questa si «eccita la guerra dall'eunuco Potino, consigliere
della uccisione del Magno, e da Achilia, duce supremo
delle armi egiziane congiuranti contro Cesare e la regia
druda. Formidabile oste assedia la reggia: e Cesare
scampa da pericolo estremo ardendo le navi nemiche,
riparandosi all'isola di Faro, e combattendo animoso
contro ogni ostacolo.
E qui si arresta rotto il racconto, in ogni parte del
quale si sente la mancanza delle ultime cure, che tol-
gono il troppo e il vano, che temperano i primi ardi-
menti, che accarezzano la forma, e danno perfezione ad
ogni opera d'arte. De' suoi difetti molto fu detto, e molto
può dirsi: e prima di tutto, che sbagliò prendendo a
eroe del poema un uomo che, specialmente nell'ultima
gueri'a, non fece nulla di eroico: può dirsi, che l'alTcUto
politico non di rado lo indusse a calunniar Cesare a cui
nega anche le virtù di sommo guerriero, e a declamare
e a contradire alla storia: ma l'opera sua, che nel tutto
non è quale si conviene a poema, nelle parti è ricca di
splendidi versi, di belle descrizioni, di eloquenti arrin-
ghe, di vigorose pitture, di caratteri disegnati con felice
ardimento, di nobili alletti, di forti pensieri. Ardente è
in lui r amore della libertà e delia giustizia, per cui ce-
Gap. V.] AMORE ALLA LIBERTÀ E ALLA GIUSTIZIA. 885
lebra il santo petto di Catone, ricoverante in sé la virtù
bandita dal mondo, e pronto a olTrirsi olocausto al fu-
rore degli empi ambiziosi, cjuantunque senta che per la
patria non avvi più scampo *. Il poeta ha culto per tutti
quelli, che alle parti della cieca fortuna anteposero le
ragioni dell'onesto, ed eloquentemente impreca alla rab-
bia civile, maggiore di ogni umana scelleratezza, e ma-
ledice ai campi, dove si combattè per un uomo, non pel
diritto. A ogni tratto torna sui mali infiniti della guerra
civile agognata, e seguita per avere impunità nei delitti,
e per fuggire l'inopia mettendo le mani nell'altrui roba:
uomini venduti per trucidar padri e fratelli; stragi di
cui piansero i pii negli Elisi, ed esultò Catilina^; e che
portarono la morte di un popolo e la desolazione di Roma
e d'Italia, e, più grave di tutti i mali, la servitù, traman-
data anche ai tardi nipoti, innocenti del sangue fraterno
versato negli scellerati campi farsalici. Egli vede la libertà
fuggire spaventata dalle nostre contrade al di là del Tigri
e del Reno, e lo contrista il pensiero che sia partita per
sempre 3. Pure sembra confidare nella universale con-
cordia, e la invoca, perchè salvi il mondo dalla tiran-
nide '*, e sostiene che il diritto non può essere ucciso
per forza di armi ^ da quelli che credono gli Dei non
curanti del volgo, solleciti solo dei grandi, e il genere
umano destinato a servizio e a benefizio di pochi '', e si
augura che la hbertà torni a far ludibrio dei crudeli
ladroni, che la servitù ha posti sulle are'. Insomma,
sotto l'obbrobrioso giogo dei Cesari, Lucano in mezzo
a un popolo di schiavi cantò il regno delle lib-Tc leggi.
1 Pìuir.ia!., U, 3:10-3-22, IX, 560-383.
2 PharSid., VI, 7SS e segg.
3 Pharsal., VII, 132, 632-ClO.
4 PharsaK. IV, 1S9.
r. Pharsal.. V, 30.
G Pharsal, V, 310-313.
~ Pharsaì., X, 25.
Vannucci — Storia dell'Italia antica
S86 PERSIO P0F:TA DEGLI STOICI. [Lib. VII.
il pensiero delle quali tenne vivo l'ardore della sua anima,
e fra molte declamazioni gli détte accenti di grande pas-
sione e di vera eloquenza, in questa Farsalia che egli
sentì nata a vita immortale (").
Amico a Lucano fu Aulo Persio Fiacco nato di famiglia
equestre a Volterra, e perito anch'egli nel fiore dell'età.
Venne a Roma di 12 anni, frequentò grammatici e re-
tori, presso i quali conobbe l'autore della Farsalia, e poi
si legò di grande amicizia ad Anneo Cornuto filosofo
stoico, cui fu assiduo compagno, e lo ebbe qual padre,
e ne prese a regola della vita le austere dottrine. Bello
è sentire con quanto affetto più tardi ringraziasse il mae-
stro di averlo illuminato coi raggi della sapiente ragione,
e nutrito di socratica dottrina, e ridotto al diritto cam-
mino, mentre il secolo guasto tentava di travolgerlo nelle
sue turpitudini: ed è pure bello a vedere, che il poeta,
mentre rivela la gratitudine dell'ingenuo e candido animo
in questi cari ricordi, addolcisce il suo duro eloquio, e
pigha quasi abito nuovo dal gentile argomento *. Venerò
con esso gli altri uomini più lodati di integra vita, e
nella pratica della severa virtù degli stoici ebbe per dieci
anni a guida anche Trasea suo parente, da cui fu ca-
ramente diletto. Era un giovinetto bello d'aspetto, di
dolcissimi costumi, di verginale verecondia, sobrio e pu-
dico, pio alla madre Fulvia -Sisennia, che con sollecita
cura lo educò nei primi anni, alla sorella, alla zia e al
venerato maestro Cornuto, al quale, morendo, fece dono
dei suoi libri e di molta pecunia, che lo stoico, pren-
dendo i libri, rese agli eredi naturali del caro discepolo.
Mori a 28 anni (787-815 di R., 34-62 di C.) di malattia
allo stomaco, che per avventura lo salvò dai più crudeli
(") l'hars/'Ha noshui
Vii- et, et a nuìlo tcncbris dn.mnabiiv.r ceco (IX. 085-080).
Gap. V.]
PERSIO POETA DEGLI STOICI.
8S-;
<ìestini, riserbati ad ogni anima libera sotto Nerone, e
Persio [Righelli^ ConìpMoyllo^ voi I, tav. !0;.
fu sepolto all'ottavo miglio della via Appia dove aveva
i suoi fondi (").
Compose versi in lode di quella Arria, clie si uccise
(") Cosi nella vita «li lui che fu attriljuita a Svctonio. e in-I i itolo 'ìi-
<'esi tolta dal commentario di Probo: Yita Auli Persi Flacci de comen-
tario Probi Valerti suhlata. Reitferscheid, Svctoni Tranquilli .... reti
fjHÌae, pag. 72-75 e 394-398. Vedi an'-he de Martini, De L. Annc.eo
Cornuto philosopho stoico, Lugduni Hatavorum 1825, pai;-. 38-41, e
Hoitsfnia. Dispjiiatio histnricn de P. Throsec Poeto, r.i-nnin'jac 1852
l-aL!. 32.
888 LA MORALE DELLE SATIRE DI PERSIO. [ Lib. VIL
per incuorare il marito alla morte; ma era tardo allo
scrivere, e lasciò poche cose, la più parte delle quali fu-
rono da Cornuto soppresse a scanso di guai *. Nei 664
versi, componenti il piccolo libro di Satire che ci è rima-
sto, egli ispirato dall'antico Lucilio comincia col flagel-
lare poeti, oratori, e lo stesso Nerone, e, poeta degli
stoici, tratta in poesia le austere dottrine, di cui altri
dissertavano nelle scuole: ed è sempre mesto, accigliato,
iracondo, parco e ruvido nelle parole, e spesso contorto
e oscuro per noi. Del che sono causa le qualità del suo
ingegno, la ricerca della soverchia energia, la vaghezza
di apparire profondo, e lo studio di porre molte idee
nel più stretto spazio possibile. Pure il piccolo libro gli
acquistò molta e vera gloria ^, e al suo comparire destò
ammirazione, e tutti se lo rapivano («). E anche oggi
può intendersi questo entusiasmo, perchè chi abbia pa-
zienza di studiare attentamente quel libro, tra le molte
contorsioni vi trova stile nervoso, e felici espressioni, e
tratti vivissimi e degni di esser mandati a memoria: e
trovato il pensiero, che sta sotto l'oscuro dettato, si
ammira la pura morale, i nobili sentimenti, l'odio pro-
fondo al vizio, e quell'alto amore della virtù, in cui sta
tutto lo stoicismo di Persio. Egli insegna l'onestà, da lui
praticata, cerca il sommo bene morale colla severità dei
sapienti, ha culto per la libertà e per la ragione, sati-
reggia fieramente i filosofi, i dissoluti che mettono il
sommo bene nel ventre, gli ambiziosi, gli avari, i super-
stiziosi, e gli scellerati voti fatti in segreto agli altari
da chi per libidine di ricchezza anela alla morte de'suoi.
La religione pone soprattutto nel cuore: le ricche offerte
C^) Ediiiim libriim coìilinun .ulrcri homlnes et diripere coeperiint.
Persii vita, loc. cit.
1 Persii vita, loc. cit.
2 Q'iictiliano, X, 1, 91.
Gap. V.] GIOVENALE. 880
dice ingiuriose agli Dei, quasi si credano avere 1 brutti
costumi degli uomini, e stima che un tenue olocausto,
offerto con cuore puro e con petto caldo di generosa
virtù, sia più accettevole di un gran sacrifizio, fatto
con turpe coscienza *. Egli ritrae malinconicamente la
corruzione profonda dei tempi neroniani, e ci mostra le
idee religiose, morali e politiche degli stoici, dei suoi pa-
renti, dei suoi amici, dei suoi maestri, tutti uccisi o
proscritti dalla tirannide ; le idee e gli affetti di quei nobili
e forti filosofi, presso i quali erasi rifugiata, come in
ultimo asilo, la coscienza del genere umano. E quindi il
suo libro può essere di grande aiuto alla cognizione di
questi bruttissimi tempi (").
Con ira potente e con ingegno molto più ricco i brutti
costumi romani furono ritratti e satireggiati da D. Giunio
Giovenale, delle cui particolari vicende sappiamo con
certezza poco più di ciò che ne disse egli stesso, quan-
tunque parecchi scrivessero di lui in antico, e molto ne
abbiano disputato i moderni (''). Visse per quanto sembra
(") Per ciò che riguarda la filosofìa stoica nelle Satire di Persio vedi
>>'i.?ard. Perse ou le stoìcisme et les sto'iciens, ìnPoètes latins, I, 201-262;
Martha, Un poète stoìcicn à Pome, nella Revue des deux moìides, lo
septembre 1863, pag. 291, e {•a. Moralistes, p. 125-190; Ferraz, De stoica
disciplina apud jpoetas romanos, Lntetiae Parisiorum 1862, pag. 107, ecc.;
Knickenberg, De ratione stoica in Persii satiris apparente, Mùnster 1867.
Vedi anche Breuker, A. Persius und seinc Zeil, Mòrs 1866.
(•^) Per ciò che fii .scritto della vita di Giovenale vedi le sette piccole
biografie antiche raccolte da 0. Jahn nella sua edizione delle satire cum
scholiis veterihiis, Berolini 1851, pag. 386-390, e Francke, iS'a.'amen cri-
ticìim luvenalis vitae, Altona 1820, e De ■cita luvenalis quaestio altera,
Dorpat 1827; Bauer, Kritische Bemerkungen ueber einige Nachrichten
aus d. Leben des luven., Regensburg 1833, e Pinzger in Jahn Jahrhiicher,.
1835, voi. XIV, pag. 259-279; B. Borghesi. Intorno all'età di Giovenale
in Giorn. Arcad., 1847, voi. 110, pag. 185-216, e Opere, V, pag. 49-76;
Sinnerberg, De temporibus vitae carminnmque luvenalis vite consti tuen-
1 Sat., ir, 10-75.
890
GIOVENALE.
[LiB.VlI.
dai tempi di Claudio a quelli di Adriano (800-883 di R.,
47-130 di C.) e fini all' età di circa 83 anni secondo al-
cuni a Roma, e secondo altri sulla terra d'esilio.
Aquino (Poliorania Pittoresco^ 1S3'), pag. \'~i).
Era nato nell'antica città d'Aquino ', sorta splendida
e popolosa presso al luogo in cui ora sta la nuova città
erede del vecchio nome, dove ancora lo ricorda un'epi-
dis, Helsingloi-,-; 186G; Tcullel, Ge^ch. dar rum. Lxlterat., Leipzig 1870,
pag. GG4-G65; Tamagni, Storia della letteratura romana continuata da
France&co d'Ovidio, Milano 1874, pag. 418-420; Vescovi, Prefazione
alle satire voltate In versi italiani e annotate, Firenze 187."): h'riedlaen-
•l<'i\ Be luvenalis vitac temporibus, Kònigsberg 1875.
iovonp.le, Sai., Ili, 31!'. V.'iii anche sopra, vul
p. 231.
Gap. V.] Ci IO VENA LE. 891
grafe dedicatoria posta nel tempio di Cerere Elvina K
Nella prima metà della vita frequentò per suo passa-
tempo le scuole dei retori, e in sue declamazioni consi-
gliò, come egli dice, a Siila di tornare a vita privata per
dormire sonni tranquilli -. Nella citata iscrizione si vede
che attese anche alla milizia e fu tribuno della prima
coorte dei Dalmati, la quale sappiamo che stette per più
anni in Britannia: ed egli afferma anche di aver visitato
l'Egitto di cui vide la ferina barbarie, e ricordò due vi-
cine città battaglianti ferocemente per fanatismo di re-
ligione, e un cadavere dei vinti straziato e bestialmente
mangiato crudo dai vincitori ^.
In età matura si détte a scriver le satire e per causa
di esse, sotto colore di ufficio miUtare ebbe l'esilio, del
quale non si sa con certezza ne l'autore, ne il tempo,
né il luogo, né la durata («).
Molte le dispute moderne, specialmente in Germania,
anche sull' autenticità dei suoi scritti ('0- Noi tenendo
per autentiche le sedici satire, quantunque guastate in
(") Sidonio Apollinare {Car-m. , IX, 270) lo dice esule di un adirato
istrione: e questo istrione si tenne generalmente esser Parise (Vedi
Sat., VII. 88 e segg.) potente alla corte di Domiziano. L'esilio è posto
sotto Nerone da un biografo e da uno scoliaste {Sat., VII, 92), da altri
sotto Traiano, da qualcuno sotto Adriano, e -dai più degli autori negli
ultimi tempi di Domiziano: ma a questo contrasta Marziale, attestando
{Epigr., VII, 24 e 91, XU, 18) che il suo amico Giovenale negli ultimi
tempi di Domiziano era a Roma. Quattro biografi lo dicono esiliato in
Egitto, e due in Caledonia sotto il pretesto di far la guerra agli Scoti.
Secondo alcuni egli muore a Roma, secondo altri in esilio: e tino ne
protrae la morte fino ai tempi del buon Antonino: decessit lonrjo .senio
confectus exul Antonino Pio imperatore.
[^) I nomi e gli argomenti dei demolitori si possono vedere nella so-
praccitata Prefazione del Vescovi a pag. LVI e segg.
1 Mommsen, Inscr. E:jni Xeap. j 1312: Henzen , ó'MK Per Cerere Elvina vedi ancha
Giovenale, III, 320.
•2 Sat.^ ], 15-17.
3 Sat.^ XV, 31-'J2.
892 PITTURE DELLE BRUTTURE DI RO:\IA. [Lib. VII.
più luoglii per opera d' interpolatori e copisti, e quindi
lasciando da parte queste contese, e considerando il
poeta sotto il rispetto dell'arte, della verità storica e
della morale ("), diciamo che anche in lui vi sono decla-
mazioni e luoghi comuni, appresi alle scuole, e asprezze
di stile, ed esagerazioni nelle pitture del male: ma quelle
Satire, uscite da vena abbondante e sapientemente com-
poste, mostrano ingegno creatore, imaginazione ricca e
potente, animo alto, nobile ira contro i vizi di tutte le
classi, e dipingono egregiamente le lordure dei tempi, e
sono di molta importanza alla storia, cui danno numero
grande di ragguagli minuti sugli usi, sugli scandali, e su
tutta la vita privata della Roma imperiale. La vista delle
romane brutture eccita la bile al poeta, ed egli non ride,
perchè questi non sono davvero tempi da ridere, ma in-
dignato mena attorno il flagello, e percuote gli eunuchi
che prendono moglie, le donne che si espongono mezzo
nude alle lotte del circo, i liberti che avanzano in lusso
i patrizi, i causidici fatti ricchi colle delazioni, gli ar-
ricchiti coir avvelenare i parenti, col far carte false, e
col rendere servigii notturni alle vecchie; i tutori che
hanno spogliato i pupiHi, i ladri delle province, i ricchi
che profondono il patrimonio in cavalh, le donne maestre
nel mescer veleni ai mariti, i quali prostituiscono le
(^) Per gli studi fatti recentemente su Giovenale sotto questi rispetti
vedi Nisard, Etudes sur les poètes latins de la décadence, Paris 1834, II,
pag. 101-174; Vòlker, Juvenal, ein Lebens-und Charakterbild j Elberfeld,
1851 ; Martha, La Socicté romaine- Juvenal, in Moralistes sous Vempire
romain, Paris 1864, pag. 315— U2; IMunding. Veher die Salircn des Ju-
venal in religióse)' und sittlicher Bedeutung , Rottweil 1865; G. Leh-
mann, Andquilafes romanae domcsticac in luvenalis satiris illustratae.
Halle 1869; Widal, Juvenal et ses satires, Études litléraires et mura-
les, Paris 1869; Boissier, Juvi'nal et son temps, ìa.Iìev. des deux mon-
de s, ^nin 1870, pag. 141-174; Doetscli, Juvenal, ein Sittenrichter seiner
Zeil, Leipzig 1874; Strube, De rhetorica luvenalis disciplina, Branden-
Luig 1875.
Gap. V.] PITTURE DELLE BRUTTURE DI ROMA. 893
mogli, e accettano l'eredità dei drudi; i suoceri corrut-
tori, le nuore vendute, i giovinetti adulteri prima di
spogliar la pretesta; il furore del giuoco, gli eccessi della
gola, del lusso e della libidine, le perfidie, i desiderii
sfrenati, i capricci insolenti, il vizio e il delitto sotto
mille forme diverse. Qui abbiamo le turbe dei clienti
affamati, che empiono gli atrii, e invano salutano e cor-
teggiano per una sportula i sordidi patroni. Qua filosofi
ipocriti, che vivono in baccanali e si fìngono Curii, e
sotto orrido aspetto celano i vizi più infami: là Greci
intriganti che invadono la città, uomini agili d'ingegno,
audaci, pronti di lingua, professanti tutte le arti per in-
trodursi nelle case dei ricchi, ove adulano sconciamente,
e fanno da buffoni e da spie. Altrove Giudei mendi-
canti, alloggiati nel tempio e nei boschetti di Numa, da
cui furono cacciate le Muse. Poi magistrati corrotti ,
imitanti nel vestire la mollezza femminile; i cinedi, che
si lamentano degli scarsi guadagni di loro faticoso me-
stiere; gli sconci parasiti, che pongono la suprema fe-
licità nel vivere a spese altrui, e sono maltrattati e av-
viliti dai ricchi, più spregevoli di essi; i senatori, che
Domiziano aduna in Alba a consulta per sapere come
debba cucinarsi un gran rombo; le arti infinite dei
captatori di eredità; la misera condizione dei professanti
le lettere, e i poeti ridotti ai più vili uffici per vivere;
le infamie di chi spergiura e froda e ruba e nega il de-
posito ; la vanità dei voti umani; la insolenza soldate-
sca; i poveri spregiati e battuti; il popolo folleggiante
nelle fazioni del circo; e, in breve, Roma descritta coi
suoi principi e cortigiani e clienti e patroni, colle orgie,
colle infinite miserie e con tutti i vizi che accompagnano
la tirannide e la servitù.
Parte non piccola in queste satire hanno le donne e
i nobili, orgogliosi delle imagini e delle glorie degli avi.
I nobili, che Persio ritrae ignoranti, superbi di loro ric-
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 112
894 I NOBILI E LE DONNE NELLE SATIRE DI GIOVENALE. [Lib. VII.
chezze, sconci per malattie trovate nel vizio, ricoprenti
coll'oro turpissime cose, usi a starsi le giornate intere
nel letto a smaltire la crapula delle orgie notturne *,
compariscono siflatti anche in Giovenale, che ce li mostra
alle crapule , al giuoco , affogati in lussurie. Rarissimo,
egU dice, incontrare uno di costoro che sia onest' uomo :
raro fra essi il senso comune. Dispregiano la plebe , e
sono costretti a domandarle l'oratore che difenda i loro
diritti. Alcuni falsificano testamenti davanti alle statue
trionfali degli avi, o vanno per occulti calli la notte a
insidiare i talami altrui, e sono tutti in cavalli, e spen-
dono più nel cuoco che nel precettore dei loro figliuoli:
altri giacciono tra ruffiani e bagasce per le taverne, fanno
da buffoni in teatro e da gladiatori nel circo -.
Le donne sue sono perdute dietro a commedianti, a
gladiatori, ad atleti, e ad eunuchi, con cui non vi è bi-
sogno di abortivi: ubriache menano orgie notturne nel
tempio di Iside, ricetto di prostituzione. Usano canti
magici e filtri per imbecillire gli sposi, e incantesimi per
destar furori lascivi. Avvelenano i ligliastri, fanno strazio
del marito che le ama, gh rovinano la roba e l'onore,
e poi stanche lo lasciano per mettersi in braccio di altri.
Orgogliosissime quelle che, uscite dalle case patrizie, por-
tano in dote i trionfi degli avi. Yi sono donne che tutto
fanno alla greca: in greco parlano, si adirano e sfogano
gli affetti: vanno in succhio alla greca. Le novelliere
corrono portici e piazze, si cacciano pei ridotti, fermano
cittadini e stranieri, discorrono della cometa, della guerra,
della politica. Sanno qual matrigna ami il figliastro o gli
prepari il veleno: sanno la cronaca scandalosa dei va-
gheggini, sanno chi amoreggi la vedova, e anche altre
cose più arcane. La sputasenno loda a mensa il cantore
di Enea, s'intenerisce per la povera Elisa, paragona
1 Porsio, Sat.. Ili, i?< e segg., 58-59, IV, 33-11.
S Giovenale Sat., II, 113-158, VII, 178-187, e Vili, 1 e sogg.
Gap. V.] CONFORTI ALLA VIRTÙ'. 895
Omero e Virgilio, fa imo strano rumore di parole. Di-
sputa anche del sommo bene, e per giunta è purista, e
guai al marito se gli scappa un solecismo. La ricca si
crede lecito tutto, e nulla tiene turpe, quando ha il collo
adorno di smeraldi, e le orecchie di grosse gemme. Col
marito ha la faccia sozza di empiastri, e ogni suo studio
è nel farsi bella pel drudo: per esso l'oro, le perle, le
splendide vesti, i profumi dell'India. Tutte consultano
di strane cose chi fa professione di predire il futuro. Le
ricche vanno a donne giudee, e ad astrologi, ad auguri
d' India e di Frigia, e al vecchio Etrusco sotterratore dì
fulmini: le donne del volgo consultano cerretani di piazza.
Ma le plebee almeno soffrono i pesi e i perigli del parto,
e le fatiche dell'allattare e allevare i figliuoli, mentre le
ricche bevono medicamenti per non partorire *.
Tutto egli dipinge con vivi colori, e consacra all'in-
famia ogni opera iniqua, aggiungendo nobili conforti al
bene. Volge crude rampogne e severi precetti ai parenti,
che coir esempio corrompono i figli 2, Dice la vendetta
piacere di inferma e misera anima: predica la rigida
virtù degli stoici, di cui l'aspro sentiero può solo guidare
a vita tranquilla 3. Rammenta che il peccato porta sempre
seco la pena, che il reo, anche assoluto dall'avaro giu-
dice, ha nella coscienza la condanna e il rimorso tormen-
tatore, e che anche il solo pensiero della colpa fa l'uomo
colpevole*: prescrive di chiedere agli Dei mente sana
in corpo sano, e animo non pauroso della morte ^; si
scaglia contro il fanatismo religioso che conduce alle
stragi, e riprova quelli che non rendono servigio a chi
non è di loro setta ^. Discorre nobilmente dell' obbligo
1 Sat., VI dal principio alla fine, XI, 181-1S7 Conf. Marziale, I, 35, II, 1, 3J, IV
Vili, SI, X, 63, CS, XI, 50.
2 Sat.. XIV, 41-58.
3 Sat, X, 363-361, XIII, lSO-192.
4 Sat., XIII, 1-1 e 192-207.
5 Sat., X, 356-357.
6 Sat.. XV, 1 e segg., XIV, 103-101.
896 AMORE DEL BUONO E DEL BELLO. [Lib. VIL
dell'educazione dei giovani, e benedice alla memoria degli
avi, che il precettore vollero venerato come padre dei
loro figliuoli, e tenevano per capital delitto, se un giovane
non si alzasse al comparire di un vecchio *. Alle sfrenate
libidini di Roma oppone i puri costumi di altre genti 2,
e a chi divora grossi patrimonii in un pranzo insegna
che poco è necessario a viver felici 3. E poteva confor-
tare col suo esempio i precetti, perchè visse parco, be-
veva in tazze plebee comprate a vii prezzo , e alle sue
modeste cene leggevasi Omero e Virgilio, senza canti ne
danze di lascive fanciulle ^.
Può dirsi che per amore di effetto sceglie spesso i più
forti colori, e carica il quadro delle orgie e dei vizi ro-
mani; ma non è vero, come altri disse, che siaselo un
declamatore d'ingegno, e un uomo indifferente ai vizi
mostruosi, di cui fa la satira. Egli ha amore ardente al
buono e al bello, e odio implacabile al male. E mentre
con dolce malinconia ricorda lo schiavo che sospira alla
madre lontana, alla povera capanna e ai noti capretti ("),
l'indigoazione gli detta versi ricchi di forti bellezze , e
questi fanno spesso sentire che la parola parte verace-
mente dal cuore , e mostrano lui ispirato , originale ed
eloquente poeta.
Settanta esametri stampati la prima volta come antichi
nel 1498 a Venezia, e recentemente condannati come
spurii in Olanda^, e difesi come antichi e autentici in
{") Suspirat loiigo non visam tempore matrem.
Et casidam, et notos tristis desidei'at hacdos.
{Sat., Xr, L52-lo3).
» Sat.. VII, 2i)7-210, XIII, 5r!-5?.
2 Sat.^ III, ICS-ITO, VI, IGG-I«0.
3 Sat., I, i:r., XI, 115, ecc.
4 Sat., XI, 01-180. Tonf. Kivio, XXXIX, C; Marziale, V, 78, 2r,-2><, e Macroljio , Sat..
II. 1.
5 Boot, Commentatio de Sulpiciae quae fertili- satira.. Amsterdam 18C8, negli Atti
dell'Accademia dei Paesi Bassi. Vodi anche Teuffel, Gesch. der ròm. Lilteratur., 305, fi.
Cap. V.] SATIRE DI SULPICIA E DI TURNO. 897
Italia *, posero tra i satirici latini anche una donna, Sul-
picia matrona romana già famosa pel suo amore al ma-
rito Galeno celebrato in teneri versi ^.
Quando Domiziano die' bando ai filosoli , essa lasciò i
versi leggieri , e in altro metro domandò , se volevasi
mutar gli uomini in belve e distrugger l'Impero, fondato
colle armi e retto colla sapienza; e pensava di partire
dalla città desolata, in cui era gloria e felicità l'ignoranza.
Ma la Musa, diletto unico della sua vita, la conforta a
star di buon animo, perchè i decreti di un mostro non
possono spegnere la luce del sapere nel mondo, e la per-
secuzione ricadendo sul capo di lui farà sì che perisca
coperto di eterno odio: e le Muse amiche a Roma ri-
marranno con Egeria nei laureti e nei fonti di Numa.
Anche Turno, un liberto potente alla corte di Tito e
di Domiziano ^, si volse con grande animo alla satira,
e per quanto può argomentarsi da una citazione di esso '■
relativa a Locusta già infame maestra di veleni nel pa-
lazzo imperiale, sembra che inveisse contro la crudeltà
di Nerone con ardenti e nobili versi, i quali sono ricor-
dati con molta lode più volte anche nei secoli appresso (").
(«) Marziale, VII, 97, XI, 10; Rutilio Numaziano, Iter., I, 603-604; Si-
donio Apollinare, Carm., IX, 206; Lido, De niagistralibus, I, 41; Boisso-
nade, Sur Turnus , Satirique latin à l'occasion d'un passage de Lydus,
in Critiqiie littéraire sous le premier empire,Va.YÌii 1865, voi. I, pag. 320-325.
pubblicato dal Colincamp il qiialn a pag. 125 nota che i 30 versi contro
i poeti dei tempi Neroniani [Indignalio in poetas Neronianorum tem-
porum), creduti antichi dal Wernsdorf e dal Burmann, non sono di Turno,
ma di I. L. G. Balzac, e si trovano a pag. 38 del tomo III delle sue
opere stampate nel 1665 a Parigi. Su ciò vedi anche L. Quicherat. in
Revue de Vinstruction pullique, Paris 1869, pag. 341-345.
1 Sulpiciae Caleni satira recensuil Dominicv.s CaruttL Augustae TaurÌDorum, Estr.
dalle Memorie dell' Accademia delle Scienze di Torino^ serie H, tomo 28.
2 Marziale, X, 35 e 3S ; Ausonio, Idilli XIU in fine; SiJonio Apollinare, Carni. ^ IX,
2-j8-259 .
3 Schei, ad luvenal., Fiat.:, I, 20.
4 Schei, ad luvonal., Sat.. 1,71.
898 IL SATIRICO DI PETRONIO ARBITRO. [Lib. VII.
Descrizioni e satire di costumi sono pure i romanze-
schi racconti di Petronio Arbitro e dell' affricano Apu-
leio ("). Di Petronio non sappiamo nulla di certo quanto
alla vita , né è chiarito se sia quel voluttuoso , che ve-
demmo maestro delle eleganze alla corte di Nerone \
a cui in qualche parte somigha (*). Comunque sia, il Sa-
tirico, scritto come la satira menippea varroniana {") in
prosa mista di versi, ha graziose narrazioni, contaminate
da grandi sconcezze, e notizie importanti sugli usi e sulle
istituzioni del tempo. Vediamo per esempio il pretore di
Napoli incaricato della polizia sugli abitanti e sui fore-
stieri, e il suo littore, che inscrive il loro nome, la patria,
la professione, lo scopo dei loro viaggi sopra un registro
pubbHco, e visita a questo fine le locande della città; e
le guardie e il procuratore del quartiere accorrenti la
notte a quietare i tumulti e ad estinguer gU incendi, e
il pubblico banditore che va in cerca di un ragazzo smar-
rito, e ne dà i connotati, e promette mille nummi di
mancia a chi aiuti a trovarlo -. La scena ora è a Napoli,
ora a Crotone. Il racconto, che viene spesso di vena, pro-
cede disordinatissimo: diresti l'autore ebbro, come i suoi
personaggi, le cui buffonesche e stravaganti avventure
danno occasione a descrivere le ridicolezze e i grandi vizi
C) Un confronto tra essi può vedersi in Chassang-, Hisfoirc du roman
et de ses rapports uvee l'histoire dans l'antiquitc (jrecqiie et latine,
Paris 1862, pag. 104 e segg.
(^) L'autore, chiunque sia, ora si tiene vissuto ai tempi di Nerone.
Vedi Studer, Ueber das Zeitalter des Petronius Arbiier, in Rhein. Mu-
seum, 1813, voi. II, pag. 50-92 e 202-223; BUeheler nella sua edizione
critica, Berolini 18G2; e conf. Reck, The age of Petronius Arhiter ,
Cambridge (America) 185G, il quale Io pose ai tempi di Augusto e di
Tiberio.
<^) Pei vei'si sulla guerra civile vedi le dissertazioni del ?»Ioessler ci-
tate sopra a pag. 879.
1 Vedi sopra a pag. 112.
2 Salyric, 15, 7S, 90 e 'Jl.
Cap. V.] IL SATIRICO DI PETRONIO ARBITRO. 899
del secolo. Si parla di morale, di filosofìa, di eloquenza,
di declamazione, di poesia, di poeti fanatici, e di ridicoli
recitatori di epigrammi, che il pubblico piglia a sassate.
Siamo sempre in mezzo a giovani discoli, a vagabondi, a
novelle di garbugli, di filtri amorosi, di sconci misteri, di
feste priapee, di servi m.inistri a lussurie, di zingari, di
vecchie maliarde, di meretrici furiose, e di altre lordure.
Vi sono canti, danze e tripudii, che ci apprendono orribili
eccessi. Trimalcione tipo dei liberti divenuti opulenti e
potenti per via di sporcizie, di industrie e di usure, dice
ai suoi commensali : « un po' di cervello è ciò che fa gli
uomini, e tutto il resto è quisquilia : ognuno vale quello
che ha: siate ricchi e sarete stimati: così io che fui rana,
ora son re K » La sua casa splendida di marmi e capace
di mille ospiti offre l'esempio estremo del lusso e del fasto
dei nuovi ricchi. Egli misura a staia i quattrini, copre
il mare colle sue navi, ha un popolo di servi, e tanti
fondi, quanti ne volano i nibbii. Grossolano, si ubriaca,
bastona e chiama vipera la moglie che lo aiutò ad ar-
ricchire, ed ella chiama lui cane: si tiene dattorno schiavi
liberati dagli ergastoli, retori e poeti affamati , e mara-
viglia tutti coi portenti delle sue cene , alle quali parla
disordinatamente e barbaramente di tutto, e dice grandi
spropositi, e i suoi convitati lo gridano filosofo superiore
ad ogni altro. Ivi si cantano poesie; egli Omeristi, una
specie di comici, recitano squarci dei poemi d'Omero. Vi
è l'eloquenza del vino. I commensali brilli parlano alle-
gramente e argutamente in lingua plebea con proverbii
e solecismi e arcaismi e riboboli -, e saltano di palo in
frasca, contando novelle scandalose di amori fra le pa-
drone e gli schiavi, e aneddoti di spettacoli e di gla-
diatori. Vituperano gli edili , che sono d' accordo coi
fornai per far patire la fame ai poveri, e dicono che la
1 Satyric, 75 e 77.
2 Su ciò vedi Ludwig, De Pelronii Sermone pleheio^ Lipsiae 1S70.
000 APULEIO ORATORE, POETA. MAGO, FILOSOFO, ECC. [Lib.VH.
miseria viene dalla miscredenza; e increduli essi mede-
simi narrano che una volta le donne andavano a pie
nudi e coi capelli sparsi a chiedere a Giove la pioggia,
e tosto pioveva a diluvio : e che si curano oggi gli Dei
quanto i sorci, e quindi le campagne languiscono. Altri
parla della letteratura, che non dà da mangiare, e celebra
come più profittevoli le arti di barbiere e di banditore.
Dicono anche molto male delle donne, esseri del genere
(lei nihhii, cui non bisogna far bene, perchè è come but-
tarlo nel pozzo K
Lunga e sanguinosa satira contro le donne è pure il
romanzo di Lucio Apuleio -, nato a Madaura, colonia ro-
mana dell'Affrica, e fiorito ai tempi degli Antonini. Studiò
dapprima a Cartagine, poi ad Atene : quindi acceso dal-
l'amore d'ogni sorta di studi corse per dieci anni l'O-
riente, la Grecia e l'Italia; attese soprattutto a indagare
le religioni dei vari paesi, e j^er amore del vero, e 2^er
dovere verso gli Dei si fece iniziare a tutti i misteri.
Consumato l'aver suo in viaggi e beneficenze si ridusse
alla patria e rifece la fortuna coli' esercizio dell'avvoca-
tura e collo sposare una ricca vedova di Oea [TripoliJ
molto più attempata di lui. I parenti di essa gli mossero
causa, accusandolo di aver usato sortilegi e magie per
ottenerne la mano. Ma egli valentemente si difese da-
vanti al proconsole d'Africa, e, confusi gli accusatori,
visse lieto degli affetti domestici, onorato di statue e di
ufficii sacerdotali a Cartagine, riverito pei trionfi della
sua universale eloquenza, consultato per la sua fama di
mago e taumaturgo ^, ardente fino all'estremo a improv-
visare e scrivere in greco e in latino, in prosa e in verso
opere serie e scherzose, speculazioni filosofiche, apparati
rettorici, orazioni, elogi ai proconsoli, storie, dialoghi,
l Sal'jric., \:>.
• Metarnorphoseon , sive de ashw aureo lilri XI.
3 Angustino. Epist. 13(! e 138; Lattanzio, Dii'i«. Instit.. V, 3.
Gap. V.]
OPERE UI LUCIO APULEIO.
<.)01
poesie epiche e liriche, satire, commedie e tragedie,
scritti di aritmetica di astronomia, di storia naturale, <li
medicina, di musica (^).
Lucio
Apuleio (Righetti^ C'anq}
id., I, tav
Di tutto ciò rimasero solo, oltre alle Metamorfosi, al-
cuni scritti filosolici , e 1' apologia , e più estratti delle
{") Fiorici., I, 9 e .^egg., e Apologia sive de magia, passim. La più
parte delle notizie della vita di Apuleio vengono dalle Floride e C.a.W Apo-
logia. Vedi Bos.scha, Be Appideii vita, scriptis, codicibus el edilionibus,
in Appuleii Oudendorpiani, tom. III, pag. 504-582, Liigduni Batavorura
1823; e Bétulaud, Apulóe , de sa vie et de ses ouvrages, nella sua tra-
fluzione francese, Paris 1862, nouv. édition, voi. I, pag. I-XXXVII.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. ) :;{
902 IL ROMANZO DELL" UOMO TRASFORMATO IN ASINO. [Lib. VIL
sue orazioni (Florida) che attestano i gusti letterarìi, le
idee religiose, e la vita sociale e morale del mondo ro-
mano al tempo degli Antonini, come dei grandi disor-
dini e della estrema corruzione sono rivelazione tristis-
sima le Metamorfosi, romanzo strano, senza disegno,
senza unità, senza carattere, senza verisimigiianza ,
scritto in lingua ruvida, barbara spesso, e oscura per
abuso di neologismi e per alTettazione di vecchie pa-
role, e piena di gonfiezze, e corrotta dall'uso volgare del
parlare affricano *. Vi dominano il misticismo, le magie,
e r odio alle donne, cui 1' autore dà solo la potenza del
male: le fa streghe e mostri di scelleratezze. Egli narra
le strane avventure di un uomo, mutato in asino per arte
d'incanto, e nel riferire le cose da esso vedute, passando
da uno ad altro padrone, ritrae i grandi disordini e le
orgie e i delitti di questi tempi. Si vedono bande di ladri
assalire le città in pieno giorno: giovani delle prime fa-
miglie, che corrono notturni le vie ad orgie e ad assas-
sinii; viaggiatori spogliati e uccisi; famiglie che si fanno
guerra a mano armata, senza che i magistrati interven-
gano; prepotenze di ricchi che spogliano e uccidono i
deboli, e mandano bestie nocevoli sugli altrui possessi a
danneggiare uomini e cose 2; prepotenze soldatesche;
tristissime condizioni di schiavi; sacerdoti infami più che
bagasce, i quali vendono gli oracoli ai contadini, e con
astute divinazioni si buscano dagli stolti pecunia e buoni
conviti; portenti di maghe, che cogli incantesimi conta-
minano i sepolcri e ne rapiscono i cadaveri ; delitti com-
messi per impeto di furiosa libidine; arti infmite di donne
facinorose, che ingannano e disonorano e uccidono i ma-
riti, matrigne inique ai figliastri, e altre indicibili abomi-
i Vedi Cavalin, De L. Apuleio scriplore latino, Lundae 18r>7, pag. 21 e òO , ecc.;
KTdmunn, De Apuleii etocutiodt' , Stendal 180J-, Kretschniann, De latinitate Apuleii ,
K.inijrsberg 180;); Koziol, Der SUI des L- ApuleiuR Fin BMtrnn zyr KevOmK (>e:i xo-
f/ennanlen ofrikanischen Laleins. Wien 1872.
2 fonf. Giovt-nalp. Snt.. XIV, llO-ir.:..
Cap. V.J (ILI EPIGRAMMI DI MARZIALE. 903
nazioni. E a tutto quel sucidume si mescolano le idee
filosofiche e il neo Platonismo, e gli intendimenti morali:
e in una caverna di ladri è il racconto degli amori di
Cupido e di Psiche, la più graziosa novella dell'anticliità
che altri suppose inventata per celebrare e raccomandare
il puro amor coniugale, come a protesta contro le immani
sfrenatezze del secolo (").
Lo spirito satirico si ritrova anche in M. Valerio Mar-
ziale, autore di oltre millecinquecento Epigrammi , pa-
recchi dei quali sono belli, eleganti, arguti, chiari, concisi,
altri mediocri e cattivi, molti osceni oltre modo: docu-
menti del molto ingegno e della servilità del poeta, e
del fango tra cui cogli altri si voltolò lungamente. Sono
come piccoli quadri di genere^ che accennano il lusso
smodato e le brutture di Roma, e hanno storie di zerbini
che vogliono passare per uomini grandi, di zanzeri pagati
100 mila sesterzi, di parasiti usanti ogni sorta di adula-
zioni per avere una cena; di commedianti, di giocolieri,
di spie, di calunniatori, di barattieri, di meretrici e ruf-
fiane, e di drude legali, che hanno fatto dieci volte di-
vorzio, e che sposano tutti gli amanti *. Ma tutte queste
ed altre sconcezze egli nota e satireggia per trovare ar-
guzia e materia da ridere, non per coreggere il male.
Mentre dichiara che tra le lascivie dei versi serba pura
la vita (^), nel ritrarre il laidume mostra che è solito a
praticare con esso, e vi si avvolge per proprio piacere
(«) Per 11' Metamorfosi ve<li Goumv, Be Apuleio fabularum scriptore
et rhetore j Paris 1859; Charpentier. Apnlccj hi Ecrirains latina de
r empire, Paris 1859, pai;'. 387-413; Prowelt. Apulre philosophe et ro-
ma ncAer , in Revue Britannique , dèe. 1873, jia^. 273-304; Jenniug, De
metamorphosibus L. Apuloii , tum de Apuleìi eptisodiis, tura de Ha
locis qui e Lucio Pairensi videntur translaii esxe, I.ipsiae 1871.
(*) Lascivo. ef!t nnbiff pagina, vita proba c^'t , I. T). Conf. VII, 55, <^-
XI, 15.
1 Epigr., I, \i' - 50, VI, 7, e- IX, IC. V<;(Ii anche Giovenale, Sat.. VI, 2*).
904 GLI EPIGRAMMI DI ^MARZIALE. [Lib.VII.
e ne parla per dare nel genio ai lettori *. Pei suoi arguti
versi presto ottenne gran fama a Roma, dove sui 23 anni,
verso il Gì dell'era volgare venne da Bilbili sua terra
natale nella Spagna Tarraconese. Egli stesso ci dice che
i suoi Epigrammi gli procacciarono in vita gli onori, che
altri conseguono di rado dopo la morte -. Per essi è mo-
strato a dito per la città, e dà gloria al suo secolo e al
suo luogo natale ^. Alcuno li sa tutti a memoria, e ne fa
la recita al pubblico *; altri gli spaccia per proprii ^: ne
sono piene le botteghe dei librai nell'Argileto ^, hanno
plauso alla corte ': cercati, recitati e lodati in tutta la
città, nelle Gallio tra le dehzie viennesi, in Britannia,
negli accampamenti tra le brine dei Geti, e per tutto l'Im-
pero in ogni luogo dove non siano orecchie di rustici e
barbari Batavi*. Pure fra tanta fama la povertà, a quanto
sembra, non lo abbandonò mai, quantunque per aver
denari facesse anche gli epitaffi pei morti ^: perchè conti-
nuamente si duole delle sue strettezze e delle misere
sportule mendicate con grande molestia nelle case dei
grandi '°, e ripete che la gloria non gli toglie il vuoto
alla borsa: dice che è mal vestito e gela nel verno, fa
suppliche per avere una toga, e tegoli per la sua povera
casa; chiede, e, senza guardare a ripulse, torna a richie-
der denari; e poi confessa esser meglio fare il ciabattino,
perchè le scarpe danno più pane che i versi, e chiama
stolti i parenti che gl'insegnarono le lettere, e prega che
altri non segua il mal consiglio di mandare i figliuoli a
1 Epigr.^ I, -.V), V, Ki.
« Epigr., I, 2, III, !»:..
3 Epig;:, IX, i»S, X, io:;.
4 Epigr., VII, -.1.
■''• Epigr., I, :'.((, :v:ì, :>:!, :>!, ><;, r.->, xii, ';:;
0 Epigr., I, I e US, XIII, ::.
- Epigy.. IV, 27, VII, W.
« Epigr., V, 1.'!, VI, (11. s-.', VII, Ss, Vili, (il, IX, ns, X, (/, XI, :!.
9 Epigr. , V, :ìI, VI, i>s, •.'!!, 5-.', OS, Tf!, VII, 1(1. !)ii, IX, •-':i, X, .'U, CI e fi:!, XI, l:!.
10 Epi!>t.. I, m, II, is, w, III, T, :ì^, V, 1:; <• 7-, vili, [■>. X, s-.>, XII, !»:',, XIII, :!.
Gap. V.] SCOXCE ADULAZIONI A DOMIZIANO. 905
grammatici e a retori *. Passati 34 anni a Roma ^ tra la
povertà e la viltà, dopo la morte di Domiziano si provò
vanamente a tentare la fortuna lodando Nerva e Traiano ^ :
e quando stanco delle brighe cittadine, dei fastidi della
toga, delle acri liti del tristo Fóro, degli atrii dei superbi
potenti e delle noie di ascoltar poeti, grammatici e cau-
sidici ''^ e punto da amore del suolo nativo, volle tornare
alla quota vita di Bilbili ^, Plinio dovè somministrargli il
denaro per fare il viaggio ^. Né se ne era stato dal chie-
dere umilmente ai potenti e a Domiziano ', del quale lodò
la grande mitezza, dicendolo più benigno di Giove, e tu-
tela e salute e gloria e padre del mondo, e caro a Roma
più di quello che mai fosse altro principe, e cantando i
buoni costumi, la rara felicità e la libertà del suo secolo *:
chiamando pudico e corettore dei pubblici costumi col
santo esempio e colla santa censura colui che teneva nel
suo letto la nipote maritata ad un altro'; e, tra molte
altre cose, celebrandone seriamente le prodezze guerre-
sche, e i ridicoli trionfi del Reno e dell' Istro *", e i con-
viti comparabili a quelli di Giove **, e il celeste ingegno
poetico e la grande protezione ai poeti ^^ smentita dalla
povertà (") e poi anche dalle ritrattazioni del lodatore '•"',
(^) ^larziale ebbe da Tito il rliritto dei tre figliuoli LOiifermatogli da Do-
1 Epigr.^ I, 77, V, ir,, VII, :«!, m, <)?, VI, 111, s:?, Vili, 21, IX, 50, X, 7."., VII, r.:\ IX,
71, V, TiO.
2 Epigr.. X, 103 e lOt, XII, :!1 e 31.
3 Epigr., X, 0, 7, 31, 72, XI, 4, 5, XII, 5, 6, 8.
4 Epigr., I, 50, HI, 4, V, 20, X, 70, XII, 2C,, 31.
5 Epigr.^ X, 95, XII, dedic, o IS.
C Plinio, Epist... Ili, 21.
7 Epigr., IV, 27, VI, 10, VII, 30, Vili, 2S, 82, X, 7:;.
S Epigr., II. 01, V, 1, 8, 19, VII, 5, 8, 56, Vili, 1, 8, 11, 15, 31, IX, 71.
9 Epigr., VI, 4, 7, 45 e 91, IX, 17; conf. Svetonio, Dom., 22; Dione Cassio, LXVIt, ::.
10 Epigr., II, 2, V, 19, Vili, 1, 2, 51 e 05, IX, 7; oonT. Tacito, Agric, 39; Plinio,
Paneg^ IG; Dione Cassio, LXVII, 1 e 7.
11 Epigr., Vili, 50, IX, 92.
12 Epigr.^ V, 5, Vili, 8.
13 Epigr.. XII, 0 e 15.
006 RECITAZIONI PUBBLICHE A ROMA. [Lm. VII.
comecché ripetuta nei versi di tutti i poeti di corte, e
nelle declamazioni delle pubbliche recite che erano le
accademie d'allora.
Le recitazioni cominciate intorno ai tempi di Augusto,
si facevano in pubblico e nelle case private. Asinio Pol-
lione, sdegnoso di intervenire alle grandi e volgari adu-
nanze, invitava a casa gli amici, per recitar loro i suoi
scritti *. Augusto incoraggiò l'uso intervenendo a quelle
letture ("): e quantunque gli uomini di gusto le riprovas-
sero, il recitare divenne una vera mania. Leggevasi per
le piazze, alle terme, nelle case private, per tutto: si re-
citavano storie, dialoghi, orazioni, ma più spesso poesie,
e gli uditori applaudivano furiosamente ai lettori che gli
avevano regalati di ricche cene. Orazio si doleva delle
letture, come di un danno per l'arte 2; ma erano avida-
mente ricercate da Ovidio, che nell'esilio si lamenta di
iniziano (li, 91 e 92, III, 95, e IX, 97) che gli détte anche ([iialche cena.
e il vano titolo di cavaliere onorano (V, 13 e 17, IX, 50, XII, 26). e la di-
gnità di tribuno (III, 95): ma non consta che gli donasse il magro e
ìninimo fondo rustico con la villuccia di Nomento {Mentana) (II, 38, V, 43,
IX, 19, X, 94; vedi anche 1, 106, e XIII, 119), né la piccola casa che
ebbe in città {parvi in urbe Lores..., parva in urbe domus, IX, 19 e 98).
Vedi Brandt, De Martialis poetae vita et scriptis ad annorum compu-
lationem dispositis, Berolini 1853, pag. 30, ecc. Sul tempo in cui, pub-
blicò gli Epigrammi è da vedere Friedlaender, De temporibus librorum
Martialis Doniitiano imperatile editorum , et Silvaruin Statii , Regi-
raonti 1862.
C) Svetonio. Aug.:, 89. Recentemente si credè di avere scoperta la
sala semicircolare destinata a queste recitazioni negli orti di Mecenate
fiull'Esciuilino. Vedi V. Vespignani e C. L. Visconti, Antica sala da recita-
zioni, ovvero auditorio, scoperto fra le mine degli orti mecenaziani
sìiW Esquilino j in Bulleitino della Commissione archeologica munici-
pale, Roma 1874, pag. 137-173; e conf. ISIau. in Bull. Isùt. ardi.. 1874.
l.ag. 141-144, e 1875, pag. 89-96.
' Seneca, Contro'^. Excerpt., lib. IV, praef. ; Weber, De poetarutn Romanorum re-
ciiationibux. Vimariae 18?S; Gierig, Excursus I in Plinti Epistolas, toni. II, pag. ÒHS;
l 'riedlaender, Moeurs romaineSj traci, par Ch. Vogel, Paris ISTI, voi. IV, pag. 70-7S.
2 Sai., I, J, T.',, ecc.; Epist., I, 19, 37 e segg.
Gap. V.] RECITAZIONI PUBBLICHE A ROMA. 907
non aver chi lo ascolti, e lo conforti di plausi '. Conti-
nuarono poscia con più ardore, e divennero una- istitu-
zione dello Stato promossa dai principi per regola di
buona politica ^, e si fecero ognora più frequenti, e noc-
quero sempre più alla buona cultura degli studi , come
esercizi di vanità, e ostentazione teatrale di gente da
poco desiderosa di plausi '. Vi andava Claudio *, e Nerone
leggeva e ascoltava, applaudiva ed era applaudito a fu-
rore ^. Poscia le rivoluzioni militari non lasciano tempo a
questi esercizi sotto Galba, Ottone e Vitellio, ma si torna
a leggere più che mai ai tempi di Domiziano, il quale
dopo aver simulato gusto pei versi, e recitato pubblica-
mente *, salito sul trono istituisce gare e premi poetici '.
Si recitano tragedie e commedie, versi lirici, poemi,
orazioni. Questi legge da sé: quegli fa leggere le cose sue
ai liberti ; altri offre la casa a chi vuol recitare ^. Ai
tempi di Traiano , Plinio il Giovane , che recitava agli
amici anche per più giorni di seguito , era lieto che
altri attendessero a questi esercizi, e ne diceva mirabili
cose ^: ma vediamo in lui ricordate anche scene ridi-
cole, che dicono come quelle letture dovessero cadere
in dispregio, e nuocere all'arte, invece di aiutarla, con
quel perpetuo commercio di applausi. Egli narra con
indignazione dei lodatori presi a nolo nei tribunali, ove
questa infamia uccise l'eloquenza*®: ma al tempo stesso
1 F..r Ponto, IV. >, :',1.:!S: l'nst.. Ili, 1 I, :■.!(.
2 Vedi Nisaid, É^Mdes de moeurs et de critique sur les poòCes latins de la decadence^
Paris ls:u, voi. I, pag. 28G.
3 Vedi Hulleman, De Uterarum, praesertim latinarum apud Romanos sludiis Nerva
Traiano hn-peratore, Lugduni Batavorum IsriS, pap-. 12.
i Plinio, Epist., I, 13
5 Svetonio, Ner.j 10.
G Tacito, Hist., IV, 86; Svetonio, Domit.^ 2.
7 Svetonio, Domit.^ l\ Stazio, Silv., Ili, :>, 2S, ecc., IV, 2, fii, IV, :>, ^2; Marziale,
IX, 21.
8 Plinio, Epist., V, 3, VI, 21, Vili, 12, IX, M: Marziale, IV, ti; Giovenale. I, 12-U,
VII, 40.
9 Plinio, Epist.. I, 13, V, 3, 9, VII, 17, VIII, 21.
'0 Plinio, Epi^t.^ II, 14.
908 RECITAZIONI PUBBLICHE A ROMA. ; Lib. VII.
si sdegna contro quelli che alle letture non applaudi-
scono i- superiori, gli inferiori, gli eguali *. Il che non
sappiamo come potesse giovare alla critica e all' arte -.
Ma, quantunque si sforzi a provare che ciò faceva l3ene
agli studi, si vede dalle sue stesse parole, che la noia
aveva invaso quei luoghi, e che i più ne fuggivano 3.
Da altri pure sappiamo che il senso comune si rivoltava
contro questi vani esercizi. Fino dai tempi di Nerone
Persio si burla dei patrizi plaudenti a poetastri, e det-
tanti versi dai letti di cedro in mezzo a una turba di
parasiti che batton le mani '-. Poscia Giovenale pone tra
gl'incomodi di Roma la frenesia dei poeti, che s'incon-
trano a turbe e opprimono, anche nel mese d'agosto, con
tragedie e poemi, e con loro rancide novelle di Minotauri,
di Gorgoni e Scille; e si burla dei ricchi, che prestano ai
recitatori qualche lurida stanza, ma non pagano neppur la
spesa dei banchi ^. Dei recitatori molestissimi si fa beffe
anche Marziale®: e le letture pubbliche, dopo aver per-
duta la poesia, cadono anch'esse, e deplorabile diviene
la sorte dei poeti, impediti dalla fame di essere originali
e indipendenti, e costretti a fare il fornaio, il bagnaiuolo
e il banditore, a mettere in pegno vesti e scodelle, ad
aggirarsi famelici per gli atrii dei grandi, che gli ammi-
rano e lodano, ma profondono l'oro in meretrici, e in
comprare e nutrire a grande spesa leoni domati ".
Fra i recitatori delle accademie applauditissimo era chi
più lodasse il principe e i suoi cortigiani. A Napoli fio-
riva nel secolo secondo un poeta più volte coronato
fino dalla prima gioventù nei pubblici agoni, maestro
1 Plinio, Epist.. VI, 17.
2 Plinio, Epist.. IV, 27, Vili, i:l.
3 Plinio, Epiat., I, 13.
4 Sat.. I, 11-GS.
5 Snt.. I, 2 e segg.. 17, t>2. 13?, Ili, 9, VII, :W-I7.
6 Ejiigr.j. 1, 61, II, 8S. Ili, 18, 4», '15. 50, IV, 0, 41, 01, XI, r.V, XII, IO.
7 Giovenale, St/;., VII, 3-12, 30 e sciit'» '2-87; couf. Il old , Le Saleio Basto Poeta»
Vratislaviae 1831, pag 6 e segg.
Gap. V.] STAZIO, E LE SUE POESIE INTITOLATE LE SEL\E. 900
ivi e poi a Roma di poesia e di eloquenza greca e latina
nelle case dei grandi, e applaudito per un poema com-
posto con rapidità d'improvvisatore sul disastro del Cam-
pidoglio arso nella guerra tra Vitelliani e Flaviani. Dieci
anni dopo divisava di piangere con pio canto il grande
incendio del Vesuvio distruttore delle vicine città, quando
morì placidamente a 65 anni '. Egli aveva un figliuolo,
chiamato Publio Papinio Stazio, il quale, ricco di facile
ingegno, ed educato alla scuola paterna 2, presto si mostrò
improvvisatore più rapido e più fecondo di lui. Le ade-
renze del padre gli aprirono le case dei maggiorenti, a
servizio dei quali egli pose tutto il suo ingegno poetico
nelle Selve, poesie d'occasione, scritte rapidissimamente,
piene di fiori, di imagini, di descrizioni graziose, di effetti
di ritmo e di stile, ma in generale spoglie di sentimenti
veraci e valevoli ad alleviare il disgusto che viene dal-'
l'avvilimento della nobile arte dei versi, volta, colla esal-
tazione di servi e di despoti, a confondere ogni idea della
morale più elementare. Ivi coi suoi affetti domestici cantò
epitalamii ai ricchi, rise alle loro gioie, pianse ai loro
dolori, ne celebrò i pappagalli e gli eunuchi, le ville
piene di splendori e di voluttà, le magnifiche terme, e i
platani degli ameni giardini, mettendo per essi in moto
tutte le Ninfe campestri e tutti gli Dei dell' Olimpo '.
Cantò i ministri, i servitori e i favoriti di corte; per la
salute del prefetto di Ptoma carissimo al principe fece
muovere Apollo dalle Alpi in cerca dei soccorsi di Escu-
lapio suo figlio, e disse i Numi stancati dai pubblici voti '»:
e a Domiziano dette lodi sconce al pari di quelle che gli
profuse Marziale. Celebrate la bellezza e le chiome del-
l'eunuco imperiale^, celebrato il cavallo e il leone di
1 Stazio, Silv.. V, 3, 99, U2-19t, 209 e segg., 253, 2ni.
2 Stazio, Sìlv.^ V, 3, vers. 21.'! e segg.
3 Stazio, Silv.^ I, 2, 5, li, 1, 2, 3, 4, 6, III, 1.
4 Stazio, Silv.^ I, 1.
5 Stazio, Silv.^ Ili, -J; conf. Marziale, IX, 12, 13, 11, 17, 18, 37.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. HI
910 ADULAZIONI A DOMIZIANO. POEMI EPICI. [Lib. VII.
Cesare, alla cui morte piansero popolo e Padri *. Poi
inni alle grandi prodezze, alle gloriose vittorie, agli al-
lori e ai trionfi sui Germani, sui Daci e sui Sarmati "^
pei quali meditò e cominciò un' epopea ("). Domiziano
sommo dei Duci, maggiore di A.chille, e pari a Marte 3.
Egli Giove Ausonio, e decoro nuovo del Lazio e gran
padre del mondo *: santi i suoi costumi, giuste le leggi ^.
È un Dio mandato da Giove a reggere in sua vece la
terra: mai non vi fu reggitore più degno, e con esso
tornò al mondo la pietà e la giustizia ^. 11 poeta adora
il suo mite genio, lo invoca insieme con Apollo, ed è
al colmo della felicità quando alla mensa imperiale può
stargli dappresso e ammirare quella serena e dolce
maestà che neppure colla virtù poetica di Omero e Vir-
gilio potrebbe degnamente ringraziarlo di tanto favore '.
Stazio suonò anche la tromba epica, cantando in dodici
libri la feroce guerra fraterna dei due figli di Edipo sotto
le mura di Tebe, e prendendo a celebrare le imprese di
Achille in altro poema, di cui abbiamo solamente due
libri. Alla Tebaide, di cui la materia viene verisimilmente
da Antimaco, lavorò dodici anni (^), prendendo l' ispira-
zione dalla tomba di Virgilio trasformata in tempio, e
(-') Silv., IV, 4, 94-98; Theb., I, 17-22 e 31-32; Achill. , I, 18-19. Ne
limangono quattro esametri negli scolii a Giovenale (IV, 94) pubblicati
dal Valla. Vedi Jahn in Rhein. Mus., voi. IX, pag. 627.
(*) Bissenos multum vigilata per annos ,
(Theb., XII, 811).
« Silv.^ 1, 1, II, ó,
2 Silv., I, 2, vers. 18(i, III, 3, 117, IV, 1, ;!9, IV, 7, 49, V, 1, SS, 1-28 e 133; Thebaid..
I, 17-31.
3 Silv., IH, 3, 15.\ IV, l, 95-96, V, ?, 17G-180.
4 Thebaid., I, !>:> ; Silv., Ili, 1, IS, IV, I, 17.
5 SU,}., IV, 1, 25, IV, 3, IO.
« Silv., IV, 3, Ì2f>, V, 2, 91.
7 SU:, IV, 2, r. e segg., V, 1, il.
Gap. V.] LA TEBAIDE DI STAZIO, E LA MODA DELL'EPOPEA. 911
seguendo con adorazione le tracce della divina Eneade (^)
senza speranza di poterla emulare. Giovenale attesta che
il canto dell'amica Tebaldo alle pubbliche recitazioni fa-
ceva furore f): il poeta stesso dice che la gioventù ita-
lica la studiava e la imparava a memoria (<^): e l'ammi-
razione l'accompagnò per più secoli *. Ora spenti questi
grandi entusiasmi, la critica nota che il poema non bello
per composizione ben proporzionata ed armonica, non
riscaldato da affetti profondi, riboccante di fredda eru-
dizione mitologica, e di amplificazioni rettoriche, e am-
polloso spesso e artificioso e affettato nella favella, pure
mostra ricchezza d'imaginazione e d'ingegno poetico, e
coi vizi e colle virtù del suo tempo rimane monumento
notevole della decadenza latina.
La moda dell'epopea, cresciuta ai tempi di Augusto,
sotto Nerone e Domiziano passò tutti i limiti, e fu bur-
lata da Petronio, da Persio, da Marziale, da Giovenale.
Piaceva di suonare la tromba epica, si affettava amore
delle bellezze virgiliane, ma nessuno aveva né l'animo,
né l'ingegno di Virgilio, né il suo sentimento del bello.
Si ricorreva a tutti i vecchi luoghi comuni, e si facevano
rapsodie interminabili. Nerone tentò, come sopra fu detto,
C") Maronei sedens in margine templi
Sumo animurn, et magni tumulis adcanto magistri.
{Silv., IV, 4, 54-5Ó).
Vive, precor : nec tu divinam Aeneida tentai
Sed longe sequere et vestigia semper adora.
[Theo., XII. 81G-S17).
(^) Curritur ad voccm iucundam, et carmen amicae
Thebaidos, laetam, fecit curii Statius urbem ,
Prornisitfjue diem, tanta dulcedine captos
Afpcit ille animos , tantaque libidine vulgi
Auditur! (Giovenale, Sai., VII. 82-85).
f^) Itala iam. studio discit memoratque iuventit^.
{Thrh., XII. 815).
1 Vedi Dante, Purg., XXI.
(ÌLI ARGONAUTI DI VALERIO FLACCO.
TLiB. VII.
un'Iliade, e divisò un poema mostruoso sulla storia di
Roma. Altri tornavano a cantare la guerra di Troia, i
Giganti, i Sette a Tebe, le sciagure di Edipo, la cena di
Atreo, Teseo, Dedalo, Icaro, Telefo, Achille, Diomede,
Oreste, i dolori di Niobe e di Andromaca, i Centuari,
Giasone e il vello d'oro *. Ai tempi di Vespasiano, C. Va-
lerio Fiacco prese a rifare largamente, sulle orme di
Apollonio Rodio, il poema degli Argonauti, e con imi-
tazioni virgiliane nello stile e nella favella ricantò la
fatidica nave alla costruzione della quale presedette Mi-
La nave Argo (Zoéga^ Bassirilievi, voi. I, tav. 15).
nerva, e ridisse a Roma e all'Italia il mitico viaggio dei
vecchi eroi greci alle rive del Fasi (").
(«) Il poema è dedicato a Vespa.«iano. Solo Quintiliano rii;orda onore-
I Vedi Philibert-Soupò , Epopèe Latine^ pag. Ili , 112, li:.; \\i-\à. De Saleio Basso
poetai pag. 5 e segg.
Gap. V.] SILIO ITALICO E LA SUA GUERRA PUNICA. 913
Argomento più importante a Roma e all'Italia era la
grande guerra di Annibale raccontata epicamente in
17 libri da C. Silio Italico, oratore dapprima, e, secondo
una voce corsa, spia volontaria di Nerone, che nell'ultimo
anno del suo impero lo inalzò al consolato ; poi procon-
sole lodato dell'Asia, savio e onesto nel favor di Vitellio,
e lavatosi dalla macchia dell'antico mestiere con onore-
vole ozio, alternando lo scrivere e il conversare dotta-
mente coi molti visitatori, cui leggeva per esperimento
i suoi versi. Da ultimo si ritrasse e morì, varcati i 75
anni (854 di R., 101 di C), in Campania, dove ebbe più
ville, tra cui quella di Cicerone, piene di libri, adorne
di statue e di imagini di uomini illustri da lui venerati,
massime quella di Virgilio, del quale ogni anno festeg-
giava il dì natalizio, e a Napoli ne visitava religiosamente
la tomba a guisa di un tempio K
Di tutto quello che scrisse ci rimane la seconda Guerra
Punica in cui prendendo la più parte della materia da
Polibio e da Livio seguì storicamente i fatti dall'assedio
di Sagunto fino alla vittoria di Zama e al trionfo di Sci-
pione Affricano. Marziale, con falsità pari a quella con
cui disse Domiziano pudico, chiamò Silio oratore e poeta
potente, decoro delle sorelle Castalie, emulo dei sacri
canti di Virgilio, e non minore di lui: ma Plinio con più
verità disse che in quei versi è più studio che ingegno.
Nella lunga e varia e terribile lotta in cui si contende
se Roma o Cartagine debba avere l' impero del mondo,
Silio ha un bello e grande argomento alle mani, ma non
ha ingegno poetico capace a cavarne un poema. Per
volmente l'autore dicendo (X, 1,90) della grave perdita fatta per la sua
morte. È incerto il luogo ia cui nacque. Marziale (I, 62 e 77, IV, 49,
YIII, 16) parla di un Fiacco poeta di Padova, ma non pare che il suo
sia il nostro, perchè con esso non fa menzione de.aii Argonauti.
1 Plinio, Epist.. Ili, 7; Marziale, IV, 14, VII, 03, Vili, 66, IX, 87, XI, 49.
914 SILIO ITALICO E LA SUA GUERRA PUNICA. [Lib. VIL
supplire alla sua sterilità d'invenzione saccheggia l'arse-
nale delle vecchie macchine epiche, spogUa Omero e
Virgilio, ma non è destro ad appropriarsi l'altrui, e colle
sue favole, e colla sovrabbondanza delle digressioni e
descrizioni erudite spesso riesce a cose prosaiche, .me-
diocri e noiose. Come 1 poeti del tempo suo dà non di
rado nelle stranezze della scuola corrotta, e com' essi
adula sconciamente i potenti, nò si vergogna di cantar
grande guerriero Domiziano ^, nei libri in cui stanno
Scipione ed Annibale e i forti combattitori del Trasimeno,
di Canne e di Zama. Ma quantunque poco poeta è buon
versificatore, vince i contemporanei per eleganza e pu-
rezza di lingua, e per assai naturale e semplice stile, e
declama meno degli altri. Si leva spesso a nobiltà di pen-
sieri e di affetti, ha l'amore del bello e del buono, e ce-
lebra degnamente i forti fatti delle antiche genti romane
ed italiche nell'intento di ridestare la virtù delle nuove
generazioni corrotte : ritrae con verità i suoi personaggi,
e dal lato storico è importantissimo, perchè ricco di eru-
dizione recondita sui tempi, sui luoghi e sugli uomini
che ci pone davanti: e se molte cose piglia da Livio, in
altre supplisce alle sue omissioni, e descrive bene l'Italia,
l'Affrica, la Sicilia, la Spagna, e ci dà particolari notizie
sugli usi, sui costumi, sulle tradizioni e sulle credenze
dei popoli antichi, intorno ai quali in più incontri la
storia anche oggi può interrogarlo utilmente (").
C^*) Per ciò che spetta alla ferie storica di Silio vedi Cosaek, Quaostioncs
Silianae, Halle 1844; We/cl, De C. Sìlii Italici cum fontibus , tinn
cxemplis, Lipsiae 1873; Ileynacher, Ueber die Quellen des Silius Ita-
licus, Ilfeld 1874. Un'analisi critica del poema è in Philibert-Soupè. Elude
sur le caractère naiional et religieiix de l'epopee latine, pac:ine 153-174,
Amiens 1851. Recentemente le Puniche furono con grande amore stu-
diate in Italia, anche sotto il rispetto dell'arte. Vedi Oocioni, Caio Silio
Italico e il suo 2^ot?ma, 2* edizione, Firenze 1871, nella quale sono anche
i primi quattro libri tradotti in versi italiani. La 1" edizione fi'a uscita a
Padova nel 1860 in volume di mole minore.
1 Punic.^ Ili, (Jir,J\29. Vedi ancho XIV, OsG-?ss.
Cap. V.] MOLTI POETI E POCA POESIA. 915
Mentre Silio Italico narra le correrie e le battaglie
degli antichi invasori e difensori d'Italia, Caninio Rufo
celebra epicamente le battaglie e le vittorie di Traiano
sui Daci * ; e altri corrono in folla per ogni regione poe-
tica tentando a gara tutti i metri e tutte le forme del-
l'arte. Quindi Giovenale satireggia la universale, insa-
nabile malattia dello scrivere ^. Da ogni parte piovono
versi a diluvio: versi leggieri di uomini gravi, versi di
splendidi cavalieri 3, di magistrati, di consolari e pro-
consoli '"; versi di delatori e di camerieri di corte ^; versi
pei ministri imperiali protetti da Apollo, versi per le
bestie imperiali, e poscia pei Catoni, pei Bruti e pei Cas-
sii^: poeti opulenti che nelle sontuose ville di Tivoli
scrivono al mormorio dell' Aniene 7; poeti poveri, strac-
ciati, affamati ^; poeti principi e imperatori ^; poeti vecchi,
poeti giovani *o, poeti ragazzi coronati nei certami capi-
tolini istituiti da Domiziano ('^).
(«) Un'iscrizione d'Istonio [Vasto) ricorda L. Valerio Pudente fanciullo
di tredici anni coronato tra i poeti latini nel sacro certame di Giove
Capitolino (Conf. Stazio, Silv.^ V, 3, 231, e Giovenale, VI, 387) con una-
nime sentenza dei giudici, e onorato di una statua nella sua patria: Cla-
ritate ingenii coronatus est inter poetas latinos. Huic plehs universa
nmnicipuni Histoniensium statuam aere collato decrevit , Orelli, 2603,
e Moiiimseji, Inscr, Regni Neap., 5252. Vedi sopra voi. I, pag. 254.
Sopra un sepolcro scoperto nel 1871 a Porta Salaria si vide una co-
rona e r imagine di alto rilievo di un fanciullo togato die i^ecandosi
verso il petto la mano destra tiene nella sinistra un volume per metà
1 Plinio, Epist., I, 3, Vili, 4.
2 Giovenale, VII, 51-52.
3 Plinio, Epist.^ V, 3, VI, 15.
4 Plinio, Nat. Hist., VII, 18; Plinio, Epist., V, :-:, VII, 1.
5 Giovenale, IV, 53-55, e Schol.^ ivi; Marziale, V, 0, XI, 1, XII, II.
6 Stazio, Silv.^ I, 4, 5S e segg. ; Marziale, I, 7; Plinio, Epist.., I, 17.
7 Stazio, Silv.^ I, 3, 23 e 99-101.
8 Marziale, 1, 77, III, 38; Giovenale, 7, 72-73 e 80.
0 Plinio, Nat. Ilist.^ I, Praef., 5; Svetonio, Tit.^ 3; Quintiliano, X, 1, 91; Sparziano,
Adrian.^ -25, El. Ver., i; Capitolino, L. Ter.., 2; Frontone, Exnst. ad M. Cae$., pag. 37,
53, 57, 58, ed. Mai, Romae 1823.
10 Plinio, EpiiC. Ili, 1, IV, 27, V, 17.
916 SULP. MASSIMO IMPROVVISATORE A UNDICI ANNI. [Lib. VII.
Si parla di Catulli, di Orazii, di Tibulli, di Properzii,
Sepolcro del fanciullo Q. Sulpicio Massimo (C. L. Visconti),
svolto c spiegato iu cui è vergata una leggenda in caratteri greci; con
prolissa scrittura pur greca in quanto rimane del fondo a destra e a
sinistra. Dall'epigrafe latina posta nello spazio sotto alla nicchia si vede
che il monumento fu eretto a Q. Sulpicio Massimo fanciullo romano chi-.
all'età di imdici anni, cinque mesi e dodici giorni in altro certame poe-
tico garreggiò con cinquantadue poeti greci, e in quella tenera et;"i
destò maraviglia coi suoi versi estemporanei, incisi anch'essi sul monu-
mento dagli infelicissimi genitori, desiderosi di iiiostrare che non avevan
ceduto ai loro afletti eoi troppo esaltare i mei-iti del caro figliuolo. Quei
versi sono una esercitazione rettorica sulle parole che avrebbe potuto
usar Giovo per rimproverare il Sole di aver affidato il suo carro a Fe-
tr,"'.> Vpdi H'^ir/.H. S<-,.r!r.: .:,U^rhi ,-inrrV7,:; nìl„ Porto Sr,ì,r.;n, in
Gap. V.] LA STORIA SOTTO L'IMPERO. 917
di Plauti, di Terenzi, e Menando ("). Plinio celebra con
grande entusiasmo i nuovi poemi lirici ed epici, le elegie,
le commedie, le tragedie, i mimiiambi, e mai non finisce
di vantare il grande abbondar di poeti, le tante recita-
zioni, il maraviglioso fiorire degli studi ai suoi tempi *.
Pure da ciò che rimane si vede che la vera e grande
poesia perseguitata e uccisa dalla tirannide non risorge
ora per questo grande rumoreggiare di versi, né la nuova
libertà può ridestarla ad un tratto, perchè, come osservò
il grande amico di Plinio, è più facile spegnere che ri-
chiamare a vita gì' ingegni e gli studi ^.
Miglior prova fece in questi tristi tempi la storia: e
in essa troviamo, anche nella decadenza, un grande scrit-
tore, l'ultimo dei liberi ingegni romani, il giustiziere dei
tiranni, il vendicatore degli oppressi.
La storia, dice Tacito, finché narrò le cose del popolo
fu scritta con eloquenza pari alla libertà: ma colla do-
minazione di un solo venne la mania di adulare, e quindi
lo sgomento e il disparire dei grandi scrittori. La verità
fa guasta dall'ignoranza delle cose pubbliche, a cui ninno
prendeva più parte, e dal timore, e poscia dall'odio 3.
Bullett. Istit. Ardi., 1871, pag. 98-115; C. L. Visconti, Il sepolcro del
fanciullo Q. Sulpicio Massimo nel terzo agone Capitolino coronato tra
l p)oeli greci, Roma 1871; Ciofi , Inscriptiones latina et greacae cum
Carmine graeco extemporali Quinti Sulpicii Maximi in cius monumento
nuper reperto ad Portam Salariam adiecta interpretalione latina cura
notis, Romae 1871.
(«) Plinio Epist., I, 16, VI, 15 e 21, IX, 22; Marziale, Vili, 56 e 70,
IX, 26. L' iscrizione di Eclano ricorda M. Pomponio Bassulo nuovo tra-
duttore e imitatore di Menandro, il quale cosi parla dell'opera sua: Ne
more pecoris olio trans fungerer Menandri paucas vorti scitas fàbulas,
et ipsus etiam sedulo finxi novas. Id quale qualest chartis mandatum
diu. Mommsen, Inscript. Regn. Ncap., n. 1137, e Henzen, 5605.
1 Plinio, Spìst.. I, IO e 13, IV, 3, IS e 27, V, 3 e 17, VI, 15 e 21, VITI, 1, ecc.
2 Tacito, Agric, 3.
3 Tacito, Ann.. I, 1 ; Hist., I, 1.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 115
918 SCRITTORI DIVERSI. POMPONIO MELA GEOGRAFO. [Lib. VJI.
Si citano più autori di storie e memorie ai tempi di
Tiberio, di Caligola, di Claudio e Nerone, e tra questi
oltre al sozzo adulatore Velleio Patercolo, già ricordammo
Cremuzio Cordo, e Tito Labieno narratori delle guerre
civili, ridotti per causa delle loro opere a darsi la morte
quando inferociva Sciano. Ad essi debbonsi aggiungere
Seneca il retore che per la testimonianza di un fram-
mento del suo illustre figliuolo scrisse delle guerre ci-
vili, e dei tempi suoi*; Aufidio Basso, forte e ottimo
uomo, scrittore delle guerre civili e delle guerre germani-
che ("); Brutidio Nigro declamatore, ricordato trai delatori
di chi avesse violato il nume di Augusto e spregiato la
maestà di Tiberio, amico di Sciano, basso intrigante, scrit-
tore mediocre, anch'egli narratore della morte di Cicerone
e della esposizione della sua tronca testa -; Gneo Lentulo
Getulico, amico di Sciano, scampato dai delatori sotto
Tiberio, proconsole di Germania , adulatore di Caligola
in un suo scritto storico, e poscia ucciso da lui, perchè
caro ai soldati 3; M. Servilio Nomano, console sotto Ti-
berio nel 788, scrittore ai tempi di Claudio, lodato sto-
rico, famoso nel Fóro, osservato con reverenza filiale da
Persio, morto nell' 814 (61 di Cr.) sotto Nerone *.
Ai tempi di Claudio del quale ricordammo più volte
le opere storiche si vide a Roma la prima cosmografia
composta da Pomponio Mela nativo di Tingentera (forse
(«) Seneca, EpisU, 30; Quintiliano, X, 1, 103; Tacito, Dialog. de
Orati., 23; Plinio. Nat. Hist., VI, 9; Plinio, Epist., ITI, 5. Saggio del
suo sciivere è il passo sulla morte di Cicerone, riferito nella sesta Sua-
soria del retore Seneca.
1 Vedi Kiebuhr, Ciceronis , Livii et L. Senecae fragmenta^ Roniao 1820, pag. 103, e
Egger, Examen des hislorieoìs anc. d'Aug.j pag. 138.
2 Tacito, Ann.^ Ili, 60; Giovenale, X, S3; Seneca, Sicasor., G.
3 Tacito, Ann.^ VI, 30; Plinio, in Svetonio, Calig.^ 8; Dione Cassio, LIX, 22.
4 Plinio, Nat. Hist., XXXVII, 21; Lehmann, De familiis quibtisdam romanis Cnesa-
rum aetate florentibus. pag. 41, Gottingae 1801; VWnio, Epist.j I, 13; Quintiliano X, 1,
102; Tacito, Ann.. VI, 31, XIV, 19; Svetonio, Persii vita.
'Cap. V.] SCRITTI DI RUSTICO, AGRIPPINA, CORBULONE, ECC. 919
Algesira) nella Spagna meridionale ("), il quale in puro
latino descrisse brevemente e con buon ordine i luoghi,
e toccò acconciamente i costumi dei popoli.
Dei tempi Claudiani e Neroniani scrisse Fabio Rustico
amico di Seneca , chiamato da Tacito il più eloquente
degli scrittori recenti, e da un ricco contemporaneo posto
nel suo testamento tra i più egregi cittadini cui faceva
legati *.
Agrippina madre di Nerone lasciò Commcntarii della
vita sua e dei suoi-; come Gneo Domizio Corbulone, il
prode duce fatto morir da Nerone, scrisse delle sue im-
prese nell'Asia ^^ e così Svetonio Paolino, famoso per le
sue guerre in Mauritania e in Britannia , lasciò ricordi
delle cose affricane , e primo di tutti i duci romani a
passare l'Atlante di cui raggiunse le cime in dieci gior-
nate, disse delle singolarità di quel monte, dei deserti
di polvere , dei luoghi ardenti anche nel verno , delle
fiere e dei barbari, abitatori delle selve e dei gioghi K
E suir Egitto scrisse un'opera Claudio Balbillo che ne
tenne il governo sotto Nerone; ottimo e sapiente uomo
ricordato anche sulla statua vocale di Mernnone dalla
poetessa Balbilla, e in una iscrizione dei Busiritani (^).
{") J\lela, De situ orbisj, II, 6, e III, G. Dei pregi e della lingua del-
l' opera ragionò recentemente il traduttore italiano Giov. Francesco Mu-
ratori nel discorso preposto alla sua traduzione, Torino 1855.
(*) Tacito, Ann., XIII, 22; Letronne, La statue vocale de Memnon ,
pag. 173, e Recherches 2^otir servir à, l'histoire de VÉgijpte, pag. 395.
Seneca {Nat. Quaest., IV, 2, 12) cita quest'opera a proposito dello
spettacolo di una battaglia fra due truppe di cocodrilli e delfini alla foce
più grande del Nilo.
1 Tacito, Agric.^ 10; Ann.^ XIII, 20, XIV, 2, XV, CI; Laboulaye , Testament de Da-
suìnius^ Paris 1845, pag. 19.
2 Plinio, JVat. Hist., VII, 6 (8); Tacito, Ann.^ IV, 53; Stahr, Agrippina die Mutter
des Nero^ Berlin 1867.
3 Plinio, II, 72, V, 20, VI, 8; Held, De Gn. Domitio Corbulone, Schweidnitz 1862.
i Plinio, V, 1, 14.
920 GLI STUDI STORICI PROMOSSI DA VESPASIANO [Lib. VII.
Dei tristi tempi di Nerone scrisse pure M. Cluvio Rufc
bel dicitore e leale storico ("), che vide e narrò anche i
tempi di Galba e di Ottone, e dalla Spagna ov'era pro-
console raggiunse Yitellio a Lione, e lo segui nel viaggio
di Roma (*).
Come testimone oculare dei fatti della guerra tra i
Vitelliani e Flaviani è citato Vipstano Messala, tribuno
della settima legione Claudiana che combattè personal-
mente a Cremona, e vide e scrisse le stragi e l'esterminio
della infelice città: uomo prode, di grande eloquenza, e
di schietta e franca natura, il più onesto di tutti quelli
che presero parte alla guerra *.
Nulla 0 quasi nulla ci rimane di tutti costoro e di altri
che, secondo il detto di Tacito, nella più parte falsarono
il vero per adulazione o timore, viventi i tiranni, e per
odio quando furono spenti.
Sotto il governo di Vespasiano, quantunque anch'egli
bandisse e uccidesse i filosofi, si fece ogni sforzo per ren-
dere alla storia la sua dignità, e fu in parte riparato al
guasto, che la viltà aveva fatto nelle iscrizioni e nei mo-
numenti. Furono estratti a sorte più deputati, che met-
tessero line a questo disordine, facendo restituire le cosa
che aveva rapite la guerra , ricercando e rimettendo a
lor luogo le tavole delle leggi, e correggendo i fasti e i
{^) Vedi il suo detto in Plinio, Ejnsf., IX, 19.
{») Tacito, Ann., XIIL 20, XIV, 2; HisL, I. 8 e 76, II, 58 e G5, IV, 43:
Svetonio, Ner, 21; Plutarco, Ottone, 3; conf. Wiedemann , De Tacito,
Svetonio, Fiutar cho , Cassio Dione, scriptoribus imperatoriim Galbae
et Othonis, Berolini \P-o7, pag. 50 e ^egg.
Si cita anche lo scritto dell'oratore (Quintiliano, X, 3, 12, e Tacito,
Dialog. de Oratt., 2) Giulio Secondo che con.e segretario di Ottone fu
presente a Budriaco (Plutarco, Olt., 9): o ricoi'dasi come ai tcnij)i di
Traiano un Pompeo Pianta scrisse la guerra tra Ottone e Vitellio. Vedi
Schol. Vali, ad luvenal., II, 99, e conf, Plinio, IX, 1.
« Tacito, Hisl., Ili, 9, IS, 2:. e 23, IV, 42, e Dialog. de Orati., 11, 15, 23, 32, ecc.
Gap. V.] E DA LICINIO MUOIANO. 921
calendarii, bruttati dall'adulazione dei tempi ('*). Nel Cam-
pidoglio, ritolto alle rovine, fu ristabilito il pubblico ar-
chivio, che aveva arso il recente incendio, raccogliendovi
in tremila tavole di bronzo i documenti dispersi. Furono
fatti ricercare e copiare per tutto l'Impero i trattati, le
alleanze, le deliberazioni del Senato, i plebicisti, e altri
documenti autentici, che risalivano quasi al principio di
Roma *. E questo fatto, che agevolava gli studi del pas-
sato, pare che eccitasse gli scrittori alla ricerca dei do-
cumenti originali, di cui alcuni di fatto si vedono citati
nei nuovi storici.
Di più C. Licinio Muoiano, il duce che ebbe tanta parte
a inalzare Vespasiano all'impero, oltre allo scrivere sulle
cose notevoli da lui vedute in Oriente (^), fece compilare
nelle biblioteche una raccolta di estratti di atti pubblici
e di lettere, che davano nuovi aiuti alla storia -. E Plinio
nella sua grande opera cita più volte Muoiano, ed egli
pure, come Tacito e altri, per mezzo dei nuovi documenti
affermano cose contraddicenti alle asserzioni degli antichi
scrittori ^.
Plinio il Vecchio (77G-832 di Roma, 23-79 di C), mas-
simo ornamento di Como a cui preparò nuova gloria
educando alla vita onesta e ai nobili studi Plinio il Gio-
(") Tacito, Hist.> IV, 40. Pure sembra, come fu notato, die l'operazione
non riuscisse compiuta , perchè ciò che rimane dei Fasti ha ancora
molte delle interpolazioni che volevan.-i togliere. Vedi Egger, Examen,
pag. 226.
(*) Intorno a Muoiano e alla descrizione del suo viaggio in Oriente
da cui Plinio trasse notizie di geografia, di storia naturale e anche cose
strane e incredibili, vedi Borghesi, Dei tre consolati di C. Licinio Mu-
dano, in Biblioteca Italiana, 1840, tom. 97, pag. 12-20, e in Opere,
IV, 345-353, e Brunn, De C. Licinio Mudano, Lipsiae 1870.
1 Svetonio, Vespas., 8.
' Tacito, Dialog. de Orali., 37; Le Clero, Des journaux chez les Romains, pag. IH;
Egger, Examen, pag. 180.
3 Vedi Tacito, Hi&t. , III, 72, Porsena dedita urbe, ecc.; Plinio, XXXIV, r!9; Sveto-
nio, Tib., 3.
922
[LiB. VII.
I due Plinii nella facciata della Cattedrale di Como {Da Fotografìa).
Gap. V.] PLINIO IL VECCHIO. 923
vane suo gentile nipote {"), nei tempi flagellati dalle cru-
deltà di Nerone avea cercato scampo fra gli studi ora-
torii e grammaticali: poi sotto 1 Flavii scrisse venti libri
delle Guerre Germaniche e trentun libro delle cose di
Roma, continuando colla massima accuratezza le storie
di Aufidio Basso fino ai tempi di Vespasiano e di Tito ('').
Egli fu in molti ufficii, militò in Germania ove compose
un libro del saettare a cavallo (de iaculatione equestri):
andò procuratore di Vespasiano nella Gallia Narbonese
e nella Spagna, e sotto Tito comandò la flotta stanziata
a Miseno, ove morì a 56 anni, vittima del suo amore
alla scienza che lo spinse a voler vedere troppo da vi-
cino l'eruzione del Vesuvio, da cui furono distrutte Er-
colano e Pompei K Aveva scritto che una morte subi-
tanea era l'ultima felicità della vita, e a lui toccò questa
desiderata ventura -.
Fra le guerre e gli ufficii vari e gravissimi, egli jìotè
in vita non lunga comporre molte e voluminose opere,
perchè pronto d'ingegno, instancabile nello studio, e non
bisognoso di lungo sonno e desideroso di vivere un nu-
(^) Dei (lue Plinii e di loro patria fu disputato nel secolo scordo in un
grosso volume in cui sono i disegni delle due statue poste a loro onore,
verso il 1480, nella fronte della cattedrale di Como, dove rimangono a
malgrado della guerra dei preti che già vollero toglierle via. mapsime
quella del Vecchio, tenuto da essi come ateo. Vedi Della Torre Rezzonieo^
Bisquisitiones Plinianae, Parma 1763, voi. I, pag. 193.
(*) Plinio, Nat. Hist., I, Praef., 15 e 22, e lib. II, 85 e 106, e Plinio
il Giovane, Epist., III. 5 e V, 8; Quintiliano, III, 1, 21, XI, 3, 143; Gellio.
IX, 16. Per la storia Tacito lo cita ai tempi di Nerone e nella guerra
dei Flaviani e dei Vitelliani. Annal, XIII, 20, XV, 53; Hist, III, 28: e
altrove lo allega come scrittore delle guerre germaniche [Ann., I, 69).
Sugli scritti grammaticali di Plinio, e sui frammenti che ne rimangono,
vedi Alfredo Sochttraueller, Be C. Plinii Secundi libris grammaticis^
Lipsiae 1858.
1 Plinio, Epist., ni, 5, VI, IG; Svetcnio, PUn.
2 J\'at. Hist., VII, 51.
<)24 ENCICLOPEDIA ROMANA. [Lib. VII.
mero più grande di ore con questi esercizi, perchè la
vita è veramente una veglia. Non perdeva un momento:
studiava a tavola, al bagno, in viaggio, quando gli altri
dormivano. Leggeva tutto, dicendo non esservi libro cosi
cattivo che in qualche parte non giovi. Delle sue infinite
letture lasciò IGO volumi di estratti *. Dei quali studi ci
rimane una parte nella Storia naturale, opera erudita,
diffusa, e varia quanto la natura stessa: dove ridusse,
com'egli dice, in 37 libri ventimila cose degne di esser
sapute, tratte da oltre duemila volumi dei quali citò scru-
polosamente gli autori, stimando atto di benevolenza e di
ingenuo pudore il confessare da chi tu hai imparato 2. È
uno dei monumenti più preziosi che ci tramandasse l'an-
tichità. Non tratta solamente ciò che ora s' intende col
nome di storia naturale, ma abbraccia tutte le scienze,
specialmente rispetto al loro uso nella vita degli uomini,
ed è l'enciclopedia romana, e l'inventario della civiltà del
suo tempo. Egli raccolse ogni sorte di cose senza sepa-
rare il vero dal falso, e perciò i dotti notarono, che come
critico e naturalista ha poco pregio per noi: ma è di
grande importanza come narratore di usi e costumi e di
particolarità geografiche che da lui solo s'imparano, e
come storico delle antiche arti di Grecia e d'Italia, delle
quaU dice le origini, i progressi, le opere, gli autori più
celebrati, e i loro metodi e i più singolari segreti 3. Miste
ad errori * ci dà molte buone notizie sulle opere, che al
suo tempo adornavano Roma, sul suo aspetto esteriore,
e grandezza, e magnificenza, sulla superficie della città
1 Vedi Plinio, JS^at. Hist., I, Praef. ad Tit.^ 13-M, e Plinio il Giovane, Epist., Ili, 5.
2 Praef.t Ice. cit., 13 e 16. Vedi anche Brunn, Le aucto>-um indicibus Plinianis di-
^putatio isagogica^ Bonnae lsr)0; Gehmichen, Be M. Varrone et Isidoro Characeno €.
Flinii in libris chorographicis auctoribus primariiSj Lipsiae 1^73.
3 Vedi lib. XXXIII-XXXVI.
* Vedi Brieger, De fontibus librorum Nat. Histor. PUnianae quatcnus ad artem pla-
sticam pernitent^ Grj-phiae lsri7 ; Wustmann, Zu Plinius Kunstgeschichte ., in Rhein.
Museum, l.'^r.T, Voi. XXII, p. 1-21; Scnreiber, Quaestionum de arli/ìcum aetatibus in
Ptinii Hisl. Nat. libris relatis specimen., Lipsiae 1872.
Gap. V.] RICCHEZZA DI NOTIZIE, E STILE DI PLINIO. 925
e dei sobborghi, sui Fòri, sugli acquidotti, sui portici,
sui palazzi, sulle colonne, sulle materie da costruzione,
sulla moneta, sul commercio, sugli unguenti che si con-
sumavano, sul lusso smodato, sulle classi e sugli individui,
sui principi, sugli usi e sulle sporcizie di corte, sulla cor-
ruzione che travagliava l'Impero, sulle cause della gran-
dezza e della decadenza di Roma, sulla proprietà terri-
toriale in Italia e nelle province , e sui latifondi che
rovinarono e queste e quella. Egli vide memorie storiche,
lettere, editti, ogni sorte di monumenti, e non lasciò in-
dietro ninna particolarità riguardante i luoghi, gli uomini,
i tempi, e le vicende della civiltà. Neppure tra i Greci
niuno aveva tentato un'impresa sì grande. Egli dicendo
che Vopera era nuova per le Muse romane, sentì e notò
le difficoltà di condurla in modo che tornasse dilettosa ai
lettori, e non confortato dalla speranza di conseguir que-
sto intento si acquietò nel pensiero di giovare alla patria
con quelle tante notizie raccolte ^ Pure in piìi luoghi
anima di un soffio di vita l'arida materia, qualche volta
narra vigoroso e conciso, rallegra le sue pagine con sin-
golari aneddoti storici, le riscalda col suo amore per la
scienza, poi grandi uomini e per gli illustri inventori, e
le nobilita con belle riflessioni, in cui si mostra filosofo
e uomo dabbene.
Plinio dedicò la sua opera a Tito (an. di Roma 830, di
Cr. 77), e morì prima di lui, né ebbe la sventura di ve-
dere i crudeli fatti di Domiziano, che oppresse gli ingegni
e bandì ogni arte onesta.
Come in tempi sì crudi e infesti a ogni virtù potesse
prosperare la libera storia, lo dicono gli esempi di Eren-
nio Senecione e di Aruleno Rustico ,. uccisi per avere
scritto la vita di Peto Trasea, e di Elvidio Prisco, mentre
I Praef.. I, <)-\ì.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 'US
926 TACITO. [Lib. VII.
si bruciavano i loro libri nel Fóro K Ma spento quel mo-
stro, con Nerva e Traiano comincia anche per le lettere
una nuova èra di libertà -, in cui è lecito a ognuno sen-
tire a suo grado, e dir libero il suo sentimento: e allora
Tacito e Plinio il Giovane scrivono, e coll'ardente parola
vendicano gli oppressi.
C. Cornelio Tacito, che dicesi nato sulla metà del se-
colo primo a Interamna {Terni) dell' Umbria ("), studiò
eloquenza sotto i più celebrati oratori ^, e alla scuola de-
gli stoici apprese ad aborrire ogni sentimento servile, e
ad armarsi contro le sopravvegnenti sciagure. Di buon'ora
fa amico di Plinio, e si strinse con lui nell' amore degli
studi, nel culto della virtù e nell'odio della tirannide.
Fino da giovane salì in fama di valente oratore '*. Ebbe
i primi onori pubblici sotto l'impero dei Flavii^: e se-
dendo in senato sotto Domiziano vide gli esilii, le stragi,
e gli ultimi furori del mostro ^. Sotto Nerva fu console
(97 di Cr.), e fece solennemente e con alta eloquenza
l'elogio funebre di li. Virginio Rufo, cioè dell' uomo più
magnanimo dell' età sua, il quale, dopo aver più volte
rifiutato l'impero, si conservò incontaminato fra tutte le
(") Si argomentò nato a Terni dal sapere che di qui poscia fu nativo
Timperatore M. Claudio Tacito che tenevasi suo parente, e molto si ado-
però a fargli onore. Vedi Vopisco, Tacito, 10, e Floriano, 2, e Angeloni,
Historia di Terni, Roma IG46, pag. 42 e segg., il quale tiene per fermo
che lo storico nascesse a Terni, e riferisce le vecchie tradizioni relative
al suo sepolcro e ad altri suoi monumenti. Per tali particolarità, e per
la notizia di alcuni, fra i tanti che scrissero modernamente di Tacito,
vedi i vcìieì Studi storici e morali sulla letteratura latina, Tovìno 1871,
pag. 438 e segg.
1 Tacito, Agric, 2 e Vo; Svctomo, Domit., 10; Vììaìo, Epist., I,5ell, III, 11, VII, 19;
Dione Cassio, LXVII, 13.
2 Tacito, Agric. 3.
:! Dialog. de Orati., 2.
i Plinio, Epist.. VII, 20.
t. Tacito, Ann., XI, 11 ; ILst., I, 1.
C Tacito, Agric, 45.
Gap. V.] TACITO. VITA DI AGRICOLA. 927
vergogne vedute in più di 80 anni *. Nella nuova libertà
Tacito orò insieme con Plinio contro i più grandi ribaldi,
stati potenti sotto la passata tirannide 2, e negli scritti
consacrò all'infamia i carnefici e i delatori.
La prima opera storica di Tacito, scritta con qualche
colore rettorico al principio dell'impero di Traiano ^, fa
la Vita del suo suocero Agricola, del quale vedemmo già
le imprese in Britannia, e la fine sotto Domiziano. Con
questo scritto pieno di affetto, e tenuto per capolavoro e
modello della forma biografica (''), egli consolava il suo
privato dolore, e rendeva omaggio alla virtù, raccontando
gli affetti domestici, i severi e miti costumi dell'uomo,
l'integrità del magistrato, le nobili arti e le geste di
guerra dell' illustre cittadino della splendida Colonia di
Fóro Giulio, della quale ci parlano anche oggi pia rovine
a Fréjus. Coi fatti particolari del suocero narrò le mi-
serie dei tempi con una profondità di pensiero e con
un accento di sdegno, che rivelavano già lo storico im-
mortale di Tiberio e di Nerone. La biografia fu per lui
inalzata alla dignità della storia in quel piccolo libro, che
insieme ad un uomo di alto cuore e di puro animo mo-
(") Vedi \Valch. Ueher Tacitus Agricola, oder die Kunslform dcr
antiken Biographie , nella sua traduzione, Berlino 1828. Non ha fonda-
mento il dubbio sulla sua autenticità, messo avanti dall' Held, Commen-
tano de Cn. lulii Agricolae vita qiiae vulgo Cornelio Tacito adsignatur,
Suidnicii 1845. Tra quelli che disputarono 0 vanamente fantasticarono
sugli intendimenti di questa scrittura gli ultimi di cui abbiamo notizie
sono : Hirzel, Ueber die Tendenz des Agricola von Tacitus, Tiibingen
1871 ; Junglians, Ueber Tacitus Agricola, Liineburg 1872; Jaeger, Quae
ftdes Tacito in Agricola habenda sii exponitur, deque Consilio, quo
liber ille conscriptus esse videatur, agitur, Gòttingen 1874: Andresen,
Die Entstehung und Tendenz des Taciteischen Agricola, Berlin 1874,
«■ Literarisches Centralblatt, Leipzig 1875, pag. 1338.
1 Plinio, Epist.. ir, 1, Vf, 10, IX, If).
2 Plinio, Epist.. II, 1!.
3 Tacito, Agnc, 3.
928
LA GERMANIA.
[LiB.VII.
Strava a Roma il popolo britanno coi suoi costumi, colla
sua energia, col suo fiero amore di libertà; così che an-
che gl'Inglesi d'oggi tengono quest'opera come la prima
pagina di loro storia.
Cosi pure introduzione degli Annali germanici, e punto
Rovine di Fóro Giulio a Frèjus (Le Bas^ France^ voi. 2, pi. 75).
di partenza per la storia di altri Stati dell' Europa mo-
derna fu detto il discorso sulla Cxermania, che Tacito
scrisse subito dopo la Vita di Agricola, tra il secondo
e il terzo consolato di Traiano (98-400 di Cr.) *. Egli,
dopo avere probabilmente veduto e studiato da sé stesso
il paese quando fu per quattro anni (89-93) assente da
1 Tacito, Germ.
Coni. Teull'el, Gesch. def roin. LlUerat.j p, 081.
l
Gap. V.] LA GERMANIA. 929
Roma *, facendo suo prò delle opere di Cesare, di Plinio
e di altri 2, e dei ragguagli portati dai mei'catanti, dai
duci, dai soldati romani, e dai prigionieri di guerra,
raccolse in breve e profondo discorso tutte le più impor-
tanti notizie, che ebbero gli antichi su queste mal note
regioni, dicendo la natura dei luoghi, le sedi dei popoli
vari stanziati tra il Reno e il Danubio, la loro educazione,
le istituzioni, le relazioni sociali, ogni ordine religioso
e civile, i puri costumi di loro donne, e i giornalieri
esercizi, che valevano a rendere animosi e forti quegli
uomini dagli occhi cilestri, dalle bionde chiome e dalle
grandi stature: e in pari tempo notando con parole di
sdegno il contrasto tra la servilità e la corruzione ro-
mana, e gli austeri costumi e la libertà dei Germani,
coll'intendimento di rampognare le brutture dell'età sua,
e di dare anche qui quegli insegnamenti morali, che
sono la prima e più nobile qualità di ogni suo scritto.
Ma se colse il destro che naturalmente gli si offeriva
a sdegnose allusioni, non si vuol credere, come altri
opinò, che componesse di sua invenzione il bel libro
collo scopo di fare una satira: egli scrisse per mostrare
a Roma quali erano questi tremendi nemici di cui do-
lorosamente presentiva le guerre fatali all'Impero, e pose
tanta cura e tanto acume nella ricerca del vero, che
le posteriori vicende e gli studi delle antichità e dei
monumenti germanici mostrarono e mostrano ancora
la rettitudine e la esposizione fedele dei costumi e delle
cose raccolte in questa sapiente opera storica, morale e
politica C").
(") Delle moltissime scritture composte con intenti diversi sulla Ger-
1 Tacito, Agric.^ 15; Borghesi, Opere, voi. VII, p. 321.
2 Vedi Tacito, Germ., 2S, e confronta la Germania con Cesare, De Bell, gali., IV,
1-3, vi, 21-27. Vedi anche Reischle, De locìs qiiibus TaciCus et Caesar de veteribus
Germanis inter se differiinl, Kampten, ISSI ; Kopke, Zar Queltenkritik der Germania,
in Deutschen Forschungen, p. 2l'3-226, Berlin 1S59, e Brcuker, Quo iure Sallustius Ta-
cito in descrilendis Germanorum morihus auctor fuisse putetur, Coloniae 1870.
030 GLI ANNALI E LE STORIE. [Lib. VII.
Dopo queste brevi scritture, in cui fece le sue prove,
pose mano a scriver le Storie dalla morte di Nerone a
quella di Domiziano : e poscia, rifacendosi indietro, com-
pose gli Annali, che dalla fine di Augusto andavano al
principio di Galba, ed erano introduzione e complemento
alle Storie: grandioso lavoro, che abbracciava circa 80
anni, e descriveva le varie fasi della rivoluzione, per cui
fu mutata la faccia del mondo. Egli ci dà la storia di una
tirannide che succede a libero Stato.- La vediamo comin-
ciare quasi timidamente, e sotto le apparenze della li-
bertà; poi crescere a poco a poco, farsi gigante, imper-
versare, dar di piglio negli averi, nell'onore e nel sangue
dei cittadini. Lo storico ci conduce alle corti dei tiranni,
piene di delitti, di libidini, di stragi; poi nei campi delle
guerre civili: e ci mostra l'Italia spogliata e disertata,
e il mondo sossopra, per sapere a qual mostro debba
servire. Tacito, che sempre vede addentro nei nascon-
digli del cuore umano, si mostra acutissimo nel pene-
trare la chiusa anima di Tiberio, e nel rivelarne i terribili
arcani. Energicamente ritrae lui e i suoi successori, cir-
condati da un esercito di carnefici e di spie, e forti della
universale paura: mirabili di concetto e di arte le de-
scrizioni dei tempi, in cui pare che la ragione e il diritto
siano scomparsi sotto il flagello della forza brutale. Lo
storico geme; ma del gemito dei forti, che è una prote-
sta e una vendetta: contempla tristamente il dolore e i
mania citiamo Rùdiger. De fde hisfoyica Tacili in Germania descri-
benda, Yì'Q\h\x\Q 1823; Barbv , De Consilio rpw C. Cornei. Tacitus li-
hrwn illuni de situ, morihus et popiilis Germaniae conscripserit et de
fide ei tribucnda , Berlin 1825; Welter, De fde Tociti in rebus Ger-
manorum , Monasterii Gucstfalorum 1846;( Muenscher, De Germania
Taciti, Marburgi 1857; ]\Ialina, De Consilio quale Tacitus in scrihendo
de Germania libro seciitus esse videatur, Deutscli Crone 1860 ; Baum-
stark, Urdeutsche Staats alter thiimer zur schiitzenden ErlOiiteritìig der
Germnnia des Tacitus, Berlin 1873; Geilroy, Rome et Ics barbares ;
Etiide sur le Germanie de Tacite, Pai is 1874.
€ap. V.] TACITO GIUDICE IMPARZIALMENTE SEVERO. 931
supplizi della città una volta si lieta, e con la eloquente
parola vendica gli sventurati innocenti, e segna di eterna
infamia i crudeli oppressori.
Sono perduti i libri, che narravano il regno di Cali-
gola e i principii di Claudio: ma poi ritroviamo l'impe-
ratore pedante in preda a mogli meretrici e a tristi li-
berti, e quindi abbiamo le follie e le mostruosità di
Nerone, di cui solo ci mancano i casi estremi. Nelle
Storio succedono i fatti e le guerre di Galba, di Ottone,
(U Vitellio e di Vespasiano, al quale rimane tronco il
racconto, e ci mancano anche le cose di Tito e di Do-
miziano.
Tacito nel fare il suo doloroso viaggio per questi mi-
seri tempi si riserbava una consolazione all'animo lun-
gamente travagliato dallo spettacolo della tirannide e
della guerra civile. A conforto dei suoi stanchi anni
aveva divisato di scrivere da ultimo i felici tempi di
Nerva e di Traiano *, ma pare che gli mancasse la vita
a colorire questo disegno, come anche a tenere la sua
promessa di scrivere dell'impero d'Augusto ^.
Pure l'opera sua, quantunque mutilata e incompiuta,
rimane un capolavoro sotto il rispetto della civile mo-
rale, come dell'arte. Se egli tutto dipinge con neri co-
lori non è per tristizia di animo, ma per la ragione
chf^ gliene danno le scelleratezze dei tempi: se diffida
spesso del bene, è perchè lo incontra tra gli uomini ra-
}'amente. Ma al tempo stesso che vitupera con fiere pa-
j ijle ogni malvagità, la virtù ricerca con alletto, e la ce-
lebra eloquentemente appena si mostra. Non è un maligno
commissario di polizia, ma un giudice imparzialmente se-
vero, governato dall'amore di rendere piena giustizia a
tutti. Dei più crudi tiranni non tace niuna opera buona:
e nel giudicare gli stessi nemici di Roma, anche quando
1 Hist.. I, 1.
2 Ann.. IH, 21.
932 LE FONTI A CUI ATTINSE LO STORICO. [Lib. VII-
commettono una grande scelleratezza, lascia in dubbio
ciò che non è ben provato *.
Molti luoghi ci mostrano le lunghe e faticose cure da
lui poste nella ricerca del vero. Cita gli atti del Senato
e gli atti diurni'^ o giornali; confronta e discute le storie
di Plinio, di eluvio Rufo, di Fabio Rustico , di Vipstano
Messala, cita Corbulone e Agrippina 3, e ad essi o ad
altri autori di comraentarii e d'annah, senza ricordarli
per nome, si riferisce più volte, e con essi cita le cose
sentite dai vecchi 's ricorda le voci popolari, e le rigetta
se non sono sostenute da autori sicuri, o se hanno faccia
d'assurdi ^. Quando non ha documenti, o trova testimo-
nianze discordi, confessa di non aver modo a discernere
il vero, sospende il giudizio, cita senza nulla affermare,
0 dice la parte a cui inclina la fama ^. Altrove, riferiti
gli altrui detti, oppone loro le proprie ragioni ('').
{") Jfisi., II. 37 e 101. Per la ricerca e per la critica delle fonti vedi
tra gli altri INIeierotto, De foniibus quos Tacitus de tradendis rebus
ante gestis videaiur secutus, Lipsiae et Berolini 1795; Boetticher.Xe.Ticon
Tnciteum, pag. XIX-XXIIl; Pi-utz, De foniibus quos in conscribendis
rebus a Tiberio usque ad moriem Neronis gestis^ auctores secuti vi-
dcantuv:, Halle 1838; Wiedemann, De Tacito, Svetonio, Plutarcho, Cassio
Dione, script oribus imperatorum Galbne et Othonis, Berolini 1857, e Die
Qusllen der ersten 6 B. von Tac. Annal., Cleve 1868; Reichau, De fon-
tiiim deleciu quem in Tiberii vita morihusqiie describendis , Velleius,
Tacitus, Svetonius, Dio habuerunt, Konigsberg 1865; Borghesi, Annota-
zioni agli Annali e alle storie di Tacito, in Opere, V, 287-305; Karsten,
De Taciti fide in sex prioribus Annalium libris, Utrecht 1868; Clason.
Plutarch und Tacitus cine Quellenunicrsuclmng , Berlin 1870; Monuii-
sen, Cornelius Tacitus und Cluvius Rufus, in Hermes, 1870, IV, p. 295-
316; Nis?en. in lìhein. Museum, XXVI, 508-544.
1 Hist.. IV, co.
2 Ann., Ili, 3, V, 1, XIII, 31, XV, 7J, XVI, 22.
3 Per Plinio, Ann... I, 69, e Hìst., Ili, 2S. — Cluvio, Ann., XIII, 2(i, XIV, 2. —Fabio
Rustico, XIII, 20, XIV, 2, XV, Gì. — Vipstano Messala, Hist., Ili, 2:. e 28. — Agrip-
pina o Corljulone, Ann., IV, 53, e XV, 10.
< Ann., II, J^8, III, 16, V, !), XI, 27, XII, 67, XIII, 17, XV, 11 e 73; Hist., II, 101, e
III, 51.
r. Ann.. IV, 10 e 11.
C Ann., I, SI, V, 10, VI, 7, XIII, 20, XIV, • .
Gap. V.] MORALITÀ DELLO STORICO E STUDIO DELL'ARTE. 933
Sicuro delle sue ricerche e della sua critica, e profes-
sando di dire il vero di tutti senz' amore e senz' odio *,
con libero animo celebra ogni grande e nobile cosa, ri-
corda più volte r amore di libertà che armò i barbari
contro la prepotenza di Roma 2, smaschera tutti gli ipo-
criti, vitupera le infamie dei despoti e non risparmia la
viltà degli schiavi che baciano la mano che li flagella:
ammira il coraggio, ma non ne loda la inutile ostenta-
zione. Degli stoici medesimi, tra le cui dottrine era stato
educato, non tace le diserzioni: e mentre loda Peto Tra-
sea, Elvidio Prisco e Labeone , ritrae sdegnosamente
quelli che alle cene di Nerone si compiacevano di esser
contemplati in volto e voce severa tra le voluttà della
reggia.
Egli' sente che ha un doloroso argomento alle mani,
e a chi lo riprende di tornare così spesso sulle vergo-
gnose miserie e sul troppo sangue sparso, risponde che
a ciò non lo stringe odio, ma dovere di storico ^. E, non
mosso da brutte passioni né da amore di parti, continua
a dispensare con equa lance la lode e il biasimo, chia-
mando al suo tribunale piccoli e grandi, imperatori e
filosofi, imperiali meretrici e liberti, delatori e ministri,
Senato e plebe, e invocando su tutti il giudizio della
posterità, che è grande conforto all' innocenza infelice,
e terribile minaccia al delttto, anche quando tripudia in
sue allegrezze scellerate.
Così la sua parola, 0 lodi 0 maledica, è sempre parola
di virtù e di giustizia. Così egli compie il sacro dovere
dello storico, ed elevando la nobile arte ad una sublime
moralità si rende benemerito del genere umano, a difesa
del quale fa risonare la sua potente voce nel mondo ^
cangiato dalla tirannide in silenzioso deserto.
1 Hist., I, 1.
2 Agric, 30; Ann.. II, 8, e IV, 72.
3 Ann.. XVI, 16.
Vannucci — Storia dell' Itaìia antica — IV. 117
934 IL DIALOGO DEGLI ORATORI. [Lib. VIL
E Ogni studio adoprò, perchè il suo dire riuscisse ef-
ficace. Molto osservò e meditò i casi umani: svolse gli
storici antichi, gli oratori e i poeti, per trovare in essi
aiuto a ritrarre la vita e le grandi miserie dei popoli,
com' ei le sentiva. Nei piccoli scritti si vedono le sue
varie prove rispetto allo stile. Il Dialogo sugli oratori,
composto prima d'ogni altra cosa, col florido e copioso
linguaggio attesta i suoi studi Ciceroniani, mentre da
un altro lato accenna subito lo scrittore morale e poli-
tico il quale più che a disputare sulle particolarità del-
l'arte mira a provare il decadimento dell'eloquenza (") fino
dal regno d'Augusto, e a cercarne le cause nella' morte
(") Dopoché il Renano, il Lipsio e altri mossero dubbi sull'autore
vero di questa scrittura, per più di tre secoli continua ad agitarsi la
disputa. Ma i codici, e tutte le prime edizioni che attribuiscono l'opera
a Tacito, e la somiglianza che è tra il Dialogo e gli Annali e le Storie, ecc.,
nelle idee, nei sentimenti, e nei principii morali e politici, come in una
gran parte di modi, di costrutti e di formule, sono argomenti di molta
importanza. Fra le molte dissertazioni, scritte anche di recente su questa
controversia letteraria, citiamo Eichstàdt, De dialogo qui inscribitur de
Oratoribus, lenae 1839;Dupré, Dialogum de Oratoribus nec QuintilianOj
nec cuivis alii, sed Tacito adiudicandum, esse censuit ac demonstrare
tentavit, Saint-Calais 1848; Gutmann, Dialogum de Oratoribus non Ta-
cito adiudicandum esse, Lutetiae Parisiorum 1850; Deycks, De dialogo
Taciti de Oratoribus, Monasterii Westphalorum 1856; Weinkauir, De
Tacito dialogi, qui de Oratoribus mscribitur, auctore , Kòln 1857, il
quale fece anche un amplissimo indice dei modi e dei costrutti del dia-
logo, posti a confronto con quelli delle altre opere di Tacito; Tamagni,
Saggio critico sopra l'autore del dialogo de Oratoribus (nei B.endiconti
dell'Istituto Lombardo, serie 2^ voi. 2'», pag. 187-200, 390-402, 482-492),
il quale trattando egregiamente la questione sotto tutti i rispetti, ed esa-
minando gli argomenti esteriori ed intrinseci, prova colle ragioni dei
tempi, della lingua, delle idee e delle dottrine che l'opera non appartiene
né a Quintiliano, né a Plinio, né ad altri, ma è, come porta la tradi-
zione, scrittura di Tacito; Wackermann , Dialogus qui de Oratoribus
inscribitur , quo iure Tacilo abiudiceiur , Rostochii 1874. Sui pregi e
sull'arte di questa opera vedi Krichenbauer, De aeconomia libri, qui in-
scribitur Dialogus de Oratoribus, Olmutz 1855.
Gap. V.] LO STILE E LA LINGUA DI TACITO. 935
della libertà, nel gusto, nell'educazione e nei costumi dei
tempi imperiali, tanto mutati da quelli dell'antica Repub-
blica. ì^eW Agricola e nella Germania con qualche ricordo
Ciceroniano apparisce prevalente il far Sallustiano *, e
spicca una nuova maniera che pronunzia il breve ed
energico stile delle sue grandi opere, viva imagine della
sua anima fortemente temprata. Quando la tirannide e
la paura avevano colla morale corrotto anche lo stile
degli scrittori, egli, serbandosi virtuoso, preservò anche
i suoi scritti dalla corruzione comune, e provò splendi-
damente la verità del detto dell'antico Catone, che per
esser buono scrittore, prima di tutto bisogna essere uomo
onesto 2. La sua hngua prende qualità dalla forza e dalla
virtù del suo cuore: pure non è, né può essere, la lingua
elegante e spontanea dei tempi migliori. Lo vietava l'in-
fluenza, a cui non possono sottrarsi anche i più sommi
ingegni. Egli lottò di tutta forza contro la corruzióne, ma
questa stessa lotta lo tenne in siffatta violenza, che la
sua lingua e il suo stile non poterono non averne l'im-
pronta. Lo studio delle forme più brevi e più forti lo
portò sovente a troppo ricercate locuzioni, a modi con-
torti, ad asprezze, a oscurità. Ma per questa medesima,
via egli giunge a virtù splendidissime, e spesso riesce
sublime per quella concisione, che è una delle più sin-
golari qualità del suo ingegno. Concepisce fortemente il
suo pensiero, e lo disegna a grandi tratti, e lo manifesta
intero con una brevità senza pari. Con una parola sa
fare un ritratto, e con una frase ti mette il fremito e il
terrore nell'anima. Nel tempo stesso che in alcuni luo-
ghi col soverchio ardimento fa sentire la decadenza del
gusto, in altri è creatore di modi che danno nuova energia
alla lingua, e nella brevità è ricco di imagini, di traslati,
di colori poetici, e di tutta la magniloquenza latina: e
1 Vedi Teuffel, Geseh. der ròm. Litteratur^ pag. 681-682.
« Plinio, Epist., IV, 7.
936 DESCRIZIONI E QUADRI LUGUBRI. [Lib. VII.
se sente i vizi del tempo suo, è superiore a tutti i con-
temporanei, e per diverse virtù emula i sommi Greci e
Romani * : e fu paragonato a Tucidide, a cui somiglia nel
dipingere i personaggi con loro natura e costumi, ma
nel linguaggio ha qualità e forza propria, e diversa al
tutto dal Greco -.
Profondo, breve e arguto, egli dice tutto 'perchè vede
tutto, e come a significare i segreti pensieri dei tiranni,
sa trovare i colori convenienti a dipingere il mondo
esteriore. Altri notò, come il sole d'Oriente sembri ri-
flettere la sua vivida luce sullo stile dello storico quando
racconta le favole di Grecia e le meraviglie di Egitto.
All' incontro i suoi colori sono malinconici e tetri tra i
misteri delle secolari foreste, e sotto le nebbie del cielo
germanico e all'aspetto dell'addolorata natura. Terribili
suoni ha quando descrive lo spavento dei popoli nelle
grandi sciagure, quando ripete il rumore delle battaglie
e lo scroscio delle tempeste, o il tumultuare degli eser-
citi funestanti i campi di fraterne stragi. Le belle regioni
d' Italia a un tocco del suo pennello ci offrono quadri
lugubri. Le pianure dell'Eridano, le vie di Roma, le ma-
gnifiche campagne latine, le vaghe rive del mare di Napoli,
i giardini di Miseno e di Baia, che i poeti celebrarono
come stanza del canto e della letizia, in Tacito appari-
scono pieni di squallore e di tristi memorie. Egli popola
ogni luogo di dolenti imagini, perchè dappertutto trova
ferocie di tiranni e viltà di schiavi, e delitti. Ma l'arte
sua mira sempre al fine di destare nobili sentimenti, e
1 Vedi Wernicke, De elocutione Taciti^ Thoruni 1829; lunprelaussen, De Tacitei ser-
^monis proprietate^ Kiel 1848; Nipperdey, nella sua edizione degli Annali, Lipsiae 1851 ;
Goebel , De Tacitei stili colore poetico , Berolini 1859 ; Wòlfflin , Schriften ueber den
taciteischen Stih etc, in Philologus, 1S66, voi. 25, p. 92-131 e voi. 2G, p. 92-1G6; Zernial,
Nonnulla de elocutione Taciti, Burg 1868; Draeger, Ueber Syntax und Stil des Tacitus,
Leipzig 18C8.
« Vedi Roth, Thucydidis et Taciti comparatio. Monachi 1812, o Wernicke, toc. cit.s
pag. 7 e segg.
Gap. V.] TACITO ULTIMO DEI GRANDI SCRITTORI ROMANI. 937
va sempre a conclusioni morali, o discuta delle ragioni
di Stato, 0 narri di guerre, o descriva Roma spaventata
dai supplizi, e le vie deserte, e ogni uomo in guardia
dell'altro, e studioso di scansare ogni scontro, ogni di-
scorso di noti 0 d'ignoti; e pur le cose mute e inanimate
piene di sospetto; e al passaggio di una vittima tutti
fuggire e poi tornare indietro per tema di dar sospetto
coll'aver mostrato paura. Ma la voce della verità non
può essere estinta dalla paura. Le vittime gridanti alto
nell'universale silenzio protestano contro l'ingiustizia, e
turbano la quiete ai tiranni.
Fu rimproverato di cadere spesso nell' oscurità per
soverchio studio di concisione, di essere qualche volta
più ragionatore che narratore, di mettere filosofia e po-
litica dappertutto, anche nella bocca dei barbari. Pure
gli rimane tanta ricchezza di grandi e originali bellezze,
che anche dal lato dello stile è più singolare che raro,
mentre sotto il rispetto civile e morale forse non patisce
confronto in tutta l'antichità. Gli altri possono abbondare
più nei pregi esterni, essere più puri, più eleganti, più
variati, ma ninno è più profondo, né più sottile indaga-
tore delle ragioni dei fatti. È 1' ultimo grande scrittore
di Roma, che per l'ultima volta fa sentire la voce so-
lenne del genio romano: è un repubblicano che scrive
la storia della tirannide, nelle brutture della quale trova
conforto solamente volgendo lo sguardo al passato. L'ima-
gine di Roma antica gli sta viva nel cuore, e ne va-
gheggia la gloria, la possanza, la libertà. La severità
degli antichi costumi, il senno degli ordinamenti civili,
la fama delle battaglie e delle rumorose adunanze del
Fòro, la potenza dei consoli, la gloria e lo splendore del
senato, sono perpetuo desiderio della sua anima. È vero
che non è uomo da pascersi di vane speranze: vede che
la Repubblica non può più tornare, e quindi ringrazia
quelli che al tempo suo associarono un poco di libertà
938 SPECULAZIONI POLITICHE. [Lib. VII.
al principato *, si rassegna dolorosamente all'impero di
un capo supremo, come effetto dell'ira dei Numi (") contro
la umana tristizia, come necessità delle cose in tanta
ampiezza di Stato impossibile a governarsi a comune, in
tanta difficoltà e corruzione di tempi, e con uomini in-
capaci di sopportare tutta la servitù e tutta la libertà'^.
Pure l'anima generosa non può acquietarvisi mai, perchè
quest'ordine non afforza e non rassicura le minacciate
sorti di Roma.
Fu detto che Tacito invece di uccidersi, come Bruto
per non vedere il nemico vittorioso e la morte della
Repubblica, ha il coraggio di vivere per consolare i suoi
amici sopravvissuti, per ornare di lodi i morti, per isco-
prire tutte le vergogne dei vincitori. A ciò debbo aggiun-
gersi che mentre egli guarda affettuosamente al passato,
non crede che ogni cosa antica fosse ottima, e si con-
forta pensando che anche l'età nuova produsse glorie ed
arti degne di essere imitate dai posteri, ed esorta gli
amici a godere dei beni del loro tempo, e adoperarsi al-
l'utile pubblico, ciascuno nel modo che può 3.
La Repubblica vagheggiata dal severo storico era
quella degli aristocrati morti a Farsalia e a Filippi; ma
se amava quegli ordinamenti e quegli uomini, e narrò
partitamente le loro fortune, dei patrizi e dei senatori
non tacque le turpitudini e le scelleratezze infinite, e al
tempo stesso lodò altamente gli uomini delle classi infe-
riori, quando risplendevano per virtù, e qualche volta i
plebei e gli schiavi stessi pose sopra questi vili aristo-
crati *.
(*) Sulle opinioni religio*se di Tacito vedi i miei Studi storici e mo-
rali sulla letteratura latina^ Torino 1871, pag. 486 e gli autori ivi citati.
1 Agric., 3.
2 Hist.^ I, 16, II, 38, e Ann.. XVI, 16;
3 Ann., Ili, 58, XVI, 43; Dialog. de Orate, 41. Conf. Ann., Ili, 66, e Hist., I, 3.
* Ann., XIV, 60, XV, 57; Hist., I, 3, IV, 50, ecc.
Gap. V.] amori ARISTOCRATICI. EGOISMO ROMANO. 939
In un luogo disse che il governo popolare si accosta
più a libertà, e quello dei pochi a regia sfrenatezza *, ma
teneva i soli nobili atti ad amare e a reggere gli ordini
liberi, e il reggimento misto, cioè temperato di popola-
rità, di aristocrazia e di principato gli parve piìi facile
a lodare che a mettere in ferma e durevole pratica 2. E
altrove, seguendo i suoi amori aristocratici, si scanda-
lizzò che Livia, nuora di Tiberio, sacrificasse vergogno-
samente sé e i maggiori e i posteri a un adultero mu-
nicipale, a Seiano nato a Bolsena; e pose come parte di
pubblico lutto, che una donna di illustre casata fosse
andata sposa a tale che ebbe l'avo terrazzano di Tivoli 3.
Erano pregiudizi dell' egoismo romano, da cui neppure
l'anima elevatissima di questo scrittore sapeva sottrarsi,
e a causa di questo egoismo stimò giusto il desiderare,
per la salute di Roma, la distruzione degli altri popoli,
ed esultò alla vista di 60 mila Germani, spentisi fra loro
in guerra civile, e chiese agli Dei di rinnovare l'atroce
spettacolo ^, quantunque, come fu sopra avvertito, altre
volte rendesse giustizia a coloro che insorgevano per
mantenere 0 ricoverare la libertà della patria (''). In ciò
C') A pag. 271-274 di questo volume ricordammo le alte lodi che Ta-
cito détte ad Arminio liberatore della Germania , e notammo che il
nome dell'eroe giunse a noi glorioso per quelle lodi dell'onesto e impar-
ziale scrittore latino. In quella occasione demmo anche il disegno del
monumento che la libera patria preparava al liberatore nel luogo della
sua vittoria sulle legioni di Varo. Il monumento inaugurato in appresso
fu bella e grande giustizia all'uomo che si disse ucciso dai suoi. La selva
di Teutoburgo muta da tanti secoli risuonò allora delle gioie e dei canti
di un grande e libero popolo. Ma in quel generoso entusiasmo era nobile
e giusto scrivere la perfidia latina sul monumento del guerriero che dalla
mensa di Varo corse a sollevare i Germani contro di lui, e lo schiacciò
1 Ann.. VI, 42.
! Ann.. IV, 33.
3 Ann.. IV, 3, VI, 27; conf. Kirsclibaum, Quid Tacitus senserit de rebus pulHcis ,
lenae 1857, pag. 21 e segg.
* Gemi.. 33.
940 TEMPERATI E UMANI PENSIERI. [Lib. VII
egli sentiva come i più dei suoi concittadini; ma in altre
cose inalzò 1' animo a pensieri generosissimi , amò la
verità e la giustizia, scrisse per ritrarre altri dal male
colla paura della posterità e dell'infamia, professò per
massima le dottrine civili e la morale degli stoici, ma
nell'applicarle alla vita serbò temperanza, e fuggi e scon-
sigliò le cose estreme, insegnando esservi una via mez-
zana tra l'ardire imprudente e la turpe arrendevolezza,
tra lo sfidare inutilmente i tiranni e il porgersi strumento
ai loro furori * : e nella sua imparzialità lodò quelli che
stando coi principi tristi si astennero dal promuovere
volontariamente servili sentenze, e temperarono le im-
moderatezze degli altri 2.
Egli fu uomo umanissimo nella vita privata, e ne è
prova anche la sua stretta amicizia con Plinio il Gio-
vane, che fu un modello di gentilezza e di dolce costu-
me. Della quale consuetudine serbano ricordo più let-
tere di Plinio stesso, che parlano della semplicità della
vita, degli onesti diletti, degli studi, dell'amore dell'arte,
e dei nobili sentimenti di questi due uomini, che, diffe-
renti d'ingegno, furono eguali nell'amore della libertà,
e di ogni opera egregia^, ed erano accoppiati dall'opi-
nione pubblica e dalle estreme volontà dei morenti, che
ad ambedue insieme lasciavan legati '\
C. Plinio Cecilio Secondo, nativo di Como, vissuto dal 62
al 113 di Cr. incirca, era per madre nipote di Plinio il
Vecchio, che lo adottò per figliuolo e pose ogni cura
a tradimento? Sappiamo benissimo die coi dominatori stranieri i popoli
non guardano troppo per la sottile, ma sta bene accusare altri di slealtà
quando si celebrano le glorie dei nostri che mentre facevano la corte al
nemico gli saltarono col ferro alla gola?
1 Ann.^ vr, 10, 22, XIV, 12, e Agric, 42.
2 Ann.. IV, 20, VI, 10 e 27.
3 Plinio, Ejìist.. l, 6 e 20, IV, 13 e 15, VI, 9 e 16, VII, 20, 33, Vili, 7, IX, 14 e 23.
4 Plinio, Epist.^ VII, 20; conf. Laboulaye, Testament de Dasumius j Paris 1815,
pag. 17 e 18.
r
Gap. V.] PLINIO IL GIOVANE. UFFICII PUBBLICI E STUDI. 941
perchè fosse ben educato. Corse la via degli onori ai
tempi di Domiziano, di Nerva e di Traiano, e sotto que-
st'ultimo, a cui fu carissimo, salì al consolato (100 di
Cristo), e da ultimo andò per due anni (111 o 112 e nel-
l'anno appresso) legato imperiale al governo della Bitinia
e del Ponto (''). Ma gli studi erano il suo grande e pre-
cipuo amore, e nell'antichità egli porge il vero modello
dell' uomo di lettere. Studiò 1' eloquenza alla scuola di
Quintiliano, ebbe familiari il retore Niceta e i filosofi
Eufrate e Artemidoro *, e visse amicissimo a tutti quelli
che coltivassero le lettere.
A 14 anni compose una tragedia 2, a 19 fece la sua
prima entrata nel Fóro, e poscia fu avvocato in molte
contese criminali e civili, trattò cause gravi e famose,
aringo contro i potenti, difese le assassinate province,
orò con Tacito a favore degli Affricani, e al principio
del regno di Nerva accusò arditamente i ribaldi , che
avevano infuriato sotto la passata tirannide ^, come in
suoi libri fece la vendetta di Elvidio ^. Sua regola era
(«) Riinane l'epigrafe testamentaria già posta nelle terme di Como, edi-
ficate da Plinio, la qxiale lo ricorda console, augure, legato di Traiano
con potestà consolare nel Ponto e nella Bitinia, curatore dell' alveo del
Tevere e delle ripe, e delle cloache della città ; prefetto dell' erario di
Saturno, prefetto deirerario militare (pretore, tribuno della plebe), que-
store dell'imperatore, seviro dei cavalieri romani, tribuno militare della
terza legione Gallica, decemviro a giudicare le liti. Vedi Boarius, Be
Plinii Secundi testamentaria inscriptione, Mantuae 1T75; Ordii, 1172,
Mommsen, in Ann. Istit. arch., 1854, pag. 41, e neW Hermes, \\\, pag. 108-
1 13, ove sono anche le altre iscrizioni che lo riguardano ; e Heuzen, in
Orelli, voi. HI, pag, 124. Vedi anche Plinio, Epist, I, 23, III, 4 e 11, IV,
8, V, 15, VII, 11 e 16, X, 8 e 2, Paneg., 92 e 95, e tutto il suo carteggio
con Traiano.
1 Plinio, Epist., I, 10, III, 11, VI, 6.
2 Epist.. VII, 4.
3 Epist.. I, 5, 7, IS e 2"), n, H, lU, 4, IV, 9, 16, 17 e 21, V, 8, H, 20 e 21, VI, 12, 18,
5» e 33, VII, 6 e 33, IX, 2 e 3.
< Epist.. VII, 30, IX, 13.
Vannucci — Storia dell'Italia antita — IT. 11«
942 ORAZIONI E VERSI. [Lib. VII.
leggere, scrivere, meditare di continuo per poter parlare
quando volesse. Era tutto nei partiti dell'arte, nell'empire
le orazioni di fiori e di descrizioni poetiche per piacere
a ogni qualità di lettori ; le ritoccava, le recitava agli
amici per averne consigli e correzioni *. Amava lo stile
abbondante, e su ciò avvi una sua lunga lettera a Tacito,
ove spinge all' estremo la lode del periodo sonante, in-
gegnandosi di provare che nell'abbondanza sta principal-
mente il pregio delle scritture 2. Non sappiamo quello
che Tacito gli rispondesse, ma è certo che i suoi con-
temporanei lo accusavano di dare nell'esuberante e nel
gonfio 3. Il che ci apparisce anche dal Panegirico a Tra-
iano, nel quale s' incontrano la gonfiezza e la sover-
chianza, che egli stima sublimità e copia *, e le antitesi,
e il far manierato, e lo studio eccessivo delle peregri-
nità, degli ornamenti oratorii, delle arguzie dei concetti,
e l'affettazione, e la dilfusione che stanca.
Attese anche ai versi, e ne fece d'ogni qualità e d'ogni
metro: versi in villa, in viaggio, a cena, al bagno, a caccia,
alla guerra ; versi eroici, versi leggieri ^
Pensò anche di scrivere storie. Molti lo esortavano a
ciò, ed egli ne vide le bellezze e le difficoltà 6, ma non
sappiamo se veramente si ponesse a tale opera.
Oltre al Panegirico ci rimangono di suo solamente le
Epistole che, quantunque un po' declamatorie e prive della
naturalezza, che è la virtù prima di tali scritture, spesso
sono graziose, e argute e ricche di liberi e generosi pen-
sieri e ci mostrano l'autore, e i costumi, gli studi e tutta
la coltura romana all'età di Traiano. In esse vediamo,
l'uomo alternante la vita tra i pubblici ufficii, tra 1 ru-
1 Episl.. I, S, III, 18, V, 13, VI, 29 e 33, VII, 17, IX, I, IO e 28.
2 Epist., I, 20.
3 Epist.. I, 20, V, 6 in fine, VII, 12, IX, 26; Macrobio, Sat.. V, I.
4 Epist., IX, 26.
5 Epist.^ IV, 14 e 18, V, 3, VII, 4, Vili, 21, IX, 10, 10 e 25.
«3 Epist.. V, 8, IX, 27.
I
Gap. V.] PLINIO NELLE SUE LETTERE. 943
mori di Roma, tra le contese dei tribunali, tra i diletti
della villa e gli studi. È inesauribile sul discorso dei
suoi versi, delle sue orazioni, dei suoi trionfi oratorii ^
Più che d' ogni altra cosa gli cale di queste faccende ,
da cui aspetta gloria immortale 2. Negli ufficii si lamenta
di non aver quiete a far versi, a scriver lettere ornate,
né può persuadersi che degli studi siano più piacevoli
i governi": e fra le brighe di Roma sospira le rive del
Lario, piene di selve e di silenzi atti allo studio ^. Ebbe
ville a Laurento ("), a Tivoli, a Preneste, a Tuscolo, in
Etruria al pie degli Appennini presso Tiferno {Città di
Castello) e due splendide sul lago di Como, da lui chia-
mate Tragedia e Commedia. Passava l'inverno a Laurento,
e i calori estivi in Etruria, scrivendo agli amici della sua
vita innocente, de' suoi diporti, dei suoi esercizi di corpo e
di ingegno; celebrando le maraviglie del Lario, le fresche
aure tifernati, i tepori laurentini ^. Veniva a Roma a leg-
gere i suoi scritti, e ad ascoltare i poeti, che erano tutti
amici suoi ^. Lodava da sé stesso i suoi versi e le sue
orazioni divine, e parevagli eccellente ogni scritto, in cui
si parlasse bene di lui. Lodava piccoli e grandi, sdegnan-
dosi contro chi non fosse largo di lodi con tutti, e fu
ripreso di far così colla speranza che gli altri lo trattas-
sero nel medesimo modo, mosso da quell'ardente sete
di fama che egli stesso confessa. Molti sono quelli chia-
mati da lui ingegni subUmi, grandi oratori, grandi poeti
splendidi ornamenti del secolo , i quali nella più parte
(«) Vedi Marquez, Belle ville di Plinio il Giovane, Roma 1796, il quale
dà la pianta della villa Laurentina disegnata e largamente illustrata.
i Epist, I, 2 e 18, II, li, 14, III, 4, 13, 18, IV, 9, 16, V, 8, 21, VI, 18, 29 e 33, IX, 23.
s Epist.. VI, 29, IX, 3 e 25
3 Epist.. I, 9 e 10, Vili, 9,
* Epist.j II, 8.
5 Epist., 1,0 e 22, II, 8 e 17, IV, 1 e 30, V, 6 e 18, VI, 21, IX, 7, 36 e 40.
6 Epist.^ I, 13.
944 ANIDRE DELLA LODE, ONESTÀ E BENEFICENZA. [Lib. VIL
diventarono presto oscurissimi *, La smania della lode ec-
cessiva apparisce anche in ogni pagina del Panegirico.
Traiano era senza dubbio degno di encomio: ma il pa-
negirista lo loda soverchiamente , e cerca con studio
infinito di mostrarlo ammirabile, anche per cose che altri
non crederebbe pur degne di nota. Questo lodar tutti, per
esser lodato da tutti, era una sua gran vanità, che può
perdonarglisi, perchè la compensavano molte virtù, delle
quali pure è da dolere che parlasse troppo e con vanità
puerile.
Rese giustizia anche alla virtù dei Cristiani ^. Ammirò,
e caldamente celebrò, tutti gli uomini più virtuosi dell'età
sua, e ne propose ad esempio ai presenti e ai futuri l'o-
nesto costume, la schiettezza, la fede, la santità, la pura
coscienza, l'integrità nei pubblici ufiicii, la forza nei pe-
ricoli, il coraggio nell'avversità, l'amore di patria, l'odio
ai tiranni ^. Fu integerrimo come il suo padre adottivo (•*),
e pieno di sentimenti umani e generosi. Usò il favore
imperiale a vantaggio degli altri *, protesse i giovani ben
promettenti, e li raccomandò alla fama ^. Nella ricchezza
menò vita frugale, amava le cene abbondanti di discorsi
socratici ^, e, parco per sé-, potè esser largo e benefico
agli altri. Fece a sue spese un tempio a Tiferno; spese
somme ingenti (più di 3 milioni di sesterzi) per ador-
nare Como sua patria, per farle donativi annuali, per co-
struirne le terme, per dotarne la biblioteca che inaugurò
con una lunga orazione in lode della città; per procu-
(«) Vedi la Vita di Plinio attribuita a Svetonio.
l Spist.. I, 16, II, 10 0 13, III, 1, 15, IV, 3, 19, 20 e 27, V, 5, 8, 10 e 17, VI, 11, 17 e
21, VII, 23 e 28, Vili, 4 e 12, IX, 3 e 8, 22, 28 e 33.
* Epist., X, 97.
3 Epist.. I, 12, II, I, 7 e 9, III, 1, 2, 3 e li, IV, 4, 17, 21 e 22, V, 5, 15 e 17, VI,
10 e 21, VII. 19, 21 e 31, VIII, 5, 12 e 14, IX, 13 e 19.
* Epist.. II, 9, X, 4, 5, 6, 22, 23, 48, 49, 58, 59, 95, 96.
5 Episl.. VI, 23.
6 Epist., II, 4, 6, III, 12, IX, 17.
Gap. V.]
GENEROSITÀ E UMANITÀ.
945
rare pubblici maestri, per aiutare i giovani studiosi, per
nutrire i figliuoli dei poveri *. Dotò di 50 mila sesterzi
la figlia di Quintiliano, per gratitu-
dine al suo antico maestro; ad un
amico ne donò 300 mila, perchè po-
tesse esser cavaliere ; ad altri con-
donò debiti e fece regali ricchissimi,
e sovvenne di denaro gli amici pro-
scritti. Osservò i testamenti, anche
quando non regolari, e fatti a suo
danno, avendo per massima di ri-
spettare più della legge la volontà
dei defunti. Nel difender le cause
rifiutò non pure qualunque mercede,
ma ogni dono o ricordo -.
Amò i suoi schiavi, e concedeva
loro di far testamento. Non stimava
né sapiente, ne uomo, chi non si
addolora delle altrui sciagure. Rac-
comandò la liberalità disinteressata,
e s'indignò dell'enorme cupidità del
suo secolo. Chiese indulgenza anche
per quelli che non sono indulgenti ^.
Insomma fu uomo generoso ed one-
sto, e come scrittore stette tra i migliori del tempo suo,
quantunque come gli altri trascorresse ad artifizi e a
licenze, che guastavano la castità e la sincerità della
lingua (").
Plinio console ed augure
Aldini^ Gli antichi marmi
Comensi^ tav. 3, n. 1).
[^) Per la vita di Plinio, pel suo carattere, pel suo ingegno, per le sue
lettere e pel suo modo di scrivere, vedi Masson, C. Plinii vita ordine
chronologico digesia, Amsterdam 1709; Geìsler, Le Plinii minoris vita.
1 Vedi sopra, pag. SOO,
* Epist., I, 8, 19, II, 1, 5, 16, III, 6, 11, IV, I, V, II, VI, 3, IX,
n72, e Henzen, ivi^ voi. Ili, p. 124.
3 Epist.^ V, 19, VII, 32, Vili, 16, 22, 2J, IX, 30.
Creili, Inscript.»
94G S VE TONIO. [Lib.VII.
Egli fu amico a tutti gli uomini più notevoli di questa
età, e tra essi amò e stimò distintamehte C. Svetonio
Tranquillo, il cronista dei Cesari, dei retori e dei gram-
matici.
Di quest' uomo , che con tanta cura ricercò e scrisse
le più minute particolarità di tanti altri, quasi ninno ci
détte notizia. Ond'è che non sappiamo precisamente né
quando nacque né quando morì. Egli ricorda che nasceva
da padre, che fu tribuno militare e combattè a Bedriaco
nella guerra tra Ottone e Vitellio {''). Plinio, suo amico,
ne loda l'amore agli studi, la molta dottrina, la probità
e i buoni costumi, e per questi pregi lo raccomandò a
Traiano , e gli fece concedere il diritto dei tre figUuoli
e l'ufficio di tribuno militare, che egli rinunziò a favore
di un suo parente *. Più tardi fu segretario di Adriano,
Breslau 1862; Momrasen , Lebensgeschichie des jiingeren Plinius, ia
Hermes, 1868, III, pag. 31-114, trad. in francese da M. Morel, Étude sur
Pline le Jeune, Paris 1871; Lelimus, Der Charakter des jungern Plinius,
Soest 1776; G\eYÌg,Leben, ìnoralischer Charakter und schriftstellerischer
^\'erth des jiingeren Plinius, Dorthmund 1798; Held, Werth der Brief-
sammhtng des jilng. Plinius in Besug auf ròm, Lit-Geschichte, Breslau
1833; Cauvet, Elude sur Pline le Jeune, Toulouse 1857; Grasset, Pline
le Jeune, sa vie et ses oeuvres , Montpellier 1865; Tanzmann, Be C.
Plinii Caecilii Secundi vita, ingenio, moribus quaestio, YrQ.i\.^\9.v\&e 1865;
Holstein, Be Plinii ininoris elocutione, Naumburg 1862; Lagergren, Be
vita ed elocutione C. Plinii Caecilii Secundi, Upsala 1871; Stobbe, PZt-
nius Briefe, in Philologus, 1870, pag. 381-389; Kraut, Ueber Syntax
und Stil des jiingeren Plinius, Tiibingen 1873; Render, Ber jiingere
Plinius nach seinen Briefen, Tiibingen 1873; Fabre, Souvenirs des lettres
de Pline, Clermont-Ferrand 1875.
{"■) Svetonio, Otho, 10. Svetonio, ricordando [Ner., 57) il falso Nerone,
venuto 20 anni dopo la morte del vero, dice, che ciò accadde mentre egli
era adolescente: adolescente me. Dal che può ricavarsi, che nascesse al
cominciare del principato di Vespasiano o poco prima. Vedi Krause, De
fontibus Svetonii, Berolini 1831, pag. 2, e Regent, Be C. Soelonii
Tranquilli vita et scripiis, Vratislaviae 1856, pag. 2.
' Plinio, Epist., Ili, 8, X, 95 e 96; Regent, loc. cit., pag. 5.
Gap. V.] MOLTIPLICI OPERE. 947
e perde quell'ufficio per avere trascurato certe forme di
etichetta coU'imperatrice Sabina ^
Dapprima aveva fatto l'avvocato e il grammatico -: e
di grammatico e di retore serbò sempre i gusti, dilet-
tandosi molto dello studio minuto sulle parole, e sulle
vite degli scrittori. Rimangono cenni e frammenti di
molte sue opere storiche, erudite, grammaticali e scienti-
fiche, tra cui notiamo alcuni tratti che sembrano avanzi
di una storia delle guerre civili di Pompeo e di Cesare,
e di Antonio e di Ottavio; una difesa di Cicerone; tre
libri dei re; uno dell' istituzione degli uffìcii, o delle ca-
riche di corte e di Stato ; più libri degli spettacoli, e dei
giuochi greci e romani; sull'anno romano, sulle leggi,
sui costumi, sulle fogge del vestire; ricerche sulle diffe-
renze delle parole; sull'anno romano; studi sulle nature
delle cose e degli uomini (").
I frammenti dei Grammatici e dei Retori che ci danno
notizie delle scuole, degli studi, della lingua e delle let-
tere nei primi tempi dell'Impero facevano parte di un'o-
pera più grande sugli Uomini illustri, in cui molto pro-
babilmente trattò anche dei poeti, degli oratori, degli
storici e dei filosofi 3.
Fra tanti suoi scritti perduti giunsero a noi quasi in-
tere le Vite dei primi dodici imperatori da Cesare a Do-
miziano, dei ciuali con stile assai puro, semplice, breve,
chiaro * e preciso, narrò i molti vizi e le scarse virtù, le
(^) Per tutto ciò vedi Augusto Reifferscheid , C. Soetonii Tranquilli
praeter Caesarum libros reliquiae, Lipsiae 1860, in 8° di pag. 565, opera
dottissima e capitale su questo argomento.
1 Sparziano, Adrian.^ 11.
2 Plinio, Epi&t., I, 13, 24.
3 Vedi Doergens, Ueber Svetons Werk De viris illustribus. Etne philologische Stiidie^
Leipzig 1857 ; Reifferscheid, loc. cit.^ pag. 3-144 e 363-425.
< Pei pregi e difetti del suo scrivere vedi Thimra, De usu atque elocutione Caii Sve-,
tonii Tranquilli^ Kònigsberg 1867; 'Ba^ge , De elocutione Caii Svetonii Tranquilli ^
Upsaliae 1875.
948 LE VITE DEI DODICI CESARI. [Lib. VIL
orgie, le rapine, le immani crudeltà, il lusso dei vestiti
e dei cibi e degli spettacoli, descrivendo l'ingegno, l'animo
e il corpo di ognuno e raccogliendo un numero grande
di aneddoti e di fatti singolari: in breve ritraendo la
reggia con sentimento dell'onesto e del vero, e con ac-
cento d'indignazione contro le infamie del vizio, ma
spesso mostrando le grandi turpitudini senza velo, e
quasi con compiacenza.
Fu ripreso anche di dividere e suddividere, e sminuz-
zare troppo le Vite dei suoi personaggi, di spezzare la
loro vivente unità, d'isolargli in mezzo al teatro del mondo,
in cui operarono, di non narrare mai i fatti per ordine
cronologico, e di riunire le varie materie per generi in
particolari capitoli, senza riguardo alla ragione dei tempi.
D'onde, oltre alle lacune e alle ripetizioni inevitabili, e
alla mancanza del movimento, che nasce dalla succes-
sione naturale dei fatti, viene anche la difficoltà di ri-
trovare le proporzioni e la intera figura di questi esseri,
così divisi in tante piccole parti '.
Ma non pare , che a questo fosse volto il suo animo.
Egli pose ogni studio à raccogliere tutti i piìi minuti par-
ticolari , fu il primo a tentare la biografia aneddotica,
attingendo a tutti i fonti delle notizie. Vide le biblioteche
pubbliche e private, gli archivii, gli atti del senato e del
popolo, i giornali, gli atti dei principi, decreti di ogni
maniera, genealogie, atti di nascita, testamenti, orazioni
funebri, memorie, raccolte di lettere, autografi, e molti
annalisti ora perduti 2. E dei materiali, che ebbe alle
mani, usò attentamente cosi che, sebbene lo studio so-
verchio di brevità lo faccia apparire qualche volta oscuro
1 Vedi Epger, Examen des historiens d'Aug., pag. 2()8; e Wiedemann, De Tacito,
Svetonio, Plutarcho, Cassio Dione scriptoribus imperatorum Qalbae et Othonis , P<-
rolini 1857, papr. 3».
« Svetonio , Cnes.. fi; Aug. ^ 5, 70, 94, 100 e 101; Tib.. 3, 5 e 73 ; Calig. . 8 e 3";
Cliud., 11 e 41; Vitell., 1; Vespas., 8; De dar. rhet., l, ecc.; Krause, De fontibus
Svetonii^ pag. 7 e segg.
Gap. V.] AULO GELLIO. 949
e negligente, anche al paragone dei documenti autentici
pochi altri storici possono dirsi più precisi di lui ("). Il
che , anche in mancanza di gravità , di elevatezza e di
vero intelletto dell'arte storica, è un raro pregio, che ci
rende importantissimo questo rivelatore dei segreti del
palazzo imperiale.
Memorie di filosofi, di grammatici e retori ci lasciò
Aulo Gellio nelle Notti Attiche, che sono una raccolta di
estratti di autori greci e latini, antichi e recenti, fatta
nelle notti invernali quando dimorò per sua istruzione
ad Atene, e destinata a ricreazione e ad ammaestramento
morale e letterario dei suoi figliuoli*. Egli fu giudice a
Roma- sotto gli Antonini, ma pare non gli mancasse
tempo a frucar biblioteche, e a conversare coi dotti del
tempo suo, fra i quali ricorda con reverenza Frontone,
Favorino, Erode Attico, il filosofo Calvisio Tauro di Be-
rito, seguace della setta platonica, e i retori Antonio
GiuHano, e Sulpicio Apollinare suoi maestri, e più altri 3.
Di tutti riferisce aneddoti, opinioni, dottrine: il che, unito
agli estratti di sue molte letture, rende il libro pieno di
notizie importanti, e di curiosità storiche, archeologiche,
grammaticali e letterarie. Vi sono curiosi frammenti di
autori perduti, notizie sui costumi, sulla religione, sul
governo e sulla mihzia di Roma antica; decreti antichi
e leggi romane, confrontate con quelle di altri paesi; ri-
(a-j Egger, Examen des historiens anc. d' Aug., pag. 275. Citiamo, tra
gli altri, un fatto, in cui la erudizione moderna ha provato l'esattezza
del biografo. Egli era stato accusato di errore, per avere attiibuito a
Cammino Scribouiano il gentilizio di Arrunzio ; ma a torto. Arrunzio
»i trova nelle iscrizioni, e Svetonio ha ragione. Vedi Borghesi, negli An-
nali dell' Istituto di corrispondenza archeologica^ 1850, pag. 361.
1 Notti Att.^ praef.
2 Notti Att.. I, 22, XI, 3.
3 Notti Att., II, 1, 2, 5 e IG, IX, 10, X, 19, XII, 1, 13, XIH, 19, XIV, 2, XV, 1 , 8.
XVI, 13, XVII, 8, 19, 20, XVIII, 4, 5, IO, XIX, S, 10 e 13, XX, i. Vedi auchc Fried-
laender. De Aldi Gellii vitae temporibus^ liegimonti 1869.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV. 119
950 AULO GELLIO. [Lib. VII.
cerche fatte con curiosità di antiquario sul diritto civi-
le ♦; discussioni di filosofia, di morale, di giurisprudenza;
e soprattutto di parole, perchè egli era specialmente un
grammatico nel significato antico della parola. Egli ha i
gusti e i vizi del tempo suo, in cui si disputa di parole
e si ricerca l'erudizione minuta, e si vedono magistrati,
giureconsulti e filosofi studiosissimi della origine dei vo-
caboli e di loro differenze -.. Vi sono greggi di gramma-
tici, arroganti e bruttamente ignoranti ascoltati da uomini
gravi, mentre recitano Ennio e Plauto, o interpretano
qualche oscura parola di Catone e di Nevio. Anche la
festività delle mense infestata dalla ispida erudizione:
anche il Fóro invaso dalle ciance grammaticali 3. Si vuol
saper tutto, si va in cerca della erudizione che non eru-
disce ma oscura la mente, e con molti studi spesso si
giunge solamente a vanità, a miserie, a seccaggini. Gelilo
aveva molta e vera e variata dottrina tratta da molti
scrittori greci e latini, dei quali si contarono 275 nomi
nella sua opera. Fu indefesso a ricercare le origini delle
parole: per ogni vocabolo consultò i piìi reputati gram-
matici, e svolse molti volumi ^, e si mostrò intendentis-
simo di tali questioni, e osservatore sottile, ed espositore
dotto di ciò che riguarda le forme, le figure, le termina-
zioni delle parole, le formule proprie di ogni disciplina,
l'uso e il discorso degli scrittori; ma alla parte filosofica
della grammatica détte poca importanza, e passò di volo
sulle dispute, se le lingue siano nate dalla natura delle
cose 0 dal capriccio degli uomini, se valga la ragione o
l'arbitrio sancito dalla consuetudine, e qual sia la forza
peculiare e la nozione generale d'ogni vocabolo 5. Sulle
1 Su ciò vedi Giudea, A. Gellii qiiae ad ius pertinente Roatoch 1813, e Dirksen, negli
Atti dell'Accademia di Berlino del 1851.
* J^olti Alt., II, 26, III, 19, VII, 7, XIII, 17, XVIII, G e 7.
3 Notti Att.. I, 21, II, 26, III, It», V, 8 u 21, XllI, 30, XV, 9, XVI, 6, XVIII, 4 e 7;
Vogel, De A. Geliii vita, studiis j scriplis , narratio et iudicium, Zittau 1860, pag. 10
« segg.
< Vedi Kretzschmer, De auctoribus Gellii grammaticis j Griefswald 1800.
S Notti Att.^ II, 25, VII, 17, X, 4, XI, 3, XIX, 8.
Gap. V.] FRONTINO. 951
etimologie riprese le altrui insulsaggini, e sovente andò
egli stesso a nuove insulsaggini. Fu lodato pei grandi
sforzi posti a mantenere pura la lingua, richiamandola
all'autorità degli antichi: nel che usò più giudizio della
setta degli antiquari, che capitanati da Frontone prefe-
rivano Catone a Cicerone, Ennio a Virgilio, Celio a Sal-
lustio, Lucilio a Orazio : perchè, quantunque innamorato
delle vecchie parole, egli temperò saviamente l'ammira-
zione dell'antichità, e lodò come meritavano i grandi
maestri. E l'opera sua quantunque non sistemata in al-
cuna maniera, è preziosa, perchè ricca di cognizioni di
ogni sorte, e ci dà modo a giudicare degli studi, del-
l'ingegno e del gusto del secolo degU Antonini, di cui
perirono quasi tutti gli scritti *.
Alla storia romana danno luce anche gli scritti di Sesto
Giulio Frontino, console tre volte ai tempi di Domiziano
di Nerva e Traiano, legato e vincitore in Britannia, cit-
tadino di fama specchiata, uomo modesto, il quale vietò
che alla sua morte gli ponessero un monumento, tenen-
done vana la spesa, perchè, egli disse, la mia memoria
durerà, se lo meritai colla vita (").
Valoroso e sapiente duce di eserciti compose sulla
tattica un libro ora perduto del quale più tardi fece suo
profitto Vegezio. Rimangono i libri degU Stratagemmi
raccolti per la più parte dalla storia romana: gli estratti
dei libri dell' agrimensura (gromatici) e la ultima opera
("') Vetuit extrui monumentum: sed quibiis verbis? Impensa monu-
menti supervacua est: memoria nostra durabit , si vita ■meruim,us.
Plinio, Epist., IX, 19.
Dei fatti suoi parlano Tacito, Agric, 17; Hist.,V^, 39; Plinio, Epist,
IV, 8, V, 1; Paneg., 61; Marziale, X, 48 e 58. Egli stesso parla di sé
nella guerra di Civile, Siratag., IV, 3, 14. Vedine la vita scritta da Gio-
vanni Poleni, nella sua edizione delle opere, Patavii 1722.
l Vogel, loc. cit., pag. 17, 22 e segg. ; Fabre, Aulus Gellius de ìatinis scriptoribus
et lingua latina quid iudicaverit^ Andecavis 1848, pag. 19 e segg.
952 FLORO E CURZIO RUFO. [Lib. VII.
degli Acquedotti scritta ai tempi di Nerva quando fu
preposto alla cura delle acque *, nella quale raccolse leggi
e senaticonsulti, e dette preziose notizie su queste ma-
gnificenze dell'architettura romana.
In questi tempi cominciano anche gli abbreviatori di
cui apre la serie Floro vissuto ai tempi di Traiano e in
appresso, e creduto da alcuni una stessa persona con
quel P. Annio Floro retore e poeta che fu in commercio
di versi coli' imperatore Adriano 2. Comunque sia, l'ab-
breviatore condusse 1' opera sua dalle origini di Roma
fino ai tempi d'Augusto, coli' intento di fare il panegirico
del popolo romano ^, di cui, come già aveva fatto Seneca
il retore *, rassomigliò la vita a quella dell'uomo, colle
sue divisioni in infanzia, adolescenza, giovinezza e vec-
chiezza. In tutto questo lavoro egli sente molto del re-
tore: e se in alcune parti compendia bene, e scrive vi-
goroso e conserva notizie che non si trovano in altri,
più spesso declama, e abbonda di colori poetici, di ar-
tificii, di figure e di ornamenti puerili, e fa errori di
tempi e di luoghi, e rende oscuro il racconto ('').
Ai tempi di Claudio si pone con molta probabilità Q.
Curzio Rufo (*), che narrò le imprese di Alessandro Ma-
gno con stile elegante, e spesso soverchiamente fiorito,
in tuono declamatorio, senza critica alcuna, riferendo
tutte le cose che trova in Clitarco 0 in altri, e anche
C») Vedi Hausotter, De suspecta Fiori fide, Lipsiae 1747; 0. Jahn
nella prefazione alla sua edizione critica, Lipsiae 1852, e Heyn, De
Floro historico, Bonnae 1866.
(*) Vedi Curzio, lib. X, cap. 9, e TeufTel, loc. cit., pag. 574-575. Da
altri fu posto ai tempi di Augusto, da altri ai tempi dei Flavii, e da al-
cuno anche molto più tardi.
l Frontino, De aquaeductibus urbis Romaej 102.
* Sparziano, Adr. ^ 16; Mueller, De P. Annio Ploro poeta ^ Berolini 1S55, pag. 5;
Teuffel, Gesch. der róm. Literat.^ p. 700.
3 Floro, P)-aef., 3. Vedi anche S. Agostino, De Ciò. Dei.. Ili, 19.
* Lattanzio, Divin Instit., VII, 15.
Gap. V.] GIUSEPPE FLAVIO. 953
ciò che non crede *, e con errori e meraviglie e favole,
che fanno il suo racconto somigliante a un rom0,nzo.
Parecchi anche quelli che scrissero in greco le cose
romane, alle quali sotto Vespasiano détte non poca parte
delle sue opere Giuseppe Flavio, narrando le guerre giu-
daiche e la distruzione di Gerusalemme. Fuggito dai suoi,
come altrove vedemmo ^, e riparatosi nel campo nemico,
stette presente alla rovina della città, e poi condotto a
Roma da Tito, e colmato di onori e di premi 3, scrisse
per adulare i vincitori, per vituperare i connazionali, che
alla cruda dominazione straniera avevano preferito la
molte tra le rovine della terra natale.
Di lui ci rimangono in greco venti libri sulle Anti-
chità Giudaiche e sette libri di Storie sulle guerre che
finirono collo sterminio del paese e colla dispersione dei
Giudei. Per la protezione dei Flavii ebbe facil modo a
conoscere le relazioni politiche di Roma e della Giudea:
potè vedere gli archivii, e trarne lettere, decreti, e altri
documenti officiali. Ma la critica ha or dimostrato, che a
malgrado dei suoi documenti non possiamo rassicurarci
sulla sua buona fede, e ha rilevato in lui grandi inesat-
tezze e contradizioni e falsificazioni, e molta ignoranza
su ciò che tocca la politica e gì' interessi di Roma K
Egli va spesso in iperboli per i suoi usi di retore, e
corrompe il vero per difendere la trista parte che fece
contro la patria: e incerto, come fu detto, tra il Dio dei
suoi padri e quello di Roma, tra la pietà che vanta pei
Giudei e la voglia di adulare i loro carnefici, finisce
coir apparire uomo senza coscienza, e spoglio affatto
1 Vedi lib. VII, cap. 8, e IX, 1 e 5; e conf. Chassang, Histoire du roman et de ses
rapporta avec l'histoire dans Vantiquité grecque et latine^ Paris 1862, pag. 313 e segg.
2 Vedi sopra a pag. 459.
3 Giuseppe Flavio, De vita sua. 40.
4 Vedi Krebs, Decreta Romanorum prò ludaeis facta e losepho collecta. et commen-
tario historico. grammatico, critico illustrata. Lìpsi&e 1768; Eggei, Examen des histo-
riens anciens d'Auguste. Paris 1811, pag. 189 e segg.
954 GIUSEPPE FLAVIO. [Lib. VII.
della moralità, che è la prima virtù dello storico. Dopo
essere #tato in mezzo alla grande oste che distrusse
Gerusalemme, fece una splendida descrizione dei campi
e della tattica dei Romani, di loro armi, esercizi, disci-
plina, e ordini e usi guerreschi*. Ma a sommo studio
notò solo la parte bella del quadro, per togliere, come
dice, ardimento a chi pensasse di resistere a Roma, e
lasciò da parte i disordini, le violenze, l'indisciplina e
l'anarchia, che altri videro nelle legioni, e che poscia
furono causa di rovina all'Impero. Per piacere ai padroni
passa rapidamente sugli orrori della conquista, e narra
senza ombra di sdegno tutti i crudeli termini usati per
vincere, mentre, quando i suoi avversarli politici rispon-
dono fieramente colla guerra alla guerra, e tentano per
ogni via di salvare l' indipendenza nazionale o morire
con essa, egli abonda di interpretazioni sinistre e di
ire, e declama e fa il moralista 2.
I vincitori, come è naturale, accolsero con gioia i
suoi libri, e li posero nelle pubbliche biblioteche. Altri
poi lo celebrarono come grande scrittore ponendolo al
pari di Livio 3. Ma all' incontro presso i Giudei il suo
nome rimase odiosissimo '\ Oggi, lasciando da banda le
satire e i panegirici, può dirsi che egli è scrittore tal-
volta elegante, ma che non può in niun modo parago-
narsi ai grandi maestri, e che, quantunque in molti
luoghi non meriti fede, le sue opere rimangono uno
dei più singolari monumenti per la cognizione di questi
tempi.
Nel secolo secondo, quando il latino cominciava a cor-
rompersi e a dar segni visibili della barbarie nascente,
apparisce sotto gli Antonini un nuovo rifiorimento delle
1 Guerr. Giud.^ Ili, 5.
2 Vedi Salvador, Hist. de la dominalion romaine en Judée^ II, 181.
3 S. Girolamo, Epist.^ XVIII, 35, ad Euìtochium, De custodia virginitatit.
* Salvador, ìoc. cil.
Gap. V.] STUDI GRECF. PLUTARCO. 955
lettere greche, il quale, se non produce opere di primo
ordine, dà scritture di buono stile, e fa crescere presso i
vincitori il credito della lingua dei vinti: così che gl'im-
peratori onorano più che mai gli scrittori greci, e lo
stesso Marco Aurelio detta in quella lingua i suoi Ri-
cordi filosofici.
È vero che i più di quegli scrittori e oratori e filo-
sofi, che correvano il mondo a vendere scienza ed elogi,
erano sofisti, e che le loro false dottrine predominarono
in ogni sorte di studi, e invasero anche la storia*: ma
vi furono nobili spiriti, che si sottrassero in gran parte
alla mala influenza, e tra questi vuol contarsi Plutarco,
a cui tanto debbe la storia di Roma e d'Italia.
Nato a Cheronea, negli ultimi anni di Claudio, venne
a Roma a tempo dei Flavii, incaricato di affari dalla sua
città natale, e détte pubbliche lezioni di filosofia, a cui
intervenivano i personaggi più gravi, come quell' Aru-
leno Rustico, che poi fu spento da Domiziano 2. Non si
sa quanto rimanesse in Italia, ma è probabile che allora
raccogliesse la materia alle sue opere sulle cose romane,
delle quali scrisse più tardi quando fu tornato a Chero-
nea, dove ebbe 1' ufficio di arconte e più altre cariche.
Le sue Vite i^arallele dei Greci e dei Romani sono
note ad ognuno, e rimangono libro scolastico e po'polare,
anche dopoché scrittori di certe scuole si sforzarono di
dar mala voce all'antico biografo, e di screditare le forti
e libere virtù repubblicane da lui celebrate, perchè face-
vano paura alle loro povere anime. Quindi non c'intrat-
terremo a farne lunghe parole. Ciò che importa ripetere
è che egli prese a scrivere degli uomini virtuosi per nu-
trire con quegli esempi l'amore della virtù in sé e negli
altri 3, e che fu narratore onesto, amico dell'umanità, rac-
• Vedi Luciano, Come si debba scriver la storia.
- Plutarco, Della curiosità^ 15.
3 Paolo Emilio^ 1.
PLUTARCO. [LiB. VII.
comandatore della giustizia, e della dolcezza non pure
coi servi, ma anche cogli animali senza ragione *, e ge-
neroso maestro di tutti i nobili e gentili affetti, espressi
sovente con maschia eloquenza. Se nei tempi antichi
abonda di fole, nei tempi storici è ricco di erudizione, non
manca di critica, e non lascia di confrontare i molti autori
che ha per le mani (''). Strana cosa ci sembra il rimpro-
vero, che altri gli fa, di raccogliere aneddoti, che hanno
pure qualche valore nelle vite degli uomini, e di raccon-
tare i prodigi che sono ripetuti presso tutti gli storici an-
tichi. Più giusto è notare gli errori in cui cadde per la
non piena cognizione della lingua latina (^). Ma questi
ed altri difetti sono compensati da molte virtù. In tristi
tempi di schiavi sente la grandezza delle antiche repub-
bliche, ammira ed esalta la virtù di ogni gente. Ritrae
bene i grandi uomini nella vita privata come nei pubblici
fatti, e ci dà Roma colla sua grandezza, colle sue virtù,
coi suoi vizi: e quindi quelle Vite sono uno dei più ricchi
fonti della storia di Roma, sui costumi e sulle antichità
della quale ci porgono curiose notizie anche le Questioni
(^) Egli cita 250 autori, di cui circa 80 ci furono per la più parte
rapiti dal tempo. Vedi Heeren, De fontibus et auctoritate vitarum Plu-
tarchi, Gottingae 1720. Questa questione delle fonti di Plutarco fu recen-
temente ripresa e più largamente trattata da altri, tra i quali citiamo
Haug, Die Quellen Plutarchs in den Lebenschreibiingen der Griechen
neu unfersucht. Gekrònie Preisschriff'tj Tiibingen 1854; Klapp, De vi-
tarum Fiutar che arum aucioribus romanis, Bonnae 1862; Peter, Ueber
die Quellen des Plutarch in den Biographieen der Rómer, Halle 1865.
Vedi anche Ki-emer, Inquisitio in consilium et moduni quo Plutarchus
scripsit viia.i paraUelas, Groniugae 1843, e Krause, Commentationis de
Plularchi Chaeronensis vita, part. I, Rinteln 1855. Una bella e sapiente
monografia di Plutarco scrisse tra noi Silvestro Centofanti, la quale fu
premessa alla edizione delle Yite fatta in Firenze Tanno 1845.
(*) Vedi la Vita di Demostene, 2, e quella di Catone Maggiore, 7, ove
•gli stesso dice di non conoscere bene il latino.
1 Catone Mogijiore, 5.
Gap. V.] APPIANO. 957
romane, e altre delle sue Opere morali, quantunque in
esse egli risenta del fare dei sofisti.
Pochi anni dopo Plutarco, un altro Greco di Alessan-
dria, Appiano, si volse a questi studi con differente di-
segno, e concepì una Storia universale in nuova maniera.
Venuto a Roma sotto gli Antonini, vi esercitò per la sua
patria l'ufficio di avvocato presso il tribunale dei Cesari:
poi per mezzo di Frontone , suo amico e compagno di
studi, ottenne la carica di procuratore imperiale nella
sua patria *, e allora potè darsi tutto al suo grande la-
voro, nel quale, lasciando la via battuta dagli altri, prese
a narrare la storia interna ed esterna di Roma; e quella
d' Italia e delle province, secondo che ciascuna di esse
comparisse in campo a combattere per la sua libertà 2,
La metà forse del suo lavoro è ora perduta. Ci riman-
gono pochi frammenti della storia dei re, delle cose ita-
liche, sannitiche, e galliche e siculo e numidiche: e i libri
sulle cose ispaniche, sulla guerra di Annibale, sulle pu-
niche, siriache, macedoniche, sulla mitridatica, sulle fac-
cende d' Ihiria, e cinque libri sulle guerre civili. Man-
cano i fatti da Augusto a Traiano, le guerre di questo
coi Daci e cogli Arabi, e la statistica dell'impero, che
doveva compier l'opera ^.
Egli ci dà poche notizie dei fatti e degli uomini dell'età
sua, che ricorda solo per incidenza ''. Giudica con equità
l'amministrazione imperiale, ammira Roma portata al
colmo della prosperità e della bellezza, e vivente sotto
temperato governo al tempo degli Antonini^: ma non adula
nessuno, e gl'imperatori dice che veramente sono re ^.
1 Appiano, Praef.j 15; Frontone; Episl.^ ed. Mai, Milano 1S15, pag. 23-29, 126-450.
2 Appiano, Praef.j 14.
3 Praef. cit.^ 15.
4 Vedi De Reb. Hisp.^ 33; De Bell. Civ., 1, .33, II, 7, 41, SO, 90, V, 46,- ecc.
5 Praef., 7, e De Bell. Civ., IV, 16.
6 De Bell. Civ., II, 7. Per Appiano vedi A. W'csteraiann, in Paulj', Real-Ene... I, 2,
pag. 1310-1345.
Vanxucci — Storia dell'Italia antica — IV 120
958 ^ DIONE CASSIO. [Lib. VII.
È ripreso di anacronismi, di confusione, di oscurità,
di grossi errori geografici *, e di esser troppo avaro di
date, di non conoscere il segreto della forza e della debo-
lezza delle nazioni combattenti con Roma, di non vedere
le cause vere delle guerre civili, di non avere unità lllo-
sofìca, di non saper discutere le testimonianze che allega.
Ma sua lode è di sceglier bene gli autori da seguitare,
di rimanersi al dubbio quando non può raggiungere il
vero, e di mostrare esattezza e buona fede e candore,
quando le reminiscenze della scuola dei sofisti non di-
sturbano le sue qualità naturali. Ed è soprattutto impor-
tante nella narrazione delle guerre civili, sulle quali ci
ha conservato documenti preziosi (").
Ultimo dei Greci, che scrivessero con gran larghezza
delle cose romane, fu Dione Cassio Cocceiano, nato verso
il 155 dell'era volgare a Nicea in Bitinia, e vissuto a
Roma ai tempi di Commodo e dei suoi successori. Fu
senatore e console due volte, e sotto Alessandro Severo
governò l'Affrica, la Dalmazia, l'Alta Pannonia, dove ebbe
a lottare con suo gran pericolo centra la insolenza sol-
datesca. Da ultimo tornò al suo luogo natale, e vi mori
vecchissimo (^).
(<») Vedine le prove in Eirger, Examen, pag. 243-261, il quale con gran
cura ha confrontato Appiano con gli altri scrittori, specialmente per ciò
che riguarda i tempi di Augusto. Conf. Dominicus, Be Amnano rerum
romanarum scriptore , Confluentiae 1844; e AVijnne, De fide et aucto-
ritate Appiani, Groningae 1855.
C>) Dione Cassio, LXXX, 1, 4, 5; Reimar, De vita et scriptis Casòii
Bionis, nella sua edizione greco-latina, Hamburgi 1752, voi. II, pag. 1533-
1544; Egger, Bion Cassius, in Examen cit., pag. 280-311. Vedi anche
L' iscrizione riguardante lo storico Bione Cassio pubblicata da Barto-
lomeo Borghesi nel Bidletlino di Corrisp. archcolog., 1839, pag. 13G-138.
Essa torna a confermare il secondo consolato di Dione nell'anno 229 di
Cristo. Vedi anche Orelli, 1177, e Ilenzen, 5601 e 5002.
1 Vedi De lieb. Hisp., I, 7 e 10, e Niebuhr, Leclures on the Hiatory of Rome, voi. Ili,
pag. LXXV.
Gap. V.] DIONE CASSIO. 959
La parte che ebbe alle faccende politiche gli détte espe-
rienza degli uomini e delle cose, e quindi aiuti molti ed
agevolezza a scrivere istorie. Cominciò i suoi lavori con
un racconto del regno di Commodo, subito dopo che
questi fu morto, e poscia confortato dalla buona acco-
glienza fatta a quel primo tentativo, pose mano alla Storia
generale di Roma , dall' arrivo di Enea in Italia fino al
regno di Alessandro Severo. Occupò dieci anni in ricerche,
e dodici a scrivere la grande opera, che distendevasi in
80 libri, e che ora è in gran parte perduta. La parte
meglio conservata è quella che corre tra il primo trium-
virato e il regno di Claudio. 11 racconto delle guerre ci-
vili è più largo di quello elei principato, o perchè la ma-
teria si porgesse meglio allo scrittore, o per la difficoltà,
come egli dice , che vi è a scrivere esattamente e lar-
gamente di tempi in cui tutto si fa in segreto *.
Egli intese meglio d'ogni altro la costituzione di Roma
nei suoi vari tempi , e come uomo di Stato e duce di
eserciti badò più degli altri alle cose civili e guerresche,
e quindi i suoi libri sotto questo rispetto meritano molta
attenzione. Non si illuse, come altri, sulle finzioni dei go-
verni precedenti al suo tempo , né credè alle commedie
repubblicane di Augusto: ma male legittimò il governo
imperiale, e male affermò i principi sciolti da ogni ob-
bedienza alle leggi 2.
Con una ricca raccolta di fatti, derivati per lo più da
buone sorgenti ("), rese grandi servigi alla storia, ed è
('*) Vedi Wilmans, De Dionis Cassii fontibus et auctoritate, Beroliai
1836, e tra i più recenti Fischer, Be fontibus et auctoritate Cassii Dionis
in enarrandis a Cicerone post mortem Caesaris .... habitis oratio-
nibus, Lipsiae 1870; Christensen , De fontibus a Cassio Dione in vita
Neronis enarranda adhibitis, Berolini 1871 ; Bottcher, Ueber die Quellen
des Cassius Dio in seiner Darstellung des Biirgerhriegs zwischen
Caesar und Pompeius, Haberstadt 1872; Posner, Qiiibus auctoribus in
bello Hannibalico enarrando usus sit Dio Cassius, Bonnae 1874.
1 Dione Cassio, LUI, 19.
* Dione Cassio, LUI, 18. Vedi anche sopra, pag, 24.
960 CORRUZIOiNE DEL GUSTO E BARBARIE. [Lib. VII.
sventura che molti de'suoi libri andassero perduti, e che
di altri non ci rimanga che un magro compendio. Egli
ebbe grandissima fama, quantunque non fosse né elegante
né grave scrittore : e la critica con tutta ragione gli rim-
provera oggi di essersi dilettato troppo delle ampUfica-
zioni sofistiche e delle declamazioni rettoriche, di avere
ingombrato il racconto di noiosissime aringhe, di essersi
diffuso in cose inutili o di lievissima importanza, in luoghi
comuni , e in volgari riflessioni morali , e di mancare
qualche volta di esattezza per quella avversione alle ci-
fre, la quale lo indusse quasi a scusarsi di porre la data
precisa della battaglia di Azzio i.
Dopo di lui non si hanno quasi più che estratti, e po-
vere compilazioni e compendii. La storia dei tempi suc-
cessivi sta presso che tutta nelle miserabili vite degli
Augusti, scritte per la più parte da tristissimi compila-
tori in tuono declamatorio, senza critica, senza gusto,
senza ordine di fatti e di tempi , senza accuratezza di
ricerche, senza arte di composizione o di stile. L'eloquenza
si rifugia in insipidi panegirici, pieni di falsità, spregevoli
per la bassezza dei pensieri, come ridicoli sotto il rispetto
dell'arte. Solamente avvi splendore nella letteratura giu-
ristica, che giunge alla sua massima altezza nella prima
metà del secolo terzo con Papiniano ed Ulpiano, i quali
all'eccellenza delle dottrine accoppiano anche le bellezze
dello stile. Ogni altro studio cade nell'abiezione o perisce.
Ogni opera di gusto si va corrompendo : le iscrizioni
stesse e le monete sentono l'influenza barbarica: la bella
lingua di Tullio si empie più che mai di arcaismi, di neo-
logismi, di solecismi, di alterazioni, di modi strani e vi-
ziosi, e la barbarie invade le lettere prima che i barbari
corrano a prendere stanza nelle nostre contrade.
» Dione Cassio, LI, 1, e Egger. loe. cit., pag. .S03.
FINE DEL VOLUME QUARTO ED ULTIMO.
DEI ClPimi IL fOLlE iiTO
LIBRO VII.
C Impero Romano nel primi due secoli.
Gap. I. Augusto lavora destramente tutta la vita a riunire in sé solo
ogni potere della caduta Repubblica, e sotto apparenze repubbli-
cane costituisce l'Impero. — Ordinamenti, leggi e riforme a Roma,
in Italia, e nelle province. — Nuovi ordini delle milizie; eserciti
stanziali e guerre per istabilire e per assicurare i confini dell'Im-
pero. — II popolo pasciuto e divertito applaudisce al felice pa-
drone, mentre pochi sospirano invano la spenta libertà. — Anche
le opere immortali delle lettere e delle arti usate come strumenti
d'impero. — La poesia e la storia alla corte. — I grandi monu-
menti di Roma. — Lusso e commercio. — La* famiglia imperiale,
e la vecchiezza e la fine d'Augusto. (Anni di Roma 725-767, avanti
Cristo 29 e di Cristo' 14) . Pag.
Gap. II, Gli imperatori della casa d'Augusto. — Tiberio. — Solle-
vazione degli eserciti in Pannonia e sul Reno. — Imprese di Ger-
manico. — Governo di Tiberio nei primi anni. — Germanico
muore in Oriente. — Pubblico lutto e vendette. — Politica di Ti-
berio nelle faccende esteriori. — La legge di maestà e i delatori.
— Accuse e condanne. — Brutture e atrocità del Senato adulante
al tiranno. — Sciano, primo ministro, usa la sua potenza a distrug-
gere tutti i successori all'Impero. — Grandezza e rovina di lui.
— Sterminati anche i suoi fautori. — Tiberio carnefice crudelis-
962 INDICE DEI CAPITOLI DEL VOLUME QUARTO.
Simo. — Terrore universale. — Sciolto ogni vincolo di umano
consorzio. — INIorte del feroce e sozzo tiranno. — Gli succede
Caligola. — Allegrezza del mondo. — Buon principio e pessimo
fine. — Gli iiomini straziati e rubati da un pazzo feroce e osceno.
— Profusioni e rapine. — Imprese ridicole. — Caligola si fa Dio.
— Ucciso dal pugnale di Cherea. — Vani tentativi per restituire la
Repubblica. — Al frenetico succede un vecchio tenuto imbecille.
— Claudio fatto imperatore dai soldati. — Il governo in mano ai
liberti. — Imprese al di fuori. — Leggi, riforme, e opere pubbli-
che. — Atrocità e infamie di corte. — Messalina e Agrippina. —
Claudio ucciso di veleno. — Impero di Nerone. (Anni di Roma
767-821, di Cristo 14-68) Pag. 240
Gap. III. Anarchia militare e guerra civile. — Galba vecchio e avaro
ucciso dopo sette mesi di regno da Ottone, inalzato all'impero dalle
milizie, mentre le legioni di Germania gridano imperatore il sozzo
Vitellio. — La contesa si finisce sul Po. — La parte vitelliana vince
a Bedriaco, e Ottone si uccide di propria mano. — L'Italia predata
e disertata dal furore dei vincitori e dei vinti. — Orgio di Vitellio.
— Flavio Vespasiano gridato imperatore dalle legioni d'Oriente,
dopo la fama acquistatasi nelle guerre contro i Giudei. — Guerra
dei Flaviani e Vitelliani sul Po. — Cremona distrutta. — Roma
in preda ai Flaviani. — Vitellio ucciso. — Onori ai vincitori. —
Elvidio Prisco, Muciano e Domiziano, e le spie. — Grande solle-
vazione destata da Civile nelle Gallie e in Germania. — Vespa-
siano in Egitto. — Gerusalemme presa e distrutta da Tito. —
Vespasiano a Roma. — Provvedimenti per lùstorare l'ordine, la
giustizia, le finanze, i costumi, e per abbellire la città. — Tito
triste dapprima, poi delizia del genere umano. — Calamità pub-
bliche. — Grande incendio del Vesuvio. — Roma flagellata dalla
tirannide di Domiziano, finché un ferro non toglie dal mondo l'a-
troce mostro. (Anni di Roma 821-849, di Cristo 68-96) .... 429
Gap. IV. Breve e debole impero di Nerva. — Traiano prode duce e
modello dei principi cittadini. — Umano e sapiente governo. — Im-
prese di guerra sul Danubio, e vittorie sui Daci. — Grandi opere
pubbliche. — Spedizione in Oriente. — Elio Adriano. — Ordina-
mento dell'Impero. — Gli Antonini. — Antonino Pio, Marco Aurelio,
Commodo. (Anni di Roma 849-945, di Cristo 96-192) 546
Gap. V. L'Impero nei primi due secoli, le province e l'Italia e il
dispotismo. — L'amministrazione della giustizia. — I delatori. — I
soldati. — Corruzione profonda. — La filosofia morale, la poesia
e la storia 781
NOTA DELLE INCISIONI
DEL VOLUME QUARTO
Pog.
Traiano e M. Aurelio (Cohen,
Monn., voi. li, pi. I, n. 398,
pag. 64 , e pi. IV, n. 587,
pag. 538) . , nel Frontespizio
Ritratti di Mecenate e di
Agi^ippa 10
Ruderi della Basilica Giulia se-
condo gii ultimi scavi ... 13
Augusto incoronato di quercia 19
Veduta delle reliquie dell'acqui-
dotto dell'Acqua Vergine, re-
staurato da Claudio ... 28
Il suffragio di Minerva ... 32
Tempio di Marte Ultore nel
Fòro d'Augusto 34
Ruderi della casa di Augusto
sui Palatino 36
Rovine del ponte d'Augusto
presso Narni 44
Album dell'edificio di Eumachia
a Pompei 46
Programmi per le elezioni mu-
nicipali a Pompei .... 47
Porta d'Augusto a Nlmes . . 55
Pont du Card 58
Parte del Palazzo d'Augusto
detto anche Torre di Pilato
Pag.
a Tarragoua 59
Il Nilo 63
Le vie munite 65
Arco di Augusto a Rimini . . 67
Rovine di Tingis 69
Ara di Roma e d'Augusto a
Lione 72
Tempio di Augusto e di Livia
a Vienna 73
Tempio di Giove Olimpico ad
Atene , 74
Statua corazzata d'Augusto . . 83
Ricordi delle insegne romane
riavute <(ìai Parti .... 88
Edificii romani d'Aosta. Pianta
della città, mura, porta, tea-
tro, anfiteatro, arco d'Augusto 90
Donnas. — Saint-Vincent . . 92
Ruderi del trofeo d'Augusto a
Torbia sulle Alpi Marittime. 94
Lo stesso trofeo restaurato da
L. Canina 95
Arco di Susa 97
Druso 99
Medaglia coU'arco di Druso . 101
Ruderi dell' arco di Druso a
Roma 102
964
NOTA DELLE INCISIONI DEL VOLUME QUARTO.
Pag.
Statua di Druso già esistente a-
INIagonza 103
Mecenate vecchio 113
Virgilio del Codice Vaticano . 117
Scena pastorale 120
Bidone 126
La casa detta di Virgilio a Brin-
disi 130
Scuola di Virgilio 132
Orazio 134
Villa Sabina d'Orazio . . . .138
Giove fulminante i Titani . .141
Allegro convito 144
I compagni di Ulisse mutati in
bestie da Circe 148
Tirteo 149
Le Grazie 150
Biblioteca d'Apollo sul Palatino
restaurata da L. Canina . . 151
II tempio del Dio Clitunno . .150
Sacrificio agli Dei rusticali . . 158
Ruderi deirantico edificio detto
Villa d'Ovidio presso a Sul-
mona 159
Sepolcro dei Nasoni .... 163
Uccisione di Virginia .... 169
Reliquie del monumento di Mes-
sala Corvino 173
Statua creduta di Antonio Musa 177
Dionigi d'Alìcarnasso del Codice
dell'Ambrosiana 179
Giuba li 182
Architetto in antica pittura del
Museo Kircheriano trovata
nella via Appia 190
Le antichi case dei barbari . 101
Veduta delle reliquie del teatro
di Marcello su cui fu edifi-
cato il palazzo Orsini . . .193
l'anteon d'Agrippa 195
Il mercato degli amori in pit-
Pag.
tura di Stabia 200
Due navi mercantili a vela nel
Porto di Ostia figurate in bas-
sorilievo trovate a Porto nel
1863 204
Vesti trasparenti 206
Alberi dell' incenso, del cinna-
momo e del balsamo . . . 208
Livia moglie d'Augusto . . .212
Caio , Agrippina e Lucio, figli
di Giulia e di Agrippa . . 214
Giulia e Tiberio, busti iugati su
cammeo in onice . . . .215
Giulia figlia d'Augusto . . .216
Avanzi della casa detta di Giu-
lia nell'isola Pandataria . . 218
Antonia madre di Germanico . 220
Il primo campo di ^'aro come è
di presente 227
Distribuzione delle truppe nel
medesimo campo .... ivi
Trionfo di Tiberio nell'insigne
cammeo di Vienna .... 230
Agrippa Postumo in moneta di
Corinto 231
Tempio di Roma e d'Augusto
ad Ancira, com'è di presente 234
I\Iausoleo d'Augusto restaurato
da L. Canina 236
Apoteosi d'Augusto .... 238
La spada di Tiberio e due bas-
sirilievi di essa 242
Statua di Germanico figurato in
atto di parlare 246
Le città asiatiche soccorse dopo
i danni di un terremoto . . 251
Tiberio 255
Trionfo di Germanico, con Tu-
snelda. moglie di Arminio, e
Tumelico suo figlio . . . 257
Germanico e Agrippina in fi-
NOTA DELLE LXCISIONI DEL VOLUME QUARTO.
965
Pag.
gura di Trittolenio e di Cei'ero 260
Busto di Germanico .... 265
Arco di Germanico e di Druso
a Spoleto 267
Monumento di Arminio . . . 273
Arco trionfale d'Orange . . . 276
Porta ed elevazione interna delle
mura del Castro Pretorio . 284
Druso, figlio di Tiberio . . .285
Nerone e Druso, figli di Ger-
manico 287
Agrippina del Museo Capitolino 290
Isola di Capri 292
Rovine della Villa di Giove . 294
Il .salto di Tiberio 295
Urna sepolcrale di Agrippina . 299
Faro e castello di Tiberio nel-
l'isola di Capri 302
Soldati Pretoriani 303
Tiberio in età avanzata . . .311
Tiberio e Caligola idealizzati in
antico cammeo 314
Medaglia battuta da Caligola in
onore di Agrippina . . • .318
La torre di Caligola a Gessoriaco 330
Ritratto di Caligola . . . .331
Claudio accolto nel campo dei
pretoriani 337
Claudio incoronato di quercia . 343
Trionfo di Claudio 347
Ponte Lucano e sepolcro dei
Plauzii 351
Porto e Faro di Ostia . . . 355
Veduta interna della Porta Mag-
giore coi condotti delle acque
Claudia e Aniene Nuova . . 358
Messalina :)03
Agrippina giovinetta .... 367
Claudio deificato 373
Nerone giovane 377
Britannico 380
Vann'UCCi — Storia dell' Italia antica -
Pag.
Agrippina madie di Nerone . 386
Poppea Sabina 391
Ottavia moglie di Nerone . . 392
Corbulone 398
Antica pittura rappresentante
un luogo sacro ad Apollo
nella Casa aurea .... 40.j
Memoria sepolcrale scopei'ta al
quarto miglio della via Appia
dove accadde la morte di Se-
neca 409
P. Trasea, statua a Padova nel
Prato della Valle . . . .413
Statua in abito barbarico, cre-
duta di Tiridate d'Armenia . 416
Arco trionfale di Nei'on<; a Roma 418
Nerone citaredo 422
Nerone 426
Gallxa 433
Tempio di Vesta in moneta di
Vespasiano 438
Ottone 444
Rovine del teatro di Perento . 448
San Silvesti'o Falaerino . . . 455
Tempio di Venere a Pafo . . 460
Beirut dove fu l'antica Berito . 463
Vespasiano ....... 467
Vitellio ......... 472
Il giovane Domiziano .... 479
Veduta di Gerusalemme presa
dalla valle di Giosafat . .481
Tito in atto di aringare i sol-
dati 485
Ruderi del recinto del tempio
di Gerusalemme 487
Arco di Tito 490
Trionfo sui Giudei figurato nei
bassirilievi dell'arco di Tito. 493
Riedificazione del tempio di
Giove Capitolino 498
Ruderi del tempio col nome «li
IV. 121
060
NOTA DELLE INCISIONI DEL VOLUME QUARTO.
Pag.
Vespasiano a Brescia . . . 500
La Vittoria di Brescia . . . 502
Tito imperatore 507
Apoteosi di Tito 509
Una parte delle rovine di Pom-
pei come ora si vedono . . 512
Cadaveri Pompeiani . . . .513
Veduta delle principali reliquie
delle Terme di Tito . . .514
L'Anfiteatro in medaglia di Tito 516
Veduta del Colosseo . . . .518
Statua loricata di Domiziano . 523
Giulia figlia di Tito . . . .524
Domiziano coronato col titolo di
Germanico 528
Arco di Domiziano 531
Ruderi del tempio di Vespasiano 533
Rovine del Fòro Palladio . . 536
Ruderi dell'Anfiteatro di Domi-
ziano nella sua villa Albana. 537
Domizia moglie di Domiziano . 544
Nerva 547
Rovina d'Italica dove nacque
Traiano 550
Il padre di Traiano .... 551
Traiano imperatore 553
Plotina moglie di Traiano . . 556
Traiano Ottimo principe . . 560
Marciana e Matidia . . . .501
Daci pileati e chiomati . . . .565
Le insegne dei Daci .... .560
Trofei dei Daci ixi
Le donne dei Daci bruciano vivi
i prigioni 507
La via Traiana lungo il Danu1)io
presso ad Orsova .... 560
Cavalieri Mauri al Campo di
Traiano 571
Città sul Danubio d"onde le le-
gioni nmovon contro la Dacia .572
Fei'iti e chirurghi del Campo
Pag.
Romano 573
Ambasciatore di Decebalo pro-
strato davanti a Traiano . . 574
Sottomissione di Decebalo . . 575
Ponte di Traiano sul Danubio . 577
Decebalo uccide sé stesso . . 579
La testa di Decebalo mostrata
al Campo Romano .... ivi
Traiano trionfante dei Daci . 582
Il Danubio propizio al passo dei
Romani 585
Teste tronche dei Daci . . , 588
I Daci fulminati da Giove . . ivi
Prigionieri Daci 589
Cavalieri e cavalli coperti di
corazze di ferro 591
Distribuzione dei donativi ai
soldati più prodi ,592
Vittoria Dacica 593
Daci supplicanti 594
Assalto dei Daci a un campo
romano 595
Sacrifizio per l' inaugurazione
del ponte del Danubio . . . ii;t
Assalto a Sarmizegetusa . . . .596
Emigrazione dei Daci . . . 598
Ruderi del Fòro Traiano . . 599
Fòro , Basilica e tempio di
Traiano, in medaglie . . . 600
Terme di Traiano 003
Arco d'Ancona 005
Porto Traiano a Ostia . . .006
^■ia Ti'aiana 608
Traiano 012
Re Parto 015
Arco di Benevento 017
Traiano dà un re ai Parti . . 019
Matidia 622
Plotina Fides Augusta . . . 020
Adriano 028
Monumenti della disciplina l'i-
NOTA DELLE INCISIONI DEL VOLUME QUARTO.
Pag.
storata da Adriano .... G30
Novecento milioni di credito
bruciati per sollievo dei de-
bitori, in medaglia .... G32
Vallo di Adriano. — Sezioni del-
l'Aggere presso al 18° miglio
a occidente di Newcastle, e
a mezzo miglio a occidente
di Carraw G41
L'Aggere a Cawfields .... ivi
L'Aggere a Down Hill . . . iwi
Altare al Genio del Vallo . . 643
La fossa dell'Aggere a Lime-
stone Bank presso Chesters . 644
Ruderi delle stazioni di Ambo-
glanna e di Borcovicio . . 645
Forma generale dei castelli mo-
strata dai ruderi di Castle
Niek 646
Interno del castello di House-
steads presso la stazione di
Borgovioio 647
Ricordi delle legioni, delle coor-
ti, squadre e centurie edifi-
catrici del Vallo 650
Altari alla Fortuna Reduce , a
Giove e al Genio del Pretorio,
e alla Fortuna del Popolo Ro-
mano 652
Saggio delle opere d'arte dei
soldati del Vallo 653
Tombe romane a Bremenio . . 654
Pretorio romano a Lambesa . 656
Arco di Adriano ad Atene . . 658
Rovine del teatro di Bacco ad
Atene 601
Ricordi di Adriano sul Libano . 665
Colosso di Meninone .... 667
Ruderi del tempio di Venere e
Roma 678
Ristaurazione del tempio di Ve-
Pag.
nere e Roma col colosso di
Nerone presso all'Anfiteatro . 678
Mausoleo di Adriano rappresen-
tato nella sua intera archi-
tettura col ponte Elio nella
sua fi'onte (')80
Villa Adriana. Ruderi del pa-
lazzo imperiale (582
Teatro e Odeo ivi
Sabina moglie di Adriano . . 687
Elio Cesare 689
Adriano in veste sacerdotale . 691
Antonino Pio 694
Antonino in bassorilievo della
Villa Albani 698
Anfiteatro {Les Arénes) e tem-
pio {Maison carrée) di Nimes 702
Faustina Maggiore, moglie di
Antonino Pio 704
Tempio di Antonino e Faustina 706
Vittoria sui sollevati Britanni . 709
Re dati agli Armeni e ai Quadi 711
La colonna di Antonino Pio .714
Deificazione di Antonino e Fau-
stina ivi
Marco Aurelio riceve da Roma
l'impero del mondo . . . 717
Domizia Lucilla madre di M,
Aurelio 718
Marco Aurelio giovanetto . .719
Erode Attico maestro di M. Au-
relio 721
L. Giunio Rustico filosofo stoico 722
Lucio Vero 726
Lucilla moglie di Lucio Vero . 729
Annio Vero e Conimodo figli
di Marco Aurelio .... 732
Arco di ]M. Aurelio, come ve-
devasi nel secolo XVII . . 735
Messaggi dei barbari a M. Au-
relio" 736
068
NOTA DELLE INCISIONI DEL VOLUME QUARTO.
Pag.
Marco Aurelio in veste militare 742
Giove Pluvio 743
Marco Aurelio trionfante e sa-
crificante in Campidoglio . 750
Crispina moglie di Commodo . 751
Statua equestre di M. Aurelio . 754
Faustina moglie di M, Aurelio 762
Apoteosi di Faustina moglie di
M. Aurelio 765
Commodo 767
Commodo rappresentato come
Ercole Romano 771
Ruderi della Villa dei Quintini 773
Due navi romane figurate nella
Colonna Traiana 784
Anfiteatro di Verona .... 795
Anfiteatro di Capua .... ivi
Quartiere dei gladiatori a
Pompei 700
Rozze iraagini dei gladiatori
sulle pareti 707
Anfiteatro di Pompei .... 708
Bisellii a Pompei 700
Statua equestre di I\I. Nonio
Balbo a Ercolano .... 800
I fanciulli alimentarli nell'art'o
Pag.
di Benevento 804
Le nuove fanciulle Faustiniane
di M. Aurelio 809
Tempio d'Augusto a Pompei . 811
Lettiga 820
Rovine del tempio detto di Ve-
nere a Pompei 830
Seneca 836
Marco Aurelio filosofo stoico . 844
Apollonio Tianeo 850
Amore malinconico .... 856
Claudio storico dell' Etruria . 866
Allocuzione di Traiano ai sol-
dati 873
Le tombe di Aiace e di Achille 883
Persio 887
Veduta di Aquino 890
Lucio Apuleio 901
La nave Argo 012
Sepolcro del fanciullo Sulpicio
Massimo 016
I due Plinii nella facciata delia
Cattedrale di Como. . . , 022
Rovine di Fréjus 028
riiiùo il Giovane 045
INDICE
DEI IVOIMI E DELIRE OOSE
Il numoro romano indica il vulinne: quello arabo, la pa^'ina. — I nomi
g'eoo-rafici (l'ordinario sono registrati nella forma antica, e i con'i-
spondenti nomi moderni in carattere corsivo e fra parentesi. I numeri
fra parentesi indicano l'anno di Eoma.
AB ACENO
ACCADEIdA
ADANA
: ■ {Tripi), dimora dei Siculi,
-'i«? arr|He medicinali, I, 401.
l.l/oM»), fiume del Caucaso,
ia di Pompeo sugli Albani e
iiazzoni. 111, 347.
iiza, dea. TV, 229. 230; in
■rilievo della villa Albani, 608.
'■ittà di Tracia, saccheggiata
Itumani. U, 472. 553.
i della Focide, portico Adria-
IV, 657.
(presso A'-elln), cittadella
pania, 1,278. 282; cippi, 486:
ione alimentaria, IV. 807.
(Aveììino), città de^rli Irpini,
i; iscrizione dei tribuni mi-
• a popvìo , IV, 787; iscri-
'; H.- alimentaria, 807.
Abiaùfiie, presa da Traiano, IV. 610.
Ahi'io, assediato «la FiUppo Mace-
"ir.iip. II, 43:i.
Ab: l'i. mi lacustri deeli antichi ita-
. I, 38. — Vedi Case.
. monte nella Selva Nera, IV,
- u\ , primi abitatori d' Italia .
I. '•', , 74, 75; cacciano dal Lazio
i SicuU, .527, 5.'il.
Abramo, sua imasrine a Roma, IV,
870.
Abrisio o -Vprusto (Argìistn .>) , città
nella Mafrna Grecia, I, 316.
Abruzzo, suoi diversi nomi, I, 227.
Acaia. nome della Grecia ribotta a
ppjvincia. — Vedi Grecia.
Acal.iiiilro, (detto Calandro, Salnn-
(Irri e Salandrefla) , fiume della
Siharitide. I, 319, 322, .323.
Acaniani. vinti da Flaminio, n, 4.3.'5 ;
e da Antioco re di Siria, 444 ; molti
costretti a recarsi a Roma per es-
sere giudicali, 485.
Acamania, non fa parte della prorin-
cia dAcaia, H, 499.
Ac'-ademia. villa di Cicerone presso
al lago Licrino, 111, 724.
Accone, capo della congiura dei Car-
nuti, ucciso, m, 444.
Accua (presso Arpi) , nella Daunia ,
nanza romana senza voto, II , .")! ;
presa da Annibale, 366 : quasi dis-
fatta dopo la caduta di Capua. 391 ;
assediata dagli Italici, HI, 181 : e
liberata da L. Giulio Cesare, 185 ;
colonia militare, IV, 43.
Acerronia [Cerrona), nella Lucania,
I, 294.
Acerronia Polla , uccisa invece di
Agrippina, IV, 384-3S5.
Achei, tentano invano di fare unita e
forte la loro patria, n, 429; si uni-
scono a Flaminio, 435; vincono i
Macedoni a Corinto, 437 ; scontenti
di Roma, 440 ; respingono Antioco
da Pergamo, 447 ; aiutano i Romani
contro Perseo , 470 ; mille di loro
trasportati in Italia, 48'>, 486 ; dopo
diciassette anni è loro permesso di
ripatriare, 493-494; desiderosi di
vendicarsi dei Romani si sollevano,
495-497 ; tirano a sé a Beozia e la.
Calcide, 497 ; sconfitti a Scarfea e'
a Leucoperfa, 497-498; accolgono
Mitridate, DI. 232.
Achei FHioti, dichiarati liberi da Fla-
minio, II, 438.
Acheo, capo desìi schiavi rivoltati in
SiciUa, UI. 39.
Acheronte , citta e fiume presso Co-
senza, I, 80.
Acherontia (Acerenza), città, I, 295.
Achilia, capo delle armi egiziane, va
incontro a Pompeo Magno, III, 505.
Achille, sua tomba, IV, fe3.
Achille, gladiatore , soprannominato
l'Invitto, IV, 79G.
Acilia, madre di Lucano, denunziata
dal figlio di congiurare contro Ne-
rone. IV, 4ij;.
Va>-.nccci — Storia dell'Italia antica — IV,
A'ilio Olabrione, fatto uccidere da
Domiziano, IV, 524.
Acilio Glabrione (Caio), scrive in
greco i suoi Annali, U, 607.
Acilio Glabrione (Manio), console, va
in Grecia contro Antioco re di Si-
ria, II. 444 ; e lo vince al passo
delle Termopili, 445-446: vota un
tempio alla Pietà, 446; trionfa,
450.
Acilio Glabrione, decemviro, figlio del
precedente, dedica il tempio della
Pietà. II, 44G-447.
Acilio Glabrione (Manio), corsole,
inviato nel Ponto, III, 343.
Aciri, detto anche Acheronte {Acri),
fiume deUa Siritide, I. 322, 324.
Acqua Alsietina, IV, 3.57.
Ac'iua Aniene Nuova, IV, 357-^8.
Acqua Aniene Vecchia, IV, 357.
Acqua Appia, IV, 3.57.
Acqua Claudia, IV, 357-358.
Acqua Giulia, IV. 3".7.
Acqua Marcia, IV, 357.
Acqua Tepula, IV, ^57.
Acqua Traiana (Acqua Paola), IV,
604.
Acqua Vergine, IV, 28-29, 196, 357.
Acque Albule, IV. 404.
Acquedotti, Il , 291-293 : IV, 28. 357,
604.
Aera (Acr^, città nel Bruzio, I, 305.
Aera , collina in Gerusalemme , IV,
481.
Acradina , quartiere di Siracusa , II,
376, 382.
Acragante [San Bifjio), fiume presso
Agrigento, n. 121.
Acragas. — Vedi Agrigento.
Acre (presso Pnlazzolo) in Sicilia ,
grotte, II, 100, 128; colonia greca.
1 18 ; rovine, 127 ; soggetta a Ge-
rone secondo. 208.
Acrocerauni (monti), m, 497.
-Nerone, capo dei Ceninesi, ucciso da
Romolo, I, 579.
Adana, città di Cilicia, r'p 'polata da
Pompeo coi pirati. III, 3.J3.
m
970
INDICE
ADERBALE
ADRIANOPOLI
AGRIGENTO
Aderliale, cartaginese, vinto a Panor-
mo, a, 224; difende Drepano, 228;
e vince ivi i Romani, 231, 232.
Aderbale, figlio di. Micipsa, III, 103,
104 ; si rifugia a Roma per ot-
tener soccorso contro Giugurta,
105; ritorna in Numidia ed è as-
sediato in Cirta, 105; chiede di
nuovo soccorso a Roma , 105 ; si
, arrende a Giugurta ed è ucciso ,
lOG.
Adi-e (valle dell'), IH, 128, 131-132.
Ad'ine, suo tempio nella grotta di
bVteleni, IV, 686.
Adozioni simulate, IV, 376.
Aclraniitto, città dell'Asia Minore, ri-
mane libera, U, 453; il senato è
ucciso da Diodoro, IH, 244.
Admno. genio paesano, suo culto in
Si-^i;-:. II. 107.
Al': ■ ; : < ipi'riore, 1, 21 ; città
p - I i;truschi, 126; cen-
I. . 1.) della nuova E-
ti- i: .:;, 1.:: . dicevasi fondata da
Tiijiiieile, 351; colonia romana, li,
90, 93, 269 ; Adriano vi ha l'utticio
di quinquennale, IV, 671.
Adria {Atri), sul fiume Vomano, I, 227.
Adri.ina (villa) (presso Tivoli), splen-
dida di opere d'arte, IV, 670, 681-
r,;-i3, 688.
Adiianali (sacerdoti), IV, 691.
Adrianee, varie città cosi dette dal
nome di Adriano, IV, 6C4.
Adriaiiei, giuochi, IV, 661.
Adriani, loro sede, I, 225, -227.
Adriano (A?ro), I, 225.
Adriano (,Vrco di), IV, 658-659.
Adriano (Mausoleo d') (Cnstello san-
t\inyelo), IV, 679-680, 691, 701,
Adriano (Portico di) ad Atene, lA', 660.
Ailf iano, tempio inalzatogli da Anto-
nino Pio, IV, 701.
Adriano (Vallo di) (Muro dei Pitti
nel Xorthiimberland e Cumber-
Innd) , costruito contro i Cale-
donii, IV, 640-647; edificatori,
C47-640; anfiteatri, bagni, templi
ed altari nel Vallo, 651 ; culto asli
Dei romani e stranieri, 651-652;
opere d'arte dei soldati, 653-654;
tombe. r-,i.
Adrinii 11 (i'wlili 1 Flioì, cugino di Tra-
' ::i-ia la morte di
1 -'■; combatte nella
1' ; - ■ ■'■ • iariea, 570; nomi-
i: ;;.. :i! -■r.yvnu della Siria, 621,
ly.'l; dolio il Piccolo Greco, 624;
sua gioventù e primi fatti, 624-625 ;
sforzi per entrare in grazia a Tra-
iano, Ci.-,; imperatore per gli aiuti
ili l'I -MI ':,''i-';27; provvedimenti
.•li: ' : :i Impero,
\ ; doni, 62
or'li:,,-,,M.'M' ■.1--:ì eserciti, (
diseiiHiiia militare, 630; rifiuta il
titolo di Padre deUa Patria, 630;
fa guerra ai Sarmati , 631 ; con-
giura contro di lui , 631 ; rimette
all'Italia e alle province i debiti
arretrati , 631-632 ; studia di da-
■ re unità all'Impero, 633 ; amplia
1 suoi poteri, 633; provvedimenti
"• ' ■ }•'•'''" ' '"• neusa le
eriNlil.-i d.'-li i-noti. CT^; nobiltà
e titoli nuovi, 635 ; cura delle pro-
vince, 635; viag:;i per tutto l'Im-
pero, 636; divisione d'Italia. G:J6;
opere pubbliche in Italia, G:!6-637 ;
monumenti in suo onore, 637; ce-
lebralo restitutore d' Italia e sal-
vatore del mondo, 637; sue libera-
lità nelle tìallie, 637-638; provve-
dimenti in Germania e nelle regioni
del Danubio, 638-639 ; si reca nella
Britannia passando probabilmente
per la Batavia, 639; guerra coi
Caledonii, 639-640; contro i quali
edifica il Vallo, 640-654; continua
i suoi viaggi in Spagna, in Afi'rica
e in Grecia, 6^4-^57 ; suo arco ad
Atene, tempio di Giove Olimpico, ed
altre opere pubbliche, 658-660 ; doni
e leggi agli Ateniesi che lo adorano
come Giove Olimpio e gli inalzano
statue, 660-661 ; onorato di tempio a
Cizico, 661 ; e consacrato a Efeso,
661 ; viau:gi nell'Asia romana, 661-
662; e nel Ponto Bussino, 662;
guerra agli Alani, 663; colonie da
lui fondate, 663; suo amore alla
caccia, 663; città col suo nome,
663-664 ; opere pubbliche e ricordi
di lui in Asia, 664-665 ; iscrizioni
sul Libano, 665; rappresentato in
sembianza dell'Oriente e del Sole,
665; si reca in Arabia, 665-666; e
in Egitto, 666; rifa il sepolcro di
Pompeo, 666 ; strada lungo il Mar
Rosso, 666 ; sua dimora a Tebe ,
6ò6 ; visita il Colosso di Menino-
ne, 667-668 ; entra trionfalmente in
Alessandria, 668 ; beneficii alla città
e al Museo, 669; scandali dei suoi
turpi amori per Antinoo, 669-670,
6S7 ; ritorno a Roma, 670 ; sue in-
gerenze nei municipii, 671 ; leg,gi
e giustizia, editto perpetuo, e di-
ritto on...rario, 672 ; provvedimenti
a ilif sa dei servi, 673; vietata l'e-
virazione , 673 ; alimenti ai fan-
ciulli, 673; contradizioni del suo
carattere, 673-674; ore del de-
spota non frenato da leggi , 674-
675 ; suoi studi di lettere, "di scienze
e di arti, 675-676 ; accolti, invidiati
e perseguitati i sapienti, 676; fa
assassinare ApoUodoro, 676-677 ;
tempio di Venere e Roma, 677-679 ;
ali re o|i,-re pubbliche a Roma, 679;
M,L i- ' : - -1 ponte Elio, 680;
;>!:j;
luerr
(TI ! - :- ■ . . IMI eostuini, 686-
6.s; . .lUi 1 i:iuiiii-ie alla moglie
Giulia sabina, i;s;-688; figurato
sottu le sembianze di Marte; 688;
sua malattia e crudeltà, 688; adot-
ta a successore Elio Vero, 689; e
morto lui adotta Antonino, 690 ; sue
crudeltà negli estremi momenti,
690; sua morte, 691 ; deificato, 691,
692; sepolcro e tempio a Pozzuoli,
C91, trasportato nel suo Mausoleo,
691 ; sua vita scritta da F. Gre-
gorovius, 692 ; suo tesoro segreto,
Adrianopoli, nome dato a più città in
onore di Adriano, IV, 657, 658, 664.
Adrianotcre , città presso il monte
Olimpo di Misia, IV, 663, 681.
Adriatico (Mare) in antico copriva la
pianura del Po, I, 21 ; reso libero
dai pirati. II, 248.
Adrumelo (.'Ciisa) , colonia fenicia in
Affri.a, alleata di Cartagine, II,
327, 420, 421, 507; porto, 513: vi
sbarca G. (issare. III, 518; paga
una imposizione a G. Cesare, :>26.
Adu.atiei (iVointir), vinti da Cesare,
m, 434-435.
Adu.atuea (Tonffres), IH, 442, 443.
Acca (Troia), sulla Via Traiana, IV,
607.
Aes nule, II, 307.
Aes signiitum, II, 307.
Aesar, nome generico di Dio in etru-
Aesica (Grecit Chesters), IV, 644.
Affile (presso Subiaco), occupata da-
gli Ernici, I, 231.
Affrica, una parte del territorio iVi
Cartasine diventa provincia f'n
questo nome, II, 523, 542; la mei a
dell' Atfrica romana in mano di sci
possessori. III, II; colonie di Ce-
sare, 537 ; e di Augusto, IV, 00 ;
sottomessa al regime delle provin-
ce, 61 ; vessazioni per causa delle
leve militari, 77; vi stanziano due
legioni, 78; sollevazione di Tar la-
rinata, 274; guerra sotto Claudio,
344; resta fedele a Ottone, 412;
opere pubbliche di Antonino Pio,
701 ; ricordi di lui, 715; vi staiizi.i
una legione, 783.
Afi'rica nova, riunita da Cesare alla
provincia d'Affrica, IH, 526.
Afrania, oratrice, lU, 706.
Afranio (Lucio), poeta comico. II, G4(i
Afranio (Lucio), legato di Pompeo
in Spagna, messo in fuga n»!!-
battagfia del Sucrone, III, 2 -
Pompeo lo lascia in Armenia, : i
percorre la Siria, Palestina e i
nicia, 349; in Spagna, si arren
a Cesare ed è lasciato libero, 4S7,
491-493; consiglia Pompeo di ri-
tornare in Italia, 501 ; combatte a
Tapso, 519-520; è trucidato, 520.
Afrodisio (nel Campo lemiiii) , vil-
laggio nel Lazio, I, 539.
Agassa, in Tessaglia, saccheggiata
dai Romani, II, 485.
Agatirno (presso il Capo Orlando),
dimora dei Siculi, II, 106.
Agatocle , tiranno di Siracusa , le
truppe mercenarie lo elevano al
trono; ed è vìnto dai Cartaginesi
al monte Ecnomo, II, 183 : sue vit-
torie e crudeltà in AlTrira, 184;
ritorna in SiciUa, vince ad .Vgri-
gento, e mena feroci vendette, 185-
18S; riparte per l'Affrica, è vinto, e
fugge in Sicilia dove commette nuo-
ve crudeltà , 186-187 ; fa pace coi
Cartaginesi, 186 ; strìnge alleanza
con gli Apptili e Iapigi, 187 ; sac-
cheggia Crotone e prende Ippo-
nio," 187 ; muore di veleno, 187.
Agedinco (tieii.':), IH, 445, 447.
Aggere di Servio Tullio, I, 605, 722.
Aggere del Vallo d'Adriano, IV, 642,
643.
Agirio {San Filippo d'Agirò) , di-
mora dei Siculi, II, 106 ; presa dai
Romani, 211.
Agnano, lago, IV, 513.
Agnone , nell'Abruzzo, iscrizione, I,
384-385, 486.
Agobbio. — Vedi Isuvìo.
Agonale (colle), I, 666.
Agone Capitolino (Concorsi), IV, 537.
Agricola. — Vedi ("alpurnio.
Agricola. — Vedi Giulio Agricola.
Agricoltura dei popoli più antichi d'I-
talia, 1, 480-491, 764; abbandonata,
e preferiti i prati e ì boschi, III,
12-13; limitato il numero degli
schiavi da usare nella cultura dei
campi, 19, 27 ; scrittori romani, 760 ;
trascurata durante l'Impero, IV,
801.
Agrigento {Girgentt), colonia grecA,
li, 118, 119; sua grandezza e splen-
dore, 120-124; retta dal tiranno
Terone, 150; caccia il tiranno, 161 ;
e aiuta Siracusa a liberarsi, 161;
presa dai Cartaginesi, 165; aiuta
Dionisio contro i Cartaginesi, I(i6 ;
e Dione contro Dionisio il giovane,
178; si solleva contro .Vgatocle, il
quale vi riporta una grande vitto-
ria, 185-186 ; caccia il presidio car-
DEI NOMI E DELLE COSE.
971
AGRIPPA
ALIMENTI
taginese, 200 ; assediate dai Romani
che vincono i Cartaginesi, 211-212;
presa da Cartalone, 223 ; Senato,
27-1 ; presa da Iniilcone, 379 ; chia-
mivasi prima Acragas, 38G; è con-
segnata ai Romani, 385-38G ; solle-
vazione degli schiavi, III, 40; i suoi
templi derubati da Verre, 322.
Agrippa U , figlio dell' ultimo re di
Giudea, apre ai Romani le porte
di Tiberiade, IV, 458 ; favorisce la
■ proclamazione di Vespasiano, 462.
Agrippa. — Vedi Erode Agrippa
Agrippa Postumo, figlio di Giulia e
di M. Vipsanio Agrippa, IV, 214;
adottato da Augusto, 220 ; rilegato
alla Pianosa, 221 ; visitato da Au-
gusto , 231 ; fatto assassinare da
Tiberio, 232, 243, 277-278.
Agrippa (Vibuleno), cavaliere, accu-
sato si avvelena, IV, 307.
grippa. — Vedi Vipsanio Agrippa.
Agrippina Maggiore, figlia di Giulia e
di Vipsanio Agrippa, IV, 214 ; sposa
di Germanico, 230, 246; nel r.iinpo
incuorai paurosi dell'invasione delle
orde germaniche, 248 ; odiata da Li-
via Drusilla, 256, 287 : prende parte
al trionfo di Germanico, 257 ; acco-
glienze ad Atene, 260 ; dà alla luce
Giulia, 260; porta in Italia le ce-
neri di Germanico, 207 ; accoglienze
a Roma, 267-268; intercede per
Claudia Pulcra, 289; rifiuta le frutta
ottertele da Tiberio, 290 ; È da lui
accusata, 297 ; trasportata all'isola
Pandataria vi muore, 298 ; il fii;lio
Caligola ne porta le ceneri nel Mau-
soleo di Augusto e istituisce ese-
quie annuali, 298, 299, 317, 318;
suoi Connnentarii, 910.
Agrippina Minore, figlia di Germanico
e di .\grippina Maggiore, IV, 366 ;
moglie di Domizio Ènobarbo e ma-
dre di Nerone, 367; rilegata dal fra-
tello Caligola, 323, 334, 3 i7 ; richia-
mata dallo zio Claudio, 367 ; moglie
di Passi no, 368 ; e poi di Claudio,
366 ; imperatrice ambiziosa, fi.'roce e
potente , 3GS ; sue trame e delitti ,
369 ; fa adottare Nerone a danno di
Britannico, 370 ; medita l'uccisione
di Claudio, 371 ; lo fa avvelenare,
372 ; e Io onora di un tempio, 373 ;
smaniosa di governare ogni cosa,
378 ; sua guerra contro Seneca e
Burro, consiglieri di Nerone, 378-
379 ; espulsa dalla corte è accusata
di cospirazione, 381-382 ; e di ten-
tativi d'incesto per tenere a sé le-
gato il figliuolo, 383 ; Nerone tenta
farla annegare nel golfo di Baia,
384; salvatasi è uccisa nella sua
villa di Bauli, 3S-,-386.
Agro pubblico, I, 79G-707, 799.
Agro romano, I, 794 ; limitato da Ser-
vio, 795-796.
Agrone, re d'IIIiria, II, 247.
Agylla. — Vedi Cere.
Aiace, sua tomba, IV, 883.
Aisne, sulle sue rive sono sconfìtti i
Bellovaci, III, 452.
Akilja, rabbino, anima dell'insurre-
zione dei Giudei contro Adriano,
IV, 684 ; da il comando a Bar-
cocheba, 684; tratto al supplizio,
685.
Alahanda, città della Caria, venera
Roma qual Dea, II, 541.
Alalia. — Vedi Aleria.
Alani, devastano l'Armenia e la Cap-
padocia, IV, 6G3; vinti da . -ornano,
663 ; moti guerri'schi repressi sotto
Antonino, 708; invadono l'Impero,
734.
Alatri, città degli Ernici, I, 231 ; con-
serva l'indipendenza municipale,
II, 76.
Alauda {Atlodola), legione di Galli,
III, 4.55.
Alba negli Elvii {Afps presso Viviirrs).
colonia romana, IV, 53; diventa
Alba Augusta, 5ì.
Alba Fucense o Kucente (Albf)^ città
degli Equi o dei Marsi sul lago l'u-
cino, I, 230 ; colonia romana, II, 78,
267, 268 ; vi muore in prigione Per-
seo, 400; assediata dagli Italici, III,
180.
Alba, in Liguria, vi è ucciso Scipione,
figlio di Lepido, III, 289.
Alba-Longa {Palazzola), presso il la-
go Albano , capitale dei Latini , I,
539, 540, 545-547 ; la lista dei suoi
re e inventata, .565; sue colonie,
565 ; leggende, 566 ; assalita da Ro-
molo, 572 ; lo aiuta contro i Sabini,
579 ; distrutta da Tulio OstiUo, 590-
594 : nel suo territorio sono vinti i
Galli, II, 33 ; dichiara che non può
soccorrere Roma , 393 , 394 ; vi
muore in carcere il re Bituito, III,
94 ; tempio di Minerva, IV, 535 ;
villa Albana, 535-536; anfiteatro
di Domiziano , ,536 , 537 ; ridotta
a un borgo desolato, 794.
Albana (arce) {Rocca di Papa), I, 547.
Albani, nel Caucaso, vinti da Pompeo,
III, 347 ; si KoUevano e sono nuo-
vamente vinti da lui, 347; soggio-
gati da t:anidio, 662 ; chiedono
amicizia a Roma, IV, 84; ricevono
un re da Traiano, 615.
Albani (villa) , bassirilievi , IV , 698 ,
808, 809.
Albano (lago), suo emissario, I, 873-
Albanò, monte, I, 526, 527, 535, 542,
543, 547, 611, 866.
Albi (Ellja), fiume di Germania, IV,
100, 221, 727.
Albino, procuratore in Giudea, IV,
456.
Albino (Lucio), tribuno, I, 782.
Albino Postumio. — Vedi Postumio
Albino.
Albinovano (Publio) , da altri detto
Tullio Albinovano, governatore ad
Arimino, uccide i colleghi e si uni-
sce a Siila, III, 257.
Albio Intemelio (Ventimiglia), stra-
ziata dalla flotta di Ottone, IV, 445,
Aliiucio (L.), autore di satire, IO, 791.
Albulate (Vezzola presso Teramo),
fiume, I, 227.
Alljum a Pompei, IV, 45, 46, 47.
Albunea, ninfa e sibilla, I, 379, 401.
Alburno {Monte di Postiglione), mon-
te in Lucania, I, 286.
Alburno, porto, I, 291.
Alburno {Veres2}atak), nella Dacia,
IV, 580.
Albuzio Silo (C), retore, IV, 185.
Alcantara, avanzi del ponte sul Tago,
IV, 610.
Alcibiade , nella spedizione contro
Siracusa, II, 164; sua statua nel
Fòro di Roma, 300.
Alece {Alice) , fiume nel Bruzio , I,
297, 304, 312.
Aleria, in Corsica, fondata dai Focesi
col nome di Alalia, U, 239; presa
dai Romani, 217 ; colonia romana,
544.
Alesia ( AUse-Sainte-Reine) , nella
Cote d/Or), assediata e presa da
Cesare, III, 448-451.
Aleso, dio, I, 381.
Aleso, in Sicilia, città libera, 11,273;
Senato, 274.
Alessandria d'Egitto, tumulti per la
presenza di Cesare, III, 509; bi-
blioteca incendiata, 511 ; Cesare vi
si difende contro Tolomeo, 511;
assalita da Ottavio , 681 ; presa,
686 ; seconda metropoli dell'Impero
romano, IV, 64 ; sulla via mihtare
dell'Oriente, 68; presidio militare,
78 ; emporio conmierciale, 207 ; vi-
sitata da Germanicij senza licenza
del principe, 262-26.3 ; tumulto fra
i Greci e Giudei, 333; Vespasiano
vi fa miracoli per acquistarsi au-
torità, 480; Domiziano vi fa co-
piare i manoscritti per le bibliote-
che di Roma, 521 ; accoglienze ad
Adriano, 668, 669 ; Museo , 669 ;
Marco Aurelio le perdona di aver
parteggiato per Avidio Cassio, 749;
timore che non somministri grano
a Roma, 775 ; Dione Crisostomo vi
rampogna i cittadini degli immo-
desti spettacoli, 847-848.
Alessandria di Troade, città, rimane
libera, U, 4.53.
Alessandro , filosofo platonico , mae-
stro di Marco Aurelio, IV, 720, 724.
Alessandro, grammatico greco, mae-
stà, ,Ii M.nren Aurelio, IV, 720, 723.
AI.--.H.!r.., i,,,,i.,.t.,re, IV, 728.
Al' ' li'l re Perseo, scri-
. : -Irati, U, 490.
Air- ;i;; !; ... 1 , j 1 , , di Pìrro, rimane al
governo di Locri, U, 200.
Alessandro (Giulio), legato di Traia-
no, incendia Seleucia, IV, 618.
Alessandro Magno, Cesare davanti al
suo simulacro. III, 327, 328 ; Pom-
peo trionfando indossa la sua cla-
mide , 399 ; Traiano sacrifica ai
suoi Mani, IV, 618.
Alessandro Molosso, re di Epiro, sua
alleanza con Roma, II, 53; muore
presso Pandosia in difesa dei Ta-
rentini, I, 305, li, 188-189.
Ale«--i!vlro VI! . papa, fa demolire
! i! ■'. .1' M .-.n AureUo, IV, 734.
.\1. ' I M ne della Lucania, I,
A|..i:l'^ (Vw/, /',';,' netfliirpini, I, 266.
Alezio (.V. M,,,;a di'Ua Lizza o di
Alizifi), nei Canini Salentini, 1,337.
All'aljeti ilali.-i, I, 472-473, 475.
Alfabeto, introdotto in Itafia dal Pc-
lasgi, I, 93 ; etrusco, 480, 482 ; eu-
ganeo, 477; latino riformato da
Claudio, IV, 354; sabello, I, 488;
umbro, 476.
Alfeno Varo, uomo di guerra, acco-
glie Virgilio, IV, 118, 119.
Alfeno Varo (P.) di Cremona, giure-
consulto, strumento di Augusto,
IV, 30.
Alfii, famiglia etrusca, I, 484.
Algarotti (Francesco), sua critica della _
cronologia romana, I, 650.
Algido, monte, I, 229, 527, 825, 828,
866, 867.
Aliarlo, in Beozia, espugnata, II, 472;
crudeltà dei Romani, 552.
Aliba. — Vedi Metaponto.
Alicia e Alide (Salemi) , città dei
Slcani, II, 104 ; presa dai Romani,
211; città libera, 273; rivolta de-
gli schiavi, lU, 138.
Alimenti pubblici pei fanciulli poveri,
istituiti da Nerva, IV, 548, 802;
ordinati e resi più stabili da Tra-
iano, 558, 802-803; provvedimenti
di Adriano, 673 ; accordati da An-
tonino Pio alle fanciulle dette Fau-
stiniane, 703, 716,808; Marco Au-
relio ne allarga le basi , 737-738 ;
Nuove Faustiniane, 763, 808, 809;
intenti e annninistrazione della isti-
tuzione, 801-802, 808-810; tavola
Yelleiate e Bebiana, 803-805; som-
972
INDICE
ALISONE
me consacratevi da Traiano, 805-
SOtì ; e Hai privati a Terracina e a
Como, 8lW: numero dei fanciulli
alimentati, 80C-807 : ricordati nelle
epigrafi in molte città, 807; de-
cadenza e line delbi istituzione ,
810.
Alisene [Elsen o Wesel). fortezza, in
Germania, IV, 99, 22i;,.22S.
Allattamento dei fis-liuoU, IV, 837.
Alleati italici. — Vedi Italici. .
Allia (Scann becchi) . fiume, I, 220,
.t63 : i Romani vi sono sconfitti dai
Galli, 890-891.
AUife, costruita dai Sanniti, I,-255;
rovine, 258; presa dai Romani, !I,
r>', 74 ; ì Sanniti sconfitti ivi in una
grande battaglia, 70 ; iscrizione ali-
mentaria, IV', 807.
AUobrogi , soccorrono Annibale , U,
a38; in guerra con Roma, III, 92;
vinti a Vindalio, 93; si sottomet-
tono, 04-93; i loro ambasciatori
scoprono la congiura di Calili-
na e sono arrestati, 380-382; si
ribellano contro l'oppressione rr>-
mana, 429; latti cittadini romani,
IV, 52.
Allume, IV, 206.
Alonzio, dimora dei Siculi, li, 106.
Alpe Graia (IHccofo a. Bernardo),
li, 336, 3i7, lU, 97, IV, 91.
Alpi, passaggio di .-Vnnibale e dispute
sulla via da lui tenuta, li, 336-338;
Roma si assicura i Iriro passaggi,
111.97: S:ìI|,;. ; . (ì;.Ii,:i -1 :ipn' una
Alpi Cwi. . I N lU .i.iN'^apro-
Alpi (Vi-ìl'Ì'.i,,-. 1\, ',.ó.
.\lpi Marittime, IV, UiJ, 93; ridotte a
pTOvincia, 782.
Alpi Trentine, IV, 93.
Alsio (Pillo), città pi'lasgica, I, 79;
occupata dagli Etruschi, 130, 134;
colonia romana, 11, 93, 269.
Aitino (presso J-rpf/i-o), parteggia per
Vespasiano , IV , 464 ; vi muore
Lucio Vero, 737.
Amatinio. professa a Roma l'epicurei-
smo, Ili, 740.
Amaseno {Top/na), fiume, I, 232.
Amasti i, palude nello sue vicinanze,
IV. 5IJ3.
Ama/io. fatto uccidere da Antonio e
Dolabella, 111. 577.
Amazzoni, nella battaglia degli Al-
bani contro Pompeo, ìli , 347 ; fi-
gurate in bassorilievo e nel.grande
vaso di Ruvo, 348 ; Amazzone scol-
pita sulla spada di Tiberio, IV, 241,
242 ; e sulla base del busto di Com-
modo, 770.
Ambarri, invadono l'Italia, I, 8S4.
Ambiani (Amieiis) , vinti ila Cesare ,
lU, 434.
Arabiorige, duce degli Eburoni, III,
442; sorprende le legioni romane,
442; eccita alla rivolia i Ncrvii ,
442; assedia (Juiiii i ;. i-i il e
vinto da Cesar, i , - 1 , : . i
dalla di lui vcml : -i 1 1
Ambito, leggi per pili] ni .. MI, ?,•,-;- ;-,7,
IV,
IV, 643
Amboglanna, [UirdoswaleCj,
Ambra, IV, 202.
Ambra {Atnherloiicc), nella selva Ap-
duenna, III, 444.
Ambracia, vittoria dui Romani sugli
Ktoli, II, 450; predata da Fulvio
Nobiliore. 533.
Ambracia (seno di), UI, 670
Ambroni, 81 uniscono ai Cimbri e Teu-
toni, III, 122; muovono verso llta-
lia, 128; distnitti da Mano alle
Ac<iue Se«tie, 128-130.
Amenofi III. innalza il Colosso detto di
Memnonc, IV, 666.
Ameria, citta degli Umbri, 1, 63 ; iscri-
zione alim ntaria, W, 8u7.
Amerjola, rovine, I, 562: sottomessa
da Tarquinio Prisco, 599.
.Vmesìa Senzia, oratrice. III, 700.
Amestratoo Mitistrsto (Vi^irt-ltii), dì-
mora dei Siculi, II, 106 ; Senato, 274.
Amflssia (all'imboccatura del Cornee),
l, 316.
Amiata (monte) , bagnato dal mare,
I, 20.
Amicla (presso Terraciiifì) , città, I,
210-211.
Amilcare, cartaginese, ucciso a Sira-
cusa, II, 183.
Amilcare, cartaginese, vinto dai Ro-
mani a Ecnomo. II, 210; chiuso in
carcere dalla mocrlie di .\ttilio Re-
golo, è liberato dai Tribuni del po-
polo. 227.
Amilcare, oai-taginese, a capo dei Galli
e Liguri è sconfitto, II, 437.
Amilcare Barca, cartaginese, padre
di Annibale, in Sicilia, II, 232-233;
sua pietà verso i mi rti, 2.33-234;
prende Erice, 234; tratta la pace
coi Romani, 2<0 ; vince a Carta-
gine i mercenai-ii ribelli, 2't8: gli
estermina, 328 ; la guerra alla Spa-
gna e muore annea.ato, 329.
Amisia (Ems), fiume, IV, 220,248,249.
Amiso (Sdinsiim), nel Ponto, assedia-
ta. III. 339 ; visitata da Pompeo. 340.
Amiterno {S'nn Vitthriuo), rovine, I,
218-219: diviene prefettura, II. 90;
patria di Sallustio, UI, 777. 778.
-Vmmande, freni imposti colla legge
Aternia, I. 830.
Anina, divinità dd Sannio, 1 , 385.
Amnia {Crok-Ir„>iil;), fiume, scmlitta
di Nicomedo di lìitinia. III, 228.
Amnistia, III, .371.
Ainor , nome misterioso di Roma, I,
574.
Amor di patria, I, 705 ; del mondo,
IV, 832.
Amore malinconico, figurato dall'arte,
IV, 855, 8.36.
Amorgo, isola nei mari di Grecia, I\",
279, 280.
Ampelura IZalatnn) , nella Dacia, IV,
580.
Amsanto, lago e mofeta, I, 203, 330,
381.
.\msanto, valle, I, 27-28.
Amulio, rovescia dal trono di Alba il
fratello Numitore, I, 568.
Amulio. pittore, sua Minerva e pitture
nella Casa aurea, IV, 403.
.Vna (Criiadiatifi) , fiume di Spagna,
III, 294.
Anacapri (rupe di), IV, 293.
Anagni, capitale degli Krnici. I, 231 ;
riceve la cittadinanza senza suf-
fragio, II, 76; occupata da Pirro,
190 ; iscrizionealimeiitaria, IV, 807.
Anani, si stanziano presso il Taro, I,
883.
-Vnapo, fiume presso Siracusa, II, 370,
Ana.ssila, tiranno di Reggio, li, 1.39.
.anatomia, studiata dagli Etruschi, 1,
400.
Ancaria, Dea protettrice di Eiesole, I,
381, 389.
Ancario (Quinto) , fatto uccider da
Mario, III, 217.
Anelli di Numa, I, R8rt, 729; IV, 718.
Ancira {Aìiporn), in (Jalazia, ti>nipio
n if'.rnn !• id Vneust.), e iscrizione,
cere Mamertino, .597 ; muore felice
e onorato. 597-598.
Ancona, occupata dai Sabini, I. 225;
scavi, 225 ; occupata da Cesare, III,
485: Germanico vi s'imbarca per
l'Oriente, IV, 259; arco, 605; porto,
603.
Andecavii (Anjmi), popolo gallico, IV,
275.
Andernach, città, deve forse la sua
origine ad un presidio romano,
IV. 99.
Andes {Pietola), presso Mantova, pa-
tria di Virgilio, III, 036; IV, ■-
Andrisco o Pseudo-Filippo, si spaccia
per figlio di Perseo e si impadro.
nisce della Macedonia. II, 494 ; i
vinto da Cornelio Scipione Nasici
in Tessaglia, 494 ; uccide il pretor
Giovenzio Talna, 495; fe ucciso i
Pidna da Q. Cecilio Metelbi, 495.
Andronico. — Vedi Livio .\ndronico
Aneroesto, capo dei Galli (;es.ati,
249 ; si uccide al capo di Telamone
232.
Anfoo, liberto dì Claudio, IV, 342.
.\nlìpoli, citta in Macedonia, II, 4»
482; creata capitale di una del
quattro confederazioni, 483 ; festa
celebratevi da Emilio Paolo , 48^
48i.
Anfiteatro di Domiziano nella sua vili
Albana, IV, 536-537.
.-Vnflteatro Flavio (Colosseo), inalzai*
da Vespasiano, IV, 499; continuati
e dedicato da Tito, 514-316; com-
piuto da Domiziano, 516
struzione, 517; spettacoli e vicende
517-318; restaurato da .\Dtoaiii
Pio. 701.
Aniissa, in Grecia, dilesa dagli
II. 447.
Aneerona, divinità misteriosa, I, '
Angitola, fiume dei Hruzì, 1, 297.
Angizia, sorella di Circe, suo cult
sul lago Fucino, l. 247.
Angulo {CMta Sant'Aiioelo), citi
dei Vesfinì, I, 251.
Aniceto, prefetto dell'armata, sugg«
risce a Nerone di affogar la madi
Agrippina. IV, 384 ; e accetta dì ui
ciderla. 383-386; accusa Ottavia <
adulterio e sotto nom^ di band
va in Sardegna, 392.
Anicio Ceriale, scopre la congiut
contro Caligola. IV, Xìi ; propou
un tempio al Dio Nerone, 410.
Anicio Gallo (L.), pretore, va in Uli- '
ria, vince Gonzio, li, 477-478; 6
trionfa, 487, 490.
Anieue o Anio. fiume. I, 621, 228, 229,
IV, 337, 527, 558; cascateli.', I.
560-.361 ; sulle sue rive i Romani
vìncono i Sabini, 599; i Veieutì,
869: .'. i Galli 11 33.
Anìiiiiiii II'- Il ili il I jiiic .1 iMistiidia
in:;
.pi'rc di paci! e
nula Ostia. .39.V
iblicio e il car-
Aniia (la vecchia),
il p..iìolo sul M(
Anna I'. i> mi; :
ili
lioville, soccorre
ite Sacro, 1, 7SÌ
.li l.l<l..i..v ninfe
Annali .Massimi, scritli dal l'out.'flce
Massimo, e consultati dagli storici
antichi, I. 682-683. II. 607.
.Vnneo Cornuto, filosofo stoico, esilinin
da Nerone, IV. 411, 868; mi.-
di Lucano. 877; e di Persio "
dal quale è istituito erede. .'<
Anueo Lucano. — Vedi Lucano
DEI NOMI E DELLE COSE.
973
ANNIBALE
ANTISTIO
Anneo Mela, fratello di Seneca e pa
dre a Lucano, si uccide, IV, 412.
Anueu Seneca (Lucio). — 'Vedi Se-
neca.
Annibale , già capo dei Cartaginesi
alla difesa di Agrigento, vinto da
Duilio nella battaglia navale di
Mile, li, 215.
Annibale, cartaginese, soccorre Lili-
beo assediata, II, 2.30. 232.
Annibale, figlio di Amilcare Barca,
sua gioventii, II, 330 ; capo dell'e-
sercito cartaginese in Spagna, 331 ;
assedia e prende Sagunto. 331 ; pre-
parativi per invadere l'Italia, 3.33 ;
var.^a i Pirenei, 334 ; passa il Ro-
dano, 335 : e dalle Alpi pi imba in
Italia, 336-339: espugna Taurino,
3tO; vince Cornelio Scipione al
Ticino, 340; e alla Trebbia, 341-
342 ; tenta passare l'Apennino. ed
è impedito dalle intemperie. 343;
dalla Liguria va in Etruria e la di-
serta. 344; vince al Trasimeno il
console Flaminio, 345-347; trova
resistenza a Spoleto, 348-349 ; tra-
versa l'Apennino. va nel Piceno e
poi nell'Apulia, 349-350; fallitigli
i tentativi di battersi con Fabio
Massimo, va nella Campania, fa
scorrerie nel Sannio e in Campa-
nia, e si riduce in Apulia. 3"l-353;
viiiMi ;i ,]] r :,,; ,.. ■]-r:.T.'. ; soggior-
1 'i ' :;-'■: _'>ierre in
I Mi.|i . ■ ■ - - -: .ii'campa
Mii ii.ii, '._. I !i 11 ,v ,.• i:,\ i.iu assalta
t uui.i. oijy. 1- r.'S|jiiiiu anche da
Nola, 369, 372 ; abbandona i San-
niti e va ad Arpi in .\pulia, 369;
chiede aiuti fuori d'Italia, 370; sua
alleanza con Filippo di Macedonia,
370, 373; accorre in aiuto di Capua,
372 ; torna di nuovo nelle parti
orientali d'Italia, e prende stanza
a Salapia, 372 ; fa lega con Gero-
nimo, tiranno di Siracusa. 374-375;
la Sicilia, 379; caduta Siracusa,
continua a guerreggiare nell'Italia
meridionale, 386-387 : suoi tentativi
per disciogliere l'assedio di Capua,
387: muove contro Roma e si ac-
campa nelle sue vicinanze, .387-388 ;
abbandona Roma e Capua e va nel-
l'estremo Bruzio, 389; sue angustie
e sper inze, 392; continua la guer-
ra . 394 ; si scontra con Claudio
Mai-p-l'o a Xii'ìi;<;trone e a Canu-
p' ' ( ' ! presso Petilia
I i 1 !i- 'a ! :1 i e Quinzio Cri-
Pia.. :. : ' a (irumento, 399;
uuii ri;e-. - r..v.Ì5j mandatogli da
Asdrubale di venirgli incontro nel-
r Umbria, 399; ha notizia della
sconlitta del Metauro e si riduce
fra i Kruzi. 402; non può impedire
la. presa di Locri, 410; è richia-
mato a Cartagine a difendere la
patria, 418; ricordi della sua cru-
deltà in It:dia, 419-420; si imbarca
a Crotone, sbarca a Lepti e batte
Massinissa, 420 ; tenta invano di
accordarsi con Cornelio Scipione,
420-421 ; è vinto nei campi di Zaroa,
421; va a Cartagine a persuaderla
di chieder pace, 421-423; s'impa-
dronisce del governo della citta,
riforma lo Stato e prepara nuova
guerra, 442; sentito che Roma lo
cerca, si rifugia presso Antioco, re
di Siria, e lo eccita alla guerra
contro i Romani, 442, 444; .\n-
tioco si obbliga di consegn.arlo ai
Romani. 449; fugge presso Prusia,
re di lìitiiiia, e, seguito anche ivi
dalle minacce di Roma, si uccide,
e rimane argomento alle declama-
zioni dei refori, 461-462.
Annibale, soprannoininatù MonoiìiOr-
co, utficiale di Annibale, U, 334;
sua lerocia, 420.
Annibale, schiavo di Jlezio Pompo-
siauo, ucciso, IV, 524.
Annii, famiglia, IV, 717.
Annio Gallo, va contro Cecina, IV,
443; sconsiglia Ottone di dar gior-
nata campale, 446.
Annio Milone (Tito), tribuno, si ado-
pera per il richiamo di Cicerone ,
III, 421 ; sostiene Cicerone contro
Clodio, 471; accusa Clodio di vio-
lenza, 471-472 ; egli stesso è accu-
sato da Clodio , 472 ; vince e uc-
cide Clodio a Boville, 472 ; si sforza
calmare il furore del popolo, 472;
è processato e, quantunque difeso
da Cicerone , esiliato a Marsilia ,
474 ; poi con Celio Rufo solleva la
Campania ed è ucciso, 514.
Annio (Q.), senatore , congiura con
Catilina, UI, 373.
Annio di Sezia, ambasciadore a Roma
chiede che ai Latini si diano di-
ritti politici uguali a quelli dei
Romani, II, 44-43.
Annio Vero (Publio), padre di Marco
Aurelio, IV, 717.
Annio Vero, tìglio di Marco Aurelio,
assiste al trionfo del padre, IV, 732.
Annio Viniciano , cospirazione per
farlo imperatore, IV, 361 ; si uc-
cide, 362.
Aiiiiiù da Viterbo, imposture della sua
opera, I, 183.
Anno, notato anticamente in Etruria
e a Roma col conficcare un chiodo
nei templi, I, 452.
Anno della confusione, lU, 340.
Anno latino, I, 458.
Anno legale, ILI, 539.
Anno lunare, I, 434.
Anno magno, presso gli Etruschi, I,
Anno solare, I, 454-455.
Anno. — Vedi Calendario, Era, Secolo.
Annona, Emiliu Lepido promette di
ristabilirla e il SeiiaTn l'accorda,
III, 2S8: s.jprinteniieiiza accettata
da Aususf.j, IV. 22; suoi provve-
dimenti, 29 ; amministrata dai giu-
ridici, 738; cure di Marco Au-
relio, 740. — Conf. IV, 301. 319,
334, 356.
Annone, capo dei Cartaginesi in Si-
cilia, vinto dai Romani ad Agri-
gento, II, 212; vinto di nuovo a
Ecnomo, 219; e sconfìtto alle isole
Egati, 233.
Annone, autore del Periplo dell'Af-
frica tradotto dai Greci, U, 325;
Annone, lasciato da Annibale a guar-
dia dei passi delle GaUie, H, 334 ;
fatto prigiapiero in Ispagna da
Gn. Cornelio Scipione, 402.
Anocitico, divinità in Britanuia, IV,
652.
Ansano dei Dau:.). . a't a. I. ;;:,';.
Ansano Frentaiii .' 1.2.33.
Ansano dei Mai^ ' ! 1,248.
Ansere, poeta di M va' a: ili, 793.
Anteio (P.), aerusauj da Nerone si
svena, IV, 412.
Antemne, città del Lazio, abitata dai
Siculi e poi dai Pelasgi, I, 75, .362,
563, 577 ; presa da Romolo, 579.
Antenocitico , divinità in Britanuia ,
IV, 652.
Anteo, m, 292.
Antichità italiche nell'Eneide, IV, 126-
128.
Anti fonte, poeta, ucciso da Dionisio
tiranno di Siracusa, II, 173.
Antigono, gladiatore, IV, 796, 797.
Antigono, re dei Macedoni, alleato di
Demetrio di Faro, II, 248.
Antigono, ultimo dei Maccabei, fatto
morire da Antonio, IH, 662.
Autillo, littore di Opimio, ucciso. III,
80.
Antillo, figlio di Antonio e di Fulvia,
ucciso da Ottavio, III, 686.
Antina (Civitantino), città dei Marsi,
rovine, I, 247-248.
Antinoo, amato da Adriano, e cele-
brato da Pancrate, IV, 669, 687;
si annega nel Nilo, 669; apoteosi
e culto, 670; statue e templi in
suo onore, 683, 690.
Antinopoli (Cìieikìi^Abcut), fondata da
Adriano in onore di Antinoo, IV,
Antiochia, nella Siria, IV, 68; vi
muore Germanico , 263 , 264 ; suo
teatro, 462; Traiano vi ristora la
disciplina delle legioni, 613; ter-
remoto, 613; vi ritorna Traiano,
621 ; Adriano si fa proclamare im-
peratore, 627; acquidotti e bagni
Adrìanei , 664 ; selciata da Anto-
nino Pio, 701 ; corruzione delle le-
gioni romane, 712; Lucio Vero vi
passa le estati, 729; vi è gridato
imperatore Avidio Cassio, 747 ; cle-
menza di Marco Aurelio, 748.
Antiocp 1, re dei Commageni, fa pace
con Antonio, III, 662.
Antioco , re dei Commageni , sua
morte, IV, 258.
Antioco IV Epifane, re dei Comma-
geni, spogliato del regno da Ve-
spasiano e condotto a Roma, IV,
495.
Antioco m, il Grande, re di Siria, fa
alleanza con Filippo di Macedonia,
lì, 433; fa la guerra ai Romani in
Grecia , 441-444 ; è sconfitto al
passo delle Termopili e torna in
Asia , 445-446 ; tenta di impedire
il passaggio dei Romani nell'Asia,
447; cerca di far pace, 448; è dis-
fatto a Magnesia del Sipilo , 448-
449; e costretto ad accettare du-
rissima pace, 449 ; muore lapidato,
449.
Antioco IV Epifane, tìglio del prece-
dente, re di Siria, dà sua figlia in
moglie a Perseo, re di Macedonia,
II, 468; muove alla conquista del-
l'Egitto, 476; alle minacce del-
l'ambasciatore Popilio desiste, 492;
casa edificata pubblicamente per
lui a Roma quando vi andò come
ostaggio (Orelli , Onom. Tuli. .
p. 42), 652 ; suoi lavori al tempio ili
Giove Olimpico ad Atene, IV, 6.39.
Antioco XIII Asiatico, re di Siria, de-
rubato da Verre, IH, 321.
Antioco. — Vedi Euno.
Antioco d'Ascalona, maestro di Te-
renzio Varrone, III, 746.
Antipatro. — Vedi Celio Antipatro.
Aiitipatro di Tarso, stoico. 111, 736.
Àntipoli (Antibo)., colonia della Gallia
Narbonese, fondata dai Marsiliesi,
li, 541; assediata, IIL 91; riceve
da Cesare il diritto del Lazio, IV,
52 ; vi si ritirano i Vitelliani, 443.
Antislio, pretore, III, 619.
Autistio Labeone (M.) , figlio del se-
guente, giureconsulto, resiste al
dispotismo di Augusto, IV, 30-
31 ; beffato da Orazio, 142.
Antistio Labeone (Q), congiui-a con-
tro Cesare, HI, 553; dopo la bat-
taglia di Filippi si fa uccidere, 533,
630.
974
INDICE
ANTISTIO
ANTONIO
APICIO
Antistio Publio, senatore,
Pompeo, ucciso. lU. 255.
Anloiiia, fortezza di Gerusalemme, IV,
4S\ ; presa <la Tito, 485-484.
Antonia, figlia di M. Antonio e dì
Otta\ia. sorella d'Augusto, moglie
di Druso, lY, 220-221 ; non prende
parte alle cerimonie funebri pel
fislìo Germanico, 268; denunzia a
Tiherio la congiura di Seiano, 301 ;
Caligola la fa sacerdotessa di Au-
eiistó, 317-318; e poscia la uccide,
Ì521.
Antonia, figUa di Claudio, IV, 390;
non acconsente alle nozze con Ne-
rone, ed è uccisa, 393-394.
Antonino (Tito Aurelio), adottato da
Adriano per suo successore, IV,
C90; salva molti da lui condannati,
C90, 691 ; e gli edifica per sepolcro
un tempio a Pozzuoli, C91 ; ascende
all'impero, ed b soprannominato
Pio, 692; sua nascita, 693; educa-
zione e primi ufflcii, 693; adotta
Marco Aurelio e Lucio Vero, 693 ;
chiamato Padre del genere umano,
C04; suo ritratto nei Ricordi di
Marco Aurelio, 695-697; intento
solo alla felicità universale , 697 ;
liberalità. 697-698; giustizia e re-
ligione. 699 ; culto alle tradizioni,
699-700; buono e vigile governo dei
popoli, 700; benefizi e monumenti
nelle province e in Italia , 701 ;
chiamato tagliatore del cumino,
702; donativi, 703; alimenti alle
fanciulle dette Faustinione , 703;
spettacoli e cortesie, 703; amore
per sua moglie Faustina, 704-705 ;
le innalza un tempio a cui poscia è
unito anche il suo nome, 705, 706,
744; mite anche cogli ingiurianti,
705-707 ; umani ordini in tutto, 707 ;
provvedimenti pei servi, 707 : beni-
gnità verso i Cristiani e i Giudei,
707-708: moti guerreschi repressi,
708; guerra e vittoria in Britannia,
709: Vallo da lui fatto costruire in
Cale<lonia. 709-710; reprime la ri-
volta d'Egitto, 710; dà re agli
Armeni e ai Quadì, 711; accoglie
gli omaggi di Farasmane, 711 ; ri-
ceve ambascerìe dagli Indi, Bat-
trianì e Ircani , e rifiuta dì averli
per sudditi, 712 ; mantiene la pace
per 23 anni, 712; sua morte, 712-
713; apoteosi e culto, 713, 714;
colonna in suo onore, 713-715;
suoi ricordi nelle province. 715;
monunieiili d" Italia, 715-716.
Antonino e Faustina, tempio in loro
onore a Roma, IV, 705. 700. 744.
Antonio (Marcu) , oratore . si salva
dalla reazione dei grandi. III. 167 ;
è trucidato nelle stragi di Mario,
217; sua eloquenza lodata alta-
mente da Cicerone, 099-700; non
scrisse mai nulla per poter negare
le cose dette, 707; sue difese di
Manio Aquillio e dì Yibio Norbano,
708.
Antonio (Marco), figlio dell'oratore e
padre del triumviro, governa male
la guerra contro i pirati Cretesi e
per derisione riceve il sopraimome
di eretico. III, 331.
Antonio (C), figlio dell'oratore, briga
culi Calihna pel consolato, III, 372 ;
eletto con Ci'erunc, 3CC; sostiene
la Icffge pei figli dei proscritti di
Sill.u combattuta da Cicerone, 375;
va rol!'e«ercito contro Catilina e
mmii 1,1 combatte, 388; è condan-
nato, :wi.
Antonio (M.) , figlio di Antonio ere-
tico, tribuno, si oppone al decreto
che dichiara Cesare nemico della
patria. Ili, 381 ; cacciato dalla Cu-
ria si rifugia al campo dì Cesare,
382 ; lasciato da Cesare al governo
d' Italia, 491. 497 ; raggiunge Ce-
sare nell' Epiro, 498 ; governa tur-
pemente Roma a nome di Cesare,
515: ha da lui in dono la casa e
la villa di Pompeo, 542; tripudia
e lussureggia coi beni dei vinti,
543 : ebbro, offre a Cesare un dia-
dema. 547 ; Cassio propone ai con-
giurati di ucciderlo, 554-555 ; trat-
tenuto fuori della Curia mentre vi
è ucciso Cesare, 558 ; si prepara a
Tendicarne la morte, 568 ; e tratta
di pace coi congiurati, 569; fa con-
fermare dal Senato 0i atti di Ce-
sare, 570 ; usa ai suoi fini il testa-
mento e i funerali di Cesare, 571-
574 ; comanda e ruba a nome del
morto, 575 ; tempei-amenti col Se-
nato, 576-577 ; conferisce con Bruto
e Cassio, 577; e si afforza, 578 ; sue
minacce ai repubblicani, 581 ; Ot-
tavio, erede di Cesare, gli chiede
i tesori rapiti, 584; accordi e nuo-
ve rotture con Ottavio, 585-586 ; è
assalito da Cicerone con la prima
filippica, 587 ; sua risposta, 588 ;
■va a Brindisi a raccogliere le legioni
e torna a Roma, 588-589; p.arte
per la Cisalpina, 589; assedia De-
cimo Bruto in Modena, 592 ; scon-
fitto a Fòro dei Galli e a Modena,
fugge oltre le Alpi, 597 ; e si uni-
sce a Lepido, 599; è dichiarato
nemico pubblico, 60O; muove con
Lepido contro Roma, 605 ; fa parte
del triumvirato con Lepido e Ot-
tavio, 606; entra in Roma, editto
di proscrizione, 607-610; sua fe-
rocia, 610; insulti alla tronca testa
diCiceruiU', G13; v;i a Brindisi per
salpai'*' '^1 - li f'i' ia, G17; soc-
corivN ': :-.iia,622;
vittori- i: r '.i-'-mi a Fi-
lippi. I.- .- :; . '1 'Illa madre
le ceucii ,li 1,1 ui... o:;i ; spartito
l'impero con Ottavio, va .-i scitto-
mettere l'Oriente, G33; im-Miiiro,
amori e orgie con Cleoputi ;i ;i Tar-
so, 634 ; va con lei ad Alessuiidria,
634-635 ; fa uccidere Arsinoe e To-
lomeo Neotero, 635 ; manda i suoi
legati contro i Parti, e si appa-
recchia a tornare in Italia trava-
gliata da nuova guerra, 635; Eno-
barbo gli facilita lo sbarco, 641-
64? ; tristo incontro con la moglie
Fulvia ad Atene, 642 ; assedia Brin-
disi e conforta Sesto Poinpi'o a in-
festare l'Italia, 642 ; fa p.-u-c .i Brin-
disi con Ottavio, 642-(;i:5; sposa
Ottavia, 643; viene a Roma, 044;
accordi e pace con Sesto Pompeo
al Capo Miseno, 647-649; ritorna
a Roma, 649 ; e di là va con Ottavia
ad Atene , 6.50 ; nuove rotture e
viaggi per nuovi accordi con Otta-
vio a Brindisi e a Taranto , 650 ,
632 ; parte per la Siria, 652 ; celebra
ad Atene la vittoria di Ventidio sui
Parti, 661-662 ; fa pace con Antioco
di Commagene, 662 ; fa venire Cleo-
patra in Siria, 662 ; guerra ai Parti,
assedio della citta ih Fraate, pace e
ritirata sanguinosissima. 663-665;
ebbro d'amore va in Egitto con
Cleopatra, 065; si vendica di Ar-
tavasde e sottomette l'Armenia,
669; trionfo e follie ad Alessan-
dria. 670-671 ; sue offese alla pa-
tria e alla moglie, e lotta di accuse
con Ottavio, 671-673; ripudia Ot-
tavia, 674 ; il Senato gli togUe il
comando, 674 ; forze asiatiche e af-
fricane di Antonio contro Ottavio
riunite in Grecia, 675 ; prime rotte
e diserzioni, 676 ; cede ai consigli
di Cleopatra e dà battaglia navale
ad Azzio, 676; vedendo fuggire
la regina abbandona la battAglia
e fugge con lei alla volta d'Affrica,
677-678; erra pei deserti di Libia,
679 ; è impedito di uccidersi e con-
dotto ad Alessandria, 680; ultime
orgie degli amanti. 680 ; chiede ad
Ottavio di poter vìvere privato ad
Atene, 680; respinge sotto Ales-
sandria gli assalti di Ottavio, 681 ;
vinto, volge il ferro in sé stesso,
631 ; sua fine, 682 ; b seppellito
con Cleopatra, 684. — Proscrisse
Verre per rapirgli i suoi vasi co-
rintìi, 326; rapi la villa a Varrone,
748 ; sua unione col re dei Daci ,
IV, 567.
Antonio (Caio), fratello del triumviro,
pretore nel 710, IH, 576; in lotta
con M. Bruto per la Macedonia,
595; fatto prigioniero, 619; e poi
ucciso, 621.
Antonio (Lucio), fratello del triumviro,
tribuno nel 710, III, 576; all'asse-
dio di Modena, 597 ; d'accordo con
Fulvia si mette a capo dei malcon-
tenti Italiani e muove guerra a Ot-
tavio, 636-638; assediato in Peru-
gia, 639 ; si arrende per fame, 639 ;
è graziato e mandato proconsole
in Spagna, 640.
Antonio (Giulio), figlio di M. Antonio,
triumviro, console, poi drudo di
Giulia, e per ciò fatto uccidere da
Augusto, IV, 217.
Antonio Giuliano (M.), all'assedio di
Gerusalemme, IV, 482.
Antonio Giuliano, retore, maestro di
Aulo Gellio, IV, 949.
Antonio Musa. — Vedi Musa.
Antonio Primo. — Vedi Primo.
Antonio Saturnino (Lucio) . coman-
dante delle legioni di Germania,
si dichiara imperatore, b battuto
ed ucciso, IV, 542.
Antou {due Alessandria), nome dato
alla capitale romana dagli Annali
Chinesi che ignorano il nome di
Roma, IV, 210.
Anxur. — Vedi Terracina.
Aiixia {Anzi), nella Lucania, rovine,
I, 294.
Anziati, vinti dal console Valerio Cor-
vino, II, 35 ; loro scorrerie a Ardea
e a Ostia, 48; spogliati di parte
del territorio e del diritto di navi-
gare, 50.
Aimo, citla, occupata dai Volsci , I,
238; rnviiie. 239; fa parte della
leira latina, Gli ; ricordata nel trat-
tato di Roma con Cartagine, 727;
presa dai Romani, 820 ; minacciata
(lai Romani, 867 ; si arrenile , H,
14 ; villa di Cicerone, III. 12 ; suo
convegno con Bruto e Cassio, 579 ;
colonia, IV, 375; acquidotto, 701.
Anzo (Porto d'), l, 239.
Aosta (Valle d'). III, 97; monumenti
della conquista romana, IV, 89-93.
Apamcsi di Frigia {Denais) , Nerone
rimette loro cinque anni di tributi,
IV. 371.
Apelle, sue tavole nel Fóro d'Augusto,
IV, 194.
Apelle, recitatore di tragedie, IV, 322.
Api (Bue) , sedizioni delle città egi-
ziiuic per r ouore di accoglierlo,
IV, 066.
Apicata. ripudiata dal marito Seiano,
IV, 286; si uccide 30.").
Apicio , insegna a cucinare i ghiri.
DEI NOMI E DELLE COSE.
975
APINA
ARCHIVIO
III, 14 ; professa la scienza della
cucina, IV, 283.
Apina (presso Afpi), distrutta da Dio-
Api.,la,\"-iitu del Lazio, I, 542.
Api. me, sofista egiziano, IV, 176.
ApnllincM, „„,iife, I, 280.
.oli, IV, 6.57.
di), IV, 261,
• 1 fabbricato da
'1. 1"-? ; restau
Apollodoro, di Damasco , architetto
del ponte di Traiano sul Danubio,
IV , 577 ; principale autore della
Colonna Traiana, 584 ; per ordine
di Traiano edifica l'Odeo e il gin-
nasio, 604 ; costruisce nuove mac-
rhine di f^uerra a richiesta«l'A-
driaiio, che lo esilia e lo fa assas-
sinare, 676-677.
Apollodoro, di Pergamo, rettore, IV,
109,
Apollofane , capitano di Sesto Pom-
peo, vince Ottavio, III, 635 ; passa
al nemico, 656.
Apollonia, dimora dei Siculi, II, 106 ;
i più dei suoi abitanti uccisi da
An-,ll,„-|,., IK-,
Apoll-iii 1 (/■../-- -1 ritta dell'Epiro,
.-1^ I niiii e liberata da
■Sul ! II. 373; Pompeo
(Mm. n -ì, -,, ,;r,rvi. Ili, 436; (>.
presa da Cusan- , 497 ; Ottavio vi
attende agli studi , 582 ; il figlio
di Cicerone prende ivi C. Antonio,
619 ; posta sulla via Egnazia, IV,
68 ; il presidio romano resiste agli
insorti Dalmati, 223.
Apollonia, città della Macedonia, II,
482.
Apollonia (OlubiirlK), in Pisidia, IV,
234.
Apollonide e ApoUonidea , città di
Lidia, presa da Aristonico, II, 538 ;
danneggiata da un terremoto, IV,
251.
Apollonio , legato , prende a tradi-
mento Minucio, capo degli schiavi
in Campania, III, 137.
Apollonio Calcedonio, stoico, maestro
di Marco Aurelio, IV, 720, 723.
Apollonio Tianeo, filosofo pitagorico,
suoi viaggi, IV, 848 ; sue dottrine
filosofiche e religiose, 848-849;
ammirato per la sua sapienza , e
poscia combattuto per le magie a
lui attribuite, 849; templi in suo
onore, 850.
Appello al popolo, consacrato dalle
XII tavole, I, 847.
Appennino , sua natura geologica ,
I, 22.
Appiano, di Alessandria, ufficii da lui
sostenuti, IV, 9.57; sua Storia uni-
versale, 957-9.58.
Appio Claudio — Vedi Claudio.
.\ppio Giunio Silano (C), fatto ucci-
dere da Messalina, IV, 300.
Appio Massimo Norbano (Lucio), vin-
ce ed uccide Antonio Saturnino,
IV, 542 ; battuto e ucciso dai Parti,
618.
Appuleio Saturnino (L.), tribuno, au-
tore della legge Appuleia, IH, 146;
tristo uomo , eloquente , audace ,
prima aristocratico, poi demagogo
furioso, 149-150 ; si unisce a Mano
ed fe rieletto tribuno, 150 ; sue leg-
gi, 151 ; tutti si sollevano contro
di lui ed è ucciso, 154 ; difensore
degli Italici, 162.
Appuli, I, 333, 357-359; soccorrono
Roma nella seconda guerra san-
nitica, II, 57 ; si uniscono ai San-
niti, 58, 59 ; e alla lega itaUca, 172 ;
alleati di Agatocle , 187 ; abban-
donano r alleanza dei Romani ,
195.
Aprile (mese di) , riceve il nome di
Nerone, IV, 410.
Apros, in Tracia, colonia romana, IV,
369. ■
Apso, (Beràtinos) , fiume d' Illiria,
ni, 498.
Apta .Julia Vulgentiurn {Apt in Pro-
venza), colonia romana, IV, 53.
Apuani, vincono il console Marcio Fi-
lippo, li, 459 ; trasportati nel San-
nio, 460.
Apuleio (Lucio) , sua vita , IV, 900 ;
sue opere, 900-901 ; scritti filoso-
fici, Apologia, le Floride, 901-902;
il romanzo dell' uomo trasformato
in asino, 902-r03.
Apulia, l, 347, 337-339 ; scorrerie dei
Galli, 893 ; i Romani ne occupano
alcune città , II , 66 ; le più delle
sue terre confiscate e date ai sol-
dati, 427; i pastori, per la miseria,
si danno a vivere di rapina, 427 ;
sottomessadaC. Cosconio, III, 190;
eccitata alla rivolta dagli emissarii
di Catilina, 375 ; parte di una re-
gione d' Italia , IV, 42 ; veterani
mandativi da Vespasiano, 495 ; fa
parte di una delle quattro regioni
sotto Adriano, 636 ; ha colla Ca-
labria un giuridico, 738.
Apulo (Carlsburg), nella Dacia, IV,
580.
Aqvae, e poscia Aurelia Aquensis,
\Jìoden-Ba0.en\ y acque termali,
IV, 535.
Aquce Sextios [Aix in Provenza), H,
541 ; fondata dai Romani, IH, 96 ;
Mario vince ivi i Teutoni e gli
Ambroni, 128-130 ; colonia romana,
IV, .53.
Aqvarii, IV, 28.
Aquila, città nell'Abruzzo, I, 218.
Aquileia, colonia romana, II, 2';7, 268,
460, IH, 97, IV, 68; emporio del
commercio, 202 ; occupata da An-
tonio Primo, 464 minacciata dai
barbari, 741 ; iscrizione alimenta-
ria, 807.
Aquilii, congiurano a favore di Tar-
quinio il Superbo, I, 621 ; difesi da
L. Tarquinio Collatino, 622.
Aquilio, poeta comico, II, 645.
Aquillio (Manio), console, vince Ari-
stonico, II, 539; sottomette l'Asia
Minore e vi stabilisce il governo
romano, 539.
Aquillio (Manio), probabilmente figlio
del precedente , collega di Mario
nel consolato (633), Ul, 142; man-
dato in Sicilia contro gli schiavi,
142; gli vince, e uccide Atenione,
143 ; processato per rapine , 144 ;
rimette sui troni di Bitinia e Cap-
padocia i re spodestati , 227 ; fa
guerra a Mitridate, 227-228; scon-
fitto si rifugia a Pergamo, 228;
consegnato a Mitridate è crudel-
mente ucciso, 229; difeso da M.
Antonio nell'accusa di concussio-
ne, 708.
Aquilonia dei Caraceni Sanniti, I, 2.56.
Aquilonia 0 Acuduniiia (incerfo«ia),
città degli Irpini , I, 264 ; vittoria
dei Romani sui Sanniti, II, 87.
Aquinco (Alt-Ofen, Hud/i), IV, 570;
ara inalzatavi per la salute di
Adriano, 638.
Aquinio, cattivo poeta, HI, 811.
Aquino , città dei Volsci, I, 234-235 ;
colonia romana, II, 268 ; patria di
Giovenale, 890-891.
Aquino (Cornelio), sconfitto da Ser-
torio, 111, 294.
Aquilani, III, 424 ; vinti da Messala,
IV, 8.3.
Aquitania, pacificata da Vipsanio
Agrippa, m, 653; riordinata da
Augusto, IV, 53; governata da
Giulio Agricola, 526.
Ara Massima, a Roma, I, 528-530 ; in
cendiata, IV, 400.
Ara perugina, I, 483.
Ara di Roma e d'Augusto a Lione,
IV, 71-73.
Arabi , all'assedio di Gerusalemme,
IV, 482 ; vinti da Cornelio Palma,
601.
Ai-abia, donata in parte da Antonio
a Cleopatra, III, 662 ; soccorre An-
tonio contro Ottavio, 675 ; in guer-
ra con Roma, IV, 87, 201, 207;
visitata da Adriano, 636, 665-666;
provincia, 782.
Arabico (golfo), IH, 680, IV, 207.
Arari {.Saona), fiume, IH, 429, IV, 53;
Cesare vi raggiunge gli Elvezii e
distrugge i Tigurini, UI, 431.
Arato, di Grecia, non può fondarvi
durevole libertà, U, 429; Sua sta-
tua, 542.
Arausio [Grange), nelle sue vicinanze
Annibale passa il Rodano, U, 335 ;
vittoria dei Cimbri sui Romani, Ul,
125; colonia romana, IV, 53; arco
trionfale, HI, 427, IV, 276-277.
Arbella, città dell'Abiadene, presa da
Traiano, IV, 616.
Arcagato, figlio di Agatocle, comanda
l'esercito d'Affrica, U, 185; è uc-
ciso, 186.
Arcagato, del Peloponneso, primo
medico in Roma, IV, 176.
Archelaide, in Cappadocia, colonia ro-
mana, IV, 369.
Archelao, duce di Mitridate, UI, 227;
vince Nicomede, 228; invade la
Grecia, 232; aiuta Arisfione ad
occupare Atene, 234 ; \into a De-
metriade e a Cheronea , si ritira
ad Atene, 234; la difende contro
Siila, 235 ; è vinto da Licinio Mu-
rena , 236 ; difende inutilmerfte il
Pireo , 238 ; vinto a Cheronea si
salva a Calcide, 239-241 ; si unisce
a Dorilao, 242 ; vinto a Orcomeno
si salva in Eubea, 242-243; tratta
la pace con Siila, 246-247.
Archelao, maestro di Cassio, sue pre-
ghiere in favola di Rodi, III, 621.
Archelao, re di Cappadocia, muore a
Roma, IV, 258.
Archia, d'Antiochia, poeta, UI, 793.
Archia, di Corinto, fonda Siracusa ,
U. 119.
Archibio, ottiene che le imagini di
Cleopatra rimangano salve, 111,684.
Archidamo, da Sparta, chiamato dai
Tarentini a difenderli, U, 188.
Archimagiro , presidente dei cuochi,
lU, 21.
Archimede , respinge colle sue mac-
chine i Romani che assediano Si-
racusa, U, 373, 378-379; fe ucciso,
383-385; suo sepolcro, 385.
Archippe (Archipetra), sul Iago Fu-
cino, I, 247.
Archita, di Taranto, stratego, disce-
polo di Pitagora, U, 134-1.36 ; man-
da una ambascieria a Dionisio il
Giovane perché lasci libero Pla-
tone, 176.
Architetti, IV, 189, 190.
Architettura etrusca, I, 416-430.
Archivio pubblico, —Vedi Tabulano.
976
INDICE
ARCO
ARIOBARZA.NE
ARTE
Arco di Adriano ad Atene, IV, G5S-
659.
Arco di Augusto a Rimini, r\', 65. 67.
Arco attribuito a M. Aurelio a Roma,
IV, 734, 735: bassorilievo, 764.
Arco di Claudio a Roma, IV, 3J5.
Arco di Costantino a Roma, IV, 609,
618.
Arco Fabiano a Roma, III, 94.
Arco di (Germanico e di Druso a Spo-
leto, IV, 267.
Arco di Tito a Roma, IV, 489, 490;
suoi bassorilievi, 492.
Arco di Traiano a Benevento, IV,
803, 804.
Arconti, ma?istrati annuali in Sici-
lia, U, 133.
Ardea, città pelasgica, 1, 79, 381 : ca-
pitale dei Rutuli , 540-541 ; asse-
diata da Tarquinio il Superbo, 616 ;
ronchiude una tregua per 15 anni,
620; fa guerraaRomain favore ilei
Tarquinia, 631 ; ricordata nel trat-
tato di Roma con Cartagine, 727 ;
respinge le scorrerie dei Galli, 893 ;
pitture, II, 311; dichiara che non
può soccorrere Roma, 393 , 394 ;
tempio di Giunone dipinto da un
irreco, 603.
Ardti.-nna {A.rdennes), selva. III, 444,
IV, 275.
Arduinna, dirinifà dei Galli, l\ , .')6.
Are il}i<"le). fiume dei Bruzi, 1,297.
ArcUite (.Iries), colonia milit.ire, IV,
Arellio Fusco, retore, IV, 185.
Arco d'.\lessandria, filosofo, IV, 109.
Are! a. re degli Arabi Nabatei, chiede
pire a Pompeo, III. 349-350.
Aroiusa (mito di), II, 119-120.
Arevaci, tribù dei Celtiberi, II, 532.
Arezzo , una delle 12 città principali
di Etruria, I, 123. 1 « ; sue mura
e opere d'arte, 152-153 ; suoi vasi
fittili, 1.52. 444 ; sulle prime non si
unisce agli altri Etruschi contro
Roma , II , 68 ; vinta a Perugia
chiede pace , 70 ; assediata dagli
Etruschi e dai Seiioni, 91 : predata
dai Galli , 251 : Roma vi prende
ostaggi per assicurarsi da una ri-
volta, 396 ; soccorre Cornelio Sci-
pione nella guerra d'Affrica, 410 ;
•"■riipata da Cesare, IH, 4S5 ; ele-
zi, ini municipali, IV, 787.
Argc-Mlann, città nel Bruzio, I, 306.
Argentino, dio, II, 310.
Am-ntorato {/Strasburgo), IV, C8,
91, 98.
.\rgileto, contrada ^i Roma, IV, 004.
Argo , visitata da Emilio Paolo , U ,
482.
Argo Ippi'i, detta poscia Argyrippa
e da ultimo Ai-pi, città pelasgica
nell'ApuIia Daunia, I, 80 ; rovine,
3.">3: dopo la battaglia di Canne
si unisce ad Annibale, II, 363; che
vi pone i suoi quartieri d'inverno,
369!
Ar'.'vrippa. — Vedi Argo Ippio.
Ari.i (liiusoppp), suoi scavi a Marza-
lióllip, I, 104 ; la sua villa conver-
tita in Musco etrusco, 166.
Arianna, abbandonata da Teseo, III,
808-810
Ari'ia {La Riccia), nel Lazio, I, 381 ;
tempio di Diana, 535 ; rovine, 543 ;
ossedìal.-i da Aruiitc, Aglio di Por-
sena, 629 ; in guerra con Roma per
i T.irquiiiii. C3I : riceve la cittadi-
nanza senza v.ito nelle assemblee,
II, ,50; iiinnicipio con suffragio,
'204 ; Vitelliii vi si trattiene durante
la iruerra coi Flaviani, IV, 468.
Aricina (valle). III, 73.
Arimino, città degli Umbri, I, 05; co-
lonia romana, U, 93, 205. 248, 249,
269: occupata da Cesare, III, 484,
485 ; le sue terre promesse ai sol-
dati, 607 ; arco di Augusto , IV,
66, 67 ; Fabio Valente vi manda le
sue truppe, 467 ; che sono circon-
date dai Flaviani, 468; i suoi vichi
hanno nomi romani , 794 ; iscri-
zione alimentaria, 807.
Ariobarzane Filoromeo, re di Cappa-
docia, rimesso sul tcono dai Ro-
mani, ni, 156; cacciato dal trono
da Mitridate, vi e rimesso da Siila
e di nuovo cacciato da Mitridate,
226; e rimesso da Aquillio, 227.
Ariobarzane, re di Cappadocia, è fatto
uccidere da Cassio, III, 621.
Ariovisto, re degli Sveri, bàtte gli
Edui, III, 429; vince gli Edui e i
Sequani collegati, 429-430; vuol
fondare nelle Gallie un impero ger-
manico , è dichiarato amico di
Roniii, 430; si rifiuta di obbedire
alle intimazioni di Cesare , 432 ;
disfatto da lui sul Reno, 433; poco
dopo muore, 433.
Aristeo, figlio di Apollo, II, 102 ; in
Sardegna, 244.
Aristide, di Locri, niega sua figlia a
Dionisio di Siracusa, II, 168.
Aristide, retore, suo Encomio di Ro-
ma, IV, 25; ascoltato a Smirne
da Marco Aurelio, 748.
Aristione, occupa Atene, III, 233-234 ;
vinto a Demetriade e a Cheronea,
. 234 ; suo contegno durante l'asse-
dio di Atene, 236-2.37 ; ucciso, 238.
Aristobulo, re dei Giudei, contende il
trono della Giudea a Ircàuo, ed i!
Aristomache, siracusana, sposa del
tiranno Dionisio, II, 168.
Aristone, filosofo stoico, IV, 7.53.
Aristonico, figlio naturale di Eumene
II. pretendente del regno di Per-
gamo, II, 538; sconfìtto dagU Efc-
sii, .538; riconquista il regno pa-
terno, 538; vinto fa trasportato a
Roma e strangolato, ."39.
Aristotele, filosofo, III, 742 ; sua ima-
giiie, 743; sostiene la schiavitù,
23-24.
Armata navale. — Vedi Flotta.
Armenia, Pompeo le impone un tribu-
to, III, 346 ; soggiogata da Canidio,
662; sottomessa da Antonio 660;
chiede un re ad Augusto, IV, 88;
commercio, 207; proclama re Vo-
none, 258; riceve un re da Gei^
manico, 261 ; il re Artabano cac-
ciato, 312 ; invasa da Vologcso,
398 ; cacciato da Corbulone , 398-
399 ; parteggia per Vespasiano ,
463; pretesa dai Parti, 013; Tra-
iano dichiara che gli appartiene,
GÌ 3. 614 ; ridotta a provincia ro-
mana, 015 ; Adriano ritira da essa
le truppe, 627 ; e le permette di
eleggersi un re , 628 ; devastata
dagli Alani, 663; Antonino le da
un re e impedisce che sia assalita
dai Parti, 711 ; invasa dai Parti,
727-728; accupafa dai Romani, 731;
divisa in due province, 782.
Armenia Maggiore, data da Augusto
a un nipote del re Tigranc, IV, 61.
Armento , città di Lucania , scavi, I,
2«9.
Armi, usate dagli antichi popoli ita-
liri. I, 491-492.
Armiiiio, figlio di Sigimero, cospira-
zione I' sollevazione contro i Ro-
mani, IV, 225; distrugge le legioni
di Varo nella selva di Teutoburgo,
226-227 ; manda la testa di Varo a
Maroboduo, 228 : capo dei parteg-
gianti per l'indipendenza, 247 : as-
sedia lo zio Segeste, 247-248; in
guerra con Germanico, 248; sol-
leva i Cheruschi, 248 ; vinto alla
battaglia di Idistaviso, 249; uno
dei capi della guerra civile in Gei^
mania, 270; vince Mai-oboduo,
270 ; sua fine, 271 ; lodato da Ta-
cito, 272 ; monumento in suo ono-
re, 272-273, 939-940.
Armorica, sottomessa da P. Crasso,
HI, 435; .si leva in armi ed è vinta,
435; riceve soccorsi dai Britanni,
439 si solleva di nuovo, 442.
Àrna o Arne (vestigli a Civitefla
d'Ama), nell'Umbria, I, 3S9; iscri-
zione alimentaria, IV, 807.
Amine {Fiora), fiume di Etruria, I,
146, 527.
Arno (valle dell'), prosciugata dagli
Etruschi, I, 131.
XrctCa. {Croca o Crocchio), fiume
della Magna Grecia, I, 313.
Aromi d'Arabia, IV, 207.
Arpi. — Vedi Argo Ippio.
Arpinate (selva), HI, 727.
Arpino, città dei Volsci, I, 234 ; patria
di Mario e di Cicerone, 23'., HI, 98;
presa dai Romani, II, 77 ; ha la
cittadinanza romana, 78; villa di
Cicerone, III, 12.
Arpocrate, liberto di Claudio, IV, 342.
Arria, si trafigge ed ofl're il pugnale
a Peto suo marito, IV, 362, 415 ; lo-
data da Persio, 887.
Arria, moglie di Trasea, madre di
Fannia, esiliata, IV, 541.
Arriano (Flavio), di Nicomedin, suo
Periplo del Ponto Bussino, IV, 062 ;
vince gli iVlani, 663 ; discepolo di
Epitteto, compone il di lui Manua^
Ir. 813-844.
Arrii, famiglia cfrusca, I, 484.
Arrio (Quinto), i)retore, vinc* Crisso
capo dei gladiatori, III, 307 ; vìnto
da Spartaco, 307.
Arrunzio (L.), si uccide, IV, .310.
4rsace, re dei Parti, chiede raimcìzia
dei Romani, HI, 226.
Arsia (Selva delia Inswjherata), sel-
va presso Roma, I, 624.
Arsinoe, sorella di Tolomeo Dionisio
e dì Cleopatra, fatta prigioniera
da Cesare, UI, 511; ne segue il
trionfo, 527; ed fe uccìsa da Anto-
nio, 635.
Artabano, re di Armenia, rinfaccia a
Tiberio le sue laidezze, IV, 312 ;
fe costretto a fuggire in Scizia, 312.
Artabano Arsacide, eletto re dai Par-
ti, IV, 258 ; chiede amicizia a Ger-
manico, 262.
Artabazo. — Vedi Arfavasde.
Artnssata, città d'Armenia, IH, 341,
IV, 261 ; incendiata da Corbulone,
39,S ; presa dai legati di M. Aure-
lio, 731.
Artassia. — Vedi Zenone.
Artavasde o Artabazo, re dì Armenia,
festeggia con Orode la vittoria su
Crasso, lU, 465 ; dà la sorella in
moglie a Pacoro, 465 ; aiuta, An-'
tonio contro i Parti, 663 ; e poi lo
abbandona, 663, 665 ; preso a tra-
dimento da Antonio fe condotto in
Egitto, 6'>9, 673; e uccìso da
Cleopatra, 680.
Arte ceramica in Etruria. — Vedi
Va-i liilili.
Arie fusoria in Etruria, I, 430-432.
Arte giv.-a. imitala dagli Etruschi, I,
442 ; a Roma, II, 603-604.
Arte italica, divisa in tre periodi, I,
439-442.
Arte poetica, II, 610.
DEI NOMI E DELLE COSE.
977
ASDRUBALE
ATENE
Arte ivmiana e latina. II, 310.
Art<'inidoro, filosofo, familiara di Pli-
nio il Giovane, IV, 041.
Artemidoro di Gnido, retore, tenta
di avvisar Cesare della congiura
contro di lui, IH, .5.5G.
Artemisio (valle dell') , nel Lazio, I,
.527.
Artena , città dei Volsci , presa dai
Romani, I, 8G7.
Arti in Etruria, I, 416-I-I-2.
Artoce, re degli Iberi nel Caucaso,
vinto da Pompeo, III, 347.
Aruleno Rustico ," ucciso per aver
scritta la vita di Trasea, IV, 540 ,
925; arsi i suoi libri, .540; ascol-
tatore di Plutarco, 955.
.\runte, figlio di Porsena, sconfitto
presso Aricia, I, 593, 629.
.\^runtinii, famiglia etrusca, I, 484.
Aruspici, in Etruria, I, 406; 411 ; loro
imposture, 751 ; rimessi in vigore
da Claudio, IV, 350.
Aruspicina, I. 460.
Arvali (fratelli), s.icerdoti, I, 411, 412,
729, 740, IV, 32, 370 ; loro carmi,
I, 463-461, II, 610.
Arverni {A,",':. i:,- nl,ino l'Ita-
lia, I. .■<^l li. i i '11 Roma,
HI, 92-;)l i: :^ lilH-ri, 95:
hanno il vr.v., n.i mu Galli, 429;
si sollevano, 445.
Asclepiade, capitano delle navi di Ca-
risio , aiuta Roma nella guerra
italica. III, 178.
Ascuride (Ezerò), palude di Tessaglia,
II, 473, 474.
Asculo Appulo {Ascoli in Capitanata),
rovine, I, 356 ; vittoria di Pirro
sui Romani, II, 199 ; presa dai Ro-
mani, 205 ; iscrizioni ad Antonino,
IV, 716.
Asculo (Ascoli Piceno), I, 225 ; scop-
pio della rivoluzione italica. III,
170 ; afforzata dagli Italici, 185 ;
assediata e distrutta, 188-189; oc-
cupata da Cesare, 485.
.^.sdrubale, capo di tutte le forze car-
taginesi, vieni- a Lilibeo, II, 223.
Asiinili.-ile. iiniiss.ario di guerra di
Aiinili.Ue, II, :!34.
Asdrulialc, f.'enern di Amilcare Barca,
continua la pnerra in Spagna, e
fonda Cartagine Nova , II , 329 ;
muore, assassinato, 330.
Asdrubale, fratello d'.^nnibale, lascì.x-
to al governo della Spagna. II. 333 ;
respinto dagli Scipioiii e impedito
di port.ar soemrso ad .\nnihale. e
richiamato a Cartagine, :ì'iT, 403;
rimandato in Spagna, e battuto da
P. Coni. Scipione, 406-407 ; pene-
tra nella Gallia , 397 ; passa le
Alpi e assedia Piacenza, 398 ; av-
visa Annibale di venirgli incontro
nell'Umbria, 309; sconfitto e uc-
ciso alla battaglia del Metauro,
400-401 ; la sua testa è gettata
nel campo di Annibale, 402.
Asdrubale, figlio di Giscone, coman-
dante cartaginese in Spagna, II.
406 ; alla corte di Sifaoe, 408 ; cui
dà in moglie sua figlia Sofonisba,
e lo conduce a difendere Cartagine,
413 ; il suo campo è incendiato da
Scipione, ed egli si salva a Carta-
gine, 414 ; è sconfitto ai Campi
Magni, 415; ed ucciso dal popolo,
.\sdriibalp, capo dei Cartaginesi nella
terza guerra punica, II, .507; rac-
eoglie gente nelle campagne, 508-
."09 ; si ritira nell'acropoli di Car-
tagine, uccide Asdrubale, nipo-
te di Massinissa, e mutila crudel-
mente i prigioni, 515-516 ; ridotto
agli estremi si arrende vilmente a
Scipione, maledetto dalla moglie a
dai suoi, 519-520.
Asdrubale, nipote di Massinissa, uc-
ciso, li, 516.
Asellio Sabino , premiato da Tiberio
per un suo dialogo, IV, 864.
Asia, provincia romana, sua esten-
sione, II, 539, 542 ; sua sorte dopo
le vittorie di Siila, III, 248 ; lidi
predati dai pirati, 330; estorsioni
dei pubblicani, 335 ; nuovi ordina-
menti di Pompeo, 353; paga a Cas-
sio in una volta il tributo di dieci
anni, 621; e ad Antonio, in due
anni, quello di nove, 633 ; infestata
dui Parti, 660; colonie e provvedi-
menti di Augusto, IV, 60-62; co-
lonie di Vespasano, 495; visitata
da Adriano, 636, 661-662 ; che vi
pone nuove colonie, 663; perdute
ivi le conquiste di Ti'aiano, 627.
Asia Minore, ambascerie delle città a
Rmn.i, II, 44'i-. le vitl.irie i-oniane
e.-iiis:i <U selii.'ivit!!. l'.-,'-l5:{; è a
dis.Tezinni' .li U'.iii.i, .MI ; invasa
dai l'aiti. III. i;:',-, ; .oannereio con
Roma, IV, 206 ; strade costruitevi
ila Vespasiano , 500 ; visitata da
Traiano, 613.
Asia, nel Bruzio. — Vedi Ixia.
Asiatico, liberto, crocifisso, IV, 475.
Asili , in Etruria , 1 , 373 ; furono le
origini delle città, 655; privilegio
dei municipii pei cittadini romani,
II. 263 ; pei debitori e scellerati ,
tolti da Tiberio, IV, 252.
Asinio (Erio), marrucino , duce degli
Italici rivoltati. III, 175 ; ucciso da
Mario, 185.
Asinio Gallo (C.) , muore in carcere
di fame, IV, 310.
Asinio PoUione (C), governatore di
Spagna, III, 593-599; tradisce la
repubblica e si unisce ad Antonio
ed a Lepido, 605 ; nella guerra di
Lucio Antonio sta contro Ottavio,
638-639 ; tira Enobarbo alle parti
di Antonio , 641 ; fa conchiudere
la pace di Brindisi , 643 ; abban-
dona Antonio, ma non vuole com-
batterlo , 674; oratore, 703, 710;
scrittore di versi, 790 ; governatore
della Gallia Transpadana, accoglie
Virgilio, IV, ILS; riprende Tito
Livio di p.atavinit.à . 168 ; lascia
o-ni nfll'io, e si dà acrli .studi,
172; sua stori.a ArìW euerre civili,
174;dil.4tant.-.UM|„.red-,irte, 174;
Titi,
sua
Asola, in Sicilia, gh anda ivi tro-
vata col nome di Acheo, III, 39.
Aspasio, retore, biografo di Adriano,
IV, 665.
Aspreuate. — Vedi Nonio Asprenate.
Asprenate (L.), impedisce che la ri-
volta d'Arminio passi oltre il Reno,
IV, 228.
Asse, unità monetaria, II, 309 ; asse
semilibrale, 309; asse quadrnnta-
l'io , 310 ; asse sestantario , 310 ;
asse unciale , 310 ; asse semion-
ciale, 310 ; asse quartonciale, 310.
Assemblee a Roma. — Vedi Comizi ,
Curie, Centurie e Tribù.
Assemblee municipali, per le elezioni
dei magistrati delle città, II, 264,
IV, 45, 787, 788 ; soppresse nel se-
colo terzo di Cr., 790.
Assicurazione ai navigatori per il
trasporto del grano, FV, 356.
Vajwucci — Storia dell'Italia antica
IV.
Assn-ia, commercio con Roma, IV,
207 : ridotta a provincia, 616, 782 ;
Adriano ritira le truppe, 627.
Assisi, iscrizione alimentaria, 807.
Associazioni (CoUegia) a Corporazioni
delle arti e mestieri , loro origine
antichissima, 1 , 375 ; si dissero
istituite a Roma da Numa, 587:
abolite nel 690 , e ristabilite da
Clodio, III, 417; abolite di nuovo
da Cesare, 538 ; proibite da Traia-
no, tranne quella dei fornai , IV,
564.
Assona (Aisne), fiume, vittoria diCc-
, sare sui Belgi, III, 4 54.
Assoro (Asaro) , dimora dei Siculi ,
II, 106.
Asta, in Ispagna, espugnata dai Ro-
mani, II, 455.
Astapa (Estepa), città di Spagna,
presa e distrutta dai Romani , II,
407-408.
Astarte, Dea Siria, adorata nel Vallo
di Adriano, IV, 652.
Astigi, detta Augusta Firma iEciJa),
nella Spagna, IV, 60.
Astingi, invadono l'Impero, IV, 734.
Astrologi. IV, 895.
Astronomia degli antichi itali.ini, I,
45.3-454.
Astura, fiume, j Romani vi sbaraglia-
no i Volsci e i Latini, II, 49.
Astura, città dei Volsci, villa di Ci-
cerone, in, 611; vi ammala Au-
gusto, IV, 232; e Tiberio, 315.
Asturi, popolo di Spagna, loro solle-
vazione, IV, 78 ; sottomessi da Au-
gusto, 85-87.
Atace {Aude) , fiume e paese della
Gallia, III, 792.
Atamani , si uniscono a Antioco, re
di Siria, II, 444.
Atedii o Attidii (fratelli), sacerdoti in
Umbria, I, 412.
Ategua, in Spagna, combattimenti
fra Pompeiani e Cesai-e, III, 531.
Ateio Capitone (C), giurista di corte
e console, chiede che non sia tolta
al Senato la facoltà di punire, IV,
282 ; sconcio adulatore dei prin-
cipi, 30, 864.
Atella (Pomiglione fUtUtelln), città
della Campania, I, 27,8, 28?, 463;
riceve la cittadinanza romana sen-
za voto, II, 51 ; dopo la battaglia
di Canne si unisce ad Annibale , .
364 ; presa dai Romani, 391 ; co-
lonia militare, IV, 43.
Atei lane, farse, I, 462, 487, 488, II,
316, 646-647, III, 789.
Atene, richiesta di aiuto da Leontini.
è sconfitta a Siracusa, II, 164; i
soldati prigionieri muoiono nelli-
Latomie, 173; dopo la guerra di
llliria accorda la cittadinanza ono-
raria a Roma, 248 ; sua decadenza,
429 ; chiede soccorso a Roma contro
Filippo di Macedonia, 432; è di-
fesa dai Romani, 433 ; visitata da
Paolo Emilio , 482 ; emporio di
schiavi. Ili, 25-, messa in mano di
Milli-I li :r'-: ;i , assediata e
previ i-.'ì'^; abbellita
da li vte di Antonio
e Cl.-iii , ,, I.; . i.'Hiitada Augu-
sto, 1\, 1.1, ii.;e...;;lienze a Germa-
nico, 2.59-260 ; furori di Gn. Pi-
sene, 261 ; non visitata da Ne-
rone, 418; Traiano vi riceve gli
ambasciatori di Cosroe, 613 ; tea-
tro di Bacco, 624 ; Adriano vi sver-
na due volte, 637 ; arco di Adriano,
tì5S-6.59 ; la città nuova detta Adria-
nopoli, 658-639; Olimpieio e altri
123
078
INDICE
.TENEO
ATTALO
AUGUSTO
rdiScii ivi eretti da Adriano, 65^
660; che Ti fe adorato come Giove
e onorato di statue, 660-661 ; e
fatto arconte, C71 ; visitata e pri-
vilegiata da M. Aurelio, ~4^.
Ateneo o Minervio (punta della Cam-
panella), promontorio, I, 276, III,
Ateneo, filosofo peripatetico, amico
del cospiratore Murena, IV, 176.
Ateuione di Cilicia, fatto re dagli
schiavi siculi, III, HO ; assedia Li-
libeo, HO ; si unisce a Salvie, 141 ;
vinto a Scirtca, 141-U2 ; succede
a Salvio, 142 ; afforza Macella, 143 ;
sue scorrerie nel territorio dei Ma-
mertini, 143 ; minaccia Messina,
143; ucciso. 143.
Atenodoro di Tarso, stoico, IV, 109.
Atemo (Pescai-a), città dei Frentani,
I, 253 ; porto, 2.1.
Aterno {Pescara), fiume, I, 218, 22.5,
242, 252, IH, 172.
.Vterno (pianura dell'), I, 218.
Ateste (Este), colonia militare, FV, 43;
parteggia per Vespasiano, 464.
Atidio CÒrneliano, governatore di Si-
ria, messo in fuga dai Parti, IV,
728.
.Milli, famiglia etrusca, I, 484.
.\tilio (M.), poeta comico, II, 645.
.\tilio Glìzio .agricola (P.) di Torino,
governatore di Paunonia, alla pri-
ma guerra dacìca , IV, 570 ; pre-
miato, 575.
.Vtilio Regolo (C), console, reprime i
Sardi, lì, 250 ; ritorna in Etruria
e muore al capo Telamone, 2>2.
.Vtilio Regolo (M.), vince i Cartasinesi
a Tindari, li, 218 ; e alla battaglia
di Ecnomo, 219; va in Aflrica,
21f'-220 ; vince i Cartaginesi , e
p.^ne sua sede a Tunisi, 220-221 ;
rifiuta le proposte di pace, 221 ; è
vinto e fatto prigione, 222 ; man-
dato dai Cartaginesi a Roma a
chieder pace, 225 ; consiglia di non
Hccettaria, e muore eroicamente,
226-227.
Atilio Serrano (C), trucidato. III, 217.
Atina , citta dei Volsri , 1 , 235 , III,
1C2; presa 'dai Romani, n, 68;
colonia romana, 78, 268.
Atina {Atena) , città della Lucania,
I, 294. •
Atinio (C.), pretore, ucciso in Ispagna,
Atinio Labeone (C), tribuno, tenta
far gettare dalla rupe Tarpeia il
censore Metello, III, 60.
Atiiitani , dell' Epiro settentrionale .
parteggiano coi Romani contro
gli Il.iri, li, 248.
Atlante (monte), II, .542, IV, 715 ; con-
fine deirimpero romano, 84, 345;
visitato e descritto da Svetonio Pao-
lino, 919.
Atra (Kl Hadr), assalita da Traiano,
IV, 620 ; vi i- battuto. 620-621.
Atrcbati {Arras), si uniscono ai Nervi!
e sono sconfiiti da Cesare, HI, 434.
Atri, forse colonia etrusca, I, 126.
Atrio, derivazione di questa parola,
I, 41').
Atrio della Libertà, IV, Ilo, 174.
Atripaldu {La Civita), città degli Ir-
pini, I, 264.
Atro {<ribel-Asot(d), monte, IV, 87.
Attalici (dinastia di-gli) , suoi tesori.
II. .537-.5:l8.
Attillo I. re di Pergamo, alleato dei
Romani contro Kilippo, re di Ma-
• ftlonia, II. 431-132.
.\ll:ilo li Kiiomctorc, fratello di Eii-
iriene. ir ili Pergamo, onorato dai
Romani, II, 491,
Aitalo III Filometore. figlio d' Eumene |
II, lascia il regno di Pergamo ai
Romani. II, 53'i; Tiberio Gracco
propone che sia distribuito ai cit-
tadini, III, 55.
Aitalo, filosofo stoico, IV, 834; esi-
liato da Sciano, 835, 865.
Atte, liberta, amata da Nerone, IV,
379; lo seppellì -ce, 427.
Atti diurni o giornali, IV, 165, 780,
864.
Atti pubblici, 867.
Attico. — Vedi Curzio, Erode e Pom-
ponio Attico.
Attilio. — Vedi Atilio.
tuari, trib
da Tiberi
Attubi Claritas Julia, colonia in Spa-
gna, IV, 60.
Aufldena {Alfidena), capitale dei San-
niti Caraceni , 1 , 256 ; presa dai
Romani, II, 79.
Aufidio (Gneo), scrive in greco una
storia romana, HI, 766.
Aufidio Basso , storico delle guerre
civili e delle germaniche, IV. 9IS,
923
Aufidio Vittorino, si oppone alla ir-
ruzione dei Catti nella Rezia e in
Germania, IV, 727.
Aufldo {Ofanto). fiume dell'Apulia, I,
26.3, 347, II, 356 ; vittoria del pre-
tore C. Cosconio sui Sanniti, IH,
190.
Aufina (Ofena), città dei Vestini, I,
251.
Auguri. I, 404-406. 411. ,586, 74')-751 ;
tempio augurale, 408; loro dottri-
ne, 749, II, .598.
300-301
Augusta, figlia di Nerone e di Poppea
Sabina, mit .)r. bambina ed è di-
chiarata Dei. IV. :!■•.{.
Augusta ^ ■ '.' ' ■). rapitale dei
Augusi,/'\ - '■ 1 . IV, .5.5.
Augusta 1 iurii; Il 1/ /.'f/1 in Spagne!,
IV, 6(1. . » = .
Augusta Firma. — Vedi Astigi.
Augusta Nemetum {Clermon^, capi-
tale degli Arverni, IV, 54.
Augusta. — Vedi Novioduno.
Augusta Praetoria ' -i-^sta) , colonia
mi.itare, IV, 4J, 44, 89-91.
Augusta dei Raurac. {Augst presso
Jiasilea), colonia romana, IV, 53,
.55, 91.
Augusta Taurinoruin {Torino), colo-
nia militare. IV, 43, 44.
Augusta dei Treviri {Treves), IV, 55;
colonia romana, 359.
Augusta Tricastiuorum (presso To-
losa), IV, 55.
Augusta Vagiennoriun (Saluzzo e) ,
colonia militare, IV, 43.
Augusta dei Vindelici {Ausburno) ,
IV, 94, 95.
Augustali (sacerdoti), IV, 91, 237, 250,
251, 810.
Augustani (cavalieri). IV, 388.
Augusteo, in Alessandria d' Egitto ,
IV, 04.
Augusto imperai
0. Ottavio), 1
.!■.■ (MiLiiiiai.. ]. l'ima
di Azia. sor.
''. ' ■ 1 1- 1 .-saiv
adottato da i
■- 1' • , III .; 1 . sua
infanzia, .582;
(iiiiiiu i l■^.^^l• pi-ellde
cura della su
a educazione , .582 ;
morto Cesare
ritorna da Apollonia
in. Italia, .5><2-
-Mi: visita ed acca-
rezza ('i.'..r..ii
. -,■<:(- -,84 ; rinipro-
vera A n i . . . 1 1 . .
h ri.liiedei tesori
pat.-rn, r,,i,l:
- 1 i. Il' oro si fa
i-.s-,; accordi
afforza, e p.artito Antonio resta
padrone di Roma, .589; sostenuto
da Cicerone, .590-591 ; muove con-
tro Antonio in aiuto di Modena,
a Modena, 598; si sospettava che
avesse ucciso Irzio e avvelenata
la ferita di Pausa, 601 ; intima a
Decimo Hruto di non dare la caccia
ad Antonio, 601; vani sforzi del
Senato per abbassarlo. 602: fatto
console e padrone dal soldati muo-
ve contro RoiAa, 603; entra in
città, comanda, ruba e condanna
a sua voglia, 604 ; fa parte cm
Antonio e Lepido del triumvirato.
605-60G; sposa Clodia, nuT; entra
in Roma; edittn di p-.^-.i • m,> ,
G07-6I0 ; sua for, ' • : va
Cicerone, 611 ; k i ) nr ,
015-617; va aKi -_ ii -^ si..
Pompeo e si ritii;i a l^, imii.si, i;l7 ;
non prende parte alla batt.iglia di
Filippi. 623, 625; feroce coi vivi e
coi morti, 631 ; suoi accordi con
Antonio, 6:j:{; torna in Italia,
633; e vi fonda colonie militari,
6:i5; k minacciato dai suoi soldati.
*36 ; in guerra con Lucio Antonio.
637-638; assedia e prende Perugia,
639; stragi, 640; invia Mucia a
Sesto Pompeo , 641 ; sposa Scri-
bonia, 641; occupa la Gallia e la
Spagna, C41; fa pace a Brindisi
con Antonio, 642-843; accordi e
pace con Sesto Pompeo al Capo
Miseno, 647-649 ; ritorna a Roma,
649 ; reprime le sollevazioni dei po-
poli gallici, 650 ; ripudia Scribonia
e sposa Livia, 650; muove guerra
a Sesto Pompeo : la sua flotta è
vinta a Cuma e distrutta, 650-652 ;
trattato di Taranto con Antonio.
652 ; muove con nuova flotta rou-
tro la Sicilia, 653 ; sconfitto da De-
niocare e da ApoUofanc è salvato
da Messala Corvino, 6S4-655; pau-
roso alla battaglia dì Nauloco ,
6.56-657 ; d-.'pone Lepido e si fa pa-
drone dell'Occidente, 659; quieta i
soldati tumultuanti, 6.59 ; ritorna a
Roma e celebra la vittoria, 660 ;
provvede con vigoroso governo al
riposo d' Rafia, 665-666 ; guerra in
llliria e Pannonia, 667; il Porti.-o
d'Ottavia costruito colle spoglie dei
Dalmati, 067-668; accusa pubbli-
camente .Antonio e gli fa togliere
il comaiulo , 672-674 ; appwecchi
di guerra, 674 ; battaglia navale e
vittoria di Azzio, 677-0"78; a ricor-
do della vittoria fonda Nicopoli ,
679; dà assetto alle cose di Grecia,
I! di Asia , e torna in Italia a se-
dare i tumulti dei veterani. t;T!i:
va in Egitto, non risponde ai nus-
saggi di Antonio, ed eccita Cl.'..-
patra ad ucciderlo, 679-681 ; ii-
spinto sotto Alessandria da Anto-
nio, 681 ; lo vince, 681 ; non reilc
alle arti di Cleopatra, 682-6'<i;
seppellisce Cleopatra con Antonio.
«84; padrone di tutto e di tutti,
086; uccide Cesarione, 686-687 ; al-
tre vendette di sangue, 687 ; asse-
state le cose d'Egitto torna a Roma.
687 ; trionfi e monumenti della vit-
toria d'Egitto, 687-689; sue arti
piT fondare la nuova potenza, IV,
8-9 ; consigli di Mecenate e di
Agrippa, 9-11 ; imperatorp, con
autoriià suprema. 12 ; rilorma il
Senato, 12-15; crea nuove famiglie
patrizie, 16; riforme nell'ordine
equestre,^6; fa il censimento dei
DEI NOMI E DELLE COSE.
979
AUGUSTO
AUGUSTO
AURELIO
coaunedia del rinunziare l'Impero,
i: ; diviene Au.LTUSto e si fa più
1 "f' !i'i 1^: l'i'.niato di quercie
li ni. 19; va arior-
il: I , I , ,' a guerreggiare
in Niiijui. -I depone rundecimo
ponsoiaio, e piirlia la potestà tri-
bunizia e proconsolare, 20-21 ; fa
mostra di lasciar ad Agrippa la
potestà suprema, 21 ; rifiuta il ti-
tolo di Dittatore, e accetta la so-
printendenza all'annona, 22 ; va in
Oriente a ordinare le province, 22 ;
si fa dare la potestà consolare a
vita, 22 : riprende la Prefettura dei
rostiiriii. 22 : e assume l'utììcio di
l'oiiieii.-,' Missiiiio, 22; fa ricon-
luriiiare oa ui df-eiinio i suoi straor-
diiiaii |ioteii, e diviene padrone di
tutto, 22-21 ; suo governo, 2-1 ; crea
un Prefetto urbano permanente, 25 ;
polizia e ordinamento municipale
di Roma, 25-26; di ende la città
dalle inondazioni del Tevere, 26-
27; acquidotti, 27-2S; annona, 29;
leggi a sostegno del principato, 29-
31 ; riordinamento dei tribunali, 31 ;
Mecenate lo chiama carnefice, 32 ;
riforme religiose usate come stru-
mento politico, 32-34 ; riforma mo-
rale, 35 ; costumi del riformatore,
35; ordini contro i celibi, 36-39;
distinzioni dei cittadini, 40 ; impo-
ste sugli schiavi, 40; scoinparte
l'Italia in undici regioni , 41-42 ;
colonie militari, 43 ; opere pubbli-
che in varie citta, 44 : t:overiio dei
iiiitiiiii|ii. 4".- 17 ; ;;oveiiiù delle pro-
vili.e, .i-,-',ii; le \isita tutte tranne
l'Afri, a e la Sardciriia. 50; fa il
eeiisimeiito di tutto l'Impero, .50-
51 ; provvede ai bisogni dei muni-
cipi e delle colonie , 51-52 ; suo
editto aquario, 52 ; nuovi ordina-
menti delle -;:.;;i. . -.2--,:; e delle
Spagne. :.:- lui fon-
date, CO- ;l ! A lirica e
l'Oriente. '.1 ; >■ in, i i.i ;uo,lo ecce-
zionale l'Ki-'mu, 'ji-A ; strade risar-
cite e fatte di nuovo in Italia, 64-67;
e per tutto l'Impero, 67-70 ; ordi-
namento delle poste, 70 ; sua sa-
],;,..,te initriiitis'razione, 71; ara
iitii ! 1 ■ 1 uduiio a lui ed a
1; : !- : -upli in suo onore
III ; ■; :.'-74; suo Ratio-
"• y: • ' ■' iiim totius iiìv-
ji'-r-','. 75; contribuzioni e rapine
iielh; province, 75-78; minacciato
nella vita, 77; provvedimenti per
disciplinare e far sue le milizie ,
7n-S0; crea l'erario militare, SO;
e si fa capo di tutti gli eserciti,
82 ; determina i confini dell' Im-
pero, 84; progetto di ridurre la
Britannia a provincia romana, 84
85 ; guerra contro i Mesi , Daci,
Svevi, Galli e Spagnoli, 85, 86 e
567 ; guerre agli Etiopi, Garamanti
e Arabi, 87 ; divide tra due re la
Tracia, 87 ; gli Armeni gli chie-
dono un re, 88 ; sì fa restituire dai
Parti i prigionieri e le insegne
militari, 88; distruzione dei Sa-
lassi. SO; guerra contro i Reti,
Vindelici e Norici, 93-97 ; trionfo,
98; guerre in Pannonia e in Ger-
mania, 98; rende gli estremi onori
a Druso vincitore dei Germani,
100 ; leste per le vittorie, 104-105 ;
fa obliare coi doni la libertà, 106-
107 ; satire e congiure contro di
lui , 107-108 ; lodato per la sua
Clemenza con Cijuia, 108-109; cul-
tore e fautore degli studi, 109; suoi
scritti in versi e in prosa, 110; bi-
bUoteche da lui fondate, 110-Ul;
poeti da lui favoriti, 115 e segg. ;
chiede ad Orazio che gli diriga una
epistola , 144-145 ; esilia Ovidio ,
162, 187; si attribuisce a lui lo
splendore letterario del suo tempo,
164-165 ; storici da lui favoriti, 165-
175 ; storia aneddotica del principe
e della corte, 183-184 ; crudele agli
scrittori e agli scritti, 184 ; esilia
Cassio Severo, 187 ; perseguita la
libertà del pensiero, 188 ; lascia
scrivere solamente i suoi lodatoli,
189; fa Roma più adorna, 1S9; re-
staura e rinnunva fiiit.-.. in] ■ (em-
pliealtriiiiui • i '-it,; dà
liberta ai tu: ai di
commercio. J I . : _ !• do-
mestiche, 2 U . ; . . ^ [ : , _' 1 1 - j l; ; ma-
rita la figlia Giulia a Claudio Mar-
cello, 213; morto MarceUo la fa
sposa ad Agrippa, 214 ; e poi a
Tiberio, 215 ; sue cure per 1' edu-
cazione di essa, 215-216; la re-
lega, pei suoi mali costumi, nell'i-
sola Pandataria, 217 ; e poi la con-
fina a Reggio, 218 ; adotta Caio,
e Lucio, e Agrippa Postumo, e
poscia Tiberio, 219-220; cade in
potere di Tiberio e di Livia, 221;
manda Tiberio contro i Germani,
e i Pannoni, e i D Imati, 221-223;
suo sgomento e provvedimenti do-
po la disfatta di Varo, 228; assi-
ste al trionfj di Tiberio e Germa-
nico, 229, •?30 ; eleva Tiberio a suo
collega, •?31 ; visita Agr'ppa Postu-
mo relegato alla Pianosa, 251 ; sua
malattia e morte, 232 ; suo testa-
mento, 233 ; indice delle sue geste
nel monumento di Ancira, 234-235;
onori funebri, 236 ; mausoleo, 236;
apoteosi, 236-23S ; la sua opera,
239 ; di lui Vedi anche U, 537, III,
34, e IV, 255-236 e 292.
Augusto, nome usato a designare i
luoghi consacrati, IV, 18.
Augusto (Mausoleo di), IV, 193, 213,
236, 268, 293, 318, 679.
AiiL'usto (tempio di), cominciato da
Tiberio e terminato da Caligola,
IV, '318; a Tarragoua, 655 ; a Pom-
pei, 810. 811.
Augustobona (Troyes), capitalo dei
Tricassi, IV, 5">.
Augustoduno. — Vedi Bibracte.
Augustonemauso. — Vedi Nemauso.
Augustoritum {Limoges), capoluogo
dei Lemovici, IV, .55.
Aulerci, popoli gallici, scendono in
Italia, I, 884.
Aulide (porto di), in Beozia, II, 482.
Aulinni, ftmiglia etrusca, I, 484.
Amasio, monte in Afl'rica, IV, 6.55.
Aureliani Antoniani (sacerdoti), IV,
713.
Aurelio Antonino (Marco), detto dap-
prima M. Annio Vero, adottato
da Antonino Pio, IV, 693 ; dolore
per la morte del suo educatore,
707; designato successore all'Im-
pero, 71'2^713; dedica una colonna
onoraria ad Antonino , 713 ; suc-
cede ad Antonino, 716 ; sua nasci-
ta, 717 ; chiamato da Adriano Ve-
rissimo, 718; sua gioventù, 718;
primi studi , 719 ; maestri di elo-
quenza e di filosofia, 720 ; ciò che
ei.'li imparò per governar la vita,
720-724; sposa Faustina Minore,
725 ; gridato imperatore dal Sena-
to, 725 ; divide il comando con Lu-
cio Vero, 725; feste e largizioni,
7'2G ; sciagure pubbliche, 727 ; ri-
volte di popoli e re , 727 ; pone a
capo della guerra Panica Lucio
Vero, 728 ; gli manda la sposa Lu-
cilla, 729 ; trionfa con Lucio Vero,
731 ; suoi provvedimenti nella pe-
stilenza a Roma, 733; soggiorno
nella villa di Lucio Vero, 733 ; di-
fende l'Italia e l'Impero dall'inva-
sione dei barbari nordici, 733-736 ;
arco attribuito a lui, 733-734; ri-
ceve i messaggi dei barbari, 73D-
736; falsamente accusato di aver
avTelenato Luci , A' : ' '• lo fa
seppellire nel ic i mo,
e lo dichiara Di' : _ i l.i
istituzione dei;li ,i :. , ;;-7.i.S;
zia. Senato, costumi, Cii-co, dela-
tori , 739 ; provvedimenti per lo
stato civile, 739-740 ; per l'annona,
740; soccorsi alle province, 740;
colla eguaglianza delle leggi dà
unità all' Impero , 740 ; guerra ai
bàrbari di nuovo irruenti, 741 ; re-
sta più anni in Pannonia, 741;
vince e fa pace coi barbari , 744 ;
appellato Germanico, trionfa, 744 ;
colon'e di Germani nell' Impero ,
745 ; suo disegno di ridurre a pro-
vincia i paesi dei Marcomanni e
dei Sarmati, 745; affida a conso-
lari la Dacia, 745 ; sedizione di Avi-
dio Cassio, 745 ; tranqui lo giudizio
sui disegni di lui, 746; muove per
la Siria a combatterlo, 747 ; .sua
clemenza pei figli del ribello, 748 ;
perdono ai complici, 748 ; riordina
le province turbate, 748-749 ; ri-
torna ad Atene e visita il tempi, i
di Cerere, 749; sbarca a Brindisi,
indossa la toga, e trionfa a Roma,
749; nuova guerra ai barbari in
riva al Danubio , 751 ; li vince o
muore, 752 ; onori divini, tempio,
sacerdoti, statue e ritratti, 752;
monumenti di lui, 75 i; Colonna
Antonina, 753; statua equestre,
7.53, 7-54 ; sue virtù, 753-755; studii,
755-736; filosofia morale e civile
nei suoi Ricordi, 7.56-761 ; sua de-
bolezza, 761 ; scandali della moglie
Faustina, 761-763; domanda onori
per lei al Senato, 763-764 ; sua
benignità per Commodo, 764-766;
sua colpa di averlo designato per
successore, 766-767; filosofo, 845-
846 ; raccomanda l'amore del ge-
nere umano. 8.32 ; sua casta giovi-
nezza, 8'8 ; scrive in greco i suoi
RicOrtH, 955.
Aurelio (Q.), trucidato nelle proscri-
zioni di Siila pel suo podere di
Alba, UI, 262.
Aurelio Cotta (C), fa costruire la Via
Aurelia, li, 289.
Aurelio Cotta (C), va in volontario
esilio nel 663 , IfT, 167 ; consolo
nel 679, propone che chi fosse
st.ato tribuno potesse conseguire
gli altri uffici, 316; oratore, 701.
Aurelio Cotta (L.), console, si oppone
inutilmente alla legge di Mario
contro i brogli elettorali, IH, 101.
Aurelio Cotta, vinto da Sertorio in
battaglia navale, IH, 294.
Aurelio Cotta (L.), pretore, riforma
i tribunali. III, 317.
Am-elio Cotta (JI.) , console, ìj man-
dato contro Mitridate, III, 336;
battuto, si rinchiude in Calcedonia,
331, 3:59.
Aurelio Oreste (L), console, va a com-
battere i Sardi, III, 68 e 70.
I Aurelio Properzio (Sesto), sua avver-
1 sione al matrimonio, IV, 140; sue
I poesie, 153-157.
INDICE
AURELIO
BEBIANO
Aurelio Scauro (M.). legato fatto pri-
gioniero dai Cimbri, IH. 123 ; è uc-
ciso, 123-12-».
\uriii a. — Vedi Saturnia.
Vurunca (sulla montagna di Rocca
Monfina), città degU Aurunci, ro-
vine. I. 2U-215.
\urunci, I, 209-210; loro sedi, 214-
215; sconfitti dai Sidicini, si riti-
rano a Suessa, 215 ; in guerra coi
Romani. 773, 778 ; fugati da essi,
II, 35; fanno parte della lega la-
tina contro i Sanniti, 44 ; sotto-
messi dai Romani. 52.
Aurunculeio Cott^ (L.), sorpreso da
Ambiorige, lU, 442, 443.
.\usona, città degli Ausom, I, 210;
rovine, 212-213; ripresa per tra-
dimento dai Romani, li. Ci.
.VuBoni, l, 203^213; sottomessi dai Ro-
mani, U, 52 ; il loro nome rimane
spento, ti7.
Ausonia. COSI chiamata, un tempo,
tutta l'Italia, I, .")C, 210.
Ausonio (mare), cosi chiamato il mar
Siciliano, l. 210.
Ausonio burdigalense, le sue due pa-
trie, U, 263.
Vuspicii, l. 748; dati alle assemblee
delle tribù. II, 598.
.\ussimo (Osimo), occupata da Cesa-
re III, 48'>; iscrizione alimenta-
ria, IV. 807.
Autronio Pelo (P.), spogliato del con-
solalo. Ili, 356; sua congiura con
Catilina, XX, 372, 373.
Av.xois [Mont). ad Alesia, III, 448.
Avarico (Bowcges), assediata e presa
da Cesare, III. 446.
Aveia (presso Fossa), città dei Ve-
stini, I, 251.
Avcnio (Avignone) , ha da Cesare il
diritto del Lazio, IV, 52.
tico (Avenches), t
Ivezii, IV, 91, 442,
Aventiua, selva, I, ."iSS.
.\ ventino, colle, I, .506-5^7, 572, .573,
595, .596, 600, 604, 722-723, 780,
830, 839, III, 44, 81, IV, 27, 110,
174. lf'2, 312.
Averno (lago), nella Campania, I, 272,
ni, 6.53, IV, 402.
Avìdìo Cassio. — Vedi Cassio.
Avidio Eliodoro, retore, e poi prefetto
di Egitto, padre di Avidio Cassio,
IV, 7.i0.
Avidio Nigrlno (C), fa restituire al
tempio di Apollo a Delfo la re-
gione consacrata, IV. 611.
Avorio, IV, 196, 201, 206, 207.
.\\TOcati, C audio ne t.assa le merce-
di, IV, 3'>3 ; Nerone stabilisce il loro
stipendio, IV, 376.
Azezìo (Rutigliano), nella Peucezia,
1, 349.
Azia, rnaibe di Augusto, IH, .582, 583,
abolire la legge Cornelia sulla ele-
zione dei Pontefici, 360 ; lasciato
ila Cesare alla di lesa del Rodano,
431 ; manda navi in Britannia a
Cesare, 441; non può soccorrere
Quinto Cicerone , 442 ; uccide In-
ducioniaro, e vince i Treviri, 443;
si riunisce a Cesare, 447 ; e poi lo ab-
bandona e passa ai Pompeiani, 488 ;
tratta di accordi con Vatinio. 49S ;
uij ide i prigionieri fatti a Durazzo,
.MK); spinge Pompeo u dar balta-
glia, .50.'; batte Cesare in Affrica,
51S; alla battaglia di Tapso, 519-
520 ; si salva in Spagna, b20, 530 ;
a Mundn difende invano il campii
dei Pompeiani, 532; e muore, 532.
Azio 1/abieno (Q.), figlio del prece-
dente , eccita i Parti a ribellarsi
contro Roma, III. 6S0-661; vinto
e ucciso da Ventidio, 681.
Azio Tullio, capo dei Volsci, fa guei'-
ra a Roma, I, 791.
Azio Varo (P.), vince e uccide Scri-
bonio Curione in Affrica, III, 492 ;
comanda in Affrica il navilio dei
Pompeiani, 517; si salva in Spa-
gna, 520, 530; umore a Munda,
532.
Azziano (Celio), accompagna a Roma
le ceneri di Traiano, IV, 021 ; tu-
tore di Adriano, 675.
Azzio, promontorio. 111, 676; grande
battaglia navale, 677-678, IV, 259.
Azzio 0 Accio (L.), scrittore di ti a-
gedie, II, 647 ; il suo Tereo, rap-
presentato dopo la uccisione di
Cesare. Ili, 581.
Babilonia, via del commercio dell'.X.-
sia, IV, 207; presa da Traiano,
616; che ivi sacrifica ai Mani di
Alessandro, 618.
Babrio, favolista, non è certo che sia
nato a Belano, I, 263.
Baccanali, II, 588-593.
Bacchete, ninfa etrusca, scrive le dot-
trine di Tagete, I, 403.
Bacchilide, poeta alla corte di Gei-o-
ne in Sicilia, II, 161.
Bacco, nei monumenti etruschi, 1, 391 ;
culto, 490, .502, II, 588, 590, 592 ;
feste, IV, 6.57.
Bacco (teatro di) ad Atene, epigrafe
in onore di Adriano, IV, 624-625,
661.
Bacio (l'ultimo), nei monumenti etru-
schi, I, .507-50^.
Baden, nell'Argovia, IV, 441.
Biiduenna (selva), in Frisia, IV, 277.
Bagni, Marco Aurelio sopprime quelli
.•u.iiiini ai (lue sessi, IV, 739.
i;:i^t;i-!,- ;v ;. ■■' /-, |-Mi,M'inAffrii-a,
IV. 325;
Baia, i-ill I i. ::- .:
ricoivl- \ I ., ; l'I; ricovero
di <.^'lll ■- :, s-.'l.
Baiaderu ijiìm,u:i. k 1,™ danze si-
mili a ciucile dipinte nelle tombe
etnische a Tarquinia. I, .503.
Balaro (porto) (presso a liagnara) .
nel Bruzio, I, 301.
Balbia, nel Bruzio, I, 306.
Balbilla (Giulia), poetessa . sue epi-
grafi sul colosso di Memnuiie, IN',
667-668, 919.
Balbo, presiede alla formazione del
catasto universale, IV, 51.
Balbo di Ercolano. — Vedi Nonio
Balbo.
Balbo (teatro di), incendiato, IV, 510.
Balbo (Cesare), sue opinioni sulle ori-
gini italiche, I, 192-193.
Baleari (isole), vinte, II, 536-.>37.
Balezia. — Vedi Vaicnzia.
Balsamo, IV, 207, 208.
Balzelli. — Vedi Imposizioni.
Banca, tenuta a nome dello Stalo nel
FOro, II, 29.
Banchi dì commercio iu Oriente, IV,
209.
Bantia (Santa Maria di Bniiit), città
sui limiti della Lucania, I, 295:
tavola osca, 206, 486.
Bantini, ricordati da una iscrizione,
I, 293.
Baodicea, regina degli Iceni in Bri-
tannia, si ribella a Nerone, IV, 39C-
397 ; sconfitta si uccide dì veleno,
397.
Bara etrusca, fatta a modo di navi-
cella, I, 50S.
Barba, legato nella guerra contro Mi-
tridate, in, 339.
Barcino (Barcellona), IV, .59.
Barcocheba, capo della sollevazione
dei Giudei contro Adriano , IV ,
684 ; vince Tinnìo Rufo, 684 ; scon-
fitto, muore, 685.
Bardelli (Gius.), suo confronto della
lingua sanscrita colla latina, 1, 471.
Bardetti (Stanislao), crede celto-ger-
maniche le origini italiche, I, 190.
Bardi, loro inni, IU, 426.
Bardulo (Barletta), città nella Peu-
cezia, 1, 349.
Barea Sorano, accusato e condannato
a morte, IV, 413-415.
Bario (Bai-i), città nella Peucezia, I,
34S-.349; municipio, IV, 411.
Barra, isola a Brindisi, I, 348.
Barthélemy, suoi epigrammi sull'ori-
gine troiana di Roma, 1, 647.
Bartoli (Pietro Santi), suoi disegni
della Colonna Traiana, IV, 384.
Basento, fiume nei Bruzi, I, 305.
Basilica di Costantino in Roma, IV,
499.
Basilica Emilia, HI, 407.
Basilica Giulia, cominciata da O. Ce-
sare e compiuta da Augusto, IH,
541, IV, 12.
Basilica di Traiano, IV, 600.
Basilicata. — Vedi Lucania.
Basseo Rufo (M.), alla guerra contro
i barbari, IV, 741.
Basta (Vaste), nella Messapia, rovine
e iscrizione ivi trovata, I, 341.
465 ; passano il Danubio e vengono
in Tracia, 467 ; trattative con Per-
seo, 408; lo aiutano, 473; si uni-
scono a Mitridate, III, 226; chie-
dono amicizia a Roma , IV , 84 ;
invadono l'Impero, 734.
Bastia o Bassia, moglie di Papio Mu-
tilo, capo degli Italici sollevati ,
in, 193.
Baiavi , eccita^ a rivolta da Civile ,
IV, 475; conchiudono la pace con
Ceriate, 478; ausiliari alla prima
guerra dacica, 570.
Batàvia (Olanda), IV, 475; visitata
probabilmente da Adriano, 639.
Batillo, mimo, IV, 113.
Batino (Tordino), fiume a Teramo.
I, 227.
Bato (Bato Marco), fiume del Bruzio,
I, 297.
Baione, duce in Pannonia, IV, 222.
Baione, capo dei Dalmati ribelli, IV,
222.
Battriani, sorcurrono Antonio nella
giii'rra civile , III, 675 ; chiedonn
alleanza ad Augusto, IV, 02; loro
coiniiiercio con Roma , 209 ; loro
ambasciata, 210; chiedono ad An-
tonino di divenire suoi sudditi, 71.
Bauli, villa di Agrippina, IV, 381,
Urlili II il, Hill iliiiiostral'incertezza
.1 I I I I HI secoli della storia
I II 1 I 1 ; !■ studia gli ordi-
II iiii. liti il. I - .v,'i-no di Roma, 647.
Hclii.mo, nel Sannio, colonia dei Li-
guri, I, 2<i5; tavola alimentaria,
IV, 80:j-S05.
DEI NOMI E DELLE COSE.
BOVIANO
Bebio (Caio) , (ribuuo, vieta a Giu-
gurta di svelare i nobili comperati
da lui, m, lOS.
Bebio (Lucio), pretore, ucciso dai Li-
guri, II, 4.-,9.
Bebio (M.), trucidato da Mario, III,
217.
Bebio Massa, consigliere di Domizia-
no, IV, 539.
Becula, in Spagna, vittoria dei Ro-
mani su Asdrubale, II, 407.
Bedriaco (fra Verona e Cremona),
sconfìtta degli Ottoniani, IV, 447,
U20 ; Vitellio visita il campo, 4.51 ;
i Yitelliani vi sono sconfitti, 463.
Beleno, divinità dei Galli, IV, 56.
Belgi, vengono a patti coi Cimbri e
Teutoni, III, 122 ; nelle Gallie, 424 ;
insorgono, 433-434; sono sconfitti
da Cesare, 434; si sollevano di
nuovo, 442-443.
Belgica, provincia, H', 53; i presidi!
parteggiano per Vitellio, 441.
Belisana, divinità dei Galli, IV, .^6.
Belli, tribù dpi Celtiberi, II, .532.
Bello (prontontorio), presso Utica, II,
413.
Bellona, dea, IV, 651 ; suo tempio, U,
294.
BoUovaci (Beauvais), vinti da Cesare,
HI, 434 ; sconfitti sulle rive dell'Ai-
sne, 452.
Belloveso, biturige, scende coi Galli
in Italia, I, 8S4.
Beltucadro, nume guerriero nel Vallo
di Adriano, IV, 652.
Benaco [Lago di Garda), lago, III,
803.
Beneficenza, tempio edificatole da M.
Aurel-o, 753.
Benevento, detta per l' innanzi Male-
vento, ci'tà pelasgica, I, 80, 259;
sue origini, 2C0; monumenti, 2G1 ;
fondata da Diomede, 351 ; vittoria
dei Romani, II, 79 ; colonia romana,
205 ; messa a ferro e fuoco da .\ii-
nibale, 352 ; Sempronio Gracco vin-
ce ivi i Bruzi, i Lucani e i Carta-
ginesi, 372 ; le sue terre promesse
ai soldati. III, 607 ; colonia militare,
IV, 43 ; a capo della Via Appia ,
607 ; e della Via Traiana, 607 ; arco
in onore di Traiano, 617; elezioni
municipali, 788.
Beozia, occupata da Flaminio, II, 435 ;
si unisce ad Antioco, re di Siria,
444; i R.>i„uni k iinp.-discoiK. di
unirsi ai M.i' 'li'iii. ìM . iii-li ; ilc-i
suoi CÌtl:i'i . . I : I, ; i: 'i K ' ■ |"i'
esseri' ^ . : I - ' i jli
Achei .-o,,-,-,, , l; ,,,, :,,k l-;- ;m'-
coglie Mitridai.-, Ili, ■.':i.' ; :.Uar-
rivo di Siila ritorna alla parte ro-
mana, 234 ; Siila vi distrugge lo
città favorevoli ai barbari, 244.
Herebista, re dei Daci, sue scorrerie,
IV, .567-568; cade vittima di una
sedizione, 568.
Berenice {Foul-Bay), nel seno Ara-
bico, IV, 207.
Berenice, regina di Calcide, amica di
Tito, favorisce la proclamazione
di Vespasiano, IV, 462 : viene a
Roma ed e rimandata da Tito in
Giudea, 508.
Bergamo, città degli Orobii, I, 66-67,
la sua origine attribuita ai Galli,
Kbito, cm-atore impe-
■lalo
. (;;-
tare, IV,
isi-rizione ui unure di .Vdriano, 661.
Bernardo (Gran San). — Vedi Peu-
nino (monte).
Br-rn.irdo (Piccolo San), probabilità
che Annibale lo abbia traversato
scendendo in Italia, II, 337.
Bertaiii (Antonio), riferisce V etrusco
al sanscrito, I, 482.
Besidia (Bisignano), nel Bruzio, I,
306.
Betelem (grotta di), convertita in tem-
pio di Adone, IV, 683.
Boterrc (Beziers), colonia militare,
IV, .52; si chiamò Julia Beterra,
54-55.
Bethani, tiene gli Etruschi di origine
celtica, I, 203-204.
Beli {frìiadalquivir), fiume nella Be-
tica, U, 437, UI. 294.
Betica {Andalusia), provincia, IV, .58 ;
strade fattevi da Adriano, 655.
Beulé , sua narrazione dell' incendio
del Vesuvio. IV, 513.
Bi.ii, i ! Mrache l'Etruria
■ \ ■■ I 1 ' -i i principii della
Mi:i .nil;:., I. isr.
Bibli,,-eca di .Alessandria, II, 537, lU,
511; d'Apollo, sul Palatino, IV,
151, 188; del tempio di Giove Pa-
nellenio, ad Atene, 660; di Como,
inaugurata da Plinio il Giovane,
944 : nel Fòro Traiano, 600-601 ;
presso il tempio della Pace, in
Roma, 499; di Pergamo, II, 537,
.53 S.
Biblioteche, IV, 110-111, 174, 187, 521,
921.
Biblns, in Siria, iscrizioni in onore
di Adriano, IV, 664.
Bihracte, capitale degli Edui, {Avtun
(I Mont-Beauvray), vittoria di Ce-
sare sugli Elvezii, III, 431-432;
mutata in .\u;;ust(jduuum, IV, 54 ;
alayud), nella Spagna Tar-
L>, patria di Marziale, IV,
R.Ml^,
904, 90'
Bingio (Bin'irn].
vi sono liili'i- : : 1' • ' ' I, -177.
Birsa, acrfip I « _ 11,511;
ruderi d.li ..'-'.
Bisellio, a Vo.in^-i, IN, '/ :.
Bisso, IV, 2UG.
Bitinia, presa da Mitridate, III. 226;
lasciata per testamento a Roma,
355, 336; provincia romana, .3.53;
commercio con Roma, IV, 206;
governata da Plinio, 56;?-564; e
p.)i da Clodio Albino, 747.
Bitinii, alla battaglia di Cheronea,
III, 2:39.
Bitter (pres
della rivolta giudaica,
Bituito, re degli Arverni, vinto dai
Romani , preso a tradimento , e
condotto in trionfo, muore in car-
cere, III, 92-94.
Bitiirigi (Berry), incendiano le loro
città. III, 446 ; vinti e dispersi, 4.52.
Bizacena, nell'Affrica meridionale, IV,
655.
Bizantini, Claudio li allevia dei tributi
per cinque anni, IV, 348.
liizanzio, IV, 6< e 260: Vespasiano
le toglie la libertà, 495.
Bizia; numida, rinforza 1" esercito dì
Asdr.ibale, II, 509.
Blanda (Maratea), città della Luca-
nia, I, 293.
Blera (Bìpda), rovine etnische, I, 144.
Bleso (Giiniio), duco delle legioni in
Pannonia, IV, 244.
Blossio, di Cuma, maestro dei Grac-
chi : sua devozione a Tiberio. Ili,
46, 58.
Bocco, re di Mauritania, suocero di
(iiugurta, combatte con lui contro
i Romani ; vmto, chiede pace, con-
segna il suocero a Siila, e ha in
premio una parte della Numidia,
m, 116-117, 119-120.
Hocco, re di Mauritania, figlio del
precedente, parteggia per Cesare,
m, 519 ; muove contro Cirta, 519 ;
Cesare gli ingrandisce 11 regno,
.5-26.
Bodotria (For«t), golfo, IV, 526. 710.
Bogude, re di Mauritania, fratello di
fiocco, parteggia per Cesare, HI,
519; il c|u;de' L'ii ingrandisco il
ri>:;ii-. "-' ; - -./ril.uisce alla vit-
Boi 11 /. ' '■■"), occupato
d.-l M,irM!,M<!ii .. \\. ìli.
Boi, scendono in Italia e occupano
Felsina, I, 885; sconfitti al lago
Vadimone, II, 91-92 ; ritornano in
Etruria e sono battuti, 92; si sol-
levano all' annunzio che le terre
dei Senoni sarebbero distribuite ai
poveri romani, 249; minacciati
dai Veneti e dai Galli Cenoraani,
249;promett'in 'i''"'':!'! Xnnibale,
336; insorpr^ii ' .■-:•-■ I; a. e so-
no vinti, 457 usole
Claudio Mai- --lano i
dintorni .li 1- 1 - , - ■oulìtti.
,1,,,, , r' 11- ai Cimbri e
ni r, Il , Il 111 IJI . i-iiìigrano nelle
Gallif. 430 ; vinti a Bibràcte da Ce-
sare, prendono stanza fra gli Edui,
431 ; le loro terre disertate dai Daci ,
Boiorige, condottiero dei Cimbri, III,
121; prende e uccide M. Aurelio
Seauro, 12J; ucciso a Vercelli, 134.
Boia o Vola, (Lugnano), città degli
Equi, I, 229 ; presa e fatta colonia
romana, 864, 8!6; vittoria di Ca-
millo sugli Equi, II, 13.
Bolani, 1, 527.
Bolseiia. — Vedi Volsinio.
Bnmarzo. — Vedi Polimarzio.
Boijiilcare, confidente di Giugurta, IH,
HI.
Bon (capo). — Vedi Ermeo.
Bona Dea, adorata dasli antichi Ita-
lici, I, 96; misteri, IH, 403.
Bonna, sul Reno, IV, 90: sconfitta
delU; legioni, 476.
Bononia. — Vedi Felsina.
Borcovicio (Housesteads). stazione del
Vallo di Adriano in Britannia, I\ ,
645; tracce di anfiteatro, 651.
Borghesi (B.), suoi studi sulla storia
romana, I, 6'71-675.
Borghini (Vincenzo), sue ricerche sulle
principali città d'Etruria, I, 186.
Boristene (Dnieììer), fiume, IU;,226
Boristene, cavallo di Adriano. IV ,6*1.
Bosa. in Sardegna, antichi ricordi. II,
245.
Bosforo Cimmerio (Stretto di Caffa
in Crimea), regno. III, 223; dato
da Claudio a un discendente di Mi-
tridate, IV, 349; le tribù accettano
l'alleanza di Traiano, 615.
Bos òro Tracio (Stretto di Costanti-
nopoli), sua violenta apertura, 1,
21-2? ; Mitridate ne diviene padro-
ne, III, 228.
Bùstodori, cartaginese, muore di fame
prigioniero della moglie di Attilio
Regolo, II, 2>7.
Bostra (Bosra), sui confini d'Arabia,
afforzata, IV, 601.
Botta (Carlo), poema su Veio, I, 873.
Uoviano, costruita dai Sanniti, I, 255 ;
capoluogo dei Pentri, 2Ò7 ; asse-
982
BOVIANO
INDICE
BRUTIDIO
CALE
It.
diata dai Romani, II, 63 ; i Sanniti
vi sono sconfitti, 77 : presa dai
Romani, "9 ; vi si riunisce la Dieta
italica. III, 1?0 ; presa e sacche^-
eriata, 193 ; ripresa da Ponipedio
Silonc, 193 -, devastata da Siila. 266.
Boviano degli Undecimani, stanza
della undecima legione, I, 237.
Bovine (presso alle Frattocchie), città
del Lazio, ro\'iiie, I, 543 ; fa guerra
.1 Roma per i Tarquinii, 6:$! ; pre-
sa da Coriolano, 791 ; zuffa fra i
seguaci di Milone e i Clodiani. Ili,
4ÌÌ ; elezioni municipali, IV, 787 ;
Vedi anche 233, 47J.
Bracarum oppidum {lìragp^, IV. 60.
Braciere etrusco, scoperto a Vulci,
I, 432.
Brad.ino, nella regione Mctapontina,
fiume, 1, 324.
Bratuspantium, capitale dei Bellovaci,
IV. 54.
Bremenio (Higìi Socheste)-), lY, 654.
Brennero, monte, IH, 131.
Brenno, titolo con cui i Galli designa-
vano i loro duci, I. 890, S0.->, 89G.
BresccUo, vi si uccide Ottone, IV,
447-448.
Brescia, la sua origine è attribuita ai
Galli, I, ^; colonia militare, IV,
43 ; rudm del tempio cretto da
Vespasiano. SUO-ìOl ; e statua della
Vittoria, 501-"03; iscrizione ali-
mentaria, 807-, lodata per severo
costume, 829.
Brettoni. — Vedi Britanni.
Briganti (lago dei) (Lago di Costan-
za), IV, 1«.
Briganti, popoli della Britannia, re-
pressione della loro rivolta, IV,
710.
Brindisi. — Vedi Brundusio.
Britanni, soccorrono le tribù dell'Ai'-
niorica. III, 439; vinti da Cesare,
. 440, 441; e da Claudio, IV, 345;
nuove sollevazioni e sconfitte sotto
Nerone, 346, M\ 39.V307 ; minacce
di guerra, 627 ; vinti da Ulpio Mai--
cello, 769.
Britannia (isola). III, 439 ; .Vugusto fa
il progetto di ridurla a provincia
romana. IV, 84-85; commercio con
Roniii, 202 ; vittoria e trionfo di
Claudio. 345-347 ; i presidii di que-
sta provincia parteggiano per Vi-
tellio, 441 ; Giulio Agricola accerta
che e un'isola, 527; visitata da
Adriano, (!:«, 631; guerra e vitto-
ria sotto Antonino Pio, 70^-709 ;
e ricordi di esso, 715 ; solleva'ioiii
sotto Marco -Vurelio. 727; provin-
cia, 782; vi stanziano tre legioni,
783 ; e un" annata navale, 783.
lirilannico, figlio di Claudio e di Mes-
salina, IV, 360; a suo danno Ne-
rone fc adottato da Claudio, 370,
371 ; Agr ppina lo da in mano a
gente venduta, 371; Claudio gli
promeUe la toga virile. 371; fatto
uccidere di veleno da Nerone, 380.
B.-on/.o (opere in), etrusche, I, 431-
432.
Brucia (presso Nagy-Enyed], nella
Dacia, IV, .580.
lirneteri, sottomessi da Tiberio, IV,
•2:1 : l.,n. sedi, 226.
liruiidosiu {Iirindisi), città e porto
mila Messnpia. 1, 3I4-'!4«; emporio
e arsenale di Roma, 345; fondata
da Uiomede, 351 ; occupata dai Rv
mani. II, 205; colonia romana. 205 ;
predata dai pirati. 111, 3.51 ; Cice-
rone vi si in barca per la Macedo-
nia, 419; e vi ritorna, 422; vi si
ivca l'uiupeo, 488 ; vi si raccolgono
le truppe di Cesare, 495; Antonio
accoglie le legioni che tornano di
Macedonia 58S; e vi chiama Otta-
vio, 617 ; assediata da Antonio,
G42 ; pace di Antonio con Ottavio,
G42-643 ; vi muore Virgilio, IV, 130 ;
vi sbarca Agrippina con le ceneri
di Germanico, 267 ; tentativo di
guerra serrile, 277 ; accoglienze a
Vespasiano, 438-489 : termine della
Via Appia e della Traiana, 607 ;
liberalità di Traiano, 609 ; vi sbar-
ca Marco Aurelio, 749.
Brutidio Nigro , retore , narratore
della morte di Cicerone, IV, 918.
Brutulo (Papio), sannite, si uccide
per non esser cousegu.ito ai Ro-
mani, II. 60.
Bruzi. loro sedi, I, 296-306; loro lin-
gua, 485 ; sono costretti a chieder
pace ad Agatocle, II, 187 ; sòrti in
nazione indipendente dominano la
parte estrema d'Italia, 188 ; in guer-
ra con Taranto, 188 ; e con Turio,
189: aiutano Taranlo contro i Ro-
mani, 191 ; vinti e sottonìessi da
Roma, 201, 20J; si uniscono ad
.Vimiljale dopo la battaglia di Can-
ne, 36 i; prendono Crotone, 366;
vinti da Sempronio Gracco a Be-
nevento, 372 ; esclusi dalla milizia
e condannati a servire i magistra-
ti, 426-427 ; si uniscono alla lega
italica. III, 172 ; hanno colla Lu-
cania un giuridico, IV, 73S.
Bruziano (seno) (Golfo di Gioia) ,
I, :JOO.
Bruzio (il), I, 285-286, 2nG-'^05 ; dan-
neggiato da Amilcare Barca, II,
235; fa parte di una delle resrioni
d'Italia sotto Au ^usto, IV, 42 ; e
sotto Adriano, 636.
Bruzio (Capo delle Armi), promon-
torio, I, 305.
Bruzio Presente, padre di Crispina
moglie di Comniodo, IV, 749.
Bruzio Sura. lezato del pretore di Ma-
cedonia, vince a Demetriade e a
Cheronea Archelao e Aristione, III,
2.34.
Buca (Petiìia), città dei Frentani, I,
254.
Buccone , maschera nelle Atcllane,
II, 647.
Bucoli (i) di Egitto, repressi da Avi-
dio Cassio, IV, 745.
Bulla aurea, I, 693.
Bunseii. ripruduce gli argomenti di
Si',,1 I- . -liM , Il teoria dei monu-
: I, 104.
i l> .). fa venire gli
il... I, 187.
iii.i, loro nullità. III,
accarezzano Clodio,
Bu.
490. IV,
392-393, 394 ;
471.
Buono Evento, divinità,
6.52.
Burli, stanziati presso il Tibisco, in-
viano ambasciatori a Traiano, IV,
.571-572; invadono l'Impero, 734;
protetti dalla pace di Commodo,
768.
Burro Afranio, Agrippina gli fa dare
il comando dei pretoriani, IV, 371 ;
governatore di Nerone, 374-378;
sua guerra ad Agrippina, 378-379;
la «sa ina accu' ata di cospira-
zione, 381-382 ; suggerisce che Ani-
leta la iiifi(l;i. 385 ; manda congra-
1 il I 1 11: I .\ iMiie matricida, 357;
• il iv Nerone citaredo,
I ivvelenare, 389.
BllMii'MM, !-.:.,■, -11,.. IV, ^19.
Hiiss.MiM, liiiijM' in Lucania, I, 288.
Bussenio, cilta, detta dai Greci Pvxus
(presso l'ohcantro), 1, 288, 293;
colonia, II, 20", 427.
Busta Gallica, nome del luogo dove
i Galli bruciarono a Roma i cada-
veri dei loro compagni, I, 893.
Butroto (iVofito), fiume presso Locri,
I, 313.
Butunto (Bitoiìto), nella Peucezia, I,
349.
Cabala, in Sicilia, battaglia fra i (Car-
taginesi e Dionisio di Siracusa, li,
Cabani (?), fanno guerra a Roma per
i Tarquinii, I, 631.
Cabellio (Cavailloìi). nella Gallia me-
ridionale, colonia romana, IV. 53.
Cabiensi, sacerdoti delle Ferie latine,
I, .54J-549.
Cabira (Nihsar), in Asia, sconfitta di
Mitridate, IH, :539.
Cabiri, Dei misteriosi di Samotracia
portati in Italia, I, 87, 91-93, 96,
98, 389, :591, IV. 261. — Vedi Com-
plici, e Consenti.
Cabum (Cavi o Cavo), città del monto
Albano, I, .549.
Cacce di fiere, IV, 105.
Cacio di Bitinia, IV, 206.
Caco, sua morte, I, 5-28-530.
Cadurci (Département dii Lot). Ili ,
453.
Canritum tabulae, II, 264.
Caesaraugusta (Saragozza), IV,
Calcino (Ariifndolea), fiume della Lo-
cride nella Magna Grecia, I, 315,
C&ieXB. (Gaeta), 1,210,211; preilata
dai pirati. III, 331 ; porto ricostrui-
to da Antonino, IV, 701.
Caio, nipote di .\ugusto, IV, 77; fi-
glio di Giul-a e di Agrippa, 214 ;
adottato da Augusto, 214; va in
Oriento contro i Parti, 219; muore
ferito in Licia, 219.
Calabria. — Vedi Messapia.
Calacte, città di Sicilia, fondata da
Ducezio, II, 163.
Calagurri (Calahnrra), nella Spagna
Citeriore, vittoria di Sertorio, III,
299; resiste disperatamente, 302;
patria di Quintiliano, IV, 871
Calamazio (Monte Capaccio), in Lu-
cania, I, 286.
Calari (Cagliari), ricordi delle antiche
genti stanziate in Sardegna, II ,
24'i; punita da Cesare, IH, .526.
Calazia, detta Caiazia nelle iscrizioni
(Cniazzo), città dei Sanniti Cau-
dini , I, 261, 2Sl ; in potere di Ro-
ma, II, 63; ucciso dai Sanniti il
presidio romano, II, 76 ; iscrizione
alimentaria, IV, 807.
Calazia (Le Gallazze presso Madda-
Inni), città della Campania, I, 278,
281 ; sta con Annibale dopo la vit-
toria di Canne, II, 364 ; presa dai
Romani, 391 ; Ottavio ne tira a si!
i veterani. III, .589.
Calcedon'a, in Bitinia, vittoria di Mi-
tridate sul console Cotta, III, 33S.
Calcide, nell' Eubea , sorpresa e non
potuta tenere dai Romani, II, 4:53;
presa o presidiata e poi lasciala
libera da Flaminio, 43i, 441; visi-
tata da Paolo Emilio, 452 ; si luii-
sce agli Achei contio i Romani,
497 ; saccheggiata e cruJelmeute
straziata, 472, 499, .5.52.
Calcidesi, luoghi da essi abitati in Ita-
li.!. I, 310.
Cale o Caleno (Calvi), città degli Au-
.soni. I, 210; rovine, 212; agro.
DEI NOMI E DELLE COSE.
CALEDONI
CALPURNIO
267, 269; colonia romana, II, 52,
53, 268; dichiava che non può
soccorrere Roma, 303, 394.
Caled-ni tV-M-fi dn Sesto Calpurnio
Cai. •'■ .issalita da Giulio
A- 1 , .';; strade al monte
'-■ limi' ' , J-' -JiT ; girata dalle
navi (li Agricola, 527; guerra con-
tro Adriano , 639-640 ; Vallo di
Antonino Pio, 710.
Calcia (presso a Casacalenda], l'occa
dei Krentani, I. 2.'54.
Calendarii, Vespasiano fa correggere
quelli bruttati dall'adulazione, IV,
921.
Calendario, Aniiternino, I, 219 : AUi-
l'ano , 238 ; riformato da Numa,
587 : riformato da Flavio col se-
S-narvi 1 giorni fasti, U, 278; ri-
formato da Cesare, III, 539-340.
Caleno. — Vedi Cale.
Caletra, città d'Etruria, I, 160.
Calidio (M.), oratore. III, 702, 703.
Caligola (Caio Cesare), figlio di Ger-
manico e di Agrippina, tenuto as-
sediato in Germania dalle legioni
sollevate, IV, 246 ; in sua gioventù
.amato dal popolo, 301; destinato
a succedere a Tiberio , 313-315 ;
sospettato di aver dato veleno a
Tiberio, 313-316; gli recita lora-
zioue funebre, 317 ; proclamato im-
peratoi'e, 317 ; rende pietosi onori
alla madre e ai fratelli spenti da
Tiberio, 317 ; liberale governo nei
primi mesi, 318 ; spettacoli e feste,
318-319; sua malattia, 319-320;
cambiato in bestia feroce, 320 ; uc-
cisioni di parenti ed amici , 321 ;
le glorio. :;j; i.i : :•:', . - - i -
possibili. :;-'"". : p i~----: i! I \if ,-
fale sul pMiiti- ili i;;iia , :;-.'•- ;>ij ;
dispersione ili tesori in edilìcii e
follie, 326; rapine in Italia, 327;
spedizione e buffonate sul Reno ,
328 ; ruberie nelle Gallie, 329 ; spo-
.!jlie dell'Oceano, 329; minacciato
dalle legioni del Reno torna in
Italia . 32'^-33n ; nuove crudeltà,
.330-351 ; suo ritratto, .331-3.32 ; met-
te se s.jpra tutti gli Dei , 333-
334: congiure coiitro di lui, :!!!-
335; e ucciso, 33"; ; pensò al ta-
glio dell'istmo di Corinto. 420;
suoi studi e persecuzioui agli .scrit-
tori, 8<;.'5-366.
Calippo, d'Atene, uccide Dione, li, 179.
Callaici (Galizia), sottomessi. II, 531.
Callicrate, di Acaia, traditore, II, 486.
Callife, città dei Pentri, I, 25T; presa
dal console 'L. Cornelio Lentulo ,
II, 57.
Callipoli (Gallipoli), nei Campi Salen-
tini, I, 337; colonia greca. II, 119.
Callisto, liberto di Claudio, IV, 342,
366.
Calore, fiume, negli Irpini, 1, 242,
263, 264, 268, 287-2jS8.
lalpo, figlio di Numa, I, 588.
• alpurni.a, famiglia, I, 581
Calpurnia, moglie di Giulio Cesare,
UI, 412, 5)4, 356, 573.
Calpurnia, matrona, esiliata, IV. 269.
Calpurnio Agricola (Sesto), frena i Ca-
ledoni, IV, 727.
Calpurnio lìestia (L.), console, con-
chiude turpe pace con Giugurta ,
III, Iu7 ; 6 condannato, 109 ; va in
esilio volontario dopo la uccisione
di Livio Druso, 167.
Calpurnio Bestia (L.), congiura con
Catiliaa, lU, 373.
Calpurnio Bibulo (Ma co), collega di
G. Cesare nell'edilità. III, 357; e
poi nel consolato, 407; contrasta
alle leggi agrarie e corre pericolo,
408-409; sue vane resistenze, 410;
pi'opone che Pompeo sia console
senza collega, 472; comanda il
naviglio di Pompeo, 496 : distrugge
le navi di Antonio e di Caleno, e
muore, 497.
Calpurnio Crasso, ucciso per cospira-
z one contro Traiano, IV, 623.
Calpurnio Fiamma , salva in Sicilia
l'esercito, li, 218.
Calpurnio Pisone (L.) , governa male
la gueiTa contro Cartagine, U, 509.
Calpurnio Pisone (L.), pretore, bat-
tuto dai Lusitani, II, 526.
Calpurnio Pisone (C), sconfitto dai
Celtiberi, II, 453; console, avvele-
nato dalla moglie e dal figliastro,
.331.
Calpurnio Pisone (L.), ucciso dai
Tigurini. Ili, 123.
Calpurnio Pisone (C), console, con-
trario all' autorità illimitata che
vuol darsi a Pompeo contro i pi-
rati, III, 332: combatte le leggi
proposte dal tribuno C. Cornelio,
33.3-336.
Calpui-nio Pisone (Gneo), congiura con
Catilina, III, 33G; mandato alla
pretura di Spagna, 336.
Calpurnio Pisone (Lucio), suocero di
Cesare, eletto console. III, 412;
comprato da Clodio, 418; fa tra-
sportare al Fóro il cadavere di Ce-
sare, 573 ; inveisce contro Antonio,
581 ; inviato ad Antonio a Modena,
593.
Calpurnio Pisone (Gneo), governatore
fl»!ì!i Sii-in . r- in--M'i'-:>t.' di sorve-
L ì«-i ■'■ i,.-i. ■. n.- . , , . , . I mastra
■•r l\ '-. ■ ■j';i-262;
'-■,•,■•(,,• , i ..rriine di
nl-li;iMil-.iriri' l:i mm:i •,' i:!; attende
la sua riiort- della cibale è incol-
pato, 2t!3, 265; ribelle, è vinto e
mandato a Roma, 265-266 ; accuse
contro di lui, 268-269 ; sua morte,
Calpurnio Pisone (Marco) , figlio del
precedente, IV, 269.*
Calpurnio Pisone (Lucio), abbandona
sdegnato la Curia, IV, 282.
Calpurnio Pisone (L.), pontefice, ri-
cordato come rarità di uomo chia-
rissimo, finito di morte naturale
sotto Tiberio, IV, 307.
Calpurnio Pisone (C), Caligola gli to-
glie la moglie e lo esilia, IV, 324 ;
pare quello stesso che poi sta a
capo della grande congiura contro
Nerone, e, scoperto, si svena, 403-
401
Calpurnio Pisone Frugi (L.), annali-
sta, I, 638, 6S4, li, 610; console,
combatte gli schiavi rivoltati in
Si.ilia, 111, 40-41.
Calpurnio Pisone Frugi Liciniano (L.),
adottato da Galba, IV, 433 ; con-
giura di Ottone contro di lui, 4'36-
437 ; è fatto a pezzi, 438.
Calvario (monte), statue di Venere e
Giove, IV, 686.
Calvisio Sabino (C), comandante la
flotta di Ottavio, è vinto a Cuma,
111, 630-631 ; muove in soccorso di
Ottavio, 632.
Calvisi" Tiiiiivi, lii.isiifo, maestro di
\m\., (..Ih . I\ . '.'!').
Cam i! niine di Terra-
- i in Sicilia, II,
ll>i. 1:: <;hm Iiiunisio contro i
Cartaginesi, 166; e Dione contro
Dionisio il Giovane, 178 ; ò presa
dai Romani: 218 ; la flotta romana
distrutta ai suoi scogli, 232.
Carnars. — Vedi Chiusi.
Camart (capo), presso Cartagine, II,
512.
Camasene, sorella di Giano, I. 379.
Cambuni (monti), in Macedonia, li.
473.
Carneria, fondata dagli Aborigeni (ft-a
Tivoli e Vicovaro), 1, 561 : vinta
e riunita a Roma, 582 ; sottomessa
da Tarquinio Prisco, 599.
Camerino o Camerta, città degli Um-
bri, 1, 65-66 ; i Galli vincono ivi
una legione romana, II, 81.
Gamico (Naro), detta reggia di Cocalo.
in Sicilia, lì, 104.
Camini, assistenti ai sacerdoti, I, 411.
Camillo. — Vedi Furio.
32; rovine, 525-526; topografia,
536-537.
Campania, I, 266-283 ; presta soccorsa
ai Sidicini contro i Sanniti ed è
vinta, li, 38-31; chiede aiuto a
Roma sottomettendosi, 39; si uni-
sce ai Latini contro 1 Sanniti, 42,
44 ; si arrende, 48, .32 ; ritorna sotto
la dipendenza dei Romani , 6i \
danneggiata da Amilcare Barca,
233 ; invasa da Annibale, 332 ; dopo
la presa di Capua è ridotta a mi-
serissimi termini, 391 ; sottomessa
da Siila, III, 192 ; eccitata alla ri-
volta dagli emissari! di Catilina,
375; Cesare propone di distribuirne
le terre ài cittadini poveri, 40S;
sollevata da Rufo e Milone, 514 ;
forma col Lazio una regione d'I-
talia, IV, 42 ; devastata da trombe
di venti, 428 ; Lucio Vitellio è man-
dato a frenarla, 469, 473; danni
sofferti dall'incendio del Vesuno,
510, 511 ; vie restaurate da Traiano,
609 ; visitata da Adriano, 636 ; fa
p.arte di una delle quattro regioni
sotto- Adriano, 636 ; le sue città
sono soccorse da Adriano, 637 ;
visitata da Antonino Pio, 699 ; non
ha giuridico, 738; mollezza, 829.
Campi Cecubi, in Campania, I, 267.
Campi di Diomede, in Apulia, I, 331.
Campi Elisi, descritti da Virgilio nella
Campania, I, 26, 270; nei monu-
menti etruschi, 514-513.
Campi Flegrei, in Campania, I, 23-27.
Campi Magni, in Affrica, vittoria di
Scipione II, 41,5.
Campi Putridi (Pourriéres), 111, l:J0.
Campi Salentini, I, 335-340.
Campi Stellati, in Campania, I, 267:
devastati dai Sanniti, II, 76.
Campi Taurasini, negli Irpini. I, 265.
Campidoglio, difeso contro i Galli, I,
892-895 ; è assaUto da Appio Er-
donio, 824 ; afforzato di grandi su-
struzioni, II, 10-11 ; si decreta che
nessun patrizio possa abitarvi, 19 ;
colpito da un fulmine, 249 ; pittura
della vittoria di Scipione sull'Asia,
604 ; incendiato. III, 252 ; grande
cdifizio del Tabularlo, 286 ; abbel-
lito da Cesare, 337 ; statua in onore
di lui, 533 ; ornamenti di Augusto,
IV, 192, 194; magnificenze, 197;
«.<.,, J-: I7:*«ii;«^r j-ri\ jrj j-re .
fatti di M. Aurelio, 717,
736, 749, 750, 7.34, 764, 765; puli-
blico archivio ristabilito da Vespa-
siano, 921.
Campo detto di Annibale, sul Monta
Albano, I, 547.
Campo Marzio, per la sua origine e
INDICE
CAMULO
CAPITULO
CARTAGINE
destinazione, pei suoi templi, teatri,
nionume ti. sepolcri e altri Rranrli
edìtizi. I, 622. HI, 281, 46», 6?7, 68S,
IV, 26, It^-ire. 196, 198, 213, 236,
253, 268, 604, C70.
Camulo, Marte dei Galli, IV, '>6.
Camuloduno (Colch''ster), capitale dei
Trinobanti, presa da Claudio, IV,
345 ; colonia romana, 346, 360 ; as-
salita, 396. . .
Omale dal lago Avemo ad Ostia, in-
cominciato da Nerone, IV, 402.
Canale tra la Mosae il Reno, lY, 348.
Canale tra il Nilo e il mar Rosso, IV,
610. . . ^
Omdace , refrina defrli Etiopi , vinta
dai Romani, IV, 87.
Candelabro del tempio di Gerusalem-
me, IV. 491, 492.
Candidati alle elezioni municipali, 1\ ,
787.
Cane trifauce. in Etruria, I, 39.".
Canidio Crasso (P.), legato di .\ntoiiio,
vince gli Iberi e jrli Albani , IH ,
662-, assiste dal lido alla batlaglia
navale di Azzio, 676; abbandona
l'esercito, 678-679-, ucciso da Otta-
vio, 687.
Canina Lui^'i, notò 1" analofria fra i
monumenti etruschi e quelli di l/i-
(lia, I. 119; suoi studi archeologici,
678-679.
Caninefati, sottomessi da Tiberio, IV,
221.
Caninio Rufo, suo poema sulle guen-e
dacichc, IV, .■>83, 915.
Canne, vii-o, I, :5:)6 ; brxttafrlia di que-
Cano C, ;: > , i i'.., ucciso «la
Calii'-li. 1\ ~'l ^'•'i-
(jinopo, ruta li l'.LTiuo. IV, 262.
Cantabri, loro sollevazione, IV, 78;
vinti e sottomessi dai legati dì
Augusto. 8,")-87.
Cantenna, monte in Lucania, I, 286.
Canti popolari, composero e alterarono
le prime storie, I, 644 ; sulla anti-
ca storia romana, 663; sui primi
re, 664; sui Tarquinii, sulla rivo-
luzione, 665.
Canti dei Sabini. I, 464.
("alili. — Vedi Bardi, Canzoni, Carmi.
Caiiuleio (C), tribuno, fa annullare
la legge che vieta i connubii fra
patrizi e plebei. 1, 854.
C^iimsio (Ca/iosa), in Ap.ilia, fondata
da Diomede, I, 3">1 ; rovine, 3")3-
:t'4; iscrizioni, 355; occupata dai
Il ani, H, 66; ricovera i soldati
sr-riiintli a Canne, 358, 360; scon-
tiij di Claudio Marcello con Anni-
bale, 394; pr - -Vi li l'iìin, IH,
181; assoli:.!. !•'' '" "i«-
Uràre della i i ' l "- 1''''; la
città era su li \ . ^ 1 iiii7.
lanzio (K«t«), iii liia.uu.ia, \i sbarca
Cesare, III. 44".
Canzoni militari dei Volsci, I. 464.
Caoni o Choiii, tribù pelasgica, 1, 72, 80.
Capena (presso J.i'prig nano), 1. 135 ;
necropoli etrusca, 139; soccorre
V.'if. assediata, 871-872. 876; presa
dai Romani, 880 ; riceve il diritto
della cittadinanza, II, 12.
Capcna (porla), sepolcro degli Sci-
pioni, IH. «i3.
Capelli (cirnmercio dei), IV. 202.
Capitolili. I (colle), I, 528, 566, 605, 614,
724, IV. .599.
i;(pii..lÌM'i (Giulio), sua biografia di
Antonino Pio, IV, fiOS.
I iipiic — Vedi Ateio Capitone.
Capitone Cossuziano, premialo per le
accuse a Trasea e a Sorano, IV.
414, 415.
Capitulo (Il Piglio) , luogo degli Er-
nici, I. 231. ,.„.,.
Capizìo [Capizzi), dimora dei Sicuh,
n, 106.
Cappadocia. chiede l'alleanza romana,
II, 492; Ariobarzane, rimesso in
trono da Roma, IH, 156, 226, 227 ;
aiuta Antonio contro Ottavio, 67o ;
ridotta a provincia, IV, 258, 782 ;
Germanico la sgrava di alcuni tri-
buti, 261 ; devastata dagli Alani,
663 ; governata da Stazio Prisco,
728.
Caprasia, nel Bruz.io, I, 30G.
Capri (isola di), rovine, 1,2,6-277;
amenità del Uioj^o, lY, 291-292 ;
edifici i .li \iu'i-! ', '-'"i-: e di Tibe-
i;,;,,- , /, I. iiiuulc, in Sicilia,
1 ii.r nazione natalizia di
.Vu,...~.t>j, 1\- ii'l, 230.
Capsa, città della Numidia, incendiata
da Mario. HI, 117.
Capua, detta prima Volturno , città
etrusca, I, 128; capitale della Cam-
pania, 278-281 ; i Sanniti vi fanno
.strage degli Etruschi, 883; vittoria
dei Sanniti sui Campani, H, 38;
perde le terre dell'agro Kalerno, 4S ;
<• obbligata a pagare una pensione
ai cittadini che l'hanno abbandona-
ta, 48 ; riceve la cittadinanza roma-
na senza voto, 51 ; i Romani fanno
processo ai cospiratori i quali si
uccidono, 67 ; Pirro tenta di pren-
derla, VM ; si dà ad Annibale dopo
la battaglia di Canne, 364 ; uccisi
dai àttadini i Romani hi stan-
ziati, 364 ; sue nioUez e e deli/ie,
364-365 ; assediata dai Romani, 387 ;
si arrende, 389-390; ferocia del
vincitore . SPO-S^l ; Caio Gracco
pensa di ripopolarla, HI, 77-78;
rivolta degli schiavi, 137 ; colonia
romana, 410; visi rifugia Pompeo
col Senato. 48G-4.S7 ; Ottavio tira
a si; i veterani, 589; le sue terre
promesse ai soldati. 607 ; colonia
militare, IV, 43, 375; tempio di
Giove, 290; ricordo di Adriano,
637 ; iscrizione ad Antonino, 716 ;
anfiteatro, 795; iscrizione alimen-
taria, 807.
Caracenì, tribù sannitica, I, 244 ; loro
sedi, 256.
Caracia o Caricia, città dei Sanniti,
1, 25G.
Carattaco, re dei Siluri in Britannia,
preso e condotto a Roma, IV, 346-
347, 368.
Carbina, città della Messapia, distrut-
ta dai Tarentiiii, 1, 316-347.
Carburanceli (grotta di), in Sicilia, II,
104.
Carcassona, aiuta P. Crasso contro
gli Ibeii, III, 436.
Carcere preventiva, introdotta dur.an-
tc l'Impero, IV, 812.
i:arcere Mamertino, I, .597, HI, 386.
Carcere Tulliano, I, 597, HI, 386; vi
muore Giugurta, 120.
Carestia, IV, 21, 703, 703, 77.5-776,
777, 801.
Caria, data in parte ai Rodiani, II, 452 ;
unita alla provincia di Asia, 539.
Carirl,., medico di Tiberio, IV, 316.
l'annate (C.), legato di Carbone, non
viene a soccorrere il giovane Ma-
rio, 111,250; marcia contro Roma,
2.58; vinto e ucciso, 259.
('.•irine, contrada di Roma, IH. 619.
IV, 400.
Carisio, città della Eubea , presa da
Flaminio, It, 435.
Carità (la) del genere umano, proda-
nitita da Cicerone, IH, 737.
Carli (Gian Rinaldo), sue opinioni
sulle origini italiche, I, 190.
Carmelo (monte), sacerdote promet-
tente r impero a Vespasiano, IV,
462.
Carmenta, profetessa, I, .531.
Carmentale (porta), 1, 807-808; ma-
laugurata, 811.
Carmi. — A'edi Canti.
Carmi dei fratelli Arvali. — Vedi Ai-
vali.
Carmi bucolici. II, 102.
Carmi Saliari, IV, 718.
Carmi Tirreni, I, 403.
Carmione, acconciatrice deue chiome
di Cleopatra, IH, 674.
Cameade, filosofo scettico, a Roma,
lì, .599-600.
Carnefici, lungo le vie romane, 1\ .
Camèllo, presso Arpino, HI. 100.
Gamia, dea di Alba, I, 381.
Gamia (la), incorporata alla Gallia
Cisalpina, II. 256.
Carnunto {Pctronpll), m Pannoma,
IV, 222, 570. 63T; Marco Aurelio
vi scrive in parte i suoi Ricordi.
756 ; ruderi della sua prisca gran-
dezza, 756.
Carnuti (rnys Chnrtì-'"'^ »rnii,|ono
in Italia, I, 881 ■ ""'i'
dei Galli, IH, >'
442; Cesare prcnd. i, i
gi, 443, congiura:.:., IH . "^■^■'-
dono a Geiiabo i Roinaiu , 444 .
vinti e dispersi col ferro e col tuo-
co, 452.
Caroùda, "legislatore di Catania e di
altre città. II. l'28, 137-140; si uc-
Cai-ontè, etrusco, 1, 394-395, 513.
Carope, sùe crudeltà nell'Epiro, Il ,
4S7.
Carpazi, monti, IV, !>65.
Carpentoracte lulia [Carpentrus). co-
lonia romana, IV, 53.
Carpetania, nella Spagna Tarraconc-
se, vittoria dei Romani sui Celti-
beri, II, 455.
Carseoli (Civita Carenza f), città de-
gli Equi, I, 229 ; colonia romana,
II. 78, 267, 269; dichiara che non
può soccorrere Roma, 393, 394.
Carsule (Cnrsoli), città degli Umbri,
1, 65.
Carta del mondo romano, IV, 50.
t:artagine, trattato di alleanza con
Roma, I. 726-72>!, 772; si rnllcirra
.■,,n Hoi.ia .Ielle viti. irlo sili San-
lui, 186; I : -1 :ì 1 . .:i l'iri'o, VV-
200; SI... I I i: "1 , pnui:i
guerra ].' . ' ■ . ui.il,a .lai
Siracusani :i- ini:i M.^miki. 210-.
vinta da j^iipio t houli.», ^lo; <"
ad Agrigento, 211-212; a Lipari li
prigioniero Scipione Asin.i. .'r..
vinta nella battaglia di Mil.'. ■-■15,
e nelle acque di Tiudari, 21S ; s i-
lltta nella battaglia navale di Iv-
nomo, 219; assalila dai Romani in
Affrica, 21!*-221; chiede invano la
jiace, 221-222: chiama da Sparta
Santippo e vinco e fa prigionicr.>
Attilio Regolo , 222 ; riporta la
DEI NOMI E DELLE COSE.
CARTAGINE
CARTALONE
CASTO
guerra in Sicilia, 223 -, sconfitta a
Panormo invia Attilio Regolo a
Roma per chiedere pace, 224-225 ;
■vince i Romani a Drepano, 231 ;
manda in Sicilia Amilcare Barca,
232, 234 ; è sconfitta alle isole B-
gati, 235 ; fa pace con Roma, 2:» ;
messa a pericolo dai suoi merce-
nai-ii, 238 : è obbligata a cedere a
Roma la Sardegna, 23S-239; trae
la sua ori^'iiie da Birsa fondata
dai Fenicii, 324 ; colonie, commer-
i-ii, trattati e conquiste, 325 ; ordi-
namenti politici , 326 : ricchezze,
alleati, sudditi, eserciti mercenari, .
327 ; guerra coi mercenari, 328 ;
alla comiuista di Spagna, 320 ; Ro-
ma le vieta con un trattato di e-
stendere la conquista, 330 ; seconda
guerra punica, 333 ; riceve da An-
nibale le notizie delle sue vittorie
nell'Italia superiore e centrale, 350 ;
invia soccorsi in Sicilia , 379-385 ;
sgombra l'isola, 386; continua la
guerra in Italia, 38G-402 ; e in
ispagna, 402-103 ; vince Siface, 403 ;
ricupera le contrade al mezzogior-
no dell' Ebro, 404 ;
Spagna, 4O7-40S ; no
per mare 1' .-u-i i\'i .
Aflr
baie e Sifa.v . .^ ili
prega Silhc- .■) -■.iiMiii', ■!;■.■ n ^jn.---
ra, 414-415; >• sr.miìtv.i ai Lampi
Magni, 415; chiede pace a Sci-
pione, 417 ; stipulata una tregua
coi Romani, il popolo si ribella e
la viola, 417 ; richiamati Magone e
Annibale, 418; sconfitta a Zama ,
421 ; durissima pace, 422-423 ; con
cui termina la seconda guerra pu-
nica, 425-424 ; Perseo le invia una
ambasceria, 468 ; Annibale si impa-
dronisce del governo e tenta muo-
ver guerra a Roma, 442, promette
aiuti ad Andrisco. 495 ; si lagna a
Roma degli assalti di Massinissa,
501-502 ; terza guerra punica, 503
e seg. ; sconfìtta da Massinissa
presso ad Oroscopa, 504 ; tratta-
tive con Roma, 504-505 ; dà ostag-
gi a consegna le armi, 505-506; si
rifiuta a distruggere la città, 506;
si prepara a resistere, 507 ; asse-
diata vince i consoli romani, 508-
509 ; sua posizione e fortificazioni,
510-512; suoi porti, 513-515, 516,
517 ; sua popolazione, 515 ; apre
con un canale una nuova uscita
• mari
perde
il Cotone e 'Birsa, 518-519; fe ri-
dotta a un mucchio di ceneri, 519-
520 ; sul sito dell* città si fa pas-
sare l'aratro, 522 ; sua necropoli ,
523 ; una parte del suo territorio
è data ai re di Numidia, l'altra di-
venta provincia romana col nome
d'Affrii-a, 523 ; Caio Gracco vi con-
duce una colonia. III, 78, 80; ri-
popolata con altra colonia da Ce-
i-are, 537; colonia d'Augusto, IV,
60 ; risorge a nuovo splendore, 60-
61 ; Nerone vi cerca i tesori di Di-
done , 405 ; testa di una via co-
struita da Adriano , 655 ; opere
pubbliche di Antonino Pio, 701.
Cartagine Nova (Cartagena), fondata
nella Spagna Tarraconese da A-
.sdrubale, II, 329; espugnata da
Scipione, 406-407; moneta in ri-
cordo di Nerone e Druso, figli di
Germanico, IV, 2S7-28S.
Cartaginesi. — Vedi Punici.
Cariatone , comandante della flotta
cartaginese, prende Agrigento e li-
bera Drepano, II, 223 ; e la difende,
228; batte a Panormo gli avanzi
della flotta romana, 233.
Cartalone, comandante la cavalleria
di Annibale, II, 334 ; dopo la bat-
taglia di Canne va a proporre a
Roma il riscatto dei prigi'jnieri, 352.
Carteia, nella Spagna Betica, strage
dei Pompeiani, m, 532.
Cartismandua, regina dei Briganti in
Brittania, consegna ai Romani il
re Carattaco, IV, 347.
Carvento, città del Lazio, presa dai
Romani, I, 866.
Carvilio Massimo (Spurio) , console,
assedia Cominio, n, 87 ; vince i
Sanniti, 203, 285.
Carvilio Ruga (Spurio), dà primo l'e-
sempio di ripudiare la moglie, I,
761, li, 303.
Casa aurea, di Nerone, IV, 402-403 ;
adornata colle spoglie d'Italia e
dell' Impero, 404 ; Ottone ordina di
compierla, 443; rovesciata, 515.
Casal Rotondo, sulla via Appia, reli-
quie del monumento di Messala
Corvino, IV, 173.
Casci Latini, I, 527, 531.
( ase. — Vedi Abitazioni, Palazzi.
■ Mr-ii antichi italiani, I, 501-502.
M Iiarbari, IV, 190-191.
n lische, I, 418-410.
i. i grandi, IV, 108, 818, 819.
;iiino (Capvn Niiov)), città della
Campania, 1, 278, 281 ; respinge
Annibale, II, 366 ; Ottavio vi tira a
sé i veterani. III, 580.
Casino {San Germano) , antica città
dei Volsci, I, 236 ; colonia romana,
li, 68, 78, 267, 268 ; villa e uccellie-
ra di M. Terenzio Varrone, I, 236-
237, lU, 14, 15 ; anfiteatro, 747.
Casio (monte), in Egitto, sepolcro di
Pompeo, III, 508.
Casivellamio, duce dei Brettoni, vinto
da Cesare, HI, 441.
Casmene {ScicH), colonia greca in .Si-
cilia, II, 118; rovine, 127.
Casperia {Aspra), fondata dai Sabini,
I, 221.
Casperi
plizii
IV. .-.1
Cassio i;
rgafo nella
dele rij;^ji;', : :'•-' l ■ -i-i '•■■ .• '
torie neir ini^-! , ■'' i' \- ■ TU
governala Siri i : i . I _ n
a comprimer ■ , r , : r. -,
audaci disegni, TM l'ìh'I:':!!- il.i
Lucio Vero e da Marco Aureliii,
746 ; si fa gridare imperatore, 746 ,
i'. ucciso, 746 ; Commodo ne fa
bruciar vivi i figliuoli, 775.
Cassio (Q.), tribuno, si oppone al de-
creto che dichiara Cesare nemico
della patria, IH, 481 ; cacciato dalla
Curia, si ripara al campo di Cesa-
re, 482.
Cassio, da Padova, esiliato da Augu-
sto, IV, 107.
Cassio Parmense, poeta, congiura con-
tro Cesare, III, 553 ; si unisce alle
flotte di Murco e Enobarho, 631 ;
ucciso da Ottavio, 687 ; suoi versi,
791.
Cassio Emina Lucio, suoi Annali, I,
638, ti, 610, III, 764.
Cassio (Spurio), console, I, 772 ; sua
proposta di dividere le terre pub-
bliche, 801-802 ; accusato di tradi-
mento e decapitato innocente, 802-
803, 805, 863.
Cassio Longino (C), censore, pi-opone
di fabbricare un teatro stabile, II,
626.
Cassio Longino (Lucio), pretore, con-
duce a Roma Giugurta, III, 108.
Cassio Longino (Lucio), è ucciso nel
paese degli AUobrogi dai Tiguriui,
HI, 122-123.
Cassio Longino (Lucio), propone che
i senatoi-i condannati per infamia
perdano il loro grado, IH, 147.
Cassio (Lucio), pretore dell'Asia, III,
227 ; in guerra con Mitridate, 228 ;
tenta invano di resistere in Frigia,
228 ; ripara a Rodi, 2:}2 ; induce i
Marsi a prendere le armi per Siila,
253.
Cassio Longino (C), proconsole della
Cisalpina, vinto da Spartaco, III,
307.
Cassio Longino (Lucio), congiura con
Catilina,' UI, 373.
Cassio Longino (C), questore di Cras-
so, fa ripassare l'Eufrate all'eser-
cito sconfitto dai Parti, e respinge
i nemici. III, 460 ; dopo la sconfitta
farsalica si arrende colle sue navi
a Cesare, 507-.508; che in appresso
lo fa suo legato, 548 ; indole e co-
stumi ; odia Cesare per sue parti-
colari ragioni e congiura contro
di lui, .548; sostiene che col Ditta-
tore si debbono uccidere anche
Lepido e Antonio, .554 ; ferisce Ce-
sare, .558; confermato al governo
della Siria destinatagli da Cesare,
570; conferenza con M. Antonio,
571 ; toltagli la provincia è inca-
ricato della provisione del grano,
578-579; convegno di Anzio, 579;
sue lettere ad Antonio, 580 ; mi-
naccia Aiit.iiiio ili (lif.Mulersi colle
armi, r.sl-:,-j: mini., .ontro Do-
labelln. :.'■ . ,; , ;, ,i,, alla di-
fesa d'Ii I I ', ' , .Ho e ono-
rato con P.rui., i!i A-. iir, 617-618;
occupa la Siria, 619; assedia Do-
labella in Laodicea, e Io costringe
a darsi la morte, 619; congresso
con Bruto a Smirne, 620 ; sue cru-
deltà a Rodi, 621 ; fa ucridei-e il
re Ariobarzane, 621; imiinni' un
tributo all'Asia, 621 ; si rinnisc'
con Bruto a Sardi, 622; sn.- miv.,-,
622; ultimo colloquio con Hruto a
Filippi, 624-1125 ; vinto, e abbandu-
nato clai suoi si fa uccidere da un
liberto, 62.5-6^27.
accuse, 1S(:-1.S7 ; esifiato, 187 ; Ca-
ligola permette di pubblicare le
sue opere, 318, 865.
Cassio Cherea (C), tribuno dei preto-
riani, congiura per uccider Caligo-
la, IV, 334 ; e gU dà il primo col-
po, 335; ne fa uccìdere anche la
moglie' e la flgUa, .335; si stu<lia
di riaccendere 1' amore di libertà,
336, 3:« ; è fatto uccidere da Clau-
dio, 338.
Castanea (Castellanela), nella Peu-
cezia. I, 349.
Castel d'Asso, presso Viterbo, rovinio
etnische, I, 144 ; edilizi! sepolcrali.
Castello di Sangro, antiche rovine, I.
256.
Casto, duce della rivolta con Sparta-
co. Ili, 306; vinto e ucciso da M.
Crasso, 300
Vannucoi — Storia dell'Italia antica — IV.
124
986
INDICE
CASTORE
CAVALIERI
CELE
Casto
eccita Kanagoria alla rlljcl-
lione, III, 351.
Castore e Polluce, tempio, II, C2j, IV,
192, 535.
Castra Hannibalis , nella Magna
Grecia, I, 316.
I astra stativa del Vallo di Adriani-",
IV, 644.
castra reterà (XanW.i), vittoria di
Cenale su Civile, IV, 478; rovine
Castro di Minerva (Ca«t/)o), protet-
trice dei Salentini, 1, 339.
Castro-Nuovo, nel Piceno, colonia ro-
mana, n, no, 93, 209.
Castro o Campo Pretorio, IV, 283-2S4
tTastro Truentino, nell'agro Palmense,
I, 226.
Casuento (Baseììto), fiume nella Ma-
sna Grecia, I, 321.
Cat'afractarii, soldati coperti di ferro,
IV, 590, 591.
Catania, colonia greca, U, 118, 110;
rovine deirantica città, 128-129;
riceve leggi da Carouda. 137; se
jie impadronisce Dionisio, I6G ; nelle
nue \-iciuanze i Cartaginesi distrug-
gono la flotta dì Dionisio, 167 ; Ti-
nioleone la libera dai tiranni, 180;
accogli» Pirro, 200, correrie -di
Amilcare Barca, 233 ; senato, 274 ;
colonia romana, IV, 60.
Catasto e censimento, d'origine ctru-
soa, I, 693 ; catasto e censo del re
Servio Tullio, 605. 708-709 , 722 ;
s..tto la Repul)lilica, 722, II, 19,
III, 60; in timo T Iinpiro, comin-
ri.ito (la Cesare e runipiuto da Au-
irus'o, IV. 16, 50-.52, 76. 104, 245;
censimento di Claudio, 352 ; nuovo
i-atasto di Vespasiano, 494.
Catilina. — Vedi Sergio Catilìna.
Catino, monte presso Tivoli, I, .561.
Cato (Kiriiiio), senatore, accusa Scri-
bonio Libone, IV, 280.
Catone. — Vedi Porcio Catone.
Catti (>lsyia), vinti da Druso, IV, 100 ;
(!orrerie di Germanico nel loro
paese, 247 ; nella guerra civile ili
Germania, 271 ; \inti da Sulpioio
Galba, 348; saccheggiati da Domi-
ziano, .528 ; irrompono nella Rezia
<■ in Germania. 727.
Catiialda, capo dei Gotoni, vince Ma-
r.iboduo, IV, 271; muore relegato
a Fóro Giulio, 271. ,
Cattdo Cinna, stoico, maestro di Marco
AureUo, IV, 720.
Catulo Lufazio. — Vedi liUtazio Cattilo.
c;atullo Messalino, delatore, lY, .539.
l'atuUo, poeta. — Aedi Valerio Ca-
tullo.
Calurigi, popoli delle Alpi Cozic, sof^
tomessi da Augusto, IV, 96.
Cauca, in Spagna, si arrende ai Ro-
mani o gli abitatori sono uccisi ,
II, 526.
Caucaso, vittorie di Pompeo, III, 347 ;
di Traiano e Adriano, IV, 615, 662.
Cauci (Oldenbìirrj e Han>mver\ sot-
tomessi da Tiberio, IV, 221 : vinti
da Gabinio Secondo, 348 ; sono re-
spinti dalla Gallia Belgica, 727.
Caudini, tribù sannitica, I, 244; loro
sodi, 2.59.
Cauilio (.Irprtin), I, 2.59; sconfitta dei
Romani, II, 60-62; i .Sanniti vi si
lortiiioano , 65; e sono vinti dai
Romani, 08.
Caulonia, fondata dagli Achei nella
Magna Grecia, 1, 310, 311, 31.5, li,
118; caccia i Pitagorici, 1.52, 1.53;
distrutta dal tiranno Dionisio, 170-
171.
Causia, cappello barbarico, II, 487.
Cavalieri, Tarquinio Prisco non potè
loro
la p^
lo ali'..:i!i|-ii;.ii i. ,.' -1 uniscono
154 ; voijUono un posto distinto in
teatro, 354 ; riforme introdotte da
Angusto in quest'ordine, IV, 16 ;
fatti uccidere da Claudio, 362 ; Vi-
teilio proibisce loro di dar spetta-
colo dì sé, 453 ; riforma di Vespa-
siano, 494. — Per ciò ?he a cava-
lieri fecero come appaltatori delle
rendite pubbliche : Vedi Pubbli-
cani.
Cavallo troiano (il). III, 379.
Cavea, nel teatro antico, II, 627.
Cecidio, plebeo, riferisce di aver udito
una voce annunziatrice dell'arrivo
dei GalU, I, 890.
Cecilio, danzatore, II, 033.
Cecili^'. MI r ,;,' i.' ii:iira la guerra
Cecil
di
Cecilio 1,11. iliaii.i, sriiaiure, e un suo
fratello del medesimo nome, con-
giurano contro Cesare, III, 552.
Cecilio Cornuto, si dà la morte , IV,
280.
Cecilio Metello (L.), pretore ucciso dai
tialli sotto Arezzo, II, 91.
Cecilio Metello (L.), console nel 503 ,
vince Aderbale a Panormo e trion-
fa, II, 224-225; pontefice massimo
perde la vista per salvare dalle
fiamme il Palladio, 301.
Cecilio Metello Celere (Q.), legato di
Pompeo nell'Asia, 111, 340, 349 ; pre-
ture impedisce che sia condannato
Raliii'io. 3.59; chiude il passo degli
Appennini a Catilina, 3S8 ; com-
batte la legge agraria di Flavio,
404.
Cecilio Metello Macedonico (Quitito),
prende e uccirt,. .\iidrisr-o, li, 495;
nssiMiic- il ■■.ipr'i!Mi'.:!i:- "li M-ii-i'doni-
Oi. 1-. -'■ ■ ::' : I- V'- \.i.l'adi
1 ■ - . "]•■'■' I'"' ; vince
Cnl ., •• ,i : . . v: . prende
Tl-Ir' l: .Mr^.a:i. l:'; , i;i ^uorra ai
Cultiljfii. .528, .532 ; accusa Tiberio
Gracco, lU, .55; censore (023) è
minacciato di morte dal tribuno
Atinio Labeone , 00 ; piange la
morte di Cornelio Scipione Emi-
liano fiuantuuque suo nemico, 66 ;
è stimato uno dei più virtuosi e
felici mortali, 90; oratore, 693.
Cecilio Metello (Q.l, figlio del Mace-
donico, console (Gii), vince le isole
Baleari ed è chiamato Balearico,
II, 5:ìr,. 5.55.
Cecili" M. i-ll ' Cipr Ilio (C), figlio del
Ma.- : ■ T: .,, :i (1,42) liei bar-
Cec
>). console
l'.i'Ki ed è
' -•. . Ili,
dcrsl, 111-1 l: i li . : i/::i coli'
Mario, 11:ì-11ì i i i .li. 116;
abbandonai i i. - i i . - Ri.ma
dove trionlh ci -.pr iiui li Nu-
midico, 116; prepone 1' espulsione
dal senato di (ilaucia e di Satui"-
nino, 149; contrapposto a Mario
per il consolato, 150 ; si rifiuta di
giurare le leggi proposte da Satur-
nino e ripara a Rodi, 152-153; ri-
chiamato dall'esilio, 155; sua ora-
zione sulla necessità di aumentare
la prole, 699, IV, 37.
Cecilio Metello Pio (Q), figlio del Nu-
midicn. in-tn--. viii.-c Pompeilio
Silniie I •■ 11! VM ; richia-
mato di'- . iLiulcr Roma,
213; lii-_. :,^ i_ ..:.,. -215; si uni-
sce a ^l.l.l. ..■,1 , , 1 rupa la Gallia
Cisalpina, 257 ; andato contro Ser-
torio è costretto a fuggire di I,u-
sitania, 294; chiede aiuti a Roma,
296; vince Irtuleio ad Italica e a
prei
ab-
a la
band al Pi^.a. ;i:,.
Cecilio Metello Lrctico (Quinto), fa
per tre anni (686-688) guerra ai
pirati di Creta ed ha il soprannome
di eretico. HI, 331-332.
Cecilio Metello Nepote (Q.), tribuno,
strumento di Cesare, 111, 395 ; pro-
pone di richiamare Pompeo, 39.5-
396; deposto dal tribunato, 396;
va da Pompeo in Asia, 396.
Cecilio Metello (L.), tribuno nel 705,
invano resiste a Cesare che vuole
il pubblico erario, IH, 490.
Cecilio Stazio (C), di Milano , poeta
comico, sue commedie. ! I. 638-639 ;
incoraggia Terenzio, 6
ina, fi ■ ■■
I, 1.57,
Cecina (Alieno), legato, eccita Vitellio a
farsi imperatore, IV, 440; muove
alla volta dei monti Pennini, 441 ;
fa strage degli Elvezii , 441-442 ;
e giunge al Po, 442, 445 ; respinto
da Piaceiua è battuto presso Cre-
mona, 445-446; governa assieme
a Valente, 453; fe mandato contro
la parte flaviana, 465 ; ha in animo
di tradire Vitellio, 465; è dai sol-
dati incatenato, 465 ; e sciolto va
a implorare mercé da Antonio Pri-
mo, 466; il quale lo manda a Ve-
spasiano, 466; Vitellio lo spoglia
del consolato, 468; congiura con-
tro Vespasiano, 505 ; ed fa pugna-
lato, .506.
Cecina (.A.ulo), legato di Germanico,
impotente a domare la sollevazione
delle legioni del Reno, IV, 245 ; re-
pressione feroce, 246-247 ; insegne
Arminio, 248.
Cecina (Aulo), scrittore di prodigii,
III, 745.
Cecina Severo (A.), batte i Panuoni,
IV, 223. *•
Cecino (Cornee), fiume nella Magna
Grecia, I, 315.
Cecino (Satriano), città nella Magna
Grecia, I, 316.
Cccubo, sul confine della Campania,
presso Gaeta, vino, IV, 823.
Cedicio (Lucio), salva gli avanzi delle
Adrian- n !i \- ■ ; l\ , '.
Ceflsso. un I ■ I"-. ■• ''■ '• I H
Ceionin e n -.1.. \ . i- il, ) -- \ ■
Elio Cesare.
Cele Vibenna, duce degli Klruschi, a :
Roma, I, lìCtì; figurato nelle pit-
ture di Tulci, 002-603; ediflcalore
DEI NOMI E DELLE COSE.
987
CELERE
CENSURA
CIGOLANO
secondo il Niebuhr, di Lucerum,
C67.
Colere, delatore, assalito da Musouio
Rufo, IV, 475.
Celere, ingegnere, riedifica Roma in-
cendiata da Nerone, IV, 402.
Celeri, guardie a cavallo, I, .580 ; dap-
prima destinati a guardia del re,
poi formano la cavalleria delle le-
Celesiria, donata da Antonio a Cleo-
p.itra. III, C62.
Celia (Ceglie di Bari), nella Peucezia,
1,349; sulla Via Traiana, IV, 607.
Celibi, leggi e ordini contro di loro,
Celio, 'colle di Roma, I, .507, .ÌW, 504,
500, 002, GG7, IV, 27, 174, 253, 373,
400, 480, 408, 515. 717.
Celio {Ceglie), città nella Messapia, I,
Celio Antipatro (L.) , storii-o della
guerra d'Annibale, III, 704.
Celio Rufo (M.), cac-i^iato dalla pretura
solleva la Campania ed è ucciso,
III, 514 ; oratore, 702.
Celso, congiura contro Adriano ed e
ucciso a Baia, IV, 031.
da Ottone, 439; posto fra i capi
della guerra, 442, 444 ; insultato
dai soldati, 446 ; sconsiglia Ottone
di dar giornata campale , 440 ;
sconfìtto a Bedriaco, 447 ; si salva,
4.51.
C«Iso, scrittore. —Vedi Cornelio Celso.
Celti. — Vedi Galli.
Celti, cogli Iberi formano i Celtiberi,
II, 453,
Celtiberi, loro origine e costumi, II,
45:M54; aiutano Scipione a cac-
ciare i Cai'taginesi e poi si rivol-
tano contro i Romani , 45< ; loro
vittorie e scuiuii.v r."-!.7; ecci-
tati alla riv 1 ■! i ! , , 525;
in 2uerra ■■ ,i i; si unì-
scoii" a ^ .ri:i :>
Celti.-a, li--: ! : (;;illie, IV, 53.
Cena i , i " ;-M3, 517.
Cenrn : i : ' : n.to, IV, 419.
Lene- I ; tempi
drliv K. |. , . . h :,; !-:,;(;; di
].u."i". !li :i : •. .,.: ilt.-,. 'ritte da
^■.l^l -■ . Meuippee, 757 ;
ai I' ! : _ li. IV, 198; con-
\iii il i : . ;.'?: cena di Vi-
telli, i l'i :- IM . iivito (li Domi-
■ ziaiiii. :.!": .1 I , . V. li.. 733;
viilutta. li-li : ::- : ': onori
trimonii'i.V'iilì','-!. s: I ■ ' . ■'.iV'fri-
malcione, 800.
Cene sabelle, I, 493.
Cenide, promontorio sullo stretto Si-
culo, I, 304.
Conide, concubina di Vespasiano, IV,
407.
Cenina, città del Lazio^ abitata dai
Siculi e poi dai Pelasgi, I, 7.5, 562,
577 ; presa da Romolo, 579.
Cenisio, monte, IV, 96.
Cenomanì, scendono in Italia, I, 884;
insorgono contro Roma , e sono
sconfìtti, II, 457 : si uniscono ai Ro-
mani, 4.57.
Cenone, arsenale e porto dei Volsci,
I, 238-239 ; preso dai Romani, 820.
Censimento. — Vedi Catasto.
Censori, eletti tra i patrizi e poi an-
i plebei, I, 857, II, 31 ; im-
portanza dei loro poteri, I, 859-861;
che tra :
disonesti, II, 554.
Centenio, vinto da Annibale. II, 3S7.
Centoripa (Centorbi), dimora dei Si-
culi, II, 106 ; Agatocle ne uccide
gli abitanti, 183 ; presa dai Roma-
ni, 211 ; città libera, 273 ; senato.
^f^"■ '■'•-•}, accolgono
i'. ■ l'i'i gli piom-
274.
Centunii'.-;: i' . ' "■■"/'?), Traiano
vi siede u. inlnmak-. IV, 002; por-
to. 0t)5-G0G, 783; ricordi dell'animo
feroce di Conmiodo, 766.
Centurie, in Efruria, I, 365.
Centurie, istituite da Servio Tullio,
I , G05 , 709-710. — Vedi Comizi
delle centurie.
Cepario (M.), di Terracina, congiura
«•on Catilina, III, 373 ; è stroz'zato,
386.
Cepione (Fannio), ucciso por trama
contro la \ita d'Augusto, IV, 107-
10».
Coprano, iscrizione ad Antonino, IV,
710.
Cera del Ponto, IV. 207.
Cerauni (monti), dell'Epiro-, III, 675.
Cerbalo (Ce)-6'fco), fiume d'Apidia, I,
356, II. 350.
Cerbero, III, SOI.
Cere, detta prima .\gylla (presso Cer-
d'arti-. 1 ;"-ll.J, i::;. (.uiln-, 140-
142, 4-28-4-20; caccia il tiranno Me-
zenzio, 139 ; predata da Tarquinio
Prisco , 599 ; vinta da Dionisio ,
tiranno di Siracusa, 883; rifugio
alle Vestali nell'invasione dei Galli,
892 ; in guerra con Roma, II, 37 ;
sfatua in onore di Claudio, I, 125,
IV,
tempi,
suffi-.i
Dioiii
,'lia il
nellri L ' . !s.-ri.
zione .[(.'li'! i':it I ;iii viii IV,
710; trio. ,ii,lili,,„ „ jinin'lo.'.^.
Cei'eale (Sesto), all'assedio di Gerusa-
lemme, IV, 482.
Cereale (Calamari presso Arpino),
ni, 100.
Cerere. Pelasgia, I, 88, 89,96, 379;
nel Sannio, 3S5; nel Lazio, 490 ; in
Sicilia, li, 101-102 : suo culto, 107 ;
a Roma, I, 730, 783-784, IV, 704 ;
misteri in Grecia, 740.
Cerere Elvina, suo tempio ad Aquino,
IV, 891.
Cerere di Enna, rubata da Verro, III,
CeTkaa\B. (CoUe-Aìtnele) , città dei
Marsi, I, 248, IV, 300.
Cerilla (Cirella Vecchia), nel Bruzio,
Cerrinio Vazia (Marco), candidato a
Pompei, IV, 40. 47, 48.
Certia {R'/mìot), nella Dacia, IV, 580.
Certosa di Bologna, necropoli etrusca,
I, 167.
Cerva bianca (la) di Sertorio , III ,
295, 298.
Cervidio Scevola (Q.), giureconsulto,
IV, 739.
Cesare. — Vedi Giulio Cesare.
Cesare (Lucio), scrittore di prodigii,
III, 745.
Cesa«-e (Lucio), zio d'.\ntonio, pro-
scritto, III, 008, CIO.
Cesarea in Afl'rica, colonia romana,
IV, 369.
Cesarea in Palestina, colonia di Ve-
spasiano, IV, 40(i; festa datavi da
Tito, 4.SS; riconli di .-Adriano, 604;
e di Antonino Pio, 701.
CesaricJnc, tiglio di Cesare e Cleopa-
tra, IH, ^513: Antonio lo associa a
Cleopatra, 670 ; è riconosciuto nel
tostaraento d'Antonio qual figlio ed
erede di Cesare, 673; ucciso da
Ottavio, 680-087.
Cesare, capo dei Lusitani, II, .520.
Cesennia, città dei Sanniti, presa dai
Romani, II, 77.
Cesennio , los-ato , costretto da Voli>
:;-,...-, -, r-.p;t.-,l-,i-,-. IV, 390.
l'i- I 1 : I. >- tribuno, levato di
'■ i • ' ■■U-... Ili, .547.
Ci .. |: - ;:i. 111, SII.
Ccsuui^i. i.i..^.:. a. Caligola, IV, 324.
Cestio G;iHu , governatore di Siria,
vinto dai Giudei, IV, 450-457.
Ceiego. — Vedi Cornelio Cetego!
Cetra etrusca, I, 46i.
Cliàtillon, in Val d'Aosta, antichità
romano, IV, 91.
Chelidone, cortigiana di Verre, III,
319.
Cheronea, in Beozia, vittorie romane
sui duci di Mitridate, UI, 234, 240 :
patria di Plutarco, IV, 9.55.
Chersonoso ( Uret sul Mar Nero), cit-
tà, III. 22.5, 351.
Chersoneso 'd'Europa (Tracio), dato
ad Eumene II di Pergamo, II, 452.
Chersoneso Taurico (Crimea), III, 223-
2-20.
Cheruschi, vinti da Druso, IV, 100 ;
sottomessi da Tiberio, 221 ; solle-
vati da Arminio, 225, 248; nella
guerra civile di Germania, 270,
271 ; re dato loro da Claudio, 348.
Chiana (valle della), prosciugata dagli
Etruschi, I, 131.
Chiare e Chiarissime, titoli dati alle
driano, IV, 035.
Chimera d'Arezzo, I, 153.
Chinesi. — Vedi Sei-i.
Chio [Scio), rimane libera, II, 453;
crudeltà di Mitridate, HI, 244 ; li-
berata da LucuUo, 244 ; ottiene,
per la sua fedeltà, privilegi da Ro-
nm, 248; marmo, IV, 190.
Chi.>.-.n.,le ingrassate. III, 14.
Chiodi, usati a contare, I, 452.
Chi.ido tinnale, I, 452.
Chirurghi militari, IV, 572, 573, 737.
— Vedi Medici.
Chiusi ( Caniars e Clusiv.-m), città prin-
cipale etrusca, I, 123, 133; suo
splencl...-.- . r ..Ili 1".:: tombe e
vasi il-.'. I :- nuove sco-
perte. IT ;.' '; .assalita
dai Cilii •' a Roma,
8S0: \n ' > ■ il. II, 251:
sncciM-1. ^ I ijiierra di
Afl'ric.i. : i .1 .il Carbone
Chone (presso Culrunui, . ,tta pelasgi-
ca, I, 80. 310.
Ciaccone (Alfonso), illustra la Colonna
Traiana, IV, 584.
Cibele, suo culto. Il , 593-.595 ; festa ,
IV. 778 ; sacerdoti, II, 451, UI, 18-
19; tempio a Roma, II, 603; in
Bitinia, IV, .563. — Vedi Madre
(grande) dei Numi.
CihyTa:(Horzown), città dell'Asia Mi-
nore, IV, 251.
Cicerone. — Vedi Tullio Cicerone.
Ciclopi, I, 87.
t'icneo, colle a Brescia, IV, 500.
Cicolano. — Vedi Equi.
988
INDICE
CIDNO
CIPRO
CLAUDIO
i iiliio ITrrsus Tchai), fiume in Ciu-
cia, IH. 634.
Cidoiiia [Khania in Creta), espugna-
ta,
in Etruria il Ge-
Ci?no, rappresenta in I
nio del male, I, 397.
Cilicia. nido dei pirati , III. 331 ; as-
saliti e vinti da Pompeo, 331 ; sot-
tomessi dalle truppe di Mitrid.ite,
3:50; provincia romana, 353: go-
vernata da Cicerone, 478; aiuta
Antonio contro Ottavio, G75; suo
commercio con Roma , IV, 207 ;
turbamenti per la morte del i-e
Filopatore, 258; ridotta a provin-
cia da Vespasiano, 405 ; pai-teggia
por Avidio Cassio, 747.
Ciucia Trachea, provincia, IV, 782.
Ciluii, fami^'lia etrusca di Arezzo, I,
484; a Roma, IV. 111.
Cilnio Meceii!itp (Ciioì, ili origine
etrusca, I. l-'l i' . n lnudere la
pace di l;i'. Il •''■'■■ iuduce
Antonio .i ^ ' ' ■ <\\ Ta-
ranto COI I '■' ... ' ■-' 1. pi-ime i
tumulti scoppiati a Róin.i, C.54; ha
il governo d' ItaUa durante la
guerra civile, C?70, IV, 41 ; consi-
glia Augusto a fondare la monai--
«hia, tì-U; scopre la trama di
1 .epillo contro Augusto, 107; suoi
antenati e vita, 111-112; primo mi-
nistro d'Augusto, 112; suoi moUi
e singolari costumi, llS-113; suoi
scritti, 113-114; in cerca di loda-
tori del principato, lU-U.ì; suoi
giardini e palazzo suU' Esquilino,
il"). 402, 9tHì: presenta Vii-gilio ad
Augusto, 118; fa amici a sé e al
priiiiiiii' i poeti Orazio e Propei^
iio, 1:ì';-13S. 153-1.-)4.
Cilone, capo dei Sollevati a Crotone,
lì. 151.
Ciluruo (Chesters), stazione in Uri-
tannia. IV, 645; rovine, 651.
Cimbri e Ivimri, loro lotte coi Galli ,
1 , 884 ; scendono in Italia , 885 ;
loro irruzioni, UI, 121-122; vin-
cono i Romani a Noreia , 122 ;
passano in Elvezia e invadono le
(ialUe, 122; vincono due consoU ,
122-123; vanno in. Spagna, 126;
ritornano in Elvezia e nel Norico,
128; invadono l'Italia, 131-132;
distrutti a VercelH, 133-134 ; loro
avanzi nella Gallia, 424.
Cimi', nell'Asia Minore, rimane Ube-
ra, II, 453; rovinata da un terre-
moto e soccorsa da Tiberio, IV,
251.
Cimella (presso Xizzo), sulla via Giu-
lia Augusta, IV, 05.
Cimetra, città dei Pentri. I, 259.
Ciminia (Montayna di Vitrrbo), sel-
va, ntli-aversata da Q. Fabio, II ,
C9, 70, 71.
Cimmeria, penisola (Crimen), IV, "II.
cincinnato. — Vedi Quinzio.
( incio Alimento (L.). senatore, scrive
in greco gli Annali di Roma, I,
(38, II, 607, fi0S-6u;).
Cinea, favorito di Pirro, II, 193; man-
d.ito a Roma, 197-198.
Cinga (dnca), fiume di Spagna, III,
491.
Cinghiale, insegna militare dei GalU,
HI. 427, IV, 277.
Ci^^'iUa, fortezza dei Vestini, I, 251 ;
pn!sa dai Romani, II, 58.
Cingoli, occupata da Cesare, III, 485.
Cinnamomo, IV, 208.
Cinocefali (coUine detU; i) (Teste del
Cnnr), vittoria di Flaminio sul re
Filippo, li, 4:«;-4:n.
Cinzia, celebrata da Properzio, IV,
Cipro, donata da Antonio a Cleop.i-
tra. III, C62 ; stragi fattevi dai Giu-
dei, IV, 618.
Cipsela (Ipsala), città di Tracia, IV,
68.
Circe e i suoi incantesimi, I, 96, IV,
148.
Circe (mi)nto di), anticamente circon-
d.if...
Circe! i. 1 \ li. sottomessa
da II r : - i|ii rbo, colonia
roni in . i i.i:. n ;7 -. fa guerra
a Roma in lavuru dei Taruninii ,
631 ; ricordata nel trattato di Roma
con Cartagine, 727 ; presa da Co-
riolano, 791 ; si rivolta contro Ro-
ma, II, 14 ; dichiara di non poterla
soccorrere, 393 ; vi è confinato l.«-
pido. III, 059; visitata da Tiberio,
IV, 315.
Circeo (Monte Circeìlo), promontorio,
I, 238.
Circio, divinità gallica, suo tempio,
IV, 56.
Circo. — Vedi Giuochi.
Circo Flaminio, IV, 100, 105, 111, 491.
Circo Massimo, I, .596, 600, 724, IH,
529-530, 609, 687, IV, 105, 192, 400,
491, 004.
Circo V.-.'i. .111.1 i-iiinln.i (1,>1). IV. 401.
Circuii.- -: .1 ' , - ' IV. GXt. 708.
Cirenaio : . - 111 1 .:
Cimo. - ■ \ . «Il ' .'! M.-a.
Ciro (Kitr), liiiiiu- nel Caucaso, III,
347.
Cirra (sacro campo di). IV, 419.
Cirta {f'rì.<stf'ntinri).ìì. 415; assediata
da (;iMi."!rtr! Ili 105; si arrende,
ini; .1:1. - ì .1 ■ M.-. 11... ne,: vitto-
ri.-i .1' Mi II' ._iirta. 117-118;
C..I..II. Il il .-ipitale della
Nuur.l.i M'i -.1 ii.i aSizzio, 5-26;
ric.nli di Adi-iaii.i. IV, 657.
Ciste prenestine, I, 554-556, II, 311.
Citerio, nel Hriizio, I, 306.
Citno (Thcì'ìnia) , isola greca, IV,
279.
Città aUeate e amiche di Roma , II ,
543.
Città federate, II, 270.
Città italiche, come costruite, I, 501-
502.
Citta libere, II, 270, 543.
Cittadinanza romana, diritto, II, 260,
203 ; i sostenitori della legge agra-
ria nniponcron.i di darla agli al-
]„.,
Il .1 ili p.'ir-
_u.l.., IV, 39;
CI'
ri. . j. . . .
LJi usurpatori di
ini
: ;. .'2 ; estesa da
A.l
i:in.. i,:i .•!
In-u-.ita da Marc^
rcli.), 7111; <■
l.-it.-i a tutti da Ca-
xlla, 791.
Cittad
ni, pnncip.al
inzioai rich
e primati. IV, 7.S8;
dis
amate a vita da
Au
lusto, 40.
Civica Ceriale, proconsole d'Asia, uc-
ciso. IV, 524.
Civile
i'iandio, sua
gioventù e ind.)le.
IV
15.,f,vl i r...n,iani
.. i:-.-IM l.-Ute
Civiltà asiatica in Greci
Cizico (Uaì-Kiz), metrop.>li d.lllClle-
spniito, saccheggiata, 111,245; as-
sediala, 3:5G-3;}8; tempio ad Adria-
no, lY, 661 ; restaurata da Adria-
no, 664.
Clampezia. — Vedi Lampezia.
Clanio (Laf/iii)^ fiume in Campania, I,
269.
Classi, istituite da Servio Tullio, I,
605, 709-712.
Classico, duce dei Treviri, si unisce
a Civile, IV, 476; assale Ceriale,
478.
Clastidìo (Castegf/io), neUa GalUa Ci-
salpina , vittoria di MarceUo sui
GalU, II , 253-254 ; consegnata ad
Annibale, 340.
Claudia, figUa di Appio Cieco, sua
feroce superbia, II, 303-304.
Claudia Pulcra, cugina di Agrippina,
accusata di maestà e di adulterio,
IV. 289.
Claudia Quinta, vestale, suo miracolo,
I, 640-641.
Claudiano (Gebel-Fattre) , monte ,
cave di marmi, IV, 611, 666.
Claudn (la gente patrizia dei), I, 816-
817, IV. 240-241.
Cìmidii, patrizii.
Atta Claudio (Appio Claudio Sabino
Regillense), si stabiUsce a Roma
coi SU..Ì .-lieiiti (cons..ile nel 2.59). I,
Ita conlro
7.S1.
del prece-
030,
App. CI-iH I i.-;.ilenel303),
elett,. ,1, ...Hir... 1, s:U : .sua ti-
rainiia, S r)-s:l7 : sollevazione per
le sue violenze a Virginia ; è i '-
prigionato e si uccide, 838-839, 841-
842, 851.
Claudio (M.), esiliato come complice
del decemviro nell' altare di Vir-
ginia, I, 838, 842.
App. Claudio Crasso, nipote del de-
cemviro, si oppone alle leggi Li-
cinie, II, 24; creato dittatore (332),
vince gli Ernici, 34.
App. Claudio Cieco, censore (442),
tiene di prepotenza l'ufficio per
cinque anni contro alle leggi, pone
nel senato alcuni figli di libertini
e dà la cittadin.anza a più liberti,
lì, 276-277,286; sue opere pubbli-
che. Via Appia, acquedotti, tempio
a Bellonff, I, 851, II, 287-28S. 290-
291; oratore e scrittore di versi,
287 ; console, combatte gli Etru-
schi, 80; vecchio e cieco e. -cita con
forti parole a continuai- la suerr.-i
contro Pirro, 197-198; disser.i che
accieoò per avere oltraggiato la re-
ligione, 301.
App. Claudio Caudex , fratello del
Cieco, console (490), comincia la
prima guerra punica, passa in Si-
cilia, batte il re Gerone, e i Car-
taginesi, ed h respinto da Egesta,
II,' 210-211, 286.
Claudio Fulcro (P.), figlio del Cieco,
(<!Onsole nel 50.5), sprezza gli au-
guri , getta i polli nel mare, ed 6
sconfitto a Drepano, II, 231, 300-.
301; nomina a dittatore un liberto
ed J! condannato a pagare un'am-
cilìa (540), II, :ì76-377 ; console (548)
combatto all'assedio di Capua, 557,,
App. Claudio Centone, legato (584)
DEI NOMI E DELLE COSE.
nella guerra contro Perseo è bat-
tuto in Illiria, II, 472.
App. Claudio Pulwo (console nel 6I1Ì,
combatte i Sjihissi ( V'if d'Aosta),
III, 97; su.M-r,. ,1) 1 r,, (.i-xcco,
eletto conihii i i - (i ■'■nzio-
ne della l.-^_ [;i ts. 53.
x\pp. Claudio Puh li . Mi-il" (700),
accusato di coi-ruzione nelle ele-
zioni, III, 4G0; augure e studioso
di necromanzia, 7-15.
Appio Claudio, drudo di Giulia, IV,
217.
Claudio. — Vedi Clodin P\ilcro (P.),
della patrizia gente dei Claudii.
rlniidii Mfircrlli. plebei.
Claudio Marcello (M.), console (.553 ,
539, 510, 511, 51(;). vince gl'Insubri
e sottMUictte la (lallia Cisalpina,
II, 253; a Clastidio pi-ende il re
le spu-lic a (,
love
Feretri
1, 254-
255; dupo la
SCOI
atta di
Canne
manda p.^rte
sua lluli.i :i ::i
•inii:
(li I;oi
a. 350-
:.i(J(l; • ;,,^MIn:
il '■
< 1 : 1 1 1 ( h •
ilell'e-
SCI''"'- :
. i'. 1 ■ re-
sp.i,, .
.1. 372;
in hlMcco 1 ass
:i77-:s/
I; e al-
larga la guerra, 37!»; batte Ippo-
crate, 379; tenta avere .Siracusa
per via dì congiure, e di un as-
salto iinttMrii.i 'Isa- ;. 1-1 prende
Ani,
aguato
sili, 391 ; è ucciso in
presso Petilia, 396.
Claudio Marcello (M.), figlio del pre-
cedente (console nel 58S), vinto dai
Boi riporta vittoria sopra gli In-
subri, li, 457.
Claudio Marcello (Marco) , console ,
tenta pacificare i Ccltiheri, li, .525.
Clauili.i M;.i-.,ll , ,M 1. \r_ ,,.. ,1, Ma-
ri-.. ni ad
S...T. ■ 1 : ■ . hi 1-1 iiiiri-o dai
Clau.lhi M 1 I . .11 ronsole (703),
nniH ..li. 1. Ili, 477.
Claii.li.. \ln..., . .. I ronsole (704),
propone il 11. hi. uno di Cesare, III,
4.S0; ordina a Pompeo di difen-
dere la patria , 481 ; e ai tribuni ,
amici di Cesare, di uscir dalla
Curia, 481-482.
Cl.audio Marcello (M.) , figlio di C.
Claudio Marcello e di Ottavia, so-
rella d'AuKusto, III, 643; fidanzato
alla figlia di Sesto Pompeo, (;49 ;
l'i-'l't" '' '1 l'"P .'L'I. "•il.. .i;u
poeti, IV, 21:ì, 111, (ii:i, (iU.
Claudii Nernni.
Claudio Nerone (C.) , vicepretore al-
l'assedio di Capua, II, 387 ; caduta
Capua va in Spagna e si lascia
burlare da Asdrubale, 404 ; console
nel 547, tiene fronte ad Annibale
in Apulia e nel Hriizio, .397-399;
pi-ciid" i messno-?! di Asdrubale e
coli 1,1. r .', i_. li .- I marcia corre in
aiui.. '1 li:. - iiii.itoreal Metau-
r.., . . . in. « il nemico e
ti-i.iiii ., :;'i,i-|.il
Claudio Nerone (Tiberio), console nel
.552, va al governo dell'Affrica
dopo la battaglia di Zania, II, 421-
422.
Claudio Nerone (Tiberio), padre del-
l' imperatore Tiberio, ha un co-
mando in Campania e fugge per
timore di Ottavio, IH, 641; marito
di Livia Drusilla che gli è tolta da
Ottavio, 650, IV, 211.
Claudio Nerone Tiberio, imperatore.
— Vedi Tiberio.
Claudio, imperatore (Tiberio Claudio
Nerone), scemo di mente, IV, 313 ;
fatto imperatore dai pretoriani ,
336-338; sua infanzia e gioventù,
338-339 ; imperatore sciagurato ,
erudito e balordo, 339; misto di
crudeltà, di bontà, e di paura, 340 ;
suoi giudi/i senza autorità e senza
dec.ii-o, :itl; in potere dei liberti,
31-2-3I4: irncrra in Affrica, 344;
spcdizi.ii" in Hi'it-ii'ciri, 345; pren-
de il II •■ 1 1. h ...i,i,.,ì^ 345; ar-
chi in 1 - 11''.; trionfa,
346; ii..|. ... . jinania e in
Orienl'j, JIS, ^j\.ji no delle pro-
vince, .349; protegge i servi, 350;
abolisce i Druidi, 350; sue pedan-
terie d'antiquario, 351, 867 ; rista-
bilisce la censura, 351-352 ; censi-
mento, 352; editti in gran quan-
tità, 352-333; provvedimenti con-
tro la fame, 354, 336 ; nuovo porto
di Ostia, 354-336 ; le acque Clau-
dia e Aniene X r.T-riS;
emissario del i l , :. ;;",,S-
339; sue nn.- . ; . . rii;i-
to da Mess.-ilini . : ."- ; .1 ...in-
giura contro ili im, :j.il , e ripu-
diato da Messalina che mentre
egli è a Ostia, sposa Silio. 302-363;
Claudio torna e fa iiccidei-e Silio
adotta X.'.- .11.' .'. .!■ ., ,li 1 ;rit,-in-
nico, 370; e -li da in moglie la
sua figlia Ottavia, 370; promette
a Britannico la toga virile, 371 ; è
ucciso di veleno, 372; e divinizza-
to, 373; sua st,..i,.| .rMlriiri.'i . I,
123, IV, 866-»;: , , iit.ia
.!, !I07.
rato da
Claudio (;, , , ! .
Vespa-. ..... 1,. i: ■;
Claudio (I. iiiiii.i ili), IV, 498; rifatto
da Vespasiano, 515.
Claudio Balbino, suo scritto suU' E-
gitto, IV, 919.
Claudio Frontone (M.), nella guerra
Partica, IV, 728.
Claudio Massimo, stoico, maestro di
Marco Aurelio, IV, 720, 724.
Claudi. 1 Quadrigario (Q.), scrive la
-i.na .Il l!..in.a, HI, 766.
: . - 1 .ne , favorito di Ne-
11 11 11 . -. . 1 .. peripatetico, maestro
ili Mni-co Aurelio, IV, 720, 724.
Clauilio Tosco, suo diario metereolo-
gico, I, 4.39.
Claudio Unimano, sconfitto daViria-
c i..''i a. I^^^iuno di), IV, rfi3.
I : . ... ' /o Si'idn). citta della
|..,a 1 1 . .1.. libera, li, 453.
iKan.ir... ..a li liela. II, 1,59.
Cloaiidr , i 1 i-ii. T i. .n'ito di Com-
moili, i\ ;::. a .ile a Perenne
neirmli .1. |.i a i . ., 777; tumulto
conti-.. .Il Ha, :;:-;rS; ha tron-
cata la testa, 77S.
Clelia, suo eroismo, I, 627-628; Roma
le inalza una statua equestre, C38.
Clelio (Gracco), guida gli Equi con-
tro Roma, I, 825; sconfitto rimane
prigioniero, 828.
è spento da Tiberio, perché
si dà pel suo padrone, IV, 252.
Clemenza, raccomandata dagli stoici,
IV, 862.
Clemenza (tempio alla) e a Cesare .
Ili, 533.
Cleone, di Cilicia, capo degli schiavi
sollevatisi ad Agrigento, IH, 40 ;
muore a Enna, 42.
Cleonimo, di Sparta , chiamato dai
Tarentini a difenderli, U, 189.
Cleopatra, figlia di Mitridate e moglie
di Tigrane d'Armenia, IH, 226.
Cleopatra, figlia di Tolomeo Aulete .
cacciata d'Egitto, IH, 505 ; Cesare
la chiama ad Alessandria, 509; e
dà a lei e a suo fratello il governo
dell'Egitto, 512; amori della re-
gina e del gran capitano, 512-
.513; chiamata a Roma da Cesare,
560-561 ; impedita dai Repubblica-
ni di soccorrere colle sue navi i
triumviri, 620; amori con M. An-
tonio che le dona regni e provin-
ce. 634-635, 662, 665 ; e la dichiara
regina dei re, 670; si vanta re-
gina dei sette colli, 671; Roma
le dichiara la guerra, 674; ella
segue Antonio e lo consiglia a
dar battaglia navale ad Azzio,
676; durante la pugna fugge colle
sue navi in Egitto ove è seguita
da Antonio, 67.S ; e si apparecchia
a difendersi, 680; ultime orgie,
6^*0; oltre segretamente ad Otta-
vio scettro e corona, 680-681; e
gli consegna Pelusio, 681 ; fe riso-
luta a morire, 682; Antonio spira
nelle sue braccia, 682: è impedita
di darsi la morte, 682; tenta in-
vano di vincere Ottavio, 683; e
si uccide, 684-685; Ottavio la fa
seppellire con Antonio. 684.
Cleopatra Selene, figlia di M. Anto-
nio e di Cleopatra, moglie di Giu-
ba Secondo, IV, 182.
Cles, nel Trentino, editto di Claudio
ivi scoperto, IV, 352.
Cleta, città del Bruzio, I, 307.
Clienti, I, 693, 697; loro doveri versi
i patroni, 699-700.
Clismo, fortezza sul golfo arabico,
IV. 69.
riit-iMiia '7 ó'cioVoio), città dei Fren-
( !i' /..f.so), città degli
( lil ..' 1 Ili 1. .1.. .li Bruto, III, 628.
Cliliinno (/v Tcii^-), piccolo fiume
dell'Umbria, I1.7.V76, IV, 15.5-1.36;
ruderi del tempio a lui sacro, 155-
M 1 I. 416-417, 726.
a 13. 6.30. 724-726.
11 Ih. 1. t.nipio, II, 625.
, s.nella (h P. Clodio, III. 403.
, sposa di Ottavio, III, 607.
. — Vedi Lesbia.
(('1. dipo 1.1 sconfitta di Fi-
ri -■; irii^.-.- -il!.. n..tte di Murco
..a . M . . . 1 a a 1 . in Affrica,
.a . 1 . al .. . .1.1 l..-ill.a, IV. 4:«.
1 li pretore, vinto da
1 lai 11'.) (della patrizia
al. .li 1 I luilii), militando in
Asia (.ISt) sotto il suo c.gnat..
L. Lucullo b mandato a chi. d. re
aTigranedi con.segnar Mitmlat •.
Ili, 430; scontento di Liicull.. uli
eccita a rivolta le truppe. Mi;
accusa Catilina delle sue rapine
990
INDICE
CLODIO
COLONIA
COMO
■li Affrii-a. 372; sul' grandi infa-
mie e amore?? iamenti i-on la ino-
fflie di t;esare, e scandaloso pru-
ri-sso, -lOS-^tM: ò assoluto, 404;
suo tribunato, suoi furori, e sue
le??i , 41&-418; accusa Cicerone
JHM- la morte dei Catilinarii, e
gì" ini-i-ndia e depreda la casa e
le ville. 418-419: sue enormezze,
421 ; vilipende Pompeo, 421 ; fii
assalire a sassate Cicerone tor-
nato dall'esìlio, 423: assoluto dai
tribunali , 461 ; accarezzato dai
buoni, 471 ; continua i suoi furo-
ri, 471: tenta impedire che Cice-
rone rifabbrichi la sua casa, 471 ;
accusato da Annìo Milone, è as-
sclut... 4:2: e fatto edile, perse-
4.-.,it, :i . : ;i n,-mico, 472:
!■ 1. ! "In Bovine, e
il MI i ■. |i rtuto a Roma
i' '■:,!.. ,:,, • ,li rapine, d"in-
Clod.
V ,:i i (IX). gOV.T-
n:it . 11! n-rcsta la dc-
f.v. e .: . , .ti. IV. 747;
ri^in i 1 j.! Il il I Sarmati, 769.
Clodio .Sura (!'.), maiid.-ilo a Berga-
mo! e poi a Cimo in (jualità di
curatore imperiali-. IV, 671.
Cluenzio (L.). sannite, duce degli
Italici rivoltati, IH. 17.-,: difende
l'ompei. ini-192; e ucciso a Nola,
192.
fluilie t'osse {Setf Dissi), I, .'500, S92.
Clunia, citta degli Arevaci nella Spa-
gna Tarracouese , assediata, HI,
299.
Clupea, detta anche Aspis, fortezza
di AflVica. presa dai Romani, li,
219. 222.
Ciusium. — Vedi Chiusi
Cluverio. s^m It'ilia "nU'ioa. 1. 187.
fluvia, citta deil'Irpini, 1. 26;;.
tluvi.. Rufo (M.). storico, IV, 920.
Cucceiu Firmo (M.), centurione iu
Britannia, IV, 7U9.
Cocceio Nerva {!,.), prepara la pace
di Brindisi, III. 612
Cocceio Nerva (M.), giureconsulto,
accompagna Tiberio a Capri, IV,
291 ; muore di fame, 307.
Cocceio Nerva, imperatore. — Vedi
Nerva (M. Cocceio).
Coridio, nume guerriero in Brit.-ui-
iiia, IV, 652.
Cocinto {Capo Stilo), promontorio
nella .Magna Grecia, 1, 315.
Codice P.ipiriano (il). È una impo-
stura. 1. 720.
t.'.dcbide {M/'iir/relia e Imerezia), III,
220.
CoUazia (presso Apricenn), città del-
l'Apulia, I, 3.58.
CoUazia. città del Lazio, I, 562, 563 ;
sottomessa da Tarquiuio Prisco,
.'iflO; formula con cui si arrese a
Roma. 796.
Collegi sacerdotali in Etruria, I, 409-
412. •
Collegia. — Vedi Associazioni.
Collegio dei poeti. Ili, 789.
Collina, regione di Roma, 1, 605.
i:ollina (Porta), a Roma, vi sono
vinti i dalli, lì, 33; vittoria di
Siila, 111, 2.59»
Colofone, cittji della Ionia (rovine
presso a TeUilleh), presa da Ari-
Moni.o. II. rai: si ribella a Mitri-
il.ite. III. 214: liberata da L. Lil-
'ullo, 211: oracolo consultato ivi
da (ierm.iiiico, IV, 261.
Colonia Adriana, nel Norico, ricorda-
ta da una epigrafe interpolata, IV,
639.
Colonia Agrippina {Colonia), sul Re-
Tun:;
Petii:
ni ribellatosi , 477-17S? Traiano
vi riceve 1' annunzio della morto
di Nerva, .-)52.
Colonia Ciesarea lllici Augusta, nella
.Spagna Tan-aconese, IV, 59.
Colonia Elia Mursa (Eszrg) , nella
Pannonia Inferiore , fond.ita da
Adriano, IV, 631.
Colonia Sarnense, in Affrica, III, 526.
IV, 5.')4.
Colonia Troiana, nel Lazio, I, 532-
539.
Colonia Zernensium, nella Dacia, IV,
580.
Colonie, origini e cause, 1, .50, 51,
224; greche, in Italia, 11,96-132;
loro ordinamento, 132-133; e lotte,
133: introdotte dagli antichi ita-
liani. 2II4-. pi-r (|iial foie, ii;."): de-
di Kmi,,'.' .' ", ■.■■::)l
me giogo SUI vinti, servivano alla
difesa di Roma, 268; ed erano
trattate duramente se rivoltavan-
si, 269; pagavano un censo an-
nuale, 271 : loro contegno dopo la
presa di Capua, 3!)3; le colonie
marittime ordinariamente esenti
dal fornire militi. 3nS: CaioGracco
litari. ■'■-'.: I 'II' <la Cesare,
.■.:57; il i ' _li abitatori,
63.5-(;:;'; ■' ■ - . ' ■ mai, IV, 43,
60; ih 11 ■ [1- 1 ' . '■■-■' I ; dei tempi
di ( i - di Nerone,
375; lii 'M in ,; ,, II.-,; di Tra-
iano 11 ; II- nelle due
Mesi.- -\ .ì. \!:. .010,663; di
M.-Pro \iir. Ii.i. 710, 7r-.
e .1 ,Mir. \hi..irnia, IV, 713-715, 734,
: 1 1. 7 1:. ::.'..
r.ii iiiiKi K.'L;L:iiia (a Catana o a Ca-
/,■„,„>). 1, 304,
Coloina rostr.ata, di C. Duilio, II,
2U;-217, 30().
Colonna T.aiana, ricorda il trionfo
5S4-,-
.599 -.
pellii
I I : .li I-;truschi. I, 438-439.
( , '. ili .Vnlìteatro Flavio.
r 1 , . -Il M limone. IV, 202, 666:
miru'oli (l.dla statua vocale, 666,
668: visitato da .•Vdriano,'fi(!7-eHS;
restaur.ito da Settimio Severo, 668.
— Vedi anche, 919.
Colosso dì Nerone, IV. 403; poscia
trasformato in Apollo, 515, 678;
(>)mniodo vi pone la propria te-
sta, 709.
Colosso di Rodi, rialzato da Adriano,
IV, 064.
Combattimenti in onore dei morti ,
I, 511.
Cometa, e .nipni--! jv-r.. d,,|,o la morte
di e- . in .; i-^:.-,; e durante
l'imp. 1 .|| : ,. IV, 390.
Coininio ( \ .,1 ,, . ,11,1 il, -li Eijui, I,
22y-:':;u.
Comiiiio Cerilo, città dei Sanniti
Peiitri, 1. 259; assediata e bru-
ciata dai Romani, lì, 87; risorge
ed é presa di nuovo, 89.
Cominio (Ponzio), sale al Campido-
glio assediato per avere il decreto
che nomina dittatore Cammillo, I,
894.
Comizi delle centurie (Comitìa cen-
tvì-intn), I, 710; loro adunanze
nel Campo Marzio, 713-714 ; per la
elezione dei consoli, 717; giudica-
no della vita dei cittadini, 847 ; li-
berati dal ì-ctiì dei romizi curiati,
II, 30; ai-|iii-i.ni" ili "^illa la po-
testà lu-i ■ ■ ' li: ::;.
Comizi coiis.. 1 \ _ .1
Comizi dell.' Il ir \i' -l'I.'' furiata),
condaiiiiaiio ,i moi ii- Manlio Capi-
tolino, 11 , 17 ; è tolta loro ogni
potestà legislativa, 31.
Comizi del popolo. — Vedi Comizi
delle trihn
(Jomìzì dolli- I i-.iiii i' ■■' ' ' . '".'.'i,-
compost i 1 .' I , . ■ 1 1 1 I >;.■:. I I ,
814: s.ii.i'. . r — !■_-,■.
II. 2.S0; |i . .; ..LII. lii-
Ottavio. Ili, 075; turbamenfi per
la morte del re Antioco, W. 258;
sottoposta a un pretore, 261-262;
riunita da Vespasiano alla Gala-
zia, 495; provincia, 782.
Commedia, rappresenta i costumi ro-
mani. II, ,579-589.
Commedia palliata, II, 645-646.
Commedia togata, 11, 016.
Commedia. — Vedi Prologhi, Teatro.
Commedie , scrittori romani , 111 ,
789,
Crvinni.'nio Ir.ntfali tra Roma e Car-
tn 11,. 1 :ji;-7.«, 772, lì, 325; di
1: ., , ì \ ; 'I ,'110.
Con, .1,1 . r,-lio), figlio di Mar-
, \ .; Il -iste al trionfo del
ji. Ir, l\ '.':!. 744; lo accompa-
:;ihi ii,.il:i ^|i',iìzione contro Avi-
ili , 1 ,~ 1 , 7 17; sue nozze con
lari o torna a Roma, 768; e
rioiifa, 708; guerre, 769; ricevo
nomi di Sarrfiatico, Germanico
■ lì-it-ìmii'- , 700; libidini e cra-
. I. :,.' 1 ,tt i;jlie del sozzo pri'n-
770-771 ; "sopran-
fe spenti |.i-r ,-,.iigiuia di o.il.t
77!)-7.Sll ; gioia universale, .bO
poi deilìcato, 780.
Oli» '/lociV'iift .(compagnia dei), HI
(•..ln,.i ■■ ■ unir,-. I. 379.
e I , ,1. lì Orobii, I, 66-67
i;. ,: , <I ,:,'li Insubri, II, 4.57
,1,111, il.i ,liK l'iinii, IV, 921
DEI NOMI E DELLE COSE.
991
COMPLICI
COPAIDE
CORNELIO
Wl) : contese tra essa e i monta-
friioli regolate da QJaiiciio, S-VZ ;
curatore imperiale, 071 ; benefi-
cata e adornata da Plinio il Gio-
vaìip. Rflfi. 941. 044, 945.
Compii, i. ii^ii].- dei Caliiri in Etru-
ri.-i. 1. "i:-:<:. :;s-,-:-;so.
Compsa (r,,,,sv(|. .111,1 degli Irpini, I,
264; pr.-.i dni KMmani. 11, 72;
riruri].. d'Antonino, IV, 71C; iscri-
f..M.l, , , ,, i: I, ,. IV, 207, 208.
Con.jMiii , I , , i|, , ,i,.i Galli Gesati,
li. .4'>, 1- laitn prigione al capo
di Ti-l:im.,iR', 2.52.
C.incordia, IJea. IV, 764; tempio. Il,
24; volato da Gueo Flavio, 278-
. -279; innalzato da Camiiiillo. 297.
- Vedi anche. III, 588, IV, 192, 469,
Concordia Angusta. IV, 810.
Coiicor.;ii deUWL'.jne Capitolino. —
rnm;.i., ,ii Perugia, 173-174.
Congenziato o Congonneziaco, figlio
(I-I re Hituito, i! condotto a Roma,
IH, 'J4-9.Ì.
Conci rnecare. II, 602.
Congresso, d'archeoIn<;ia preistorica,
tenuto a Bologna nel 1871, I, 49,
16H.
Coni^v (InV v.-ìmi,,. dell'Italia meri-
Coiis.: !! ,, I,, : . in Etrnria ai
Cons.iii a .,r s, ,:..;, .capitale del Brn-
zio, I. ::o.",, Il, 1S8; presa dai gla-
diatori, IH, 306; assediata da Sesto
Pompeo, 042.
('•nisigli.i di Stato, ereato da Augu-
sto, IV, 29; rinnovato da Adriano,
6:ì:{-i;:54, 814.
Consilino, nel territorio di Caulonia,
I, air,.
Consolato, i tribuni chiedono che vi
siano ammessi anche ì plebei, i
iiuali, dopo lunghe e fierissinie
lotte, l'ottengono, I. 853-S"'>7, II,
22-24, 20, 28, 30; Siila richiama
in vigore gli ordini antichi, III,
C.jnsoli^ hanno potere regio, I. 717-
71S: i-l.'tti lu-l .oiiiizio delle cu-
ri.' TU iti in quello delle
■ ■ -1 I ' I l.'lie ottiene che
n;i . :i M'assemblea cen-
tuii.iM sul: . mi di carica pos-
.■i.Mi.i .■^■;.■la■ .-itali dai tribuni, 811;
dapitrima chiamati pretori o capi-
tani generali, 840 ; loro ufficio e
autorità, li, 281-283; Pompeo i!
latto console senza collega. III,
473; Augusto si fa dare potestà
c-onsolare a \-ita, IV, 22; sottj
Claudi.), 349.
Contcnebra, presso Tarquinia, rovine
etnische., 1, 144; distrutta dai Ko-
mani, II, 13.
('ontriliiizi.ini. — Vedi Imposizioni.
Conviti. - Vedi Cene.
Conviti pubblici. III, 18, 357, 528,
534, IV, 104.
Coo, is.da deir.\sia Minore, si ribella
a Mitridate. III. 244; vesti traspa-
renti. \\ . JiiO; feste di Pismie per
la i,...it.-cli („.nnanico, 20.5; Clau-
di., 1.- da imaiuiiira. 349.
Coorte pret.naa, II, .544.
Coorti di guardie notturne, III, 600.
Copaide, lago in Beozia, III. 243.
Copino, condottiero del Volci Tecto-
sagi, vinto da Siila, IH, I2S.
Coponii, famiglia etrusca, I, 484.
Cora (Cori), città dei Volsci, 1, 233 ;
colonia» dichiara che non può dar
soccorso a Roma, II, 393, 394 ; ri-
dotta a un borgo desolato, IV, 794.
Coracesio (AlaicCf, fortezza dei pirati
in Cilicia, presa da Pompeo, HI,
333.
Corazza etrusca, scoperta a Orvieto,
I, 431.
Corbinati (Corbinl) fanno guerra a
Roma per i Tarquinii, I, 631.
Corbione \Rocca Priora), città degli
Equi, I, 229,5.52; presa da Corio-
lano, 791.
Corcia (Nicola), sua opinione sulle
origini etrusche, I, 204-205.
Corcira (Corfii), liberata dai pirati.
II, 248 ; vi canta Nerone, IV, 418 ;
visitata da Vespasiano, 488.
Cordo Mucio. — Vedi Mucio Cordo.
i Pompeiani e Cesare, 531 ; strage,
532; patria di Anneo Lucano, IV,
877.
Corfniio (Prntimii). città dei Peligni.
I, 240 ,.-,,:: , ,,i|.,, Roma, 111,
170 : ]. ■ ■ , .'.Ila lega ita-
lica. 1 r ' il i:;-174; riceve il
noni.' .1. II .1: . . ]7i;; la Dieta
italica e irasiern.i a Boviano, 190;
si arrende a Cesare, 489; trib. mi-
litum a poìmlo, IV, 788.
Corinna, celebrata da Ovidio , IV,
160.
Corinto , esulta all' annunzio della
vittoria romana in Illiria, II, 248 ;
vittoria degli Achei sui Macedoni,
437; nresidiata dai K.i..,ani 438;
i! di. -li:. il' Il I ii'.-L' I ;s l,.|to il
presi. 1 I 11 . ■ ,■ I milio
P<a..|.. 1 .■ .1 , , 1 ,.s,-m-
blea .! _:, \ \: l'I I -..aiatO
il...
Come
Cornelia. ìu.,k1u di P..!,,].. ., .Ma-no,
III, 50i ; vede la sua uccisione e
ne raccoglie le ceneri, 506.
Cornelia, vestale, sotterrata viva, IV,
.522-
Coriudiaii . i|.,,.,. 1 ■,u'vi>,ìt(i) , co-
l..ni:. .1 I _ : . neli.ani, 1,20.5.
Curn.-lii ~ :|. . '• i grandigie e
sepol.T., Il, i.i,-,-;.!-;. Ili, 03.
Cornelio (C.), già questore di Pom-
.da
Coriulauo, 7'Jl.
Cornelia, figlia del primo Afl'ricano
e madre dei Gracchi, 111, 4.5-40;
educa i suoi figli, 46-47 ; creduta
cnnplice della rnorte di Scipione
Emiliano, 62; induce suo figlio
("aio a ritirare la legge che proi-
bisce di rieleggere un magistrato
deponi.. .1 iliK.i, 1., :: SI ...rc.ir-
reil i:^, ,.:•,,;■:■,;: ,r, dcl-
l'Av.i,! ,,,.-, ; , , vita
di
peo, tribuno nel6.S7, leggi da lui
proposte. III, 355-3.56.
Cornelio (C), congiura con C.atilina,
III. 373.
Cornelio Arvina (P.), console, condu-
ce le truppe nel Sannio, II, 70.
Cornelio Balbo (L.), di Gade. vince i
Gararaanti, IV, 87; è il primo
straniero onorato del trionfo, 87 :
suo teatro, 196.
Cornelio Celso (A.), suoi libri sulla
medicina e sulle arti, IV, 170-177.
Cornelio Cetego (C), console, vince
gli Insubri e trionfa, II, 457.
Cornelio Cetego (C), congiura con
Catilina, IH, 373; arrestato con
armi nella sua casa, 381, 382: e
strozzato, 386.
Corneli., Cetego (M.). oratore. III, 093.
Corneli.i Cletego (Publio), già cacciato
da Roma, si unisce a Siila, III,
2.52.
Cornelio Cinna (Lucio), eletto console,
III, 207-208; chiama in giudizio
Siila, 208 ; propone che siano ri-
chiamati i banditi da Siila, e ri-
messe in vigore le leggi Sulpicie.
208; cacciato da Roma solleva l'I-
talia, 20.S-209; accoglie Mario, 212 ;
muove contro Roma. 214: vi en-
tra e la empie di stragi. 210-218 :
uccide gli sgherri dì Mario, 218;
si crea console, 218; governa Ro-
ma, 220; raccoglie armi e de-
naro per impedire il ritorno di
Siila, 250 ; ucciso dai soldati ri-
belli, 251.
Cornelio Cinna (L.), figlio del prece-
' dente, si unisce a Emilio Lepido,
III, 288.
Cornelio Cinna (L.), pretore, loda gli
uccisori di Cesare, 111, .507; é
messo in fii?a n s:,.c«nti., 570.
Cornelio (111:1:1 :i.i ii^iuracon-
tro Au-i: 1 . ]. rdona e lo
facoiis,,.. i\ r-
Cornelio e. 1-^^. i,\ 1 ti il. uno militare,
uccide Tolunni.i. n^ dei Veienti.
I, 869.
Cornelio Cosso (A.), dittatore, vinc
i Volsci ai campi l'oiitini. II, 13;
cita Manli., 11,... .I:ii... W.
i'..rn.-li.. 1 , ,, , \ , ,n ,,|, . va a dl-
C. ini. -il.. 1 ii.-.L.. Il hiii.rto e fa-
\..rilo di Mila, arriccliisce coi beni
dei proscritti , 111 , 203 ; assalito
da Cicer.nie, 204.
Cornelio Dol.ibella (P.), vince i Senoni
e probabilmente i Boi al lago Va-
diraone, 11, 91-92.
Cornelio Uolabella (P.), tribuno ,- ge-
nero di Cicerone, empie Roma di
sedizioni, IH, 515; ingiuria la ni.j-
glie di M. Antonio. 515; ha in
dono da Cesare le ville di Pompeo.
543 ; corteggia Bruto, 506 ; propo-
ne che gU idi di marzo siaii.i l'e-
lebrati comedi 11:11 ilii . d. i! . .iit.i.
507 ; frena i in; : i .1 ;: ■ 1 :.l...
contro gli UCCÌ-Ì...I: il ' 7.;;
esaltato da Cicii- ■''■ i.-. ide
a Smirne Trebonio. WXi-b'.'ù : iittti-
vio fa abolire la sua proscrizione,
604; assediato in Laodicea si uc-
cide, 619.
Cornelio Dolabella (P.), figlio del pre-
cedente, innamorato di Cleopatra.
III. 08.3.
Cornelio Frontone. — Vedi Frontone.
Cornelio Fusco , prefetto ilei preto-
riani, parteggia per Vespasiano,
IV, 404 ; capò della fiotta a Ra-
venna, 408 ; sconfitto ed ucciso dai
Daci, .529.
Cornelio Gallo (C), scrittore di eie-
992
CORNELIO
INDICE
CORNELIO
CORNELIO
gie, e poi grovernatore di Egitto,
ove si uccide, IV. 62, 110; amico
a Virgilio, 118, 119.
Cornelio Lentulo (Lucio), console,
combatte e vince i Sanniti , II,
5fi. 57; va in Lucania contro Pirro,
201.
Cornelio Lentulo Lupo (L.), sostiene
che la distruzione di Cartagine e
dannosa a Roma, li, .503.
Cornelio Lentulo Cnis (L.) , consule
(705), ordina ai tribuni, amici di
Cesare di uscir dallaCuria, III, 4SI.
Cornelio Lentulo (P.), combatte tra i
duci contro i sollevati Italici, III,
173; trucidato a Roma da Mario,
217.
Cornelio Lentulo Clodiano (Gneo) ,
console nella guerra dei gladia-
tori, III, 30(3; vinto da Spartaco
nellWppennino e nel Piceno, 307.
Cornelio Lentulo Getulico (Gneo) ,
proconsole in Germania, scrittore
di storie e di versi erotici, ucciso
da Caligola, IV, 3;«, 866, 918.
Cornelio Lentulo Spintere (P.), con-
sole, propone il richiamo di Cice-
rone, 111. 421.
Cornelio Lentulo Spintere (P.). figlio
del precedente, seguace di Bruto,
III. 566.
Cornelio Lentulo Sura (P.) , pretore,
già cacciato dal senato, congiura
con Catilina, 111, 372; attira nella
congiura gli ambasciatori AUo-
brogi, 378, 379; arrestato, 381:
confessa ed fe degradato, 382; e*'
strozzato, 383.
Corneli ■ Merula (L.), console, tenta
salvare Roma da Mario, ni. 213;
e non riuscito, si kvioi.i 217
CorMelioMet.-ll,.S.-,p; .,,,• 1,1 . ^i,,.- r
di' Pompe- 1. è n i 1
Pompeo. III. n '
ga,475; pr.ip,.),.- ,Ii ^li.-hi , i , ,■ i -
sare nemico della p.itrin . 481 : .i
Ijirissa, .501; ha il comando dei
Pompeiani in Affrica, 517 ; preso
dalle navi di Sizzìo si uccide. .520.
Cornelio Nepote, lodatore eccessivo
di Pomponio Attico, III, 741 ; no-
tizie sulla sua vita , 784 ; storia
universale, altri scritti e suo mo-
numento a Ostiglia. 785; Vii'- flr-
ijti ecclh-nti riipiio.ii. 7S;-7.><8.
Cornelio Palma (Aulo), governatore
di Siria e vincitore degli .Vralii,
IV, 601 ; onorato di statua da Tra-
iano, 603; congiura contro Adria-
no ed fc ucciso, 631.
Cornelio Rufino (P.), console, cacciato
dal senato. II, 304.
Cornelio Sabino, tribuno dei preto-
riani, congiura contro Caligola,
IV, 3;}4; lo ferisce, 335; non vuol
sopravvivere alla libertà, 3.J8.
Cornelio Scipione Asina (Gneo), con-
sole (494), fatto prigioniero a Li-
pari, II, 21.5.
Cornelio Scipione Barbato (L.), cx>n-
sole (456). combatte a Volterra,
II, 79, vinto a Camerino dai Galli,
81 ; vincitore nel Sannio e in Lu-
cania: sua urna sepolcrale, 305-
:«)6. 311. 402.
Cornelio Scipione (I,.), figlio del pre-
cedente, vincitore della Corsica,
II, 217, .30.5, 402.
Cornelio Scipione Calvo (Gneo), con-
sole, 8«itt. «mette là GalliaCisalpina.
II. 2.53: va con le legioni in Spa-
gna, 315: battei Cartaginesi alle
foci deirKhru, 355; fti prigioniero
Annone , ricaccia i Cartaginesi
oltre l'Ebro, riprende Saguuto,
fc disfatto e ucciso, 402-403. •
Cornelio Scipione (P.) , fratello del
precedente, console, muiA'e' alla
volta di Spagna e jntro Annibale,
già diretto alle Alpi, II, 334; non
.rrrivato a tempo per combatterlo
in GaUia viene a incontrarlo nella
pianura del Po, ed è battuto al
Ticino e alla Trebbia e si ripara
a Piacenza, 335, 340-:ì42; rag-
giunge il fratello in Spagna,
, combatte felicemente d.ippriina e
alla fine è con lui disfatto e uc-
ciso. 402-403.
Cornelio Scipione (Publio), detto poi
.\n"ricano, figlio del precedente,
chiede il comando di Spagna per
vendicare gli uccisi, II, 404-405;
.■sua nascita e costumi. 405; al
Ticino salva la vita del padre, 405;
sua intrepidezza a Canne, 405;
ottiene il comando di Spagna, 406;
espugna Cartagena, 406-407 ; vince
Asdrubale a Becnla, 397, 407;
r.ii-cin i rni-tJiL'iiv^i ili Spagna e
v[ I :, \t: I ;, . ;, -I ■-., _ . ,. -illeanza
' '!' ^^ I 'T-i '- ., il Italica
<!'' - ^ ;■ I , I M'ierani,
■li'^ i r:)! n li ..,i:l i i.-.-,, ,li glo-
ria e (li preda, e contro l'opinione
dei vecchi propone di cacciare
Annibale d'Italia col portar la
guerra a Cartagine, 409; eletto
console col permesso di passare
in Affrica senza dargli le forze
necessarie alla impresa, 409-410;
aiutato dagli Italiani di uomini e
d]arnii, 410: toglie Locri ad An-
nibale, 410; fc riconosciuto inno-
cente delle scelleratezze ivi com-
messe da Plcmitiio, 411: p.nrte
.l-ill-i Si-iliT p,,pV\fVri.-i, flMI?-
■IIK •■ lì iii-it- 111 i-ull.L :.u.^„a.ic
.li Campi Magai . 415 ; ne.ga la
pace domandata da Annibale ao-
i-orso a dif.Mider la patria. 421;
grande vittoria di Zama, 421 ; ac-
corda durissima pace a Cartagine,
421-422 ; trionfa, ed ha il sopran-
nome di Affricano, 424 ; accompa-
gna il fratello Lucio alla guerra
contro il re Antioco di Siria, 448;
va contro i Boi, 4,58; si tiene su-
]>eriore alle leggi e governa quasi
sovranamente. 555-156; sue ele-
„,„,..„ „ „,..,, ,,,:^j,,^ .556-.5.57, 560;
■■" '■ ì ' ; ■ ■' ra di Porcio Ca-
' ' iide in giudizio
|> '1 - 1 IH', grandi gesto, e
r'iilu'. il 11 -11. lo dal tribunale ,al
t'ampidoglio a ringraziare gli Dei,
.561; sdegnando di comparire da-
vanti ai triliuni, va a Literno. e
ivi finisce in volontario esilio i
suoi giorni, .56?: scrisse in greco
le sue imprese. 609; celebrato con
un poema da Ennio. 615-616.
inieli.i Si-ipione II'.), figlio del prc-
'«■Ili |i.. I.', degradato dai
1 1 N scrive in greco
'l'ii'ii I S' ipi 111' (Lucio), detto poi
l'Asiaiir-o, 111 Spagna, II, 407; va
col fratello in Affrica, 413; va in
Grecia contro Antioco re di Siria
e poi passa in Asia, 448; disfà
.\ntioco a Magnesia del Sipilo,
448-449; trionfa, 449-150; prende
il soprannome di Asiatico, 450;
veste alla greca. 557; accusato
per opera di Porcio Catone, 560;
scusa il fratello dell'assenza, .562:
ìi condannato dalle tribù a forte
ammenda per la pecunia presa da
Antioco, 353, 564 ; Catone Io can-
cella dalla Usta dei cavalieri, 566;
fa dipingere in Campidoglio la sua
vittoria di Asia, 604.
Cornelio Scipione Emiliano (P.);, detto
poi Affricano, protettore di Poli-
bio intercede per la liberazione de-
gli Achei prigionieri, II, 493; e
salva il Peloponcso da crudeli trat-
tamenti, 499; spettatore della bat-
taglia di Oroscopa, 504; all'asse-
dio di Cartagine ripai-a all' inca-
pacità dei consoli, 508; fe nominato
esecutore testamentario di Massi-
nissa, 508; eletto console prima
dell'età ritoiii i .,i A'i i-i , .509-
510: salva I ' ; 510:
delibera di ii i -ine ed
entra in Mej !■ i '.i"i; ■ ^iniisce
una diga per rliuidei-e i uscita dei
porti. 516; vince in mare le navi
cartaginesi, 517; si impadronisce
del porto esteriore , 517 ; vince il
campo e prende la città di Neferi,
518; assale Cartagine, 518; e
prende Birsa, 519; versa lacrime
sulle rovine di Cartagine , .520 ;
rimanda i capolavori che Carta-
gine aveva rapiti alle città greche
di Sicilia e di Italia, 520-522; ri-
ceve il nome di secondo Affricano
e trionfa, .524: va in Spagna. 534;
ristora la disciplina, 534 ; devasta
j dintorni di Numanzia, e l'assedia,
.534-535; chiude il Douro, 535; ot-
tiene ostaggi dà Lutia e fciglia
loro le mani, ;535 ; entra nelle ro-
vine di Numanzia e trionfa solo
di un nome. 5.35-53(5; lodato per
la sua onestà, 552; si scandalizza
il 'Ilr In ' i?i.ine greca data ai gio-
I ini, 602: ebbe a maestro
1 n.; -, amico del poeta Tc-
i - I 10; la sua casa frequen-
i.it.i il.i ji ioli, da eruditi, da giu-
ivi-unsulii e da storici, 651; chiede
agli Dei che sia conservata la loi^
tiina romana, III, 44; sposa una
sorella dei Gracchi, 46; impreca
da lungi a Tiberio Gracco, 58-60;
ritornato di Spagna combatte il
trilmno Carbone, 60-62 ; il popolo
tumultua contro di lui, 62 ; è tro-
vato morto, 62-63; funerali cele-
brati da Tuberone, II. 577; qualità
del suo animo e della sua mente,
111, 63-66 ; eccitò a piii grandi spe-
ranze il giovane Mario, 100; rac-
comandò al re Micipsa il giovane
Giugurta, 104 ; sua eloquenza, 693,
694.
Cornell 1 s.-ipi,,,!,. Abiatico (Lucio),
V nonn , M , , , , 1 (i;71), HI, 2.51;
trir , ! ,• «abbandonato
dall' , iri,p|., jr. .'-2.53; .''lascia-
to M.iic lu 11,. ho a Marsilia, 267.
Cornelij Scipione Nasica Corculo (P.),
nella guerra con Perseo prende
le cime dell'Olimpo. II. 478-, i.
combatte a l'idna 47n-4.<!n- rom-
batte Andi-is. , l-l v, ,,•.■ -nlli
guerradilVi : i'^ - ,,-,,. i,..
la distruzion.' .,! ' i ■l'ivin l;m-
nosaaRoiiii. ",ii;. .., ,i|,|, ,,i.- alla
costruzione di un teatro stabile,
626.
Cortielio Scipione Nasica (P.), figlio
di Gneo Scipione Calvo, riceve a
Ostia il simulacro di Cibele. Il,
594 ; suà familiarità con Ennio,
61.5.
Cornelio Scipione Nasica Serapione
(1*.) , sua resistenza alla legge
agraria di Tiberio Gracco, III, .50,
54 ; capo degli uccisori di lui, .57 ;
e mandato in Asia, ove muore,' 59.
J
DEI ìNOMI e delle COSE.
93-3
CORNELIO
CORNELIO
GRATI
iolio Siila (I,.), <:,nK questore di
lario premi.' p:irle al cohibatti-
leiito (li Cirli. Ili, UT: sua na-
ira e suoi stuili. lls-ll!>-, induce
.ji-co a rniise^iiaj'-li i;iu,?uTta,
1!»: si giuria ili aver terminata
i iuerra iiuiniilira, l.'O; vince i
.,ìei Teet(..sa-i . liS; alla batta-
lia di Vereelli. 1:5:!-1:51 ; contra-
a a Mario la ^doria ilella guerra
umidirvi, 155;" nella guerra so-
ale, 178; vince i Marruoini, 185;
d to pretore muove contro i San-
iti, 1S(;-187; distrua-ge Stabia,
11; prende Pompei. 102; vince L.
lueuzio a Nola. Vii: sottomette
. Campania, r.i-2; iiieeudia Eola-
r.rro r lìamine il
t.. -■ -■:,■... il,., 201;
"::" h J-iSuI-
,i > .iiipania e
LI .i.M, 2U(l-207;
i-Uiamuto in giu-
'Asia, 208; pro-
l'.i2;
stragi civili, 2U7
(lizio parte per
pretore in Cilici
226;
ni
234-238; vino
nea, 23!>-240; celebra la vittoria,
241; va contro Valerio Fiacco e
poi torna in Grecia, 242 ; vince I)o-
rilao e Archelao a Orcomeno, 242-
243 ; oonchiude la pace con Mitri-
date, 246-247; sue lettere minac-
ciose al Senato, 249-250 ; approda
a Brindisi, 251 ; si rafforza di aiuti
e vince Norbano al Volturno, 251-
pionc, -JJ&Z-ZD3; vince u giovane
Mario a Sacriporto, 254-255 ; va a
Roma e poi a Chiusi cnutro Car-
bone, 255; vince a Saturnia, 25G;
impedisce che Ponzio Telesino si
unisca al eiovane Mario, 257-25S;
accorre a Roma e sotto le mura lo
vince in gi-ande battaglia, 'ir,S-2',:i ;
fa uccidere i prigioni nella Villa
Pubblica, 2C0; proscrizioni, 2(il-
2(i2 ; arrichisce colle rapine, 263 ;
fa grazia a Ululi., (osare, 264;
riempie di stradi l'Italia, ■2i>4-267;
si fa nominare iiittatore, -'(iS ; trion-
fa di Mitridate, 2i;S i si chiama
friire e protetto dit'ln l'oflvun,
2ii0 ; rinnova gli ordini antichi e
il Senato, 271 ; abolisce la censura,
272 ; riforma il tribunato, le assem-
blee popolari, il consolato, 272-273 ;
rinnova la legge di maestà, 273 ;
sue leggi criminali e suntuarie,
274 ; sua religione, 275 ; rifabbrica
il t«mpio di (iiove Capitolino, 275,
viola la legge sul secondo conso-
lato, 277 ; sua favola del villano e
degli insetti, 277 ; sua abdicazione,
277-278 ; impotenza desìi ordini da
lui stabiliti, 278-270 ; muore a Poz-
zuoli, 280 ; onori funebri a Roma,
281 ; gli ordini da lui introdotti gli
sopravvivono, 285-280; libera uno
schiavo cha ha denunziato il pa-
drone e lo fa gettare dalla rupe
'l'arpeia. 34 ; suo rispetto per Pom-
peo, e poscia sua avversione per
lui, 313. 314; porta via le colonne
al tempio di (iiove olimpico ad
Atene, IV, 0.50 ; suoi Oìnìnv'nturU .
Ili. 204, 280,770-771; scrittore di
versi e (li commedie satiriche, 780-
700; premia un cattivo poeta a
patto che non gli faccia più versi,
urnelio Siila (Fausto), lìgho del Dit-
tatore, ij trucidato in Affrica, III, ,
520 ; battuto alla scuola da Cassio,
Cornelio Siila Felice (Fausto) , sacer-
dote Arvale e marito di Antonia,
esiliato a Marsilia e ucciso, IV, 390.
Cornelio Siila (Publio) , gli è tolto il
consolato. III, S.JO; congiura con
Catilina, 3,56, 372, 373; Cicerone
lo fa assolvere, 380.
Cornelio Siila (Servio) , congiura con
Catilina, HI, 373.
Cornelio Sisenna (I<.), oratore e sto-
rico, III, 707-708.
Cornelio Tacito. — Vedi Tacito.
Corni {Corani (\ fanno guerra a Ro-
ma per i Tarquinii, I, 631.
Corniculanì, monti, I. .502.
Corniculo {Moiilirflli), 1,502; sotto-
messo da Tarquinio Prisco, 500.
Cornificia, sorella di (;ornilìcio, au-
trice d'epigrammi, HI, 700.
(Jornifioio, amico di Catullo, scrittore
di versi d'amore, HI, 700.
Corni fìcio (Lucio) , si salva a Taor-
mina con eroico valore, IH, 055.
Coriiiacio (Q.), governatore d'Affrica
per la Repubblica, vinto da T. Se-
stio. III, 620 ; si unisce a Bruto e
a Cassio, 620.
Cornus {rorchinfx), in Sardegna, an-
tichi ricordi, II, 245.
Cornuto (.\nneo). — Vedi Anneo Cor-
nuto.
Cornuto (M.), pretore, tenta difender
Roma assalita da Ottavio, III, 603-
604.
Corona aurea, IV, 82 ; castrense, val-
lai-e, murale, navale, civica, H,
318; graminea, 354, III, 132.
Corporazioni delle Arti e mestieri. —
Vedi Associazioni.
Correttori, magistrati, IV, 42.
Corruzione romana, 11, 574-577 e seg. ;
descritta nelle satire di Lucilio ,
654-055 ; cresce ai tempi d.dla
inaudite, 82 7 ! , j; i turpi
principi e t.n | ) ; -s>0;
e.;cezioni di .ii ' > f ■ lo. Late
per severo .■l.^! ■ -ì pit-
ture delle 1)1- ', :: . i nelle
Satire di (.i..Vinii. ■ -:-- i,
Corsica, detta (.imo dai i.reci. isola,
Stazione navale etrusca, I, 130 ; ta-
glieggiata dai Siracusani, 881 ; cor-
rerie romane, 11, 217; posseduta
dagli Etruschi e poi dai Cartagi-
nesi, 237; ridotta a provincia, 230,
542; suoi abitatori, 240; conside-
rata da Roma come paese stra-
niero, 272; si ribella ed é sotto-
messa, 460; Pompeo la libera dai
pirati , IH, 333 ; esilio di Seneca,
IV, 360 ; parteggia per Ottone, 445.
Corssen ((Juglielmo), suoi studi sul-
l'etrusco, 1, 482.
Corsula, città pelasgica nell'Agro Rea-
tino, I, 76, 78.
Cortigiane, 11, 5S5-.558, 111, 18, 10, IV,
253, 521, 828.
C'ortoiia, detta anche Corito, cacciali
gli Pmbri è abitata dai Pelasgi, 1,
78-79; una delle città principali
di Ktruria, 123, 133 ; sua antichità,
1.52; lampadario. 152, 519; chiede
pace a Roma, 11, 70.
Cortuosa, presso Taniuinia , rovine
etrusche, I. 144; distrutta dai Ro-
mani, 11, li.
Coruncanio (Caio), ambasciatore con
Lucio suo fratello in Illiria, fatto
assassinare da Tenta, lì, 217.
Coruncanio (Tiberio) , trionfa degli
Etruschi, II, 02; torna a Roma
all'avvicinarsi di Pirro, 100 ; primo
maestro pubblico di (iiritto, e pri-
mo pontefice massimo tra i plebei,
Corventani (i), fanno guerra a Roma
per i Tarcjuìnii, 1, G31.
Corvi, macchine navali, li, 214-215;
non giovano alla battaglia di Dre-
pano. II, 231.
Cosa o Cossa (Ansedonia), città p(V
lasgica occupata dagli Etruschi
Vulcenti, I, 130, 146, 160; mura
ciclopiche, rovine e necropoli, 100 ;
colonia romana. H, 93, 269, 427;
Emilio Lepido vi è sconfitto, HI ,
280.
C.jsa o (^ossa. sulla costiera di Amalfi,
abitata dai Picentini, I, 278.
Cosano, porto di Cosa (Porf Ercole),
I, 100.
Cosano, promontorio (MontargenUv-
160.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV.
Cos<! fatali (le sette], I, 733-736.
Cosroe, re dei Parti, mette sul trono
d'Armenia Exedare, IV, 613 ; chie-
de a Traiano che vi nomini Par-
tamasiri, 613; messo in fuga, 616;
rimesso sul trono da Adriano, 628.
Cossa. — Vedi Cosa.
Cossa, città della Magna Grecia (Cas-
sano ì), occupata dai Sibariti uni-
tisi ad una colonia ateniese, I, 321.
Cossinio, legato, ucciso nella guerra
dei gladiatori, IH, 306.
Cossura, Cossyra o Cosyra (Pantelle-
ria), isola, UI, 267.
Costituzione romana , cambiamenti
veri e supposti dopo la cacciata
dei decemviri , I, 840-841 ; perfe-
■/i..nnta, H, 27.5-280.
( 1.1 i/i.me Sillana, Pompeo si ac-
• a distruggerla, IH, 315-317.
' ■ i, popoli Sciti, asealtan l'Inr-
p ..., IV, 734.
Cistumi e usi dei popoli italici, I,
489-521.
Costumi romani, descritti nelle com-
medie plautine, H, 622-626; e nelle
S'Iti rp_Meììippee di Varrone, HI,
I . .1 i . le degli (Idrisi, nella Tracia
..I iemale, fa alleanza con Perseo,
11, 468, 481.
Colini, popoli Sarmati, assaltan l'Im-
pero, IV, 734.
C.jtisone, re dei Uaci, si unisce con
M. Antonio, IV, 567.
C.jtone di Etiopia , portato a Roma
dalle navi di Egitto, IV, 206.
Cotone, porto interno di Cartagine,
li, 514, 518.
Courgenay (piano di) (presso Poren-
truy), campo di battaglia fra Ce-
sare e Ariovisto, IH, 433.
Courmaveur, detto dai Romani Auri
fodinae. in Val d'Aosta, IV, 92-93.
Cozio (Marco Giulio), regolo alpino,
cliiede pace ad Augusto e gli in-
nalza mi arco a Susa, IV, 96-97.
C.jzio (Marco l4iulio), figlio del prece-
dente, ha da Claudio il titolo di
re, IV, 97.
(Crasso. — Vedi Licinio Crasso.
Crasto, città dei Sicaiii, II, 104.
Crataide (nolano), flume del Bruzio,
1, 297.
('rate, di Mallo in Cilìcia, dà lezione
di lettere grei'he a Roma, 11, 601.
CrateBe di Napoli (Golfo di Napoli),
1, 277.
Crati, fiume di Sibari, I, 305, 320, 321.
322.
125
994
INDICE
CREAZIONE
CRONIO
DALMAZIA
Creazione del mondo, secondo gli E-
truschi, I, 38T-;J88.
Credito fn-atuito, stabilito da Tiberio,
IV, 313.
Creditori, loro crudeltà, I, 773-777. —
Vedi Usure.
Cremerà {Fosso di Formello), fiumi-
cello d'Etruria, I, 134-!35, 807 ; fa-
moso per la disfotta dei Kabii, 809.
Cremona, colonia romana, II, 253, 267,
260; i Galli si sollevano contro i
coloni, 334 ; in potere dei Romani
dopo la batta.slia della Trebbia,
3<2; assediata dai I.iq-itri e (ialli
Cisalpini, e lihrr-ii tini Rniruii ,
•157; coloni.-! mi' - - IH •: ' ■ n,.lle
sue vioinaiiz • IV,
446, 447; spnt , ,, ;, -.iiiai^iri
in onore di Viti ihu. 151 , vi >i riu-
niscono i Vitelliuni, 4(Jj : e sono
sconfìtti, 465-466; rubata e arsa
dai Flaviani, 466-467; Vespasiano
la aiuta, 467: sue straifi descritte
da Vipstano Messala, S20.
Cremonesi, alla battaelia di Pidiia ,
II, 479.
Cremuzio Cordo (.\.), libero stm-ico
delle guerre civili , cade viltinia
della tirannia di Tiberio, e poi i-
rimesso in onore da Caliirola, HI,
626, IV, 188, 288, 318, 8t;5, i)18.
Crepereio Gallo, familiare di Asrrip-
pina, IV, 384.
Creta (isola), sottomessa, III, 3.ì3
Creuzer , sostiene che gli Etruschi
trassero la loro civiltà dall'Asia,
1, 193.
Criniisa, città della Magna Grecia, I,
319.
Crimiso. in sir-ilia, ilftt.i niirln- Sra-
scoi
torio nell.i Matrna lii ia. 1. 319.
Crigpina , figlia di Bruzio Presente ,
moglie di Commodo, IV, 749 ; ri-
legata a Capri e ivi uccisa, 776.
Crispino, delatore e consigliere alla
corte di Domiziano, IV, 521, 539.
('risso , duce con Spartaco nella ri-
volta dei {jladiatori, IH, 306; vinto
e ucciso ai piedi del Gargano, 307 ;
ai suoi funerali Spartaco fa com-
battere i prigionieri romani, 307.
Cristianesimo , come giudicato da
Marco Aurelio, IV, 760; non mi-
tigò lo stoicismo, 760.
Cristiani, accusati di aver incendiato
Roma, IV, 401 ; e da Nerone cru-
delmente straziati ed iicrisi , 401-
402; perseguitali da Domiziano,
.541; come giudicati da Plinio in
Kitiiiia, 564 e 944 ; perseguitati da
Traiano, 623; insultati nella vit-
toria dei Romani sui Giudei, 686 ;
lasciati tranquilli da Antonino Pio,
707-708 ; legione melitina, 744 ; uc-
cisi dai ministri di Marco Aurelio,
760-761 ; considerarono Nerone per
l'Anticristo, 427.
Cristo (Gesù), sua nascita, IV, 104 ;
Adriano pensò di porlo tra gli Dei,
683 ; sua imagine a Roma accanto
quelle dei buoni imperatori, SriO.
Crilolao, inflaiiimn l-IÌ V'ti.-i '-"iifro
Romani, 11. 4"'. r " ' 'm hi l
guerra a Sp.n - i i: . . t<r,
fc vinto a Sr.-n |. I ,n| , i'.)
Critolao. nioBOlò i" rir iteli .■, ,i K'.ii]:
n, 599.
Croce, supplizio degli schiavi, UI, 3(
Croco di Cilicia e di Licia, IV, 207
I Cronio, in Sicilia, battaglia fra i Car-
tairinesi e Dionisio di Sii-acusa, 11,
167.
Cronologia etrusca, I, 438.
Crotalo (Anciìiale), fiume nella Ma-
gna Grecia, 1, 31.'j.
Crotone ('• / -. <• ., n.lia :siaL'na Gre-
cia. I, ;ì1i' il.' e deca-
diineiit ' i:- ■ :■ i_ora ne ri-
forma le ir^-i. Il . Ili, 142, 149;
distrugiie .'Mbiiri, 1. .«1, H, 150; si
solleva e caccia via i Pitagorici,
151, 158; che poi vi ritornano, 153;
fondata dagli Achei, 118; sue co-
lonie, 96 ; in guerra i;on Dionisio,
tiranno di Siracusa, 170 ; è da lui
assalita, 171-172; presa e saccheir-
giata da Agatocle, 187; ridotta a
misero stato, 188; presidiata dai
Romani, 189, 200; presa dai Bruii,
366; colonia romana, 427.
Crotonitide (repubblica), ' I, 311, 316-
319.
Crustumena o Crustunieria (a Tor
S. Oimaniii), città del Lazio, 1,
127, 562, 5C3, 577 ; presa da Ro-
molo, 579.
i:tesifonte (Al Madain), residenza in-
vernale del re dei Parti, IH, 464 ;
presa da Traiano, IV, 616; il quale
ivi dà ai Parti un re, 618 ; distrutta
da Avidio Cassio, 731.
Cuculio, nel paese dei Marsi, incau-
t.it.ii-i, I, 248, 249.
Cueuinella (la), tumulo a Vulci, I, 423.
Culto, primitivo dei popoli ilalici, I,
412-413; in Etruria, 413-415.
Culto dei morti. — Vedi funerali.
Cuma, citta, la pili antica colonia
greca in Italia. I. 270i l'>iiilala d.ai
Calcidesi ;m II. ' e. US. II''. aN-
Sediata .;■ ' ■;• !i: ' . 1. , ,i, I.
senza \Mr., il, M eM,,s ■, \ i i -mmì
istituti na/.i..iiaU, 271 ; i-esta fedele
a Roma dopo la battaglia di ('.lu-
ne, 364 ; assalita da Annibale, liiì'.ì ;
colonia militare, IV, 43; scavi,
mondo niìdiebre, 199.
Cuiiiano (golfo), vi sono sconfìtti gli
Etruschi Campani, 1, 883 i e la flotta
d'Ott.ivio, IH, 651.
Ciiiiarn, monte credvito il Gran Sasso
,i'lt>il„i. I, •>ì\ 226, 242.
Cunei il. -He gra.liiiate del teatro, II, 627.
CiMiieiiiiiu, .assalito dai Versi di Ora-
zio, IV, l:i(l.
Cupra, Dea etrusca, tempio nel Pice-
no, IV, 637.
Cupra Marittima, nel Piceno, occu-
pata dagli Etruschi, I, 126.
Cupra Montnii.a. nel l'iia'nn, oceupata
dagli Etriisehi, 1, 12(i ; rie.inli delle
liljeralita d'Antonino, IV, 716; i-
serizinii,. ali ntaria, ,S07.
Cin.-I'. ■ 1, ' ' :--,!. IV, 28.
( il ■ :, .■_ -Tali, IV, 26.
( in I' I, , ..r Ili, IV, 671 e 789.
(ni ,t-ii ili II. L'iaiuli vie, H, 306.
Cure (Oiri-csr), fondata dai Sabini e
loro capitale, 1, 221-223. "
Curia, bruciata dai Clodiani, lU, 472;
la nuova, IV, 12.
Curia Giulia, I, 409, IH, 541.
Curia Ostilia, I, 409, 594 ; pitture, li,
604.
Curia di Pompeo, l, 409, IH, 555, 538.
Curia. — Vedi Senato.
(;uria. Senato dei Municipiì, II, 274 ;
suoi poteri, IV, 78S ; vi sono am-
messi gli spurii purché facoltosi
ed onesti, 790.
Curi.azii e Orazii, loro battaglie, l,
590-.592 ; loro supposto sepolcro ad
Albano, 422, 593; leggenda com-
posta sulle tradizioni greche, I, G45.
Curie, in Etruria, I. 305.
Curie a Roma, 1, 366, 667. — Vedi
Comizi delle Curie.
Curip (Q.), congiura con Catilina, IH,
373 ; svela a Fuhia, sua amica, le
trame, 376, 377.
Curio Dentato (Manìo), console, vinca
e costringe i Sanniti a chieder
pace, II, 89; sottomette ì Sabini,
90 ; console la seconda volta, vince
Pirro a Benevento e trionfa, 201-
202; sue severe virtù, 285; acque-
dotto da lui costruito, 291 ; fa
sboccare il Velino nella Nera, 201 ;
sua villa, 558.
Curiosi. IV, 70.
Curzio (la.^'.i), I, 580, li, 625.
Curzio (M.), romano, la leggenda della
voragine è composta sulle tradi-
zioni" greche, I, 645.
Curzio (Metto o Mezio), sabino, I, 580.
Curzio Attico, accompagna Tiberio a
Capri, IV, 291.
Curzio Rufo (Q.), scrittore delle im-
prese di Alessandro Magno, IV,
952-953.
Cutilia (lago di), detto ora Poz:ìo di
Ratiijìmno o Latignano, I, 77-78,
379.
Cutilia, città pelasgìca, nella Sabina,
I, 74, 75, 77, 78 ; occupata dai Sa-
bini, 219; vi muore Vespasiano ,
IV, 506 ; e Tito, 518.
Cutina (Civiteìla Cnsnnora), fortezza
dei Vestini, I, 251; presa dai Ro-
mani, U, 58.
Daei, detti anche Geti, soccon-ono An-
tonio contro Ottavio, 111, 675; re-
spinti olli-e il Danubio, IV, 85; ec-
citati ad assalire i Romani , 222 ;
invadono la Mesia, 529, 568; vin-
cono Cornelio Fusco , 529 ; sono
sconfìtti a Tape, 529; loro costumi,
565-566; insegne, 566; scorrerie,
.566; trofei, 566; ferocia di loro
donne, 567; sotto il re Cotisone,
567; vinti da Crasso, 567; sotto il
re Berebista, .567-568; insulti ai
Romani sotto il re Decebalo, 568 ;
prima guerra con Traiano, .570-
571 ; vinti da lui a Tape , 572 ;
sottomessi, 573-574 ; seconda guer-
ra dacica, e derinitiva vittoria, .578-
579, 581 ; le guerre daciche nella
('olonna Trai-ina, 583-598; ordinati
a difesa dell' Impero , 768 ; loro
moti repressi, 769.
Dacia, memorie di Traiano sulle sue
guerre daeiehe, IV, .5.')9; confini,
.m;:, ,m;-< .Iim-h.iiì ilopo morto Be-
ri ' Intta a provincia e
il. . .1 II in due parti, ,579-
àsii ii|i .|. .; HI ila Tr.-iiano, 580;
resa Honda di nuova cultura e di
nuovi cominercii, .580-581 : scopei^
te archeologiche, 581 ; ricca di mi-
niere d'oro e d'argento, 581 ; ri-
cordi di Traiano, 382-583 ; lingua,
.5S2-.583; fu detto che Adriano in-
tendeva di abbandonarla, 627 ; go-
vernata da Marzio Turbone, 631 ,
638; moti guerreschi repressi sotto
Antonino, 708 ; ricordi di lui, 715 ;
divisa in tre parti. Dacia Apiilen-
se, Maluense e Porolissense, 580,
745.
Dafne, presso Anfiooliia, soggiorno
estivo di Lucio Vero, IV, TIO.
Dafni, p.nstore Siculo, II, 102.
Dalmazia, conquistata dai Romani, II,
DEI NOMI E DELLE COSE.
995
DAMASCO
DECIO
DIO
511, III. 07 : vinta .la Ottavio, 667;
• guardata da due legioni. IV, 78,
783 ; si ribella ed è vinta 98 ; suo
commercio con Roma. 202 ; solle-
vazione repressa da Tiberio. 222,
223; vana rivolta delle legioni con-
tro Claudio, 361 ; rimangono fedeli
a Ottone, 442 ; ricordi di Antonino,
715.
Damasco, al confine della Palestina,
IV, 601.
Damocrito, eletto stratego dagli Achei
muove guerra ai Lacedemoni, II ,
495-496.
Damotilo, di Enna, ucciso dagli schia-
vi. lU, .39.
Uanala, castello in Galazia. Ili, .344.
r impero,
Danubio, liume. II, 541, IV, 68, 79. 84,
85, 93, 98. 480, .529, .554, .565, .507,
568, 571, 635, 715, 734, 744, 751,
782.
Daimbio (ponte sul) , fatto costruire
da Traiano. IV, 576-.577; inaugu-
razione, .594-596; rovinato da A-
driano, 628.
Danubio, Dio del fiume, propizio ai
Romani , scolpito nella ('oloniia
Traiana, IV, 585.
Danza, presso gli Etruschi. I. 502-504 ,
presso i Romani, II, 316. G02,
Danze agli Elisi, figurate nelle tombe
etrusche, I, 514, 515.
Dardanì, vinti da Perseo, II, 472.
Dardano, città della Misia, rimane li-
bera dopo la sconfitta di .Antioco,
II, 453.
Dardano, scudiere di Bruto, IH, 628.
Dattilioteca di Mitridate. Ili, 399.
Daunia, l, 3.35, 347, 3.50-357.
Dauno, principe dTlliria, l, 351.
Dazii. — Vedi Imposizioni.
Dea Augusta (Die), nella Gallia N'ar-
bonese, IV, ."5.
Dea-Dia. protettrice dei campi, I, 370.
Dea .Siria (la gi-ande), 1\', 652.
Debiti, causa di fiere contose fra pa-
trizi e plebei, II, 19-20; provvedi-
menti ai mali che ne derivano, 29^
30 : annullate le crudeli disposi-
zioni delle XII Tavole. 31-32 ; con-
donati da Marco Aurelio dopo aver
quietato l'Oriente, IV, 749. — Vedi
Usure.
Debitori insolventi, in Etruria, I, 372 ;
loro condizione, 775-777; crudeltà
delle leggi delle XII Tavole contro
di essi, 849-851, 852-853.
Decebalo, capo dei Daci, vince i Ro-
mani, IV. 529, .568: stringe pace
con Domiziano facendosi pagare un
tributo, 5;J0, 568; Traiano vuol
cancellare la pace (atta, .565, in-
sulta l'Impero romano. 568 : invia
ambasciatori a Traiano, 571, 572-
573; vane trattative di pace, 573 ;
vinto si sottomette e ottiene la
pace, 573-574 ; incursioni sulle ter-
re degli amici di Roma. 578, se-
conda guerra dacica, .578 ; prende
a tradimento Longino. 578; vinto
si uccide. .570, 597 ; la sua testa è
mandata a R<jnia, 579.
Decemviri, hanno in loro mano tutta
l'autorità dello , Stato mentre com-
pilano le nuove leggi. 1, 833 : le
pubblicano e sotim approv.itt-, x:;i;
ne sono eletti dii nuc.vi pei- a^'-
giungere altre le-:;i. s:il-s:;." ; Ini-..
tirannide, 83.">-S::7 ; . n.-.-i.it, <l,i un.-i
sollevazione del popolo, 8:J8-840.
Decemviri per le liti. II, 307.
Decidio Saxa, occupa i monti presso
Filippi, UL 622.
Decima. — Vedi Imposizioni.
Decio Mure (P.) , tribuno militare ,
salva r esercito romano nei ditli-
cili passi deU'.Appennino, IL 40-42 ;
console, muove contro i Latini, 45-
46 ; si sacrifica alla battaglia del
^'esuvio, 47.
Decio Mure (P.), figlio del precedente,
prode legato di Papirio Cursore
Ciintro ! Snniiiti, II, 74-75; con-
sol Il F^ii.n, Rulliano. 75; cen-
oni-. , Il i -tenitore della leg^e
l '^ -"i I ■. si sacrifica per
I r ilo alla battaglia
M- -.■!. Il:- :■' ^0-82.
Deci.. Mniv (IV). figlio del precedente,
console, imitando il p.idre e l'av.i,
si sacrifica alla battaglia di .Ascoli,
II, 198-109.
Declamazione. — Vedi Rettorica.
Decluno, divinità di Velletri, I, 382.
Decurie, divisione delle tribù a Ro-
ma, I, 697.
Defiirioiii , •api dc-Ue docurie delle
Iriiiu :i Km, .a, I. 697.
Di-'ciui ini ( I Sin.iiiiri) nei raunicipii,
II. -ìrA: lororoi.siglio, IV, 788; da
ultimo pi-i-si solo tra i nobili e in-
(■ari,-ati di riscuotere le tasse, 790.
Dlm'Uss,-. dieci a^si, II. 300.
Dedalo, I, 87; in Sicilia, IL 103; in
Sardegna, 244.
Dee Madri, nel Vallo d'.Vdriano, IV,
646.
Deijetnsius, magistrato di Nola, I, 366.
Dèi dei campi, fiumi, laghi, I, 379-
380: particolari dei pijpoli italici,
381-385; degli Etruschi, :?85-400;
n.azionali. 415: provinciali, 415;
custodì della porta trionfale, IV,
401: involuti, 1.407; novensili,
741-742 ; sotterranei , adorati nel
Saiinio. :?85: vecchi e nuovi, IV,
G51; delnUaggio, 652. — Vedi
Geino.
Deiotaro , tetrarca dei Galati , vince
le truppe di Mitridate, III, 336;
Pt,mpeij irli ingrandisce il regno,
3.-3.
Delatori a Roma, IH, IS; Cicerone se
ne serve per iscoprire la congiura
di Catilina, 379 ; loro infamie sotto
Tiberio, IV, 270, 288, 306-307;
sotto Vesp.nsiano, 475; fatti ven-
dere e bandire da Tito, 510 : puniti
da Domiziano al principio del suo
impero, 521 : poi ministri delle sue
crudeltà, 539; alcuni sono puniti
da Nerva, 548 ; puniti e rilegati da
Traiano, 559: Antonino Pio abo-
lisce il premio del quarto , 700 ;
Marco Aurelio non tiene conto
delle loro accuse, 739; loro crudeli
int'auiie durante l'Impero, 814-815.
DelIVi (Knstri), città della Focide, ora-
.'lo con.sidtatn d.ni Romani, I, 615,
616, II, :«l : visit.-ito (la Paolo Etni-
lio. 482: spoirliato per adornare la
Casa aurea di Nerone, 404, 419;
Traiano, fa restituire al tempio di
Apollo la regione consacrata, 611.
Delfico (Melchiorre), sue opinioni sulle
origine italiche. I, 191-192.
Delia, amata <U Tibullo, IV, 157.
Del I i/-' .' .^^ ii I .Ielle isole Cicladi,
I n li, 111,25; distrutta
,1:; \iiT !■, ; ::
I)W I ; I II di Cassino. I,3.«.
II. I nt I, padre di Tar-
; I 1, I I, .-,9,8.
! I. ii Tessaglia, presi-
ci ■:■ ■ Il 1 l:. lini. II, 438: è tolto
il jin-si.liii. HI: presa dagli F.toli,
443: vittoria di liruzio Sura sopra
Archelao e Aristione , III , 2:}4 ;
Bruto si impadronisce delle armi
raccoltevi da Cesare, 619.
Demetrio, liberto di Cesare, III, 542.
Demetrio, lìlosol'o cinico, bandito da
Roma, IV, 504 ; assiste Peto Tra-
sea condannato a morte, 415, 834,
842; amico di Seneca, 842; sue
di.lfrine, 842.
Dernetri i di Faro, vinto dai Romani,
II, 2.^8 ; i quali poi ordinano a Fi-
lipp.i di Macedonia di cacciarlo da
se. 355.
Dem.tri'i, li-li" .li Filippo re di Ma-
redùiiia, a it . ili .i.;t:iggio ai Ro-
lli:.ni, II, 1 ;7 : 1-1 -titu'to al padre,
41<; i U. inani lIÌ promettono di
riconoscerli 1 p.tr successore al trono
paterno, 465 ; arrestato, muore di
veleno, 466.
Demetrio Sotere. re di Siria, consegna
Andrisco ai Romani. II, 494.
Demiurgo, Dio massimo degli Etni-
schi, I, 387.
Democare, liberto di Sesto Pompeo,
vince nel seno di Cuma la flotta
d'Ott.avio, III, 651 ; si fa incontro
ad Ottavio, 652 : vinto da Agrippa
a Mile, 6.54; vince Ottavio, 655;
preso alla battaglia di Xauloco si
uccide, 6.")6.
Demostene, oratore, IH, 695, 696. 697.
Dempstero (Tommaso), suoi studi sul-
l' Etruria, I, 187.
Denario, moneta d'argento del valore,
di dieci assi, II, 309, 310, IV, 14.
Denderah. — Vedi Tentyra.
Denundatfrres, IV, 26.
Dertona (TortOìxa), colonia militare,
IV, 43.
nesifjnatori al teatro, II, 629.
Develto (Zagrira). in Tracia, colonia
Flavia, IV, 495.
Diale (sacerdote), IV, .537.
Dialetti greci in Italia , I, 477, 485 ;
italici. — Vedi Lingue itali.he.
Diali, feste, I, 412.
Diana (promontorio di) , sulla costa
orientale della Spagna Tarracone-
se. III, 295.
Diana, de.-i, I, 741, IV, .56, 651.
Diana, tempio sull'Aventino, 1, 604,
"-, 603, III, 81 ; in.-endiato, IV, 40O.
a
Diana
Diana Efesina, sua statua e tempi.),
III, 230-231.
Diana Ijucifera, IV, 764.
Diana Nem.jrense, suo tempio, I, 513.
Diana di Segeste, II, 522.
Diana Tifatina, III, 275.
Dicearchia. — Vedi Puteoli.
Oidio (T.), trionfa dei barbari. III, 98.
Didio (Tito), nella guerra sociale. III,
178; prende Ercolano e vi è uc-
ciso, 191.
Didone, regina, adorata qual Dea a
Cartagine, II, 512; mìV Eneide .
IV, 126, 128; Nerone ne ricerca i
tesori a Cartagine,' 405.
Diefenbach, sue opinioni sulle origini
etrusche, I, 204.
Dieo, muove guerra ai Lacedemoni, II,
495, 406; eccita la plebe di Corinto
ad uccidere i loro rappresentanti,
496 ; dichiara la guerra a Sparta
e a Roma, 497 ; succede a Critolao
e si rin.'hiude in Corinto , 407 ;
sconfitto a Leucoperta fugge a Me-
galopoli e si uccide, 498.
Diespiter. — Vedi Giove , padre del
giorno.
Diflfusione delle prime genti, I, .50-52.
Dillio (Vùcula), duce delle legioni del
Reno, assassinato, IV, 476.
Diluvi.! di Deii.-alione, L 22.
Dio, dottrine di Cicerone, III, 73;?.
996
INDICE
DIO
DOMIZIO
Dio Conso, I, 577.
Dio Malo. — Vedi Yedio.
Dio Termine, I, 371, 613.
Dio, città. — Vedi Diuiii.
Diocle, legislatore a Siracusa, si uc-
cide, U, 140, 164-163.
Diodoro , uccide il Senato di Adra-
mitto, ni, 244.
Diofane di Slitilcne, retore, maestro
dei Gracchi, III, 46; fatto morire
in un vaso ripieno di vipere, 58,
Diosrene, filosofo stoico, a Roma, U,
599.
Diogene, cinico. III, 753-734.
Diogene di Babilonia, stoico, III, 736.
Diogene , filosofo , fatto battere con
verghe da Vespasiano, IV, .504.
Diogene, comandante del campo car-
taginese di Neferi, II, 517 ; assalito
e vinto, 518.
Diogneto, filosofo e pittore, maestro
di Marco Aurelio, IV, 721.
Diomede, argivo, sue leggende nella
Daunia, 1, 351-353.
Dìomedee (isole) (Treìtiiti), I, 351.—
Vedi Tremerò.
Dione di Alesa, in Sicili.i, salv.-i il suo
patrimonio pagami \ 1 1. , III, :l '
Dione di Siracusa, ' 1 , l : ; | r
accendere la \li - i
Dionisio il Giuvan 1 > . in n .
II, 176; rende la libirui :i sini' li-
sa, 178; è ucciso, 179.
Dione Cassio Cocceio, suoi uffici, IV,
9.38; sua storia generale di Roma,
939-960.
Dione Crisostomo, sofista, suo esilio
da Roma e sua vita errante, I\',
846 ; quieta le legioni che i-iliiita-
vano il giiir.\Mi.'iit,, n N.TV-., .^Irl;
torna .-i U '■.■.n ni: i . :■:. .>, \, , .., ,■
diTralai. -1 --ìT ..,,', r,,
in As-a •■ • _ i: . . _ iia
gli Al.-^v„,.!v;l. .!,_ i , , i,'..:-!!
Bpcttacùli, X17-S-1S; i„T la sua .-1..-
quenza è detto Ciis.istom.i, S4S;
Plinio lo chiama Di'iue Cocceiaiio,
8^18; assai.' la prostituzione, 8.37.
r)l..i.i_-i ( ,,,.ri,;i (Marianna), studia i
1- : ^ !■ l.s-ici, I, IDI.
Ili 11', tiranno di Sira-
' .1 u. ~ n. rie in Ktruria, I,
j^si-.S-i-j; generale autocr.ate a Si-
racusa, li, ìii'i; si fa tiranno, e
per conquistar la Sicilia muove
guerra ai fartagim^si, 1GG-Ib7 ; li
vince a ("'.'■■■la •■■! .■ 'l^-natto a Cro-
ia gui'i I a l; __ ,1 iirio, Ui.S-
170; .• X ,, . ii,„,ia e la-
scia in Iiliii ( I ! |. , .;iici-i. ITU :
è ferito a H.^--i i : -
mentedellaviti'i 1 i : i
Caulonia e Ipp. ■ n ! : i - i : _
grandi disegni ■■ mi i,. , IT: i. -
rocc anche nella i-ultina di-li,- l,-i-
tere , 173-173 ; muore aborrito da
tutti, 173.
Dionisio il Giovane, figlio del jìr ce-
dente, tiraimo <n Sii ■ , a. Il l::,_
176; sue gconi-i-// '.■.•: ITT,
è cacciato via da i • :, . i j. na
a Ix>cri, 178-17'.i; iiiin-iia -. Mra-
cusa e poi ò cacriuiu e nuion- a
Corinto, 180.
Dionisio, figlio del filosofo Aréo d'A-
lessandria, IV, 109.
Dioniiio d'AlicaniasBo, sue opinioni
sui Tirreni, I, 201 ; suoi studi sul-
le antichità romane, C:38; sue sto-
rie, IV, 178.
Dionisio Milesio, retore, IV. 730.
Dioscuriade (/«ftion'ah), sui lidi orien-
tali del Ponto Kussino, III, 2-23.
Diritto, 8i risente delle benefiche dot-
trine dei lllosoll, IV, 863.
Diritto agrario, ha la sua base nelle
leggi Licinie, II, 21.
Diritto d'asilo. — Vedi Asili.
Diritto della cittadinanza romana. —
Vedi Cittadinanza romana.
Diritto rivile delle XII Tavole, I, 843;
difficoltà e oscurità. III, 729; coi^
retto e supplito dagli editti dei
pretori, IV, 29.
Diritto feciale, proprio delle genti ita-
liche, I, 374 : Roma lo prese dagli
,l|U.<
574.
jli griuia, IV, 32.
Diritto italico, I, 843.
Diritto del Lazio, U, 2G0-2G1, III, 539,
IV, 52 e 638.
Diritto naturale, accolto dai giurecon-
sulti come ragione del giusto e
deiringuisto, IV, Sta.
Diritto onorario, IV, C72.
Diritto patrizio, I, 719.
Diritto plebeo, I, 719.
Diritto jirivato presso i popoli italici,
I, 37-Z; dei Romani, 8-22 ; nelle Xll
Tavolo, 846, 847.
Diritto pubblico nelle XII Tavole, 1,
UT,:
Ul,
S4G.
divisa
Mo da
Cesare, ■iiiH-i'M ; acquidotti di A-
driaiio, IV, GG4.
Dispotismo degli Imperatori, IV, 783.
Dittatore municipale, II, 264.
Dittatori, due a un tempo; uno in
citta, l'altro in campo, II, 368.
Dittatura, i patrizi se ne servono per
governare le elezioni, II, 27-28
Diiini, citta dì Macedonia, II, 474, 475,
478.
Divinazione in Etruria, 1, 400-401, 404,
4.39; combattuta da Cicerone, IH,
733.
Divinità etnische a Roma, I, 741 ; g,al-
liche, IV. .56; greche. II, .393; sa-
bine, I, 741; roimuie, II, 596.
Diviziaeo, ediio, chiede soccorso al
Senato romano. III, 430.
Divoduni (M^-lz), nella Gallia Belgica,
strage lattavi da V.ilente, IV, 441.
Divorzio presso i Romani, I, 7C1;
permesso dalle XII Tavole, 847 ;
li-equeiitc anche per lievi cagioni
da parte dei mariti, ^I, 303, .381,
.382; reso più diflScile dalle leggi
d'Augusto, IV, 37.
Dodona (oracolo di), nell'Epiro, I, 93,
iM.'hu-ll. stolli sili iiiOMUineiiti pela-
li i ^ i' ' v" '': '•-■■iielioD,..l,abeIla.
ii , ,,i ■■,,■,■.,, I, G9S.
li.iiiiitìlia, i-ristiana e moglie di Flavio
Clemente, esiliata, IV, .341.
Doiiiizia Lepida, madre di Messalina,
IV, 365 ; accoglie il nipote Nerone
orfano del padre, 367 ; uccisa, 3G9-
.■i70.
Domizia, sorella dì Domizia I.epida,
zia di Nerone, sua trama contro
Agri|ii>ina, IV, 381 ; fatta uccidere
da Nei-iine, 3S9.
Doiiii/ia l.ongina, figlia di Corbuloiie,
lapiia ila Domiziano al mai-ito, IV,
I) 1 ■■ 1 !■'!:'. ■■ •< 'I I il',illa, ma-
lli- .:: M ■ -I , ■ IV, 717-718.
Don ... ■!. !■ ;,i. ,11111, desti-
nata .Illa ia,>rl.; ' ai-iui-u contro
di lui, IV, 314.
Domiziano, figlio di Vespasiano, IV,
4G2; ripara in Campidoglio e fugge
travestito, 470; salutato Cesare,
473 ; ottiene la pretura con auto-
rità consolare, 474; intercede pei
delatori , 473 ; vuol recarsi a re-
primei-e i Galli , 477 ; arrivato a
Lione è impedito di accostarsi al-
l'esercito, 478-480; va a Brindisi
ad incontrare Vespasiano, 489 ; as-
siste al trionfo sui Giudei , ■492 ;
Tito gli perdona le ingiurie e le
insidie e lo tiene a parte di sua
potenza, 510; sale al trono, 519,
520 ; sua triste indole, 520 ; accu-
sato di aver affrettata la morte a
Tito, 520 ; opere pubbliche , 520 ;
provvedimenti , leggi e riforme ,
.321 ; principe feroce, astuto e ipo-
crita, 522; uccisioni di uomini e
donne, 523; tiene Giulia, figlia di
Tito, per sua concubina e la fa
morire, 524-525; guerre, 525; ri-
chiama Giulio Agricola dalla Bri-
tannia, 527; impresa sui Catti,
528 ; prende il nome di Germanico
e trionfa di bugiarde vittorie, .32.8 ;
va alla guerra contro i D.ici, 529;
e ritorna a Roma, 529; 6 sconfitto
dai Mareomaniii e dai Sarmati ,
530 ; conchiude obbrobriosa pace
coi Daci pagando un tributo, .3'30;
prende il nome di Dacico, 530; e
mena trionfo, 530; monumenti e
menzogne poetiche, 531-532; vit-
toria sui Nasamoni, 532 ; ediflzi da
lui inalzati, 532-533; vantasi figlio
di Minerva. .333; Fòro Palladio,
.333. -■'.-.■ -ilb \lli.-ina, .336; coii-
i-iir^i 'l.ll \^ ■!!: l'apitolino, 537;
sp.i: - largizioni, fe-
ste . ,1 ] .1,1. ,, .-t: delatori, as-
sassii.i i l.uU iiu .--uoi coiiBiglieri ,
.339; tiene a vile il Senato, .340;
persecuzioni a uomini virtuosi, a
donne, ai filosofi , ai Giudei e ai
Cristiani, 540-342; rivolta miUtare
Contro di lui in Germania, 542; va
in Germania a saziare la sua cru-
deltà, .34^; accresce lo stipendio ai
soldati, 542 ; odiato da tutti, 543 ;
congiura in palazzo , 544 ; è tic-
ciso, 543; e seppellito da una nu-
trice, 543; sconciamente adulato
da Marziale, 905; e da Stazio, 909-
910.
Domizio (Lucio) , già console , ucciso
nelle stragi di Mario, III, 253.
Domizio .\frn. or.itnre. si libera dalla
morte i;a-_-i'n'l' ?i vinto dall' elo-
(|Urn"i lì! (■• il-'la, IV, 325.
Domi/i I , r, , ,i). vince i Boi
al la. \,i..aa .;.., U, 91-92.
Domizia v.d'. lai. ^u.aij), sue brighe
per le elezioni, 111,4.39; Cesai'e lo
mette al governo dell'Asia Minore,
.308 ; vinto a Nicopoli da Farnace,
513.
Domizio Corbulone (Gn.) , sottomette
i Frisoni e scava un canale tra
la Mosa ed il Iteno, IV, 348; ri-
prende r Armenia e sottomette i
l'aiti. ;i,s-:;'i,i, s' u.aide per prdi-
iie ili \ I .1,, I i ■ ; -storia delle sue
Domi/i- 1 M. .1,11 i'. i-.iioil, ennsoleiiel
il re Bituito, ;.i, ...souis.e la via
Domizia, 9G-97 ; trioiilà, 97 ; motto
dell' m-alore L. Crasso contro di
DEI NOMI E DELLE COSE.
997
DOMTZIO
BRAVA
BDUI
decreta contro le scuole dei retori
l.-itini, 695.
Diimizio Enobarbo (Gneo), proscritto
da Siila e ucciso (673) da Pompeo,
IH, 267.
Di.mizio Enobarbo (Lucio), proconsole
in Spagna (674), è vinto ed ucciso da
Irtuleìo, legato di Sei-torio, III, 294.
Dcmizio Enobarbo (L,), battuto (699)
insieme con Catone nel Fòro da
Pompeo e da Crasso, HI, 463-, con-
sole (700), accusato di brogli per
le elezioni dei consoli, 460 ; rinchiu-
so in Corfinio, e non soccorso, si
arrende a Cesare, 489.
Domizio Enobarbo (Gneo) , figlio del
precedente, comandante la flotta
repubblicana , III, 617 ; distrugjre
nel mar Ionio due legioni trium-
virali, 627 ; preda i lidi dell'Adria-
tico, 631 -, impedisce 1' arrivo del
grano a Roma, 637; si unisce ad
Antonio, 641 ; e gli facilita lo sbar-
co, 642 ; « messi), a torto o a ra-
gion». Ira gli uccisori di Cesare ,
(542; difende Antonio dalle accuse
di Ottavio e parte da Roma , 673 ;
abbandona Antonio, 676.
Domizio Enobarbo (Lucio) , figlio del
comandante della flotta repubbli-
cana, succede a Druso in Germa-
i, IV, 102-1
zio Enobarh
Agrippina e padre di Xeron
367, 368.
Douima delle età, presso gli Etruschi,
Donila Fetia, fata siciliana, U, 110.
IKinnas, nella valle d' Aosta, avanzi
iiionumontaU della via romana, IV,
condizione in Etruria,
696; I
763 ;
,i.762-
ibiiina
cuincMite ditata, .")82-5S:i; tumulto
delle donne conti-ii la leirge Oppia,
.'■)84-d8i ; nelle commedie di Plauto,
632 ; loro ferocia con le schiave ,
III, 34-36 ; oratrici, 706 ; loro lus-
so , IV , 208 ; dichiarate schiave
quelle che si prostituiscono ai ser-
vi, 503; l'ideale della donna nelle
Bpeculazioni dei filosofi e negli
esempi della storia, 855, 857 ; gli
stoici le vogliono compagne non
serve ai mariti, 8.18; le dònne nelle
Satire di Giovenale, 894-895 ; prov-
vedimenti di Jlarco Aurelio per
riformare i costumi delle matrone,
739 ; turpitudini, 828 ; e virtù, 831 ;
le matrone romane difese da Or-
tensia, III, 616.
Donno, padre di Marco Giulio Cozio,
regolo delle Alpi Cozie, IV, 96.
Donusa, piccola isnla nei mari di Gre-
cia, luogo d'esilio, IV, 279.
Doride (la), regiune presso la Caria,
fa parte della provincia di Asia,
II, 539.
Doride, sposa di Dionisio di Siracusa,
II, 168, 17.5.
Dorilao , duce di Mitridate, III, 228 ;
porta soccorsi ad Ardielao, 242 ; è
sconfitto a Orcomeno, 242-243.
Dosneno, maschera nelle .\tell;ine, II,
647.
Dote (la), U, .582.
Dottrina dell'utile, II, .550, .5.52.
Drammi, presso i Romani, lì, 316;
tolti da quelli greci, 611. — Vedi
Commedia.
Orava, fiume. IV, 223.
Drepano, (Trapani), 11,99; sede dei
Cartaginesi, 217 ; assediata dai Ro-
mani e liberata da Cartalone, 223 ;
nel suo porto Claudio Fulcro è
sconfitto dai Cartaginesi, 231 ; pre-
sa da Lutazio Catulo, 235; in pn-
tere dei Cartaginesi è difesa da
Aderbale e da Cartalone, 288.
Orione, colle nella Daunia, I, 357.
Dripetine, figlia di Mitridate, 111,345.
Drobete (Turtu(-f;eveì'invlui],\a Va-
lachia. IV. .576.
Druenziai/i. 1. ;''inie della Gal-
lia Ni: ; ' 1
Oruid.'s- ! i I _ - i .
Druidi. Ili i:.-i^i . .iliti da Clau-
dio, IV, .i.'io , rulli;!. ui ili Hritannia,
e vinti' da Sveloiiiu Paolino, 395-
396 : promettono l'impero del mon-
do ai Transalpini, 476.
Druidismo (il), combattuto da Augu-
sto, IV, ,56-.57.
Dnisiana (fossa), IV, 99,
Drusiane, spade, IV, 285.
Drusilla . sorella di Caligola , da lui
tolta al marito e tenuta per mo-
glie , IV, 323 : onori divini dopo
morta, 323-324.
Druso , figlio di Livia Drusilla e fi-
gliastro d'Augusto, vince i Reti ,
IV, 93 ; e i Vindelici, 93 ; sue im-
prese in Germania; 98-99; vittorie
e morte, 100 ; riceve dal Senato il
nome di Germanico, 100 ; pubbliche
onoranze, 100-103 ; motto prover-
biale sulla sua nascita, 211.
Druso, figlio di Tiberio, fa l'orazione
funebre ad .\ugusto, IV, 235 ; man-
dato in Pannonia a repiimere la
sedizione delle legioni, 245 ; in U-
liria e Germania. 2.58: visitato da
Germniiico. 2.5'.); .Trro di (Vnuani-
267 : . ■ / '■ ■' 'l I "■ ' . I
270-2:1 -'I i iin'ui.'. J--!-;--!: 1,1-
ciso di velenii dalla moglie e ila
Sciano, 286.
Druso, figlio di Germanico affidato da
Tiberii. .il Senato, IV. 3.S6 ; mal
Duce io, lai. . ".i .-i 'm, H, 1..2-163.
Duello, in usu Ha i;li Ijiibri, I, 491.
Duilio (Caini, .■onsi.le, riporta una
grande vittoria navale sui Carta-
ginesi a Mite, II, 215 ; percorre la
.Sicilia e ritorna a Roma, trionfa
ed è. onorato di una colonna ro-
strata, 216-217, 286.
Duilio (M.), tribuno, fa decretare che
sia arso vivo chi lascia la plebe
senza Tribuni . I, 840 ; si oppone
a nuove accuse contro i decem-
viri, 842; impedisce la rielezione
dei dieci Tribuni usciti di carica,
854.
Duilio (Marco), tribuno, sua legge sul
frutto dei capitali, II, 29, 30.
Duni (Emanuele), applica le dottrine
ilei Vico alla storia e al diritto ro-
mano, I, 6,58-659.
Duponilio, due .is^ì, II, 309.
Duraiidi Hv' i.n'.
ioni sulle
ralcoli sulla
IV, 25.
■ della Valle
Uuria (i^ .. ■ .'. ; i
d'Austu, UI, 97.
Durio (J)iiero e Dovrò), fiume di Spa-
i ^'ua, 11,532; chiuso da Cornelio
Scipione Emiliano, 535.
Durocortoro («(.'i/;is), citta della Gal-
lia Belgica, capitale dei Remi, III,
444.
Duronia, città dei Pentri, I, 259.
Durouia, moglie di T. Sempronio Ru-
tilo, 11, 590.
Duruniii (M.), tribuno , combatte le
leggi repressive della gola, li, 577.
Dunisfiiro (.S•^7w^)•J«), nella Mesia In-
feriore, IV, .570.
Duumviri, in luogo di consoli, nei mu-
nicipi, 11, '264 ; amministratori della
giustizia, IV, 45, 61, 787, 788.
Duumviri navali, creati dalla plebe,
11, 32 e 212.
Ebano, portato a Roma dall'India, IV,
201, -207.
Ebrietà, celebrata, IV, 823.
Ebora Liberalitas Julia (Evora), in
LUsitania, IV, 60.
Eboraco (York), sede principale del
governo romano in Britanuia, IV,
Ebro. — Vedi Ibero.
Ebroduno (Einbrun), città della Gal-
lia Narbonese sotto le Alpi Cozie,
IV, 96.
Ehuri [Klioli). in Campania nella re-
gione dei Picentini, rovine, I, 277-
278.
Eburoni {Paese di Liegi), nella Gal-
lia Belgica, si sollevano, lU, 442 ;
incendiati e saccheggiati da Cesa-
re, 443.
Eliu/iii. rifiuta di essere iniziato ai
I,,.' n ,11. il. .590-591.
1-,1, , , ,|i iiandante della ca-
re, alla battaglia del
K ,,, . I. 632.
1 / Il iiellaDaunia, l, 35C.
Ili, T.i6.
,,i !. 1 Volsci, I, 232; fa
Ecl.ano {irrnll^ pie^s., Mirabella),
città degU Irpiiii, I, '263-264; in-
cendiata da Siila, lU, 192; sulla
vi.i .\ppia, IV, 607; ricordo di
AilrianM. ir(7 ; i-icriziime alimenta-
1, : . lailuttore di
]_•, ',.[.. .■ii!.h-iil-u'i" 'li I ■iiiiiiodo, con-
giura .•onli-u di lui, IV, 779.
Ecnomo {l'oygio di Sant'Angelo), m
Sicilia, i Cartaginesi vi battono
Ag.atocle, II, 18:J; e più tardi i Ri-
mani vincono in battagUa navale
i Cartaginesi, 219.
Edessa, di Mesopotamia, incendiata,
IV, 618.
Edilità curule, con autorità di accu-
sare davanti al popolo. 11, '26 ; vi
sono ammessi anche i plebei, 31.
Edilità, causa di spese incredibili, III,
Edili plebei, loro origine ed umcio,
l, 78.3-784; eletti dalle tribù plebee,
813 ; custodiscono i decreti del Se-
nato, 840.
Edili municipali, IV, 4.5, 787.
Editili perpetuo, fatto compilare ila
Adriano, IV, 672.
Educazione dei giovani presso gli an-
tichi popoli italici, 1. 494; educa-
zione alla greca in Roma, II, 601-
602; lasciata in mano dei servi,
.577-578, IV, 859.
Ediù [,Saoiie-et-Loire e AVèrre), in-
998
INDICI'
EDULIA
EISACH
EMILIO
vadono l' Italia. I. S84 ; alleati di
Roma. Ili, 02; ottengono il primato
nelle GalUe, 95, 429; battuti da
Ariovisto, 429; imiti ai Sequani
sono da lui vinti, 429-430; Del loro
paese prendono stanza i Boi, 4.32 ;
si uniscono a Vercingetori^e, 44."),
447; ammessi nel Senato romano,
IV, XXi\ chiamati a ribellione da
(iiulio Sacroviro, 275-277.
FAflin, tassa sui conunestibili , IV,
Kfesii, sconfijTgono Aristonico, II, 538,
Kloso, città <U Lidia nell'Asia Minore,
data iid Eumene II, di Pergamo,
lì, 4.52 ; emporio di schiavi, III, 25 ;
vi è ucciso Zenobio, governatore
di Mitridate, 244 ; Mitridate vi or-
dina resterminìo dei Romani e Ita-
liani, 2.30-231; tempio di Diana,
230; rovinata da un terremoto, IV,
251 ; ba^ni pubblici costruiti da
.\ntonino Pio, 701.
Egati (isole) di contro a Lilibeo, vit-
toria dei Romani sui Cartaginesi,
II, 235.
Ege, città dell'Asia Minore, rovinata
da un terremoto, IV, 251.
Egeria, ninla ispiratrice di Numa, I,
Egesta (presso Calntfifìiiii], città di
.Sicilia , sua parentela con Roma ,
I, 534; edificata da Enea, lì, III-
112; in suei-ra con Selinunte, 164,
ir>5 ; chiama in suo aiuto i Carta-
ginesi, 1(55 ; estorsioni di Agatocle,
l8ii; respinge Appio Claudio, 210;
presa dai Romani. 211; liberata
ila Caio Duilio, 210 ; mutata dai
Romani in Segcsta. cittii libera,
273; Senato, 274.
Kiinio [Strif/tis], città di Tess.aglia,
sacchoErgiala dai Romani dopo la
vittoria di Pidna, II, 485.
Egitto, visitato dai commercianti etru-
schi, 1, 130; invaso dagli Etruschi,
881 ; di\isi.> da Popilio in due par-
ti, II, 4n2-4'J3; sotto la tutela di
Roma, 541 ; iiidip(*dente solo di
nome, HI. a54; pretesa eredità di
Roma, 358; ridotto a provincia,
C86; ordìn.ato in modo eccezionale
da Augusto , IV, (i2-(j4 ; vi stan-
ziano due legioni e un'armata n.i-
vale, 78, 78:J; visitato da Germa-
nico, 2i;2; resta fedele a Ottone,
442; .li tempi di Traiano fe soccorso
di grano (la Roma, 5,58; rivolta
dei (liudei, 619; sedizioni delle
città per accogliere il Hue Api ,
eco ; visitato da Adriano, C(!G ;
sollevazione repressa da Antonino
Pio, 710; ricordi di lui, 715; moti
repressi, 745; parteggia per Avi-
dio Cassio, 747 ; perdono di Marco
Aurelio, 749.
Egnazia e Gnazia ( rorc.? a'Astnazzo
presso Fasano) , nella Peucezia,
rovine. I. .'{48; sulla via Traiana,
IV. r,07-0ll8.
Egnazii (i due), padre e figlio, pro-
siritti dai triumviri , si uccidono,
111. «O'.l-filO.
Egnazio, suo poema della natura delle
cose. 111. 795,
ICgnazio (Mario), sannite, duce degli
Italici rivoltuli. Ili, 175; prende
Venafro. 181 ; vince !.. Giulio Ce-
sare, 185 ; Bconfitlo ed ucciso, IllO.
Egnazio Rufo (Marco), congiura con-
tro Augusto, IV, 108.
E^'oisriio romano, IV, 930.
Egualità naturale, morale e civile de-
gli uomini, IV. 8.52, 855 ; ricono-
sciuta dai giureconsulti, 803.
Eichelsteiu {l'ietni ((ella ((uercic).
creduta avanzo del monumento di
Diuso a Magonza, IV, 102.
Eisach , fiume nel Trentino, via ai
Cimbri in Italia, III, 131.
Elba, fiume. — Vedi Albi.
Elba, isola del Mar Tirreno, detta
Uva dai Latini, ed Etalia dai Gre-
ci, stazione navale etrusca, I, 130 ;
occupata dai Siracusani, 881.
Elea. — Vedi Velia.
Elefanti , usati da Pirro nella batta-
glia di Eraclea, II, 194-195; con-
dotti in trionfo a Roma, 202 ; nelle
monete della gente Cecilia a ricordo
della vittoria di Palermo, 225 ; usati
nella guerra d'Affrica, IH, 518, 519,
520 ; con candelabri sulle spalle
rischiarano la via a Cesare, 530 ;
portati dall' Egitto a Roma , IV,
'200; ftniamboli, 431.
Elefantina o Mefantine , in Egitto,
isola del Nilo e citta, termine del-
l'Impi'ni romano, IV, .ST, 202.
Elegia (J/ù'J'ih). in .\rnienia. occu-
. pata da Traiano, IV, 013; e da
Severiaiio, 727 ; presa dai l'.irti,
728.
Elei, si uniscono ad Antioco di Siria
contro Roma, li, 444.
Eleusini (misteri), IV, 418, 0.57, 083.
Elezioni, fatte a Roma coll'oro e colle
armi, HI, 459-400.
Elezioni municipali. IV, 4", 787-78>< ;
a Pompei , 40-47. — 'Vedi anche
Pompei.
Elia. — Vedi Scupi.
Elia Capitolina, — Vedi (ierusalemme.
Elia Petina, moglie di Claudio, ripu-
diata, IV, 300, .'ìfiO.
Elicone, servo e bufl'one di Caligola,
IV, 322.
Eliconie (selve), di Grecia, IV, 003.
Elie, pio littà cosi dette in onore di
Adriano. IV, 664.
Elimi , vengono d.tU'.Vsia in Sicilia,
li, 111-113; loro lotte coi Greci,
133.
Elio, municipio a Carnunto {Pctrn-
neìl), presso Sainbitrg sul Danu-
bio, nella Pannonia Superiore, IV,
039.
Elio, liberto, governa Roma nell" as-
senza di Nerone, IV, 419-420,
Elio Cesare (L.), detto già Ceionio
Comniodo Vero, favorito di Adria-
no, e da lui adottato a successore,
IV, 689, 7(M ; sua gioventù, mol-
lezze e brutture, 6S9-G90 ; altare
per la sua salute a Magna in Hri-
tannia. 049; morte, e statue e tem-
pli in suo onore, 690.
Elio Gallo, sua vana impresa contro
l'Arabia, IV, 87.
Elio Plauzio Lamia (L,), Dom'ziano
gli rapisce la moglie, IV, .520; e
lo ucci.lc, .523.
Elio Preconino Stilone (L,), di Lanu-
vio, cavaliere romano, dottissimo
granmi.-itico e critico, anùco del
poeta Lucili.,, II, (152; maestro di
Varronc, IH, 740, 749.
Elio Tuberone IL,), storico, III, 770,
— Vedi anche, I, 038.
Elio Tuberotie ((J.), nei fimtìrali di
Scipione Einiliano, 11,577; oratore, ,
III, O'M. I
Elio Tuberone fQ,), stoico, IH, 739.
Eliopoli {ìlnihrl:\, in Cclesiria, grandi i
templi, IV, r,.\i. 701. !
Kliopoli (.Mntari,-h), in Egitto, HI, 081
Elisi. — Vedi c:ampi Elisi.
Elitovio, capo dei Galli, I, 8S4.
Elleporo o Eloro {CiMipari) , fiume
nella Magna Grecia, I, 315.
Ellesponto [Stivtto dei Unvcianeìli),
forlillcuto da Antioco, li, 447,
Elotiuenza (1'), a Roma, III, 691-692 ;
definizione dell'oratore data da Ca-
tone, U. 569, IV, 872 ; trecento o-
ratori. III, 692; studio principale
di ogni cittadino cupido di potenza,
693; coltivata come arte, CM, eser-
cizii oratorii dei giovani, 005 ; stu-
di alle scuole d'.-Vtcne e delle citta
greche dell' Asia, 090 ; traduzioni
dal greco e declamazioni, 697 ; ac- ,
cuse, 697-098 ; la parola sostegno
a tutte le ambizioni e passioni,
698-099; importanza dello studio
della eloquenza romana , 703-704 ;
feste oratorie, 704 ; donne oratrici,
700 ; cure per accrescere il pre-
stigio della parola, 706; difensori
onèsti e malvagi , 700 ; cavilli u
brutture, 707 ; artifizii avvocate-
schi, 708 ; grande libertà di parola,
708-710; facondia canina, invettive
e facezie, 710 ; il lìruto di Cii-ci-oiie,
storia (leU'cli.iincnza iMinauri, 7-1 ;
muore i-nll.i lihcrla. IV, 1,S5; cor-
rotta nei piimi tempi deU'inipei'O,
e succeduta dalla rettorica, 809; ai
tempi di Adriano, 873-874 ; uccisa
" uiiali dagli ap; '
Vedi Rettorie
Elori , siracusano, salva Reggio, II,
ICS-KiO ; (j vinto e muore a Cau-
lonia, 170.
Eloro [Abisso) , fiume di Sicilia , II,
106.
Eloro (presso fUramsa) , dimora dei
Siculi, II, 106; colonia greca, 118;
soggetta a Gerone II, '208; presa
d.i^ Marcello, 379,
Elvezia, invasa dai Cimbri e, dai Teu-
toni, III, 122 ; colonie di Vespasia-
no, IV, 493 ; ricordi di Antonino,
715.
Elvezii, emigrano nelle GaHie,III,
430; impelliti sul Rodano da Ce-
sare passano il Giura. 130-431 ; tra-
versano il paese dei Sequani, 431;
vinti a Bibracte da Cesare, e ri-
mandati al loro paese, 431-432 ; uc-
cisi e predati da Cecina, IV, 441-
442.
Elvidio Prisco , stoico , esiliato alla
morte di Trasea suo suocero, IV,
415; contradice Vitellio, 453; su.i
indole, 474 ; assale Eprio Marcello
accusatore di Trasea, 474, 475 ; pri--
tore, comincia la riedificazione del
Caraiiidoglio, 497 ; rimandato in i;-
silio e ucciso da Vespasiano, 504 ;
sua vita scritta da Erennio Sene-
cione, 540.
Elvidio, figlio di Elvidio Prisco , uc-
ciso, IV, 540; vendicato da Plinio,
941.
Elvii ( Vivnì-ais), popoli della Gallia
Narbonese, IH, 93; proscritti da
Pompeo, 290.
l'ietu
it"). fiume neir .\gro
i, I, 385.
le di versi,
nia col pre-
lato da Ca-
vio Sabino, chiesto edile a Poii
IV, 45,
ùnilio Barbiila (L.), figlio del precc-
di'nte , marcia dal Sannio contro
Taiaiito, 11, l'Jl ; ed i; costretto a
DEI NOMI E DELLE COSE.
EMILIO
EPOREDIA
in Apuli
10:5 ; procon-
, UI3.
Emilio Lepido Porcina (Marco), fe ri-
oliiainato per la sua imperizia dal-
l' assedio (li Pallanzia, in Spagna,
e condannato a pag-are una multa,
II, 533; oratore, III, 603.
Emilio Lepido (M.), nominato console,
m, 286; sua indole e disegni, 280-
287 ; sue promesse agli "oppressi
dagli ordinamenti di Siila, 288;
muove guerra alla parte dominante,
288-289; vinto ripara in Etruria,
2S0; (■ IjatUito a Cosa e muore in
^inlr.iii, ,'--2'lO-. suo fi^'lio Sci-
y ' I Alba in 'Liguria,
2~ . - iMr ,-asa. IV, 106.
Kmili- l.,.^l . >M.rr,,), figlio del pro-
edente, lascialo da Cesare al go-
verno di Roma, UI, 491 ; propone
che sia data a Cesare la dittatura,
404 ; console con Cesare, 515; Cas-
sio propone ai congiurati di ucci-
derlo, 554 ; ucciso il Dittatore, si
prepara a vendicarlo, 5G8-569 ; e
tratta di pace coi liberatori, .560;
governatore della Narbonese, .592 ;
tradisce la Repubblica e l'afforza
Antonio sconlìtto, 598-509 ; muove
con lui contro Roma, 605 ; fa parte
del triumvirato con Antonio e Ot^
tavio, 606; editto di proscrizione,
607-610 ; insulti e rapine, 615-617 ;
resta al governo dì Roma, 617 ; da
Antonio e da t)ttavio e messo da
parte, (i33 ; gli è lasciata l'Affrica,
644; inv.ade la Sicilia, 6.53, 654;
alla battaglia di Nauloco , 656 ;
prende Messina, 658 ; intima « Ot-
tavio di sgombrare la Sicilia, 658;
è deposto e conlìnato a Circeii ,
dove vive molti anni serbando fino
air ultimo il titolo di Pontefice
Massimo, 659, IV, 22.
Emilio Lepido Paolo (Lucio), fratello
del triumviro, e comprato da Ce-
sare, III, 467, 470 ; edifica la basi-
lica Emilia, 407-468; proscritto si
salva colla fuga a Mileto, 608.
Emilio Lepido (M.), figlio del trium-
viro, ucciso per aver tramato con-
tro Augusto, IV, 107.
Emilio Lepido (M.), congiura contro
l'alifrola ed è, ucciso, IV, .334.
Emilio Mamerco o Mamercino, ditta-
tore, vince i Fidenati e i Veienti ,
I, 870 ; nella seconda dittatura re-
stringe da cinque anni a 18 mesi
lufficio dei censori, I, 861.
Emilio Mamercino (L.), console, de-
preda il Sannio, li, 42.
Emilio Paolo (Lucio), console, suoi
contrasti col collega Terenzio Var-
rone sul Iiiol'" e sul tempo da com-
battere Aniii'i'e 11, ''---iryj : muo-
re allabii" ■_:! ■ ^'i i . ;■•, 357-3.58.
Emilio Pa'.l . : " ■lei pre-
cedente, pi : ,_ ;tM dai Lu-
sitani, li vili': iJ 1 ui all'- battaglie,
II, 4.55; console, assedialo nel campo
dai Liguri Inganni li vince, 459;
dopo più anni di vita privata i; chia-
mato a far guerra a Perseo, sue
virtù, 476-477 ; suoi provvedimenti
militari, 477 ; passa il monte Olim-
po, 478 ; e vince a Pidna, 479-480 ;
e Perseo si da nelle sue maui, 481 ;
visita le meraviglie di Grecia, 482 ;
va incontro ai legati di Roma, 482 ;
annunzia alla Macedonia e all'lUi-
ria la libert.n. concessa da Roma,
482-484 ; feste in Anfipoli, 484 ; sue
ingiustizie verso gli Etoli, 485-486 ;
si reca uell" Epiro ove commette
educare i suoi figli nelle discipline
greche, 601 ; nei suoi funerali Te-
renzio fa rappresentare gli Adel-
phi. 640.
Emilio Papo (Lucio), console, fa fronte
ai r>alli ad Arimino, II, 251 ; soc-
corre r esercito romano sconfitto
in Etruria, 251 ; e vince i lialli al
tapo Telamone, 2.52; entra nella
Gallia Cisalpina e trionfa, 252-253.
Emilio l'robo , copista, supposto au-
tore delle Vite di Cornelio Nepote,
III, 788.
Emilio Regillo (Lttcio) , distrugge le
navi di Antioco, re di Siria, presso
il promontorio di Mionneso , II,
447; trionfa, 450.
Emilio Scauro (M.), trionfa dei Carni
e dei Tauri.sci, III, 97 ; principe del
Senato inviato in Numidia p.T giu-
dicare Giugurta, 106 ; va alla guer-
ra e si lascia corrompere da Giu-
gurta, 107-108 ; si fa dare l' inca-
rico di giudicare gli accusati di
corruzione, 109 ; si arma contro i
demagoghi, 154 ; si salva dalla rea-
zione dei grandi , 166 : accusato
d'ambito da Rutilio, 698; sua au-
tobiografia, 770; costruisce la via
Emilia, IV, 66.
Emilio Scauro (M), figlio del prece-
dente, legato di Pompeo in Siria,
P.alestina e Fenicia, III, 349 ; assale
Areta re degli Arabi Nabatei, 349 ;
suo splendido teatro, IV, 196-197.
Eininentissimn, titolo introdotto da
Adriano, IV, 635.
Emo {.lintknn) , monte della Tracia,
II, 465, IV, 581.
Empedocle di Agrigento , divulga le
dottrine pitagoriche, II, 157 ; suo
poema sulla natura delle co.ir. III,
Emporin, in Affri.
lille rive della
Ilo territorio è
i, II, .501.
itià greca nel-
I Cart.-xginèsi, U, 329;
Emp'.ii. !
la s,, '.u
Roma Ci , . „. .,.
vi sbarca Catone, 455,
Enaria {Ischia), isola, detta Pitecusa
dai Greci, abitata dai Calcidesi, I,
310 ; vi sbarca Mario fuggito da
Roma, III, 211 ; data ai Napoletani
da Augusto, IV, 292.
Enciclopedia romana, IV, 924.
Ene.-i, convertito in (Jiove Indigete, I ;
.534, .538 ; sua venuta nel Lazio,
.534 ; luoghi dov' è ricordato , .>J6-
.530; in Sicilia, li. 111; Enea e Di-
doiie in Nevio, 612 ; nell'A'/iejrfe di
Virgilio, IV, 126, 128-129.
Engadina, nei Grigioni, ricordi roma-
ni, IV, 94.
Engio (presso GangtX dimora dei Si-
culi, II, 106.
Eniochi, nel Ponto Eussiiio, rendono
omaggio a Traiano, IV, 615.
Enipeo ( yersalisi), fiume in Tessaglia,
III, 501.
Enna (CastfOginvonni) , dimora dei
Siculi, U, 100, 107 ; colonia dei Si-
racusani, 118-127 ; presa da Duce-
zio, 163; e poi dai Romani, 218;
saccheggiata ed empita di sangue,
379 ; insurrezione degli schiavi. III,
39, 40; e poi da P. Rupilio, 42.
Ennia Nevia, moglie di Macrone, in-
namora Caligola, IV, 315 ; ed fe uc-
cisa da lui, 321-:}22.
Ennio (Lucio), accusato, IV, 282.
Ennio (Q), poeta di Rudia (Riiflfje
presso Lrrce), 1, 342-343 ; è con-
dotto a Roma da Catone e non fa
guerra alle nuove idee, II, 615 ; va
alla guerra in Etolia, 015 ; sua fa-
miliarità cogli Scipiom, 015; suoi
Annali in versi, 615, 617-618; cele-
bra con un poema Scipione Affri-
caiio, 615-016 ; muore povero, 616 ;
sue commedie e tragedie , 616 ;
traduce in latino i libri di Eve-
mero, 598, 616 ; interpreta ai gio-
vani le opere greche, 601 ; forse
maestro di Cecilie Stazio , 638 ;
scrittore di satire, CIO, 650.
Elio ilnn), fiume della Rezia e del
Norico, IV, 93.
Elio, città di Tracia, saccheggiata dai
Romani, II, 485.
Enobarbo. — Vedi Domizio Knobar-
bo.
Enomao, duce con Spartaco della ri-
volta dei gladiatori. III, 300.
Enotria, 1, 72-74.
F;nolridi (isole), 1, 72-74, 292-293.
Eiiotro, condottiero dei Pelasgi, I, 72-
74.
Entella (presso Rocca cl'Entella), in
Sicilia, sede degli Elimi, II, 112-
113.
EoUde , fa parte della provincia di
Asia, II, 539.
Eolie {Isole di I.i/ìari) , gruppo di
isole vulcaniche al settentrione
della Sicilia, I, 22-23, III, 054.
Epafrodìto, aiuta Nerone ad uccidersi,
IV, 420 ; ucciso da Domiziano, 543.
Epaminonda, sepolcro restaurato da
Adriano, IV, 657.
Epeur (il fanciullo), in specchio etru-
sco, 1, 391.
Epicari, liberta, consapevole della con-
giura contro Nerone, IV, 400; sop-
porta muta e imperterrita la tor-
tura e si appicca, 407-408.
Epicarmo, poeta comico siciliano, di-
vulga le dottrine pitagoriche , II,
157; alla corte di Gerone, 161.
Epicide, affricano, induce Geronimo
di Siracusa ad unirsi ad Annibale,
II, 374 ; alla testa di Siracusa, 376 ;
sventa le congiure ordite per dar
la. ci Ita ai Romani, 380; andato
ad Agrigento non torna più a Si-
racusa, 382.
Epicuro, III, 740.
Epicurei, combattuti da Cicerone, III,
■ 735 ; sparsi per tutta Italia, 740. —
Vedi Filosofia.
Epidamno. — Vedi Dirracxhio.
Epidauro (Pidarro) , nell'Argolide ,
Esculapio fatto venire di là a me-
dicare i Romani, lì, 295; ^^sitata
da Emilio Paolo, 482.
Epifania, in Cilicia , ripopolata da
Pompeo coi pirati. III, 3:}3.
Epigrafe di un mercante fallito, 1, 346.
Epigrafi in versi. III, 791.
Epipoli, quartiere di Siracusa, II, 376,
380.
Epiro si dà ai Romani , II, 4.34 ; si
unisce a Perseo , 473; stragi di
Paolo Emilio, 487; provincia ro-
mana, 542 ; vi sbarca Cesare, III,
497 ; villa di Pomponio Attico, 744 ;
vi sbarca Agrippa, 675 ; strade, IV,
Epitetto, filosofo stoico, le sue dot-
trine accoliti e portate da M. Au-
relio sul trono, IV, 72:3, 7.56; sua
nascita e vita, IV, 843; suo Ma-
nuale. 84(.
Epona , dea dei cavalli e dei muli ,
IV, 651.
Eponina, moglie di Giulio Sabino, suo
grandi prove di coraggio e di af-
fetto al marito, IV, 504-305; uc-
cis;i da Vespasiano, 505.
Eporedia (Ivrea), colonia Romana ,
HI, 97, IV, 89; parteggia per Vi-
tellio, 442.
1000
INDICE
EPRIO
ESCULAPIO
Epri.i Marcello (C), delatore, aceusa
Trasea e Sorano, IV, 414; e pre-
miato, 415; assalito da Elvidio
Prisco. 474. 47.'j; congiura contro
Vespasiano, è condannato e si uc-
cide, 505, 50G.
Ktiua (Vico i/jue.ìse). in Campania,
rovine, 1, 27.V276.
Equi, discesi dagli Osci e Sabini , I ,
217; loro sedi, 22S e sesg. ; detti
lano dato a gran parte del loro
paese, 229; confinano col Lazio,
527 ; fanno parte della lega lati-
na, 535, 611; si collegano coi
Volsci, 773; in guerra coi Ro-
mani, 773, 779; loro correrie per
le campagne latine, 82n-'?21 ; pren-
dono la rur.:, ,l'i Ti. -l'i. .S25 :
cacciati toin. ne Ro-
ma, 825; s-n -1 ■: ' ■ innato,
«28; nuove unni > . > - -lurre,
86.>-867; e inM.ncio.o . ..,iuo Ro-
ma, li, 12 ; vinti da Cauiinillo, 13 ;
quasi distrutti, 36; aiutano i San-
niti, 75; sono sottomessi, 77-78.
Kiiuiti, a guardia della persona degli
imperatori, IV, 816.
K(luizio, schiavo, supposto figlio di
Tiberio Gracco, nominato tribuno,
UI, 15.3.
. via Traiana, IV, 607.
l-;ra dei Seleucidi, II, 443.
Kra denli Spaenoli, IV, CO.
Èra volgari'. IV, 101.
Eraclea, in Grecia, difesa dagli Etoli,
li, 447.
l'"raciea, in Macedonia, ucciso il pre-
sidio romano. III, 98
l->aclea deU'Oeta, città, il Senato ro-
mano ordina i-he esca dalla lega
Achea, II, 49G.
Eraclea del Ponto (EreVi), aiuta Ru-
ma nella guerra so'-iale, HI, 17.S ;
assediil:i <\n I ii'-n!lo. :i!''
Erade.-i .li ^niim .Lt-.i ,,rii,i;i Ma-
karri 1 Y M n 1 .. /.'lisi,
I, :'..■! ■ - : I Ki-
role, II. \" '. ' i'iii ( ili N- iiiiuTile,
126: s. .rsa .1:1 Iiail.-nnr, :i7!l; ri-
volta degli sihiavi. III, 138-139.
Eraclea della Siritide (Policoro), nella
Magna Gicria, I. 31(1; sede delle
grami, .-l n m ■ ilelle n-puMili-
rhe , Imia di T.-i-
. lieta
sfr
R.j
il. ili da
M.lcil-
ii.J-324,
«•manze l'in ■
mani, li).|-l '
Roma, 200; .i i > i
Roma, 270; S. Il 11
lustrate dal M.uì.j
IV, 786.
I-j-acleotide, regione, I, 311, 322-324.
l-:raclide di Siracusa, accusa Dione di
ambire alla tirannide, li, 179.
]'>aclide, figlio di Agatocle, ucciso in
Affrica, 11, 186.
Eraclio di Siracusa, perde il suo pa-
trimonio perché rifiuta di venir a
patti con Verre, III, 319.
I-;rate, filosofo, fatto uccidere da Ve-
spasiano, IV, 504. •
I'>ai'io, llorido durante la guerra so-
liale. III, 178; ricco sotto Traiano.
ly, 5.59 ; e alla morte di Antonino
Erario militare, istituito da Augusto,
IV, 80-S2.
Erbesso (presso Girr/enti) , città dei
Si<»ni. II, 104, 106.
Erbesao (presso a Siracusa), dimora
dei Siculi, II, 106 ; presa da Claii-
iflio Man-elio, 379.
■'.-Il ipn-:.^^. Xirosia), dimora dei
J-
181 ;
presa da Tito Didio, 191 ; tempio
alla Madre degli Dei, IV, 499; ter-
remoto, .'ilo ; seppellita dal Vesu-
vio, 511 ; siavi. 511; onori a prin-
cipi buoni e «attivi , 79.S; statue
equestri dei liallji. 799, 800.
Ercole. ;ulMi-ati. n.l Sanili..., 1. :«.">; i-
a Cer.'. ;^". i!l i.r .l,... liriii u.i .Il
clava. • ' !— ■■ ■ ni! ,• - -
priel.-i. : - ■- . . il i .-i" ;
doglio, i'.i; ; iradi/.ioiu nmi.-he. Ili,
292.
Ercole, culto nel Vallo d'Adi'iaiio, IV,
(146.
rV,'40O.
Ercole, tempio a Roma, IV, 535.
Ercole, tempio a Tiburi, I, 5.59.
Ki-rnìc Invitto, altare nel Vallo d"A-
l-à !<■ Vincitore, 1. 528-530.
Ercole (porto d) (le Forminole), nel
Hru/.io, 1, 300.
Eri'te (Monte Prllegrino), presso Pa-
lermo, Amilcare Barca vi si pone
a campo, 11, 233,
Erculea. — Vedi Taranto.
l-'rculeo (Capo di SpaHive>ito), pro-
montoi'io, I, 305, 312.
Erculei , si dissero i giorni in cui
Comiiiodo prese i titoli di Cesare
e di Germanico, IV, 772.
Erdonea a Evùouitx (Orrloafi). nell'A-
Sulia Datinia, rovine, 1 . 35.")-:r)i: ;
opo la battaglia di t'aniie si imi-
sce ad Annibale, 11. :iij:i ; il i|iiali-
ivi batte il pret..ie r.iie.. l'ulvio ,
387; e poscia la brucia, 394; sulla
■ Traiana, IV, 607.
sabino, assale il
1, 821.
] iirrendc a Dionisio, 167 ; i; ripresa
I dai Cartaginesi , 167 ; presa da
Piiro, 200 ; e dai Cartaginesi, 217 ;
o.-iupata dai Romani, 232 ; ripresa
da Amilcare Barca, 231.
Eriche (presso ColtogironeV dimora
dei Siculi. II, 106.
Erinia, divinità dei Marsi, I, 383.
Erineo, nel Uruzio, 1, 306.
Brino, divinità dei Marsi, I, 382.
Erisane, in Lusitania, Yiriato la libe-
ra dall'assedio, II, 529.
Eritre (Ritri), città della Ionia, rima-
ne Ubera, lì, 453.
Eritio.i (Ma,- Hoiiso). III. 349, IV,
.^:, li;;. 782; confine della Pale-
11 ni; unito al Nilo con un
; . ino.
iiiiiii-iil (iilolo di), riferito ad Ar-
minio, IV, 274.
Erineo (Capo JìOii) , promontorio in
Affrica, II, 219, 510 ; la fiotta ro-
mana volge ivi in fuga quella car-
(riL-iiirse, 223.
i:n! iin.-i' di Mitridate, battuto da
I !.. Hill., IH, 338.
I ; iiuiii 1, . .iiiipagno di Orazio Coclite,
1, Gi6.
Ei-iiiiiiio (Tito) , legato, muore alla
battaglia del lago Regillo, I, 6:52.
Ermocrate, duce di Mitridate, III, 336.
Ermodoro, efesio, traduce in latino
le legai greche per compilare
quelle "(Ielle XII Tavole, I, 814;
sua statua nel Fòro, II, 300.
Ennogene di Tarso , storico , ucciso
ila Domiziano, IV, 524.
Ermunduri , grossa tribù germanica
al nord della Boe*»uV», caf ciano il
I.jTo re Catualda, IV, 271 ; assaltati
I-I.,in,ri.. 731.
Erni.i. .^.^..-i il.i-li Osci e Sabini, I,
217 ; |i..M s.'.li. 2311-231 ; al confine
.11 l.ii.ii.. ."127; fan parte della
I, .1 ! I 11 i;ll: trattato con Ro-
I , :" i 1 il. terre sono diser-
1 11, .1 1,1 1 un . S20; soi^corrono
l: , 1, , li Equi e i Volsci,
l'^rdonio (Appio) ,
tagli
vint.i
1 . 297 ; e poi
,u 298.
•pre Cicerone
i- . per avere
Etruschi, 599 ; Tarqiiinio il Supei--
bo vi sconfigge i Sabini, 611.
l'^i-i'lria, citta dell'Isola Eubca, presa
l'i:' l'i ,i'"'''"' '" ' i'i' :ii. rv, 854;
l'ir-V.,,. ,,:.! ,i, ' M,M|'|,''|1, 106.
Ei-gi/io, vilia-gi.. iH'U .\piilia, I, 35S.
Erire (Monte San Giuliano presso
Trapani), tempio a Venere, 11.
99; sede degli Elimi, 111-112; si
all';
l'.i'.i |i giudeo, consiglia
1 1 iii.li,, ni .111 .Ilare l' imperio, IV,
l-j'ode Attico, famoso retore sofista
1 V, 658 ; abbellisce la nuova Atene,
6.79; inalzato al consolato, 703;
,11, , .1 .. ili Miivi, Aurelio, 720, 721;
.■ ,:i \ n , 1,, '11,., 949.
Eii.'i 11 r lo sulla origino
.1 Lii l.i..,^ ili I, 114-116; fa parte
.lili.i .:i.l..i.ut .lUiiiese fondatrice di
Turio, 321 , superiore a Tito Livio
per lo spirito investigatore, IV,
Erote, schiavo di Antonio, si uccide,
111, 682.
Ersilia, concilia Romolo e Tazio, I,
."^1 ; fitta divina riceve il nome di
Eruci.i (biro, legato di Traiauo. in-
cendia Seleiicia, IV, 618.
Esaro, limile della Magna (ircia, I,
316, 317.
Es.hilo, poeta, alla corto di Gerone,
II, 161.
l'^s.hine, oratore, III, 69.5, 697.
lOsculano (Dio), II, 310.
Escul.ipio (Dio), fatto venire da K\> -
dauro a Roma, II, 295; suo tempio
nell'isola Tiberina, adornato di pitr
ture greche e di voti, 295, 296 ; suo
DEI NOMI E DELLE COSE.
1001
ETKUSCHI
EXBDARE
tempio ad Agrigento derubato da
Verre, III, 322 ; altare e statua nel
Vallo d'Adriano, IV, 651, 653. —
Vedi Esmun.
Esepo (Bokl'm), fiume della Misia in
Asia, III, 338.
Esercito. — Vedi Milizia.
Esercito urbano, istituito da Servio
Tullio, I, 712.
Eserciti tumultuari, II, ■ISn.
Esernia (Isernia), costruita dai San-
niti, I, 255; rovine, 258; colonia
romana, II, 205; gli Esernini alla
battaglia di Pidna, 479 ; nella guer-
ra sociale cade in poter dei San-
niti, III, 181; vi è trasferita la
Dieta italica, 192-193 ; devastata da
Siila, 266.
Esi (Fiumesino), fiume del Piceno, I,
225.
Esmun (Esculapio) , suo tempio a
Cartagine, U, 511-512. — Vedi
Esculapio.
Esneh, in Egitto, ricordo di Antoni-
no, IV, 710.
Eso, dio delle foreste galliche, III, 425.
Esopo, commediante, IV, 199.
Esperia, antichissimo nome dell'Italia,
I, 58.
Esquilie (Esc[uilinn), colle, I, 567, 605,
722, III, 207, IV, 118, 400, 402, 514 ;
casa di Virgilio, 418; orti e pa-
lazzo di Mecenate, 115; terme di
Tito, 515, 603; terme di Traiano,
603; scavi recenti, 115, 770.
Esquilina, regione, I, 605.
Esula, negli Equi, colonia romana,
n, 269.
Età del bronzo, I. 40-49.
Età del ferro, 1, 40-49.
Età della pietra, I, 3.")-49 ; in Sicilia,
II, 104.
Elalia. — Vedi Elba.
Eternità, dea, IV, 7i:4.
Etico Istro, cosmografo del medio (■\i),
IV, 50.
Etiopia, alleata di Roma, IV, 69, 87 ;
mirra, avorio e cotone d' Etiopia
portati a Roma dalle navi d'Egitto,
206.
Etna, antichità di questo vulcano, I,
22-23; eruzione, 874 ; vi sali Adi-ia-
no, IV, 681.
Etoli, barbari e feroci, li, 429 ; alleati
di Roma contro Filippo re di Ma-
cedonia, 431 ; si mantengono fede-
li, 433; combattono ai Cinocefali,
437 ; scontenti che Filippo non fos-
se distrutto, 437-438, 440 ; prendo-
no Demetriade, e uccidono Nabide,
443 ; nominano Antioco, re di Siria,
loro capitano generale , 444 ; vinti
al passo delle Termopili, 445-446;
chiedono tregua, 447; si difendono
in .Ambracia e sono costretti a chie-
der pare, 450 ; in guerra coi Tes-
sali ; 463 ; ostaggi presi dai Roma-
ni, 469 ; ingiustizia di Paolo Emi-
lio con essi , 485-486 ; soccorrono
Siila, III, 234.
Etolia, non fa parte della proNÌncìa
d'Acaia, II, 499.
Ktriculo (Lrittaricn), nelBruzio, I, 306.
Ktruria propriamente detta, vulcani
spenti , I, .33 ; r-onfini, città, porti,
potenza, sepolcri e splendide opere
d'arte, 123, 129-161, 168-173; con-
fina col Lazio, 527 ; una delle un-
dici regioni dell'Italia d'Augusto,
IV, 42 ; fa parte di una delle quat-
tro regioni sotto Adriano, 636 ; non
ha giuridico, 738.
Etruria campana, 1, 128, 278 ; distrutta
dai Sanhiti, 883.
Etruria circumpadana *■ adriatica, I,
126-127; necropoli, 162-167.
Etruschi , loro provenienza , 1 , 113,
174; opinioni degli antichi, 114-117;
studi moderni, 187-208 ; confermata
la loro origine asiatica, 117-120;
ti 'IH- ; , i:j . . ,, • sono
pente, l.'J . il ■ i.'.i' . la lu'u po-
tenza fu nell'Etruria di mezzo, 123;
conquiste sugli Umbri, 125 ; occu-
pano la pianura del Po, 126 ; pos-
sedimenti nel Lazio, 127 ; assog-
gettano il paese (lei \',,lsei. 12S; si
estendono nella Cini]]! ini.i. 128; so-
stengono forti li.iiii^iie eoi Lisuri,
128 ; città da essi oeeupate sul Tir-
reno, 130; navigazione e commer-
ci, 130-131 ; opere idrauliche, 131-
132 ; opere d'arte, 132 ; città e ro-
vine etrusche, 133-174 ; loro modo
di seppellire, 168 ; civiltà e gran-
dezza, 175; ordinamenti politici e
militari e sistema federativo, 175-
179; fortificazioni delle città, 179-
180; conquiste, colonie e goveimo
dei vinti, 180-182 ; dottrine della
fataUtà, 182 ; loro fine eroico, 183 ;
teocrazia, 363; condizione del po-
polo, 36.5-366; costituzione aristo-
cratica e timocratica, 366-359; pos-
sesso del suolo, 370-371 ; leggi e
ordini interni, 372-374 ; religione,
376, .387-388; divinità — -~
406, 408, 460; dottrina dei
mini; 406-409, 460 ; sacerdoti, 409-
412; culto, 413-415 ; arti, 416-442 ;
arte ceramica, 443-449 ; la scienza
privilegio dei sacerdoti, 451 ; astro-
nomia, 453-454 ; divisione del tem-
po, 454 ; sistema di numerazione,
451-157 -, e!-nno!o'_'ÌT. 458; mete-
renl.ej; , ( .' ' ■.liiia, 460; co-
gni/) I-I ; libri sacri,
anieili . I- , ielle, 462; mu-
sica, l'jl-l'is , 1, I ,, -(7R-4S4; ar-
mi, 491-49-2 ; e.,- , ii-i ri-,-496;
donne, 497-11'' [ -",10 -. a-
bitazionì, 5III-' '. :: .lan-
za, .502-.504; e,,:, , ,|, ,; e riti
funebri, 504-.521 ; aiutano Romolo
contro i Sabini, .579 ; in guerra con
Anco Marzio, con Tarquinio Prisco
e Servio Tullio, 595 , .599, 604 ; soc-
corrono Tarquinio il Superbo con-
tro Roma e sono vinti alla selva
Arsia, 623-624 ; assediano Roma
guidati da Porsena , 626-628 ; ab-
bandonano la causa dei Tarquinii,
629; coi Latini e Sabini danno ori-
gine a Roma, 690 ; loro istituzioni,
usi, civiltà, religione e arti traspor-
tate a Roma, 691-693 ; negano aiuto
ai Veienti, 870-871 ; vinti dai Ro-
mani , 880 ; loro decadenza, 880 ;
commerci e invasione tentata nella
valle del Nilo, 881 ; disfatti presso
Menfl, 881 ; più ainii di pace e poi
nuova guerra con Roma, 80.5-806 ;
assaliti dai Galli , 887-889 ; nuove
guerre con Roma e nuove scon-
fitte, II, 12-13, 36-37 ; si sollevano
coi Sanniti contro Roma , 68 ; as-
sediano Sutri, 68-69 ; sono vinti da
Q. Fabio e si ricovrano nella selva
Ciminia, 69; perdono a Perugia,
70 ; nuovamente battuti, 71 ; e scon-
fitti al lago Vadimone, 71-72 ; vinti
coi Sanniti a Sentino , 79, 81-83 ;
vincitori del pretore Metello ad A-
rezzo, e sterminati e sottomessi al
lago Vadimone, 91-93, 196; pa-
(lioni della Sardegna e della Corsi-
ca, 237, '249 ; invasione dei Galli ,
251; aiutano Roma contro i Galli,
2ol ; patti ottenuti dai Romani, 259 ;
artisti, 311; ai sacrifizi umani in
onore dei morti sostituiscono i
combattimenti, 314 ; devastati dalla
invasione d' Annibale , 344 ; ri-
mangono fedeli a Roma dopo la
battaglia di Canne, 363 ; sospetti di
moti a favore d'Annibale, 392, 396-
397 ; aiutano Scipione alla guerra
d'Affrica, 410 ; invasione dei Ligu-
ri, 458 ; aderiscono alla lega italica,
III, 172 ; Roma reprime i loro moti
a favore degli Italici, 185-187; si
uniscono alla parte democratica
romana, 2.50; rapine e stragi di
Siila, 265-265 ; tumulti contro i suoi
veterani, 288-289 ; infestati dai pi-
rati, .331 ; eccitati alla rivolta dagli
emissarii di Catilina, 375; accolgo-
no con festa Cesare, 488.
Etruschi, stanziati sul Po, cacciati e
vinti dai GalU, I, 883-885 ; cercano
rifugio sulle Alpi Retiche, 886.
Ettore, motto di Tiberio agli amba-
sciatori di Ilio, IV, 286.
Eubea , colonia greca in Sicilia , II,
119, 128.
Eubea (isola d') (oggi Negrnponte) ,
presa da Flaminio, II, 435 ; dichia-
rata libera, 438; presa da Antioco,
re di Siria, 444 ; occupata da Mitri-
date, m , 232 ; visitata da Emilio
Paolo, II, 482 ; e da Germanico,
IV, 260.
Eufrate, fiume, li, 542, IH, 464, 466,
IV, 68, 78, 79, 84, 312, 399, 495.
.551, 554, 613, 615, 616, 618, 627,
715, 728, 729, 731, 745, 782.
Eufrate, filosofo, familiare di Plinio
il Giovane, IV, 941.
Euganei, loro origine e sedi , I, (;7 ;
loro lingua, 477.
Euganei (colli), I, 34, 67.
Eumachia (edificio di), a Pompei, IV,
45-46.
Eumene lì, re di Pergamo, riceve dai
Romani la più parte delle spoglie
di Antioco re di Siria, II, 452 ; de-
nunzia ai Romani l'ingrandirsi di
Perseo, e questi tenta farlo assas-
sinare a Delfo, 468; malcontento
dei Romani, 476 ; sbarcato a Brin-
disi riceve l'ordine di lasciar l'Ita-
lia, 491 ; i Romani gU voltano con-
tro suo fratello Attalo, 491 ; fa fab-
ta gli schiavi di Sicilia , lU , 38-
39; proclamato re col nome di
Antioco, 39-41 ; sua morte, 42.
Eunuchi, commercio, IV, 209.
Eurialo, castello di Siracusa, II, 376;
ceduto a tradimento ai Romani,
380.
Bussino (Ponto) (Mar Nero), III, 225,
IV, 79 ; via conducente da esso alle
Gallio, 610; le popolazioni si di-
chiarano pronte ad obbedire a Tra-
iano, 615 ; visitato da Adriano, 662 ;
periplo di Arriano, 662.
Evandro, re d'Arcadia, leggenda della
sua venuta nel Lazio, I, 528, 531,
566, IV, 701.
Evemero, i suoi libri tradotti in lati-
no da Ennio, II, 598^616.
Evento. — Vedi Buono Evento, dio.
Evirazione, proibita con minacce di
morte da .\driano, IV, 673.
Evodo, Uberto di Claudio, capo degli
uccisori di MessaUna, IV, 365.
Exedare, posto sul trono d'Armenia
da Cosroe, IV, 613.
Vanncco! — Storia dell'Italia antica — IV.
1002
INDICE
FABARI
Fabari o Farfai-o {Farfa), fiume dei
Sabini. I, 220.
Kabbroni ((Giovanni) , sue opinioni
sulle origini italiche, I, 190.
Kaberio, già segretario di Cesare, fal-
sifica le sue disposizioni. III, 575-
57C.
Fabia, moglie di Licinio Stolone, II,
20-21.
Fabiano (Papirio), (ìlosofo, TV, Saì.
Fabii (la gente patrizia dei) , celebre
per suol consolati e prodezze , I,
805; studia di riunire plebe e pa-
trizi, 806 -, non riuscita ueU' inten-
to, va a far da sé sola la guerra
ai Veienti, 807-808; uccisi al Cre-
merà, 809-810; onori alla loro
virtù, 811.
l-'abii (i tre fratelli) , inviati ai Galli
a Chiusi, I, 8S9.
Fabio Cesone, console tre volte, I,
803 ; nella guerra etrusca è abban-
donato dai soldati , 806 ; insiste
perché sia eseguita la legge agra-
ria, 806.
l-'abio (Marco) , console due volto . I.
805; vince gli Etruschi e ricusa
il trionfo, 806.
Fabio (Quinto), console due volte , I,
805 ; muore al campo, 806.
labio Dorsone (C.) , esce dal Campi-
doglio assediato e traversa il cam-
po dei Galli per fare un sacrifizio,
Fabio Ambusto (M.), suocero di Lici-
nio Stolone, II, 20.
l'abio Ambusto (M.) , console la se-
conda volta, battuto dagli Etrusolii
a Taniuini.'i. II. :w.
l''.aljin ((.iM!i) MiMiiio RuUiano ,
vni. ■ li .'.S; si rifugia
ai; |i i:^i alla vendetta
(li l' ipii I ■ ' i . ."n ; prende
Luceri.'i, i;ii : i' ,■ 1 ..iiilule,
67; vince i S . : : i.' e gli
Etruschi a Sni: I ' ' f i Li sel-
va Ciminia. '^i; in :U 1 iL-iischi
e Umbri a l'orujjia. ;(i; nominato
proconsole vince nuovamente gli
Ktruschi e gli Umbri, 71 ; nomina
dittatore l'apirio Cursore , 74 ;
trionfa per aver domata l'Etruria
e va nel Sannio, 75; vince gli Um-
bri a Mevania, 75-76 ; vince i San-
niti ad Alti fé, 76; prende parte
come console alla terza guerra
sannitica, 79, 80-81 ; vince a Sen-
tino e trionfa, 81-83; censore ri-
ceve il nome di Massimo, 279, 284.
Fabio Gurgite (Q.), Aglio di Q. Fabio
Massimo RuUiano, console, fe scon-"
lltto dai Sanniti , e aiutato dal
padre accorso, come suo legato, al
riparo, II, 88 ; detto Gurgite (ghiot-
tone) per gli scialacqui della sua
gioventii, 575.
Fabio Buteone (M.), dittatore per ri-
fare i senatori nrcisi da Annibale
a Canne, 11, > -
Fabio Massimv ('.'' 1' 'i"' iiii-
console, vìm^-'' i i . 'ni li ; i , J;-
Chiara la gn.'n ,. m i .uLi^hm- .i ,
333; dopo la r..iut .l.-l J.aM,M.-UM
eletto prodittatore per coniliattcìe
Annibale studia di evitare le gran-
di battaglie, 351 ; guerra di accor-
gimenti e d'insidie, 3.>2 ; deluso
da Annibale e disapprovato da Ro-
ma, 253 ; col tcmporcfjgiare impe-
disce la rovina d'Italia, ed e ono-
rato della corona graminca , 254 :
richiamato al romando dopo la
i-otta di Canne, 3J9; prende stanza
a Teano contro Anrubale e diserta
le terre sannitiche , 369 ; prende
Manduria e Taranto, 395; si op-
pone al partito di portare la guer-
ra in Affrica, 409 ; accusa Scipio-
ne del mal governo di Locri, 411 ;
geloso e nemico di lui vincitore
con modi diversi dai suoi, 554, 559.
•'abio Massimo (cosi detto per causa
di adozione) Emiliano , figlio di
Emilio Paolo vincitore di Perseo,
combatte rri\ padre nella guerra
di Mac.MÌM„r, , II. (-<«• frena Vi-
figlio .Ili ;.-... Mu.-e gli.\r-
raonuinentc',. preuile il sopranno-
me di .\llobrogico, e inaUa a Roma
r arco Fabiano, HI, 9:3-94.
Fabio Massimo Serviliano (Q.), pro-
console, sconfìtto da Viriato, 11,
528; ridotto agli estremi fa pace
con lui, 529.
Fabio Pittore (('.), ilipinge il tempio
della S;,l II. ,"i-. :ì11, GOS.
Fabio Pili ! il I ili-, prosente
alla u ili., lie.-oiitru
Apniliie, II. .1"; ■ nuuulato al-
l'oracolo HI Hello <lopo la rotta di
Canne , 3tì0 ; sci'ive in greco gli
Annali di Roma, ed e il padre della
.storia romana, 607-608. — Vedi
anche, I, 638-639.
Fabio Adriano (M.) , legato di Lu-
cuUo , vince Mitrid.ate a Cabira,
III, 3:»; e poi ti vinto a Zela da
'1' ■ : i:n:., IH, 380.
1 11.1 i M r-iiiMi, scn.atore, fatto morire
ila Livia, IV, 231.
Fabio Rustico, storico, IV, 919.
Falirateria nuova (Falvalera), città
dei Volsci, I, 232-233; rovine, III,
183.
Fabratevia vecchia (Ceccano) , città
dei Volsci, 232-233.
Fabretti (Ariodante) , suo Glossario
italico, I, 474-475, 484; crede che
i dialetti italici derivino dalle lin-
gue ariane, 482.
Fabretti (Rafaele), sua illustrazione
della Colonna Traiana, IV, .584.
Fabriano. — Vedi Sentino.
Fabrizio Luscino (C), console, batte
i Lucani e i Bruzi, e libera Turio,
II, 189; sua famosa ambasceria a
Pirro, 196-197; a cui denunzia il
medico traditore, 199; censore,
caccia dal senato Cornelio Rufino,
304 ; per le sue virtù ha tomba
dentro Ir ìNiir;i ili K-nn.-i, 285.
Fabrizio v. n; n i .■onsiglicre
di Diiiiii ,11 l\ , i-i.
Faconrii" . i,-.m ^ III, 710.
Fadilla, sorella di Coiiiinodo, IV, 778.
Falacrine (nella Valle di Falacriyir),
fondata dai Sabini, I, 221 ; patria
di Vespasiano, IV, 4.">4.
!■ il 1 -lo, divinità dei Sabini, I, 283. _
r 1 NILI macedone, alla battaglia dei
' retali, II, 436; e a quella di
479.
y.iì.
II.
US-l.V li 'Il 1 1 -' ili '■■■on/i
traspio 1-1 !■ ' '
Falerii o l .ii. . , . i ,,, .i ; - , / -.■.i-
Stellaa"- i '-.,.;. .U" Y- di l<n,..
ci), citta abit.ita dai Siculi e poi d.'i
Pelasgi, I, 75; tempio di Giunone
75; una delle città principali d
Etruria. 123; rovine, 136-138; ri-
cordo di Adriano, IV, 637 ; iscri-
zione alimentaria, 807.
Falerno (agro), I, 267, 269 ; vi si ri-
fugiano i (jalli, II, 33; devastato
dai Sanniti, 77; vino, IV, 823.
Falisoi (i), loro sedi, I, 135 ; vinti dai
Romani, 138 ; soccorrono Veio as-
sediata, 871-872, 876 ; vinti da Cam-
mino, 880 ; ricevono il diritto di
cittadinanza , II, 12 ; dì nuovo in
guerra con Roma, 37 ; chiedono
l'alleanza Romana, 42 ; guerra di
sei giorni, 237.
Falleri. — Vedi Falerii.
Falterona, offerte votive ivi trovate ,
I. 413.
Fame. — Vedi Carestia.
Famiglia (la), in Etruria. 1,373; no-
mi di famiglie nelle epigrafi etru-
sohe, 484 ; ordinamento ilispotico
della famiglia romana , 695-697 ;
potestà assoluta del marito e del
padre, 696, 760-761, 845, 847, II,
582, IV, 859; matrimonio e suoi
modi diversi, I, 761-762 , II, 582 ;
vietato e poi concesso tra patrizi
e plebei, 1, 853-855 ; ordini di Au-
gusto contro il celibato, IV, 37 ;
ìnogli e mariti, II, 581-582 ; tiran-
nide della moglie riccamente do-
tata, 5S2-583; profondi disordini
combattuti dai filosofi, IV, 855,
857 ; reclami contro il marito dis-
soluto che punisce la moglie infe-
dele, 858.
Fanagoria, città sul Bosforo Cimme-
rio, III, 225; si ribella, 351;
grafi greche, IV, 662.
l".;:i-iulli poveri. — Vedi Alimenti
epi-
ilici.
Fanelli (Ferdinando), di Sarteano,
sua collezione di vetri etruschi, I,
434.
Fannia, figlia di Trasea, vedova di
Elvidio Prisco, esiliata per la ter-
za volta da Domiziano, IV, !>41.
Fannio (C), console, genero di Caio
Lelio, storico, III, 764.
Fannio (L.), conchiude il trattato tra
Mitridate e Sertorio, IH, 300 ; in-
viato come consigliei-e al re, .335 ;
chiede pace aLucullo, e la ottiene,
340.
Fannio Strabone (Caio), console, ab-
bandona Caio Gracco, III, 79.
Fanum Fortunae (Fano), città degli
Umbri, I, 65 ; occupata da Cesare,
HI, 485; opere pubbliche fatte ivi
da Augusto, IV, 44.
Faonte, liberto, offre rifugio a Ne-
rone cercato a morte, IV, 425.
Farasmane, re degli Iberi, eccita alla
rivolta gli Alani, IV, 663 ; viene a
Roma, 663.
Faràsmanc, re dei Parti, rende omag-
gio in Roma ad Antonino, IV, 711.
l''arina (capo), in Affrica, II, 510.
Farnace, figlio di Mitridate, si mette
alla festa dei ribelli, IH, 351 ; con-
segna il cadavere del padre a Pom-
peo, 3.53; il quale gli dà il regno
del Bosforo, 3.53; vince Doniizio
Calvino a Nicopoli, 513 ; è vinto
da Cesare a Zela, 513 ; e persegui-
tato fino al Bosforo, 513.
Faro (isola di), imita alla qittà di
Alessandria, III, 511, 512.
Faro (detta ora Hvnr dagli Slavi <■
Lisina dagli Italiani), isola presso
le coste dell'Illirico, patria del tra-
ditore Demetrio, li, 248, 355.
Farsalla o Parsalo (Fersala), città di
Tessaglia sulla riva sinistra del-
l'Enìpeo, III, .501 ; vittoria di Cesare
su Pompeo, .502-503.
Fasti etruschi , I, 461-462 ; d«Ile Fé-
DEI NOMI E DELLE COSE.
1003
FATI
FENESTELLA
FILOPATORE
l'ie Latine, 548; di Verrio Fiacco,
M-i ; Vespasiano fa correggere
fliielli bruttati dall'adulazione, IV,
020-921.
l'ati, loro altare nel Vallo di Adria-
no, IV, 652.
Fatua, battuta a morte per aver be-
vuto vino, I, 493.
Fauna, divinatrice, moglie di Fauno,
I, 401.
Fauni, antichi Dei e poeti, I, 530-531.
Fauno, mitico istitutore dei popoli, I,
5:i ; re , e vate dei Prischi Latini,
528 , 740 ; suo oracolo sulla via
Ardeatina, 542.
Fausta, lìglia di Siila, moglie di T.
Miloiie, auKu-eagiata d.'i Sallustio,
ni. 777.
l'ansiìin;).!.' r.iii.'iwll.v IV. 7(53; in
Pio, mo-lii' .Il M.uTn .Viirilio, IV,
701, 725; falsamente accusata ili
aver fatto morii-e Lucio Vero, 737;
detta Madre dei Campi, 744; ac-
compagna Marco Aurelio nella
spedizione contro Avidio Cassio,
747; e lo esorta ad infierire contro
i ribelli, 74S ; suoi scandali, 761-
7(J3; esame delle accuse fatto da
K. Renan, 7i;l-7G2; sua morte, 763;
apoteosi, statue e tempio, 763-765;
iiiadre di Coinnindo, 764-765 ; nuove
Faustiuiaue in suo onore, 808, 809.
lustiii.jpc.li, in l'.ippadocia, fondata
d.i M. .Viii-.'lio in onore di Faustina
Romolo e Remo,
compagna Marco Bruto al Fòro,
566; al convegno d'Anzio, 570.
Favorino, di Arti, sofista, suo disac-
cordo con Adriano, IV, 676 ; scrit-
tore enciclopedico, 845, 846 ; ricorda
alle madri il sacro dovere di allat-
tare i figliuoli, 857; maestro di
Aulo («'Ilio, 949.
Fazani.i (/■V;;(<//), regione nell'inter-
no deir.Vll'rir.i, aperta da Cornelio
H'illio, IV, S7.
Fc.'irii (rundotti), ad Agrigento, II, 122.
Fi'liliraio, da che deriva questo nome,
I, 415.
l'elle, liberta dì Giulia, si uccide, IV,
217.
IVciali, sacerdoti, I, 374, 411, 586;
rito fei'iale , 374-37.') ; istituzione
attribuita ad Anco Marzio, .589.
Fede, divinità, I, 741 ; suo culto, 767-
Fede punica, II, 524.
Fede romana, monumento innalzatole
dai Locresi, II, 411.
Federazioni degli antichi popoli itn-
365.
l'edro, sue Favole, IV, 875.
Felice, liberto, si arricchisce nel go-
verno della (iiudea, IV, 342, 4.56.
Fclsina, poi Bunonia (Uolotjna), una
delle citta principali degli Etru-
schi, 1. 126 ; scoperte etrusche nei
suoi dintorni, 162-167: e nella
cilla, 167; occupata dai Boi che le
danno il nome di Bononia, 885;
coliinia romana, II, 267, 268, 460 ;
saccheggi<ata dai Boi, 458 ; presa
da Ir/io e da Ottavio, III, .597;
socc.irs.i il;i N.Ti.iii- ilupo un in-
ili lI • I .' n . \ ' ; 1 .. I „■.
Fencst.',: l .. -.-i . IV, 181.
Fenicr, ii-ri ii:i i \ì niri. IW .S67.
Fenici, loro sedi e coinmci-ci in Sici-
lia, II, 113-117; loro presenza in
Sardegna, II, 242.
Fenicia, visitata dai commercianti
etruschi, I, i;iO ; percorsa da Pom-
peo, III, 349; provincia
353 ; donata da Antonio a Cleopa-
tra, 662.
Fenio Rufo, prefetto dei pretoriani,
IV, 3S9; congiura contro Nerone
idei.'
I -,,• ( 1 ,/.>/,„,)), città di Tessaglia,
I Iva e valle) presso Mn-
I . ìljm delle adunanze della
ir, , ; r ■, , I, --;;,. .542, li, 43.
l'i'iTtiii , , 1/ -,. città degli Bir-
illi I. : -' 1 i-a dai Volsci, e
dai K. IMI 11,1 nm .sri in potere de-
gli Ei-nii-i, 8(;i;; presa più volte dai
Romani, li, 34 ; conserva l'indipen-
denza municipale, 79; scena alle
commedie romane, 64?».
Ferentino, citta degli Irpini , l , 266 ;
presa dai Romani, H, 79.
Ferentino o Ferente (presso Viterbo),
i-ovine etrusche e romane, I, 150,
IV, 448-449.
Ferento o Forento, città nell'Apulia
Uaunia, rovine, I, 295, 206 ; occu-
pata dai Romani, li, ù6.
Ferie Latine, sul monte Albano, l,
53.-., 5I7-M!i, i;ll.
Fermn. — \r,l. Firmo.
Feronailr, hli.Mln.Ii i'l,-iudio, IV, 342.
Fer'iiii.'i. Mhi lciii|ii.i ai piò del monte
S.ir.aia-, I, l:'i.s-i:;'i ■ I lea in-ntottrice
lai.i .\:, |iia |...|-ri -r-iliri. l.s:), 3S.3-
FeiT.ai-i '..ui.l ,■ ,lr -li rmhri di
Fai'n!".!.'! !■ ' l\ Jo7.
FVrrihi 1 iMiiih.ri .|iim-are pel colos-
so dAruiim.., IV, 272.
Fescenuia (Gallese e), abitata dai Si-
culi e poi dai Pelasgi, I, 75 ; città
etrusca, 138, 463.
Fescennini (versi), I, 138, li, 610, 6.50.
Feste, religiose dei primitivi italiani,
I, 412-413; in Etruria, 415, 502;
religiose e civili a Roma, 755, 7.56,
II, 316, IV, 104. — Vedi Giuochi.
Feste del Dio Teniiine, 1, 587.
Feste Laivnt.ali, 1, 572.
Feste Liipeivali, I, 412, .572, 729, 7.30.
Feste di Pale o l'alilie, I, 412, 730.
Feste Tesmoforie, 1, 8S.
Feti-Islam, in Servìa, ponte di Traia-
no ivi presso, IV, .576,
Fibreno, fiume nei Volsci, I, 232, III,
727, 728.
Ficana (Dragoncello) , città del La-
zio, I, 542 ; distrutta da Anco Mai"-
zio, 595.
Fico ruminale, I, 569, .571, 572, lì, 297.
Ficoroni (Francesco), cista prenestina,
da lui scoperta e illustrata, I, 554-
.555.
Ficulea o Ficulnea (sui colli della Co
sarina), abitata dai Siculi e poi dai
Pelasgi, I, 75 ; nel Lazio, ,562-r,63 ;
sottomessa da Tarquinio Prisco,
.599 ; iscrizione alimentai-ia, IV, 807.
Fideiie, nel Lazio, presa d.agli Etru-
schi, I, 127; colonia latina, 563;
vinta e riunita a Roma, 582 ; messa
a sacco da Anco Marzio, 595 ; Tar-
quinio il Superbo vi sconfigge i
Sabini, 611 ; sue guerre con Roma,
869-870, II, 36 ; rovina dell'anfitea-
tro, IV, 296.
Fidia, sua statua di Giove, IV, 847.
Fidio, divinità sabina, I, 385.
Fiesole, città etrusca, I, 125; rovine,
1.53; fortificazioni, 179; culto di
Ancaria, 381 ; vittoria dei Galli con-
tro i Romani, li, 251 ; si solleva
contro i veterani di Siila, 111, 288;
campo dei Catilinarii, 379.
Figli. — Vedi Famiglia.
Pila, fortezza di confine in Macedd-
nia, li, 475.
Filadelfeia, citta della Lidia, r>ivinata
da \m icna-inot.., IV, 251.
Fihadellia (liuhbiUh-Auiinoii) , citta
di Palestina nel distretto della Pe-
rca, all'orzata ai tempi di Traiano,
e poscia diveimta tlorida e popo-
losa, IV, 601.
Filantropia, raccomandata dagli Stoi-
ci, IV, 859-860.
Filetero, eunuco, fondatore della po-
tenza dei re di Pergamo, 11, 452.
Filippi, città di Macedonia, suo sito e
rovine , HI , 622-623 ; battaglia e
sconfitta dei repubblicani contro i
triumvirali, 625-627, 631.
Filippo V, re di Macedonia, obbligato
dai Romani a cacciar Demetrio di
Faro, II, 355 ; fa alleanza con An-
nibale, 370 ; muove in suo aiuto ed
è sconfitto ad Apollonia, 373; ri-
chiesto di soccorso da Siracusa,
380; tenta sottomettere la Grecia,
430; sue crudeltà e perfidie, 431;
vinto dai Romani nell'Epiro quan-
do si apparecchia a soccorrere An-
nibale, 431 ; in guerra con Roma,
431 ; è costretto alla pace , 432 ;
manda a Zama aiuti ad Annibale,
432 ; minaccia Atene, 432 ; assedia
Abido, 433 ; va contro i Romani ad
Apollonia, 433 ; vinto da Flaminio,
si ritira in Tessaglia, 434; perde
l'alleanza dei Greci ed è sconfitto
da Flaminio ai Cinocefali, 435-437 ;
6 costretto a dura pace, 437; in-
sultato da Antioco, re di Siria, re-
sta fedele ai Romani 444 ; « li aiuta
a passare in Asia, 448; impedito
da essi di accrescere il suo territo-
rio, 464 ; si prepara a nuova guerra,
464-465; i Romani destano odio
mortale fra i suoi figli, 465 ; muo-
re, 466.
Filistine (fosse), fatte dagli Etruschi
nel delta del Po, I, 131.
Filisto , storico , esiliato da Dionisio
il Vecchio, tiraimo di Siracusa, II,
175; è richiamato da Dionisio il
Giovane, 176 ; ucciso. 178.
Filocari, capopopolo, eccita i Taran-
tini a soimnergere le navi romane,
II, 190.
Filodemo, argivo, cede ai Romani Bu-
rlalo, castello di Siracusa, II, 380.
Filolao da Crotone, discepolo di Pi-
tagora, II, 154.
Filologo o Filogono , liberto, scopre
ai sicarii Cicerone, III. 612.
Filone, Giudeo d'.\lessandria, IV, 180 ;
capo dell" ambasciata spedita dai
Giudei a Caligola, 33:1-334.
Filone, retore, suo panegirico di .^-
driano, IV, 6:4-665.
Filonide, buffone, insulta nell'assem-
blea ili Taranto gli ambasciatori
romani, II, 191.
Filopatore, re di Cilicia, sua morte, IV,
1004
INDICE
PILOPEMBNB
FRBQENE
Filopemene. chiamato l'ultimo de" Gre-
ci. II, -129-4:50 ; sua morte, -163-464 ;
e sua statua, 542.
niosofia (la) dei Romani negli scritti
di Cicerone, lU , 73S-739; filosofi
oreci a Roma, II, 599; rimandati
al loro paese, 601 ; messi in burla
da Plauto, 6*4 ; filosofi banditi da
Nerone, IV, 411; da Vespasiano,
504 ; e da Domiziano, 541 ; i segua-
ci di Epicuro, m, 735, 740-741, 795
e segg.; ciarlatani che si spacciano
per maestri di sapienza, IV, SS ;
nobili filosofi confortatori nelle
sciagure, 833-834 ; massime fonda-
mentali degli stoici accolte da Ci-
cerone chene confuta le preten-
denze soverchie, IH, 736 ; essi sono
ì cittadini più virtuosi , 739 ; sa-
tireggiati da Orazio, IV, 142-143;
custodi dell'umana dignità, 850 e
segg. ; influenza delle loro dottrine
sul diritto, 863; lo stoicismo e il
cristianesimo, 760; la filosofia mo-
rale e civile in Cicerone , III, 723-
73S; in M. Aurelio, IV, 756-761 ; e
in Seneca, 839 e segg.
Pilosseno, poeta, imprigionato da Dio-
nisio, tiranno di Siracusa, II, 173.
Filostrato, sua vita di Apollonio Tia-
neo, IV, 849-850.
Piloterà, porto e città di Egitto sul
Golfo Arabico, IV, 611.
Pirmani, alla battaglia dì Pidna, n,
479.
Firmo (Ferino), nel Piceno, I, 225;
colonia romana, II, 93, 269; libe-
rata dall'assedio dei Socii Italici,
III, 185 ; colonia militare, IV, 43 ;
opere pubbliche fatte ivi da Au-
gusto, 44.
Piscello, monte dei Sabini nell'Appen-
nino, I, 2-20.
Fisco (avvocato del), creato da Adria-
no, IV, 634.
Fiume Tolomeo, canale tra il Nilo e
il Mar Rosso, chiamato poscia, fiu-
me Traiano, IV, 610.
Piume Traiano. — Vedi Fiume Tolo-
meo.
Placco, pretore di Numidia , battuto
dai Jsasamoni e poi vincitore di
essi, IV, 532.
Placco, poeta di Padova, IV, 913.
Placco (L.) , legato , va con Pompeo
nel Caucaso, III, 346.
Flamini, sacerdoti, I, 586.
Flaminio. — Vedi Quinzio Flaminio.
Flaminio (Caio), tribuno, propone di
dividere fia i poveri le terre dei
Senoni, II, 249; console vince gli
Insubri e trionfa, 253; dà il suo
nome alla via da Roma ad Arimi-
no, 289; muove ad Arezzo contro
Aimibale, 343 ; e cade sconfitto alla
battaglia del Trasimeno, 313-347.
Flavia (gente), tempio inalzato ad essa
da Domiziano, IV, .532.
Flavia Domitilla, moglie di Vespasia-
no, IV, 503.
Flavia Ncapolis , in Palestina, IV,
496.
Flavia Pacensis, colonia in Tracia,
IV, 495.
Flavia Sirtniatium, colonia a Sir-
mio in Pannonìa, IV, 495.
l-'laviali (sacerdoti), IV, ."37.
Flavio (Gii. -fO lil,..i-i(. .• s.-rivano, svela
al l'"|' Il I ri ihI.- giudizi.irii-,
II, "J;: ' l'I 'Il I il Calend.ario
«-•oli- :, , ,, .!, I i,rs fasti, r:s\
eleti-i i.i!,ì;i, , , ,1 ,,iii,. curule, 278;
vola un t.-iiipio alla Concordia, 278-
279.
Flavio (li.), tribuno, sua legge agra-
ria, UI, -«04.
Flavio (M.), aiuta Cesare nella rifor-
ma del Calendario, III, 339.
Flavio Clemente, cristiano e cugino
di Domiziano, esiliato, IV, 541.
Flavio Fimbria (C), uccide il pontefi-
ce Q. Muzio Scevola, 111, 219; le-
g.ito di Valerio Fiacco in Grecia,
242 ; si ribella contro di lui, lo uc-
cide e vince Mitridate, 245 ; chiede
invano aiuti a Lucullo, 245; ripren-
de gran parte dell'Asia, 246; non
riesce ad indurre i soldati a com-
battere contro Siila, 247-248; va
a Pergamo e si uccide, 248.
Flavio Placco, senatore, amico di Ti-
berio Gracco, III, 56.
Flavio Sabino , nominato dai soldati
prefetto di Roma, IV, 439; si fa
capo dei Flaviani, 469; è battuto,
470 ; si salva in Campidoglio, 470 ;
sua morte, 470.
Flavio Sabino , ucciso da Domiziano
suo cugino, IV, 523, 523.
Flavio Subrio, tribuno di una coorte,
congiura contro Nerone, IV, 406;
e impedito da Fenio Rufo di <ic-
cidere Nerone, 407 ; sua intrepida
morte, 409-410.
Flaviobriga (probabilmente a Portu-
galete), sulle coste della Spagna
Tarraconese, IV, 495.
Flaviopoli di Bitinia , detta anche
Crateia, IV, 496.
Flaviopoli di Cilicia [Ushah), IV, 496.
Flevo (lago) (Zuiclersee), IV, 99,
100.
Flora, la dea, I, 383, 383, 490, 741.
Flora, nome di Roma, I, 574.
Floro, abbreviatore, da alcuni credu-
to una stessa persona con P. Annio
Floro, retore e poeta, IV, 9.52 ; suo
compendio della storia romana, 952.
Floro (Gessio), procuratore in Giudea,
rv, 456 ; manda truppe a Gerusa-
lemme, 436.
Floro (Giulio), treviro, sua rivolta, IV,
275 ; si uccide, 275, 277.
Flotta romana, quando costruita. II,
212-214 ; prima grande vittoria ,
215-216 ; luoghi dove stanziava
sotto l'Impero, IV, .53, 79, 783;
Commodiana, 772; affricana, 775.
— Vedi Navi.
Flotta di Miseno, si ribella a Vitellio,
IV, 469.
Focensi, dichiarati liberi, II, 43S.
Fondi (monti di), IV, 296. — Vedi
Pundi.
Fontana di Mario (presso Aix), iu
Provenza, III, ISO'
Fontana (Domenico), architetto, suoi
restauri alla Colonna Traiana, IV,
586.
Fonteio Capitone (I..) , fatto uccidere
l'..i;t i. -. :n ' ilrù,- sorgenti, I, 330.
1' '1 !i ' ! : — Vedi Caudio.
1 '■' : r: • MnlatU Gaeta), città
il'-li Viiv.ì,,, 1, 210, 211; riceve
la rittudinanza romana senza,voto,
U, 51; iscrizioni ad Antonino, IV,
716.
Permiana, villa di Cicerone, I, 213, III,
12, 612.
Formule giudiziarie, II, 277.
Fornai, la loro associazione b rispet-
tata da Traiano, IV, rifì4.
Fòro romano, aduni-it . ili .■'.l-.nni' i>
di statue, II, 2'M- ' i' '• ■ i ili
Canne, 362; :
111, 4IÌ.S; sl.-itii
della L'iMinl- I
nell'i...-
Furo d'Ali 11
so r.i'i'i, MI
Fóro d'Augusto, IV. 33, 187, 193-194 ;
restaurato da Adriano, 679.
Fòro Boario, I, 528, 607, 608, H, 249,
604.
Fòro Cassio {Vetralla), in Etruria,
rovine etrusche, I, 144.
Pòro di Cesare, III, 541.
Fòro Cornelio {Imola), III, 597.
Pòi-o dei Galli {Castelfranco), scon-
fitta di Antonio, III, 597.
Fòro Giulio (Frèjus) , nella Gallia
Narbonese, III, 598 ; colonia roma-
na, IV, 52, 53 ; stazione d'in grande
armamento navale, 53, 79 ; patria
di Giulio Agricola, 525, 927, 928.
Fòro Olitorìo a Roma, II, 294, 446.
Fóro Palladio e Transitorio, detto an-
che Fòro di Nerva, IV, 535, 536,
548, 603.
Fòro Popilio, in Campania, colonia
militare, IV, 495.
Fóro Traiano, ridotto come è oggi,
IV, 586 ; sua edificazione sul dise-
gno di ApoUodoro, 598-600, 604 ;
suoi monumenti, 600-601 ; autori
che ne trattano, 601 ; arco decre-
tato a Traiano dal Senato , 617-
G18 ; iscrizioni e statue ai duci piit
prodi, 744. — Vedi anche, IV, 631-
632 e 741.
Fòro Traiano , in Sardegna. — Vedi
Ilypsa.
Fòro Voconzio, nella Gallia Narbo-
nese, III, 599.
Fortinei (!), fanno guerra a Roma
per i Tarquinii, 1, 631.
Fortuna, dea protettrice di Arne nel-
l'Umbria, I, 3S9.
Fortuna , suo oracolo ad Anzio , I,
401.
Fortuna, a Prenesle, oracolo, I, 401 ;
rovine del tempio, 553, 5.59 ; ador-
nato da Siila,
in versi, 791.
nato da Siila, 111, 260, 275 ; risponde
Fortuna, altare nel Vallo di Adriano,
IV. 631.
Fortuna, statua d' oro nella camera
degli imperatori, IV, 713.
Fortuna. — Vedi Norzia.
Fortuna Augusta, altare nel Vallò
d'Adriano, IV, 649; a Pompei, 810.
Fortuna Equestre, tempio, II, 603.
Fortuna (la Forte), I, 741 ; suo tem-
pio, 11, '294.
Fortuna Muliebre, IV, 764 ; tempio, I,
792.
Porl.uia del Popolo Romano , nel
Vallo d'Adriano, IV, 651.
Fortuna Reduce, nel Vallo d'Adriano,
IV, 651.
Fortuna Salute, adorata a Ferentino,
I, 389.
Fortuna Vergine , tempio nel Fóro
Boario, I, 607-608.
Fortuna Virile, tempio in Roma, I,
607-608.
Fortunate (isole). III, 292.
Foruli (Civito Toimnasa), fondata dai
Sabini, I, 221.
Fosco, ucciso da Adriano, IV, 688.
Fraata, città capitale dei Parti, asse-
diata da Antonio, III, 663-664.
Fraate, re dei Parti, III, 349; in
guerra con Antonio, 663 ; fa pace
con lui e non la mantiene, 664.
Frascati, sepolcro di Lucullo, III, 769.
Fratellanza (idea della), IV, 852.
Fregelli- , città dei Volsci , rovine
(presso Ceprann), I, 234 ; colonia
1 lana, li, .53, 5">, 78, 268; stragi'
lattavi dai Sanniti, 65-66; presa
il.i li. .11. ani, 68; presa da Pirro,
1 '.; ilisirutta da L. Upimio, III,
1 I MN'carese), nel Lazio, città
l'I ) i^Ljii.a, 1, 79; ocoupat-a dagli
DEI NOMI E DELLE COSE.
1005
PRENTANI
FULVIA
GALAZIA
Etruschi, IS-l; colonia romana, U,
P3, 269.
Freiitanl, discesi dagli Osci, I, 217;
loro sedi. 242-241, 252-254; sotto-
messi a Roma, II, 78 ; a cui resta-
no fedeli dopo la battaglia di
Canne, 36! ; fanno parte della lega
italica. III, 171 ; e di una regione
d'ItaUa, IV, 42.
Frentone (Fortore), fiume, I, 218, 242,
252, 347 ; suo porto, 254.
Kréret, sue opinioni sulle origini ita-
liche, I, 189 ; sostiene la certezza
dell'antica storia romana, G46.
Fresilia, citta dei Marsi, I, 248.
Frcya, sorella e moglie di Odino, di-
venuta poi Diana Arduina, UI, 444.
Frìgia, in Asia, II, 451 ; suoi marmi,
IV, 206.
Frigia Maggiore, data ad Eumene II,
di Pergamo, II, 452; tolta a Mi-
tridate, III, 225.
Frigia Minore, data ad Eumene II, di
Pergamo, II, 452 ; fa parte della
provincia di Asia, 539.
Frigii, alla battaglia di Cheronea, III,
Frisii 0 Frisoni [Olandesi), vinti da
Druso, IV, 100 ; si sollevano sotto
Tiberio, 277; vinti da Corbulone,
.348.
Froehner (W.) , illustra splendida-
mente la Colonna Traiana, IV, 586
Frombolieri, III, 168.
Frontone Aterio, all'assedio di Geru-
salemme, IV, 482.
Frontone Cornelio (Marco), numida,
retore, maestro di Marcj Aurelio e
suo c.irtec'u'io con lui, IV, 71'1. 72H,
723-724, S74 ; ccl.'hra L. V.'i-o cr.i.i..
prode guerriern, 7:il ; da iiriiifipi.i
a nin nuova SfUula, 874; suui pre-
.j] ,, ,li.,..fi, v7- ; elogio di Autu-
ii '■•I I"' nsole, 703; mae-
:■', ,i , liio, 949.
Fro 1 , I , -I Volsci, I, 2.32.
Fnual!!:! il ,li l'itìi-hi popoli italici,
I, 493.
Prugi (Tittio), all'assedio di Gerusa-
lemme, IV, 482.
Frumentririi, militi, IV, 70, 816.
Ftia, madre di Pirro, re d'Epiro, II,
191.
Fucino, lago [Lago di Celano), I, 230,
245; vittoria di Pompedio Silone
sul console Porc'o Catone, III, 190 ;
emissario fatto da Claudio. IV, 358-
359 ; provvedimenti di Traiano ,
609 ; nuovi lavori di Adriano, 637 ;
prosciugamento di A. Torlonia, 359.
Fufidio (Lucio), pretore, \into da Sep-
torio sul Beti, III, 294.
Fiiflo Galeno (Q.j, pretore (695), III,
195; le sue n.ivi sono distrutte da
Bibulo, 497 ; raggiunge Cesare nel-
l'Epiro, 498 ; salva la vita a Var-
rone , 748 ; propone che Marco
Bruto sia costretto a lasciar I' e-
sercito, .595; vuol mandare Cice-
l'One a Modena, 596 ; nella guerra
di Lucio Antonio contro Ottavio,
638-639; sua morte, 641.
Fulcinio Trioue (L.), delatore, parteg-
gia per Sciano, IV, 301.
Fulginio (Fnli'jito), città degli Umbri,
i, 65 ; assediata da Agrippa , III,
639.
Fulguratiiri, sacerdoti, I, 411.
Fulmini (dottrina dei), in Etruria, I,
406-409, 460.
Fulsule (Mnntefusco) , citta degli Ir-
pini, I, 2(16.
Fulvia , amica di Q. Curio , svela a
Cicerone le trame di Catilina, III,
.376, 377.
Fulvia, dapprima moglie di Clodio e
poscia d'Antonio , .imbiziosa e fe-
roce eci-ita .Antonio alle rapine,
III, .■>7(i, .58-(, 607; crudeltà contro
i proscritti, 610; insulta la testa di
Cicerone, 613-614 ; respinge Orten-
sia e le matrone romane, 616 ; di-
segna di rovesciare Ottavio , 636-
637 ; va con Lucio Antonio a Fre-
nesie, 6-37 ; assediata in Perugia,
039 ; va a Brìndisi e in Grecia, 641 ;
incontro col marito, 641-642 ; muo-
re, 642, 643; madre di Giulio An-
tonio, IV, 217.
Fulvia Sisennia, madre di Persio
Fiacco, IV, 8S6.
Fulvio (Gneo), console, vince nel San-
nio, II, 79 ; fratello di un censore
degradato, .568.
Fulvio Centumalo (Gneo), console, vin-
ce gli miri. II, 247-24S.
Fulvio Ccutunialo ((;neo), sconfitto da
Fulvio 1 ' ! I 1 pi-etore, sconfit-
to .1 la-donea, II, :387.
Fulvio 1 , M ,1 amico dei Grac-
clii, M l'.secuzione della
l-L III, .")9; sospettato
< I' ! rte di Scipione
liii;) II'-' iMile, propone di
il.iii- li I iir iiluriii/.a agli alleati,
67 ; viure i Salluvii e i Voconzii,
67, 91-92 ; a' sostegno della parte
di C. Gracco chiama gli schiavi a
libertà, si afforza sull'Aventino ed
è ucciso coi figli, 81.
Fulvio Fliicco (Q.) , console , assedia
Capua, 11,387; accorre alla difesa
di Roma iniiiacciata da Annibale,
l'i^^ in-, iiilp e i)i;a o la tratta fero-
ii :ii ;i I- -i] : attira a sé gli
ir|i; .li lini, 394.
Fulvi' i 1,1 . < ,'.'.,, ili..) , avvelena C.
l aliMiriài.j l'liulic, per ottenere il
consolato, II, 551.
Fulvio Irpino, insegna ad ingrassare
le chiocciole, III, 14.
Fulvio X.jbiliore (M.l. console, vince
615.
Catilina, 111, 373 ; .■,,nsi..lL, sconfìtto
dai Celtiberi, II, 52.5.
Funamboli nel teatro romano, IV, 739.
Fundania, moglie di Terenzio Varro-
ne, III, 760.
Fundanio (Caio), rifiuta ad Amilcare
Barca la tregua per seppellire i
morti, II, 234.
Fundanio (Caio) , poeta comico , IV,
schi, !, 504-.521 ; presso
7.56-758, II, 316-317 ; le XII Tavole
ne vietano la soverchia pompa, I,
845.
Fundi {Frjiidi), ciltà degli Ausoni, I,
210. Ji I . il' I II ritt.adinanza ro-
llini 11, 51 ; si ribella
i. M , I ■ It. .inani , 54 ; mo-
nili,iiniu :iii . l''"lii'ita, IV, 309; i-
scri/i..n,. aliiiieiitari.a, 807.
Furconio (Civitn di liagno), città dei
Vestini, I, 251.
Furie, I, 394, III, XOI ; bosco snero
ad esse, 3S.
Furina, dea, I, 382.
Furio, console, assediato nel suo cam-
po dagli Equi, I, 820.
Furio, leg.ato del pretore P. Varinio
Glabro, ucciso nella guerra dei gla-
diatori, m, 306.
Furio (Aulo), di .\nzio, scrive in versi
la storia della guerra Gallica, III,
792.
Furio Bibaculo (M.), cremonese, suoi
epigrammi contro Cesare, III, 791,
792.
Furio Camillo (Marco), dittatore, pren-
de Veio, I, 875-878; suo trionfo,
879 ; va in esilio, 880 ; coi cittadini
di Ardea respinge le scorrerie dei
Galli, 893 ; è fatto dittatore, 894 ;
salva Roma, 895-897 ; vince ì Vol-
sci, gli Equi, gli Etruschi, ecc., e
torna a Roma in trionfo. II, 12-14 ;
creato dittatore per impedire l'ap-
provazione delle leggi Licinie, 23 ;
creato dittatore per rifiutare l'im-
perio al console plebeo, 24 ; vota
un tempio alla Concordia, 24 ; vin-
ce i Galli presso Alba, 33.
Furio Camillo (Lucio), sua statua e-
questre nel Fóro, II, 300.
Furio Camillo Arrunzio Scriboniano
(M.) , sua rivolta contro Claudio,
IV, 361; si uccide a Lissa, 361.
Furio Filo (Lucio), console, alla guer-
ra di Spagna, II, r,33.
Furio Purpureone (L.), pretore, libera
Cremona e vince i Liguri e i Galli
Cisalpini, U, 4-)7.
Furio Saturnino, nella guerra Partica,
IV, 728.
Furio (traforo del). — Vedi Intercisa.
Furto, pene stabilite dalle leggi delle
XII Tavole, I, 849.
Futri, divinità del Sannio, I, 3^.
Gabii [Pantano . r. . ' , ' -, , '', .-itt.-V del
Lazio, monuiii I, "(;3-
564; resisto •.»" 1 luinio
il Superbo, HI- ... \.ii a ul 'ra-
dimento , U12-i:i.: , a....^hc Tar-
quinio cacciato da Roma , C20 ; e
combatte per lui, 631 ; invasa dagli
Equi e dai Volsci, 821; resta fe-
dele a Roma, II , 14 ; ricordo di
Adriano , IV, 037 ; ridotta a un
borgo desolato, 794.
Gabinio (Aulo) , tribuno , propone di
dare a Pompeo autorità illimitata,
III, 330, 332 ; legato di Pompeo in
Siria, 349; eletto console, 412 ; com-
prato da Clodio, 418; assoluto del-
l'accusa dì maestà per la protezione
dei triumviri, 461 ; è condannato
per concussione e briga, 461 ; scon-
fitto nell'Illirico dai nemici dì Ce-
sare, 497.
Gabinio Capitone o Cimbro (P.), con-
giura con Catilina, III, 373; è ar-
restato. 381 ; e strozzato, 386.
Gabinio Secondo (P.), vince i Cauri,
IV, 348.
Gabino (lago), I, .563.
Gabio (Torri), nella Sabina, I, 223.
Gadara [Om-Keins), città di Siria,
tenuta dai Giudei, patria di Me-
nippo. III, 7.52 ; incendiata da Ve-
spasiano, IV, 4.58.
Gade [Cadice), nella Spagna Betica,
S resa dai Romani, li, 407; alleata
i Roma, 543; riceve leggi da G.
Cesare, III, 405; respinge Varrone,
493; detta Aui/i'sta ìirbs Jvlia
Oadiatana. IV, 60 ; da essa muove
la via per Tarragona, 68.
Gaeta. — Vedi Caieta.
Galarina [Gagliano), dimora dei Si-
culi, II, 106.
Calati, loro origine, II, 451 ; sconfitti
e sottomessi dai Romani, 451 ; com-
battono a Cheronea, HI, 239; ripo-
Vannucci — Scoria dell'Italia antica
126
1006
INDICE
GALBA
Ilio contro Ottavio, 675 ; unita da
Vespasiano alla Commasene, IV,
495; forma con la Licaouia ima
provincia, 782.
Galba imperatore (Servio Sulpicio). re-
spinse i Germani invadenti la Gal-
li», iV, 328; vince i Catti, 348; go-
vernatore dì Spa<rna, eccitato da
Giulio Vindice a liberar il mondo
da Nerone, 423 ; eletto imperatore,
429, 431 ; ufficii sostenuti nella sua
Roventi!, 431 ; si reca lentamente
a Roma, 431 ; crudi e sanguinosi
principii, 431-432 ; governo dei fa-
voriti e brutture di corte, 432; de-
bole e incapace a reggere l'impe-
ro, 433 ; odiato dai soldati per la
sua avarizia, 434 ; elegge a succes-
sore Calpurnio Pisoue, 435; nuovi
odii, 435-43(5; congiura di Ottone
contro di luì, 436-437 ; e ucciso
nel Furo, 438.
Galba, familiare di Ottavio assalito
dai versi d'Orazio, IV, i:56.
(ialeno, chiamato a soccorrere col-
Tarte sua contro la pestilenza, IV,
736.
Galeria, moslie dì Vitellio , sua mo-
destia, IV, 453.
Galeso, tìume presso Taranto, I, 328.
Galgaco, capo dei Caledoniì. sconfitto
al monte Grarapio, IV, 527.
Galli, loro origine, I, 883-884 ; cac-
ciati dai Kimri invadono l' Italia,
e vincono gli Etruschi stanziati sul
Po, 884 ; si uniscono agli Insubri,
884 ; loro ferocia , armi , usi di
guerra e rapine, 88G-8S7 ; scorre-
rie nella Magna Grecia, 887 ; pas-
sano in Etruria, 887-889 ; assediano
Chiusi, 889; marciano alla volta
di Roma, 890; vincono i Romani
suU'Allia, 890-891 ; entrano in Ro-
ma e la incendiano, 891-S93; as-
saltano il Campidoglio, 893 ; loro
scorrerie nel Lazio e in .\pulia, 893;
respinti da Cammino, 893; tenta-
no sorprendere il Campidoglio, 894-
895; costringono i Romani a ve-
nire a patti, 895 ; sono messi in
fuga da Cammino, 895-896 ; cause
del loro ritiro, 896-897 ; minaccia-
no nuovamente Roma e dì nuovo
son vinti, II, 33; altre scorrerie
contro Roma, 3:J-34 ; un' orda di
essi si unisce agli Etruschi, 80-81 ;
e sono sconfitti a Sentine, 81-83;
s'accordano con Dionisio di Sira-
cusa e disertano il Lazio, 168 ; An-
nibale cliìede loro aiuto, 333; e
coll'oro e colla forza li fa suoi a-
loici. 3'?4 ; Perseo trascura dì- va-
lersi del loro aiuto, 476 ; aiutano
Roma nella guerra sociale. III, 178 ;
tesare muove alla loro conquista,
424 ; soccorrono Vercingetorige
assediato in Alesia, 450-451 ; sono
sconfìtti e sottomessi da Cesare ,
4.51-4.53 ; si rib.Mlano s.jtto Tiberio,
IV.-.'T-, M -.,11 •. n.. .:,.:■ N.r.ne.
44>
iper<
476 ; loro gare per la capitale del-
rimp<.-ro, 477; ausiliari alla prima
guerra dacica, .570; figurati nella
Colonna Traiana, .587.
Galli Cenomani, parteggiano pei Ro-
mani contro ì Boi. II, 249, 251 ;
Roma, 11, 248-250: entrano in E-
truria, 251 ; vincono alla cosi detta
battaglia <li Fiesole, 231 ; e sono
disfatti al capo di Telamone, 252;
si sollevano contro i colom di Pia-
cenza e Lìeiii-'iia. 33-1; prnnu'itn.
noaiui'j al A:!:.i'. ile. :; :",- ; M . ,|.,-
po il co:./ •.,• , ,■ . .1 I. ■ . ..,
ingrossr , :| : -
no il pri-- -:-'■ I ■ -' ';'. ' .i;;!-
tono Asdrubale, 308; .alla batl.i-
gUa del Metauro, 400-401 ; in guerra
con Roma, 4-57-458 ; minacciano di
sollevarsi durante la guerra itali-
ca, III, 186; eccitati alla rivolta
dagli emissarii di CatUina, 375 ; aiu-
tano Cesare nei suoi disegni, 484.
GalUa Belgica , vinta da Cesare, 111,
435 ; si solleva contro le legioni po-
stevi a guardia, 441 ; assalita dai
Cauci, IV, 727.
Gallìa Celtica, diminuita e chiamata
Lugdunese, IV, 53.
Gallìa Chiomata o Coniata, provincia
romana. III, 454 ; censo ordinato
da Augusto, IV, 52 : mutazioni in-
trodottevi, 53; dedica ad Augusto
e a Roma un'ara. 71-73 ; i suoi cit-
tadini ammessi al Senato romano.
Gallia Cisalpina, considerata da Ro-
ma culi/'- |.i,-, -Il ;:::,;■,,, 1 I. ■,>:■,• -,
dopo 1 1 _ 1
cade in p ' -i !■ .1-'
provili'- VI ! i :l r. I . ',i! . : I .; l
da Cecilio MelL-ll<j Più, III, -.',57 ; ri-
ceve da Cesare la cittadinanza ro-
mana, 493; cessa di essere pro-
vincia, 633.
Gallia Cispadana , una delle undici
regioni d'Italia, IV, 42.
Gallia Lugdunese, stanza di una le-
gione, FV, 782. — Vedi Gallia
Celtica.
Gallia Narbonese, eccitata alla rivolta
da Q Sertorio, III, 295; ripresa da
Pompeo Magno, 296; le truppe ro-
mane vi svernano, 299 ; lasciata da
Augusto nei limiti antichi, IV, 53 ;
ara a lui posta a Narbona, 71-72 ;
cittadinanza data da Adriano a
molte città, 638.
Gallia Togata, I, 56 ; comprendeva la
provincia gallica cisalpina e la
transpadana, II, 256.
Gallia Transalpina, invasa da Asdru-
bale, II, 398; e dai Cimbri e Teu-
toni, m, 122; suoi confini, 423;
divisa in tre parti da Cesare, 4-23-
424 ; suoi abitatori e costumi, 424 ;
religione, 425 ; governi e istituzioni
delle tribù, 426-427 ; mancanza di
unità politica, 428 ; gare interne e
invasioni straniere, 42S-429 ; vinta
e piena di rovine e di sangue, 452-
4.53 ; modi usati per assicurare la
conquista , 453-454 ; monumenti
della civiltà romana, 4.55; riordi-
nata da Ali-usto. IV. -20. 52-57;
strade, i;< ; r.ni ;.,■ ., r^l,,: si-,ni. 77
comiii'-i , ' I ; . -■'-,'
fattovi ri ., , ji-,
bata dri i i; u 'i i, ;."■ I :.Mi-lv' :;ìì—
lisce il .-ulto d.-i Druidi, :J.5li-. sotto
l'impero di Galba, 431 ; unita con
una via al Ponto Bussino, 610; vi-
sitata da Adriano che dà a più
città il diritto del Lazio, 636, 638 ;
ricordi dì .intonino, 715 ; invasione
dei barbari. 741; moti repressi,
745 ; sollevazioni sotto Marco Au-
relio. 7-27 ; pestilen7.a, 7-J3.
Gallia Transpadana, una delle regioni
d'Italia, IV, 42; riunita colla Ve-
nezia sotto un solo giuridico, 73S.
Gallie. — Vedi Gallia Transalpina.
tìalliiie, loro allevamento. 111, 13-14.
Galliune (Giuiiio), retore, IV, 185.
Gallione, fratello di Seneca, suo motto
per l'apoteosi di Claudio, IV, 373.
Gallo (il), simbolo dei discendenti dei
C-lti. Ili, 4-28.
1. .11 -1 ,;\ i;i — Vedi Galazia.
. ; . : . i.'irgite, U, .575.
1 .1 .vanni), metodo da tenere
! 1 ■ studio dei dialetti italici, 1,
4S.-i-4>;4.
Gamala, città di Galilea, assediata da
Vespasiano, si arrende , IV, 4.58-
459.
Gamiico, duce della rivolta con Spai^
taco, IH, :»6 ; vinto e ucciso da
Crasso, 309.
Garamanti, ncU' interno dell'Atfrìca,
chiedono alleanza ad Augusto, IV,
02 ; vinti da Balbo, 87.
fiard (ponte del), IV, 57, 58.
Gargano, promontorio, iiell'Apulia
Daunia, I, 350, 351, 3.57, HI, 307.
Gargano, città, fondata da Diomede,
I, 351.
Garofani dell'India, IV, 207.
Garrii. -.-i (Raliaelet. illustrazione della
il. r I I ::-.:.■!.. .. IV. 78:J.
Gai il ' 1. liuine della Gal-
li... . r;.l- ... :. , 111, 424.
Gai' '.!;.. suo libro sulle con-
1 .1 Italia sotto gli imperatori,
'- - ! .letto il Lucrezio in prosa
.li . lo decimosettimo in Fran-
oi.-i. 111, S(X).
Gauganiela, in Asia, occupata da Tra-
iano, IV, 616.
Gaulo (isola di Gozzo), colonia fe-
nicia, lì, 117.
Gauro (monte), in Campania, presso
ai laghi Averno e Lucrino, vittoria
dei Romani sui Sanniti, II, 39-40.
Gaurini (monti), I, 267.
Gaza (.Ijio/i). una delle più antiche
citta di Palestina, ricordi di Adria-
no nelle monete, IV, 664; venduti
ivi i prigionieri Giudei, 686.
Gela (Fiuiiìe di Terraiiova) , in Si-
cilia, II, 127.
Gela (presso Terranova), colonia gre-
ca, II, 118; rovine, 126; retta da
tiranni, 159 ; aiuta Siracusa a farsi
libera, 161 ; soccorre Dionisio con-
tro i Cartaginesi, 166; aiuta Dione
contro Dionisio il Giovane, 178 ; si
solleva contro Agatocle, 185.
Geli (William), studi sui monumenti
pelasgici, I, 102.
Gellìo (.\ulo), storico, I, 638, III, 764.
Gellio (Aulo), le sue Notti Attiche ,
IV, 949-951.
Gellìo Egnazio, conduce i Sanniti in
Etruria, II, 80 ; muore alla batta-
glia dì Semino, 83.
Gellio (Gneo), storico, III, 764.
Gellio (Lucio), console, nella guen-a
contro i gladiatori. III, .306; vinto
da Spartaco nell' Appennino e nel
l'I. ■.11.., ;-ì07.
I 1 ! ^11/ io), duce sannite, rimasto
,..;_ ..:.i.T0, II, 77.
I >; :> Ili-anno di Gela, spegne la
liberta a Siracusa e soccorre .Spar-
ta e Atene contro i Persiani, 11,
159 ; vince ì Cartaginesi alla gioi^
nata d'Imera e poi muore celebrato
per le sue opere dì guerra e di pa-
ce, 160.
Gemme, amate sfrenatamente a Ro-
ma, IV, 199-200 ; tratte con grande
spesa dalle coste affricane , dal-
l'Arabia e dall'India, 201, 207.
Gemme incise, etruschc, I, 432.
Gemoiiie, IV, 298, 304, 317.
Geiiali.) (Orlènn.i), emporio dei Car-
nuti sulla Loira, nella Gallìa Lug-
dunese. Ili, 444 ; distrutta da Ce-
sare, 445-446.
Genetn, divinità del Sannio, I, 385.
DEI NOMI. E DELLE COSE.
GENETIVA
GERMANICO
1007
GIOVANNI
Genetiva (colonia), dedotta da Cesare
ad rrsoiie (Ossv.na), nello. Sva.ma.
lietica, IV, 786.
Clenii dol bene e del male, in Etrui'ia,
I, 395-398 ; domestici, I, 738.
(Senio di Au°:usto, culto, IV, 33,639.
, Genio degli accampamenti, altare nel
Vallo di Adriano, IV, 652, 633.
Genio delle coorti, altare nel Vallo di
Adriano, IV, 6-.2.
Genio dell'Imperatore e delle insegne,
altare nel Vallo di Adriano, IV,
652.
Genio del loco, altare nel Vallo di
Adriano, IV, 652.
Genio del popolo romano, divinità,
III, 197-200.
'Senio delle possessioni, adorato nel
Sannio, I, 335.
Genio del Pretorio, altare nel Vallo
di Adriano, IV, 651, 6.52.
(renio del Senato, II, 282.
Genio del Vallo di Adriano, IV, Giì-
tu-.i.
Gennarelli (Achille), ristampa le opere
di Emanuele Duui, I, 658.
(ient.i preistoriche, I, 40-49.
Genti o casate a Roma, loro origine
secondo il Nieljuhr, I, 667, 697-698.
Genua {Genovrr). città primaria della
I.isuria. nel Seno Linarustico (Golfo
di (renova), rovinata da Magone,
II, 418.
(Jcnucio (C), console, vince a Re»io
la legione Campana ribelle, II,
204.
Genucio (Gneo) , tribuno , ucciso per
aver chiesto l'esecuzione della leg-
ge agraria, I, 812.
Genucio (L.) , console plebeo vinto
dagli Ernici, II, 34.
Genusio (Ginosa) , nella Peucezia, I,
349.
Genzio, re degli lUiri , sue trattative
con Perseo , II , 408 ; lo so.-coire,
473 ; imprigiona gli ambasciatori
Komaui, 476; ó vinto, 478; con-
cliitfo a Roma, 487; menato in
trionfo e tenuto prigioniero a Igu-
vio, 490.
(ieomori, proprietari delle terre in
Sicilia, cacciati e spodestati, II,
1.58.
Gerasa {DJerdscìi), città di Palestina,
sul confine orientale della Perea.
afforzata, IV, 601; rovine, 601.
Gergovia (presso ClermonUFerrand),
HI, 445 ; vittoria di Vercingetorige
su Cesare, 447 ; Augusto ìe toglie
il grado di capitale degli Arverni,
IV, .54.
Germani, chiamati dai Sequani con-
tro gli Edui, III, 429, 439 ; sconfitti
da Cesare sulla sinistra del Reno,
4 J7 ; riparano nelle loro foreste e
Cesare li cerca invano, 443; in
guerra con Druso, IV, 98-100;
resi tributari da Tiberio, 103; ten-
tano iiivadc-r le (iallie e sono re-
spinti, 328; barriera inalzata a im-
pedire ohe si avvicinasst-ro al Re-
no, .551-555; ausiliari alla prima
iruerra rlaci.-a, 570; figurati nella
ColoiiDa 'l'i-aiana, 587; assaltono
l'Imp.-ro, 7:il ; aiuti germanici corii-
lirali entro i (Sermani, 741; M.
Aurelio li vince e f.i pace con loro,
744; moti repressi. 769.
Germania, ferocie proconsolari, IV,
78; commercio con Roma, 202;
scorrerie di Tiberio, 229; solleva-
zione delle legioni , 244 , 245-247 ;
correrie di Germanico, 247-248;
battaglia d'Idistaviso, 249; guerra
civile, 270-271 ; moti sotto l'impero
di Nerone, 398; eccitata a rivolta
(l.n Civile (:5: rivolta militare Con-
tici' mi i L' , fraiano com-
pilili MI . 551 ; e vi raf-
1 'iv ||ii; :.',i ; visitata da
.■\'lri in i , li : ; !i.' le dà un re,
(;:{■<; miti cui-m-sc-hi repressi sotto
-intonino Pio , 708 ; irruzione dei
Calti, 727 ; sollevazicine sotto Marco
Aurelio, 727; pestilenza, 733; di-
visa in du • province, 782: vi stan-
7.S2 ;
ar-
mata
Re
Dni«o. adottato
,'11 ; sue prmlezze
dei
DalMi.iti. 2.'i-.':;ii; .oiis-.le. 230;
sposa Ai,'rippina e va iu Germania,
2311-2:51 ; occupato nel fare il censo
di'lle Gallie, 243; accorre a repri-
meie. la sedizione delle legioni del
Keii.i. 215: che vn^iliono dargli
ri),i|-r. -:i:.-JM t.ni I Irridersi,
2li: |. . ■ -iilvo la
m"^!:.' - i: ■■- ' ■ -■! . I • ii-nta la
repri'-vi..i,.' f-'u,- ■ : | :- .' i: ; .-oiTe-
rie in (ti'rmaiiia, 247 ; libera .Sege-
ste assediato dal nipote Arminio ,
248; rende gli estremi uffici alle
insepolte ossa delle legioni di Varo,
248; insegue Arminio, 248; lo vin-
ce a Idistaviso e vendica Varo, 249 ;
è richiamato a Roma, 249 ; odiato
erio e da Li
, 2.56; trionfa
257; destinato
nte, 25?-259:
iianza di Gneo
isone a 1
!.■: : .1 . ■:,! re al-
,'i;i . : ' III e iiii.ndocia.
il ; tratta
■ Mi I'ai-(i, Ji^.'; riordi-
nile province, 261-262;
sonliiii (>
1 odio di Pis.in.', 262;
:iL'::in 111
E/.ito, 2(i2; rimprove-
ri K, |N.L-."isere entrato
1 \ : Ih
ui Liala in Antio-
.1 lipv l'amicizia di
isoiie. -,'•.
; muore per male arti
lutto e lodi dei popoli, 264-265;
lutto pubblico a Roma e in Italia
al giunger dell'urna funebre, 266,
268.
Germisara (presso Csihmó), nella Da-
cia, IV, .580.
Gerone I, tiraun.. di Siracusa. II, 161.
Gerone II, v ili -m) i-i- 11. 208;
vince i Mani i liattuto
da .\ppii' I I ; I: :l irrende
ed è ricMiin 1.1 -iracusa,
a Roma, :il-.' ; aiuta il console Tibe-
rio Sempronio Longo contro i Car-
taginesi , 341 ; aiuta Roma contro
Annibale e le manda in dono una
Vittoiia d' oro, 355 ; muore dopo
54 anni di regno, 373-374.
l5erone, di ('ibira, artista greco al ser-
vizio di Verre, IH, 32Ó.
Geroni no, tiranno di Siractisa , par-
teggia per Annibale e dichiara la
i.'ueria a Roma, II, 374 ; ucciso da
un soldato, 375.
(ieronio (presso /.mino), nell'agro
Frentano, I, 254 ; vi prende stanza
Annibale, II, :«3.
Gerusalemme, presa a viva forza da
Pompeo, IH, 349; il suo tempio è
derubalo da Cassio, HI, 464; tu-
multi o n>;s,.|,il.l...- p.M- l'indipen-
denza ni in i'i'.- l\ |-,;; si ribella
e u I i - ! Il niinani, 45'i :
soni II iia, 457; vi ri-
parali - 1 p' I , \i-iiiti allo prime
batta^'li^^ 4.59 : resiste a Vespa-
siano, 4.59 : in preda alla anarchia,
alla pestilenza e alla fame, 4S0 ;
sue fortificazioni, 481-482; asse-
diata e presa da Tito, 482-487;
il (juale vi pone un presidio, 488 ;
ricordi di Adriano nelle monete,
664: detta Elia Capitolina, 684;
tempio posto da Adriano a Giove
dove sorgeva quello del Dio dei
Giudei, 684. — Vedi Sion.
Gesati, dalle rive del Rodano passano
in Italia per aiutare i Boi contro
i Romani, II, 249.
Gessoriaco (Uotdogne), torre di Cali-
gola, IV, 329 , 330. — Vedi anche,
68 e 345.
Geti (Bulgaria e Romeli"), i Daci
erano di loro stirpe, IV, 565. —
Vedi Daci.
Getuli, popoli deH'.iffrica occidentale
fra la catena dell'Atlante e il gran-
de bacino del fiume Nigif, alleati
di Giugurta, III , 116; vinti da Ma-
rio, 117; si ribellano e si vol-
gono a Cesare, 519.
Getulia, la sua porpora pttHata a
Roma dalle navi di Egitto, IV,
206.
Ghiande missili, IH, 39, 40, 142, 16.<,
18S, 639, 640.
Ghiri, ingrassati, IH, 14.
Giaffa, citta di Galilea , strage nella
guerra di Vespasiano, IV, 458; il
padre di Traiano combatte da pro-
de all'assedio, 550.
Giani, archi di transito, I, 745.
Gianicolo, colle, I, 528, 588, 596, 605,
626, IH, 214, IV, 198, 604.
Giano, deificato, I, .53, 96; da alcuni
scrittori confuso con Noè, 186-187 ;
il più antico Dio nazionale, 378-
379, 528 ; adorato a Faleria, a Te-
lamone e a Volterra, I, 389; a lui
sono attribuite le istituzioni più
antiche, 530; i miti narrano che
fabbricò una città dove è Roma,
.566 ; Dio degli Dei, 744 ; suo culto
a Roma, 745 ; detto Gemino , Bi-
forme, Bifronte, Padre Matutino,
Quadrifronte , 745 ; feste in suo
onore, 746, IV, 779.
Giano, suo tempio, chiuso sotto Xuma,
587; chiuso tre volte sotto Augu-
sto, m, 688, IV . 103-104 ; rifatto
da Domiziano, 535.
Giapidi, popoli d'Uliria. — Vedi
lapodi.
Giardini, IV, 197. — Vedi Orti.
Giardini del Cirio Vali'ano. — Vedi
Circo Vaticano.
Giaro (/Km), una delle isole Cicladì,
triste scoglio destinato ad esilio
sotto l'Impero, IV, 279, 705.
Ginnasio Adrianeo, ad Atene, IV, 660.
Giora Simone, anima e capo della re-
sistenza dei Giudei ai Romani, IV,
481 : difende il tempio di Gerusa-
lemme. 481; e Sion, 486; serbato
al trionfo, 487, 4'f> ; ucciso, 492.
Giordano, fiume. IV, 459 ; la sua ima-
gine e portala ia trionfo a Roma,
492.
Giorni, notati con pietre, I, 453.
Giorno civile, quando incominciava
presso gli Etruschi, I, 454.
Giotap.ata.'citta di Galilea, vinta per
tradimento da V.spasiano, IV, 458.
Giovanelli (Benedetto) , sue opinioni
sull'origine degli Etruschi, I, 203.
Giovanni di Gisiala, ripara in Geru-
1008
INDICE
GIOVANNI
GIOVENALE
GIULIO
salemme coi Giudei sopravvissuti
alle prime battaglie, IV, -459 ; anima
e capo della resistenza ai Romani,
481 ; difende la fortezza Antonia,
483-484 ; e il tempio, 434 ; e i ba-
luardi di Sion, 486 : condannato a
perpetua prigione, 487.
Giovanni (San), rilegato da Domiziano
a Patmos, IV, 541.
Giove (il padre), I, 490; culto anti-
chissimo a Roma , 729 ; sculto da
Vidia, II, 482, IV, 847; allusione
alla sua morte. II, 598 ; fulminante
i Dari nella Colonna Traiana, IV,
587, 588 ; statua sul monte Calvario,
Giove Anxuro, I, 381.
Giove Appennino, I, 384, IV, 92.
Giove Arcano, I, 381.
Giove Augusto, IV, 651.
Giove Cacuno, adorato dai Sabini, I,
Giove Capitolino, IV, 530, ,537, 663;
tempio, I, 409, 61)0, 613, 614-615,
724, lì, 296-297, IV, 388, 488, 492,
498, 749; arso più volte, è riedifi-
cato da Siila, HI, 275-276; da Ve-
spasiano, IV, 498 ; e da Domiziano,
470, 534; statua colossale sul cul-
mine, lì, 88, 297.
Giove Custode, tempio, IV, 534.
Giove Dodoneo, IV, 660.
Giove Dolicheno, IV, 651.
Giove Eleuterio (Liberatore), statua
a Siracusa liberata dal tiranno
Trasibulo, II, 161, 162 ; ad Atene,
429; tempio sull'Aventino, rV, 192.
Giove Elicio, I, 742.
■Giove d'EUopoli, IV, 651 ; tempio, 701.
tiiove Feretrio, 1 , 579, II, 254 ; tem-
pio. IV, 192.
Giove Foniaio, tempio, I, 896.
Giove Giulio, lU, 533.
Giove Imperatore, la sua statua è ru-
bata da Verre, UI, 323.
Giove Indigete. — Vedi Enea.
Giove Invitto, I, 743.
Giove Laziale o Laziare, I, 381 ; tem-
pio sul monte Albano, 1, 535, 547-
549, 611. — Vedi Latino.
Giove Liberatore. — Vedi Giove Eleu-
terio.
Giove Lucezio, I, 380.
Giove Olimpico, tempio ad Atene, IV,
74, 659.
Giove Ornano, tempio nella Magna
Grecia, II, 153.
Giove Ottimo Massimo, I, 742, IV, 651.
Giove Panellenio, tempio ad Atene,
IV, 660.
Giove Pico, I, 96.
Giove Pluvio, a Canusio , I, 355 ; e
nella Colonna Antonina, IV, 743,
744.
Giove padre del giorno (Diespiter),
I, 380, 385.
Giove Predatore, II, 294.
Giove Sole, tempio, IV, 666.
Giove Statore, I, 742 ; suo tempio, n,
294, 378; incendiato, IV, 400.
Giove signore delle tempeste divine,
adorato dai presidi! romani di Af-
frica, IV, 656.
Giove Terminale, I, .371, 733.
Giove Terribile, I, 784.
Giove, detto Tinia e Tina dagli Etru-
schi, I, 388-389, 408-407.
Giove Tonante, IV, 56, 533 ; tempio,
88, 192.
Giove Trebulano, nome dato ad A-
driano, IV, 6.37.
Giove Vindice, IV, 410.
Giove Vittore, II, 294.
Giove. — Vedi Zeus.
Giove (villa di), a Capri, IV. 293-294,
295. 309.
Giovenale Giunio (D.), nato ad Aqui-
no, I, 234 ; scarse notizie della sua
vita, IV, 889-891 ; esilio, 891 ; sa-
tire, .892 ; pitture delle brutture di
Roma , 892-893 ; nobili e donne ,
893-895; conforti alla virtù, 895;
amore del buono e del hello, 896;
si burla dei recitatori, 908.
Gioventù, dea, I, 708; tempio, IV,
192. "
Giuba I, re di Numidia , con Azio
Varo sconfìgge Curione, III, 492 ;
unisce le sue alle truppe dei Pom-
peiani, 517-518; distrugge le città
sospette di favorire il nemico, 519 ;
dopo la disfatta di Tapso, 519-520 ;
uccide duellando Petreio, e poi si
fa uccidere da un servo, 520.
Giuba II, re di Mauritania, figlio del
precedente, condotto prigioniero a
Roma, e poi rimesso sul trono pa-
terno, III, 527, IV, 61 ; scrittore di
più opere in greco e latino, 182.
Giubellio Taurea, capuano, rimpro-
vera al console Fulvio le sue cru-
deltà e si uccide, U, 390.
Giudacilio (C), di Ascoli , duce degli
Italici rivoltati. III, 175 ; corre vit-
torioso la Lucania e l'Apulia, 181 ;
inette in rotta Pompeo, 183 ; pene-
tra in Ascoli, uccide gli amici di
Roma e si avvelena, 1.S9-190.
Giudea e Palestina, corsa da Pompeo,
III, 349 ; donata in parte da An-
tonio a Cleopatra, 662; soccorre
Antonio contro Ottavio, 67."> ; de-
rubata dai proconsoli IV, 77 ; in-
sanguinata da Quintino Varo, 224 ;
chiede allieviamento dei tributi ,
258; spogliata dal liberto Felice,
342; vinta da Vespasiano, 458 e
segg. ; e da Tito, 480 e segg. ; re-
sta fedele a Ottone, 442: infestata
dagli Arabi , 601 ; governata da
Lusio Quieto , 620 ; sollevazione
sotto Adriano, 627 ; visitata d.i lui.
636 ; colonie adrianee, 663 ; ridotta
a deserto , 686 ; provincia presi-
diata da tre legioni, 782, 783.
Giudei, in guerra con Sosio, lesalo
di Antonio, III, 662; rifiut.inn di
adorare Caligola, IV, 333; timuilto
in Alessandria, 333-334; prigio-
nieri al taglio dell'istmo di Corin-
to, 420 ; cause della loro solleva-
zione , 455-456 ; vincono i soldati
romani a Gerus.ili'mui.-. 4.V;. met-
tono in l'ii- I ' ■^n- I . lU -, l'i :- i:,7 ;
fendOlh.'::: :,..:: - 1. , ■ r lS.>-
486; disp.i.M 11.1 11 i-, l^: , ,• .^,-
bligali u p:i-rirc \in triliulo aiiiiMO,
al tempio di Giove Capitolino, 48S:
loro odio a Tito, 519 ; perseguitati
da Domiziano, 541; loro ribellioni
e disfatte nella Cirenaica, a Cipro,
in Egitto, e Mesopotamia, 618-620;
proibita da Adriano la circonci-
sione, si sollevano e sono distrutti,
683-686 ; comprano il permesso di
piangere una volta l' anno sulle
rovine di Gerusalemme, 686; An-
tonino Pio mantiene le pene contro
la circoncisione degli '
■giano per Avidio Cassio, 747
ritenuti da Marco Aurelio peggio
dei barbari, 748.
Giugurta, mandato da Micipsa all'as-
sedio di Numanzia cogli aiuti affri-
rani, II, 534, 111, 101 ; .idottato da
Micipsa come tiglio eredita una
parte della Numidia, 104 ; fa ucci-
dere lempsale e muove guerra ad
.Vderbale, 105 ; non contento della
parte assegnatagli diU Senato ro-
mano assedia Aderbale in Cirta,
105: compra i romani andati a
giudicarlo, 103 , fa uccidere Ader-
bale, 106; conchiude la pace con
Calpurnio Bestia, 107 ; viene a Ro-
ma, 108; fa assassinare Massiva,
108; ritorna in Affrica, 108-109;
vince i Romani e fa la pace con
Postumio Albino, 109; tenta inu-
tilmente di corrompere Q. Metello,
110; è da lui vinto, 110; libera
Zama assediata, 111 ; indotto da
Bomilcare domanda pace, ma poi
ricusa di arrendersi, 111-112; ri-
dotto agli estremi, 116; si unisce
ai Getalì e ai Mauri, 116-117; vinto
a Cirta, 1 17 ; tradito dal suocero
Hocco è consegnato ai Romani ,
119; condotto a Roma in trionfo
muore nel carcere Tulliano, 120.
Giulia, moslie dt Caio Mario e zia di
Cesare, ìli, 114.
Giulia, figlia di Cesare, moglie dì
Pompeo, III, 407, 476.
Giulia, madre di Marco Antonio, si ri-
fugia presso Sesto Pompeo, UI, 641.
Giulia, lìglia di Augusto , IV, 211 ;
sposa il giovinetto Claudio Mar-
cello, 213 ; vedova, sposa Agrippa,
214; e poi Tiberio, 215; cure di
Angusto per la sua educazione.
215 ; sue orgìe, 216-217 ; relegata
all'isola Pandataria, 217 ; confina-
ta a Reggio vi muore, 218, 278.
Giulia, lìglia della precedente e di A-
grippa , IV, 214 ; muore rilegata
nell'isola di Tremiti, 219.
Giulia , figlia di Germanico e di A-
grippina, IV, 260.
Giulia, moglie di Nerone figlio di (ier-
nianico, IV, 297.
Giulia , sorella di Caligola , esiliata,
IV, 323, 334, 367 ; fatta utcidere da
Messalina, 360.
Giulia , figlia di Druso figliuolo di
Tiberio! fatta uccidere da Messa-
lina, IV. 360.
Giulia, figlia di Tito, disonestata da
Domiziano, IV, 520, 524 ; sposa di
Flavio Sabino, 524 ; concubina di
Donùziano, 525 ; che la fa morire.
.525.
Giulia Aurunculcia, celebrata in un
inno di Catullo, III, 807.
Giulia Doinua, moglie dell'imperatore
Settimio Severo, fa scrivere a Fi-
lostrato la vita di Apollonio Tia-
neo, IV, 850.
Giulia Procilla, madre di Agricola,
uccisa, IV, 5-25.
Giulia Sabina, figlia dì Matidia, sposa
Adriano, IV, 626; lodata dal mu-
nicipio dì Gabìi, 637; consacrata
con Adriano a Efeso, 661 ; visita
il colosso dì Meninone, 667-668 ; ri-
cordata suir obelisco del Pincio,
670 ; aillitla da Adriano con trat-
tamenti servili, 687; «uà fine, 688;
figurata sotto le sembianze di Ve-
nere, 6.'<9.
Giuliano (Didìo), poscia imperatore,
respinge dalla Gallia lielgica i
Cauci, IV, 727.
Giulio (porto), presso Baia, HI, 653.
Giulio Agricola (Gneo), sua gioventù,
IV, 525; Tacito ne narra la vita,
525, 927 ; governatore in Britannia,
526 ; reprime gli Ordovici e assale
la Caledonia, 526 ; e vince al monte
Grampio, 527 ; prende le Orcadi ,
527; richiamato a Roma ha gli
■ mori trionfali, 527 ; rimane incerto
come finisse la vita, .527 ; gli .* at-
tribuita la edificazione del Vallo,
647 ; luoghi da lui afforzati in Ca-
ledonia, 710.
DEI NOMI E DELLE COSE.
1009
GIULIO
GIULIO
GIULIO
fiiulio Celso, <riureconsulto, IV, GT2.
Giulio Cesare (Caio), fratello di Lucio,
ucciso nelle stragi di Mario, III,
217.
Giulio Cesare (C), non ripudia la
moglie, e prr int.Tcì'Ssiune delle
Vestali (■ Ci^p.i;; ,:il . ■' . ^illa. III,
264; nòli ; , , ;,,iiio Le-
pido, 2.SS . ; ]. j, ,.,-, inge-
gno e disr- . - ;. Ita Pom-
peo a n-i]-; 1' antico
potere, :t,'s , .■ nitorità
jllimitat.i f,.: ! I , ,, ' :;:',2 ■ so-
stiene la kL'_ M , ;i:ì; con-
g'.'in '•'!■•.: • ■.:,i; ; eletto
f.ì':'' I suoi de-
ll t . . : ■ i il -il Mario,
;ì:.7- ./.-■ , |i, . - ,. .;.• u n .i.nuale inca-
rioa'.ij <ii pui.ui. i .,1. .li ,i, :;.",,S; con-
danna il senatore Kaljirio, 359-
360; nominato Pontefice Massimo
e pretore, 3fi0 ; contrario alla ele-
zione di Cicroiii' al .-onsolato ,
3(;7 '"-il. tMt ' lìi -• '-1M I/ione con
r.it li ::'. • . iMipi'disce
morte ai rini^nurati e pnipone l'e-
silio e la con lisi-azione dei beni ,
383 ; minacciatu nella vita, 384-385 ;
sua complicità con Catilina, 389-
390; propone con Cecilio Metello
di richiamare Pompeo Magno dal-
l'Asia, 306 ; deposto dalla pretura,
396; è rimesso nella sua carica e
va in Spagna, 397 ; ripudia la mo-
glie e non fa testimonianza contro
Clodio , -103 ; torna vittorioso di
r .i..M,407;
.1. M-llU; altre
el popolo e delle
letto al governo
delle Gallie, 412 ; studia di trarre
alla sua parte Cicerone, 416; fa-
vorisce l'elezione di Clodio al tri-
bunato, 417 ; muove alla conquista
delle Gallie narrata nel suoi Corn^
mentarii , 423; va a Ginevra e"
impedisce il passo agli Elvezii ,
430-431; torna in Italia, prende
altre cinque legioni e ripassa le
Alpi, 431; vince a Bibracte gli
Elvezii e i Boi, 431-432; intima
ad Ariovisto di non chiamare più
gente da Oltre Reno, e di ren-
dere agli Edui gli ostaggi, 432;
occupa Vesonzione , 432 ; infonde
coraggio ai suoi soldati e vince
Ariovisto, 433; vince i Belgi sul-
l'Assona, 434 ; e le altre tribù, 434 ;
vittoria sui Nervii , 434 ; e sugli
Aduatici, 434-435; sottomissione
dei Veneti, Unelli e Aquitani, 436 ;
fa strage dei Germani sulla sini-
stra del Reno, 437 ; costruisce un
ponte e passa il Reno, 437-438;
sbarca nell'isola di Britannia, 439;
vince i Brettoni e ritorna nelle
Gallie , 440 ; sbarca di nuovo in
Britannia, 440-441 ; vince Casivel-
launo, 441 ; abbandona la Britan-
nia, 441 ; libera Quinto Cicerone e
vince Ambiorige, 442-443 ; diserta
le terre dei Nervii , 443 ; prende
ostaggi dai Carnuti e dai Senoni,
443 ; sottomette i Meuapii, 443 ;
fa un ponte e passa di nuovo
il Reno, 413; si vendica degli E-
buroni, 443-444 ; accorre a doma-
re l'insurrezione promossa da Ver-
cin»etoriga ,, 445 ; prende Vellau-
noduno, 44Si distrugge Genabo ,
445-446; prende Novioduno, 446;
assedia e prende Avarico, 446 ; 6
vinto da Vercin^etorige. 447 ; si
unisce a Azio Labieno, 447 ; si vol-
ge con tutte le sue forze a Veson-
zione, 447 ; incontra Vercingetori-
ge, lo vince e lo caccia ad Alesia,
44S ; stringe la città con opere di of-
fesa e di difesa, 448-449 ; è assalito
da Vorcingetorige e dai Galli venu-
ti in di lui soccorso, 450-451 ; ripor-
ta su tutti splendida vittoria, 451 ;
fa incatenare Vercingetorige datosi
nelle sue mani, 451 ; vince i Car-
nuti, i Biturigi e i Bellovaci, 452;
a Usselloduno fa tagliare le mani
ai nemici arresi, 453 ; modi usati
per assicurare la conquista, 453-
451: vittori,, p pr-,.li'_--i di Inrza e
d'iiiLT'i:- !•■:■ ■■ ■• il.lati,
457 , ! . I 1 . > r.'nza
cn-ii .1.1. l'I, .i.,.i. .. I „; _|, ,1 pro-
ro-atu il ^jv.ruij Jcliu i.a.lie, 464;
compra i cittadini con doni, 466-
467 ; abbaglia il popolo con la di-
vina liberalità , 46S ; è lodato e
sostenuto da Cicerone , 469-470 ;
suo odio a Pompeo, 475; motivi e
pretesti alla guerra civile , 475-
477; chiede, assente, il conso-
lato , 478 ; è sostenuto dal con-
sole EmiUo Paolo e dal tribuno
Curione, 479-480 ; da Ravenna fa
nuove proposte al Senato, 481; fe
dichiarato nemico della patria se
non lascia l'esercito e le province,
481-482; accoglie i tribuni fuggiti
da Roma, e muove contro di essa,
482 ; sua ambizione tirannica, 483 ;
marcia alla volta di Arimino, 484 ;
passa il Rubicone, 485 ; occupa va-
rie città e ordina leve nel Piceno,
485; suoi fautori in Roma', 486;
marcia trionfale, 488 ; prende Cor-
finio, 489; raggiunge Pompeo a
Brindisi dove tenta rinchiuderlo,
489-490 ; padrone d'Italia e di Ro-
ma, 490 ; s' impossessa del , pub-
blico erario, 490-491 ; parte contro
i nemici di Spagna, 491 ; vince le
legioni di Spagna ed espugna Mas-
silia, 491-494 ; nel ritorno a Ro-
ma seda il tumulto della nona le-
gione in Piacenza, 494 ; prima dit-
tatura, 494 ; provvedimenti econo-
mici e politici, 494-495; dopo un-
dici giorni depone la dittatura, 495 ;
suo esercito, 496 ; s'imbarca a Brin-
disi, 497 ; blocca Pompeo a Duraz-
zo, 498 ; ed è vinto da lui, 499 ; fug-
ge in Tessaglia, 499 ; è raggiunto
a Farsalia da Pompeo, 501 ; gran-
de battaglia e vittoria, 502-503;
sua clemenza coi vinti, 504 ; nel-
l'Ellesponto intima a Cassio di ar-
rendersi colle sue navi , 508 ; va
nell'Asia Minore, 508 ; e in Egitto
ove trova la testa del Magno, 508 ;
ad Alessandria protegge Cleopa-
tra e per essa si mette a perico-
losissima guerra, 509-511; vince
sul Nilo il re Tolomeo, 511 ; dà il
governo dell' Egitto a Cleopatra
e al fratello , 512 ; suoi amori
colla bella regina, 512-513; guerra
contro Farnace, nel Ponto : veni,
vidi, vici, 513 ; per la Grecia e l'Il-
lirico torna in Italia, 514 ; è dichia-
rato padrone di tutto e di tutti,
515 ; quieta le contese di Roma e
si fa console, 515; seda la rivolta
delle legioni in Campania, 516 ; va
in Affrica contro i nemici vinti a
Farsalia, 518 ; è battuto da Labie-
no e Petreio, 518; vince i Pompeiani
a Tapso, 519-520 ; scrive VAntica-
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV,
tone, 524; riordina l'Affrica e ne
dà il governo a Sallustio, 526 ; nel
ritorno punisce di gravi multe i
Sardi fautori dei Repubblicani ,
526 ; onori e trionfi a Roma, 527 ;
largizioni e feste d'ogni maniera,
528-530 ; accorre in Spagna a com-
battere i Pompeiani, 531 ; battaglia
e vittoria di Munda, 531-532 ; pro-
clamato dittatore perpetuo. Pater
patriae e Dio, 533; trionfa, 533-
534 ; studi per mantenere la nuova
potenza, 534 ; volge a uso monar-
chico 'e istituzioni della Repubbli-
ca, 535-536 ; distribuzioni di terre,
e colonie, 537 ; giustizia, leggi sul
lusso e per le province, 538 ; riforma
del calendario, 539-540; abbelli-
menti di Roma, 540-541 ; altri gran-
di disegni, 541 ; sua clemenza, 542 ;
brutture dei suoi fautori, 543; suoi
nemici, 545-546; la corona di re e
la congiura contro di lui, 547-554 ;
sospetti, 554 ; gli idi <fi marzo, 555-
556 ; alla Curia di Pompeo, 558 ; e
ucciso, 558-560; lodi e censure,
560; la sua dominazione, 561 ; giu-
dizio di N. Machiavelli , 562 ; suo
testamento, 571-572 ; suoi funerali,
572-574; apoteosi, 574-575; sue
cure per la educazione di Ottavio,
582 ; oratore, 702-703 ; fa restituire
la villa a Terenzio Varrone, 748 ;
grande negli scritti come nei fatti,
772-773 ; sue poesie, 773 ; VAnticor
tone, 773; scritti grammaticali e
lettere , 773-774 ; Commentarii
delle guerre gallica e civile , 774-
773 ; grande semplicità ed eleganza
di stile, 776-777 ; mette in voga i
mimi, 789 ; forza il cavaliere La-
berio a rappresentarli sulla scena,
789; inizia il censimento di tutto
l'impero, IV, 50; ordina di levare
la misura geografica di tutto il
mondo romano, 50 ; riforme da lui
introdotte nelle Gallie, 52 ; ha il
pensiero di frenare le invasioni
dei Daci, 567; schiavo fatto ucci-
dere per aver imbandito ai convi-
tati pane differente dal suo, HI,
34 ; suo tempio, IV, 192.
Giulio Cesare (Lucio), console, duran-
te la guerra sociale, IH, 178 ; stu-
dia di penetrare dalla Campania
nel Sannio, 179; è battuto e co-
stretto a ritirarsi a Teano , 182 ;
libera Acerra assediata da Sanniti
e Lucani, 185; propone che sia da-
ta la cittadinanza agli alleati ri-
masti fedeli, 186; trucidato nelle
stragi di Mario, 217.
Giulio Cesare Strabene (C), oratore,
III, 700; autore di tragedie, 791.
Giulio Frontino (Sesto), console, suo
libro perduto sulla tattica, IV, 951 ;
gli Stratagemmi, i libri dell'Agri-
mensura e degli Acquedotti , 951-
952.
Giulio Geminio Marciano (P.), nella
guerra Partica, IV, 728.
Giulio Grecino, senatore, padre di A-
gricola, ucciso da Caligola per
avere rifiutato di accusare M. Si-
lano, IV, 321, 525 ; filosofo e scrit-
tore di agricoltura, 866.
Giulio Igino (C), liberto d'Augusto,
suoi scritti, IV, 187-188; è rimos-
so dalla direzione della Biblioteca
d'Apollo, 188.
Giulio Retico (C), centurione in Bri-
tannia, IV, 651.
Giulio Sabino Lingono , bastardo di
G. Cesare, si unisce a Civile, IV,
476 ; battuto scompare , 477 ; sco-
perto e condotto a Roma è ucciso,
127
1010
INDICE
GIULIO
GIUSTIZIA
505; suo figlio è accolto da Plu-
tarco, 505.
Giulio Secondo, oratore e storico, IV,
920.
Giulio Severino, tribuno militare m
Britanuia, lY, 651.
Giulio Severo, chiamato dalla Britan-
nia a reprimere la sollevazione dei
Giudei, IV, 684 ; sue vittorie, 685.
Giulio Vestino (Lucio), preside delle
biblioteche di Roma, messo da A-
driano a capo del Museo d'Ales-
sandria, IV, 669.
Giulio Vindice (C), vicepretore , sol-
leva le Gallie contro Nerone, IV,
421-422 ; ed esorta Galba a liberar
il mondo da Nerone, 423 ; suo ab-
boccamento con Virginio Rufo,
424; si uccide, 424.
(iiunia Calvina, esiliata da Agrippina,
IV, 369.
tiiunia Silana, sua trama contro A-
grippina, IV, 381.
Giunio Bruto (L.). leirgomla dell.-i sua
origine e di'lli - m 'ì. - ~i ipi.litn,
I, 615-616; . . i;l5-
616;veiidica I I :- 1 '; pri-
mo console di-ll.i ii^ ihhìhìp i . liiO;
accolto come iliK'nUni i- ii:u snidati,
619-620 ; non vuole che si rendano
i beni ai Tarquinii, 620 ; i suoi ti-
gli congiurano a favore dei Tar-
quinii, 621 ; li condanna a morte,
621 ; va contro i Tarquiniesi e Ve-
ienti, 623 ; si batte con Arunte Tar-
quinio, resta ucciso sul campo ed
è onorato di pubblico lutto, 623-
624; suo ritratto, 625.
Giunio Bruto (Lucio), conduce la pie
ili, 289 ; vinto a Modena è fatto
uccidere da Pompeo, 989.
Giunio Bruto (Mar^.i i',.n.>io di Ca-
tone, sua indi!.- Ili "iW-".lo-, al
governo delli i i ' i : i. .ì49;
pretore url.-m r ; Cesa-
re dell' ucrisioi , ,!, \l M libello,
549; capo della i-oiigiur.i contro
Cesare, 550; si oppone all'uccisio-
ne di M. Antonio, 555 ; uccide Ce-
sare, 558-560 ; non riesce a trat-
tenere ed arringare il Senato, 556 ;
va al Fòro, 56G ; spiega le ragioni
dell'uccisione, 568 ; torna al Cam-
pidoglio e si prepara a difendersi,
568 ; tratta di pace con Antonio e
con Lepido , 569-570 ; confermato
al governo della Macedonia, 570;
sua conferenza cou M. Antonio,
.■j/?; toltagli la provincia e inca-
ricato della provvisione del grano,
578-579; convegno di Anzio, 579;
va a Nisida e a Velia. Ì579-580 ; sue
lettere ad Antonio, 580 ; dà, come
pretore, giuochi al popolo, 581 ; mi-
naccia Antonio di difendersi colle
armi, 581-582 ; suoi buoni successi
in Oriente, 593; i". richiamato alla
difesa d'Italia, 603 ; onorato ad A-
t«ne, 617-619 ; apparecchi di guer-
ra in Grecia e in Macedonia, 610;
congresso a Smirne, 620; prende
Xanto, 621 ; sottomette la Licia e
si mostra benigno ai vinti, 621 ; si
riunisce con Cassio a Sardi, 622 ;
624-625; alle ti:itta<rlie di Filippi,
625-027: i'.! imi -u no dai soldati
si ui-ri.] .,_■ , i riti-atti, 629-
630; l'I , :, ire la testa
al SU'. . Mi I ,,!■,. e uiinuio manda
a sua iiiaiire le L-cneri, 031 ; ora-
tore, 703 ; scrisse sulla virtù, 738 ;
stoico, 739.
Giunio Bruto Albino (Decimo), legato
di Cesare nelle Gallie, vince colla
(lotta i Veneti, III, 436; espugna
Marsilia, 491 ; congiurato contro
Cesare, 551 ; lo induce a recarsi alla
Curia, 556; trattiene M. Antonio
fuori della porta, 558 ; ferisce Ce-
sare, 558 ; confermato nel governo
della Cisalpina datogli dal Ditta-
tore, 570; adottato per figlio nel
testamento di Cesare, in mancanza
di Ottavio, 571 ; nella Cisalpina si
apparecchia a fare ogni sforzo per
salvare la Repubblica, 578; asse-
diato in Modena da Antonio, 592 ;
respinge gli assalti, 596 ; soccorso,
vince Antonio, 598 ; onori a lui de-
cretati, 600, 602 ; preso ad Aquileia,
al ritorno di Antonio, gli è tron-
cata la testa, G05.
Giunio Bruto Damasippo (Lucio), pre-
tore, per ordine del giovane Ma-
rio uccide in Roma i fautori di
Siila, IH, 255; con Ponzio Telesi-
no marcia contro Roma, 258 ; uc-
ciso sotto le mura, 259.
Giuuio Bubulco (C), console, duce dei
cavalieri sotto Papirio Cursore, li,
74.
(iiunio Graccano (C.) , suo trattato
della potestà e del diritto dei ma-
gistrati, UI, 764, 765.
Giunio (!) Norbano (Caio), nominato
console, III, 251 ; vinto da Siila al
Volturno , si ritira a Capua , 2,52 ;
fugge a Rodi e si uccide, 2.57, 267.
Giunio Penno (M.) , tribuno, propone
di cacciare da Roma tutti i non
cittadini. Ili, C7.
(M ) , .-rnnto dittatore
, perde per
occupa
22-
Giunio P-
dopo 1,1
camp:!
Giunio l'n
una tiii
F-rice e si uccide, II, 232,
Giunio Rustico (L.), stoico, maest
di Marco Aurelio , IV , 720 —
723.
Giunio (t) eretico Silano, governatore
di Sina, IV, 259.
Giunio Silano (M.), propretore, va con
Scipione in Ispagna, II, 406, 407;
e vi rimane al comando, 408.
Giunio Silano (D.), designato console,
III, 376 ; chiede che i congiurati
catilinarii siano pmiiti coU'estremo
supplizio, 3S3.
Giunio Silano (Marco), console, scon-
fitto nelle Gallie dai Cimbri e dai
Teutoni, III, 122.
Giunio Silano (C), suo processo, IV,
812.
Giunio Silano (M.), ucciso da Caligola,
IV, 321.
Giunio Silano (L.), costretto da Asrrii)-
pina ad uccidersi, IV, 369, :i7S.
Giunio Silano (M.), fratello del proce-
dente, proconsole d'Asia, fatto mo-
rire di veleno da Agrippina, IV, 37S.
Giunio Silano Torquato (D.) , ucci.so
da Nerone, IV, 411.
Giunio Silano Torquato (L.), nipote
del precedente, ucciso da Nerone,
IV, 411.
Giunone, nella trinità Capitolina, I,
742 ; genio femminino, 743.
Giunone , tempio a Roma restaurato
da Domiziano, IV, 533.
Giunone, tempio ad Ardea, dipinto da
un greco, II, 603.
Giunone, tempio ad Atene, IV, 660.
Giunone, tempio in Argo, IV, 637.
Giunone, oracolo a Veio, I, 401.
Giunone Cupra, adorata in Etruria,
I, 381, 380.
Giunone Curite e Quirite, adorata dai
Sabini, I, 383 ; e a Faleria, in E-
truria, 3S9.
Giunone Gabina, tempio, I, 563-564.
Giunone Lacinia, tempio sul promon-
torio Lacinio, I, 316-317, III, 657 ;
iscrizione di Annibale, lì, 419.
Giunone Lanuvina, I, 386.
Giunone Lucina, tesoro, I, 708.
Giunone Pupluna o Populona o Na-
zionale, adorata a Populonia, 1,
389; e a Teano dei Sidicini, 412.
Giunone Regina, protettrice di Veio,
I, 876 ; trasportata a Roma, 878 ;
sagrifizi delle matrone , II , 397 ;
tem.pio a Roma, 603. IV, 192.
Giuochi, nelle feste degli Etruschi, I,
502 ; in onore dei morti, 511 ; giuo-
chi circensi di Cesare edile. III,
357 ; per la inaugurazione del tea-
tro di Pompeo, 476; in onore di
Cesare, 529-3:50 ; in onore di Dru-
so, IV, 101 : in onore di Faustina,
703; e di Antonino, 713, 726; la
ferocia del Circo frenata da M.
Aurelio, 739.
(iiuochi florali, II, 303.
(iiuonhi giovenali di Nerone, IV, 388.
Giunchi istmici, II, 438.
(ii;i chi Neraei, II, 440, IV, 637.
Giuooui Olimpii, IV, 661.
(Huochi Panelleuii, IV, (lill.
Giuochi pubblici a U .i i i i » m l i i i-
chi del Circo, II, i ; i hi
di Flora, 312-:>l l il .
onorarli, 314 ; vnivi. ;l i , |i u ui
dai sudditi delle pmvmce. .">!,).
Giuochi secolari, celebrati da Augu-
sto, IV, 33; da Claudio, .537; da
Domiziano, 537 ; e da Antonino Pio,
703.
Giuochi. — Vedi Ludi, Spettacoli.
«Giura , monte , passato dagli Elvezii,
m, 431.
Giuridici, posti da Adriano e da M.
Aurelio al governo d'Italia, IV, 636,
738.
Giuseppe Flavio, narratore della sol-
levazione dei Giudei, IV, 4.37 ; tra-
disce i suoi e aiuta la conquista
romana, 459; mandato da Tito a
consigliare la resa di Gerusalem-
me, 482-483; esorta nuovamente
ad arrendersi, 484 ; sua descrizione
del trionfo sui Giudei, 490 ; suoi li-
bri della Gìierra Giudaica e delle
Antichità Giudaiche. 953-954.
Giustino , compendiatore di Trogo
Pompeo, IV, 181.
Giustino, filosofo greco, difende la
nuova filosofia del Cristianesimo,
IV, 708.
(iiustizia, presso i primitivi popoli Ita-
lici, I, 372, 374 ; a Roma dapprima
amministrata dai Re, 701 ; e poi
dai consoli, 718; il padre giudice
ilella famiglia romana, 696 ; proce-
dura stabilita dalle XII Tavole,
847 ; magistrati preposti alla giu-
stizia, 11, 26, 307 ; le formule giu-
diziarie svelate al popolo da Gneo
Flavio. 277; commissioni perma-
nenti {quaestionrs perpetuae) di
giudici, .554, III, 271 ; legge Cassia
sul voto segreto dei giudizi! popo-
lari, 66; potestà giudiciaria nelle
XII Tavole, I, 847 ; tolta ai sena-
DEI NOMI E DELLE COSE.
1011
QIUTURNA
tori e data ai cavalieri da C. Grac-
co, III, 73-76; legge Servilja giu-
diciaria per restituirla ai senatori,
1-15 ; resa da Siila al Senato, 271 ;
divisa tra i senatori e i cavalieri
da Cesare, 53S ; riforme di Siila ,
274 : e di Pompeo, 317 ; fondamento
assoluto della giustizia imliouto da
Cicerone, 730;" l:i -'.n i; i i I !.■
primi secoli dell' li i
IV, 31-32, 27!<-28>.:' _' :il-
342, 349, 350, :i:,;. .;m. i I., ..1.1-
506, 508, 509, Sii, .Mii, r,t7, .-..-/i,
575, C02, 623, iXÌ-'-iiU, tW, 707,
738-730, 812-814 ; la giustizia d'I-
talia affidata a fimiue ffiuridici,
738. — Vedi an.-lie Lei,'ge, Pretori
e Tribunali.
r.iuturna, dea, I, 380.
niuvenzano, fiume del Lazio, I, 527.
(liuvenzio, poeta comico, li, 645.
(iiuvenzio Laterense (M.), legato di
Lepido, si uccide, IH, 599-600.
(iiuvenzio Talna, pretore, ucciso in
Tessaglia, li, 495.
(iladiatnì-c moribondo, II, 603.
(iladiatori, eijmhattimenti di sangue
per divertire i banchettanti, I, 281 ;
per onorare i morti, II, 314-316,
IV, 726; per rall<>;-rare i trionfi e
tutte le pubbliche T'ste, 111. 520-530,
IV, 105, 318, 416, 451, 516-517, 5.35,
.538, 587 ; loro rivolta sotto la con-
dotta di Spartaco, vittorie e scon-
fitta, III, .303-310 ; scuola e quartiere
a Pompei, IV, 706-797; Adriano
vieta di vendere uomini per questo
mestiere, 673 ; i feroci spettacoli
riprovati dai filosofi, 862 ; un gla-
diatore sul trono del mondo, 768,
770, 771, 779.
Glareano, suoi dubbi sulle asserzioni
d.-^r, M.iri. 1 .-Hilirlli, I, 643.
Gli ! -usato di aver av-
vi : : , : . . I .liPansa,III, 601.
Glot.i e '/.'-), uMiti, in Britannia, IV,
.526, 710.
Gnazia. — Vedi Egnazia.
Gnosso, nell'isola dì Creta, espugnata
da Metello, lU, 332.
(iùla (vizio della), leggi repressive,
II, 576.
Goletta, in Affrica, II, 512.
Goinrt (Episkopi), città di Tessaglia,
lì, 470 ; si dà a Flaminio senza re-
sistenza, 435.
(ioryia, maestro di nuova eloquenza
sofistica, II, 128.
Gorgone, divinità infernale, I, 392.
Gori (Ant. Fr.), suoi studi suU'Etru-
ria, I, 187-188; illustrazione della
Colonna Traiana, IV, 583.
Gotoni (i), tribù germanica, IV, 271.
t Governatori delle province imperiali,
IV, 48-49.
Gozzadini (Giovanni), sue scoperte ar-
cheologiche a Villanova, 1 , 163 ;
e a Marzabotto nella villa di Giu-
seppe Aria, 164-166.
Gi-accu, scrittore di tragedie ai tempi
di Augusto, IV, 1.53.
Gracchi. — Vedi Sempronio Gracco.
(Iraliaiìi's Dyhe, rovine del Vallo di
Antonino, IV, 710.
(irampio {Grampia>is), monte, scon-
fitta dei Caledonii, IV, 527.
(iranico {Khodslut-son), fiume nell'A-
sia Minore, HI, 338.
Granio, capo della colonia di Poz-
zuoli, strangolato per ordine di
Siila, III, 280.
Granio Liciniano, annalista romano,
scoperto dal Pertz, III, 768.
Gravisca (presso Cometa), città di
origine pelasgica, I, 79; occupata
dagli Etruschi , 130, 144 ; colonia i
romana, II, 267 ; colonia militare,
IV, 43.
Greci in Italia, I, 307; loro memorie
e reUquie di eroi, 307-.3I0; colonie,
310 ; nella Magna Grecia, 311-3.32 ;
in Italia e in Sicilia, li, 96-132;
lotte coi Siculi, cogli Elimi , coi
Cartaginesi e coi primitivi abita-
tori d'Italia, rrv ; .; : li .ri. 134-
156; maestii ' . . ri e di
corruzione ,11 1: .. -.■,7,.'j74,
585; di nun,- , r..,!,,,/. . :''l-.596;
di filosofìa, di l.-iiL-if, d arii, di sto-
ria, di poemi e di drammi, 598-648.
Grecia, sue antiche relazioni con Ro-
ma, I, 752; in guerra con essa,
II, 387 : decaduta e corrotta, 428-
429 ; fa coi Romani guerra a Fi-
lippo di Macedonia, 434-437 ; con
un decreto di Roma è dichiarata
libera, 438; ma resta soggetta,
439-441 ; nella guerra di Antioco
sta contro i Romani, 441-447 ; im-
potente e discorde, 463-464 ; spera
che Perseo la liberi, 468 ; mali
trattamenti dei Romani, 472; sue
sciagure, 493; perde il suo nome
e diviene provincia romana col
nome ili Ai\-iia. 499-500, 542 ; cause
diMI.-i f!-i r-niiitn "."11, ' i-iiiserva
al. 'il ,' ' ', _ . ' , ..'(Udini
.TI. ir i, ,1 , r , \iiiri,late,
III, V ,;^: :: , ; .li Che-
b'f7 ; frequentata dai giovani ro-
mani per apprendervi l'eloquenza,
695 ; colonia d'Augusto, IV, 60 ;
odio contro i Giudei, 333 ; viaggio
di Nerone e immunità concesse da
lui, 418-420; Vespasiano le rito-
glie la libertà, 495; visitata e fa-
vorita da Adriano, 657-661 ; opere
pubbli. 11.' .11 Ani. .uhi . Pi.i, 701,
■ - I. I ' ■ . ,. -,,i. 708.
Gre.'
iiri-icol-
pru^pcj.ui, .:i..a,t e l.;,e' la, 332;
scorrerie dei Galli, 887 ; dopo la
guerra di Annibale il suo nome
scompare, II, 426.
Grecia Minore, I, 311.
Grecomania, combattuta da Cicerone,
III, 738 ; e satireggiata da Giove-
nale, IV, 894.
Grecostasi, nel Fòro romano , desti-
nata ad accogliere gli ambasciatori
stranieri, I, 752 ; tempio alla Con-
cordia ivi posto da Gneo Flavio, II,
279; restaurata da Antonino Pio,
IV, 701.
Gregorio (San), secondo la leggenda
implorò la salvazione di Traiano,
IV, 623.
Gregorovius (F.), sua vita di Adriano
IV, 692.
Griu-ioni (cantone dei), nel paese dei
Reti, ricordi romani, IV, 94.
Grotefend, sue opinioni sulle origine
■ italiche, I, 201-202.
Grotta del Diavolo al Capo di Leuca,
stazione preistorica, I, 3.39. 340.
Grotte, usate per abitazione in Sici-
lia, II, 103-105 ; nella rupe in Val
d'Ispica, 105-106.
Grumento (Saponara), città della Lu-
cania, creduta di origine pelasgi-
ca, I, 80 ; rovine, 294 ; Aimibale è
vinto ivi da Claudio Nerone, II,
399 ; presa dagli Italici, III, 181.
Grumo, città nella Peucezia, I, 349.
Guiirini (Raimondo), suo dizionario
osco-latino, I, 486.
Guarnacci (Mario), crede che gli E-
truschi fossero maestri (di civiltà
anche ai Greci, I, 189.
Guerra, la grande arte di Roma, I,
764-765.
Guigniaut, sue opinioni sulle origi-
ni italiche, I, 201, 207.
Gulussa, figliuolo di Massinissa, com-
batte pei Romani contro Cartagi-
ne, II, 508, 509; con Scipione E-
rniliano prende il campo di Neferi,
518.
Gurguri, monti nell'Agro di Rieti, I,
220.
Guruli Vecchia (Pa<iria), in Sardegna,
ricordi delle antiche genti stan-
ziate nell'isola, li, 245.
Gutta, di Campania, uno dei duci dei
rivoltati Italici, III, 175 ; venuto in
soccorso del giovane Mario, 237 ;
muore combattendo sotto le mura
di Roma, 259.
Habitancum o Habitancium (Risin-
gham), in Britannia, IV, 648, 651.
Hadriani (presso Beidjik), in Bitinia,
IV, 663.
Halm, suoi versi in lode di Arminio,
IV, 274.
Hamii (gli) di Siria, nel Vallo di A-
driano in Britannia, IV, 652.
Hellex, torrente in Val d'Aosta, IV,
91.
llenzen (Guglielmo), suoi dotti studii
sulle epigrafi latine, I, 681-682.
Herodion , fortezza in Giudea, IV,
459, 488.
Hieraso (Pnith) , fiume della Dacia,
IV, 565.
Horta, dea , adorata a Ocricoli e a
Sutri, I, 389.
Ilypsa (Fordungianus), in Sardegna,
prende il nome di Fòro Traiano,
IV, 609.
Hvrcanum (mare) (Mar Caspio), IV,
'615.
lamppli (presso Vogdhdni), nella Fo-
cide, abbellita da Adriano, IV, 6.57.
lanuale (porta). I, 745.
lapige, tìglio di Licaone d'Arcadia,
dà il suo nome alla lapigia, I, 334.
lapigia (Terra d'Otranto, Terra di
Bari, Puglia, ecc.), vecchie lez-
gende, I, 334-335.
lapigii, tribii pelasgica, I, 72 ; alleati
di Agatocle, II, 187.
lapigii, i tre promontorii (Capo delle
Castella , Capo Rizzuto , Capo
delti Cimiti), I, 313-316.
lapigio o Salentiho , promontorio,
(Capo di Leuca), I, 316, 338; leg-
genda, 339.
lapodi, 0 lapidi, Giapidi, popolo d'Il-
liria, al settentrione della Dalma-
zia, II, 541 ; vinti da Ottavio, III ,
C67.
latro (lantra), fiume della Mesia, tri-
butario del Danubio, IV. .581.
lavoleno Prisco, giureconsulto, IV,
700.
lazigi , popoli nomadi di stirpe sar-
m.atica, in parte sottomessi da De-
cebalo, IV, .578; assaltano l'Im-
pero, 734, 741 ; protetti dalla pace
di Commodo coi barbari, 768.
Iberi d'Aquitania, 111, 424 ; vinti da
P. Crasso, 436.
10 12
INDICE
IBERI
ILISSO
INTERPROMIO
Iberi del Caucaso, vinti di Pompeo,
IH. 347 ; soggiogati da Canidio,
662; chiedono l'amicizia di Roma,
IV, 84; accettano l'alleanza di
Traiano, 615.
Iberi di Spagna, coi Celti formano i
Celtiberi, U, 453; soccorrono gli
Iberi d'Aquitania contro i Ro-
mani, III, 436.
Ibcro (Ebro), uno dei più grandi fiumi
di Spagna, vittoria dei Romani sui
Celtiberi, U, 455.
Ibla Maggiore (presso a Paterno), di-
mora dei Siculi, II, 106.
Ibonio. — Vedi Vibino.
Ibrea, oratore, presa Antonio di al-
leviare le sorti dell'Asia, HI, 633.
Icona (presso il promontorio Pa-
chino), dimora dei Siculi, lì, 106.
Iccara (presso Cai-lrà) , in Sicilia,
H, 104.
Icelo, liberto, annunzia a Galba che
è eletto all' impero, IV, 430-431 ;
ha il nome di Marziano, 432 ; osteg-
gia l'adozione di Ottone, 433 ; giu-
stiziato, 439.
Iceni (Norfolk e Suffolk), tribii indi-
gena della Britannia, si sollevano
contro Nerone, IV, 396.
Icilio (L.), tribuno, ottiene per legge
che le terre dell'Aventino sian
date gratuitamente ai plebei (lex
de Aventino publicando), 1, 830;
promesso sposo a Virginia, fa
sollevare ì soldati contro i decem-
viri, 838-839; rieletto tribuno, 840;
si appella al popolo perchè sia
concesso il trionfo ai consoli Ora-
zio e Valerio, 854.
Icilio Ruga (Caio), uno dei primi tri-
buni della plebe, I, 782.
Icnusa. — Vedi Sardegna.
Idea (la gran Madre), altera la reli-
gione romana, lì, 302.
Ideo (antro), in Frigia, II, 593.
Idi, divisione del mese in due parti,
I, 454.
Idi di marzo, famosi per la xiocisione
di Cesare, HI, 555-559, .507.
Idistaviso, sulla destra del Visurgi
CVVeier), vittoria di Germanico so-
pra Arminio, IV, 249.
Idomeneo Cretese, occupa i Campi Sa-
lentini, I, 335, 338, 339.
Idro , flumicello presso Otranto, I,
344.
Idrunto {Otranto), città della Mes-
sapia, I, 343-314.
Iduiuei, vinti da Pompeo, IH, 319.
legio, duce degli Italici sollevati, HI,
175.
lempsale. figlio di Micipsa, III, 103-
104 ; fatto uccidere da Giugurta,
105.
lempsale, re di Numidia, HI, 211.
lerapoli (rorine a Pambuh-Kalessi),
in Frigia, fra i fiumi Lieo e Mean-
dro, patria di Epitteto, IV, 843.
lerocesarea, città dell'Asia. IV, 251.
lezia 0 Iota (Iato), città dei Sicaui,
II, 104.
Iguvio [Ayobbio e (hibbio), città de-
gli Umbri, 1,65; Genzio, re d'Il-
liria, vi sta in prigione, li, 400;
occupata da Cesare, HI, 485. —
Vedi Tavole Eugubine.
Uerda (LerUìa), nella Spagna Tar-
raconcse, IH, 294, 491. -19.'.
Ilia (Calonato), fiume della Magna
Grecia, I, 316, 319.
Ilia. — Vedi Kea Silvia.
Ilio, distrutta da Fimbria, IH, 245;
privilegiata per la sua fedeltà, 11,
453, HI, 24S; cuna di Roma, IV,
201; suoi ambasciatori a Tiberio
per condolersi della morte di Dru-
so,,286; liberata di ogni gra-
vezza da Claudio, 318-349; e da
Nerone, 370.
Hisso, fiume ad Atene, IV, 658.
Illiria e Illirico, il legato Appio Clau-
dio vi è battuto, lì. 472 ; Perseo
ne prende parecchie città, 472; di-
chiarata libera dai Romani e di-
visa in tre parti, 484; stragi e
distruzioni , 487 ; provincia ro-
mana, 542; invasa dai barbari, HI,
121; si oppone al passaggio dei
Cesariani, 497; sottomessa dai le-
gati di Cesare, 514 ; soggiogata
da Ottavio, 667 ; colonie di Augu-
sto, IV, 60; commercio con Ro-
ma, 202; infestata dai Daci, 508;
difesa da M. Aurelio, 735.
Illirici, loro scorrerie in Italia, I,
216; e piraterie, lì, 247.
Illitia-Leucotea, adorata a Cere, I,
389.
llliturgi (presso Andvjar), città di
Spagna sul Beli, presa e incen-
diata dai Romani, II, 407.
Uva. — Vedi Elba.
Imaohara (Troina), dimora dei Si-
culi. 106; Senato, 274.
Imagini, dei membri delle grandi fa-
migfie romane raccolte religiosa-
mente negli atrii delle case, II,
316-317; degli uomini illustri gre-
ci e latini conservate da Terenzio
Varrone, 111, 751.
Imella (Imelle), fiume dei Sabini, I,
220.
Imera, colonia greca in Sicilia. II,
118; origine e vicende, 131-132;
retta dal tiranno Terillo, 159 ; vit-
toria di Gerone sui Cartaginesi,
160 ; aiuta Siracusa a farsi libera,
101; presa dai Cartaginesi, 165;
aiuta Dionisio contro i Cartagi-
nesi, 166; sua statua trovata a
Cartagine, 520.
Imera. — Vedi Terme Imerensi.
Imetto (marmo del monte), nell'Atti-
ca, IV, 196.
Imilcone, cartaginese, viene in Sicilia
a combattere Dionisio di Siracusa,
II, 107.
Imilcone, c,-ii-t.iginese, (lifumle I.ilibeo
Imilcoiii-
lun-
Imilcoiii
dea -
muore di pestilenza a Siracusa,
382.
Imilcone Famea, capo della cavalleria
cartaginese, si unisce ai Romani,
II, 508.
Imperatore, titolo indicante l'autorità
suprema, IV, 12, 10-17, 82.
Imperatori, pongono statue a sé stessi
e a loro donne, IV, 810-811 ; pa-
droni di tutto, 811-814; loro in-
fluenza sugli studi, 8:i'3-868.
Imperio, dominio assoluto nelle pro-
vince, 11, 275.
Imperlo, titolo di potere supremo,
III, 535.
Impero Houi.-uii), sua l'.mdazione, IV,
7-8; '■ V- . L'ii.iii da Augu-
sto, SI ; hi I ' i Mi li antichi
conlliii ■• : \ ii i' '..'7; il quale
studi.i ri , , ,1 . |.:ii unito con
estun^ ni , si'colodel-
l'èrri \ : 71-;-.' numero del-
le pr..M , :- ' r ,,i„i. 782.
ImpOSizi'iii: 'I i.-li ']:-_"ilf
tributi . I . i - <■■-'■' ri
Servii, I u ■! r I :-■ :" ' |. . .
Roma '1... < n./)!.; ii.il- : ' 7 '17
province, 11, Z'A-:::, d-cnii'. i'jl7.
raccolte pagate iu Sicilia, 272;
tassa graduata sulla proprietà per
la guerra di Annibale, 371; bal-
zelli straordinari! sulle province,
345; imposta prediale, 345; impo-
ste stabilite da C. Gracco, HI, 75;
tasse per la guerra contro i Re-
pubblicani, 617; sulle porte, sulle
finestre, sui cammini, sui tegoli,
sulle eredità, sulle meretrici, ecc.,
IV, 39-40 ; gravissime sotto Augu-
sto, 75-76; contribuzione fondia-
ria, 76; imposta sulle eredità a
favore dell' erario militare , 81 ;
tasse di Caligola, 327; imposte e
dogane sotto Nerone, 375; di Ve-
spasiano sulle latrine e sui ladri
pubblici, ecc., 496-497 ; diritto della
ventesima sulle eredità mitigato
da Nerva e Traiano, 53S-.559, 801 ;
gravami senza numero, 793.
Inarime (isola d'Ischia) già unita
all'isola di Precida, I, 20. — Vedi
Enaria.
Incenso d'Arabia, IV, 207-208.
Incitato, cavallo di Caligola, IV, 325-
333.
Incredulità, li, 598.
Indara, città dei Sicani, II, 104.
India, commercio e relazioni con Ro-
ma, IV, 201, 207, 209.
Indiani, chiedono dì essere alleati
di Augusto, IV, 61, 84; e sud-
diti di Antonino Pio, 712.
Indibile, capo di tribù in Spagna, si
unisce ai Romani, II, 407.
Indo (Sind o fUtìdhti), fiume, via delle
merci dell'Asia, IV, 207.
Indo (Giulio), treviro, nemico di Giu-
lio Floro, lo combatte a favore di
Roma, IV, 275.
Indovini, cacciati d'Italia da Vitellio,
IV, 453.
Xnduciomaro, treviro, duce dei Belgi,
III, 442 ; ucciso da Labieno, 443.
Industria (Casale ?), eittà dei Liguri,
iscrizione alimentaria, IV, 807.
Inessa (presso Licodia), dimora dei
Siculi, II, 100.
Inguiomei'o, zio d' Arminio, vinto ad
Idistaviso, IV, 249; geloso del ni-
pote, diserta, 270.
Inico, città dei Sicani, II, 104.
Insubri, si uniscono ai Galli, I, 8S4-
885 ; alleati dei Boi contro i Ro-
mani, II, 249; vinti suU'Adda e
forzati a rimettersi alla discre-
zione del Senato, 253 ; danno aiuto
ad Annibale, 330, 340; insorgono
contro Roma e sono vinti, 457 ;
sollevano il territorio di Como, 457 ;
sconfitti presso Milano, 458.
Insubria, dapprima chiamata Isoin-
bria dagli Umbri, I, 65, 884.
Jnteramna (Terni), città degli Um-
bri, I, 65 ; creduta patria dello
storico Tacito, IV, 925.
Interamna del Liri (presso Casino),
città dei Volsci, rovine, 1, 237; co-
lonia romana, II, 08, 78. 267,
208 ; saccheggiata dai Sanniti, 84 ;
dichiara che non può soccorrere
Roma, 393, .394.
Interamnia nel Bruzio (presso Alto-
monte),
306.
Interamnia Frentana (Termoli), I,
27,4.
Interamnia Pretuzia (Teramo), ro-
vine, I, 227.
Intercisa, traforo, detto ora Pa-iso del
Fin-Io. nella via Flaminia, 11, 290.
Iiitrrn.-ivi (Antrodoco) , tra Rieti e
^ ìli iiKi, fondata dai Sabini, I,
l.u , iHMinio (presso San Valentino),
cuui dui Marruciui, 1, 252.
DEI NOMI E DELLE COSE.
1013
INTERRÉ
ISCRIZIONI
Interré, III, 2(?7.
Interregno, dopo la morta di Ro-
molo, I, 385.
Interstita, di\inità del Sannio, I, 385.
lol, sulla costa settentrionale dell'Af-
frica, detta poi Cesarea in onore
di Augusto, colonia di Claudio, IV,
369.
lolao, conduce una colonia in Sar-
degna. Il, -zu.
Ionia, regione dell'Asia Minore, abi-
tata dai Greci Ioni, data ad Eume-
ne U di Pergamo, U, 452 ; fa parte
della provincia d'Asia, 539 ; opere
pubbliche di Antonino Pio, IV, 701.
loppe, in Giudea, presa da Vespasia-
no, IV, 458.
Ippocrate, tiranno di Gela, II, 159.
Ippocrate, affricano, induce Geronimo
di Siracusa ad unirsi ad Annibale,
li, 374 ; solleva Leontiiii contro
i Romani, 375 ; alla testa di Sira-
cusa, 376-, è battuto da Claudio
Marcello, 379 ; muore di pestilenza
a Siracusa, 382.
Ippona (Bona)^ in Affrica, colonia fe-
nicia, alleata di Cartagine, II, 327 ;
nel suo golfo si uccide Q. Metello
Scipione vinto a Tapso, HI, 520.
Ipponio, detta poi Vibona Valeuzia
{Monteleone), nel Bruzio, rovine,
1, 299; colonia dei Locresi, U, 9ii;
distrutta da Dionisio di Siracusa,
171 -, presa da Agatocle, 187 ; e dai
Bruzi, 188; colonia romana, chia-
mata Vibona Valenzia, 205, 267,
2fiS, 427 ; le sue terre promesse dai
triumviri ai soldati della suerra
civile, lU, 607.
Ipsa {Drago), fiume in Sicilia presso
Agrigento, II, 121.
Ipsa (Belice), fiume in Sicilia presso
Selinunte, II, 124.
Ipsicrazia, concubina di Mitridate, III,
345.
Ii-a , acconciatrice delle chiome di
Cleopatra, UI, 674.
Irca, città degli Ircani, IV, 251.
Ircani (presso il Mar Caspio), chie-
dono ad Antonino di divenire suoi
sudditi, IV, 712.
Ircano, contende il trono giudaico ad
Aristobulo, UI, 349.
Irpi, schiatta sacerdotale sul monte
Soratte, I, 410, 411.
Irpini, discesi dagli Osci, I, 217 : loro
sedi, 242, 243-244, 262-266 : si uni-
scono a Fulvio Fiacco, II, 394 ;
entrano nella lega Italica, m, 171 ;
parte di una regione d'Italia, IV, 42.
Irrio, noto per i suoi vivai di pesci,
III, 14.
Irtuleio (Lucio), questore di Sertorio,
III, 294 ; vince e uccide L. Domi-
zio Enobarbo, 294; vinto a Ita-
lica, 297: sconfitto e ucciso a Se-
gosa, 297.
Irzio (Aulo), console. III, 592 ; muove
contro Antonio in aiuto di Mo-
dena, 596 ; prende Bologna, .597 ;
vince Antonio a Fóro dei Galli,
597 ; muore sotto Modena, 598 : so-
spetto che fosse ucciso da Otta-
vio, 601 ; storico, 776.
Isara {Isére). fiume della GalUa Nar-
bonese, UI, 600.
Isaura, città dell'Asia alle falde del
Tauro , vittoria di Servilio Vazia
sui pirati. III, 331 ; sottomessa dalle
truppe di Mitridate, 336.
Ischia. — Vedi Enaria e Inarime.
Iseia, isola pr.-sso le coste della Lu-
cania I, 2'>2-2'>3.
Isc.-Lzioni etrusL-he, I, 4S2-4S4.
Iscrizioni eufranoe, I, 477.
Iscrizioni niessapiclie, I, 311-342.
Iscrizioni osche, I, 485-486.
Iside di Solunto, II, 116.
Iside, tempio a Roma, IV, 490; di-
strutto da un incendio, 510; or-
gie notturne di donne, 894.
Isocrate, oratore. III, 722.
Isola Tiberina, leggenda sulla sua
formazione, I, 622.
Isombria. — Vedi Insubria.
Ispala Fecenia, cortigiana, rivela il
segreto delle turpitudini dei Bac-
canali, II, 58S, 590, 591.
Ispali {Siviglia), nella Spagna Betica,
strage dei Pompeiani, III, 532.
Ispello (Spello), città degli Umbri, I,
65; cclonia militare, IV, 495.
Ispellati, IV, 155.
Ispica (Val d'), in Sicilia, II, 105-106.
Issa (Lissa), isola presso la spiaggia
UUrica, abitata dai Pelasgi. I, 76,
78; liberata dai pirati, U, 248; vi
si uccide Cammillo Scriboniano,
IV, 361.
Istituto di Corrispondenza archeolo-
gica in Roma. Annali e Bullet-
ìino, raccolta di dotte ricerche sui
monumenti pelasgici, I, 102 ; e su
tutta l'antichità greca e romana.
679, 6,S1.
Istonio ( Vasto), città dei Frentani, I,
254 ; elezioni municipali, IV, 788 :
iscrizione al fanciullo poeta, 915.
Istria, si rivolta ed è sottomessa, II,
460 : fa parte d'una regione d'Ita-
lia, IV, 42 ; commercio con Roma,
Istrioni, 1, 462 ; cacciati di Roma da
Tiberio, IV, 252; richiamati da
Caligola, 322; potenti sotto Tra-
iano, 622.
Itacesie (Brace, Prace e Torricella),
isole presso le coste del Bruzio, in
faccia a Vibona, I, 300.
Italia, rivoluzioni fisiche del suolo, I,
17; invasioni del mare, 1^^22 ; vul-
cani, 22-oJ ; sc'iperie preist'jriche,
35-19 ; prime trarce dell' nomo ,
47-19 ; ditt'usioue delle prime gen-
ti, 50-52; nomi diversi dati al-
la penisola, 54-56,210; Aborige-
ni, 57 ; diversità delle prime genti
italiche, 58; Liguri, 59-62 ; Sicani
e Siculi, 62-63 ; Umbri, 63-60 ; O-
robi, 66 ; Euganei, 67 ; Veneti, 67-
68; Pelasgi, 69-112; religioni pe-
lasgiche e italiche, 94-98 ; Etruschi,
113-183; principali opinioni sulle
origini italiche e specialmente etru-
Eche, 185-208; Osci, 209, 215-216;
Ausoni, 209-213; Auniuci, 209-210,
214-215; S:, i,,:. ei-;;:5: E^ui, 228-
2311: Er
231-
24I;Sai.i;i' :!,-.; I --., ,"i2,266;
Marsi, 2t.V:l-: i' .-..i. 249-250;
Vestini, 25o--'51 : .M:irrucini, 251-
252 ; Frentani, 252-254 ; Sanniti Ca-
raceni, 255-256 ; Sanniti Pentri, 257-
259; Sanniti Caudini, 259-262; Ir-
pini. 262-266 ; Liguri Corneliani e
Bebiani, 2'i5 ; Campani, 266-283 ;
Sidicini, 283 ; Lucani, 284-296 ; B. u-
zi, 296-:»') ; Magna Grecia e co-
lonie greche in altre regioni ita-
liche . 307-332, 11, 96, 117, 118,
1 «-156 ; Salentini , 1 , 335-340 ;
Messapi, 341-:il7 ; Peucezi, 348-350 ;
Dauni, 350-357; Appuli, 3.57-3.59;
religione e ordinamenti civili de-
gli antichi popoli itaUci , 364-416 ;
le ani in Etruria, 416-449; le scien-
ze, 451-461 ; la storia e la poesia
461-464 ; musica, 464-4G8 ; lingue,
468-189 ; costumi e usi, 489-.521 ;
invasa dai Galli, 884-885 ; sotto Tim-
perio di Roma dall'Alpi allo Stretto
Siculo, II, 256 ; sue condizioni do-
po la conquista romana, 257-258;
ordini e gravami diversi, 271-272 ;
divisa in quattro regioni, 306 ; in-
vasa da Annibale, 336 e segg. ; re-
sta fedele a Roma dopo la batta-
glia del Trasimeno, 355 ; offre aiu-
ti a Scipione per la guerra d'Af-
frica, 409-110; dopo la guerra di
Annibale , 425-127 ; rovinata dai
latifondi. III, 12, 16; invasa dai
Cimbri, 131-135; sue tristi sorti
sotto Roma, 157-159 ; figurata sul-
le monete , 176 ; piena di stragi,
264-269 ; in potere di Cesare, 490-
491 ; travagliata da sedizioni per
opera dei Cesariani, 514 ; terrore
all'arrivo d'Ottavio, 635 ; ruberie
dei suoi soldati, 636; fame e tu-
multi, 637; desolata dalla carestia e
dalla peste, IV, 21 ; sue sorti nelle
guerre civili, 41 ; estesa dallo Stret-
to di Sicilia fino al piede delle Al-
pi, 41 ; scompartita da Augusto in
undici regioni, 41-42 ; governo del-
le regioni, 42 ; tributi, 42-43; spo-
gliata dai coloni imperiali, 43;
la sua forma dipinta nel tempio
della Dea Telliire, 50; vie, 64-
67 ; nei primi anni del governo di
Tiberio 252; rapine di Caligola,
327 ; straziata da Ottone e da Vi-
tiUio, 450; tranquillità ristabiUU
da Vespasiano, 499; pestilenza
sotto l'impero di Tito, 510 ; Adria-
no le rimette i debiti arretrati,
631 ; divisa da lui tra quattro con-
solari. 636; opere pubbliche di
Adriano, 637; e di Antonino Pio,
701; pestilenza, 733; minacciata
dai barbari nordici, 734; difesa
da Marco Aurelio, 735; alla giu-
stizia nelle sue regioni presiedono
cinque giuridici, 738; le condizioni
italiche sotto l'Impero narrate da
G. B. Garzetti, 781; sfoggio di
monumenti e ai miseria, 794 ; pe-
stilenze, 800-801; mal governo,
carestie e spopolamento. 801 ; pub-
blici alimenti ai fanciulli, 801-810;
corruzione, 821-&30.
Italia meridionale, si solleva in fa-
vore di Annibale dopo la batta-
glia di Canne, II, 363; sta con
Roma contro la lega italica. III,
172; disertata da Siila, 266; oc-
cupata da Spartaco, 306.
Italia settentrionale, risponde in par-
te all' appello di Cinna e di Car-
bone, in, 250.
Italica, città dei Pelignì. — Vedi Cor-
flnio.
Italica (presso Sir^iglia), colonia fon-
data da Scipione Affricano, II, 408 ;
vittoria di Metello sopra Irtuleio,
III, 297; resp .- T : r.7i i Var-
rone, 493- v • ' l ■'. IV,
549; rovine _ I ^"nti-
ponce.hi':*-:,' Y . Villano,
624; colmala .11 .i.... uu lui, 655;
che vi ha rufiioio di quinquenna-
le, 671.
Italici, ingrossano la plebe di Roma,
III, 17 ; vien loro offerta la citta-
■ dinanza romana invece della di-
stribuzione delle terre, 66-67, 77 ;
loro triste sorti, 157-159; studi
per avere la cittadinanza romana,
160-161; oppositori alla legge a-
graria, 161 ; tacciati da Roma,
163; cospirano e si armano, 168;
scoppio della rivoluzione, 170 ; le-
ga italica, 171-172; assediano Alba
sul lago Fucino, 180; e Pinna,
181 ; loro \'ittorie e sconfitte, 181-
186 ; chiedono aiuto a Mitridate,
187; sconfitti ad AscoU, 187-190;
1014
INDICE
LAURENTO
\-ÌDti ì Piceni, Vestirli, Peligni,
Marrucini, Marsi. 190 ; nella Cam-
pania e nel Sannio, 191-1^ ; seon-
ritti a Teano si sottomettono, 193-
1!M; si uniscono a Cinna, 209-216;
e poi a Emilio Lepido, 288.
Italico, nipote di Arminio, dato da
Claudio per re ai Cheruschi, IV,
348.
Italioti, tribù pelasgica, I, 72.
Italo, re o duce mitico degli antichis-
simi ItaU, I, 5:^-56.
Itucci , VirtKS Julia (presso Valen-
zuela). colonia nella Spagna Be-
lìca, IV, 60.
Iturei, abitatori di un distretto di Pa-
lestina, vinti da Pompeo, III, 3t9;
condotti da Traiano a ripopolare
la Dacia, IV, 580.
Inlin Anglista Apoìlinafium Reio-
rum {Riez nel dipartimento delle
Basse Alpi), colonia, IV, 5^.
Julia Jieterra. — Vedi Bcterre.
Julia Valentia {Valence), nella Cal-
ila Narbonese , colonia romana,
IV, 53.
lulinm sidus, simbolo dei Cesariani,
III, 649.
luvavo (S(Uisbicrgo)^ nel Nerico, IV,
638.
Ivica , detta Ebuso in antico , isola
presso le coste orientali della Spa-
gna Tarraconese, III, 295.
Ixia o Asia nel Bruzio (Carolei),!. 306.
Izio (porto d') (a Boviogne e secondo
altri a WmfoiO, UI, 439, 440.
Kabbala, attribuita ad Akiba, IV, 684.
Karnak. — Vedi Tebe.
Koch, sue opinioni sulle origini etru-
schi, 1, 204.
Kulumbacz (nella Serma), vestigli
della via Traiana, IV, 568.
Kimri. — Vedi Cimbri.
Labeone. — Vedi Antistio Labeone
e Atinio Labeone.
I.aberio (D.), cavaliere, scrittore di
mimi, HI, 789 ; forzato da Cesare
a rappresentarli sulle scene, 530,
789-790.
Ijilierio Massimo (Manio), governa-
tore nella Mesia, alla prima guer-
ra dacica, IV, 571 ; fa prigioniera
la sorella di Decebalo, 573; pre-
LallicO e" /'•'") ,. ■■ I M ■'. ■' :A:: '-
lonii" ■ 1/ ■ ■ ■' "•
del L:./- I ■-.'-"' : ■ ' -
Roma a : :■.• iv ^l-i I ■ --'liii ur., >■ ;l .
prtfsa (la ( on.il.-ui'j, ^al; cuI.ìihh
romana, 8t^, 860, 11, 267 ; nella
guerra dei Volsci resta fedele a
Roma, 14.
I,.ibieno. — Vedi Azio Labieno.
Labieno (Tito), retore, IV, 185; chia-
mato Rabieni) pel suo «lire rab-
bioso, 186; suoi scritti arsi, 186,
187 ; si seppellisce vivo , 186 ; ri-
messo ili onore da Caligola, colla
licenza di publilicare le sue opere,
318, 8(ri ; sua Storia delle guerre
civili, 918.
Lacedemoni, premiati da Augusto per
le accoglienze fatte a Livia, IV,
61. — Vedi anche Spartani.
I«icero, ingegnere, costruisce il gran
ponte sul Tttgo, IV, 610.
Lacinio (Capo delle Colonne), pro-
montorio nella Magna Grecia pres-
. so Crotone, I, Z\&^
Lacone (Cornelio), favorito di Galba,
suo governo, IV, 432 ; osteggia
l'adozione di Ottone, 433 ; esiliato
e ucciso, 439.
Lacone Greciuo, prefetto delle guar-
die notturne, IV, 302.
Lafrenio (T.), duce degh Italici rivol-
tati, 111, 175 ; mette in rotta Pom-
peo Strabone, 183; ucciso a Fermo
in battaglia, 185.
Lagaria (a Nogara o a Castrovilla-
r>), città della Magna Grecia, 1,
322.
Laguna di Venezia, sua estensione in
antico, I, 21.
Lamaco, nella spedizione degli Ate-
niesi contro Siracusa, li, 164.
Lambaesa o Lambaese ( Lambessa
nella proìincia & Costnntina) ,
città della Numidia, iscrizioni, pre-
torio, acquidotti e altre rovine ro-
mane, IV, 655-636; opere pubbli-
che di Antonino Pio, 701.
Laraeto (Laniato), fiume nel Bruzio,
I, 297, 298.
Lamezia [Santa Eufemia), nel Bru-
zio, I, 298.
Lamezio [Capo Suvero), promonto-
Larnia iZititni'), in Tessaglia, difesa
dagli Etoli, lì, 447.
L,amie (tre), altare nel Vallo di Adria-
no, IV, 6.52.
Lainpete {Capo Lamantia), promon-
torio nel Bruzio, 1, 298.
Lampezia o Clampezia, nel Bruzio,
I, 298.
Lamponio (M.), lucano, duce degli
Italici rivoltati, HI, 175; con-e vit-
tnric.so hi Lucania e l'Apulia, 181;
tu' I 'Il - ip're il giovine Ma-
Laii I \ ir.itocle e sposa di
L:ui' I I II, ^iii.ndo), dimostra
I . ' I .iiitica storia Ro-
Lai,. . i|i.,i.- . 1^ mei', iberiche e a-
Laugubardi , tiil)U germanica sulle
sponde dell'Elba, sottomessi da Ti-
berio, IV. 221.
Lancùlirifa (»]\r foci del Togo), città
ili I 111' lini, assediata e liberata
.il - .1 1 ili. ■,>'.)4.
Lann.i ', '■ / "(/«'a), nel Lazio,
si ilr-i i-.,.i ,t , (l:i Diomede, 1, 351 ;
rovine. 54:j; la guerra a Roma a
favore dei Tarquinii, 631 ; Cammino
vi vince i Volsci, II, 13; si rivolta
I intro Roma, 14 ; riceve la citta-
1 Hill, a senza voto nelle assem-
^|| municipio con suft'ragio,
J i I it u re, 31 1 ; uccisione di Clo-
1 111. 472; culto di Antinoo,
l\ '.;•' |iiln,i .11 Al, I., nino Pio,
mi: 11 .li;, :■'! ■. n|,ii, 701.
LaiL'i I ,i_ , 1 ì, -lilla liii-
Lairi;,',,,,,',^), u'uu.c 1,1 Lu, .u.ia, I, 288,
2;«.
I-ao [Sralen), città della Lucania, I,
2n3; colonia di Sibari, lì, 96, 118;
i Turii vi sono sconfltti dai Lu-
cani, 169.
Laodicea di Frigia (Eshi JJissar), sul
fiume Lieo, III. 228; consegna
Quinto Oppio a Mitridate. 229 ; an-
fiteatro inaugurato dal padre di
Traiano, IV, S.'iO.
Laodicea di Siria {I.ndihieh), asse-
diata e presa da Cassio, IH, 619;
Kóro e terme di Antonino l'io, IV,
701 ; residenza invernale di L. Ve-
ro, 729.
Larcher, risponde al Levesque sulle
questioni dell'origine di Roma, 1,
648.
Larenzia (Acca), moglie di Faustolo,
I, 571, 572.
Largizioni pubbliche, congiarii, do-
nativi, ai tempi della Repubblica,
m, 18, 72, 75, 101, 528, 537; sotto
l'Impero, IV, 17, 106. 253, 558, 575,
581, 592, 697-698,703, 726, 749, 785,
802.
Lari e Penati, I, 398-400, 738-740 ; sa-
cerdoti dei Lari, IV, 26 : culto ri-
messo in onore da Augusto, 33;
tempio, 192.
Lari Transmarini (tempio dei), II,
603.
Larino, città dei Frentani, rovine, 1,
254.
Larissa, più città e fortezze pelasgi-
che con questo nome, I, 71, 80,
198.
Larissa {Campo delle pietre), nella
Campania, I, 79 ; detta dai Ro-
mani Fòrum Popilii, 269.
Larissa, nella Tessaglia, vittoria di
Perseo su Licinio Crasso, II, 470.
Larunda, madre dei Lari, I, 384, 741.
Larve, in Etruria, I, 400.
Larzio, compagno di Orazio Coclite,
I, 626.
Laferano (Plauzio), console designa-
to, congiura contro Nerone, IV,
406 ; scoperto, 407 ; sua morte, 409.
Latifondi, rovina d'Italia, I, 797, III,
10, 12, 16.
Latine (ferie), sul monte Albano, I,
413, 535, .547-548.
Latini, discendono dagli Osci, I, 217 ;
col nome di Aborigeni, e di Casci,
e di Prisci Latini prendono stan-
za sulle rive del Tevere, .527-528 ;
loro confederazioni, 535; si aduna-
vano nella selva di Ferentino, 542,
599 ; sconfìtti da Anco Marzio, 595 ;
e da Tarquinio Prisco, .599 ; lega
latina, 604; resa più stretta da
Tarquinio il Superbo, 611; si ac-
cordano per rimetterlo in trono,
630-631 ; e sono sconfìtti al lago
Regino, 630-633 ; coi Sabini ed E-
truschi danno origine a Roma,
690; trattato con Roma, 772-773;
soccorrono Roma minacciata da-
gli Equi e dai Volsci, 866; e l'aiu-
tano all'iissedio di Veio, 875 ; aiu-
tano i Volsci contro i Romani, II,
12-14: alla battaglia di Pidna,
479; loro arti e sforzi per otte-
nere la cittadinanza romana. III,
160 ; fedeli a Roma durante la
guerra sociale, 178; privilegiati
del diritto dei Quiriti oa Claudio,
IV, 336-3.57.
Latinio Laziare, senatore , sue insi-
die contro Tizio Sabino, IV, 297.
Latino (il re), scompare dopo una
battaglia, I, 582; ed e poscia dei-
ficato col nome di Giove Laziale,
.528 ; suo tempio, 535, 547, 548.
Latomie, carceri scavate nelle rupi
a Siracusa, II, 173-174.
Latrine pubbliche a Roma, IV, 496.
Latriiigi, popoli Sarmati, assaltano
l'Impero, IV, 734.
Laurento (paludi di). III, 207.
Laureiito (presso il casale di Capo-
rott'i). città del Lazio, 1,536-537;
spopolata e riunita a Lavinio, 540 ;
citta vicine ad essa, 542 ; sede dei
primi re del Lazio, 563; fa guerra
a Roma in favore dei Tarquinii,
631 ; ricordata noi trattato di Roma
con Cartagine, 727; dopo la scoii-
DEI NOMI E DELLE COSE.
1015
LAVINIO
LEGGE
LEGGI
futa (Iella lega latina non è punita,
II, 50 ; culonia militare, IV, 43: i-
scrizione ad Antonino ampliatore
della vecchia città, 716 ; villa lau-
rentina di Plinio il Giovane, 943.
Lauro-Laviiiio, comune formato da
Lavinio e da Laurento, 1, 540.
l.auroiie (probabilmente Laury), città
della Spagna Tarraconese, espu-
gnata e incendiata da Sertorio, IH,
297.
Lautule (presso Terracinn), ì Roma-
ni vi sono sconfitti dai Sanniti, li,
67.
Lavico. — Vedi Labico.
Lavinio {Pratica), città del Lazio,
tempio per 1» feste latine ivi presso,
I, 535: metropoli religiosa dH La-
tini, 538-540; sp..p..i-it-> ^ vin-iti
a Laurento, 540; ' i 1 1 .
del Lazio, 565; i i i l;
per ITarquinii, CI | -
riolano, 791: resi-- n i; :;, n
II, 48; ricordi di.\driaii.>, IV, r>:!7.
Lavino, fiume presso Bologna, 111.
606.
Lazi, tribù della popolaJione indigena
abitatrice dei dintonii del Cau-asi.,
hanno un re da Aiit .nino. IV. 711.
Lazio, vulrani spenti I. JO ; sin.ì r..n-
fini. 525-.V26 ; primi nliitafiri. .".27;
tradizioni mitiche, ,")2.S-.531 ; Si.-u-
li. Aborigeni, Osci e Pelasgi. 531 ;
colonia Troiana condotta da Eu.'a,
,532-534 ; confederazioni latine, .53^);
topografia, 536-566; predato d.ii
Sabini, 866; rinnova la sua al-
leanza con Roma, li, 36; studia
di sottrarsi al giogo di essa, 42-
43; lega latina, 4.3-44; vinta al
Vesuvio, 47; a Tritano, 48; e al
fiume Astura, 49; è sottomessa e
sciolta la lega, 49-52 ; disertato
dai Galli, 168; dopo la battaglia di
Canne rimane fedele a Roma, 363 ;
Mario gli chiede aiuti contro Giu-
gurta. III, 115; forma colla Cam-
pania una regione d'Italia, IV,
42; non ha giuridico, 738; mise-
ria e desolazione, 794.
Lesati romani, prepotenti e feroci
an.'he coi socii Italici, III, 1.58:
abuso di questo titolo per viaggia-
re a spese pubbliche combattute)
da Cicerone, 158, 370.
Legati nelle province, IV, 48.
Legazioni libere. III, 158.
Sanniti, II, 8.V87 ; legioni romane :
Fulminata, IV, 744; Italica, 465;
Melitina, 744 ; Rapace, 465 ; si sol-
levano in Pannonia, 244-245 ; e in
Germania 245-246; feroce repres-
sione, 247; ridotte a 25 da Augu-
sto, 78 : come distribuite, 78 ; era-
no 30 nel secondo secolo dell'Im-
pero, 783 ; province dove stanzia-
vano, 783-784.
Legioni d'Oriente, disposte a rivolta,
IV, 461; fanno imperatore Vespa-
siano, 462 ; Traiano ne ristora la
disciplina, 613; corrotte dal lun-
go ozio, 712.
Legioni del Reno, si .sollevano contro
Nerone, IV, 424; e contro Galba,
434 ; marciano alla volta d' Italia,
439 ; danno 1" impero a Vitellio,
440; in anarchia, 476; battute a
Bonna, a Magonza , a Novesio ,
476 ; Ceriale perdona a quelle ri-
bellatesi, 477-478.
Legge agraria. — Vedi Leggi agra-
Legge Appuleia, nvaiestatis, di lesa
maestà della Repubblica, UI, 146.
Legge Afernia, de multa, sulle mul-
te, 830.
Legge Aurelia, indiciaria , riforma-
ta da Augusto, IV, 31.
Legge (la prima), contro le brighe
patrizie nelle elezioni, 1, 864.
Legge Calpurnia, derepetvndis,sìi\\e
concussioni dei magistrati , Il ,
554.
Legge Canuleia, sui connubii tra pa-
trizi e plebei, I, 854-855.
Legge Cassia, tabellaria , sul voto
segreto nei giudizi popolari, III,
Legge Cincia, de donis
bus, vietante ogni sorte di rimu-
nerazione ai patrocinatori delle
cause. II, 558.
Ton-jn ni'ia. svmtuftria , estesa a
'-- . 1 l'Mia, II, 576.
! I' : i. contro chi lasci la ple-
I tribuni, e tolga di mezzo
: -li|' 11 i al popolo, I, 840.
Leg-e Fannia, svmtua>-ia, per fre-
nare le spese soverchie dei con-
viti a Roma, II, 576.
Legge frumentaria di Caio Gracco,
III, 75.
Legge Gabinia, tabellaria , dei voti
scritti su tavolette per la elezione
dei magistrati. III, .59.
Legge Geronica, del re Gerone di Si-
racusa. II, 373.
Legare Giulia, de ciritaU^ socinrum,
sulla cittadinanza agli Italici al-
leati rimasti fedeli. III, 186, 194.
Legge Giulia, de maritandis ordi-
nibv.s, IV, 36.
Legge Giulia municipale, IV, 786-787.
Legge Icilia, de Aventino publican-
do, I, 830.
Legge di maestà, sotto la Repubblica,
III, 146, 273, IV, 278; di Cesare,
III, 538; sotto Augusto, IV, 21,
184; sotto Tiberio, 278; abolita da
Tito. 509; e da Traiano, 559.
Leggo di Mario, per impedire la sol-
lecitazione dei suffragi. III, 101.
Leggo Menia, contro il veto delle
curie patrizie nelle elezioni, II, 31,
280.
Legge municipale di Malaga, IV, 785-
Legse municipale di Salpensa, IV,
'783-787.
Leggo Ogulnia, per la elezione dei
plebei al pontitìcato e all'augu-
r.ato, II, 280.
Legge Oppia, sumtuaHa, a limita-
zione del lusso muliebre, II, 371 ;
abolita, 583-585.
Legge Orchia, sumtuaria, per limi-
tare il lusso delle mense, e il nu-
mero dei convitati, II, 576.
Legge Papia Poppea, contro i celibi,
IV, 36-38, 140, 356.
Legge Papiriae gius civile Papiriano,
fe un'impostura, I, 720.
Legge Pedia, contro gU uccisori di
Cesare, III, 604.
Legge Petelia, de a>nbitu , contro i
plebei concorrenti al consolato,
II, 28.
Legge Petronia, a protezione degli
schiavi, IV, 376.
Legge Plauzia, de ri, contro chi
turbi con armi l'ordine pubblico,
IH, 201.
Log-e Publilia (del tribuno Publilio
Vulerone), per la elezione dei tri-
buni e degli edili plebei nell'as-
somhloa delle tribù, I, 787, 812-814.
Leggo regia, de iinperio principis,
tenuta come titolo legale del po-
tere assoluto, IV, 23-W. — Conf.
IV, 473, 474 in nota.
Legge Scantinia , contro le libidini
infami, IV, 521.
Legge Sempronia, de capite civium,
(di C. Sempronio Gracco), violata
colla condanna dei seguaci di Ca-
tilina, HI, 385.
Legge Servilia, iudiciaria, (di Ser-
vino Cepione), IH, 145.
Legge Terentilla, chiedente leggi
scritte e uguali per tutti, 1, 822,
824, 830-831.
Legge Toria, sull'agro pubblico. III,
102.
Legge Trebonia, chiude le porte del
tribunato ai patrizi, I, 8o4.
Lesge Valeria (di L. Valerio Fiacco),
sui debiti. III, 221.
Legge Voconia , suU' eredità delle
donne, intesa a impedire che in
loro mano si accumulassero molte
ricchezze, II, 581, 582.
Leggi, a Roma erano ignote ai plebei
e non uguali per "tutti, 1, 822;
esposte nel Fòro le antiche ritro-
vate dopo l'incendio dei Galli, II,
11-12; commentate da Cicerone,
IH, 731.
Leggi agrarie, loro indole, I, 799-800;
Spurio Cassio ucciso per esse, 1,
802; vane promesse del Senato,
803; vane e pericolose domande di
altri, 806, 812 ; divisione dell' A-
ventino, 830 ; contrasti violenti,
864 ; limitazioni al possesso del-
l'agro pubblico, II, 22-24, 29 ; legge
di Tiberio Gracco, III, 49-,52 : ótte-
iHila ruUa violenza, 53; ostacoli
all'esecuzione, 54: eseguita con
mirabili eH'elti , 60; contrastata
dai soci Italici e lasciata sospesa,
61, 66-67: riconfermata da Caio
Gracco, 72 : distrutta dalla reazio-
ne dei nobili, 102; rimessa in cam-
po dal tribuno L. Filippo, 147; leg-
ge agraria proposta da Rullo, 367-
369 ; e da Flavio, 404 ; legge agra-
ria di Cesare, 408-410, 465.
Leggi Cornelie (di Siila), 'inaiestatis ,
Ut, 273, 461 ; sulle elezioni dei pon-
telìci, 273, 360; de iùdiciis, de
iniv.riis, numaria, de repetun-
dis, de sicariis, testamentaria o
de falsis, de renefìciis, 271-274.
Leggi delle XII Tavole t, 369, 653,
654. 83.3-8.36; loro origine greca o
romana, 842-844: principio e fon-
damento a tutta la civile giuri-
sprudenza, 845-853: non pare che
punissero le ingiurie dette in giu-
dizio, UI, 709.
Leggi di Caio Gracco, III, 71-72.
Leggi Licinie, sui debiti, sul possesso
dei beni pubblici, e sulla dignità
del consolato da accordare ai ple-
bei, II, 21-24, 31, 32, 275, III, 12,
e 48.
Leggi Manille, per dare pieni poteri
a Pompeo, e per la confusione dei
suffragi! nelle elezioni, de cmifu-
sione stifTragiorum o de liberti-
noruni stiffragH.i, HI, 343, 355.
I^eggi Orazie Valerle, I, 840.
Leggi Ortensie, a conferma di tutti
i diritti conquistati dal popolo,
li, 280.
Leggi Porcie, de capite ciriuni, vie-
tanti di battere e di uccidere i
cittadini romani, II, .5.57-558; vio-
late nella condanna dei Catilinarii,
IH, 385.
Leggi Publilie (di Q. PubliUo Filone),
sui plebisciti, e sul veto dei comizi
curiati, II, 30. 280, HI, 272, 284.
Leggi regie, 1, 719-720.
lieggi rodianfl. — Vedi Leggi d'Au-
gusto.
1016
INDICE
LEGGI
LICINIO
Leffoi sacre di Anco Marzio, I, 595.
Le^li Sulpicie, DI, 204-206; aboUte,
207 • China propone che siano ri-
messe in vigore, 208
Legsi suntuarie, U, Sii, 5/b, 5aj-D»o,
Leo'-'i'a tutela della vita e della li-
"bertà, n, 30.
Le-gi di Cesare, in, 408-411,494-495,
Leg.'i di Adnano, IV, 671-673.
Lejrgi di Antonino Pio, IV, 707.
Le<"»i d' Augusto , a sostegno del
"principato, IV, 29-30; sulla pro-
prietà territoriale, 51 ; per l'ordi-
namento d'Italia, di Roma e delle
Srovince, 41 e segg. ; le leggi
iane sul commercio rese - ■•'
a tutto l'Impero, 209.
Leggi di Marco Aurelio, IV, 733,
737-740.
Leggi di Domiziano, IV, 521.
Lelgi di Nerone, IV, 37J-37C.
Leggi di Nerva, IV, 548.
Leggi di "■' '' "' """
Le?Si d^ , .,
Leggi di Vespasiano, per la nfonna
dei costumi, IV, 505.
Legnami da costruzione nel Ponto,
IV, 207.
Leida. — Vedi Lugduno dei Batavi.
Leliano Ponzio, IV, 712.
Lelio (Caio), legato e amico di P. Sci-
pione, comanda in Ispagna la flot-
ta, II. 406 ; alla espugnazione di Car-
tagena, 406-407. porta a Roma
le novelle della vittoria, 407; ri-
torna di Spagna a Roma con Sci-
pione, 408; va con lui alla guerra
di Affrica. 413.
Lelio (Caio), detto il Sapiente, figlio
del precedente, nella terza guerra
punica combatte alla presa del
rampo e della città di Neferi, II,
518; entra nel Cotone, 518; fami-
liarissimo di .Scipione Emiliano ,
651. 652; meditò di riparare al
soverchio crescer dei servi, III, 44 ;
arguto oratore, 693-694.
Lemano [Lago di Ginevra), III, 92,
95, 123.
Lemno {Stilimene), una delle più
grandi isole del mare Egeo, \itto-
ria di LucuUo su Mitridate, III, 339.
Lemuri, in Etruria, 1, 400.
Lenoni, lì, .596, IV, 673.
Lenormant, sue opinioni sulla ci\i!tà
etrusca, I, 118.
Lentulo (un), tiene a Capua scuola e
deposito di gladiatori. III, 304.
Leone, simbolo dei Pompeiani. HI, 648.
Leone di Cheronea, III, 241-242.
L«oni, portati a Roma dalle navi
d'Egitto, IV. 206.
Leontini {Lentini), sede dei Siculi,
II, 107: colonia greca, 118, 119,
128; sotto il tiranno Panezio, 158;
assalita dai Siracusani chiede aiuto
agli Ateniesi, 163-164 : Dionisio ne
trasporta gli abitatori a Siracusa,
166; Tiraoleone la libera dai ti-
ranni, 180; si dà a Pirro, 200;
Botto Gerone Secondo, 208 ; presa
da Claudio Marcello, 375.
Leopardi, portati d'Egitto a Roma,
IV, 206.
Lepido (Larcio), all'assedio di Geru-
salemme, IV, 482.
Lepsius (Riccardo), suo opinioni sulle
origini italiche. I, 196-201.
Lepti (la Piccola), colonia fenicia, al-
leata di Cartagine, II. 327, 507;
vi sbarra Annibale, 420; accuglic
G. Cesare, III, 518; e gli paga
una imposizione, .526.
Lesbia, cantata da Catullo, HI, 803,
812, 813 ; il suo vero nome era
Clodia, 806.
Lesbo (detta poi Mitilene o Meteìino
dal nome della città principale),
isola del mare Egeo , presso la
costa della Misia, IV, 260.
Letizia, dea, IV, 764.
Leto, prefetto dei pretoriani, desti-
nato a morte , congiura contro
Commodo, IV, 779.
Letorio, tribuno, forte aiutatore alla
legge di Publilio Volerone, I, 813.
Letorio (P.), amico di Caio Gracco,
sua morte. III, 83.
Letti funebri, I, 429.
Lettiga, IV, 620, 821.
Lettine, fratello di Dionisio tiranno
di Siracusa, accoglie i Turii scon-
fitti, 11, 170.
Leuca (cajio di). —Vedi lapigio, pro-
montorio.
Lcuca (Santa Maria di Letica), nei
Campi Salentini, I, 338, 339.
Leucade {Santa Maìir-a), presa d'as-
salto da L. Quinzio Flaminio, II,
437 ; presa da Agrippa prima della
battaglia di Azzio, lU, 676.
Lence, città presso Smirne, II, 538;
assediata, 538-539.
Leucoperta, all'entrata dell'Istmo di
Corinto, L. Mummio vince ivi Dieo,
II, 497-498.
Leucopetra {Punta della saetta), pro-
montorio del Bruzio, 1 , 305, III ,
Leucosia {Tsola Piana), presso le
coste di Lucania, all'estremità me-
ridionale del Golfo di Pesto, I, 291-
lieucotea, dea protettrice di Pyrgi,
I, 389.
Leutarnia {Aldibonaf), citta della
Magna Grecia, I, 321.
Leuternia (presso il Capo di Leuca),
spiaggia, I, 339.
Levesque (Pietro Carlo), sostiene l'in-
certezza dell'orìgine di Roma come
fe narrata dagli storici antichi,
I, 648.
Ijevio, scrittore di versi, IH, 790.
Libano, monte di Siria, 111, 349, IV,
373 ; iscrizioni di Adriano, IV, 665.
Liberali (solennità), in onore di Libero
o Bacco, HI, 531.
Libero Padre, 1, 512.
Libertà, tempio, lU, 44, 419, 533.
Libertà pubblica , monumenti , IV,
304-305.
Liberta di parola, sotto Tiberio, IV,
25.-)-2.5fi.
Liberti, finii,,.) ;■ .ìjMtn. III. 17;
potenti ^ n , r; , ,,ii .. IV, 342-344,
349; r^' ì N.n.iie,37i;.
Libia, abla; _ i , II, \**\\
respiiiL'e s, : t ri . ili. :\'A\ aiuia
Antonio contro ott.ivio, HI, 675;
vi approda Antonio, 079 ; marmi ,
IV, 206.
Libia Cirenaica , stragi fattevi dai
Giudei, IV, 618.
Libico (mare), Pompeo lo libera dai
pirati. 111, 3:J3.
Libisusa, detta FOroaugustana (pi-esso
Cuen/;a), nella Spagna Tarracone-
se, IV, .59.
Libitina (tesoro dì), I, 708.
Libri acherontici, degli Etruschi, 1,
403, 510.
Libri aruspicìni, 1, 403.
Libri augurali, 1, 748.
Libri fatali, I, 403.
Libri fulgurali, 1, 403, 406.
Libri reconditi. I, 403.
Libri rituad, degli Eiruschi.l I, 366,
372-373.
Libri sibillini a Roma, I, 615, 749, 732 ;
si decreta che siano custoditi da
dieci persone, la metà delle qu<ali
plebea, li, 24 ; consultati al mo-
mento della sollevazione dei Galli,
249; loro responsi in altre occa-
sioni. 293, 451, .594, IH, 547; con-
servati da Augusto nel tempio
d'Apollo, IV. 32.
Libri tag«tici, I, 403.
Libumi, tribù dell'Illirico settentrio-
nale , loro scorrerie in Italia, I,
216 ; vinti da Ottavio, IH, 667.
Laburno (/<? Serre), monte dei Fren-
tani, I, 254.
Licaonia, provincia dell'Asia Minore,
data ad Eumene U di Pergamo ,
II, 4.52 ; con la Galazia forma una
provincia, IV, 782.
Licia, sulle coste meridionali dell'Asia
Minore , una parte è data ad Eu-
mene Il di Perg.imo, l'altra ai Ro-
diani, II, 452 ; che poi debbono ri-
tirarne i presidii, 492 ; ottiene pri-
vilegii per la sua fedeltà a Roma,
HI, 248 ; sottomessa da Bruto, 621;
spogliata della libertà da Claudio,
IV, 348 ; e da Vespasiano, 495 ; vi-
sitata da Traiano, 613 ; provincia
con la Panfilia , 782 ; manda a
Roma il suo croco, 207.
Licinia, moglie di Caio Gracco, spo-
sliata della sua dote, HI, 84.
Liciuii, famiglia etrusca di Arezzo,
I, 484.
Licinio , procuratore e ladro della
Gallia, assoluto da Augusto, IV,
Licinio (Caio), tribuno della plebe,
I, 782.
Licinio Calvo (C), poeta e oratore ,
amico di Catullo e nemico di Ce-
sare, UI, 545, 702, 703, 810-811;
suoi epigrammi contro Cesare,
812; sua'morle, 813.
la vittoria di l'idna al -popoli
follato nel Circo, II, 480.
Licinio Crasso (Lucio), oratore, amico
d.l poeta Lucilio, II, 652 ; accusa
C. Papirio Carbone, HI, 84 ; so-
stiene la legge Servilia intesa a
remiere al Senato la potestà giu-
diziaria, 145; console, ordina un
sindacato sulla cittadinanza, 163;
censore, combatte l'insegnamento
dei retori, 695; sommo oratore,
lodato da Cicerone, 699-700; so-
stenitore e combattitore delle me-
desime cose, 707 ; invettive e sar-
casmi, severità e urbanità, 710;
sua splendida casa sul Palatino,
IV, 196 ; suo motto contro Gn. Eno-
baibo, 378.
Licinio Crasso (M.), triumviro, sue
grandi ricchezze, IH, 11-12; si uni-
sce a Siila, 251 ; ecombattc contro
i Mariani sotto le mura di Roma,
2.30; la sua gr,inde fortuna comin-
ciata coi beni dei proscritti da Siila,
2*53; pretore, comanda nella guerra
contro Spartaco, e lo vince e lo uc-
cide, 308-310; fa crocifiggere sei-
mila gladiatori, 310 ; nominato coii-
.sole, 310; triumviro, sua indole,
31.3-311; ; cospira per uccidere il
Sennto e i consoli, 356 ; contrasta
.ill'el.v.ione di Cicerone al conso-
l.ito, :iGt;; nominato tra i complici
(li Catilina, 375; avvisa Cicerone
che la sua vita corre pericolo, 378 ;
Ci -erone impedisce che si proceda
contro di lui per la congiura, 383;
sua complicità con Catilina, 389-
3!K) ; fe uno dei buoni di Roma, 393 ;
dà malleveria ai creditori di Ce- ,'
sare, 379 ; si allontana da Roma
DEI NOMI E DELLE COSE.
1017
LICINIO
LICINIO
LIPSIO
tc'inenclo l'iirrivo di Pompeo, '.i'.l' \
si fa sotteiiiture ili Clodio, 404;
primo triumvirato con Cesare e
l'ompeo, 405-406; va alle coufe-
ronze di Luca, 4G3 ; fatto console,
403; prende per sua provincia la
Siria, 464 ; va allaguen-a dei Parti,
464 ; e scoiilitto e ucciso, 465-4G6.
Lii-inio Crasso (M.), vince, la Mesia,
IV, Sr,; trionfa dei Daci, 567.
Lieiiiio Crasso (Pul)lio) , console, è
vinto da Perseo a Larissa e ri-
tìnta la paee, li, 470-471 ; deruba
le città di Ueozia, 472, 552.
Licinio Crasso (P.), nella guerra so-
ciale, III, 178; vinto da Lamponio
a Grumento, 181 ; trucidato nella
proscrizione di Mario e di Cinna,
217.
Licinio Crasso (P.), figlio del trium-
viro, legato di Cesare nelle Gallie,
sottomette l'Armorica, III. 4:55;
vince e sottomette gli Iberi d'Aqui-
tania, 430; vinto dai Parti si fa
uccidere, 4C4.
50;
Gracco, IH. 1^ ■ Ini ih
secuzioiie ^i' !i i
console (i;-' i \iislonico,
e vinto e- •■ l'tnti. |.r,_'i sita uc-
cidere, lì, .'.:ìs-:,:_!:i . rieiM, eloquente,
dotto di leggi, 53!(.
I.ieinio Imhriee, poeta comico, lì, 645.
Licinio LucuUo (L.), avo del vincitore
di Mitridate, console (603), va in
Spagna, fa guerra senza decreto
del Senato ai Vaccei, e da vero
ladrone, contro i patti, uccide gli
aliitatori di Cauca, II, 525-526, 555.
Lieiiiio LuoMllii (L.). tìglio del feroe<.
ladrone di Sp:i^'na, pretore, prende
pania, IH, Vii: mandatola Sicilia
vince gli schiavi a Scirtea, 141-142 ;
non riesce a prender Triocala, la-
scia la Sicilia, ed è condannato a
vma multa, 142.
Licinio LucuUo (Lucio), legato e am-
miraglio di Siila, i; spedito di Gre-
cia a Rodi e in Egitto a procac-
ciare una llotfa, IH. 230, 244; vince
le navi .li Ali-, '. ..-, :il; rifiuta
di aiut.M- 1 ,t:i, Mitri-
date, 2r. : I r. - ,1 i in Asia,
247: dM,,o /li: ,,-i.;atn di
ra, 248; l'i : i irl...n ;. 1' •■ ii - •
chiesti sm, , : I i,_i'
e studi - . :l- - i; ' - >■
mandato r M : ;; , .;;o , li-
bera Ca!' ■ i : :. da, 3:3'.;;
vince e I ;_ M ' a Cizico,
3.38; aJtp 'i '1 [-■'• maree
per terr.i, :;:;--;;:', i.i.tte freno
alle estorsioni dei publdicani, 340 ;
vince Tigrane re di Armenia, 340 ;
occupa Tigranocerta, 341 ; vince
di nuovo Tigrane ed espugna Ni-
sibi, 341-342; ripassa T Eu/rate,
342; rivolta nel suo campo, 342;
è richiamato a Roma, 343; suo
iiieontro a Danala con Pompeo, 3 14 ;
ero, 769.
Licinio liucullo (M.), fratello di Lucio,
si unisce a Siila, IH, 251 ; vince i
Mariani a Piacenza, 257.
Licinio Macro (C), tribuno, eccita il
popolo a richiedere gli antichi di-
ritti, 111, 317 ; scrittore della sto-
ria di Roma I, 638, III, 767.
Licinio Mudano (C), uomo molle e
forte a seconda ilei casi. IV, 461 ;
eccita Vespisi in- i i»; ;p1 r l'im-
pero, 462 ; ] ' I t urbe
in Antioehi I I !) M Italia
contro Vitelli . [ . : i . i 'n le in-
segne trioni II 1,1 _iiifac-
475; faciHl.r
Primo, 47". ; u
Galli sollevali,
e impedisce a
starsi ali'eser
arriva a Lione
iziano di acco-
478-179; va a
Brindisi ad incontrare Vespasiano,
489 ; vende la giustizia, 496 ; tur-
pemente vizioso, 503; modi arro-
ganti con Vespasiano, 504 ; descri-
zione del suo viaggio in Oriente,
921 ; fa compilare per le biblio-
teche un estratto degli atti pub-
blici, !«1.
cinio Murena (Lucio) , legato di
Siila, vince Archelao ad Atene, III,
236 ; combatte intrepidamente a
Cheronea, 240, lasciato da Siila al
governo dell'Asia romana, 248;
assale Mitridate, 335, 339.
cinio Murena (L.), figlio del prece-
dente, console (692), ìli, 376 ; salva
Catone dalla folla infuriata ai co-
mizii, 396.
icinio Murena (A.), detto Terenzio
Varrone Murena per causa di ado-
zione, sottomette i Salassi (Val
d'Aosta), IV, 89; ucciso per trama
contro la vita di Augusto, 107.
icinio Nerva (Publio), pretore, ri-
mette in libertà molti schiavi -n
Sicilia, III, 13S; vince Dario capo
di essi, 138; vinto al monte Ca-
priauo, 138-139; e a Morganzia,
139.
icinio Proculo, prefetto dei preto-
riani , muove alla guerra contro
Yitellio, IV. 444 ; fomenta la ge-
losia fra i capi, 446:, \^^ol dar
giornata campale ai Vitelliani,
447 ; si salva sostenendo di aver
tradito Ottone, 451.
icinio Stolone (Caio), tribuno, ir, 20;
propone le lei.'gi sui debi '
beni dello Str"- - -"- -
lilla elezione
?ge
Orobii, 1, 66-67.
Licisco, capo degli Etoli partigiani
di Roma, II, 485.
Lieo (Tchorouk Sou), fiume di Fri-
gia, IV, 551.
Licorta, amico di Filopemene, II, 464 ;
padre dello storico Polibio, 605.
Lieto, una delle più notevoli città del-
l'isola di Creta, espugnata, IH, 332.
Lidia, regione ii.ll:i p:irt.- occiden-
tale dell'Asi;i Minore, sr.l,- primi-
tiva degli Ktiii-rhi. I, 111-119; fa
parte della provincia d'.Vsia, li ,
.539.
Ligario (Q.), pompeiano, esiliato da
Cesare e difeso da Cicerone, III,
553 ; congiura contro Cesare, 553.
Ligdo , eimuco , porge il veleno a
Druso figlio di Tiberio, IV, 286.
Ligeri [Lnire), fiume della Gallia
Lugdunesc, 111, 4:J5.
Liguria, considerata da Roma come
p.aese straniero. II, 272 ; Magone
vi si trattiene due anni per muo-
vere contro Roma, 418 ; una delle
regioni d'Italia sotto Augusto, IV,
42; disertata dalla flotta di Ottone,
445, 450 ; riunita coH'Emilia sotto
un solo giuridico, 738.
Liguri, loro origine e terre da essi
occupate, 1, 59-62; i-espinti al dì
là drlli \l i^i;, iLmlIi i:in,s,-lii ,
12S; l.. , ii:-i;-; vinti
da l'^ii, . M ,,, • Il Ji: ■ lioma
con I, I i, . >.-,i,i.i , l 'i , ■• n/.a,
invadono 1' l.iiai.,É. ,; .i;,;„ iliaiio
Pisa , 4.5S ; loro prodigiosa resi-
stenza, 4.59-460; alla battaglia di
Pidiia, 479; sulle rive del Rodano
e sulle coste di Provenza, 424.
Liguri Apuani, trasportati nel Sau-
nio, |I, 263.
Liguri Comeliani e Bebiani, I, 265;
loro colonia nel Sannio, II, 460,
IV, 803.
Liguri Oxibii e Deceati , assediano
Nicea e Antipoli, 111, 91 ; vinti dai
Romani, 91.
Liguri Taurini, IV, 96.
Ligustino, della tribù Crustumiiiia,
sua povertà, III, 10.
Lilibeo (Marsala), resiste a Pirro. II,
200; sede dei Cartaginesi, 217; e
assediata e bloccata dai Romani,
228-235 : assediata da Atenione re
degli schiavi. III, 140; vi sbarca
Lepido, 054.
IJmosano (tra Campobasso e Tre-
vento), iscrizione ad Antonino, IV,
Linfa, divinità, I, 490.
Linguri
Lingua
Lingu.i
c^llo ..tn.ho .1,1 ^ix.o.l.weiic più
eulta ed elegante, II, 6U5.
Lingua dei Liguri, I, 477-478.
Linsjua dei Messapii, I, 341, 478.
l.iii-ua osca. 1. 477, 485-489, 531.
I.iii.ii I ,1. 1 1'. l.issi. I, 475.
I - . I I I. I. 488.
I _ .^ , - nini, l, 487-48,<«.
I,:.,_iri. - i!,s ,'it:i, 1, 469-471.
Lingua degli Umbri, 'L 476-477; ap-
partiene agli idiomi di famiglia
osca, 485.
Lingua dei Veneti, 477.
Lingua volsca, I, 485.
Lìngue indo-europee, I, 469-470, 485 ;
ad esse vien riferito l'etrusco, I.
482.
' Lingue italiche, I, 468, 471-475 , 488-
489.
• làno, portato a Roma dalle navi d'E-
gitto, IV, 206.
' Lione. — Vedi Lugduno.
i Lipari, isola, Cornelio Scipione vuol
sorprenderla ed 6 fatto prigionie-
I ro, li, 215 ; scontro navale dei Ro-
mani coi Cartaginesi, 217; presa
dai Romani, 223, 224. — Vedi Eolie,
Vannucci — Storia dell' Italia antica — IV.
1018
INDICE
LIRI
LIVIO
LUCILIO
I.iii lOnrialiano), fiume, I, 213-2H,
23-2, 268, HI, 210, 727, 728, IV,
aw vittoria degli Italici su L. Ru-
tilio Lupo, III, 182.
Liside, discepolo di Pitajrora, autore
dei Versi ni' rei, II, 147-148; edu-
catore di Epaminonda 153.
Ijsimachia (Papndhates) c,tta. dE-
tolia, data ad Eumene II di Per-
Lisi^Sè. Uberta, concubina di An-
tonino Pio, IV, 705. ,„.,..
I.isso [Alessio o Lescì>),cM^ d Illiria
alle Foci del Drilo (Drm), II, 248.
Lisso, in Affrica, colonia romana.
Liste.' neTpaese dei Sabini, metropoli
dei Pelassi Aborigeni, 1 77. ,8.
I ;t .,.,>. ( ' ' • (nmpania. 1,
20^ ,;.„■- ,.,:-:■:.. 11, 207,427;
Senipr.n,i.. Orar.-., vi pone il cani-
no 360: vi muore in volontario
é'silin Scipione Affricano, 562 : pre-
sa dagli Italici. Ili, 181; colonia
militare, IV, 43.
Littori, d-origine etrusca, I, C93 ; ar-
mati di fasci, 83.). . • ■■
Liverogno. in Val d'Aosta, ruderi di
mi P' ut- r-.in-i'i.. TV. '1K
Livia I':'i :!!■■ '■ '<■■ ''', '"'■'■' '
Ciano, \- .•. 1 .-- • I i 'i • ■
ventf il piiin ' I ,, .'. 1 \ . .1 ■
adorna i t. :. |., ■ , 1: ; •••|-
Viennainnnl ! i musto
un tempio. ::-: : ^^ Augu-
sto ad esser i,,'- n ' ■ '" i- l'.'»'
ricordata nella storia aneddotica
del principe, 183-184 ; sua ambi-
zione. 211-212; scaltrissiraa a dis-
si inulaiv.g. veni. t a sua voglia Au-
.,,1^,., -.] ; . ;I ,i ,1-1 , ' '■ f'cUa
:■..,', ' ■! , ■ I .'■ ■■ : ,n>.rte
d...n;ii:i d.l ii:;lM' l-t- r,... ■:■<
via Dnisilla (p.ii-ti^o di). IV,
via MeduUiua, moglie di Cla
IV, 360.
Viano (Claudio), prefetto, alla j
L'uerra darica. IV, 570; invi
Decebalo, 573.
villa, moglie di Druso figlio f
di fa-
,305.
Livio (Tito), afferma che i Reti tras-
sero la loro origine dagli Etnischi.
1, 120; riferisce, senza voler con-
futarle, le favole poetiche sui prin-
cipii di Roma, 035-637; criticato e
r-.irrelto da Lorenzo Valla, 643;
sue storie. IV. 16.5-166; fonti alle
'luali attinsi , 1, 6K3. IV. 166-167; (■
superat'i da Erodiito per Io spirito
investigatore, 107; narratore im-
pareggiabile, 167-1G8; ripreso di
pritiiiiint,'. 168; considerale cose
li li colo lato della grandezza di
Uoiiin. 160; ha altissima fama an-
■ lii- in vita. 170; libri e frainnienli
rimasti, 170; Suo giudizio sulla
morte di Cicerone, 170-171 ; con-
forta Claudio a scrivere storie, 171,
330; Caligola volle distruggerne
le opere, 324, 865.
Livio Andronico, greco di Taranto,
suoi drammi, lì, 316; suoi inni,
397 ; interpreta ai giovani le opere
greche . 601 ; traduce l'Odissea e
le tragedie greche, 610-611.
Livio Dentre (M.). pontefice, consacra
Decio alla battaglia di Seutino, II.
82.
Livio Druso (M.), tribuno, fa mostra,
per conto del Senato, di vincere
in liberalità Caio Gracco, III. 78-
79 ; console, ricaccia gli Scordisci
al di là del Danubio, e trionfa. 98.
Livio Druso (M.), figlio del preceden-
te, campione degli Italici, III, 163-
165; sue leggi, 165 ; è assassinato.
e le sue leggi sono abolite dai no-
bili, 167.
Livio Dni«- riThllniM (Lucio), pa-
di-eili I : 1- ; ' ,|.i,,r, la rotta
vio Salinature (Marco) , nominato
console, II, 397 ; va nella Gallia
Cisalpina contro Asdrubale, 308;
i-Mi Claudio Nerone lo vince al
\[. i.iiiio, 400-401; e trionfa, 401.
-1. in Grecia, dichiarati liberi,
r), detta Kpizefirii, sulla
dai G:
118; 1,
133; vì;ì
gra, I.
Zaleur,
152; Il
spogli-li
cadul.i
sidial:i
Pirro. 1
dro li-1
Rom.-iiii
roce L'MVii 11- ili I '1 iiiiiii-. 1 l'I- Il I ;
ara Lon-csc 411-112; isrn/,i,.ne
alimentaria, IV, 807.
I.ocride, repubblica, I. 311 ; territo-
rio, 312-315 ; danneggiata da Amil-
care'H.arca, II, 233.
Locusta, avv.'len.itrii'e . prepara un
veleno .i Cl.iuilio imperature, IV,
.372 ; avvelena Britanni. -o, 3S0-:iSl ;
prepara il veleno a Nerone, 42');
ricordata nelle salire di Turno,
897.
Locuzio, dio, I, 800.
Lodi, creJuWdi origine gallica. I,
Lollia Paolina, carica di gennne, frut-
to delle ladronerie del marito, IV,
77 ; Caligola la rapisce al marito,
324; proposta per moglie a Clau-
dio, 366; esiliata e fatta uccidere
da Agrippina, 360.
Lollio, saiHiit.', trilla di ridestare la
LolÌo'(Ì.''l " :■ ;: 1' ' ' i 1 r ' "'Hi
guerr; i: - M/i ■: -^ Mi ;|'i
Lollio (_M.), -■!■ .;l.i:-i..,ii 11 1.I.-,
tulo da essi, 98.
Ldlio rrbi.n (Quinto), nella guiTra
giudai^-a. IV, 685; legalo imperia-
le, reprime la sollevazione in Hri-
tannia. 709 ; costruisce il Vallo di
Antonino, 710.
Londinio (Londra), IV, 397.
Loiigano {Fiume di Santa Lucia o
Piume di Castroreale ?), in Sicilia .
non lungi da Mile, vittoria di Ge-
roiie II isui Marmertini, II, 209.
Longino, comandante di una legione,
preso a tradimento 4a Decebalo,
si uccide. IV. 578.
Longula {Buon Riposo) , città dei
Volsci, I, 2;J7; presa dai Romani,
788 ; ripresa da Coriolano. 791 ;
vittoria dei Romani sui Sanniti.
II, 74-75.
Lorarii, servi destinati a battere gli
altri, UI. 31-32.
Lorio o Laurio {Castel Guido), sulla
via Aurelia a 12 miglia da Roma,
villa di Antonino Pio. IV, 093, 704 ;
che vi mori, 713.
Luca (Lucca), città d'Etruria, colo-
nia, li, 460 ; conferenza dei trium-
viri, III, 403; vi accorrono i citta-
dini Romani a fare la corte a
Cesare, 460.
Lucani, soccorrono Roma nella se-
conda guerra sannilica, II, 57 ; si
uniscono ai Sanniti e sono vinti.
.57-.5S;si uniscono a Dionisio ili
Siracusa contro i Greci. lOi^lOO;
invadono il territorio di Turio e
viin-ono a I.n, 169-170; si impa-
droniscono Ili Pesto, 188; in guer-
ra con Taranto. 188; e con Turio,
180 ; aiutano Taranto contro i Ro-
mani, 191 ; si uniscono a Pirro,
195; vinti dai Romani, 200; e sot-
tomessi, 203; dopo la battaglia di
Canne si uniscono ad Annibale,
303 ; vinti da Sempronio Gracco a
«enevento. 372; multi di loro si
uniscono a Fulvio Fiacco, 394 ; si
uniscono alla lega italica, III, 172 ;
e a Ciniia, 209; e alla parte de-
mocratica romana, 250.
Lucania, regione dell'Italia meridio-
nale, I, 284, 280-296; invasa <lai
Sanniti, li, 70; fa parte di una
delle unilici regioni d'Italia sotto
Augusto, IV, 42; e poi di una
delle quattro sotto Adriano, 636;
ha i-oi Hruzi un giuridico, 73S.
Lucano (M. Amico), poeta, congiura
contro Nerone, IV, 400; scoperto
deminzia la madre. 407; sua mor-
te coraggiosa, 409 ; sua vita, 877 ;
enormi lodi date a Nerone. 878 ;
encomii e censure alla sua Far-
salia, 878-S79; suo ingegno, 879-
880; andamento del poema, 880-
884; pregi e difetti, 884; amore
alla liberta e alla giustizia. 88.V88C.
I, neccio (L.). pregato da Cicerone a
comporre la storia del di lui con-
solato, 111, 392 ; competitore di Ce-
sare al consolato, 407 ; narratore
della guerra sociale, 708.
Laceri, terza tribii romana, I. 667-
608 ; loro ammissione ai diritti
delle altre tribù, 705.
Lucerla (Lucerà), in Apulia. rovine,
1, 355 ; presa dai Romani. II. 00 ;
ripresa dai Sanniti, 60; fc asse-
diala e si arrende, 66; si solleva
ed e ripresa, 07-68; colonia ro-
mana, OS. 207 ; battaglia data ni
84.
Lu.ezio, dio, I, 385.
Lucilio, salva Bruto alla battagli
Filippi, III. 627.
Lucili.) (Caio), di Suessa Auru
DEI NOMI E DELLE COSE.
1019
LUNI
poeta satirico , II , 6.'3fl ; prende
parte alla guerra di Numanzia,
()51; familiare di Scipione Emilia-
no, 651 ; sua vita e sue satire, 052-
656.
Lucilio Balbo (Q), stoico. III, 733.
Lucilio Basso , capo della flotta di
Ravenna, IV, 465.
Lucilla, figlia di Marco Aurelio, sposa
Lucio Vero, IV, 725 ; lo raggiunge
a Efeso, 729; ed è guasta dai co-
stumi di lui, 720 ; falsamente ac-
cusata di aver fatto morire il ma-
rito, 737; moglie di CI. Pompeiano,
7Jr, stiipiat^i da Commodo, 769 ;
.M^piivi routPi di lui, 776; esiliata
:i (■:.pi-i M muMi-e, 776.
Lucili, li-lio di liiulia e di Agrippa,
IV, 214 ; adottato da Augusto, 214 ;
va nelle Gallie e nelle Spagne, 210 ;
muore improvvisamente a Marsi-
na, 219.
Lucrelile (Monte Gemiaró), monte nel
paese dei Sabini al di sopra di li-
voli, I, .527, .501.
Lucrezia, moglie di Lucio Tarquinio
Collatino , oltraggiala si uccide,
I, 616-617, 623, 6132.
Lucrezio, padre di Lucrezia, la ven-
dica, I, 017 ; consiglia Collatino a
dimettersi dall' ullicio di console,
I, 622.
Lucrezio (C), pretore, sue crudeltà a
Calcide, ad Aliarlo e a Tebe, Il ,
472, 552-553.
Lucrezio Caro (Tito), sua vita , III,
704 ; seguace d'Epicuro, 705, 799 ;
il suo poema Della natura delle
IV, 3S5.
Lucrino, porto, IV, 783.
Lucro, dio, II, 310.
I.uridlane. specie di l.am-e, IV, .523.
LucuU.j. — A<ìi I iiii.i I I.n.-uUo.
Lucumoiir. , _ m. ino degli
Etrus.'lM. 11: .0
I.vcus A,ì!i'f' " ' • ;. " ilhi^gio sul-
la costa occideiitale del l.-igo Fuci-
no), antiche rovine, I, 247.
Lucus Augusti (ìhc), nel paese dei
Voconzii nella Gallia Narbonese,
IV. .55.
I.MiIi Mr-;il,nsi, II. .504.
I.lMli .■.iinaiii, lì, :!11.
Ludi s.eiii.-i. 11, 311, 310.
Ludi. — Vedi (tÌuocIiì.
Luerno 0 Luerio, ricchissimo re degli
Arverni, IIL 92.
Lugdunese (Linnese) , provincia , i
presidil parteggiano per Vitellio,
IV, 441.
Lugduno {Lione), nel territorio dei
Segusiani, fondata dal proconsole
Fianco, IV, 53; colonia militare,
Ij3 ; sede dei governatori delle tre
Gallie, 54 ; suo splendore, 54 ; capo
della via delle Alpi Graie, GS, 91 ;
ara di Roma e d'Augusto, 71-73 ;
presidio militare, 78; giuochi cele-
brati ivi da Caligola, 329; luogo
natale di Claudio imperatore, 353 ;
accoglie Valente , 441 ; vi arriva
Mudano con Domiziano, 479.
Lugduno dei Batavi (Leida), IV, 68,
99.
Lu.gduno dei Radunati (Knint-Ber-
Irnnd r!r cvi.,..,i/,,./"<V in Aquita-
nia nrl 1 - ■ - t :.- m:,u. dei Pi-
renei, 1 II.! I : i' '., IIL303.
Luna, a.l-i i : . 1, I, 383; e
a Luni, :,:.•- ' J' , ;il.
Luni, città e porto, emporio princi-
pale degli Etruschi, rovine, I, 128-
130 ; sulla via Emilia, IV, 06.
Lupa romana. II', 311 ; coi gemelli
posta nel Pòro, ora in Campido-
glio , 297-299 ; sforzi degli Italici
perchè il toro sabellico schiacci la
lupa romana. III, 177, 183, 2.58.
Lupazia (Altamura), nella Peucezia,
I, 349.
Lupercali. — Vedi Feste Lupercali.
Lupia (Lecce), detta Licia e prima
Sibari, città della Messapia, I, 342 ;
al suo porto sbarca Ottavio, III,
583.
Lupo, governatore remato in Egitto
vinto dai Giudei, IV, 019.
Luppia (Lippe), fiume di Germania,
tributario del Reno, IV, 101, 221,
220.
Lusio Quieto ( Q.) , condottiero dei
Mauri alla prima guerra dacica,
IV,. 570; premiato, .575; nella guer-
ra d'Oriente riprende Nisibi e in-
cendia Edesfa, IJIS; in Mesopota-
mia fa macello dei (iludei, 020;
va legato augustale in l'alestina,
020 ; congiura contro Adriano, 031 ;
ed è ucciso, 631.
Lusitani (Portoghesi), vincono i Ro-
mani e poscia sono sconfitti , II,
4.55; si sollevano contro i Romani,
526 ; uccidono il pretore Calpur-
nio Pisene e vincono Lucio Mum-
iiiio, .520 1 ciistx-etti alla pace da
Solili il li.il'ii sono divisi e uc-
ri- " .' iiiuano la guerra
e i|.r : . 1 .: ; -, iato, 52S-.5-29; col-
li , HI, 1',.. perdono l'indi-
]' '.'■'. I ."ili . MMin sottomessi, e
•■■■-. ■ Il ,,iill.- iiv.- lini Mediter-
iiilaii.i \'.al.Miz.'i. 5;l ; chia-
il, I-I. lapo 1,1 Si-rtorio, 111,
Z ■-:'■•:,, vuoi ili r-sar.-. 405.
Lusilai.ia li'. /
l.-Ue tre
province il r
r
. 5S ; SI
si.llevaconi
'■,, . 1 :
; ponte
sul Tago iii-ti
r.M .•111
incorso
1 ; strade
i Adria-
Lusso, in Etruria, I, 400-.50I ; a Ro-
ma vietato nei funerali dalle XII
Tavole, 757, 846 ; lusso delle vesti,
delle mense, dei cocchi, ecc., fre-
nato vanamente colle multe dal
censore Catone, li, 560 ; e da al-
tri, 371, 570. Ili, 274, 538, IV, 253,
.503; incredibili eccessi al comin-
ciare dell' impero, 198-199, 818-
810.
Lutazio Catulo (Caio), console, si im-
padroiisce di Drepaiio, li, 235; a
vince i Cartaginesi alle isole Egati,
235, 2^6.
Lutazio C.atulo (Quinto), collega di
Mario nel consolato, abbandona
ai Cimbri la valle dell' -Vdige, III,
131; è raggiunto da Mario, 133;
combatte a Veicelli, 133-134; e
trionfa l'Oli M II 11. I". \itiiniadei
furori di Mi 1 . r m-atore
dotto e Si I 11 ore ele-
gante d,-i II , lii 1 I - .1. solato,
dÌrè"che'M'i
a Pompeo. '■'.■'.. Ili. Ili.. ,1 - -
Manilla, 313. JliIi, .1 il ir.ninu di
Giove Capitolino, 275; culto di let-
tere, parlatore purissimo, integro
e sapiente nel governo civile, 280,
315.
sol"
Lutezi;
I II, ■J3i;-237.
la di Azio L;i-
bieuu ...1. l',u;Sii, lU, 447.
Lutia, citta degli Arevaci nella Spagna
Citeriore o Tarraconese, dà ostaggi
a Scipione Emiliano, II, 535.
Lutorio Prisco, ucciso in carcere pei
suoi versi in una malattia di Dru-
se, IV, 281.
M
Maarbale, comandante della cavalle-
ria di Annibale, II , 334 ; dopo li
battaglia di Canne consiglia Anni-
bale a piombare su Roma, 358-3.50.
Macalla. — Vedi Petelia.
M.acare, re del Bosforo e figlio di Mi-
tridate, chiede l'amicizia di Rom:i,
IH, 310; si uccide, 350.
Macco , maschera delle Atellane , II,
047.
Macedonia, è spodestata da Flaminio,
II , 440 ; regno , confini e popoli,
473 ; percorsa dalle lesioni romane,
475 ; si arrende, 480 ; dichiarata
libera dai Romani e divisa in quat-
Tro 1-1 inf'derazioni, 483-484 ; crudel-
t:i di'i vincitori, 485; in potere di
Anilris- pili di un altro Pseu-
doiiliiiii I , I I-I" lidotta a pre-
disi 1. i;i 1:1 ,. ila Mitridate,
234 ; . Il, I :i 11 I I 1 Antonio e .\1.
Bruto, :,'.!■> . 1 uluuii.- cl'.iugusto, IV,
00 ; strade, 08 ; disegni dei Pan-
noni e Dalmati sopra di essa, 222 ;
infestata dai Daci, .508.
Macella , in Sicilia , presa d" assali 1
da Caie Duilio, II, 210; afforzala
da Atenione re degli schiavi. 111,
143.
Macheronte, fiirlez/a in tiiudea, resi-
ste a Vesp;isi;ii;ii, I\ . ro, -|,ss.
MachiaveUi (Nii ' - : ili nar-
razione di l.i 1 I ■ iiitli'lle
di Roma, 1, oi'i-il-': -i ■ -nnlizii
su Cesare, III, 5c;2.
Macrina (Celia), suo Isi-scito per ali-
mentare i fanciulli di Terraciua,
IV, 800.
Macrino. — V.-iii Alitiin -.
Macrino Vindi' , 1' ■< nitro
i barbari, l\ , 1 1 1 . I3.
Mactorio, dimn 1 •'. . .. n. lou.
Madaura 0 Medaiu.i, . .li.i d. ll;i -Nu-
midia, colonia romana, patria di
Apuleio, IV, 900.
Madre (la grande) dei Numi , nome
dato a Cibele, lì. 594; monumenti
del suo culto, ;595; suo tempio a
Roma, IV, 192; e ad Ercelano, 499.
Madri, dee, nel Vallo di Adriano, IV,
052 ; madri campestri, domestiche,
tramarine, di tutte le genti, 6.52.
Maestro della cavalleria, é ammesso
a questo ufficio un plebeo, II, 31.
MaH'ei (Scipione), suoi studi sulle ori-
gini italiche ed etruschc, I, 188;
sostiene che Roma è più antica di
quello che dicono le storie, C49-
050 ; crede che i Veneti si setto-
,,„.f. ,...,.,.,, a Roma con volontaria
Maghi sabini, I, .■«2-383.
Magia Polla, madre di Virgilio, IV,
Magio (L.), emigrato
1020
INDICE
MAGISTRATI
MAMEBZIO
MARCIO
zia il trattato fra Serforio e Mi-
tridate, III, 300 ; mandato da Ser-
torio come consigliere al re, 335 ,
cliiede e ottiene pace da Lucullo,
■M).
Mag-istrati degli antichi popoli itali-
ci, I, 360-309.
Magistrati romani , ventili e rapaci,
U, 551 ; avviUti da Cesare, III, 536.
Maoistri vicorum, IV, 26-27.
Magna (CM-voran), stazione nel Vallo
ài Adriano, altare alla Fortuna
Augusta, IV, 049; e alla grande
Dea Siria, 652.
Magna Grecia. — Vedi Grecia (Ma-
gna).
Magnesia del Sipilo (Manissa),'m Li-
dia, vittoria dei Romani sopra An-
tio.o r.' di Siria, li, .ItS-tJ'J; ri-
mili.' -i'.. : i, i:. ; : _!■;/:.' uri bas-
MaL'ii"/- , > • : --i -' i'm;i del
"Mi'. :i:.:i'o.;.i. /,-/;.'... ■ ,,i, 11,1 Ionia,
picniiati <■ '.uuruti eia Mila per la
loro fedeltà a Roma, III, 248.
Magneti, in Tessaglia, dichiarati li-
beri, II, 438.
Magone, cartaginese, viene in Sicilia
a combattere Dionisio di Siracusa,
lì, 167.
Magone, cartaginese, suoi libri sull'a-
gricoltura tradotti in latino, II, 325.
Magone, fratello d'Annibale, II, 334 ;
alla battaglia della Trebbia, 342 ;
passa con .\nnibale inEtruria, 341 ;
dopo la vitlóiia di ('amie va a
(■;iri;i-ii- :i ,1, .,..!,,.■ ■liuti, 365;
in 1 |. :. I, r ., l; :• ii-i \\e-
IV .: 1 i. :-• . ' I.i^-iiria,
menti 0 \:i a socrm-rer Cartagine,
41S, 457.
Magone, schiavo di MezioPomposiano,
ucciso, IV, .524.
Magonza. — Vedi Mogoiuiaco.
Mai (Angelo) , scopre e pubblica i
frammenti di Cornelio Frontone ,
IV, 874.
Maiella, monte, fri i P. li-i.i, M.irru-
cini, Kreiitairi ■ - ir i : I -M2.
Maio, dio proti 11 1, . i i... i, :581.
Malara {Mnh: , i , , ,,. aella
.Sp.-i-ns l; I,, , ,;i IV, 61;
Mal.-uii. W' 1 ', .. 1,307.
Malaniu' i^miiui .... : ;i , , .uitagna
PÌSt..ii-se, >.,|.|i !■ , della
battaglia di i . : il! >".
Malchino, fu .i i , , ,jy^._
stonomeUi:i/i i mi i . M. L-.-iiate,
IV, 136.
Maleoto, re dei Pelasgi, I, "9.
Mnlevento. — Vedi Benevento.
Mallio (C), com.indu la rivolta dei
Catiliiiarii in l'in.i; i HI. lìTi;; ha
il suo caiiiiii. i 1Ì70.
Mallo, import.iii' ' il i,i. pa-
tria <lel grunilii ilh ,1 : ,1, II, COI;
ripopolata da l'uiuuro *-in pirati,
111. -.m.
Munirli, lainiglia romana che vanta-
vasi discesa da Num.a, I, .588.
Mainerco Scauro, scrittore di trage-
die, fatto uccidere da Tiberio, IV,
8'i5.
Mamers. — Vedi Marie.
Mamertìni, fieri ladroni, emigrati dal
Sannio e accoMi a Messina, ucci-
dono gli ospiti e s'impadroniscono
d.dla citt.'i, I, 384. 11, 204. 209;
ai.iiaiio U.-ggio, 204 ; vinti da Gi-
ii'ii. ^M...ndii di Siracusa, 209;
••Oli' !■ : ni, 209-210; il
l"i-' 1' : > In. ■■■I a guasto da
Al.-iii n. M- d.-h schiavi, lU, 143.
Mamerzio, Mamcrzia o Mamerta (Op-
pi(l.o), città dei Bruzi, I, 306, 3H4.
Maiiiilio (Ottavio) , dittatore di Tu-
sculo , 1 , 610 ; muove contro Ro-
ma in aiuto di Porsena, 626 ; ec-
cita i Latini a favore di Tarquinio
il Superbo, 630 ; ucciso alla batta-
glia del lago Regino, 632.
Mamilio Limetano (C), tribuno, fa
giudicare coloro che avevano coii-
chiusa la pace con Giugurta, III,
109.
Mamurra, di Formia, favorito di Ce-
sare, sua casa fatta splendida colle
spoglie dei Galli, IV, 197.
Manastabale, figliuolo di Massinissa,
■ U, 508.
Mancia (Elvio), dì Formia, rimprovera
a Pompeo Magno le sue crudeltà,
III, 313.
Mancipium. I, 797.
Mandonìo, capo di tribù in Spagna,
si unisce ai Romani, II, 407.
Mandubii (Còte d'Or), popolo della
Gallia Lugdunese, III, 448.
Manduco, maschera nelle Atellaiie,
II, 647.
Manduria, nel territorio dei Salenti-
ni, rovine. 1, .333 ; presa da Fabio
Massiiu.i, II, 39.-,.
Mani, I, 400, 740. IV, 652.
Mania, dea, madie dei Lari, I, 376,
741.
Manica (mare della), III, 439.
Manilio, poeta degli astri, IV, 133.
Manilio (C), tribuno, propone che
Pompeo sia fficandato contro .Mitri-
date, HI, 343; sua legge sulle ele-
zioni, 354, 335.
Manilio (M.mio) , ciuisulc, parte per
l'Atlrir ,. II. ,-,ii-, l.iitutn dai Car-
tagini- I: . : --. salvato da
Scipi...-. 1 , : ,: . MS.
Mauio, ei-i II li uv ili 1 iiUia alla guer-
ra, l'atto uccidere da Antonio, 111,
643.
ili liberl.-i,
litato dalla
ire, favorevoli
rupe I ;
Manlio (l'Ili. Il .,,
alla plebe, II. 2:;.
Manlio (Tito), pretore di Sardegna,
vince i Sardi e i Cartaginesi, lì,
370.
Manlio Acidino (I-.), vince i Cclliberi
e ne riporta ricca preda , H , 455,
4.76.
Manlio M.-issimi. (Glie..), cnisnle, sua
ininlii-i/l:i '"11 ','. S' rxili'i r.-|iiii:ii-,
IH, l:i-l.'-. . ., 11.. .,.1 \, . ..,:
125-. li;. . . ' . . .1 .. . .1.. l:,,
ManUo 'l ..i .|i ii" { \ > .m ■iii,.ii.i
807. '
Manlio Toniuato (L.) , console, parla
in favore di Calilina accusato di
rapine nell'Affrica, HI, 372.
Manlio Torquato (T.), questore del
console Pausa, HI, 601.
Manlio Toniuato Imperioso (Lucio),
caccia il figlio di casa perché non
facondo, IH, 695.
Manlio Toniuato Imperioso (Tito) ,
console, uccide un Gallo gigante,
li, 33-31 ; prende Priverno, 35 ; si
oppone alle dninaride della li-^^.i
latina, I.-,: iniii.ve .niiln. i Latini,
45; cndaiiiia a nn.rle suo ll^'li..
per aver loiubaltulo contro i siinì
ordini, 46 ; vince i Latini al Vesu-
\iu, 47; e a Tritano, 48; durezza
dei suoi comandi, 284.
Manlio Vulsone (G.), console, inviato
nell'Asia Minore, li, 450-rl51 ; per-
corre la Panlilia, la Pisidia e la
Frigia, 451 ; vince i Calati , 451 ;
trionfa, 452; dopo aver fatto la
guerra senza decreto del Senato,
555.
Manlio Vulsone (Lucio), console, vince
i Cartaginesi a Ecnomo, 11, 219;
richiamato d'Affrica, 220.
Mantiuea (Paleopoli), una delle più
antiche e potenti città di Arcadia,
abbellita da Adriano, IV, 6.57.
Manto, divinità etrusca, protettrice
di Mantova, I, 389, 392.
Mantova, citta etrusca, 1 , 126 ; fon-
dala da Tarconte, 127; popolazione
mista dì razze diverse, 181 ; resiste
ai Galli, 886.
Manumissione dei servi, HI, Z6-Zi.
Maria del Popolo (chiesa di santa),
edificata per cacciar via lo spettro
di Nerone, IV, 427-428.
Slariana, in Corsica , colonia Roma-
na, IL 544.
Marcelliani (Francesco), di Orhetello,
suoi scavi a Succosa, 1, 160.
Marcello. — Vedi Claudio Marcello.
Marcia, concubina di Commodo, IV,
778; destinata a morte, congiura
contro di lui, 779; e lo avvelena,
780.
Marciana , sorella di Traiano , sue
virtù,' IV, 561.
Marciano (Elio), proconsole della Be-
tica, IV, 707.
Marcianopoli (Praicady), nella Me-
sta Inferiore, IV, 561.
Marci na (rietct), città etrusca nell'I-
talia meridionale, I, 128, 278.
Marcio (Anco). — Vedi Anco Marzio.
Marcio, i-.accoglie gli eserciti dei due
Scipioiii sconfitti in Ispagna, 11,
403; porta a Roma lo scudo di
Asdrubale, 404.
Marcio (Quinto) , pretore di Cilicia,
HI, 343.
Marcio Censorino (C), legato di Car-
bone, non riesce a soccorrere il
giovane Mario, HI, 250; muove
contro Roma, 238; vinto, è ucciso,
259.
Marcio Censorino (Lucio), console,
parte per l'All'rica, li, .505; chiede
la distruzione di Cartagine , .506 ;
battuto dai Cartaginesi assediati,
.508,
Marcio Filippo (L.), tribuno, rimelle
in campo la legge agraria , 111,
147 ; console, messo in prigiuie d.i
Livio Druso, 106-107; abolisc.' le
lej.';;i di Druso, Kìf ; si unisce a
Siili, J.'il : difende Pompen in tii-
II II-, 2.52; persuade di lesisieiv
I .|Miiii, 2.S9; accu.sato da I., l 'ras-
Marcio 1'
del pre
gli rai
nitri
Ma.edoiiia, per acquistar tempo
traila di pace con Perseo e si van-
ta di averlo in^animlo, 470 ; con-
sole di nuovo vince Perseo al mon-
te olimpo, 473, 474 ; e corre la Ma-
cedonia, 475.
Marcio Rutilo (Caio), primo dittatore
DEI NOMI E DELLE COSE.
1021
MARIO
MASSINISSA
plebeo, V
immolati
priiciom i-omam
^JIlSl'le, ferito iiel-
Mardo Rutilo (c..). Colisa
la guerra fonti-o i Sanniti, li. 71.
Marcio Tremulo (Q.), vince gli Erni-
ci, U, ~(i ; sua statua equestre nel
Foro, 300.
Marcomani, sotto Maroboduo forma-
no un grosso reame in Boemia,
IV, 222; (liminviito poscia per più
diserzioni causate dal tradimento
del despota dopo la sconfitta di
Varo, e sfasciato da Catualda re
dei Gotoni, 270-271 ; battono Do-
miziano, 530 ; confinano coi Burii,
571 ; assaltano ripetutamente l'Im-
pero, 73-J, 741 ; M. Aurelio medita
<li ridurre il paese a provincia,
745 ; fainio pace con Commodo,
7e8.
Mardione, eunuco di Cleopatra, III,
C74.
Marecchia (ponte sulla), cominciato
da .\ugusto e compiuto da Tiberio,
IV, CU. Il fiume in antico chiama-
vasi Arimino, e détte il suo nome
alla città.
Maremma toscana, opere idrauliche
fattevi dagli Etruschi, I, 131-132 ;
popolata al loro tempo da molte
e fiorenti citta, 150.
Mares, fondatore degli Ausoni, I, 212.
Maresea, fìumicello sulla mont:igna
Pistoiese, vittoria su Catilina {?),
Ili, 389.
Mariane (fjsse), alle f jci del Rodani,
IH, 128.
Marica, ninfa, onorata a Minturna, 1,
212, 381.
Mario (Caio), sua nascita e origine,
I, 235, IH, 08-100; suoi principii
e natura, 100; latto triiiuno urt.i
nobili e plebe, lOn-lol : va propre-
tore in Ispagn;i . 1".' ].■_ it i .h
Metello nella un- i, -
gurta, HO; si di ini.n ili' . :<
diZama,lll;r^'s|iiii-'i.M.._Miri ,.| i
Sicca, 112 ; sue virtù militari, 113 ;
chiede a Metello di ritornare a
Roma, 113; sua nimicizia con lui,
113-114; va a Roma ed é eletto
console per comandare la guerra
in Affrica, 114; suoi discorsi con-
tro i nobili, e apparecchi di guer-
ra, 114-115; torna in Affrica, pren-
de Capsa, e vince Giugurta a Cir-
ta, 116-118; manda .Siila al re Bec-
co per indurlo a consegnargli Giu-
gurta, 119; trionfa. 120; rieletto
lonsole parte per la CJallia, 120 ;
aggiierisce i soldati, 127-128; di-
strugge i Teutoni e gli Ambroni
.ille Acque Sestie, 128-130 ; e fatto
'onsole per la quinta volta, 131 ;
l'itorna in Italia per far fronte .ai
Cimbri, 133; e li distrugge a Ver-
ceUi, 133-134 ; trionfa, 135 ; cele-
brato come salvatore della patria,
130; inetto e tristo uomo di St.ato,
147-148; per essere nominato con-
sole la sesta volta si unisce con
fcilauciaecon Saturnino, 148-1.')0;
giura le leggi proposte da Satur-
nino, 152-153 ; vince i suoi amici
demagoghi , 154 ; odiato da tutti
parte per l' Asia, 155 ; al suo ri-
torno trova Siila più grande, 155;
sue promesse agli Italici, 162 ; nel-
la guerra sociale, 178; sconsiglia
Rutilio Lupo di dar battaglia ai
Marsi, 182; evita di battersi con
gli Italici, 184-185; uccide Erio
Asinio, 185; suo odio verso Siila,
202-203 ; lo accoglie in sua casa,
20.V20G; si oppone a lui che as-
sale Roma, e fugge, 202-207 ; di-
ehiarato m-mieo pubblico, 207 ; sua
fuga e avventure, I. 212, III, 200-
211; ritorna in Kalia. 212; fitto
proconsoli, da (Muna, 212; muove
ciintro Roma, 214 ; vi entra e com-
mette orribili stragi, 21G-218; si
crea console per la settima volta,
218 ; suoi terrori e sua morte, 218-
220 ; le sue reliquie gettate nell'A-
nio, 262, 281 ; suoi trofei rialzati
da Cesare, 357.
Mario (C.), figlio del precedente. III,
211; seguace del padre nell'esilio,
212; nominato consol... 2.53; af-
forza Prenesl.' ed e vinto da Siila
a Sacriporto . 2rjt-2j.5; ordina a
Bruto Daniasippr. di ucilere i fau-
tori di Sill:i ■?","■ (ì p la resa di
Prene^t' -: '• >: -i i- -Vi.
Mario (Mar- •! -■ mandato
Cuui.' i:ui.i.i;i:::..ii. ì i ^.'rlorio a
Mitridate, HI, IjXj , Ijutsuio da Lu-
cuUo, 338 ; i-' da lui fatto uccidere,
339.
Mario Gratidiano (M.), ucciso orri-
bilmente nelle proscrizioni di Sii-
la, m, 201-262.
Marionette nei templi, muoventisi per
interessi sacerdotali e politici, I,
609.
Man
197, 205, 20G.
Marmo augusteo, IV, 103.
Marmo tiberiano, IV, 193.
Marmore (cascata delle), presso Tei^
ni. II, 291-293.
Maroboduo, capo dei Jlarcomani, fon-
da un potente reame (in Boemia),
IV, 222; tratta a jjiusti patti con
Tiberio, 222 ; Arminio gli manda
la tronca testa di Varo per ecci-
tarlo a! evarsi in armi, 228; egli
invec la manda ad Augusto, 228;
un . d I ip; d -Ila guerra civile in
vinto da Arminio,
.: I ! Il Tiberio, 270-
::i . .' ' .iiualda, 271; ot-
M:ir- - Il ' ' di' .Uonte-
/"■ '• d ■ :■:. rovine,
I. JMi pi'. -1 di. 1 I ,;i ', , Marcello,
II, -V.H.
Maroni, magistrati degli Umbri, 1, 309.
Marrubio o Marruvio (San Benedetto),
sulla riva orientale del lago Fuci-
no , capitril ■ d'i Mi.r i. I, 247;
iscrizione I- : ■ IV, ,S07.
Marrucini, di- i. I, 217:
loro sedi. .i:-.;:. :.:-.:,.'; sotto-
messi a Uji.i... 11. :.-, . .luiangono
fedeli dopo la battaglia di Canne,
:;63 ; aiutano Scipione per la guer-
r.a di Afl'i-ica, 410 ; combattono a
l'idiia, 17:1 ; entrano nella lega Ita-
li'-.i. Ili 1:1 ; -i.Mi di Mirio e da
Marruvio, città pelasgica nella Sabi-
na, I, 77, 78.
Marsi, disevsi dagli Osci, I, 217; loro
srdl. ?i:-:il. u<i'' li. l'i r incanta-
li. ' : I ■- ■ 1: , . ■ . ; i:-.'is; aiu-
Marsi, in Germania, IV, 226 ; coire-
rie di Germanico nel loro paese,
[Westralia), 247.
Marsica (guerra). — Vedi Italici.
Marta, maga di Siria, accompagna
Mario nelle sue spedizioni, 111,113
Marte, dio, I, 386-387 ; mese a lui sa-
cro, 387 ; oracolo nella Sabina, 401;
protettore di Roma, 740; culto,
729; U, 11, 600, IV, 34, 84, 744;
Marte dei Galli, 56; adorato dai
Sabelli col nome di Mamers , I ,
38( ; Marte Guerriero, 741 ; Mili-
tare, nel Vallo di Adriano, IV,
651; Marte Quirino, I, 384, 741;
.Silvano, 740 ; Ultore o Vendicatore,
IV, 33, 34, 84, 192, 744: la sua
asta vibrata da M. Aurelio, 751.
Martelli (Felice), suoi studi sugli an-
tichi Siculi, I, 192.
Marnilo Epidio (C), tribuno, levato
d'ufficio da Cesare, III, 547.
Marzabotto, necropoli etrusca, ricca
di belle opere d'arte illustrate «la
G. Gozzadini, I, 164-167, 434, 465.
Marzi (grotta), a Tarquinia, adorna
di belle pitture, I, 503-504.
Marzia, moglie del senatore Fabio
Massimo," IV, 231.
Marzia, figlia di Cremuzio Cordo, oc-
culta gli scrini 'ri p,dr.', IV, 2SS.
Marziale (M, Vul 1 - .ii,-n„i-
ìiii cercati . din, IV,
903-904; sua | I Munce
adulazioni al i-.-OOG;
urtici e onori 1 ■ 1 1 bell'e
dei recitatoli i :n>^.
Marzio CoriolaiM ,> n^ 11 . m dio di
Corion, I, 7.>., v.,.,1 ii.^licre di
mezzo i tribuni e allumare la ple-
be, 789 ; condannato dai voti delle
tribù, fugge ti-a i Volsci, I, 790 ;
fa guerra alla patria e si accampa
alle Fosse Cluilìe, 791 ; cede alle
preci materne, 792; è ucciso dai
Volsci, 792.
Marzio Turbone, legato, schiaccia in
Egitto la rivolta dei Giudei, IV,
619-620 ; legato di Adriano al go-
verno della Dacia e della Panno-
nia, 631, 038; perseguitato, 675.
Marzio Vero, nella guerra Partica,
IV, 728; vince in Ai-menia, 731.
Maschere , nelle farse Atellane, II,
647.
Massada, fortezza in Giudea, resiste
a Vespasiano, IV, 459, 488.
Massico, monte in Campania, I, 267,
269.
Massilia (M,i,->:ill.<\ .l.dta M.issalia
dai Greci, n.^ll 1 ' i din a ili.nese,
antichissimi i 1^ ma, H,
541; fondai I n i '1 . 1 lticm,
111,90-91: sue .m1 'I sua po-
tenza e cultura. HI ; sua alleanza
con Roma, 91; chiede soccorso a
Roma contro i Liguri e i Salluvii,
91-92 ; Pompeo le .accresce il terri-
torio, 296; vi è confinato Milone,
474; assediata dai legati di Cesare,
491, 492: si arrende, 493-491 ; sce-
isto.
Agrippa
lungo le rive del Rodano, 68; vi
muore Lucio Cesare, 219 ; vi é uc-
ciso Fausto Siila. 3"0.
•Kld I , _ ■ , oì'ro-
1022
INDICE
MASSIVA
MEDICINA
MESSANA
fe restituito nel suo regno, 422, 423 ;
invia soccorsi per la guerra con-
tro Filippo re di Macedonia, 4:!3-,
gli È vietato di venir a Roma, 491 ;
sue rapine a danno dei Cartagi-
nesi, 501-502; assedia Oroscopa e
vince i Cartaginesi, 503-504 ; mo-
rendo nomina Scipione Emiliano
suo esecutore testamentario, 50S.
Massiva, nipote di Massinissa, fatto
assassinare da Giugurta, III, lOS.
Mastarna. — Vedi Servio Tullio.
Mateola i.Vatera), nella Peucczia, I,
:J4!1.
Maternità, IV, 857.
Materno, congiura contro Commodo,
IV, 778 ; ed è ucciso, 779.
Matidia, figlia di M.u-ciniia, pia e be-
nefica, IV, :.-.\ . ,:. iup:i-n.T a
Roma le cei > 1 • i;21;
madre di Gi^ l -
Matiene, una voìm h,!m ii r i. .ittà
pelasgica ncli.-i .vaìiina, 1, 7 7.
Matino, città delia l)auuia, I, 3.57.
Matrai, nel Trentino, anticaglie etru-
sche scoperte in questo villaggio,
I, 120.
Matrona (Af'ìDm), fiume della Gallia
Lugdunese, 111, 424.
Matrona. — Vedi Donne.
Matrino o Macrino (Piomba), fiume
del Piceno, I, 225, 227-228.
Matrino, emporio degli Adriani , I,
227.
Matuno, divinità nel Vallo di Adria-
no, IV, C52.
Matula (tempio di), nel porto di l'irgi,
predato da Dionisio, tiranno di Si-
r.ir.usa, I, 883: tempio a Roma,
HI, G8.
Mauri, alleati di Giugurta contro i
Romani, III, 116-117; passano con
Sertorìo in Lusitania, 293 ; seguono
Tacfarinata, IV, 274; alla prima
guerra dacica, 570 ; sollevazione
sotto Adriano, 027; moti guerre-
si;hi cojiipressi da Adriano, G55 ;
e sotto Antonino, 708; invadono
la Spagna, 727 ; moti repressi sotto
Comniodo, 769.
Maurico, fratello di Arulenno Rusti-
co, esiliato. IV, 541.
Mauritania, divisa in due province ro-
mane, IV, 782; strade, 69.
^(auritania Cesariana, 345.
Mauritania Tingitana, 345.
Mausoleo d'Adriano. — Vedi Adriano
(Mausoleo).
Mausoleo d'.Vugusto. — Vedi Augusto
(Mausoleo).
Mazio (Gneo). sri'.i.i.- di iiiliui 111,
780; e tradwi- .;■ .: 1, ' , , ::i2.
Mazzocclii (Al - suoi
studi sulle IMI- ini uv, I. 1S8;
illustrazione filile l.ivulc di ICra-
clea, 324, IV, 78(J.
Mazzoldi (.Vngclo), vuole che gli Ktru-
schi abbiano dato la civiltà al
mondo antico, T, hSO.
Mi-cenate. — Vedi Cilnio Mecenate.
Med;ima. — Vedi Medma.
Mi-iMix Tuticìis, magistrato suprcino
degli Osci, I, 366, 3G9.
Medi, chiedono amicizia a Roma, IV,
SI.
Meilia, soccorre Antonio contro Ot-
tavio, III, 675.
M'-iiinm [Acl) (ilehadia), nella Dacia,
ly. ,580.
Mi'dici , un tempo tenuti a Roma in
pochissimo conto, III, 71."; poi 0-
norati e lar -i -- m.^ |. li , IV,
176-177; ni.-.ji. , .: . , I : ,,n-
vilegiati di im r! , '.ilri.nio
076; e da.\r,i ,,,.. I, . ; •: . loro
servizio negli «ani m, ',ò<j-y.il.
Medicina, studiata dai sacerdoti etru-
schi, I, 461.
Mediolano (Milano), fondata dagli
Umbri, capitale dell' Insubria, 1,
65 ; origini di essa secondo il Mo-
rigia, 1S6 ; secondo altri ebbe ori-
gine dai Galli, 886 ; presa dai Ro-
mani, II, 253 ; onora di una statua
Bruto governatore della Gallia Ci-
salpina, III, 549; vi studia Virgilio,
IV, 117; parteggia per A'itèllio ,
442.
Mediterraneo (Mare), per l'apertur.i
violenta del Bosforo invade le ter-
re, I, 22; infestato dai pirati. III,
330-331; liberato da Pompeo, 331.
Medma, detta anche Medama e Mesnia
(Rosarno], città dei Bruzi, I, 300-
301 ; di origine greca, 310 ; colonia
dei Locresi, ÌI. Wf
Medullia (S. Angelo in Capoccia) ,
città del Lazio , rovine, 1 , 562 ;
vinta da Anco Marzio, 596 ; e da
Tarquinio Prisco, 599.
Mefite, dea, I, 380.
Mefula, città pelasgica nella Sabina,
I, 76.
Megallide, di Ernia, uccisa dalle schia-
ve, HI, 30.
Megalopoli [sinanu), capitale della
confederazione d'Ai'cadia, vi si uc-
cide Dico, II, 498.
Megara, cosi chiamata la parte nuova
di Cartagine, II, 512 ; occupata da
Scipione Emiliano, 515.
Megara, sede dei Siculi, II, 107 ; co-
lonia greca, 118, 127; sotto Gerone
Secondo, 208; presa a forza da
M.-irCilIo, 370.
M'olii (!: l'I. i:i, presa da Cecilio
M A -tiiniti Caudini, 1,262.
.Mr ! i :S|.iii!..., spento dai patrizi, I,
Melita (Malta), isola, colonia fenicia,
II, 116-117: vinta col presidio Car-
taginese da Tiberio Sempronio
LÓngo, 341.
Melitea, città della TessagUa, sulla
sinistra del liume Eiiipeo, III, 242.
Melpi {Melfi), fiume dei Volsci, I, 232,
234.
Melpi, fiume di Lucania, I, 288, 293.
Melpo , città etrusca nella pianura
del Po , 1 , 126 ; distrutta dai Se-
noni, 127.
Meiiimio (Caio), tribuno, forza il Se-
nato a dichiarare guerra a Giu-
gurta, 111, 107; combatte la pace
conchiusa con esso, 107-108; inti-
ma a (tiugurta di svelare coloro
che si lasciarono comperare da
lui, 108; assassinato, 153-154 ; ora-
tore, a!)s-(;90.
Memmio (I. : 1 ■, p ri ■ alla batt.iglia
del Tni: I , ,1 I , I III, 298.
Meiuini'pi" I lirigheper
le de/. , ili , ir I . pretore in
Bitiicia , u.e !.. . e (..iiipagno Ca-
tullo, SU5; scrittore diversi, 790;
amico di Lucrezio che gli dedico
il suo poema, 805.
Menimio Regolo, console, IV, 302.
Meinuone. — Vedi Colosso di Meni-
none.
Meninone, storico di Eraclea, III. I7S.
Mena (ablii-evi.'i/ioiie di Men^Mloro). li-
Ijerto di N- '•' I '"iiiii.. . Ili, (;i; ; -Il
P™P ' ■■:■■';' '' ' "^' •■' ■ '^'
e di Oli - :; -i ■ . I •
649; (l.-id ■ ■ r I I r ler,hr
Meiiandr
643-
comico greco , II ,
Mcnapii (tra il Reno e la Schelda),
sottomessi da Cesare, lU, 443.
Mendicanti a Roma, III, 17-18.
Mene (Mineo), detta dapprima Nee ,
dimora dei Siculi, II, 106; trasfe-
rita al piano da Ducezio, 162.
Menecina, nel Bruzio, I, 306.
Menecrate, liberto di Sesto Pompeo,
III, 647; alla battaglia navale di
Cuina si uccide, 651.
Menenio (Lucio), tribuno , sua legire
sul frutto dei capitali, II, 29, 30.
Menenio (T.) , console , accusato di
aver tradito i Fabii si lascia mo-
rire di fame, I, 811.
Menenio Agrippa , senatore , pacifica
con promesse la plebe rifugiatasi
sul Monte Sacro, I, 781-782; suoi
funerali, 784.
Menio (C), console, sbaraglia i Vol-
sci, e i Latini al fiume Astura, II,
49; statua equestre in suo onore
nel Fòro, 300.
Menio Agiippa Camerinate (M.), pre-
fetto della fiotta Britanica nella
guerra coi Caledonii, IV, 640; ri-
cordato nel Vallo di Adriano, 649.
Menippo, di Gadara, in Siria, cinico,
suoi scritti. III, 752.
Menisco, capitano delle navi di Mileto,
aiuta Roma nella guerra contro
gli Italici, IH, 178.
Meno, fiume in Germania, IV, 221, 55 (.
Mensa d' oro del tempio di Gerusa-
lemme, IV, 491, 492.
Mense. — Vedi Cene.
Mercenari. — Vedi Milizie mercenarie.
Mercurio, in specchio etrusco, I, 391 ;
in GalUa, IV, 56; culto e simula-
cro nel Vallo, di Adriano , 646 ,
653.
Merico, spaglinolo, tradisce Siracusa,
II, 3S2.
Merino, città della Daunia, I, 357.
Merula, fa venire Noè in Italia, I, 186.
Mesague, fra i Messapii, liberalità di
Traiano, IV, 609.
Mesi, varietà della loro durata, I, 454 ;
ridotti a dodici da Numa, 587.
Mesia (selva), presso Roma , I, 595.
Mesia (Bulgaria e Servia), vinta da
M. Crasso e guardata da due le-
gioni, IV, 78, 85: conquistata e
fatta tributaria sotto Tiberio, 312 ;
resta fedele a Oti ih iij iii\i<a
dai Sarmati e l);ii i i " ■ ■; .
sedi delle legioni 1 i i i i,
.570-571; colonie di I i il m Ila
Mesia Superiore e iiell' Infeii.jn-,
5S1 ; guerra di Adriano ai Sarma-
ti, 631 ; ricordi di Antonino Pio,
715 ; provincia, 782 ; stanza di tre
legioni e di un'armata navale, 783.
Mesma. — Vedi Medina.
Mesomede, poeta lirico, IV, 703.
Mos.ipotamia. Crasso vinto nei de-
si'ii di p-'-i. Ili, iCti; percorsa e
I !" ' r ;' I d.a Traiano . iV,
;i . ; , . ' , alibiuidonala da
CasMu, 7,11 ; ceduta dai Parti ai
Koiiiani, 731 ; provincia, 782.
Messala o Messalla. — Vedi Valerio
Messala.
M liii 1 Valeria, moglie di Claudio,
niimgim al trionfo, IV, ,3J6;
111 amie di ferocia e di mo-
li SI libidine, 350-302; ripudia
( l.uidio e sposa Caio Silio suo
amante, 362-363 ; orgie di nozze,
3ti4 ; uccisa, 365 ; encomiata da
Seneca, 837.
Messana o Messene [Messina), detta
DEI NOMI E DELLE COSE.
1023
MBSSAPIA
MITRIDATE
prima Zanr-le, li, 00. sede dei Siculi,
107; colonia greca, 118, HO; sue
origini , 129 ; retta dal tiranno
Scile, 159 ; distrutta dai Cartagi-
nesi, 167 ; battaglia di questo nome
fra i Cartaginesi e Dionisio di Si-
racusa, 167; Timoleone la libera
dai tiranni, 180; stragi di Agato-
cle, 183; occupata ferocemente dai
Maniertini, 204. SOS, 209; assediata
ih\\ Cai-taL-inisi , 210: è liberata
d.1 AppÌM Claudio, 210-211; città
federata, 27:5; Senato, 274; asse-
diata dagli s.hiavi, in, 40; mi-
nacciata da Atenione, 143 ; preda
dei vincitori e dei vinti nella guer-
ra civile, G58.
Messapia, detta poscia dai Romani
Calabria, 1. 3ll-::;t7; dialetti e usi
greci di tv\r«:, r _i ,,i,.. 313; fa
parte di un i .1. Il' !in li 'i regioni
d'Italia s.tt'. Anijust I e di'una
delle (|Uatir > s.tto Adriano, IV,
42 , C/.V, : viti-rani mandativi da
V.'spasiaiio, 40.7 ; retta colla Apu-
lia da un giuridico, 738.
Messapii, o Calabri, I, 33.5 ; loro sedi,
341-317; lingua, 341, 478; combat-
tuli da Diomede in vaso pugliese,
3.y2-3"i3; in guerra con Taianfo,
II, 188 : alla quale poi danno aiuto
contro Roma, 191 ; sottomessi dai
Romani, 201.
Jleta sudante dell'Anfiteatro Flavio,
IV, 51.-).
Metabo, tiranno dei Privernati, I. 369.
>letaponti?ia, repubblica, I, 311 ; re-
gione. 324-321Ì.
Metaponto {Torre di Mare), detta
anche Aliba, nella Magna Grecia,
I, 311 ; prosperità, splendori e ro-
vine, 324-326; sue origini greche,
326, II, 96: colonia degli Achei,
118; caduta in misero stato, 88:
presa da Annibale, 387; e poscia
dai gladiatori , III , 306 ; ultimo
asilo a Pitagora, I. 326, II, 151.
Metaponto (porto di) (Lago di Santn
Pelagina), I, 326.
Metauro (.Varrò e Petrace) , fiume
nel Brucio, I, 297, 301.
Metauro, fiume dell'Umbria, II, 398 :
battaglia di questo nome, 400-401.
Metauro (Gioia), città del Bruzio, I,
301.
Metelia, moglie di Siila, arricchisce
C)i beni dei proscritti , 111 , 262 ;
suoi funerali, 274.
Metflh,. — Vedi Cecilio Metello.
Metereoloi'ia et'rusca, I, 459-460.
Meiulo (Mottlùifi o Metìiko), capitale
dei Giapidi sulla frontiera della
Pannonia , presa da Otta\io, 111,
C67.
Mevania {[!rvn'/,i'A, città dell'Um-
bria , 1 , 6". ; gli Umbri sconfitti
ivi da Fabio, II, 75; celebrata da
l'roperziu, l\. L").
Mezenzio, tiranno di Cere, I, 130,
369.
Mezio Caro, consigliere di Domiziano,
IV, .5.39.
Mezio Fuffezio, dittatore degli Albani,
I, 590; tradisce i Romani, 593; e
squartato, 594.
Mezio Pomposiano, latto console da
Vespasiano, IV, 504 ; e fatto ucci-
dere da DomÌ7Ì.iiio, 523.
Me.'io Tarpa, .ritico letterario alla
ó.rle ili Au-u-to, IV, 153.
Mioali (Giuseppe), sue opere sull'Ita-
lia antica, 1, 14-15 ; sue opinioni
sulle cause della civiltà etrusca ,
175-182 ; e sulle origini italiche ,
190.
Micipsa, figliuolo di Massinissa, lì,
508; re di Xumidia, in grazia di
Caio Gracco offre di mandar grano
ai soldati romani in Sardegna,
III, 70 : morendo lascia il regno
ai suoi figli e al nipote Gìugurta,
103-104.
Miele di Grecia e del Ponto, portato
a Roma, IV, 205, 207.
Milano. — Vedi Mediolano.
Mile (Milazzo), colonia grecA in Si-
cilia, II, 119, 1-29; vittoria navale
dei Romani sui Cartaginesi , 215 ;
e di Agrippa su Democare , III ,
654, 655.
Miliade , montuosa regione dell'Asia
Minore al settentrione della Licia,
data ad Kumene II di Pergamo,
II, 4.52; non fa parte della pro-
Milliaiio luri i
I romano 1%
-493
12
alla
1 1 1 ^P-
te - Il /lali
1\ "^ Il liiìti il it da Auju-
'.t 3 78-79 loro f r/ 1 79 allat-
tate con piiMltgi e fienale e in ti
M,ia disci])lin 1 79-80 duiatadel
servizio , 80 ; stipendio e ricom-
pense, 80 ; riordinate sotto Clau-
dio, 344; loro corruzione ai tempi
di Domiziano, 529; che ne accre-
sce lo stipendio di un terzo, 542;
riordinamento di Adriano , 629-
630 ; guaste dalla lunga pace sotto
Antonino Pio, 712 : la milizia me-
stiere di lii'To dursinte 1" impero,
81.5-816; rlÌM,Mii,.„ , -..I. inesco,
816-817. — \ I J
Milizie merce, n : 11,4.30.
Milizie mercona:; . i i ^, j i ;iceiate
via da Timoleone, lì, l.Sl , elevano
al trono di Siracusa Agatocle,
181-183 ; si rivoltano contro i Car-
taginesi, 328.
Milone, l'atleta, discepolo di Pitago-
ra. II, 150.
Milone , lasciato da Pirro a guardia
della rocca di Taranto, li, 202, 203.
Milonia Cesonia, moglie di Caligola,
uccisa, IV, 335.
Slilvio (ponte) (Ponte Molle), nella
sua forma antica. III, 290 ; arco e
statue ad Augusto per la restau-
razione della via Flaminia, IV, tìli.
Mimi , specie di farse , lì , 646 , 111,
Minerva, adorata dai Sabini, 1 , 383 ;
e dagli Etruschi a Faleria, 389;
protettrice degli oliveti, 490 ; dea
della mente, I, 742-744 ; tempU a
Ruma, III. .30S. IV, v:>ì. .535; ad
Alba, .535; t • ■■, ■ , >. , i-a de-
rubato da \ J.'-Ì23;
Minerva 1!.: '■ ' . Gal-
li, IV, 56; l'I I- ' I. >i lliese,
HI, 3.38; pruleltnee di Alelic, II,
4.S2, 48); .Minerva Santa, altare e
simulacro nel Vallo di Adriano,
IV, 651, 653, 654 ; Minerva dipinta
da Amulio, 403.
Minervio, promontorio. — Vedi Ate-
neo, pi'iimontorio.
Miiiicej Natale, premiato dopo la pri-
Miuoa, in Sicilia, detta prima Maka-
ra. — Vedi Eraclea di Sicilia.
Minturna (presso il Liri), città degli
Ausoni, I, 210 ; rovine, 212 ; ribel-
lata e ripresa a tradimento dai
Romani, II, 67 ; colonia romana,
81, 268; ricovero di Mario, III,
209-210 ; colonia militare, IV, 43 ;
acquidotto, 499; Adriano vi ha l'uf-
ficio di duumviro, 671.
Minucio Basilo (L.), legato di Cesare
nelle Gallie, IH, 551; congiura
contro di lui, 551.
Minucio Esquilino Augurino (L.), con-
sole, è bloccato nel suo campo da-
gli Equi, I, 825, 828.
Minucio Rufo (M.), comandante della
cavalleria di Fabio Massimo dit-
tatore, II, 351 ; riceve 1' ordine di
non avventurarsi a battaglia, 353 ;
gli è data autorità eguale a quella
del Dittatore, 353; è salvato da
Fabio Massimo, 354 ; muore a Can-
ne, 3.58.
Minucio Ruf) (M.), trionfa dei bar-
bari nordici. III, 98.
Minucio Termo (Q.), console, non osa
assalire i Liguri che assediano
Pisa, II, 458.
Mionneso (Hypsilibovnos), promon-
torio sulla costa della Ionia , fa-
moso per la vittoria navale di L.
Emilio Regillo sopra Antioco, Il ,
447.
Mirone, liberto di Claudi.!, IV, 342.
Mirra ile!lK_/!'. i;:' Arabia e del-
l'Oroh' W . : . JiT, 208.
MischeiM. 1 - uii. II, 104.
Misen.i, pi- i;i T ri i e ritta nella Cam-
pania, I, 272 ; predati dai pirati,
III, 3:51 ; pace tra Sesto Pompeo,
e Ottavio, e Antonio, 647-649; vi
stanzia un' armata navale, IV, 79 ,
783; vi muore Tiberio, 315.
Misia, nell'Asia Minore, data ad Eu-
mene II di Persamo, II, 452 ; fa
parte della provincia di Asia, 539 ;
colonie di Adriano, IV, 663.
Mistia, sul territorio di Caulonia nella
Magna Grecia, I, 315.
Misura geografica del mondo Roma-
no, IV, 50.
Miti del mondo antico sui vasi fittili,
I, 444.
Miti poetici del secolo d'oro, I, 53.
Mitilene (Mitylen e Castro), città
principale dell' isola di Lesbo, nel-
r.\sia Minore, fatta libera da Pom-
peo, 111, 397 ; il quale vinto a Far-
salia si riunisce ivi alla moglie
Cornelia, ,504.
Mitra, dio, altare nel Vallo di Adria-
no, IV, 651.
Mitridate Evergeto, re del Ponto, al-
leato di Roma, ucciso a Sinope,
III, 222.
Mitridate VI, Eupatore, re del Ponto,
figlio del precedente , si prepara a
lottare con Roma, III, 183 ; gli Italici
gli chiedono aiuto, 187; sue avvei\-
ture, forza e prodezze, 222-223 ; fe-
roce di animo e studioso di veleni.
224 ; odio ai Romani e apparecchi
alla guerra, 225 ; sue conquiste e de-
litti, 225-226 ; vani reclami di Roma,
227; trattative e minacce, 227;
muove guerra a Roma, 227 ; sue
vittoi-ir, ::> 1. ■ Hm . :, - - ilva-
tore il \ :: ' ! - r.liiia
de'uAM I, :. -, ,.', ,. .,., .' . .li'u...
di, iui.i.ie 1.1 eneo. a, l.ii . .Mie cru-
deltà nellAsia, 244 ; vinto da Fim-
bria ripara a Pitane, 245 ; fa pace
con Siila, 246-247, 335 ; suo trat-
tato con Sertorio, 300, 335; ass.a-
1024
INDICE
MITRIDATE
MORTE
NAPIZIA.
lito da Murena resiste, 335 ; irrom-
pe ili Biliniu e PaUagoiUa, 3:36;
vinre a Calcedonia, 336; assedia
Cizico ed li vinto da Lucullo, 336-
338 ; cacciato, è battuto all' Esepo
e al Granico, 3:J8; vinto a Cabira
si rifugia in Armenia , 339-3^0 ;
aiuta e consiglia Tigrane, 3^1;
passa nel Ponto, 342 ; vince Fabio
e Triario, 342 ; è vinto da Pompeo
a Nii-..noli. 345; fu;:?.' n Sinoria,
345; vui:, Ar,n.,:i:i '■^r.-M-:: f.i?-
se a 1> ' : 'l- i :i-=iIO
nel i.ù
disoL.
suoi rii'urili a Pauticapea, 352 ; 6
seppellito a Sinope, 353.
Mitridate di Pergamo, soccorre Cesare
nella guerra Alessandiina, III, 511 ;
ed e da lui nominato re del Bosfo-
ro, dopo aver vinto Farnace, 513.
Mitridatide, figlia di Mitrid.ite VI, re
del Ponto, 111, 3Jl.
Mittistrato . sul fiume Aleso in Sici-
lia, presa dai Romani, II, 218
>Inest«re, pantomimo, IV, 322; amato
da Messalina, 3'32; ucciso, 364.
Modena. - V-Ii Mu;mi:i.
Moglie. _ \ 1 i_;in.
Mogon^i i ipo della via
ciata prubaijihiiL-au- ila uno dei ca-
stelli di Druso, ;j8 ; il quale vi ebbe
un sepolcro onorario, 101 ; spada
di Tiberio ivi trovata, 241-242 ;
sconiìttfi ili'll» !»o-i"!ii romane, 476;
poni'- "!' i;. ■ ■■ '.'-.
Molini -Il il III. .31.
Momin-. 1 ! i studi sulla
linL'u:i 1. I7.S; sull'O-
sco, l-'.-i-: ^1 ii-ia romana,
tìSO-c.s] il , . I- dell' editto
aquaii > IV, I.-.2.
Monaf.l.'v'- ■• i- 1- Il in Hritannia,
vinta da .Svvtoiii.. Paolino, IV, 395-
396 ; lasciata dopo la prima con-
quista, e ripresa da -•Vgricola, 526.
Monarchia universale, IV, 89.
Mondo muliebre, I, 555-556; sue de-
lic.atez?c, IV, 199.
Monete romane, di bronzo, li, 30T-
310; d'oro, 309-310 ; d'argento, 310.
Monitor jMjsticvs, III, TOfi.
Monte Citorio, sorto dalle rovine del
Teatro di Tauro. IV. VM): ruderi
della colonna di Antonino Pio, 71.1.
Monte di Fiore, via di Koma, stazio-
ne della settima coorte dei Vigili,
IV, 27.
Monte Giovi, in Toscana, I, 413.
Monte Sacro, vi si ripara l'oppressa
plebe romana e vi ottiene con un
trattato le prime sue libertà. , I ,
780-786; nuov.a ritirata colà, dopo
la uccisione di Virginia, 839.
Molile Summano o Monsummano, I,
413.
Monticelli (presso San Germano), vil-
la di M. Terenzio Varrone, III, 747.
Monumenti storici scritti, 1, fi85-G8(!.
Morale, dottrina di Cicerone, 111, 735 ;
principii degli scrittori dei primi
due secoli dell' Impero , IV, 851-
X.52.
Morell (.\ndrea), suoi disegni della
Colonna Traiana, IV, .585.
Mor^'.tnzia. — Vedi Murganzia.
Mor;,'eti, tribù pelasgica dell'Italia
iiiuridionale, I, 72.
Moria, collina in Gerusalemme, IV,
4.'<l .
Morigia, Bue opinioni sull'origine di
Milano, 1, 186.
Moriiii, popolo della Gallia Belgica.
IV, é.
Morte (la pena di) , combattuta da
Giulio Cesare, III, 383.
Morte (amore della), IV, 831-832, 833-
334.
Mosa (Me^'sé), fiume della Gallia Bel-
gica, IV, 34S.
Mosella (iloselle), fiume della Gallia
Belgica, IV, 275.
Mostene, città della Lidia, rovinata
da un terremoto, IV, 251.
Motica (ìlodiea), dimora dei Siculi,
II, 106.
Mozia (f;an Pantaleo), isola e città
in Sicilia, sede dei Fenicii, II, 113-
114, 116; assediata da Ducezio,
163; assediata e vinta da Dionisio
il Vecchio , lCfi-167 ; ripresa dai
Cartaginesi, 167.
Mucia, madre di .Sesto Pompeo, va a
pregarlo di pace da parte di Ot-
tavio, IH, 641, 647, 648.
Mucio Cordo, edile del popolo, III,
195.
Mucio 0 Muzio Scevola (C), tenta di
uccidere il re Porsena, 1,627-628;
leggenda composta sulle tradizioni
greche, 645.
Mucio Scevola (Publio), ronsole o siu-
reconsulto, ami li Til. rio c.,-.!.--
ro. III, 48; riiinl • ■'! ! . _'! -io-
lenza contro li' i' . - : 1' >i
approva i suoi u : i v-
Muno Scevola (Quino.,, Ul-io. 1' Au-
gure, si arma contro Sai umilio,
III, 154; difende Manio dichiarato
nemico pubblico, 207 ; stoico, 739.
sui Pompeiani, 111,531-532; espu-
gnata, 5:S.
Muniripii, varie sorti. II, 262; privi-
legii, 263; magistrati, 264; ordi-
n.imenti di Cesare, 111, 5:18; loro
governo sotto Augusto, IV, 45 ; e-
lezioui, 45-47; loro regime sotto
eli imperatori, 785-787 ; magistra-
ti, 788-789 ; assoggettati all'arbi-
trio imperiale, 789-791. — Vedi As-
semblee municipali.
Mura ciclopirhp. I, .S0-S4, scoperte e
studiate dal Petit-Radel e <la altri,
lOl-loi ; dispute sulla loi-o auticlii-
tn. 101; nof, .lolle piin.-iiKili co-
sti-07!.'iii i-iiO'"loii,> nel Museo Pe-
l:l-_ii . ili l'I-... 104-110.
Muri I I I.ucauia, I. 293.
Mn.'i . \ I : -lo;.
Miii-Lii, I I-:,,'' Maria P, Morga-
rir .-'), tortezza dei Sanniti Peutri,
I, 259 ; presa dai Romani, II, 79.
Murganzia o Morganzia, città di Si-
cilia, II, 106; presa da Ducezio ,
103; aiuta i Siracusani contro i
Romani, 379 ; assediata da Salvio
re degli schiavi, III, 139.
Murseusi, abitatori di EliaMursa nella
Panuonia Inferiore IV, 639.
Musa (Antonio), medico d' Augusto,
onorato di statua, IV, 177-178.
Miisarna (presso Viterbo), I, 162.
Museo Capitolino a Roma, IV, 474.
Museo Casuccini a Chiusi, I, 1.54.
Museo etrusco a Firenze, collezione
di vetri. I, 434.
-M,is,.n pplascrio,. ,li PnriL'i. T. 104-110.
; ■. I\ . 111. '■i '■• Ilo a lavo-
sulla rio,. li: 1.,;, f .'it
iiio .. I.'ii, ,i-~:ilo ( , Ino Colatore,
da Finiiii ■ 1 : Il ■ ■ il.' ili M.-irio.
•IT,-,; .-.ssiste Kubellio Plauto, 834;
■,'19; tiu • 1 , p ioscrizione
sua nas.-ita e vita, 843; sue dot-
del siio 1 ... oratore e
trine, 843.
dotto giuri :., Tri ;jS.
Musulaui tribù dell'Affrica, IV, 274.
Mu--in Scevola (Q,), scrittore di versi.
Mulina (Modena,), edificata sopra una
palude, I, 21; città etnisca, 126;
III, 790.
MQlIer (Odof.'edo), sue opinioni sulle
origini etnische, I, 19ti, 197.
colonia romana, II, 267,460; in
potere dei Romani dopo la batta-
M^Ua. ammenda, 1, 372.
gli:! d. Ila Trebbia, 342; sconfitta
Muniinio, scrittore di Atellaue , IH.
■ li i r. li, 458 ; presa dai Liguri, 460 ;
780.
X il 0 1 il di Pompeo su M. Giunio
Mumrnio, Incrato di M. Crasso è vin-
liioio, Ul, 289; vittoria di Spar-
to ili S,,,,-t-,r-o. HI, 30S.
ino,, su Cassio Longino, :107; asse-
M'ì II 1 , i-onsole, assedia Co-
diata da Antonio, 592, 596; libe-
1 Hho presso Leucope-
1 II .li'iristmo, li, 497-
rata, 598.
Mutine, inviato di Annibale, solleva
1 , 1 1 ,__! i-.irinto, 498-499;
la Si,Mli:i, II .385; consegua ai
Ro,„:,„i.\i:n-,iiilo, 385-386; È fat-
■Il 'i il ' -..U col so-
ti, ,i(i:i,liiio :■ .mano, 386.
1 , ,: \ 1 . 1 II: vinto e
Mutui. r:,i.,ie ili Nni, lidia, vittoria di
\ iir II ., ■ 1 . . .hi , :,n\.
M,t,ll,i su Giiiuiirta, III, 110.
Munazia 1 •; . ■ o, . m- il: ( ■iilniir-
Miiziaii,, ((iii-,)lamo),suoi disegni della
nio P.s II 1, . . Ii-
Colonna Traiana, IV, 584.
201; in,'olj,-ii,i -I. li'i i,:iiiir ,1. 1.,'r-
manico, 2(;:i. ii'A\ ritorna a llomn,
268: separa la sua causa da quella
del marito, 270; finisce di propria
mano, 270.
Munazio Fianco (L.), governatore del-
la Gallia, HI, 592 , .598 ; si muove
per soccorrere Decimo Bruto, 599 ;
passa r Isara, 600 ; si unisce ad
.Vntonio e a Lcpiito, 605 ; all'asse-
"■ ""erugia, f
' esercito,
Antonio e si reca a Roma, 673 ; già
buOone alla corte di Clitopatia ,
(i73; amiro d'Orazio, C73-674 ; pro-
pone che ad Ottavio sia dato il
nome di Augusto, IV, 18; fonda-
tore di Lugduno e di Augusta dei
Rauraci, .53.
Munda (tra Malaga e Ro>KÌa), nella
Spagna Betica, vittoria di Cesare
Muzio. — Vedi Mucio.
Myos Oniios {AOo)'so)ner), porlo sul
(ó.ll'o .Vrabio,,, lY. 207.
Myiina . ,ilià doll'Asia, sulla costa
" ocidonlalo (lolla Misia, figurata
sul li,issoriliov,j di Pozzuoli, IV,
2.11.
poi,, iloll \r:,l,i:, IVtrea, IV, 111)1,
Nal,iii 1,1 ,11 li Sparla, tradisce
I 11 1 ;i I ,1. M I .1 ,ina, li, 435; reso
Ir I : i i; ina, 440; ucciso
,l:,,,'ii Irli. Il 4i:;.
Nat'tià (lago di), in Sicilia, 11, 109-
110.
Napizia (il PÌ3Z0), nel Bruzio, I, 299.
DEI NOMI E DELLE COSE.
1025
NERONE
Napoca {Kolsi-ar o Klaunsenbui-ff),
nella Dacia, IV, 580.
Napoleone I, suo giudizio di Anniba-
le, li, 339.
Nar (Nera), fiume dell'Umbria, I, 220,
II, 78, 2!ll-293, IV, 44.
Nai'li-'Hi • \ii '• ■" ,11') , detta Nnrbo
M I imi, commerciante
III .',:. Ili, 95 ; colonia
li ìnla capitale della
e .e massimo em-
Y ' : 1 il quei luoghi, II,
.MI il I "' < I 1'. Crasso con-
ti" _ li. .olonia militare,
I\ , :ji . Au_i..-iu \i tiene l'assem-
Narbonese (provincia). III, 93. — Vedi
Gallia Narbonese.
Narciso, atleta, strangola Commodo,
IV, 780.
Narciso, liberto e segretario di Clau-
dio, IV, 343, 3".5 -, presiede ai la-
vori deli'.-iM.-v, :i , .■•.A \:ru, Fucino,
3.58; SCOI • In Messa-
lina ha ^p - ' ;-:;;4; ta
ise,;.'ii
Brit,-i
.u.il che
lìc Elia
tamente
Mirire in
Nardo delle Gallic e d' Assiria, por-
tato a Roma, IV, 2U2, 207.
Narisci, germanica tribù de^li Svevi,
assaltano l'Impero, IV, 734.
Narnia (y'arni), città degli Umbri,
detta dapprima Nequino, I, G5 ;
sotto la prote/.i.ine del dio Visi-
diaiio. :«1 : presa e colemizzata dai
1 i-he non
;ii:i, 394;
I . - iicupata
ia dell' im-
Nasonii (L.), pompeiano, aiutalo da-
gli abitanti di .Sulci in Sardegna,
V p'inpeiano, congnira
Natale (Antonio), cavaliere, denunzia
Calpuniio Pisene e Seneca, IV,
407.
Natale (Vincenzo), suoi studi sui Pe-
lasgi, I, 192.
Natio, dea dei parti ad Ardea, I, 3?I.
Nauloco [Bagni tra Milazzo e Mes-
sina) , sulla costa settentrionale
della Sicilia, celebre per la vittoria
di Airrippa sopra Sesto Pompeo,
III, G-.G.
Naumachie, IV, 105.
Naupatto {Lepanto), città e porto
sulla costa settentrionale di Co-
rinto, difesa dagU Etoli, II, 447.
Nauporto (Ober Laibacìi), sul piccolo
liunie del medesimo nome, nella
Paiirioiiia Superiore, IV, 222.
Navi antiche , etrusche , I, 882 ; le
prime navi da guerra romaue, II,
213-214 ; figurale nella Colonna
Traiana, IV, .58'). 781; loro nomi,
7X5. — V.'ili l'Intta.
.N:ivi d-i r:,i> I |i r:i .li ToZZUoli,
I. ::.' , ,ii . i , : I ■; ,'■'! . porta-
ti!. . .il ! ,•. . . .I.li/ie del
lil.iil'l.i, Jiil-Jii'i liir .1. '1 ,iccor-
dati da Claudio
Caligola. 326.
Navio, augure, statua
m suo onore
nel Fòro, li, 30i>.
Naziulii ,,;,.,,,.„..,.;., .
, nell'Apulia
Neapiih ■> ■ :■,
a fra tre era-
teiM i. !. : 1 il
Ita Palepolie
II, .54; Pale-
piil'i 1 , 1 ., - ,1
■idesi, I, 310,
Il 'Il . 1 . ....... \
rgilio, I, 275,
IV. 1 .1 , ..
.-.i Sanniti a
lar.- s. ..n, i n- |.
-■'• ' ' -"iipano
e Falerno. Il !- .
.. /:i con
loro, .5t)-o. . I i _ I, 1 1 I . Pirro
tenta vanaiuriiie di pi -uderla ,
196; ha il diritto di asilo, 263;
obbligata a fornir navi da guerra,
270 ; conserva i suoi istituti nazio-
nali, 271 ; aiuta Roma contro An-
nibale, 355 ; rimane fedele dopo la
battaglia di Canne, 364 ; respinge
due volte Annibale , 366 ; sta con
Roma contro la lega Italica, III,
172; vi studia Virgilio, IV, 117;
Nerone vi canta in teatro, 394 ;
flagellata da un terremoto, 510 ;
Adriano demarco della città, 671 ;
poit-i rn-1 t:-,-; ,!ri suerra,783;
nell Apu-
Neap'jli i.S!!.i.'.! XI". Il di Xabui). in
Sardegna, antichi ricordi, II, 245.
Neapoli , quartiere di Siracusa , li,
3/6, 380.
Nearco, tiranno di Elea, II, 1.'33.
Necromanzia, III, 745.
Necropoli antiche dei colli Albani,
del lago Maggiore, e di Villanova
nel Bolognese, I, 47.
Nee. — Vedi Mene.
Neeto, fiume della Magna Grecia, I,
316.
Neeto (Noto) , dimora dei Siculi . II,
106; colonia greca, 118; sotto Ce-
rone Secondo, 208; città federata,
273.
Neferi, città d'Affrica e campo dei
Cartaginesi, all'estremità del lago
di Tunisi, presa dai Romani , li,
508, 518.
Nemauso (Niines), privilegiata da Ce-
sare del diritto del Lazio, IV, 52;
colonia romana, 53; detta Augu-
stonemauso , 55 ; ruderi dell.a
porta d'Augusto , 53 ; acquidotto,
57 ; sulla strada di Agrippa con-
ducente a Narbona, 68; cacio lo-
datissimo, 202 ; tempio inalzato da
Adriano a Plotina, 638; luogo or -
ginario della famiglia di Antonino
l'io, 693 ; Anfiteatro e tempio
(Maison carrée), 701, 702.
Nemei. — Vedi Giuochi Nemei.
Nemesi, amata da Tibullo, IV, 137.
Nemesi etrusca, I, 436.
Nemi (lafio di), I, 543.
Nemi, citta del Lazio, tempio a Diana
(nel lungo detto il Giardino), I,
513-545.
Nemorense (re), sacerdote, I, 545.
Neottolemo , duce di Mitridate , III,
227 ; vince Nicomede, 228.
Nepesini, I, 133.
Nepete (Nrpi), città etrusca, I, 13.5-
136 ; sottomessa dai Romani, 8S0,
II, 13; colonia romana, 19, 269; di-
chiara che non può soccorrere
Roma, 393, 394 ; iscrizione alimen-
t.aria, IV, 807.
Nequino. — Vedi Narnia.
Nera, fiume. — Vedi Nar.
Nerazio Prisco, giureconsulto, IV, 672.
Neriene, dea dei Sabini. I. 383; mo-
glie di Marte, 384; dea deUa
Forza, 741.
Nerito o .Ncreto (Nardo), città dei Sa-
lentini, I, 333, 337.
Nerone, figlio di Germanico, affidato
da Tiberio al Senato, IV, 286 ; mal
animo di Tiberio contro di lui,
287 ; gelosie c/)ntro il fratello Dru-
EO, 297 ; accusato da Tiberio, 298 ;
esiliato a Ponza vi muore, 29Ì9;
Caligola, suo fratello, ne raccoglie
le ceneri, 317.
Nerone (riurli.i rr-'r^-n Aiig-icin Ger-
sua n:i- .1 :, ; \ .: i. !.. .:. l'r;-
spo V::- .. ,.... ^., . ,.. il-. _,..., ::-A;
testilaulil,.. rijliU'J 1.1. /i.l Ijiililizia
Lepida che lo educo. 3i;9, 370 ; e
adottato da Claudio, 370 ; che gli
dà in moglie la figlia Ottavia. .370:
colmato di onori. 37U ; laririzir.ni
fatte per sua i;,t i . -si •. . nTti-
371 ; proclain li ;72 ;
recita l'orazii i.i i nire
di Claudio, 372-:;: i i rnni .n.in il,a
suo governo. 374-37S; diseurdia
colla madre, 379; suoi amori, 379;
fa avvelenare Britannico. 380 ; al-
lontana da sfe la madre Agrippina.
381; e la fa . s.i :, ■ n ;, ,ea
di cospirazi<jii. I- ■ r-
gie, 3S2; resi. | . .1 ii-
l'amor di Pipii ■ : __'i la
madre, 3S3-:M n,,-
garla. 384; f.il n _ i . nto
fa adoperare i I : , - .- ].iib-
bUci plausi al 11. ■ : , -iia
prima educazion.-, >:, ..itureiln,
istrione, auriga, 38S ; poeta, 38*-
389; fi uccidere la zia Bomizia,
389; e avvelenare Burro, 389; dis-
grazia di Seneca. .389-'i90; fa uc-
cidere Rubellio Plauto, 390; e Cor-
nelio Siila Felice, 390; ripudia Ot-
tavia e sposa Poppea, .3'!0 ; caccia
Ottavia in Campania e poi la ri-
chiama a Roma, 391 ; e la fa ac-
cusare ed uccidere , 392 ; con un
calcio uccide Poppea, 393; e le
dedica un tempio. 393 : iKcide Anto-
nia che non vu"lr- T-.n-rc-it-re alle
nozze con lui .il :i -ttt lia
Messalina, llfll ; ' i . i i.n
Sporo. 394; HI r_,e.
394; canta a N [i l : i .ni..!
e medita un vi IL'- 1 i ii;
guerra in Brita;. ^ oile-
vazione della r.L l i ii'ii-
397 ; sottomissi.i,.' .ì. i l'ui:. ii'S-
399; fa incendiare K.,ma. :i!i9-lUll;
e ne dà colpa ai cristiani che fa
crudelmente straziare e uccidere,
401-41)2; riedifica Roma, 402; casa
aurea, l'i-'- I 'I pi . ò -i -io . rijiine
e ucei^ .. , I . I- I .". _ i-.n-
tro eh I I I -I . 1. li-
merò ■_ ;ii .:-• ili • ,1! in ■ I il-llll;
a Trasca Peto e a IJarea Sora-
no, 413-414; sue accoglienze al
re Tiridate,. 415-417; disegni di
guerra, 417; viaggio istrionico in
Grecia, 417; vittorie nei giuochi,
rapine e uccisioni, 419; spoglia l'o-
racolo di Delfo, 419 ; ordina a Cor-
bulonc di uccidersi, 419; intra-
prende il t.nglio dell' istmo di Co-
rinto, HO ; suo ritorno trionfale
Italia, 42
dazione nelle
122 ; sue pau-
m fuga, 425;
1-127; tenuto
ilii e .amori
< I mone, 443;
Storia dell' Ilulia antica — IV.
1026
INDICE
NICOMEDIA
NORZIA
poeta fanatico , 867 ; suo poema
sui fatti di Roma. 868: sue perse-
cuzioni ai severi cultori della scien-
za, SC8; nelle tragedie dì Seneca,
876; enormi lodi dates:li da Luca-
no, 877-878; legge ed e furiosa-
mente applaudito nelle pubbliche
recitazioni, 907 ; suoi poemi epici,
911-912.
Nerone (falso), IV, 046.
Xeroni (falsi), IV, 43).
Nerulo {Rotoyida), città della Luca-
nia, I, 293 ; presa dai Romani, II,
zion. ,!i Iru.i, ,, -1- , ,.,nre. 540;
chiese a Traiano ehe vendicasse
r insulto fattogli dai pretoriani,
.552; prese il nome di Germanico,
5"j2; teiiijiio inal/atnffli da Traia-
u<i. <iii ; , .-i. -.. il )..[,,■■;. ;m ilei pub-
l.li.-i , ■ : I .,'1 'i: ! ,■: ii:1;l SI12.
Ner^i r ■ /; • ' ■ ! ii„dra
Or,.;.l.,h ,. ... „,:ri: . ih-iruui da
Cesare ailasabi [S„,nb,-a),i\\,i-ii\
si sollevano, 442 ; Cesare diserta
le loro tèrre, 443.
Nessi, I, 775.
Nestore, filosofo di Tjirso, educatore
del giovinetto Marcello, IV, 110.
Nettuno, portico, edilìcato da Agrip-
pa, IV, 196 ; il tempio di Roma
distrutto da un incendio, 510 ; ba-
silica restaurata da Adriano, 679;
suo colosso a Civitavecchia, 605;*
altare e simulacro nel Vallo di
Adriano, 651, 653 ; tempio a Man-
linea riedificato da Adriano, 6.57.
Nevio, poeta, la sua commedia Cla-
stidiioii ha per argomento la vit-
toria di questo nome, li, 253 ; sua
cronaca in versi delle guerre pu-
niche. 611-012; suoi drainmi, 612-
614 ; carcerato e poi esiliato, 614 ;
suo epitatrio,' 614-615.
Kczio (Torre di Ne~i(i), nella Peuce-
zia, I, 349.
Nibby (Antonio), suoi sfudii sulla to-
pografia e sulle antichità di Roma
e del Lazio, I, 077 ; suoi calcoli
sulla popolazione di Roma, IV, 25.
Nicànore, figlio di Aree, filosofo d'A-
lessandria, maestro d'Augusto, IV.
109.
Nicea {Nizza), colonia fondata dai
Marsiliesi, II, 541 ; nssidiata dai
IJguri, 111,91; capo della via Giu-
lia Augusta, IV, 95.
Nicea (Lsiiik), splendida città di ISiti-
nia, teatro, IV, 5G3 ; di.sc ordie po-
polari (|uietate da Dione Crisosto-
iiio, 817; restaurata da Adriano,
664; medaglia in onore di Uoinizia
Lucilla, 718; patria dello storico
Dione Cassio, 958.
Nii-ea in Corsica, fondata dagli Etru-
schi, 11. 240.
Nii-eta, retore, familiare di Plinio il
Giovane, IV, 941.
Nicia, nella spedizione dogli Ateniesi
contro Siracusa, II, 104.
Nieulao Damasceno, storico parziale
e adulatore d'Augusto, IV, 180.
Nicoineili' li, re di Bitinia, rifiuta di
dare il contingente richiesto a Ma-
rio peiihe derubalo dei suoi sud-
diti d.ii pubblicani. III, 138.
Nieoniede III, re di Bitinia, cacciato
via da Mitridate, III, 220-227 ; ri-
iiiesBo sul trono da Manio A(|uil-
lio, assale il Ponto, 227; aiuta i
Romani contro Mitridate, 228;
sconfitto si rifugia in Italia , 228 ;
sue sporcizie con Cesare, 528.
Nicomedia {Isnikinid o Is,iìid\^ città
capitale della ] '.ri ii -i N .jiita
da Fimbria. HI : r. : , ,ial
fuoco, 4V, 5';:;: ì. '■ i \ li Ilio,
storico di .\lr-- ' M ^ I I. i; ;.; ;
Dio
., 701 ; di-
luenza di
Nìcopoii yDrrrtki), m Cappadocia o
Armenia Minore, l'ondata <la Pom-
peo a ricordo della sua vittoria su
Mitridate, IH, 315; vittoria di Far-
nace su Domizio Calvino, 513.
Nicopoli (a tre miglia da Prevesa ,
sorta dalle rovine di essa), nell'E-
piro, fondata da Ottavio a ricordo
della vittoria di Azzio, HI, 679.
Nicopoli (Nikvp), nella Mesia Infe-
riore, edificata da Traiano, IV, 581.
Nicopoli, cortigiana, lascia suo erede
Siila, in, 119.
Nidda, fiume, in Germania, IV, 55*.
Niebuhr (Bertoldo Giorgio), sue opi-
nioni sulle origini italiche, l, 193-
195 ; sulla origine dei Sabini e de-
gli Osci, 217; rifa la storia dei
primi tempi di Roma, 660-362 ; co-
nobbe gli scritti del Vico , 662 ;
credi; che l'antica storia non sia
che la raccolta di canti popolari,
653-865 ; sue opinioni sugli ele-
menti di Roma e sulla sua origi-
ne, 66(;-S(i8; pregi della sua sto-
ria, 669-070.
Nigidio Figulo (P.), senatore, amico
di Cicerone e suo aiutatore a sco-
prire la congiura di Catilina, cac-
ciato d'Italia da Cesare , III, 74 1 ;
poligrafo con fama di mago e col
nome di Pitagorico, 744.
Nigrino, congiura contro Adriano ed
È ucciso a Favenzia, IV, 631.
Nigr'o Turranio, Varrone gli dedica i
"libri dell'Agricoltura, III, 760.
Nilo, fiume, vittoria di Cesare su To-
lomeo Dionisio, IH, 511; Cesare
meditò di cercarne le fonti, 513;
vinto dal Tevere, sua imagine a
Roma, IV, 6-2-63 ; le sue cateratte
confine dell' Impero, RI; pereurso
da ("■frirniri-i. ?i;.' . '■ unii' Ira esso
eilMa l: - Il . ! I \ 1 ii„la
a Ce
nel Vali ili .V.Im.ii.ii. IV, 052.65
Ninfeo (.Ym/V(), liunie dei Volsei ,
232.
Ninfidio S.ibino, liberto, prcfs'tto di
Pretorio sullo Nerone, IV, 41i
trac i |iri iiiriaiii alle ii.arli di fla
Nino (pn.i. Villini
sugli ineaiitalor
174; e sulla villa d'Ovidio presso
a Sulmona, IV, l",!).
Nisibi (.v;>/'-: "i . i|ri all' della Migdo-
nia, evji ! I I ,. allo. III. 341 ;
presa 11 I II I I \ . 615-310; e
da laiM.i i.ii,i,-iM i.is.
Nisida (i.si.l.M, iMu^;.. il in-omont irio
di Posilipo, detta Nesix dai Greci
e dai Latini, III, 579-580.
Nissa, figlia di Mitridate, 111, .351.
Niziobrigi (paese dei) (Agennit]^ in
A<iuilanìa, sulla Garonna, III, 121.
Nobili plebei, in lolla colla plebe, III,
9 ; loro smisurata ricchezza, IO ;
si oppongono alla legge agraria
di Tiberio Gracco, 49-50; i nobili
e la nobiltà nelle Satire di Giove-
nale, IV, 893-894. — Vedi Patrizii.
Nobiltà, Adriano divulga l'uso di dar
titoU di uffici! non "sostenuti , IV,
635.
Noè, confuso dagli scrittori con Giano,
I. 180-187 ; e fatto venire in Italia,
187.
)èl de
origini etrusche,
Nola, città di origine etrusca, I, 12S;
presa dai Sanniti, 883; una dello
più popolate e fiorenti citta della
Campania, 278, 282; vasi fittili, 444 ;
ripresa dai Romani, II, 6S ; respin-
ge più volte Annibale, 366, 30'1,
372 ; sta con Roma contro la le^a
italica, III, 172; presn dai soeli ita-
lici, 181; l'eseia,!.' .1, i : ..^ai.
distrutto ivi da Si i i : i i
resiste lungamei 11' I; il.
206, 209; e poi ri. J-r. , iii.-.i
dai gladiatori, 306; tempio ad Au-
gusto ivi morto, IV, 232, 233, 237,
290 ; colonia militare, 495 ; ricordo
di Adriano, 637; iscrizione alimen-'
tarla, 807.
Nolani, accorrono alla difesa di Na-
poli, II, 55.
Nomenclatore degli schiavi, IV, 85$.
Nomentani, fanno guerra a Roma per
i Tarquinii, I, 631.
Nomento (Mentana), città del I^azio
sul confine dei Snbini, I, 562; sotto-
messa di T-ii-TMiii" Priseo, 599; ri-
ceve l.'i 'l'I' Il i.vi'i ^ a/a suft'ra-
gio. Il, :.a I . a suffragio.
Ni II
454.
Niiii.i. Il I :^'i nel Fòro dai soldati di
Mariii, III, l.-iO.
Nonio, senatore proscritto da M. An-
tonio, IV. 199.
Nonio .\sprenate, amico d'Augusto,
accusato da Cassio Severo, IV,
187.
Nonio Balbo (M.), sua statua equestre
e sua famiglia a Ercolafio, 1\',
799-800.
Nora, in Sardegna, antichi ricordi, II,
245.
Norba (presso Conversano), nella
Peucezia, I, 319.
Norba (Norma), città dei Volsei . I.
233; mura ciclopiche, SU. liv;. io; ;
assediata e presa per tradiinenio
n-bo, edilizi sep"
123, 4i6.
nella Slirin). e;
Nnriri, ira il |i;uiuMn e W Alpi, I\,
Norico (comprendente ì'Alla e ««w/i
Aunlrin, la più parte della Stirin
e della Cnrinzia. alcuni tratti de'l i
Ctiruinìn. liaviera e Tirato, e il
territcìrio iì\ Srtìi^burgo) , invaso
dai Cimbri e dai Teutoni, IH, l?l ;
comiiiereio con Roma, IV, 202;
ricordo di Antonino,
eia, 782
prov
Nor^.ia 0 Portima, dea in Etruria.
381 ; protettrice di Volsinio, 3S9
DEI iNOMI E DELLE COSE.
1027
NUMITORE
ORAZIO
tt
Novara, origine di essa attribuita ai
Galli, I, Sljlj; patria del declama-
tore AlbrWroSilo, IV, 185 ; parteg-
gia per Vitellio, 442.
Nevato (Giuiiio), multato per ingiurie
da Augusto, IV, 107.
Novensidi o Novensili , divinità Sabi-
ne, I, 333.
Novesio (A'eMM), vi sono sconfitte le
legioni del Reno, IV, 476.
Novi,), scrittore di Atellane, II, 64G,
III. 780.
-Novi.jiliMio [Sancerre), oppido dei Bi-
turi-i. ])rcso da C.-s.-»,v, III, 44G.
X.,VÌo,lllln-. (X-.-'-V ^-pi-ù.lr, degli E-
.Ini s„l I II. I _ ■l.,.ire), m-
'■.■M.li:i'.. .! I . , IH, 447.
.\mv;..i1iiiio ( ■.. , . . militale dei
SiiL'S.si.jiii, ii.i il li., Hi. di Aiuji'Ma.
IV, 54.
Niibia, visitata da Adriano, IV, CCG.
Nuceria (Nocera), città degli Umbri,
Nucèria Alfatorna iXnrera dei Pa-
glini), pn/sso il .Sariio in Campa-
nia, tenuta clasli Etru-i.'hi. I, 12S;
l'ondata dai Pi_'lasgi, -.'HJ-iSS ; pre-
sa dai Sanniti, 883 ; rivoltata con-
tro Roma, Il , 67 ; sottomessa da
Q. Fabio, 75; presa e incendiata
da Annilial,), 366; qn-isi distrutta
607;
iri in premio ai soldati,
jlonia militare di Augusto,
IV, 43; riaforzata sotto Nerone,
373 ; terremoto ai tempi di Tito ,
510; sanguinosa rissa dei suoi
cittadini coi Pompeiani, 797.
Nurna (la reggia di), incendiata, IV,
400.
Numa Pompilio, eletto re, I, 585 ; isti-
tuzioni religiose da lui introdotte
in Roma, 586-587; pace univer-
sale, 587; sua morte, 588.
Numanzia (presso Soria), nella Spa-
gna Tarivi.-,, iiese , capitale degli
.\ievaci, II, .",32 ; assediata respinge
i Romani, ', :!2 ; fa paci; r.jn Q.
Pompei,,. -::-; resiiin---- il , ,,,i=r,i,.
M. p,.i.,ll, ' • ■ ::
C. Ostil,- \l
533; a-.s,-.;, .: , ,,., --• ,,,, 1,.,,,-
liano, 53.",-.',.;i;, .>iiu , r,,,.:;i, i.n,., .".„;i;.
Numeri etruschi, I, 452-455; sistemi
di numerazione , 456 ; numeri mi-
steriosi, 436-457 ; numero perfetto,
457.
Numerio , uno dei duci degli Italici
rivoltati. III, 173.
Numerio Attico, premiato per aver
veduto r anima di Augusto volare
al cielo, IV, 23(1-2.37.
Numi. — Vedi Dei.
Numi imperiali, IV, 651.
Numicio {Rio Torto), liume nel La-
zio, I, 379, 527, 536, 540 ; sue ac-
([ue sacre, 539.
Numidi , alleati dei Romani contro
Cartagine, II, 221.
Numidia {corrispondente in gran par-
te al paese ora chiamato Algei-ii
sulla està settentrionale dell'Af-
frica), sua estensione. III, 103; in
guerra cu R,,ma, 107-120; mar-
mi. IV. 2iir. ; strada da Cartagine
a Teveste, Ii55 ; provincia, 782.
Numisio di Cii',-eii, ambasciatore a
R,)nia, li, 44-15; chiede aiuto alle
i Romani, 47-48.
( .Vi'
ibale con Clau-
Numitore, 1, 5';S.
Numitoriu (C), trucidato iifUe stragi
di Mario, III, 217.
Nummio Costante (C), nella guerra
giudaica, IV, 685.
Nuraghi di Sardegna, illustrati da
G. Spano, II, 240-241.
Nurse (Nesce ?) , città degli Equi, I,
229, 230.
Nursia (Xorri'i, nella parte superiore
d,'ll:i \,i',' ,1. :| 1 \r,-a, al pie dei
.1/,' '■ ' ' ",'|, occupata dai
Si :,: I ;:l ':;; ditene preffet-
tur,. li. 'I. |,.iiia di Q. Sertorio,
111, i-Hi : sira/i;ii:i nella guerra tra
Luci.j Aiit,jiii,j, e tltlavio, 6.3S; ri-
ordo di Adrian,,, IV, 637 ; patria
di Vespasia Polla, madre di Ve-
spasiano, 4-,4.
Dario, capo degli schiavi Siculi, vinto
dal pretore Licinio Nerva, III, 1.34.
Obelischi, I, 300, IV, 192 ; eliopolitani,
portati a Roma, 111, 638; obelisco
del Pincio, IV, 670.
Oblaco, duce dei Frentani, l, 2,54-2.33.
Occhio umano, simbolo di Osiride e
di Bacco, IV, 205.
Ocello Lticano, discepolo di Pitagora,
II, 154.
Oche (le) sacre a Giunone, salvano il
Campidoglio, I, 891; onori loro
resi, 895.
Oche, ingrassate. III, 14, 391.
Ocinaro. — Vedi Sabato.
Ocriculo {OCricoli), città degli Umbri
sulla via Flaminia, I, 65 ; occupata
dai Flaviani, IV, 471.
Octoduro (Martigyiy nel Vallese) ,
sulla riva sinistra del Rodano, vit-
toria di Sulpicio Galba sugli alpi-
giani, III, 435, IV, 91.
Odeo, inalzato da Domiziano, IV, 532 ;
di Traiano, 604.
Oeq. (Tripoli), città d'Affrica nel di-
stretto delle .Sirti, IV, 900.
Oesco (Gicen), nella Mesia Inferiore,
colonia, IV, 581.
Oeta, giogaia di monti in Tessaglia,
II, 445.
Ofelia, principe di Cirene, aiuta Aga-
tocle, e questi lo fa uccidere, II,
184.
Offerte votive degli antichi Italici,
L 413-414.
Ofillio (Aulo), familiarissimo di Ce-
sare, giureconsulto , strumento di
Augusto, IV, 30.
Ogradina, villaggio, epigrafe che
ricorda la via Traiana lungo il
Danubio, IV, 56S.
Ogulnii (Gneo e Quinto), tribinii, dan-
no alla plebe il diritto dei sacer-
Olbii
i-:^i
0 ; edili, ornano
ìm, nel F.-.r,, il
, e dei giiin-Ui,
uubascialore in
:ui-o, 236, 29.3.
Il .Sardegna, ro-
■ II, 243, 24-
vine e antichi i
Olbia, città greca della Sarmazia
europea , aggiunta da Mitridate
al „,,,, ve.jii,. d..l Ponto, lU, 225.
Olcn.., ,M , , '. ■, l'',inpei, IV, 45.
Olen , ,trusco, I, 614.
Olevii, I - '■■• <■' ili Tivoli, triù.
,„,'./ ,."J' ''"■ IV, 788.
Oliganhia , eausa della decadenza
romana. III, 8-10.
Olimpia (villaggio di finn Giovanni),
nell'EIide, visitata da Kmil io Paolo,
II. 4S2 ; spogliata da Nerone per
ad.irnare la Casa ain-ea, IV. 401.
Olimpieio. — Vedi (jiove Olimpico,
tempio ad Atene.
Olimpi). — Vedi Giuochi Olimpii.
Olimpo di Misia (Kesclivìk Dagli) ,
neir.\sia Minore, monte, II, 451 ;
selva, IV, 663.
Olimpo, monte della Tessaglia, U,
473, 474, 478.
Olio, Adriano ne regola il commer-
cio in Grecia, IV, 600.
Olio cedrino, 206.
Ollsipo Felicitas Julia (Lixhnnn), in
Lusitanìa sulla riva destra del Ta-
go, IV, 60, 6S.
Olondico 0 Salondico, eccita i Celli-
beri alla rivolta ed e ucciso. II,
Oltaco, re dei Colchi , condotto in
trionfi da Pompeo, III, .399.
Olumbria , nome delie regioni occu-
pate d.i-li Imbri tra gli Appen-
nini ,■ il ni.,1- I ,-:,'ni,. I, 65.
Omeristi , ,,, -i, IV, 89.1.
Omer,,, , listru^scrne i
poemi. I^■. ::l ■ -,
Omonimi.di p,-i,-, . .i. |,-|, i; ,,, Spa-
gna e in It.-ilM I Ili-!!.'
Omphace, città ,l s i; i ,|
Oncia, dodicesini:, ,.,,i, ,| :[,.,,. |[
309.
Onomasto, liberto, congiura con Ot-
tone contro Galba, 436.
Onore e Virtù, tempio, II, 29.5, .597,
603 ; riedificato da Vespasiano, IV,
498.
Onorio (Giulio), cosmografo del medio
evo, IV, .50.
Opere sceniche etrusche, I, 462.
Opicare, 1, 435.
Opici. — Vedi Osci, I, 209.
Opimio (Lucio), distrugge Fregelle, III,
67, 161; console, 80; accusa Caio
Gracco, 80; dittatore, 80-83; sua
crudeltà contro i seguaci di Caio
Gracco, 83 ; difeso dà Papirio Car-
bone, 84; fa un tempio alla Con-
cordia, 84 ; va in Numidia e si la-
scia corrompere da Giugurta, 105 ;
è esiliato, 109; e muore in esilio,
85.
Opinatnres, IV, 70.
Opitergio (Oderzo), città della Vene-
zia tra i fiumi Plavis (Piave) e Li-
quentia (Livenza), parteggia per
Vespasiano, IV, 464.
Oppido, nella Lucani,!, 1, 295.
Oppio, salva suo padre proscritto, Ilf,
609.
Oppio (C), suo libro per negare che
Cesarione fosse figUo di Cesare, III,
687; storico, 776.
Oppio (Quinto), in guerra con Slitri-
date, III, 2i8 ; lascia la Panfilia e
ripara in Laodicea di Frigia, 228 ;
consegnato a Mitridate, è condotto
per dispregio in giro per l'Asia e
poi riposto in libertà, 229.
Oppio (Spurio), decemviro, I, 837; si
uccide, 842.
Oppio Sabino, ucciso dai Daci, IV,
529.
Ops, Opi, dea della Terra, I, 215 ; mo-
glie di Saturno, 378 ; e adorata in-
sieme con esso, 730; culto portato
a Roma dagli agricoltori sabini ,
741 ; tesori ammassati da Cesare
nel tempio di lei. III, 575.
Ora. — Vedi Ersilia.
Oracoli italici, I, 401.
Oratori. — Vedi Eloquenza.
Orazii, leggenda composta sulle tra-
dizioni greche, I, 643. — Vedi Cu-
ri azii.
Orazio B.irbato (M), I, 8.36; sostiene
102S
INDICE
ORAZIO
ORIGINI
OTTONE
la causa della libertà contro i pa-
trizi, s;i'' ; eletto console, 840 ; vino*
sii Equi e i Sabini e trionfa. Sài.
Orazio Coclite, arresta sul ponte Su-
blicio il nemico, I, G2'>6i7 ; Roma
lo ricompensa e lo onora di una
slama di bronzo nel Fòro, 628-629,
ir, 300.
Orazio Fiacco (Quinto), suo giudizio
su Lucilio, II, 653; amico di Mu-
nazio Planco, III, 673-67-1 ; celebra
la solennità sscolare, IV, 33 ; sua
nascita e indole cortigiana, 133-
J31; primi studi, 134-133; soldato
di lìrutn p tribiinn di uni leirione
a Filippi III. i-.I'l TV, VA-; primi
Au-ii
137. li : ! Il villa Sabi-
na, l'.:-! - i M vnate, ISS-
ISI; inni • 1 .\'i.'i-'>'. l.W;suacor-
ruzi.jni'. Ilo; SUI religione, 140-
11»; mette in ridicolo gli stoici,
142-143; maestro di mollezza e di
voluttà, 143-144; inai sft.;ri , loili
ai felici, lettiMvi i 1 An^ii i , 1(1
poeta lirico, 1 li i i -
riche, 146; ;,V i i 1
irUStO 0 di ]>M,-i I II. -, I l;:-
dole d.'llT <!■:•■■ .'. ' . 111-
147; l- I ' ■ •' ' "line
monili I 17-1 ;■: p ■ - p .■nii',
squisii-i il'' iu-
bliche, OO'J.
Orbilio Pupillo, di Benevento, maestro
di Orazio, I, 261.
Orbitanio, (lasd'lln di Ducrnta), c'Mb.
Orcadi
pie-
entri.
ii'.'i„it:i set-
iiniialiarba-
Vgricola, IV,
ra, prese uà
.527.
Orchestra, nei teatri antichi, II, 627.
Orcomeno (Kalpciki), antica città
d'Arcadia, il Senato romano ordi-
na che esca dalla lega Achea, II,
406.
Orcomeno, in Reozia, vittoria di Siila
SU I>..ril: Arrh..I.-,a duci di Mi-
trid.-it.'. Ili JlJ-Ji;
Ordeoni- II' . \- ■ il.i Galha a
IV, -l::!. 1 :i . •■ r.iii-tnil'e a frel
narle, 430; Kiiento dai soldcati, 476.
Ordine equestre. — Vedi Cavalieri.
Oi-Jline toscano, inventato dagli Etru-
schi, I, 417.
Ordovici (nel paese di Galles , ecc.),
popolo sulla costa occidentale della
Jlnlannia Romana , repressi da
Oiulio Agricola, IV, 526.
Orecchio di Dionisio, II, 173-174.
Orelicerie etrusche, I, 434-436.
Oreste (porto d') (porto liaraooso),
nel Hruzio, I, 301.
Orestilla (Aurelia), moglie di Catiliua,
III, 370-rj71.
Orestilla (Livia), rapita da Caligola
al marito, e poi esiliata, IV, 324
Orfeii, .sua imagine a Roma, IV, 850.
Orgie r..inane, II, ,576, .500-592.
Oria. — Vedi l'ria Messapica.
Orico (ICi-irho), nell'Epiro, si dà a Ce-
sar... Ili, 407.
Orienti! (province d'), ordinate da Au-
gusto, IV, 22; stanza di quattro
legioni, 78; parte dell'Asia com-
presa dai Romani sotto questo
nome, 745.
Origini italiche, I, lì; st'idi antichi
e moderni, 12-14 ; opinioni dei
principali scrittori, 183-2)8.
Origini di Roma (scrittori delle) , II,
007.
Ornamenti nelle tombe etrusche, I,
517-318.
Oro dell'India, IV, 207.
Orobii, tribù della (ìallia Cisalpina ,
loro origine e sedi, I, 66.
Croie, re dei Parti, in guerra con
Rom.a, 111, 464, 465.
Oroese, re degli .\lbani nel Caucaso,
ch'e.Ie pace a Pompeo, III, 347.
Oroscopa , in Affrica , assediata da
Massinissa il quale vince ivi i Car-
taginesi, li, 501.
Orsova, nella Servia, vestigli della via
Traiana, IV, 568-360; ponte di
Traiano nelle sue vicinanze, 376.
Orra. — Vedi Uria.
Orla o Ortano lOrle), città etrusca,
l, 1.33.
Ortani, 1, 1.33.
Ortensia, figlia dell'oratore Ortensio,
rl.ii|iu'nl~e difenditrice delle m<iti"o-
II il illr rapine dei triumviri, IH,
ir; ' ; (Lucio), comandante la flotta
li' il I :.;iii'rra contro Perseo, li, 472;
Mii- 1 rudeltà e uccisioni ad Alidera,
53 i.
Ortensio (Quinto), dittatore plebeo, II,
280.
Ortensio Orini.' I()<ùnt'^. difende Pom-
peo in irli. UT, .' Ili J-..'; cnihat-
Ortcnsio (,iri:ilu (Q.), ii-lio del prece-
dente, ucciso da M. Antonio a ven-
detta del fratello Caio fatto ucci-
dere da lui, III, 631.
Orti di Asinio Pollione, IV, 174.
Orti di I.ucuUo. — Vedi Licinio Lu-
cullo (L.).
Orti di Mecennfe. — Vedi Cilnio Me-
iitani, I, 2.53.
isca, I, 169-172.
,'ica nella Sabi-
217
, , si'di, 215-216; si
! - il Illirici, 216 ; loro
pupoli discesi da essi.
Osci, nel Lazio, I, 531.
OsciHìim, giuoco boschereccio, I, 413.
Ospitalità, I, 494, 495.
Ossa {Kissavo), monte della Tessaglia,
II, 470.
Ostia , fondata da Anco Marzio alle
getti di Nerone e dei suoi ingc
gneri, 402 ; colonia militare, 493
terme ricostruite da Antonino Pi.i,
701; iscrizione alimentaria, 807.
Ostiglia, piccola città de'Ha Gallia Ci-
salpina sulla riva sinistra del Po
creduta patria di Cornelio Nepotei
HI, 781; vi si accampa Cecina,
IV, 465.
Ostilia (Quarta), avvelena il suo ma-
rito Pisone, II, 551.
Ostilio Mancino (Aulo) , console, in
Macedonia alla guerra di Perseo,
H, 472.
Ostilio Mancino (Caio), console, ab-
bandona l'assedio di Numanzia e
colto alle insidie fe costretto iid
accettare la pace, II, 532-533: il
.Senato non riconosce la pace e lo
consegna nudo e legato ai Numaii-
tini che non lo vogliono, 553.
Ostilio Mancino (Lucio) , preposto
alla flotta, governa male la guerra
contro Cartagine, II, 509 ; liberato
da Scipione Emiliano, e rimandato
a Roma, 510.
Ostio, scrive in versi la guerra del-
l'Istria, III, 791-792.
Ostorio Sabino , accusa Trasea e
Sorano, IV, 414 ; k premiato, 413.
Ostorio Scapula (M.), console, accu-
sato sotto Nerone si uccide, IV,
412.
Ostorio Scapula (P.), fonda a Camii-
loduno una cnlnnia romana, IV,
3(0 ; vince l'.iralta,',,, :'.4r.
Ottavia, sorella ili ottavi,,, veil,.va .li
;iainl
Ma
tonio, IH, 643 ; e 1., induic a far
con Ottavio il trattato di Taranto,
632 ; maltrattata dal marito, 668 ;
e ripudiata, 674.
Ottavia (Portico d'), costruito da Ot-
tavio, IH, 667-668.
Ottavia, figlia di Claudio e di Messa-
lina , IV , 330 ; moglie di Nerone,
370; assiste alla morte di Britan-
ni." Il', n|. iliata da Nerone ,
:;'u i ire da Poppea,
:i"u I 1 in Campania e
1"' I ' ' 1 Ivuna, 391; fatta
lu 1 ili riu e uccisa, 392.
Ottin 1 , \ ,|i .Augusto.
Olt i\ 1 , I I i,,rL' nella guerra
.',,11 il , ) ' , . iss.ile colla flotta
i li,U .li .Mac.-,l.....ui,H, 477; trionfa,
4,S7, 490.
Ottavio (Gnco) , console con Cinna ,
IH, 20,S; si oppone alle proposte
,lel ,..,|!,.,_r,, .>n,v!: tenta salvare
K , '1 ; ,' ii'-,is.,, 217.
Otta'. I ' M I l'imo, pone il veto
Hill ■■- I I I proposta da Ti-
li.ii ,' . , HI , 31 ; destituito,
Ottavio (M.), comanda in Affrica il
navilio dei Pompeiani, III, 517.
Ottulu-.., ni 'se, Domiziano gli dà il
limili i . Il '. IV, .332. .
Ott Il '1' Il nato da Nerone.
1\ : ' III I li l>,ippea Sabina,
.'Il . i',iat,.re di Lusi-
ilriiic.i, M<- sua vita,
detti, 449.
Ottone Tiziano .^alvio (I
DEI NOMI E DELLE COSE.
1029
OTRICOLI
PALINURO
1 1 1 ,M' . !•:; !• : ■■ ' s ._ ■
h',Z\ luu . i . - —
trattu iii'l ■ I' •■ ■ ,, I .1
le sue ■<y: .1:..
teche, 1S7 , -ran.lc aUKii-re d-llo
pubbliche recitazioni, !l0fi-0o7.
Ovinio (Quinto) , senatore romano ,
soprainlendente al lanificio di Cleo-
patra, ucciso da Otta-vio, HI, 687.
Ovio Faccio, sacerdote sannite, II,
84-85.
O.iinta, fig'lio di Giugurta, preso da
Papio Mutilo e rivestito delle in-
segne ragie. III, 181-1S2.
Pace, tempio inalzalo da Vespasiano,
IV, 499; incendiato, 77.5.
Pacoro, figlio di Orode re dei Parli,
III, 465; vinto e ucciso da Venti-
dio legato di M. Antonio, 661.
Pacquio Proculo, candidato a Pom-
pei, IV, 46.
Pacuvio (Marco), di Brindisi, pittore
e poeta tragii^o, 1, 345; dipinge il
tempio di Ei-cole a Roma, II, 61)1;
sue tragedie, 617; scrittore di sa-
tire, 650.
Pacuvio (Sesto), tribuno, consacra sé
stesso ad Augusto, IV,. 19-20.
Padova, detta Patavium dai Romani,
principale città dei Veneti, I, 63 ;
parteggia per Vespasiano , IV ,
464 ; lodata per severo costume,
829.
Padre. — Vedi Famiglia.
Padre Patrato, capo dei Feciali, I,
374.
Padri delle genti minori, I, 705.
Padusa, ramo meridionale del Po, I,
885.
Pallagonia, regione dell'Asia Minore,
ridoti.T in sua potestà da Mitridate,
111, 22;; provincia romana, 353;
aiuta Antonio contro Ottavio, 675.
Pàfo (KuhUi o Ko.itthlia), città del-
l'isola di Cipro, santuario di Ve-
nere PaMa, IV, 460.
Palatina, iv-i ,i; ■. I 'M-,
Palatino, .,, i ,. , :, ."..il, 572,
•573, (iun. ',:i ., l'I. IV, 17,
3-,, 36, is:, 1':. 1'-;. I 'T. 2:i9, 326,
400, 4U.'.
Palatium, città pelasgica nella Sabina,
I, 76, 78.
Palazzi a Roma, loro splendore, IV,
197. — Vedi Case dei grandi.
Palazzo del principe, Adriano ne or-
dina gli uflìeii, IV, 634.
Pale, dea dei pastori e dei greggi, I,
379, 7.J0 ; sue feste celebrate nel
di natalizio di Roma, 575.
Palepoli. — Vedi Neapoli.
Palestina. — Vedi Giudea.
Palestrina. — Vedi Frenesie.
Faticano, sua medaglia. III, 704.
Falice, antica città di Sicilia, edificata
da Ducezio a onore dei Palici, li,
162-163.
Palici (i due fratelli), numi dei Sicu-
li, loro culto, II, lOr-IlO; santua-
rio, III, 138, 140.
Palinuro (capo di), sulle coste della
Lucania, I, 293.
Palladio (il sacro), custodito nel tem-
pio di VesI.i I ', ; , I I i<;|i jrtàto
da Troi.-i. :;-;.: ■ . .U Me-
dio
400.
ne, IV,
Fallano, fortezza dei Frentani, rovine,
I, 253.
Fallante. liberto e ragioniere di Clau-
.!: • IV 't-^- ; -.ri decretatigli dal
I - M iM.luce Claudio a
;i • li \_'i'ippina, stata
I I 1, i : I , :;; :;ì7; fa adottare
.\ V jiie .1:1. i.l.iu'Uu, 370; sostiene
Airripiiiiia contro Seneca e Burro,
378 ; gli k tolto il maneggio delle
finanze, 379,
Pallanzia {I',afnri'f.), nella Spagna
1-1 \:
Fall.
T'-iyl'l .' :- ; ' -,-../.',■,) Miitichis-
sim.i i-itt.i ili .Irradia , riceve im-
munità da Antonino Fio, IV, 701.
Palma, città dell' Agro Falmense, I,
Palio ., . I. ,'-■-.
Paliii.o.,,. I., i _:
Paliiiiia {lnJ-„u,,i, . in.t dilla .Siria,
IV, 207.
Palmireni, ripopolano la Dacia, IV,
.580.
Palude Caprea a Roma,
' VAzow],
"''
Paludi Galliche, tra Ravenna, Aitino
e Aquileia, I, 21.
Paludi Pontine. — Vedi Pontine (Fa-
ludi).
Pancrate, ammessi al Museo d'Ales-
s;u..lri'i. IV, r;.;'l.
Panel l'I , .' r / ;c,ie) , isola dei
\ il : Il I \1 Tirreno, poi infl-
uì- p ■!■ I- ili' "ili imperiali, I, 238,
IV. .'i;, ,'IS, 2..S, 392.
Pandosia dei Bruzi (Mendicino), pres-
so Cosenza, città pelasgica, I, 72,
80 ; vi muore Alessandro Molosso,
305-306; colonia di Crotone , li,
96.
Pandosia, nella Jlagna Grecia, al di-
sopra di Eraclea (in vicinanza di
AngJoJia), I, 306, 322.
Fanellenii. — Vedi Giuochi Panellenii.
Fanezio, tiranno di Leontini in Sicilia,
II, 1.58.
Fanezio, stoico , nega l' immortalità
dell'anima, 599; familiare di Sci-
pione Emiliano, 651 ; détte a Cice-
r.jne l'argomento al libro degli U-
f.z.-i. Ili, 737.
Paoli! .:!:i costa meridio-
fi I 1-6,11, 451; al-
Ir I : ; abbandonata
ili . provincia ro-
Pangeo (l'ti;iari), monte di Macedo-
nia, III, 622.
Pannoni, ribellati e vinti, IV, 9?.
Panni. oi.i (est,. ^.1 liinco iIDnnubioda
■, il I lOj ;iri i.Im:i:.i.- orien-
.l.ir r,iijìiPrùi e St'i'-nnia, e
e della Croaii'a e della floxniV?),
,'ìogata in parte da Ottavio,
667 ; sollevazioni represse da
IV, 222; sedizi.
delle
legioni, 244-245; i-imrine f,.,lele a
Ottone, 442; i il . , 1, \- ihm.iiio,
495; e di Tru i i sioni
dei Daci, -51 ;T I ^inni
poste ivi a pre^'i: ', ."iTi - - i-riiata
da Marzio Tiiiboiie, 631, 638; ri-
cordi di Antonino Fio, 715; invasa
dai barbari, 734, 741 ; M. Aurelio
vi rimane più anni, 741 ; partita
in due province. Superiore e Infe-
riore, 782.
Panormo (Palenno), sede dei Feni-
ci! in Sicilia, II, 113, 115; presa
dai Romani, 22:3 ; vittoria di Ceci-
lio Metello contro A<lerbale, 224 ;
città libera, 273 ; Senato, 274.
Pantelleria. — Vedi Cossura.
Panteon d'Agrippa, IV, 195, 196 ; in-
cendiato, 510 ; restaurato da Adria-
no, 679.
Panticapea (7i.>/-r . nvi rimii' città
greca nel ' ii l ii-ico,
presa da Miti; Il . r, : che
alla fine dispr n i ine ni vio-
lentemente la vita, 350, 351 ; ri-
cordi di lui, 352 ; epigrafi del re
Tiberio Giulio Sauromate, IV, 662.
Pantomimi, a Roma, II, 316; cacciati
e poi richiamati da Traiano, IV,
622.
Panvinio (Onofrio), suoi studi sulle
origini dei popoli dell' alta Italia,
Paolino (Svetonio). — Vedi Svetonio
Paolino.
Paolo. — Vedi Emilio.
Paolo (Lucio), congiura contro Au-
gusto, IV, 108.
Paolo (San), supposte relazioni con
Seneca, IV, 841, 842.
Paoni, loro allevamento e costo, IH,
13.
Papii, famiglia etrusca, I, 484.
Fapinio, tribuno dei pretoriani, con-
giur,a contro Caligola, IV, 334-335.
Papinio Stazio (Publio) , poeta , sua
descrizione della villa di Manlio
Vopisco a Tiburi, I, 559-560; sue
poesie intitolate le Selve. IV, 909 ;
adulazioni a Domiziano , 909-910 ;
poemi epici, 910 ; la Tebaùle, 910-
911.
Papio (C), tribuno, fa cacciare di
Rom.-i -li sf,-,MÌ.TÌ, IH. :C.-..
Papio Mo'il . ic I, . iiiiiiiii iiiiiiiiri.ato
iide
Ercolaiiii e Pompei , 181 ; fa pri-
gione Oxinta, 181-182; vinto da
Siila, 192 ; è poi proscritto, 192 ; ■
e respinto dalla moglie si uccide,
193.
Papio Mutilo (M.) , console , che col
collega Q. Poppeo Secondo détte
il nome alla legge Papia Poppea,
IV, 38.
Papirio (Caio), console, sottomette i
Corsi, lì, 239.
Papirio (Lucio), usuraio, sua crudeltà
e libidini, li, 31-32.
Papirio (Marco), 6 insultato da uu
Gallo ed ucciso, I, 893.
Papirio Carbone (C), tribuno, amico
e poi traditore dei Gracchi, sue
leggi liberali. III, 59; combattuto
da Scipione Emiliano , 60-JI ; e
creduto complice della morte di
lui, 62; difensore del console Opi-
mio, 84 ; valente oratore e tristo
cittadino, 694.
Papirio Carbone .\rvina (C), figlio del
precedente, dà la cittadinanza allf
città federate, III, 194 ; ucciso per
1030
INDICE
PAPIRIO
PARTICI
PELIGNI
ordine di Mario da Damasippo,
255.
Papirio Carbone (Gneo), console, sron-
tìito dai Cimbri a Norcia, III, 121-
122.
l'apirio Carbone (Gneo), tre volte con-
sole , duce della pai-te Mariana,
muove contro Roma, HI, 214 ; go-
verna la città con Cinna, 220 ;
raccoglie armi e denaro per impe-
dire il ritorno di Siila, 250; resta
solo al governo, 231 ; impedisce
che sia tolto il patrimonio a Pom-
peo, 2.52 ; fa leve nella Gallia Ci-
salpina e in Etrurla, 253; rieletto
console, 253 ; battuto più volte, si
ripara a Chiusi, 253-254 ; e la di-
fende contro Siila, 256; rotto a
Favenzia, 257 ; si ripara in Affri-
ca, 257-. "• '■. p--;-. ■• fatto ucci-
dere .la !■ , ;■ .- -.
Papirio (';n : 1 . 't^ic della
prima ;.'!. ;;:-,,: , ilitt.atore,
muove o.'i.'.rj i !:t.M.i:: •poi torna
a Roma a prender meglio gli auspi-
cii, II, .58; fierissimo con Q. Fabio
che contro i suoi ordini combatte
i nemici, 58-59 ; odiato dai soldati
per la sua durezza, 59; vince i
Sanniti e trionfa, 59 ; chiamato
con Q. Publilio Filone a riparare
Tonta delle Forche Caudine, 63,
285; corre l'Apulia e prende Lu-
cerla, 66; dittatore, vince i San-
niti a Longula e ne mena un gran-
de trionfo, 74-75.
Papirio Cursore (Lucio) , figlio del
precedente, console, vince i San-
niti ad Aquìlonia e trionfa, n, 87-
• 88 ; console di nuovo con Sp. Car-
vilio, vince i Sanniti , Lucani e
Bruzi, 203; e s'impadronisce di
Taranto, 204 ; ad Aquilonia espose
l'augure ai colpi nemici, 301.
Papirio Cursore (Lucio), censore con
Curio Dentato, 11, 201.
Papiro d' Egitto, r\', 206.
Pappo , maschera delle Atellane, Il ,
647.
Parafulmini, I, 4fiO.
Parche (madri), IV, 652.
Paride, istrione, e liberto di Domizia,
acci
IV,
Paride , istrione , ucciso da Domi-
ziano, IV, 522 ; creduto autore del-
l'esilio di Giovenale, 891.
Parisade, ultimo re del Bosforo Cim-
merio, III, 22.5.
Parisi! (i), vinti da Azio Labieno, III,
447.
Parma, città otrusra, I, 126; colonia
rom.^na, 11, 267, 268, 460.
Parmenide , legislatore di Elea , II ,
153.
Paropo (Cnìlnsano), dimora dei Si-
cuh, II, 106.
Partamasiri , Cosroe chiede a Tra-
iano che sia posto sul trono d'Ar-
menia, IV, 613; Traiano gli intima
di presentarsi a lui , 613-614 ; si
reca al campo romano ed è uc-
ciso, 614 ; ricordato da una meda-
glia, 614, 615.
Partamaspate, nominato re dei Parti
da Traiano, IV, 618.
Partenope. — Vedi Neapoli.
l'artenope (.Son Stefano), piccola isola
dei V..IS.-Ì nel Mar Tirreno, I, 238.
Parti, prima loro ambasceria a Roma,
IH, 15'i; Pompeo non osa di aper-
tamente combatterli , 349 ; vin-
cono eil uccidono Crasso, 464-466 ;
disegni di Cesare contro di essi ,
.'>41 ; invadono l'Asia Minore, 635 ;
Vinti da Ventidio, 660-6C1-, vincitori
di M. Antonio , 662-665 ; restitui-
scono ad Augusto le insegne di
Crasso, IV, 88; cacciano il re Vo-
none ed eleggono Artabano, 258;
chiedono di rinnovare 1' amicizia
con Roma, 262 ; richiamati da Ti-
berini al rispetto (li R.uiia, 312;
rhl.'.l .il ■ ,T.i,i.-i,-.:i ;i . -ili-ola, 319 ;
in trono Cosroe, 628, e li tiene a
sé amici, 662 ; Antonino Pio li fa
desistere dall' assalire l'Armenia,
711 ; tentativi per riconquistare
r.\rnienia, 727 ; prendono Elegia,
727-728 ; vinti da Avidio Cassio,
731 ; mandano ambasciate a M.
Aurelio,- 748.
Partici (spettacoli), in onore di Tra-
iano, IV, 621.
Partini, popolo dell'Illirico nelle vi-
cinanze di Epidamno, parteggia-
no coi Romani contro gli lUiri, 11,
248.
Pascoli, limitati dalla legge Licinia,
III, 49; Cesare ordina che alla
custodia dei greggi si occupi un
terzo di uomini liberi, 5.37.
Passieno (Crispo), oratore , istituisce
suo crede Nerone ed è fatto mo-
rire dalla moglie Agrippina, IV,
:368.
Patana Fidia, adorata nel Sannio, I.
385.
Patavissa. — Vedi Potaissa.
Paterno, prefetto di Commodo, fatto
uccidere da Perenne, IV, 776.
Patmos, una delle isole Sporadi nel
Mare Egeo, IV, 541.
mires conscripti, I, 716.
Patria di diritto e patria naturalo ,
Il . 263.
Patricii o Patrizii , in Etruria e a
Roma , 1 , 378, 697 ; loro diritti
e doveri sotto la costituzione di
Servio Tullio, 708-712; loro pre-
valenza, 713-714; la cacciata dui
Tarquinii fc fatta nel loro inte-
resse. 716-718: l'autorità rim.a-
„e iiell- l.-.r, mani 710 ■ ,. „p,,n-
Munte Saero, 781 ; si appropriano
i beni pubblici, 797; promettono
la divisione delle terre, 801-803;
e continuano nella loro slealtà,
804 ; fanno assassinare i tribuni ,
812; non vogliono che le leggi
jieno eguali per tutti, 822-823;
loro violenze , 829 ; sono costretti
ad approvare la legge Terentilla,
831 ; sostengono di aver diritto a
compilare le nuove leggi, 833 ; fa-
voriscono i secondi decemviri ,
8(9; rifiutano il trionfo ai consoli
Valerio e Orazio, 834 ; sono esclu-
si dal tribunato , 854 ; vogliono a
gì! stessi riserbata la dignità con-
solare, 856 ; istituiscono i tribuni
militari , i questori e i censori ,
856-8,59; loro violenze e astuzie
per conservare il potere, 861-
864 ; cercano dì trar profitto dalla
presa di Velo, 879; aspettano as-
sisi nel F6ro i Galli e son truci-
dati, 892, 893; si oppongono alla
proposta di abban<lonare Roma
arsa dai Galli, li, 8; nuovi sforzi
per togliere ai plebei i loro diritti,
15; si ..|ii. .,:;;■ Il- alle leggi pro-
posi. I .n.lune, 22-24;
diluii ' ' ' ' ita consolare,
creali ,i im.'iim .d accrescono i
poteri degli edili euruli, 26-28;
cercano aiuto fra gli artigiani e
libertini contro i plebei, 276-277 ;
la loro resistenza è vana, 278;
alla fine del sesto secolo delle pri-
mitive famiglie rimangono cirea
cinquanta, HI, 9; combattono e
uccidono C. Gracco, 78 e segg. ;
flagellati dai discorsi di Mario,
114-115; nuova famiglie patrizie
create da Augusto , IV , 16 ; da
Claudio, 352; e da Vespasiano,
494.
Patrono, suoi doveri verso il elien'.e,
I, 699-700.
Pauna, città d«gli Irpini, I, 266.
Pavia. — Velli Tieiim.
Paxaw-u-: 1 ;, ; , ,. i:,.i„ìo:,\ IV, 60.
Pecuiii.i il 1 1 11, 310.
Pedana 1 1 i ,. territorio di
P,.,ll, II. .//:,■.,. .:1. 1, .553.
Pedani, minio ^-uerra a Roma per i
Tarquinii, I, 631.
Pedanio Secondo, prefetto di Roma,
trovato spento in sua casa, IV,
370.
Pedicoli, popolo della Apulia Peuee-
zia, I, 348.
Pedio (Quinto), nipote d' Ottavio, sua
legge contro i nemici di Cesare,
HI, 604; fa abolire il decreto che
dichiarava Antonio e Lepido ne-
mici pubblici, 605.
Pedo [Gallicano)^ città del Lazio, 1,
553 ; presa da Coriolano, 791 ; vit-
toria sui Galli, II, 33; presa da
Cammino, 49 ; ammessa alla citta-
dinanza senza sufl'ragio nelle as-
semblee, 50; privilegiata del suf-
fragio, 264.
Pedone Albinovano, poeta, IV, 152.
Pelagonia, creata, dopo la conquista
romana, capitale di una delle quat-
tr.j confederazioni della Macedo-
nia, II, 483.
Pelasgi , loro difTiisione in ,\sia e in
Eiuvipn , I. 'V'-T"- Vi-n •-■CMMla in
Ilaln -| -( _.i Ti- .MI -1. e,|
.Irli. IMI pelasgiehe coi numi di
•ilii , . Illa !li paesi vicini , 78;
1 un di juesi e popoli in Spa-
na . Il, lialia, 111-112 ; monu-
inenli pelasgici, 80-84, 101 ; religio-
ne, 84-87, 88,89, 90-98; industrie
e arti, 87; agricoli vira, 88-89; Ui-
miglia, società e civiltà, 89-90;
sono percossi da inauditi flagelli,
98; loro dispersione, 99-100, 216;
opinioni degli scrittori sulla loro o-
rigins, 192, 194, 195, 196-203, 205 ;
loro culto alle forze della natura,
376; lingua, 141, 475; loro ricordi
nel Lazio, 531.
d.ato alla Grecia,
ntate
-1,1, lii ,, 1 ,;,i_li osci, I, 217;
.irò ,s..li, :i.', Jll, 249-250; aiu-
aiio i .Sanniti, 11, 75; sottomessi
i Roma, 78; assaltano i Sanniti
■educl dalla sconfitta di Sentino,
<3 ; rimangono fedeli dopo la rotta
Il Canne, .303; aiutano Scipione
)er la guerra di Affrica, 410; alla
►attaglia di Pidna, 479, 480; en-
DEI ìNOMI e delle COSE.
1031
PELIGNI
PICCIONI
trauo nella lega italica, III, 171 ;
sottomessi, 190; parte di una re-
gione d' Italia, IV, 42 ; non hanno
un giuridico proprio, 733.
Felina, dea dei Peligni, I, 332. '
Fella (reliquie a Neohhori), capitale
della Macedonia, ultimo rifugio di
Ferseo, il, 480; fatta capitale di
una delle quattro confederazioni,
483.
Pelli portate d'Oriente, IV, 207.
Pellicce di Scizia, IV, 202.
Peloponneso, salvato da crudeli trat-
tamenti per gli uftì ;ii dello storico
Poliliio, 11, V.f9.
l'cloro (rap .), 1, 30(.
r.-Ha dell.' Aiin'oni, IV, 770.
Pi'ltuiiio (Civit-i Ansidonia presso
Prat'i), citta dei Vestili), I, 251 ;
iscrizione alimentaria , IV , 807.
Pelusio (Tineh presso Damietta), cit-
tà sul ramo più orientale del Nilo,
Tolomeo Dionisio vi raccoglie le
sue uavi, 505 ; chiave dell' Egitto,
681.
Penati (i), 1 , 97 , 538 , 539-340 , 586 ,
615, 733, 737-738 ; loro tempio, IV,
192 ; arsi nell'incendio di Nerone,
400. — Vedi Lari.
Pene uguali per disuguali delitti nelle
XII Tavole, I, 848.
Peneo (Snta'ubi-ia), fiume principale
della Tess:i.;;lia, II, 470.
IVnniiiii (monte) (Gran San Bernar-
(Ij), I, 381, IV, 91, 92, 441.
Pentri , tribù sannitica , I, 244 ; loro
sedi, 257-259 ; rimangono fedeli a
Roma dopo la rotta di Canne, II,
361.
Perdono , raccomandato dagli stoici,
IV, 862.
Perca, parte della costa di Cnria, non
fa parte della provincia di Asia,
li, 539.
l'ercgriiii, militi, IV, 816.
l'erenue, prefetto dei pretoriani , ec-
cita Commodo alle turpitudini, IV,
709 ; favorito dall'imperatore, 775 ;
congiura contro di Ini, 776; mira
all' impero , 776-777 ; ha troncato
il capo, 777.
l'rrffttissi„io . titolo introdotto da
ivriri... .iraiMiv. III. 695.
l'eriiii.. [Kaki F.rr.iH), città di Tracia,
sulla Prop.jiitide, IV, 68, 260.
1 '.■ripolio (Limmana) ^ nella Magna
i;rei:ia, fortezza dei Locresi,'!,
:;u-:3n.
IV il /Lilio . esamina le contradizioni
.1' i V. !u 1 ,.-.,nti, 1, 643-641.
I '' I ì ii'isameute a Roma,
l'i:]' :::i . i 1 ■ _' ilo del cousole Lupo
nella guerra sociale. III, 178.
Perperna (Marco), console, vince Ari-
stonico , II , 53T ; muore prima di
ritornare in Italia, 531.
Perperna Ventone (Marco), seguace
della parte Mariana, pretore in
Sicilia, vinto da Pompeo, III, 267;
si iniis'-,; a M. Emilio Lepido, 2.3S ;
Perrebi, abitatori della Tessaglia, tra
l'Olimpo e il Peneo, dichiarati li-
beri da Flaminio, lì, 438.
Perseo , figlio di una cuncubina di
Filippo V re di Macedoni-i, II,
46 >; sue ti-ame contro al fratello
Demetrio, 43:; ; sale al trono, sua
indole e suo odio ai Romani, 467;
si apparecchia alla guerra e strin-
ge alleanze, 468 ; è accusato di aver
voluto far assassinare Eumene di
Pergamo , 46S ; in guerra con
Roma, 4S'); abbandonato dagli al-
leati , 469 ; tratta di pace, 470 ;
vince Licinio Crasso a Larissa e
domanda pace , 471 ; ritorna con
successo alle armi . 471 ; rifa le
alleanze e caccia i Romani dalla
Macedonia , 472-473 ; e ne muni-
sce i passi, 473-474 ; vinto al monte
Olimpo, lascia senza presidio la
valle di Tempe, 474-475 ; si ritira
a Pidna dove fe sconfitto, 478-480 ;
si ripara a Fella, poi va ad Anfl-
poli e di là in Samotracia, 430;
tratta di pace con Emilio Paolo ,
e poi si dà al vincitore, 431 ; con-
dotto a Roma e menato in trionfo,
487-183 ; muore in prigione ad Alba
Fuceiise, 490.
Persia, su j commercio coU'Occidente,
IV. 207.
Persico (golfo), IV, 616.
Per.sio Fiacco (Aulo) , satirico , sua
vita, IV. 8S;-SS7; poeta degli
■■^t i >-T ,. iiMjrale delle sue
• ■- si burla dei pa-
ti'i 1' M poetastri, 903.
Pei-tiii:r |iMi liii|irratore, allaguerra
corneo 1 bai-oan , IV, 741 ; man-
dato in Siria contro Avidio Cas-
sio, 747 ; non si lascia ingannare
da un falso Quintilio, 774-775.
Perusia, una delle citta pi-infipnli .li
Eiruria, I, 123. 1'.; "
etnischi scoperti, r -, : ; : - I
statua dclI'Arrinj-: il ,,-
■hi, 83;
ili Alili, a. 4IU; assdliata da Ot-
tavio, atfamata, insanguinata e in-
cendiata, III, 639-640 ; colonia mi-
niare. IV, 43; iscrizione ad Anto-
nino Pio, 716.
Pesaro. — ■ Vedi Pisauro.
Pe.scennio Nigro (C), reprime i moti
dei barbari settentrionali , IV ,
769 ; sotto Coininodo è prefetto per
sei ore, 775.
Pesci, mantenuti in \ivai, IH, 14.
Pessiiiimic, citta ]iriiicipale dei To-
li„,,,l„.i „..|!., i; .la.in. i sacerdoti
ili I ■'"■'- ' '. •li .li ' -a vatici-
■ n . •. '' ■ II, 451.
PCM: i: ■ IMHa, I,
n;I ■ : - . -' . .: J ^05, HI,
■Jl I r, :i I ■ M MI, 733,
Pfxl . ■: .. I i . la Posi-
li _ , . li cvine di
t. j. , i - .'l'I ; l'ululata dai
1 .1 I aia di Sibari, II,
'.<.. lis ; ,. -dei Lucani, 188;
.■..I 111 I r 11! Ili I -.'(ij; obbligata a
l^jriui-e navi (la guerra, 270; si of-
fre pronta a soccorrere Roma con-
tro Annibale, 35).
Petelia o Fetilia Lucana, I, 291 ; nei
suoi monti si ripara Spartaco. Ili,
309.
Petelia o Petilia (S'ironr/oli), detta
anche Macalla, citta della Magna
I, 291, 319; sua eroica resistenza
ad Annibale, II, 367-363.
Petelio Libane (M.), console col col-
lega Sulpicio Longo, vince i San-
niti presso Caudio, II, 68.
Petilio Ceriate (Q.) , respinto e rotto
presso Roma dai Vitelliani, IV',
471; i; mandato a reprimere i Galli,
477; vince Valentino a Rigodulo,
477; perdona alle legioni ribella-
tesi , 477-478 ; sottomette Civile ,
478; impedisce a Domiziano di
accostarsi all'esercito, 4r9.
Petit-Radel, suoi studi sui Pelasgi, I,
81, 102-104, 192: ne .scopre le co-
struzioni in Italia, 101; fonda a
Parigi il Museo pelasgico, 104-110 ;
suoi confronti fra i nomi delle citt.-i.
e popoli di Spagna con quelli di
Italia, 111-112.
Peto Cecina , si uccide eccitato da
Arria sua moglie, IV, 362.
Feto Trasea. — Vedi Trasea.
Petovione (Pettou), nella Pannoni.a
Superiore, sulla Orava, colonia di
Traiano, IV, 554; stanza di una
legione, 570.
Petra, Petrino 0 Petrea {PptraliH),
dimora dei Siculi, II, 103 ; presa
dai Rom.ani, 223.
Petra {WnfU-Mi'sa), capitale del re
degli Arabi Nabatei, IH, 349; af-
forzata, IV, 601; rovine, 601; ri-
cordi di Adriano, 616.
Petreio (Gneo), di Atina. centurione,
salva una legione nella Valle del-
l'Adige, IH, 132, 162.
Petreio (Marco), vince Catilina nell'ai
ero pistoiese. 111, 338-380; coman-
da con Af.-ani in-sp-ic-na. .(87 ; si
arrende a (' ^ " i r --iato li-
bero, 491-1' I ■ .litro
Cesare in Aili. , 1- . .uu".l.are
sua fine dopo l.i bcjiu.ua .li lapso,
519-520.
Petronio, congiura contro Cesare ed
è ucciso ad Efeso da M. Antonio,
III, 553.
Petronio (Caio), governatore d'Egitto,
vince gli Etiopi, IV, 87.
Petronio (Caio), accusato sotto Ne-
rone di essere stato amico a Sca-
vino, IV, 412; sua morte singola-
rissima. 412-413. - _ _
Petronio (P.), governatore di Sina,
temporeggia nel far eseguire ai
(iiudei l'ordine di adorare Caligo-
la, IV, 333 . .
Petronio Arbitro, autore del Satirico,
IV, 89f^900.
Petronio Urbico (Quinto), di Brescia,
prefetto di coorte in Uritannia, IV ,
Pe«cfzia (n^lla Terra di Bari), I, 72,
347. :-H*-r.ii
Peucc/i. 1 ;■■. '■!-- ■■"■"■,, , . , .,
Peu,.,vi . 1 ' I 1 relas;;i,I, (2.
Peucini, |. !■ I i'..taton dell'i-
sula 1' . ; i I M.sia Inferiore,
assaltano riinp.'ro. IV, 734.
*>hallo, cullo. I, 94-95.
Philae, in Egitto sopra la cateratta
di Siene, ricoidodi Marco Aurelio,
IV, 749.
Piacenza. — Vedi Placcnzia.
Pialla, feste in onore di Antonino Pio,
Piano di Giove, sul Gran S. Bernar-
do, IV, 92.
Pianosa. — Vedi Planasia.
Piastre di piombo , usale a scrivere
il nome dei nemici consacrati ai
Numi infernali, IV. 263-264.
Picchio, uccello profetico, I, 96.
Piccioni, loro allevamento e prezzo,
III, 13.
1032
INDICE
PICENI
PISA
PLEBE
Piceni, discesi da?li Osci, I, 217 ; fan-
no pane della lega italica, III, 171 ;
sottomessi, 190.
Piceno, regione dell' Italia centrale
suirAdriatico , colonia sabina , I ,
225 ; sottomesso a Roma , n, 205 ;
parteggia per Siila, UI, 250; sol-
levato da Pompeo, 252 ; rimane fe-
dele a Roma dopo la rotta di Canne,
363; eccitato a rivolta dai Catilina-
rii, 375 ; una delle undici regioni d'I-
talia, IV. 42 ; Cesare vi ordina leve
e vi è accolto con festa, 4S5, 48-!;
le marine occupate da Fusco, 468;
parte di una regione sotto Adria-
no, 636; ha coU'lnsubria un giu-
ridico, 738.
Picentini, trasportati dal Piceno nel-
la Campania, I, 278; confederati
con Roma, II, 7S.
Picenzia (Vicenzn), città dei Picen-
tini nella Campania sui contini
della Lucania, I, 278.
Pico, vate dei l'rischi Latini, X, 53,
523, 740.
Pidna, città di Macedonia, battaglia
di questo nome, II, 470-180; An-
drisco vi è preso e ucciso, 495. .
Piei-ia, distretto di Macedonia, II, 474,
475.
Picrio, monte nei confini della Mace-
donia e della Tessaglia , ove nac-
que Fedro, IV, 875.
Pietà, concetto che ne avevano i Ro-
mani, 1, 705, IV, 8C0; dea onora-
ta di tempio, III, 44 0 , 603, IV,
764.
Pietra Roia (montagna di), parte del
Malese, I, 18.
Pietre preziose — Vedi Gemme.
l'itn Horatia, I, rSì.
Pilade, commediante ai tempi d'Au-
gusto, IV, 105.
Pilade, pantomimo, amato da Traia-
no, IV, 622.
Pilato, governatore della Giudea, IV,
Pinarii. schiatta sacerdotale nel La-
zio, I, 411; che vantavasi discesa
da Numa, 5S0.
Pindaro, sue odi in onore del tiran-
no Gerone, II, 161.
Pinete, duce in Pannonia, IV, 222.
Pinii.i iCn-iii' r'( ;'<?<ine), capitale dei
\r luii i, .'".l , assediata dagli I-
., Ili, 181.
l'in , li , \ iii> gli dedica i li-
Iri .1. ,1 \. ..:iMr:i, III, 760.
l'ipenio — '. ■ . !'■ ■, riMi
Pirati, (li 1 .;. I I ! "li delle ac-
que !• il' I ! ! M' ■liicrraneo,
III, :ì:ìii-,: ,1 . m i ,< r . ^li sforzi
dei Rumniii conno .li essi, 331;
Pompeo li vince, e li trasporta ad
abitare luoghi spopolati, 333; al-
leati di Mitridate, 335, 336.
l'ire, citta degli Ausoni presso al Li-
ri, I, 210, 212.
Pirenei, passaggio d'Annibale, II, 334 ;
trofei di Pompeo, III, 302.
Pireo, distrutto da Siila, III, 238.
Pirgi [Santa Severa), città pelasgica,
sulla costa di Etruria a 34 miglia
(la Roma, I, 79 ; occupata dagli
Etruschi, 130; il suo porto preso
da Dionisio di Siracusa, 883 ; colo-
nia romana, li, 93.
Pirro, re d'Epiro, chiamato dai Ta-
reiitini a loro .luce contro i Ro-
mani, 11. l'I-l'' ; , Mii ■•■ I Ili mi ■!
Kracli'.-i l''l- 1 ' . II'!
ta .li K'ii 'I : Il I '' I .1 I
a Tarimi' , I .. , :" .,'_i •■ Kn'i./.-
ambasciai.. le e manda ( ima a K..-
ma, lOTi-lOU ; vince alla battagUa
d'Ascoli e fa tregua con Rom-T ,
199 ; va in Sicilia per liberarla dai
Cartaginesi, 199-200 ; vorrebbe re-
carsi in Aifrica ed fe costretto a
lasciare la Sicilia, 200; ritorna a
Taranto, 201 ; è sconfitto a Bene-
vento, 201-202; lascia l'Italia e
muore ad Argo, 202-203.
Pisa, .-itt.i pelas;.'ir;i, 1, 79; etrusca,
l'jr. , i 'ihi' I iiil't'-i da Tarconte,
III I I I ' li Liguri, lì, 4.58;;
ri] l'Ili , "tribuni della
Pisauro {Prsriro), città degli Umbri,
I, 65 ; colonia romana, II, 267-268,
460 ; occupata da Cesare, III, 485 ;
iscrizione alimentaria, IV, 807.
Piscine dei ricchi Romani, III, 14-16,
394.
Pisidia, provincia dell'Asia Minore,
n, 451.
Pisidii, sottomessi dalle truppe di Mi-
tridate, III, 336.
Pisistrato, suoi lavori al tempio di
Giove Olimpico ad Alene, IV, 659.
Pisonp, — V,.ili C-ilpuniio risone.
Pistul.'si (l'-.i-iiMii"'. illiiMi' I l:i Colon-
Pit;i
ni ; iiiiii. M.i — I .' '-'ii'li. II-'; sue
dottrine religi.ise, iii.ir.ili e politi-
che, 143; riforma dei costumi, 144 ;
istituto pitagorico , 145-146 ; in-
tenti morali e civili, 146-148; sua
autorità a Crotone e suoi nemici,
149 ; ultimo asilo e morte a Meta-
ponto ove la sua casa fu conver-
tita in un tempio, I, 326, 328, II,
151 ; rimane venerato nel mondo,
1.52 ; sua statua nel Fòro romano,
300.
Pitagorici, II, U.5-146, 148-149; uccisi
nella sollevazione di Crotone, 151 ;
e altrove, 152 ; si riparano in Gre-
cia, 153 ; e poi ottengono di ritor-
nare in Italia dove si rendono il-
Pite.
■ Vedi
Pitino (presso Aquila), città dei Sa-
bini, I, 223.
Pito, difensore di Reggio, fe fatto uc-
cidere da Dionisio tiranno di Sira-
cusa, II, 171.
■ vasi fìttili e nel-
.li Cere, di Tar-
i \iil i. ili Or-
. I, 154-
i: i " T'ii-i-sis,
I l'iiinpei.
co nel tempio ilellii I.ÌIh-i'Ih, III, 44.
Pixunte, (Capo degl'Infrischi), pro-
montorio m Lucania, I, 293.
Piacentini (I'i(tcrntini), alla battaglia
nomani, 457 ; correrie e .■u^salti dei
Liguri, 458; vittoria di M. LucuUo
sui Mariani, 111, 257 ; BOllcvazionc
della nona legione contro Cesare,
494 ; Cecina assalta la città ed è
respinto, 446; l'Anfiteatro distrut-
to, 450.
Placido (Giulio), tribuno di coorte,
scopre Vitellio nascosto, IV, 472.
Planasia (l'innosa), piccola isola del
Mar Tirreno, poco lungi dall'Elba,
Agrippa Postumo vi è rilegato .la
Augusto, e ucciso poi da Tiberio,
IV, 221, 231, 243.
Plancio (Gneo), questore, accoglie l i-
cerone esule, IH, 419.
Platone, visita la corte di Dionisio il
Vecchio tiranno di Siracusa, e vi
corre pericolo, II, 173; torna alla
corte di Dionisio il Giovane, e a
gran pena riesce a salvarsi, 176.
Platorio Nepote (Aulo), propretore in
di Adriano, 649.
Plauto, poeta comico, di Sarsina nel-
l'Umbria, I, 66; sua vita, II, 620-
622; numero delle sue commedie,
021 ; trae dal greco gli intrecci e
poi li modilica, 622 ; dipingendovi
la vita romana, 622-626 ; suo scopo
è di far ridere il pubblico, 631 ; al-
lusioni satiriche, 631-332 ; perso-
naggi delle sue commedie, 632 ;
dipinge il vizio con intendimento
morale, 633; aiuta Catone nella
riforma dei costumi, 633-635 ; sua
arte drammatica, 635; sali e motti
arguti, 636-tì37 ; sua lingua, 637 ;
confrontato con Terenzio, 641.
Plauzii (famiglia dei), loro sepolcro,
IV, .351, 3.52.
Plauzio (Aulo), governatore delle Gal-
lie , sua spedizione in Uritannia
ove resta al governo dei vinti, IV,
345.
Plauzio (Caio) , pretore , vinto due
volte da Vinato, II, 528.
Plauzio Novio, .-irtelii-e della cista sco-
cittadinanza agli ascritti alle citta
federate. III, 194.
Plauzio Silvano Eliano (Ti.), ponte-
fice, pone la prima pietra per la
riedilicazioue del Campidoglio, I\',
497.
Plebe e plebei di Roma, dapprima
non hanno parte alcuna nelle pub-
bliche faccende, 1, 701, 704 ; loro
origine dai vinti delle città latine,
703 ; fatti cittadini dal re Servio,
706-712 ; in lotta continua coi pa-
trizi per la conquista dell'egualità
dei diritti, 718, 719, 774, 777-778;
oppressi dai creditori e triidili in
ogni promessa si ritirano sul Mun-
te prime loro libertà e il modo .li
.conseguire le altre, 778-788; con-
dannano all'esilio Coriolano loro
Aero nemico, 790 ; contese violenti
per aver parte alle terre pubblicjlie
usurpili' lini |i.i!ll.'ì, Tl'l'-^ol , ot-
ele
vuole leggi uguali per lutti, 822-
S23, 829, 831 ; la rivoluzione con-
DEI NOMI E DELLE COSE.
1033
PLEMINIO
PLUTONE
fro la tirannia dei decemviri con-
l'ernia i diritti plebei , SW, S IO ; i
pleliisoiti resi ohhli'j-t rii ..-i- fit-
ti, S-tO, li, 3i)-:ìI , . ' ■[..
.■incessa dalle .\ ! I 1 i ,■ ;
loltu
II, 1.)
M-asv
tra plebe e patri
ritto di elezione ■
tare con potesti
856; contese p.r
supreme, ,Si;:5-si;.~,
terre di \^ n ST'
dalla iiiv:, 1 '
distribn/i-
Pontini 1, I '
lato, 2>-:- . ' ■!-,! • .1,1 -r ,n;i-i-tl':i-
tiire e il.-l . |.- ' .•, ^,i i ,,■ - ]• ■-
litica, Ij'i- ;l, ■::'■ :- , ; •■ ■ .-
nobili miM.l, ili, H ; rsirri,,, hum.-
ria della iìIcIib .he lurn.a la n.ai;-
Sior parte della popolazione di
Roma, 10, 16-17 ; sua vita, 18-19 ;
nuove lotte, 147 ; distribuxioni di
terre fatte da Cesare alla plebe,
.537; che si fa devota a lui e al
dispotismo, 567.
l'ieminio, ucciso nelle proscrizioni di
Siila, IH,' 262.
Pleminio (Q.), feroce governatore di
Locri, II, 410, 411.
Plenina IPiwiella), città deiVestini,
I, 231.
Piera (Gravina), nella Peucezi.a, 1,
349.
Plestina {Pe.icnsseroli ? ) , città dei
Marsi, I, 248.
Pleurone (presso Missolinioi), città
dell' Etolia, il Senato Romano or-
dina che esca dalla lega Achea,
II, 496. ■
Plinio Cecilio Secondo (C), detto il
Giovane, sua patria, IV, 921-923 ;
nipote e tìglio adottivo di Plinio il
Vecchio, 940 ; grande .^mico di Ta-
cito, 940: uffi-ii pubblici e studi,
!111 -, l'.ìiH>i.'iiir., a Traiano, 560-
.5i;,', i;->l-i;j2, >;72, 912, 944; gover-.
int'i!-,- in Ditinia, e carteggio con
TiMiiuin, .5i;.l, .5i;4; sua epigrafe te-
stamentaria nelle Terme di Como
da lui edificate, 941 ; Orazioni e
versi, 942 ; Epistole, 942-944 ; ville,
943 ; gran promotore delle pubbli-
che recitazioni, 907-908; eccessivo
amor della lode, 943-944 ; onesto,
umano e largamente benefico ai
privati e al pubblico, 806, 905, 944-
946.
Plinio Secondo (Caio), il Vecchio, di
Como, IV, 921-922; scritti sulla
grammatica e sulla eloquenza, 868,
.S72 ; storia delle Guerre germani-
che e delle cose di Roma, 983 ;
vita operosissima tra i pubblici uf-
lìci e gli studi, 923; sua Storia
naturale, 924-925 ; sua morte nel-
lincendio del Vesuvio, 511, 513,
923, 925.
Plistia o Plistica , città dei Caudini,
I, 262 ; amica dei Romani, assedia-
ta e presa dai Sanniti, II, 67.
Plotina, moglie di Traiano, sua virtii
e suo ritratto, IV, 5-55, 536, 561 ;
mette in guardia l'imperatore con-
tro i procuratori imperiali, .562 ;
trasporta a Roma le ceneri di Tra-
iano, 621 ; fa eleggere imperatore
Adriano, 626-627; tempio di lei a
Nemauso, 638.
Plozio (L.), candidato a Pompei, IV,
46.
Plozio (Lucio), poeta, IH, 793.
Plozio Tucca, poeta, eletto a correg-
gere e pubblicare VEiieide. IV,
152.
Plutai-co, di Cheronea, non crede alle
meravigliose origini di Roma, I,
(139 ; accoglie in sua casa il figlio
di Giulio Sabino ucciso da Vespa-
•siano, IV, 503; suoi scritti di eti-
ca, 843 ; maestro di filosofìa a
Roma, 955 ; sue Vite pavaliele.
'. )r).5-fi5rt : questioni romane e opere
I -iiatore dei morti, I, 514.
I' ' . '. iiivori idrauUci fattivi da-
-li l,t; i^.-hi, I, 131.
l'uc-iiii stòrici, epici, didattici. III,
792.
Poesia (la) a Roma negli ultimi tem-
pi della Republilira, 111, 7.^8-814.
TV.. li. ;,; t-nipi ,1 All.uM.,, IV, 11,5-
■ I - 1 1 . uri primi
i .• '^ •• !• '!. , !• i:. - -i:.-r)i7.
'■'--■" '--1'^^ •-V'-'- ■^'■), se-
|Mj|.ri eirusrhi, 1, 134. 4-^7-
Polemune, sofista, IV, 6.58; amico di
Adi-iano, celebra con sua orazione
r Olirapieio di Atene inaugurato
dall'imperatore, 659 ; sue relazioni
con Antonino Pio, 706-707.
Polibio, storico, trasportato in Italia
ottiene cogli altri Achei il per-
niess.i ili ripatriare, 11,493; salva
il l'I'iiiiiu .' ilai mali tratta-
ni 1 ' lotte della Grecia
pii I lu-istocrati, 500;
ii^ii .1 : -iilio e della ro-
vii.'i : 1 . 1 . _ , , :.]:,. :._M ; salva
Mirra la
Il iniria, 603-
iiiiii-ux- di Sci-
li;, 631.
stro di Claudio,
idere da Messa-
li.'^.-n.-.'a, 837.
'Ili 1" riilonali
idui-i r..maiii. IV. 397; governa
e ruba e insanguina Roma nell'as-
senza di Nerone, 419.
Polifemo , figliuolo di Nettuno , Il ,
99-101.
Poligrafi romani, IH, 744-7G2.
Poi
Polii
133 ;
Il '. il), tenta il taglio
■ 111; ■ • '. '■ ■info, IV, 420.
Polipi — '. il l'reneste.
PoliMiaii,'. 1,1.1 1.1 Ili. -Ile navi di Cla-
zoniciie, .nula lloiua nella guerra
italica, IH, 178.
Politica dei Romani, I, 769-770.
Politorio Jalla Torretta presso il ca-
sale di Decimo), città del Lazio,
I, 542 ; distrutta da Anco Marzio,
.595.
PoUenzia, città dei Liguri, presso la
conrtuenza del Tanaro e della Stu-
ra, rissa intestina, IV, 794. •
Politone (Vedio), getta i servi in pa-
sto alle murene. III, 32.
Pollizio, città dei Marrucini, I, 232.
PoUusca (Casal della Miindrin),c\{-
tà dei Volsci, I, 237 ; presa dai Ro-
mani, 788 ; ripresa da Coriolano,
791.
Polluzia 0 Pollitta, vedova di Rubel-
lio Plauto, si svena, IV, 411-412.
Pomerio, allargato da Claudio, IV,
316; e da Traiano, 603; Adriano
ne fa ristabilire i termini, 679.
Pommereul, generale francese, pensò
di trasportare a Parigi la Colonna
Traiana, IV, 586.
Pompea Paolina , moglie di Seneca,
si svena per morire con lui , IV,
PoMipedio, senatore, congitu-a contro
Caligola, IV, 334-333.
Pompedio Silone (Q.), capo dei Marsi,
forma il disegno di fare un colpo
su Roma , III , 165-166 ; agitatore
degli Italici, 168 ; nominato da essi
console. 174, 179; inganna e vince
iì. ServiHo Cepìone, 184; provoca
inutilmente Mario, 184-185; vince
il console Lucio Porcio Catone, 190;
vinto, si ripara nel Sannio, 191;
riprende Boviano, 193; è vinto a
Teano, 194.
Pompei o Pompeia, in Campania,
città di origine etrusca , 1 , 128 ;
rovine, 275; presa dai Sanniti .
883 ; e poi dagli Italici , III, 181 ;
difesa da L. Cluenzio 191 ; e presa
da Siila, 192; villa di Cicerone,
12; album, IV, 45-46; elezioni
municipali, 46-47, e 787; i fac-
chini di Pompei e Augusto , .52 ;
Vespasiano restituisce al pubblico
i beni invasi dai privati, 500; ter-
remi.tó.sio; i-, ritta seppellita
dal \i nvi., .MI iravi e rovine,
311-il 'l't. a populo.
78<: '■.' -iailiatori, 796;
santini,. .-. , i - i. a.HI' anfiteatro
coi Nijcerini, TM. 796-7.18; ha per
dieci anni il divieto di dare spet-
tacoli neir anfiteatro , 797 ; onori
a principi buoni e cattivi, 798-799;
onori resi ai cittadini, 799; tem-
pio d'Augusto, 810, 8U ; Venere
Fisica, 830.
Pompeiano (CI.) , marito di Lucilla ,
alla guerra contro i b.arbari, 741.
Pompeioliti. (li Cilii-ia, III, 312.
Pompeii.pnli {M,--rtlv), in Cilicia ,
t'ondata dagli .V.hi'i e dai Rodiotti
col nome di Soli, 111,334; spopo-
lata da Tigrane d'.irmenia , 334 ;
ripopolata ed abbellita da Pom-
peo, da cui prese il nome, 334;
vi e confinato Vonone, IV, 252.
Pompeo, senatore, accusa Tiberio
Gracco di voler farsi tiranno, IH,
Pompeo (Gneo) detto Magno , salva
suo padre dall' odio dei soldati ,
111, 214; citato in tribunale per
togliergli il patrimonio , 252 ; se-
gue la parte di Siila, 252 ; solleva
il Piceno , 252 ; si unisce con tre
legioni a Siila, 253; vince l'eser-
cito d'Etruria, 257; vince il pre-
tore Perperna in Sicilia , 267 ;
passa in Afliricà e trionfa , 267 ;
vince Emilio Lepido e Giunio Bruto,
289; nominato proconsole nella
.Spagna Citeriore , 296 ; riprende
la GalUa Narbonese, 296 ; è bat-
tuto da Sertorio a Laurone, 297;
vince Perperna ed Erennio , 297 ;
battuto e ferito sul fiume Sucrone,
298 ; e nel piano del Turia , 298 ;
Sertorio gli fa levare l'assedio di
Pallanzia e lo vince a Calagurri ,
299 ; scrive al Senato che se non
manda pronti .aiuti porta la guerra
in Italia , .300 ; vince Perperna
e fonda Lugduno dei Radunati ,
302-303; ritorna in Italia, 303;
vince una bandi di gladiatori e si
dà il vanto di aver schiantata la
ribellione, 310 ; nominato console,
trionfa, 310; gode il favore del
popolo, 310; suoi ritratti, 311 ;
sua indole e studi, 312; Siila gli
dà il nome di Magtio , 312-313 ;
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV,
130
1034
INDICE
POMPEO
POPILLIO
falti della sua gioveiitu. 313 ; sua
truiielta, 313 : prima sostenitore di
Siila, poi suo uemico, 313-314 ; sì
iiccinge a demolire la costituzione
Sillana, 315 ; sue riforme nel tri-
bunato e nei tribunali, 316-317;
330: investito di autorità illimitata
ctìntro i pirati, 330, 332 ; dai quali
presto libera i mari , 333 ; prende
Oiracesio e trasporta i pirati in
luoghi spopolati, 333; fonda di
nuovo ed abbellisce Pompeiopoii ,
334 : nominato al eoverno dell'A-
sia , 343-344 ; suo incontro a I)a-
nala con LucuUo, 344; vìnce Mi-
tridate a Xicopoli, 345 ; impone un
tributo a Tigrane, re di Armenia,
346; e arresta il di ;ui tìglio ri-
belle, 346; vittorie sugli Alljani e
Iberi del Caucaso, 347: prosile
fìerusalemme e fa piÌLrioni. io Ari-
stobulo, 349; costriii;: • alla pac;
Areta, re degli Aralii A'abatoi. :5)!i-
350; suoi ordinamenti nell'Asia,
353 ; sua amicizia per Cicerone ,
362 ; dà la libertà ai cittadini di
Mitìlene, 397 ; sbarca a Brindisi e
licenzia l' esercito , 398 ; trionfa ,
39S-401 ; sua decadenza, 401; fred-
dezza con Cicerone , 402 ; è chia-
mato Sampsiceramo , 402: sì fa
sostenitore di Clodio , 402-404 ;
primo triumvirato con Cesai'e e
Grasso, 405-406; è fischiato al
teatro , 406-407 ; prendo in moglie
la liglia di Cesare, 4li7; risponde
alle invettive di Bibulo , 410 : fa-
vorisce l'elezione di Cesare al go-
verno delle Gallic, 411 ; favorisce
l'adozione di Clodio, 417; abban-
dona co<lardaiuente Cicerone ac-
cusato, 410; favorisce il suo ri-
torno , 421-422 : è fatto padrone
della terra e del mare , 4(i2 : va
alle conlerenze di Lucc;i , 463 :
fatto console, 463; prende per sé
l'Affrira e la Spagna . 464 ; so-
stiene T. Annio Milone, 472 ; fatto
cxmsole senza collega . 473 ; no-
mina a collega suo suocero, 474 ;
fa processare Milone, 474; sue
leggi, 474-475 ; suo odio a Cesare,
475 ; teatro da lui edificato , 475-
476; motivi e pretesti alla guerra
civile, 475-479; dichiara a parule
di essere pronto a lasciare il co-
mando, 4S0 ; si prepara a difender
Roma da Cesare , 482 ; per farsi
padrone di ogni cosa, 483 ; all'an-
nunzio del passaggio del Rubicone
liigge col Senato a Capua , 486-
4S7 : suoi errori , 487-488 . va a
Hrìtidìsi e si prepara a passare
nell'Epiro, 4S8. 489; parte segre-
tamente d'ItJilia, 490; sue forze,
495-496; è bloccato da Cesare a
Durazzo, 498; e lo vince, >490 ; ilop..
'•onsigli diversi lo insegue , 500-
.501; e a Farsalia fe disfatto daini,
501-.'J03; cerca rifugi., in Ki^ino.
.504-505; e vitn.v;, ; m. j.;
SU' sepolcro ail .', i ,- i:
confisca/ione dii i ■
milioni di dcii-nn 7; . \iliiaiii
•ifa il sepolcro in
G66.
IV,
Pompeo (Gneo) , figlio maggiore del
Alagno, ripara in Spagna, III,
ri20 ; ed ha il comando supremo
dei Pompeiani , 530 ; sua grande
energia e ferocia, 531 ; sconfitto a
Munda, .531-532; ferito, muore,
.5:52.
Pompeo (Q), concole, assedia Nu-
iiianzia
spinto, II, 532; fa pace coi JSu-
iiiantini e a Roma nega di averla
ronchiusa, .532.
Pompeo (Sesto), nella guerra sociale
si abbocca con P. Vezio Scatone,
duce dei Marsi, III, 187.
Pompeo (Sesto) , figlio di Pompeo
Magno. Ili , 504 ; dopo la disfatta
di Afl'rica si ^alva in Spagna, 520,
.530 ; e vinto a Munda si salva fra
i (fltibeii, 531 ; >I. Antonio pro-
pone che sia richiamato dal ban-
do , 577 ; il Senato gli dà il co-
mando dei mari , 602 ; signore di
Sicilia e dei mai'i respinge Q. Sal-
vidieno Rufo , 617 ; e rart'orzato
dalle navi di Murco, 631 ; impedi-
sce r arrivo del grano a Roma ,
637 ; assedia Turio e Cosenza ,
642; s\ir/i stilili e sua vita, 645:
v,.7it:n r_'-.i .;; Xcltmio, G46;go-
A , ■ ^I I - , -i e. liberti, 647;
'. i , i' ' |iT-o con Antonio
I ' ]<■• Miseno , 647-
I ! -- ■ ilia, 649; la sua
II n < ''■■ iviii a Cuma, 6.50-
I 'I i Mia a far sacrifizi
I N . ■ "uiitto da Agrip-
pa - N :Ui, „ ! ;.J ; ripara a Mes-
sina, ijJT ; lugye nell'Asia Minore,
657; è uccisola Mileto , 657 ; sua
indole, 657-658.
Pompeo Falcone , premiato dopo la
prima guerra dacica , IV, 575.
l'ompeo Pianta, storico della guerra
tra Ottone e Vitellio, IV, 920.
Pompeo Rufo (Q.), fatto console con
Siila, III, 201 ; riesce a fuggire dal
tumulto elei Fóro, 205 ; poi ucciso,
SOS.
Pompeo Strabone (tiiieo), nella guerra
S(;ciale, 111, 178; rotto nel Piceno,
183; muove contro .\scoli , 185;
eletto console, va nel Piceno, 186;
vince Vezio Scatone,' 187, asse-
dia, prende Ascoli e trionfa. 188,
189; fa uccidere Pompeo Rufo,
208; richiamalo dal Piceno a di-
fendere Roma, 213; suo figlio,
Pciiipeo Mauiin. 1,1 salva dall'odio
.In -.:.!-•, -,'ll; ■ -|..,-n -.'11-215.
Punì]. .. iv,, .1 ..',ì. .li Aru-
l.i:: l: ; ■ I .■ . IV, 541. ,
Poi-jip-;.;. I i.Hi.:, I . ii'u^.M. 1. 484.
I P.jmponii, l'anii^;lia !-.jmana, I, .588.
l'omponio (L.), da Bologna, scrittore
I di Ateliane, II, 646, III, 789.
Pomponi" (M.). amic.j di Caio Gracco,
Poinp' , " ,-■.:.. ::^ ,, , ,!i Tiberio
Sm, , ' - . il. 11,341.
Pomi.'ni ..\ii!.- . I it,,,. .tuilia di es-
siTi- .ami.;.' (Il timi, Lil. .i'J.i ; dopo
la vittoria di Uurazzo i Pompe-
iani vogliono divìdersi i suoi beni,
.".DO: cpiciiro). 741: sua indole e
•■•- i 7)1-7)2 • In il si.pr.anno-
'■ \<'- ' 71- -i ,1 eili-
t ■ - . ■ '• .:, I ; ,T.MU-. 742-
." I ■ ' ; ; iirerchc
■■Hi:- .... ■Lii,.' ij. .■],.; ^raii'li lainiglìe
i. 7l:j-7M; epigrafi agli
I Ili I lustri, 744; narratore in
In .:oiisolato di Cicerone,
: r, ; : 1 .
Pouipoiii.j Uassulo (M.), commedio-
grafo, e magistrato a Kclnno. I,
264; traduttore e imitatore di Me-
nandro, IV, 917.
Pomponio Marcello (M.) , linguislJi ,
IV, 864.
Pomponio Matone (Manio) , console ,
vince i Sardi, II, 2:{9.
Pomponio Mela, sua Cosmografia, IV,
918-919.
Pompiiiiin Secondo (P.), scrittore di
tragedie. IV, :J53.
Ponte Efio {Potile Sani' Angelo), in
Roma, IV. 680.
Ponte FI- I » ■■ ■■■(•"/■v in Britannia.
IV, i.n ,:-- :i ■ •■v.»
Ponte M , ■ i/.,/V), sul Te-
vere p... . I. :„ii, 111,280, 290.
Ponteticc M.i>;i..ij, scrive negU .-l-i-
niM giorno per giorno là storia
olficiale, II, 607.
l'ontefici. capi supremi della religione
(prima 4, poi 8, e poi 15 e 16),
istituiti da Ninna, I, 5SG; ammes-
si all' uflicio anche i plebei dalla
legge Ogulnia, II, 280; eletti por
la legge Domizia dal popolo , III,
147 : a cui è tolto questo diritto
da Siila con la legge de fincerdo-
tiis. 273.
Ponti Lunghi, via sulle paludi tra il
Reno e il Wisurgi ( Wrscr). IV, 248.
Pontici , alla battaglia di Cheroiiea ,
IH, 2:J9.
Pontidio (C), uno dei duci degli Ita-
Ici rivoltati. 111, 175.
l'ontìne (Paludi). I, 19, 231, 237. \\.
607.
Pontini (Campi), vit'oria di Cornelio
Cosso sui Volsci, 11, 13.
Pontino (Agro), distribuito ai plebei
romani, li, 19 ; vi sono vinti i Gal-
li, 33.
Ponto (regno del). III. 225-226; pro-
vincia romana, 351. iv. 37.5, 782;
soccorre M. Antonio contro Otta-
vio, III, 675; alimenti dati da que-
sta regione al commercio , IV,
207 ; invasione dei Daci, .567.
Ponto Bussino. — Vedi Bussino
(Ponto).
Ponzia , una delle isole Enotridi ,
presso a Velia in Lucania, I, 292-
293.
l'onzia (/>oi(i'(), is.ila, appartenente
ai Volsci, nel mar Tirreno, I, 237.
238 ; colonia romana, II, 68, 267 ;
vi muore Nerone, figlio di Germa-
I nico, di fame e di ferro, IV, 290.
I l'onzie, isole, (Svetonio, Calig., 15,
Dione, LIX, 22) , piene di esilii e
i di sangue sotto Tiberio e Caligola,
I IV, 279, 367.
Ponzio .aquila, tribuno, congiura
contro Cesare, III, 552; muore alla
guerra di Slodena, 553.
I Ponzio Erennio, .Sannite, I, 487.
I Ponzio (Caio) , figlio del precedente .
I capo dei Sanniti, II, .58; vince i
j Romani alle Forche Caudine, .58-
62 ; lascia lìberi i vinti purché pas-
sino sotto il giogo, 62-63; ricusa
di ricevere i consoli consegnatigli
(la Km i p- r j- ii.iieiv il trattato
(li ' - -i vinto dai Ro-
iiKiin i i. ii'e Slitto il gioL'o
Kuii
dà
decapitalo a Roma, 88-89.
Ponzio Telesìno, Sainiite, duce degli
Italici rivoltati. IH, 175; si unisce
a Ciniia nic--itivo da Roma, 209;
c.'ii.li.-ei ^ lihiti - mitro Siila, 253;
• chi i i - ■:.■ li :riovane Mario
in l'i I ..".: impedito, marcia
ai-dil,i-,i. it, ,n,,ip. Uinna, 2.57; e
liiiìs.-e all' eroica battaglia della
Porta Cullina, 259.
Ponzio Telesìno. Sannite, fratello del
precedente, duce degli Italici rivol-
tati, 111, 175: caduta Preneste fi-
nisce in duello col giovane Mario,
259.
Popillio Lenate (Caio), intima ad An-
tioco di rinunziare alla conquista
dell'Egitto, II, 492.
DEI NOMI E DELLE COSE.
103"
POPILLIO
POTINO
II,
:iì.
PopiUio Lenate (Marco), fa la guerra
ili Liguria senza decreto del Se-
nato, II, 5.ìr,.
PopiUio Lenate (P.), console, feroce
persecutore degli amici di Tiberio
(rracco, III .58, 72, 80.
l'opilUo Lenate, senatore, avvei-te
Bruto e Cassio che la trama non
poteva più tenersi celata, IH, 55(5 :
intrattiene Cesare a colloquio pri-
ma che venga ucciso, 558.
Popolazione, i cittadini romani dimi-
nuiti di un sesto durante la prima
. punica, II, 2:^7 . popolazione
Il H .in
ili Al
tiarli:iri in liiilia p''r supplire alio
spopolamento, fcOl. — Vedi Censi-
mento.
Popolo fondo, ir, Si;?.
PoppeaSaliinn. litn ì.cr-i,l,,re daSIes-
saliua, IV ■:■■<<. ■':: :s.'.
Poppea Snljiii : _ i : l .! pivceden-
te, druda il. : i n . i\. :iS2-3S3 ;
vuól esscriiL- l:i urj-:ie, :3s3 ; ed è
sposata, 390 ; fa accusare Ottavia,
3!i(l-3>2; il popolo abbatte le sue
Ki.ihu'. 3i11: si fa recare la testa
.Il iiit.ivia, 392; superbia, e lusso
, i' I ,■ I ,. ;'' ; . 11 ••:- . .i, Nerone
Populnl
I, 1:5
sricoltore
Roma, e
-Massi-
vaio
1 , j i _ '. e i-iia au-
1 r, .-.51,559;
r.'L'ij ii.;lla guerra
V ,: 1.1 belle prodezze
I ■ porta aRoraa la
1 : lia, 4<5-416; cen-
"Tr u. Il i licrarnente il lus-
. mali eosluini ed & onorato
a statua dal popolo, 565-567 ;
l la basilica Porcia , 566 ;
i d'ufficio. Continua la censu-
i motti arguti e noU'eloqueu-
17 ; fino ai suoi giorni estre-
iiu' per la li-
isionieri, 493;
ai fìlosolì Cre-
ato arbitro a
lano ,
693. 7
origin
coluir
l.iiia.j s.aillore di
•il, .j69-5TÙ, III, C92,
i studi greci e sua
.570; scritti di agri-
■rra . di morale, di
:i III, 760; il libro
; ^ Ili romane e i-
''!■. condusse En-
1 iMloue aiuto nel-
'iiii I le i.ir.ve idee,
/, 1 -. ili liiillusso
:.:j-"ì::; .lato al
invili ai ■■aiiilii COl-
.-jO; fortilìcazionì di
occorre Scipione per
a iuerra di .\flVica, II, 410; di-
eia (p'asili'c.a), edificata nel Fòro
la M. -Porcio Catone Censorio, II,
eia' iiion-lie di Marco Giunio Bru-
.,, HI. -".".. .^.-^S. ."9; sua line, 630. ,
, , 1 11 .11: I I. eonsole, sconfitto
1 _, - ': 1 III, 98.
. , I .in), eletto console I
V e ,1,1 r 1 M irsi. Ili, 186; battu-
.. ila Poiapedio Silone ed ucciso, !
90-191.
ei., l'atjne Cen.sorio (M.), nato
servi, 31).
Porcio Catone L'ticense (M.), proni-
pote dell'antico Censore, da fan-
ciullo nega a Pompcdio Silone di
intercedere a fiivorc degli Italici,
in, IfiR; e poi protesta contro la
tirannide di Siila, 264 ; sua natura,
363-364 ; Sostiene e ottiene la pena
di morte pei seguaci di Catilina,
384; inutile la "sua fiera probità,
394; tinbuno del popolo, 394-395:
si oppone fieramente al richiamo
di Pompeo dall'Asia, 39.-)-39G ; com-
li.atte la legge agraria dì Flavio,
404; predice mali estremi del pri-
mo triumvirato, 406; combatte la
legge agraria di tViulio Cesare ,
498; e arrestato e poi rimesso in
libertà, 409; combatte nuov.amente
ìa IcL'-e e poi la giura, 409-410;
e.iuii 1 il V r', Mr.iio di Cesare al
u-e r ' ' ' llii', 412; È man-
,]i... . -Il Cipro, 417; i-
sr..lii I , -lite profusioni
i. 461;
i, 4113;
untile
468;
' iiiipeo
turpe iiu T
è ferito m il
escluso d.iì
ìa sua opp
sostiene la p
sia fatto i
473; difenil
giudizi
grande
li coll-
ii co-
l.a di-
Porcio Catone (.M;u- .), h.li- il.'l
cedente, muore coinbatteudi
temente a Filippi, III, 627.
Porcio Latrone (M.), retore, IV,
186.
Porcio Leca (M.), congiura con
lina. III, 373, 378.
Porcio Licino, scrittore di versi
790, 793.
Porcio Licino (Lucio), pretore, II,
alla battaglia del Metauro,
401.
Porco, tipo posto a dispregio de
giudaici rimpelto alla grott
betélcm e sopra le monete. IV,
185-
Cati-
, III,
,.398;
400-
Porolissuni (Mojomcì), nella Dacia,
IV, 580.
Porpora, portata a Roma dall'Asia e
dall'Affrica, IV, 201, 205, 206.
Porrim.a, divinatrice italica, I, 401.
Porsena, lucumone di Chiusi, miiove
contro Roma e la assedia, I, 626-
628; ahbondona la causa dei Tar-
quiiiii e si fu amico ai Romani.
029 ; suo sepolcro a Chiusi, 1.54.
419-422, 592.
Porta infernale, figurata in sepolcro
etrusco, I, 514.
Porta di Ferro, sul Danubio, epigra-
fe che ricorda la via Traiana,"l\',
568-569.
Porto, città presso Ostia, IV, 3.56.
Porto di Claudio e Traiano a Ostia,
IV, 355, 606.
Poside, eunuco, liberto di Claudio,
IV, 342.
Posidonia. — Vedi Pesto.
Posidoniate (seno) {Golfo di Salerno),
I, 277.
Posidonio di Apamea, filosofo stoico,
maestro di Cicerone, suo ritratto,
lU, ;«l-36-2, 736.
Posilipo (colli di), I, 273.
Possessi (grandi). — Vedi Latifondi.
l'ossesso, I, 797.
Possesso (il) del suolo. —Vedi Pro-
prietà della terra.
Poste, ordinamento introdotto da Au-
gusto, IV, 70; riordinate da Tra-
iano, 609; e da Adriano, 671.
Postumio (L.), ambasciatore romano
a Taranto, li, 190-191.
Postumio (Marco), di Pirgi, pubblica-
no bandito per le sue frodi, il,
546.
Postumio (Q.), senatore, fatto ucci-
dere da Antonio, III, 676.
Postumio Albino (.\.), scrive in greco
gli Annali di Roma, 11, 607.
Postumio Albino (X.) , sconfitto da
Giiigurta, conchiude una pace in-
fame, JII, 109.
Postumio Albino (A.), nella guerra
sociale reca soccorsi a Siila. III.
191 ; i! ucciso dalle truppe tumul-
tuanti, 192.
Postumio Albino (L.), console, \ince
gli miri, II, 247-248 ; pretore, è tru-
cidato dai Galli presso il Po, a59.
Postumio Albino (L.), console, impo-
ne ai Prenestini di preparai-gli
l'alloggio, III, 1.58.
Postumio Albino (Spurio) , console,
sconfitto alle Forche Caudine, 11,
60-62.
Postumio Albino (Spurio), denunzia
al Senato le turpitudini dei bac-
canaU, li, 591-592.
Postumio Albino (Spurio) , console,
fa la guerra a Giugurta, e si la-
I scia comprare e ingannare da lui
ed 1! condannato. III. lo9.
Postumio Albo Regillense (Aulo), dit-
, tatore ('258), e vincitore dei Lati-
ni alla battaglia del Ingo Regillo,
I I. 6,32.
1 Postumio Megello (Lucio), condannato
1 a grossissima ammenda per aver
! occupato i soldati a coltivar le sue
terre, II. 304.
Postumio Modesto (P.), chiesto quin-
quennale a Pompei, IV, 46.
Posverta, divinatrice, I, 401.
Potaissa o Patavissa ( r/ioi-rfn), nella
Dacia, IV, .580.
Potenzia {PotCììza), nella Lucania, I.
294-295.
Potenz'ta {Potenza), nel Piceno, co-
lonia romana, II, 460.
Potino, eunuco, potente alla corte di
Egitto, III, 674.
1036
INDICE
POTIZI
PRIFERNO
Potizi, schiatta sacerdotale nel Lazio,
Pouilly, dimostra l'incertezza dell'an-
tica storia romana composta sulle
tradizioni greche, I, 645.
Poveri, ammessi nelle legioni da Ma-
rio, III, 115-116. — Vedi Plebe.
J'ozzo, prigione degli.schiavi, IH, 30.
Pozzuoli. — Vedi Puteoli.
Prasutago, re degli Iceui, suo testa-
mento, IV, SOtJ.
Prefetto degli alimenti, IV, 808-SlO.
Prefetto dell'annona, IV, 29.
Prefetto augustale, in Egitto, IV, 62.
Prefetto del pretorio, sotto Adriano
si ingerisce nelle cose civili, IV,
634. . ,. .
Prefetto urbano, ai tempi di Augu-
sto, IV, 25.
l'refetto dei vigili, IV, 27.
l'rcfettura dei costumi, I\, '22, 31.
Prefetture, li, 2C9,
Preneste (Palesi.
clan
Lazio,
.fané,
-gi'tti
iL-_;;ua con
parie del
privilegic
chiamata
necropoli, I. 1"
d'arte scavati
gli Kqui e (l:u > ■ i
dai Romani, U, U \ m
Roma, 34; privata t
suo territorio, 50 ; ha
di dare asilo , 263 ; afforzata dal
giovane Mai-io, III, 254 ; assediata
«la Lucrezio Ofelia, 255 ; si arren-
de ed è saccheggiata, 259. 264-265 ;
tempio della Fortuna, 269-270 ; Ca-
tilina disegna di sorprenderla, 3'8 ;
occupata da Lucio Antonio, 637 ;
iscrizione alimeutaria , IV, S37;
villa di Plinio il Giovane, 943.
Prenestina (arce) [Castel S. Pietro),
I, 553.
Prenestinc (sorti). I, 553, II, 301.
Prenestini , 1 , 527 ; fanno guerra a
Roma per i Tarquinii, 6:51 ; minac-
ciano Roma e sono sconfitti sul-
l'AUia, II, 14; resistono ai Ro-
mani, 48 ; sconfitti a Pedo, 40.
Presenteio (Publio), duce degli Ita-
lici rivoltati. III, 175; vince P. Ru-
tilio Lupo, 181.
Presidi , posti al governo delle fac-
cende civili nelle provin'^p, IV, 49.
Presidii militiri, IV 7^
Pretore, miiiisir - i ' ii-n/ia e
capo della ini : ''■ an-
che tra i po)! : I - i I ;.-', U,
264; creat.j i-r i uininiiiai- la
giustizia a Roma {pmetor vrba-
iius) , ove dapprima e preso solo
tra i patrizi , 26 ; e poi anche tra
i plebei, 31.
Pretore peregrino , giudice dei fore-
stieri, II, 306-307.
Pretori municipali, II, 264, IV, 26, 45.
Pretori al governo delle province, con
supremo potere civile e militare ,
lì , 273 , 307, 544-545 ; accresciuti
(Ino a otto da Siila (e poi fino a
sedici da Cesare), III, 274 ; obbli-
gati n piMili'-nr. 1.. regole di loro
aiaiii,:,. • ■.",; suppliscono
e .-..!. !., eduli il di-
ritio . .. , ,',.,:■'
Pretoriai... a imciUi.. della città, IV,
27; privile;,'iali. .SO; hanno in loro
mano l' Impero, 82 ; raccolti in un
«anipo lortillcato ( Castro preto-
rio), 2&3-28I : pai-tesTiTiatio per Se-
inno , 301. :5'i:; i-.n.i, . i,,i|i,-i-atore
Claudio,3*^:;:- l Nerva
la morte de, , i .mi-
ziano, .549; piii;i!) At 1 i :i ii., ."jS;
causa di tenere a tutti, S16, 817.
Prctuziani, tribù del Piceno, loro se-
di, I, 225, 227.
Pretuziano (agro), 1 , 225, 227.
Priferno (presso Asserii) , citta dei
Vestini, I, 251.
Prigionieri, come trattati dai Roma-
ni, II, 490.
Prillo (lago) {padule di CastioliO'ie),
in Etruria, 1, 159.
Primavera sacra, 1, 51, 224, lì , 351.
Primo (Antonio), soprannominato
Becco , tribuno , sua indole , IV,
464 ; parteggia per Vespasiano ,
464; invadevi' Italia e ferma la
sede di guerra in Verona, 464;
vince i Vitelliani a Bedriaco e a
Cremona, 465-466 ; calpesta l' Ita-
lia , 468 ; offre patti a VitcUio ,
469; occupa Roma, 471; ha la su-
prema potenza, 473; e le insegne
consolari, 474 ; cade in disgrazia
e sparisce, 475.
Principe del Senato, IV, 16.
Principi dei ninnicipii, IV, 783.
Prisci Latini. — Vedi Latini.
Privernati , loro scorrerie nei campi
Romani, II, 35.
Priverno (monte di), bagnato dal
mare, I, 19.
Priverno (Pijierìiii). città dei Volsci,
L 231 •. rr'--i .1-ii lìninani, II, 35;
privata !: ; ' ' ' '" t'Tritorio,
50; ri.l. I : si ribella,
è soltuiii -1 . . _ li Roma col
benelici^y viti. a i .ua.iiuanza, 54.
Proca, re di Alba, 1, 568.
Processioni funebri , figurate nei se-
polcri etruschi, I, 509-510.
Procida (isola di), detta Prochyta
dagli antichi, già unita al conti-
nente, I, 26.
Procilio, storico, IH, 770.
Proconsoli, cominciano con Q. Publi-
lio Filone, II, 56-57; governatori
e ladroni delle province sotto la
Repubblica, .544-545; e sotto l'Im-
pero , IV, 252 , 789 , 791-792 ; po-
testà proconsolare di Augusto, 20-
21. — Vedi Province.
Proculeio (C.) , ufficiale di Ottavio
impedisce a Cleopatra di uccidersi,
III, 682.
Proculo, imitatore di Callimaco, IV,
153.
Procuratori, o ragionieri, destinati a
riscuotere le rendite delle provin-
ce, IV, 49.
Procuratori degli aliinentì , IV, SOS.
Proemi degli antichi scrittori , 111 ,
780.
l'rofessori di eloquenza greca , loro
stipendio, IV, 497.
Profumi, IV, 201, 205, 207, 208.
Prologhi delle commedie, II, 630.
Prometeo , imagine della civiltà na-
scente, I, 87 ; nelle Satire di Var-
rone. III, 756.
Properzio. — Vedi Aurelio Properzio.
Propontide {More di Marmara), HI,
336; Stretto, IV, 260.
Propretori, al governo delle provin-
ce, II, 544.
Proprietà della terra, consacrata dalla
religione in Etruria,!, 370; a Ro-
ma. 794, 798, 800 ; assicurata dalle
leggi delle XII Tavole, 849.
Proquestori municipali , IV, 4,5.
Proscrizione (tavole di), III, 261; editto
di proscrizione dei triumviri. 111,
607-010.
Proserpina , regina degli Inferi , 1 ,
299, 511, 514, 11, 101; protettrice
di Cizico, HI, .338.
Prostituzione, combattuta dai fllosoll,
IV, 857-858.
Protogene , servo di Caligola, IV,
.331.
Province, come trattate da Roma, II,
272-273; apparenze di libertà e
servitù dappertutto , 274 ; ordina-
inenti, 543;. governatori, 544-545;
pubbliche gravezze, 545-547 ; prov-
veditùenti di Caio Gracco, III, 77,
78; leggi di Siila, 273; e di Cesare,
411, 538 ; province senatoriali e im-
periali sotto Augusto, IV, 48 ; spo-
siate, 76-78; nei primi tempi di
Tiberio , 252 ; sotto Claudio , 349 ;
buon governo sotto Traiano, -.62,
263 ; cure di Adriano che le visita
tutte , 631 , 635 e seg. ; fioriscono
per opera di Antonino Pio , 701 ;
loro numero nel secondo secolo
dell' Impero , 782 ; loro governo ,
791 ; rapine d' imperatori e pro-
consoli , 791-793 ; gravezze senza
numero, 793.
Prusa (Brussa), città di Bitinia, IV,
563; patria di Dione Crisostomo .
che colla sua eloquenza vi calma
le popolari discordie, 846, 847.
Priisia, re di Bitinia, acconsente a
consegnare Annibale ai Romani .
II, 461 ; prende in moglie una so-
rella di Perseo, 468 ; e stringe più
viva alleanza con esso, 476; sue
bassezze, 491.
Pseudo Filippo. — Vedi Andrisco.
Pseudo Filippo , tenta occupare la
Macedonia ed i' ucciso. 11, 495.
Pseudo Nerone. — Vedi Nerone (falso).
Publicani, flagello delle province, 11,
54.5-547 ; si burlano degli Dei e
delle immunità, 599; portano via
rijiiie schiavi i sudditi del re Ni-
,■ .■...■■ir Ji l; li.iia, IH, 13^; lor..
, , : :s;..ni in .\sia, 3i.->,
:;i ; - I : !.. nia delle proviii-
. . . ; .:- ; . ; . ir..iiati da Lucullo,
lìtn , peisc-iiilati da Catone, 394 ;
compagnie di cavalieri riscuotitori
delle pubbliche rendite, IV, 250;
loro tariffe fatte pubblicar da Ne-
rone, .'575.
Piiljlicio C'erto, senatore, fa da sgher-
ro, IV, .540.
l'iit.lili.1 Filone (Q.) , dit^tatnre , leg-i
j, ... . ... , . .a.a.o.Uu a npar.u.;
I .>iit:i palila alle Forche Caudine,
li ! ; va nel Sannio e in Apulia, G-i.
Piihlili.i Volerone, tribuno, chiede che
i tiiluini e gli edili sieno eletti
dalle tribù pleliee, I, 812-814.
Publio (Gaio), sfugge alla hbidine
(h'U'usuraio Lucio Papirio, 11, 31.
Pudiiizia, dea, IV, 764 ; due templi a
Roma, lì. '303.
Punici, loro venuta in Sicilia, II, 117.
— Vedi Cartagine.
Punico, capo dei Lusitani, II, ."26.
Puteolano (Porto), grande emporio del
mondo, I, 272, IV, 203, 232, 334,
Puteoli {Posziioìi), detta in antico
Dicearchia, f)ndata dai Calcidesi, ,
I, 272-273, 310; colonia romana,
II, 267, 427 ; villa di .Siila, III, 279;
avanzi della villa di Cicerone, 724 ;
colonia militare, IV, 43, 495; col
cognome di Nerone , 375 ; monu-
mento a Tiberio, 250; sepolcro e
tempio ad Adriano, 691 ; tempio e
iscrizioni ad Antonino Pio , 713 ,
716; tumulto di plebe, 794, 796;
onori pubblici a una matrona per
la sua castità, 829-830.
Pyxus. — Vedi Hussento.
DEI NOMI E DELLE COSE.
1037
QUADI
atriNZio
BBMI
Qua.ài {Moravia), m guerra coi Ro-
mani, IV, 530; confinanti coi Bu-
rii, 571 ; Antonino dà loro un re ,
711 ; assaltano l'Impero, 734, 741 ;
combattuti da M. Aurelio e dispersi
da Giove Pluvio, 713; fanno pace
con Comrnodo, 768.
Quadrante, quarta parte dell'asse. II,
30''.
Qu.nilriremi, navi da guerra, II, 213.
Qi'ii'-stioiies perpetuae. — Vedi Giu-
Quatuurnri municipali, IV, 45.
Quercia (la) sacra di Dodona, I, 03.
Qui'rriuetulani, nel Lazio, fanno guer-
ra a Ruma per i Taniuinii, I, 631.
Questori, I, 857, 861 ; se ne nominano
quattro, due dei quali plebei, 865;
portati da otto a venti da Siila,
III, 273-274.
Questori degli alimenti pubblici, IV,
808.
Questori municipali, IV, 787.
Questori preposti alle regioni d'Italia,
II, 306; e a quelle di Roma, IV,
26.
Questori per le spiagge marittime,
IV, 42.
Quinario, moneta d'argento del valore
di cinque assi, II, 309, 310.
Qiiincusse, cinque assi, II, 309.
(jiiiiviì'aVi-ia; feste di Minerva, IV,
535.
Quin'in.'niinli. censori nei Municipii,
'JM ! , ,1 (laguerra,II, 213.
>> ..■ ^ise di luglio, chia-
itiit . i;. ',,, HI onore di Cesare,
III. 533.
Quintilia, amica di Licinio Calvo, III,
811.
Quintiliano (M. Fabiu), maestra d'e-
loquenza, IV, STI. Si > I-ri:,, i,,,„.
oratoria, 871 ; mi : ',' ;
esaltabruttameiii.il ' -:_■;
maestro di Plini" ili.;/::, ili ;
che gli dota la li;.'iia. !.Uj.
lori
illa, IV,
Quiutilio (Coiidiuu o Condiano), sua
vita ed ulBcii, IV, 773-774-, ucciso
da Commodii, 774.
Quintilio (Massimo), sua vita ed uffi-
ci!, IV, 773-774; ucciso da Com-
rnodo, 774: padre di Sesto. 774.
Quintilio (SCSI...). lii;lio di Massim.i.
(jiiintili.. \ :: !■
IV, 77. -.-Jl ,-•_..
225; cospirazione e sullevaziune di :
Arminio, 225 ; sconfitto nella selva i
di Teutoburgo, 226-227 ; si dà la
morte, 227; la sua testa è man- I
data a Maroboduo, 228; e da que- 1
sto ad Augusto, 22S; sono ricupe-
rate le sue aquile, 258. I
Quinziano Afranio , senatore , con-
giura contro Nerone, IV, 406;
scoperto, 407 ; sua morte, 409.
Quinzio (L.), legato di Crasso, vinto
da Spartaco, III, 309.
Quinzio Atta (Tito), poeta comico, lì,
646.
Quinzio Attico (C), console, si salva
dai Vitelliani col dire di aver in-
cendiato il tempio dì Giove, IV ,
470.
Quinzio Capitolino (T.), escluso dal
secondo decemvirato, I, 835.
Quinzio Capitolino Barbato (T.), con-
sole, trionfa dei Volsci, I, 820.
Quinzio Cincinnato (Lucio), console,
I, 824; dittatore, 825, 863; salva
la patria e torna al suo campicel-
lo, 827-828; per le arti di Appio
Claudio non e eletto decemviro,
8:34-835.
Quinzio (Cesene), figlio di Cincinnato,
citato avanti l'assemblea delle tri-
bù, fugge in Elruria, I, 823-824,
827.
Quinzio Cincinnato (T.), vince i Pre-
nestìni, II, 14.
Quinzio Crispino (L.), pretore, scon-
fitto dai Celtiberi e Lusitani, II,
Quinzio Flaminio (Lucio), fratello del
seguente , prende d'assalto Leu-
cade, II, 437 ; tolto dalla lista dei
Senatori con nota di crudele libi-
dine, 565-556.
Quinzio Flaminio (Tito), console, va
contro Filippo di Macedonia, II,
433-434 ; lo vince ed occupa l' E-
piro, 434 ; si impadronisce di qua-
si tutta la Grecia, 4.34-435; vince
Filippo ai Cinocefali , 436-437; e
gli accorda dura pace, 437; con
un decreto fa dichiarare liberi i
Greci, 439 ; ed e con gran festa
sahitato liberatore da tutti, 438-
I"' . \\ 1 ?■ p.'r ordinarne lo
Sm I ] :i K.ima e trionfa,
ili , iivcia, 443; inter-
c. .i |.. I I - 11. -.cordata tregua
a.^ii lii.jli, 14; . minaccia Prusia,
re di Bitiiiia, per aver dato asilo
ad Annibale, 461.
Quinzio Penno Capitolino Crispino
(T.V i-..iis.il.'. iicpìs.) nella guerra
Quii-i;n.. •'! . ■-i,siir,..iito, IV, 104.
Quiriii.j. lìiviiiità. culto, I, 729, 741;
e tempio, II, 294, IV, 192. — Vedi
R.:.in.;lo.
Quirio. città dei Quiriti sul colle Ago-
nale secondo il Niebuhr, I, 666-667.
Quiriti. I, 582.
poeta epi'-o della battaglia
/i... IV I-.2-1.53.
1 . .,. ■■ ,.•,.. porta in trion-
:. - fi mino, III, 154-
I, ibieno di quella
1' - Il .-.11.
l; : : 1 I iii.i. cos'i detto dal nome di
Livia, moglie d'Augusto, IV, 193.
Raninensi , una delle tre primitive
tribù di Roma, I, 667.
Raoiil Ruchette, sua opinione sull'o-
rigine degli Etruschi, I, HO.
Rascupoli, capo dei Traci, III, 622
Raseiii, non e provato che da essi
disccndan.-i gli Etruschi, 1, 120-121 ;
iipiiii .'li "'i! !! iii>, 122; e sulla o-
riir: .il . ■■ l'.M-OOO.
Rat: .; K l.vc), sul Danu-
1.: .. ;, ! .M ; -uperiore, Colonia,
IV, .VI,
natili, iti.rnon o lìrrviarivm totìt'S
iiiìperii di Augusto. IV. 7.5.
Rauilio (Campo) ," o Campi Raudiì ,
nella Gali. a Cisalpina, presso Ver-
celli , ove Mario distrusse i Cim-
bri, III, 133.
Rauraci, tribù elvetica (nel cantone
di Basilea) , emigrano nelle Gal-
lie. III, 430.
Ravenna, occupata dagli Umbri, I,
65; credesi fondata dai Pelasgi,
79 ; ivi si riparano presso Cesare i
tribuni cacciati da Roma, IH, 481,
484 ; stazione di un'armata navale,
IV, 79, 783.
Re di Roma, suoi poteri, I, 701 ; ve-
niva proposto dal Senato ed eletto
dalle Curie, 702-703.
Rea Silvia o Illa. I, 5G8-569, 571.
Keate (Rieti), sede dei Pelasgi, I, 74;
occupata dai Sabini, 219, 221, 223;
diviene prefettura, II, 90; patria
di M. Terenzio Varrone, III, 746;
colonia militare, IV, 495 ; la disse-
ro fondata da un compagno di
Ercole, .503.
Reatina (pianura), I, 220.
Recita/ioni pubbliche, a Roma, IV,
906-907.
Redicolo (il Dio), detto anche Tutano;
e tenuto salvatore di Roma, II,
389: suo tempio, 389.
Reggini, del Bruzìo, vincono i Greci
ai fiume Sagra, II, 133.
Reggino (promontorio) {Capo Piita-
ro o la Punta di Calamizzi se-
condo altri), I, 305.
Reggino (Asproì)wnte), vertice e sal-
to, nel Bruzio, I, 285, :J04.
Reggio, citta del Bruzio (Catabi-ia) ,
fondata dai Greci, famosa di studi
e di belli edilizi, I, 304, 310, II, 96,
118, 119; riceve leggi daCaronda,
137: retta dal tiranno Anassila, 159;
in guerra col tiranno Dionisio, 168 ;
salvata da Elori, 169 ; saccheggi.a-
ta e insanguinata da Dionisio, 171 ;
ridutta -i iow.'!-o stato, 188; stra-
ziai . .' I : I !. ji.iie Campana,
Ki;:. 1 -r . p i. -re dei Roma-
ni. , . I 1 . .1 'i-nir navi da
gli, -ni. J7ii. . ...i.-rva i suoi isti-
tuti nazionali, 271 ; fedele a Roma
contro Annibale, 3ì6-:iC7 ; e contro
la lega italica. III, 172 ; promessa
dai triumviri in premio ai soldati
della guerra civile, 607; confino
di Giulia d'Augusto, IV, 218 ; sta-
zione per le navi frumentarie co-
minciata ivi da Caligola, 325.
Regino (lago) {Tenuta di Pantano),
battaglia, I , 631-633 ; Livio non
cuuusce r anno in cui fu data, I,
6i7.
Reu'iuni d'Italia, U, 306, IV, 41-42,
'73'<.
Regioni di Roma, nell' ordinamento
di Servio Tullio , 1 , 706-707 ; ai
tempi d'.\ugusto, IV, '26.
Regolo. — Vedi Atillo Regolo.
Regolo (M.), iniquissimo delatore e
consigliere di Domiziano, IV, 475,
539.
Religione, degli antichi popoli italici,
I, 364, 3;8-385; degli Etruschi.
•387-415; culto dei morti in Etru-
ria e a Roma, .505-520; ordina-
menti religiosi di Numa, 586, 594 ;
la religione romana ispirata dal-
l'utile, 728-729 ; Dai dei pastori e
degli agricoltori, 730-732 ; Vesta,
733-734; Palladio, Penati, Lari,
Trinità Capitolina, Marte, Giano,
735-746 ; oracoli, religione e poli-
tica, 750-752 ; Numi stranieri, 7.53 ;
decadenza, II. 303-301 ; riti stra-
nieri, 302; incredulità, 596; rifor-
me d'Augusto, IV. 32-34.
Religione augusta. IV, 810.
Religione dei Druidi. — Vedi Drui-
dismo.
Remi {Reimn), popoU della G.allia
Belgica, tra la Matrona [ìlama)
!■ la Musa, si uniscono ni Romani,
III. 434, 445 ; rivolta, IV, 477.
103X
INDICE
KEMO
KODIANI
Remo, sua leggenda, I, 56^)73.
Reiiioria, luog-o sull'Aventino ove Re-
mo prese gli augurii, I, 572.
Reiiiiuia. villaggio sul Tevere, secon-
.)u il Niebulir, 1, 666.
H.Mnii (Krnesto). suoi <!tudi sulle cau-
... ,ieii-) <,l1i..,-„7K'I).> L'i'idaica, IV,
; ,--r.^ , , i,,,. ,;, !:, .Tiise contro
l: ■;■■■. - '' \ .-usto, rs',
:■. , ,,.•.■:■. -.ini ■ .1,1 .'vlriaiio, 634.
K.ji... fmiiM- (Iella 'i.illia Cispadana,
wlebre pel convegno dei triumviri,
avvenuto in una isoletta di esso
vicino a Bologna, III, COS.
Reno, fiume, confine tra Galli e Ger-
mani, III, 423, 424; ponti e pas-
.saggi di Cesare, 437-438, 443; vi
stanziano otto legioni e una flotta,
IV, 78, 79; contine dell'Impero,
S4 ; ricacciati al di IiiSvevie Ger-
mani, S5; spedizione di Caligola,
:t2S ; c.inal,' tra esso e la Mosa
K.Mi ., Rezii, l.jr.j sedi e costumi, IV,
'.i:ì; vinti da Druso, <Ì3. Pt ; assal-
t.mo gli Elvezii, 441. — Vedi Ra-
seui e Rezia.
Reliaria. — Vedi Ratiaria.
Retori, screditati e combattuti, III,
<;!>5; retori e declamatori ai tèmpi
■1 Augusto, IV, )8r)-187; premiati
di inmiunità da .\dnano, C7fl; lo-
ro aringhe raccolte da RiMieca,
«70.
Rottorica. i primi tempi dell'Impero
sono il suo secolo d'oro, IV, 869-
870.
'Rnia. {Grigioni e Tiralo , e alcune
parti settentrionali della I,o,/i 6a>^
flirt) , provincia romana , IV, 94 ,
782; commercio con Roma, 202;
lisurata sulla spada di Tiberio ,
242 : parteggia per Vitellio , 441 ;
ric-.rdi di Antonino, 71.5; invasa
dui Catti, 727.
Rezii. — \ edi Reti.
Kii-.-hez/e. cercate a Roma per la via
dei delitti, IV, !-2l-82->.
Rieei (Neniesio), studii sulle orisini
dei lVla.s-i. I, 10.'.
ItigMdiilu (Riol), sulla Mosella. vi so-
no battuti i Treviri, IV, 477.
Riiuini. —Vedi Ariniino.
KiMdaeo ^roÌKaithch). Ilmne dell'.\-
sia Muiore nella provincia dell'El-
I. ■?]!.. ntii , vittoria di I.ucuUo su
Mitridate, IH, .338.
l: :i.li... (valle del|, IV, 663.
lùii Ir ciiri, presso gli Etruschi, I,
"'- '1 : pr';«o i Romani. 706-
■ ■ ' 1 ' i morti, 519-520.
Itv
Il greca sulla costa
,:i.i. larraconese, ricorre
i;jntro i Cartaginesi, li.
Uodano. jliimc, passaggio d'Annibale,
I'. 333; difeso da Cesare contro
gli KIvezii, IH, 431; j barcaioli
;;rali ad Adriano, 6:i8.
Rodi, chiede soccorso a Roma contro
lil'ppo (li Macedonia, II, 432, 433 ;
n"ii fa parte della provincia d'A-
sia, .-,30; Colosso, .'>41; accoglie i
Koiiiani scampati all'estcrmiiiio or-
dinato (la Mitridate, HI, 231-232;
respinge Mitridate, 232 ; vinta e
straziat.i da Cassio. 621; frequen-
tata dai giovani Romani per lo
studio deirelotjuenza, 096 ; visita-
ta da Vespasiano, IV, 4'ì8; e poi
privata della libertà, 495 , Adria-
no fa rialzare il Colosso, 664.
Rodiani, ricevono da Rjma una par-
te della Licia e della Caria, lì, 452 ;
minacciati di guerra dai Romani,
491-192; difesi da Catone, 568;
premiati di privile-ri per la loro
fedeltà, IH, 248 ; fatti liberi da
Nei-one, IV, 371.
Roma e gli Italiani, I, 16, 17; tradi-
zioni sulla sua origine, 566; no-
me, 5G7-568; nome volgare, sa-
cerdotale e arcano, 574, UI, 791;
la leggenda di Romolo e Remo, I,
."567-573 ; fondata da Romolo , 574 ;
Roma quadrata , 574 ; Valentia ,
574 ; il di natalizio, .574-,576 ; pri-
mi abitatori, .576-577 ; mancanza
di donne e ratto delle Sabine,
577-579; assalita dai .Sabini, 580-
581 ; fa la pace -e si unisce con
loro , 581 ; soggioga Cameria, Fi-
dcne e Velo , 582 ; morte di Ro-
molo , 583-584 ; interregno , 585 ;
Numa, 585-588; Tullio Ostilio,
.588; distruzione di Alba, .594;
guerra ai Sabini, 594 ; Anco Mar-
zio, 595-.59S ; guerre contro i La-
tini, Volsci, Sabini ed Etruschi,
595; Tarquinio Prisco; .598-600;
vittorie sui Latini, Sabini ed Etru-
schi, 599 ; Servio Tullio. 601-608 ;
guerra cogli Etruschi, COI ; Roma
metropoli della lega latina, 604;
nuove mura e allargamento della
città, 605 ; divisa in 4 regioni, 605 ;
Tarquinio il Superbo, 609; lega più
stretta coi Latini, 611: guerre ai
Saliini , Volsci e ai Gabini , 611-
613; le cloache compiute, 613;
tempio di Giove Capitolino e pre-
sagio .sulla fortuna di Roma, 613-
615; .^sselrn. di .Vrdea, 616; morte
(l'Iti 111 T '1 I-. zia , vendicata
.■ ; M re, 617-619;
. . ; u 111 libertà, 621;
viii.iM , ,1.1,1 ,\,i, Arsia. contro
i T.ir.|iurii.-.-.i e Vei(!nti fautori di
Tarquinio il Superbo, 624; asse-
diata da Por.sena, 626-628; con-
chiude con lui un trattato, 629;
nuova congiura, 630; vittoria sui
.Sabini, 6.30; e sui Latini al lago
Regino , 6.30-!;32 ; la repubblica" è
salva , 633-634 ; incertezze degli
storici antichi, 63.5-639 ; dubbi mo-
derni, 639-640; divinazioni e illu-
strazioni della critica nuova, 640-
647; antichità di Roma, 648-650:
sue m-igini secondo il Niebuhr,
«iir,-.;?! 'iiiip .sia di elementi
III; i ■ i 1 1-Hruschi , 690-
OVI 1 . I ._ 1 i lievito, 720; po-
li li . I li di Servio Tul-
li ' ' Il :,'.': e monumenti,
T.'l . I , :..:nizaconCarta-
con l(jro , 811; messa a pericolo
dalle correrie dei Sabini, dei Vol-
se! e desìi Iviui, 820-821 ; minac-
iiii I .1 11 -il.: diigli Kqui, 825 ;
mI il I . , milito, 828; invia
in, Il Ci-ecin, 832-833,
Sii , 1 II III I lIi Kqui e coi Vol-
sci , 863-867 ; contese coi Fidenati
e Vejenti . 869-870 ; assedia Velo ,
,S71-878; fa gueiTa agli Etruschi,
880 ; sconfitta dai Galli suir.\llia,
890-891 ; presa e incendiata da
essi e liberata da Cammino, 891-
897 ; rieditìcata, II, 8-10 : e affor-
zata da nuova cerchia di mura ,
11, 15; vince i vicini insorti e ri-
stabilisce gli antichi confini, 12-
14 ; pestilenza e inondazione , 26 ;
vince ripetutamente i Galli, :i3-
34 ; costringe ad arrendersi i Ti-
burtini, 34 ; sottomette gli Ernici,
34 ; e in guerra coi Volsci , 35 ;
cresce di territorio e di forza , 35-
:56 ; guerra contro Tarquiniesi, Fa-
lisci e Ceriti, 36-37; prima guerra
nel Sannio, 38-41 ; accorda la pace,
42 ; sue prepotenze cogli alleati ,
42-43; guerra contro la lega la-
tina, 44-49; sottomette il Lazio, e
ì Volsci, gli Ausonii, Aurunci, Si-
dicini e Campani, 49-52 ; alleanza
con Alessandro Molosso re di Epi-
ro, 53 ; doma Priverno e Pondi, 54 ;
.seconda guerra sannitica, 54-59:
fa tregua coi Sanniti , poi li scon-
figge, 59-60; è vinta alle Forche
Caudine, 60-63; rompe il trattato di
Caudio, 63-65 ; continua la guer-
ra, 65-68; anche contro gli Etru-
schi collegati ai Sanniti , 68-72 ;
vittorie nel Sannio e in Etruria,
74-76 ; accorda pace durissima ai
Sanniti, 76 ; sottomette gli Equi,
i Marsi , i Marrucini , i Peligni e
i Frentani, 77-78 ; colonie sui vinti,
78 ; terza guerra sannitica, 78-80 ;
vince a Sentino, 81-83; e ad Aqui-
lonia, 87 ; fine della terza guerra
sannitica, 88-89; sottomette i Sabi-
ni, gli Umbri, gli Etruschi, i Senoni
e i Boi . 90-93 ; pone colonie in E-
fruria, in Umbria, nel Piceno, 93;
suoi progressi nell'Italia Inferioi-e,
189 ; manda Fabrizio a difendere
Turio, 189; provoca Taranto, i
sue navi vc:i
chiede rip.ir
e gli ambagi-
190-191: ili'
IPO;
nuaie la giien-.i , 197-1!'S : vinta
alla battaglia d',\scoli manda Fa-
brizio in .\pulia e fa tregua con
Pirro, 199; sue vittorie nella bassa
Italia, 200-201 ; manda due eserciti
contro Pirro reduce dalla Sicili.a
e lo vince a Benevento , 201-202 ;
sottomette ì R.iiiniii, i Lucimi e i
liriL-i, Oli', .■ 1 AT,.--:i||-, '^Hleatini
tiorie
■iiisce
viiKie
211-
i: :m- I,, ,1 -.11 I. :;i8;
., 1 1 ,irl:i..nii.M :i Vy iii..219;
e VII ili AlVricii , 219-221 ; Attilio
Regolo i) sconfitto, 228 ; fa nuova
llottn che va in Affrica « al ri-
torno (• distrutta da una tempesi.a,
222-223; la guerra torna in Sici-
lia. 223; vittoria su i Cartaginesi
a Panornio , 224 ; per consiglio di
Attilio Regolo rifiuta la pace chie-
DEI NOMI E DELLE COSE.
1039
23(j; brev
2:37 ; niii-i
Sai-<l<>-i)n.
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Iiisu-
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•l:;:;- ...■■,,.;, l;i i.n.i;,. -) ;I-|:G; e
vince Filippi! ai lanocpfali , -ISfi-
437 ; dichiara con un decreto li-
beri i Greci, 4:58 ; ma li tiene a sfe
(40; ancrr
■i in-!i;
An-
-l<9;
I-.M53
1 r,-iti-
• Inaili ;
acae';^ i
Acliei, -105
nica , finii
Cartagine ,
abl
pio del \ li M
sidenti non l
12; elementi
lazione, IG-IH
vi, 24, 2C-27 ;
in Sicilia, 40-
suU'Aventino. 81-S3 : soccorre
silia e vince i Liguri , 90-91
Salluvii, 01-;i-.'-. prim-ipii dulia
quista -I. i|'. ',•, [I,,, -•-■!: ,1
paili-M,,..- ... ,. ,1 , , M
batta
.-hi,
seconda Lii..ri 1 - ■ ,
137-14:(; sedi/:..:
vinta, 151-làr. :
nella guerra s. . ;. . li ilici,
170-194; comi, li 1: - Iella
forza brutale, 2iiu-;iì1 ; ^^u.i 1 :i .'i-
vile di.Cinna, 208-209; 0 assedia-
ta da tjuattro eserciti. 21(-31.">;
preda di Mario e di Ciana, ih'i-
220; iiilinia a Mitridate di stare
nei S11..1 ■ I I .':i;--;-Z7; guerra
con li ::.-::" • -sterminio dei
Roinriiii I. llAsia. 230-
231; Sili: I ,•:;(; assedio
d'Atene, 2:M-,' :- ■ .ni. di iIil-
ronea, 240; .' . < ■ 1 Jl-,'-
243; pace con Mi . 'ii.-,M7;
Koma in gueri-.i . 1 .Siili r.ì-::A:
strage dei l'autori di Siila, 2.>.j ;
gran battaglia sotto le mura, 23»-
239; proscrizioni, 261-264 ; e costi-
tuzione di Siila, 271-277; guerra
contro Emilio I,.'p;ili. •,'^r'-?in : e
contro Q. Seri'" ì 1: ^. n . -^'Xì-
302; in guen-.i .1 1 .. n 1 :;i):i-
310; guerra. ,11 ,. 1 > i . ii 1 .h'ono
a Roma 1.. ...1 . ,.,.,1:, ..olle
di Milr .1 .. ,,-:;.' ' , ," „'. ,ii
Pomp -Il Muri. III... .. ri;,i.Llie e
nel Caucasii, :ì.|,5-:M7: le armi ro-
mane in Siria, in Giudea e in Ara-
bia, 349-350 ; fine di Mitridate, 3.")1 ;
confini del iloininio di Roma, 353-
3.54;. i-i_,u I .1)1 I, dina, 375-389;
trioni.! . l 'ni, |i, l'K-lOl ; Cesare
in Sp 1 ,1 . Il, |i, I ,1,1 triumvirato,
40(i: In , , , ■ 1 ilio, 417-421;
C'ìni|ii: I .1 ' . ;ìi.. e feste per
le Mit I , i marchia. 458-
4i;2 ; ,1 ria coi Parti,
464-ti,,. Il,,,, ,1,, Clodiani, 472 ;
Pompeo, .jii-.jluscn/a collega, 473;
cifore, -j: ....,, :. :ì ; ,,.|,ii
della ni. .-. i . ■ : ,,i , , ,m,..
spavenn. <■ ;.ii,-i|.,.i,i;i .|,,ji , 1 ,,,...i.
sione di Cesare, 5(,(1-57J ; ^-m-rra
civile, .592-.599 ; teste per la vittoria
di Modena, COO-ó'Ol ; costernazione
all'avvicinarsi di Ottavio, 603 ; pro-
scrizion,. . i, _i ,', i triumviri.
;W e - - ., . ' .ii'iglie della
per ir Mii
polazioii
lordici 'r': I , ,,
e pretoriani a
27 ; difesa da
Tevere, 27-2;< ;
f;sìifp"''l"''r";''
105; 1,1 11 I ,
107 ; ii-iii ,'.,
terrila ,! 1 1
la moi li <ii :
ìiniilto per l.c
ba, 437; in |
e alla licenza
vittori,
moiiuu
e di .\
secoli,
della t
leste per \l,'.r. . \, r,.!,.. r-.I.ice
dall'Oriente, 719; ai-io;;lieijze a
Commodo, 768; pestilenza, iiicen-
dii e carestia, 775-776 ; Roma Com-
modiana, 772.
)ma (la Dea), I, 765, II, 411, IV,
224, 229, 230, 632; suo tempio, 192.
— Vedi anche Venere e Roma,
(empio
11-112;
lano, IV,
Roma m statua, IV, 677; e in bas-
sorilievo ilella villa Albani, I, 698.
Romagnosi (Giovandomeiiico), fa ve-
nire la civiltà italica dalla Mauri-
tania, I, 190-191.
Romania, linguaggio dei Valachi, IV,
582-583.
Homechio (Hnmechi /), nella Magna
Rumili
315
''-.573; fonda Roni.n,
i apre un asilo, .576 ;
I-alto delle Sabine,
Il dui Ceninesi, An-
ii'-iumerii, 579; fa la
ini. .581 ; e regna con
1040
INDICE
ROMULEA
RUTILIO
SALLUVU
Tazio, 5S1-5S2 : vince quei di Ca-
ineria, i Fi.leuati e i Veienti 582 ;
n.viso, scompare e diveiiU il dio
Quirino, 583; sua apoteosi, 5>4 ;
favole moderne sulla sua ongine,
64J-645 ; che si riscontrano nelle
tradizioni gi-eche, 64">.
Romulea, città degli Irpini. I, 21.0;
presa dai Boinam, U,/^. _
Uosa (Gabriele), sue opinioni sulle
origini itaUchc, I, in2. .
Rosa (Pietro), suoi scavi sul Palati-
no, 1, GTn. . ,„
Roselo (Quinto), famoso comico. III,
Roselo Amerino (Sesto), sua fortuna,
III, 263.
Roselo Ottone (Lucio), tribuno , la
assegnare per legge un posto di-
stinto in teatro ai cavalieri , IH,
XA il 1 ^ ■; ' . .[■•'ue, 3/0.
RoSSfll''. ^ ''" i:;-'ll.-.
Rossi il' ' '1 studi sulle
,;,.;„„/, ;t ; ^, I. ■.•ii.VJO".
Rossi (G. li. d.l, SI... ^-iudizio sulla
scienza di Kartolonieo Borghesi, I,
673-674 ; suoi studi epigrafici, 681 ;
sepolcreto di Civitavecchia, IV, 783.
Rossolani, tribù tra il Dniejìer e il
Don, tratti alla sua parte da Mi-
tridate, III. 226 ; fanno guerra ad
Adriano, IV, 631 ; e assaltano l'Im-
pero ai tempi di Marco Aurelio ,
Rostri delle navi di Anzio, portati a
Roma e appesi nel Fóro, danno il
nome al suggesto degli oratori, II,
.■>0-5r, colonna rostrata, 216-217,
300 ; imagini e inideri dei Rostri
del Fòro, III, 704, 705.
Rubellio Plauto (C), accusato di co-
spirazione contro Nerone, IV, 3S1,
38-2 : rilegato in Asia e fatto ucci-
dere, 390; assistito dal filosofo C.
Musonio Bufi, sr?l.
Rubi (iÌ!»ro), ne!r\ii ili i r n. .zia. I,
340; sepokii ■ r > , 350;
sulla via Ti-a. i i\ .
Rulii.-one (V,-:, ■■ rninii-
ccllo
ed
a, passato
delle cose
fra i Parti
i, IV, 308.
nel Lazio
532-533.
Peucezia,
Rùck, !
d.Ml
Ruda - l:
I, :i4n.
Rudia {Rugge presso Lecce), città
della Messapia, rovine di mura e
di tombe, I, 342-343 ; patria di En-
nio, 015.
Rull'rio, città dei Pentri, 1, 259; pre-
sa dal console I<. Cornelio I^entulo,
II, .57.
Rufo (Cesezio) . ucciso nella proscri-
zione dei triumviri. III, 610.
Rufo (Luiio) , assassino di Tiberio
Gracco, III. 57.
Rupilio n'u'.linV ^r^.,<,!,. . t.-n-r.na la
gu.M-i-' ' V-- ■ \ - ifii. ni
Rusellc ., Uu,,;>^;... ;ii.i..-. (,. vi"(o),
citta euusca, I, 12."i; rovine delle
sue torli mura, 159, 178, 179; so.-
eorre Scipione per la guerra di
Affrica, II, 410.
Rusicade, porto di Cirta in Numidia,
ricordi di Adriano, IV, G">7.
Ruspina, in Affrica, presso la piccola
I.tpti, Cesare vi si afforza, III, 518.
Rutilìo Lupo (Publio), console durante
la guerra sociale, IH, 178; difende
le terre sabine, 179 ; Tinto da Pre-
senieio, 181; vinto e ucciso da
Vezio Scatone sul Liri, 182.
Rutilio Rufo (P.), giureconsulto, fa-
miliare di Scipione Emiliano, II,
C51 ; legato di Metello nella guerra
nuraidica, IH, 110, 116; console
(648) obbliga i giovani a non usci-
re d'Italia minacciata dai Cimbri,
125; oratore austero e sdegnoso
di ogni artifizio per coramovere a
suo prò' il tribunale, 698, 708;
stoico, 739, 770; morto in esilio a
Smirne, scrittore di storie e della
sua vitiv, 770.
Rutuli, I, 527; loro territorio, 540;
guerra con Tarquinio il Superbo,
616.
Sabaria [Sleiii am Ange,-), nella l'an-
nonia Superiore, colonia di Clau-
dio, IV, 369.
Sabatino (lago) (Lago di Braecian'j),
IV, 604.
Sabato o Ocinaro (Savuto), fiume del
Rruzio, 1, 297.
Sabato, fiume del Sannio, I, 242, 263,
26S.
Sabi (Sambra), fiume della Gallia
Helsica , vittoria di Cesare sui
Nervii, 111, 431.
Sabina (regione), I, 74.
Sabine (ratto delle), dà origine al nia-
tri.iionio romano, 1, (;il7.
Sabini, di--. :rl-i -I i::!:.'--; T -MT;
o dasli |- -!" ' ' ■ -'!■<-
223;..:. ... .. . ;i . i: ■.. Jl:);
e altr.> . .n,-, ,i.'..| . >. :■ ::\ i......
costumi 0 pi.iiM. ': ','' : \ l .r..
colonie nel l'i. .l'I
Sannio. 242--.' :i n ri,
382-384; loro . . ; .1 ....^.la,
487-t8-*- r\ii'.:; . . ii_.ii;^ um l'ssi
■•oFk : i ' 1 IV l'olt I-ag-
gio del: : :i77--.81; e
pace e ma. jur ..:: K nia. ."iSl ; lo-
ro valore e IVuj.il.t.i. t!':i; vinti
da Anco Mar/i... .'.'1.'' ; •• 'la T.ir-
quinio Prisco, 5'i'' . r i.loiiaii/.' m-l
tempio di Diana siiH.-Vvenliii.., dot;
sconfitti a Ereto e a FiJeiie da
Tarquinio il Superbo, 611-612;
coi Latini ed EIrusclii danno ori-
gine a Roma, 690 ; loro riti reli-
giosi venuti a Boma,_ COP, nur.ve
guerre coi Romani, 773, 77.S, 779 ;
correrie per le campagne latine,
819-«20; minacce a Roma, .s>,-,,
836 e seg^. ; predano il Lazio, ,S(;il ;
sottomessi da Roma, li , S9-'J0 ;
alla quale danno aiuti c.inti-o i
(ialli, 251 ; fedeli dr.po la t.aifac:lKi,
di Canne, 363; s , ■.■■.■•''■"i.. ^..i;. .._
ne per la gui'i-r . ''■'■ ^ '^' " ' ."
fanno parte di ■ - ' < .i h -
lia, IV, 42; scn/ . i.; !■■ l .;:d.
co, 738.
Sabino (Agro), I, 220.
Saho, dà il nome alla gente sabina,
I, 217, 219 ; detto anche Padre Sa-
bino, 383; adorato anche dajcli
Umbri, 384.
Sacralissinxo, titolo del principe in-
trodotto ai tempi di Adriano, IV,
633.
Sacrifizi domestici, I, 7óG.
Sacrifizi di vittime umane, presso gli
antichi popoli italici, I, 376; a o-
nore dei morti in Etruria, 510 ; e
a Roma, II, 314 ; aboliti (657) per
Senato consulto. III, 201; rinnova-
ti nelle feste pel trionfo di Cesare,
530 ; aboliti nelle Gallie da Augu-
sto, IV, 56; e da Claudio, 330.
Sacrifizio Laziare, 1, 547.
Sacriporto (Pimpinara), nel Lazio,
vittoria di Siila sul giovane Ma-
rio, Ul, 254-255.
S.acroviro (Giulio), eduo, sua rivolta,
IV, 275; reca in suo Rotere Au-
gustoduno, 275; vinto da C. Silio,
276 ; si dà la morte, 276 ; il suo
nome ricordato sull'Arco d'Oran-
ge, 277.
Sagra (Alai-o), fiume della Magna
Grecia, battaglia tra LrfDcresi e Cro-
toniati, I, 312, U, 133.
Sagro o Saro (Sangro), fiume del San-
nio, I, 242, 252, 256.
Sagunto (Mwviedvo), città greca nel-
la Spagna Tarraconese, ricorre a
Roma contro i Cartaginesi , II ,
r;,'.i - . V ;;ti e presa da Anni-
II 1 ine, 331-333.
Sain:-\ : I I v.il d'Aosta, rovi-
!.. o i. I i romano, IV. 91,92.
Sai.' (■■..<., I, .iljiio di guerra , III,
183, iV, 749.
Sakali, cosi chiamati i Siculi nella
grande invasione dell'Egitto, II,
103.
Salapia (presso il Lago di SaJfii), nel-
r.4pulia Daunin, I, 356; si unisce
ad Annibale dopo la battaglia di
Canne, II, 363; il quale prende
ivi stanza 372 ; presa da Marcello,
394; incendiata dai Romani nella
guerra sociale. 111, 190.
Salaria (porta), sepolcro del poel:i
fanciullo, IV, 915.
Salarli, ridotti da Antonino Pio a co-
loro che li godevano in ozio, l\.
703.
Salassi (nella Valle d'Aosta), vinti
dai Romani, III, 97 ; domati da
Messala, 667 ; distrutti da Varrone
Murena e venduti, IV, 89.
Salduba (S!arag:>zz'i), nella Spagna
Tarraconese, sulla riva destra del-
lEbro, detta noi Caesaraugusta,
IV, 59.
Salentini, nella lapigia, I, 334-340;
aiutano i .Sanniti, li, 75 ; vinti dai
Romani, 200; e sottomessi, 205 ;
fanno parte di una regione d'Ita-
lia, IV, 42.
Salerno, in Campania, nel territorio
tenuto poi dai Picentini, I, 277; co-
lonia romana, II, 267 ; presa dagli
Italici, IH, 181.
Salii (fratelli), sacerdoti, I, 411, 586,
729-730; loro cai-me, II, 610, IV,
266; e collegio, 718.
Sallenzia o Salente (Solete ?), città
dei Salentini, a 12 miglia da Ler-
i:overi
L;.iven
...luto (1
considerato sotto il rispetto mora-
le, 783-784.
Sallustio LucuUo , legato in Britan-
nia, fatto uccidere da Domiziano,
IV, 523. ,
Salluvii, detti anche Salii, nella Gal-
DEI NOMI E DELLE COSE.
1041
SALONA
SANTA MARIA
SATURNO
Ila Narbonese, scendono in Italia,
I, 885 ; in guerra con Roma, III,
G7 ; vinti, 91-92 ; si ribellano, 186.
Salona, in Dalmazia, sul mare Adria-
tico, IV, 223.
Salondiro. — Vedi Olondico.
Snloniria^ m'.'_'!'.- 'li r-'-hn, IV, 4ir,.
S:il]iiMi'^:i fi < '!;■ -'1 '<■••■■< ^pasnaBe-
s.-ai-i
, 125 ; in
Salto di Tiberio a (apri, IV, 295.
Salute , divinità , I, 7-11 ; tempio, II,
294, 295, 311.
Salvidieno Orfito , ucciso da Domi-
ziano, IV, 524.
Salvidieno Rufo (Q.) , assale Sesto
Pompeo, ed e costretto a ritirarsi,
III, 617; legato d'Ottavio contro
Lucio Antonio, 63S-639; spento da
Ottavio, (J43.
Salvio, re degli schiavi in Sicilia, col
nome di Trifone, III, 139; assale
Morganzia e vince Licinio Nerva,
139; fissa la sua sede a Triocala,
140-141; e si unisce ad Afenione,
141; vinto a Scirtea, 141-142.
Salvio Aburnio Valente , giurecon-
sulto, IV, 700.
Salvio Cocceiano , fatto uccidere da
Domiziano, IV, .523.
Salvio Giuliano, giureconsulto, com-
pila reditto perpetuo, IV, 672.
Samarobriva {Amiens) , città degli
Arnbiani nella Gallia Belgica, sul
fiume Samara {Somme), 111, 442.
Sarnliucu , m.-f-'iiina da guerra , U ,
:f77.
Sanir (frf,i'n,ii"), rapitale dell" isola
Cffallpuia, L'Ii abitanti sono sot-
luMiessi e venduti dai Romani, li,
450.
Samo , isola dell'Asia Minore , presa
da Aristonico. II, .538 ; emporio di
«chiavi, HI. •>',: f.'st- di Antonio
e (li CI...]! Il I I '-'> -li iL'Iiata della
litieri:. li I ■ . ,1 1 IV, 49.Ó.
Saiiins;it:i ■ , .v-r(), forte
citta ili ^ir'i iiiutii:.; ili'lla Com-
magene, asscdi.ata da M. Antonio,
HI, 662; presa sotto Vespasiano,
IV, 495; occupata da Traiano, 613.
Samotracia (Sam,othraki)., isola nella
parte settentrionale del Mar Egeo,
centro in Oriente della religione
pelasgic.a, I, 90-92, 94, 98, IV, 261 ;
il re Perseo vi cerca asilo, II, 480-
481.
Sampsiceramo , sopranomc dato a
Pompeo Magno, III, 402.
Sanco, divinità umbra, I, 217, 219,
741 ; dicevasi fosse stato re dei
Sabini, 219.
Sandali tirreni. I, 499-500.
S.ingario (Sahanja o Sakari), uno
dei principali (iumi dell'Asia Mino-
re, II, 451 ; Manio Aquillio vi è
scontitto. III, 228.
Sannio , occupato da colonie sabine,
I , 242-243 ; scorrerie d'Annibale ,
II , 352 , r}53 ; disertato -da Fabio
Massimo , 369 ; le sue terre con-
fiscate e distribuite ai soldati ,
427 ; messo a ferro e tiamnie da
Siila, IH, 193, 266 : veterani man-
dativi da Vespasiano, IV, 495; fa
parte di una delle quattro regioni
sotto Adriano, 636 ; ricordi di esso,
637.
Sannio, città supposta presso le fonti
del Volturno, I, 256.
Sanniti, discesi dagli Osci, I, J17 ;
loro sedi, 242; tribù e confedera-
zioni, 243-245, 255, 262, 266 ; loro
Dei protettori , 384-385 ; distrug-
gono la domioazione etrusca in
Campania , 883 ; loro colonie , II ,
38; prima guerra con Roma, 38-
41 ; chiedono pace, 42; sollevano
Priverno , Fondi e Formia contro
Roma , 54 ; e Napoli , 54-55 ; se-
conda guerra sannitica, 55-59;
tregua coi Romani, 59; ritornano
in campo e sono sconfitti , 59-60 ;
nominano loro capo Ponzio Tele-
sino , 60 ; vincono i Romani alle
Forche Caudine , 60-63 ; rotto dai
Romani il trattato di Caudio, 62-
65; continua la guerra, 65-68;
sono aiutati dagli Etruschi, 68-72;
sono vinti a Longula, 74-75 ; e ad
Allife, 76 ; uccidono le guarnigioni
di Calazia e di Sora, 76; sono
sconfitti e ottengono durissima
pace , 76-77 ; si sollevano ed en-
trano in Lucania, 78; terza guer-
ra sannitica, 79; si uniscono agli
Etruschi, 79; e sono vinti a Sen-
tino, 81-83; sconfìtti ad Aquilonia.
87 ; vincitori sotto gli ordini di
Ponzio Telesino , poi vinti , e co-
stretti a chieder pace, 89 ; in guer-
ra con Taranto , 188 ; a cui poi
danno aiuto contro i Romani, 191 ;
si uniscono a Pirro, 195; vinti e
sottoiiie.ssi da Roma, 203-204;
stanno con Annibale dopo la bat-
taglia di i'aiini% :«:!; abbandonati
daMui, ■.',i,:i: ■ .ii.ii iti ni a Pidna,
479; faniin | : i- i - i Italica,
III, 171; s. I-I i! I iiin, 190;
si iiiii^i-iiii . 1 , ' ' lespinti
i |i I li '■: , Jl:' ; uniti
■j:i'i l'i I _ . -1 >.il:i,253Ì
viini I - Il I ,| J.M-::,:.; e alla
l'iji tai,.jiiiji,i, i..o-:.'j'.i, laiaiij parte
di una regione d'Italia, IV, 42;
ricordati per la semplicità de' loro
costumi nella corruzione dell' Im-
pero, 829.
Santa Maria in Falleri, città d'Etru-
ria, sòrta dalle rovine di Falerii o
Falisoa, ruderi di mura etrusche,
I, 138.
Santippo, di Sparta, chiamato a duce
dai Cartaginesi vince Regolo, II,
222.
Santoni [Saintottge), tribù d'Aquita-
nia presso l'Oceano, III, 430.
Sardegna (isola di), stazione navale
etrusca, I, 130; correrie romane,
II, 217; posseduta dagli Etruschi
e poi dai Cartaginesi, 237, 244; ce-
duta ai Romani e ridotta a pro-
vincia, 2:?8-239; monumenti anti-
chi e idoli , 240-242 ; chiamata
Ichnusa e Siin.lalliiii. •! Vi : domi-
nazione rniiii 'i 'Il I lidi e usi
antichi, '.T- i i : ita da
Roma conii : ■ ' r., 272;
307;
rivolta repr.-n^a d,a T. M.uilio, 370;
da vettovaglie pi'r la guerra con-
tro Filippo di Maivrloiiia, 433; pro-
vincia rumana, 512; nun ha citta
libere, .543; libeiata dai pirati,
III, 333; la sua furiiia dipinta in
una tavola, IV, .5(1; parteggia per
ottone, 445; strade rifatte da Ve-
spasiano, 499; ricordi di Traiano,
t09.
.Sardi, prendone parte .alla tentata in-
vasione dell'tlgitlo, 11,240 ; repressi
da C. Attilio Regolo , 2.50 ; .si ri-
bellano e sono sottomessi e ven-
duti, 460; nuova ribellione e sotto-
missione, HI, 68.
Sardi (Sart). capitale della Lidia, si
ribella a Mitridate, III, 244; fla-
gellata da un terremoto, IV, 251.
Sardi PcUiti, II, iti.
Vannucci — Stofia dell'Italia antica — IV.
Sardica, in Illiria. II, 240.
.Sardici dell'Adriatico, II, 240.
Sardo Padre, II, 243-244.
Sardonici (monti), nel paese dei Li-
burni, II, 240.
Sargezia (Streìil), fiume della Dacia,
IV, 579.
Sarissa, arme dei Macedoni, II, 436.
Sarmadio (presso Muro) , città della
Messapia, I, 342.
Sarmati, detti anche Sauromati, si
uniscono a Mitridate, lU, 226;
chiedono amicizia a Roma, IV,
84 ; eccitati ila Pannoni e Dalmati
ad assalire i Romani sul Danubio,
222 ; fatti ricacciare da Vespasiano
oltre il Danubio, 480; uccidono
una legione di Domiziano, 530;
invadono coi Daci la Mesia, 568;
figurati nella Colonna Traiana,
587 ; offrono la loro alleanza a
Traiano, 615; minacciano e muo-
vono guerra ad Adriano, 627, 631 ;
loro moti repressi. 769.
.Sarmazia europea (Polonia, Galli-
zia, Lituania, Estonia e Russia
occidentale) , Marco Aurelio ebbe
in animo di ridurla a provincia,
IV. 745.
Sarmizegetusa {Varhely in Transil-
vania), capitale della Dacia, presa
da Traiano, IV, 572 ; espugnata
di nuovo e incendiata da lui, 578,
596-597; prende il nome di Colo-
nia Ulpia Traiana Augusta Dacica
Sarini?,-L'efusa, ."SO.
Saronii II : i~ :■'■ '' r "'1, golfo nella
Gr.'.i - I , ; IV, 420.
SarsiiKi I _ I 'li, 1, 66; pa-
tria ili Il 1, Il •!- 1 , elezioni mu-
nicipali, 1\ , ;.s;.
Sassoferrato. — Vedi Sentino.
Saticula (Sant'Agata elei Goti), città
dei Sanniti Caudini, I, 262 ; presa
dai Romani, II, 67 ; colonia roma-
na, 68; presa da Fabio Massimo,
369.
Satira romana, II, 649-656, HI, 545-
546, 752-7.58, 790, 791, 811-813, IV,
107, 135, 136, 146, 147, 184, 886-
903.
Satiro, condottiere degli sciavi Si-
culi, III, 143.
Satricensi o Satrieani , abitatori di
Satrico, fanno guerra a Ruma per
sostenere i Tarquinii, I, 631; aiu-
tano i Sanniti, II, 65.
Satrico (Conca), città dei Volsci, I,
2i7 ; presa da Ct riolano, 791 ; vit-
torie di Cammino sui Volsci,' II,
13; incendiala dai L.atini; colonia
romana, 19, 267; riediiicata dagli
Anziati, ripresa dai Romani, e bru-
ciata di nuovo, 35 ; risorta e bru-
ciata per l'ultima volta, 66.
Satrio Longino, medico della nave
Cupido, IV, 737.
Satureia, regione nei dintorni di Ta-
ranto, 1. 328.
Satureio (Publio), assassino di Tibe-
rio Gracco, IH, 57.
Saturnia, nome dato alla penisola
Italica, I, 54, 378, 531), IV, 801.
Saturnia, in Etruria. detta dapprima ,
Aurinia, avanzi di cfjstruzioiii ci-
clopiche, I. 54; fiindat.a dai Pe-
lasgi, 79 ; tenuta una delle princi-
pali iriltà .lell'Etruria, 125; rovine
nella valle dellAlhegna, 160; co-
lonia romana. II, 268; Siila vince
ivi Carbone, III, 2.56.
Saturnii (versi), I, 530-5.?l, II, 610,
611. 650, III, 791.
Saturnio, colle, I, 528, 566, 576; ù
preso dai Sabini, .580.
Saturno, Dio, I, 53-54, 37«, 389, 780,
131
1042
I N D I CE
SATURNO
SCILLEO
SEMPRONIO
741 ; sua morte. II, 598 ; tempio a
Roma. I, 730, III, 490; destinato
a custodia del pubblico erario, II,
237.
Saturno, re, I, 528, S30, 56G,
Saulcy (de), sua opera sugli ultimi
eiórni di Gerusalemme, IV, 487-
488.
Sauromati. — Vedi Sarmati.
Sava, àume della Paimonia, detto
.■SoPUi dai Latini, UI, 667, IV, 68,
223.
Scaligeri (gli), loro dubbi sulle as-
serzioni degli storici antichi, I, 643.
Scamandro. — Vedi Crimiso.
Scaptiensi o Scaptini , abitatori di
Scapila (Passerano) nel Lazio,
fanno guerra a Roma per ì Tar-
quinii. I, 631.
Scardeonio (Bernardino), fa popolare
la Venezia dalle colonie condotte
da' figU di Noè, I, 186.
Scarfea, città della Locride orientale,
vittoria di Cecilio Metello su Cri-
tolao, U, 497.
Scauro. — Vedi Emilio Scauro.
Rcauro, sua tomba a Pompei, IV, 797.
Scevino (Flavio), senatore, congiura
contro Nerone, IV, 406 ; imprigio-
nato, denunzia i complici, 406-407 ;
sua morte, 409.
Scevola. — Vedi Mucio Scevola.
Schera, citta dei Sicani, li, 104.
Schiavi, disposizioni a loro riguardo
contenute nelle Xll Tavole. I, 848;
destinati alla coltivazione dei cam-
pi, UI. 19-30; e ad altri uffici, 20-
23 ; loro numero. 24 ; e commercio,
24-25 ; loro mercato a Roma, 25 ;
loro prezzi, 25-26; mah tratta-
menti, 27 ; servi comic-, 27-29 ; te-
nuti come cose, 28, 30 ; gastighi e
supplizi, 30-36 ; manumissione, 36-
38; loro cospirazioni e tumulti, 38;
prima guerra servile in Sicilia, 38-
42; più di 20 mila sono crocifissi,
42 ; crescono di numero pei prigio-
nieri fatti a Vercelli, 137 ; rivolte,
dì Nuceria, di Capua e delle mi-
niere dell'Attica, 137 ; seconda guer-
ra servile in Sicilia, 137-144 ; ri-
volta di Spartaco, 305-310 ; senato-
consulto Sllanlano contro gli ucci-
sori del padroni, IV, 40, 377; tasse
poste da Augusto sulle vendite de-
gli schiavi, 40, 81-Je ; tolti via da-
gli eserciti, 79 ; tentativo di guerra
servile sotto Tiberio, 277 ; protetti
da Claudio. S'iO ; il senatoconsulto
Silanìauo confermato ed eseguito
«la Nerone. 376-377 ; provvedimenti
di Adriano a protezione dei servi,
673; e di Antonino Pio, 707: as-
segno pel \itto e vestito. 805-806 ;
trattamenti feroci, 853-854 ; leggi
a loro difesa, 854-855.
Schiavitù, sua origine. III, 2! ; soste-
nuta da legislatori e filosolì , 23-
24; niuno osa combatterla aperta-
mente, 36; pericoli, 44; la neces-
sità della schiavitù combattuta da
Cicerone, 737 ; proteste dei filosofi
posteriori, 852, 8'J3.
Schlegel (Augusto Guglielmo) , sue
opmioni sulle origini italiche, 1,
I'J5.
Scidro {Sapri), città della Lucania ,
I, 203; colonia diSibari, II, 06, 118.
Scienze occulte. III, 744-745.
Scilaceo (seno) {golfo di Snuillace).,
Scilacio o S>'ìllezio {Squillare), colo-
nia greca, 1, 310,316, II, 119; iscri-
zione ad Antonino, IV, 710.
Scilla, inostr.i nnrino, I. 301-:ì03,
S»Jlla (slretlo di) , 111, 050^552.
Scllleo (scogUo). I, 301. 303.
Scilletica. repubblica, L 311, 315-316.
Sciluro. re degli Sciti, HI, 225.
Scipione. — Vedi Cornelio Scipione.
Scirtea ( presso Sambtwa), citta del
Sicani, II. 104 ; vittoria di L. Lu-
cullo sugli schiavi ribelli, lU, 141-
142.
Scile, tiranno di Messina, U, 150.
Sciti, alla battaglia di Cherunea, III,
239; si uniscono a Mitridate, 350,
351 ; chiedono alleanza ad Augu-
sto , rV, 62 , 84 ; loro commercio
con Roma, 202 ; Antonino gli mette
d'accordo col Greci della Penisola
Cimmeria, 711.
Sciti Tauri, ladroni del Chersoneso
Taurico {Criniea), HI, •.i25.
Scola , nel Portico d' Ottavio . desti-
nata a geniali convegni. III, 667.
Scordisci , sconfiggono i Romani e
passanti in Macedonia e Tessa-
glia, lU, 9S ; sono ricacciati al di
ia del Danubio, 98.
Scotussa (Supli) , in Tessaglia , II ,
436.
Scribonia, sorella di L. Scrlbonio
Llbone , moglie di Augusto , III ,
641, IV, 21Ì; ripudiata, ni, 650;
accompagna la figlia Giulia nel-
l'esilio dell'isola Pandataria, 217.
Scri'ooulo Curione (C), pretore (633),
oratore. 111, 699.
Scrlbonio Curione (C), figlio del pre-
cedente, oratore. III, 701 ; procon-
sole di Macedonia, fa prova d' in-
vadere la Dacia, IV, 579.
Scribonio Curione Minore (C), figlio
del precedente, tribuno (704), so-
stiene Cesare nella sua domanda
del consolato. III, 479-480; pro-
pone che anche Pompeo abdichi ,
480; cacciato da Roma va a Ra-
venna da Cesare , 481 ; disfatto e
ucciso in Affrica, 492; oratore,
703.
Scribonio Druso Llbone (L.), accusato
di cospirazione sotto Tiberio , si
dà la morte, IV, 280.
Scribonio Llbone ( L. ) , suocero di
Sesto Pompeo , lU, 641 , IV, 211 ;
lo induce a far la pace del Capo
Miseno, UI, 048; scrittore di An-
nali, 770.
Scribonio Proculo, proconsole, fatto
uccidere da Nerone, IV, 419.
Scribonio Rufo , proconsole , fratello
del precedente, fatto uccidere da
Nerone, IV, 419.
Scrinia, destinati a riporvi gli atti
e 1 decreti del principe, IV, 634.
Scrittori servili, e spiriti indipendenti
durante l'Impero, IV, 868.
Scrittura , nota ai soli sacerdoti , I ,
452 ; portata in Italia dai Pelasgi,
461.
Snrobes, trabocchetti. 111. 449.
Scucio di Minerva, piatto iiubandito
a VI telilo. IV, 454.
Scultura etrusco, I, 417, 429, 430-432.
Scuola antica (la), 11, 578.
Scuola di Virgilio, IV, 132.
Scupi ( Uskiib), nella Mesia Superiore,
prende il nome di Elia, colonia
Romana, IV, 639.
Scure Amazonia, ly, 242.
Scutari (Scodra), capitale degli liliri,
U, 247.
Sebeto, fiume, detto Sepelthus in an-
tico, I, 274.
Secolare (solennità), celebrata da Au-
gusto e cantata da Orazio, IV, 33 ;
celebrata da Antonino Pio l'anno
900 di Roma, 703.
Secolo Commo<Ilano. IV. 772. 776.
S<;colo etrusco, 1, 455, 458-459.
Segeda, città di Spagna, U, 525.
Segesta. — Vedi Bgesta.
Segeste , zio d'.\rmimo , denunzia a
Quintilio Varo la cospirazione dei
Germani . IV. 225 ; ca{>0 dei se-
guaci delle armi straniere . 247 ;
chiede aiuto a Germanico contro
Arminìo, 247.
Segovia , nella Spagna Tarraconese,
vittoria di Q. Metello sopra Irtu-
leio, m, 297.
Segusione {Suso) , a pie delle Alpi
Cozie , IV. 96 : arco in onore di
Augusto, 96, 97.
Sciano Elio, acquista un eunuco per
50 milioni, IV, 209; mandato in
Pannonia a reprimere la solleva-
zione delle legioni, 245; sua vita,
283 ; primo ministro di Tiberio ,
283-284 ; trame c->ntro la famiglia
imperiale, 284; ripudiala moglie,
286 ; corrompe la moglie di Druso
e lo avvelena, 286; congiura con-
tro la casa di Germanico, 287;
chiede a Tiberio in moglie Li-
villa, 288-289; lo eccita ad allon-
tanarsi da Roma,2S9; fa avvisare
Agrippina di guardarsi da Tibe-
rio, 289-290; accompagna Tiberio
a Capri, 291 ; lo salva da una ro-
vina in Campania, 296; ritorna a
Roma , 296 ; eccita gelosie e odii
fra Nerone e Druso , 297; liberato
dagli emuli fe padrone di ogni co-
sa, 300 ; sua congiura contro Ti-
berio , 301-303 ; Condannato e uc-
ciso , 301 ; uccisi gli aulici e pa-
renti di lui, 305.
Seleucia, citta di Siria, IV, 2'',3.
Seleucia , sul Tigri , 111, 464 ; Incen-
diata dai legati di Traiano , IV,
616; e da Avldiu Cassio, 731.
Seleucidi (la monarchia dei), li, 428,
429.
Seliuo (Hddiuni) . fiume in Sicilia
presso Selinunte, II, 124, 126.
Sellnuute, in Sicilia, colonia greca,
li, 118, 119, 128; suoi splendori,
suoi templi e sua distruzione, 124-
125; rovine recentemente illustra-
te, 1-26 ; muta Siracusa a liberarsi
dalla tirannide , 161 ; in guerra
con Egesta, 164, 165; presa dai
Cartaginesi , 165 ; aiuta' contro di
e-ssi il tiranno Dionisio , 166 ; gli
abitatori trasportati a Lilibeo dai
Cartaginesi, 238; veduta delle ro-
vine. 229.
SeUnunte {Seìiiuii). in Cilicia . vi
muore Traiano, IV, 621, 627.
Semionda, ventiquattresima parte del-
l'asse, II, 309.
Semiro {SirneTn), fiume della Magna
Grecia, I. 315, 316.
Semisse, meta dell'asse, U, 309.
Senipronia , moglie di Scipione Emi-
liano , sospetta complice della di
lui uccisione , HI , 62 ; soreUa dei
Gfacchi, 153.
Sempronia, cortigiana, amica di Ca-
tilina, lU, 373. .
Sempronia (Basilica), edificata da Ti-
berio Sempronio Gracco , padre
dei tribuni, HI, 4.5.
Sempronio Asellione (P.), tribuno mi-
litare a Numanzia, I, 638-, sua sto-
ria, III, 764-765.
Sempronio Gracco (Clio), parenti,
oduc-uione , maestri , «ludi , elo-
quenza, III, 44-17 ; nominato com-
missario per eseguire la legge a-
graria ; 53 ; sospettato complice
della uccisione di Scipione Emi-
liano, 62 ; si oppone alla proposta
di c.nc'iare da Roni;i i iiun ril-
tadiui, 67; si prepara a vendi-
DEI NOMI E DELLE COSE.
1043
SEMPRONIO
SEMPRONIO
SENATORI
care il fratello , 67 ; i? nominato
questore in Sardegna, 08; ritorna
a Koma e si di tende dalle accuse
dei nobili , 70-71 ; sua eloquenza ,
70-71; eletto tribuno, 71; assale i
carneflci del fratello Tiberio , 71 ;
sue riforme per salvare la Repub-
blica , 72 ; propone che si ribassi
il prezzo del frumento e si co-
struiscano pubblici frranai , 72 ;
altri lavori pubblici, 72-73; nuove
colonie , 73 ; provvedimenti per la
mUizia, 7-t; largizioni al popolo,
75 ; imposte , 75 ; dà la potestà
giudiziaria ai cavalieri , 75-76 ;
leggi per gli alleati Italici, 7i>77 ;
provvedimenti per le province, 77;
conduce una colonia a Cartagine,
78; abbandonato dalla plebe non
è rieletto tribuno, 79 ; accusato per
la colonia di Cartasine, 80 ; si di-
fende sull'Aventino, 80-81; si fa
uccidere dal servo rimastogli fedele
tino all'estremo, 83; onorato di
statue dal popolo , 85 ; vituperato
col fratello Tiberio dai nobili, 86;
e con lui vendicato dalla critica
storica, 87-88; oratore, 694.
Sempronio Gracco (Tiberio) , coman-
dante della cavalleria (538) , poco
dopo la rotta di Camie, II. :!;3;
console (539), pon. il -i p > T.i-
terno e respiin,'t- \ •■ ■■ ] 1 • u-
ma, 369; batte yr i: ' ■
Bruzi, Lucani .- " : -.i. - --,
e da libertà agli .-. !i:a.i s;a'.i •■ jn
lui a quella battaglia. Iti, 41; fi-
nisce preso a un aguato e ucciso
dai Cartaginesi in Lucania , Il ,
387.
S.-inpr.jiiio l'.vicco (Tiberio), padre
,lpi ,lii- iiil.uni, tribuno (.567 1 ,
\i,'a 'Ih' S'ipione Aft'ricano sia
coM'iaiinato nssente. Il, 562; e cjie
il suo fratello (l'Asiatico) sia
carcerato , .564 ; pretore , vince i
Celtiberi, si porge umano ai vinti
e studia di unirli a Roma con
buone leggi , 456 , 524 ; due volte
console (577, 591) . severo censore,
vincitore dei Sardi e due volte
triontante , III, 45; otfre a Giove
l'imagine della s^ardegna coi si-
mulacri del'e pugne ivi da lui
combattute, IV, 50.
Sempronio Gracco (Tiberio), parenti,
educazione , maestri , studi , elo-
quenza, III, 44, 47 ; sua vita mili-
tare ; sale il primo di tutti sulle
mura di Cartagine, 47 ; questore in
Ispagna giura la pace coi Nuuian-
tini, U, .533, III. 47; eletto tribuno,
48; richiama in vigore la legge
agraria , 48-50 ; la sostiene con
eloquenza, 50-51 ; trova resistenza
nel tribuno Ottavio, 51 ; e ne pro-
pone la destituzione 51-52 ; la
legge è approvata, 53; nominato
commissario per eseguirla, 53; prò
pone altre leggi, 54-55 ; è accusato
dai grandi, .55; si presenta per es-
sere "rieletto tribuno, rs ; è assas-
smalo e gettato nel Tevere , 57 ;
onorato dal popolo e vituperato
dai nobili, 85, 86; oratore, 694.
Sempronio Gracco, drudo di Giuha,
IV, 217.
Sempronio Longo (Tiberio) . console,
va con 160 na\i in Sicilia a mi-
nacciare l'Aflrica, II, 334; sue im-
prese, 311 ; è richiamato in Italia
e si unisce a P. Cornelio Scipione
alla Trebbia, 341 ; dove è sconfitto
da Annibale, 341-312; si ritira a
Piacenza, 342 ; vince i Cartaginesi
in Lucania, 369.
Sempronio Rutilo (Tiberio), vuole ini-
ziare il figliastro ai Baccanali, II,
590.
Sempronio Sofo (P.), plebeo, avver-
sarlo di Appio, II, 286.
Sempronio Tuditano (C), proconsole,
sconfitto ed ucciso in Spagna, II,
455.
Sempronio Tuditano ( C. ) , console
(625) , incaricato di giudicare le
contese per la ripartizione delle
terre. III , 61 ; vincitore degli Illi-
rii , 765 ; scrittore di storie , 764 ,
765.
Senarco, filosofo Peripatetico, ono-
rato da Augusto, IV, 176.
Senato, 1, 701 ; proponeva alle Curie
il re, 703 ; suoi diritti, 704 ; rimane
quasi lo stesso anche sotto la Re-
pubblica, 716; i suoi decreti con-
servati nel tempio di Cerere, 840 :
stabilisce di distribuire le terre
dell'agro Pontino, II, 19; privato
del veto, 280; suoi poteri, 281-
28 J; sua fermezza e provvedimen-
ti all'annunzio della sconfitta del
Trasimeno, 350-351, 355 ; approva
le crudeltà dì Fulvio a Capua, 391 ;
dichiara liberi i Greci, 438; ri-
duce la Macedonia a provincia,
495; ordina che Sparta ed altre
città siano separate dalla lega
Achea, 496 ; disapprova gli atti di
ferocia e perfidia quando sono di
ostacolo alla vittoria, 553 ; non
ricAiirtsc la cnpitiilazione delcon-
sn;,' ii-t :, , \i 1 ir ino e lo rimanda
:u - : ' (3 ; vuole che i
( . : Milano a discrezio-
11-. r.Ji p! - rive le feste di
Baccii, .502; per le lunghe guerre
esercita come una dittatura per-
petua , III, 8 ; respinge 1' offerta
del re Micipsa di mandar grano
in Sardegna, 70; spogliato della
potestà giudiciaria da C. Gracco,
75; si lascia corrompere da Giu-
gurta, 105 ; manda legati in Nu-
niidia, 105 ; dichiara la guerra a
Giugurta, 107 ; vieta di ritenere
in servitù gli uomini liberi nei
paesi alleati, 138 ; Servilio Cepisne
propone che gli sia restituita la
potestà giudiciaria, 145; Appuleio
Saturnino gli impone di giurare
le leggi cinque giorni dopo il vo-
to del popolo, 151 ; si arma contro
i demagoghi, 154 ; spaventato dal-
le lettere minacciose di Siila, 249-
250 ; nomina L. Valerio Fiacco
interre, 2G7; nomina Siila ditta-
ti r-. J'i^ r II i-vato daSilla riac-
I , I I giudiciaria, 271;
1 li privilegio esclu-
s M .i;-;i- .,'".; congiura a suo
danno, :j )o ; de. reta pubbliche gra-
zie a Cicerone, 382 ; ricusa di di-
stribuire le terre ai veterani di
Pompeo, 402: pubblicazione dei
suoi atti ordinata da Cesare, 41 1 ;
fugze a Capua con Pompeo, 486 ;
decreta 40 giorni di feste per le
vittorie di Cesare e lo esalta con
onori divini, 527 ; altri decreti ser-
vili in onore di Cesare vincitore
in Spagna , 5'32-533 ; accresciuto
di numero, 535; e avvilito da Ce-
sare , 546 ; conferma gli atti di
Cesare , .570 ; temperamenti con
M. Antonio . 576-577 ; gli dichia-
ra la guerra , 592-593 ; dichiara
la guerra a Dolabella , .596 ; e
nemico pubblico Antonio , 600 ;
vani sforzi per abbassare Ottavio,
602 ; fa atterrare le statue di An-
tonio e gli toglie il comando, 674 ;
tore. IV, 12; riformato da Ottavio
12-15, 29 ; dà ad esso il nome di
Augusto , 18 ; fa opposizione ad
Augusto per la creazione dell'era-
rio militare, 81 ; Augusto vieta la
pubblicazione dei suoi atti, 165 ;
ordina i funerali d'Augusto, 235-
2:J6 ; in mano di Tiberio, 254 ; sua
viltà 281-283 ; celebra l'uccisione
di Seiano, 304 ; ucciso Caligola si
oppone alla proclamazione di Clau-
dio imperatore, 336-338; accetta
l'elezione, 33S; decreta onori al
liberto Pallante, 343-344; afforza
l'imperatore e indebolisce sé stesso,
349 ; Claudio vi ammette i provin-
ciali, 352-353 ; fa togliere da ogni
luogo le effigie di Messalina, 365-
366 ; liberta dategli da Nerone nei
primi anni del suo governo, 374;
ringrazia Nerone perché ha ucci-
so la madre, 387 ; e per altre uc-
cisioni, 390; decreta grazie agli
Dei per aver salvato Nerone, 410 ;
decreta onori a Nerone pei buoni
successi d'Oriente, 417 ; condanna
a morte Nerone, 425 ; allegrezze
per la uccisione di Galba e per la
proclamazione di Ottone, 439 ; o-
nori a Vitellio, 450 ; proclama imr
peratore Vespa-siano, 473; rifor-
mato da Vespasiano, 494 ; plaude
all'- Ir ;_:■!.:- i-:'irie di Domizia-
1111. ". . Ti ai furori di
1) : - l'i ; e appena uc-
ciso-I: ti il. i-t r- !•• statue, .545;
acc.jtrlie CI ,11 entusiasmo l'adozione
di Traiano fatta da Nerva, 5.52;
Traiano gli lascia piena libertà,
.557 ; approva la pace con Dece-
balo, .574 ; e poscia lo dichiara
nemico di Roma, 578 ; decreta a
Traiano l'arco di Benevento e un
altro nel Fòro Traiano, 617; con-
ferma la proclamazione di Adria-
no , 627 ; Adriano promette di
non uccidere, .senza ordine del Se-
nato, alcun senatore, 631 ; decade
sotto Adrian. I. t;33 ; è diviso in
tre iiliii'. Ir'".: MI.. 1 condannare
la 11 \ li imo ed è impe-
diti. : , , ..111 ; deificaFau-
stiiii M i.l: !■ ■- i.i.j-lie di Antonino
l'i.i, 7o."it grida imperatore Marco
Aurelio, 725 ; richiamato a dignità
da Marco .Aurelio, 739 ; pone fuori
della legge Avidio Cassio, 747 ; de-
creta onori divini a Marco Aure-
lio, 752 ; e a Faustina Minore, 7(3-
764; ha il nome di Commodiano,
772 ; sue imprecazioni a Commodo
morto , 780 ; sotto l' Impero ha le
apparenze d'essere il primo potere
legislativo e giudiciario, 812 ; re-
gistra r onnipotente volontà del
principe, 813; è indipendente sotto
) principi buoni, 813.
Senato dei municipi. — Vedi Curia.
Senatori, governano durante l'inter-
regno per la morte di Romolo, I,
585; aumentati di numero da Tar-
quinio Prisco, 600 ; esiliati e uccisi
da Tarquinio il Superbo,' 610 ; loro
origine e numero secondo il Nie-
buhr. 668; portati a novecento da
Cesare, 111, .535; non possono as-
sentarsi d'Italia senza licenza del
principe , IV , 349 ; trentacinque
fatti uccidere da Claudio, :JU2 ;
Nerone vieta di dar loro mercedi
per la difesa delle cause, 376; A-
driano vieta loro di pigliar tributi
1044
INDICE
SENECA
SEPOLCRO
SERVILIO
in appalto, 672 ; senatori uccisi da
lui, 6S8.
Seneca, retore, padre del filosofo, IV,
835; storico e critico dei decla-
matori, 870 ; narratore delle guer-
re ci\ili, 918.
Seneca Anneo (Lucio), filosofo , sua
nascita , IV, 385 ; sotto Caligola
corre pericolo di morte, 325,865;
fatto esiliare in Corsica da Mes-
salina, 360; maestro di Nerone,
370; compone l'orazione funebre
recitata da Nerone in onore di
Claudio, 373-37-1 ; governatore di
Nerone, 371-378; sua guerra ad
Agrippina, 378-379 ; ha parte dei
beni di Britannico, 381 ; difende
Burro dall'accusa di cospirazione
con Agrippina, 381-382 ; è ciiiama-
to da Nerone per consigliarlo sul
modo di uccider Agrippina, 385 ;
fa l'apologia del matricida, 3'^ ;
costretto a lodar Nerone citaredo,
3S8 ; sue ricchezze , 389 ; cade in
disgrazia, 389-390; la sua avarizia
posta tra le cause della rivolta dei
Uritanni, 395; denunziato di con-
giurare contro Nerone, 407; morte
incontrata con animo forte e sereno,
•IDS, 8:J6; sepolcro attribuito a lui,
4US-109; confrontato «ome filosofo
con Marco Aurelio, 756; brutture
da lui vedute a Roma , 826-S27 ;
riprova la universale libidine di
morire, 832; uffici sostenuti, 835-
S3H ; suoi amori, ricchezze e lusso,
836-8:57 ; accuse contro di lui, 837 ;
esiliato, encomia Polibio, Messa-
lina e Claudio, 837; morto Claudio
inveisce contro di lui, 838; lodi a
Nerone , 838 ; sue coutradizioni ,
8:3S-839; Epistole, 839; sua filo-
sofia e morale, 839-841 ; suo modo
di scrivere, 841 ; supposte relazioni
con San Paolo , 842 ; compone a
Nerone le orazioni, 867; accagio-
nato di avere contribuito alla cor-
ruzione dell' eloquenza , 871 ; su»
tragedie piene di declamazioni, di
gonfiezze e di antitesi. 875-976.
Seno Ctallia o .Sena Gallica (Sini-
gaUin) , città desìi Umbri , cosi
detta dei Galli Senoni, I, 65, 8S6 ;
colonia romana, II, 93,248, 269, 398.
Senofonte e i suoi Diecimila, IV, 662.
Senofonte, medico di Claudio, IV, 319;
e suo avvelenatore, 372.
Senoni (Galli) , si stanziano presso a
Ravenna , 1 , 885 ; scendono in
Etruria, 887-889; vinti dai Ro-
mani, II, 90-91.
Senoni nella GalliaLugdunese (.9erts),
si sollevano. 111, 442 ; Cesare pren-
de da loro ostaggi. 111, 443; loro
con^iiir.-i, 414.
Sentiri. (/•••'' ■•',-■; '■■ ^ ••:•'- fnrrato),
, •• .' _ : I , !,'>:. grande
^^ ■'■.'. : , i; .• •, , ,_■]-, Etru-
ì- :. ' - i: ■■!- ^ presa e
lni.^:^:a.i i..l.,i ^u. li,, di Ottavio
e di L. Autuiiiù, III, G38.
Senzio (Gueo) , governatore di Siria,
IV, 205.
Senzio .Saturnino (C), legato di Ti-
berio rontro Maroboduo, IVj.222.
Senzio Saturnino (Gneo) , console ,
propone di <inorare Cherea ucci-
sore ili Caligola, IV, 336.
Sepino, citta dei l'entri, I, 2.57 ; iscri-
zione alimentaria. IV, 8U7.
Sepolcri ctrusfhi, 1. 1C7-169, 419-430,
504, 510, 516-521; ornati dì vasi
fittili, 448.
Sepolrri. — ViMli Tombe.
Sepolcro di .\diiatio. — Vedi Adria-
no (Mausoleo d)
Sepolcro d'Augusto. — Vedi Augu-
sto (Mausoleo d").
Sepolcro di Nerone, IV, 227, 428.
Sepoltura (vari modi di) presso gli
Etruschi, I, 516-517.
Sepolture, leggi di Marco Aurelio, IV,
733.
Septem Aquae , città pelasgica nella
Sabina, I, 77, 78.
Septi (i), restaurati da Adriano, IV,
679.
Sequana (Senna), uno dei più grandi
fiumi della Gallia, 111, 424, 435.
Sequani (Franca Contea), chiamano
i Germani contro gli Edui, III, 429 ;
Ariovisto prende due terzi delle
loro terre, 429 ; uniti agli Edui
sono da lui vinti, 429-130 ; permet-
tono agli Elvezii di passare pel
loro paese, 431.
Serapéo, in Alessandria d'Egitto, IV,
64.
Serapide (Grande), IV, 666.
Serapide, tempio ad Alessandria, IV,
480 ; a Roma, 510, 5:i5.
Serapione, consegna Taormina ai Ro-
mani, III, 42.
Sergio Catilina (Lucio), ministro dei
furori di Siila, III, 262 ; sua prima
congiura per uccidere il Senato,
356; assoluto come sicario da G.
Cesare, 359 ; sua perversa natura,
370-371 ; uffici da lui sottenuti o
ambiti, 372 ; suoi compagni e stru-
menti al male, 373; convsgni e
riti atroci dei congiurati, 374 ; pre-
parativi per la rivolta, 375 ; chiede
invano il consolato, 376; solleva
l'Etruria e stabilisce la rivolta in
Roma, 376-377 ; assalito dalla elo-
([uenza di Cicerone, 378; fugge tra
i Sollevati in Etruria, 379; vinto e
ucciso nell'agro Pistoiese, 388-389;
studi sulla congiura, 390.
Seri , abitatori della Serica ( posta ,
come generalmente si crede, nel-
r angolo boreale occidentale della
China ) , ai tempi di Augusto
chiedono amicizia a Roma, IV,
84, 210 ; commercio con Roma,
201, 207; ambasceria romana ad
essi sotto l'impero di M. Aurelio,
731.
Seria Fama lulia, città della Spagna
Betica, IV, 60.
Serifo (Serpho), isola del Mar Egeo,
IV, 187.
Serpente del Dio Esculapio, II, 295.
Serpente di smisurata grandezza, in-
contrato dalle legioni in Atfrica,
II, 220.
Serpenti, insegne dei Daci, IV, 566.
Serra, monte n«gli Irpini, I, 18.
Sertorio (Quinto), si salva dalla scon-
fitta di Arausio, III, 125; non ij
lieto dell' arrivo di Mario , 212 ;
muove contro Roma , 214 ; uccide
gli sgherri Mariani, 218: va al go-
verno di Spagna, 250, 291 ; consi-
glia Scipione a non trattare con
Siila, 253; ì; cacciato di Spagna,
267, 292 ; sua nascita e gioventù,
290-291; tribuno militare e poi
questore nella Gallia Cisalpina,
291 ; sue prodezze, e umana e no-
bile indole, 291 ; prime avventure
nelle Spagne e nell'Afl'rica, 201-
292; chiamalo dai Lusitani si fa
loro capo , 292-293 ; sue vittorie
sui duci romani, 294 ; suoi intenti
civili e politici, 294-295; è raffor-
zato da Marco Perperna, 297 ; as-
sedia Laurone e vince Pompeo ,
297; battaglie del Sucrone e nel
piano del Turia, 298; sue guerri-
glie, 299 ; suo trattato col re Mi-
tridate, 300, 335 ; vorrebbe deporre
le armi per ripatriare, 301 : vende
e uccide i giovani in educazione a
Oscji, 301 ; è tradito da Perperna
ed ucciso, 301-302.
Sertorio Macrone (Ne\io), investito da
Tiberio tl.-I .- 'iiriMiì.i rli-i pretoriani.
IV, -.'.«■! . _ Il lettera di
Tiberi . ' : Seiano, 302-
303; s . . s, , .i.oeceita Ti-
berio alic ^;::Lj;i, Ju.; ; accompagna
Tiberio in Campania, 313; pro-
tegge Caligola, 315; fa affogare
Tiberio, 316; si uccide per ordine
Serviano, cognato di Adriano, da lui
ucciso, IV, 688.
Servilia, madre di Marco Bruto, al
convegno di Anzio, 111, 579; gem-
ma regalatale da Cesare, IV, 199.
Servilia, figlia di Sorano Barca, ac-
cusata col padre, IV, 414-415.
Servilia, madre di Vitellio, sua bontà
e morte, IV, 453.
Servilio (Caio), pretore, mandato in
Sicilia contro gli schiavi, è pro-
cessato ed esiliato. III, 142.
Servilio (P.), console, calma con suo
editto la plebe, 1, 778.
Servilio (Q.), proconsole, va ad Ascoli,
e con sue ingiurie e minacce pro-
voca lo scoppio della rivoluzione
italica, IIJ, 170.
Servilio Casca (Caio), congiura con-
tro Cesare, III, 5.52.
Servilio Casca (P.), senatore, congiura
contro Cesare, 552 ; corre pericolo
di svelare la trama, 556 ; ferisce
primo il Dittatore, 558.
Servilio Cepione (Gneo), spedito sulle
coste d'Italia per minacciare i Gre-
ci. II, 473.
Servilio Cepione (Q.), rompe la pace
Eiurata, e saccheggia le terre dei
usitani. II, 529; fa assassinare
Viriate, 529-531; non ha onore
dalla vittoria, 531.
Servilio Cepione (Quinto), figlio del
precedente, console, propone di ren-
dere ai senatori la potestà gìudì-
ciaria. III, 145; andato nella Gal-
lia Narbonese, prende a tradimento
Tolosa e ruba il tesoro del tempio
di Apollo, 123, 146 ; sua inimicizia
con Gneo Manlio Massimo, 123-
125; sconfìtto ad Arausio, 125;
processato ed esiliato, 125, 146-
147.
Servilio Cepione (Q ), nella guerra so-
ciale, III, 178 ; vinto e ucciso, 183-
1,S4.
Servilio Gemino (Gneo), mandalo ad
Arimino contro Annibale, 11, 313 ;
la sua cavalleria è sconfitta nel-
l'Umbria, 347 ; unisce il suo eser-
cito a quello di l-'abio Massimo,
351 ; muore alla battaglia di Canne,
358.
Servilio i;irni,i,-i ic, \ di^t.! demagogo
di c.-is:i I II n - II, I (i-ibuno, au-
tore .1.1 1 _ _ ' .. I iissione. Ili,
147; M) I II: I I II., si unisce a
Mario .il ■ 1 M . jo-.-tore, 1.50;
aspira ni c..Msolato. e uccide C,
Meramio suo competitore, 153-1.54.
Servilio Isaurico (P.), creato console
con Giulio Cesare, III, 495.
Servilio Noniano (M.), lodato storici,
e oratore, IV, 918
Servilio Rullo (P.) , tribuno, autore
di una legge agraria combattuta
da Cicerone, IH, 367-369.
Servilio Vazia (Publio), proconsole,
vince i pirati e prende il sopran-
nome di Isaurico, III, 331.
DEI NOMI E DELLE COSE.
1045
SERVIO
SIBARITIDE
SINOPE
Servio Sulpicio, libera Pompeo chiuso
in Fermo, III, 185.
Ser\io Tullio, carcere da lui costrui-
to, I, 597 ; racconti diversi sulla
sua origine, 601-602; dagli Etru-
schi e chiamato Mastarna, 602;
eletto re, 603-604 ; fa guerra agli
Etruschi, 604; fortitica ed amplia
Roma, 605; sue riforme politiche,
606-607; è ucciso, 608-609; costi-
tuzione da lui data al governo di
Roma, 706-715 ; altri ordinamenti,
715 ; cinge di mura la città, 722.
Sestante, sesta parte dell'asse, li, 309.
Sesterzio, moneta d' arsento del va-
lore di due assi e mezzo . II , 309,
310 ; riduzione al valore della no-
stra moneta, IH, 454 ; suo valore
nei due primi secoli dell' Impero,
IV, 14, 805.
Sestia , suocera di Vetere, si svena,
IV, 412.
Sestile, mese, riceve il nome d'Augu-
sto, IV, 20.
Sestilia, madre di Aulo 'Vitellio, IV,
440.
Sestine, ncU" Umbria, iscrizione ali-
mentaria, IV, ,Sii7.
Sestio (Lucio), console, IV, 20.
Sestio (P.), tribuno, si adopera pel
richiamo di Cicerone, III, 421.
Sestio (T.), legato di Ottavio, vince
Q. Corniflcio, III, 620.
Sestio Calvino (Caio), console, vince
i Salluvii, m, 92; dà il suo nome
ad Aqiuie Sextiae, 90.
Sestio Laterano (L ), tribuno, collega
di Licinio Stolone, U, 20-24 ; pro-
clamato console, 24.
Sestio Nigr j (Q.), e un suo figliuolo,
fìlosoa, IV, 834.
Sesto di Cheronea , stoico , nipote di
, Plutarco, maestro di Marco Aure-
lio, IV, 720, 723.
Seta della China a Roma, IV, 210.
Setini, abitatori di Sezia (Sezze)^ nei
Volsci, fanno guerra a Roma per
i Tarquinii, I, 631.
Setlocenia, Dea, adorata nel Vallo dL
Adriano, IV, 652.
Settembre, mese, Domiziano gli dà il
nome di Germanico, IV, 532.
Settimana presso gli Etruschi, I, 4'J4.
Settimio, già centurione di Pompeo
lo uccide. III, 505-506.
Settimio Severo , imperatore , detto
a torto edificatore del Vallo di
Adriano, IV, 647 ; restaura il Co-
losso di Memnone, 668.
Settimuleio , di Anagni , empie di
piombo il cranio di Caio Gracco ,
III, 83.
Severiauo, legato di Cappadocia, oc-
cupa Elegia , IV , 727 ; è ucciso ,
728.
Severo (nei monti di Cantalice), mon-
te in Sabina, I, 220.
Severo , ingegnere , riedifica Roma
incendiata da Nerone, IV, 402.
Sextio, nel Bruzio, I, 306.
Sezia [Sezze), città dei Volsci, I, 233 ;
colonia romana , II , 19 ; dichiara
che non può soccorrere Roma ,
393, 394 ; città latina , 646 ; presa
da Siila, III, 254.
Sezia (monte di) , bagnato dal mare,
I, 19.
Sfinge, usata come sigillo da Ottavio,
Sibari {Coscile), fiume della Magna
Grecia, I, 320, 322.
Sibari, nella Messapi.i. — Vedi Lupia
detta Lici.i e anche Sibari.
Sibari, città della Magna Grecia, fon-
data dai Greci, 1,310; U, 9tì, 118;
opulenza e potenza, 1 , 320 ; sue
mollezze e rovine , 321 ; sue colo-
nie , II , 96 ; accoglie le leggi di
Zaleuco, 137 ; sua lussuria, 140-141;
il popolo si solleva contro l' ari-
stocrazia, 149-150, 158 ; è distrutta
dai Crotoniati, 150,
Sibaritide, repubblica, 1 , 311 ; terri-
torio, 319-321.
Siberena ( Santa Severina ) , nella
Magna Grecia, I, 319.
Sibilla, monte, I, 242.
Sibilla di Cuma, I, 401:
Sibilla di Tiburi , 1 , 401 ; tempia di
essa, 559.
Sibille (le tre), <ina delle più antiche
opere dell'arte romana, li, 299.
Sicambri, dapprima sulla ripa destra
del Reno , non veduti da Cesare ,
III, 438, 443; vinti da Agrippa,
IV, 98; trattati perfidamente da
Tiberio e trasportati sulla riva
sinistra del Reno, 103.
Sicani, loro origine e dimore, 1 , 62 ;
primi abitatori della Sicilia , II ,
104 ; accolgono amorevolmente gli
Elimi, 111.
Sicca (KelT), città dell' Afi'rica nella
Numidia, Mario respinge da essa
Giugurta, III, 112.
Sichem, in Palestina, IV, 493.
Sicilia , staccata dal continente ita-
liano , I, 17-18, 303; chiamata
dapprima Trinacria e Triquetra ,
62 , II , 96 e segg, ; e poi Sicilia,
dai Siculi qui venuti dal Lazio, I,
62 , 75 ; dopo la battaglia delle
isole Egati . passa sotto la domi-
nazione di Roma , II , 236 ; prima
provincia romana , 237 ; come or-
dinata, 272-274, 542, 543; ammi-
nistrata da un pretore, 307; dopo
la caduta di Siracusa, continua la
guerra ai Romani , 385 ; i quali
la sottomettono, 3S6 ; dà vettova-
glie per la guerra contro Filippo
di Macedonia , 433 ; le sue terre
in mano a pochissimi , HI , 11 ;
travagliata da due guerre servili,
38-43, 137-143; saccheggiata da
Verre, 319-324; Pompeo la libera
dai pirati, 433; colonie di Augu-
sto, IV, 60.
Sicinio (L.), tribuno, ucciso per aver
voluto rendere ai tribuni l' antica
potenza. III, 316.
Sicinio Belluto (L.), conduce la plebe
sul Monte Sacro, I, 780 ; tribuno,
782.
Sicinio 0 .Siccio Dentato (L.) , detto
r Achille romano , eletto tribuno,
fa approvare la legge Terentilla,
1 , 831 ; va contro i Sabini ed è
assassinato, 837-838, 841.
Sidone ( Vasilikd)^ città del Pelopon-
neso, visitata da Emilio Paolo, II,
482 ; vi muore Fulvia , moglie di
M. Antonio, III, 642.
Sicobati, popoli Sciti, assaltano l'Im-
pero, IV, 734.
Sicori (Sagre) , fiume della Spagna
Tarraconese. Ili, 491.
Siculi, loro origine e dimore, I, 62-63 ;
cacciali dai Pelasgi, abbandonano
il Lazio e passano nell' isola che
da essi si chiama Sicilia, 75, 527,
531 ; loro sedi. II, 104-107; cac-
ciati di Siracusa, 119; loro lotto
coi Greci in Sicilia , 133 , 162 ; in
gran parte sottomessi dai Siracu-
sani , 163 ; prendono parte alla
Side (Esh;/ Adiilia). città sulle coste
della Panfilia, emporio di schiavi,
III, 25.
Sidicini, in Campania, ricordi di loro
autonomia e grandigie , I , 283 ;
vincono gli Aufunci, 215; chiedono
soccorso ai Campani contro i San-
niti, II, 38; si uniscono ai Latini,
42, 44 ; vinti da Valerio Corvo, 52.
Siene (Assouan), all'estremità meri-
dionale dell' Egitto , IV , 68 ; ter-
mine dell'Impero romano, 262.
Siface, capo di una parte della Nu-
midia , fa guerra a Cartagine ed
è vinto , II , 403 ; stringe alleanza
coi Romani, 408; prende in moglie
Sofonisba e difende Cartagine ,
413; il suo campo è incendiato,
414; è sconfitto ai Campi Magni
e poi fatto prigioniero , 415 ; si
vendica di Sofonisba , 415-416 ;
muore prigioniero a Roma, 417.
Sifare , ucciso da Mitridate suo pa-
dre, III, 351.
Sifeo (presso Castrovillari), città dei
Bruzi, I, 306.
Sifllino (Giovanni), compendiatore di
Dione Cassio, IV, .374.
Sigimero , principe dei Cheruschi e
padre di Arminio, IV, 225.
Signia (Segni), grandi mura ciclopi-
che, I, 83; città dei Volsci, 233;
sottomessa da Tarquinio il Super-
bo e aff'orzata da una colonia, 612.
Sigonio, contribuisce a schiarire le
origini italiche, I, 186 ; suoi dubbi
sulle asserzioni degli storici an-
tichi, 643.
Sigus, in Affrica, ricordo di Adriano,
IV, 6,57.
Sikler, impugna la teoria dei monu-
menti ciclòpici, I, 104.
Sila, nel Bruzio, I, 28a--2S7.
Silaro (Sele) , fiume tra la Campania
e la Lucania, 1, 268, 278, 287.
Sileno, storico greco, scrittore delle
guerre di Annibale, II, 419.
Silio (C), vince Sacroviro, IV, 276;
tratto a morte da Sciano pel suo
afl'etto a Germanico, 288.
Silio (C.) , figlio dei precedente , fc il
giovane piU bello di Roma , IV,
362 ; amato e sposato solennemente
da Messalina , moglie di Claudio ,
e ucciso, 362-364.
Silio Italico (C.) , sua vita , IV, 913 ;
il suo poema sulla Gìterra Pu-
nica, 913-914.
Siila. — Vedi Cornelio Siila.
Siluri, tribii della Britannia, nel paese
di Galles, e nella contea di Mon-
mouth. IV, 346.
Silvano, adorato ad Alsio, I, 389; bo-
sco a lui sacro, 413 ; sacrifizi, 730 ;
culto nel vallo di Adriano, IV,
645; Silvano Invitto, 652.
Silvio (Garagnone), nelI'Apulia Peu-
Simboli orientali , che si riscontrano
presso gli Etruschi, I, 118-119.
Simboli, cioè consiglieri , magistrati
a Turio, II, 133.
Simeto (Giarretla) , fiume di Sicilia,
II, 108.
Rimoenla. — Vedi Crimiso.
Simone (L. G. de), suoi scavi a Ru-
dia presso Lecce, I, 343.
Simoniue, alla corte di Geronc, II,
161.
Singara, in.Mesopotamia , presa da
Traiano, IV, 615.
Singiduno (Belgrado) , nella Mcsia
Superiore, IV, 68, 570.
Sinonia (Zannane) , isola dei Volsci,
I, 238.
Sinope. — Vedi Sìnuessa.
Sinope (ffinub), nella Pafiagonia sulle
coste dell'Eussino, reggia di Mi-
tridate, III, 222 , 224 , 225 ; asse-
diata da Lucullo, 339; Pompeo vi
1046
INDICE
SINORIA
SPEZIA
fa seppellire Mitridate, 353 ; acqui-
dotto, 563.
Sinopia, castello sul confine dell'Ar-
menia Minore e Macrs^ore, rifugio
di Mitridate, in, 345.
Sinuessa, detta dai Greci Sinope (Mon-
dragone), nella . Campania , I,
26S-269 ; colonia romana , II , 81 ,
2r,8j bagni, vi si uccide Tigellino,
IV, 443 r a capo dalla via Domi-
ziana, 520.
Sion, alta città di Gerusalemme, IV,
4SI ; presa da Tito, 4St>.
Siponto (da cui sorse poi Manfredo-
nia)^ nell'Apulia Daunia, creduta
città pelasgica, I, 80 ; si disse fon-
data da Diomede , 351 , 356, 357 ;
colonia romana, li, 427 ; presa da
M. Antonio, III, 642: ricordo di
Antonino Pio , IV, 716 ; iscrizione
alimentaria, 807
Siracusji, sede dei Siculi, II, 107 ; co-
lonia greca, 11S-U9; la più gran-
de delle citta ereche in Sicilia ,
splendida di monumenti. 110-120;
centro dei Pitajrorici , 1.57 ; scon-
volta dalla rivoluzione sociale, 158 ;
occupata dal tiranno Gelone. 15!*-
160 ; e poi da Cerone e da Trasi-
bulo, 161 ; il quale è cacciato, 161 ;
inalza una statua a Giove Eleu-
terio , 161 ; sottomette molte città
dei Siculi, 163; si rivolge contro
Leontini , 163 ; vince gli Ateniesi
accor.^i in aiuto, 164 ; sua potenza,
e leggi di Diocle , 164 ; assediata
dai Cartaginesi , 167 ; sotto il ti-
ranno Dionisio il Vecchio , 16.5-
175; e sotto Dionisio il Giovane,
17«;-178, 180; Dione la restituisce
a Ibert.i, 178; travagliata daira-
narchia e da oscuri tiranni, è li-
berata da Timoleone, 179-181 ; suo
teatro. 181-1.S2; sotto il tiranno A-
gatucle, 183 e segg. ; accoglie Pirro
con festa, 200; sotto Gerone se-
condo, 208, 211; aiut.i i Cartasri-
nesi nell'assi'tli . dì \\f":-::". 210;
abbellita e ili- -- i ne,
373-374 ; sott.j I ■ Tin-
ge alleanza ■■r., ... ;: l-:;75;
in guerra cju i;'!;i:i, J7.j-j7(j;
suoi quartieri e porti, 376; di-
fesa da Archimede nell' assedio
dei Romani , 377-379 : congiure a
suo danno e assalto notturno ,
380 : rivoluzioni cittadine , 382 ;
tradita cade in poter dei Romani,
382; crudeltà del vincitore, 38:};
saccheggiata da Verre , 111 . 322-
;J23, colonia di Augusto, IV, f.O.
Siracusani, si impadroniscono dell'i-
sola dell' Elba, 1 , 8^1 ; e taglieg-
fiano la Corsica, 881 ; scorrerie in
:truria, 881-8S3.
Sirene, ricordi di esse nei dintorni di
Napoli, 1, 273; e a Capri. IV, 262.
Sirenuse ( scogli detti Galli ) , isole
tra la punta della Campanella e
Amala, I, 273.
Siri (Sinno), fiume della Magna Gre-
cia, I, 322, 331.
Siri, città della Magna Grecia, fon-
data dai Greci, sul fiume del me-
desimo nome, combattuta e deva-
stata dai Tarentini e dai Turii ,
I, 310. 322, II, 119,
Siria, indebolita dai Romani, II, TA\ ;
corsa da Pompeo, III, 3«; pro-
vincia romana , 351 ; ilerubata da
Crasso, 464 ; impoverita da Quin-
tino Varo, IV, 77, 224; chiede le
siano alleviati i tributi, 25S, 259;
resta fedele ad Ottone, 442; e poi
volgesi a Vespasiano proclamato
imperatore dalle legioni poste ivi
a presidio, 461, 4C2; governata da
Adriano, e poscia visitata e coloniz-
zata da lui imperatore, 621 , 636,
663, 664; opere pubt>Uche e ri-
cordi di Antonino Pio, 701, 715;
invasa dai Parti, 728 ; respìnti dai
Komani, 731 ; retta da .\vidio Cas-
sio , 745 ; legioni stanziatevi , 78 ,
783.
Siritide, repubblica, I, 311 ; territorio,
322-324.
Sirmio (Mitroritz), nella Pannonia
Inferiore, IV, 223; colonia Flavia,
405 ; fu detto che vi mori M. Au-
relio. 752.
Sirmione, penìsola nel lago di Garda,
III. 803, 804.
Siro (Publio) , scrittore di mimi , III,
789-790.
Sirpio, città dei Pentri, I, 259.
Siscia (Sziszek), nella Pannoni^ Su-
periore, IV, 496.
Sisifo, III, 801.
Sizzio (P.), di Nuceria, nella guerra
d'.Aftrica, III, 519-520.
Smindiride, cittadino di Sibari, I, 321.
Smirne, città di Lidia, rimane libera
dopo la sconfitta di Antioco, II,
453 ; si ribella a Mitridate, HI, 244 ;
congresso dei Repubblicani, 620 ;
acquidotto, 550; Ginnasio, 664;
restaurata da M. Aurelio, 748.
Sociale (guerra). — Vedi Italici.
Socii italici. — Vedi Italici.
Sodi di Roma. II, 2G1.
Socrate, vilipeso da Catone, II, 601.
Socrate Cresto, posto da Mitridate
sul trono della Bitinia, 111, 227;
è da lui fatto uccidere, 227.
Sofisti, Adriano dà loro immunità,
IV, 676 ; predicatori erranti, 845-
846. — Vedi Filosofia.
Sofonisba, moglie di Siface, U, 413;
Io eccita alla guerra contro i Ro
mani, 415; vinto da Scipione il
marito, sposa M.issinissa, 415: e
per non cadere in mano ai nemici
prende il veleno. 416.
Soldati. — Vedi Milizie.
Sole, adorato dai Sabini, 1,383; cul-
to, 741 ; tempio in Roma, IV, 410.
Sole Apoll
Vallo d
Soli. — V.
SùlunU^Jsi
ciliaTsi
115,
Inv
iltan nel
Sontia (SaJiirt), città della Lucania,
I, 294.
Sora (isola di). III, 727. 728.
Sora, sul Liri, città dei Vol.'ici , I,
2.Ì4 ; presa dai Romani, II, :Ci, 3S ;
si rivolta ed è ripresa ccd tradi-
mento, 67; il presidio romano uc-
ciso dai Sanniti, 76; ritorna in
potere dei Romani, 77 : colonia
romana, 78, 267, 268; colonia mi-
litare. IV, 43.
Sorano, Dio, I, 381.
Soratte [Monte Sani' Oreste), monte
di Etruria tra Falerii e il Tevere,
forse fu un tempo circondato dal
mare, I, 20, .'i81.
Sordi [HoussiUon), popolo della Gal-
lia Narbonese, 111, !r>.
Sorrento, citta della Campania, te-
nuta dagli Etruschi, I, 128; ebbe
il nome da una Sirena , 273, 276 ;
ricordo di Adriano, IV, 637; porto
con armata navale, 7W.
Sorti prenestinc. — Vedi Prenestine
(.sorti).
Sorti Virgiliane, IV. 625.
Sosia, moglie di C. Silio, esiliata j)er
l'amore che le portava Agrippma,
IV 288.
Sosibi, popoli Sciti, assaltan l'Impero,
IV, 734.
Sosilo, storico greco, scrittore delle
guerre di Annibale, II, 419.
Sosio (Caio), legato di Antonio, com-
batte contro i Giudei, III, 662;
difende Antonio contro le accuse
di Ottavio e lascia Roma, 673.
Sosigene Alessandrino, aiuta Cesare
nella riforma del Calendario, III,
.539.
Sozione dWlessandria, filosofo, mae-
stro di Seneca, IV, 834. 835.
Sp.igne , cioè Citeriore (poi Tarraco-
nese) e Ulteriore (Betica e Lusi-
tania), IV, 58; sforzi dei Cartagi-
nesi per ridurle tutte in loro potere
11, 32''-331 ; guerra tra essi e i Ro-
mani, 397, 402-408; i Cartaginesi
cacciati, 408 'guerre continue degli
Spagnuoli contro i nuovi padroni,
4d3 e segg., 524-537; rapine dei
pretori e proconsoli, 456; Spagna
Citeriore e Spagna Ulteriore, pro-
vince, 542; Mario mette freno ai
ladroni. III, 102; invasione dei Cim-
bri e dei Teutoni , 126 ; guerra
contro Roma sotto gli ordini di
Sertorio, 293-302; vittorie di Ce-
sare contro i Lusitani, 405 : contro
i Pompeiani, 491-494, .530-532; e
colonie di lui, 537; guerre e rior-
dinamenti di Augusto, IV. 20, 57-
60, S5-S7; strade, 68; crudeltà e
rapine dei governatori, 78; com-
mercio con' Roma, 202-203; solle-
vazioni contro Nerone , 422-423 ;
colonie di Vespasiano, 495 ; e di-
ritto del Lazio accordato da lui,
495; visita di Adriano, 6.36. 655;
ricordi di Antonino Pio, 715 ; in-
vasione dei Mauri, 727 ; nuovi co-
loni mandativi da M. Aurelio, 740;
moti repressi, 745 ; vi stanziano tre
legioni, 783.
Spagnuoli, alla battaglia del Metauro,
II, 400.
Spano (Giovanni), illustratore del Nu-
raghi di Sardegna, II, 241.
Sparta, aiuta Siracusa assediata dai
Cartaginesi, II, 167 ; nell' anarchia
e poi nelle mani di un tiranno,
429; chiede di uscire dalla lesa
Achea, 496 ; in ffiierra cogli Achei,
497; accoglie Mitridate, 111,232;
non visitata da Nerone per pa
di Licurgo, IV, 418.
Spartaco, si fa capo dei gladiatori
rivoltati, III. 304 ; sue vittorie, 306-
308; tratta coi pirati per passare
in Sicilia, 308; fe inutilmente rin-
chiuso nella penisola di Reggio,
309; si ritrae nei monti di Petelia,
309 ; e vinto e ucciso da Crasso,
309-310.
Sparziano, ricorda le contradizioni
del carattere di Adriano, IV, 674.
Specchi mistici, nei sepolcri etruschi,
I, 517.
Speculalores, IV, 70,
Speranza, suo tempio, II, 294,
Spese pubbliche, ai tempi di Augusto
e .b Ve=p<i«;.,„-i, IV, 75.
Speli -.,, ! ,1.1 II.-,., e dell'Anfiteatro,
1. '. ti 1 !- .II'. ; per le vittorie
' I ; 1 1 1 , - . , e di Cesare, 529-
.':■•'. "• ::;, ^ -f ■ l'Impero, IV, 104-
10-., 346 ,358-3,59. 415-410, 516,
.535-538, 581-582, 631, 703. 770-771 ;
a Pompei, 797-798; gli spettacoli
immodesti e sanguinarli vituperati
dai filosofi. 848, 862. — Vedi Giuo-
chi, Teatro,
Spettacoli Partici, — Vedi Partici,
Spezia (golfo della), porto di Luni, I,
129
DEI NOMI E DELLE COSE.
1047
SPEZIERIE
STICKEL
SUTRI
Spezierie dell'India, portate a Roma,
IV, 207.
Spie. — A'edi Delatori.
Spina, città pelasgica alle foci del Po,
I, 7-1, 79, 3.J1.
Spoleto, città degli Umbri, I, G5; co-
lonia romana, II, 93, 269; resiste
ad Annibale, 34S-3-19; rotta della
parte Mariana, III, 237; arco in
onore di Germanico e Druso , IV,
2(!6, 267.
Sporo, eunuco, Sue turpi nozze con
Nerone, IV, 394 ; assiste alla morte,
di lui, 426.
Spurinna (Vestricio), va contro Ce-
cina , IV , 445 ; e lo respinge da
Piacenza, 446.
Spurio (M.), pompeiano , congiura
confr.i Celare, III, "jl.
.dl'iucendio
.-ili.
Stadio [Pinzza Navona), fatto a Ro-
ma da Duiiiiziano, IV, 532.
Statilia Messalina, sposa Nerone che
le ha ucciso il marito, IV, 394.
Statilio (L.), congiura con Catiliua,
III, 373 ; È arrestato, 381 ; e stroz-
zato, 3S6.
Statilio Tauro (M.), rovinato dalle sue
molte ricchezze desiderate da A-
grippina, IV, 369.
Statilio Tauro (T.), muove con una
Il .i ;i . ,,u ■ ::. -;i.-ilia, HI, 653-654;
- 1 1 ' ■ , 1 .attaglia di Azzio,
-.:-. : iti'o, IV, 196.
798.
imprescrittibili,
Stato Civile, provvedimenti di Marco
Aurelio per la iscrizione dei neo-
unti, IV, 7SO-7tO.
St.ii m; I .( ■/ 1, liei territorio di
\ :•' etrusche, I, 150.
St:ii . 1, 430-431.
' 'nelle case dei grandi, 197; agli
imperatori, 810-811.
Statue mobili, nei templi, I, 609.
Stazio (Cecilio) , poeta comico. —
Vedi Cecilio Stazio.
Stazio. — Vedi Papiuio Stazio (Pu-
blio), poeta.
Stàzio o Papio, Sannite proscritto,
incendia la sua casa e muore
neU-incendio, III, 609.
Stazio Murco (L.) , comandante la
flotta repubbUcana, lU, 617; di-
strugge nel mare Ionio due le-
gioni triumvirali, 627; si uni-
sce alle navi di Sesto Pompeo ,
631 ; da cui è ucciso, 647.
Stazio Prisco Licinio Italico (M.),
chiesto imperatore dalle legioni di
Britannia, IV, 727; posto al go-
verno di Cappadocia, 728; vince
in Armenia, 731.
Stecadi (Hyéres) , isole dei Marsi-
gliesi, presso le coste della Gallia
Narbonese, Fabio Valente vi è fatto
prigioniero, IV, 468.
Stefano , liberto , uccide Domiziano,
IV, 544-545.
Stele funerarie, I, 168-169.
Stellate (Agro). —Vedi, Campi Stel-
lati.
Stertinio (Quinto), medico, IV, 177.
Stesicoro, poeta, suo magnifico monu-
mento a Catania dove mori, II, 128;
statua ad Imera, 131; ti ovata a
Cartagine, 320.
Steub (Lodovico), sue opinioni sul-
rorisjine degli Etruschi, I, 202-203.
Stickel, suoi studi sulla lingua etrusca,
I, 480-(ì<l.
Stile Asiatico nell'eloquenza, 111,696.
Stile toscanico, I, 440-442.
Stilicone, detto a torto edificatore del
Vallo di Adriano, IV, 647.
Stintalo, lago in Arcadia, IV, 657.
Stipeiidii. — Vedi, Av\'ocati, Medici,
Milizia, Salarli.
Stoeui, popolo delle Alpi, vinti dai
Romani, III, 97.
Stoffe di Coo portate a Roma, IV, 205.
Stoici. — Vedi Filosofia.
Storici e AnnalisU dei tempi più an-
tichi, II, 607-611 ; degli ultimi tempi
della Repubblica, IH. 763-788; sotto
l'Impero, IV, 165-17.5, 17S, 180-184,
917-918; sludi storici promossi da
Vespasiano e da Mudano, 920-921.
Storie romane, verità e falsità degli
antichi racconti, I, 686-688.
Storione, detto cibo degno degli Dei
e dei Cesari, IV, 823.
Strabone, geografo , suoi scritti, IV,
179-180.
Strade. — Vedi Vie.
Stranieri, II, 261 ; cacciati per legge
da Roma, III, 355.
Strategi , nelle colonie greche di Si-
cilia, II, 133.
Stratone, maestro di rettorica, aiuta
Bruto ad uccidersi, IH, 629
Stratonica, madre di Sifare, III, 351.
Stratonicea di Caria (Eski-Uissar),
vittoria dei Romani sopra Ai-isto-
nico, U, 339.
Strenne del capo d'anno, I, 746-748.
Strimene (Stnnna) , fiume di Mace-
donia, II, 480, HI, 623.
Struzzo, simbolo del Genio del male
in Ftrii"--i. I. ■'.":.
Stm-iM • !' : M c' 1 I, 347.
Sul. li' : ' ' : I .lineato da Anco
M:i I : '7 ; difeso da Ora-
zi-, i.-ii... I.:.;-, restaurato da
Antonino l'io, IV, 701.
Subuli. — Vedi Tibicini.
Suburrana, una delle quattro regioni
in cui Roma fu divisa da Servio,
I, 605.
Succosa (presso Orbetello) , scavi ,
I, 160.
Sucrone (Xucar), fiume nella Spagna
Tarraconese , vittoria di Sertorio
su Pompeo, HI, 298.
Suellio , chiesto giudice a Pompei ,
IV, 46.
Suessa Aurunca (Sessa), città prin-
cipale degli Aurunci , 1 , 214-215 ;
colonia romana, II, 68, 78, 267,
268, 393; patria del satirico C. Lu-
cilio , 651 ; municipio , IV , 637 ;
elezioni municipali , e decreti di
plebe, 788.
Suessa Pomezia, capitale dei Volsci,
1 , 237 ; vinta e perduta da Tar-
quinio il Superbo, 611-612.
Suessioni iSoissons), nella Gallia Bel-
gica, vinti da Cesare, III, 434.
Suessula (Sessoln) , città della Cam-
pania , 1 , 279 , 281 ; vittoria dei
Romani sui Sanniti, II, 41 ; riceve
la cittadinanza romana senza suf-
fragio, 51 ; iscrizione alimentai-ia,
IV, 807.
Suffeno, cattivo poeta, HI, 811.
Suffeti , 0 giudici , magistrati carta-
ginesi, H, 326.
Sufi'ragi inviati a Roma per via di
schedo sigillate , IV , 23 , 45 ; il
sullVagi.) di Minerva, 31-32.
Sulti [S'anf Antioco) , in Sardegna,
antichi ricordi , II , 245 ; multata
da G. Cesare, UI, 227.
Sulca {Sorga), fiume della Gallia
Narbonese, IH, 93.
Sulmona , città dei Peligni , I , 219 ;
patria di Ovidio. 250, IV, 13^, 1.59.
Sulmona (Serìiioìì.eta), citta dei Vol-
■ 1, 233.
di satire,
Sulpicio (Servio) , scrittore di versi ,
HI, 790.
Sulpicio Apollinare , retore , maestro
di Aulo Gelilo, IV, 949.
Sulpicio Blito, autore di storie, III, 770
Sulpicio Galba (i .. . p i.'. ■■ . con-
dannato per t" \ in-
cere dall'oro .1. I- ■ 'il 109.
Sulpicio Galba (l'm.li .. ... -.jì-, in-
duce il popolo ad ap[in)\:ile la
guerra contro Filippo re di Ma-
cedonia, II, 432-133.
Sulpicio Galba (Servio), console (610\
costringe alla pace i Lusitani , li
trasferisce in tre contrade diverse,
e li uccide, li, 526; accusato an-
che da Catone , si salva col farsi
abietto alla presenza del popolo ,
553, 569; oratore, HI, 693.
Sulpicio Galba (Servio), legato di
Cesare, sì apre una via per le Alpi
tra la Gallia e l' Italia , HI , 435;
congiura Culli! i es .r :,'-l. 552;
narratore d. Il ■' ro
dei Galli a . u; p , ■'■''■
Sulpicio Longo n : .... i i.i'za
volta (440), vinco i .vaanili a Cau-
dìo, U, 68.
Sulpicio Massimo (Q.), fanciullo im-
provvisatore, suo sepolcro a Porta
Salaria, IV, 913-917.
Sulpicio Patercolo (C.) , trionfa dei
Sardi, H, 217.
Sulpicio Rufo (Publio), tribuno (666),
grande ..r.nt.)re. HI. 203; sua in-
dole. ■:».'.-■: il M: I.,. it. ..!.•, k pas-
sioni .Il M' : --I - -- 1'"
PM1'-' ^ ■'_^\'7- ■ ^^^^ j^^^; '. Il'-' '^
Sulpicio Rufo (Servi..), ambasciatore
ad Antonio a Modena (711), HI,
593; oratore e giurista dottissimo,
702, 728; suoi scritti, 729; stoico,
739.
Sulpicio Saverrione ( P.) , console ,
contro Pirro alla battaglia d' A-
scoli, II, 198-199. _
Summano, diviniUi dei Sabini e degli
Etruschi , I, 383; autore dei ful-
mini notturni, 741.
Suna , città pelasgica nella Sabina ,
I, 76, 78.
Sunio (Capo Kolnnnes), promontorio
sulle coste meridionali dell'Attica,
preso dai servi, HI, 137.
Suovetaurilia. IV, 596.
Superbo , gladiatore a Pompei , IV ,
796, 797.
Superequo (Caste! vecchio Subeqyio) ,
citta dei Peligni, 1, 249.
Superstizioni dei popoli Italici , 1 ,
490; superstizioni e incredulità a
Roma, II, 5 '8; superstizioni egi-
ziane bandite da Augusto, IV, K.
Susa. — Vedi Se.gusione.
Susa, nella Partia. IV, 616.
Sutia, dimora dei Siculi, U, 106.
Sutri , città fondata dai Pelasgi e
occupata dagli Etruschi, 1, 135-136;
suo anfiteatro, 136; protetta dalla
DeaNorzia, 381 ; vinta dai Romani,
880; Cammino vince ivi due volte
gli Etruschi , II . 13 ; colonia ro-
mana. 19, 269, 393; assediala dagli
Etruschi che vi sono scoulUti d^
Fabio, 68-69.
1048
I x\ D I C E
SUTRINI
TARTARO
Sutriiii (i), I, 135.
Svetonio Paolino (C), reprime ì moti
dei Mauri, IV, SU-Sió: e la sol-
levazione dei Britanni e dei Druidi,
IV, 395-397 ; muove contro Vitellio,
■4-<-» ; vince Cecina , 446 ; insultato
dai soldati, 446: sconsiglia Ottone
dal dar giornata campale , 446 ;
sconfìtto a Bedriaco, 447 ; si salva
sostenendo di aver tradito Ottone,
451 ; suoi ricordi dell'Affrica e del
monte Atlante. 619.
Svetonio Tranquillo (C), segretario
di Adriano, allontanato dalla cor-
te , IV , 6S8 ; scarse notizie della
sua vita, 94(j-947 ; moltiplici opere,
947 ; le Vite dei dodici Cesari, 947-
948 ; vita di Lucano a lui attri-
buita, 877.
Svevi , vanno nelle Gallie con Ario-
visto, III, 429; e sono vinti da
Cesare, 433; che poscia gli cerca
invano oltre il Reno, 438; ricac-
ciati oltre il Reno ai tempi d'Au-
gusto , IV , 85 ; sotto Maroboduo,
870.
Taberne (le vecchie) , del Fòro , li ,
625.
Tahor, monte di Galilea, IV, 439.
Tabularlo, grande archivio delle leggi,
edificato da Catulo sul Campido-
glio , III , 286 ; prospetto del por-
tico verso il Fòro, 287 ; dopo l'in-
cendio dei Vitelliani , restaurato
da Vespasiano e rifornito dei do-
cumenti distrutti , IV, 497, 921.
Taburno, monte presso .<f. Agata dei
Goti, nel paese dei Sanniti Cau-
dini, I, 242, 243, 262.
Tacche , fatte nel legno per contare,
I, 452.
Tacfarinata, numida, sua sollevazione
e morte, IV, 274-275.
Tacita, madre dei Lari, I, 741.
Tacito (C. Cornelio), storico, console
sotto Nerva, IV, 548; sua patria
e uftìcii, 926; suo elogio funebre,
di L. Virginio Rufo, 92G; Vita di
AgricoUì. 525, 927-928; La Ger-
ìmmia, 928-930; gli Annali e le
Storie. 930-931 ; giudice imparzial-
mente severo, 931 ; fonti alle quali
attinse, 932; moralità dello sto-
rico , 933 ; il Dialogo siigli Ora-
tori, 934 ; Io stile e la lingua, 935 ;
descrizioni e quadri lugubri, 936-
937; ultimo dei grandi scrittori
romani , 937 ; speculazioni politi-
che, 937-938; amori aristocratici
ed egoismo romano, 938-939; tem-
perati e umani pensieri, 940; sua
amicizia con Plinio il Giovane,
940.
Tagete , il prodigioso fanciullo etru-
sco , I, 96 ; sua nascita , 401-402 ,
403-404; sue dottrine, 402-404.
Tago, fiume di .Spagna, vittoria dei
Romani sul Celtiberi, II, 4.")5; ma-
gnifico ponte costruitovi da Lacero,
ingegnere di Traiano, IV, «10.
Tala, importante città di Numidia,
presa da Q. Cecilio Metello, III, 116.
Taiiiapiii (Cesare), dimostra che il
Dialogo siigli Oratori b di Ta-
cito, IV, 934.
Tamaro , fiume del Pannio tributa-
rio del Calore, 1 , 242 , 268.
Tamesa e Tarnesì (Tamigi), HI, 441,
IV, 345.
Tanagro (Negro), (lume della Luca-
ni», I, 287-288.
Tanai (Don), fiume, limite tra l'Asia
e r Europa, 111, 226.
Tanai , città alle faci del fiume del
medesimo nome, emporio di schia-
vi, III, 25.
Tanaquilla, sue predizioni, I, 373;
moglie di Tarquinio Prisco , 598 ;
aiuta Servio Tullio a farsi re,
603-604.
Tanusio Gemino, suoi Annali in brutti
versi. Ili, 292, 811.
Tape, i Daci vi sono sconfitti da Ter-
zio Giuliano, IV, 529 ; e poscia da
Traiano, 572.
Tappeti babilonesi e persiani, IV, 201,
207.
Tapso, colonia greca, in Sicilia, II,
118, 128.
Tapso {Demass), città marittima del-
l'Affrica Propria, nella Bizacena ,
II, 507 ; famosa per la vittoria di
Cesare sui Pompeiani, HI, 519-
520 ; multata fortemente dal vinci-
tore, 526.
Tarani, divinità dei Galli, IV, 56.
Tarante , figliuolo di Nettuno , dà il
suo nome a Taranto, I, 327.
TarantQ. detta anche Erculea, fon-
data dai Greci, I, 311, II, ^, 118;
sue origini , 1 , 327 ; sito , monu-
menti, ricchezze e delizie, 328 ; po-
tenza e caduta, 329-331 ; eccita Na-
poli alla guerra contro Roma, II,
55 ; e gli Etruschi e Umbri a vendi-
carsi della disfatta di Sentino, 90-
91 ; fonda Eraclea, 96 ; caccia i Pi-
tagorici, 152; sua prosperità e mol-
lezza, 188; in guerra coi Messapi,
Lucani, Bruzi a Sanniti, 188-189;
si oppone ai progressi di Roma ,
189; sommerge alcune navi ro-
mane e saccheggia Turio , 190 ;
insulta gli ambasciatori romani ,
190-191 ; chiama a suo duce con-
tro i Romani il re Pirro, 191-199;
il quale, battuto, parte lasciando a
Taranto un presidio , 201-202 ; la
, città chiede aiuto ai Cartaginesi e
cade in potere dei Romani , 204 ;
obbligata a fornire navi da guer-
ra , 270 ; conserva i suol istituti
nazionali, 271 ; presa da Annibale,
387 ; ripresa coll'arte di Fabio Mas-
simo, 395 ; C. Gracco pensa di ri-
popolarla, III, 77-78; trattato tra
Ottavio e Antonio, 652; colonia
rafl'orzata dà Nerone , IV, 375 ;
sulla via Appia, 607.
Taras, flumicello vicino a Taranto,
1, 327.
Tarconte, I, 109 ; dà principio a Tar-
quinia e fonda Mantova , 127 ,
401 ; eroe principale della mitolo-
gia etrusca, 143, 402.
Tarentina, repubblica, I, 311; regio-
ne, 326.
Targina (racJnn), fiume della Ma-
gna Grecia, 1, 315. 316.
Tarìcheà , città di Galilea , vinta da
Vespasiano, IV, 458, 550.
Taro , fiume della Gallia Cispadana ,
traversante la via Emilia a po-
nente di Parma, I, 885.
Tarpeia, suo tradimento, I, 580.
Tarpeia (rupe), IV, 470.
Tarpeio, colle, I, 566, .597, GOO, 613.
Tarquinil, Tarquinia (presso Cor-
neto), fondata dai IVlasgi, I, 79;
una delle città principali d'Etru-
ria, 123, 133; figurata in un basso
rilievo , 12:5-133 ; fondata da Tar-
conte, 127 ; tombe, 143-144 ; nuove
scoperte, 173 ; necropoli, 426, 428,
429 ; danze mistiche della grotta
Marzi, 503-504 ; Camera detta del
Morto, 507 ; manda ambasciatori
a Roma in favore di' Tarquinio il
Superbo , G20 ; muove guerra a
Ruma , 623 ; ed è vinta , 623-624 ;
scorrerie di bande Tarquiniesi per
far diversione all'assedio di Veli ,
872; in guerra con Roma, II, 36-
37; soccorre Scipione per la guer-
ra d'Affrica, 410.
Tarquinil, loro tomba a Cere, I, 142.
Tarquinio (Arunte), fratello del Su-
perbo , ucciso da questif e dalla
moglie, I. 608.
Tarquinio (Arunte), figlio di Tarqui-
nio il Superbo, spedito a Delfo con
Bruto, I, 615, 616; si batte con
L. Giunio Bruto e restano entrambi
uccisi , 623 ; Floro attribuisce a
lui l'ingiuria fatta a Lucrezia, 623.
Tarquinio .(Lucio) Collatino , marito
di Lucrezia, I, 616; la vendica,
617-619; nominato console, 619;
consiglia di restituire 1 beni ai
Tarquinil, eco ; si oppone alla sen-
tenza contro gli AquiUi, 622; si
ritira a Lavinio, 622.
Tarquinio (Lucio) Prisco, eletto re.
I, 598-599; sue vittorie sui Latini,
Sabini ed Etruschi. 599; sue opere
civili, 600; fe ucciso, 600.
Tarquinio (Lucio) il Superbo, uccide
il re Servio Tullio. I, C08; sua
tirannide, 609-610; cerca aiuti al
di fuori, 610; fa morire Turno Er-
donio, 610-611; capo della lega la-
tina, 611; fa guerra ai Sabini, ai
Volscl e aiGabini, 611-613; opere
civili, 613, 61.5; presagi di sciagure,
615-616; assedia Ardea. 616; è cac-
ciato da Roma. 619 ; cerca aiuti,
620 ; fa chiedere di poter tornare a
Roma e domanda la restituzione
dei suoi beni, 620; congiura a suo
favore, 621 ; fe negata la restitu-
zione dei suoi beni, 662; chiede
aiuto agli Etruschi, 622 ; che sono
sconfitti, 624 ; fe soccorso da Por-
sena, 626; 11 quale poi lo abban-
dona, 629 ; nuove cospirazioni .
630; lo aiutano invano i Sabini.
630 ; e i Latini sconfitti al Iago Re-
gillo, 630-632; dove egli fe ferito,
632; muoreaCuma. 634; abolisco
la costituzione di Servio Tullio,
715; 1 libri Sibillini da lui posti
sul Campidoglio, 752.
Tarquinio (Sesto), figlio di Tarquinio
il Superbo, I, 612; diventare diGa-
bii. 613; disonora Lucrezia, 617;
proscritto da Roma, 619; ucciso alla
battaglia del (ago Regillo, 632.
Tarquinio (Tito), figlio di Tarquinio
il Superbo, I, 615, 616-617. 619 ; fe
ucciso alla battaglia del lago Re-
gillo. 632.
Tarquizio (Lucio) , maestro della ca-
valleria, I. 827.
Tarracona (Tarragona), nella Spa-
gna Citeriore, II, 403. 406, 407 ; Au-
gusto vi cade ammalato, IV, 20;
capitale della Spagna Tarraconese,
che ebbe il nome da essa, e gene-
rale metropoli delle altre provin-
ce , 58 ; palazzo di Augusto . 59 ;
riunita con una grande strada a
Lisbona, 6S; Adriano vi passa un
inverno, 665.
Tarraconese (provincia), IV, .58;
provvedimenti di Adriano, 655.
Tarso, città principale della Cilicia,
caricnta di enormi gravezze da
Cnssio, III, 619; incontro di Cleo-
jiatra e di Antonio, 634 ; Dione
Crisostomo vi quieta lo discordie
popolari, IV, 817.
Tartaro (paludi del), tra Y Adige e il
Po presso Ostiglia, IV, 465.
DEI NOMI E DELLE COSE.
1049
TARTARUGHE
TERENZIO
Tartarughe delle coste africane por-
tate a Roma, IV, 201, -207.
Taruzio ([,.), Firmano (da Fermo),
astrologo , III, 74.5.
Tasse. — Vedi Imposizioni.
Tassile, duce di Mitridate, III, 330.
Ta-thins (cioè grandi Ckùiefi)., nome
dato dai Chinesi ai Romani , IV,
210.
Taurasia (rai/rnst) , città degli Ir-
pini, I, 2tì3.
Tauriana. — Vedi Tauroento.
Taurica {la penìsola) {Crimea), III,
225.
Taurini {Torino), la loro opulentis-
sima città espugnata da Annibale,
II, 240.
Taurisci, vinti dai Romani , IH, 07;
il loro paese, detto poi Norico, in-
vas.) dai Cimliri e dai Teutoni ,
121; e disertato dniDaci, IV, ."6S.
Tauro , una delle più grandi catene
di monti dellWsia Minore , occu-
pato dai pirati. Il, 333 , Roma fa
sentire fino ad esso la sua domi-
nazione, 541; trionfato da Venti-
dio , IV , 7e'J ; tempio in onore di
Faustina, posto da M. Aurelio
alle sue falde, 763.
Tauroento o Tauriana {Traviano),
nel IJruzio, rovine, I, 301.
Tauronienio {T<(ormi,i,n) , sede dei
Si.'uli, II, 107; rovine dell' antico
feati-o, 129, 130 ; straffi di Agato-
cle, IS3 ; sbarco di Pirro, 200 ; sotto
Geroiie secondo, 208; città fede-
i-ata, 273 ; occupata dagli schiavi,
III, 41-12 ; colonia di Augusto ,
IV, <10.
Tauruno {Semlino di faccia a Bcl-
'irado), nella Pannonia Inferiore,
IV, OS.
Tavola di Banzia. — Vedi Bantia.
'l'avola alimentaria Bebiana , 1 , 263-
266.
Tavola Iliaca, I, 543, 733.
Tavole (Dodici). — Vedi Leggi delle
dodici Tavole.
Tavole Eugubine e loro interpreti, I,
476-477, 483.
Tavole di Eraclea, I, 323-324.
Taziensl , una delle prime tribù di
Roma, I, 6fi7.
Tazio (Tito), duce dei Sabini, I, 579-
5S0; fa la pace coi Romani e re-
gna Cini Romolo, 581-582; muore
assassinato, 582.
Teano o Teate Appulo {Coppe di Ci-
'itf), 1. 358-3.59; occupata dai
Ri. mani, II, 6(5;
iito Pom-
peu
Silo
in Caiàiiii I - ; vittoria
d<-i Sano. , ili- Cam-
pani, II, :f> , 'ol "Illa loiiiana, 78;
268; quartler genernlc del dittix-
tore Giimio Pera, 333; campo di
Fabio Massimo , 369 ; Siila vi in-
.ganna e disarma L. Scipione, III,
252; colonia militare, IV, 43; ri-
i;ordo di Adriano , 637 ; tribuni
della plebe, 788.
Teate {Chieti), città dei Marrucini, I,
251-252.
Teate Appulo. — Vedi Teano.
Teatro. — Vedi Opere sceniche etru-
schi'
clic il teatro ronijuio non pm-
gredi, 648; licenza teatrale sotto
Nerone, IV, 3S2. — Vedi Atei-
lane, (Commedie, Drammi, Mimi,
Pantomimi.
Teatro di Marcello, IV, 192, 193.
Teatro di Pompeo, IV, 416-417, 510.
Teatro di Traiano, distrutto da .Adria-
no, IV, 604.
Tebe di Beozia , presa non inganno
da Flaminio, II, 435; venduti come
schiavi i seguaci di Perseo, 472;
presa da Metello, 497; trattata
crudelmente dai Romani, 499, 552.
Tebe di Egitto {Karnak), iscrizione
recentemente illustrata, I, 881 ; ro-
vine visitate da Germanico, IV,
262; soggiorno di Adriano, 666;
colosso di Memnone, 666 ; ricordo
di Antonino Pio, 710.
Tectosagi. — Vedi Volci Tectosagi.
Tegiano (Diano), città della Lucania,
I, 294.
Telamone (capo di) , disfatta dei
Galli, II, 252.
Telamone, sulla costa d'Etruria, tra
il monte Argentario e la foce del
lìume Ombrone , occupata dagli
Etruschi, 1, 130 ; città e porto, 159 ;
vi sbarca Mario, III, 212.
Telchini, I, 87, 91.
Telesia ( Telese) , nel Sannio , nome
creduto pelasgico , 1 , 80 ; fondata
da una colonia Sabina, 255 ; città
dei Sanniti Caudini , 262 ; presa
da Annibale , II , 332 ; presa dai
Romani , 372 ; devastata da Siila,
III, 206.
Teli, capo della sollevazione di Sibari,
II, 1.50.
Tellene (alla (iio.ilra), città del La-
zio , abitata dai Siculi e poi dai
Pelasgi , 1 , 73 , 542 ; distrutta da
Anco Marzio,_593.
Tellenii, fanno guerra a Roma per i
Tarquiniì, I, 631.
Tellure, Dea, I, 490, IV, .50; tempio,
III, 570.
Telniisso (rovine a Myes o Meis), in
Licia, data ad Eumene II di Per-
gamo, II, 452.
Ternesa. — Vedi Tempsa.
Temnos, città dell' Bolide , nell' Asia
Minore, danneggiata da un terre-
moto, IV, 251.
Tempe (valle di), in Tessaglia, II, 437,
474; fe abbandonata da Perseo, 475.
Tempeste , tempio, II, 295, III , 306 ;
tempeste divine, IV, 6.56.
Tempi preistorici, I, 33-49.
Tempio augurale, I, 407-400.
Tempio dedicato a Traiano da Adria-
. no, IV, G19.
Tempio di Gerusalemme , IV , 4SI ;
difeso da Simone Giora, 484 ; in-
cendiato, 486; ruderi, 487; le sue
spoglie portate a Roma, 491-492 ,
499.
Templi etruschi , loro forma, I, 409,
418.
Templi a Roma , li , 279 , 293-295 ;
restaurati e inalzati da Augusto ,
IV, 32-3'ì , 192 ; ediflcatl in onore
di lui li ■:'- |i!. .l'i ■■, 7:-7i . iriiipii
ricili .: '. r'-<-(n9;
costruzione prov-
11, 026; sua for-
ilistinti pei Sena-
li. 627, III, 354;
rili. llJS-C-Ji)- p,-,,-
691, 7lJl',
chi popoli italici, I, 454.
■rciiqi^a CI Teiiicsa iTirrt'dcl Pina'
.'-■■ 1 '■ ,- iM I Ki-u/.io, I, 29S;
le diviso presso gli anti-
Tened'i, nell'.Vsia Minore all'ingresso
dell'Ellesponto, vittoria di Valerio
Triario sulla dotta di Mitridate, III,
340.
Tenteri, tribii Germanica sulla rive
del Basso Reno , sconfitti da Ce-
sare , III , 437 ; vinti da Agrippa,
IV, 98.
Tentyra {Denderah), in Egitto, nella
sua pianura 6 ricordato il nome,
di Antonino Pio, IV, 710.
Teocrazia in Oriente, I, 362 ; in Etru-
ria, 363 , 387 ; in Roma moderna,
Ti^ó'''i ■ p.,ri, IV, 119.
■1 ! ' , maestro di retto-
il M, IV, 243.
'I.n,i,,Mi \ h'if'i) , sulla costa del
(hiTsnneso iaurico. III, 225; sì
rivolta contro Mitridate, 351.
Teodosio, detto erroneamente edifica-
tore del Vallo di Adriano, IV, 647.
Teodoto , pittore greco , burlato da
Nevio, II, 603-604.
Teodoto , retore greco , propone die
sia ucciso Pompeo Magno, III, 505.
Teodoto, nel censo d'.\ugusto, misura
le regioni Settentrionali dell' Im-
pero, IV, 50.
Teognide, poeta, II, 128.
Teramo. — Vedi Intcr.urmia.
Terentillo. — Veili In-, n/m \r i. .
Terenzia, moglie ili i , 1:1 ,;^.'.
Terenzia, moglie ili -l i,..-
reggìata da .\u_ I 1 ' l\, ;". ili;
lodata da Orazio, V.v.K
Terenzio (Publio), cartaginese, poeta
comico, incoraggiato da Cecilio
Stazio, ir, 639-C40; sue commedie,
640; vì«in la fJn-'ia .• vi ni-iorc,
640; ■■'■' ' ■ •-' "■■ ]'<::-<■■ i:ll;
642;
Mimi, 646; Tragetln, i-r:- l'I , i- i- ^ -mi il Ih I ■■:■•:•<.
Vannucci — Storia dell'Italia antica — IV,
scere ai Romani, con hnguaggio
più decente, le commedie di Me-
nandro, 643-645; familiare di Sci-
pione Emihano, 651.
Terenzio Arsa (C), detto Terentill",
tribuno, propone che le leggi siano
eguali per tutti, I, 822.
Terenzio Lucano (Publio), senatore,
adotta per figUo Publio Terenzio,
poeta comico, II, 640.
Terenzio Vairone (C), figlio di un
beccaio, console, suoi contrasti
col console L. Emilio Paolo, II, 333-
356; dà battaglia ad Annibale a
Canne, è sconfitto e si salva a Ca-
nusio, 356-338; ritorna a Roma
per sottomettersi al giudizio del
Senato, .361 ; ha poscia altri ono-
revoli uflìci, sol ; guarda con due
legioni l'EIruria, 308.
Terenzio Varrone (Marco), sua villa
presso Casino, I, 236-237 ; e sua
uccelliera, III, 14 ; comanda due
legioni nella Spagna Ulteriore ,
491 ; abbandonato da una sì ar-
rende a Cesare coU'altra, 493 ; sue
poesie, 731-7.52, 790; le Satire Me-
ni^pee, 732-758 ; ì libri della itn-
gua fa()',i<(. 75.S-760; tr.atlato del-
l'A^/v'ci-.'f- ■ ', 7'-'t--';i ; scopo mo-
rale e -! ' ' n: ritti, 761-7(>2:
celeliiMi il ili i LI liso erudito,
762-70- I I ■ I" r eccellenza,
745; - 1 ; I >: catalogo
delle I : 1 -7 IO; scrittore
encic|ii|' il :i'-;.ii; Logisto-
rici. 7 ' I li lOlogiche e
stori'li' : 1 \ >' del popolo
roinunn e liioj,;ifr degli uomini
illustri, 751; studii filosofici, 751.
l'erenzìo Varrouo Murena. — 'Vedi
Licinio Murena (A.).
132
1050
INDICE
TEBENZIO
TIBERIO
Terenzio Vai-rone (P.), detto Atacino,
suoi versi, IH, 732.
Tergeste {Trieste), elezioni munici-
pali, IV, 7S7.
Terillo, tiranno di Imera in Sicilia,
D, 159.
Terina {Xocer(i\, nel Bnuio, I, 298;
d'origine greca, 310; colonia di
Ootone, n, 96; presa dai Bruzi,
1S8.
Tcrinea o Ligea (Pietra della Nave
Termanzia, città degli Arevaci nella
Spagna Tarraconese, II, 532; as-
sediata respinge i Romani. 532.
Terme di Agrippa, ni, 669, IV, 19.'> ;
incendiate ai tempi di Tito, 510 ;
restaurate da .\driano, 679.
Tenne di Benevento, IV, 261.
Terme di Tito, IV, 514, 515, 603.
Terme di Traiano in Roma (presso
la chiesa di S Martino), IV. 603.
Terme Iinerensi {Termini), orione,
II, 132; quattromila Romani ivi
uccisi, 217 ; presa dai Romani, 224 ;
Senato, 274; colonia, IV, 60.
Termine, Dìo, I, 732-733, 769, IV, 629.
Termopili (passo delle), vittoria dei
Romani sopra Antioco re di Siria,
II, 4)5.
Terone, tir.inno di Aerigcnto, II, la9 ;
aiata Gelone a vincere i Cartagi-
nesi, 100.
Terrarina, detta Aitxw nella lingua
dei Volsoi, I, 238; Giove Anxui'O,
Dio del luogo, il quale forse le dio
il nome , 381 ; rovine attestanti
l'antico splendore, 239-241 ; ricor-
daUt nel trattatM <U Roma con
Cartasinc, 727-. fr- ■ 'Ir, K in mi.
S«7, 872; coir.,,: , . 1 1 M
207,268; vie u- i I : :-
ma. IV, 631 : p il > -t,i,i; iM
Antonino Pio, UH: alimenti ai
fanciulli, 810.
l'erre dei vinti, comiscatc e alienate,
li, 545 ; terre distribuite da Cesare
alle milizie e alla plebe, III, 3.56.
:r)7 ; loro prezzo accresciuto sotto
Traiano, IV, 562-563 ; cadono nelle
mani dei grandi, 801. —Vedi Pro-
IMi'fa (Iella terra.
I ! iviMiue (le), ricordi dei tempi prei-
li-i. 1, 40, 40.
ierni.i^.ti in Italia e in Sicilia, I,
S71-S75; nell'Asia, IV, 250-251;
sotto Nerone, 510.
TertuUa o Terzia, sorella di Marco
Bruto e moglie di Cassio, al con-
vegno d'Anzio, III. .579.
Terzio Giuliano, vince i Daci a Tape,
IV, 529.
Teseo, suo abbandono di Arianna ce-
lebrato da CituUo e figurato dal-
l'arte, III, 808-810.
Tesmoforie. — Vedi Feste Tesmoforie.
Tesoi-etto etrusco, I, 436.
Tespia in Beozia, spogliata da Ne-
rone per adornare la Casa Aurea,
IV, 404 ; epigrafe in lode del cac-
ciatore Adriano, 603.
Tessaglia, di'-hiar.ita libera da Khi-
uiinio. 11, H>'- i" '-"i^'i-rn ■■■■■--li
Ktoli. ■)':;■ I i: 1 V ["■■■'■'■' "' ■
osta;.-'! i. ' 1 ■ : : ' 'i ' -
invasi! 4 -_li ^'ror'l; i. Ili , ''-^ , ■; ■ -
corre Siila, -.'iiO ; le citta prcs.' ivi
ila Antioco sono riprese dai Ro-
mani, 444 ; vi si ripara Cesare, 499 ;
non fa parta della provincia d'A-
caia, 499.
lessalonica {Satonicfo). creala capi-
tale di ima delle iiuattro confede-
razioni delUi Macedonia, lì, 483;
arco in onore dei vincitori di Bruto
e di Cassio, III, 632; sulla via
Einazia, IV, 63.
Tessere teatrali, U, 628-629.
Testamenti, non più sicuri sotto Do-
miziano, IV, 539; resi liberi da
Traiano, 5"i9.
Testatico, II, 545. —Vedi Imposizioni.
Testrini (presso Amiterno nel terri-
torio di Viglinni)), I, 219 ; fondata
dai Sabini, 221.
Teti, sue nozze con Peleo, cantate da
Catullo e figurate dall'arte. III,
807-808.
Tetrico {Termineìlof), monte del-
l'Appennino in Sabina, I, 220.
Teuta, regina d'niiria, in guerra con
Roma, II, 247; è resa tributaria,
248.
Teutate, divinità dei Galli, IV, 56.
Tcutobodo, duce dei Teutoni, III, 121 ;
condotto da Mario in trionfo a
Roma, 135.
Teutoburgo (selva di), nella Germania
occidentale, ove Arminio distrusse
le legioni di Varo, IV, 225-227,
248, 271-272.
Teutomalio, re dei Salluvii. vinto da
C. Sestio Calvino, si salva fra gli
Allobrogi, UI, 92.
Teutoni, loro irruzione, IH, 121-122;
vi,i.-on.i i Rnm.nni :i Nm-eia. 122:
,,i.. ,'!., ,1 1 ,- I I " I iva.lono lo
da Mario ad Acq ir s ■: l.'^i;'.
Tevere, Thybris, T> /
Tibris, I, 526, .".li'., ' -
menti, .-)69 ; sal\.'l !i i: ii- .1-
' -ll'atl'or-
• ■. .1 • ■ ' alveo al-
i , ■._:,!, ,,,M'--^ ■ '" ^ i-iisto, IV,
■,',S; siranpanicnni .on strage di
unniiui e case, 443; nuova via al
mare apertagli da Traiano, 606.
Texier. sue scoperte nell'Asia Mi-
nori- I HO.
Timi- n I -'H ' ili '/,-;,v^(rto in Sar-
.1., , MI ; r.oi-Ui, II, 245.
'Ih. li , . ; f'-ny) , città ma-
liii-iiii J'-ll i Ki'H'-ena nell'Affrica
Pi-iipiia, colonia di Adriano, IV,
0".5.
Thensa, carro sacro simbolo dell'apo-
teosi, IV, .561.
Theveste ( Tebe/ma) , in Numidia, ri-
cordi di Adriano, IV, 055, 657.
Thiersch (Federico), sostiene che gli
Etruschi traessero la loro civiltà
dall'Asia, I, 195.
TianaiA'iJ Hi^sar), iii.Cappadocia,
patria di Apollonio Tianeo, IV, 848.
Tiatira, importante città della Lidia,
presa da .\ristonico, II, 538 ; campo
di Eimbria, IH, 247.
Tiberiade (lago di), IV, 458.
Tiberiade, città primaria di Galilea,
,„.,..., ,]., v..<pi'=i- , IV, 458;
(;:,i.|.M II- i.i ,1. ■ .-1 ,■ ., .|.-,S; ri-
'■,.;:,, h . . :,, M.rf,., 664;
,1 , ,; , , . . ' nulla dei
,, , , .;,in, \.v,,, •.', r,y.i.
Il', .i: I iis.iia), si'iii' di Ksculapio ,
Il ,' .':I0; esposizione dei serW
111 IV, 35). — Vedi Isola Ti-
Tibci'io imperatore 111 , m i anli,,
Nerone), figlio di 1 • in il i
figliastro d'Auguri . Ni ,, 1 1 l\
93; fanciullo, va i-.inimu,! . ,,i mhh,
212; con Druso vm.e i Heii e-
Vindelici, 93; vittorie in l'annonia
e Dalmazia, 98; assiste in Conna-
nia Druso morente , e ne accom-
pagna il cadavere a Roma, lOU;
rende tributari i Germani e tratta
perfidamente i Sicambri, 103; ri-
Ijudia Vipsania, e sposa Giulia
liglia d'.\ugusto, 215; si ritira a
Rodi, 219; dopo la mort? di Caio
e Lucio ritorna a Roma, 219 ; è
adottato da Augusto, 219 ; il quale
lo obbliga ad adottare Germanico,
220; preso per compagno all'im-
pero da Augusto, 221 ; sue imprese
jn Germania, 221 ; divisa di assa-
lire Maroboduo ed è costretto a
trattare a giusti patti, 222; sue
vittorie in Pannonia e Dalmazia,
223 : conduce nuove legioni sul
Reno, 229 ; attende a restaurare
la disciplina, 229 ; trionfo sui Pan-
noni e sui Dalmati , 2.'9-230 ; col-
lega di Augusto nel potere supre-
mo, 231 ; parte per 1' Uliria ed è
richiamato per la morte di Augu-
sto, 232 ; orazione funebre in lode
di Augusto, 235 ; elevato al trono,
241 ; sua vita, 241 ; sua spada, 241-
242; indole, studi e costumi del
nuovo principe, 212-243; chiamato
dai soldati Biberio Caldio Merone,
243; fa assassinare Agrippa Po-
stumo, 243; rifa la commedia del
non volere l'impero, 244 ; non va in
Germania a reprimere le legioni ri-
bellate, 250 ; suo governo nei primi
anni, 2")0; soccorsi alle città rovina-
te da terremoti, 250-251 ; prov%edi-
menti per le province e per l'Italia,
252 ; temperanza nel denaro, 252 ;
soccorsi ai p.)veri, 252-253 ; freni al
lusso e ài costumi, 253; comizi e
giustizia, 254 ; fa impiccare un cit-
tadino chiedente la sua parte dei
lasciti di .\ugusto, 2.55-256 ; paure,
esitanze, odii e tristizie, 256 ; man-
da Druso, suo figlio, in Illiria e
Germania, 258; destina Germanico
a ricomporre 1' Oriente , 258-259 ;
rimprovera Germanico per essere
entrato in Alessandria, 262-263;
ordina che siano resi gli ultimi
onori a Germanico morto in Siria,
267-268 ; abbandona alla sua sorte
Pisene, accusato di averlo avvele-
nato, 269; premia gU accusatori,
270; ricusa l'offerta di far avve-
lenare .\rminio , 271 ; sollevazione
di Tacfarinata in Aftrica, 274-
275; rivolte dei Galli, 275-277;
Traci e Frisi, 277 ; tentativo di
guerra servile, 277; sua ferocia,
277-278; flagello della legge di
maestà, 278; premii ai delatori,
278-280 ; accuse e condanne, 281 ;
sua impassibi;ità alla morto del
figlio Druso, 286-287 ; suo mal'ani-
nio contro i figli di Germanico,
287 ; rifiuta a Seiano la mano di
Livilla, 289; è. eccitato da Seiano
ad allontanarsi da Roma, 289;
condanna Claudia Pulcra, 289; è
sospettato che volesse av\'elenare
Agrippina, 2110; va a Capua e a
Nola, "290; cause della sua par-
tenza da Roriia, 291; invidia e in-
gratitudine contro sua madre, 291 ;
si nasconde a Capri, 291 ; e la ab-
beliisce. 293-294 ; il Salto di Ti-
/«■rw.295; sue crudeltà, g95-296 ;
|ir-Mvvede al disastro di Fidene, 296 ;
il\ Il . ili Seiano nella rovina di
Il 1 I Ila in Campania, 296; la
I , ,,|. I, li/.io Sabino, 297; accusa
,■ Il iii,.rii-e Agrippina, Nerone e
Diaiso, 297-299; sospetti e arti
contro Seiano, 300 ; scopre la con-
giura del ministro, 301 ; e ordina
che sia ucciso, 302-304 ; il Senato
DEI NOMI E DELLE COSE.
1051
TIGRANE
TOLEMAIDE
!SÌ\ offre il nome di Padre dello
Patria. 304; hi u'^ciderp irli amie
e parenti ili S.'i:iiin :^iri iinm.'iis
pecunia lapiia, 'il-ì-'ìl'ì; sun iii:i-
lattia e morte, 315-31G ; onori fu- .
nebri a Roma. 317 ; lodato da Ca-
ligola, 323; disegna di farcia via
strate^ca lungo il Danubio, 5G8;
scrittore purista, 863-8G4 ; premii
e persecuzioni agli scrittori, 864-
8G5.
Tiberio Alessandro, giudeo rinnegato,
iroveriiatore di K^ilto fa procla-
mare Vespasiano impi-rature dalle
li-'iùui, IV. mi ; uiìi.iale di Tito
all'assedio di Gerusalemme, 482.
Tiberio Gemello, nato da Druso fi-
glio di Tiberio, lasciato erede da
Tiljerio, IV, 313-315 ; obbligato da
t^aligola a uccidersi, 321.
l'ilìerio liiulio Saiu-omate , re dei re
di tutto il B.isfjro, IV, 062.
Til)icini u Subuli iu Etruria, 1,46.5-467.
Tihisro (7'/i<'iM),liume tributario del
Dauul.io nella Dacia, IV, 565, .578.
Tilnscuni (presso Karnnsebes), città
nella Dacia, IV, 580.
Tibulfj (.Vlbio), unico nel non piegarsi
ai polenti, IV, 137 ; sue Elegie, 157-
15S.
Tiburi (Ki'oZi) , città del Lazio, I,
.526, 553; origine, monumenti e
ville. 5.56-561 ; vittoria dei Romani
sui Galli. II , 33 ; priv.ata di parte
del suo territorio, 50; ha il privi-
legio di asilo, 263 ; iscrizione ali-
i„.-Mtn,-in, IV, 407; villa di Plinio |
-I air.vMl 11 ' < Roma, U, 34; re-
.sistono ni Romani, 48; sconfìtti a
Pedo, 40.
Tiburto 0 Tiburno, eroe fondatore
.li Tihuri, I, 550.
Tirile, ciuartiere di Siracusa, lì, 376,
'1 iciila, scrittore di versi. III, 700.
Ticino, fiume presso rnv/rt. Annibale
vince ivi i Romani, II, 310.
Ticino (Pavia) , fondata d,ai Li;;uri ,
I, 60, IV, 9G; altri attribuir. .n.i la
sua origine ai Galli. I, jSSB. 4^<^t»^
Tifata (monte di S,(,i Mccolrt), monte
o serie di monti o colli presso Ca-
pua, I, 268, 281; campo di Anni-
bale, li, 360 ; vittoria di Siila sopra
Norbano, HI, 252.
Tiferno (Biferno), fiume del Saunio,
1, 242, 252.
Tiferno (parte del Matese), monte, I,
242.
Tin-rno, città dei Pentri, I, 2.59; scon-
fitte dei Sanniti, II, 77. 70.
Tiferno (Citta di Castello), nell'Um-
bria, I, 65 ; villa di Plinio il Gio-
vane, IV, 043; tempio fatto co-
struire da lui, 944.
Tifoni, animali chimerici, figurati nelle
tombe etrusche, I, 437.
Tigellino (Sofonio), nominato da Ne-
rone capo dei pretoriani, IV, 380 ;
fa uccidere Rubellio Plauto , 300 ;
rinfacciato da una ancella di Ot-
tavia , 301; bamii.'tto .la hii im-
parato a Neron.v ;'i| . i-^ t r.
Petronio, 412 ; . ,■
messo da paiae, i ' ,■ fin o..
da Galba, 431, i im., im-iì-. .la
Ottone, 443.
Tigellio, cantore e familiare di Ottavio,
assalito dui versi di Orazio, IV, l'ili.
Tigrane il Vecchio , re di Armenia ,
alleato e Erenero di Mitridate, IH,
■.'-?(■,■ lo ti. Mie Oliasi pi-i.'i.iniero,
;|o n-n a il. . :,- ,• r,rlo ai Ro-
i ' l.iicullo,
, ■ \i.>i-;date,
.111 Mlll.. .!i an :. . .la Lil.'UllO,
:;il ; rilà lV>Ri-iv;iio. 342 ; mette una
taglia addosso a Mitridate, 346 ; si
accorda con Pompeo pagando un
tributo, 346.
Tigrane il Giovane, figlio del prece-
dente ribelle al padre, ripara pres-
so i Parti. HI, 346 ; si presenta a
Pompeo . 346 ; il quale lo destina
a re della Sofene, 346 ; poi lo ar-
resta, 3*6 ; e da ultimo lo conduce
iu trionfo, 308.
Tigrane. di Cappadocia, amico di Ro-
ma, fatto re d'Armenia da Corbu-
lone, IV, 390 ; 6 cacciato dai Parti,
309.
Tigranocerta, capitale deirArmeni.a,
presa da Lucio LucuUo, HI, 341 ;
si arrende a Corbulone, IV, 398.
Tigri . fiume dell'.Asia , IV, 554 , 616,
618, 627, 782.
Tiffurini, popol.j elvetico, si uniscono
"ai (il, r. ri . 1, I. 111.^11,111, 122; nel
pi. . I lirogi vincono i
R ; - -1 ; . emigrano nelle
(.1111.- . 1 ; ' .1 siiMitti da Cesare
sull'Aran, -iH.
Tillio Cimbro (L.), congiura contro
Cesare, III, 552 ; finge di supplicarlo
in favore di suo fratello e dà il
seguale della uccisione, .558 ; con-
fermato al governo della Bilinia,
Timageiie , greco malèdico , scrittore
di storie, cacciato dalla corte da
Augusto e accolto da Asinio Pol-
lioiie, IV, 175.
Timeo (la Locri, discepolo di Pita-
gora, II, 133-154.
Timoleone, di Corinto, rende la libertà
alla Sicilia, li, 180 ; vince i Carta-
ginesi al Crimiso, 180; muore ono-
rato a Siracusa, 181.
Tindari (presso Patti), in Sicilia, co-
lonia greca, rovine, H, 129, 131 ;
hattaglia navale , 218 ; presa dai
Romani . 223 ; Senato, 274 ; presa
.la \ grippi. Ut, 6.53; colonia di
riii_ : I i' /''.lira o Tarifa),
il i I -|. !_,, . Iifti.ia, patria di
l'ùi.i|.oi.iu .Maa, 1V,'918.
Tingi (Tauijer), nella Mauritania
Tingitana, visitata da Q. Sertorio,
HI, 292; sulla via conducente a
Cartagine, IV, 69.
Tinia e Tina. — Vedi Giove , detto
Tinia dagli Etruschi.
Tinnio o Tineio Rufo, governatore
della Giudea, sconfitto da Harco-
cheba, IV, 684.
Tiora, città pelasgi.;a nella Sabina, I,
77, 78.
Tiranni, idee degli antichi sulla loro
uccisione, IH, 563-564.
Tirannicidi, HI, 563-564; loro ima-
gini, 617, 618.
Tiriiiate , fratello di Vologeso , cac-
ciato d'jVrmenia, IV, 398; si sot-
tomette a Corbulone , 309 ; si ob-
bliga di venire a riprendere la co-
rona dalle mani di' Nerone , 309 ;
prandi accoglienze a Roma, 41.5-
417; sua morte, 613.
Tirii, f.nidano Cartagine, II, 324.
Tirio o Turio dei IJruzi (Tiriolo), I,
307; vi fii trovjito il testo del .Se-
nato-consulto contro i Baccanali ,
li, 502.
Tiro (.Su--), famosissima città di Fe-
nicia, suo porto, H, 513; merci
portate di la a Roma, IV, 207.
Tirone (Sabino), scrittore di oriicul-
tura, IV, 115.
Tirreni, opinioni degli scrittori sulle
loro oriiini, I, lOti, 201, 20.5. —
Vedi Etruschi.
Tirrenia , nome dato all' Italia occi-
dentale. I, 36, 57, 122.
Tirreno (mare), Pompeo lo libera dai
pirati, IH, 333.
Tirteo, p.jeta eccitatore alle pugne,
ammirato da Orazio, IV, 140.
Tisca , regione d'Affrica , tolta da
Massinissa ai Cartairinesi, II, 502.
Tisia, nel Bruzio, I, 307.
Tisippo , feroce capo dei partigiani
di Roma in Etolia, U, 485.
Tissa, dimora dei Siculi, li, 108.
Titinio, poeta comico, II, 646.
Tito, figlio di Vespasiano, va col
padre contro i Giudei , IV, 4.57 ;
sua prodezza a Gamala e a Tari-
chea , 459 , 550 ; viaggi in cerca
di buone venture, 4ii0-461; amato
da Berenice , 462 ; ha il governo
della Giudea . 464 ; fatto console ,
473 ; è mandato ad espugnar Ge-
rusalemme , 480 ; la assedia e ia
strazio dei prigionieri , 482-483 ;
prende la fortezza Antonia, 484;
incendia il tempio , 486 ; occupa
Sion, 486-487 ; feste per la vittoria
a Berito e a Cesarea, 488 ; ritorna
a Roma , 488 ; accolto lietamente
dal padre e messo a parte di tutti
gli uflici della p.:ti-n7a imprTÌ.ale,
489; trionfa <',■ '■: : ' i. 48.9-
402; fitto ..li : p .1 . 404,
.503; mercaii'L-_ .1 pub-
bliche, 497; i.i iiu^ualai'j Ceci-
na, 506; succede .ài padre nel-
r Impero , 506 ; sua gioventù e
suoi studi , 507 ; non buono pri-
ma di l'ssei-e imperatore, ,50S ; deli-
zia ile: :;. in iv i,.„ ilii' .11.1,509;
P'-' - r„-elo
ti.ai. :i li. ■ ■ . p . I. 510;
granili .'ili; m Ti piiVi,r,,-| -.-orse
da lui, 510; liiaietica i danneggiati
dal Vesuvio, 513-514 ; monumenti,
514; terme, 514, 515; dedica l'anll-
teatro Flavio, 515-51G ; malattia e
morte, 518-519, 520 ; compianto da
tutti , 510 ; meno che dal Giudei ,
519; leggenda di Tito pi-esso di
quesli. 519.
Titoli, introdotti .la A.lr.fin.i. IV, 6-33.
Titti, tribù de'' e . :t.ii i II :.;■.'.
Titurio Sabino -M ' -are,
vince gli In . Il 1 1 preso
da Ambiori!.' . u is .. li: 143.
Tizii , fratelli , incaricati della cura
del culto sabino, I, 729.
Tizio, divorato dagli avvoltoi. III,
801.
Tizio , ufficiale di Antonio , uccide.
Sesto Pompeo, HI, 657.
Tizio (M.) , diserta da Antonio e si
reca a Roma, IH, 673.
Tizio (P.), tribuno, fa approvare l'u-
surpazione dei triumviri, HI, 007.
Tizio Sabino, cavaliere romano , uc-
ciso perché amico alla famiglia dì
Germanico, IV, 297.
Tizzoro (campo di) , sconfitta «li Ca-
tilina, IH, 380.
ilemo , artisff
Verre, HI, 320.
Tmolo, città di Lidia sul monte del
medesimo nome, IV, 2"1.
Toante d' Etolia, Antioco re di Siria
pattuisce di consegnarlo ai Ro-
mani, II, 449.
Tftga ricamata d' oro, IV, 82.
Tolemaide di Fenicia (S. Giovanni
1052
INDICE
TOLENO
TRAENTO
TREMELLIO
d'Acri), colonia romana, IV, 369;
Vespasiano vi raduna le truppe
destinate contro i Giudei, 457;
ricordi di Adriano nelle monete,
GG4.
Tolcno ITirrano), detto per falsa le-
zione anche Telonio e Telone, fiu-
me tributario del Velino, III, 183.
Teleria , città del Lazio (a Valmrm-
tone o a Zogarolo) , 1, 527 , 553 ;
fa ffuerra a Roma per i Tarqui-
nii,''C31.
Tolero. — Vedi Trero.
ToUa (presso Civitavecchia), sepolcri
» etruschi, I, 172.
Tolomei di Egitto , alleati di Roma ,
II, 42».
Tolomeo Apione , re della Cirenaica,
lascia erede Roma, III, 157.
Tolomeo Aulete, re d'Egitto, cacciato
dai sudditi e rimesso in trono da
Gabinio, III, 4G1, 511; suo testa-
mento, 505.
Tolomeo Dionisio, re d'Egitto e fra-
tello di Cleopatra, III , 505 ; vìnto
da Cesare , muore affogato nel
Nilo, 511.
Tolomeo Filadolfo , fondatore della
biblioteca di Alessandria, III, 511.
Tolomeo Neotero, fratello e marito
di Cleopatra, messo con lei al go-
verno dell' Egitto da Cesare , III ,
512 ; uccìso da Antonio, G35.
Tolosa , città dei Volci Tectosagi, si
ribella ed è presa e derubata da
Q. Servino Cepione, III, 123 ; aiuta
V. Crasso contro gli Iberi , 436.
Tolunnio , re dei Veìenti , ucciso , I ,
800, 871.
Tombe puniche. II, .522, 523.
Tomi (Kùstendje) , nella Scizia ri5-
mana del Ponto, IV, C8 ; esilio di
Ovidio, 162, 103: epigrafe in ono-
re di Adriano, G02-6S3.
Tortyiio (C), tutore di Ottavio, pro-
scritto, lU, 608.
Torbia (sopra Jl/o.c/. , . /, ,'■ _
■na), nella sommii ' : 1 ii , ^l -
rittimc, trofei di Am^ , [ \
Torio, tribuno, con ^ n l._j,
le usiirp.azioni dei ri.-chi. Ili. Wl.
■'■■rio, 1,'^-ato di Cecilio Metello in
spairna. è sconfitto e ucciso sul-
l'Aiia, HI, 20).
■i-.M-l-'M (\l,...-,„rlrnì. suoi gr.-indi
Toro SabellicK, 111, 177, 183.
Tortura, usata coi servi, IV, .376,
377 ; sotto r Impero diviene modo
di prova ordinario con servi e
padroni. 812.
Tougeni , Elvezii tra i laghi di Z>i-
ngn e di Costanza, sì uniscono
ai Cìml>ri e ai Teulcni, 111, 122.
Trabea, pnrr. . .mpM, II, rir,.
Traci, alla i : ■ :. .: l'nhia, U,
479 ; uniti i ..irrono
lino alK' \ ìm mi • Illa batta-
glia di 11,. , :
Tracia, n.ir, ■ , , i.^ , Minnalc o-
rientali- .1 , I : ,. , : m liuvsla ili
aiuto ila i il.ii|i . ii M . . .I.ni.-i. U.
aiuta Antonio colili I. ' ' ,, i,:
strade, IV, 68; ,Ip i i
tra due re, 87 ; i imIì , , ,,,, ,, i ,
sotto Tiberio. 277. ii.l.,ii.. a ,.,.,-
vincia romana sjttu Claudio, -.H'J ,
colonie di Ve.spasiano , 405; inva-
sioni dei Daci, 567; ricordi di An-
tonino Pio, 715.
Tradizioni mìtiche, che ricordano an-
tichi fenomeni, I, 20-31.
Traento {Trionfo), fiume della Ma-
gna Grecia, I, 319; battaglia tra
Crotoniati e Sibariti, 321.
Tragedia latina, II, 612, 616, 647-649,
HI, 791, IV, 116, 160, 174, 875-876.
Traiana (colonna). — Vedi Colonna
Traiana.
Traiana, fortezza sul Meno, IV, 554.
Traiana , fossa dal Tevere al mare ,
IV, 606.
Traiano (Ulpìo) , padre dell' impera-
tore, ufnci militari e civili, e ono-
rificenze, IV, 530-551 ; deificato dal
figlio, 551.
Traiano (M. Ulpìo), adottato da Nerva
gli succede all'impero, IV, ."49,
552 ; tirocinio e primi governi, 551 ;
comprime le sedizioni dell' Alta
Germania, .551; vendica Nerva,
552 ; raft'orza l' impero in Germa-
nia. 552, 554 ; scarse e non chiare
notizie dei fatti suoi, 553 ; colonie
!■ fortezze sul Danubio e sul Reno,
."i")4-.")5'> ; dopo due anni ritorna a
Roma ed è accolto con festa, 555 ;
modello del prìncipe cittadino,
.5.55-536 ; non sospettoso, né fa-
stoso, né ambizioso, 5.57 ; suo be-
nefico e provvido governo , 558 ;
giustizia e denaro pubblico, 5.59;
ha il titolo di Ottimo , 559, 623 ;
sue memorie sulle guerre dì Dacia,
5.59, 583; il Panegirico di Plinio,
.5G0-.562 ; governo delle provìnce,
5G2 ; freni alle brighe , 562 ; suo
carteggio con Plinio governatore
in Bitinia, 563; sua grande opero-
.sità, 563-564; persecuzione ai Cri-
stiani e alle Associazioni , 564 ;
vuol ridurre la Dacia a provincia,
.565, 568-, via Traiana lungo il
Danni. lo. f=,(lS-570 • f m-/» n-\te con-
I II I a]!.. , %:: iirriiflr Sar-
■ I . .572 ; vane trattative
i: |i 1 . .".72-573; vince Decebalo,
- ' I '■ gli detta la pace, .574;
i.rna a Roma trionfante e prende
il nome di Dacico, 574-575; f.i co-
struire il ponte sul Danubio, 576-
.577; seconda guerra dacica, .578;
riprende Sarmizegetusa, 578-579;
riduce la Dai - a |,r..x la.ia , ,579-
.580; lanpoi.,,;, |„ :, ,:, ,, .ionie,
.5.S0; pre.1.-, •: ■ .. , l.,.i, .581-
.582;rironli.i a ,i.Ma,..VS.'-583;
sni; l'i" !.■ I nr ncll.a i.-ulonna
'l'iai! lóro Traiano,
.'■ •'<-■ . MI -li Arabi, COI;
•^■'■•' I a, (;02; chiamato
.■11. !i - ' .1 11. lo. 602; edilìzi
1,. 1103-604; Circo
Ma- 1.1 ... .1 . lotto dell'Acqua
II il 1 |i I ti di Ancona e
di I i\ I i . !i, 1 , (105; porto dì
().<ti.a, (lo.;-, vir restaurate e co-
struite di nuovo, 007-009; riordina
li' poste, 009; Fòro Traiano a llypsa
in Sardegna, 609; il ponte sul f ago
e il canale del Nilo, 010 ; provve-
dimenti presi pel tempio di Apollo
;i Delfo, Oli ; spedizione in Oriente,
'lU-fd:',; di.hi;u-a iln- IWrmenia
■'il I.' .1. lai . ài 1, M.aive ad
.Vniieniu, ol.i, mlnnri. .-i l'art ama-
siri di presentarsi a lui, 613; lo
accoglie ai confini di Armenia,
613-614; e lo fa uccidere, 614; fa
sentire la sua potenza a tutte le
genti dal Caucaso fino al Mar
(.'aspio, C13 ; si salva dal terremoto
di Antiochia, 613; invasione della
Partia, 615-616 ; salutato Partico,
016; riduce a provincia l'Assiria
e assale Ctesìfonte, 616; rivolte
dei popoli in Asia e in Affrica,
618; dà un nuovo re ai l'.irti, 618,
619; sua ritirata, 620; vinto ad
Atra, 620-621 ; ritorna ad Antio-
chia, 621; muore a Selinunte,
sulla costa occidentale della Ciu-
cia, 621 ; le sue ceneri sono sep-
pellite nella base della Colonna
Traiana, 621 ; deificato e celebrato
con spettacoli Partici , 621 ; qua-
lità dell'uomo e del prìncipe, 622 ;
consacrazione della sua virtù nel
medio evo, 623-624 ; ordina e in-
grandisce il beneficio dei pubblici
alimenti ai fanciulU poveri , 802-
806; sua eloquenza, 873; ristora
colla libertà tutti gli studi, 873;
suo tempio, 600.
Traile (Gnzel Hissar) , città della
Caria nell'Asia Minore, data ad
Eumene II dì Pergamo , li , 452 ;
si ribella a Mitridate, HI, 214.
Transitoria , casa costrutta da Ne-
rone, bruciata, IV, 402.
Trapezunte (Trebiswida) , città del
Ponto, IV, 68; porto costruito da
Adriano, 002.
Trasea Peto (P.), abbandona il Senato
quando esso ringrazia Nerone di
aver uccisa la madre, IV, 387;
accusato, 413-414 ; sua morte, 415 ;
sua vita scritta da Aruleno Ru-
stico, 540; assistito negli estremi
momenti dal filosofo Demetrio, 834 ;
parente e amico dì Persio, 880.
Trasibulo, tiranno, è cacciato da Si-
racusa, II, 161.
Trasiilo, astrologo di Tiberio, IV,
309, '310.
Trasimeno (lago), battaglia di questo
nome presso Tuoro, II, 345-347.
Treba o Trebia [Trevi), città degli
Equi, sulla destra dell' Aniene, I,
229-230 ; prosa da Coriolano, 791.
Trebellio (L.), si oppone a Dolabella,
Trebia ( Trevi) , città dell' Umbria ,
tra Folirino e Spoleto, I, 65.
Trebia (Trebbia), fiume nella Gallia
Cisalpina, IV, 636; famoso per la
vittoria dì Annibale sui Romani,
li, .341-342.
Trebonio (Caio), legato di (tesare nelle
Gallie, espugna Marsilia, III, 491 ,
governatore dì Spagna, 551 ; fatto
console da Cesare, congiura con-
tro di luì, .552; trattiene M. Anto-
nio mentre i congiurati uccidono
Cesare, .558 ; confermato al governo
dell' Asia , 570-571 , ucciso a Smir-
ne da Dolabella, .505-596 ; autore ili
versi satirici, 791.
Trebonio (Lucio), tribuno, esclude dal
tribunato i patrizi, I, 8".4.
Trebula {Treolie), città della Cmi-
panìa e in origine probabilinenie
del Sannìo, 1, 278; ricevi^ la lit-
tadinanza romana , II , 78 ; presa
da Fabio Massimo , 309 ; Adriano
diviene il suo genio tutelare, IV,
037.
Trebula , città pelasgica , in Sabina,
-78.
Trebula Mutuscà o Mutuesca (Mon-
telcone), città dei Sabini, I, 78.
Trebula dei Suffenati (Montorio) ,
città dei Sabini, I, 78. ,
Tremellio Scrofa, questore di Crasso,
vinto da Spartaco, III, 309.
Tremellio Scrofa (Lucio), questore,
prende e uccide il secondo Pseudu-
filippo, II, 495.
DEI NO]\II E DELLE COSE.
1053
TREMERÒ
TULLIO
Tremerò , una delle isole Diomedee,
presso le enste d'Apuliu, dette ora
dt Tr,-.,-,'i. ;.,.,_,, ,1 ...ilio della
seeoH.I:. ... I .1 i\, 219.
Trero o T. : . ..iituso col
Toleno I. 1 . l.jiii... im ].■! Volsci,
tributario del Liri, 1, ^.i,', -234,111,
183; vittoria degli Italici rivoltati
sul console P. Rutilio Lupo , 182,
m.
Tre\-i-nto {Triffiìtn), ritta deiPentri,
1. 2.5-).
Trevi (f.jiit.an.a di), IV. i').
Treviri ( Trca'x), nella Callia Belgica,
III, 4:57; vinti da Labieuo, 443;
non si uniscono à Vercingetorige,
44.5 ; repressi ai tempi di Augusto,
IV, 85 ; rifugio di Agrippina nella
rivolta delle legioni del Reno, 24C ;
ardenti fautori di Vitellio, 441 ; ec-
citati a rivolta da Civile si dichia-
rano liberi, 476 ; battuti a Bingio
e a Riffodulo, 477; vincitori di Ce-
ri'il.., i. |i..i ^..MiHìtti da lui, 478.
Tre/, i;. ./.■ ' ...'.. .icirArg'jlide,suo
-. I . . 1 ' . : i|.ed;iiieiit.i al ge-
Ti'i M !: _ .' ' -.- r.vì'ello di
\r , .. .• . '\ (Ó3.
Tri I , 1 : -. I :...na, 60.-);
I.i ...II. .. : .\iebuhr ,
'■'I . urbane e
!■■•■■ < ..... - .' . 707 ; au-
!.. 1 ..[Ue dopo
1;. ....irriì-t., .i- Il il, ,, II, 13, 36,
.■(>, 7S, 2.")7, 2^:5; i iiuuvi cittadini
esclusi da esse , e rilegati in otto
o dieci tribù a parte. III, IO.";.
Tribuni dell' erario. III, 317-318.
•ibuni militari conpotest
I, 85.5-8.iC, 864, II, 22.
Triliuui militari creati dalla plebe, II,
32 ; tribuni milituni a l'Opuln ,
IV, 788.
Tril)uni della plebe, loro origine,
numero e ufficio, I, 782-783; vi-
c-ende e cambiamenti del tribuna-
li!, 786-788; chiedono l'esilio per-
petuo di Coriolano, 790; propon-
gono le leggi agrarie , 794-804 ;
.■ir<|uÌ9tano il dìritt 1 di citnrc ì con-
i; I :,iibii eche i plebei
I .i '■ . .' consoli, 854-S55;
in : ii:itrizi per render
:i. .■ 1 .. 1. ■i|ii'erae ma-
- !. . ' > .la divì-
:-i I 1. . I r ..I ■■>.. .. >^79;au-
1..m::. .1 . |. ! '. ■ ■<-::<:i ; loro
< " .. ì , :;; " . . . . Il i|uasida
Ni:i ., y, : i : 1.1 Ica di-
temi.i ., . !■ ..Mi... . ;: ,- .i 7 ; jiotestà
lnl„u,iiia.U:>;ai„<p,.,..il.,n, IV, 21;
iutercessiuiie soppressa, 812.
Tribuni della plebe nei municipii, IV,
78S.
Tribuni di regione in Roma, IV, 2fi.
Tributi. — Vedi Imposizioni.
Trica (presso Arpi). nell'Apulia Dau-
nia, città proverbiale per la sua
piccolezza, I, 353.
Triclinio, mensa romana, lusso e vo-
luttà di esso, IV, 822-823.
Tricrini (!), fanno guerra a Roma per
i Tarquinii, I, 631.
Tridento (r-Y'/ìfo), invano difesa da
(). Luta/io Catulo contro i Cimbri,
111, 131 ;
f polazioni soggette a quel munici-
pio, IV, 252.
Trieute, terza parte dell'asse, II, 30n.
Trifauo, presso Sinuessa, vittoria dei
Romani sui Latini, II, 48.
Trifone. — Vedi Salvio.
Trimalcione. nel fiatirico di Petronio
Arbitro, IV, 899.
Trinachia, dimora dei Siculi, II, 100;
distrutta dai Siracusani, !(',:!.
Trinobanti (Hertford e EsxexY tribù
dei Brettoni, IV, 345 ; si ribellano
a Nerone, 39G.
Tjidcala (presso Caltabellotta), in Si-
cilia, li, 104 ; capitale dei servi ri-
bellati, HI, 140-141 ; assediata, 142.
Trionfi etruschi, I, 691, 693.
Trionfo a Roma nei tempi imperiali,
.augusto non concede quesl' onore
che ai suoi parenti o amici, IV, 82 ;
ornamenti trionfali, 82 ; trionfo sui
Giudei, 4S9-193.
Triopee (iscrizioni), IV, 7C4.
Tripode etrusco, scoperto a Vulci, I,
432.
Tripondio, tre assi, II, 309.
Triquetra. — Vedi Sicilia.
Trittolemo, inventore dell' aratro, I,
88, IV, 260.
Triumvirato di Pompeo, di Cesare e di
Crasso, III, 40(i, 463, 756; di An-
tonio, di Ottavio e di Lepido, 606.
Triumviri capitali, II, 30(3.
Triumviri monetali, 11, 307.
Triumviri notturni, II, 307.
Trivico (presso Ariano), nel paese de-
gli Irpinì, I. 2C4.
Troade, acquidotti di Adriano, IV, 664.
Troesrni {Iglitzn), nella Mesia Infe-
riore, IV, 570.
Trofei di Mario, III, 135-136.
Trofimo, fonda a Roma il Collegio dei
devoti Nurninis Dominorum, IV,
489.
Trogilo, porto di Siracusa, II, 376,
380.
Trogo Pompeo. s,„, >;t„ri.. IV. 181.
Troia, sua cjloin . .. I I i i ., I. 532-
333; credei!/. .. . i: n di di-
scendere d.i . .- i
Trojanovgrad. i., -.i', : I\. .'.S3.
Trombe tirreniche, 1. 4iM.
Tropea, nel Bruzio, I, 3U0.
Trossulum (Trosso), nel territorio di
V.ilsini'j, rovine etrusche, I, 130.
Trntil . i.-.i.-'. ! . (Il . l'i.idatodai Dori
Tr.
comune ui
Truento ^J,-o„ln,, li. une, I, 225-226.
Truento (Cirihi), citta dell'Agro Pai-
mense, rovine, I, 226-227.
Truppe — Vedi Milizie.
Tuberone. — Vedi Klio Tuberonc.
Tucci detta Augusta Gemella (iV/ai-to.?),
nella Spagna Betica, IV, 60.
Tucidide, storico, fa parte della colonia
Ateniese fondatrice di Turio, 1, 321.
Tuderte ( Todi) , città degli Umbri ,
1 . 65 ; statua detta del" Guerriero
ivi trovata, 64, 431.
Tul'ico, nell'Umbria, elezioni munici-
pali, IV, 787.
Tuie (Mainlaiid o Islanda?), isola
dell' Oceano settentrionale, veduta
da Giulio Agricola, IV, .527.
Tullia, figlia di Servio Tullio , passa
col carro sopra il cadavere del pa-
dre, I, CU8-609.
Tullio Cicerone (Marco), nato ad
Arpino, I, 235; prende parte alla
guerra contr.j gì Italici s.jtto .Vsco-
li. III, 187; ..i-.-.i.'. .u:..'_-_ .osa-
mente le viiiii,. I. 1 . Il di
nobili suoi fan. 1 1, i.'i -o^iieiie.
come pretore . l.i le;,':,'e Manilla ,
:i43-344 ; difende le leggi proposte
da C. Cornelio , 355 ; difende Ra-
birio e il Senato, .359 ; suo poema
su Mario , 360 ; primi saggi ora-
torii, 301 ; suoi studii in Grecia e
in Asia, .361 ; primi ufiìci pubblici,
302 ; sua amicizia per Pompeo ,
:ì62 ; sua indole, 362-363 ; inteso a
unire libertà e umanità, 364; si
studia conciliare le parti contrarie,
365 ; nominato console , 366 : sue
orazioni conir.j la let'ge agraria
di Riill .. ;."- ■■ .|. azioni conso-
lari e |...! , ; , ; solo si Op-
nosce 1 dise^
Ottiene aut.
impedisce e!
dal
su Pompea , 401 ; e sua freddezza
con esso , 402 ; fa testimonianza
contro Clodio, 403 ; e si trova com-
promesso, 404; sostiene la legge
agraria di Flavio, 404 ; chiama co-
spirazione di tiranni il primo trium-
virato, 406 ; ondeggiante tra paure
e speranze, 413; lascia Roma e
va a Tua- .1.1, tlt: <;i dà alla filo-
sofia. . ì ',. , . ir,; ritorna
allelM _ : : . ... 41,5-416: ri-
fiutar ., . uè, 416;vitu-
peiii 1 uiaia.ii;, :la, accusato per
la morte del Catilinarii, 418; fugge
ed e condannato. 419; va in Mace-
donia, 419 ; sue angoscie nell'esilio,
420 ; richiamo e ritoi-no trionfale,
421-422 ; ringrazia del beneficio ,
si stringe a Pompeo e parla a di-
fesa della sua casa, 422; è fatto
.assalire a sassate da Clodio, 423 ;
sostiene la proposta che sia data
a Pompeo autorità illimitata, 462;
caldissimo lodatore di Cesare, 469 ;
ragioni di .{U'slo c.auibiamento di
47.)-
474 ;.s.i.v ,:;.,•,.. a, , a, i_i„, ..,. 4;.S ; al
ritorno trova Ruina in pericolo
per r ambizione di Cesare e di
l'ompeo, 478-479 ; espositore fedele
delle intenzioni di Pompeo, 483;
suo giudizio sulla fuga <li esso ,
487 ; parie da lui seguita durante
la guerra civile , 544 ; suoi dolori
e lamenti, 545; non consigliere né
consapevole della congiura contro
Cesare, 553-5.54, 555; loda i tiran-
nicidi , .565 ; va con Bruto al Fò-
ro , 566 ; e lo sconsiglia d.il trat-
tare di p.ace con Antonio e con
Lepido, 569; parla in favor della
pace, .571: esalta Dolabella, 577;
convegno d'Anzio, 579; è visitato
1054
INDICE
TULLIO
TUMELICO
USTTRA
a Clima da Ottavio, 583-584 ; vuol
partire per la Grecia e ritorna a
Kojr.a, 5S- -5S7 ; comincia la guerra
ili-lle Filippicìie contro Antonio ,
"iS7-588; si stmlia di trarre Otta-
vio a sua pai-le, 5'JO; nuove f'jiip-
piche. 591-5r>3, 595, 596, GOO;
grande energia nei suoi giorni
estremi, 591-595 ; fa decretar feste
per la vittoria di Modena , 600 ;
eccita Bruto e Cassio a tornare in
Italia, 6-20 ; sue ambigue parole
contro Ottavio, 602 ; tenia difendere
Roma iissalita da lui, 603 ; fugge,
604 ; i triumviri deliberano "che
sia trucidato , 607 ; sua uccisione,
611-613; martire nobilissimo della
Repubblica, 614 ; la sua uccisione
giudicata da Tito Livio, IV, 170;
Oratore, sue traiiii/ioni di Demo-
stene e di Ks.-liu,.'. 111. ';:i:; i.ididi
Antonio e di ■ r i . c'.ig.
700; emulo •'.■ Tu," ; si
gloria diaver il : ■ N li. i :-. l'ia.'co
in modo che non si vi'ilosse il vero,
707; suoi motti, 710 ; pieghevolezza
dell'anima sua, 711; suoi grandi
studii delle dottrine e dell'arte,
711-712; massimo degli avvocati,
712-713; la Miloniana, 714 ; gran-
de oratore politico, 714; la Mar-
celliana. 714 ; le CntUùiarie e le
filippiche, 715 ; affetto, dialettica
e splendore di stile, 715; è il piti
perfetto degli oratori romani, 716-
717; sue opere didattiche sull'e-
loquenza, 717-71S; i libri Dell'O-
ratore, 71S-721 ; il Brvto, 721-722 ;
studioso di Isocrate, 722-723 ; sue
Leltere, 723 ; scrittore politico, 723;
i libri Della Repubblica, 724-727 ;
i libri Delle Leggi, 727-731 ; scrit-
tore di lìlosofla, 731-732 ; libri i)«"
Pini. 132; trattato Degli Vfizii.
732-735; le Questioni Tusculane,
732; la Natura degli Dei, 733;
la Divinazìoìie, 733 ; storico degli
altrui pensamenti, 734-735; mora-
lista, 735-737; ci.mbritle la avvi-.j-
mania, 738; .>|.. !■!■ si,, M,,.', ::i ;
non credeva n i i -
cipii di RoMi I. : : i i
versi. III, 7:'.'; •;■:-::.. .iv .i. , /,-
'i)0,»eìiie dei i-,ii,iiistiri di Aratn,
7'.>2 ; poema in lude di Cesare,
793; storia dei poeti inversi, 793;
ritrovò il sepolcro di Archimede a
.Siracusa, II, 385; suo giudizio sui
Oracchi, III , 47, «6; sue ville a
Kormia, 1, 213 ; ad Anzio, a Pom-
pei, ecc., Ili, 12; a Tuscolo, I,
.".."0, III, 414, 415, 418; a Cuma, 724 ;
ad Arpìno, 728.
Tullio Cicerone (M.) il Giovane, figlio
«leir Oratore , fa prigioniero Caio
Antonio, m, 6I'J; si unisce alle
llotte di Murco e di Knobarbo,
(31 ; grande tracannatore di vino,
IV, 673.
Tullio Cicerone (Quinto), fratello del-
l'Oratore, si unisce a Cesare nel
fombattere la pena di morte ai
Catilinarii, III, '383 ; corre pericolo
di essere ucciso per ottenere il
richiamo del fratello, 422; legato
di Cesare nelle (iallie, si trova a
pi;ricolo estremo da cui lo libera
l'arrivo di Cesare, 442-143; costumi
elettorali da lui descritti, 450: pr.>-
srritto e ucciso, fili; iiell<> (l.iUio
scrisse quattro tragedie in siili.i
giorni, 7.'»1 ; e descrisse in v.i si la
spedizione nella ISritannia, 70.'(.
Tullio Senecione, ucciso, per la con-
giura entro Nci-one, IV, 4U7, 409.
Tulio Ostiliu, eletto re, 1, 588 ; guerra
contro Alba, 590 ; guerre ai Sabini,
594 ; muore fulminato, 595.
Tumelico, tìglio di Arminio e di Tu-
snelda, condotto in trionfo da Gei'-
manico, IV, 257.
Tumulto, eserciti tumultuari, II, 458,
459, HI, .593.
Times (TnniH), .-Vttilio Regolo vi pone
sua sede, II, 221 ; suo lago, 514-515.
Tungrì (Tongres), nella Gallia Bel-
gica, si gridano liberi, IV, 476.
Tureno (Trani), città nella Peucezia,
I, 349.
Tinia (Guadalaviar), fiume della
Spagna Tarraconese, vittoria di
Sertorio, lU, 298.
Turio (Tarì-ana ?), nella Magna Gre-
cia , fondata da una colonia Ate-
niese e dai cittadini di Sibari, 1, 310,
321-322, II, 96, 118, 151; accoglie
le leggi di Caronda, 137 ; in guerra
coi Lucani è sconfitta a Lao, 169-
170; una tempesta la salva da
Dionisio tiranno di Siracusa, 172 ;
chiede aiuto ai Romani contro i
Lucani eBruzi, ed è liberata, 189;
saccheggiata dai Tarentini , 190 ;
colonia romana, 267-268, 427 ; pre-
sa da Annibale, 387 ; e dai gladia-
tori, III, 306; sollevata da Rufo e
Milone , 514 ; assedi.ita da Sesto
Pompeo, 642.
Turno, suri rp-'ri in .Vrdm. I, .^10;
nell'Kii.i ' ,!■ \ -_ - i\ I ."i.
Turno, Id- , ^ : . l\ . ■":
Turno Hrdi. il ■. ■.. '.. ■■ ■ . ■■- irj
da Tarnu.uiu U .^„lulL^ 1, olu-
611.
Turoni (Tov.raine), nella Gallia Lug-
dunese, IV, 275.
Turpilio, prefetto, decapitato da Me-
tello, III, 160.
Turpilio (Sesto), poeta comico, II, 645.
TuruUio (P.), senatore, congiura con-
tro Cesare, ed a fatto uccidere a
eoo. HI, 553, 631.
Tuscania (Toxcmiella), città di Etrii-
ria sul liume Marta, I, 133 ; nccro-
pnli, 144, 429.
1 :i^ I — Vedi Etruschi.
I ! i mei monte sopra Frascati),
ì I ti.i dal Dio Maio, I, 381;
i i' delle mura, del teatro e
<ii .-litri monumenti, 549-552; fa
guerra a Roma per i Tarquinii,
6:U ; invasa dagli Equi e dai Vols.-i,
821; presa d.ngli K'i"', ''2">, 8 i7 ;
fedelp :i R^riVì d-"- -n-rvi d.-i
Vnlsci. li. I ! ■■ ! i >1 ■ : ■ id -
. ■ :,. :.: , .:-; villa di Cicei-oiio,
i:ì i: ! i-i! ; e di Plinio il Gio-
q 11-11,1.1 ,. ii^lM di Segesto, rapita da
.\rmiiiio,'lV, 225, 247; prigioniera
di (ìermanico , 248 , 272 ; menata
in trionfo, 2.57.
Tutano (Dio). — V.-di Ridiclo.
Tutore, dui -■ ■!. i 'l '.viri -i iM.i-.-.' a
Civile, i \ , il . ' !•• ■ .1 1 .:■■■: I • .
477; as- • •• . , . i • .. i i ■ > n I n
Tutulo, I.''!!' M , ,1 -, ,;i,'i, ■ •n-M-
si-he, 1, -.M.
Ibii , tribii germanica sul Reno, IV,
308; si dichiarano liberi, 476.
Uccelli (P.), sue opinioni sulle origini
italiche, I, 205.
Uccelliere di Varrone e di Liicullo,
III, 13-14.
Uessa, città dei Sicani, II, 104.
Uffugo (Montalto), nel Bruzio, I, 306.
Ulpia (Laaenburgy citta fondata da
Traiano, IV, 554.
l.'lpia Traiana. colonia a Petovione
(Pettau) nella Pannonia Superiore,
IV, .554.
Ulpio Marcello, vince i Britanni, IV.
709.
Ulpio Marcello (L.), giureconsulto, IV,
700.
Ulubra, città latina, li, 646.
Umbreno (P.), attira nella congiura
di Oatilina ?li ambasciatori AUo-
• brogi. III, 3a0.
Umbri , loro origine e sedi in Italia.,
I, 63-66; guerra coi Pelasgi, 75;
vinti dagli Etru chi, l'25; loro lin-
sua, 476-477; cacciati dai lidi del-
ÌAdrialico. SS5 ; uniti affli Etru-
schi sono \iiiii d.ii K inani a Pe-
rugia, 11. :" i 1 II Mi a Mev.a-
nia, 7.5-7 11 li Ki ruschi,
SO; e siiHii -. u: tu .1 '-.■mino, 81-
83; tentano iiiulilinente di insor-
gere, 90-91 ; sottomessi dai Roma-
iii , 92 ; alleati di Roma contro i
Galli , 250, 251 ; soccorrono Sci-
pione per la guerra di Atfrica,
410; aderiscono alla lega Italica,
III, 172.
Umbria, 1, 65-66; fedele a Roma dopo
la rutta di Canne, 11, 303 ; eccitata
a rivolta dagli emissarii di Cati-
liiia. III, 3/5; una delle undici
regioni d' Italia sotto Augusto, IV,
42; occupata da Cornelio Fusco,
468; fa parte di una delle quattro
regioni sotto Adriano, 636; ha col
Piceno un giuridico, 7iJ8.
Uniniidia Quadratilla, matrona, co-
struì a Casino un antiteatro e un
tempio, HI, 747.
Immidio Vero, giureconsulto, IV,
Unelli (nella penisola di Coteatin in
S(iriannfHii) , vinti da Q. Tituriu
Sabino, III, 436.
Uiigui-nti. — Vedi Profumi.
rum del serpente, talismano drui-
diio, IV, S.'jO.
Urliiiio. nell'Umbria, vi t ucciso Fabio
V.ilcnte , IV , 468 ; iscrizione ali-
mintaria, 807.
1 iva o Orra Locrese {Palazii o Coii-
doianiii), nella Magna Grecia, I,
nlà.
l';"jMl 'irri . c!ii-nn?.1a in giudizio da
I . M] l'ialine, IV, 282.
Ir- I I 1 I 1 II, moglie dì Clau-
■,11 , r ,1 ,.i„ii I. IV, 300.
l'ili 1^1.11 J, a puiiraite del Gargano,
I, 35S.
Uria, 0 Iria, o Irlo, o Ureia maritti-
ma, città deir.\pulia, I, 358.
Uria, detta Yiia e poi Orra {Oria),
sede dei re di Messapia, I, 341-342,
358 ; sulla via Appia, IV, 607.
Urne cinerarie ctrusche, I, 510, 510.
risento {Orso M(rrso o Contursi},
in l.iM- mia. 1. 2i«.
l -, I , Ila Spagna Betica,
, ,1 . !\ : - i ; statuto muiiici-
,ri,, , ,,-,rM,i , i„.i bronzi, 786.
italiche, 1, iOi.
Usipeti, tribù germanica, sconfitti da
Cesare, IH, 437 ; vìnti da Agrippa,
IV, 98.
Usselloduno (Pi'.v ri'/«o?u), città dei
Cadurci {Cahors) nell' Aquitania,
Cesare fa tagliare lo mani a tutti
i nemici arresi. III, 4.".3.
l.'stica, nella Sabina, villa d' Or.azio,
IV, 137, 138.
Usura unciaria, I, 774-775.
DEI NOMI E DELLE COSE.
1055
USURAI
Usurai, loro crudeltà. Il, 15-16; giu-
dicati da Plauto, III, 11; Claudio
vieta loro di prestare ai figliuoli
di famiglia, IV, 353; perseguitati
da Vespasiano, 503.
Usure, I, 764; frenate dalle leggi
delle XII Tavole, 852 ; abolite, II,
30; provvedimeuti di Tiberio, IV,
312.
T'sus, I, 797.
Utente o Uti {Montone), tiuine della
Gallia Cisalpina, I, 885.
rti'-a, Tii'lla costa settentrionale del-
r.\n li. a, presa da Agatocle tiranno
di Siracusa, II, 184; colonia feni-
sediat:i
^egg. ;
porto,
M'ia di
-ne, 111,
I L'gere ,
i,'526;
IJxariia (,0sm'1), nella Spagna Tarra-
conese , sua disperata resistenza
ai Romani, IH, 302.
Uxeuto (U'jciento), città dei Salentini,
I, 337.
Uocnnum , multa pagata dai celibi ,
IV, 38.
■lyjah) , emporio
iiriiidia, occupala
i.llo. III, 110.
' , scrittore della
Vacuna, Dea dei Sabini, I, 383.
Vada Sabatia o Sabata (VruUi), in
Liguria, 111, .508; a capo della via
Emilia, 11, 2811, IV, 66.
Vadinione (detto Lago di Bassano),
lago, sconfitta degli Etruschi, lì,
71-72; vittoria dei Romani sui
Bui, ni.
OHI, press.,
Iella scn,,,i
ente {Faln
luogo
1, 389.
impe-
ve per la via delle (.alili' verso Je
Alpi Cozie, 441; l'esercito si ri-
volta contro di lui e poi lo porta
in trionfo, 446; governa insieme
con Cecina, (."iS; 6 mandato con-
tro la parte Flaviana, 465; non
soccorre i suoi, si imbarca, è preso
ed ucciso in prigione a Urbino ,
467-168.
V.alentia, nome di Roma, I, 574.
Valentino, duce dei Treviri, battuto
a Rigodulo, IV, 477.
Valenza ( Valencia) , nella Spagna
Tarraconese, fondata dai Lusitani,
II, .531 ; presa dai Romani e di-
strutta, m, 2!W, 299.
Valenzia o Balezia (presso San Pie-
tro Veriìotico ?), nella Messapia,
I, 316.
V.alcrii, uccisi alla battaglia del .lago
Regillc, I. 632.
Valeri", poeta comico, lì, 645
Valerio (1,.), tribuno, combatte la leg-
ge (_lppia, 11, .-jSI.
Valerio (Quinto), di Sora, scrive in
versi di cose religiose e arcane,
III, 7!U ; punito di morte per avere
rivelato U nome occulto di Ro-
ma, 791.
Valerio Anziate, scrittore prolisso
della .storia di Roma, I, 638, III, ,
766-767.
Valerio Asiatico (P.), congiura contro
Caligola, IV, 334, 335, 33 ! ; fatto
uccidere da Messalina, 3S2.
Valerio Catone (P. ?), scrittore di
versi d'amore. III, 7'00; gli sono
attribuite le Dirne, 7!10.
Valerio Catullo (Caio) , epigrammi
(■.mtro Cesnre, 111, .545-546; sua
vita, 803-SO5 ; sue poesie; 80.5-
.><11; polilirii di ci)igrammi, 812;
sua morte, S12; pittore dei co-
Valerio Corvo ..
uccide un i
vince i Vois
-814.
imiove
•■oufro i Saiiiiii;, :;'' ; ii '.iu.-e al
monte (iauro, 40 ; e a Sue>^sula,
41-4Ì ; vince i Sidicini e gli Ausoni
ili (ale , 52 ; legato di L. Papirio
Cuisore contro i Sanniti, 74-75;
riconferma la legge dell'appello al
popolo, 280; eroico guerriero, ed
esempio di ogni pubblica e privata
virtii, 284.
Valerio Edituo, scrittore di versi, III,
790.
Valerio Placco (C), suo poema sugli
Argonatiti, IV, 912.
Valerio Fiacco (Lucio) chiama M.
Porcio Catone a. Roma, II, 558 ;
nominato console con esso, 565.
Valerio Fiacco (Lucio), eletto console
con Maiio, III, 150 ; console con
Clima, 220; sua legge sui debiti,
221 ; va in Grecia e in Asia per
togliere a Siila il comando, 242 ;
è ucciso da Fimbria, 245.
Valerio Fiacco (Lucio), nominato in-
terré per crear Siila Dittatore, III,
267.
Valerio Fiacco (Lucio), difeso da Ci-
cerone, e , tiuantunciue reo, l'atto
assolvere. III, 707.
Valerio Levino (M.), pretore, libera
.'Vpollonia dall'assedio e costringe
Filippo di Macedonia a fuggire, II,
373; va in Sicilia, 385; console,
dopo la presa di Capua propone
ai senatori di offrire l'oro e l'ar-
gento alla patria per continuare
la guerra, 393.
Valerio Levino (P.), console, è man-
dato in Lucania contro Pirro, li,
19 {-194; e sconfitto a Eraclea e si
rifugia in Apulia, 194-196; impe-
disce a Pirro di prendere Capua e
Napoli, 193; minaccia di assalire
alle spalle Pirro vicuio a Roma, 196.
Valerio Massimo (Manio), dittatore,
I, 779; si attribuisce a lui di aver
riconciliata la plebe ritiratasi sul
Monte Sacro, 781.
Valerio M.nssiin.. (M ), censore (447):
■ fa .'-sii inr. IMO i:h1,' frale quali
ri:.ì> I \alecia, II, 289.
Vallai.. . i\! I , censore, pro-
poli.- .1; I i:.'i.ra.:iir uu teatro sta-
bile. 11. 62fi.
Valerio Messala, nella guerra sociale,
HI, 178.
Valerio Messala Barbato (M.), padre
di Messalina, IV, 330,
Valerio Messala o Messalla Corvino
(M.), alla battaglia di Filippi, III,
6'25 ; si arr.'iide ai vincitori e po-
scia . r,,'.a;t. rei- essi, (530-G31 ;
salv I ( I •■, , -,-, , doma i Sa-
las-i . , . . .augure escrit-
tor. oi [., . :i_., : i:. ; trionfa degli
Alimi. ,m. P. . .. , Cv'lebrato da 'ri-
bullo, 157; amico d'Ovidio, 160;
((uando vede spenta la liberta ,
si ritrae dai pubblici ufQcii e si da
tutto agli studi, 172; oratore. III.
703; scritti storici, grammaticali
e poetici, IV, 172-173, 790; suo
sepolcro, 173.
Valerio Messala Voleso (L.), procon-
sole d'Asia al tempo d'Augusto,
sue atrocità, IV, 792.
Valerio Messalino , figlio dell' oratore
Messala, vince i Dalmati, IV, 223
Valerio Aurelio Cotta Messalino, fra-
tello del precedente, adottato nella
gente Aurelia, insegna ad arro-
stire le palme dei piedi delle oche,
IV, 173; credesì che compiesse il
sepolcro del padre sulla via Ap-
pia, 173.
Valerio Polito (L.), sostiene la causa
della libertà contro la tirannia dei
decemviri, I, 830, 839 ; eletto con-
sole, SIO ; vince con M. Orazio Bar-
bato gli K(iiii e i .Sabini e trionfa
a malgrado dei grandi, 8)4.
Valerio Pubiicola (Publio) , vendica
Lucrezia, 1, 017 ; nommato con-
sole, 619; va alla guerra contro
gli Etruschi, 623; e li vince, 624;
celebra i funerali di Bruto, 624 ;
fabbrica una casa sulla Velia e
Valerio Pubiicola (P.), figlio del pre-
cedente , console (294) , promette
che la legge Terentilla sarà ap-
provata, libera il Campidoglio oc-
cupato da Erdonio e muore nella
battaglia, 1, .s:4.
Valerio l'u i. m.. .1 .. inii-iullo coro-
nato 1 . :. i ;. . ; \ "15,
Valerio 1 1 . , , . ;, _nio di l.u-
cullo iiriia ^0. ii-i ..i.ind.uica. III,
.339; vmci: a 1 Laido 1 ultima fiotta
di Mitridate. 34U; poi e disfatto
a Zela da Mitridate, 3 .2.
Valgio Rufo (Caio), console e poeta,
IV, 152.
Valla (Lorenzo), sue critiche ai rac-
conti di Livio, I, 643.
Vallo di Adriano. — Vedi Adriano
(Vallo).
Vallo di Antonino, in Caledonia, IV,
709, 710.
Vallo di Traiano sul Reno, probabil-
mente prolungato da Adriano, l'V,
638.
Vanaunti, divinità nel Vallo di Adria-
no, IV, 652.
Vandali, protetti dalla pace di Com-
modo coi Barbari, IV, 768.
Vargunteio (L.) , senatore, congiura
con Catilina, IH, 373.
Varia ( Vicovaro), città degli Equi, I,
229; limite del territorio latino,
527.
Varinio Glabro (P.) , pretore , nella
guerra contro Spartaco, III, 306.
Vario (Quinto), tribuno, fa dichiarare
traditore chi avesse favorito i di-
segni degli Italici, III, 167.
Vario Rufo (Lucio) , poeta epico e
tragico, IV, 116; eletto a correg-
gere e a pubblicare l'Eneide, 1.52.
Varo. — Vedi Azio Varo.
Varo. — Vedi Quintilio Varo.
Varrone — Vedi Terenzio Varrone.
Vasi cinerarii, nelle tombe etrusche,
I, 516, 513.
Vasi fittili, dipinti , I, 438-439 , 442-
414; etruschi, 446; greci, 446, 11,
127, IV, 205 ; italo greci , I, 44«,
448 ; diversità di stili , di forme e
d' usi, 447-449; loro nomi diversi,
449-451; di Arezzo, 1,52, 144; di
Canusio , 'iól ; di Cere, 155, 44 1 ;
ti-ovali alla Certosa di Bologna ,
168, 169; di Chiusi, 155, 444; di
Mariabotto, 164-166 ; di Nola, 444 ;
1056
INDICE
"VESONZIO
di Orvieto, 171; di Ruvo, 350;
dì Tartiuinia, 414: di Veio, 414;
di Villaiiuva, 16:} ; di Volterra, 441 ;
di Vulci, 141, 444, 44.S.
Vasio ( Vaisnn) . città dei Vocoiizii
nella Gallia Narbonese , detta lu-
lia Aususta Vocontiorum, IV, 55.
Vaso di Mitridate, 111, 393.
Vaso di Ruvo, detto delle Amazzoni,
I, 448-440.
Vati , derivazione di questa parola,
I, 531.
Valica, villaggio posto dal Niebuhr
sulla riva destra del Tevere, 1, C6G.
Vaticano (valle del), IV, 453.
Vatiiiio (P.), insiuria il console Cal-
purnio Bibulo, HI, 409, 410; pro-
pone che sia dato a Cesare il go-
verno della Cisalpina e dell'Illirico,
413; Dominato pretore, 464; difeso
da Cicerone, 470-471 ; tratta di ac-
cordi con Labieno, 498; messo al
governo d'Illiria, 619; dedito alla
necromanzia , 745 ; accusato da
Licinio Calvo, 811; console, 812.
Veamìnii, popoli alpini, IV, 96.
Veote {Wight), isola britannica as-
soggettata da Vespasiano, IV, 454.
Vcdio, o Dio malo, divinità dei Sabini,
1, ;}83, 392, 741.
Veienti , vinti da Romolo , 1 , 582 :
mandano ambasciatori a Roma a
favore dei Tarquinii, 620 : muovono
guerra a Roma, 623; e sono vinti,
623-624 ; uccidono i Fabii al Cre-
merà, 809 ; minacce, guerre e tre-
gue con Roma, 809-811, 869, 870;
oliiedono invano gli aiuti delle città
etnjsche, 870 ; ricevono il diritto
della cittadinanza romana, II, 12.
Vcii, Veio (Isola Farnese), una delle
principali città di Etruria, I, 123;
rovine, 133-134; necropoli, 428,
429; predata da Tarquinio Prisco,
.599 ; assediata dai liomani , 871-
876; distrutta, 878; le sue terre
divise fra la plebe romana, 879;
proposta di emigrare da Roma a
Veio d.jpo l'incendio dai Galli, II ,
7-8; ina prevale il partito contrario
e si intima di ritornare a Roma a
coloro che erano andati ad abi-
tarvi, 10; ridotta a un borgo d&-
solato, IV, 794.
Velabro, vico di Roma sul Tevere
Fresso l'Aventino, 1 , 569, li, 625,
V, 400.
Velario, III, .530.
Velia, detta dapprima Elea, {Antica-
vellu) , in Lucania , fondata dai
Greci, I, 28^. 292, 310 , 11,118, 119 ;
rovine, I, 292 ; riceve leggi da Par-
menide e da Zenone Eleatc, li, 153.
Velini, poi-ti, I, 292.
Velino, fiume dei Sabini, 1,218, 220;
fatto sboccare nella Nera da Ma-
nio Curio Dentato, II, 291-293.
Velino, monte dei Marsi, I, 242, 245.
Velìterni , fanno guerra a Roma per
i Tarquinii, I,6:}1 ; predano i campi
11, 34-35; resistono a
4S.
\ . Vi . I VHletvt), citta dei Volaci, 1,
, ; ; assediata (la Anco Marzio,
yj:> , pre.sa da Cincinnato, II, 14 ;
privata di parte del territorio e
demolite le mura, 50 ; trib. mili-
tum a populo, IV, 788.
Vellaunoduuo (Trigitéres), citlà dei
Senoni nella Gallia Lugduncse,
presa ila Cesare, III, 445.
Velleda , profetessa , predice vittoria
ni Germani, IV, 477; Ceriale la
induce a ispirar pace ai Germani,
V. iieia (presso Macinesso nel Fia-
cenlirw), sepolta da uno scoscen-
dimento di terreno, 1, 34; tavola
alimentariadi Traiano, IV, 803-805.
Velleio (C.) , senatore , epicureo. III,
740.
Velleio Patercolo (C), storico, adul.i-
tore e gloriScatore della tirannide,
IV, 188-189, 918.
Venafro, città della Campania, I, 27S ;
si disse fondata da Diomede, 351 ;
presa dagli Italici, III, 181 ; acqui-
dùtto costruito da Augusto, IV, 52.
Vendetta, ricardata con orrore dagli
stoici, IV, 861; piacere di inferme
e misere anime, 895.
Venere, culto nella Campania, I, 382 ;
protettrice degli orti, 490; statua
della Galleria degli Ufìzi a Firenze,
III, 658; simulacro nel Vallo di
Adriano, IV, 653 ; statua sul monte
Calvario , 6SS ; Venere Ericina ,
tempio , II , 100 , 603 ; Venere Fi-
sica, regina a Pompei, IV, 830 ;
Venere Genitrice, tempio. III, 541,
.561, IV, 199, 764; Venere Parta,
460 ; Venere e Roma , tempio co-
struito da Adriano , 677-678 ; Ve-
nere Vincitrice, I, 279, IV, 764.
Veneti, vcimti dalle coste d' Illiria in
Italia, I, 67-6S; loro lingua, 477;
parteggiano pei Romani contro i
ISoi, II, 249, 251; sottomessi a
Ruma, 255.
Veneti dell' Armorici {.Vorbihaìi) ,
vinti da Cesare, III, 436 ; loro com-
mercio coi Brettoni, 439.
Venezia, sottomessa a Roma, II, 255 ;
riceve il nome di Gallia, 256 ; fa
parte di una regione d'Italia, IV,
42 ; riunita colla Transpadana sotto
un solo giuridico, 73*.
Vennonio. storico. III, 764.
Ventidio (P.), duce degli Italici rivol-
tati, 111, 175; mette in rotta Pom-
peo Strabene, 183.
Ventidio Hasso (P.), condotto fan-
ciullo in trionfo dopo la vittoria
di Ascoli, III, 190; legato di M.
Antonio lo raiiiuriE:!! con tre le-
rinninr'in ■'■■n ?,-:y"\n (Inllia, 598;
1. !'■_■: .: I \;;' ì:]m fontro
I '! , :■- , . |, . , raduta
1.11 , . u.i ■..■.a. i.iUi.,;;.^;u . astrense,
pretoi-e, console, pontefice, e primo
trionfatore dei Parti, 601-562.
Venusia ( Venosa) , sui confini del-
l'Apulia e della Lucania, rovine,
I, 295-296 ; si disse fondata da Dio-
mede, 351 ; colonia romana, li, 89 ;
accoglie i Romani sconfitti a Can-
ne, 358 ; presa dagli Italici, IH, ISl ;
ripresa da Metello, 191 ; promessa
dai triumviri come premio ai sol-
dati della guerra civile, 607 ; pa-
tria d'Orazio, IV, 134; sulla via
.\piiri. Ir- _ 1 :ii i:ii (I -Ila plebe ri-
Veraii, I , j i. 111,745.
Ver.-i' M. ri .1 ,i, il : , . i.iì;. I isalplna,
criMloia o< on:;.[i.- ^-al.ca.l, 88ì ;
vittoria di Mario sui Cimbri , HI ,
1:33-134; parteggia per Vitellio ,
IV, 442.
Vercingetorìge, solleva la Gallia cen-
trale, III, 415 ; propone di bruciare
le città e i villaggi, 446; consiglia
di distruggere Avarico, 447 ; vince
(tesare a Gergovia, 417; battuto
da Cesare si ritira ad Alcsia, 448 ;
e la difende lino agli estremi, 450;
riceve soccorsi dai Galli e assale
(tesare, 450-451 ; fc vinto e per sal-
vare la città si consegna al nemico,
451 ; fc incatenato, poi condotto in
trionfo e fatto morire, 451, 627.
Yereto {Sartia Maria di Vei-alu pres-
. so i villaggi di Rogffiano e di Sai'
ve), città dei Salentini, I, 337-338.
Verge, nel Druzio, I, 306.
Vergiliano Pedone (M.), console.
muore ad Antiochia, IV, 615.
Vergobreti, giudici nelle Gallie, 111,
Vermina, lìgliuolodi Sifice, vinto ila
Scipione, II, 421.
Verna, divinità dei Sanniti, I, 385.
Vero (Lucio), figlio di Vero Elio Ce-
sare, adottato da Antonino Pio,
IV. 693; Marco Aurelio divide con
lui il comando, 725 ; sposa Lucilla
figlia di Marco Aurelio, 725; brutto
d'ogni vizio, 725-726; feste e lar-
gizioni, 726; posto a capo della
guerra Partica, 728 ; il suo viaggio
è un seguito di orgie, 728 ; va fino
all' Eufrate e torna ad Efeso ad
accogliervi Lucilla, 729 ; sua scon-
cia vita , 729-730 ; lodato come
guerriero da Frontone e da altri ,
731-73Ì; trionfi con Marco Aurelio,
732 ; porta dall'Asia la pestilenza a
Roma, 732-733; orgie nella sua
villa, 733; va con Marco Aurelio
contro i Barbari, 735 ; suoi sospetti
sui disegni di Avidio Cassio, 746 ;
muore ad Aitino ed fc deificato, 787.
Veroli, citta degli Ernici, I, 231.
Veromandui ( Vermandois), nella Gal-
lia Belgica, si uniscono ai Nervii
e sono sconfitti da Cesare, IH, 434.
Verona , creduta di origine callica ,
I, 886; patria di Catullo, HI, 803;
colonia militare, IV, 43 ; occupata
da Autonio Primo, 461, 465 ; an-
fiteatro, 795.
Verre (C), questore di Carbone, rulja
la cassa, e passa alla parte di
Siila, HI, 257 ; legato di Dolabella
in Cilicia, 318; sue infamie nel-
l'Asia, 318-319; pretore a Roma,
319; sue scelleratezze e ruberie
in Sicilia, 319- 324 ; accusato da
Cicerone si sottrae andando in esi-
lio, 324 ; ritorna ed e proscritto
da Marco Antonio , 324 ; difeso
contro i Siciliani da Ortensio, 702,
707.
Verrio Fiacco, di Preneste, famoso
grammatico, IV, 110.
Verruca o Verrugine (sul Colle
Ferro), città dei Volsci, I, 2.32;
presidiata dai Romani, 866; per-
duta e ripresa, 866.
Versi aurei di Pitagora, composti
dal suo discepolo Liside, II , 147-
148, 287.
Versi erotici. Ut, 790.
Versi Fescennini, I, 463.
Versi Saturnii, I, 463.
Vertunno, Dio etrusco), prolettore di
Volsinio , 1 , 389 , 391 ; a Roma ,
742, 744.
Verula ( VeroJi), citlà degli Ernici, I,
231 ; conserva rindipendeiiza mu-
nicipale, II, 70.
Verulamio (Ohi Verula,n , presso
St. Alban-s), in Hritaniiia, muni-
cipio rovinato dai Brilanni ribel-
latisi, IV, 396.
Vcsbula, (Marmosedio), città pela-
sgica in Sabina, I, 76, 78.
Vescellio, città degli Irpini, I, 266.
Vescia [Demanio di Sessa), citlà de-
gli Ausoni, I, 210, 212; ribellal.i.
e ripresa dai Romani, li, 67; co-
lonia rom.ana, III, 268.
Vescio, divinità del Sannio, I, 3<5.
Veseri (Acqua della Foce), fiumicello
in Campania, II, 46-47.
^ esonzio o Vesonzione {Besani;on) ,
nella Gallia Belgica, città capitale
DEI NOMI E DELLE COSE.
1057
VESPASIA
VETERA
VIENNA
dei Sequani, occupata da Cesare, III,
4(2, 447; disfatta da Giulio Vin-
dice. IV, 424.
Vespasia Polla, madre di Vespasiano,
IV, 4-,l.
Vespasiano (Tito Flavio), tiene fedele
la Giudea a Ottone, IV, 442 ; sua
nascita, 454; sua irioventii, 454;
imprese in Germania e in Bri-
tannia, 454; sua indole, 4.55; è
mandato a reprimi-re la solk-va-
zione dei Giudei. 1''.. r,7-r.^; r
sottomette quasi
459; manda TitM ■<;
4fi0; ftitto imperali: i i -o. n,
462; tiene adun.-xnza a 1; 'ntrj, li;:;:
apparecchi di armi, 4i;;i . va in E:,'it-
to, 464 ; e rivestito dal Senato .lel-
l'autorità imperiale, 473 : i.'.jv,riia
dall'Egitto, 4S0; fa ricacciare oltre
il Danubio i Sarmati , 4.S0 ; riceve
un'ambasciata dal re dei Parti, 480 ;
dicerie dei miracoli fatti per ac-
quistar.si autorità, 480 ; invia grano
a Roma, 480 ; manda Tito a espu-
gnare Gerusalemme, 480; va a
Rodi, in Grecia e a Corcira, 488 ;
accoglienze fattegli a Brindisi ,
488-489 ; a Roma è salutato Sal-
vatore, 489 ; accoglie festevolmente
Tito , vincitore iji Gerusalemme ,
e Io fa suo compagno in tutti
gli uffici, 489; trionfa con lui della
Giudea, 489-492 ; riordina lo Stato,
492-494; ristora le finanze, 4!'4-
495 ; ricompensa i veterani , 495 ;
nuove industrie per empire l'era-
rio, 493-497; spese in opere utili
al pubblico, 497; contribuisce
alla riedificazione del Campi JoetIìo,
497-498 ; e dei templi, 498-501; ri-
f jrmatore dei costumi , 503 ; lodi
di clemenza , 504 ; persecuzione ai
filosofi, .504; fa uccidere Giulio
.•Sabino ed Eponina. .".01-5 Ì5; cjn-
giura contro di lui.
.".06; .sue qualità,
zatogli daDomizi >
motore de;,'li stmli -' . t_ i
Vesta, Dea, T, 89-90, 07; .aik.rat.i dai
Pelassi , 384 ; suo culto a Roma ,
73J-735, 742; tempio , 588 , 73 1 ,
incendiato, U, 301, IV,
rappresentata da una
pura fiamma, I, 748 ; Augusto ri-
mette in onore il suo culto, IV, 33.
Vestali, istituite da Numa, I, .583 ;
aumentate di numero da Tarquinio
Prisco, 600; tutte le tribù romane
vi sono rappresentate, 735; du-
rante r invasione dei Galli sì ri-
fugiano a Cere, 892 ; punite per
aver mancato ai loro voti, II, 362 ;
Augusto vi ammette con legge le
figlie dei liberti, IV, 34 ; punite da
Domiziano, 521, 522.
Vesti degli Etruschi, 1,499-501, 515;
a Roma, 693; vesti dì Coo, IV, 206 ;
dei Persi e dei Seri, 207.
Vestini , discesi dagli Osci, I, 217 ;
loro sedi, 242-244, 250-251 ; si uni-
scono ai Sanniti contro Roma , e
Sem vinti, II, 58; fedeli a Roma
dopo la sconfitta di Canne, 363;
alla battaglia di Pidna, 479 ; fanno
parte della lega italica. III , 171 ;
sottomessi, 190; parte di una re-
gione d'italia, IV, 42.
\ esulo {Miiiiriso), monte delle Alpi,
IV. '.II-,.
\eMivii), suoi antichissimi incendi!,
I, J?.. battaglia dei Romani contro
i Latini, 11, 46-47; occupato dai
gladiatori rivoltati con Spartaco,
HI, 306; incendio sotto l'impero di
Tito, IV, 510-513.
43S;
Velerà. — Vedi Castra Velerà.
Veterc, padre di PoUuzia, si svena,
IV, 411-412.
Veterinarii, IV, 737.
Vetilio (Caio), pretore, vinto e ucciso
da Viriate, II, 528.
Vetro, lavori etruschi, I, 432-434 ; ve-
tro portato a Roma dalle navi di
Egitto, IV., 206.
Vettona {Bettona), città degli l'nibri,
I, 65.
Vettoni , in Lusitania, si tniiscono
agli altri Lusitani, contro i Ro-
mani, II, 5-26.
Vetiilonia, una delle città principali
di Ftniria, I, 123; figurata in un
bassorilievo, 123; si ignora il luogo
ove sorse, 161, 173. -
Veturia, madre di Conciano, I, 792.
Veturio Calvino (T.) , console (133),
sconfitto alle Forche Caudine, II,
60-62.
Vezii , famiglia etrusca dì Chiusi , I,
484.
Vezio (L.), strumento di Cesare, ar-
restato e ucciso. III, 410.
Vezio Cerrinio Felice (Aulo), chiesto
edile a Pompei, IV, 45.
Vezio Minucio (Tito) , cavaliere , si
mette alla testa deg:Ii schiavi in
Campania, e, preso, si uccide , ni ,
137.
Vezio Scatone , marsico , duce degli
Italici rivoltati , IH , 175 ; vince
P. Rutilio Lupo sul Liri , 182 ; im-
pedito di recarsi in Etruria si rac-
cogUe sotto Ascoli, 187 ; sue trat-
tative coi nemici, 187 ; fe sconfitto,
e caduto prigione è ucciso da un
servo, 187-lSS.
Vezio Valente , medico alla corte di
Claudio, IV, 364.
Via Annia, IV, 66.
Via nella Valle d'Aosta, IV. 91-92.
Via .Vppia, costruita dal censore Ap-
]'. ■ ' ■"'• ''.■■ ' I I. sei, li, 287-
i :ii da C. Gracco,
Il i ^ ■ ' dai pirati, 331;
■1' 0 <li l'in '., IV, 100; monu-
mento dì .M. Messala Corvino, 173 ;
pittura figurante un architetto,
190 ; villa di Seneca, 408 : restauri
iiitti alla via da Vespasiano, 499 ;
e da Domiziano, 520 , selciata da
Traiano , 607 ; nuovo tronco di essa
fatto da lui, 607-609; restaurata
da -Adriano, 637 ; ruderi della villa
dei Quintini , 773 , 777 ; epigrafe
dell'uomo misericordioso, 861 ; se-
polcro di Persio, 887.
A'ia Aquilia, I. 304.
Via Augusta, IV, 66.
Via Aurelia, I, 160, II, 2S9, IV, 438.
Via Cassia, IV, 607; restaurata in
parte da Adriano, 636.
Via Claudia o Clodia, IV, 607, 733.
Via Collatina, IV, 28.
Via da Colonia a Nìniega, costruita
da Traiano, IV, 555.
Via Domizia, HI, 97.
Via Domizìana, IV, 520.
Via Egnazia, IV, 68.
Via Emilia, IV, 66.
Via Flaminia, II, 289-290, IV, 66, 163,
164, 345, 471, 734.
Via Giulia, rifatta da Adriano, IV,
636.
Via Giulia Augusta, IV, 66, 95.
Via Labicana, IV, a5S.
Via Latina , Il , 288 ; restaurata da
Domiziano, IV, 520.
Via lungo il Mar Rosso, costruita da
Adriano, IV, 666.
Via di Pelusio, IV, 666.
Via dal Ponto Bussino alle Gallie,
costruita da Traiano, IV, 610.
Via Prenestina, rv, 358, 705.
Via Sacra, II, 625, UI, 94, IV, 192,
515, 677, 705. ,
Via Salaria, lì, 2^8, IV, 471, 609.
Via Scellerata, I, 608-609.
Via Scironia, IV, 6.57.
Via Traiana lungo il Danubio, dise-
gnata da Tiberio , IV , .568 ; ese-
guita da Traiano , 568 ; epigrafe
che la ricorda, 56S-570.
Via Traiana Freiitana, IV, 607.
Via Traiana pei Salcntinì e Bruzii ,
IV, 607.
Via nova Traiana , da Benevento a
Brundusio, IV, 607.
Via Traiana, imovo tronco dell' Appia,
IV, 607-609.
Via Valeria, II, 289; restaurata e
prolungata da Claudio, IV, 360.
Viaggio all'altro mondo, figurato nei
sepolcri etruschi, I, 513-514.
Vibino 0 Ibonio {Bovino), nella Dau-
nia, I, 356 ; campo di Ainiibale, II,
350.
Vibio Norbano (C.) , tribuno , accusa
Q. Servilio Cepione, III, 146 ; ac-
cusato di sedizione, è assoluto, 146 ;
difeso dall'oratore M. Antonio, 708.
ole, HI, 5;>2,
Fòro dei Galli,
muore, 597 ; sospetto che Ottavio
gli facesse avvelenare la ferita,
601-602.
Vibio Sereno, accusato dal figlio, è
esiliato, IV, 280.
Vibio Virrio, senatore di Capua, per
non cadere in mano dei Romani,
si avvelena con altri senatori, li,
_ 390.
Vlbona Valenzia. — Vedi Ipponio.
Vicenza, credut.a dì origine gallica,
I, 883; parteggia per Vespasiano,
IV, 461.
Vici, suddivisioni delle regioni di
Roma, IV, 26.
Vici o Vichi di .^rimino, con nomi
romani, IV, 794.
Vico (Giovanni Battista), crea la filo-
sofia della storia, I, 651-652; la
applica alla storia romana, 652-
653; che è il riepilogo di tutte le
storie , 654 ; 1' origine di Roma ,
654-655; e la conquista dei diritti
civili e politici, 655-657 ; monu-
mento erettogli a Napoli nel 1861 ,
658 ; le sue idee tradotte in poesia
dal Ballanche, 060.
Vico Tosco a Roma {Via dei Fenili),
I, 091; statua di Vertunno , 744;
stanza di beccai , fornai e vendi-
tori al minuto, II, 625; detto an-
Vico Unguentario. — Vedi Vico Tosco.
Victovali, popoli Sciti, assaltan l'Im-
pero, IV, 731.
Vicus Augusti {Aovste), nella Gallia
Narbonese, IV, 55.
ViCì'.i pntricinx. a Roma, I, 605.
Vidvriioii , nmlta pagata dalle ve-
dove, IV, 38.
Vie, migliorate da C. Gracco, HI, 73;
risarcite e costruite da Augusto,
in Italia, IV, 64-67 ; nel resto del-
l' Impero romano, 67-70 ; fatte da
Adriano nelle Spagne e in Affrica,
055 ; estese per tutto l' Impero, 731 .
Vie consolari, IV, 67.
Vie d' Italia, ai tempi di Traiano, IV.
007.
Vie munite, IV, 04-05.
Vie in Spagna, IV, 653.
Vie Traiane, piccoli rami delle vie
('lodia e Ciissia. IV, mi.
Vienna, c.ittJi degli Allobrogi nella
Gallia Xarbonese. IV, 53, 68 ; tem-
Vannucci — Storia dell' Italia antica — IV.
13:?
1058
INDICE
VIGILI
VIPSTANO
pio in oiioiv di Aufrusio i- Ji Livia,
72-73; sulla via dalle Alpi Graie a
Lugduno. 01 ; accoglie Valente, 441.
Vigili o guardie notturne, IV, 27;
loro stiuioni, 27.
Villa Pubblica, IH, 260, 261.
^"illanova, presso Bologna, neci'opoli
etnis'-a. s'-npeiia e ill.istrata da
■VUli'iMi- in Vr:l <i A'^t i. ricordo di
S.i.-er<I..ti Au-«st.ili. IV, 91.
Ville romane, loro ma;;niiicenza, III,
13, IV, 819.
Villio (C), seguace dei Gracchi, fatto
morire in un vaso ripieno di vi-
pere, III, .">R.
Vilumbria, nome dei luoghi occupati
dagli l'iiiliri sul mare Adriaticoi
1, 65
^■inlinacio (Koslolatz), fortezza ro-
mana nella Mesia Superiore . IV .
.570, 571.
Viminale, colle, I, .■:G7, 603, IV, 27,
■100.
Vindalio (Vedi;>i''s), città della Gallia
Narboiiese, vi sono sconfitti gli
AUobrogi. Ili, 03.
Viiidelici, loro sedi, IV, 03; vinti da
Druso e Tiberio, 03-01.
Vindelicia (parte della Sì-i::.rr(t . del
ìladen, del YCtrtenbern , della Uti-
rifra e del Tiralo), IV. 242.
Vindicio, schiavo, denunzia la con-
;;iiira a favcirediTarquinio il Su-.
perbo, I, 621.
V indobona (Vienna iiAvst>'in), nella
Pannonia Superiore. IV, .")70, 752.
Vindolana(C/i''«t<'i-/io^/'), stazione del
Vallo di Adriano in IJritannia, IV,
HM.
vir„)An.«cM ( ■\\'/i"'/><-;i nel Cniìtone
,ii 1 . 1 <ittà degli Elvezii ,
\ ;• Kiano nelle iscri-
20:..
1, IV, 201-2
Vinio Rufino (Tito), anntinzia a Gal-
ba che è eletto all' impero , IV ,
431 ; suo governo sotto Galba, 432 ;
favorisce l'adozione di Ottone, 43' ;
ucciso, 439.
Vipsania, ripudiata da Tiberio, H',
215.
Vipsanio .Agrippa (Marco), confu-ta
Ottavio a fir vendetta .li Cesare.
lU, 583, 6.53: e lo aiuta nella
guerra contro Lucio Antonio, 637-
639 ; assetila Fulginio, 639 ; toglie
l'esercito a Plance, 641 ; pacifica
l'Aquitania, 653; grandi apparecchi
navali contro .Sesto Pompeo, 653;
va in Si.Mli=i cnt.-,, .li loi. <r,J :
657; prende Messina, r>7t^\ all'.-is-
sedio di Metulo , 667 ; abbcllis.-e
Koma, 669 ; in guerra cuntru An-
tonio, 675; sbarca neiri:]>iro, (•.7".,
vincitore a CoriiU", l'i. pin'l-
Lcucade, 676; mh
taglia di Azzio,<;7T- : , i
a sedare i tuniuln Hn ... i. j ani
i>79; cousiu'lia AuguMo.h iistiiuirc
la Repubblica, IV, 9-11; collega
d'Augusto nel consolato e nella
censura, 16; lo fa proclamare
principe del senato, l'j ; Augusto
fa mostra di lasciargli la potestà
suprema, 21 ; soprintende agli ar-
qiiidotti, 28; conduce incitili l'A.--
qua Vergine, 28 ; comincia la carta
del mondo romano, 50 ; suo acque-
•lotto a Niraes, 57: grandi strade
.la lui costi-uite, 68; sue vittorie
nelle Gallie, 85; viji.;e i Cautabri,
!<6-S7 ; e i Pannoni e i Dalmati, OS;
monumenti da lui inalzati, 195-100:
torna a Roma dopo la morte di
Marcello, 214 ; Sposa Giulia, figlia
d' .\Hgusto , 214; sua morte, 214.
Vipstano Messala, tribuno della le-
gione Claudiana, sua descrizione
delle stragi di Ciemona, IV, 920.
Virbio, Dio di -Vricia, I, 381.
Vir:;\lin Marone (P.) , notizie fisi-
l'-lip di K Tn-i r .1-! T-17' . i!a Ini
,,. . . ^ , . ! -y.,, .. ,,,,1 ,1^,_
scita, IV, 117; sludi, 117; spo-
gliato dei beni paterni e poi ri-
storato, 118; la Bvcolicn , 118-
120; la <Tm,-./.V-.. . 12(>-1'.'2. 708;
lodi ai siii.i pr ,1 .,; . Ij:;. V E-
.lei'l.e. 12:;-1 : i i , ; ;t'i po-
litico, 121. i ' a \ii-gi-
liana, 12V1J ; ,.■ ',f .t,-,liche
nelVKnffi'/e. 12';-1-,'S ; pli .tuì ita-
lici, Roma, Enea e Augusto, 128 ;
Knea e Turno, 128: stile e affetti,
120-130; SUI morte a Hriiulisi ,
l.'W; -I.. ■., Il ,1, r , :, X:n, ,Ii . 131 ;
I.ei- iiiag.., 1.;;. iHil.lj!,, ,,/.i„iie del-
l'Kiieide, 152; Caligola tenta di
distruggerne le opere, 865
Virginia, è, uccisa dal padre, I, 8:58-
839, IV, 168-169.
Virginio, tribuno, Jiccusa Cesone di
lesa repubblica, I,
Virginio (Lucio), ritorna dal campo
per salvare la figlia Virginia, I,
8,38; la uccide, e fa sollevare i
soldati contro i decemvi
eletto tribuno, 840.
Virginio Flavo, maestro di eloqueitza,
esiliato da Nerone, IV, 411.
Virginio o Verginio Ruf > (L.) , capo
delle legioni in Germania . suo
.ibboccamento con Giulio Vindice a
Vesonzio, IV, 424 ; gridato impera-
tore, ricusa, 424; (ialba lo toglie
dall'esercito di Germania, 431 ; ri-
fiuta di nuovo r impero offertogli
lini ^.i|ri:iti . (l'I: console sotto
\ M- I II ne recita l'e-
Viri.UM :.. Il- .1 - ìi.lettaealiberfà
i l,u,.i.uii, MM iiiilole e virtù, 11,
.">2(i-52S; vince più duci romani,
.■■)28 ; frenato da Q. Paljio Massimo
Kmiliano, chiama a guerra i Cel-
tiberi, 528; vince Serviliano e fa
p.ace con lui, 520; i Romani rom-
pono la pace e lo fanno uccidere
a tradimento, .529-.531.
\iridi>maro, re dei Galli , ucciso da
M. Claudio Marcello, li, 254.
\iriplaca. Dea, suo tempio a Roma,
II. 303.
\ ,, |, . - \. li dunre e Virlu
\,s,l,i'.' 1 I l'.'i l>i-uidi. 111, 42.'-..
\isni, ! I, . ' ; iiiuii),miracolo di
iliii !, . i : |i. .icll'archeologia
:<\ > |. .. I. ..:.-)-677.
Vis.iitii.m (/,.... ..-'/), nel territorio di
ll'iUi'Ha. rovine etrusche, I. l-'iO.
Visidiano, Dio protettore di Nanni,
l, 381.
Visurgi { Wesnr) , fiume in Germa-
nia, IV, -100, 221, 248, 249.
Vii" iniinitabitr (la) di Cleopalr.i e
■A Antonio, III, 634, 680.
Vitalia, nome dato dapprima all'estr.?-
mità meridignale d' Italia, I, m.
Vitellia , città degli Equi , 1 , 220 ;
presa da Coriolano, 791 ; colonia ,
Vitellii, congiurano a favore di Tar-
quinio il Superbo. I, 621.
Vitellio (A, il ,V IO :. I Ilo ,!■! '-. ,11. a al
IV,
dallo
itOP
giovi-ula e >uo imi. .le, -I-IO; tenta
accordi cuu Ollone, 442; morto
Ottone muove alla volta di Roma,
451 ; rapine , orgie , voracità e
immanità. 451-452; suo gover-
no , 453-4"4 ; ordina di opporsi
ai Plaviani, 465; sue paure alla
notizie della disfatta di Cremona.
468: va a camp.> uell" Prabria, 46,S-
460; ^ii 1 ,101 ^|.:/i per lasi-iar
riiii|. ■ r ' salvare Flavio
Sabio 1 ' I I 1 invano di ftig-
gire, 1. 1 - li 1 ir , .ai ucciso, 472-
473.
Vitellio (Lucio) , padre dell' impeia-
tore Vitellio, conduce le legioni
sull'Eufrate, IV, 312; valente .uo-
vernatore di Siria, 361; scoiu-io
adulatore di Caligola e di Messa-
lina, 3S1 ; induce Claudio a .«po-
sare la nipote .\grippina, 366.
Vitellio (Lucio), fratello dell' iinp.'-
ratore, sua ferocia, IV, 453, 4.!S;
mandato a frenar la Campania .
460; si dà in mano ai Flaviaui ed
è spento. 473.
Vitellio (Publio), prefetto del fesor.. ,
complice di Sciano, IV, 301,
Vitruvio Pollione, architetto, suoi
precetti d'architettura, IV, 180-191.
Vittime umane. — Vedi Sacriflzii.
Vittoria, Dea, suo tempio, II, 204, I\ ,
498, 709; Vittoria d'oro donata
da Gerone di Siracusa e posta sul
Campidoglio, II, 355; statua tra-
sferita da Taranto a Roma, IV,
12; statua di Brescia, .501-502:
Vittoria Augusta nel Vallo di
Adriano, 652, 653; Vittoria Dacica
nella Colonna Traiana, 503.
Vocezio [Bopzberff), monte di Elvezia,
IV, 441.
Vocouio , legato di Lucullo nella
guerra contro Mitridate, III, 339.
Voconzii [Delfi liuto), nella Gallia Nar-
boiiese, vinti dai Romani, III, 91-
92; federati di Roma, 95, IV, .52.
Volcazio Sedigito, scrittore di versi
, sui poeti, III, 793.
I Volci Arecomici (Bassa Lino m adora).
I contrastano invano ad Annibale
I il passai: -i.i del Rodano, II, 335;
I fanno parte della Provincia Nar-
: bonesc. 111, 0.-, ; pr.jscritti da Poin-
1 peo Magn.i. 20(;.
' Volci Tectosa^i i 1'. ' / .. ,. ..'..o '.,
alleati di Hon: m '■ r
prigioniero il i ano
Tolosa, 123; n .1 -ola, ijs
[ Volnio, etrusco, scntlore (il Ua:;T.lir,
I, 462.
Vologese I, re dei Parti, invadi' l'.Vi-
i mènia, IV, 308; fc cacciato .• si
sottomette, 309.
I Vologese II, re pacìfico, frena gli
s.tegni dei Parti contro Roma, IV,
I 727.
I Vologese IH. re dei Parti, muove con-
j tro l'Armenia e vince il legato Se-
verianu, IV, 727-728; sconfitto da
I Avidio Cassio, 731.
Volsci, assoggettati dagli Etruschi,
I, 128, dis.:csi dagli Osci, 217:
sedi, 231-241 ; prodezza e potenza.
241: loro
canaloni militari , 464
DEI NOMI E DELLE COSE.
1050
VOLSINIESI
VOLUSIO
ZINZALUSA
fanno parte de
.•?a lafii
3 pa
vinti da Anco >!->
Tarquinio il ^i:]i ■ -i ' : -
cogli Equi, 77: im-
mani , 773, 777-7 :-: - -
831, 866-S67, S7-, Il i: . M:r; .\-,
Cammino e da Cornelio Ci.sscp, l.'J-
1-1; non (anno più resistenza a
Roma, 36 ; entrano nella lega la-
tina contro i Sanniti, 41; il loro
paese e sottomesso dai Romani, 5i.
ilsiniesi, battuti dai Romani, I, 14tì,
149.
)lsinio [Bolsetìo), ima delle princi-
pali città di Kliui li , I. 1?;: -u '
splendore e e: i.iMti II"-!'/' ■ :lr
alla Dea Nor/ii i > :
Voltumna, 87(i m _ ■ i i ' n 1: -
ma, 880; spo-lii 1 . .ìi-m ,;: i il.a
Romani,
Mu
Rii
Volta, inventata dauii Ktru-clii, I. llC.
Volterra, una delli- citta piiiiciiiali
di Etruria, I, 12:1, 1X5; rc.vine e
monumenti , 155-157 ; porta del-
l' Arco, 15S, 416, 417; nuove sco-
perte, 173; fortificazioni, 170; tom-
be, 4;9; combattuta da L. Cornelio
Scipione , II, 79 ; dà socroi si per
la guerra di Affrica, 410; asse-
diata da Siila, dopo due anni si
arrende. III, 263 ; patria di Persio
poeta satirico, IV, 886
Voltumna, Dea di Volsinio, I, 381;
tempio, I, 870, II, 12.
Volturno, Dio, I, 381.
Volturno, fiume nel Sanuio e in Cam-
pania, I, 268; vittoria di Siila su
Norbano, III, 232.
Volturno {Castelvolturno), città fon-
data dagli Etruschi, I, 269; colo-
nia romana, II, 267 , 427 ; colonia
raiUtare, IV, 43.
Volturno. — Vedi Capua.
Volunnia , madre di Coriolano , I ,
792.
Volunnio (P.) , si rifiuta di aiutare
Bruto ad uccidersi, III, 628.
Volunnio Fiamma L., console, vince
in Etruria con Appio Claudio, li,
80; in qualità di proconsole va
nel Sannio, 80-81 , probabilmente
prese parte alla battaglia di Seu-
tino, 82.
^■olusio, poetastro , ricoj'dato da Ca-
tullo, III, 792.
.liisioMeciano {!>.), maestro di di-
riih, n Maiv,, Aurelio, IV, 700.
:. imi il, -li Adriani. Pretu-
1,1 • I' III, .usi. I, 225, 227, 228.
1 arti, è cacciato dal
tinnì. l\ , ,',",><; fatto re dagli
-\rmuni, 2.5S; custodito con l>om-
pa regia dal governatore di Siria,
258 ; i Parti chiedono che sia cac-
ciato di Siria, 262; e confinato a
Pompeiopoli, 262 ; e ucciso per amo-
re dei suoi tesori, 262, 313.
ilcanale, tempio e area sacra a
Vide ano a Roma presso il Comi-
ci ■ I, i;20.
ni I tinti in Italia, I, 24-34.
adorato a Perugia e a Po-
in,! „i,i. I, 389; portato a Roma
I ulcano
(isole di) , isole del Mar
'lirreno, dette anche Eolie in an-
tico, e of,'gi isole di Lipari, II, 341.
Vulceio o Volceio (presso Buccino)^
nella Lucania, I, 294; iscrizione
ad Antonino Pio, IV, 716.
Vulcenti, vinti dai Romani, I, 140,
149.
Vulci, una delle città principali di
Etruria, I, 123, 133; figurata in
un basso rilievo, 123, 133; rovine
e scoperte mirabili, 146-148 ; vasi,
M9; nuove scoperte, 173, 394;
sepolcro con aspetto di tempio ,
423 ; necropoli, 429 ; colonia greca
di fabbricanti di vasi, 447 ; tomba
.■ ;!■ [ili'iii'i di Cele Vibenna e
\' I • Ile fazioni etrusche,
11. Il ; I Ita sottomessa dai
Vulua'.'i..'.. \".jlnu-c;o (T.).Crotoniate,
arrestato cogli ambasciatori Allo-
brogi , III , 381 ; assicurato della
impunità rivela la congiura di
Catilina, 381-38.'.
Vulture (monte), vulcano spento, sui
confini della Apulia e della Luca-
nia, I, 27-28, 295.
w
Vi'achsHiuth , sue opnuoni sulle ori-
■j\m italiche, I, 195-196.
Wm1;uisUì (Taddeo), crede i primitivi
ii.aliaiii di origine slava, I, 201.
Xaido (rovine presso il villaggio di
Knonih), citta capitale della Licia,
resiste a Bruto ed è incendiata ,
III, 021.
/aleuco, legisl.itore di Locri, I, 313.
.114 ; II, 1.34-137 ; le sue leggi pa-
raffonato con quelle di Caronda ,
II, 137-l:«, 140.
Zaiiia {Jannt), città di Numidia, .as-
sediata dai Romani è liberata da
(iiugurta, UI, 111 ; premiata e ono-
l'ata da Cesare perché avversa ai ■
Repubblicani, 526 ; colonia di A-
driano, IV, 655.
Zama (campi di), Annibale vi è vinto
da Scipione, IL 421.
Zancle. — Vedi Messina.
Zara, II, 541.
Zefirio (Capo Bruzzanó), promonto-
rio nella Magna Grecia, I, 312.
Zela, nel Ponto, vittoria di Mitridate,
III, 342; vittoria di Cesare sopra
Farnace, annunziata colle parola :
i-itU,
513.
Zelanti , cosi chiamati i Giudei più
caldi amatori dell' indipendenza
nazionale, IV, 456 ; fanno macello
dei loro avversarli e giurano di
non cedere ai Romani, 480-481.
Z,.nol,in . Movcrn.ntorc di Mitridate,
il.Ti-.i 'III |-'!--i , I r.'rlt ii'i ciutru
Ai'ri;,. IV, -103.
Zenodoto, greco, nel censimento d'.\u-
gusto misura l'Oriente, IV, .50.
Zenone, tìgUo di Polemone re del
Ponto , "fatto re di Armenia col
nome di Artassia, IV, 261.
Zenone Eleate, dà leggi ad Elei, ed
è ucciso. II, 153, 134.
Zeus, Giove Pelasgico, I, 84-86, 90.
Zeusi, pittore, sua patria, I, 323-324.
Zinzalusa, caverna nel paese dei S.a-
lentini, I, 340.
AGGIUNTE E CORREZIONI
VOLUME PRmO.
Pagina
Linea
:m
7
65
24
136
13
152
8
232
3
237
2
239
ultima
256
6
»
8
262
10
278
15
334
nota («)
404
nota («)
539
1
580
5
638
nota (*)
044
5
684
16
778
14
779
10
780
8
814
nota C')
820
7
825
29
844
nota (^)
870
5
894
19
Yelleia
Arimino
Falisea
Cortona {Carilo)
Trero o Toleno o Telonio
Cassino
Sul porto . . . oniano
Saro
Alfedena
Plistia
Cossa
Braun. Tages und des
Hercules
COLONNA TROIANA
Curzio
Licinio INIacro
Giusto Lipsie
Pisone
Servilio
Marco Valerio
di un Sicinio Belluto e
(li un Giunio Bruto
Inhe
Quinzio
Minucio
Hermodori ephesii
(columna)
Mamerco Emilio
Un Fabio
rjiji: VftUeia, stazione preistorica, come
dimostrano i rozzi vasi, e altri
oggetti ivi trovati. (Pigorini,
Oggetti preistorici dei Liguri
Yeieiali, Parma 1874).
» Arimino, Urbino.
Falisca, Falerii.
Cortona detta anche Corito.
Trero o Tolero.
Casino.
Sul porto Neroniano.
Sai'o 0 Sagro.
Alfìdena.
Plistia 0 Plistica,
Cosa 0 Cossa.
Plinio (III, 16, 4) chiama lapigio il
promontorio Salentino che
oggi è il Capo di Letica.
Braun , Tuges und Werhe des
Hercules, ecc.
COLONIA TROIANA.
Metto 0 Mezio Curzio.
C. Licinio Macro.
Giusto Lipsio (Rubens).
L. Calpurnio Pisone Frugi.
P. Servilio.
Manio Valerio Massimo.
di L. Sicinio Belluto e di L. Giu-
nio Bruto.
Ihne.
T. Quinzio Capitolino Barbato.
L. INIinucio Esquilino Augurino.
Hermodori Ephexii (statua).
Kmilio Mamerco.
C. Fabio Dorsoue.
Pagina
Linea
34
23
37
5
56
23 1
57
21 (
VOLUME SECONDO.
Plauzio
Marco Rutilio
Lucio Cornelio
leggi: C. Plauzio Proculo.
» C. Marcio Rutilo.
» Lucio Cornelio Lentulo.
AGGIUNTE E CORREZIONI.
1061
Pagina
Linea
24
Vetui'io e Postumio
ler/gi
60
T. Vetui'io Calvino e Spurio Po-
stumio Albino.
67
7
Plistia . . . (lei Marsi
»
Plistia . . . dei Caudini.
»
nota («)
Delecta
»
Delela.
08
'■•
Sulpicio e Petelio
^'
e. Sulpicio Longo e M. Petelio
Libone.
74
33
un Decio
»
M. Decio Mure , figlio dell' eroe
del Vesuvio.
82
15
sacerdote Livio
»
pontefice M. Livio Dentre.
HO
3
Eubea
^^
Eubea, divenuta poscia per opera
di Gelone una fortezza di Si-
racusa (Strabene, VI, 2, X, 1).
150
21
Crotonati
»
Crotoniati.
207
IO
dicesse
»
dolesse.
208
26
Elori
>>
Eloro.
215
2
Cornelio Scipione
»
Gneo Cornelio Scipione Asina.
235
17
Caio Lutazio
»
Caio Lutazio Catulo.
230
29
Lutazio
»
Q. Lutazio Cercone.
248
9
fiume Lisso {Alessio)
»
città di Lisso {Alessio o Leseli)
alle foci del fiume Drilo(D/-in).
278
26
L. Cornelio Scipione
»
P. Cornelio Scipione Barbato.
280
0
da un Valerio
»
da M. Valerio Corvo.
286
29
Sempronio
»
P. Sempronio.
288
11
Salara
»
Salaria.
289
8
Valerio
»
M. Valerio Massimo.
295
14
dall' Epiro
»
da Epidauro.
304
II
Lucio Postumio
»
Lucio Postumio Megello.
340
34
Tiberio Sempronio
Tiberio Sempronio Longo.
359
10
Postumio
»
L. Postumio Albino.
366
12
Nuceria, Alfaterna
»
Nuceria Alfaterna.
373
6
Valerio Levino
»
M. Valerio Levino. Cosi a pag. 385,
linea 25.
387
6
Gneo Fulvio
■0
Gneo Fulvio Fiacco.
398
12
Porzio
»
Porcio Licino. Cosi a p. 400, lin.25.
431
18
Madedonia
»
Macedonia.
435
2
Gonfi
»
Gomfi.
»
5
Caristio
»
Caristo.
453
6
Eritrea
»
Eritre.
458
16
Minucio
»
<^. Minucio Termo.
470
8
IVIarcio Filippo
»
Q. Marcio Filippo.
478
31
Fabio Massimo
>>
Q. Fabio Massimo Emiliano.
480
11
Licinio Crasso
>>
Caio Licinio Crasso.
492
23
Caio Popilio
»
Caio Popillio Lenate.
497
34
Leucoperta
»
Leucopetra.
502
5
70 città
»
.')0 città.
509
2
Lucio ?vIancino
»
Lucio Ostilio Mancino. Cosi a pa-
gina 510, linea 17.
539
• 16
Perea
»
la Perea.
541
11
Antibo
>,
Antipoli {Antibo).
552
II
Licinio
»
P. Licinio Crasso.
555
4
Popilio
»
M. Popillio Lenate.
590
21
T. Sempronio Rutilo
»
Ti. Sempronio Rutilo.
601
20
Malie
>.
Mallo.
1062
AGGIUNTE E CORREZIONI.
VOLUME TERZO.
Pagina^
Linea
44
31
vincitore con essi a leg
Lucerla
gi :
vincitore con essi presso a Be-
nevento.
50
32
"Sì. Flavio Fiacco
V.
Flavio Fiacco.
58
2
Popilio
»
Popillio. Cosi a pag. 72. Un. 3 e 5,
pag.80.1in.4epag.5o6,lm.30.
02
29
Fulvio
)■•
]Marco Fulvio Fiacco.
84
4
Papiro
^>
Papirio.
104
9
Scipione
Scipione Emiliano.
123
4
Popilio
»
Popillio Lenate. Cosi a paa-. 558.
linea 8.
»
8
Tectosagi
>^
Volci Tectosagi.
127
12 •
in durò
indurò.
154
9
principe del se, Qneato
Mucio Scevola,
principe del senato e Q. Mucio
Scevola.
163
21
quan donj
>•>
quando fu.
178
14
M. Licinio Crasso
P. Licinio Crasso.
179
21 e 25
Rutilio
L. Rutilio Lupo.
183
27
la pongono sul Toleno
{Sacco)
la pongono sul Toleno, detto con
falsa lezione anche Telonio o
Telone, identificato col Tu-
rano, piccolo fiume che si
scarica nel Velino, non lungi
da Rieti , e non ha che l^ar
nulla col Liri. L'opinione più
probabile è che il fatto acca-
desse sulle rive del Tolero
(Sacco), il quale ecc.
251
14
Caio Norbano
V>
C. Giunio? Norbano.
2.V2
B
Lucio Ortensio
»
Q. Ortensio Ortalo.
257
0
LucuUo
>.
M. Lucullo.
263
7
Roselo
»
Sesto Roselo Amerino.
319
10
rubò 40 milioni di se-
sterzi, 11,250,000 lire
f
rubò 40 milioni di sesterzi .
8,183,333 lire.
354
24
400 mila sesterzi ( 107,560
li.e)
da più parte
>'
iOO mila sesterzi (81.333 lire).
441
32
,>
da più parti.
489
0
Gneo Domizio Enobarbo
»
Lucio Domizio Enobarbo.
506
31
L. Cornelio Lentulo
>^
P. Cornelio Lentulo.
031
4
Clodio
»
C. Clodio.
007
22
Messala
>.
AI. N'alerio Glossala Corvino.
078
12
Tenario
Tenaro.
093
20
M. Emilio Lepido
»
M. b^milio Lepido Porcina.
703
2
]\L Valerio INIessala
M. Valerio I\I('ssala Corvino.
739
27 fr28
Rutilio Rufo . . . Sei-
vio Sulpicio
>»
P. Rutilio Rufo . . . Servio Sul-
picio Rufo.
745
9
L. Taruzio da Fermo
L. Taruzio Firmano (da Fermo).
»
nota 2
Sollistimun
Sollistimum.
764
5
Fabio Massimo Serviliano
Q. Fabio Massimo Serviliano.
767
7
L. Licinio Macro
»
C. Licinio INIacro.
770
27
un Sulpicio
»
Sulpicio l^lito.
AGGIUNTE K CORREZIONI
1063
gin a
Linea
70U
li
(_'. iAIemuiio
>>
i:5
l'orcio Licinio
791
'.)
L. Cesare Strabonc
807
7
Giulia
leggi: G. ^Jemiiiio Geiuello.
» Porcio Liciuo.
» C. Giulio Cesare Strabene.
» Giulia Aurunculeia.
VOLUME UUAKTO.
Pagina
19
,s
43
5 9
00
2'J
61
5
68
9
»
19
89
17
108
7
130
9
Ilo
28
ir)3
nota (^)
173
7
•2-1-2.
is
•Zi-Ò
16
226
35
259
9
271
16
280
■2
369
4
»
penult.
378
15
381
oo
478
12
521
22
563
1 .)
570
12
...
18
615
7
636
16
637
8
657
16
Viòcunli, Icon. Rom., leggi.
-\!iuturno »
Seriae Fama lulia »
le due Mauritanie al- »
tre regioni
a Leida >^
Tauruno {Tzeruinlia) »
Terenzio ^'ar^onc Murena »
Plauto Rul'o
Cupennio
Luciani
Procolo
Va!ei-io Mcs?alino Colta
Carnunto (Altenbut-g)
Apollonia [Polino) e
Sirmio (Sirmich)
im Jahreg nach Chr.
eretico Silano
Ermonduri
Libone
L. Giunio Silano (Torquato)
Cesarea, e a Jol
già spento da lei
Giulia Silana
e Castra \'etera
legge Scantina
uscito dal consolalo
Prusia
(presso Allenburg)
L. Licino Sura
Enocliii
quattro consolala
a Lavinia
a lampoli nella Focide,
il tempio sacro ad
Apollo; e ad Abe
un portico chia-
mato Adrianeo
Mnngc:, Icon- K'jiiì.
]\linturna.
Seria Fama lulia.
le due Mauritanie e altre
•ei;ioui.
a Lugduno dei Datavi {Leida).
Tauruno {San litio).
Aulo Licinio ^lurena detto Teren-
zio Varrone Murena pei- causa
di adozione.
Plauzio Rufo.
Cupiennio.
Lanciani.
Proculo.
M.Valerio Aui'clioCottaMessalino.
Carnunto (picsso Haimhwg tra
Altenbuì-g e Petronell).
Apollonia {Palina) e Sirmio {Mi-
trovitz).
hn Jahre 9 nach Ch>'.
Giunio? eretico Silano.
Ermunduri.
L. Druso Libone.
L. Giunio Silano.
Cesarea già JoL
già spinto da lei ad uccidersi.
Giunia Silana.
a Castra Vetera.
legge Scantinia.
]iiii anni dopo il suo consolalo.
Prusa.
(presso Hahnhurg ecc. come sojìra
a pag. 222). Cosi a pag. 639.
linea 8 e pag. 756, linea 17.
L. Licinio Sura.
Enioclii.
(juattro giudici consolari.
a Lavinio.
ad Abe nella Focide, il tempio
saci'O ad Apollo; e a lampoli
un poi-tico chiamato Adrianeo.
1064
AGGIUNTE E CORREZIONI.
Pagina
Linea
710
29
nella pianura "■ Dea- leggi
derah
Aggiungi
nella pianura di Tentvra (Bende-
rah).
■ Vi è ricordo anche di un monu-
716
nota 3
mento dei Bergamaschi ad
Antonino : RespKblica Bergo-
ìnatiiim oplimo principi. Vedi
Finazzi, Le antiche lapidi di
Bergamo, pag. 63 , Bergamo
1873.
837
3-2
40O mila sesterzi leggi
• 400 volte centomila sesterzi , os-
sia 40 milioni di sesterzi, e-
quivalenti a 8,183,333 lire
italiane.
920
33
Budriaco »
Bedriaco. i
1010
Pagina Colonna
995
1002
INDICE DKI NOMI E DELLE COSE.
alla fine dell'articolo Dieo: Leucoporta, leggi: Leucopetra.
all'articolo Fabio Massimo Serviliano (Q.), aggiungi: della gente
Servilia , adottato in quella dei Fabii , console nel 612;
scrittore di Anìiali, III, 764.
alla linea 30: Leucoperta, leggi: Leucopetra.
FINE.
'f$
V
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A 000 728 871 5
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