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Full text of "Storia d'Italia"

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COLLEZIONE 

de' migliori 

AUTORI ITALIANI 

ANTICHI E MODERNI. 
VOL. XVII. 

FRANCESCO GUICCIARDINI. 

TOMO III. 







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2 •: 



PALLA STAMPERIA DI CRAPELET, 

RUI DB VAVOIRARDy n* qT 



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STORIA 

D'ITALIA 



DI 



FRANCESCO GUICCIARDINI, 

ALLA mOLIOK LBZIONE RIDOTTA 

DAI PKOFBSSQK GIOVANNI KOSINI; 

OON UNA PREFAZIONE 

DI CARLO BOTTA. 



TOMO TjERZO. 







PARIGI. 

PRESSO BAUDRY, LIBRERIA EUROPEA, 
g, IVI Bv coQ, ni» li loitvm. 

1837. 



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I , f 



STORIA 

D'ITALIA, 

DI 

FRANCESCO GUICCIARDiNL 
LIBRÒ OTTAVO. 



SOMMARIO. 

th questo Uhró si contiene la tiieèa di Camhtai; la guerra di 
• quasi tutti i ptincipi di cristianità contro i Veneziani; la rotta 
di , Ghiaradadda j: la perdita iti tutto V imperio di terraferma , 
disfecero i mfidesimi in questa guerra; V umiliamone degli 
stessi alV imperatore , dubitando di non perdere il resto ; il 
tacquisto di Padova , sotto Andrea Gritti; V ultima gUehn elei 
Fiorentim contra i Pisani; V acquisto di Pisa; la passata del 
, re di Frqnoia di^m dai monti ; la gufsrra del FriuU; la guerra 
di Padova fatta dall' imperq/ore Massimiliano ; i progressi di 
detta guerra; la morte del conte di PitigUario ; la guerra de* 
Veneziani contra i Ferraresi; la rotta dell'armata de' mede- 
simi alla Putisella ; e f assoluzione degli stessi dùH* inter- 
detto.: 

CAPITOLO PRIMO. 

Cagioni dello sdegno di papa GidUo contro i Veneziani. Congresso 
di Cambrai per far guerra ai medesimi. Lega tra l' imperatore ed il 
papa. Ambasciatori del congresso all' imperatole . H papa in dubbio 
d' entrare nella confedèrazio^. Stato infelice di Pisa. I i^e di Francia 
e di Spagna vendono ai Fiorentini la faccJtà d^ recuperarla.'! Ve^ 
Deziani si preparano alla difesa. 

JNoK erano tali le infeirmità dMtalia, né si poco inde* 
bollte le forze sue^ che si potessero curare con medi* 
III. .1 



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a LIBRO OTTAVO. 

cine leggieri; anzi, come spesso accade nei corpi 
ripieni di umori corrotti , che un rimedio, usato per 
provvedere al disordine di una part^ , ne genera dei 
più perniciosi e di maggior pericolo, cofiì la tregua 
fatta tra il re dei Romani e i Veneziani , partorì agi' 
Italiani in luogo di quella quiete e tranquillità , che 
molti doverne succedere sperato ayevaoo, calamità in- 
numerabili , e guerre molto più atroci e molto più 
sanguinose, chele passate. Perchè, sebbene in Italia 
fossero stati già quattordici anni di tante guerre e tante 
mutazioni, nondimeno, o essendosi spesso terminate 
le cose senza sangue , o le uccisioni state più tra i 
barbari medesimi, avevano patito meno i popoli, che i 
principi. Ma aprendosi in futuro la porta a nuove dis- 
cordie, seguitarono per tutta Italia, e contro agi' Ita- 
liani medesimi crudelissimi accidenti, infinite uccisioni , 
sacchi, ed eccidj di molte città e terre, licenza mili- 
tare non meno perniciosa agli amici che agi' inimici , 
violata la religione^ e conculcate le cose sacre con 
minore riverenza e rispetto , che le profane. La cagione 
di tanti mali, se tu la consideri generalmente, fu, come 
quasi sempre, * T ambizione e la cupidità dei princi{H; 
ma considerandola particolarmente , ebbero origine 
dalla temerità, e dal procedere troppo insolente del 
senato Veneziano; per il quale si rimossero le difBcul- 
tà, che insino allora avevano tenuta sospesi il re dei 
Romani e il re di Francia a coiivenirsi contro a loro ; 
r uno dei quali immoderatan^te esacerbato condus- 
sero in gravissima disperazione; l' altro nel tempo me- 

» L' ambizione dei pi:iuci|>i è U general cagione delle gqerre, e del maK, 
inaanmameiito «e vi è congiunta la impradenza , come ho detto di sopra , 
nel Ltt»* I , à'^ÌS^mm duca dì Calabria. 



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CAPITOLO FRIMO. -»- l5o8. 3 

d«$i»o cpucitarono in somn^a ìndegnauone, o ahneno 
gli dettero fucidtà di aprire, sotto apparente colore, 
qudL cbe lungamente aveva desiderato. Perchè Cesare 
fitimolato da tanta ignominia e danno ricevuto, e 
avendo in luogo di acquistare gli stati di altri perduto 
una parte dei suoi ereditarj , non era per lasciare in* 
dietro oosa alcuna per risarcire tanta in&mia e tanto 
danno. La quale disposizione accrebbero di nuovo, 
dopo la tr^;ua fatta, imprudentemente i Veneziani ; 
perchè non 4 astenendo da provocarlo non meno con 
le dimostrasioni i^ne, che eon gli efifetti, riceverono 
in Venezia con grandissima pompa, e quasi come 
trionfante' TAlviano. E il re di Francia, ancora che 
da principio desse speranza di ratificare la tregua fattat 
dimostrandosene poi alterato maravigliosamente, si 
lamentava che i Veneziani avessero presunto di nomi^ 
narlo e k»cluderk> come aderente; e che, avendo prov* 
veduèo al riposo proprio, avessero lasciato lui nelle 
moleistie dèlia guerra. 

Le xpiali disposizioni dell' animo dell' uno e ddl^altro 
ineomineiarono in breve spazio di tempo a manifestarsi* 
Perehè Cesare delle fiMrze proprie non. confidando , ne 
sperando più che per le ingiurie sue si risen^tissero i 
princìpi o i popoli di Germania, inclinava a utiirsi «(^ 
re di Francia contro * ai Veneziani^ come unico rime- 

' lì Cornaro, dice il Benito, e VAhiano, |àrono ricevati nel ritorno a 
onesta sai Bacentoro, ti cbe non si fii , le non ai prìncipi, e in octasione 
di gr^ndiasinif soleMnili • l««ta. Ali* Alviano fa cUmmUo Fordoaone; e* fa 
fatto no]bile Veneziano ; e il Cornaro'fece in casa sna molte feste ^ e t^noe 
«orie bandita. , 

* n Jlem^o agglagBe, die Cesare là ma^gionBente MtatQ coltro ì Ve- 
oeciaoi dal re di Francia, il qnale gH «uièosò q«el senato, cdie scopri Vk a 
Ini ••> segreti trattali di Cesare contro Fonor di esso re Lodovico. II Gius»' 
rnUuio dice , che it re nand^Ta a Mastdiniliano le lettere del Veaenani. 



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4 , LIBRO OTTAVd, 

dio a ricuperare l'onore e gli siati perduti; e il re, 
avendogli lo sdegno nuovo' rimiovàta la memoria delle 
offese , che si persuadeva avere ricevute da* loro nella 
gu^ra Napoletana, e stimolato dall'antica cupidità di 
Cremona, e delle altre terre possedute luogo t^i)gp 
dai duchi di Milano^ aveva la medesima indinazione. 
Perciò si cominciò a trattare Ira loro, per potere, ri- 
mosso r impedimento delle cose minori, attendere in-* 
siéiìie alle maggiori , di comporre le difFei*enze tra 1' ar- 
ciduca e il duca di Ghelderi, la salute del quale, per 
l'antica collegazione e comodi ricevuta, era lìiolto sti* 
mata dal re di Francia. 

^Stimolava similmente 1' animo -del re cóntro ai» Ve- 
neziani ner tempo medesimo il pontefice acceso poltre 
alle antiche cagioni , da nuove indegnazìoni. Perchè si 
persuadeva, che per opera loro i fuorusciti di Furlì, i 
quali SI riducevano a Faenza, avessero tentato d'ep^ 
trare in quella città, 6 perchè nel dominio Venelx) ave^ 
vano ricetto i Bentivogli stati dal re scacciati del du*^ 
cato di Milano, aggiugnendosi , che all'autorità della 
coi'te di Roma avevano in molte cose minore rispetto 
ohe^mai. Nelle quali aveva ultimamente turbato molto 
r animo del pontefice , che av^do confei*ito il v«S€0-^ 
vado di Vicenza , vacato per la morte del cardinale di 
San Piero in Vincola suo nipote, a Sisto similmente 
nipotesuo surrogato da lui nella dignità del cardina- 
lato, e nei medesimi benefizj, il senato Veneziano^ 
disprezzata questa collazione, aveva eletto un gen- 
tiluomo di Venezia, il quale,, ricusjindo il ponteOce di 
confermarlo, ardiva temerariamente nominarsi vescovo 
eletto di Vicenza dair eccellentissimo consiglio dei pre- 
gadi. Dalle quali cose infiammato , mandò prima al re 



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CA.P1TOLO PRIMO. 1 5o8. 5 

Mas6Ìiho segretario del cardinale di Nerbona, e dipoi 
il tuedesimo oardinale, che, succeduto, nuovamente per 
la morte del cardixiale di Aus nel si«> vescovado, si 
citiamava il cardinale di Aus;.i quali uditi dal re con 
allcigra fronte^ riportarono a lui varj partiti da eseguirsi, 
e senza- Cesare,, e unitamente con Cesare. Ma il pon- 
tefice era pie pronto a querelarsi, che a determinarsi: 
perchè da una parte combatteva nella sua mente il de- 
siderio ardente, che si movessero le armi contro ai 
Veneziani , da altiM parte lo riteneva il timore di non 
essere costretto a pendere . immoderataimente dalla 
grande^tza di altri, e molto più la gelosia antica con- 
ceputa del cardinale di Roano, perla quale gli.era' 
molestissimo che eserciti potenti del re passassero in 
Italia. E turbava in qualche parte le cose maggiori, 
r avere il pontefice conferito poco innanzi senza sa- 
puta del re i vescovadi di Asti e di Piacenza^ e il ri- 
cusare; il re che il nuovo cardinale di San Piero in 
Vincola, a cui per la morte dell' altro era stata Con- 
feritala badia dìGhiarayalle, benefizio ricchissimo^ e 
propinquo a Milano , ne. conseguisse la possessione. , 
Nelle quali dilRcuUà, quel che non risolvjéva ilpon- 
4:efice deliberarono finalmente Cesare e il re di.Fraa- 
cia, i. quali trattando insieme segretissimamente contro 
ai Venejsiani, si convennero nella città di Camhrai per 
darealle cose trattate perfezione, per la parte di Ce- 
sare* madama Margherita sua figliuola, sotto il cui 
governo si reggevano la Fiandra, e gli altri stati per- 
venuti per la eredità materna nel re FiKppo, seguitan- 
dola a questo trattamento, Matteo Lango segretario 

• Questa madaoid Margherita fa quella, che da Carlo VIU , re di Francia,, 
fu rifiatata, come è scritto di sopra, e poi fu maritata nel daca di Savoia. 



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6 LIBRO OTTAVO* 

accettissimo di Cesare , e per la parte del re di Francia 
il cardinale dì Roano, sorgendo fama di. convenirsi 
per trattare la pace tra l' arciduca e il duca'di Ghelderi , 
tra i quali avevano fatta tregua per quaranta dì, in- 
gegnandosi che la vera cagione non pervenisse alia 
notizia dei Veneziani , all' oratore dei quali affamava 
con giuramenti grayissimi il ■ cardinale di Roano volere 
il suo re perseverare nella confederazione con loro« 
Seguitò il cardinale, piuttosto non contradicenté che 
perfnettente , Y ambasciatore del re di Aragona ; perchè 
sebbene quel re fosse stato il primo motore di questi 
ragionamenti tra Cesare e il re di Francia, erano stati 
•dipoi continuati senza lui ; persuadendosi l' uno e T al* 
tro di loro essergli molesta la prosperità del re di 
Francia , e sospetto per rispetto del govèrno di Casti* 
glia ogni aumento di Cesare; e che perciò t pensieri 
suoi no§ fossero in questa cosa conformi colle parole. 
A Cambrai si fece in pochissimi giorni ¥ ultima deter^ 
minazione, non partecipata cosa alcuna, se non dopo 
la conclusione fatta con l' oratore del re Cattolico ; la 
quale il giorno seguente , che fu il decimo di decembre^ 
fu con solenni cerimonie confermata nella chiesa mag- 
giore, col giuramento di madama Margherita, del car- 
dinale di Roano e dell'ambasciatore Spagnuolo; noti 
pubblicando altro, che Tessere contratta tra il ponte- 
fice, e ciascuno di questi principi perpetua pace e 
confederazione. 

Ma negli articoli più segreti si contennero effetti 

' Nel Éemòo ù legge , che non il cardinale d^ Raono , ma il re diede piò 
yolte la fede all' ambasdator Veneto , che in Cambrai non èra stato trat- 
tato ualla contro ai Veneziani t e in Milano fece, che il segretario della re- 
pabblica sentisse dire, che Lodovico mai non si sarebbe partito dair ami- 
cizia dei Veneeiani." 



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CAPITOLO PRIMO. l5o8. 7 

soifiiraamente importanti ; i quali ambiziosi , e in molte 
parti contrarj ai patti, che Cesare e il re di Francia 
avevano coi Vetiezinni , ' si coprivano ( come se la di- 
versità delle parole bastasse a trasmutare la sostanza 
dei fatti) con un proemio molto pietoso, nel quale si 
narrava ir desiderio commune di cominciare la guerra 
contro agi' inimici del nome di Cristo, e gì' impedi- 
menti, che Éiceva a questo l'avere i Veneziani occu- 
pate ambiziosamente le terre della Chiesa. Li quali vo- 
lendo rimuovere per procedere poi unitamente a così 
santa e necessaria spedizione , e per i conforti e con- 
sigli del pontefice, il cardinale di Roano come procu- 
ratore e col suo mandato, e come procuratore e col 
mandato del- re di Francia; e madama Margherita, 
come procuratrice e col mandato del re dei Romani, e 
come govematrice dell'arciduca e degli stati di Fian- 
dra; e* l'oratore del re d'Aragona, come procuratore 
e col mandato del suo re, convennero di muover guerra 
ai Veneziani per recuperare ciascuno le cose sue occu- 
pate da loro, che si nominavano : per la parte del pon- 

* Vcdnì nel Uh. HI e IV di questa ^oiit , ehe f[M nomini mano di rìeo- 
prire i propij affetti deir animo col velo della pietà , e quiri ho ciuto 
esempi * proposfto. Ma in questo luogo ottimamente d vien confermato.» 
dove i collegali a Cambnii volevano mnorer goerra ai Veneraani per andar 
contro i Turchi, quasi i Veneziani impedissero cosi pietosa inq[>f«sa. Cosi 
nel Lib. I Carlo Vili fa intender al papa di volere acquistare il regno di 
Napoli per volgere poi le armi contro i Turchi. Con nel Lib. V gli oratori 
di Francia, e di Spagna dissero innanà al papa in concistoro, essere stata 
fatta lega frai loro re, e divisosi il regnq di Napoli, per poter attendere 
alla espedÌEÌone contro i nemici della religione cristiana. H Giustiniano re- 
gistra un mandato di Cesare , nel quale col desiderio di passar contro ! 
Tnrdii espone la necessità di muover guerra ai Venesiani. 

* V orator del re d* Aragona si chiamò Iacopo d'Albion , 6ome nella 
dicliiaraaione di Cesare, registrata dal Giustiniano nel Lib. X dell* Istoria 
di 'inezia. 



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8 UBRQ OTTAVO. 

tefice, Faènza, Rìmini, Ravenna e Cervia; per il re dei 
Romani , Padova , Vicenza e Verona, appart^nentigli 
in nome deir imperio , e il Friuli e Trevigi, apparte- 
nenti alla casa d'Austria; per il re di Francia, Cre- 
mona e laOhiaradadda, Brescia, Bergamo e. Crema; 
per il re d' Aragona, le terre e i porti stati dati in pegno 
da Ferdinando re di Napoli :.' fosse tenuto il Crìstia^^ 
nissimo venire alla guerra in persona , e dargli piinci* 
pio il primo giorno del prossimo mese di aprile, al 
qual tempo avessero similmente a cominciarla il ponr 
tefice ed il re Cattolico : che, acciocché Cesare avesse 
giusta causa di non osservare la tregua fatta, il papa lo 
richiedesse, come avvocato delia chiesa, di aiuto; dopo 
la quale richiesta. Cesare gli mandasse almeno un con^ 
dottiere, e fosse tenuto fra quaranta dì, dal dì che il 
re di Frfi|)cia avesse rotta la guerra, assaltare perso-* 
naimente lo stato dei Veneziani : qualunque di loro, 
avesse recuperato le cose proprie fos^ tenuto aiutare 
gli altri, insino che avessero interamente recupe- 
rato : obbligati tutti alla difesa di chiunque di loro 
fosse nelle terre recuperate molestato dai Veneziani, 
con i quali niuno potesse convenire senza consenti- 
mento comune : potessero essere nominati fra tre mesi 
il duca di Ferrara, il marchese di Mantova, e ciascuno 
che pretendesse i Veneziani occupargli alcuna terra; 
nominati godessero come principali tutti i benefizj 
della confederazione , avendo facultà di ricuperarsi da 
se slessi le cose perdute : ammonisse il pontefice sotto 
pene e censure gravissime i Veneziani , a restituire le 

M * I capitoli della lega condosa ia Cambrai contro i Venosuni sono re- 
gistrati nella dichiarazione, che ne fece 1* imperatore pubblicandola , q 
^esfii è nel Libro X dell'istoria di Pietro Giustiniano, 



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CAPITOLO PRIMO. -— l5o8. .9 

c^e occupate alla chiesa » e fosse gi^dice della (ge- 
renza, fra Bianca Mana moglie del re deii Romani e il 
duca di Ferrara, per conto della eredita di Anna £fo- 
rella di lei^ e moglie già del d^ca predetto : investisse 
Gasare il re di Francia per se, per Francesco d* Ango-* 
lem e loro discendenti maschi, del ducato di Milano, 
per la ({uale investitura il re gli pagasse ducati cento- 
mila : non facessero né Cesare j né T arciduca, durando 
la guerra, e, sei mesi poi, novità alcuna contro il re 
Cattolico per cagione del governo e dei titoli dei 
regni di Castiglia : esortas$e il papa il re di Ungheria a 
entrare nejla presente confederazione : nominasise cias- 
cuno tra quattro nvesi i collegati e aderenti suoi, non 
^ tendo nominare i Veneziani > ne i sudditi, o feudar 
tarj di alcuno dei confederati; e che ciascuno dei con- 
traenti principali dovesse tra sessanta dì prossimi rati- 
ficare. Alla concordia universale si aggiunse la parli- 
colare tra V arciduca e il duca dì Ghelderi , nella quale 
fii convenuto, che le terre occupate nella guerra pre- 
sente air arciduca si restituissero , ma non già il simi- 
gliant^e di quelle, che al duca erano state occupate. 

Stabilita in questa forma la nuova confederazione , 
ma tenendosi quanto si potava segreto quel che appar- 
teneva ai Veneziani, il cardinale di Roano si parti il 
giorno seguente da Gambrai , mandati prima a Cesare 
il vescovo di Parigi ed Alberto Pio conte di Carpi , per 
ricevere da lui la ratificazione in nome del re di Fran- 
cia, il quale senza dilazione ratificò, e confermò con 
giuramento con le solennità medesime , con le quali 
era stata fatta la pubblicazione nella chiesa di Gàmbrai. 
È certo che questa confedei-azione , con tutto che nella 
^Ctittura si dicesse intervenuto il mandato del papa e 



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IO LfBUO OTTAVO. 

àeì re d* Aragona^ fii fetta senza mandatolo consen- 
timento loro, persuadendosi Cesare e il re Cristianis- 
simo ehe avessero a consentire, parte per la utilità 
propria, parte perchè, per la condizione delle cose 
presenti , né l' uno né l' altro di essi alla loro autorità 
ardirebbe 'repugtmre , e massimamente il re d' Aragona , 
al quale benché fosse molesta questa capitolazione, 
perchè, temendo che non si aumentasse troppo la 
grandezza del re di Francia , anteponeva la sicurtà di 
tutto il reame di Napoli alla recuperazione«della parte 
posseduta dai Veneziani , nondimeno ingegnandosi di 
dimostrare con la prontezza il contrario di cpielio che 
sentiva nell'animo, ratificò con le solennità medesime 
subitamente. Maggiore dubitazione era nel Pontefice , 
combattendo in lui , secondo la sua consuetudine , da 
una parte il desiderio di recuperare le terre di Romagna , 
e lo sdegno contro ai Veneziani , e dall'altra il * timore 
del re di Francia ; oltre che essere pericoloso per se 
e per la sedia apostolica giudicava , che la potenza di 
Cesare cominciasse in Italia a distendersi. E però paren* 
dogli più utile r ottenere con la concordia.una parte di 
quello desiderava, che il tutto con la guerra, * tentò 
d'indurre il senato Veneziano a restituirgli Rimini e 
Faenza, dimostrando che i pericoli, che soprastavano 

' Al timor^ che U papa avera del re di Francia , aggìange il Bembo anco 
quel dei Tedeschi, i qnali come avessero vinto iTeneziani avrebbero volnto 
porre il giogo ancor a lai. 

* Qaetto tentativo, che hot papa Giulio, dice -il Bembo, che fa |»eir 
mezzo di Costantino Gominato, nemico dei Franzesi, il qaale di notte 
andò a trovare V ambasciatore dei Veneziani , e scoperse loro il trattato del 
re, prometteùdogU II fkf or del papa , sé essi avessero volato restituire Kt- 
mino e Faenza, e che F ambasciatore Badoàro rispose, che il senaio non 
avrebbe aoponsentito. Dipoi il papa stesso tentò 1* ambasciatore Pisano^ il 
qnale per la sna darezza non volle fame altro. Betnbo e Giustiniano, 



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CAPITOLA WllMO. -*— l5o8. 11 

per k unioite ài tatitì prìtmpi , sdirebbero Multa ttiag- 
giori , concorrendo mìki confederazione il pontefice , 
perchè non potrebbe ricuseire di perseguitargli con le 
armi spirituali e temporali; ma che, restituendo le terre 
occupate adii chiesa nel àuo pontificato^ e così riavendo 
insieme con le terre l'onore, avrebbe giusta cagione 
di non ratificare quel che era stato fktto in nome ^uo , 
nta sen^a suo consentimento; e che rimonvendosene 
rllutorità pontificale, diventerebbe facilmente vana 
questa confederazione, che per se stessa aveva avute 
moke difficuhà ; il che potevano essere certi , che egli 
quanto potesse procurerebbe coli l'autorità e con la 
industria , se non per altro ^ perchè in Italia non ^ 
augumentas^e più la potenza dei barbari , pericolosis" 
siimi i}on meno alla sedia apostolica, che agli altri. 

Sopra la quale dimanda facendosi nel senato vene- 
iìatto vàrie consulte (alcuni giudicavano dovere essere 
di grandissimo momento il separarsi dagli altri il pon- 
tefice , altri la riputavano cosa indegna , ne bastante a 
rimuovere la guerra), sarebbe finalmente prevàluta la 
opinione di quegli , che confortavano la parte piìi sana 
e migliore , se Domenico Trivisano, senatore di grande 
autorità , e uno dei procuratori del tempio ricchissimo 
di San Marco, onore nella Repubblica Veneta di mag- 
giore stima, che alcun altro dopo il doge, levatosi in 
piedi, ■ non avesse consigliato il contrario. 11 quale con, 
molte ragióni e con efficacia grande di parlare, s' inge- 
gnò di persuadere essere cosa niolto aliena dalla dignità 

' Non «{ legge nel ìMm5o quitta <}On«tt^ <H Botaeflico Tiivisaiio, i*^ 
dice egli, che avendo i padri «apdto la domand» del papa, non gli die- 
dero risposta, conile qaeìK, che non volevano rendergli qnel che non- 
era SttO. 



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la, UBRO OTTAVO- 

e dalla tftUttà dì quella ohiarissknia ed amplissima re- 
pubblica restituire le terre dimandate dai poatefice, 
dalla cyi coDgiunanone, o alienazione coagli altri con* 
federati poco si accresieerebbclro, o allegg^irebbero i 
loro pericoli; perchè sebbene es^i , aoctòj^cbè apparisse 
meno disonesla la causa loro , atessero liel convenire 
usato il noqaie del pontefice, si èrano effettualmeiite 
convenuti senza lui ; in modo che per qdesto non diven- 
terebbero né più lenti , né più freddi s^ll' esecuzioni 
deliberate; e per contrario non essere le armi del pon- 
tefice di tale valore , che dovessero comperare con 
tanto prezzo il fermarle. Gonciossiachè se nel tempo 
medesimo fossero assaltati dagli altri potersi con nle-^ 
diocre guardia difendere queHe città y le quaU le genti 
della chiesa y infamia della milizia, secondo il yulga- 
tissimo prò veii)io , non erano per se medesime bastanti 
né ad espugnare, né a fare inclinazione alcuna alla 
somma della guerra. E 4iei mpvimenti e nel fervore 
delle armi: temporali, non sentirsi la riverenza , né le 
minacce delle armi ^mituali , le quali non essere da 
temere che nocessero più loro in questa guerra , che fos- 
sero nociute in molte altre, e specialmente nella guerra 
fatta contro a Ferrara , nella quale non erano state po- 
tenti ad impedire che non conseguissero la pace onore- 
vole per se, e vituperosa per il resto d' Italia , che con 
consentimento tanto grande ^ e nel tempo che fioriva 
di ricchezze, di armi e di virtù, si era unita tutta con- 
tro a loro, e ragionevdmente ; perchè non era veri- 
sìim||, che il sommo Dio volesse che gli effetti della 
sua^verità e della sua misericordia, della sua ira e 
della sua pace , fossero in potestà di un uomo ambizio- 
sissimo e superbissimo , sottoposto al vino e a molte 



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CAPITOLO MIMO. -— l5o8. l3 

akre ìnoineste Tokittà , che T esérciusse ad arbitrio delie 
sue cupidìtà, fipn seoondo k* considerazione della gius- 
tizia , o del bene pobblicù della crìstiinità. Già se in 
questo pontificato non era più ^costante la fede sac^r^ 
dotale , che fosse stata quasi senìpre negli altri , non 
vedere • che certezza potesse aviei^ che ,^ conseguita 
Faenza e Rimiiiii / non si unisse con gli altri per recu* 
perar Ra^teona e Cervia, non avendo maggiore rispetto 
alla fede data, che sia stato proprio dei pontefici, i 
qu^li per giustificare le fraudi loro , hanno statuito tra 
le altre leggi, che la chiesa, nonostante ogni contratto, 
ogni proinessa, ogni benefizio conseguitone, possa 
ritrattare^ et direttamentje contravvenire alle obbliga-* 
zioni , che i suoi medesimi {Hielati hanno sotennemente 
ùitXe. La confederazione essere stata fetta tr^ Massimi-^ 
Itanò e il re di Francia (Xin grande ardore ; ma non 
essere simili gli animi degli altri collegati , perchè 
il re Cattolico vi aderiva mal volentieri , e nel pon« 
lefice^' apparivano segni delle sue consuete vacilla-» 
ziopi e sospezioni. Però jdon essere da temere più deHa 
lega fetta a Camb«ai , che di quello die altra vòlta a 
Trento , e dipoi a Bles avevano convenuto col mede*- 
simo ardore i medesimi Massimiliano e Luigi ; perchè 
alhi es^uzione delle cose ^ determinate repugnavanò 
molte. difficukà, le quali per ^ua natura erano qiMsi 
impossibili a svilupparsi. £ per^ il principale studio 
e diligenza di quel senato doversi voltare, a cercare di ^ 
alienare Cesare da quella congiunzione ; il che per la 

"^ Qucst* alienaeione' di Cesare dal collegaci in Camlirai, scrìve il Bembo 
cbe in.^MAUita col mesto ;dì Pittro Stella, nuigU aaihBariatpr^ idd m di 
Fraacóa V impedirono. Fn di nuovo perciò poi mandato Leonardo Porti, 
ma dimandandogli Massimiliano condizioni vergognose alla repabblica, 
iton se ne fece altro. DI sotto qmato antore parla ^ 6io. FSetra Stella. 



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l4 X4BRO OTTAI^O* 

natura, e p«r k naoeMlà sue, e^r V odio taiìÀco Gmo 
conU*o ai Fmusesi poteva faciln^onte ipierai*e ; ed aUe- 
natolo , no0 emtre perìcolo alcuno » che fosse ^losaa 
Li guerra ; perchè il re di Francia abbandonato da lui 
non ardirebbe di aaealtargU piii di quello, che avesse 
ardito per il passato» Doversi in tutte le cose pubbliche 
coosiderare diligent^nente i prineìpj ^ perchè nou era 
poi in potata degli ttomini partirsi senza sommo disp*' 
nore e pericolo dalle deliberaziooi già &tte, e nelle 
quali si era perseverato lungo tempo. Avere i p^driioro 
^d essi successivamisnte atteso in tutte le occasioni ad 
ampliar V imperio c(m scoperta profossione di aspirare 
sempre a cose maggiori Di qui esKre diventati odiosi 
a tutti, parte per timore 9 parte per dolóre delle cose 
tolte loro; il quale odio benché si fosse ioonosciuto 
molto innansi potere partorire qualche grande altera^ 
ziof^ , nondimeno non si erano però né allora astenuti 
d' abbracciare le occasioni che loro si offerì vano, né om 
essere rime<Bo ai presenti pericoli cominciare a cedeM 
parte di quello possedevano. Goncjossiadiè non per 
questo si quiet]ei*ebbero , anzi si accenderebbero gli 
animi di chi odiava , pigliando ardire dalla loro timidità* 
Pencdiè, essendo titolo inveterato già molti anni in tutta 
Italia, che il senato Veneziano non lasciava giammai 
qudio che una volta gli «ra pervenuto nelle mani, chi 
non conoscerebbe, iHIb il fare ora così vilmente il con* 
trario procederebbe da ultima disperazione di potersi 
difendere dai pericoli imnnnenti ? Cominciando a eedere 
qualunque cosa benché pìccola , declinarsi dalla rìpu- 
feaàone , e dallo splendore antico della loro repubbUea , 
onde aumentarsi grandemente i perìcoli ; ed essere 'Jìiìi 
diffìcile senza comparazione conservare eziandio dai mi«- 



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CAPITOLO PAIMO, -*- ì5o8. l5 

nori pericoli quel che riinane a ohi ha cominciato a 
desinare ^ che non è a chi, -sforzandosi di conservare 
la dignilà e il gqndo suo, si volge prontamente ^ sensa 
hw segno alcuno di volere cedere, contro a chi eercà 
di opprimerlo ; ed* essere necessario , o disprezzare anir 
mosamente le prime dimando^ o consentendole pénsatie 
di averne a consentire molte altre , delle quali in bre* 
vissimo spazio di tempo rbulteìrébbe la totale annuii»* 
zicme di quell' imperio , e conseguentemente la perdita 
della propria libertà. Avere la repubblica Veneta , e nei 
tmnpi dei padri , e nei tempi di loro mede^mi sostenuto 
gravissime guerre con i principi cristiani ; e per aver 
sempre ritenuta la costanza e generosità dell' animo ^ 
riportatone gloriosissimo 6ne, Doversi nelle difficultà 
presenti, ancora che* forse paressero maggiori, spe* 
rame il medesimo successo : perchè, e la potenza e 
r autorità loro era maggiore; e nelle guerre fatte comu- 
nemente 4a molti principi contro a uno , solere essere 
maggiore io spaventò, che gli infetti, perchè pr^ta* 
mente si raffreddavano gì' impeti primi, prestamente 
cominciando ai lìascere varietà di pareri indeboKva tra 
loro la fede ; e dovere quel senato confidarsi che , okre 
alle provvisioni e rimedj, che essi farebbero da sème^ 
desimi, Dio giudice giustissimo non abbandonerebbe 
una repubblica nata, e nutrita in perpetua libertà, 
ornamento e splendore di tutta V Europa ,*nè lascerebbe 
conculcare all' ambizione dei principi , sotto &1sq colare 
di preparare la guerra contro gì' infedeli, quella città, 
la quale con tanta pietà e con tanta religione era stata 
tanti anni la difesa, e il propugnacolo di tutta la repub- 
blica cristiana. 

Commossero in modo gli animi della maggioi* parte 



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l6 htÈUÓ OTTAVO. 

le parole di Domenica Trivìsano, die^ come già 
qualche anno era stato spesse volte quasi £ltalé in quél 
senato, fti contro il parere di molli seniatori graìidi dt 
prudenza e di autorità seguitato il consiglio peggiore. 
Péro il pontefice, il quale aveva differito insino all' 
uhìmo dì assegnato alla ratificazione il ratificare, rati^- 
ficò , ma con espressa dichiarazione di non voler £u*e 
atto alcuno dMnimicina contro ai Veneziani, se non 
da poi che il re di Francia avesse dato alla gUerr» 
cominciamento. 

Con questi semi di gravissime guerre finì l' anno 
mille cinquecento otto; nel qual tempo erano ridotte, 
e ogni dì più si riducevano in grandissima strettezza 
le cose dei Pisani. Perchè i Fiorentini, oltre all'avere 
la state precedente tagliate le loro ricolte , ed oltre a 
correre continuamente le genti loro dalle terre circo^ 
stanti insino in sulle porte di Pisa avevano per impe-* 
dire , che per mare non vi entrassero vettovaglie, 
soldato con alcuni legni il ' figliuolo del Bardella da 
Pòrto venere; donde i Pisani , assediati quasi per terra 
e per mare , né avendo per la povertà loro faeuità di 
condurre o legni, o soldati forestieri, ed essendo dai 
vicini aiutati lentamente, non avevano più quasi 
speranza alcuna di sostentarsi. Dalle quali cose mossi i 
Genovesi e Lucchesi deliberarono di fare sperienza, 
che in Ksa entrasse quantità grande di grani , i quali 
caricati sopra gran numero di barche, e accompagnati 
da due navi Genovesi e due galeoni, erano stati con- 
dotti adla Spezie e dipoi a Viareggio, acciocché di quivi 

' Fa condotto il figlinolo del Bardella al soldo dei Fiorentini ai 39 di 
agosto i5o8 con un galeone di 5oo botti, im brigantino di a5 banche, e 
con proTTisionl di 600 fiorini il mese. 



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CAPITOLO PJUMO. — 1 509. 1 7 

p#r ordirne dei Pisani, con quattordici l)rigaiitim e 
molte barche si conducessei^o in Pis^ Ma volendo op^ 
por^ i Fioren^ni , perchè nella condotta, o esclusione 
di questi grani consisteva totalmente la speranza 9 o la 
disperazione di conseguire queir anno Pisa, aggiunsero 
ai legni, ohe avevano prima^ una nave Inglese, che 
pi^r ventura si trovava nel porto di Livorno , e alcune 
fuste e brigantini; e aiutando quanto potevano con le 
preparazioni terrestri Tarmata marittima, mandarono 
tutt2L la cavalleria , e gran numero di fanti raccolti subi- 
tamente del loro dominio a tutte quelle parti , donde 
i legni degl'inimici potessero, o per la foce d'Amo, 
o per la foce di Fiume morto entrando in Amo , con- 
dursi in Pisa. ' Gondussonsi gì' inimici alla foce d'Aido, 
ed essendo i legni dei Fiorentini tra la foce e Fiume 
Uberto, e la gente di terra avendo occupati i luoghi 
o|iportuni, e distése le artiglierie in sulle ripe da ogni 
parte del fiume^ donde avevano a passare, giudicando 
non ^ter procedere piìi innanzi, si ritornarono nella 
ri\jÌQra di ^enoya-, perduti tre brigantini, carichi di 

JDal quale succesj^ apparendo quasi certa per man- 
qamen.to di vettovaglie la vittpria, i Fiorentini per 
impedire più agevolmente qhe per il 6ume non ne 
potie^ro e^ere condotte', l^ittarono sopra Arno uni 
ponte di legname, fortificandalo con bastioni dall' una 
q r kltiaVipa. E nel tempo medesimo per rimuotere gli 
aiuti dei Vicini cpnvenner9 con i Ljacchesi , avendo 
prima *,;per rèpomere 1' audacia loro^ mandato a sac- 

' ' ^ra*r arlnata Aei Fiorenlku tm g^eoiie^, niia navetta^ dae foste e flette 
iMJgaotlni^e quella dei iievìci*.4 galeóni, lì brigantini e da 3o barche, i 
quali si.condiùaerp alla foce d*Aitio intorno ài iS di febbraio iSo^ Buo' 



naccorsi. * 
III. 



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i^y^rnij? 



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Digìt^ed by VjOOQ IC 



l8 LIBRO OTTAVO. 

cbeggiare con una parte delle genti mossa da Gascina 
il pòrto di Viareggio, e i magazzini, dove erano molti 
drappi di: mercatanti di Lucca : e per questo avendo 
i Lucchesi impauriti mandato a Fiorenza ambasciatori, 
rimasero finalmente concordi , <^he tra T una e l' altra 
repubblica fosse confederazione difensiva per anni 
tre, escludendo nominatamente i Lucchesi dalla facultà 
di aiutare in qualunque modo i Pisani : la quale con^ 
federazione, recuperandosi per i Fiorentini Pisa fra 
un anno , s' intendesse prorogata per altri dodici anni, 
e dui-anle questa confederazione non dovessero i Fio- 
rentini, senza pregiudizio per ciò delle loro -ragioni, 
molestare i Lucchesi nella possessione di Pietrasantja e 
di Mutrone. 

Ma (a di momento molto maggiore a fecilitare 
r acquisto di Pisa la capitolazione fatta da lorp coi re 
Cristianissimo e Gattolico,^ la quale trattata, mpltime^ 
aveva avuto varie difBcuUà; temendo i Fiorentini, 
per la esperienza del passato,* che questo non fesse, 
mezzo a- trarre da loro quantità grande di danari ^ e 
nondimeno che le cos^ di Pisa rimane.9sejx> nel mede- 
simo grado. E da altra parte, jiiterpetrando il re.-4i 
Francia procurarsi la dilazione artificiosamente per la. 
speranza che i Pisani , V estremità dei quali erano no* 
tissime, da toro medesimi cedessero, né volendo, x^ 
-in modo, alcuno ria recuperassero senza pagargliene ja 

mercede 9 ' comandò al Bardella. si«o suddito: clu^ é 

* * 

^ Il Buonaocorsi scrive » che la balia di Genova comandò al Bardella che 
81 lavasse dal soldo dei fiorentini , il die però tutto è uno , e8sen(]fo GenoVa 
sotto il re di Fraùcia. Ma non.si leg^ in lui questa capitolastoncr fenna^ 
fra i due re di Francia, e di Spagna ooi^l.'Florei;itfm per la re<Sapera:(ione 
di Pisa; in che si comprende quanto importi allo scrìvere istorie V esser* 
aontó £ stato; come*si vede che era il Gniodaroino. 

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CAPITOLO PRIMO. -^ I SoQ. I9 

partisse dai soldi loro, ed a Cìamonte che d&AGkuio 
mamlassie in aiuto dei Pisani sdento lance. Per la 
qaal co.sa, rìino'sse tutte kf dubitazioni e dìfficultà^ 
con vennero, in questa forma : non dessero né il re di 
Francia ,..nè il re. di Aragona favore , o aiuto ai Pisani^ e 
op€frassei:o/con efiFetto^ che dai luoghi sudditi a Icmto ^ 
o confederati, o raccomandati, non andassero a Pisa 
vettovaglie > ne soccorso di danari, né di genti, ne di 
alcun'altra cosa : pagas^ro i Fiorentini in certi tempi 
a ciascheduno di es^i^ sé fra un anno prossimo rìcu** 
penisseroPisa^ cinquanta miladtlcati, e nel caso pr/e-« 
detto s' intendesse fatta tra "loro lega por tre anni dal 
dì dell^i^ecupera^ione , f>er la* quale i Fiorentini fossera 
obbligati difendere- don: trecento nolnlài di arme;gli 
^tati^ .dte av9e«»TO0 in Italia, rieesrenAi per la dife^ 
pro{iria dà tptalunqtie di loro Uhnaoo- trèeent^.DMbim 
dì^^»me;AJkcapiti>)amQe &i^^ ifo'neces^ 

sarto flggìùgDeffe^,seÌEiEa.^ùta del re ihittdHeo^ nuove 
x^bli^jaBsióni di pacare al/fe iM Francia hèv t9fì(pi,«€* 
90tK> le condidoiu medesime 'ciiu|tti^ta fi^ «altri 
lliu^ti; oltre, che fiti di ibbogno* prQi^ettesiero èi 
doiiare, a' ministri-dei due re yenticiikjùe mila chiediti, 
<Je' qtìali la maggior parte si aveva a .^^tHbuire 
secondo là volontà ^el cardinale di Roano, tk qijali 
-convenzioni^ beijchè fossero con ^gfayissuBà; «pesa 
^i^ Fiorentini , dettero nondimeno «dappresso ».'tufti 
gli i;(5mini infainia* più grave a ,quei re , dèi, qUS^ ^ tiiio; 
^ dispose* per danari ad abbandouràre quella a^,.(^e 
tìiohe volte av<?v^ afifcri«ato- avere ricevuta* n^la inai 
pre>t6^icme , e la qviale, come si^manjiestò^poi , #J9sen- • 
dòsegli ^|Kmtarte$méjite.datà,1J Gran Capit^o*n' av^yà" 
aocett£(to in suo npme il dominio ; T ahro, non sii ocor* 



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aO LfBRO OTTAVO. 

dando àfih promesse btte molte irolte ai Fiocentini, 
D reùdè per brutto ^reuo la libertà giusta dei Pisf^ìi , 
o costrìnse i Fiorentini a comperare *da lui I9 faòuka 
di recuperare gi]ustamente le cose proprie : tanto può 
oggi comunemente più la^fot^ dell' òro.^ che ì} rispetto 
dell' onestà ! \ * 

Ma le cose dei Pisani , che già sblevajao essere negli 
occhi di tutta Italia 9' ^aoo in questa tèmpo di piccola 
considerazione, dependendo gli animi degli uonìini da 
espettazione' di^cose inaggiori. Perchè., ratifidatsf ohe fìi 
•la lega di GamHrai 4^ tutti i confederati, cominciò il 
jre di Francia^ a fare grandissime preparamdQÌ;.e.coil 
tutto; che |>er ancóna ai^{>]:Qt^sti, o minacce di: guerra 
n^'si propedli^sèj iiondimeno^ nto ^ potendo pHiJa 
.pc^sa dystsim'olaEre, il eardlnale-dì fio&ao, presente iùxxo 
il éònfei^cr, si lame&tòr cim^ avd^issiuié pér^nm 
Y oratore dei. yràésiani, «rtie t{uel «énatò,'^spffejKai^o 
la lega' e rémibizia del re.; fisserà IÌM:ti&6arekB%dta di 
•Qer^to lièi *te^itorio di Crema ; iiella' 'guare« èssend^y 
stila. aiaydcameiite uita forteza», fu disisrutta. per* i 
capitoli ,dèl^ pace fittla 4' aimp mille; quattroa^o 
cinq«ant^ quattro tra t Veiieziani e Franéesco ^kftz»^ 
» nuovo* 4u<^ di Milano.,' cdn patto che iVeneziànfci^òp 
poJ^#o in t^pp alcuno foV^iÈcarVi; ai (apkoli«4ella 
* q«al;{]À^ si Viferiya in^qùesto , e/ ii| niòfté altr^' cose 
tk pa?e fetta tra.foro ed iì te. E già e^seqdo venuto; H^ 
impofàA dr.^oi'a .Lione,- |:f£[mnrina Valilo le genlt 'sue 
pefpassarp^i monti ;*e si apparecchiavano per scendere 

* K Qqesti capinoli clij>ace fr» i ye^eziani e France8c<HSforza, ^ttì a^é9 
di apdl^46l^'t4^4^ sono r«|(i|tr9ti dal Corifl Qclla G, parte «blf I^(Mbr,di 
mìItfiKJ ; e tfiita. qq4B8ta*gaefrf siicceasa fra qaeirdtie pptfeùta^ ^«scntta pie- 
nafià^Hte nel LilS. VU della teq^.De^a 4eft' ?sti>rìa di l^arc* Antìfuib Saòel- 
^co fetidi Phfro Giusimiofio. * \ * . ' . " • 



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GAPiToiib PiiiMO. *-i iSog. ai 

nel teiopò medèsiilio iti Italia s6i mila Svisceri soldati da 
Itti. E,. aiutandosi <^tre alle *forze proprie di quella 
degli altri, aveva ottenuto dai Genovesi quattro ca*-^ 
raccbe, dai Fiorentini cinquanta tnila dw^ti per parte 
(ti quegli, che se gli ^vevano dopo V acquisto di Pisa ; 
e dal ducato di Milano, desiderosissimo di essere rein- 
tegrato delie terre occupate dai Yeneziani^ gli erano 
stati donati centomila ducati ; e molti genttluomiaì e 
feudatarj di quello sfato si pcovvedevano di cavalli , e 
di armi per seguitare alla guerra con ornatissime com« 
ps^ie la persona del re. 

Da altra parte si preparavano i Veneziani a ricevere 
con animo grandissimo tanta guerra, sforzandosi. co* 
danari, con l'autorità, e con tutto il nervo del loro 
imperio di far provvisioni degne di tanta repubblica^ 
e con tanto maggior prontezza, quanto pareva molto 
verisimile che se sostenessero il primo impeto, si 
avesse facilmente la unione dì questi princìpi toal 
composta ad allentarsi, o risolversi. Nelle quali cose^ 
con .somma gloria del senato, il medesimo ardore si 
dimostrava in coloro, che prima avevano consigliato 
in vano, che la fortuna prospera modestamente si 
usasse, che in quegli, che erano stati autori del con«> 
trario : perchè, preponendo la salute pubblica air ain<^ 
bizione privata, non cercavano che crescesse la loro 
autorìtà^col rimproverare agli altri i consigli perniciosi, 
uè con ¥ opporsi ai remedj che si facevano ai pericoli 
nati per la loro imprudenza. E nondimeno , conside- 
rando che contro a loro sì armava quasi tutta la 
cristianità, s' iifgegnarono quanto potettero d'inter- 
rompere tanta unione , pentitisi già dì avere dispregiata 
la occasione di separare dagli altri il pontefice, avendo 



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ai UER© bÌTivo; ' 

ùiassimamènte avuta speranza clie égli sarebbe .stat0 
paziente, se gli restituivaho Faenza sic^a. Però con lui 
rinnovarono i primi ragionamenti, é ne * introdussero 
dei nuovi con Cesare e col' re Cattolico, perchè col re 
di Francia, o per l'òdiò,ò per la disperazione di 
averlo a muovere, non tentarono cosa alcuna! Mane 
U pontefice poteva acc^tare più quel che prima aveva 
desiderato , e al re Cattolico , con tutto che forse non 
mancasse la-volontà, mancava la facùltà di rinmovere 
gli altri. E Cesare , pieno di odio smisurato contro al 
nome Veneziano , non solamente non gli esaudì , ma né 
udì le offerte loro, perchè ' recusò di ammettere al 
coietto suo Giampiero Stella loro segretario manda- 
togli con amplissime commissioni. Però, voltati tutti i 
pensieri a difendersi colle armi, soldavano da ogni 
parte quantità grandissima di cavalli e di fanti, e ar- 
mavano molti legni per la custodia dei lidi di Romagna 
e delle terre di Puglia, e per metterne nel lago di 
Garda e nel Po, e negli altri luoghi vicini, per i quali 
fiumi temevano essere molestati dal duca di Ferrara e 
dal marchese di Mantova. 

Ma gli turbavano , oltre alle minacce degli uomini, 
molti casi o fatali, o fortuiti. Percosse una saetta la 
fortezza di Brescia : una barca mandata dal senato a 
portare danari a Ravenna si sommerse con dieci mila 
dijcati nel mare : ¥ archivio pieno di scritture attenenti 
alla repubblica andò totalmente in terra con subita 

* Poco di sopra ho notato , secondo che il Bembo scrive , come Pietro 
Stella segretario fa mandato dai Veneziani a tentar di compor le cose con 
Masiimiliano, ma che el non potè fame altro, per 'essere stato impedito 
dagli oratori Franzesi, che di ciò si erano accorti ; onde il senato vi mandò 
poi Leonardo Porti, il qaale similipente non concluse cosa alcuna, perche 
Catare domandava troppo dare condizioni, e vergognose a» Veneziani. 



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GAPiTojiO PBiMo. — ^ loog. a3 

ravina; ma gli empiè di grandissimo terrore, c|he in 
qua giorni e neli' ora medesima che era congregato il 
consiglio maggiore, appic^catosi ' o per caso, o per 
fraine occulta di qualcuno il fuoco nel loro arsenale, 
nella stanza dove si teneva il salnitro , con tutto vi 
concorresse numero infinito di uomini ad estinguerlo, 
aiutato dalla forza del vento, e dalla materia atta a 
pascerlo e ampliarlo, abbruciò dodici corpi di galee 
sottili, e quantità grandissima di munizioni. Alle difE- 
cùltà loro si aggiunse, che avendo* soldato Giulio e 
Renzo Orsini, e Troilo Savello con cinquecento uomini 
di arme e tremila fanti ,^ il pontefice con asprissimi 
cmnandamenti fatti, come- a feudatarj e sudditi della 
chiesa, gli costrinse a non si partire dì terra di Roma, 
invitandogli a ritenersi quìndicimila ducati, ricevuti 
per lo stipendio, con promettere * di compensargli in 
qudlo, che i Veneziani per i 6cutìi avuti delle terre di 
Roniagna alla sedia apos|:oHca dovevano. Yolgevansi le 
preparazioni ilei penato principalmente verso i confini 
del re di' Francia, dalle armi del quale aspettavano 
l'assalto pili presto e piìi potente; perchè dal re di 
Aragona, con tutto che avesse agli altri confederati 
promesso molto, apparivano dimostrazioni e romori, 
secondo la sua consuetudine, ma non si facevano appa- 
rati di molto momento : e Cesare occupato in Fiandra, 
perchè i popoli sottoposti al nipote lo sovvenissero 
volontariamente di danari , non sì credeva dovesse 

' II Bembo recita , che qaesto incendio delP Jirsenale procedette , perchè 
ndr inchiodar nn cassone di poWere ona favilla accendesse il fiiooo. Leg£^ 
il Lib. VII delle sue istorie. Il Giustiniano, nel LibV. X , V ioipota al caso , e 
ne aggingne altri prodigi. 

' Aggiugne il Bembo che il papa promise agli Orsini di liberai^gli anco 
daU' infamia della infedeltà. 



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a4 LIBRO OTTAVO. 

cotniticiàre la guerra al tempo promesso ; e il ()ontefice 
pensavano che, sperando pia nella vittoria degli altri, 
che nelle armi proprie, avesse a regolarsi secondo i 
progressi dei collegati. 



CAPITOLO SECONDO. 

Esercito Veneto ali* (ygUo. V esercito Francese passa TAcIda. Moni- 
torio del papa ai Veneakuii. Loro risposta. Fatto d* arme dell'Adda. 
Rotta de* Veneziani^ Prigionia dell' Alyiano. Bergamo si arrende al 
re di Francia. I Francesi prendono Peschiera. Papa Giulio assalta 
la Romagna. Alfonso duca di Ferrara dichiarasi nemko dei Vene* 

^ ziani. I Veneziani abbandonano Verona e PadoTa» e mandano 
Antonio Giustiniano ambasciatore a Massimiliano. Costernazione 
generale in Venezia. Orazione del Giustiniano all' imperatore. 

Non si dubitava che il primo assalto*deI re di Framn* 
avesse a essere nella Ghiaradadda , passando il finme 
dell'Adda appresso a Casciano; però si raccoglieva 
a Ponte Vico in sul fiume dell' Oglio l'esercito Veneto, 
del quale era capitano generale il conte di Pitigliano, 
e governatore Bartolommeo d'Alviano; e vi orano 
provveditori in nome del senato Giorgio Cornaro, e 
Andrea Gritti, gentiluojaiini chiari, e molto. onorati per 
le ordinarie loro qualità, e per la gloria acquistata 
r anno passato, l' uno per le vitt<Mrie del Friuli , l'altro 
per la opposizione fetta a Rovere contro ai Tedeschi. 
Fra i quali consultandosi in che maniera fosse da pro- 
cedere nella guerra , erano varie le s^:itenze non solo, tra 
gli altri, ma tra il capitano, e il governatore. Perchè 
r Alviano feroce d'ingegno*, e insuperbito per i successi 
prosperi dell' afino precedente , e pronto a seguitare le 
occasioni sperate , e d' incredibile celerità così nel deli- 



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CAPITOLO »eciiDO. -t— iSog. a5 

berare c^me ndF eseguire, e^iiE^gttaVa, che per fa^ 
pìpttosta la sedia della goerra^nel paetfè degF inimici, 
che aspettare fosse trasferita ndlo stato proprio,^ 
assaltasse, innanzi dhe il re di Francia passasse in 
Italia», il ducato di Milano. Ma il cónte di PitigKano, 
o raffireddato il* vigore dell' animò, come diceva T Al- 
viano^ pei* la vecchiezza, o considerando per la lunga 
e^menza con maggrot prudenza i pericoli , e alieno 
dal tèptare sento grandissima speranza la fortuna, con- 
sigliava che dimezzata la perdita delle terre della 
Ghiaradadda, che non rilevavano alla somma della 
guerra, Y esercito si fermasse appresso alla t^rra degli 
Orci, come già nelle guerre tra i Veneziani , e il ducato 
£ Milano avevano fetto Francesco Garqiignuola , e 
pòi Iacopo Piccinino, famosi capitani dei tempi loro; 
•alloggiamento molto forte, per essere in mezzo tra t 
fiumi dell' Oglio e del Serio , e comodissimo a soccor- 
rere tutte le terre del dominio Veneziano. Perchè se i 
Franzesi andassa^o ad assaltargli in queir alloggia-* 
mento, potevano per la fortezza del sito sperarne quasi 
eerta vittoria; ma se andassero a campo a Cremona, 
o Crema, o Bergamo, o Brescia, potrebbero per difesa 
di quelle accostarsi cpn T esercito in luogo sicuro , e 
infestandogli, con tanto numero di cavalli leggieri e 
stradiotti che avevano, le vettovaglie e le altre coino-< 
dita, impedirebbero loro il prendere qualunque terra 
importane; e cosi senza rimettersi in potestà della 
fortuna potetesi facilmente difendere 1* imperio Vene- 
ziano da così potente ed impetuoso assalto del re di 
Francia. 

Dei quali consigli Y uno e Y altro era stato rifiutato 
dal senato ; quello dell' Alviano come troppo audace , 



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a6 UBBO OtTAVÓ. 

€|uesto del capitan generale come troppo timido , é 
non eonddàratore delia natura dei pericoli presenti ; 
perchè al senato sarebbe più piaciuto , secondo la in- 
veterata consuetudine di quella repubblica, il proce** 
dere sicuramente, e T uscire u meno potessero 'ddla 
potestà di loro medesimi. Ma da altra; parte si consi- 
derava, se nel tempo che tutte quasi le .loro forze fos^ 
sero impegnate a resistere al re di Francia , assaltasse 
il loro stato potentemente il re del Romani, cdn quali 
arimi , con quali capitani , con quali fprze potersi op- 
porsegli ; per il qual rispettò, quella via, che per sé 
stessa pareva più certa e più sicura, rimanere più in- 
certa e più pericolosa. Però seguitando, come spesso 
si fa nelle opinioni contrarie, quella che è in mezzo, 
fu deliberato che l' esercito si accostasse al fiume Adda 
per non lasciare in preda degl' inimici la Ghiaradadda, 
ma con espressi ricordi e precetti del sehato Vene- 
ziano , che senza grande speranza, o urgente necessità, 
non si venisse alle mani (x>n gì' inimici. ' 

Diversa era molto la deliberazione del re di Francia, 
ardente di desiderio che gli eserciti combattessero; il 
quale accompagnato dal duca del Loreno , e da' tutta 
la nobiltà del reame di Francia, come ebbe pas^to i 
monti, mandò Mongioia suo araldo ad intimare^ la 
guerra al senato Veneziano; comn^ttendogli che, ac- 

' Mongioia, Araldo del re di Francia in Venezia, fa introdotto, secondo 
il Bembo, segretamente in senato, per non metter terrore al j>opolo; dove 
entrato, intimò la guerra d» parte del «no re, e. dal doge Loredano sapien- 
temente gli fti risposto ; come in detto autore si può vedere., il qoale recita 
la protesta dell'araldo, e la risposta del doge, la qaal similmente è scritta 
da Mario Equicola nelle Croniche di Mantova, dove dice, che Mongioia 
fa introdotto in senato ai i6 d' aprile iSog. E poco sotto questo autore 
recita V istesso, come quivi ho notato. Pietro Giustiniano similmente la 
mette nel lib. X delle sue istorie. 



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CIPTTOLO SECONDO; -^ iSoQ. 2J 

èitechè tanto più presto si potesse xlire intimata , fa- 
'Cesse nel passare da Cremona ¥ tstesso con i magistrati 
Veneziani. E sebbene, non essendo ancora unito tutto 
l' esercito suo, avesse deliberato che non si moves^ 
cosa alcuna insino a tanto che^glì non fioase perscnial<- 
mente a Casciano, nondimeno, a per gli stimoli del 
pontefice, che si lamentava esser passato il tempo de^ 
terminato nella capitolazione^ o acciocché cominciasse 
a correre il tempo a Cesare, obbligato a muovere la 
guerrarquaranta dì poiché il re T avesse mossa, muÉàta 
la prima deliberazione , comandò a Cìamonte .che 
desse * principio, non essendo ancora le genti Vene- 
asiane, perché non erano raccolte tutte, partite da 
Ponte Vico. 

Fu il primo movimento di tanto incendio il quinto^ 
d|cimo giorno di Aprile, nel qual giorno Ciamonté, 
passato a guazzo con* tremila cavalli il fiume Adda 
appresso a Casciano , e fatto passare sopra battelli sei 
mila fanti, e dietro a loro le artiglierie, si direzzò alla 
terra di Trevi, lontana tre miglia da Casciano, nella 
quale era Giustiniano Morosino «provveditore degli 
stradiottì dei Veneziani , e con lui Vitello da Città.di 
Castello, e Vincenzio di Naldo, che rassegnavano i 
fanti che si dovevano distribuire iielle terre vicine. I 
quali, credendo che i Franzesi, che in più parti si 
erano sparsi per la campagna, non fossero gente ordi- 
nata per assaltare la terra, ma per correre il paese, 

' Princìpio della guerra di Cambra! contra i Veneziani; la qoale essendo 
stftta detcritta in prosa da molti istorici , fa anco elegantemente cantata in 
versi da Bautista Carmelùa Mantovano , poeta di sommo pregio. 

* UMoeerùgo scrive, <^e Giamonte passò l'Adda con pia di i5o lance, 
soo cavalli leggieri e tre mila pedoni; e il Buonaeeorfi dice quattromila 
fanti e quattro cento lance. 



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a8 LIBHO OTTAVO. 

mandlaroiio fuora dugentò iaDti ed alcuni stradk>UÌ9 
cx>ii i qnali appiccatasi una parte delle genti Franzesi^ 
gli seguitò scaramuociando insino al rivellino della 
porta; e poco dipoi serpraggiugnen^ gli altri, e appre- 
sentate le artiglierie , e cominciando già a battere con 
i falconetti le difese , o la viltà dei capi spaventati di 
questo impeto sì improvviso, ' o la sollevazione degli 
nmnini della terra , gli costrinse ad arrendersi all'arbi- 
trio libero dì Ciamonte. Così rimasero prigioni Gin^- 
niano provveditore, Vitello, e Vincenzio, e molti al- 
tri, e con loro cento cavalli leggieri, e circa mille 
fanti quasi tutti di Valdilamone, essrendosi solamente 
salvati col fuggire dugento stradiotti, E dipoi Cia- 
monte, a cui si erano arrendute alcune terre vicine, 
ritornò con le genti tutte di là da Adda ; e il mede«mo 
giorno il marchese di Mantova, come soldato del ^, 
da cui aveva la condotta di cento lance, corse a Casal 
Maggiore, il qual castello, senza far resistenza, gli fu 
dato dagli uomini della terra insieme con Luigi Bono 
uffizial Veneziano. Corse eziandio il medesimo dì da 
Piacenza Roccalbertino con cento cinquanta lance , e 
tremila fanti passati sopra un ponte di barche , fatto 
dove r Adda entra nel Po, nel contado di Cremona , in 
altra parte del quale corsero similmente le g^ìti , che 
erano alla guardia di Lodi, gittato un ponte in su 
Adda, e tutti i paesani della montagna di Brianza in«- 
sino a Bergamo. Il quale assalto, fatto in un giorno 
medesimo da cinque parti senza dimostrarsi gF inimici 

' Agli aomìni della lerrt ài Trevi dA la colpa il Moe^igOf dioendo^ ehe 
piuttosto vollero tradire il presidio Venesiatio , che opporsi ai Francesi. Il 
Bembo cBce , che essendo Trevi stato oombatroto assai , ali* ultimo si arrese. 
A che consente anco Pietro Giustiniano. 



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CAPITOLO SfiCONOOv -^ I SoQ. 29 

inJuogo alcuno, ebbe maggiore strepito , cbe elfetlo: 
'j>«r€l)è Giamonte si ritornò subito a Milano per aspet* 
tare la venuta del re , cbe già era vicino ; e il marchese 
di Mantova, cbe preso Casal Maggiore aveva tentato ' 
Asola invano, ii^teso cbe r Alviano con molta gente 
aveva passato il fiume Oglio a ^ ponte Molano, abban* 
donò Casal Maggiore. 

. Fatto qjo^to principio alla guerra, il pontefice in- 
continente pubblicò sótto nome di monitorio una bolla 
orribile, nella qqale furono narrate tutte le usurpa* 
2iòni , cbe avevano fatte i Veneziani delle terre perti-* 
nenti^ alla sedia apostolica ; e l' autorità arrogatasi in 
' pregiudiaiiò della libertà ecclesiastica, e delie giurisdi- 
zioni dei pontefici di conferire i vescovadi, e molti 
altri benefizj vacanti*; di trattare, nei fori secolare le 
causei spirit-uali, p le altre attenenti al giudizio .deUa 
cbie^a ; e tutte ie inobbédienze passate; oltre alle quaU 
fìtnariilto cbe^ poohi di innanzi, per turbare in ^te* 
giudizio della' )|iedesima sedia le cose di Poiógna, ay^ 
vano.cbiaròati a Fàetmk \ Bentivo^ ribelli della ctnesa^ 
é scfttopo^ loro .eìC^i.'gUrìoettasse a gravissime <^i^ 
«lire*; Mimpnendogli a. restituire fra vei^tiquattro dì 
pro$^mi le tèrre ^'che occupavano, della ohie^* insieme 
e&n tutti i frutti nc^vutj'nel tempo le aVeyano tenute^ 
sptto p^ain caso, nòn^ obbedissero d'inqorrere n^le* 
censure ed interdetti npn solo la. città di Venezia,, nift 
tutte le terre che gli óbbedissei^, e quelle aijicQra, che 

rfotf saddite alF impèl iq loro, ricettasser-o./ilcuii Tépe- 

• • . ,.,.,**• ,' . . 

' Asohi>fti difeM d» Federigo C9iitìirini, e dagli homim dcUa terfa, 
coii(e scrnKtno JMrwa Mocemigo, ^Pietro Omstmiaua^ e jémomo MieeiariU, 
nomo d^tto che ha eompoltcfr Istoria d'Aso^. . -** 

. ^ Ponte Molilo la cfaìMba V-È^cofé^ nelle Gr^nidie éì Mantova , e il 
ìdocenigo f>qkite "delle Al adné. • * 



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3o LÌBEO OTTAVO. 

ziano; dichiarandogU incorsi in crìmine di maeslà lésa, 
e diffidati come inimici in perpetuo da tutti i cristiani,*- 
ai quali concedeva facultà di occupare per tutto le robe 
loro, e fare schiave le persone. Contro alla.quai bolla 
fu da uomini incogniti presentata.pochi gi<»rni poi nella 
città di Roma ima scrittura in nome del pri];ic%>e e 
dei mafgistrati Veneziani, nella quale, dopo Itinga e 
SM^rbrssima narrazione contro al pontefice,, e il re di 
Francia, s' interpóneva l' appellazione dal monitcn^io al 
futuro concilio , e , in difetto della giustizia umana , ai 
piedi di Cristo giustissimo giudice, e principe supremo 
di tutti. • 

IPf el qual tempo , aggiugnendosi al monitorio spiri* 
tnale le denunzie temporali, l' araldo Mongioia arrivato 
in Venezia, e ' introdotto innanzi al doge e al colU- 
giòV protestò in nome del re di Francia la^i^erf^.già 
cominciata, aggravandola con cagioni più efficaci', die. 
vereo giuste. Alla proposta del qaale*, ayeAdo«ilquaa0^ 
consultato, & risposto dal doge eon brevissime parole: 
che, poicbò il :re di f^*ancia aveva. deHbeFati^ dì pnuo- 
vere lotb. là guerra nel temj)ó ct^ più spèra vacn^ifi. 
lui perla confederazione, la quale non avevano* mJli 
vi0lata,*e'pér adersi, per non si .separare da.lui^ppò»- 
voisato 'inirtiicd il re dèi tloifìs^, .«He atten^erel^bero 
a drfeiìdersi, sperando pdterlq fare. ccm. le. forze. loro' 
accompagnate dalla giustizia della c^usa! Questa ris- - 
l^osta par ye 'più secondo la dignità dell^ repubblica, 

' Pu inìrodotto 1* Araldo Mongic»a in 'senato^ cpme ha dètto^«segreta- 
m^te ai ì6 di aprile i5og ; e ^aaiàt^nque le parole poster da .qnesto aà- 
tl>re, non alano le mededme cdsi in proposta ,^ come ìif risposta, scrìtta 
dal Betfibd'n^ \Aì, VII^ e dd ftario E'quicola^èiXe òroaiehe di Maalova*, 
e da Pietri OiUsnmtmo Tieì Lib. V^, elleperÒ sobo di nna m^desiinà s^ 
tanzaie-fine. • ^ < : *. - * 



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CAPITOLO SECOHDO. -x- iSoQ. 3;i 

che dist^dersi in giustìfic^zioni^'e querele*vane contro 
a chi già gli aveva assaltati con le armi. 
. » Ma unito chefii a Ponte Vico l' esercito Veneziano, 
nel quale, erano' due mila uominP di arme, estremila 
tra cavalli leggieri e.stradiotti, quindici mila fanti eletti 
di tutta Italia, e veramente ài fiore della milizia Ita- 
liana^ Qpn meno p^jr la virtù dei fanti, che per la* pe- 
rizia e valor.e dei capitani, e quindici milaajti^i fenti 
^scelti della ordinanza àei loro. contadi, e accompa- 
gnati da copia grandissima di artiglierie, venne i^ Fon- 
tanella, terra vicina a Lodi a.seL miglia, a sedia op<- 
portuna ^ soccorrere; Cremona, Crema, Caravaggio e 
Bergamo; ove giudicando avere pecasipné, pei: la rìd|k 
rata di Ciamontedi là^da Adda,. ne essendo ancora 
unito tutto 1' esercito .deh re , diricuperare Xreyi, si 
mossero, per deliberazione del.senato^ ma contro iì con- 
sìglio ,. seécmdo .chaesso afiférmava por, * dell' Alyiauo, 
U qusi^ aUèga^/^ essere delibèraa^m -quasi r^pii^naxiti, 
vintare- che si combattesse con l'esieclcito <fegl' inimici, 
e ^ altra parta accostarseli' tà^^ito; perchè non* *ss^ 
. r^bbe forse in ,p<>testà iotìO il>itirapsi; e quando -pupe 
potessero figirlo,.sar.el)be c^n taiìtajdii^ÌQUziane deljst 
riputazione di .queir esercito, -che* is^erebb^ troppo 

'• Il Moeemj^ scrive, che le , genti dei Venexiiiiii forono treimla nùmtni 
d'arme, 4000 cavalli leggieri, e trenta mila fanti. £ V Equicola dice i5oo 
aoiiAii d* arme, ddè mila cavalli leggici*; e.aS Inihi fanti. Il Bembo si con= 
forma "alMocenigOy s< non che accresce il nomerò dei caTalli leggieri^ di 
daexàila di pio. Pietro Giustiniano ponto non discorda dagli altri due Isto- 
lìci Veneziani, ma scrive^'^ che i' cavalU émno setfie mila ira nomini ti* arme, 
eleti^ieri. , ' " • .* * 

^ ? Ilei Gittstuifano è posta nna Qfasione &tia jjal fcoftte di Pitigl&ino, 
i^Ua'qoale .e(ùicÌDde,«che si assalti ^revi, e 4 qi^est^ FAlviano contrad- 
dica ^ come gpi*.àoEÌve, consiglianflo phitV>^. aj andare ad 'affroj^tarff 1 
nemici i * * . ^ ^ * * ^\ ' . *• . * 



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3a ^IBRO OTTAVO. 

alla soiam di tutta la gijierrà ;^ehé egli per |^iie$Co ris- 
petto, e per ro'nòFe proprio, e per T onore comiuie 
della milizia italiana, eleggerebbe più ttc^Ho di morire , 
che di tonsenlire sf tanta ignominia. Occupò prima . 
r esercito Rivolta,, dove i* Fraozesi iioh avevano W, 
piata guardia alcuna; p ve messi cinquanta* ca^^Ui e 
trecento fanti ^ si accostala Trevì^ teVra poco distante 
da Adda, e situata rn luogo alquanto eminente, e nelk 
quale Ciamoùte avevs^ lasciate cinquanta lànee, e^milbi 
fanti sótto' il capitano. Imb^lt, Frorìtaglia Guascone,, e 
^1 cavalière Bianco. {Piantate le artigKme dalla. parte, 
yerso Cacciano , cfve il mtiro era più debole, e facendo 
J|k>gres8o gUnde , .quegli xhe erano dentro il giorno 
Tegnente si arrenderono, salvi i fidati 9 ma senza 
aiuni,. ^ rìmanépdoprigioni i capitani ,*.e la terra à.éà^* 
i^rezione Ubèra del vincitore ; la quale subilo. andò' a 
saecp,' con *jfc»90 roa^iore déi..viqfiiitori, che dei 
vinti. Perchè il re di Fi:an€iia,.coi|ie,.int6se il campo 
inimicò essere iftt^mo ^a Trevi , parendogìf che Uf p^*-' 
difip di quel luogo ^uasi ìa su gli. occhi stioi. gli -;tc^ 
^i#9Se raphò della, riputasione^ si mosse subitamente . 
da Mitai>o per «occorrerlo ; e condotta il dì* poi che' ei^ . 
stato pr^o tFre vi , éhe^fuilnono giorno, di maggio 9 --in 
' s^I .fiume, p^es^'a C^oiaiio, ove'prima peir la opp5r- 
•tU^iità di fasciano erano stati «enza difficultà gittati 

. * Acconsente a qnesta opinione il Mocenigo , obe fa' presa di Treyi tbsse 
<*^gione di lasciar passare Adda'^al re jli Trancia senu oontTtt8to% ancor <^- 
estot^aria in qnalche parte. Usei nqndintenp faora yna voce allora, «che la 
discordia dei dne. capitai^ Pitigliano/ e AWiano Tosse pri|icipi)l cagione. di 
* lasciar passare il re. Altri dicono » che* fu iuaTverten^ di - essi capitatiì ', 
^sseddo, maasiniamente ^nésia matti^ gran nebLia, Alti*! tengono, che 
non'.si poteUe impedirla) giaechè^l.re era di£eio*dalla..tei7a di QMheiiknp 
^osta^ln ImJgó eoiinenta s^i^ il fidme/ ond^ coti le ait%liene €Ì sajpbbe 
* potato jiiolpsUÌrre«i?cltéVbtieÉÌànou Vedi rifyl«cd/A. * *.* ' " •*. 



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CAPITOLO SSCSOUDO. — *- I SoQ. 33 

tre ponti in «alle barche , passò eoo tutto V esercito , 
senza ftu*6Ì dagrimmici dimostrazione alcnna di te^ 
sistergli V maravigliandosi ciascuno, che oziosamente 
perdessero tanta occassione di assaltare k prima parte 
delie genti che fosse passata^ esclamando ilTriulziò, 
quando vedde 1' esercito senza- impecUmento : Oggi, o 
re Cristianesimo , abbiamo guadagnato la Dittoriai 
La quale occasione è manifesto che medesimamente 
fii conosciuta , e -voluta usarte dai capitani Atì Vene-- 
ziani^ Uiano])fu mai in potestà loro, né. con autorità; 
ne con preghi, né con mini^cee'fare uscire di Trevi i 
soldati , occupati nel sacco e nella preda. Al qual dis^ 
ordine non bastando alcun altro rimedio* a provve-' 
dere , 1' Alviano per necessitargli a uscire fece mettere 
fuoco nella terra; ma. fu fatto questo rimedio tanto 
tardi, dbe già i Franzesi con grandissima letizia erano 
intieramente passati, beffandosi della viltà, e del poco 
consiglio degl' inimici* 

Alloggiò il re con l' esercito poco più di un migliò 
vicino aU'aUoggiamepto ^^i Veneziani, posto in luogo 
alquanto rilevato, e per il sito, e per i ripari fotti, 
forte in modo, che non si poteva senza manifesto peri« 
colo andare ad assaltargli; ove consultandosi in qual 
xA^Q si dovesse procedere, molti di quegli, che inter- 
venivano nei consigli del re, persuadendosi che le 
armi di Cesare avessero presto a sentirsi , confortavano 
che si procedesse lentamente; perchè essendo ' nei fatti 
d'arme migliori le condizioni di colui, che aspetta di 
essere assaltato, che di chi cerca di assaltare altri, la 

' Cosi di sopra , nel Libr. V, ha deuo «ssere dùaTyaiitaggio «a^ssallar^ 
altra! nel proprio alloggiamento. Ma n^l Lib. I ho notato nn' opinion 
contraria , tolta da Tito Liv. nel Lib. Vili della Deca 3. 

Ili, 3 



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34 UBRO OTTAVO. 

necestUà costrìngerebbe i capitani Veneziani , veden^ 
dosi impotenti a difendere queir imperio da tante parti, 
a cercare; di fare la giornata. Ma il re sentiva diversa- 
mente, purché si avesse occasione di combattere in 
luogo, dove il sito non potesse prevalere alla virtù 
dei combattitori , inosso, o perchè temesse non fossero 
tardi i movimenti del re dei Romani , o perchè tro- 
vandosi in persona con tutte le forze del suo reame, 
non solo- avesse speranza grande della vittoria , ma 
giudicasse disonorarsi molto il nome suo , se da per se 
senza aiuti di altri non terminasse la guerra , e per il 
contrario essergli sommamente gloripso , che per la po- 
tenza e virtìi sua ottenessero non meno di lui gli altri 
confederati i premj della vittoria. Da altra parte il 
senato, e i capitani dei Veneziani, non si accelerando 
per timor di Cesare i consìgli loro, avevano deliberato, 
non si mettendo in luoghi eguali a loro e agi' inimici , 
ma fermandosi sempre in alloggiamenti forti , fuggire 
in un tempo medesimo la necessità del combattere , e 
impedire ai Franzesi il far progresso alcuno impor- 
tante. Con queste deliberazioni stette fermo 1' uno, e 
l'altro esercito tutto un giorno; nel qual luogo, ben- 
ché tra i cavalli leggieri si facessero spessi assalti , e 
che i Franzesi facendo piii innanzi le artiglierie cercas- 
sero avere occasione di combattere, non si fece mag- 
gior movimento. 

Mossesi il giorno seguente il re verso Rivolta per 
tentare se il desiderio di conservarsi quella terra fa- 
cesse muovere gì' Italiani; i quali non si movendo, per 
ottenere almeno la confessione tacita che e' non ardis- 
sero di venire alla battaglia, stette fermo per quattr' 
ore innanzi all' alloggiamento loro con tutto l' esercito 



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CAPITOLO SECONDO. iSoQ. 35 

ordiiAto alla battagKa; non facendo essi altro moto, 
che di volgersi, seAza abbandonare il sito forte, alla 
fronte de^ Franzesi in ordinanza. Nel qual tempo con- 
dotta ^a una parte dei soldati del re V artiglieria alle 
BEiura 0i Rivolta, fb in poche ore presa per forza, ove 
alloggiò la sera medesinm il re con tutto l' esercito, an- 
gustiato ndl' animo, e non poco del modo col quale 
procedevano gV inimici, il consiglio dei quali tanto più 
budaiNt, quanto più g}i dispiaceva. Ma per tentare di 
e^ndorgli per necessità a quel che non gì' induceva 
la volontà, dimorato che fìi un giorno a Rivolta, ab- 
{MHiciatala nel partirsi,' mosse l'esercito per andare 
ad alloggiare a Ya^à, o a Pandino la notte prossima, 
sperando da qualunque di questi due luoghi potere 
comodameiRe impedire le vettovaglie, che da Cremona 
cda Crema venivano agl'inimici, e così mettergli in 
necessità di abbandonare l'alloggiamento, nel quale 
ia»no allora erafio stati, Conoscevano i capitani Ve- 
neziani «quali fossero i pensieri del re, né dubitavano 
essere Necessario di mettersi in uno alloggiamento forte, 
propinquo agi' inimici;, per continuare di tenergli nelle 
medesime difficultà ed impedimenti ; ma il conte di 
Pitigliano consigliava che ji differisse il muoversi al 
giomd seguente. Nondimeno fece instanza tanto ar- 
dente del contràrio l'^viano, allegando essere neces- 
sario il prevenire, che finalmente fu deliberato di muo-* 
versi subitamente. 

Due erano, i cammini-*, Funo^ìiù* basso vicino al 

' n Bemho ^ice^icUe il Trinino, nomo molto esperto nelle guerre cpnn- 
§110 H it , c^ m>n^ InoveMe del luogo, ma Tedendolo muOT^, disse : io 
Teggor9ggi i'^i^i^sÌMii padroni di tnt|a Itilìa.' 

* Cdtadncoiio smallane queste vie a Pandino, come scrìve il Ufocenigo, 
il tfààìt 8» Ognfocma in molti capi con questo autore. '■* 



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36 LIBRO OTTAVO^ 

fiume d«ir Adda, iha piii lungo' a condursi ai' tUoglii 

sopraddetti I andandosi per la linea oblìqi!ia, l'altro piìr 

dii50o$to dal fiume, ma più breve ^ perchè si a^davit per 

linea diritta, e , come si àiùè^ quésto per. lì corda dell' 

arco, quello per l'arco» Per il can^iùino di'sottp pro^ 

cedeva l'esercito del re, nel quale si dicevano, essere 

più di duellila Ibiice) sei mila .&nti^ Svizzeri , e dodici. 

mila Guasconi e Italiani, munitissimo 4ì '.^u^l%i*^ò , e 

ohe avQva copia grande di guas^tori. Per il cammino 

di sopra ^ e a man destra verso rinimico, *procedem 

r esercito Veneziano, nel quale 9Ì' dicevano essère due. 

mila uomini di arme, più di venti mila fanti, e numero. 

grandissimo di cavalli leggieri^ pà^rte italiani , parte 

condotti dai Yenefitiani di Grècia ^ i qUsdi correvano^iii* 

nan;ii, ma non si sdlargando <{uanta soglionoi, perchè. 

gli sterpi ed arboscelli , i^ei quali tra Tuno e Tlalttl) 

esercito era pieno il pa^e, gì' impedi vaiio\ «come me«^ 

desimaménte impedivano che l'uno ife l'altiq esercito 

non si vedesée. Nel qual {nodo prockleùdo, ed avatir^ 

s^ndd continuamente di cammino l' esercito Ytnédatto^ 

si appropinquarono mcdto in un tempo medesinoò 

Tavai^ua^dia Fràneese governata da Ceùrlo d'^A.m*» 

buosa e da- GiliniacopO da Triulzi (nella quale ereli6 

cinquecento lance, e i &nti Sviizeri V, e il rètro^uardo 

dei VeneEis^t guidato/ da Bartolommeo d'Alviaiio^ nel 

quale erano ottooenlo uomini di arme^ e quasi tutto 

. il flore dei fanti dell' esercito, ma chi^ con^procedevp 

molto Ordinate^;' non pèusdode l' Alviano^ che quel 

giorno si dovesse" combattere. Ma come ,vèdde "èssersi 

tanto approssimato agi' Snimrci, o sv^gk^Ltasi in )ljf k 

•••.':•. .. * ^ é .. '■; :-.■*■ :* ' '• 

' Di ciò yicwSe inbpatai»^* Avviano per qiMl't^a^lb^erbio jpli^o le >mo« 
derno ^^e -è bratta upjia a un capìtftno dire ; /a nànpensi^ih .*' " 



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solita .calacela, .0 veda^dosi ridotto in luogpf che era 
'óe<2as§ano fare la giórimta, significatgi subitamente al 
CQBte di'Pitiglianp, cbe'andaya ipnanri con l'altra parte 
dell' èsérpito , la sua o ne<5essita, o deUberaxione, Ip 
ricercò che vanisse a socporrerlo. Alla qnal co$a il conte 
rispose, che attendesse ai camminare, e fuggisse il com*- 
battere ; perchè, cosi ripercavano le ragipni della guer- 
ra, e perchè'tàle «ra la delib«ras5Ìoni3 del senato Yc- 
nezianp. Ma T A4viano in questo ^mez^o, avendo collo- 
cati i suoi fanti coti sei pei^ri di artiglieria sopra un 
pipipolo argiwS ffttto pe)r ritenere Y impeto di uri torr 
rente, il quale non menando allora, acqua passava tra 
Tunp e l'altro esercitp, assaltò gì' inimici co» tal vi- 
gore, e con tale furore, che gli qostrinse a piegarsi., 
essendogli in questo molto fovorevole ]' essersi princi- 
piato it fatto d' arme in certe vigne , oye pe^: i tralci 
disile yittinon-poteyano i cavalli dei Franasi espedii- 
jtamente adoperarsi. Ma fattasi innanri per quésto pe* 
ricplp la battaglia dell'esercito Francese ^ nella quale 
^ra la persona del re, si serr^iroiio i due primi squar*^ 
droni addosso alla gente dell' Alviano, il quale, ^er il 
principio feliee venuto in graudis$ii«a speranti della 
»^ittpria,cprrendo in qua e in là, riscaldava, e stimor 
l^va QW ardentissime voci i soldati jbupì. V 

Goi^a^vasi da ogni parte m^lto ferocemente , 
avendo i Francesi f^r il soccorso dei suoi ripigliato le 
forze <R r^mi?io, ed essendo la battaglia ridotta in 
luogo aperta, ove i cavalli, dei quali moUo prevalevnr 

v' • In qncflto fttl6 d'arme ancoesso a VafU in Ghiaradadda ai «4 di mag- 
gio i5o9 son ripresi i capitani dei Veneziani, che non seppero temporeg- 
gMce, perciocché ^M^n4o la naifradei Vr»mm iM* prjwjipip fmiof^^.come 
ai editto di w>pr» n^l I4b. IV» qon U *^rd»P?a ppi fa??lwiw*p ai < 
Leggi quanto quivi ho notato con aUi» jMllmità ed «9empi* 



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38 LIBRO OTTAVO. • ' • 

no, si potevano liberamente maneggiare, accesi an- 
cora assai per la presenza del re , il quale , non avendo 
maggiore rispetto alla persona sua che se fosse stato 
privato soldato , esposto ial pericolo delle artiglierie , 
non cessava, secondo che con i suoi era di bisogrfo, di 
comandare, dì confortare, di minacciare; e da altra 
parte i fanti Italiani inanimiti dai successi primi com- 
battevano con vigore incredibile , non mancando* l-Al- 
viano di tutti gli ufficj convenienti ad eccellente sol- 
dato e capitano. Finalmente, essendosi con somma virtù 
combattuto circa a tre ore , le genti Veneziane dan- 
neggiate maravigliosamente nel luogo aperto dai ca- 
valli degP inimici , e ricevendo oltre a questo non pic- 
colo impedimento, che nel terreno, diventato lubrico 
per grandissima pioggia sopravvenuta mentre si com- 
batteva , non potevano i fanti combattendo fermare i 
piedi ; e sopra tutto mancando il soccorso dei suoi , 
cominciarono a combattere con grandissimo disavvan- 
taggio. E nondimeno, resistendo con grandissima virtù , 
ma già avendo perduta la speranza del vincere, più 
per la gloria, che per la salute, fecero sanguinosa, e 
per alquanto spazio di tempo dubbia la vittoria dei 
Franzesi ; e ultimamente perdute prima le forze , che il 
valore, senza mostrare le spalle agl'inimici, rimasero 
quasi tutti morti in quel luogo; tra i quali fu molto 
celebrato il nome di * Piero , uno dei marchesi del 
monte a Santa Maria di Toscana, esercitato condot- 
tiere di fanti nelle guerre di Pi^ agli stipendj dei Fio- 
rentini , e allora uno dei colonnelli della fanteria Ve- 

' Di questo Pietro dei marchesi del Monte S. Maria in Toscana yien 
fiitta onorata menzione dagli scrittore Veneriani, cioè dal Bemko nel Lib. VII^ 
dal Mocenigo nel i , e dal Giusùniano nel io. 



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CAPITOLO SECONDO. — I Sog. 3g 

neziana. Per la quale resistenza tanto valorosa di una 
parte sola dell' esercito , fìi allora opinione costante di 
molti, che se tutto l'esercito dei Veneziani entrava 
nella battaglia, avrebbe* ottenuta la vittoria; ma il 
conte di Pitigliano con la maggior parte si astenne dal 
fatto di arme, o perchè, come diceva egli, essendosi 
voltato per entrare nella battaglia fosse urtato dallo 
squadrone che già fuggiva, o pure, come sì sparse la 
&ma, perchè non avendo spettanza di poter vincere, 
e sdegnato che l'Alviano avesse, contro l'autorità sua, 
preso animo di combattere, migliore consiglio ripu- 
tasse che quella parte dell' esercito si salvasse , che il 
tutto per l'altrui temerità si perdesse. Morirono in Questa 
battaglia pochi uomini di arme, perchè la uccisione 
grande fu dei fanti dei Veneziani , dei quali alcuni af- 
fermano esserne stati ammazzati otto ipiia, altri dicono 
che il numero dei morti da ogni parte non passò in 
tutto sei mila. ' Rimase prigione Bartolommeo d'Al- 
viano , il quale con un occhio e col volto tutto percosso 
e livido , fu menato al padiglione del re ; presi venti 
pezzi di artiglieria grossa, e molta rovinata ; e il rima- 
nente dell'esercito, non seguitato, si éalvò. 

Questa fu la giornata famosa di Ghiaradadda , o , 
coinè altri la chiamano, di Vaila, fatta il quartodecimo 
giorno di maggio; per memoria della quale il re fece 
nel luogo , ove si era combattuto, edificare una 

' Dicono, che Bartolommeo d'Alviano, avendo attaccato il fatto d'arme 
coniFraiizesi a Vaila contro la volontà del Pitigliano, imitò Terenzio 
Tarrone a Canne, die contro al parer di Paolo Emilio fece giornata con 
Annibale; ma die lasciandosi far prigione, avendo, come scrive il Móce- 
rògo, potato scampare, ^li imitò Emilio, il qnale, vedati rotti quivi i 
Romani, non volle sopravvivere aUa repubblica; talché, e in quello, e in 
questo atto vengono a tassarlo di temerità. 



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4o LIBRO OTTAVO* 

cappella, ondrandola col nome ' di Santa Maria della 
Vittoria. 

Ottenuta tanta vittoria il re , per non corrompere 
con la negligenza la occasione à^quist^^ta con la virtù 
e con la fortuna, andò il seguente giorno a Garavag^ 
gio f ed essendosegli airenduta subito a patti la terra , 
battè con le artiglierìe la fortezza , la quale in spazio 
di un dì si dette liberamente. Arrendessegli il pros* 
simo dì 9 non aspettato ehe l'esercito si accostasse, la 
città di Bergamo , nella quale lasciate cinquanta lance 
e mille fanti per la espugnazione della fortezza ^ s'in^ 
diriazò a Brescia , dove innanzi arrivasse , la fortezza di 
Bergamo, stata battuta un dì con le artiglierìe, si ar- 
rendè con patto , che fossero prigioni Marino GrÙMT^o 
e gli altri uffiziali Veneziani , pei'chè il re non tanto 
mosso da odio , quanto dalla speranza di averne a trarre 
quantità grande di danari, era deliberato dì non accet-^ 
tare mai, quando se gli arrendevano le terre, patto 
alcuno, per il quale fossero salvati i gentiluonlini Ve« 
neziani. Nei Bresciani non era più quella* antica xlis- 
posiìsione, con la quale, ave vano al tèmpo degli smÀi 
loro sostenuto nelle guerre di FiUppo Maria Visoooite 
gravissimo assedio per conservarsi sotto l' imperio Ve- 
neziano ; ina inclinati a darsi ai Franzesi, parte per il 
terrore delle armi loro , parte per i conforti del conte 
Gian Francesco da Gambera, capo della fazione Ghi* 

' Coù fino al giorno di oggi questo Uo^o è detto la Vittoria, conte si 
ha dal Lib. VI dell'Istoria di Crema di Alemanio Fino, Coà leggiamo in 
Gio. Fiìlani, che il re Carlo, rotto Gorradino la vigilia di S. Bactolonun^o 
laSS nel piano di Tagliaoouo, fece qaivi per onore della viuoria edificare 
nna diiesa , che si chiama S. Maria della vittoria; il che è nel Lik VII. 

^ Vedi il SabeUico nel Lib. III deUa tersa deca , dorè racoonu V aMcdio di 
Brescia , e il Corìo nella 5 parte. 



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CAPITOLO SiSQONDO. I SoQ. 4 * 

bellina, avevano, il dì dppo la rotta, occupale le porte 
della città, opponendosi apert<^inente a Giorgio Cor- 
nato, il qmk andato quivi con. grandissima celerità 
voleva mettervi gente. E dippi, accQstato$i alla pitta, 
r esercito Veneziano, diminuito assai di numero, non 
tanto per il danno ricevuto nel fatto di arme^, quanto 
perchè , come accade ókci casi simili , molti volontar 
riamente se ne partivano, di^rezzarono l'autorità ed 
i preghi di Andrea Gi^tti, <fbe entrò in Brescia, a ' porr 
suadérgji chie gli ac(;elìtassei:o per loro difesa. Però 
r esercito ) non ai riputando sicuro in quel luogo, and^ 
verso Peschiera ; e la città di Presela , facendosele au-^ 
tori i Gamberescbi, si arrendè al re di Francia;. e il 
medesimo fece due dì poi 1^ fortezza , con patto che 
fossero salvi tulti quegli che vi erano d0ntro , eccetta 
i gentiluomini Veneziani. 

Ma come a Venezia pervisnne là nuova di tanta, oala^ 
mità, non si potrebbe immaginare, non <;fae scriverà., 
quanto fosse il dolore e lo spavento universale^ e quamtoi 
divenissero oonfuisi ed attoniti gli animi di tutxi, inso^ 
liti a^ sentire awèn&ità tali, anzi ' afsu^&tti a riportarle^ 
qua&i sempre vittoi^ia in tutte le. guerra, e.pre$entan** 
dosegli innanzi agli occhi la perdita dello iknperio, <^ il 
pericolo dell'ultima rovina della loro patria, inJuoga 
di tanta gloria e grandezza , con là qìualè da pochi masi 
in4iatro si proponevano nelF animo l' imperio di ituttai 

' Si legge ueir Istoria di Mocenigq nu parlamento, che Andrea Grittl 
fece ai Bresciani con persuadergli a stare in fede , dopo questa ^È^ di 
. Obìaadadda , p a simiif poneil d'wdfma«o. 

' Tanto piji ai.Vei^^ian^ ia nnuleslala lOlìA a Vaila, quanto p)if«( 
r esser nsi a riportar quasi sempre vittoria , V Alviano aveva cou 9ue 
lèttere promessa loro la vittoria certa. Vedi H tìemlfo; al principio de! 



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4^ LIBRO OTTAVO. 

Italia. Però da ogni parte della città si concorreva con 
grandissime grida, e miserabili lamenti al palagio pub- 
blico, nel quale consultandosi per i senatori quello , 
che in tanto caso fosse da fare , rimaneva dopo lunga 
consulta sopraffiitto il consiglio dalla disperazione, 
tanto deboli e incerti erano i rimedj, tanto minime e 
quasi nulle le speranze della salute ; considerando non 
avere altri capitani, ne altre genti per difendersi, che 
quelle, che avanzavano della rotta, spogliate di forze 
e di animo ; i popoli sudditi a quel dominio, o inclinati 
a ribellarsi , o alieni da tollerare per loro danni e peri- 
coli ; il re di Francia con esercito potentissimo , e in- 
solente per la vittoria , disposto a seguitare il corso 
della prospera fortuna; al nome solamente del quale 
essere per cedere ciascuno. E se a lui solo non avevano 
potuto resistere, che sarebbe, venendo innanzi il re 
dei Romani, il quale s' intendeva appropinquarsi ai con- 
fini loro, e che ora invitato da tanta occasione accele- 
rerebbe il venire? Mostrarsi da ogn^ parte pericoli e 
disperazione, con pochissimi indizj di speranze. E che 
sicurtà avere, che nella propria patria, piena d' innu- 
merabile moltitudine, non si suscitasse, parte per la 
cupidità del rubare, parte per 1' odio contro i gen- 
tiluomini, qualche pericoloso tumulto?. Già (quel che è 
l'estremo grado della timidità) riputavano certissimi 
tutti i casi avversi , i quali si rappresentavano alla im- 
maginazione prioria che potessero succedere : e non- 
^OMo, raccolto in tanto timore il meglio potevano 
r animo, deliberarono di fare estrema diligenza di 
riconciliarsi per qualunque modo col pontefice, col re 
dei Romani, e col re Cattolico, senza pensièro alcuno 
di mitigare l'animo del re di Francia, perchè dell' odio 



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CAPITOLO, SECONDO.— ìSog. 4^ 

SUO contro a loro non manco diffidavano , che temenH 
sero delle sue armi. 

Né posti perciò da parte i pensieri di difendersi, 
attendendo a far provvisione di danari, ordinavano di 
soldare nuova gente per terra, e temendo dell'armata, 
che si diceva prepararsi a Genova, accrescere insino 
in cinquanta galee Tarmata loro, defila quale era capi- 
tano Angelo Trivisano. Ma preveniva tutti i consigli loro 
la celerità del re di Francia, al quale, dopo l'acquisto 
di Brescia, si era arrenduta ■ la città di Cremona, rite- 
nendosi ancora per i Veneziani la fortezza, la quale, 
benché fortissima, avrebbe seguitato V esempio degli 
altri , avendo massimamente nei medesimi giorni fatto 
il medesimo la fortezza di Pizzichitone, se il re avesse 
consentito che tutti ne uscissero salvi. Ma essendovisi 
ridotti dentro molti gentiluomini Veneziani, e tra gli 
altri Zaccaria Con tareno, ricchissimo uomo, negava di 
accettarla, se non con patto che questi venissero in 
sua potestà : però mandatovi gente a tenerla assediata , 
ed essendosi le genti Veneziane , che continuamente 
diminuivano, * fermate nel campo Marzio appresso a 
Verona, perché i Veronesi non avevano voluto rice- 
verle dentro, il re camminò innanzi a Peschiera per 
acquistare la fortezza, essendosi già arrenduta la terra. 
La quale come ebbero cominciata a battere con le arti- 
* gliene, vi entrarono per piccole rotture di muro con 
impeto grandissimo i fanti Svìzzeri e Guasconi, ammaz- 
zando i fanti , che in numero circa quattro cento vi 

' Aggiogni anco Crema, la qnal terra si diede al re per opera di Sondino 
Bensoni. Vedi U Bembo , e Jlemanto Fino nelle istorie di Crema. 

* Questo medesimo scriTòno il Bembo et il Mocenigo, ma il Bembo hg" 
gingne, che i Veronesi farono £itti esenti dalla gabella della macina , finché 
la guerra dnrasse. 



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44 - UBRÒ orrAvo. 

eran denteo; ' e il capitalo della' fortezaa, che era me- 
desimamente capitano della terra /gentiluomo Vene- 
xiaao, fdftto pHgtoae, fu per comandamento del re 
ÌQ^ìeme qol figliuolo ai merli medesimi impiccato ; in- 
durendosi il re a questa crudeltà, acciocché, quegli, 
che erano n^lia fortezza di Cremona, spaventati per 
questo supplìzio , non si difendessero insìno all' ùltixnrf 
.ordinazione* Così aveva in spazio di quindici giorni* 
dopo la vittoria acquistato il re di Francia, dalla fpr*^ 
tezza di Cremona in fuora , tutto quello che gli appar- 
t^eva per la 'divisiotie £stttaaGambrai; acquisto' molto 
opportuno al ducato di Milano , e per il quale si accres^ 
cavano l'entrate regie ciascun anno molto più di du^ 
genio mila ducati. 

N^l qnal t^npo, non si sentendo ancóra in luògo 
alcuno le armi del re dei Romani , aveva il pontefice 
assaltate le terre di Romagna con quattro òento ubinini 
di arme, quattro cento cavalli leggieri ed òtto m*i)a 
fan ti 5 e con artiglierie del duca di Ferrara, il quale 
aveva eletto gonfaloniere della chiesa , titolo , secondò 
Tuso dei tempi nostri, più di dignità che di autorità « 
preposti a questo- esercito Francesco da Castel del Rio, 
cardinal di Pavia, con tìtolo di legato apostolico, e 
Francesco JMlaria della Rovere^ figliuolo già di Giovanni 
suo fratello , il quale adottato in figliuolo dà Guido 
fialdo duca di Urinino zio materno, e confermata per* 
l'autorità del pc^ntefiee T adozióne nel concistoro, era 
l'anno dinanzi, morto liii senza altri figliuoli, succe- 
duto in quel ducato. Con questo esercito avendo sborso 

' Qwcsto oapi^no di PescMera, «econdo il Bembo, e il Moeemgo, fu 
Andina dA R^a, benché il Mocenigo non dice, che ei fosse dal -re fiitto 
morire. Il Giustiniano lo dice. ^ 



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CAPITOLO SICOROO. -r-^ I DOQ. 45 

da Cesena verso C»YÌa^ e venuti |k>ì tra Im<^ e 
Faenxa^ presero la terra di Solardb^ e stala qualdie 
dì alia Bastia vicina a tre miglia di Faenza andarono a 
Beraghella^ terra principale di Valdilamone, ove era 
entrato ^ &ian Paiolo Manfirone con ottocento fanti e 
alcuni cavalli : i quali usciti fuora a combatt^e , con^ 
dotti in un aguato, furono sì vigorosiffliente assaltati da 
Gian Pagok) Bagikme e Lodovico dalla Mirandola , con- 
dottieri neir esercito ecclesiastico ^ ohe rifuggendo nelk» 
t^rra, vi entrarono mesookti insieme con loro, e con 
tak impeto , che il Manfirone caduto da cavallo « ap*« 
pena ebbe tempo a ritirarsi nella rocca ^ alla qude 
essendosi presentata l'artiglieria, fu dal primo colpo 
abbruciata la muniiione, che vi era dentro; dal qoal 
caso impauriti si rimessero senza alcuna condizione 
Bèir arbitrio dei vincitori. Occupata tutta la valle ^ 
r esQxito sceso nel piano, preso Granarolo , e tutte le 
altre terre del contado di Faenza^ andò a campo a 

, JRussi, castello. situato tra Faeiua e Ravenna, ma di 
non facile espugnazione; perchè circondato da fosse 

rtat^è e profónde e forti, era guardato da sei cento 
''.f^nti forestieri. £ feceva la espugnazione più difficile 
' non essere nell'esercito ecclesiastico né quel cousigfio , 
né quella ccmcordia , che sarebbe stata, necessaria > 
benché le forte vi abbondassero ;conciossiachè di nuovi^ 
vi erano giun^ tre mila fanti Svizzeri soldati dal pon* 
tefice. Fperq x;on, tutto ^he i Veneziani n&n fossero 
polenti in Romagna^ sì faceva coltro a loco poco pro- 
gresso; i qualf per itìfestare essendo uscito di Ravenna 
con la sqa compagnia •Gioyànni Greco j .capitano dr 

,' Gol Mdnfrofte^fo aiKO itca|>«tano*Tar(aro, fKMne scrìve il J9em^. 

'' Cgili Giovanni 'Greco fiijcopo a'qoésYa teàmnticcia Marco Fforonc, per 



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46 LIBRO OTTAVO. 

stradiotti, fii rotto ^ e fatto prigione da Giovanni Vi- 
telli uno dei condottieri ecclesiastici. Pure finalmente, 
poiché furono stati intorno a Russi dieci giorni, Fotte- 
nero per accordo : ed essendo in questo t^npo stesso 
succeduta la vittoria del re di Francia, Itf città di 
Faenza, la quale, per esservi pochi soldati dei Vene- 
ziani, era in potestà di se medesima, convenne di rice- 
vere il dominio del pontefice, se fira quindici dì non 
fosse soccorsa. La qual convenzione poiché fu fatta , 
essendo usciti di Faenza cinque cento fanti dei Vene» 
ziani, sotto la fede del legato, furono svaligiati per 
c<Mnmissione del duca di Urbino. Fece il medesimo (a 
città di Ravenna subito che se gli accostò f esercito. 
' Così, più con la riputazione della vittoria del re di 
Francia, che con le armi proprie, acquistò presto il 
pontefice le terre tanto desiderate della Romagna, 
nella quale non tenevano più i Veneziani altro che la 
fortezza di Ravenna, contro ai quali si scoprivano, 
dopo la rotta dell' esercito loro, ogni dì nuovi inimici.' 
Perchè il duca di Ferrara, il quale insìno ^ quel dì 
non si era voluto dimostrare, cacciò subito di Ferrara^ 
il ' bisdomino, magistrato che, per antiche conven^ ^ 
zioili , per rendere ragione ài sudditi loro vi t^ievano 
i Veneziani ; e prese le armi ricuperò senza ostacolo' 
alcuno il Polesine di Rovigo, e sfondò ^ con le arti* 

soprannome Grosso, e lacopacdo da Ravenna- insieme con Bastiano Mar- 
telHno con una banda di Rayignani, come scrìve Girolamo Rossi nel 
Lib. Vili dell' istoria di Ravenna , dove si leggono questi successi della 
Romagna.. 

' Era bisdomino allora in Ferrara , come dice ìL Bembo, Loiet da Mula; 
ma di qnesto magistrato» qaando fosse dai Veneziani introdotto in Ferrara, 
leggi quanto n' ho scrìtto sotto in questo Lib. \II^ ^ 

* Il Bembo dice, che Bastian Moro^ il qhale era con Paiteata in Adige, 
eiieiido molestato dall' una , e 1* aUi-a rìvtf dai contadiiù , 'e per il sedx> noh 



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CAPITOLO SECONDO. — iSoQ. 4? 

gliene V armata dei Veneziani, che era nel fiume dell' 
Adice ; e al marchese di Mantova si arrenderono Asola 
e Lunato, occupate già ^i Veneziani, nelle guerre 
contro a Filippo Maria Visconte , a Gianfrancesco da 
Gonzaga suo proavo. ' In Istria Gristo&no Frangipane 
occupò Pisinio, e Divinio; e il duca di Bransvich, en- 
trato per comandamento di Cesare nel Friuli con due- 
mila uomini comandati, prese Feltro e Bellona : alla 
venuta del quale, e alla fama della vittoria dei Fran- 
zesi , Trieste e le altre terre , dall' acquisto delle quali 
era proceduta ai Veneziani la origine di tanti mali, tor- 
narono all'imperio di Cesare. Occuparono eziandio i 
conti di Lodrone alcune castella vicine , e il vescovo 
di Trento , con simile movimento , Biva di Trento e 
Agresto. 

Ma niuiia cosa aveva dopo la rotta di Vaila spaven- 
tato tanto i Veneziani , quanto la espugnazione della 
rocca di Peschiera , intorno alla quale si erano pej*- 
suasi doversi per la fortezza sua fermare l' impeto dei 
vincitori. Però attoniti per tanti mali, e temendo estre- 
mamente che il re di Francia non si facesse più innanzi, 
disperate le cose loro , e astretti più da timidità che da 
consiglio , ritiratesi le genti loro a Mestri , le quali 
senza obbedienza, e ordine alcuno erano ridotte a 
numero mpltp piccolo, deliberarono, per non avere 
più tanti inimici, e con disperazione forse troppo presta, 
di cedere all'imperio di terra ferma; né meno per 
levare al re di Francia la occasione di approssimarsi a 

potendo moversi, fa forzato la notte a gettar V artiglierie grosse nel fiume , 
e cosi con gran fatica si condusse alle. Bebé. , 

' Leggi nel Lib. I dell' Istoria del Hiocenigo qnesti pregressi nell' Istoria 
di Cristoforo Frangipani , e del dnca di Bransvich. 



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4^ LIBRO OTTAVO. 

Vevesia; perchè non stavamo senza sospetto^ che in 
quella città si facesse qualche tumulto concitato^ o dai 
popolari , o dalla laokitudìm innumerabile che vi abita 
di forestieri ; questi tirati da desiderio di rubare , que* 
gli da non voler tollerare, che essendo eiltadifii nati 
per lunga successione in una medesima città*, anzi 
molti del medesimo sangue , e delle medesime fami-** 
glie, fossero escludi dagli onori, e in tutte le cose quasi 
soggètti ai gentiluomini. Della quale abiezione di animo 
fu anche nel senato allegata questa ragione, che se 
volontariamente cedevano all'imperio, per fuggire i 
pr^enti pericoli , che con più facilità ritornando mai 
la prospera fortuna, lo ricupererebbero; perchè i po- 
poli licenziati spontaneamente da loro, non sarebbero 
così renitenti a tornar sotto l'antico dominio, come 
sarebbero, se se ne fossero partiti con aperta ribellione. 
Dalle quali ragioni mossi, dimenticata la generosità 
veneziana, e lo splendore di tanta gloriosa repubblica , 
contenti ah ritenersi solamente le acque salse, com* 
me^sero agli ufBzìali, cIm erano in Padova, in Verona, 
e nelle altre terre destinate a Massimiliano , che, lascia- 
tele in arbitrio dei popoli , se ne partissero. 

Ed oltre a questo, per ottenere da lui con qualunque 
condizione la pace, gli mandarono con somma celerità 
ambasciatore ' Antonio Giustiniano , il quale ammesso 

' Antonio Giustiniano , qaando fa mandato a Cesare , era provveditore 
di Cremona, il «ke dice il Bembo al princìpio del Lib.' Vili» dorè soggingne 
che gli fa data coouniatrfone di trattar la pace con ogni dnracbndinoiMy 
promettendo a Cesare di rendergli Trieste e Pordonone , e clie confessereb* 
bero aver come da Ini quanto possedevano in Lombardia, e nella yprdvinda 
dì Venezia. Ti. Giustiniano nel Li^. X scrive, che ricuperata Paddva per i 
Venezfani, il senato mand6 Francesco Cappello a Cesare per voler pace 
seco, cedendogli ^éa Padova eTr«?igi in fvora, ogni cosa; ma che Cesare 
non lo volle lasciare entrare nei soci confini. Mandaroiio poi Luigi Moce- 



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CAPITOLO SECONDO. iSog. 49 

in pubbfita audienza al co&petto di Cesare , parìò mi- 
serabilmente^ ^ con grandissima sommissione, tnf in 
vano ; perehè Cesare ricusava di fare senza il re di 
Francia eidtif etiziotte aleUna. Non ini pare alieno dal 
nostro proposito ^ acciocché mieglio i' intenda in quanta 
costernàìionè di animò fos^e ridotta quella repubblica, 
la quale già più dì dugento anni non aveva sentito 
avversità pari a questa, inserire la propria orazione 
avuta da lui innatizi a Cesare, trasferendo solamente 
le parole latine in voci volgari, le quali furono in 
questo tenore : 

<cÈ Inanifesto e certo, che gli antichi filosofi e gli 
« uomini principali della gentilità non errarono quando 
« quella esser vera, salda, sempiterna ed immortai glo 
tf ria affermarono , la quale si acquista dal vincere se 
c( medesimo : (}uesta esaltarono sopra tutti i regni , 
« trofei e trionfi. Di questo è laudato Scipione niag- 
cc giore chiaro per tante vittorie ; e piti splendore gli 
« dette, che T Affrica vinta, e Cartagine domata. Non 
et partorì questa cosa medesima la immortalità a quel 
« Macedone grande , quando Dario , vinto da liii in 
<c una battaglia grandissima, ' pregò gli dei immortali 
<c che stabilissero il suo regno? ma sfe altrimenti aves- 

nigo, e Antonio Gidstimano , i quali parìmeote non fnrono ammcMÌ , né 
ascoltati. 

' Kon Aìrono veramente le preghiere di Dario agli dei iihmediatamente 
dot>b la vittoria d^Àlessandro alle Pile Amoniche In Garamania, la qaale 
è scritta da Curzio nel Lib. lU , e da altri, ma fnrono dopo che Dario ebbe 
avuto avviso della morte di sua moglie, e fu certificato da Tirìote sdo 
ennilco, che era stata da Aletoandro trattata con molta nmanìtà , ed onestà. 
Onde aUora Dario , volto agli dei » gli t>regò prìnapalmente per la conser- 
vazione di se stesso in quell* imperio ; ma se pur fosse spedito il caso suo , 
a niun altro concedessero il dominio dell' Asia , che al sdo giusto nemico , 
e misericordioso vindlore. Vedi Q. Ctrrzio nel lib. V. 

III. 4 



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5o LIBRO OTTAVO. 

« sere disposto, non chiese altro successore cbe qtifl$to 
(ctamto benigno inimico, tanto mansueto vincitore^ 
«Cesare dittatore, del quale tu hai il nome e la (or-^ 
« tuna, del quale tu lìtieni la liberalità, la munificavca, 
«e le altre virtù, non meritò. egli di essere deficritto: 
« nd num^o degli dei per concedere, par rimettere, 
«per perdonare? Il senato finalmente ed il popolo Ro- 
« mano, quel domatore del mondo, il cui imperio. è in 
« terra in te solo, e in te si rappresenta la sua amplitu* 
« dine €| maestà, non sottopose egli più popoli e provincie, 
a con la clemenza, con la equità e mansuetudine, che 
(c<;on le almi o con la guerra? Le quali. cose poiché 
ce sono così, non sarà numerato tra le ultime laudi 9 se 
« la Maestà Tua, che ha in mano. la vittoiia. acquistata 
ce ^ei Veneziani, ricordatasi della fragilità umana, saprà 
« moderatamente usarla, e se più inclinerà agli studj 
<c della pace, che agli eventi dubbj della guerra. Per-> 
ic che quanta sia la incostanza delle cose umane, quanto 
c( incerti i ^casi, quanto dubbio, mutabile, fellace e 
«pericoloso lo stato dei mortali, non è necessario.. 
« mostrare con esempj forestieri, o antichi. Assai, e più 
« cbe abbastanza lo insegna hi repubblica Veneziana , 
« la quale poco innanzi florida, risplendente, chiara e 
« potente in modo , che il nome e la fama sua cele- 
«brata non stesse dentro ai confini della Europa, ma 
« con pompa egregia corresse per 1' Affrica , e per 
« r Asia, e risonando facesse festa negli ultimi termini 
« del mondo, questa per una sola battaglia avversa, e 
«ancora leggiere, privata della chiarezza delle cose 
« fatte , spogliata delle ricchezze , lacerata, conculcata, 
«e rovinata, bisognosa di ogni cosa, massimamente 
« di coasiglìo, è in modo caduta, che sia invecchiata Ja 



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CAPITOW) 9ECOKDO. — I Sog. St 

« immagine di tutta l' antica yìrtìi, e raffreddato tutto 
« il fervore della guerra^ 

«Ma ingannansi senza dubbio, ingannansi i Fran- 
a zesi^e attribuiscono* queste cose alla TÌrtù loro; con-^ 
<c cìosWachè per lo pa^to i Veneziani travagliati da mag« 
<c gioFé incomodità , percos^ , e consumati da gravis- 
iiwni danni e rovine, non rimessero mai T animo, ed 
<>c allora potis^mameiite, quando con gran pericolo fa- 
te ce vano/guerra molti anni col crudelissimo tiranno dei 
«Turchi, anzi sempre di vinti diventarono vincitori, 
«il medesimo avrebbero sperato che fosse stato al 
«présente, se udito il nome terribile della Maestà Tua , 
« udita la vivace ed invitta virtù delle tue gentil non 
« fossero in modo caduti gli animi di tutti , che non ci sia 
«rifliasto speranza alcuna, non dico di vincere, ma né 
« di. resistere: però gittate in terra le armi, abbiamo 
«riposta la speranza nella clemenza inenarrabile, o 
«piuttosto divina pietà della Maestà Tua, la quale non 
« diffidiamo dover trovare alle cose nostre perdute. 
« Adunque y supplicando in nome del principe, del 
«secato e del popolo Veneziano con umile divozione 
«ti pi'eghiamo, oriamo', scongiuriamo, degnisi Tua 
« Maestà riguardare con gli occhi della misericordia le 
« cose nostre afflitte, è medicarle con salutifero rime* 
« dio. Abbracceremo tutte le condizioni della pace^ che 
« tu ci daì:ai ; 'tutte le giudichereoio giuste , oneste ^ con* 
« fcftini alki equità, e alla ragione : ma forse noi.siamp 
« degni, che * da; noi n^desimi ci tas^iirmo. Tornino 
«con nostro colx^en^p a'te'.Tero $ legittimo signore 
«tutte le cosci. che, i n^s^i.inafggiorìr tolsero al sacro 
«impetìo^ ed ^\ ducato d'Aùsfria •: alle quadi cose, 
« perche "ven'gabo piùjConvenientemente,'aggiugniamo 



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52 - UBRO OTTAVO. 

<x tutto.c|uellO) cke possediamo in terra ferma, alle 
a ragioni delle quali , in Qualunque nuido siano acqui* 
a state, rinunziamb. Pagheremo, oltre a questo^ ogni 
a 0(i^K> alta Maestà Tua , ed ai successori legittimi' dell' 
c( imperio in perpetuo ducati cinquanta mila : nobtdi^ 
u tfmo voletitieri ai tuoi comandamenti, decreti, leg* 
c(gi, preioetti. Difendici, ti prego, ddla insolenza. di 
(c coloro, con i quali poco fa accompagnammo le ai^mi 
« nostre, i quali ora proviamo crudelissimi inimici, che 
(( non appetiscono, non desiderano cosa alcuna tanto, 
« quanto la rovina del nome Veneziano : dalla quale 
« clemenza conservati chiameremo te padre^ progeni - 
« tore, e fondatore della nostra città ; scriveremo negli 
(^ annali, e continuamente ai figliuoli nostri i tuoi me«> 
et riti grandi racconteremo : tìh sarà piccola .aggiunta 
« sHU tue laudi, che tu sia il prim^o, ai piedi del quale la 
« repubblica Veneta supplichevole si prostra in terra , 
(c al qu^e abbassa il collo , il quale onora , riverisce , 
« o^erva come un dio celeste. 

« Se il sommo massimo Dio avesse datò inclinatone 
«ai maggiori nostri, ohe non si fossero ingegnati di 
« maneggiare le cose di altri, già la nostra repubblica 
a piena di splendore avanzerebbe dì molto le altre città 
a dell'Europa, la quale oi^ marcida di squallore, di 
a sordidezza , di corruzione , defbme d' ignominia e 
«di yitupei^io,. piena di derisione e di conturiielia^ ha 
<t dissipato in un lùomoato T onore di .tutte le vittorie 
<c acquistate. M!à perchè il parlare rinomi finalmente 
« dove cominciò i è. in.pbtéàtà.tua, rimettendo, ,e pèr- 
(c donando ai tuoi Veae^ialÀi ;. a^quìis^tar^ un noii^e , ed 
«un onore, del quale nitìnOvincèndoMiX qualunque 
a tempo acquiislò mai' il maggiore,: e. più splèndido. 



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CAPITOLO SECONDO. -^ iSoQ. 53 

ocQuesitO' niuna vetustà, ninna più lungd antichità, 
« niun corso di tempo canceiiecà delle menti dei mor- 
de tali ; ma tutti i secoli tv chiameranno ^ predicheranno^ 
« e confesseranno pio , clemente, princt^ più glorioso 
a di tutti gli altri : noi tuoi Veneziani attribuiremo 
« tutto alla tua virtù, felicità, e clemenza, che noi y\- 
«ràmo, ch^ usiamo r aura celeste, clie godiamo i\ 
<sc commercio degli uomini. 



CAPITOLO TEftZO. 

1 Veneziani fanno consegnare i porti del re§no di Napoli al re d'Ara- 
gona e le ciuà di Romagna al papa. Ravenna si rende all' armi pon- 
tificie. Oratori Veneti a Roma. I deputati di Verona presentano le 
chjttti agli ambasciatori di Hassktt^àano. Tnnlnlta di Tretigi prin- 
cìpio della salvezza de' Veneziani, ^sa è asaediata dai Fioreniini^ I 
Pisani si arrendono ai Fiorentini , che gli accettano con eque condi- 
zioni'. I Veneziani tentano di Recuperar I^adova. Capitani e genti 
elie Yt ^eifiscono. Padinra è> presa scnzft'difBcokà.^ Famft di qnesta 
vittoi^a. Nuova coBÌederazk>ne tl*a il papa e il re di Fraacia, che 
parte d' Italia. I Veneziani assaltano improvvisamente il marchese di 
Mantova , e lo fan prigione , dopo aver disperse \p sue genti. Mas- 
simitiaiio nel Vicentino. 

Mandarono i Veneziani per la medesima delibera- 
zione un uomo in Puglia a consegnare i porti al re 
d'Aragona, il quale, sapendfo senza spesa, e senza 
pericolo godere il &utto delle altrui etiche ^ aveva 
mandato di Spagna un'armata piccolissima, dalla quale 
erano state occupale alcune teiTC di poco momento 
dei contadi di quelle città. Mandarono similmente in 
Romagna un * segretario pubblico con commissione 
che al pontefice sì conseguisse ^el, che ancora si 

' Questo «egr6«ari« fo , seconde» il Btmbo, Jaeopo Caroldo. 



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54 UBBO OTTAVO. 

teneva per loro, in caso che fosse liberato Gian Pagolo 
Manfrone e gli altri prigioni; avessero fsù^ultà di trame 
le artiglierie, e che le genti, che erano nella fortezza 
di Ravenna, fossero salve» Le quali condizioni inen tre 
che il pontefice per non dispiacere ai confederati fa 
difHcultà di accettare, si arrendè la fortezza di Ra^ 
venna, perchè i soldati che v'erano per loro medesimi 
la dettero, ricusando il segretario dei Veneziani, che 
vi era entrato dentro; perchè quegli, che per loro 
trattavano a Roma, davano speranza che alla fine il 
papa consentirebbe alle condizioni, con le quali la 
restituzione avevano offerta; lamentandosi gravemente 
il pontefice * essere stata dimostrata maggiore contu- 
macia con lui, che non era stata usata né con Cesare, 
né col re d'Aragona. E però addimandandogli i cardi- 
nali Grimano e Gornaro Veneziani , in nome del senato 
r assoluzione dal monitorio, come debita per avere 
offerta nel termine di ventiquattro giorni la restitu- 
zione, rispose non avere obbedito, perchè non ['ave- 
vano offerta semplicemente, ma con limitate condi- 
zioni, e perchè erano stati ammoniti a restituire oltre 
le terre i frutti presi, e tutti i beni, che e' possedevano, 
appartenenti alle chiese, o alle persone ecclesiastiche. 
In questo modo precipitavano con impeto grandis- 

* Nel Bembo nondimeBO sì yede, che i Venedani non mostrarono qaest* 
contnmacia col papa, perciocché snbitp avuta la rotta a Vaila, dice» che 
essi gli scrissero di volergli render tntte le terre sne, e che ei non volesse 
comportare, che la repubblica Veneziana fosse lacerata da gente barbara, 
la quale non avrebbe poi né ancor lai lasciato star sicuro in Roma , e eh» 
essendo egli Italiano, piuttosto volesse difenderla, che lasciarla guastare a 
gente pur troppo ingorda della mina di essa. Ciò scrìve egli al princìpio del 
Lib. Vili. Dice poi più di sotto, che i cardinali Grìmani, e Goruaro scris^ 
sero al senato che se non mandavano nuovi ambasciatori al papa , non vi 
«ra speranza di placarlo , onde furono eletti i ««i y che om iMuwliier^ 



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CAPITOLO TERZO. — - I SoQ. 55 

^imo, e quasi stupendo le cose della repubblfca veue- 
ziaìsa, calamità sopra calamità continuamente accu'- 
mutandosi, qualunque speranza si proponevano man^ 
cando, né indizio alcuno apparendo, per il quale 
sperar potessero almeno conservare , dopo la perdita 
di tanto imperio, la propria libertà. Moveva varia- 
mente tanta rovina gli animi degl' Italiani, ricevendone 
molti sommo piacere, per la memoria, che procedendo 
con grandissima ambizione, posposti i rispetti della 
giustizia e della osservanza della fede>, ed occupando 
tutto quello di che gli offeriva la occasione , avevano 
scopertamente cercato di sottoporsi tutta Italia; le 
quali cose facevano universalmente molto odioso il 
nome loro, odioso ancora più per la fama , che risonava 
per tutto , ddla alterezza naturale a quella nazione. Da 
altra parte, molti considerando più sanamente lo statò 
delle cose, e quanto fosse brutto, e calamitoso a tutta 
Italia,, il ridiursi intersunente sotto la servitù dei fores- 
tieri , sentivano con dispiacere incredibile , che una 
tanta città, sedia sì inveterata di libertà , splendore 
per tutto il mondo del notile Italiano, cadesse in tanto 
esterminìo; onde non rimaneva più freno alcuno a^ 
furore degli oltramontani , e si spegneva il più glorioso 
membro, e quel che più che alcun altro conservava la 
fama, e la estimazione comune. Ma sopra a tutti gli 
altri cominciò ad esser molesta tanta declinazione al 
pontefice, sospettoso della potenza del re dei Romani , 
e del re di Francia , e desideroso che V essere implicati 
in altre faccende gli rimovesse dai pensieri di oppri- 
mere lui. Per la qual cagione deliberando, benché 
occultamente, di sostentare quanto poteva che più 
oltre non procedessero i mali di quella repubblica , 



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56 UBRO OTTAVO. 

accattò }^ lettere scrittegli in nome del dc^e di Vene- 
2»a,9 per le quali la pregava c;o^ grandissÌBi^ sonuius-' 
sìc^m che si degnasse* amnoettere fit^i' ambasf^iatovi 
edetti dei princip^f del senato, per rioe^carlo supplì"- 
cfaevolm^nte del perdopo, e della assoliizione, 

I^t^ le lettele , e proposta la dìinaftda in concisa 
toro, allegandjo il costuma antico daUa qIw^^ di wm 
si mostrare dpra a coloro, i^j avendo peaitema degU 
errori eoiBiaessi, dimandaifto verna, cooseiUÀ di am^ 
mettai-gli, ripugnaudo molto gli oiratori di Cesare ^ 
del re di Franciia» e iriduceudogli in memoria, che 
per la Wga di Gambriót era espressamente obbligato a 
perseguitargb con le armi teoiforaU e spirituali ìvmao 
a tanto, che ciascuno dei cooiederati avesse recupe^ 
rato quello, che se gli apparteneva. M quali riapom** 
deva avere consj^ntito di ammettec^ cmi intenzione 
di no9 Goncfd^e r as^luzione^ se prima Cesare, che 
solo 9op aveva recuperato il tutto, non «^mseguiva te 
co^e che se gU appa^teneivano. Dette questa cosa 
qualche comipciainento di speranza , e di siQurtà ai 
Yene^^ni; ma gJÀ assicuro moito più dal tecrote 
ei^tremo, daj, quale erano oppressi, la deliberaaiioiie del 
re di( Francia di osservare con buoik% fede b caf^tobi- 
zione £ajtta eoa Cesare , e poiché aveva acquistalo lutto 
queijio,, che aspettava a se, non entraire con T esercito 
pia oltre , che. fossero i termini suoi. Però essendo ia 
poterà sua non solo accettare Verona, gU ambasciatori 
della quale città vennero a lui per darsegli , presa che 

' Nel Bemba sì leggono! nomi ài qaes^ sei ambiisciiUori V^nozìjuii^ 
mandati a papa Giolio II, che furono Domenico Trivisano, Lionardo 
aiocenigo, Paolo, Pisani^ Girolamo Uonato, Paolo Capello , e Laigi Ma- 
HpierOf 



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cAj»iTOLo Tmzo^ -T-r 1509. 57 

ebhe P^schiei^a, ma simtimeirte oonipajro ftensa %sta^ 
colo alcuno Padk^y^, e U $ilre terre abbandonale à^ 
y^ìi^anìt ^olk elle ^* mibasoUtori dm Veronesi 
fur^eoti^^^ero le ebiavi ddJa terra t§tì mohascialon di 
Cesare^ obe erano neiresereòio «uo^ ^ P^ cfttesta ca«- 
^0^ sì fenp^ eoa tutte le genti a Peschiera , la qual 
t^irr^y invitato daik opportimilà del luogo , ^rìtouie 
per se 9 non ostante cbe apparbmease al inarc^eae di 
Mantova^ perchè inaieme con Asok e limato gli era 
stata occupata àm Veneziani, non avendo ardire di 
n^g9rk> il niarcbesev al quale ràervò l'entrata deUa 
terr», e promeoae di ricojnjf^nwtrlo con còsa equiv»* 
lente« E aveva nei raedefiàmi di ricevuta per amordo 
la fortezza, di Granone, con patto, a tutti i soldati fosae 
salva la vita, e la roJba, eccetto a quegli ^ dko fossero 
sudditi $uoiy oche i geróittonnini Veneaiani, ùquafi 
dette la fede di siilvare la vita, fossero suoi prigkMBi. 
Seguitarono l'esempio di Verona Vicenza, Radova e 
le ultire terre? eccetto la città di Trevigi, la quale, 
abbandonata ^ dai. ma^u^frali o dalb genti dei Vene» 
ziani, avi^ebbe^^ &tto il medeùmo», se ài Cesare fosse 
apparilo, o &Mrze benoltè' nmine , almeno persegui 
di autorità. Ma esseiawlovi andato per rkevetla in siso 
nome senza forze, senz'armi, senza . nuiestà idcuna 
d'imperio, Lionardo da Dr^sinar ftioruscito Vicentino, 
che per lui avo^a nd modo medìssì«tt ricevuto Padova , 

' Il Buonaccorsi dice, cbe 11 re non ▼olle accettare le chiayl di Verona , 
per non contravvenire alla lega di Cambj^ai» ipi^ in, incieli a. ottlà mandò 
Andrea di Borgo , uomo delT imperatore , ^e ne pigliasse il possesso in. 
nome del sao prìncipe. 

* La^ ritensione, che il re di Francia fece di Peschiera al dutìi di M««- 
tova, tiene Mmio EqaiUiola p f^e fo«e cagione p^ìacipele , ^ i prinoipi si 
▼oltassei^ poi oontro esso re. 



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58 LIBRO OTTAVO. 

ed essendo già slato > ammesso dentro, ' gli sbanditi di 
quella città' stati nuovamente restituiti dai Veneziani , 
e per questo benefizio amatori del nome loro, comin- 
ciarono a tumultuare; dietro ai quali sollevandosi la 
plebe affezionata all'imperio Yeneraano, e facendosene 
capo un Marco calzolaio, il quale con concorso e grida 
^mmodera te della moltitudine portò in sulla piazza 
principale la bandiera dei Veneziani, cominciaix>no a 
chiamare unitamente il nome di San Marco, afier^ 
mando non voler' riconoscere né altro imperio, né 
altro signore. La quale inclinazione aiutò non poco un 
oratore del re di Ungheria, che andando a Venezia, 
e. passando per Trevigi, scontratosi a caso in questo 
tumulto, confortò il popolo a non si ribellare. Però, 
cacciato il Dressina, e messo nella città sette- cento 
fiinti dei Veneziani , e poco (tipoi l'esercito, che augu- 
mentato di fanti venuti di Schiavonia, e dì quegli che 
erano ritornati di Romagtia, disegnava fere- un allog- 
giamento forte tra Manghera e^Mestri, entrò in Tre- 
vigi, dove; attesero con sonyna diligenza a fortificarlo, 
e facendo correre i cavalli per tutto il paese vicino, e 
mettere dentro più vettovaglie potevano , così per 
insogno di quella città, come per uso della città di 
Venezia, nella quale da ogni parte accumulavano gran- 
dissima copia di vettovaglie. 

Cagione principale di questo accidente, e di rendere 
speranza ai Veneziani di poter ritenere qualche parte 

' Nel Bembo non si fa menzione alcuna di questi banditi, di Marco cal- 
zolaio, né deirorator del re di Ungheria, che conservassero Trevigi st 
senato Veneziano, ma bene egli dice poi nel Lib. IX che a Marco Pellic- 
ciaio, per il cai valore Trevigi si era conservato alla repnbblii», ftirono 
dati premj convenienti. Il Mocenigo scrive come qni il Gaiccìardino , e così: 
il Giustiniano, 



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CAPITOLO TERZO; — ìBoQ. Sg 

del ìcfro imperio, e di molti gravissimi casi che segui- 
tarono poi, fu la negligenza , e il disordinato governo 
di Cesare , del quale non si «ra insino a quel dì udito 
in tanto ccyrso di vittoria altro che il nome, con tutto 
die per il timore delle armi dei Franzesi se gli fossaro 
arrendute tante terre, le quali gli sarebbe stato feciKs- 
simo' a conservare. Ma era dopo la confederazione 
fiotta a Gambrai soprastato qualche dì in Fiandra , per 
avere spontaneamente danari dai popoli per sussidio 
della guerra, i quali non prima avuti, che secondo la 
sua consuetudine gli spese inutilmente. E ancora che 
partito da Molins armato, e con tutta la pompa e ce- 
rimonie imperiali , e accostatosi a Italia , pubblicasse 
di voler romper la gueira innanzi al termine statuito-* 
gli nella capitolazione, nondimeno, oppressato dalle 
sue solite difBcultà e confusioni , non si faceva più 
innanzi, non bastando gli stimoli del pontefice, che 
per il terrore, che aveva delle armi Franzesi, lo solle- 
citava continuamente a venire in Italia; e perchè me- 
glio potesse farlo gli aveva mandato ' Costantino' di 
Macedonia con cinquanta mila ducati, avendogli prima 
consentito i cento mila ducati, che per spendere. con-* 
tro agi' infedeli erano stati depositati più anni innanzi: 
in Grermania. Aveva oltre a questo ricevuto dal re. di 
Francia* cento mila ducati per causa della investitura 

' Qaesìo Costantino è il Gomisal9 « cU <^i ^o parlato di sopra in qaèito 
lib. Vili, che nel Bembo è nominato, quando papa Gialio II, col mezzo di 
costai mandò a tentar Y orator Veneto., che se il senato avesse volato resti- 
taire Arìmino e Faenza , il papa avrebbe impedito la lega di Cambrai £itta 
a danno della repubblica. 

* n Buonaoeorsi scrìve, che il re di Francia diede a Cesare dagentomiia 
ducati a conto deUa in vestitura del dqcato di Mikino, ma io credo , ohe 'sia 
errore , pmchè in questo Libro Vili si vede per i capitoli della lega- fermai 



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-60 I4BRO OTTATQ- 

del dilato di MiliuM]i. Sopraggìuttsdo y essendo vìicino 
a Sprueh , la naova del fatto dì arane di Yailà; e bea* 
che mandasse suhìfo il d»ca di Bratia^ìcb a ricuf^rare 
ti Friuli , BoodìmeiM» non si moveva co^ i» tanta 
occttMne sardU» stato omiveoi^te^ impedito dal 
mancamento di dmati, ofm esaendo* bastati alla sua 
prodigriità quegli , che a^renpa nstccalti di tanti luoghi^ 
Condn$s^i fioalanento a Trenlo^ dondie^ riAgraziò p«r 
kitere il re di Francia di avere, medìaule Top^'a sua, 
ricuperate le sue terre; e si affermMa^ che perdìmoar 
tRUre a quel te magglcve benevolenza^ e aceloechè in 
tuHo sì spegmessa la p^moriai ddle eiSese antidie i 
aveva &lto ardaire un KbrQ ^ die si conservatva a Spiva , 
nel quale erano Scritte tutte le ingiurìe fatte per il 
passato dai re di Francia aU' iatperiei e fdla liazioflfte 
degli AlaKlaonik 

A Trettto venkie a lui!, il terzedieeimd dà di gitilo, 
per tratiare deUe cose comuni^ il cardinal di Reano^ 
il quale, raceolto con grandàssÌBaa OQeae> già promesse 
m nome del re aioto di cìciqiìe oento IffiSce; e «vendo 
spedata eoncordemente k altre cose^ statuìroita eke 
Cesare ed il re oon:teni»!ero) a parlaire in eampagna 
aperta appresso aliai tearra di Gardau nei eoftfini (teli' «n 
dòminia e deU' akre^ Però il re àk Francia si mosse 
per esservi il di detevminato y e Cesate per la: medesima 
cagione venne a Riva di Trento : ma poiché vi fu stato 
soiamente due ore rilomo subitamente » Trento*, signi- 
ficando nel tempo medesimo al re di Francia y che per 
accademi nuovi nati nel Friuli era stato necessiliato a 
partirsi , e pregandolo si fermasse a Cremona , perchè 

mi Gaaibrai, die il ran^» «i obbUg% yagM pi« di ««nftmUit d«9M% fw la 
ìovoiliaira della •Uto< di MiUne. 



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CAPITOLO TBAZÓ. ^— iSoQ. 6! 

presto ritornerebbe per dare perfeKione al pirbnitoto 
deliberalo. La quale varietà ^ se però è possibile in un 
principe tanto instile ritrovare la verità ^ molti altri** 
buivano a sospetto stillatogli (come per natura «ra 
molto credulo) negli orecdii da altri; alcuni inter- 
pretando , che per avere seco ' poca corte , e 
poca gente, non gli paresse potere presentare con 
quella dignità e riputazione , che si paragonasse alla 
pompa ed alla grandezza del re di Francia. Ma ti ire 
desideroso per alleggerirsi da tanta spesa di dissolvere 
presto l'esercito, né meno di ritornarsene presto tu 
Francia, non attesa questa proposta, si voltò Verso 
Milano, ancora che da Matteo Lango, diventalo ves-^ 
covo Gurgense , che mandatogli da Massimiliano per 
questo effetto lo seguita insino a Cremona, fosse molto 
pregalo ad aspettare, promettendogU, che senza fallo 
alcuno ritornerebbe. Il discostarsi la persona , eV eser- 
cito del re Oistiànissimo dai confini di Cesare tolse 
assai di riputazione alle cose sue : e nondimeno con 
ttitto che avesse seto tante genti, che potesse faciU 
mente provvedere Padova, e le altre terre, non vi 
mandò presidiò, o per instabilità della natura sua, o 
per disegno di attendere prima ad altre imprese, o per* 
che gli paresse più onorevole avere congiunto seco , 
quando scendeva in Italia, maggior esercito. Anzi, 
come se le prime cose avessero avuto la debita perfe- 
zione , proponeva che con le forze unite di tutti i con- 
federati' si assaltasse la città di Venezia, cosa udita 
volentieri dal re di Francia, ma molesta ài pontefice, e 
còntradetta apertamente dal re d'Aragona. 

* Alla [lopa.cof^.solo impala il BuonacoorsiìSL ca^ioine 9 che M/isfimi-i 
liane t^n tolMie abboccarsi odi re di Francia, dicendo, ohe ei fedirva di * 
nop poter comparire a ragguaglio ano. 



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6a LIBRÒ OTTAVO. 

Posero ! in xjueslo tempio i Fiorentiiii l' uhioia mano 
falla guerra contro ai Pisani; perchè, poiché ebbero 
proibito die in Pisa entrasse il soccorso dei grani, 
fatta nuova provvisione di' geate, si messere con ogni 
industria e con ogni sforzo a vietare, che né per terra, 
neper acqua non vi entrassero vettovaglie; il che non 
si faceva senza difBcultà per la vicinità del paese drì 
Lucchesi, i quali, dove occultamente potevano^ osser* 
vavano con mala fede la concordia fatta nuovamente 
coni Fiorentini. Ma in Pisa cresceva di giorno in 
giorno, la strettezza dèi vivere , la quale non volendo i 
contadini più tollerare , quei capi dei cittadini , in mano 
dei quali erano le deliberazioni pubbliche, e che erano 
seguitati dalla più parte della gioventù Pisana, per 
addormentare i contadini con le arti consuete , intro- 
dussero , adoperando per mozzo il signore diPicMnbino, 
pratica delP accordarsi con i Fiorentini; nella quide 
artifiziosamente consumarono molti dì, essendo andato 
per questo Nicolò ISfachiavelti , segretario dei «Fioren- 
tini, a Piombino , e molti ambasciatori dei Pisani, eletti 
dei. cittadini e dei contadini. Ma era molto difficile il 
chiudere Pisa; perché ha la campagna larga, montuo- 
sa, e piena di fossi e di paludi da poter male proibire 
che di notte massimamente non vi entrassero vettova- 
glie, atteso la prontezza di darle loro dal paeée dei 
Lucchesi, e la disposiziohe feroce dei Pisani, che per 
còndurvene si esponevano ad ogni fatica e ad ogni pe* 
ricolo. Le quali difficultà per superare destinarono i 
cajf]ritani dei Fiorentini di fare tre parti dell'esercito^ 
acciocché diviso in più luoghi potesse più comodameòfitè 

• ' Coinn^ssai j . 4^ qoesta g^ente farono AiamantiQ d'Ay^irard^Sidyìati» e 
Antonio di Niocolao da Filicaìa. Buonacconi* 



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CAFiToto Tiftzo. — I Sog. 63 

proibire 1' entrare , in Pisa. . GoUocaronne ' una : paìrte ,a 
Mezzana, fuora della porta alle piagge, là secon(}a a 
San Piero, a Reno , e a San Iacopo , opposita alla porta 
di Lucca, Ja terza presso all'antichissimo tempio di 
San Piero in Gradci, che è tra Pisa e la foce d'Arno. 
E in ciascun campo , bene fortificato, oltre a buon nu- 
mero di <;aValli, mossero miUe &nti; e per guardare 
meglio la via d^i monti' per la strada di Vi^l d'Osole, 
che va al monte a 3an Giuliano, si fec^ verso lo spe- 
dale magno ui;iVbastìone capace di jlugentQ cinquanta 
fknti, donde cresceva Ogni dì la penùria dei.Pisani , i 
(juall, cercando di ottenere ^ con ie fraudi quello , che 
già disperavano di potere pfcf enere con Ja forza, ordi*- 
narònp cAie Alfonso del Mutolo, giovale Pisano di bassa 
condizione , il qtialè , stalo .preso^ non molto prima dai 
soldati dei Fiorentini , aveva ricevuto grandissimi b^Ae- 
fizj'da colui, di cui. prigione era strato, of&risse per 
mezzo suo di dare furtivamente la porta <)he ya alale-, 
ca ; disegnando che nel tempo medesitno , cbeileampo 
che erjàa San Iacopo andasse di notte per riceverla, 
nojì solannente, messane dentro una paHe , opprimere 
quella , ma nel tempo inèdesimo sissàltare uno degli 
altri campi dei Fiorentini , i quali ^ . seipondo. Y ófàìné 
dato, si avevano ad accodare più presso a}Ià città. I 

-' DI qhestapart^ d' esercito collocata .A iJlIezzana^fncOi^mi^ario Niccolò 
di Piero Gappom ^ aggianto pcf ter«) per rispetto, della, diyistoiie 4eÌr esèr- 
cito. \0iio/i/icffom.' , . . \ ' - . ' - \ * w 

* Gou appanto scriv'e-. Plutarco, che «ra* solilo dir^ Aleàuipdifo , . cke 
dave tìóu arrivatra la jpelLe del Bl>Qe j' si doyeva attaccar ^^nc^a della vólpe j 
il «he ottimàinentè' osservò votso i Milesj ., eovhe nella .vita d^ loi, lécita, esso 
Fiatarc^^^ vqqI dire, die qifati^o le foirase- non haaiàòùj ii^ si 'ha, da >ag^ 
gingnère V aato^ià. Qnèista «entetiza 'fìi imitata- dà Vif'giHo sotto la persona 
di Oorèbo nel ìàh, Jl dell* EnjeBide ^ qnsndo ^disse ijDìotus , un vir'tUs quis in 
hóstè reqtmvt, it <Ì9ieìnoltd prii&a' d| {braverà sciatto Pindarb. ' ' 



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64 LIBRO OTTAVO. 

quali essendosi accostati, ma non con tetnérìtà, né con 
disordine ^ i Pisani non conseguirono .filtro di questo 
trottato, che là morte di pochi uomini^ che si condus- 
sero nell'antiporto per entrare nella città al segno 
dato , tra i quali fu morto Ganacciò dà Pratovecchio 
(òosì.sì chiamava quello , di cui era stato prigione Al- 
fonso del Mutolo, quello, sotto la cui confiden^ era 
slato tenuto il trattato), e Vi ttiorl anco dì un'artiglie- 
ria Pagolo da Parratìa capitanò di una compagnia di 
cavalli leggieri dei Fiorentini. La quale sperani:a man- 
cata^ ne entrando più in Pisa^ se non piccolissima quan- 
tità di grani , e quegli occulfanìénte e . con grandis- 
simo pericolo di quegli che ve gli xonducevaUo , né 
comportando i Fiorentini che di Pisa uscissero bocche 
disutili, perchè fkceVàho vàr} duppliz} à colóro che ne 
uscivano, si comperavano coti prezzo. smisurato le cose 
necessarie ^ vivete umano j e non ve ne essendo tante , 
che r bastassero à tutti, molti già si morivano per non 
avere dà-àlimentar^i. 

E nondimeno era maggiore di tanta necessità la osti- 
nazione di quéi cittadini j che erano capì del governo, 
i. quali disposti à vedere prima l'ultimo estermihio 
della pati^ià, che cedere à si orribile tiecessità^ anda- 
vano ài giorlio in gjòrno differendo il convenire, in- 
gegnando di dare' alla, moltitudine óra una speranza., 
ora un^ altra; e sopra tutto, che, aspettandosi ad ogni 
ora Gesaré in Itajìa, sarebbero i Fiorentini necessitati 
a discortarsi dalle loro mUra. Itfa una parte dei con- 
tadini , e quegli massimaménte , ?che stati a Piombino 
avevano compreso quale fosse Tàmmo loro,; fatta solle- 
vacele, gli, Costrinsero a introdurre . duo Ve pratiche 
con i Fiorentini ; le quali: trattate ifjori Alamanno Sàl- 



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CAPITOLO TERZO. — • iSog. 65 

viati commissario di quella parte dell'esercito, che 
alloggiava a San Piero in Grado ^ dopo varie dispute , 
usando continuamente quegli medesimi ogni possibile 
diligenza per interromperle, si conchiusero. E non- 
dimeno la concordia fu fatta con condizioni molto fa* 
vorevoli per i Pisani; couciossiachè fossero rimessi loro 
non solo tutti i delitti pubblici e privati , ma ancora 
concesse molte esenzioni , e assoluti dalla restituzione 
dei beni mobili dei Fiorentini, che avevano rapiti 
quando si ribellarono : tanto era il desiderio, che ave- 
vano i Fiorentini d'insignorirsene! tanto il timore^ 
chet da Massimiliano , che aveva nella lega di Gambrai 
nominato i Pisani, benché dal re di Francia non fosse 
accettata la nominazione, o da altro luogo non soprav- 
venisse qualche insperato impedimento ! E ancora che 
fossero certi che i Pisani erano necessitati fra pochis- 
simi dì cedere alla fame , vollero più presto assicurar- 
sene con inique condizioni, che per ottenerla senza 
convenzione alcuna, rimettere parte alcuna della cer- 
tezza alla fortuna. La quale concordia, benché comin- 
ciata a trattarsi nel campo , fu dipòi dagli ambascia- 
tori Pisani trattata e ' conchiusa in Firenze : e in questo 
fu memorabile la fede dei Fiorentini, che , ancora che 
pieni di tant' odio ed esacerbati da tante ingiurie , non 
furono meno costanti nell' osservare le cose promesse^ 
che facili e clementi nel concederle. 

È certo, che il re dei Romani sentì con non piccola 
molestia ¥ essersi sottomessi i Pisani , perchè si era per- 
suaso, o che il dominio dì quella città gli avesse a essere 

' Entrarono i commissaij Fiorentiiii con parte delle genti in Pisa a 
pigliarne il possesso, agli 8 di giogno dell' anno iSog, come scrive il Éuo^ 
naccorsi. 

III. 5 



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66 LIBRO OTTAVO. 

potente instrumento a molle occasioni , o che il con* 
sentirla ai Fiorentini gli avesse a fare ottenere da loro 
quantità non mediocre di danari , per mancamento dei 
quali lasciava cadere le amplissime occasioni , che senza 
fatica, o industria sua se gli erano offerte. Leniuali 
mentre che sì debolmente aiuta, che in Vicenza e Pa* 
dova non era quasi soldato alcuno per lui , ed egli , con 
la sua tardità raffreddando la caldezza degli uomini 
delle terre, si trasferisce con poca gente spesso , e con 
presta variazione da luogo a luogo, i Veneziani non 
pretermessero la opportunità , che se gli emerse di recu^ 
perare Padova , indotti a questo da molte ragioni : f^v^ 
che r avere ritenuto Trevigi gli aveva Éatto ricoftoscere 
quanto fosse stato inutile l' avere con sì precipitoso 
consiglio disperato sì subito dell'imperio di terra ferma; 
e perchè per la tardità degli apparati di Massimiliano 
si temeva manco Y un giorno che V altro di lui ; stimo- 
lati ancora non poco, perchè volendo condurre a Ve- 
nezia r entrate dei beni , che molti particolari Veneziani 
tenevano nel contado di Padova , era stato dinegato 
àm ' Padovani; in modo che congiunto lo sdegno dei 
privati con la utilità pubblica, e invitandogli il sapere 
Padova essere mal provvista di gente, e che per le inso- 
lenze che i gentiluomini di Padova usavano con la plebe , 
molti ria>rdatisi della moderazione del governo Vene- 
ziano, cominciavano a desiderare il primo dominio, 
deliberarono fare esperienza di recuperarla. E a questo 
dava loro occasione non piccola , che la più parte dei 

, ' Non par denegarono i Padovani V entrate delle proprie possessioni ai 
Venesiaiii, e il goder le lor case in Pacava» ma essi le donarono, come 
scrive il Bembo , ai Tedeschi. Il Gioieiniano descrive qaesto trattato di ricu- 
perare quella città , ma non fa menzione delle carra , che io noterò or^. 



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CAPITOLO TERZO, f^ iSoQ. 67 

contadini del Padovano era ancora a loro divozione : 
e perciò (u stabilito che Andrea Gritti , uno dei provve* 
ditorì 9 lasciato addietro V esercito ,. che ei*a di quattro 
cento uomini di arme, più di due mila tra stradiotti e 
cavalli leggieri, e tre mila fanti, andasse a Novale nd 
Padovano , e unitosi nel cammino con una parte dei 
Canti, che accompagnati da molli contadini erano stati 
mandati alla villa di Mirano, si dilizzasse ver^ Padava 
per assaltare la porUi di Godalunga , e che nel tempo 
medesimo due mila villani con trecento fanti e alcijp^i 
cavalli assaltassero , per confondere piii gli animi di. 
quegli di dentro , il portello , che è nella parte opposita 
della città, e che per occultare più questi p^isieri Cm^ 
tofiacno Moro, Y altro provveditóre, dimostrile di ao? 
dare a campo alla terra di Cittadella. 

Il quale disegno bene ordinato non ebbe pero mag- 
giore ordine , che felicità ; perchè i fanti , arrivati a 
grande ora del dì , trovarono la porta di Godalimga 
mezza aperta, perchè poco innanzi erano per sorte enr 
trati dentro per quella ' alcuni contadini con carri 
carichi di fieno , in modo ohe occupatala senzd alcuna 
diffìcultà, è aspettata senza^e strepito la venuta delle 

' "K^" Bembo clice« cbe fossero akoiii bifolchi, e non cittadini qaeili, elio 
coiifliissero alla porta di Padova carri , eoa i quali finsero di condnr gratto 
nella città, • però domaoduroBO^ dw ìa porta loro fds^ aperta f qm^ U 
Mw^enigo scrìTc , che per introdtftre alcuni carri di fieno poco diansi era 
stata aperta. In Venezia nondimeno si racconta ^ che non il caso, ma r«8- 
tasia àA Grìtt! mandasse queste calia, d^e que^i alcune entrate dentro, 
« allte fermate sp|laporta^ coA finta di.assfre guasta, trattenessero il pon^ 
levatolo finché le ^njti venissero , ed entrassero dentro »il che sorti V effetto 
desiderato. Cosi ne| miei paralleli d'istorie ho narrato esem|^ simili a questo. 
Ihàktìòtmmano, nellib. m^III. dello atrattag«tàipa di Conm»o re de* Sego- 
reggi per pigliare Marsilia con le carra coperte di jgianfj|[ù, e^ frasche, e 
Luca Contile al principio del lib. HI della ^ta di Cesane Maggi da Napoli 
del mod^ dl^igKav Torino con i carri ài fieno V anno i^a. * 



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6S LIBRO OTTAVO. 

altre genti che erano vicine, furono non ^olo entrate 
prima dentro, anzT quasi condotte in sulla piazza, che 
in quella città , grandissima di circuito e vota di abita- 
tori , fosse sentito il romore , camminando innanzi a 
tutti il cavaliere della Volpe con i cavalli leggieri , e il 
Zitolo da Perugia e Lattanzio da Bergamo con plarté dei 
fanti. Ma pervenuto ir romore alla cittadèlla, il Dres- 
sina gov6t*natore di "Padova in nome di S^ssimiliano, 
con trecento fanti Tedéschi, che soli erano a quella 
^ardia, USCI in piazza : il medesimo fece con cinquanta 
cavalli Brunoro da Serego, aspettando se col sostenere 
quivi r impeto degl' inimici , quegli che in Pàdova ama- 
vano l'imperiò Tedésco pigliassero le armi in loro 
fevore. Bfa;era vana questa ed ogni altra speranza; 
perchè nella città oppressa da sì subito tumulto, e 
nella quale èra già entrata molti gente, nessuno faceva 
movimento , in modo ohe , abbandonati da ciascuno , 
furono in breve ispazio di tempo , con perdha di molti 
dei suoi , costretti a ritii*arsi nella rocca , e nella citta- 
della, le quali essendo poco munite, bisognò che in 
spazio di poche óre si arrendessero Ubecaxnèhte; E così 
fattesi le genti Veneziane padrone del tutto, àtteséiro a 
quietare il tumulto , e salvare la città , la maggiorj)arte 
della quale per la imprudenza e insolenza di altri era 
diventata loro benevola , non avendo ricevuto danno se 
non le case degli Ebrei , e alcune case di Padovani, che 
si èrano scoperti prima rnimici del nome Veneziano : il 
qual giorno dedicato a Santa Marina è ogni anno in 
Venezia per deliberazione pubblica celebrato solenne- 
mente, come di felicissimo, e principio della recupe- 
razione del Ifp^o imperip. 

Commosse3r alla fama di questa vittoria tulto il paese 



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CAPITeLO TERZO. 1 ScH). 69 

cìrco'stanlé ; ed era grandissimo pericolo , che Vicenza 
non facesse per se stessa ii medesimo , se Costantino- 
di Macedonia , che a caso • .era quivi vicino , non yi 
fesse entrato con alcune poche genti. Recuperata Pa- 
dova , i Venez^i recuperarono subito tutto il contado, 
avendo in favore loro la inclinazione della gente bassa 
delle terre,^fi dei contadini. Recuperarono ancora col 
medesimo impeto la terra, e le fortezze di Lignago, 
terra molto opportuna ^ perturbare ti^ i contadi di 
Verona, di Padova e di Vicenza, TeWarono oltre a 
questo di pigliare la torre Marchesana distante otto mi- 
glia <|i Padova , passo opportuno a entrare nel Polesine 
di Rovigo, ed offendere il paese di Mantova , ma non 
là ottennero, perchè il cardinale da Este la soccorse con 
gente subitamente. 

Non t*itardò il caso di Padova ,^ come molti avevano 
creduto, la ritornata del re di Francia di là dai monti; 
il quale , mentre partiva , fece nella terra di Biagras^^i 
col cardinale di Pavia, legato del pontefice, nuove qon-^ 
dizioni , per le quali il pontefice e il re , obbligatisi alla 
protezicme- Y uno dell' altro , convennero di potere 
ciascunp di lorp con qualunque altro principe conve- 
nire, purché non fosse in pregiudizio della presente 
confederaadone. Promesse il re non tenere protezione, 
né accettarne in futuro , di alcuno suddito, o feudata- 
rio, o che dependesse mediatamente, o immediata- 
mente dalla chiesa, annichilando espressamente tutte 
quelle, che insino a quel di avesse ricevute; promessa 
];^C9 conveniente all'onore di tanto re, perchè non 
molto innanzi essendo venuto a lui il duca di Ferrara , 
con tutto che prima si fosse sdegnato che senza sua 

^ lì Beinho dice , che Co5UiiiUno Gommate era capitano in Vicenza. 



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7© MBRO OTT^VO^lV 

saputa avesse aecettato il gon&lonìerato detk cMesa, 
riconciliatosi seco , e riceruti trenta mila ducati , V aveva 
ricevuto nella sua protezione. Co^pvennero che dei 
vescovadi, che allora vacavano in tutti gli stati del re^ 
ne dispónesse ad arì)itrio «uo il pontefioii,; fnadhe que- 
gli, che fra certo tempo vacassero, si conferissero se* 
òondola nominazione che né farebbe il 4K^ al quale 
peit satisfare più , mandò il pontefice per il medesimo 
cardinale di iWa al véscovo di Albi le bolle del cardi- 
nalato^ promeRendo dargli le insegne di quella dignità 
subito che andasse a Roma* 

Fatta questa convenzione^ il re seitza diloci^e si 
partì d' Italia , riportandone in Fhancia gloria grandis* 
sima per la vittoria tanto piena , e acquistata con tante 
celerità contro ai Veneziani ; e nondimeno, come nelle 
cose, che dòpo'' lungo desiderio si ottengono, non tro- 
vano quasi mai gli uomini né la giocondità f ne la feli- 
cità che prima si avevano immaginata , ' non riportò 
né maggiore quiete di animo, né maggiore sicurtà aUe 
cose sue; anzi si vedeva preparata materia di maggiori 
pericoli, ed alterazioni, e più incerto Ta^ttno suo di 
quel che negli accidenti nuovamente nati avesse a deli- 
berare. Se a Cesare succedevano l&cose prosperamente, 
temeva molto più di lui , che prima non a^Wa temuto 

■ Per questo Spetto si legge ^ in Plutarco nella vita di Pirro, che Cinea 
yedendo Pirro inclinato a volere acquistare Tlulia^li domanda, che còsa 
essi avrebbero fatto, dopo che si fossero impadroniti dell'Italia, della Sici- 
lia , dell'- Affrica , della Macedonia , della Om^, e di ogni cosa ; A odi ris- 
pose Pirro, che si sarebbero stati in riposo, vivendo in condnaa festa, e 
allegrezza , e dandosi bnonissirao tempo ; onde Cinea gli soggiunse : Of9n 
ci toglie, o re , che noi non possiamo ora godere qnesto irìposo, e stare in 
questa allegrezza ? volendo inferire , die la felicità consiste nel frenare i 
suoi appetiti , e non nelF acquistare molti regni , dai quali , quanti più 
sono, tanto maggiore occasione si ha di travagliare. 



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CAPITOLO TRRZO. — 1 SpQ. 7I 

dei Vene^àanì. I|e ia grandeiza dei V^ieetani cominctavjfi 
a risorgere, era necessitato stare in continui sospetti, 
e in ^ntinue sfMse per aonserrare le cose toke loro* 
Nei questo solamente; ma gli bisognava con gente e 
con dapiri aiutare Cesare / pertliè abbandonandolo 
aveva da sospettare cbe non sì congiugnesse con i Ve* 
neziàni contro a lui , con timore , che al medesimo non 
concorresse 11 re Cattolico, e per avventui» il ponte- 
fice;- né bastavano aiuti mediocri a conservargli l'ami- 
cizia di Cesare , ma bisognava fossero tali , che ottenesse 
1» vittoria contro ai Veneziani* L'aiutarlo potente- 
mente, oltre che con gravissimo dispendio si fece va, 
lo rimetteva nei medesimi pericoli della grandezza di 
Cesare. Le quali difHcultà considerando, era stato 
sospeso da principio se gli dovesse essere grata, o mo- 
lesta la mutazione di Padova; benché poi, con1;r^ppe- 
sando 4a sicurtà, che gli potesse partorire Tessere 
furivati i Vene2^ani dell' imperio di terra ferma, con te 
moleatie e pericoli, che egli temeva della grandezza 
del re dei Romani, e eon la speranza di avere a otte-» 
nere da lui per mezzo delle sue necessità con danari la 
città di Verona, la quale sommamente desiderava, 
come opportuna $, impedire i movimenti , che si faces- 
sero in Germania, riputava finalmehte più sicuro e più 
utile per se che le cose rimanessero in tale stato , che 
dovendo verisimilmente essere lunga guerra tra Cesare 
e i Veneziani , V una parte e l' altra affaticata dalle spese 
continue ne divenisse più debole ; confermato molto 
più in questa sentenza quando ebbe convenuto col pon«- 
tefice , perché sperò dovere avere seco stabile confede- 
razione ed symicizia. Lasciò nondimeno ai confini del 
Veronese sotto la Palissa sette cento lance , perchè se- 



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ya LIBRO OTTAVO. 

guissero la volootà di Cesare, cosi per là conservaaioiie 
delle cose. acquistate, come per ottenere quel che an* 
Cora possedevano i YenezianL Per Y andata dei quali ^ 
Vicenza, secondo il comandamento che ebbero da Ce* 
sare, si assicurò la città di Verona, la quale p#r il pic- 
colo: presidio, che vi era dentro , stava con non nii^io- 
ere sopetto; e F esercito dei Veneziani, che era andato 
a campo a Cittadella, se ne partì» 

Succedette innanzi alla partita del re un altro acci- 
dente favorévole ai Veneziani; perchè correndo conti- 
nuamente i cavalli loro, cheei^^moiii Lignago, p«r 
tutto il paese, e insino in sulle porte di. Verona, e fe- 
cendo danni grandissimi (ai quali le genti che erano 
in Verona, per non vi essere più di dugento cavalli e 
sette cento fanti, non potevano resistere), il vescovo 
di Trento governatore per Cesare in quella città , deli«> 
berando porvi il campo , chiamò il marchese di Man-i- 
tova, il quale' per aspettare le preparazioni . che si 
facevano, fermatosi con la compagnia di cavalli 9 che 
aveva dal re, all'Isola della Scala, casale grande in 
Veronese, non circondato di mura, né di alcuna forti- 
ficazione), mentre sta quivi senza sospetto, fu esempio 
notabile a tutti i capitani, quanto in ogni luc^o, e in^^ogni 
tempo debbano stare vigilanti ed ordinati^ ed in modo 
possano confidarsi delle forze proprie,. non si assicu- 
rando, né per la. lontananza , né per la debolezza degl' 
inimici. Perché , essendosi il marchese * coi;ivenuto con 

' Mario Equicola nelle Croniche di Mantova dice , die il mardiese era 
9tato in Verona, e T aveva assicnrau aU' imperatore, ma che poi veduta la 
tardanza di Cesare, si era con 5o lance Fransesi ritirato a Isola della 
Scala. 

' Il Mocenìgo, che particolarmente descrive questo tnntalo di far pri- 
gione il mardieae di Mantova, non U ponto menzione, ehe gli stradioiti 



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CAPITOLO TEMO. iSog. 7 3 

alcuni stradiotti delP esercito dei Veneziani, che venìs* 
serp a troyarlo in quel luogo per fermarsi agli stipendj 
suoi , ed adendo essi insino dal principio che furono 
ricercati da lui manifestata la cosa ai loro capitani , e 
però essendosi dato ordine con questa occasione di 
assalirlo all' improvviso , Lucio Malvezzo con dugento 
cavalli leggieri , e Zitolo da Perugia con otto cento fanti, 
venuti occultamente da Padova a Lignago , e. unitisi 
con le genti che erano a Lignago e con mille cinque 
cento dei contadini del paese , e mandati innanzi alcuni 
cavalli, che con spesse voci gridassero Turco (era 
questo, il cognome del marchese), per i^e credere che 
fossero gli stradiotti aspettati, si condussero, iion sos* 
pettando alcuno, la mattina destinata, in sul fare del 
giorno 9 alla Isola della Scala , ove entrati senza re^is- 
tenza^, trovando senza guardia alcuna tutti i soldati e 
gli altri; che servivano e seguitavano il marchese, a dor- 
mire, gli mìsero m preda; ove tra gli altri rimase pri- 
gione Boisì luogotenente del marchese, nipote del 



facessero trattato doppio; ma dice, càe i Tillani d'Isola avvisarono Carlo 
Marino, che era in Lignago, come il marchese. stava sprovvisto, ed esso 
ne scrìsse ai provveditori, che vi mandarono il Malvezzo, e Zitolo, i qnali 
uniti con le compagnie di Girolamo Pompeo, di Pietip Sp<^, e di Vin- 
cenzio Gassino, fecero l'effetto. V Equicola similmente dice, che i villani 
avvisarono il Malvezzo, e sogginnge che il marchese bi trovava indisposto. 
Il Buonaccorsi è conforme a questo antore. Ma Leandro AWerti ne dà tntta. 
la lode a Girolamo Pompei, dicendo che egli scrisse ai provveditori Vene- 
ziani, che se volevano dargli aoo cavalli, essi co^ 1* aiuto di qnelli della 
montagna del Carbone, avrebbero fatto ali bel ttsito contro il marchese , 
e che essi gli mandarono il Malvezzo, lo Spolverino, e il Cassino , edi oi^ 
adduce VAÌberù il testimonio delle lettere da lui vedute, i privilegi perciò 
dal consiglio dei dieci di Venezia concessi alla famiglia Pompea in Verona ,. 
di che scrive anco il Bembo, e altre;*onfermazioni.,|l Bembo dice, che tor- 
nando il mardwMe a Mantova , fu dagli amici avvisato il Critti, e non parlò, 
punto del" tnMiUlo degli stradiotti, ma conforme all' Alberti mostra ciie A 
Pompei foaap in ^ran parte autor di questa vittoria. 



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74 LIBRO OTTilVO. 

cardinale di RoaiH>. E il mardiese, sentito il ronfòre , 
essendo fuggito quasi ignudo per una finestra, e occui* 
tatosi in Un campo di saggifta, fu manifestato agi' ini* 
mici da ' un contadino^ del Juogo medesimo ; il quale , 
anteponendo il comodo dei Veneziani aliar propria uti-« 
lità, secondo 1' ardore comune degli altri del paese, 
mentre che simulatamente, udite le ofìferte grandissime 
che il maixhese gli faceva , dimostrava di attendere a 
salvarlo, fece il contrario : onde menato a Padova, e 
poi a Venezia, fu con allegrezza inestimabile di tutta 
la città incarcerato nella ttMtretta del -palazzo pubblico. 
JSion aveva insino ad ora impedito, ne impediva Ce- 
sare in parte alcuna i progressi dei Veneziani , non 
avendo avnto insieme forze bastanti ad alloggiare in 
sulla campagna^ ed essendo stalo occUpato molti -dì 
nella montagna di Vicenza, ove i villani affezionati al 
nome Veneziano, confidatisi nell'asprezza dei luoghi, 
se gli erano manifestamente ribellati, e scendendo 
dipoi neDa pianura , essendo già seguita la ribellione dì 
Padova, fii non senza suo pericolo assaltato da numero 
infinito dei paesani , che lo aspettavano in un passo 
forte, donde avendogli sacciati, venne alla Scala nel 
Vicentino , ove l' esercito Veneziano aveva recuperata 
non poca parte .del contado di Vicenza, ed espugnata 
SerraValle, passo importante, aveva usata crudeltà 

' Da quattro contadini, dice il Mìoeenigo, che fa manifeitato, e preso 
il miffchese di Mantova nUnn cainpo di saggina, il ohe fa ai 9 d* Igosto tSog, 
aaeoìido r Eqiiieola , il quali impala il sig. Lodovico d^a Mirandola , che 
alloggiava dae miglia presso ; dicendo , che se egH con le sae genti avesse 
voltato verso Isohi, e non verso Mantova, il marchese non srftehbe andato 
prigr^e. Ma perchè egli, rispetto agl'inimici aveva pochi oavalli, credo 
che piuttosto avr^be posto se in pericolo, che salvato il' Marchese. Nel 
Bembo sì légge, che in un campo non di saggina, ma di ^aigliot si era 
nascosto il marchese, ma il Jtfoceni^o 'scrive colile qutfsto amore. 



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CA^PITOLO TBiyO. -— iScK). 78 

grande contro ai Tedeschi ; il ^quale luogo recuperando 
pochi dì poi, Mafisimiliano uso contro ai fim ti Italiani, e 
contro agli uomini del paese la ^ medesima crudeltà. 
Così, non essendo aiicora maggiori le forze sue, si 
occupava in piccole imprese, procedendo alla espu* 
gnazione ora di questo castello , ora di quell' altro con 
poca dignità e riputazione del nome Cesareo , propo^ 
nendo nel tempo medesimo agli altri confederati, come 
sempre erano maggiori i concetti suoi che le forze , e 
le occasioni , che si attendesse con le forze di tutti a 
occupare la città di Venezia, usando, oltre alle prov* 
visioni terrestri, le armate marittime dei re di Firancia 
e di Aragona, e le galee del pontefice^ che allora erano 
congiunte insieme. Alla qual cosa^ non trattata nella 
confederazione fatta a Cambrai, avrebbe acconsentito 
il re di arancia , purché si proponessero condizioni 
tali, che l' acquistarla risultasse in benefizio comune: 
ma era cosa molesta al pontefice , e h quale, e allora e 
in altro tempo che più lungamente si trattò, fu sempre 
contradetta dal re Cattolico, detestandola perchè gli 
pareva utile al re di Francia, sotto colore di essere 
cosa ingiustissima ed inonestissima. 

Ma mentre che dalle armi Tedesche e Italiane sono 
così vessati i contadi' di Padova, di Vicenza e di Ve* 
rena , era ancora più miserabilmente lacerato il paese 
del Friuli, e quello che in Istria ubbidiva ai Veneziani ; 
perchè essendo per commissione, di Cesare entrato nel 
Friuli il principe di Anault con dieci mila uomini coman- 

' n Mocenigo scrìve , che i Tedeschi osavano per ìstromento della lor 
oradeltà alcuni cani , che ifndavano al fiato a trovare i fanciolli, e le donne 
perle biade, e per le grotte ^ e con questi con insolita barbarie andavano a 
caccia dei cristiani. 



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76 UBRO. OTTA^VO. 

dati, poiobè invano ebbe tentato di pi||Hare Monte^ 
£Jcone< aveva espugnata la terra, e la 'fortezza di 
Gadoro con uccisione grande di quegli che la dìfen-^ 
de vano; e all'incontro alcuni cavalli leggieri, e fanti 
dei Veneziani seguitati da molti del paese, presero per 
forza la terra di Valdisera^ e per accordo Bellona, ove 
non era gu^dia di Tedeschi , e da altra parte il duca di 
firansvich mandato medesimamente da Cesare, non 
avendo potuto ottenere Udine^ terra principale del 
Friuli, era andato a caippo a Ci vi tale di Austria, terra 
situata in luogo eminente in sul fiume Natisone, a 
guardia della quale era* Federigo Gontareno con pic- 
colo presidio, ma confidatosi nelle forze del popolo 
dispostissimo a difendersi. Al tui soccorso Venendo con 
otto cento cavalli, e cinque centa fanti Gian Pagolo 
Gradenigo, provveditore del Friuli, fìi messo in fìig^ 
dalle agenti Tedesche; e nondimeno ancora che aves- 
sero battuta Civitale con T artiglieria, non potettero, 

* Era capitano dei presidio della foltezza di Cadoro Ricdno da Rovere , 
con alconi nomini del paese , ma non furono bastanti contro tanto grosso 
sforso dei nemici. Fu preso anco il castello di Bottestagno, arrendendosi 
il castellano contro la volontà di molti soldati Cadorini, che vi erano den- 
tro, e ai) si teneva ancora nn giorno, non si perdeva. L'esempio di questo 
castello fu segaitato dagli nomini del comune d'Ampezzo, membro della 
comunità di Cadoro, e vioini a Bottestagno, i^qnali volontariamente si die- 
dero a Cesare, ed ora è sotto V arciduca Ferdinando. La fortezza di Cadoro 
fu poi recuperata al senato per opera degli abitatori del paese, e di Lio- 
nardo cavaliere di Rodi , e Pietro Corso. Vedi il !Uocenig0, il Giustiniano, 
ed il Vecellio, 

* Aveva Federigo Contarini, a difesa di Gvitale d'Austria, principal- 
mente il seguito dei cittadini affezionati, e poi quattro capitani con 280 
fanti ^ con i quali fece onorata difesa, secondo cbe diffusamente scrive il 
Mocenigo nel Lib. I. 

' Questi Tedeschi , che con una imboscata rdppero Gio. Paolo Grade- 
nigo, come si legge nel luogo citato del Mocenigo, erano con Ciistoforo 
Frangipani, il quale passò poi in Istria. 



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CAPITOLO TERZO. '*— iSoQ. 77 

né con r assalto feroce che gli dettero, né con la fama 
di avere rotti coloro, che venivano a soccorrerla, espiH 
gnarla. Ed in Istria Cristofano Frangipane roppe ni 
castello di Verme gli Uffiziali dei Veneziani , seguitati 
dalle genti del paese, con la occasione del qual suc- 
cesso prospero fece per tatto il paese grandissimi danni , 
e incendj , »* occupò Castelnuovo, e la terra di Ras- 
prucchio.' Pero i Veneziani vi mandarono Angelo Tri- 
visano capitano dell'armata loro con sedici galee, il 
quale presa per forza nella prima giunta la terra di 
Fiume, teììtò di occupare la città di Trieste; ma non 
gli succedendo, recuperò per forza Rasprucchio, e 
dipoi si ritirò cdn le galee verso Venezia, rimanendo 
lagrìmabile lo stato del Friuli^ e dell' Istria; perohè 
essendovi più potenti ora i Veneziani, ora i Tedeschi, 
quelle terre, che prima aveva preso e saccheggiato 
r uno 9 recuperava e saccheggiava poi V altro ; acca* 
dendo molte volte questo medesimo : di modo che, 
essendo continuamente in preda le fàcultà, e la vita 
delle persone , tutto il paese orribilmente si consumava, 
e distruggeva. 

* ÀTanti la presa di Gaatelnaovp, e di Kaspracchio, che si arresero, fii 
in Istria Girolamo Contarini eoa tre galee tU* assedio di Trieste, la qnal 
terra oombattnta non potè però da Ini esser presa. Yedi il Moeemgo nel 
iib. II y che tntti questi progressi reciu, e il Bembo, 



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78 • LIBRO OTTA.VO. 

CAPITOLO QUAfiTO. 

Gli oratori Veneti entrano in Roma di notte. Provviftioni del senato 
Veneto per difender Padova. Orazione del doge Loredano. I gentil- 
uomini Veneti mandano i lor figli alia difesa di Padova. Fatti 
d'arme. Padova assediata dall* impentoire. I Padovani ginrano 
fedeltà ai Veneziani. Assalto degl' imperiali a Pylova. Massimi- 
liano è costretto a ritirarsi. I Veneziani rigettano la tregua proposta 
da lui. 

Nei quali accidenti delle armi temporali , si disputava 
in Roma sofHtt le armi spirituale; ove insino innanzi alla 
recuperazione di Padova, erano entrati con abito, e 
con modi miserabili i sei oratori del ^natò Veneziano, 
i quali essendo consueti a entrarvi con pompa e fasto 
grandissimo , e concorrendo loro incontro tuttala corte ^ 
non solo non erano stati aè onorati, né accompagnati; 
ma entrativi, perchè coiA volle il pontefice, di notte, 
né ammessi al cospetto suo, andavano a trattare in 
casa il cardinale di Napoli con lui, e con altri cardi-p 
nali, e prelati deputati, opponendosi grandemente, 
perché non ottenessero l'assoluzione dalle censure, gU 
"ambasciatori del re dei Romani, del re Cristianissimo, 
e del re Cattolico , e in contrario affaticandosi per loro 
palesemente 1' arcivescovo Eboraeense, mandato per 
questa cagione principalmente da Enrico Vili , succe^ 
duto pochi mesi avanti , per la morte di ' Enrico VII , 
suo padre , nel regno d' Inghilterra. Ma espe^tazione di 

' Arrigo Vn, re d'Inghilterra, venne a morte ai m d'aprile iSog, nella 
ViBa BJchemondla , avendo regnato 23 anni, e 7 mesi, e vissuto Sa. Ebbe 
di Elisabetta, sna moglie, otto figlinoli, dei quali tre sopravvissero : Arrigo 
principe di Valila, che gli successe, e fa detto Ottavo; Margherita, e 
Maria. Vedi Polidoro Virgilio al fine del Lib. XXVI dell' Istoria d'Inghil- 
terra. 



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CAPITOLO QUARTO. ìSc^. J^ 

cose* mei tq maggiori occupava in questo tempo gii 
animi di tutti gli uomini ; perchè Cesare , raccogliendo 
tutte le foi*ze che per se stesso poteva , e che gli erano 
concedute da molti ^ si preparava per andare' con eser- 
cito potentissimo a campo a Padoira. E da altre parte 
il senato Veneziano, giudicando consistere nella^Jifesà 
di quella città totalmente la salute sua , attendeva con 
somma diligenza ^alle provvisioni necessarie a difen- 
derla, avendovi fatto entrare, da quelle genti in fuora, 
che erano deputate alla guardia di Trevigi , T esercito 
loro con tutte quelle forze , che da ogni parte avevano 
potute raecorre, e conducendovì numero infinito di 
artiglierie d|« qualunque sorte, vettovaglie di ogni ra- 
gione bastanti a sostenergli molti mesiy moltitudine 
innumerabile di contadini, e di guastatori , con i quali , 
olt^ air avere «on argini, e con copia grande di le- 
gns^mi , e di ferramenta rj^^arato per non essere privati 
delle acque, che appresso alla terra ' di Liniini si diver- 
tono a Padova, avevano fatto alle mura della città, e 
facevano continuamente maravigliose fortificaziotii. 
' E contuttoché le provvisioni fossero tali , che quasi 
maggiori non si potessero desiderare, nondimeno in 
caso tajQìltro importante era inestimabile la sollecitudine 
e l'anstetà di qud senato, non cessando dì e notte i 
senatori di pensare, H ricordare, e di, proporre le cose 
che credevano che fossero opportune ; delle quali trat^ 
tandosì continuamente nel senato , Lionardo Loredano 
loro. doge, uomo venerabile perula età, e per la dignità 
di tanto grado, nel quale era già seduto molti anni, 
levatosi in piedi, parlò in quesj^ sentenza: 

' Leggi U fecondo Lib. deU* istorie del MoeanigOp e M iXé. IX del B€mb0j 
il qaale diligentemente descrìve la terra di Limini* 



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So ' LIBRO OTTAVO. 

' ^ Se , come e manifestissimo a ciascuno , prestan-** 
ce tissimi senatori , nella conservazione d#(a città d! 
«Padova consiste non solamente ogni speranza di 
a potere fnai recuperare il nostro imperio, ma ancora 
« di conservare la mostra libertà , e per contrario , se 
« dalk perdita di Padova ne seguita^ come è certissimo, 
« l'ultima desolazione di questa patria, bisogna di 
a necessità confessare, che le provvisioni e preparazioni 
<c fatte insinp ad ora , ancora che grandis^me, e mara- 
«vigliosé, non siano sufficienti, né per quello che si 
«conviene per fe sicurtà di quella città, né per quello 
« che sì appartiene alla dignità della nostra repubblica. 
«Perché in una cosa di tanta importanza, e di tanto 
« pericolo, non basta che i provvedimenti fatti siano 
« tali , che si possa avere grandissima speranza che 
« Padova si abbia a difendere; ma bisogna siano Kbitó 
« potenti , che , per quel che.^i può provvedere con la 
c< diligenza é industria umana, si possa tènere per certo, 
ce che abbiano ad assicurarla da tutti gli accidenti , che 
« impYovvisamente potesse partorire la sinistra for- 
«tuna, potente in tutte le cose del mondo, ma sopra 
« tutte le altre in quelle della guerra. Né é delibera- 
<c zione degna dell' antica fama , e gloria ded nome 
« Veneziano , cUte da noi sia concèssa interamente la 
a salute pubblica^ e Y onore, e Is^ vita propria , e delle 
ce mogli e figliuoli nostri alla virtù di uomini forestieri , 

' L* orazione del dpge Loredtjio per mandare i nobili di VenerJa alla di- 
fesa di Padoya è similmeAte introdotta dal Mocenigò nel Lib. Il , sebbene 
con altra testura, e arte, e dal Giustiniano nel Lib. X; legnali non ispe- 
cifioano-il nomerò dei giovani, che i| doge Tolèsse mandarvi, ma solo esor- 
tano, cHe, vi sian mandati. Il Bembo non la pone, ma ben dice, che il 
dog* vi aveva inandato dpé sabi figlinoli armati , il qnal esempio fu segni- 
tato dai senatori e dai magistrati, mandandovi ancor essii propfj figlinoli 
con non piccol numero di nomi armati. 



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CAPITOLO QUARTO. l5og. 8l 

te e di soldati mercenarj , e che non corriamo noi spon- 
de taneamente , e popolarmente a difenderla con i petti 
« e con le braccia nostre. Perchè se ora non si sostiene 
« quella città , non rimane a noi più luogo di afSà^ 
<c ticarci per noi medesimi, non di dimostrare la nostra 
ce virtù, non di spendere per la salute nostra le nostre 
« ricchezze. Però, mentre che ancora non è passato 
«il tempo di aiutare la nostra patria, non dobbiamo 
u lasciare indietro opera, o sfòrzo alcuno, né aspettare 
c( di rimanere in preda di chi desidera di saccheggiare 
ce le nostre facultà , di bere con somma crudeltà il 
« nostro sangue. 

«e Non contiene la conservazione della patria sola- 
te mente il pubblico bene, ma nella salute della repub- 
« blica si tratta insieme il bene , e la salute di tutti 
tt i privati, congiunta in modo con essa, che non può 
^ stare questa senza quella: perchè, cadendo la repub- 
« blica, e andando in servitù, chi non sa, che le 
<( sostanze, Y onore , e la vita dei privati rimangono in 
ce preda dell'avarizia, della libidine, e della crudeltà 
ce degl' inimici ? Ma quando bene nella difesa della 
a repubblica non si trattasse altro, che la conservazione 
«della patria, non è premio degno dei suoi generosi 
<c cittadini, pieno di gloria, e di splendore nel mondo, 
a e meritevole appresso a Dio? Perchè è sentenza insino 
fcdei ' gentili essere nel cielo determinato un luogo 
« particolare, il quale felicemente godano in perpetuo 
oc tutti coloro, che avranno aiutato, conservato, e 

' Ciò ai4egge in qatl fftmmento d«l Lili. VI della Etpnbbl. di Marco 
TulUo , che vien chiamato sogno di Scipione. Omnibus qui patriatn con- 
servarint, adjuverintf auxerint, certum esse in ccelo oc definitum locurn, 
M beati ceyo itmpÌHfno fruantur, dice egli. 

HI. 6 



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8!l . LIBICO. OTTAVO. 

ce accreseiuto la patria )oró. E quale patria è giammai 
<( stata , che meriti di essere più aiutata, e. conservata 
<c dai suoi figliuoli, che questa? la quale ottiene, e 
a ha ottenuto per molti secoli il pi:ÌQcipato tra tutte 
«le città del mondo, e dalla quale i suoi cittadini 
ce ricevono grandissime ed innumerabili comodità 9 
«utilità ed onori; ammirabile, se $i considerano, o 
«le doti ricevute dalla natura, o le cose, che dimos- 
« trano la grandezza quasi perpetua della prospera 
«fortuna, o quelle per le quali apparisce la virtù, 
« e la nobiltà degli animi degli abitatori. Perchè è 
«stupendissimo il sito suo, posta, unica nel mondo, 
« tra le acque salse, e congiunte in modo tutte le parti 
« sue, che in un tempo medesimo si gode la comodità 
« dell'acqua, e il piacere della terra; sicura, per non 
«essere posta in terra ferma, dagli assai ti. terrestri, 
« e sicura , per non essere posta nella profondità del 
« mare, dagli assalti marittimi. E quanto sono maravi* 
« gliosi gli edificj pubblici e privati , edificati con incre- 
«dibile spesa e magnificenza, e pieni di. ornatissimi 
« marmi forestieri , e di pietre singolari condotte in 
« questa città da tutte le parti del mondo ! e quanto ci 
« sono eccellenti le pitture, le statue, le sculture, gli 
« ornamenti dei musaici, e di tante bellissime colonne, 
« e di altre cose simìgliànti ! E quale città si trova 
« al presente, ove sia maggiore concorso delle nazioni 
«forestiere, che vengono qui, parte per abitare in 
« questa libera e quasi divina patria sicuramente, parte 
« per esercitare i loro commerci? onde Venezia è piena 
« di grandissime mercatanzie e raccende, onde crescono 
« continuamente le ricchezze dei nostri cittadini, onde 
« la repubblica ha tanta entrata del circuito solo di 



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CAPITOLO QIJAJITO. iSoQ. 83 

tf questa città, qusmta non baimo moki re degl'intm 
« regni loro. 

oc Lascio andare la copia dei letterati in ogni scienza 
« e fecultà, la quantità degl' ingegni, e la vir^ degli 
«uomini, dalla quale congiunta con le altre condì- 
fc zioni è nata la gldria delie cose fatte maggiori da 
«questa repubblica e dagli uomini nostri, r che dai 
fc Romani in qua abbia fatto patria alcuna. Lascio andare 
«quanto sia maraviglioso vedere in una città, nella 
« c^ale non nasca cosa alcuna , e che sia pietussima 
«di abitatori, abbondare ogni cosa. Fu il principio 
« della città nostra ristretto in su questi soli scogli sterili 
et e ignudi , e nondimeno distesasi la virtù degli, uomini 
«nostri prima nei mari più vicini, e nelle terre cir» 
« costanti, dipoi ampliatasi coi} felici^ successi nei mari, 
« e nelle provincie piìi lontane, e corsa insino neìle 
« ultime parti deir oriente , acquistò per terra e per 
«m^re tanto imperio, e tennelo sì lungapiente , e 
« ampliò in modo la sua potenza, che stata tempo Itinr 
« ghissimo formidabile a tutte le altre città d' Italia, sia 
« stato necessario , che ad abbatterla siano, concorse 
« le fraudi, e le forze di Aitti i principi cristiani ; cose 
«certamente procedute con T aiuto del sommo Dio, 
« perchè è celebrata per tutto il mondo la giustìzia .che 
« si esercita indifferentemente in questa città, p6r 
« il nome solo della quale .molti popoli sisono sppnta* 
« neam^nte sottoposti al nostiro dominio. Già a quale 
tf<;ittà, a qual imperio cede di religione e di pietà 
«verso il sommo Dio la patria nostra? Ove sono tanti 
« monasterj , tanti tempj pieni di ricehissimi e prezio- 
«sissimi oFna^lenti, di tanti stupendi vasi e apparirti 
« dedicati al culto ^ divino ? Ove sono tanti spiali, e 



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34 LIBRO OTTAVO. 

(c luoghi pii, nei quali con incredibile spesa, ed incre- 
«dibile utilità dei poveri si esercitano assiduamente 
« le opere della carità? È meritamente per tutte queste 
«cose preposta la pstóa nostra a tutte le altre; ma 
ce oltre a queste, ce n'è^nnà, per la quale sola trapassa 
« tutte ie laudi , e la gloria di se medesima. Ebbe la 
« patria nostra in un tempo medesimo la origine sua 
« e la sua libertà ; ne mai nacque , né morì in Venezia 
ce cittadino alcuno, che non nascesse, e morisse libero; 
«né mai é stata turbata la sua libertà, procedendo 
« tanta felicità dalla concordia civile stabilita in modo 
«negli animi de^i uomini, che in un tempo mede- 
« Simo entrano nel nostro senato e nei nostri consigli , 
« e depongono le private discordie e contenzioni. Di 
« questo é causa la forma del governo, che temperato 
« di tutti i modi migliori di qualunque specie di am- 
« ministi^azione pubblica, e. composto ih modo, e a 
« guisa di armonia proporzionato , e concordante tutto 
« a se medesimo , é durato già tanti secoli sensea sedi- 
« zìone civile , senz' armi , e senza sangue tra i suoi 
«cittadini inviolabile e immaculato, laude unica della 
«nostra repubMica, e della quale non si può gloriare 
« né Roma, né Cartagine, né Atene, né Lacedemone, 
« né alcuna di quelle repubbliche, che sono state pia 
« chiare , e di maggior grido appresso agli antichi. Anzi 
« appresso a noi si vede in atto, tale forma di r^ub- 
«blica, quale quegli, che hanno fatto maggiore prò* 
« fessìone di sapienza civile , non seppero mai né imma- 
« ginarsi , né descrivere. 

« Adunque a tanta e a sì gloriosa patria stata mol- 
« fissimi anni antimuro della fede, splendore della re- 
« pubblica criftiana , mancheranno le perscnìe dei suoi 



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Capitolo quarto. •*— iSog. 85 

«(BgUuoU e dei suoi cittadini? E ci sarà chi rifiuti di 
«mettere ia |>ericok> la {H'opria vita, e dei figliiioU 
«per la salute di quella? la quale conteueiidosi nella 
« difesa di Padova^ chi sarà quello, che neghi di volere 
<c personalmente andare a difenderla? E quando bene 
« fossimo certissimi essere bastanti le fi>rze che vi sono, 
« non appartiene egli all'onpr nostro, non appartiene 
<c e^ allo splendore del nome Veneziano^ che sì saf^ia 
ic per tutto il mondo, che noi medesiipi siamo corsi 
«prontissimamente a difenderla, e conservarla? Ifo 
«voluto il £sito di quejSta città che in pochi dì sia 
a caduto dalle mani nostre tanto imperio ^ nella qual 
« cosa non abbiamo da lamentsurci tanto deUa malignità 
«della fortuna (perchè sono casi comuni a tutte le 
« repubbliche» a tutti>i regni) , quanto abbiamo cagione 
adi dolerci, che dimenticatici della costan2a nostra, 
« slata ìnsino a quel dì invitta, che pard^ta la me* 
« moria di tanti generosi e gloriosi esempj dei nostri 
«maggiori, cedemmo con troppo subita di$pei:a« 
« zione, al colpo potente della fortuna; né fu p^r noi 
«rappresentata ai figliuoli nostri quella virtù, che 
« era stata rappresentata a noi dai padri nostri. Torna 
« ora a noi la occasione di ricuperare quell' orna* 
« mento non perduto (se noi vorremo essere uomini), 
« ma smarrita; perchè andando incontro all' avversità 
« della fortuna, offerendoci spontaneamente ai peri* 
«coli, cancelleremo la infamia ricevuta; e, vedendo 
« non essere perduta in noi V antica generosità e 
«virtù, si ascriverà piuttosto quel disordine a una 
«certa fatale tempesta, alla quale né il coniglio, né 
a la costanza degli uomini può resistere , che a colpa e 
a vergogna nostra. 



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86 LIBRO OtTA.VO. 

«Però se fosse lecito, che tutti popolarmente aiicUis- 
à simo a Padova, che senza pregiudizio di quella difésa, 
oc è delle altre urgentissime faccende pubbliche, si po- 
« tesse per qualche giorno abbandonare questa città, 
aio primo, senza aspettare la vostra deliberazione, 
ccpiglieréi il cammino, non sapendo in che meglio 
«potere spèndere questi ultimi dì della mia vecòhiezza, 
a che nel participare colla presenza , e con gli occhi 
«di vittoria tanto preclara; o quando pure (T animo 
ccabborrisce di dirlo ) ^ morendo insieme con gli altri, 
a non essere superstite alla rovina della patria. Ma 
a perchè né Venezia può essere abbandonata dai con- 
ce sigli pubblici, nei quali col consigliare, provvedere, 
« e ordinare non meno si difende Padova, che la difen- 
cedano colle armi quegli, che sono quivi, e la turba 
« inutile dei vecchi sarebbe più di carico, che di pre- 
ìk sidio a quella città, né anco per tutto quello, che 
ce potesse occorrere, é a proposito spogtiare Venezia di 
ce tutta la gioventù; però consiglio e conforto, che 
«avendo rispetto a tutte queste ragioni si eleggano 
« dugénto gentiluomini dei prìncipah della nostra gio- 
« ventù^ dei quali ciascuno con quella quantità di amicn 
« e di clienti atti alle armi, che tollereranno le sue 
« fiicultà, vada a Padova per stare quanto sarà neces* 
«sario alla difesa di quella terra. Due' miei figliuoli 
«con grandi compagnie saranno i primi a eseguire 

' Nella orazione formata dal Mocenigo in nome del doge Loredano son 
queste parole, che oorrìipondono idle recitate da questo autore, cioè: 
Abbiamo no! gii cominciato a mandare a Padova i nostri figlinoli Lnigi e 
Bernardo con cento fanti, però è onesto, che ancot voi facciate il mede- 
simo, o andandovi in persona, o mandandovi i figlinoli e i nipoti, come 
porta la facnltà di dascnno. £ il Giustiniano dice : Poiché io per la veo- 
cbiezsa e per la debolezza non posso, Lnigi e Bernardo miei figlinoli snp- 
pUranno per il padre, e vi andranno armati con prestessa. 



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CAPITOLO QUARTO. iSoQ. 87 

<c quel che io padre l(»*o , principe vostro, sono stato 
« il primo a precorre; le persone dei quali in sì grave 
i< pericolo offerisco aUa patria volentieri. 

a Così si renderà più sicura la città di Padova; così 
<c i soldati mercenarj , che vi sono , veduta la nostra 
ce gioventù pronta. alle guardile, e a tutti i fatti militari, 
ce ne riceveranno inestimabile allegrezza e animosità, 
«certi^che essendo congiunti con loro i figliuoli nos- 
(c tri, non abbia, a mancare da noi provvisione o sforzo 
ce alcuno. La gioventù e gli altri, che non anderanno, 
ce si accènderanno tanto più con questo esempio a 
«e esporsi sempre che sarà di bisogno a tutte le fatiche 
«e pericoli* Fate voi, sena^tori, le parole e i fatti dei 
« quali sono in esèmpio, e negli occhi di tutta la città, 
a fate, dico, a gara ciascuno di voi, che ha facultà 
« sufficienti, di far descrivere in questo numero i vostri 
<c figliuoli , acciocché siano partecipi di tanta gloria ; 
«perchè da questo nascerà non solo la difesa sicura e 
a certa di, Padova, ma si acquisterà questa fama ap- 
tt presso a tutte le nazioni, che nói medesimi siamo 
« quegli) che col pericolo della propria vita difendiamo 
«Is^ lUiertà, e la salute della più degna e della più 
<c nobile patria che sia in tutto il mondo. » 

Fu udito con grandissima attenzione e approvazione, 
e messo con somma cekrità in esecuzione il consiglio 
del principe; per il quale il fiore dei nobili della gio- 
ventù Veneziana, raccolti ciascuno quanti più amici, 
e familiari atti all'esercizio dell'armi potette, ' andò a 

' Parono i nobili Yeneztani, che andarono a soccorrere Padova tre- 
cento in numero, e menarono dieci mila nomini , come scrive il Mocenìgo». 
Ma il Bembo dice, i gentiluomini a sostenere V assedio in Padova fu- 
rono 176. n Giustiniano acnve da 3oo genUinomini eoa soldati in oobiì- 
pagnia. 



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88 LIBRO OTTAVO. 

Padova, accompagnati insmo a che entraroilo xieBe 
barche da tutti gli altri gentiluomini , e da moltitudine 
innumerabile, e celebrando ciascuno con somme laudi, 
e con pieto^ voti tanta prontezza in soccorso della 
patria. Né con minor letizia e giubbilo di tutti furono 
ricevuti in Padova, esaltando i capitani e i soldati 
insino al cielo, che questi giovani nobili, non esperi* 
mentati né alle fatiche, né ai pericoli della milizia, 
preponessero l' amore della patria alla vita propria , e 
in modo che, confortando Tuno l'altro, aspettavano 
con lietissimi animi la venuta di Cesare^ U quale, 
attendendo a raccorre le genti , che da molte parti gli 
concorrevano, era venuto al ponte alla Brenta lontano 
tre miglia da Padova, e preso per forza Limini, e in- 
tetrotto il corso delle acque, aspettava le artiglierie, 
le quali, terrìbili per quantità e per qualità, venivano 
di Germania. Delle quali essendo condotta una parte.a 
Vicenza, essendo andati Filippo Rosso, e Federigo 
Gonzaga da Bozzole con ^ dugento cavalli leggieri per 
fargli scorta, adattati da cinquecento cavalli leggieri, 
che guidati dai villani, i quali in tutta la guerra fecero 
ai Veneriani utilità maravigliosa, erano usciti di Pa** 
dova, furono rotti presso a Vicenza cinque miglia, e 
Filippo fatto prigione ; e Federigo con grande fatica , 
per benefizio della notte, a piede, e in camicia si era 
salvato. 

Dal ponte alla Brenta Massimiliano si allargò òodxxÀ 
miglia verso il Polesine di Rovigo per aprirsi meglio 
la comodità delle vettovaglie; e preso di assalto, e sac- 

' Tré Cinto cavalli leggieri éioe il Mootnigo, «he avera Filippo Resto, 
non faeendo meiudoiM alcnna dd Boszdo, con i qttaU andava a fiure soortA 
alla Tettovaglia per il campo, e fa rotto da Gio. Maria Fregoso. 



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CAPITOLO QUARTO. -*- iSoQ. 8g 

cheggiato il castello di Esti , andò a campo a Monfe*- 
lice, dove, essendo abbandonata la terra, che è in 
piano, 'espugnò il secondo dì la fortezza situata iti 
sulla cipaa di un alto sasso* Ebbe dipoi per accordo ' 
Montagnana, donde ritornato verso Padova si fermò 
al ponte di Bassapello vicino a Padova, dove in vano 
tentò di divertire la Brenta, o il Bacchiglione, che di 
quivi si conduce a Padova. Nel qual luogo essendo 
giunte tutte le artiglierie, e le munizioni, che aspet-* 
tava , e raccolte tutte le genti , che erano distribuite 
in diversi luoghi, si accostò alla terra con tutto Teser-^ 
cito. E avendo messi quattromila £uiti nel borgo, die 
si dice di Santa Croce, aveva in animo di assaltarla da 
quella parte; ma essendo dipoi certificato che la terra 
in quel luogo era più forte di sito e di muraglia, e 
statevi fatte maggiori fortificazioni, e ricevendo ancora 
in quello alloggiamento dalle artiglierie di Padova 
molto danno, deliberò trasferirsi con tutto l'esercito 
alla porta del Portello, che è volta verso Venezia, 
perchè gli era riferito la terra esservi più debole , e 
per. impedire i soccorsi , che per terra o per acqua 
venissero a Padova da Venez^ia. Ma non potendo , per 
l'impedimento dei paludi, e di certe acque che inon* 
dano il paese, andarvi se non con lungo circuito, 
venne al ponte di fiovolenta, lontano da Padova sette 

' Erano in Monfellce Pietro Gradeifigo, e ^aolo Cnrsio con cento da- 
qoanta ^anti , i qnaU ritiratisi neUa rocca la difesero fin ohe il nemfco a 
fona la prese, ed esn vi forono fatti prigioni. Moeemgo. li Bembo nomina 
solo il Gradenigo , e Daniel Moro. 

' Di Montagnana non leggo nel Mocenigo cosa alcana, ma il Bembo 
aerive il contrario, cioè, che essendo andato Beraldo Padovano a esortare 
qnei ddla temi, die si arcendenero a Cesare, essi yolentierì con. i suoi 
soldati lo tolsero dentra, e poi lo feoero prigione, avendone morti e feri^ 
alquanti. 



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90 LIBRO OTTAVO. 

miglia, dove è una tenuta situata in sul fiume del 
Baccfaìglione v^rso la marina tra Padova e Venezia; nel 
qual luogo per essere circondato dalle acque, e nella 
parte più sicura del Padovano, si erano ridotti tremila 
contadini , con numero grandissimo di bestiami , i 
quali , sforzati dall' avanguardia déi^nti SpagnuoK e 
Italiani, furono quasi tutti morti, o presi. Né si attese 
per due giorni seguenti ad altro, che a correre tutto il 
paese insino al mare pieno di quantità infinita di bes- 
tiami; e furono prese nella Brenta molte barche, che 
cariche di vettovaglie andavano a Padova, tanto che 
finalmente il quintodecimo giorno del mese di set^ 
tembre, avendo consumato tanto tempo inutilmente, 
e dato spazio agl'inimici di fortificarla, ed empierla di 
vettovaglie, si accostò alle mura di Padova allato alla 
porta dd Portalo. 

Non aveva mai né in quella età , né forse in molte 
superiori veduto Italia tentarsi oppugnazione, che 
fosse di maggiore espettazione, e pih negli occhi degli 
uomini , per la nobiltà di quella città , e per gli effetti 
importanti, che dal perderla, o vincerla, risultavano. 
Gonciossiachè Padova, nobilissima ed antichissima città, 
e famosa per la eccellenza dello studio^ cinta da tre 
ordini di mura, e per la quale corrono i fiumldi Brenta 
e di Bacchiglione, è di circuito tanto grande, quanto 
forse sia alcun' altra delA ipaggiori città d' Italia , situata 
in paese abbondantissimo, ove è aria salubre e tempe- 
rata, e benché stata allora più di cento anni depressa 
sotto l'imperio dei Veneziani, che ne ' spogliarono 

* USabelUeo scrive nel Lib. Vili della seconda Deca in che modo qnegH 
della famiglia di Carrara, e per qnal rispetto foss^o spogliati dai Veneziani 
ddla signoria di 'Padova j «il che si legge ancora nel Lib. VI dell'Istoria di 
Venezia di Piero Giustiniano, 



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CAPITOLO QUARTO. iSoQ. §1 

quei della &miglia di Carrara, ritiene ancora superbi 
e grandi eomcj , e molti segni nieihorabili di antichità, 
dai quali si comprende la pristina sua grandezza e 
splendore. E dall' acquisto , e difesa di tanta città di- 
pendeva, non solamente lo stabilimento, o debolezza 
dell'imperio dei Tedeschi in Italia, ma ancora quello 
che^avesse a succedere della città propria di Venezia. 
Perchè difendendo Padova, poteva facilmente sperare 
quella repubblica , piena di grandissime ricchezze , e 
unita con animi prontissimi in se medesima, né sotto- 
posta alle variazioni, alle quali sono sottoposte, le cose 
dei principi, avere in tempo non mdto lungo a recu- 
perare gran parte del suo dominio; e tanto più che la 
maggior parte dei loro sudditi, che avevano deside- 
rato le mutazioni, non vi avendo trovato dentro effetti 
•corrispondenti ai suoi pensieri, e conoscendosi per la 
comparazione quanto fosse diverso il reggimento mode- 
rato.dei Veneziani da quello dei Tedeschi, alieno dai 
costumi degl'Italiani, e disordinato maggiormente per 
le confusioni e danni della guerra, cominciavano a 
voltare gli occhi all' antico dominio. £ per contrario , 
perdendosi Padova, perdevano i Veneziani interamente 
la speranza di reintegrare lo splendore della loro re- 
pubblica : anzi era grandissimo pericolo, che la città 
medesima dì Venezia spogliata di tanto imperio, e vota 
di molte ricchezze per la diminuzione dell'entrate 
pubbliche, e per la perdita di tanti beni, che i privati 
possedevano in terra ferma, o non potesse difendersi 
dalle armi dei principi confederati , o almeno non di- 
ventasse in progresso di tempo preda non meno dei 
Turchi, con i quali confinano per tanto spaziò, e 
hanno sempre con loro o guerra, o pace infedele e 
mal sicura, che dei principi cristiani. 



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gii LIBRO OTTAVO. 

Ma non era minore T ambiguità degli uomini; perchè 
gli apparati potentissimi, che da ciascuna delle partì 
si dimostravano , tenevano molto sospesi i giudizj co-* 
munì, incertissimi quale avesse ad avere effetto più 
felice, o l'assalto, o la difesa. Perchè nell'esercito di 
Cesare, oltre le sette cento lance del re di Francia, le 
quali governava la Palissa, erano dugento uomini di 
arme mandatigli in aiuto dal pontefice, dugento altri 
mandatigli dal ' duca di Ferrara sotto il cardinale da 
Esti, benché ancora non fossero composte le differenze 
tra loro , e sotto diversi condottieri seicento uomini 
di arme Italiani soldati da lui. Né era minore il nerbo 
della fanterìa, che dei cavalli; perchè aveva diciotto 
mila Tedeschi, sei mila Spagnuoli, sei mila venturieri 
di diverse nazioni, e duemila Italiani, menatigli, e 
pagati dal cardinale da Esti nel medesimo nome. Segui- 
tavalo apparato stupendo di artiglierie , e copia grande 
di munizione, della quale una parte gli £^veva mandata 
il re di Francia : e benché i soldati suoi proprj la più 
parte del tempo non ricevessero danari, nondimeno 
per la grandezza, et autorità di tanto capitano, e per 
la speranza di pigliare, e saccheggiare Padova, e di 
avere poi in preda tutto quello che ancora possedevano 
i Veneziani, tion per questo l'abbandonavano : anzi 
continuamente aumentava ogni dì il numero, sapendosi 
massimamente per ciascuno , che egli di natura libé- 
ralissimo, e pieno di umanità con i suoi soldati, man- 

' n daca di Ferrara non pnr mandò aiuto di gente a Cesare per P assedio 
dì Padova, e artiglierìe, ma egli fece ancora gran danni sai territorio con 
le sae genti, prima che con Cesare si congiagnesse, percioccbè fatto un 
bastione snll* Adige , andò saccheggiando il paese vicino al capo dell* Ar- 
gine, come scrìve il Mocenigo, e si legge nel Bembo , il quale parìando 
dell* esercito di Cesare intorno a Padova, dice, che detto, e creduto fti, 
che passasse il numero di ottanta mila persone; e il Giustiniano dice da 



cento mila. 



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CAPITOLO QUAHTO. — iSog. ^ 

cava di pagargli, non per avarizia e volontà, ma per 
impotenza. Era così potente V esercito Cesareo, benché 
raccolto non solo delle forze sue , ma eziandio degli 
a'mti e forze di altri. 

Ma non era manco potente, per quanto fosse neces* 
sario alla difesa di Padova, l'esercitQ, che per i Vene- 
ziani si ritrovava in quella città , perchè vi erano ' 
seicento uomini di arme, mille cinquecento cavalli 
leggieri, mille cinque cento stradiotti sotto femosi.ed 
esperti capitani, il conte di Pitiglianó preposto a tutti. 
Bernardino dal Monte, Antonio dei Pii, Lucio Mal- 
vezzo, Giovanni Greco, e molti condottieri minori. 
Aggiugnevasi a questa cavalleria dodici mila fanti dei 
più esercitati e migliori d'Italia sotto Dionigi di Naldo, 
il Zitolo da Perugia, Lattanzio da Bergamo, Saccoccio 
da Spoleto, e molti altri conestabili, dieci mila fanti 
tra Schiavoni, Greci e Albanesi tratti, dalle lor galee, 
nei quali benché fosse molta turba inutile, e quasi 
coUettim, ve n'era pure qualche parte utile. (Mtre a 
questi^ la gioventù Veneziana con quegli che T avevano 
seguitata, la quale, benché fosse più chiara per la no- 
biltà e per la pietà verso la patria, nondimeno per 
of&ir» prontamente ai pericoli , e per V esempio che 
faceva agli altri, non era di piccolo momento. Abbop* 
davanvi, oltre alle genti, tutte le altre provvisioni 
necessarie, numero grandissimo di artiglierie, copia 
maravigliosa di vettovaglie di ogni sorte , non essendo 
stati meno solleciti i paesani a ridurle quivi per sicurtà 

* n Bembo dice, ohe erano in Padova intorno a quattordici mila fanti, 
seicento nomini d'arme, sette cento Stradiotti, e Soo balestrieri a cavallo. 
Ma in che modo questi capitani qui nominati fossero dispositi alla coslodia 
della ciltà , « scrìtto da PUtro Gimstmiano nel Lib. H. 



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94 LIBRO OTTAVO. 

loro, che gli uiBzìaii Veneziani in provvedere, e co* 
mandare che assiduamente ve n'entrassero, e moltitu- 
dine quasi innumerabile di contadini, quali condotti a 
prezzo non cessavano mai di lavorare; talmente che 
quella città, fortissima per la virtù, e per tanto numero 
di difensori, era s^ata riparata e fortificata maraviglio- 
ssmiente; a quel circuito delle mura, che circoncb^^ 
tutta la città, avendo alzata a grande altézza per tutto 
il fosso l'acqua, che corre intorno alle mura di Padova, 
e fatti a tutte le porte della terra, e in altri luoghi 
opportuni inolti bastioni dàlia parte 'di fuora, ma 
congiunti alle mura , e che avevano la entrata dalla 
parte di dentro ; con i quali pieni di artiglierie si per« 
cuotevano quégli, che fossero entrati nel fosso. E nòiH 
dimeno, acciocché la perdita dei bastioni non potesse 
portar pericolo alla terra, a tutti dalla parte di. sotto 
avevano fatto una cava , e messivi molti bariglioni 
pieni di polvere, per potergli disfare, e gittare in aria, 
quando non si potessero piìi difendere. Né confidandosi 
totalmente nella grossezza, e bontà del muro antico, 
con tutto che prima lo avessero diligentemente rive* 
duto, e dove era di bisogno riparato, e tagliato tutti i 
merli, avevano fatti dal lato di dentro, per quaiAo gira 
tutta 1^ città, steccati con alberi, e altri legnami dis- 
tanti dal muro quanto era la sua grossezza. Empierono 
questo vano insino all'altezza del muro di terra con- 
solidatavi con grandissima diligenza : la quale opera 
màravigliosa, e di fatica inestimabile^ e nella quale si 
era esercitata moltitudine infinita di uomini , non assi- 
curando ancora alia soddisfazione intera di chi era 
disposto a difender quella città, avevano dopo il muro 
così ingrossato e raddoppialo cavato un fosso alto, e 



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CAPITOLO QUAETO. — iSoQ. qS 

largo sedici braccia, il quale ristrìgnendosi nel fomlo, 
e avendo per tutto case matte ^ e torrbncelli pieni di 
artiglieria, pareva impossibile a pigliare; ed erano 
quegli edifizj, a esempio dei bastioni, con avere la cava 
di sotto, di^sti in modo da poterù facilmente con la 
forza del fiioco rovinare. E nondimeno, per esser più 
preparati ad ogni caso , alzarono dopo il fosso un riparo 
della medesima o maggiore larghezza , che si distendeva 
quanto tutto.il circuito della terra, da pochi luoghi in 
fuora, ai quali si conosceva essere impossibile piantare 
le artiglierie; innanzi al qual riparo fecero un parapetto 
di sette braccia, che proibiva che quegli che fossero a 
difesa del riparo non potessero essere offesi dalle arti- 
glierie degl'inimici* £ perchè a tanti apparati, e for- 
tificaàoni Iwrispondessero prontamente gli animi dei 
soldati, e d^li uomini delia terra, ' il contfe di Piti* 
gliano convocatigli in sulla piazza di Santo Antonio, e 
confortatigli con gravi e virili parole alla salute ed 
onore loro , astrinse se medesimo con tutti i capitani e 
con tutto l'esercito e i Padovani a giurar solmine- 
mente di perseverare . insino alia morte fedelmente 
nella difesa di quella città. 

Con tanto apparato adunque, e ccmtro a tanto appa- 
rato condottosi r esercito di Cosare sotto le mura di 

' Confortò il conte di Pitigllano principalmente i soldati a deponere gli 
od) particolari, e fare amorevolmente quanto si costuma negli assedj delle 
città , e poi r indusse a giarare per la confederazione di quella città , toc- 
cando il sacro evangelio con le mani y il che avendo prima di tntli fiitto 
egli, £h similmente fatto dai provveditori, dai capitani, e dalla moltitu- 
dine, come scrive il Mocenigo, e il Giustiniano, il quale vi aggtugne, che 
il Grìtti confortò i soldati , e. i difensori a portarsi valorosamente , e a com- 
battere con franchezza di animo , e di corpo. Questo medesimo fece il sig. 
Astorre Baglioni in Famagosta Fanno iSyi come scrìve il Porcacchi nella 
vita di Ini. 



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96 LIBRO OTTAVO. 

Padova, si diatesi dalla porta del Portene imino sdla 
porta dì Ogiiissanti, che va a Trevigi, e dipoi si allargò 
insiiio alla porta, di Codalunga , che va a Cittadella , 
contenendo per lunghezza tre miglia. Egli alleggiato 
nel monasterìe della beata Elena distante per un quarto 
di mif^io dalle mura della città , e quasi in mezze della 
fanteria Tedesca, avendo distribuito a ciascuno, se<- 
condo la diversità de^i alloggiamenti, e delle nazioni, 
quel che avessero a fare , cominciò a far piantare le 
arti^erie, le quali per essa: tante di numero, e alcuna 
di smisurata e quasi stupenda gramlezza, e per esser 
molto infisstato dalle artiglierie di dentro tutto il 
campo, e specialmente i luoghi dove si cercava di 
piantare , non si potette fare senza alcuna lunghezza 
di tempo e difficulta grande, contuttocliVegli invitto 
di anim^ e di corpo , potentissimo alle fatiche , scor*- 
rende il dì e la notte per tutto, e intervenendo persor 
nalmente a tutte le cose, stimolasse con ^andissima 
sollecitudine che le opere si conducessero alla perfe^ 
eione. Era piantata il quinto dì quasi tutta T artiglila; 
e il dì medesime i Franzesi,.e i fanti Tedeschi da 
quella parte, alla qual era prepesto la Palissa, dettero 
ui^ assalto a un rivellino della porta, ma piìi per ten- 
tare , che per coml^attere ordinatamente ; onde , ve- 
dendo che era difeso animosamente , si ritirarono senza 
molta dilazione agli alloggiamenti. 

Tirava il dì seguente per tutto ferocemente V arti* 
glieria, la maggior parte della quale per la grossezza 
sua, e per la quantità grande della polvere che se gli 
dava, passati i ripari, rovinava le case prossime alle 
mura. E già in molte parti era gittato in terra spazio 
grandissimo di muraglia , e quasi spianato un bastione 



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CAPITOLO QUARTO, h-*- I SoQ. 97 

fiitto «Ha porla di Ognissaiili ; né per dò appariva segno 
alciuio di timore in qud di dentro, i quali infestavano 
o6n le artiglierie tatto V lesereito. E gli Stradiotti, i 
quali alloggiati animosamente nei borghi avevano rieo* 
sato di ritirarsi ad alloggiare lìetta città , e i cavaiK kg* 
gierì oon^endo continuamente per tutto , ora correvano, 
quando dinanzi, quando di dietro, insino in su gli 
alloggiamenti degl* inimici , ora assalivano le scorte dal 
sacoomanno^ e delle vettovaglie, ora^ scorrendo e'pre» 
dando per tutto il paese, rompevano tutte le vie, 
eccetto quella , che va da Padova al monte di Abano, 
E non^meno il campo era copioso di vettovi^lie, delle 
quadi si trovavano piene le case e le campagne per 
ttttto ; perchè né il timore xlei paesani^ né la sollecita 
diligen^ dei Veneziani, né i danni infiniti dei soldati 
da ogni parte avevano potuto esser pari alla ahbon-* 
dania di quel bellissimo e fertilissimo contado. Uscì 
^ ancora fiiora di Padova in quei dì ^ Iaicìo Malvezzo con 
molti cavalli, per c(^urre dentro quarantamila ducati 
mandati da Yteneàa; il quale, benché il suo retro- 
guardo fosse assaltato às^V inimici nel ritoitiare, gK 
condusse salvi, benché con perdita di qualcuno dei 
suoi uomini di arme. 

Avevano il nono dì le artiglierie fatto tanto pro- 
gresso , che non pareva fosse necessario procedere con 
esse più oltre : però il dì seguente si messe in battaglia 
per accostarsi alle mora tutto T esercito. Sia essendosi 
accorti , che la notte medesima quei di dentro avevano 
rialzata T acqua del fosso, che innanzi era stata abbasr 
sata, non volendo Cesare mandare le ^enti a manifes* 

' Con qaale astuzia fossero questi denari «lai Malvezzo condotti in Pa- 
dova , lo scriire il Bembo nel Ijfki^ IX. 

III. , 7 



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gS LIBRO OTTAVO. 

tissitno perìcolo, ritornò ciascuno agli alloggiamenti. 
Abbassossi di nuovo l'acqua; e il dì seguente si détte ^ 
ma con piccolo successo , un assalto al bastione , che 
era fatto alla punta della porta di Codalunga ; onde 
Cesare 9 avendo deliberato, di &r somma diligenza di 
sforzarlo, vi voltò T artiglieria, che era piantata dalla 
parte dei Franzesi, i quali alloggiavano tra le porte di 
Ognissanti e di Codalunga; con la quale avendone 
rovinata una parte, vi fece dare dopo due dì l'assalto 
dai fanti Tedeschi e Spagnuoli, accompagnati da alcuni 
uomini di arme a piede, i quali ferocemente combat- 
tendo.'* saltarono in sul bastione, e vi rizzarono due 
bandiere. Ma era tale la fortezza del fosso., tale la virtù 
dei difensori, tra i quali il Zitolo da Perugia, combat- 
tendo con somma. laude, fu ferito gravemente, tale la 
copia degli instrumenti da difendersi, non solò di arti- 
glierie, ma di sassi e di fuochi lavorati, che e' furono 
necessitati impetuosamente scenderne , essendo feriti, 
e morti molti di loro. Donde l'esercito, che era ordi^ 
nato per dare, come si credeva, subito che il bastione 
fosse espugnato, 1' assalto alla muraglia, si disarmò 
senza avere tentato cosa alcuna. 

Perde Cesare per questa esperienza interamente la 
speranza della vittoria ; e però deliberato di partirsene ^ 
condotta che ebbe V artiglieria in luogo sicuro, si ritirò 
con tutto r esercito alla terra di Limini , che è verso Tre- 
vigi , il * sesto decimo giorno da poi che si era accampato 

' U Mocenigo , e il Giustiniano , che chiama Castel Gattese qaeato bas- 
tione , consentono , che Zitolo da Perngia , preposto a quella gnardia , las- 
ciasae a posta salire g)^ inimici, e plantare le insegne snl bastione, e che 
poi saltato faora , e dato faoco. alla polvere , perciò apparecchiata » ne fece 
terribile strage col fooco, e col ferro. 

' Levò il campo d' intorno a Padova V imperatore , dopo che ci fa stalo 



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CAPITOLO QUARTO. iSoQ. 99 

a Padana, e poi continaaménte si condusse in più allog- 
giamaiti a Vicenza, ove ricevuto il giuramento della fe- 
deltà dal popolo Vicentino , e dissoluto quasi tutto Y eser- 
cito, andò a Verona, disprezzato perchè non erano 
successi , ma molto più perchè erano, e nell' esercito, e 
per tutta Italia biasimati maravigliosamente i consigli 
suoi, è non meno Y esecuzion delle cose deliberate. Per- 
chè non era dubbio che, e il non avere acquistato Tre vìgi, 
e F avere perduto Padova era proceduto per colpa sua : 
similmente, chela tardità del suo venire innanzi aveva 
fatta difficile la espugnazione di Padova , perchè da 
questo era nato , che i Veneziani s^vevano avuto tempo 
a provvedersi di soldati, a empiere Padova di vettova- 
glie, e a fare quelle riparazioni e fortificazioni mai*a- 
vigliose. Né egli negava questa essere stata la cagione , 
che si fosse difesa quella città ; ma rimòvendo la colpa 
dalla varietà, e dai disordini suoi, e trasferendola in 
altri , si lamentava del pontefice e del re di Francia , 
che, con l'avere l'uno di loro concesso l'andare a 
Roma agli oratori Veneziani, l'altro avere tardato a 
mandare il soccorso delle sue genti, avevano dato ca- 
gione di credere a ciascuno che si fossero alienati da 
lui; onde avere preso animo i villani delle montagne di 
Vicenza a ribellarsi ; e che, avendo consumato nel do- 
margli molti dì, aveva poi trovato per la medesima 
cagióne le medesime difficultà nella pianura; e che per 
aprirsi, e assicurarsi le vettovaglie, e liberarsi da molte 
molestie era stato necessitato a pigliare tutte le terre 



forse 40 giorni, dice il Buonaccorsì, e scriTe, che se ne letò ai 3 (ìì otto- 
bre i5og, tal che nel tempo dell'assedio conviene con questo autore, il 
qaale ha detto di sopra, che Massimiliano si accostò a Padova ai z5 di set- 
tembre, n Bembo dice, che Cesare levò il campo ai a di ottobre. 



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JOO LIBRO OTTAVO. 

del paese; né sotantenCe act«rgli noeiuto in questo la 
tarda Tenuta dei Frantesi ; ma ebe , se^ fossero venuti al 
tempo conveniente, non sarebbe seguitata la ribellione 
di Padova; e cbe questo, e l'avere il re di Francia. e il 
re di Aragona licensiate 1« armate di mare , aveva poi 
data £K»ltà ai Veneziani , liberati ^i ogni altro limone , 
di potére me^io provvedere e fortificare Kklova ; 
querelandosi, oltre a questo, cbe al re d'Aragona erano 
grate le sue diffieultà , per indurlo più facilmofite a 
consentire che a lui restasse V amministrazione dei 
regno di Castigliiu 

Le quali querele non miglioravano le sue condizioni, 
né gli accrescevano l'autorità perduta ^ per non avelie 
saputo usare Si rare occasioni : anzi che tale opinione 
fosse comunemente conceputa di lui era gratissimo ^1 
re di Francia, né molesto al pontefice, perdiè sospet* 
tèso e diffidente di ciascuno , e considerando quanto 
sempre fosse bisognoso di danari , e importuno a di«i 
mandarne, non vedeva volentieri crescere in Italia il 
nome suo.' 

A Veroùà ricevette ii giuramento della fedeltà; e in 
quella città gli ambasciatori Fk>rentini , tra i quali fu 
IHero ' Guicciardini mio padre, convi^dnero con lui m 
nome deUa loro repubblica , indotta a questo, oltre alle 
altre ragioni , dai conforti del l*e di Francia, di pagargli 
in breve tempo quarantamila ducati; per la quale pro- 
messa ottennero da lui privilegi in ferma an^lissimai 
delta confermazione così della libertà di F^f^enze, come 

' Piero Goicciardini, padre dcU* uotore presente, stette ambasciatore per 
là nostra jdttà presso Hasslm^no anco quando ^B èra sotto Pjidova. Fu 
poi anco ambasciatore a papa Leone X , ove fece in nome delia «ittii dna 
belìissima orazione » ed ebbe molti carichi onorati, e importanti > secondo 
r aso di quella illastre famiglia. 



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CAPITOLO QUARTO. --^ I Sog. IDI 

dèi dominio, e gtumdÌ2ÌoDe delle terre e stati tent- 
vtfio , con la quietazione di lutto quello gli dovessero 
per il tempo passato^ E avendo Cesare deliberato di 
tornarsene in Ga:inania per ordinarsi , secondo ^eva , 
a* fere la guerra alla prossima primavera, chiamò a se 
Ciamonte per trattare deiìe cose presenti. Al quale , 
ventnto a lui nella villa di Arse nel Veronese, diuostrò 
il pmùoia ohe i Yeaeziani non recaperasMtfoC&ttadeUa, 
e Bassano, i quali luoghi molto importanti, insuperi)iti 
per la difesa di Padova, si preparavano per assaltare, e 
che il medesimo non intervenisse poi di Monselìce, di 
Montagnana^ e di £sti ; essere necessario pensare , ohre 
alla conservazione di queste terre, non meno alla recu- 
penuÉsione di Legnago; e che, essendo egli per se sòie 
impotente a fare le provvisioni necessarie a questi ef- 
fetti , bisognava fosse aiutato dal re, le cose del quale, 
non si sostenendo le sue, si mettevano in pericolo. Alle 
quali dimande non potendo Ciamonte dargli certa riso- 
luzione, si rimesse a darne notizia al re, dandogli spe- 
ranza ol^ la risposta sarebbe conforme al suo desi- 
derio. Da questo parlamento Massimiliano , lasciato a 
guardia di Verona il marchese di Brandiborgh , andò 
alla Chiusa ; e poco dipoi la Palissa, ij qual era rimasto 
con cinquecento lance nel Veronese, allegando dififi- 
cultà degli alloggis^menti, e molte incomodità, otte- 
nuta quasi per impoi^unità licenza da lui, si ritirò nei 
confini del ducato di Milano; perchè la intenzione del 
re era, che avendo a stare le sue genti oziosamente 
alle guarnigioni, slessero nello stato suo; ma che tor- 
nassero a servire Massimiliano per fare qualunque im- 
presa gli piacesse, e specialmente quella di Legnago ;j 
la quale , desiderata , e sollecitata sommamente da lui ^ 



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I02 LIBRO OTTAVO. 

si differì per le sue solite ^iffictiltà tanto, ch'essendo 
sopravvenute per la stagione del tempo le piogge gran- 
di, nrà si poteva più campeggiare in quel paese, che 
per la bassezza sua è molto sopraffatto dalle acque. 

Però Cesare ridotto in queste difficultà ' desiderò di 
fare tregua per qualche mese. coni Veneziani; ma essi 
pigliando animo dai suoi disordini , e vedendolo aiutato 
oosì freddamente dai collegati, non giudicarono essere 
a loro proposito il sospendere le armi. 



CAPITOLO QUINTO. 

• 

JDÌ4cordìa tra il re di Francia e il papa. Condizioni da lui proposte 
per assolvere i Veneziani. I Veneziani recuperano Vicenza. Vanno 
contro al duca di Ferrara , condotti dal Trevisano. Rotta dei Fer- 
i|iresi alla Puliscila. Ercole Cantelmo è decapitato. Giatiglione viene 
a soccorso di Ferrara. Sdegno del pontefice, che v'invia genti 
d' arme alla difesa. Rotta dei Veneziani nel Po. Concordia tra il 
re de' Romani e il re Cattolico. Rotta dell' imperiali a Verona. 
Sdegno di Cesare contro il papa. Morte del conte di Pitigliano. 
Invio del vescovo di Sion agli Svizzeri. I Veneziani sono assolati 
dall'interdetto. Condizioni. 

Ritornosseite: alla fine Cesare a Trento , lasciate in 
pericolo grave le cose sile , e lo stato d' Italia in non 
piccola sospensione; perchè era nata tra il pontefice è 
il re di Francia nuova contenzione , il principio della 
quale benché paresse proceder da cagioni leggieri, si 
dubitava non avesse occultamente più importanti ca- 
gioni. Quel, che allora si dimostrava, era, che essendo 
vacato un vescovado in Provenza per la morte del ve- 

' Non si legge in alcuno degl' istorici Veneziani questo trattamento di 
tregua. Il Bembo scrive, che Massimiliano andal9a Verona in pochi di 
passò a Trento, ove la moglie era venuta a trovarlo. 



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CAPITOLO QUINTO. I Sog. Io3 

scoYo SUO nella ^x>rte di Roma , U papa lo are va con- 
ferito contro alla volontà del re di Frància, il (piale 
pretendeva, questo essere contrario alla capitolazione 
fatta tra loro, per mezzo del cardinale di \l?avia. Nella 
quale , se bene nella scrittura non fosse stato nomina- 
tamente espresso , che il medesimo si osservasse nei 
vescovadi, che vacassero nella corte di Roma, che in 
quegli y^che vacavano negli altri luoghi^ nondimeno il 
csu^dinale avergliene promesso con le parole: il che ne- 
gando il cardinale esser vero, fórse più per timore , che 
per altra cagione , e il re alFermando il contrario , il 
pònteBce diceva non saper quello, che tacitamente fosse 
statò trattato , ma che essendosi nella ratificazione sua 
riferito a quello, òhe appariva per scrittura, con inse- 
rirvi nominatamente capitolo per capìtolo, né compren- 
dendo questo il caso, quando i vescovi morivano in 
corte di Roma, non esser tenuto più oltre. E perciò 
crescendo la indegnazione,. il re, disprezzato contro 
alla sua consuetudine il conisiglio xlel cardinale di Roa- 
no^ stato sempre autore della concordia col pontefice, 
fece sequestrare i frutti di tutti i benefizj , chetenevaho 
nello stato di Milano i cherici residenti nella corte di 
Roma ; e il papa da altra* parte ricusava di dare le inse* 
gne del cardinalato ad Albi, il quale per riceverle, -se- 
condò la promessa fatta al re, era andato a Roma. £ 
con tutto che il pontefice, vinto dai preghi di molti, 
disponesse alla fine del vescovado di Provenza secondo 
la volontà del re , e con lui convenisse di nuovo come 
si avesse a procedere nei benefizj*, che nel tempo futuro 
vacassero nella corte Romana, e che perciò dall'una 
parte si liberassero i sequestri fatti, dall'altra fossero 
concedute le insegne del cardinalato ad Albi ; nondi- 



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ia4 I.IBBO OTTAVO, 

meno non bastavaiU) <}ueste cose a mollificare ¥ animo 
del pontefice, esacerbato per motte cose, nla special^ 
mente pereHè avendo instno dal principio ddi pontifi^ 
cato conceduta nuit volentieti al ' cardii^le di ì^n^ik) ki 
legàzioDe del regno di Francia , come dannosa alla ùorte 
di Romane con indegnità soa, gli era molestissimo esacre 
costretto, per non irritare tanto l' animo dd r6 di Frani 
eia , consoìttre la continuasse ; e perchè persuadendo» , 
che quel cardinale tendesse con tutti i suoi pensieri ed 
»rti al pontificato, sospettava di ogni progresso e dì 
ogni movimento dei Franzesi. 

Queste eraiio le cagioni apparenti de^i sdegna suoi ; 
ma per quello, che si manifestò poi dei suoi pensieri , 
avendo nelF animo più alti fini ^ desiderava ardentìssi-> 
mamente, o per cupidità di gloria, o per occulto odio 
contro al re di Francia , ó per desiderio della libertà 
dei Genovesi , che il re perdesse quel che possedeva in 
Italia ; non cesando di lamentarsi sensa r^>etto di lui 
e del cardinale, ma in modo, che e^ pareva che la su» 
piala satisfatene procedesse principalmente da timore. 
E nondimeno, come era ài natura invitta e feróce, e 
che alla disposizione dell' animo accompagnava il più 
delle volte le dimostraz^toni ettrìnseche, anodra <:^e sì 
avesse proposto nella mente fine A tanto momento, e 
tanto diffìcile a conseguire, confidandosi in se sdto, e 
pella riverenza e autorità che conosceva aver^ appresso 

* Di sopra nel lib. V ba detto, clie la iegMvwiM di Frattola, conceda .p<» 
i8 mesi da papa Alessandro VI al cardinale di Eoano, fo concessioDe 
dannosa alla corte di Roma , dàlia qnale divertiva molte faccende , e poi nel 
Lili. Vt corife » die partondo. ilcardinàlcetK Roano da Rotta, pet tornarsele 
in Francia , ottenne da papa Omlìo , pia perchè non ebbe ardire di negar- 
gliela , che per libera volontà , la coaferma;rìone della legazione di quel 
regimo. 



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CAPITOLO QUINTO, — • iSog. Io5 

ai prìncipi la sedia apostolii^, non dependente, né con- 
giunto con alcuno, anzi dimpstrando con le parche e 
con le opere di tenere poco contQ di ciascuno , né si 
congiugneva con Cesare , né si restiigneva col re Cat- 
tolico; ma insalvatichito con tutti , non dimostrava 
inclinazione se non ai Veneziani , confermandosi ogni 
giorno piii nella volontà di assolvergli ^ perché giudi- 
cava il non lasciargli perire essere molto a proposito 
d^lla salute d'Italia, e della sicurtà e grandezza sua* 
Alla qual cosa efficacemente oontradicevano gli oratori 
di. Ce^u*e e del re di Francia, concorrendo con loro 
in pubblico al jtnedesimo l'oratore del re di Aragona; 
benché, temendo per T interesse del regno di Napoli 
della grandezza del re di Francia 9 né confidandosi in 
Ces8u:e per la sua instabilità , procurasse occultissima- 
mente il contrario col pontefice. Allegavano non essere 
convenieyate che il pontefice facesse tanto beneficio a 
coloro, i quali era tenuto a perseguitare con. le armi^ 
atteso che per la confederazione &tta a Can(d>rai era 
ciascuno dei collegati obbligalo ad aiutare l'altro insino 
a tanto, che avesse intieramente depistate tutte le 
cose nominate nella sua parte : dunque , non avendo 
mai Cesare acquistato Trevigi, non essere alcuno di 
loro Uberato da questa obbUgazione; oUrechè con^ 
giustizia si poteva dinegare l' assoluzione ai Veneziani » 
perché né vokmtarj , né fi*a il tempo determinato nel 
monitorio, avevano restituite alla chiesa le terre dellai 
Romagna ; ana^ npn avere insino a quest' ora obbedito 
interamente , imperocché erano stati ammoniti di resti- 
tuire, oltre alle ten^e, i frutti presi; il che non avevana 
adempiuto. 

Itta a queste cose rispondeva il pqntcfice, che, poi- 



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lo6 ' LIBRO OTTAVO. 

che si erano ridotti a penitenza, e dimandato con 
umiltà grande Y assoluzione , non era ufficio del vicario 
di Cristo perseguitargli più con le armi spirituali in pre- 
giudizio della salute di tante anime, avendo conseguite 
le terre, e così cessando la cagione, per la quale erano 
stati sottoposti alle censure ; perchè la restituzione dei 
frutti presi era cosa acòessoria , e inserita più per aggra- 
vare la inobbedienza , che per altro , e che non era con- 
veniente venisse in considerazione di tanta cosa :' di- 
versa essère la causa del perseguitargli con le armi 
temporali; alle quali, perchè aveva nell'animo di per- 
severare nella lega di Cambrai , si offeriva parato di 
concorrere insieme con gli altri, benché da questo po- 
tesse ciascuno dei confederati giustamente discostarsi : 
perchè dal re dei Romani era mancato il non avere 
Trevigi , avendo rifiutato le prime offerte fattegli dai 
Veneziani , quando gli mandarono ambasciatore Anto- 
nio Giustiniano, di lasciargli tutto quello possedevano 
in terra ferma, e perchè dipoi gli avevano offerto molte 
volte di dargli in cambio idi Trevigi conveniente riconr- 
penso. E così, non lo ritenendo le contradizioni degli 
ambasciatori , lo ritardava solamente la generosità del 
suo animo , per la quale , ancora che riputasse Y asso- 
luzione dei Veneziani utile a se e opportuna ai fini 
proposti , aveva deliberato non la concedere , se non 
con dignità grande della sedia apostolica , e in modo , 
che le cose deUa chiesa si liberassero totalmente dalle 
loro oppressioni. E perciò , recusando i Veneziani di 
cedere a due condizioni , le quali olti*e a molte altre 
aveva preposte, differiva l'assolverli : l'una era, che 
lasciassero libera ai sudditi della chiesa la navigazione 
del mare Adriatico , la quale vietavano a tutti quegli , 



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CAPITOLO QIIINTO. — iSóQ. IO7 

che per le robe conducevano non pagavano loro certe 
gabelle; V altra , che non tenessero più in Ferrara , città 
^epeiidente dalla chiesa, il magistrato ' del bisdomino. 
Allegavano i Veneziani questo essere stato consentito^ 
dai Ferraresi , non repugnando Clemente VI ponte- 
fice Romano, che a quel tempo risedeva conja corte 
nella, città di Avignone ; e la superiorità , e custodia del 
golfo avere conceduto loro con amplissimi privilegi 
Alessandro IV pontefice, mosso perchè colle armi e 
colla virtù, e con molte spese V avevano difesa dai Sa- 
racini, e dai corsali, e renduta sicura quella naviga- 
zione, ai Cristiani. 

Alle quali cose si replicava per la parte del pontefice 
non avere potuto i Ferraresi in pregiudizio della supe- 
riorità ecclesiastica acconsentire , che da altri fosse te- 
nuto un magistrato, o esercitata giurisdizione inFerrara ; 
né avendo consentito volontariamente, ma sforzati da 
lunga e grave guerra, e dopo avere ricercato in vano 
r aiuto del pontefice , le censure del quale dispregia- 
vano i Veneziani, avere accettata la pace con quelle 
condizioni, che era paruto a chi poteva contro a loro 
più con le armi , che con la ragione : Né della conces- 
sione d' Alessandro pontefice apparire, né in istorie, né 
in scritture, memoria, o fede alcuna, eccetto il testi- 
monio dei Veneziani , il quale in causa propria e sì 
ponderosa èra sospetto ; e quando pure ne apparisse 
cosa alcuna , essere più verisimile , che da lui , il qual 
dicevano averlo conceduto in Venezia , fosse stato con- 

' n magutrato del bUdomino o Yiadomina in Ferrara fti introdotto dal 
Veneziani nella pace, ohe essi fermarono con Alberto di Esti, che per di- 
fendere Francesco Carrara il giovane,. avcTa con loro fatto guerra; il che 
scrive Pietro Giustiniano nel Lib. VI delle soe istorie. 



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I08 I4BRO OTTAVO. 

ceduto per mioacce, o per lìmore; che un pontefice 
Romano, a cui sopra tutti gU altri apparteneva il pa- 
trocinio della giustisia, e il ricorso degli oppressi, 
avesse conceduto una cosa tanto in^riosa^e impotente 
in detrimenlo di tutto il mondo. 

Nel quale stato delle cose, variazione degli animi dei 
principi 9 piccola potenza e riputazione ddi re dei Ro« 
mani , i Veneziani mandarono l' esercito^ nel quale era 
provveditore Andrea Gritti , a Vicenza , ove sapevano 
il popolo desiderare di ritornar sotto l' imperio loro : e 
accostativisi, che era già notte , battuto con le artiglie- 
rie il subborgo della Pusterla , Y ottennero. E nondi- 
meno , benché nella città fossero pochi soldati , non 
confidavano molto di espugnarla; ma gli uonim della 
terra confortati, come fo &ma, dal Fracassa ', mandati 
loro a mezza notte ambasciatori , gli messero dentro , 
ritirandosi il principe di Apault, e il Fracassa nella for*- 
tezza. E fo costante opinione , che se ottenuta Vicenza 
si fosse senza differire accostato T esercito Veneto a 
Vei*ona, avrebbe Verona fatto il medesimo; ma non 
parve ai capitani dover pat*tire da Vicenza , se prima 
non acquistavano la fortezza y la quale bepcfaè il quarto 
di venisse in potestà loro, perchè il principe di Anaoit 
e il Fracassa per la debolezza sua V abbandonarono , 
entrò in questo tempo in Verona nuova gente di Cesare, 
e sotto Obigm trecento lance del re di Francia, di 
maniera che, essendovi da cinquecento lance, e cinque* 

' II Mocenigo scrive affermatiTamente , che Vicenza foese ricuperata dai 
Veneziani per opera del Fracassa. Il Giustiniano recita, che Dionigi di Naldo, 
combattendo .con i nemici, gU rìbfUKaae dentro per la porla detta Pqaierit , 
e che egli vi cntraase con es&i ,. da ohe spaventati cpieì di dentro si urrcn- 
Idessero. Il Bembo tiene, the rannato i Vtotutini il cODsiglio, |Mr opera di 
ijuelli di Massimiliano , venkiero ad, atfrendorii. 



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CAPITOLO QIJINTO. — ► iSog. I09 

mila fanti Ira Spagnuoli e T^iesehi , non era più facile 
l' occu {Kirla. Aìccostossi dipoi T esercito Veneto a Ve^ 
rona, diviso in due parti , in ciascuna delie spiali erano 
trecento uomini di arme, cioqueoenti> cavagli leggieri, 
e tremila fanti, e operando die, come si fossero acco- 
sta ti , si fiicetee movimento nella città. Ma non si essendo 
presentati alle mura in un teo^ medesimo, quegli, 
che erano nella terra, fattisi incontro alla prima parte, 
che veniva di là dal fiume dell' Adice , e già era entrata 
nel borgo , la costrin^ro a ritirarsi ; e soprawen^idò 
poco dipoi Lucio Malverso dall'altra ripa del fiume con 
l'altra parte, si ritirò mede»mamente ; ed ambedue 
congiunte insieme. si, fermarono alla villa di San Mar-^ 
tino, distante da Vierona cinque miglia. Nel qual- luogo 
mentre stavano , avendo inteso die duemila fanti Te- 
deschi pattiti da Bascianò erano andati a predare a 
Cittadella, mossisi a quella parte, gli rinchiusero in 
valle Fidata ; ma i Tedeschi, avendo ricevuto soccorso 
da Bascianò , uscirono per lorza, beócbè non senza 
danno , per i passi stretti ; ed avendo abbandonato 
Bascianò , l'occuparono i Veneziani. ' Da Bascianò andò 
una parte dell' esercito a Feltro, e Civitale , e dopo 
avere recuperate quelle terre, alla rocca della Scala, 
la quale espugnò, avendovi prima piantate le artiglierìe. 
E nel tempo medesimo Antonio e Girolamo da Savore 
niano gentiluomini , che nel Friuli seguitavano le parti 
Veneziane , presero Castelnuovo, posto in su un aspro 
monte in mezzo della Patria (così chiamano il Friuli di 
là d^ fiume del Tigliamento), non s' intendendo di Ce- 
sare, il quale commosso dal caso di Vicenza era venuto 

' Tatti questi progrcaiì ù leggono pia MaurAtameale Kritti nel Afcvr- 
nigo. 1\ Bemòa nmììmttUis e il Giii#iiliNi«o gli sorìTono. 



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no LIBRO OTTAVO. 

subit^ente aila Pietra , altro che romorì vani , e spesso 
muòversi con celerità , ma senza efifetto alcuno da un 
luogo a un altro. 

Andò dipoi V esercito dei Veneziani verso MonseKce 
e Montagnana per recuperare il Polesine di Rovigo, 
per entrare nel Ferrarese insieme con 1' armata, la 
quale il senato , disprezzato il consiglio dei ' senatori 
' più prudenti, che giudicavano essere cosa temeraria 
r implicarsi in nuove imprese , aveva deliberato man- 
dare potente per il fiume del Po contro al duca di 
Ferrara; mossi non tanto dalla utilità delle cose pre- 
senti, quanto dallo sdegno, che incredibile avevano 
conceputo contro a lui , parendo loro, che di quel che 
aveva * fatto per liberarsi dal giogo del bisdomìno , è 
per recuperare il Polesine , non dovere giustamente 
lan^entarsi; ma non potendo già tollerare, che non 
contento di quel che pretendeva appartenersegli di 
ragione, avesse, quando Cesare si levò con l'esercitò 
da Padova , ricevuto da lui in feudo il castello di Esti , 
"" donde è l'antica origine, e il cognome della &miglia 
da Estive in pegno, per sicurtà di danari prestati, 
il castello di Montagnana ; nei ^uali due luoghi non 
pretendeva ragione alcuna. Àggiugnevasi la memoria , 
che le sue genti nella recuperazione del Polesine, 
concitate da odio estremo contro al nome Veneziano , 

' Uno di questi senatori, che disconsigliasse il fòr la goerra contro il 
duca di Ferrara, scrive il Bembo, che fa Angelo Trevisani, generale dell* 
annata, U quale avvertì ì padri, che non si poteva andare con F annata 
sn per il Po senza gran perìcolo , per le tante fortoeze , che il duca aveva 
fatte sopra le ripe, e per poca acqna del finale. 

* Giovambattista Pigna nell' istoria dei principi di Estt tiene , che la ori- 
gine di qnei signori sta dalla famiglia degli Azii di Roma , i quali sparsi , 
come le altre famiglie Romane, per diversi luoghi d'Italia, avessero il 
dominio di Esti, e di gran parte della provincia Veneta. 



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CAPITOLO QUINTO. iSoQ. HI 

avevano danneggiato eccessivamente i beni dei gentil- 
uomini, incrudelendo eziandio contro gli edificj con 
incendj, e con rovine : però fu determinato, che l'ar- 
mata loro guidata da Angelo Trivisano, nella qiiale 
furono/ diciassette galee sottili, con numero grandis- 
simo di legni minori, e ben provvista di uomini atti 
alla, guerra, andasse verso Ferrara. La quale armata, 
entrata nel Po pei* la bocca delle Fornaci , e abbruciata 
Gorbola, e altre ville vicine al Po , andò predando tutto 
il paese insino a Lago Scuro, dal qual luogo i cavalli 
leggieri, che per terra Y accompagnavano, scorsero per 
insino a Ficheruolo, palazzo piuttosto, che fortezza, 
famoso * per la lunga oppugnazione di Ruberto da San 
Severino capitano dei Veneziani nella guerra contro 
^d Ercole padre di Alfonso* 

La venuta di questa armata^ e la fama di avere a 
venire r esercito di terra, spaventò molto il duca di 
Ferrara, il quale, trovandosi con pochissimi soldati, 
né essendo il popolo di Ferrara, o per il numero, o 
per la perizia della guerra , bastante a opporsi a tanto 
pericolo, non aveva insino a tanto gli sopravvenissero 
gli aiuti, che sperava dal pontefice, e dal re di Francia, 
altra difesa, che impedire con frequentissimi colpi di 
artiglierie, piantate in sulla ripa del Po, che gli inimici 
non passassero più innanzi. Perciò il Trivisano , avendo 
tentato in vano di passare , e conoscendo non potere 
fare senza gli aiuti di terra maggiore progresso , fermò 
r armata in mezzo al fiume del Po dietro a una isoletta, 

' Più di venti galee, dice il Giono nella vita ^^Alfonso, con gran molti- 
tadine di barche, e d'altri legni minori, e il Mocenigfo nctÌYCf che aveva 
sedici galee, galeoni, e altri vaij legni. 

* Di questa guerra scrive W-SabelUco nell* ultimo libro delle istorie di 
Venezia , e Pietro Giustiniano nel Lib. IX. 



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112 LtBRO OtTAVO. 

cbe è di riscontri^ alb Palis^^a , luogo tfìstahte <)a 
Ferrara per undki miglia, e molto opportuno a tra-> 
vagliarla, e tormentaila , odti intensione di aspettare 
fpiivi r esercito, al quale si era arrenduto senza difii^ 
cultà tutto il Polesine, recuperata prima Montagnana 
per accor<k>, per il quale ffarono concessi loro prigioni 
^i ufBziali Ferrare^, e i capitani dei fisinti, che vi 
erano dentro. Insino alP arri'vare àe] quale, perchè 
l'annata stesse pih sicura, cominciò il Trivisano a 
fabbricare due bastioni con grandissima celerità iii 
sulla ripa del Po^ l' uno dalla parte di Ferrara, l' altro 
in sulla ripa opposita, gittaudo similmente un ponte 
in sulle navi, per il quale si potesse dalla armata soc- 
correre il bastione, che si fabbricava vèrso Ferrara. 
La perfezione del quale per impedire il duca, ma con 
c(m»glio forse più animoso che prudente, raccolti 
quanti più giovani potette della città, e i soldati, 
che continuamente concorrevano agli stipendj suoi, 
' mandò air improvviso ad assaltarlo : ma quegli che 
erano nel bastione, soccorsi dall' armata, usciti fuora 
a combattere, gli cominci^ono a mettere in fuga. 
£ bendià il duca sopravvenendo con molti cavalli 
rendesse animo, e rimettesse in ordine là gente sua, 
imperita la più parte, e disordinata; nondimeno fa 
tale l'impeto degl' inimici, per i quali <x>mbatteva ia 
sicurtà del luogo, e molte artiglierie piccole, che 
finalmente fu costretto a ritirarsi, restando, o morti, o 
presi molti dei suoi, ne tanto della turba imperita e 

' Qoesta scaraatoeda fra i Venesiani , « i FerrareAi alla PnliaeUa aneoeaie 
ai 21 di dicembre iSog, come dice il Moecnigo. \\ (?iovio nella tìU di Al- 
fonso, e il Bembo nel Ltb. IX la raoaontano. Il Mocmigo,e il Gitutiniano 
non cosà pienamente. 



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CAPITOLO QUIUTO. •^-* iSoQ. tl3 

ignc^^^ quasito dei soldati più feroci, e delia nobiltà 
Ferrairese, tra i qi»ili * Ercole Cantelmo giovane di 
soti^ma e^ettazkme^ i maggiori del opale avevano già 
dctin^inato nel reame dì Napoli il ducato di Sora. Il 
quale copdotto prigione da alcuni soldati Schiavoni in 
iu una gab^, e venuti in questione di chi di loix) do*« 
vesie essere prigione, gli fu da tino di essi con inaudito 
esempio di barbara crudeltà miserabilmente troncata 
la testa*. P^r le quali cose parendo a ciascuno , cbe la 
città di Ferrai^anon £»sse senza pericolo, Ciamonte vi 
mapdò in soccorso Ciattiglione con c^ito cinquanta 
lance Fran:iesi; e il pcmtefice, sdegnatosi che i Vene- 
wini r avessero assaltata senza rispetto 4ella soperio» 
rità che vi ha la. chiesa, ordinò che i suoi dugento 
^lomini di tarme, che erano in aiuto di Cesare, si vol*« 
gesserò a)la. difesa di Ferrara; ma sarebbero state per 
avventura tai*de queste provvisioni, se i Veneziani non 
fy^^ro slati costretti di pensare alla difesa delle cose 
proprie. 

. Non erauQ, come è detto di^sopra, state moleste al 
re di Francia le dif&^iidtà^ cì^e aveva Ma$similiano, 
parte per il timove che ebbe sempre delle prosperità 
sue, parte parche, ardendo di desiderio d' insignorirsi 
d^lla città di Verona > sperava che per le sue necessità 

' Ercole Cautelino fa figlinolo dì Oùmondo Cantelmo , e dal Gioyio è 
lodato similmente per giovane di gran valore , tassando la crudeltà degli 
Sdnavoni. Il Bembo dice, che «dracdolandogli il cavallo sotto, cadendo il 
giovane, fa dai galeotti ncclso. Ma VAriostq, nel canto 3d alla «tansa 7, 
tiene 1* opinione di questo autore, e del Gioyio, talché errano sopra quel 
luogo coloro , che dicono come dai Veneziani egli fosse condannato a es- 
sergli troncata la tetta , perciocché prima er^ stato ai soldi loro, e poi erasi 
accostato al duca di Ferrara. U Bembo dice, che in horsa gli furono tro- 
vate lettere delta sui) innamorata, le quali lo disconsigliavano con molti 
efficaci preghi , eh* eì noo volesse combattere een i Venesiani. 

IH. 8 



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I 1 4 ( LIBRO OTTAVO. 

gUe ne a^edse finàfanetilé a òdééedèrè , o kt vemlila , o 
iu pegno : nia dà altra parte gli dispiacev« che la gran- 
dezza dei Yeóeztam risorgesse ^ dalla qual^ sarebbe 
if'isultalo molestia e pericplo contìnuo ^ alle coge sue-. 
Però, essendo per la. peluria dei chinati mollo <lebé|r 
le; provvisioni di Cesare in Verona, fu neeeijsitatò il 
re a proeurare con altro aiuto, che con. qsieMo delle 
genti di arme che vi erano entrate, che quella, città 
aon ritornasae in potestà loro; alia qual còsa détte 
prindf^pCiamohte, venuto dopo la perdita «dì Vicenaa 
ai confini del Veronese. Perchè , còmiticiando ff tomul^ 
tuare^ p^ mancamento dei pafap>enti^ duemila fanti 
Spagniwli che erano in Veix)na, ve <gli férme agli sti- 
pendi del re di Francia, e tì mandò -pei^ maggior 
sieurtà altri fanti, seguitato in questo il consiglio del 
Trijulzio, che, dtìbitaaido Ciamonte che al re nott fosse 
molesta questa spesa, gli risposa essere miùot male, ohe 
il^re lo imputa^àe di avere «pf so danari, che di av«t^ 
perduto, o messo in pericolo il suo stato. Prestò o|ti^ 
a. questo a Cesare, pei«pagam i soldati ohe eraiìo in 
Yenona , ottomila ducati^ niarice vendo per pegno della 
restituzione di questi e degh aitH,'ahe per he^eii^ió 
suo vi spendesse infuturo^ lallerradi Vigdeggro, Igqual 
terra per essere u^io dei i passi del ftunie del Mincio 
(anzi chi possiede quella e Peschiera domina in Mincio), 
e propinqua a Brescia èèi miglia, era per sicurtà di 
l^rescìa molto/^tim^ta- daJi re» .La venuta di Ciamonte 
seguitato dalla maggior parte delle lànce, the allog- 
giavano nel dupatò'àiìVlìl(\aó> Il metfere'gemiÌQ Ve- 
rona, e il divulgarsi' che si preparava per andjire alla 
espugnazione di Vicenza, furono cagione, che T eser- 
cito dei Veneziani, lasciati! per, difesa del Polesiine, e 



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CAPITOLO QU#»TO. -*- I SoQ. I|5 

per susfi¥fip.deirai7nA^ quattrocento cavalli leggieri t 
quaUiocento fanti, si parti del Ferrarese, e ai divise 
in lignago , Soft ve , ^ Vio($n?a ; e che i Veneziani , desit 
derando a$sì(eurarsi che Vitenaa e il paese circostante 
non fodie n^leatato dalle g^nti che erano in Verona , 
lo fortificarono con unafoasa di opera memonabile, 
larga, « piena di acqua, intorniata da un riparo, in 
gul quale erano distribuiti molti bastioni^ là quale co-» 
minciando dalle radici della montagna sopra a Soave ^ é 
distendendosi per spaziò di 'cinque migUa, si (Èstén-* 
deva per il piano, che da ' Rovigo si va a Mon&rte, 
terminando in certi paludi contigui al Cuine dèlF 
Adice ; e fortificato Soave , e Lonigo , avevano , mentre 
là si guardava , assicurato masMmamente la viinaata 
tutto il paese. 

Alleggerirsi per la partita ddle genti Yenemne, ma 
mm si levò però in tulto, il perìoolo di Ferrara; pereh^ 
sebbene fosse cessato il titnore dell'essere sforiate, 
non era oessaU) il sospetto, che per i danni gravissimi, 
o non si estenuasse troppo, o non si riducesse il popolo 
ad ultima disperazione, perchè le genti dell'armata, e 
quelle che l' accompagnavano , correvano ogni giorno 
ixusino in sulle porte della città; e altri legni dei 
Veneziani, assaltato da altra parte lo st^to del duca di 

' Qoesta voce Rovigo in qoésto hiog<> stimo che ma poro errore d$. 
sfamp^, f vaglia cU^c E^nigo, si pecche Rov%o jion è pre^o a Soave , iq» 
8Ì bene Lonìgo , non molto lontano da Monteforte , e da Soave , come per- 
chè nella istoria del Mocenigo^ dal qoale trovo, che questo autore può 
parere di avere preso molle cose , scrive corà : Fossa deditcta est a S^ayio 
oppido ttsque ad amnem Aihésim , et passim obducta palus quantum fien 
potuit, levigataque itinera a Suanano coHe ad campestrem pianitiem , qua 
ex Jjeowuso .Cfpid^ ad Montem fortori (tur, nmulque Suavium , jei Leonieum 
murqprQ.murali, et fossa aquarum.y et itinerum €df scissione munita sunt , 
4a che è chì^urp, ohe questa i^occ in questo luogo è per errore di stampa 
stata scambiata. ' 



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Il6 LIBRO OTTAVO. 

Ferrara, avevano preso Comacchio. Sopraggiunsero in 
tempo le genti del pontefice e del re di Francia; e 
perciò il duca, il quale prima ammonito dal danno 
ricevuto nell'assalto del bastione aveva fermate le 
genti sue in alloggiamento forte appresso a Ferrara, 
cominciò a fare spesse cavalcate , e scorrerie per con- 
4urre gì' inimici a combattere; ì quali, sperando che 
r esercito loro ritornasse, recusavano prima dì com- 
battere. E accadde, che essendo cavalcato un giorno 
insino appresso al bastione il cardinale da Esti , nel 
ritornarsene un colpo di artiglieria scaricata danno 
dei legni degF inimici ' levò il capo al conte Lodovico 
' della Mirandola, uno dei condottieri della chiesa, non 
avendo tra tanta moltitudine, né quello , né altro colpo 
offeso alcuno. 

Finalmente la perizia del paese e della natura e op- 
portunità del fiume fece focile quello , che da principio 
era paruto pericoloso e difficile. Perchè, sperando il 
duca e il cardinale di rompere con le artiglierìe Y ar- 
mata , purché avessero facultà di poterle sicuramente 
discendere in sulla ripa del fiume-^ ritornò il cai*dinale 
con parte delle genti ad assaltare il bastione, e avendo 
con uccisione di alcuni di loro rimessi gì' inimici , che 
erano usciti a scaramucciare, occupò, e fortificò la 
parte prossima dell' argine, in modo che, senza che 
gì' inimici lo sapessero, ' condusse al principio della 

' La palla del falconetto levò cU tal maniera ri capo dal basto del conte 
Lodovico , che il torso cosV armato fa dipoi per alqaanto tempo balzellato 
in qaa e in là dal cavai , cbe si maneggiava. Giovio. 

* lì Giopio dice, che il cardinal da Esti con astnsta non più forse pen- 
sata fece forare al piano dell' acqae io molti laoghi T argine del Po, e a 
quelle bnche piantar le artiglierie; il che nrano degl* istorici Venezianri 
scrive. 



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CAPITOLO QUINTO. I SoQ. II7 

notte le artiglierie in sulla ripa oppositaair armata, e 
distesele con silenzio grande, cominciò con terribile 
impeto a percuoterla. E benché tutti i legni si moves- 
sero per fuggire, nondimeno, essendo distese per 
lungo spazio molte e grossissime artiglierie, le quali 
maneggiate da uomini periti tiravano molto da lontano, 
mutavano piuttosto il luogo del pericolo, che fuggis- 
sero il pericolo; essendo sopravvenuta, ed esercitan- 
dosi maravigliosa^mente la persona del duca peritissimo 
e nel fabbricare e nell' usare le artiglierie. P^r i quali 
colpi tutti i legni inimici , con tutto che essi similmente 
non cessassero di tirare, ma invano, perchè quegli, 
che erano in sulla ripa erano coperti dall' argine , con 
varj , e spaventosi casi si consumavano : alcuni dei 
quali non potendo più reggere ai colpi si arrendevano; 
alcuni altri , appresovi il fuoco per i colpi delle arti- 
glierie, miserabilmente ardevano con gli uomini che 
vi èrano dentro; altri per non venire in ^lano degl' 
inimici^ si sommergevano; e il capitano dell'armata, 
montato quasi al principio dell' assalto sopra una scafa, 
fuggendo si salvò, ftl sua galea fuggita per spazio di 
tre miglia al continuo tirando, e difendendo, o prov- 
vedendo alle percosse che riceveva, all'ultimo tutta 
forata andò in fondo. Finalmente , essendo piena ogni 
cosa di sangue, di fuoco, e di morti, vennero in 
potestà del duca quindici galee, alcune navi grosse ,^ 
fuste, barbotte e altri legni minori quasi senza nu- 
mero, morti circa duemila uomini, o da artiglierie,, o 
dal fuoco, o dal fiume; prese sessanta bandiere, ma 
non lo stendardo principale, che si salvò col capitano; 
molti fuggiti in terra, dei quali parte raccolti dai 
cavalli leggieri dei Veneziani si salvarono, parte 



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Il8 LIBRO OTTAVO. 

seguitati diligi' inimici furono pr6&i , parte rìceremno 
nel fuggirsi varj danni dai paesani '. Furono i legni 
presi condotti a Ferrara , ove per memoria d^lla 
yitjtoria acquistata si conservarono molti anni ^ insino 
a tanto che Alfonso > desideroso di gratificare al 
senato Vehezianò, gli coticedè loro. Rotta l'armata, 
mandò subito Alfonso trecento cavalli, e cinquecento 
fanti per rompere V altra armata , che aveva preso 
Gomacchio; i quali avendo recuperato Loreto, forti- 
ficato dai Veneziani , si crede che avrebbero fotta 
Tarmata, se quella conosciuto il pericolo non si fosse 
ritir^Ata alle Bebie. 

Questo fiiie ebbe in spazio di un mese l'assalto di 
Ferrara, nel quale l'evento ^ che spesso è giudice non 
imperito delie cose, manifestò quanto fosse più pru- 
dente il consiglio dei pochi , che Confortavano che , la*- 
sciate le altre imprese , e riservati a maggiore opportu- 
nità i denari, si attendesse solamente alla conserva»- 
zione di Padova e di IVevigi , e delle altre Cose rectì»- 
perate; che di quegli, che più di numero, ma inferiori 
di pmdlenza, cotidtati dall' odio ^dalló sdegno, erano 
facili, ad implicarsi in tante imprese , le qtìali comin- 
ciate temerariamente partorirono alla fitte spese gravis- 
sime ^ con non mediocre ignominia e danno della re- 
pubblica. 

Ma dalla parte di Padova succedevano per i Vene»- 
ziani più presto le cose prospere, che altrimenti ; peN 
che trovandosi Cesare nel Vicentino con quattromila 
fanti , una parte non molto grande delle genti dei Ve- 
nemani, con l'aiuto dei villani del paese , presero quasi 

' Questa cosa fa descritta da Celio Calcagnino Ferrarese , nomo di sin- 
golare eradi^oné, ed eloquenza* 



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CAPITOLO QUINTO. ' — I Sog. II9 

in su glvp40.chi auoi il passa della Sccria, e appressa il 
Coeolo , e Bascianò luogo importante per impedire <5hi 
della Magnu volesse plassare in Italia. Ed egli ^ lamen-^ 
Uindosi che per la partita delia Palissa fossero succe* 
duti molti disordini , se ne andò a Bolzano per trasfe^ 
rirsi all£^ dieta , che per ordine suo si aveva a tenìere ^ 
Spruch. Il cui esempio seguitando Oiainonte , omessi 
i pen&ieri caldi , che aveva avuto di &re la impresa di 
Vicenza e di Ligoago, considerando ancora i luoghi 
QS^ere beq^ provveduti, e la stagione del tempo molto 
cpiitraria , si ritirò a Milano , lasciata ben guardata 
Brescia, Peschiera, eVaìeggio, e in Verona per difesa 
di quella diità , la quale Cesare per se stesso era impo- 
tente a difendere^ seicento lance, e quattromila fanti, 
i quali separati dai soldati di Cesare alloggiavano nel 
bOi^o di San Zeno, avendo anche in potestà loro, per 
essere più sicuri , la cittadella. 

J^a città di Verona ' nobile e antica città è divìsa 
dal fiume dell' Adice, fiume profondo e grossissimo , 
il iquale nato dai monti della Magna , come è condotto 
al piano ^i torce in i»ulla mano sinistra raseote i monti, 
ed entrando in Verona, coma n'è uscito, discostandosi 
dai molati si allarga per beliate fertile pianura. Quella 
partje della leiUà, che è situata nella costa con alquanto 
piano , è dall' Adice in là verso la Magna ; il resto della 
t4rr(|, che à tutto in piano, è posto dall' Àdice in qua 

' n sito della i^tk di Verona bellissima , è nobilissima della Gallla Cis* 
alfiiifi , è Matp deMHÌiM «qoo beiUanmc dal Giustiniano Lib. VI delle sue 
istorie, ma chi vaole averne più particolar notizia legga i sei libri lajtini 
dell'origine, e accrescimento di essa dì Torello Samina, e i tre Libri vol- 
I^H f «b' ei ffct dell* istorie di quella città per tatto H tempo dei signori 
dfHa Scala, i libri, «he ne scrìsse Onofrio Pam^nÌ0, « qael che prima 
di costoro trattò delle lodi di Verona , e del sno territorio Giovan Antonio 
Paniheo. 



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laO LIBRO OTTAVO. 

Verso MsHUtova. In sul monte alia porta di San Giorgio 
è posta la rocca di San Piero , e due balestrate dis-* 
tante da quella , piii alta in sulla cima del poggio, è 
c[uella di San Felice; forte F una, é l'altra assai più 
di sito , che di muraglia ; e nondimeno perdute quelle, 
perchè soprafanno tanto la città , resterebbe Verona in 
grave pericolo. Queste erano guardate dai Tedeschi. 
Ma nell'altra parte , separata da questa parte dal fiume , 
è Castel vecchio di verso Peschiera , posto quasi in 
mezzo della città , e che attraversa il fiume con un 
ponte ; e tre balestrate distante da quello , verso Vi- 
cenza, è la cittadella; e tra l'una e l'altra si congiun- 
gono le mura della città dalla parte di fuora , che ren- 
dono figura di mezzo tondo ; ma dal lato di dentro si 
congiugne loro un muro edificato in mezzo di due fossi 
grandissimi, e lo spazio tra l'un muro e l'altro è chia- 
mato il borgo di San Zeno , che insieme con la guardia 
della cittadella fu assegnato per alloggiamento dei 
Franzesi. 

Dove mentre che stanno quasi quiete le armi , Mas- 
similiano continuamente trattava di fare tregua con i 
Veneziani, interponendosene molto il pontefice, per 
mezzo di Achille dei Grassi vescovo di Pesaro, suo 
nunzio : per la qual cosa si convennero allo S^edaletto 
sopra alla Scala a trattare gli oratori suoi , e Giovanni 
Cornaro e Luigi Mooenigo oratori dei Veneziani. Ma 
per le dìmande alte di Cesare riuscì la pratica vana , 
con molto dispiacere del pontefice , che desiderava libe- 
rare i Veneziani da tutte le tnolestie, e perchè tra loro 
e se non fosse materia da contendere, aveva operato 
rendessero al duca di Ferrara la terra di Comacchio, la 
au^le avevano prima abbruciata , e a se promettessero 



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CAPITOLO QUINTO. -^ iSoQ. lai 

di aon molestare più Io stato del duca di Ferrara, del 
quale, credendo che avesse a essere grato dei benefizj , 
che per mezzo suo aveva conseguito ed era per con- 
seguire , teneva allora singolare protezione , sperando 
che avesse a dipendere più da lui , che dal re di Fran- 
cia, contro al quale, stando in continui pensieri di 
&irsi fondamenti di grandissima importanza, aveva 
^gretamente mandato un uomo al re di InghilteiTa, e 
cominciato a trattare con' la nazione dei Svizzeri , la 
quale allora cominciava a venire in qualche contro- 
versia col re di Francia. Per il che essendo venuto a lui 
il vescovo di Sion (diconlo i latini Sedunense), ini- 
mico del re, e che aspirava per questi mezzi al cardi- 
nalato , lo aveva ricevuto con animo lietissimo. 

Succedette alla fine di questo anno concordia tra il 
re dei Romani e il re Cattolico , discordi per causa del 
governo dei regni di Castiglia , la quale trattata lunga- 
mente nella corte del re di Francia, e avendo molte 
difficultà, fu per poco consiglio del cardinale di Roano, 
che non considerò quanto questa congiunzione fosse 
male a proposito delle cose del suo re , condotta a per- 
fezione, perchè, parendogli forse che il farsene autore 
gli potesse giovare a pervenire al pontificato , se ne 
interpose con grandissima diligenza, e fatica,: con la 
quale, e con l'autorità sua indusse Massimiliano a con- 
sentire che il re Cattolico , in caso non avesse figliuoli 
maschi , fosse governatore di quei reami , insino che 
Carlo, nipote comune, pervenisse alla età di venticin- 
que anni ; ne pigliasse il nipote titolo regio vivente la 
madre, che aveva titolo di regina, perchè in Casti- 
glia non sono le femmine escluse dai maschi : pagasse 
il re Cattolico a Cesare ducati cinquanta mila :, aiutas- 



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123 WBRO OTTAVO. 

gelo, secondo i capatoli di Gàrhbrai, ìqsino a tanto avesse 
ac^iftato e recuperato le cose sue^ e a Carlo pagasse 
ciascun anno quaramtamila ducati. Per, la quale con^ 
yenzKMie stabilito il re di Aragona nel governo del re- 
gno di Gattiglia 9 e avuta facultà di acquistare fede ap- 
.pi^esso a GesiHré, per essere levate via le differenze fra 
loDo y e per essere in tutti due il medesimo interesse 
del nipote comune , potette con maggior animo atten* 
derea impedire la grandezza del re di Franda, la 
quale, per l'interesse del reame di Napoli, gli era 'sem-^ 
pre sospetta. Ebbe in questi di medesimi sospetto il 
pontefice che il protonotarìo dei Bentivogli , che era 
a Cremona^» non trattasse di ritornare furtivamente» in 
Bologna ; per il qual sospetto fece per aleunt di rite- 
nere nel palagio di Bologna Giuliano dei Medici; e 
riferendo ogni cosa alla mala volontà del i^ di Francia , 
dimostrava di temere cti ei non passasse in Italia per 
soggiogarla , e per fare violentemente eleggere il car- 
dinale dì Roano per pontefice. E nondiméno nel tempo 
medesimo detraeva senza rispetto all' onore di Cesare , 
come di persona incapace di tanta dignità, e che per 
la ineapacità sua avesse ridotto in gran dispregio il 
nome deli' imperio. 
' Morì * nella fine di questo anno il conte di Piti- 

' Mori il contie di PitigUano ia Lonigo, cMtell9 del Vicentino, di nnii 
febbre lenta , cbe lo condusse ali* estremo, ma avanti eh* ei morisse t chia- 
mati a se i prof Tcditoti , e capitatii dell'esercito, raccomandò loro coti 
molta e0icacia la repnliblica VeoexiaiM , nella foale afiei-^iay^ coiMist^i^ 
tatto r ornamento dell* arte militare Italiana. II suo corpo fa portato a 
Venezia , e sepolto con onorate esequie nella chìeAa dei Santi Giovanni e 
Paolo m nna bella se^Uura, sopra la quale il senato fate por«e una emuuk 
a cavallo indorata , che tuttavia vi si vede. Visse 67 anni , e da Gio, BattisLa 
Egnazio Veneziano , uomo dottissimo , gli fu fatto una bella , ed elegante 
orazione funere. Bemho , e Giustiniano. 



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CAPITOLO QUIKTO. -^ l5lO. ia3 

gHano ^ oapitaiK) generale dei Yeneziont ^ uomo meditò 
Teoehio ^ e nell' arte militare di lunga esperiensa , e 
nella fede del quale si confidavano assai i Venesianì , 
né temevano che temerariamente mettesse in |)ericok) 
il loro imperio. 

Seguita in questa ambiguità di cose l'anno MDX; nel 
principio del quale procedcvan da ogni parte ^ com' art- 
che era conforme alla stagione, le cose dell' armi iìred*» 
damente; perchè l'esercito Venesiano alloggiato a Sdn 
Bonifìuiio in Veronese teneva quasi a^ed^ata Verona ; 
onde essaido usciti alla scorta Carlo Baglione, Federigo 
da >Bo2izole> e Sacromoro Visconte , assaltati dagli str^ 
diotti iuron rotti ^ e folti prigioni * Carlo e Sacromoro ^ 
perchè Federigo si salvò per opera dei Francesi , che 
al soccorso loro erano usciti di Verona. E poco dipoi 
roppero un* altra compagnia di cavalli Franzesi, tra i 
quali fu preso * monsignore di Clesì ; e da altra pait« 
dugento lance Francesi, uscite da Verona con tremila 
fanti, sforzarono per assalto un bastione verso Soave 
guardato da seicento fonti , e nel ritorno roppero una 
moltitudine grande di villani. 

Afa in <questa freddezza delle armi erano angustiati 
da gravissimi pensieri gli animi dei principi , e ptwdy 
palment^ quello del re dei Romani , il quale non cono^ 
scendo come potesse riportare la vittoria della guerra 
contro ai Veneziani , e traportando come era solito le 
oose sue di dieta in dieta , aveva chiamato la dieta in 
Augura. E sdegnato ool pontefice , perchè gli elettori 

' Cario e Sacromoro dice il Giovio nella vita 3ì Alfonso , clie fnrono 
fftlti jprif^ià j^TOBso la viHa 4i Smi Martino, com penlita {rande bielle 
^nti loro. 

' Monsignore della Città lo chiama il Bembo, il quale dice , che fa preso 
€(m yenl! deRa mia eorti)>agnfa , « manfkitò a Venezia. 



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t!l4 LIBRO OTTAVO. 

deir imperio mossi dalla sua autorità facevano instanza , 
che prima si tratti»se nella dieta della concordia con i 
Veneziani, che delle provvisioni della guerra, aveva 
fatto partire il vescovo di Pesaro suo nunzio da Augusta. 
E considerando avere incertìtudine, lunghezza, e molte 
difficultà le deliberazioni delle diete , anzi il più delle 
volte il fine dell' una partorire il principio di un' altra ; 
e che il re di Francia dalle dimande e dalle imprese , 
che gli erano proposte ogni dì, si scusava, ora con 
allegare l'asprezza della stagione, ora col dimandare 
assegnamento certo di quello che spendesse , ora ricor- 
dando non essere solo obbligato ad aiutarlo per i ca- 
pitoli di Cambrai, ma essere ancora nelle medesime 
obbligazioni il pontefice ed il re di Aragona, con i quali 
era conveniente si procedesse comunemente , secondo 
che erano comuni la confederazione, e l'obbligazione; 
però si risolveva niun rimedio essere più pronto alle 
cose sue, che indurre il re di Francia ad abbracciare 
r impresa di pigliare Padova , Vicenza e Trevigi con le 
forze proprie , ricevendone il ricompenso conveniente. 
Ed era nel consiglio regio questa dimanda approvata 
da molti, i quali, considerando che insino che i Vene- 
ziani non erano esclusi totalmente di terra ferma , il re 
starebbe sempre in continue spese e pericoli , lo con- 
fortavano a Uberarsene con lo spendere una volta por 
tentemente. Ne era il re alieno totalmente da questo 
consiglio , mosso dalla medesima ragione; e però incli- 
nando a passare in persona in Italia con esercito po- 
tente , il quale chiamava potente ogni volta che in esso 
fossero più di mille seicento lance, e i suoi pensionar] 
e gentiluomini , nondimeno essendo distratto da altre 
ragioni in diversa sentenza , stava con animo sospeso , 



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CAPITOLO QUINTO. -*- i5io. ia5 

più confuso anche che il soUto , perchè il cardinale di 
Roano, uomo molto efficace e di grande animo, op« 
presso da lunga e grave infermità, non vacava più ai 
negozj, i quali solevano totalmente espedirsi col suo 
consiglio. Riteneva il re, V essere per natura molto 
alieno dallo pendere , la cupidità ardente di conseguire 
y^oi^ , alla qual cosa gli pareva migliore mezzo Y lessere 
il re dei Romani implicato in continui travagli; e ap- 
punto, essendo egli impotente a pagare le genti Tedes- 
che^ che erano alla guardia di quella città, gli aveva il 
re prestato di nuovo diciottomila ducati , e obbligatosi 
a prestargliene insino alla somma di cinquanta mila, 
con patto che non solo tenesse, per sicurtà di riaver- 
gli , la cittadella , ma che eziandio gli fosse consegnato 
Castelvecchio , e una porta vicina della città, per avere 
libera T entrata e l'uscita, e che, non gli essendo resti* 
tuiti i danari fra im anno, gli rimanesse in governo 
perpetuo la * terra di Yaleggio , coìi facultà di fortificare 
quella e la cittadella a spe&e di Cesare. 

Tenevano perplesso l' animo del re questi ricetti , 
ma molto più lo riteneva il timore di non alterare to- 
talmente la mente del pontefice > se conducesse o man- 
dasse nuovo esercito in Italia. Perchè il pontefice: pieno 
di sospetto j e mal contento ancora che egli s' impa- 
dronisse di Verona , oltre al perseverare di volere as-» 
solvere i Veneziani dalle censure, faceva ogni opera 
per congiugnersi gli Svisceri, per il che aveva riman- 
dato al paese il vescovo di Sion con danari per la 
nazione , e con promessa per lui del cardinalato^ e cer- 

* Questa terra di Valeggio ha detto nel Lib. V, che fa data da Cesare 
in pegno al re di Francia y ed è uno dei passi del finme Mincio , vicino a 
Brescia sei miglia, onde per amore di quella città era dal re molto sliniAla, 



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126 LIBRO OTTAVO. 

cava oon^randìbsìma diligenza di atienare dal re di 
Francia V animo del re d' Inghilterra, il eguale, seb^ 
bene arasse avuto peririeordo dal padre nell'articolo 
deUa morie 9 che per quiete e sicurtà sua continuasse 
l' amicizia col regno di Francia, per la quale gli erano 
pagati ciascun anno cinquanta mila ducati, nondi»< 
meno, mosso dalla caldezza dell' età e dalla pecunia 
gtumdissinia lasciatagli dal padre, non pareva ohe avesse 
meno in considerazione i consigli di quegli, die, cu^ 
pidi di cose nuove e concitati dall' odio , che quella 
nazione ha comunemente grandissimo contro al nome 
dei Franzesi, lo oon£3rtavano alla guerra, che la pru»* 
danza ed esempio del padre, il quale non discmtlante 
dai Franzesi , ancora che fatto re di un regno nuovo , e 
pertini:>atissimo, aveva con grande ubbidienza^ e con 
gi^ndissima quiete governato e goduto il suo regno» 

Le quali cose angustiando gravemente Y animo del 
re di Francia, il quale, per essere più propinquo alle 
cose d' Italia , si era trasferito a Lione , e temendo che 
il passare suo in Italia, detestato palesemente dal pon- 
tefice, non susdtasse per sua opera cose nuove, e 
dissuadendolo dal medesi mo il re di Aragona , ma Ai-^ 
mostrando dissuadernelo eome amico e come amatore 
dfeUa quiete comune, non ebbe in queste ambiguità, 
che lo stringevano da ogni parte , più certo e detenni<- 
nato consìglio , che di cercare con ogni studio e dili*- 
gemza di quietare V animo del pontefice talmente , ch^ 
almeno sì assicurasse di non l'avere opposito ed ini*- 
mioo. ^Ua qual cosa pareva lo favorisse assai la occa*^ 
sione ; perchè si credeva che la morte del cardinale di 
Roano, la infermità, del quale era sì grave, die poteva 
sperare poco di lunga vita , avesse a ess^e causa di 



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CAPITOLO QOfBnra. **— i5io. ia7 

lavargli f|aeU<i smpiztfofie^ per ia quale principaiiiietilé 
si4llina$ayeuìo gli uomini essere aate le sue alterazioni; 
e perchè , avendo il re notizia , die il ^^rdittate di Axm 
nipote di RoeLno, e gli altri ^ che trattavano le oosesne 
nella corte di Roma , averano temerarianiente , e con 
parole e con fiitti ^ atteso più a esacerbare , che a mitt-f 
gare , come sarebbe stato necessario , la mente del pim^ 
tefìoe^ nob volendo usare più l' opera loro , mandò in 
poste a Itoma ^ Alberto Pio contse di Carpi , persona di' 
grande spirito e destrezza, al quale. &rpno date atn^ 
pUssinie commissioni , non solo di offerirgli in tutfi i 
casi e desideri suoi le fonze ed autorità del re , ed us»e 
seco tutti i rispetti ed i riguardi , che fossero più se** 
oondo la mente e.la natura sua ^ ma oltre a questo di 
comunicargli sinceramente lo stato di tutte le cose ^ 
trattavano, e le richieste fattegli dal re dei Romani, e 
di rimettere finalmente in ai*bitrio suo il passare, onoti 
passare in balia , l' aiutale piìi lentamente , o più pron<* 
tamente le cose di Cesare. 

i^u oomn»esso al mcdesitno che dissuadesse T assolu- 
zione dei-Veneaianl; ma questa alla venut^i sua era già 
deliberata, e promessa dai pontefice ^ avendo i Ye^ 
neziani, poiché tra i deputaci dal pontefice e gli ora^ 
tori loro fu disputato molti mesi, consentito alle con* 
dizioni ,>so^ra le quaH si &oeva h difficqfdtà, perchè 
non vedevano altro rimedio alla salute loro che Y essere 
congiunti seco. Furono il vigesimo quarto giorno ài 
febbraio lette nel concistoro le condizioni , con le quali 
si dorevn cooèedera l'assoluzione, presenti gli oratori 
VIeneaianiy « conievmandde col mandato autentico 

' Di Alberto Pio parla questo autore molte altre volle nel Lib. rX, X» 
XXeXV<Uqttb9taA»UMriii. . , 



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laS LIBRO OTTAVO. 

della loro repubblica per istrumento : Non conferissero^ 
o in qualunque modo concedessero benefizj , o digita 
ecclesiastiche , né facessero resistenza o difficultà aUe 
provvisioni, che sopra essi venissero dalla corte Ro- 
mana : non impedissero che nella corte predetta si agi* 
tasserò le cause beneficiali ^o appartenenti alla giuris* 
dizione ecclesiastica : non ponessero decime , o alcuna 
specie dì gmvezza su i beni delle chiese e dei luoghi 
etonti dal dominio temporale : rinunziassero aìl' appel«- 
lazione interposta dal monitorio, a tutte le ragioni 
acquistate in qualunque modo io sulle terre della chiesa, 
e specialmente alle ragioni , che e' pret^idessero di po- 
tere tenere il bisdomino in Ferrara : che i sudditi della 
chiesa, ed i legni loro avessero libera la navigazione del 
golfo, e con facultà sì ampia, che eziandio le robe 
di altre nazioni portate su i legni loro, non potessero 
essere molestate , ne fatta dichiarazione, che fossero 
obbligate alle gabelle : non potessero in modo alcuno 
intromettersi di Ferrara, o delle terre di quello stato, 
die avessero depeidenza dalla chiesa : fossero annullate 
tutte le conrenzioni, che in pregiudizio ecclesiastico 
avessero fatte con alcun suddito , o vassallo della chiesa : 
non ricettassero duchi, baroni, o akri sudditi, ò vas« 
salii della chiesa, che fossero ribelli, o inimici della 
sedia apostolica; e fossero obbligati a restituire tutti i 
danari esatti dai beai ecclesiastici, e ristorare le chiese 
di tutti i danni , che avessero patito. 

Le quali obbligazioni con le promesse, e rinunzie 
debite ricevute nel concistoro, gli ambasciatori Ve- 
neziani il giorno die fu determinato, seguitando gli 
esìempj antichi, sì condussero * nel portico di san Piero, 

' Non dicono gF istorici Veneziani , che 1* assolnzione data da papa GioUo 



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CAPITOLÒ QUINTO. l5lO. I29 

dove gìttatisì in terra innanzi ai piedi del pontefice , il 
quale presso alle porte di bronzo sedeva in sulla sedia 
pontificale, assistendogli tutti i cardinali e numero 
grande di prelati, gK dimàildaronò tunilmente per- 
dono , riconoscendo la contumacia, e i falli commessi ; 
e dipoi lettesi, secondo il rito della chiesa, certe ora- 
zioni, e fatte solennemente le ceremonie consuete, il 
pontefice ricevutigli a grazia gli assolvè , imponendo 
lóro per penitenza che andassero a visitare le sette 
chiese. Assoluti enti*arono nella chiesa di San Piero, 
introdotti dal sommo penitenziere, dovè avendo udita 
la messa, che prima era stata denegata, furono onora- 
tamente, iion più come scomunicati ò interdetti, ma 
come buoni cristiani , e divoti figliuoli della sedia apos- 
tolica, da molti. prelati e altri della corte accompa- 
gnati alle loro abitazioni. t>opo la quale assoluzione si 
ritoìrnarono a Venezia, lasciato a Roma Girolamo Do- 
nato, uomo dottissimo, uno del ntìmero loro; il quale, 
per le virtù sue e per la destrezza dell' ingegno dive- 
nuto molto grato al pontefice, fu di grandissimo gio- 
vamento alla sua patria nelle cose che si ebbero poi a 
trattare appresso a lui. 

fosse nel portico di San Ketro. ìì Bembo scrive , che gli oratori , avendo 
ift nome della repaAlica soddisfieitto a tatte le domande del j^apa , furono 
' lasciati «nttare da lai alla messa , e a baciargli U piede. VL Èuonaocom è 
oontratio a questo antoré , 6 dice, che osandosi, qoàndo il ^apa rìheiiedisce 
alcan principe, o irepobblica, di dare con verghe stille spalle degli ambas- 
ciatori rappresentanti sopra le scale di San Pietro , Giulio II per hité più 
onore ai Veneziani mutò questa pena in comandare loro, che visitassero le 
sette chiese. Giovio nella vita d'Alfonso pone , che Giulio convenne prima 
con Donato ambasciatore , che venissero sei oratori dei più onorati gentil- 
uomini di Venesiii, suppliqhevoU a hni r^nadire nel povtioo d^ San 
Pietro , e pubblicamente riconciliarsi. 



III. 



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1.3u LIBRO NONO. 



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LIBRO NONO. 



SOMMARIO. 

In questo Libro si contiene V alienazione degli Svizzeri da Fran- 
cia; la lega de* Grigioni co* Franzesi ; la guerra di papa Giulio 
contro Alfonso duca di Ferrara ; i progrèssi dell' imperatore 
nella guerra contro i Veneziani; la guerra del medesimo pon- 
tefice contra Genova, e V animo suo verso i Franzesi; la presa 
della Mirandqla dal papa ; la rotta dell* armata de* Veneziani 
in Po ; i progressi de' medesimi contra i Franzesi; la rotta 
dell* esercito ecclesiastico alla Bastia , e al * fiume Santemo ; 
le pratiche della pace universale ; la ribellione di Bologna dal 
papa ; e 7 concilio convocato a Pisa per riformare la chiesa j 
e mettere il pontefice in pensiero ili pacificarsi con Francia. 

CAPITOLO PRIMO. 

I Veneziani prendono diversi capitani a' soldi loro. Creano Giam* 
paolo Baglioni capitan-generale. Sdegno del re di Francia contro 
gli Syizzeri. Lega de' Grigioni co' Franzesi. Orìgine della guerra 
del papa contro al duca di Ferrara. Congiura òHt Veronesi in favor 
de' Veneziani. Esercito Franzese nel Polesine. I Vicentini chie- 
dono misericordia ai Franzesi. Risposta del generale Franzese ai 
Vicentini, che si rimettono al suo arbitrio. Barbarie de' soldati 
Tedeschi. 

JJell* ASSOLUZIONE dei Veneziani, fatta con animo 
tantp costante del pontefice, si perturbò molto Cesare, 
al qiiale questa cosa principalmente apparteneva; ma 
non se ne perturbò quasi meno il re di Francia, perche 



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CAPITOLO PAIMO. l5lO. ^^i 

per la utilità propria desiderava, che la grandezza 4^ 
Veneziani pon risorgesse. Non si accorgeva perciò 
intieramente quali fossero gli ultimi fini del poutefice; 
ma nutrendosi nelle difficultà che se gli preparavano 
con vane speranze, si persuadeva che il pontefice si 
movesse per sospetto della unione sua con Cesare, e 
che temporeggiando con lui, e non gli dando causa di 
maggior timore., contento (JelF assoluzione fatta , non 
procederebbe più oltre. Ma il pontefice confermandosi 
più Tun dì che l'altro nelle sue deliberazioni , «dette 
licenza, con tutto ehe molto contradicessero gli 
oratori dei confederati , ai feudatarj e sudditi della 
chiesa, che si conducessero agh stipendj dei Vene-r 
ziani : i quali soldarono Giampagolo Baglione con titolo 
di governatore delle loro genti, rimaste, per la morte 
del conte di Pitigliano, senza capitano generalesse ' 
Giovanlujgi e Giovanni Vitelli figliuoli. già di Gioyai^Dt 
e di GnmmìUo, e Renzo da Ceri per capitano di tutti 
. i fanti loro. £ avendo cosi ^ scopertameate preso il 
patrocinio dei Veneziani, procurava di concordargli 
con Cesare, sperando per questo mezzo ;non. solo di 
separarlo dal re di Francia, ma che unito seco e con 
i Veneziani gli moverebbe la guerra. La qual cosia 
perchè, per le necessità di Cesare, gli succedesse più 
facilmente, interponeva l'autorità sua con gli elettori 

■ Gli- scrittori delle cose fatte dai Veneziani , cioè a Bembo , il Moeeniga , l 
e il Giustiniano , non fanno, menzione ' in questa condotta di capitani , di 
altri, che di Giampagolo Baglioni, e di Renzo da Ceri. 11 Bembo dice, che 
Renzo ^enne a Venezia a proferirsi ^1 senatp con la sna compagnia di cento 
cavalli, e fn accettato ; e in alcune carte dopo scrisse^ che i Padri richie- 
sero il papa a contentarli , che Giampagolo paglione venisse, al soldo deUa 
repubblica , il che fa loro concesso. Innanzi a questo passo nondimeno ha 
aciEitto, che a Ludo Mi^^czzo fu mandato in Padova' lo stemlardo, e la 
verga di ordine dd principe, e aU* esercito fu preposto capo, v 



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l3a LIBRO KONO. 

deir impèrio , fe con le terre franche, che nella dieta 
ài Augusta non gli deliberassero alcuna sovvenzione. 
Ma quanto più si maneggiava questa materia, tanto 
più si trovava dura e difficile, perchè Cesare non 
voleva concordia alcuna , se non ritenendo Verolia ; 
e i Veneziani, nei quali il papa aveva sperato dovere 
essere maggiore facilità, promettendosi in qualunque 
caso di avere a difender Padova , e che tenendo quella 
città dovesse il tempo porgere loro molte occasioni , 
domandavano ostinatamente la restituzione di Verona, 
offerendo di pagare in ricompenso di quella quantità 
grandissima di danari» Né cessava il pontefice di stimo- 
lare occultamente il rè d* Inghilterra a muover guerra 
contro al re di Francia , rinnovando la memoria dell' 
ininnìci^ie antiche tra quei regni, dimostrando la occa* 
sione di avere successi felicissimi, .perchè se egli pi^ 
^lia.va le armi contro al re, molti altri, ai quali era o 
sospetta, o odiosa la su£i potenza, le piglierebhero ,• 
e confortandolo ad abbracciare con quella divozione , 
che èra stata propria del re d' Inghilterra, la gloria che 
•se gli offeriva di esser protettóre e conservatore della, 
sedia apostolica, la quale altrimenti era per 1' ambi-^ 
zione del re di Francia in manifèstissimo pericolo : alla 
qual cosa lo confortava medesimamente, ma molto, 
occultamente, il ré di Aragona. 
^ Ma quel che importava più, il pontefice, conti- 
*nuando co' Svizzeri le pratiche cominciate per mezzo 
del vescovo di Sion , la cui autorità era grande in quella 
nazione, e il quale non cessava con somma efficacia 
di orare a questo effetto nei consigli , e di predicare 
nelle chiese, aveva finalmente ottenuto che i Svizzeri, 
accettando pensióne di fiorini mille di Reno V arinp per 



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capìtolo i^rimo. — - i5io. i32i 

ciascun' cantone , si fosseix> obbligati alla protezione 
sua , e dello stato della x^hiesa , permettendogli di 
sol<|are, per difendersi da chi lo molestasse, certo nu- 
mero dei fanti loro. La quàl aosa gli aveva renduta piii 
^ile la discordia, che cominciava a nascere tra loro e 
il re di Francia; poiché i Svizzeri insuperbiti per la 
e$tima:^ione, phe umversalmente si faceva di loro, e 
presumendo che tutte le vittorie , che il re presente e' 
il re Carlo suo aìitecessore avevano ottenute in Italia, 
fossero principalmente procedute per la virtù , ^ per il * 
terrore delle armi loro, e perciò dalla corona di Francia 
meoitare molto , avevano dimandato , ricercandogli il 
re di rinnovare insieme la confederazione che &niva, 
che accrescesse loro le pensioni, le quali erano di 
sessanta mila franchi l'anno, cominciate dal re Luigi 
Undecimo, e continuate ìqsino a quel tempo; oltre 
alle pensioni 9 che segretamente si davano a motti 
nomini privati* Le quali cose dimandando superba- 
mente, il re sdegnato della insolenza loro, e che da 
villani nati nelle montagne (cosi erano le parol^ sue) 
gli fo^se così imperiosamente posta la taglia; cominciò , 
più secondo la dignità reale, che ' secondo la utilità 
presente, con parole alterate a ribattergli , e dimostrare 
quasi di disprezzargli ; alla qual cosa gli dava maggiore 
animo che nel tempo tnedesimo, per opera di Giorgio 
Soprasasso , i Vallesi sudditi di Sion , che si reggono 
in sette comunanze, chiamate da loro le Corti, cor- 
rotti da donativi , e da * promesse di pensioni , in 
pubblicò, e in privato si erano confederati con lui, 

' Secondo V atUiU presenle consigliano» di sotto in questo loedesimo 
Lib. IX i consiglieri del re, 'che vogliono accrescersi le provvisioni agli 
Svizili, maU re non volle ascoltargli. ' 



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.t34 libro WONÓ, 

obbligandosi di dare passo alle sue genti, negarlo 
agi' inimici suoi , e andare al soldo suo con quel 
numero di fanti, che comportavano le forze loro; E in 
simìgliante modo si erano confederati seco i signori 
delle tre Leghe , che si chiamano i Grigioni : e benché 
una parte dei Vallesi non avesse ancora ratificato, 
sperava il re indurgli con i mezzi medesimi alla 
ratificazione : onde si persuadeva noti gli essere più 
tanto necessaria V amicizia dei Svizzeri , avendo deter- 
minato* oltre ai fanti, che gli condurrebbero i Vallesi 
e i Grigioni, di condurre nelle guerre fanti Tedeschi, 
temendo medesimamente poco dei movimenti loro, 
perchè noh credeva potessero assaltare il ducato di 
Milano, se non per la via di Bellinzone ed altre molto 
anguste, per le quali venendo molti, potevano facil- 
mente essere ridotti in necessità di vettovaglie da 
pochi ; venendo pochi, basterebbero similmente pochi 
a fargli ritirare. Così stando ostinato a non aumentare 
le pensioni , non si otteneva nei consigli dei Svizzeri 
di rinnovare seco la confederazione , con tutto che 
confortata da molti di loro , ai quali privatamente ne 
perveniva grandissima utilità : e per la medesima ca- 
gione più facilmente consentirono alla confederazione 
dimandata dal pontefice. 

Per la quale nuova confedera*zione parendogli avere 
fatto fondamento grande ai pensieri suoi , e oltre «a 
questo, procedendo per natura in tutte le cose come 
se fòsse superiore a tutti, e come se tutti fossero ne- 
cessitati a ricevere le leggi da lui, seminava origine 
di nuovo* scandolo col duca di Ferrara , o mosso vera- 
mente dalla cagione, che venne. in disputa tra loro, o 
per lo sdegno conceputo contro diluì, che, ricevuti da 



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CAPITOLO PRIMO. — i5io. l35 

se tanti benefizj ed onori, * dependesse più dal re di 
Francia che da Idi. Quale si fosse la cagione, cercando 
princìpio di controversie , comando imperiosamente ad 
Alfonso che desistesse da fare lavorare sali a Comac- 
chio, perchè non era conveniente, che quel, che non 
era lecito fare quando i Veneziani possedevano Cervia, 
gH fosse lecito , possedendola la sedia apostolica, di 
cui era il diretto dominio di Ferrara e di Comacchio; 
cosa di grande utilità, perchè dalle saline di Cervia, 
quando non si lavorava a Comacchio, si distendeva il 
sale, in molte terre circostanti* Ma più confidava 
Alfonso nella congiunzione, che aveva col re di 
Francia, é nella sua protezione, che non temeva delle 
forze del pontefice : e lamentandosi di avere ad essere 
costretto di non ricorre il frutto, il quale nella casa 
propria con pochissima fatica gli nasceva , anzi avere 
per u$o dei popoli suoi a comperare da altri quello , 
diche poteva riempiere i paesi forestieri, né dovere 
passare in esempio quello a che i Veneziani, non con 
la giustizia , ma con le armi lo avevano indotto a con- 
sentire, ricusava di obbedire a questo comandamento : 
onde il pontefice mandò a protestargli, sotto gravi 
pene e censure, che desistesse. Questi erano i pensieri, 
e le opere del pontefice, intento con tutto l'animo 
alla sollevazione dei Veneziani. 

Ma da altra parte il re dei Romani e il re di Francia, 
desiderosi parimente della loro depressione, e mal 
contenti delle dimostrazioni che faceva per essi il pòn- 

' Tanto dependeva il dnca Alfonso dal re di Francia, che ogni ora pia, 
come dice il Giovio nella Vita di Ini , 9* infi&mmò a difendere , e mantenere 
la repatazione della sna fermezza con ogni diligente, e fedel servizio Terso 
i Franzesìy cedendogli massimaménte saldi nel proponimento .pnmo di 
offendere i Veneziani. « 



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i36 I4BBO Hoira. 

lefic^ 9 e perciò venuti itisieme in ma|^[iore union^^ 
convennero di assalire qudla stale con fi>nse gmndi i 
Yeni^iani, mandando da una pfu*te il re di Francia 
CianioBt# con potente esercito , al quale si «misseit^ le 
genti Tedesche 9 ohe erano in Verona; ^ da altni parte 
Cesare con le genti , le quali sperava ' ottenere dall' 
impeiio nella dieta di Augusta entmssQ nel Friuli , ^ 
presolo procedesse ad altre imprese, secondo che 
gli mostrasse il tempo , e le occasioni. Alla qual cosa 
ricercarono il pontefice, che, come obbligato per la 
lega di Gambrai, concorresse con le armi insieme con 
loro; ma esso, a cui era sommamente molesta questa 
cosa, rispose apertamente , non essere tenuto a quella 
coiifederazione , che aveva già avuta perfezione 9 poiché 
era stato in potestà di Cesare avere prima Trevigi, 
e poi ricompenso di danari. Ricercò similmente Massi** 
mi|ianp il re Cattolico di sussidio per le obbligazioni 
medesime di Gambrai, e per le convenzioni &tte 
seco particolarmente quando gli consentì il governo 
di Cartiglia, ma con preghi, che l'accomodasse piut- 
tosto di danari che di gepti; ma^egli non si disponendo 
a sovvenirlo di quello, che più avesse di bisogno^ 
gli promesse mandargli quattrocentp lance 9 sussidio a 
CSesare di poca utilità , perchè nelF esercito Franzese e 

* Di sopr» ha detto, che le forse delT imperatore per se medesime son 
podie 9. e deboli, se non vengono aiutate dall' imperio , cioè da tatti gli 
ttati di Alemagna, e questi alati dagf impei'atori sono domandati nelle 
diete, come ora £i in ^nesto laogo Massimiliano. Cosi ho citato Tommaso 
Auiks e Piero Bizzarri, che degli sUti, e città dell' imperio, e delle diete 
haaiiQ scritto, ai «{oali aggiungo ora , non me ne essendo allora ricordato, 
Ma^iBo Suml^r pttrisio Aogostano, aomo <»imqUi^ dotto, e grandemente 
▼eraato nella cognisione delle lingue , e in moke scienze , il quale ne serisie 
con molto gìudixie una sua opera , detta / dioci CircoH dell'imparo dpHa 
Germania , che ^ stampata nell' Accademia Veneàana T anno i5SS. 



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CiiPITOLO FBUfO. '— i5io. t37 

suo dirfxNi^viMia càvalK. Nel qoal tempo esèmào la 
0itlà di Verona molto ve$$ala dai soldati che la guar-* 
davano , pèrehè ntn ^E^ano pagati, le genti Yeneziaite, 
ebiami^te ooculiai&eiite da aleiim capitani , partitesi da 
3ati 3qi)ì£i»ìO) ^ aoeostarono di notte alla città per 
scsdanNp castrilo San Piax> , esondo entrati per ' là 
porta dì San Giorno; dote menare dimorano per 
congiugnere insieipé le scale, perchè separate non 
a«cei¥leyaiio all' altezza delle mura, o sentiti da quegli, 
che guardavano il castello di San Felice, o parendo 
loro vanamente udire rmnore, impauriti, lasciate le 
scale si discostarono , donde Y esercito si ritornò a San 
Bonifazio;^ in Verona , venuta a luce la éongiurazìone, 
ne Girono puniti molti. 

Ineii^ò in questo tempo V animo del pontefice a riu- 
nirai c(A re di Francia, mosso non da votentà, ma da 
timore; perchè Massimiliano gU dimandava superba^» 
m^ite che gli prestasse dugentomila ducati , minac- 
ciandolo che altrimenti si unirebbe col re di Francia 
contro a Ifii ; e perchè era fama che nella dieta- di Au^ 
gusta si determinerebbe di ooncedergli aiuti grandi; e 
perchè di nuovo tra il ve d' Inghilterra e il re di Francia 
era stata fatta, e pubblicata con solennità grande la 
paeCì. £ perciò strettamente epminciò a trattare con. 
Alberto da Carpi , col quale ei^ proceduto insino a 
quel giorno con parole e speranze generali; ma perse- 
vcarò poco tempo in questa sentenza^ Perchè la dieta di 
Augusta, senza le forze della quale erano in piccola 

' La porta, di San <^rgio di Verona fé aperta ai Veneziani da Benedetta 
Pdkfnn^ nobile di ^elU città , la ({naie £firaiglia iUnatfv di Verona è stata 
sempre devotissima al nome "Venexiano. "Vedi il Bembo nel Lib. X , il Mo- 
ceni^ nel Lib. II, e il Giiisnniano neirundeeimo, che pongono questo 
Atto di Verona. 



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l38 LIBRO IfONO. 

estimazione le minacce di Cesare, non corrispondendo 
allaespettazione, non gli determinò altro aiuto che di 
trecentomìla fiorini di Reno , sopra il quale assegna- 
mento aveva già fatte molte spese ; e dal re d' Inghilterra 
gli fu significato avere nella pace inserito un capitolo;^ 
che ella s' intendesse annullata , qualunque volta il re 
di Francia offendesse io stato della chiesa. Dalle quali 
cose ripreso animo, e ritornato ai primi pensieri, ag- 
giunse contro al duca di Ferrara nuove querele ; per- 
chè quel duca, dappoi che il golfo fu liberato, aveva 
poste nuove gabelle alle robe, che per il fiume del Po 
andavano a Venezia , le quali allegando il pontefice, che 
secondo la disposizione delle leggi non si potevano im- 
porre dal vassallo senza licenza del signore del feudo , 
e che erano in pregiudizio grande dei Bolognesi suoi 
sudditi, faceva instanza che si levassero, minacciando 
altrimenti assaltarlo con le armi; e per fargli maggior 
timore fece passare le sue genti d' armi nel contado di 
Bologna , e in Romagna. 

Turbavano queste cose molto V animo del re, perchè 
da una parte gli era molestissimo il pigliare la inimi- 
cizia col pontefice; da altra parte lo moveva lainfisimia 
dì abbandonare il duca di Ferrara, dal quale, per ob- 
bligatasi alla protezione , aveva ricevuto trentamila 
ducati. Né meno lo moveva il rispetto della propria 
utilità; perchè dependendo totalmente Alfonso da lui, 
ed aumentando taato piìi nella sua divozione quanto 
più vedeva perseguitarsi dal pontefice, ed essendo lo 
stato suo alle cose di Lombardia molto opportuno, 
riputava interesse suo il conservarlo; però s'interpo- 
neva col pontefice , perchè tra loro s'introducesse qual- 
che concordia. Ma al pontefice pareva giusto che il re 



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CAPITOLO FRIXO. •-— l5*IO. iS^ 

si riniovesse da q^esla protezione, àlteganda averla 
pr-esa contro ai capitoli di Gambrai , per i quali, fatti 
sotto colore di restituire quello che erd occupato alla 
chiesa, si proibiva che alcuno dei confederati pigliasse 
la protezione dei nominati dall'altro, e da se essere 
stato nominato il duca di Ferrara : e di più , che alcunp 
non s'intromettesse nelle cose appartenenti alla chiesa: 
confermarsi il medesimo per^a confederazione fatta 
particolarmente tra loro a Biagrassa , nella quale espres- 
samente si diceva che il re non tenesse protezione 
alcuna di stati dependenti dalla chiesa, e non ne accet- 
tasse in futuro, annullando tutte quelle che per il pas- 
sato avesse prese. Alle quali cose benché per la part^ 
del re si rispondesse : contenersi nella medesima con- 
venzione, che ad arbitrio suo si conferissero i vesco- 
vadi di qua dai monti (il che il pontefice avér^ violato 
-nel primo vacante ): avere medesimamente contrav- 
venuto in favore dei Veneziani ai capitoli fatti in Gam- 
brai, onde essergli lecito non osservare a lui le cose 
promesse : nondimeno per non avere per gì' interessi 
dd duca di Ferrara a venire alle armi col pontefice , 
proponeva condizioni, per le quali non si contravve- 
nendo totalmente, né direttamente al suo onore, po- 
tesse il pontefice restare in maggiore parte soddisfatto 
negl'interessi^ che la chiesa ed egli pretendevano con- 
tro .ad Alfonso. Ed era oltre a questo contento obbli- 
garsi secondo una richiesta fatta dal pontefice, che le 
genti Franzesi non passassero il fiume del Po, se non 
in quanto fosse tenuto per la protezione dei Fiorentini , 
o per dare molestia a Pandolfo Petrucci , e a Gian Pa- 
golo Bàglione , sotto pretesto dei danari promessi dall' 
uno, e intercettigli dall' altro. 



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f4o libro nono. 

Le quali cose mentre che sa agitavano, Giamonte 
con ' mille cinqueo^Eito lance, e con dieci mila fanti 
di varie nazioni, tra i quali erano alcuni Svizzeri , con- 
dotti privatamente, non per conceaiionQ dei cantmii, 
seguitandolo copia grande di artiglieria , e tremila 
guastatori , e con i ponti preparati per passare i fiumi ^ 
ed essendogli congiunto il duca di Ferrara con dugento 
uomini di arme, cinquecento cavalli leggieri e duemila 
fanti ; e avendo senza ostacolo * occupato, perchè i Ye^ 
neziani lo abbandonarono, il Polesine di Rovigo, e 
presa la to«*re Marchesana posta in sulla ripa dell' Adice 
di verso Padova; vmuto a Castel Baldo, ehhe con^em^ 
plici messi le terre di Montagnana ed Esti , apparte- 
nenti r una ad Alfonso da Esti per donatone di Mas* 
emiliano , Y altrf^impegnatagli da lui per sicurtà di 
danari prestati. I quali luoghi ricuperato che ebbe Al«* 
fonso, sotto pretesto di certe galee dei Venezifmi, che 
vivano su per il Po , ne rimandò la più parte delle 
s^e genti* Unissi con Ciamonte il principe di Anault 
luogotenente di Celare , uscito di Verona ^ con trecento 
lance Franzesi, dugento uomini di arme e ti^emila Te<- 
deschi , seguitandolo sempre dietro un alloggiamento; e 
lasciatosi addietro Monselice, tenuto dai Veneziani, ven- 
ncsro in quel di Vicenza, dove Lunigo e tutto il paese 
senza contradizione se gli arrendè. Perchè l'esercito 
Veneziano , che si diceva essere di seicaito uomini di 
arme , quattromila tra cavalli^ leggieri e Stradiotti , e 

■ Mille aoqùni d' arme , i5oo cavalli leggieri, e undicimila pedoni, scrive 
Il Mocénigo, che erano nell'esercito Praozese. 

' II Moc^nigo al principio del Ub. HI scrìve molti altri progressi dei 
Francesi contro ai Veneziani , oltre a qaesti , che qui sono recitati. 

' I nemici Tedeschi , dice il Mocenigo , uscirono di Verona in numero di 
duemila cavalli, e seimila fanti, e vennero a Vkcnsa. 



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CAPITOLO PRi»ro. **^ i5io. 141 

ottomila fatiti sdito Gian Pagolo Bflgltone govematope, 
e Andrea Gritti provveditore , paratosi prima da Soave , 
B andatosi contittuattiente ritirando ^ secondo i pro- 
gressi degr inimici^ nei luoghi sicuri , finalmente messa 
sufficiente guardia in Trevigì , e a Mestri posto mille 
faflli, si era ritirato alle Brentelle, luogo vicino a tre 
miglia di Padova in alloggiamento forte , perchè il paese 
è pieno di argini ^ e quel luogo circondato dalle acque 
dì^tre fiumi, Brenta , Brentella e Bacchigliòne. 

Per la ritirata éèì quale i Vicentini del tutto abban* 
donati, e impotenti per se stessi a difendersi, non ri- 
manendo loro altra speranza che la misericordia del 
vincitore , e confidando potere piìi facilmente ottenerla 
per mézzo di Ciàmonte , mandarono à dimandargli sai- 
vocotklotto , per mandare ambasciatori a lui , e al prin- 
cipe di Anault: il quale ottenuto, ' si presentarono in 
abito miserabile^ e pieni di mestizia e di spavento in- 
nanzi all'uno è F altro di loro, che erano al ponte a 
Barberano, propinquo a dieci miglia a Vicenza , ove pre- 
senti tutti i capitani, e persone principali degli eserciti, 
il capo della legazione pariò, secondo si dice, così: 

« Se (osse noto a ciascuno quello che k città di Vi- 
ce cen^, invidiata già per le ricchezze e felicità sue da 
« tnolte città vicine, ha patito, poiché piìi per errore e 
<( stoitizi;! degli uomini ^ e forse più per una cetta fatale 
<c disposizione , che per altra cagione , ritornò sotto il 

' Ninno dei tre istorici Veneziani scrive questa miserabile legazione dei 
VicètiUtii. n BemBo dice, éhe i capitani Franzesi mandarono a domandare 
la città di Vicenza, e cinqneeentomila scndi, e che i Vicentini ne paga- 
rono cinquantamila, e altrettanti ne promessero, e. si arrenderono per 
Tederai abbandonati dall* esercito Veneziano. U Mocenigo , e il Giustiniano 
scrivoilo, che i Viiìentini pagarono cinquantamila sondi per non essere sac- 
cheggiati, e messero amichevolmente i nemici dentro, i quali violata la fede 
eommessero in Vicenza molti esempj di crudeltà , e dì avarina. 



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Ì4a LIBRO NOKO. 

« dominio dei Veneziani , e i danni infiniti e intòlLerR- 
« bili, che ha ricevut», ci rendiamo certissimi , iirvittis- 
c< simi capitani , che nei petti vostri sarebbe maggiore. 
« la pietà delle nostre miserie , che lo sdegno , e Y odio 
(c per la memoria della ribellione, se ribellione merita 
«di esser chiamato Y errore di quella notte , nella qurté 
a essendo spaventato il popolo nostro, perchè l' esercito 
a inimico aveva per forza espugnato il borgo della Pos* 
(( terla, non per ribellarsi, né per fuggire T imperio 
«mansueto di Cesare, ma per liberarsi dal sacco, e 
a dagli ultimi mali della città, uscirono fuora ambascia- 
te tori ad accordarsi con gì' inimici; movendo sopra 
(c tutto gli uomini nosti*i non assuefatti alle armi , e ai 
(c pericoli della guerra, l'autorità del Fracassa, il qual 
c< capitano sperimentato in tante guerre^ e soldato di 
c< Cesare , o per fràude , o per timóre , il chea noi liòn ap- 
c< pattiene di ricercare , ci consiglio , che mediaiite Y ac- 
ce cordo provvedessimo alla salute delle donne e figliuoli 
«nostri, e della nostra afflitta patria. In modo che si 
« conosce che non alcuna malignità, ma solo il timore 
« accresciuto per Y autorità di tale capitano fu cagione, 
« non che si deliberasse, ma piuttosto clie in breve spazio 
« di tempo, in tanto tumulto, in ta§jti strepiti dì arme, 
« in tanti tuoni di artiglierie nuovi agli orecchi nostri, si 
« precipitasse ad arrenderci ai Veneziani ; la felicità dei 
« quali, e la potenza non era tale, che ci dovesse per 
« se stessa invitare a questo. E quanto siano diversi i 
« falli nati dal timore e dall' errore , da quei peccati , 
« che sono mossi dalla fraude e dalla mala intenzione, 
« è manifestissimo a ciascuno. Ma quando bene la nostra 
« fosse stata non paura, ma volontà di ribellarsi, e fosse 
« stato consiglio e con3entimento universale di tutti , 



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CAPITOLO^ PBIMO. l5lO. ll^i 

a non in tanta confusione più presto movimento , e 
(c ardire di pochi, non contradetto dagli altri, e che i 
« peccati di quella infelice città fossero del tutto ipes- 
c( cusabili , le nostre calamità da quel tempo in qua sAno 
« state tali , che si potrebbe veramente dire che la pe- 
ce nitenza fosse senza comparazione stata maggiore, che 
a il peccato : perchè dentro alle mura, per le rapine dei 
« soldati stati alla guardia nostra , siamo stati misera«- 
« bilmente spogliati di tutte le facultà. 

(K E chi non sa quel che di fuora per la guerra con- 
ce tinua abbiamo patito? E che ci rimane più in questo 
ce misero paese, che sia salvo? Arse tutte le case delle 
« nostre possessioni, tagliati tutti gli alberi, perduti gli 
<( animaU , non condotte al debito fine già di due anni 
«le ricolte, impedite in gran parte le semente, senza 
ce entrate, e senza frutti, senza speranza che mai più 
a possa risorgere questo distruttissimo paese, siamo 
ce ridotti in tante angustie, in tanta miseria, che avendo 
ex consumato , per sostentare la vita nostra , per resistere 
ce a infinite spese , che per necessità abbiamo fatte, tutto 
ce quello , che occultamente ci avanzava , non sappiamo 
ce più come in futuro possiamo pascere noi medesimi e 
ce le famiglie nostre. Venga qualunque più inimico animo 
ce e più crudele , ma che in altri tempi abbia veduto la 
a patria nostra , a vederla di presente ; siamo certi non 
ce potrà contenere le lagrime , considerando che quella 
ce città, che, benché picdola di circuito, soleva esser 
ce pienissima di popolo, superbissima di pompe, illus- 
ce tre per. tante magnifiche e ricche case, ricetto con- 
a tinuo di tutti i forestieri; quella città, dove non si 
ce attendeva ad altro , che a conviti , a giostra e a pia- 
te c«ri, sia ora quasi desolata di abitatori; le donne, e 



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144* LIBRO NONO. 

«gli tfontmt ventiti vilissimamente, non vi essere più 
« dperta cftsa alctltia, non vi èssere alcuno, che possa 
« ptpmettersi di aver modo di sostentare se e la fami- 
« ^a s^ua pm*e per tm mese : e in cambio di magnifi-^ 
(c cenze, di feste e di piaceri, non si vedere, e sentire 
te altro che miserie, lamentazioni pubbliche di tutti gli 
« nomini, pianti e iitìà, miserabili per tutte le strade di 
<c tutte le donne, lè quali sarebbero ancora maggiori, 
« se non ci ricordassimo, che dalla volontà tua, glo- 
<triosìssimo principe diAnault, depende, o T ultima 
(c desolazione di quella afflittissima nostra patria , o la 
ce speranza di potere sotto l' ombra di Cesare , sotto il 
oc governo della sapienza e clemenza tua, non diciamo 
« respirare, o risorgere, perchè questo è impossibile, 
«ma, consumando la vita per ogni estremità, fuggire 
« almeno T ultimo eccidio. 

a Speriamo ; perchè ci è nota la benignità e umanità 
« tua , perchè è verisimile che tu voglia imitare Cesare , 
a degli esempi della clemenza e mansuetudine del quale 
ce è piena tutta V europa. Sono consumate le sostanze 
a nostre, sono finite tutte le nostre speranze, non ci è 
cf più altro , che le vite e le persone : nelle quali incru- 
<c delire, che frutto sarebbe a Cesare? che laude a te? 
<x SuppUchiamti con umilissimi preghi , i (fiali imma- 
a ginati esser mescolati con pianti miserabili di ogni 
(c sesso, di Ogni età, di ogni ordine della nostra città, 
« che tu voglia, che Vicenza infelice sia esempio a tutti 
tf gli altri della mansuetudine deir imperio Tedesco , sia 
ce simile alla clemenza e alla magnanimità dèi vostri 
ce maggiori; che, trovandosi vittoriosi in Italia, con- 
ci servarono le città vinte, eleggendole molti di loro 
iijpev propria abitazione, donde con gloria grande*del 



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CAPITOLO PRIMO, t-r l5lO. I/JS 

« sangue Germanico discesero, tanle case illustri in Ita- 
tf1ia,'quei da Gonzaga, cfuei da Carrara, quei dalla 
«( Scala già antichi signori nostri. Sia esempio in un 
ff tempo medesimo Vicenza, che i Veneziani, nutriti e 
te so^entati da noi nei minori pericoli , T abbiano nei 
« maggiori perìcoli, nei quali erano tenuti a difenderla, 
« vituperosamente abl^indonata : e che i Tedéschi , che 
riavevano qualche causa di oflfenderla, l'abbiano gio- 
ie riosamente conservata. Piglia il patrocinio nostro , tu, 
« invittissimo €iamonte', e commemora l'esempio del 
«tuo re, nel quale fu maggiore la clemenza verso i 
« Milanesi a verso i Genovesi, che senza causa, o ne-» 
« cessità alcuna si erano spontaneamente ribellati, che 
t< non fìi il fallo loro , ai quali avendo del tutto p^rdo- 
« nato , essi ricomperati da tanto benefizio gli sono 
« stati sempre divotissimi e fedelissimi. 

(( Vicenza conservata , o principe di Anault , se non 
ti sarà a Cesare a comodità ^ sarà almeno a gloria , rima- 
« nendó come esempio della sua benignità : distrutta , 
« non potrà essergli utile a cosa alcuna, e la severità 
« usata contro a noi sarà molesta a tutta Italia; la de* 
<i menza farà appresso a tutti più grato il nome di Qe^ 
(( sare. £ così come nell' opere militari , e nel guid^Nre 

' tie famiglie di Gonzaga , di Gai-rara , e della Scala sono venate di Ger- 
mania in lulia, di the si paò leggere Paoh Fiorentina dùUon , e teologo , 
che scrisse la Istoria di casa Gonzaga , benché favolosamente , a Federigo 
primo, e' terzo marchese di Mantova, e Mario Fiielfo, e Mario Equicoia, 
in qad che appartiene ai Oonaaga, oltre qnel che si legge in Paolo Dia- 
cono della prosapia dei Gongingi , da cai vogliono , che siano discesi i Gon- 
zaga, in Iacopo Filippo da Bergamo, in papa Pio II, nel Foltefrano, e in 
altri. Dei Carrara si pQò leggere fra gli altri Bernardino Scardeone , che 
scrisse le Istorie di Padova , e d^U Scaligeri ToreNo Saraina. Sono ano» 
in Italia molte altre famiglie « che tengono di esaere discese di Germania, 
conte ì Colonnesi in Roma, quei del Carretto marchesi del Finale, i Ba- 
glioni in Peragia , é altre assai. 

III. IO 



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l46 LIBRO VOIfO. 

« gli eserciti si riconosce ii^ lui la similitudine dell' an- 
ce tico Cesare , sarà riconosciuta similmente la clemenza , 
a dalla cjuale fu poi esaltato insino al cielo e fatto di- 
a vino il. nome suo, più perpetuata appresso ai posteri 
« la sua memoria , che dalle armi. Vicenza , città antica 
ce e chiara, e già piena di tanta nobiltà, è in mano 
« tua : da <e aspetta la sua conservazione , o la sua dis- 
(c trazione ; la sua vita , o la sua morte. Muovati la pietà 
a di tante persone innocenti , di tante infelici donne e 
«(piccoli £sinciulli, i quali quella calamitosa notte, e 
c< piena d' insania e di errori , non intervennero a cosa 
a alcuna ; e i quali ora con pianti e lamenti miserabili 
«aspettano la tua deliberazione. Manda fuora quella 
a voce tanto desiderata di misericordia e di clemenza , 
<( per la quale risuscitata Y infelicissima patria nostra ti 
<c chiamerà sempre suo padre e suo conservatore. )» 

Non potette orazione sì miserabile , né la pietà verso 
la infelice città, mitigare l'animo del principe di Anault 
in mo8o che pieno d' insolenza barbara , e Tedesca 
crudeltà, non potendo temperarsi che le parole fossero 
meno feroci che i fatti , non facesse inumanissima ris- 
posta; la quale per suo comandamento fu pronunziata 
da un dottore suo auditore in questa sentenza : 

« Non crediate , o ribelli Vicentini , che le lusinghe- 
(( voli parole vostre siano bastanti a cancellare la me- 
a morìa dei delitti commessi in grandissimo vilipendio 
a del nome di Cesare : alla cui grandezza, e alla beni- 
te gnità , con la quale vi aveva ricevuto , non avendo 
<c rispetto alcuno , comunicato insieme da tutta la città 
«di Vicenza il consiglio, chiamaste dentro l'esercito 
te Veneziano; il quale, avendo con grandissima diffi- 
a culla sforzato il borgo , difHdapdo di potere vincere 



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CAPITOLO PRIKO. — l5lO. l/^'J 

« la città , pensava già di levarsi. Chiamastelo contro 
« alla volontà del principe , che rappresentava Y impe- 
« rio di Cesare : costrignestelo a ritirare nella fortezza , 
« e pieni dì rabbia e di veleno saccheggiaste le arti- 
« gliene, e la munizione di Cesare : laceraste i suoi pa- 
«c diglioni spiegati da lui in tante guerre , e gloriosi per 
« tante vittorie. Non fecero queste cose i soldati Vene- 
a ziani, ma il popolo di Vicenza , scoprendo sete smisu- 
«c rata del sangue Tedesco. Non mancò per la perfidia 
ce vostra, che l'esercito Veneziano, sé conosciuta la 
« occasione avesse seguitato la vittoria , non pigliasse 
<c Vecona : né furono questi i consigli , o conforti del 
« Fracassa , il quale circonvenuto dalle vostre £sike ca- 
« lunnie, ha giustificata chiaramente la sua innocenza: 
<c fu pure la vostrs^ malignità , fìi l' odio , che senza ca- 
(K gione avete al nome Tedesco. 

« Sono i peccati vostri inescusabìli , sono sì grandi , 
« che non meritano remissione. Sarebbe non solo di 
«gravissimo danno, ma eziandio vituperabile quella 
a clemenza che si usasse con voi ; perchè si conosce 
a chiaramente che in ogni occasione fareste peggio. Ne 
ce sono stati errori i vostri , ma scelleratezze ; uè i danni, 
<c che Voi avete ricevuti sono stati per penitenza dei 
« delitti , ma perchè contumacemente avete voluto per- 
ii severare nella ribellione : e ora chiedete la pietà, e la 
« misericordia di Cesare , il quale avete tradito , qua^n- 
«do, abbandonati dai Vène'ziani , non avete modo 
« alcuno di difendervi. Aveva deliberato il principe di 
« non vi udire : così era la mente, e la commissione di 
« Cesare ; non ha potuto negfirlo , perchè così è stata 
« là volontà di Ciamonte : nia non per questo si altererà 
« quella sentenza , che dal dì della vostra ribellione è 



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12^8 LIBRO IfOBfO. 

« Stata sempre fìssa nella meli te di Cesare. Non vt VmJe 
a il principe altriménti , che a discrezione delle facilità , 
(c della vita e dell'onore : né sperate che questo si faccia 
« per ayere facoltà di diniostrare più la sua cfómenza ; 
« ma si fa per poter più liberamente farvi esempio a 
« tutto il mondo della péna , che $i conviene contro a 
« coloro, che si scelleratamente hanno mancato al prtn*^ 
m cipe suo dalla loro fede. » 

Attoniti per sì .atroce risposta i Vicentini» ^ìoichè 
per alquanto spazio furono stati immobili 4 come privi 
di tutti i sentimenti, cominciarono -di nuovo con ia* 
grime, e con lamenti a raccomandarsi alla misericordia 
del vincitore.; ma essendo ribattuti dal medésimo dot- 
tore, che gli riprese con parole- più inumane e più 
barbara che le prime , tion . sapevano né che rispon- 
dere, né che pensare. Se non che Ciaihonte gli confortò 
che obbedissero alla necessità ^ e col rimettersi libera- 
mente nell' arbitrio del principe , cercassero di placare 
la sua indegnazione : la mansuetudine di Cesare essere 
grandissima, né doversi credere che ilprincipe nobile 
di sangue, ed eccellente capitano, avesse a fare cosa 
indagna della sua nobiltà e della sua virtù : qè dover-» 
gli spaventare T aperhità della risposta , anei essere da 
desiderare, che gli animi generosi e nobili si traspor- 
tino cpn le parole, perchè spesso , avendo sfogato parte 
dello sdegno in questo modo, alleggeriscono r asprézza 
dei fatti : offersesi intercessore a mitigare Tira del prin«> 
qipe , ma che essi prevenissero cpl rimetterai in luLUbe» 
ramenta. Il qop^iglip del quale , e.la necessità segjoi^ 
^ando * i Vicentini, distesisi in terra rimessero assolti^ 

* Che ji Vicentini -si rimettessero all^ disòrexicvie del priiteipe df An;iiiU 
è contro '^ni^to ne trattano ^l' istorici "Veneziani , i «^nali , secondo che ho 



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CAPITOLO PRIMO. l5lO, ì/^g 

la!«t6Qle »c e kt loro città afila potestà del vineOoio ; ìe 
parole dei quali rtpigUanffe Ciainonte eonfortò il prinr- 
cipe , che liei pmik^ti avesse più rispetto alla grandiezza 
e atta fama dS Cesare ^ che al delinca loro ; né facesse 
esempio agli altri , che fossero caduti , o per potere ca- 
dere in simili errori, tale , che disperata la misericordia , 
avessero a perseverare insino alla ullima ostinazione : 
sempre la clemenza avere dato ai priiìcipi benevolenza, 
e riputazione; la crudeltà, dove non fosse necessario, 
avere sempre &tto effetti con trarj, ne rimòsso, come 
molti impnident^ente credevano, gli ostacoli e le dif- 
ficultà, ma accresciutele, e fattele maggiori. 

Con r autorità del quale , e con i preghi di molti altiù 
aggiunti alle miserabili lamentazioni dei Vicentini, fu 
contento finalmente Anàult promettere loro la salute 
delle persone, restando libera all' arbitrio e volontà 
sua la disposizione di tutte le sostanze : preda mag- 
giore in opinione, che in effetti, perchè già la città era 
rimasta quasi vuota di persone, e di robe; le quali 
ricercando la ferità Tedesca , inteso che in certo monte 
vicino a Vicenza erano ridotti molti della città e del 
contado, con le loro robe in due caverne, dette la 
' grotta di Masano (ove per la fortezza del luogo, e 
difficnttà dell'entrarvi si reputavano essere sicuri); i 
Tedeschi andati- per pigliargli, combattuta in vano, e 

detto di sopva , sortvono, olw pagfludo 5o mila scudt si arresero, beuchè I 
Tedeschi non osservassero poi loro la fede. 

' Il Bembo nel Ub. X descrìTe queste grotte, le qnali chiama nomerò 
di volti a gnisa dì labirinto, anticamente fìitti' per cavarne sassi da edtfi* 
care. Il Mccemgo dioe : Inpraximo monte date lafomite sumt .* il tradoittore 
dice : Sona nel vicino monte doe còvoli, cioè cave. Il GiusHniano le cfalania 
caverne e grotte. Ma il Bembo meglio di tatti descrive questa impresa fatta 
a quelle cave. 



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i5o LIBRO Norro. 

non senza qualche loro danno la caverna maggiore, 
andati alla minore , né potendo sforzarla altrimenti , 
fatti fuochi grandissimi la ottennero con la fòrza dei 
fumo ; dove è fama morissero più di mille persone. 



CAPITOLO SECONDO. 

I Franzesi prendon Ugnago. Morte del cardinal di Roano. I Te- 
deschi prendono MonseUce. Segreti concetti del pontefice. Vfon 
. accetta il censo del duca di Ferrara. InVeate del regno di Napoli il 
re di Spagna. Disegna abbassare la potenza Franzese in Italia. I 
Veneziani contro' Genova. Si ritirano con poca reputazione. Modena 
è presa dal papa. Gli Sviaizeri scendono in favor del pontefice. Il 
doca di Savoja nega' loro il passo*. Loro <»«linaiiza *nel marciare, 
avendo incontro il Triulzio. Loro ritirata. L' esercito Veneziano a 

" Verona. U marchese di Mantova è liberato dalla prigione. Cause di 
questo avvenimento. 

Presa Vicenza, si mostrava maggiore la difBculta 
delle altre cose, che da principio non era Stato dise*- 
gnato ; perchè Massimiliano non solamente non si mo- 
veva contro ai Veneziani , come aveva promesso , ma 
le genti che aveva in Italia per mancamento di danari 
continuamente diminuivano, in modo che Ciamonte 
era necessitato di pensare non che altro alla custodia 
di Vicenza. E nondimeno deliberò di andare a campo 
a Lignago, la quale terra se non si acquistava, riusci- 
vano di niun momento tutte le cose fatte insino a quel 
giorno. 

Passa per la terra di Lignago il fiume dell' Adice, 
rimanendo verso Montagnana la parte minore detta 
da loro il Porto ; ove i Veneziani , confidandosi non 
tanto nella fortezza della terra , e nella virtù dei di- 



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CAPITOLO SECONDO. l5lO. l5l 

fensorì, quanto netl' impedimento delle acque, avevano 
tagliato il fiume in un luogo. Dalla ripa di là è la parte 
maggiore, dalla quale lo avevano tagliato in due luoghi, 
per le quali tagliate il fiume avendo sparso nei luoghi 
più bassi alcuni rami, aveva coperto in modo il paese 
circo^Mpite, che per essere stato soffocato dalle acque 
molti mesi, era diventato quasi palude. Facilità in 
qualche parte le difficultà la temerità , e il disordine 
delle genti dei Veneziani; perchè venendo Ciamonte 
con r esercito ad alloggiare a Minerbio , distante tre 
miglia da Lignago , e avendo mandati innanzi alcuni 
cavalU e fanti dei suoi, scontrarono al passare dell' 
ultimo ramo j)ropinquo a mezzo miglio a Lignago, i 
fanti, che stavano a guardia di Porto, usciti per vie- 
tare loro il passare. Ma i fanti Guasconi e Spagnuoti 
entrati ferocemente .nelF acqua insino al petto, gli urta- 
rono, e poi gli seguitarono con tale impeto, che alla 
mescolata insieme con loro entrarono in Porto, salva- 
tasi piccola parte di quei fanti ; perchè alcuni ne furono 
sunmazzati nel combattere, e la più parte degli altri, 
studiando di ritirarsi in Lignago, era annegata nel 
passare F Adice. Per il quale successo Giamcmte, mutato 
il disegno di alloggiare a Minerbio, alloggiò la sera 
istessa in Porto , e fatte cokidurre le artiglierie grosse 
soUo l'acqua (le quali il fondo del terreno reggeva), 
la notte medesima fece serrare dai guastatori la tagliata 
del fiume; e, conoscendo che dalla parte di Porto. era 
Lignago inespugnabile per la larghezza del fiume sì 
grosso, che con difficultà si poteva battere da quella 
parte, benché tra Lignago e Porto, per essere in fra 
gli argini, non sia sì grosso come di sotto, comandò si 
gettasse il ponte per passare dalla parte di là le arti- 



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]5a LIBRO VOBO. 

glierie, e la maggior parte dell'esercito. Ma trovato, 
che le barche condotte da lui non erano pari alla lar-* 
ghezza del fiume, fermato T esercito appresso al fiume 
ali* opposi to di Lignago, e di la dall' Adice, fece passare 
in sulle barche il capitano Molardo con quattromila 
&nti Guasconi, e con sei pezzi di artiglieria ;Jà quale 
passato, sì cominciò dall' una parte e l'altra del fiume 
a percuotere il bastione fatto in sull' argine alla punta 
della ten*a dalla banda di sopra. Ed essendone già 
abbattuta una parte, ancora che quegli di dentro non 
omettessero di riparare $oHecitamente, la notte seguente 
il ' provvcdhore Veneziano avendo maggiore timore 
delle offese degli inimici, che speranza nella difesa dei 
suoi, si ritirò improvvisamente con alcuni gentiluomini 
Veneziani nella rocca. La ritirata del quale intesasi 
come fu giorno , il capitano dei «fanti , che era nel 
bastione, si arrendè a Molardo, salvo l'avere e le per- 
sone; e nondimeno uscitone, fu con i fanti sralagiato 
da quegli del campo. Preso il bastione, fu da Molardo 
saccheggiata la teri^; e i fanti, che erano a guardia di 
un bastione fabbricato in sull'altra punta della terra, 
se ne fuggirono per quei paludi , lasciate le armi ali ' 
entrare delle acque. E così per viltà di quegli che vi 
erano dentrp, riuscì più facile e più presto, che non 
si era stimato, l'acquisto di Lignago. Né fece maggiore 
resistenza il castello, che avesse fatto la terra; perchè 
essendo il giorno seguente levate con l' artiglieria le 
difese, e cominciato a tagliare da basso con i pteooni 
un cantone di un torrione con intenzione di dargli 

' Fo qqesto provveditore dei Venesiani in Lignago Garlq Marino, copie ' 
sorivono ^ Bembo, il Mocenigo, e il Giustitùanò. Il Giovio nella vita d'Al- 
fonso nomina di pin Paolo Gontarìno. 



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CAPITOLO S£COI^00. l5lQ. l53 

poi fuoco 9 ^i arrenderono con patto , die rimanendo 
i gentiluomini Venesaani in potestà di Giamonte, i 
soklati, lasciate le armi, se ne andassero salvi in giub- 
berne. 

Mescolò la fortuna nella vittoria con amaro fiele 
l'allegrezza di Ciamonte; perchè quivi ebbe avviso 
della morte ' del cardinale di Roano suo sio , per la 
somma autorità del quale appresso al re di Frtmoia, 
esaltato a grandissime ricchezze ed onori, sperava con- 
tinuamente cose maggiori, (n làgnago , per essere i 
Tedeschi impotenti a mettervi g^ite, lasqiò Giamonle 
a guardia cento lance e mille fanti; e avendo dipoi 
beenziato i fanti Grigioni e i Vallea, si propalava per 
ritornare col rimanente dell' esercito nel ducato di 
Milano, per comandamento del re, inclinato a non 
continuare piìi in tanta spesa , dalla quale, per non cor* 
rispondere alle delibeiizioni prima fatte le provvisioni 
dalla parte di Cesare , non risultava effetto alcuno im- 
portante. Ma gli comandò poi il re, che ancora sopra* 
sedesse per tutto giugno , perchè Cesare venuto ft 
Spruch pieno di difficidtà, secondo il solito, ma piena 
di disegni e di speranze, faceva instanza non si partisse, 
promettendo di passare d'ora in ora in Italia. 

Nel qual tempo desiderando i Tedeschi di riwpe- 
rare Marostioo , Cittadella , Basciano ed altre terre cir^ 
costanti, per fare più facile a Cesare il venire da quella 
parte, Ciamonte si fermò con T ^ercito a Lun^ara in 
sul fiume del Bacchìgltone, per impedire alle genti dei 
Veneziani Y entrare in Vicenza rimasta con poca gitaf^ 

/• 

' DeUa morte del cardinale di Roano scrive il Bembo , che papa Ginlio 
senti m0ltM M$gve4^t U <)«>}« fgli scoperat all' aBU»aaciator< Vencsiano. 
lì Buonaccorsi dìot t che ei morì ai a5 di magfìo i5io» 



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l54 LIBRO NONO. 

dia, e similmeate l'opporsi ai Tedeschi. Ma inteso quivi 
le genti Veneziane essersi ' ritirate in Padova , con- 
giunti seco di nuovo i Tedeschi, vennero alle Torri- 
celle in sulla strada maestra, che va da Vicenza a Pa- 
dova : onde lasciata Padova a mano destra, si condus- 
sero a Cittadella con non piccola incomodità di vet- 
tovaglie, impedite dai cavalli leggieri che erano in 
Padova, e molto più da quegli che erano a Monselice. 
Arrendessi Cittadella senza contrasto ; e il medesimo 
fece poi Marostico, Basciano e le a}tre terre circostanti, 
abbandonate dalle genti Veneziane : però spedite le 
cose da quella parte, gli eserciti ritornati alle Torri - 
celle , lasciato Padova in sulla destila , e girando alla 
sinistra versò la montagna , si fermarono sulla Brènta 
a canto alla montagna a dieci miglia di Vicenza; con-* 
dottisi il quel luogo, perchè i Tedeschi desideravano 
di occupare la Scala , passo o|i^ortutto per le genti , 
che avevano a venire di Germania, e che solo di tutte 
le terre da Trevigi insino a Vicenza rimaneva in mano 
dei Veneziani. Dal quale alloggiamento partito il prin- 
cipe di Anault con i Tedeschi , e con cento lance Fran- 
zesi , si dirizzò alla Scala lontana venticinque miglia ; 
ma non potendo passare innanzi , perchèi villani, pieni 
d'incredibile affezione verso i Veneziani, e tanto, che 
fatti prigioni eleggevano piuttosto di morire che di Hn- 
negare, o bestemmiare il nome loro, avevano occupato 
molti passi nella montagna , ottenuto per accordo Cs^s- 
telnuovo, passo medesimamente della montagna, se 
ne ritornò all'alloggiamento della Brenta, avendo man- 
dato molti fanti per altra via verso la Scala. I quali, 

' Si ritirarono le genti Venexiane in Padora ai aS di giugno di ^esto 
anno i5io, come dice il Bembo» 



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CAPITQJiO SEGO170O. — l5lO. 1 55 

secondo F ordine avuto da luì, schifando la via di Ba- 
sciano, per sfuggire il * Govolo, passo fòrte in quelle 
montagne, girarono più basso per il cammino di Fel- 
tro, e trovato in Feltro pochissima gente, e saccheg- 
giatolo e abbruciatolo , si condussero al passo 'della 
Scala , il quale insieme con quello del Covolo trovarono 
abbandonato da ciascuno. * 

Ne erano in questo teiiipo minori rovine nel paese 
del Friuli ; perchè assaltato ora dai Veneziani , ora dai 
Tedeschi ; ora difeso , ora predato dai gentiluomini 
^1 paese; e facendosi ora innanzi questi, ora ritiran- 
dosi quegli,. secondrcla occasione, non si sentiva per 
tutto altro che morti, sacchi ed incendj, accadendo 
spesso , che un luogo medesimo saccheggiato prima da 
una parte, fosse poi saccheggiato ed abbruciato dair 
altra; e, da pochissimi luoghi che erano forti in fuora, 
sottoposto tutto il resto a questa miseralnle distru- 
zione. Le quali cose non avendo avuto in se fatto al- 
cuno memorabile , sarebbe superfluo raccontare parti* 
colarmente , e fastidioso ad intendere , tante varie ri^ 
voluzioni , le quali non partorivano effetto alcuno ^alla 
somma ed importanza della guerra. 

Ma approssimandosi il tempo determinato alla par- 
tita deU' esercito Franzese , fu di nuovo convenuto tra 
Cesare e il re di Francia , che l' esercito suo ^prase- 

* Andando da Padova a Trento vedesi nelle montagne il Covolo, che è 
nn Inogo fortkaùno non ao se per natura, o per arte, e dicono alcuni, 
che non vi ai pnò salire altramente, né scenderne, che col mezzo di nna 
corda grossa tirata da nn arganello , in che si vede , che errano coloro , i 
qnali vogliono , che questo sìa il covolo di Cnstoggia , perciocché a quello 
ti va comodamente , e sono alcune cave, o grotte sotto nn monte, onde 
erano cavate le pietre per gli edifizj, come ho detto poco avanti, le quali 
ottimamente sono descritte da Gio, Giorgio Trissino Vicentino, in nna som 
lettera scritta a F. Leandro A^>erti. 



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;i56 : LIBRO HONO. 

desse per tutto il mese seguente, ma che le spese stra- 
ordinarie ^ cioè quelle efae .conrono oltre al pagamento 
deUe genti , le quali aveva in»no allora pagale il re , si 
pagassero par l'avvenire da Cesare y e similmente i fanti 
per il mese predetto ; ma , perchè Cesare non aveva 
danari, che fetto il calcolo quel che importassero 
queste spese, il re gli prestasse, computate quelle, in- 
smo in cinquantamila ducati; e che se Cesare non 
restituiva fra un anno prossimo questi, e gH altri cin* 
quantamila che gU erano stati prestati prima, il re 
avesse, insino ne fosse rimborsato, a tenere in mano 
Verona con tutto il suo territorio. Avute Ciamonte il 
comandamento dal re di soprasedere , roltò F anime 
alla espugnazione di Monselice ; e perciò subito che 
furono unite con i Tedeschi quattrocènto lance Spa^ 
g'nuole , guidate dal duca di Termini (le quali mandate 
dal re Cattolico in aiuto di Massimiliano, avevano, 
secondo le consuete arti loro, camminato tardissima- 
mente) gli eserciti (passato il fìinne delia Brenta, e 
dipoi alla villa della Purla, il fiume del Bacchigliene 
presso a cinque miglia di Padova) arrivarono a Mon- 
selice ; avendo in questo tempo patito molto nelle vet- 
tovaglie, e nei saccomanni, per le correrie dei cavalli, 
che erano in Padova e in Monselice; dai quali anche 
fu pre^ Sonzino Benzone da Crema , condottiere del 
re di Francia, che con pochi cavalli andava a rivedere 
le scorte; il quale, perchè era stato autore della ribel- 
lione di Crema , Andrea Gritti , ' avendo più in consi- 

' Dice il Bembo , che Sonciao Benzone fh dal Gritti fotto straogoUnre, e 
poi appiccare per i piedi come traditole, perciocché contai, avendo goduto 
la nobiltà Veneziana, ottenuta dai snoi maggiori, ed essendo provvisionatio 
dal dootinio come soldato caro, aveva poi in danno della repubblica 



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CAPITOLO SECONDO. — ì5lO. t5'J' 

()oi:dzione 1' essere suddito dei Veneziani che Y essere 
soldato degl' inimici, fece subito impiccare. 

Sorge nella terra di Monseiice, posta nella pianura, 
come tifi monte di sasso (dar quale è detta Monselice) 
che si distende molto in alto : nella sommità del. quale 
è una rocca, e per il dosso del monte, che tuttavia si 
ristringe, sono tre procinti di muraglia, il più basso 
dei quali abbraccia tanto spazio, che a difenderlo da 
esercito giusto sarebbero nec^ssarj due mila fanti* Ab- 
bandonarono gì' inimici subitamente la terra , nella 
quale alloggiati i Franzesi piantarono Tartiglieria con- 
tro il primo procinto ; con la quale essendosi battuto 
assai e da più lati , i fanti Spagnuoli e Guasconi comin- 
ciarono senza ordine ad accostarsi alla muraglia, ten- 
tando di dentro salire da mohe parti. Eranvi a guardia 
settecento fanti , i quali pensando fosse battaglia ordi- 
nata, né essendo sufficienti per il numero a potere 
resistere quando fossero assaltati da più luoghi, fatta 
leggiera difesa, cominciarono a ritirarsi, per delibe- 
razione fatta, secondo si crede, prima tra loro; ma lo 
fecero tanto disordinatamente, che gl'inimici (che erano 
già cominciati a entrare dentro scaramucciando con 
loro, e seguitandogli per la costa) entrarono seco 
mescolati negli 'altri due procinti, e dipoi insino nel 
castello delia fortezza. Dove essendo ammazzata la 
maggior parte di loro, gli altri ritiratisi neHa torre, e 
volendo arrendersi salve le persone, non erano accet- 
tati dai Tedeschi ; i quali dettero alla fine fuoco al 
mastio della torre, in modo che di seicento fanti con 
cinque conestabili , e principale di tutti Martino dat 

tradK/b Cr«ma, dove egli era stato mandato alla guardia , in roano (1e£ 
Franzesi. 



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i58 LIBRO iroirò. 

borgo a San Sepolcro di Toscana, se ne salvarono 
pochissimi, avendo ciascuno minore compassione della 
loro calamità ' per la viltà che avevano usata. Né si 
dimostrò minore la crudeltà Tedesca contro agli edifizj 
e alle mura; perchè non solo, pec non aver gente da 
guardarla , rovinarono la fortezza di Monselice , ma 
abbruciarono la terra. Dopo il qual giorno non fecero 
più questi eserciti cosa alcuna importante, eccetto che 
una correria di quattrocento lance Franzesi insino in 
sulle porte di Padova. ^ 

Parti in questo tempo' dal campo il duca di Ferrara y 
e con lui Ciattiglione , mandato da Giamonte con du- 
gento cinquanta lance per la custodia di Ferrara, dove 
era non piccola sospezione per la vicinità delle genti 
del pontefice. E nondimeno i Tedeschi stimolavano 
Ciamonte che , secondo che prima si era trattato tra 
loro , andasse a campo a Trevigi , dimostrando essere 
di piccola importanza le cose fatte con tanta spesa, se 
non si espugnava quq3ta città ; perchè di poter espu- 
gnar Padova non si aveva speranza alcuna; Ma in con- 
trario replicava Ciamonte, non essere passato Cesare 
contro ai Veneziani con quelle forze , che aveva pro- 
messe : quegli che erano congiunti seco essere ridotti 
a piccolo numero : in Trevigi essere molti soldati , la 
città munita con grandissima fortificazione : non si 
trovare più nel paese vettovaglie, ed essere molto dif- 
ficile il condurne di luoghi lontani al campo , per le 

* SI legge nell' istorici Veneziani , che la terra di Monselice non con viltà , 
ma con sommo ardire fb difesa dalle genti Veneziane, e che fu presa per 
esser pochi i difensori , ma che con tntto ciò vi morirono anco molti degli 
assalitori. Il Bembo di di questa impresa la prima lode -a mousig. della 
Palissa Franzese. Fa presa qnesU terra , secondo il Buonaccorsì, dall*e 
cito Franzese e Tedesco, ai 2 x di giugno iSio. 



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CAPITOLO SECONDO. l5lO. iSg 

assidue molestie dei cavalli leggieri , e degli Stradiotti 
dei Veneziani, i quali, avvisati per la diligenza dei vil- 
lani di Ogni piccolo loro movimento , ed essendo tanto 
numero, apparivano sempre dovunque potessero dan- 
neggiargli. Levò queste disputazioni nuovo comanda- 
mento venuto di lancia a Ciamonte , che lasciate 
quattrocento lance, e mille cinquecento fanti Spa- 
gttuoli pagati dal re in Compagnia dei Tedeschi , oltre a 
quegli che erano alla guardia di Lignago , ritornasse 
subito coir esercito nel ducato di Milano , perchè già 
per opera del pontefice si cominciavano a scoprire 
molte molestie e pericoli. Però Ciamonte, lasciato Persi ^ 
al governo di queste genti , seguitò il comandamento 
del re; e i Tedeschi, diffidando di poter fare più effetto 
alcuno importante, si fermarono a Lunigo. 

Aveva il pontefice propostosi nell'animo, e in questo 
fermato ostinatamente tutti i pensieri suoi, non solo 
di reintegrare la chiesa di molti stati , i quali preten- 
deva appartenersegli , ma oltre a questo di cacciare il 
re di Francia di tutto quello possedeva in Italia; mo- 
vendolo, o occulta ed antica inimicizia che avesse 
contro a lui ; o perchè il sospetto avuto tanti anni si 
fosse convertito in odio potentissimo; o la cupidità 
della gloria di essere stato, come diceva poi , liberatore 
d'Italia dai barbari. A questi. fini aveva assoluto dalle 
censure i Veneziani : a questi fini fatta la intelligenza, 
e stretta congiunzione con gli Svìzzeri; simulando di 
procedere a queste cose più per sicurtà sua, che per 
desiderio di offendere altri : a questi fini, non avendo 
potuto rimuovere il duca di Ferrara dalla divozione del 
re di Francia, aveva determinato di fare ogni opera 
per occupare quel ducato, pretendendo di muoversi 



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i6o LiBiia voifo. 

solamente per le dtiTerenze delle gabelle e dei saU. £ 
BondtmeiiOt per non manifestare totalmente, insino 
che vavesse le cose meglio preparate , i suoi pensieri ^ 
tratta¥a continuamente con Alberto Pio di concordarsi 
eoi re di Francia. Il quale , persuadendosi non avere 
seco altra differenza , che per causa della protezione 
del duca di Ferrara, e desideroso sopra modo di fug* 
gire la sua ' inimicizia, consentiva. di fare con lui nuove 
convenzioni , riferendosi ai capiudi di Gambrai , . nei 
quali si esprimeva che nessuno dei coanfederati potesse 
ingerirsi nelle cose appartenenti alla chiesa, e inseren* 
dovi tali parole e tah clausule, che al pontefice fosse 
lecito procedere contro al duca , quanto apparteneva 
alle particolarità dei sali e delle gabelle, ai quali fini 
solamente pensava il re distendersi i pensieri suoi, in« 
terpretrando talmente F obbligo, che areva della pro- 
tezione del duca, che e' paresse quasi potesse conve^ 
nire ih questo modo lecitamente. 

Ma quanto più il re si accostava alle dimande del 
pontefice, tanto più egli' si dìscostava; non lo pie* 
gando in parte alcuna la mc»*te suo^eduta del cardinale 
éà Roano, perchè a quegli, che, arguendo essere finito 
il sospetto, lo c<»afbrtavano alla pace, rispondeva, vi-> 
yes^e il medesimo re, e però durare il medesimo so^ 
spetto : allegando, in confermazione di queste parole, 

' Il desiderio che aveva il re di Francia di fuggir ì' inimicizia del papa, 
dice il ^m^,c1ie era aecrescimo dalle preci deUa regina Anna sna moglie^ 
Imona e santa d<Hina, ohe «ra gravida^ slimando ella dì non potere altsi- 
mente recare a boon fine il sno parto » se il re adoperava le armi tìontro 
al papa. 

* Tanto 8Ì discostava il papa dal re di Francia, che, come .scrive il 
Bembo, con romori, e con maledicenze in tntti i saoi ragionamenti, ogni 
l^iorno Io nrìn.icciava , e caricava di nota d* infamia , e di perfidia nei vicarj 
di Cristo, ^i qaair egli sr faceva- ^fen«ore, e propugnatore. 



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CAPITOLO S^GOir DO/ -— 1 5 1 o. l6 1 

sapersi dhe VaìSeorào &ttò;fiy oardinde di'Pafki èra 
stato violato dal fé per 'propria sua deliberazione ^^; 
coltro ail|^ volontà" e consigii%del chinale diJlMn^.^ 
Anzi 9 a 4hj tììx perspicaceniefl£& Considerò i progré^ 
suQJ, pfttrw se tie,atcte8<ìesserÒ»il^uo animo e le sp^ 
ranze, ne sen22f cagionip. Piercfaò^. essendo falMe qu% 
Illa del re, che aveva^più bisógno di essere. rètto, che 
e^fosse atto a re^er^, non è'^dnbbio cbe la iti^te di 
Hoailo inl^efa^lì molto le cose sue; '^nciossiachè ialuf, 
^ tre. alla tunga esperienza ^ fosse, nervo grande, e Va- 
lore,' e^nta autorità appres^ al re , the auasi non 
maiigi di^ostasse^^l consiglio suo. Qopde egli, con&* 
^ndo nella grani^zzasua, ardeva spesate j^olte risòlvere 
e daj e forma alle cose 'per se' stesso , condizibne , che 
non miUtati^o^in alcuno di quegli che suq^^etftrò nel 
governo ,'non'%r(fivano noi}^oho^del%e|are, ma né pur« , 
di parlare al Te ^i cose che gli fesselo, moleste; ne egli 
prestava 1^ medesima^Me èri consigli loro. Ed essendo ^ 
più perjdne,^ avendo rispetto ^T, uno all'altro, «è 
confidandosi hell* autorità ancóra nuova , procédfvano 
più lentamente e più freddamente, che non ricercava 
la importanza delle cose presènti, e che non sarebbe 
' stato necessai:io* contro all^ caldezza ifed impeto ifel 
pontefice. Il f{}lale , ' non accettando niuno «dei j^arjbtti 
proposti daf,re, lo ricercò alla fine ^ertamente' che 
rinuDziasse n^n coii condizione ^ o lìmitazioi^e , itia 
sempiibémefité ed assolutamente s^ìk protezione pressa 
del du(?h di Ferrarst. E cercando jl ce 'di persuadefgli 
ess^gU di' troppa infamia uéa tale rinullziazione^ r^-i* 

' ' Tocca questo Inedcaiipp^G/!). Battista òiraldt in 'quel ano conamen- 
urEo, che ti fa delle cose àk Ferrara, dove -tratta del duca Alfonso, di- 
cendo clie papa 6ìa{io fa le\Kto da ogni onèsta eo^dìzioi^ dal sig. Alberto 
daparpi , ^p V anllba joimlstà , che egli aveva col'daca Alfonso. 
III. II 



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*l(fek^ LlBftO ROIVO. 

" p^Jle ut uMiào (^e.,.poieIi@kìt re ricusava di rflìunzì^ 

;SQm^idèiiiente,noir doleva &)iivenìfe seco, i\è anche 
essergli opposi tl^ ipa , ^nservandosi liberg 4a ogpi 
q^bligaziorìe con ci^déf^o, attenderebbe a «guardare 
(jtiietànieiite I0 staro dilla cUe^^: lanusntàirilòsi p\h 
Cj^e mai -del dticà dt^Ferrara ,xe]|ie , confortato da amici 
suoi ^'$o|)casedère^ di .fai^ ijlsale, aveva risppstd noìi 
potere seguitale questo consiglio pernon pregiudi^t^e 
alle Ragioni delF imperio . al quale' appai^ne^a irdo- 
mitìio diretto* di Comaccniq. .^ >^ . ^ 

Ma fu, -1^1 tre a questi^^, dubitazione ed opi^orìe di- 

.niolti, la* quale in prb^esso di tempo si aii^umentò, 
che Alberto I^^ aimbasdiatpre del r^i^rancia,* noti' 
^ocedencio sinceramente * nèl^à stia "legazione ,' a^tén - 
dess^ a*feòiq;ifare il pontefice coltro al %rca (H Ferrara , 

; movendolo il desiderio aid^ntissimo^nH qualcr conti- 
nuò insinò alla mdfte, clie^Alfonsò fos^^e spogliato del 
ducato di Ferrara;; Perchè^, ^endo BSrcole . padre di 
Alfonso,' ricevufi^ ndto molti' arini avau^ da pilberto 
Piò'^tó Aefà del damitìib ffi Carpi, datogli iù ricom- 
pensò il cjyello di Sassìiqlo coti alcune altre^ terre , 
dubitava Jdb^rtcf di noìi avere, come b^gna sgesso 
che' il vicino m§ncd ptìteiy:e^ceda allsTct^iidità del più • 
potente, a-òedergU alla>fine l'altra metà^^che apparte- 
neva a se. Ma qpuéì che di questo sia la verità , il pon- 
tefice'', dimpstran^dft segni-.-^piu implacabili contro ad 

. Alfonso, ed avendo^^ in animo di muòvere lefarmi, 
«i preparava dì procedergli con^o Qpn Ife tìfesure^ 
«^^endendo dtf^gjwtificarel fondaménti; e^pécidmeiìtó 
avemib tfovalb-^^econdè dice«v^ nelle '««cri t?lire della 
camera:;.^,ostoCca la "Investitura |atta dai)|)ontefiQi alla 
Cjjisa di]^j;3ti*della' term di X}o«)^cchio/ v. . ^ 



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t CAPITOLO SMÓNBO. l5fO. k63 

.» Qi^afitì eralio^iaiesilSmeute gK andayient^del p^nte-- 
fioe;-ma occultamenfefk trattava dì cominciale n&avì^ 
m^nti inolttf iiMiggioiÌ4. parendogli avere andato. le 
CQ^ sue con Y ainicizia|degIi^Svi^er^^ con T'es^rc^ in 
pieide i Yeae^saii, ed ubbidienti %i ci^n||i ^uoi ; «vi^dere 

M^ hiclìnatb ai niedesimì» fini , o almeno no^ congiunto 
coi re di JJ^ncia'sinceram^e il re d'Aragona ;^l|eboli 
in tìk>dòjpe fo]rze«is' Faùt^ìtà ^i Cesare ,^c;Ji€t non* ^i 
ékfa, cos^ d\ temeiff^ i, ne ^sseudcf senza sperailz^ di 
pì^ffer concitare il re ^' i^Ughil terra.' Ma. sópA tu/tò^ gli 
déefé9ce\a^ l'^mimo' quello che*OTrebbe^dovuta*mitì-^ 
gadrld, ^q^il'conosoa:e ebe il re<]i Frandia, aborventQ 

' d|]^fare la guetfracon la* chiesa, desid^rtvt^ sommamente 
Ia^ace,4n modo che ^U paseva^ che sepnpre '^dòvfsse "^ 

, essere in potestà sua il'fijfe^dtinapiKlia'^ébQ^ eziandio 
poiichè gji Ivesse mosso* ipoiltrrf he armisPer«Ie quali 
cose diveqjtandp ogni dì più insolente, if-n^ltipU^ltfdo 
scopertainente. nelle querele* e Qelle minacce contro^ al 
^e df Francia, e contro al duca d^ Ferrara^ rjcusò iliflì 
déllrf festività diX*Pi«Bo , nel qllal dì, secoìido l'anGioi^ . 
tisanza,. si 'offeriscono i censi dovuti aUa sedia aposto* 

*-liea, accettare il ceì^o del4ùca di' Ferrara; allegando, 
. che \^a oonbeflsione di Alessaqd^o YI,*>c^e itel matri- 
monió "" della f figliuola »^veva ^ quattromila fucati 
fiotto a gentò, hcm èra valica in pregiudizio di <][uella 
ftdia; £ nel dì medesiipo, av^dp prima negato. licenza 
di ri|oraarsene in Frància iA cis^dinalé. di Aps .ed ag)i 
altri cardinali Frànzesi, intéso che .quello di Àiis-éra 

^' . ' QncttU SpBoesfl^one di ^pa Aleasaiidro* VI al daca AUbn^ ib quando 
gli maVitò raiij^ama Lilcrezvii Borgia siia figli aola,,^ essendo. Alfion^ rimasto 
▼edoyd ddla prlm^ mogKe, che fu figliaola di qael Qaleaszo Sforma, che 
dai conginrAti fa amihasBtato ii| chiesa. , 



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l64 LIBRO KOfcO. 

uscitp con reti f dbn cani m campag«ia , aT6ndo so^ 
petto vano che occifltain^rfte non si partisse, iftiattcUtò 
precipitosamente a pigliarlo,* lo ritenne' prigione in 
cartel Satit'ArigcJo. Così ^^ già %copret|dosi in manifesta 
condendone ^ol re di Fiducia, e però costretto tanto 
pili a fare fem^amenti maggiori 5 concedette al*^re Cà- + 
U)lic<^la investitura det régno di Napoli cfil'celiso me- 
(|esitno,,c^ìluale ravevafiq^'fctttenutt 1 ?e\l^ragona^ 
avehdo prima nega'to it cancedei^, se non col cctiSo 
di quarantottomita ducati , dfc^ quale l' aveva^ie ofte- 
nuta i re Franzesi,, seguitando ^il pontefice iir'miesta 
concessione faon tanto la obbligazione, la ^iwie, se- 
condo il constteW delle ai^tiche invastitui'e , eli fece 
qu^'re, di tepef cia^ui» anno per difesa dello stato 
(fella plìlesa qualunque* volta ^e fostò ricerc^o , tre » 
cento ttòraini^^arme/cnian'to il farselo benevolo, e la 
spéf^'SE^^ V^e*'tjuefiiti'aiuti fj^tessero in* qualche occa- 
sione Q6ser cUgiotie di QpndQrlo ad inimicizia aperta col 
re di Francia, della quale erano già Sparsi i.semi. Per- - 
jcliè.il ré Catto^co ijpis^petti tordella grandezza del re 
di Francia, e ingelosito della sua aq^Wrione^, j)t)ichè 
non contento ai termini della lega di Cambrai cercava* 
dì tirare sotto *i^ dominio ^uo la città di Verona, mosso . ^ 
ancora dall' antica emiflazione^^esidei^vt non^ medio- 
cremente che qualche impedimento 'si opponesse, alle 
cose sue '^e perciò non cessava di confortare la concordia 
tiui Cesarejs i YenezìaifllncJto desiderata dal pontefice.. 
Nelle quah eo$^, benché occdtislima mente proce- 
desse, non era'possibileche del 4;utta si ddprissero i . 
p^gRSÌeri suoi. Onde essendo surta Iq Sicilia Ja^ sua ar-^ 
mata desflnata-ad * assaltare l' isola delle Gerhe (p questa 

' Assaltò r ^rm^ta dei re t^aUolico qtt«st* BBdQ x5io T isola delle Gerbe , 



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, CAPiToiJb s^coNÌk). — i5io. 1^5 

appresso ai làtjni Ia*Sirte maggiore) , faceva soepetto^ 
re, e, mettjj^a ^aegli afeiip. ^egti uomini cwisci dell' 
a^ziasua diyerse i9[ubitazicfei-;,^a cdmiaciarono al re 
di J'rarifeiSll^olestieònde itianco pensala, edjn'tenip^ 
che noik parava che alcun movimento dì arme ponesse 
esserp prepar|lto cóntro a se- ^erUiè il pcmttfìce , pro- 
cedendo con grandissimo segreto , trattava che in jun- 
tempo medesimo fosse assàltataJJGenoìÉa per*terra é 
per mare :'c^ nel difcato di Milano scendessero do(Ji- 
cimi^Svizzeri : che i Veneziani unit^ tutte le forze loro 
6Ì^ movessero per ricuperar^ le terre > che si t^enevano' 
p&r Celare; e che l'esercito suo entrasse nel territoftio 
di Ferrara, con intenzione di farlo dipoi passare nel 
ducato di Milano ,^^ agli Svizzeri cominciassero a sue* 
cedere le cose felicemente : sperando , phe Genova assal- 
tata all'improvviso avesse facilmente a far mufaapianct 
per Ja volontà di molti avversa all' impera, dei Fran- 
zfesi, e perchè si solleverebbe la parte Fregosa, pro^ 
cedendosi sotto nom? di fer doge Ottaviano, il padre e 
il zio del quale arano stati nella médesimafdignità ; che 
i Franzesi^ ^pftvéntati per il movimento ^i Genova, e 
ass^tajLi dai Svizzeri, ri vacherebbero nel ducato di^Mir 
lano tutte le g^nti, clte avevano in aiuto di* Cesare e 
del tiuca di Ferrara ^ onde i Veneziihi facihneilte ricu-' 
pererebbero Verona, e ricuperatala procederebbero 
contro al ducato dì Milano i, il medesimo farebbero le 
genti sue , ottenmta facilmente , come spedava , Ferrara 
abbandonata'ds^gli aiuti deiFranzesi; talmentechè non 

avendo prima ottenuto Tripoli di Barberla; mn mancando ai*«o1dati l'ac-^ 
qna , e andando per buscarne , diedero in xìna imboscata di Mori , pnde 
TÌ fiiron tagliati a pezzi quattromìfo Cràtiani , insienie con don Garzia 
figUsolo del ékiéa d^Atva, nomo di grande stima. Ciò ^rive il v^eova 
di Nebio. . *, 



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l6B ^. LIBRO JfdMo. ' • 

potrebbe diffondersi contro tanti inimici ^ é aa . una 
guerra^ tanto repenti^Jj lo stato di Mila^o.^r t ' 

Co||iinciò* in un'ten]{)o ihiBc^siitnò la gj^èira céntrQ. a 
Ferrai^a, ecóStro a Genova; pe^cRè, coi^tutfò.che il 
duc# di Ferrara, conCrb ai quale pro(^edeira per accele- 
rare resefctt^ópe come i^otttro a noloricydeti^qiK^nté, 
gli offerisse di dargli i &ali fatti a Qom^cchio, e obbli- 
garsi che ndnjp^i se ne*Wor^g;se in futurd, licenziati di 
corte i si^oi oratori, mòsse le genti ^onXro a lui. Le 
quali C9n la denunzia solq^mente dr-un trombetto 4Ktten- 
ne^o, yion le difendendo Alfohsp, ' Gentp eja Pievp, J^ 
quali «^castella appartenènti prima al vescovado di Bo- 
logna , eràiio state d^ Alessandro nel matrimonio della 
figliuola applicate àHucatodi Ferrib;^, data ricompensa 
a quti vescovado^ di altre entrate. Contro a Qenova an- 
daiibno undici galee sottilr^ dei Veneziani, delle quali 
èra capitanò Gsilio Gontareno, e una di quelle del pon- 
tefice , in sulle quali erano Ottaviano Fregoso , ' Giero-- 
nimo Doria, e molti altri fuorusciti : e nel tempo n;).ede- 
simo per terra«Marcantònib Colonna, cpn cento uomini 
d'arme e se)f ecento fanti; il quale partitosi, dp^li sti- 
j>éndj dei Fiorentini* e' soldato dal poiftefice , si j^ra 
fermlato' nel territorio di Lucca sótto nome» di fkre la 
compagnia, spargendo voce di avere poi a passare a 
Bologna. La stanza de| quale, ^benché avesse dato a 

Ciamohte qualche sospetto delle cose di Genova, non* 

> ^ . - * - ; 

' Per rùpetto «di i^ènto , e della Pieve , che Alfonso non avew volato 
réstitnire ali* arcivescOJ^o di 'Bologna , di cjp. erano anticamente , dice il 
Gioyio, che il papa scomonicò Alfonso, aggiagnendt>vi ancora altre calnn- 
pie, che da thi sono raccontate-iieUa vita ^i esso. 

* Girolamo Doria , sì legge negli annali del vesqoyj^ di J^ebio , che non 
venne altrìmente stili* armata .del {^apa, ma che^^a in Genova, e andò 
poi • insieme coli t^ictìoìò Melr istessa famiglia ^ trovar Marcantomo*»Co- 
lonoa , OttavlaYio , e Giano Fregosii '*" ' . • " 



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CAPITOLO SECONDO. -=- jBw* ì6rj 

dimeno non spendo do^r ye^ii^e^l anpat^,^«e6sejadot^ 
astutamente per 9peravdel {^niSficè^dìvalgato che le 
preparazióni permugiversi, bbé^'g^ facevano iSvizzecìi 
e il ysoprasedere diM^c^tonio fossero par asolare 
air improvviso Ferraja-^flon ^vevà ^i^ojjjté fatto a%a 
provvisione a Genova , cbe di^mandarvrpo^hi fésAì. ^ 

Accostóssi M(|rcantt)nio con 1^ sue genti iii yfX ai Bi-^ 
sagna un miglio jjres^ alle mura di Ge^ya, con tuttp 
non fosse^stato ricevuto^ compii ponteRcè^si eretperr 
stiaso , né in Serezd^ana , oè/nella J^rra ' della ^ezie : e 
n^ tempo ^ed^sitno 1' arenata A mare.^ cj[ìé a^^a 06- 
cupatp Sestri ^ e Chiavari, era ^^lita tìa Rapfille*all| 
foce del fiilgie Ent^lo , cbe entnR in maife appresso al 
porto di Geitova. Nella qual cittjà, al primo rumore dell' 
appropinqigarsi degV inimici , era eptra^o in favore del 
re di Francia con ottocento uomini del paese, il fìgliuafo 
di. Giani ui^ Sai Fiesco, « con nuna«ro non minore un 
nipote del cardinal del F^gple ; l)er i quatf presidj es-^ 
sendo confermata la città^ ijon vi sVfece dentrp movi-v 
mento alcuno. Onde jpessata la speranza principale flei 
fuorusciti e del pontefice , e sopra^ifienendovi tuttavia 
gente di Loìnbardia , e d^Ila riviera di ponete ^ ed 
essendo entrato nel porto Preianpi^ con ' gei galee 
grosse ; parve senza frutto , e non senza pericolo irdi- 
morarvi più, in modo^che, e Y armata di mare, e ^1 
Colonna per terra si ritirarono a Rapalle, tentato nel -ri^ 
. tc^rno di occupare Portofino , dove fu morto Francesco 

' Questo terra della Spezie, dicf il vescovo di Nebio , che fa trovata 
vuota di difensori, e però fa occupata d^le genti del papa. Il Mocenigo 
scrìve che^ pre^a a patti. >v ' 

*-01ti:e le sei galee del re aveva Prelanni an galeone, e ana nave di fra 
Bernardino corsale famoso; qiìattro altri galeoni, due' altre navi grosse, e 
alquanti brigantini. Vescovo di Nebio, 



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l68 ,, ^ LIBRO iToiro, 

BoHànó ^.padroHe di una ^^^al^ dei Veneziani. E parten- 
dosi dipoi r amyrta Jper ritirarsi a Civitavecchia, Utar- 
cantonio Colonnff, iipn confidando di potete condursi 
salvif p*er tcrr^ pèrche ei^>ollevalo tatto il paese, 
ard&nle^ secondo la usanza dei villani ,cc<tnjtrd ai sol* 
dati y'^qmando disfa vorevolmeate si ritirano , montato in 
sulle galee con sessanta cavalli^ei migliònV rimandò 
gli altri per ferra alla Spezie, i q^i^li fproBiO la maggiore 
pdl^te in ()uel di Genova , dipoi in qu^ di Lucca , e nei 
confim dei. Fiorentini, svaligiati. Passa questo assalto 
con pi<acola l^ude di Grillo e di Ottaviano ; perchè per tir 
mote si ^stenrfero d^n vestire T armata di^Preianni, alla 
quale essendo supelrori, si credette, che, /innanzi^ che. 
entrasse nel porto, Taverebbero con vantaggio grande 
assaltata; Usci del porto di Genova, /)opo la partita 
loro , il Preianni con sette galee , e.^ua£tro navi , segui- 
tando rannata Veneziana, la,quale supefioré di^aleé, 
èra inferiore di numero diLnavì. Toccò Tuna e Y altra 
all'isola del!' Elba,* la Veneziana in porto Lungone^ la 
Franzese in porto Ferrato; e dipoi l' armata Fraaze^e, 
iposteggiata la inimica insino al monte ^^rgentaro , si 
ritornò»a Genova. 

Erano in questo tempo le genti del pontefice sotto il 
dudk di Urbino entrate contro al duca' diFerrara in Ro- 
magna ; dove , avendo preso la^terra di Lugo , Bagnaca- 
vallo, e tutto quello che il duca teneva di qua dal Po, 
erano a campo alia rocca di Lugo. Alla quale , mentre 
che stanno don poca diligenza e poco oiyiine, sograv- 
venendo avviso che il, duca di Ferrara con le genti 
Franzesi, e cgn cento oinquanlia uomini di arme dei 
suoi, e con molti cavalli leggieri, veniva per soccor- 
rerla ; il duca di Urbino , levatosi subitamente , e lasciate 



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e A.PITOLO SECONDO. l5lO. 169 

in preda 9gr inimici tre bocche di aiutigliene, si ritirò 
ad Imola; e Alfonso con qiiesta occasione ricuperò 
flutto quello che in Romagna gli era stato occupato. Ma 
riméssosi in ordine, e ingrossato 3i nuovo il campo ec- 
clesiastico ,TÌpigliò facilmente le terre medesime ;.e paco 
dipi)! pigliò la Focca di Lugo-, dopo averla battuta molti 
giorni : )a quale espugnata, si presentò loro occasione 
di tógyggiore successo. Perchè-, non essendo in Modana 
presidio alcuno ,' non avendo il duca^ occupato nella 
difesa delle altre cose, ove il pericolo era più propin- 
quo, potuto provvedervi da se stesso, né ottenere da 
Ciamoate che vi mandasse dugento lance, il cardinale 
di^Pavia passato con Y esercito a Castelfranco , ottenne 
subitamei^te d' accordo quella città , invitato ad andarvi 
daP* Gherardo e Francesco Maria Rangoni , gentiluo- 
mini Modauesi, di tale autorità', che ne potevano, mas- 
simamente Gherardo , disporre ad arbitrio loro , i quali 
si mossero, secondo si credeva, più per ambizione e 
per cupidità di cosq nuove , che per altra cagione. Per- 
duta Modana, il duca, temendo che Reggio non faces3e 
il medesimo , vi messe gente ; e Ciariionte , facetìdo dopa 
il danno ricevuto quel 'che più utilmente avrebbe fatto 
da principio, vi mandò dugento lance; contuttoché 
già fosse occupato per il movimento de' Svizzeri. 

Era molti mesi prima finita la confederazione tra i 
Svizzeri e il re di Francia ; avendo il re perseverato 
nella sentenza di non accrescere? loro le ' pensioni , ben*- 
che contro il consìglio di tutti i suoi, i quali gli ricor- 

' It Giovtio dice , che Gherardo Rangoni fece torre al duca AlUmto Mo* 
dan» e Reggio. , . 

' Le pensioni, ebe pagava il re di Francia agli Svizzeri-, cominciate fino 
sotto Lodovico XI , erano di 68 mila franoM Panno , il che Ila detto questo 
autore al principio di qaesto medesimo Lib. IX. 



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170 LIBRO NONO. 

davano considerasse di quanta inlportanza fosse it farsi 
inimiche qaelle armi, con le quali pritoa-aveva^spa-;^ 
ventalo ciascuno: e per^ò cèsi sollevati daU' autorità e- 
promesse del pontefice, instigati dal véscpvo di. Sion,. 
e accendendogli soprattutto \o sdegno, per le diinande 
negateVpontro al re, avevano con consentimento grahde 
della molti tudiine , in una dieta tenuta a Lacerna, de- 
liberato di muoversi 'contro a lui. Il movimento dei 
quali avendo presentito Giamonte , aveva posto guardi^ 
ai passi vei*so Como, rimosso del lago tutte le barche^ 
ritirato le vettovaglie ai luoghi sicuri ^ e levato i ferra- 
menti dei molini. Ed incerto se i Svizzeri volessero 
scendere nello stato di Milano, ò calato il monte, di 
San Bernardo entrare per Val ài Augusta nel Piemonte, 
per andare a Savona con intenzione di i&olestàre le 
cose di Genova^ o di condursi di quivi , passato T Ap- 
pennino, contro al duca di Ferrara, aveva indotto il 
duca di Savoia a. negare loro il passo; e per potergli 
impedire, mandato di consentimento suo a Ivrea cinque- 
cento lance; non cessando però in questo* mezzo di 
fare ogni opera per corrompere con doni è cpn pro- 
messe i principi dèlia nazione per divertirgli da questo 
moto. Ma questo vanamente si tentava ; tanto odio ave- 
vano, è tanto erano concitati , massimamente là molti- 
tudiivs, contro al nome del re di F^rancia! Talmen* 
teche , riputando la causa quasi propria, non ostante 
le difHcultà , che . aveva il- pontefice di mandare loro 
danari, perchè i Fuccheri mercatanti Tedeschi, che 
avevano prima promesso di pagargli , avevano poi ricu- 
sato, per non offendere l'animo del re dei Romani, st 
mossero 'al principio di settembre seimila di loro sol- 

' Cioè ai 6 di settembre i5io, come dice il Buonaccorsu 



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COLPITOLO SÈCpNDO. l5lO. I^I 

dat^.dal pontefice, tra i quali erano quattrocento 
cavalli, la * metà scoppiettieri,^ duemila cinquecento 
fanti coti g)i- scoppietti , e cinquanta con gli archibusi, 
senz* artìglierià , senza provvedimento o di ponti, o di 
navi:' e voltatisi al cammino di Bellinzcme, e pre^o il 
pònt« della Tresa, abbandonato da seicento fanti dei 
Fi;anzfesi che vi erano alla guardia , si fermaroijo a Va-' 
rese, per aspettare, secondo pubblicavano, il vescovo 
di Sion con nuove genti. 

Turbava npi'olto questa cosa T animo dei Franzesi, e 
per il terrore ordinàrio che avevano de' Svizzeri , fi più 
particolarmente , perchè allora era piccolo numero di 
gente d'arme a Milano, essendone distribuita una parte 
alla guardia di Brescia, Lignago , Taleggio e Peschiera; 
trecento lance?* ^ano andate in aiuto al^duca di Fer- 
rara; cinquecento congiunte con l'esercito Tedesco 
contro ai Veneziani. Nondimeno Giamonte , ristrette le 
forze sue, venne con cinquecento lance e quattromila 
fanti nel piano di Castiglione, distante da Varese due 
miglia, avendo mandato nel monte di Brianza Giania- 
copo da Triulzi , acciocché non tanto con la gente che 
menò seco , che fu piccola quantità, quantQ col favore 
degli uomini del paese si sforzasse d'impedire, che i 
Svizzeri non facessero quel cammino : i quali subito 
che arrivarono a Varese avevano mandato a dimandare 
il ^asso a Giamonte, dicendo volere andare in servizio 
della chiesa. E perciò si dubitava che, o per il ducato 
di Milàfio volessero passare a Ferrara , per il quale cam- 
mino , oltre alle opposizioni delle genti Franzesi , avreb- 
bero avuto la difficultà di passare i fiumi del Po e dell' 

' £ dnemila fanti vi aggiogne il Buonaccorsi , siccome anche alle 5oo 
lanee lasciate contro ai Veneziani aggiunge x5oo fanti. 



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173 LIBRÒ NOUPO. 

Oglio y o che , volgendosi a man sinistra , gira^sera per 
le colline sotto Como , e dipoi sotto Leccò per ' passare 
Adda in quei luoghi, dove è stretto , e poco corrente, 
e che dipoi per le colline del Bergamasco e del Bres- 
ciano, passatb il fiume dell' Oglio, scendessero o per il 
Bresciano, o per laGhiaradadda, nel Mantovano, paese 
largo , e dove non si trovavano terre , o forze che gli 
potessero impedire. E in qualunque dì questi casi era 
la intenzione di Giamonte , ancora che scendessero nella 
pianura , tanta era la riputazione della ferocia e della 
ordinanza di quella nazione, di non gli assaltare; ma , 
uniti insieme i cavalli e i' fanti, e con molte artiglierie 
da campagna andargli costeggiando per impedire loro 
le vettovaglie, e difficultare, in quanto $i potesse fare 
senza tentar^.la fortuna, i passi dei fiumi: e in questo 
mezzo, avendo bene provveduti di cavalline di fanti i 
luoghi vicini a Varese, col fare nascere spesso, la not^q 
rumori vani , e costrignergli a dare alle armi, gli teneva 
infestati tutta la notte. 

A Varese, dove già si pativa molto di vettovaglie, 
si unirono di nuovo insieme con gli altri "* quattromila 
Svizzeri : dopo la venuta dei quali il quarto dì tutti si 
mossero verso Castiglione , e si voltarono, alla mano 
sinistra per le colline', caipminando sempre stretti, e 
in ordinanza con lento passo , essendo in ciascuna 
fila ottanta o cento di loro , e nelle ultime file tutti 
gli scoppiettieri e gli archibusieri. Col quale nK>do 
procedendo si difendevano valorosamente daU'^^sercito 

' Perdoechè il finme Acida in questi Inoghi è smembrato da molti ridotti 
ffsv le anguille , e però non difi&cile a essere' passato , come scrìve Tom- 
maso Porcacchi nel Lib. II della nobiltà della città di Como. 

' Venivano in tutto gli Svizzeri ^ secondo questo autore , a essere dieci- 
mila, ma il Mocenigo dice quattordicimila. 



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CAPITOLO SEGOJSDO. — l5lO. l'J^ 

Franzese; il quale gli andava continuamente costeg- 
giando, e scaramucciando alia fronte ed alle spalle; 
anzi uscivano spesso cento , o centocinquanta Svizzeri 
dello squadrone per andare a scaramucciare, andando,^ 
stando, e ritirandosi, senza che nascesse nella loro 
ordinanza un minimo disordine. Arrivarono con questo 
ordina il primo giorno al spasso del ponte di Vedan,. 
guardato dal capitano Molardo con i fanti Guasconi^ 
donde avendolo fatto ritirare con gli scoppietti , allog- 
giarono la notte' ad Appiano, distante otto miglia da 
Varese; e Ciamohte si fermò ad Assaron villa grossa 
versft il monte di finanza lontana sei miglia da Appiano. 
Il dì seguente si dirizzarono per le colline al cammino 
di Captii ; costeggiandogli pure Giamonte con dugento 
lance, perchè, per l'asprezza dei luoghi, le artiglierie, 
e alla guardia di quelle i. fanti , erano restati più al 
basso ; e nondiméno a mezzo '^l cammino , o per le 
molestie, come si. gloriava Giamonte, avute, il giorno 
dai Fraintesi, o perchè tale fosse stato il disegno 
loro , lasciato il cammino' di Gantìi, voltatisi più alla 
sinistra si andarono per luoghi alti ritirando verso 
Como; in un borgo della quale città, e nelle ville 
vicine 'alloggiarono quella notte. Dal borgo di Gonio 
fecero l' altro alloggiamento al Chiasso ^ tre miglia 
più innanzi, tenendo sospesi i franzesi, se per la 
valle di Lugara se he . ritornerebbero a Bellinzone, 
o se pure si condurrebbero in sulF Adda, dove, benché 
non avessero ponte, era opinione di molti, die si 
sforzerebbero passare tutti il fiume in un tempo 
medesimo in su foderi di legname. Ma levata l'altro 
giorno questa dubitazione , se jie andarono ad allog- 
giare al ponte a Tresa ; e di quivi sparsi , alle case 



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1^4 LIBRO NONO. 

loro'; ridotti già in ultima stremità di pane, e con 
carestia grandissima di danari. La quale subita ritirata 
si credette procedesse per la carestia di danari, ^er 
la difficultà del passare i fiumi, e molto più per la 
necessità delle vettovaglie* . 

Così si liberarono per allora i Franzèsi da quel peri- 
colo non stimato poco da loro, ancora che il^re'', 
piagnìficando jsopra la verità le cose sue, affermasse 
stafe ambiguo se fosse stato utile alle cose il lasciargli 
passare; e che cosa facesse più debole il pontefice, o 
essere senz' armi"", ò avere armi che offendessero , come 
offenderebbero i Svizzeri, i quali egli con tante fbrze 
e con tanti danarì aveva avuto infinite difficultà a 
maneggiare : ma maggiore sarebbe stato il pericolo' dei 
Franzèsi, se in^un tempo medesimo fossero concorse 
loro le offese disegnate dal pontefice. Ma con^ fu 
prima r assalto di Gehova, che il 'movinaento degli 
Svizzeri , cpsì tardò a farsi innanzi , più che non era 
disegnato, l' esercito dei Veneziani, ancora cBe avesse 
avuto molto opportuna occasione; perchè essendo 
molto diminuite le genti dei Tedeschi, cìie alla partita 
dì Ciamonte erano restate in Vicentino , con le qffali 
erano i fanti Spagnuolì, e le^ cinquecento lance" Fran- 

' Ini|hita il vfscot^o di Nehìo questa ritirata degli SYÌzzeri alle case loro 
a tradimeDto j dicendo» cheterà fama, c^e essi, avoli dal papa settantaioila 
scodi, si accordassero poi col re, e soggipgne, che siccome €»si hanno rìte- 
nota la ordinanza antica nelle battaglie , così da molti anni m qoa haniio 
perdoto la fedelfà antica. U Mocenigo ihostra, che j^r carestia di vetto- 
vaglie si ritirassero alla patria, ma ben« dice , che si amicarono col re di 
Francia.' . . «. ' 

* Della ritirata degli Svitseri a casa, pare 4^e il Moèenigo dia la lode a 
Ciamonte, il qoale sapesse tenlpor^jggiare tanto , ohe essi per fyireftia fos- 
sero forzati ad andarsei^, e paragona qtRssto fatto di Ciamqpte a qoel di 
Fabio Massimo conti;^ Annibade , e di Martino da Faenza oapiuno dei 
Veneziani contro I^ippo Spano Fiorentino capitano del re di Ungheria. 



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CAPITOLO SEGOinK). — 7 l5lO. I75 

zesi , r jeseit^ito Veneziano uscito 4i Padova ricapepò 
senza fatica Èsti /Monselicé , Montagnjna^ ]V|arostico, 
e*Bal5ciano, è fattosi innanzi, ritirandosi continua- 
mente i TeHeschi<i}la folta di'Terona, entrò in Vicenza 
abbandonila da loro. È cosi avendo ricuperato , da 
Lignagò ìfì fuora; tuttò^quell(v*cne con tanta spesa 
^' travaglio dt^Ptanzesi avevano perduto in tutta la 
$JSite, vennero a]|)3an MarXiiK) ^ungi cinque lùiglia da 
\%ronaP; nellrf* quale città si lAtirarcypo gì' inimici : la 
ritirata dei quali non fu senza perìcolo, se, 'come 
affermalio i Veneziani , in * Lucio Mal vezzo,, il quale 
allora^ per la partita dì Giàmpagolo Baglione, dagli 
stipendj Veneti, governàvrf le genti loro, fosse stato 
• miaggioro ardire. Perchè, essendo i Veneziani venuti 
alla villa della Torre, gl'inimici, lasciate nell' allog- 
gìamentq, molte vettovagjte,*^ s'indirizzarono alla volta 
^di VerohaV seguitandoli tutto 1' esercito Veneto , e 
infestandogli continuamente i cavalli leggieri : e 
nondimeno 'sostentando i Franzesi massimamente con 
le artiglierie valorosamente il retroguàrdo^ passato il 
fiume ' Arpajio, si condussero senza danno a Villa- 
nuova, alloggiando i Venez^^nl ?|propiAqui a mezzo 
jnig}ip.^E il gioMio seguente», non gli seguitando solle- 
citamente i Veneziani , {lerchè allegavano i fanti non 
t* . . * ' 

' n Bembo al fine "del Uh.* IP, e al priùcipio del «segaente tassa Lncio 
Malvez£i^i negligenza., e di paota, ma il Mocei^go nel Lib. HI dice, die 
il con^^io di Li^o fai qhé fosse da'goardarsT, per cercare meglio, di non 
perdere V acquistato, e che era a«sai a'cosi glande impresa avere fatto fbg- 
gire il nemico. * % * \ 

^* Cbiamasi qnesto fimme comanemente oggi, dagli nomini del paese 
AlpoAe. M^-in latino iT MocenSgo, ^ coi par qoasl, ijie molte cose di 
questa istoria ^no lò\te. Io chiama Arpaiv>, Pedkes, eqiHus trans Arpa- 
nwn'fiuviwmadVilìamnov0/in trt^cere j^tuérunt, c'confonne * Ini lo chiama 
que^o aotore. « . 



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176 

potere pareggiare la prestezza dei cavalli , li ritirarono 

wJvì in Verona^ ' , * ^ ^ * 

Da iSap Martino, poiché Vi furono stati alquatfti 
giorni , accostatisi a Verona , noli 6enzai-t)iasiino' cjie il 
differire fosse stato inutile,.commciarono'a battere con 
le artiglierie, pian tate^n sulmdnte dnpo^ito, il castello 
di San Felice, e la muraglia vicina; eletto forse quel 
luogo , perchè vi si può difficilmentiv. riparare ^ e per- 
chè non vi si pQSsoQo, se non molto in'compdaVnent^, 
adoperare i cavalli. Erano . nell' esercito yéneto*oy:o- 
cento , ifomipi d' arme , tremila cavalli leggieri, la 
maggiore parte StradiotU , e diecimila fanti , oltre a 
quantità grandissima di villani : e in Verona erano tre- 
cento lance Spagnuole ^ cento tra Tedesche e Italiane , 
più^di quattrocento lance Franzesi, cinqu^entf fanti 
pagati dal re , e quattromila Tedeschi , non più sotto il 
principe di Anault, morto non piolti giorni a^antkll 
popolo Veronese, di mala disposizione contro ai Tedes- 
chi, aveva le armi m mano, cosa nella quale avevano^ 
sperato molto > Veneziani ; -la -cavalleria leggiera dei 
quali nel tempo medesimo, passando l' Aaice a guazzo 
sotto Verona," scorreva ner tutto il paese*! Batteva con 
grande impeto la muraglia l' artiglieria dei Veneziani , 
aneora che l'artiglieria piantata dentro dai Franze^ 
e coperta co' suoi ripari facesse a quei* di fuora, che 
non erano riparati, gravissimo danno: da un colpo 
della quale essendo state levate le ■ pàtiche a Lattanzio 
da Bergamo, uno dei più st^imati^ colonnelli dei fianti 
Veneziani , moaì fra pochi giorni. 

Finalmente, avendo fatto maraviglioso progresso 

' In una coscia, dice il Seméo, ^e fu ferito Lattanzio da Beigamo ; ma 
il MocenigOf e il Gittsàniano scrivono nelle fatiche. 



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CAPITOLO SECONDO. IDIO. . ìli 

r arlìgljerA di.fuora, « rovinata una^g^n parie del 
niuro insìno 9I principio 'della sdlar^a, e battuta tuUt 
le cannoniere ,• in modo dhe ^e artiglierie ' di dentro 
non po(;^àiiò più farer.effettt>« alcuno, Aon stavano i 
Tedeschi senza titnorc «di perdere il castello* ancona 
che bene riparato. Alla perdita del' qdale péi^chèf n^n 
fosse congiunta la pm'dita delld ^città,* disegnavano, 
in. caso di necessità, ritirarsi a certf ripari ; i qu^li 
aveVano- fatti in luogo pi:^pinquo per battere, stìbito 
cf^njL IprQ cannoni, i quali già vi avevaiio tutti ]^iantati, 
la Taccila di dentro del 9astè|,lo, spérandcf aprirlisi in • 
liiodo, che glMninaici' non .potessero ^fefiftàrvisi. Ma 
era molto superiore la virtù .dille' genti^ che èrano in* 
Veropa ; perchè nell' esèrcito Ventóiano non erayo 
altri fanti che Italiani Ji^ quegli ,4Ì3[gafi^jpèr 1' ordinario 
ogni quaranta di , stavano a »qi^el servizio più ger tro- 
v^e in altri luoghi piccola condizione', che^ per altre 
Cagioni : conciossiachè Is^ai^i^cià Italiana non assueta 
alle ordinanze oltramontane,* ne ^tàbile^in t^ainpagnà, 
fosse allora quasi sempre rifiutata da folqroj (jhe^ ave- 
vano facultà di servirsi di *ianti* forestieri^,' massima- 
mente di fant* Svizzeri,, di Tejieschi^, e di Spag;nu«fli. 
Però, essendo conmaggiore'^virtji sostentafa la*difesa, 
che faCta T offesa, usciti i^na notte 'ad assai tare*l' arli- 
. ^lieria circa mille ottocento *ftinti con alcuni cavalli 
dei Franzesi , e messi in foga fa^l^ente ' i fanti che vi 
erano alta guardia,* ne ^ chioifarono dilfe pezzi^ sfor- 
bindosi diconcfurgli denteo. Ed èssendo dàjevatovij 

' fi Mocenigo nou dice, che i nemici inchio^^ltoei-o 'le artu;Ìierie Vene- 
ziane, ma che po^vano iritibiodaa'le, sé ìHCitolo non vi accorreva. H Bembo 
nondimeno scAve, cke già Ie%onficcavano,.qaand^ Cltofo, udito il grido 
di qnei , che fuggivano , seiisa celata con -p^cbì dei si^i vi acqprse. ^ 

IH. , 12 



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ìrjS LIBHO NOBfO. 

rumofe per fijft© il campo , soccorse con molti /aoti il 
Zitolo da Perugia ; il quale aottnbattendo xalorpsameate 
finì ta \ita con molta ^gloVia. Ma sopraggiugnendo 
IXiofiigi ài Ntildo, e lainaggii^e parte d^ell' esercito , 
ftyrono costretti quei di denti^ lasoiata V artiglierìa a 
ritirarsi, ma con laude non piccola ^ avendo da prin- 
cipia rjjttii fanti chieda guardavano, ammazzato pprte 
di, quégli che primi vennero al soccorso, e tra gli alili 
il Zitolo colonnello molto 'jstimato di fanti, e presp 
Maldonato capitano Spàgnuolo, e ultimamente, ritira*- 
tisi salvi quasi tutti. Firialmente i capitani Veneziani 
iifviliti da ' questa accidente , ne senteiklo farsi p^ il 
popolo movimento all;unDi,^iudican4p anche non solo 
iq^tile ma perLcolt)só'il-sopra*stàrYÌ, perchè l'alloggia* 
mento ^ra toak.sicdrc^ essendqj alloggiati i i^nti in 5i4 
monte,*e» i cavalli nell4 talle assai lontani dai fanti, 
. delBjèraroiio di ritiiycsi all' alloggiamento vecchio di 
San Martino*: la quale ^elibei-azi^ne fec^ accelerare ii 
presentirsi clyi Ciamonte, essepdo già partiti gli Sviz*- 
zeri,, int^ó.il pericolo di. Verona, veniva a soccor* 
rerla* Ner^varsf il. Sampo^eatrarono i saccomanni di 
Verorfa accomp'n^nati^d^' grossa scorta nella * valje 
Rellifexìte cgntigua aìi^i^nte di San Felice; ma' essendo 
venutf al soccorso ^njolti cavalli leggieri dei Veneziani 
i. quali. presero la bocc^'della valle., furono tutti qti^- 
*gli, che erano- iwcjt^ di Verona, o ammazzati, o fatti 
prigioni. Da San Marti^fo, pe<: la jfairià della venuta di 
Giamonte, I' esercito Veneziano si ritirò a JSan Boni- 
fazio: nel quàl'tentpo le gènti) che erano alla guardia 

' Valle Pantena la chiama il JUocenigo ,^ conforme aÉa volgare, che dr- 
coDo vai dì Pantena <> Palteno y e il traduttore d^lF Istoria del Bembo ^dict 
siinilmcute Puut<H)a. . ' . 



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CAPITOLO SECONDO.*— l5lO. ^ 1 79 

di Trevìgi, presero per accordo la terra di ''Assillo, 
propin^a al ^ume Musone, dove^ erano ottocento 
fanti Tedeschi, è poi la rocca. 

5 nel.Friuli si procedeva con le medesime variazioni, 
e con le criidelta consuete, non più guerreggiando con 
gl'inimtòi, ma' attende»dosi da ogni parte alla distru»- . 
zione ultima degli edifizj e del paes^; i qualiimali con* 
suma vari© medesimamente l'Istria. * 

Succedette in questo tempo per modo molto notabile ' 
la liberazione dalla carcere d«l marchesi^ di Mantova, 
trattata* dal pontefice, mosso dall' àflfeziòne che prima 
gli aveva ,; e da disagno disusare l' ópera-sua , e servirsi ' 
delle comodità del suo stato nellaiiguèrra contro al re 
di^ Francia; e si credette per tutta Italia egli essere 
statò causa della sua liberazione. Nondimeno io irvtesi * 
già da autore degtio di fede ; e per mano del quale pas- 
sava allora tuttc^.il governo, delfo stato di Mantova, 
essere stata" molto diversa la cagione. Perchè dubitan- 
dosi, coAe en|*la verità, che i Venéziahi' per*!' odio che 
gli avevano, o per 'il sospetto , non fossero inctinati a 
teperlo perpetuamente incarcerato ,• ed essendosi in 
vano tentato molti rimedj, fii' determinato nel consi- 
glio' di* Manto v?i di* ricorrere a/Baisetr principe dei 
^ •. • » I 

' Conferma questa yoce Assillo , cosi scrìtla in questa istoria , ropinioce, 
cbe hanno tnolti , che il Guicciardini si ^a senrito deft' Istoria di Andrea 
Mocsnigo sMTÌtta i» latino, p^rciooohè.iiominando e^ questa t^rra j4xì^ 
Uum qu(esitum est juxtq Musonem Jluyium, l'autore l'ha tradotta sempliT 
c#inente,ìna deve èssere tradotta Asolo, 8Ì*i>erchè cosi dice il traddttore 
di ei»B, co^e j^rc^è^non vi è qi^^sla terra di Ausilio, e» il fiume Musone 
corre pressa Asolo del Tri^igiano. ^ •*■»♦; 

^ Non trovo in alcuno alti'o ftotore di quelli che ho veduto questa opi- 
nione, che il marchese' di Mantova Josse liberato afi istanza del Turco^ ma 
gV istorici Venesia ni , cioè.n'(3^/o .negli Elogi, l' JE^ntcroi^ nelle Cromiche 
di Mantova , è altri. dicono , che. ad istanza di papa Giulio fosse liberato, e 
fu la sna liberazione , secóndo V Equicola , ai 14 di luglio i5io< 



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l8o LÌBRO NONO. 

Turchi,!' amicteia del quale il marchese, col mandargn 
spessì messi e vai^ presenti , aveva molti anni intratte- 
nuta. Il quale, iiltesaja sua calamità, chianAito a se il 
bailo dei merc.at^mti Veneziani , che negoziayanò in 
Pera,* lo ricercò li promettesse che il marchese sarebbe 
liberato; e ricusando il bailo di promettere qiiel che 
non era in potestà^ sua , e offerendo scriverne ^ Vene- 
zia, owe non^dubitava si ^ebbe deliberazióne con- 
forme al desiderio suo, Baiset replicandogli superba- 
mente essere ha sua volontà che egli assolutamente lo 
promettesse , fu necessitato a prometterlo. Il che signi- 

* ' ficato dal baila ìì V^iezìa, il^s^ato», considerando non 
* essere tempo a ìrrilare principe tanto potente , detei*- 
minò di liberarlo; ma per occultare il suo disonore,* e 
. riportare qualche frutto della^^sXia liberaiione ,^ prestò 
orecchi al desi<lerio del poAefice/ Pet mezzo del qudte 
essendo, bencliè occultamente, con^phiuso che, per 
assicurare i Veneziani che il niarohese htfn sf move- 
rebbe loro' contro , il figliuolo primogenito fos^ custo- 
dito in mano del j^ontefìcJfe, Il marchese (!ondo^o a 
Bologna, poiché quivi ebbe consegnato il ngtiuolo agli 
agenti del pontefice ,* liberato se ne andò a Mantova; 
scusandosi appresso a Cesare "e sa re di Trancia l se per 

/ la nece^ità A riordinare lo stato' suo nous andava ne' 
loro eserci|i a servirgli, come feudatario rfell'uno, e 
soldato deir altro, peifchèjdal re di Francia gli fera stata 
sempre conservata la solita condotta, é provvisione, ma 
varamente avendo neh' apimo^i. stare neutrale. 



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CAPITOLO TB»ZO. l5lO. l8l 

CAPITOLO TEflZO. ' 

Il pontefice delibera ^ assaltar «Genova. Naufragio de' V^Meziaoi af 
faro di Messina. Il re di Francia disegna di far guerra afl papa. Il 
papa a Bologna. Rotta dei Franzesi a Mdntagnana.^Jl papa scomu- 
nica Alfonso duca di, Ferrara e Ciamonte. Concilio iptimato dalla • 

. pfaiesa Gallicana in Lione. Disobbedieuza d' alcuni cardinali \erso 
il pontefice. Esercito Franzese verse Bologna. Parole del papa ai 
Bolognesi. Condizioni offert^dai Fvanzesi al papa. Ciamonte si j*i- 
tira. Marchese di Mantora in sospetterai Veneziani. Il dusg d'Ur* 
bin9 a guardia di Modena. La-Micandola è oppugnata da papa Giulio. 
Nuora confederazione tra 1* imperatore e il re di Éranci^t Papa^, Giu- 
lio alla Concordia. Il papa batte la Mirandola. - 

IiB ci>$e tentate infelicemente non avevaiib dimi- 
nuito in parte alcuna te speranze del pontefice ; il qua|^ 
promettendosi più- che mai la mutazione dello stato di 
Gepova.^ deliberò di nuovo di assaltarla. Però^ avendo 
ì '^{eneziani, i quali più per necessità seguitavano, che 
approvavano questi impetuosi moviif^nti , accresciuta 
V armata loro , che era a Civitaveccl;iia , cop quattro 
nsFn grosse; persuaden4osi /;he il nome suo inducesse 
più iadlmente i Genovesi a ^ribellarsi, aggiuntavi una 
sua galeazza con alcuni aTtri legni', benedisse pubbli- 
camente con le ^sc^ennità pontificali la sua ba^^èra ; 
maravigliandosi ciaseuno che, ora che scoperti^ pei|- 
sieri sufbi erano in Qenova molti soldati,' e nel^porto 
' potente armata, egli sperasse ottenere quello , che non 
* aveva ottenuto quando il porto era disarmato , e nella 
' città pochissima guardia, nè^i aveva sospetto alcunp 
di lui. Alle aripate marittime, le quali seguitavano i 
medesimi fuorusciti , e di piti il vescovo di Genova' 
figliuolo di Obietto dal Fiesco, si dovevano congiugnere 
forze terrestri ; perchè Federigo arcivesObvo di Salerno 



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ìè^ LIBRO WONO. • 

fratello di Ottaviano 'Fregoso soldavà €on i danari d«l 
pontefice nelle terre della Lunìgiana cavjeiUi e fanti ; e 
Giovanni da Sassatello e Rìnieri della Sassetta suoi con- 
dottieri^, avevano/avuto comandamento di fennarsi con 
le compagnie loro al bagno della. Porretta per potere , 
. quando fosse di bisogAo , accostarsi a Genova. Ma in 
cpieUa città erano state fatte per terra e p^r mare po- 
tenti provvisioni ; e perciò alla fama dell' approssi- 
marsi dell' armata degl' inhnici ^ nella quale erano quin- 
dici galee sottili^ tre galee grosse , una galeazza -e tre 
nav> Biscàine ,'F armata Franzese, mcitat^on * véntidue 
galee sottili del pòrto 8j Genova, sì fermò a Porlo 
Venere^ facendole sicurtà la diversità dei legni; |>civ 
chè inferiore agi' tnimigi uniti itisienie , ma superiore 
o almeno pari di forze alle galee , poteva semtpre con 
le prestezza del discostarsi salvarsi da^e navi, • 
. Accostaronsi le armate l'una airaltra sopra Porto 
Venere quanto psftiva il tiro delle artiglierie.: e poiché ' 
alquanto si furono battute; l' armata del pontefice andò 
a Sestri di Levante, dond^'si presentò innalzi al pd^to 
di. Geno Va, enfl'ando inskio nef porto con un. brigantino 
Giovanni Fregoso/ Ma- essendo la terra guardata in 
modo , che chi era di contrario s^niitio non poteva fare 
^pUevjzione , e tirando gagliia*damente all'armata Ja 
torro^di Codifà, fu necessitata fartìrsL- Andcf dipoi a 
Porto Venere , ed avendola per parecchi^ ore combat- 
tuto senza fi^utto, disperati del successo di tutta la - 
impresa , ritornarono a Civitavecchia : onde partita 

r • » 

» * L'armata Franzese, dice il Bembo j che era di vendcinqap , tra navi 
grosse e galee; e là coptcaria di quindici galee. 

' Per spazio di dae ore, dice il Bembo , che si tirarono le palle delle 
artiglierie. 



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CAPITOLO. TEMO/— - i5to. ' i83 

l'armata VeneziaDa.Tli consentiiiiento del poYitpfice^ per 
ritornarsene nfei* suoi fnari ,,fu 'assaltata ^el faro d< M«s- • 
sina da gravìs3Ìnia.tetnpesta; andarono a tr§\)eTS]0 cinque ' 
^lee, le altre scorsero versò la cosfa^di Barjseria, ci- 
ducandosi -alla fine molto conquassate» ^ei*pjm»ti <fei ' 
Yiene&ianil Non concorsero in questo assalte^ le'iqrae 
disegnate per terra 7 pei'chè le genti, Qbf sisoldavano 
Sa Liìnigiana,* giudicando, pei» la fama 'delle provvisioni 
fatte dai FransEeii , pericoloso 1' eijtrare nella riviera 
ài Levante ,\non^ mosspro : e quelle', ehe erano al 
bagno della Porretta, scusandosi" ehe i Fiorentini aves-. 
sero*diivegato loro il passo ^ non*st fecero piìi innanzi, 
ma entrate nella monta|[na /di Modena , che ancora 
obbediva al duca di Fei'fara,assaltafrono-lp terra di 
Fanano; la qualelt>enchè nel principio" non ottenessero, 
nondimeno alla fìne tutta, la montagna , ^on sperando' 
essere soccorsa dal duca , si arrendè loro. / 0- 

Così' non era.insino a queùsto dì riusqifa al pontefice 
CO89 alcuna tentata coiftro al r^ di Francia: vPercl^è né, 
h cose 4t'Genova avevano fatto , còm^j. tigli ^i.^ra pro- 
messo icertissimamente , miTta^Qne; né i Veneziani,^ 
tentata in vano VerQija, spei^v^no/pii^ di fare progi^essi 4 
da quella parte; ne gli Svizzeri, aiveBdo piìi* presto 
mostrate che mpsse^le armi, -erano passati innanzi ; iiè 
Ferrara, aiutata prontamente dai Kranzesi^e soprav- 
venendo la stagione del verno, si giudicava che fo$se 
in alcuno pericolo. Sohmente gli era succeduto fm'ti- 
vamente.,1^ acquisto di Mipdana, premio non degno di 
tanti moti. E nondifieno al^ontefice ,* inganifeto flqr 
tante speranze ^ palava che intervenisse quello , che di» 
Anteo hanno lasciaj:o gli scrittori favolosi alla memo- 
ria dei posteri; che quante volte domato dalle ^rze d; 



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Ercolei toccava laHerraf tanto sì dilfeostrava in )nt niag- 
- ^ior vigoFC. ll| medesifflo operavano 'te avversità', nel 
" pontefice, «epa quando parev|i più depresse e |)iii con- 

euìeatOt risorgerà con l'amino ptii costante e più per- 
' ^tinace^^.pfronfettendosi del futuro più che mai,- non 

* aveiido perciò quasi altri 'fondamenti che* se mede- 
sunoi, e il pi^esupporsi , come «ditieva pubblicamente , 
che p^r non essere le imprese sue tttossfe da intécjessi 
paiM^icolari, ma daonera e unico desiderio della libertà 

, d' Italia , 'avessero per Y aiiltq ^ Dic^ ad avere prospero 

* fine. Impi^rocebè egli , 'spogliato di valorose é fedeli 
armi^' non aveva altri.lamicr cèrti chea ^eneifeiank; che 
correvano per necessitala llieNesima fortùf^a ; dai quali, 

, per essere esaujsK df danari , e appressi da assai difficultà 
ed angustie , non* poteva .sperare molto ; e dal re CattOr 
^ico «riceveva; piuttijsto iupcuUi consigli che palesi "aiuti ; 

«perchè secotido l'astuzia sua s' intratteneva *da altra 

parte <;oii Massimiliano e<5ol re di Francia; facendo a 

; lui varie pfomesse, ma sospe$^ da mohe condizioni, 

e dilazioni. i.a»diligenza, efaticbénsàte con Cesare per^ 

^alienarlo dall' amicizia vdel re di Francia, e ifldurlo«a 

.\ coni^ordia con i ^eh&àsm^ apparivano *dd ^QDntinuo 
piùinutiU; perSbè. Cesare, quando l'esercito del pon- 
tefice si mosse contro al- duca di Feri*ara , vi aveva 
mandato up araldo, a protestare che non lo «idlestas- 

^ sero : ed essendo andato in nome del ponteìBce ^ Sostan- 
tino di Macedotiia per trattare tra lui e i Vefiéziani, 
. aveva ricusato udirìo; e, dinv>strando di vol^e^ unirsi 
tnaggidrmente col re di ]p*ancia^ ica*dinaV9 di mandar- 
la ^ '. 'k * * ■' 

' Gostamtiiio Gomiiute di sopra altre volte è nomUiato , secondo il Bembo, 
ma il Mocenigo in questo Idogo lo chiama Costantino Arcinio, il qnale fu 
oratore AA papa al ve dei Romafii. 



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CA.PITOLa TERZO. — l5lO. f&5 

» 

gli , pier convenire seco della somma delle cose^ it vescovo 
Gurgense. * ' w * ' 

Uè gli elettori delF imperio y benché inclinati al nome 
del lio^ltefice 2 e alb divozioDC della sedia apostolica, 
alieni dallo spendere ,. e «rolti con i pensieri loro solo 
all^ cose di Germama,»erand di momento^in questi Ri- 
vagli. Poco ^iù pareva potesse sperar» da| re d'Inghil- 
terra , benché giovape^je desideroso di cose nuove, e 
che faceya professione di amare la grai\dezza della 
chiesa , e chf àir^a Bon senza inclina^ionp di anime 
}idite le sue ambasdàte ; perché;, essendc^ separato tla 
Italia per tanto spazio di tfsrra e di m^re, non poteva 
solo deprimer!; il re di Francia : pkre phe aveva rati- 
ficato la pace fatta con lui , e per una solenne ambas- 
ceria , che a questo effetto gli m'andò*, ricevuta la sua 
ratificazione» Ciascuno certamente^, avendo sì deboli 
fondamenti , e tanti ostacoli ,' avrebbe rimesso l' animo ; 
av^do massimWaite facultà di ottenere la pace dal 
re di Francia con quelle condizioni, che vincitore ap- 
pena avrebbe dovuto desiderare maggiori. Perchè il 
re consentiva dì abbandonare la protezione del duca 
di Ferrara , se non dì<*ettamentè per^ onore suo , al- 
raancp indirettamente rimettendlpla di giustizia, ma in 
giudici , che avessero pronunziato secondo la' volontà 
'del pontefice. «Il quale, come fu certo di potere otte- 
nere questo, aggiunse volere che oltre ^a questo la^ 
piasse libera Genova ; procedendo in queste cose con 
una pertinacia , che ifiunò , eziandio 'dei suoi più in- 
trinsechi , ardiva di parlargli in contrario. Anzi , ten* 
tato per ordine dgl re dall' oratore dei Fiorentini, si 
alterò maravigliosafnenle; ed essfendo venuto a lui per 
altre faccende un uomo del ^ca di Savoja , e offerendo 



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l86 LÌBftO NONiX ^ 

che il ^uo prindipe , quando gli piacesse , s'ititromet- 
terebbe in qaalche^pratjca di pace , proruppe ia taatd 
iadegnazione , che esckfmaodp che era stato mandato 
per j^ia, n^ per negoziatore, Io fejce sopra^ questo 
incarcerare eé esaminare coi} tormenti. E finalmente , 
dilventa^do ogni dì ^più. feroce ^elle.diflScultà^ e ^n 
conoscendo nè*iiitpedimei»ti , né pei:icoli% risoluto di 
&re ogni opera possibile per pigliare Ferrara , ed omejt- 
tere per allora tutti .gU altri pensieri; delibe^ di tras- 
ferirsi personalmente a Bplpgna per^ sfi^ignere piii con. 
I» sua presenza, e dgre maggiore autorità alle cose;, 
ed accrescere la caldezza del capitani inferim^e all' im- 
péto suo ; .affi^rmando che* a espugnare Ferrara gli 
bastivano le forze sue , e dei Ve.fteziani \ i quali-, te- 
mendo che alla 6na disperato ^di buon succiso noR si 
conqordasse col re di Francia , si sforzavano di per* 
suadergKil medesinio. * ' 

Da altra parte H> re 4i Francia, già*berto per t^yite 
esperienze deir animo 'del pontefice controra se, e 
coBOscendo essere necessario provvedere che non gli 
sopràweniisero allo stolto suo puovi pericoli, deliberò, 
difendere iLdud^ di Fèr'ranT; stabilire quanto poteva 
la coiigiunzione cph Cesare , e col constotimeutp suo 
perseguttare c^n le armi spirituali il poiitefi.ee ; e^ so * 
stentando le cose infino alla primavera ,. passare aljora* 
in Italia per^nalmente con potentfssimo esercito per 
procedere o contro ai Veneziani , o contso al ponte-* 
fice, secondo lo stato delle cose; Perciò^ proponendo 
a',Cesare non solo di muoversi, altrimepti che pei: il 
passato , tjohtro ai Veneziani , ma ancora di aiutarlo , 
"^secondo si sapeva essSre sitò antico;; desiderio , ad oc- 
copare Roma e tutto lo stelo della chiesa, come ap- 



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CAPITOLO TIRZO. -^ l5lO. ìS^ 

paviieue^e di ragione ^r imperio ,^ e sknilmeìite tutta 
Italia,, dal ducato di Milano, Genova, lo stato dei JPio- 
rentini e^deJ duya di I^enrara iojfiio;*a,..lo ìndhsse fe- 
cilmenle inolia ^aa sentenza ; e speetalmèntie ohe si 
chiamasse con V autorità df ambedue e della ^nazione 
Germanica e .Fraazesé ' ardrun concilio universale ; non 
essendo senza^speranza , cbe« pej5 non avere ardire di 
(K^costarsi dalla volontà sua e ài Cesare, fconcorre- 
rebbe al medesiiooil re d» Aragona, e lunazione Spa- 
gntiola.' AHa qual dosa si ag|[ingnevanin alte^graaidìs- 
sìcDo fondamento , che molti cardinali italiani e blh*a*- 
montani , d'ammo ambizio60 e ÌpquiQto , proQiettevano 
ài étrsene scopertamente autori. Per ordinare queste 
cose aspettava il re con sommo' desiderio la venuta 
del vescovo Gjurgense destinato a se da Cesare : i^a in 
cgiesto mezzo, per dare principio' alla rflstituzione del 
eonciJUo , e levtire <dì presente a^p<intefice la ubbidienza 
del suo reame ^ aveva fatto convocare tutti i prelati di^ 
Francia ,^ chea mezzo settembre x^onvenisserp nella città 
di Orliens^ ' ' ' r 

Queste ei^ano le delib>eraziòni,.e i pr'eparamoiti del re 
dìFrant^ia, non approvati in tutto dal suo consìglio e 
dalla «nia corte; i qijidi, considerando quanto spossa 
^ssere< inutile il dare spazio di tempo all'inimico, lo» 
stimolavano a non differire il muov^rft delle armi sinO 
al tempo nuovo» Il consìglio, dei quali se fosse stato 
seguitjato, si metteva subito il pontefice in tante mo- 
lestie, e^i pei|urbafaiìo di maniera le cose sue, che 

■ ' I principi temporali , quando' hanno con i pontefici^ inimidzia, non 
hanno alcun' araiQ pia possente, ^on la opale si credano «paventargli, che ^ 
oonJntJinar Ipro il concilio, dLch^ abbondano eseinpj neir istorie. Cosi di "^ 
sopra i" Veneziani interdetti da papa OidKo si appellano al futuro concilio 
deir interdetto. . ♦ t» 



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1^ LIBRO irONO. 

npa. gK. savej)))^ per avventura* stato facile ^ «y^me^ poi 
fu,, concitare tanti priiicipì contro aiui. Ma il re per- 
severò In aUpi S£nt^za , o^ dominato dall'^sy^arizia , o 
raffirenato da timore ^fae facendo- da. se solo guerra ai 
pontefiee , jioo si risentissero *gli altri principi ; o aven- 
dolo forse; in. orrore, per ^éere*^ cosa contraria al co- 
gnome del Ciri^tianissimo*, ed ^a professione dì ' difen* 
dere la cIiiQSa, clie ^eidpre nei tempi andehi avevano 
fat|a ì suoi p^e^eces^ri. • ^ • ' 

. Sntrò'ìl pont^c^e in Bologna alla 6Be di settl^nbVe, 

idi^osto,ad assaltare, con tutte le fo^rze sue e deiYtl- 
neziani; Ig'errara per tierra^per acqua. Peròi Veneziani 
ricercatine daljui mandarono due armate contj:o a Fer- 
rara; le.<j[iv9ili entrate nel fiume, del Po, l'una perle 
Fprpsci, r altra per il porib di Brimaro, facevano nel 
Per^'arese gravissimi danni; non mancando nel tempo 
tpedesimolegeptidel ppnteflec di córrere e predare per 

^tuttQ il paese ,^ ma non si ageostando a Ferrara; neUa 
^ale città^ olQre alle g^nti dei duca ,. erapo dugenlo 
cinquanta l^nceFranzesi.Perctìè* sebbene gli ecclesias- 
tici fossero pagati per ottooento uomini di arme, sci- 
Qentocayalli leggieri e «eimila' fanti, nondimeno, oltre 
Tessere la maggiore pert^ gente collettizia, il numero?', 

. come ' ì pontefici comunemente iòno mal serviti nelli 

' Hanno tenato per costante opmiohe alenili che i re di Francia,, qnante 
▼ohe siano stflti b^ntrarj alta chies^ cattolica, tante Jtbbiano'sortltoWnfe- 
Jice fine alle loro imprese. Lodovico Arìosto nel cAnto 33 del soa Furioso 
^rova con le istorie^ clie i re di Francia, quante yolt4|^iìo ▼«f<|ti in Italia 
per difenderla, tante ne son tornati Tiftcitoti ,■ ma qnando haqpo volato 
oonqoistarìa , n&'han riportato poèo guadagno , e infinito ìlauno : Che non 
Uee , Che H gigUo in qud terreno obHa radice. Vedi qaAtito ho notato d 
** sopra nel lil^. I di questa istoria. 

* Noji s(Ho i pontefici sono comnnemente mal sei viti nelle cose della 
guerra, ma ancora gli altri principi, e pei^iò.tntto il g}omo si veggono 



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CAPITOLO rTEUxo. -^ i5'io. 189 

cose dell^ gtret^ai ^ra molto minòf e ; e si aggiugneva , 
ehe a venéo Ciamont^ , dopo la pe;*dita di Modatja ^ man* 
date tra fileggio e Rubiera degento cinquanta lapce e 
duemila fentì, era. per eotnandamento del pontéfice 
andato dall' eKercito alla guardia di Mo4ana Marcan- 
tonio Colemia, e Gil>\anni Vitelli cfón dugento'Uomhii 
di arme e-trecentofehti. Però il pootefipe fìipévamstanza 
che daM' esercite Veneziano ,* il quale, essendo molto 
drmintiite a Yerosa e per tutto le forze di CSsarè , live va 
seiiia difflfcaltà iicuperato quasi*luttd il Friuli, ne pas* 
SMse una p2tt*te nel ]PemÌreseE; dove df ^oovo aveva 
rrcaperato il Polesine di Rovigo , abb^mdonato ^per le 
molestie che il cjuca aveva intorno a Pen'arji. Aspettava 
sihiilmente il ponti^fice^ trecento* lance Spagnuole; le 
quali «dimcmdate'da- lui per f obbligo della investitura, 
gli ei^no- mandate dd r^Mi Aragona sotto Pabjbrizìo 
Colonna; disegnando che unite queste don l'esercito 
suo assaltassero da una parte^Ferrara ,V dall' altra Pas** 
saltassero^le gwnti*dó Veneziani; persuadendosi che il 
popolo di Ferrara, subito che l'esercito si accostasse ^ 
alle mura-, pìglierebbe le armf^coritra al duca, contutlo- 
cfhè i capitani 'Buoi gli dimostrassero il presidio ,' che vi 
era dwitro, esser tale, che facilmente poteva 'dìfen- 
^re la città contrei agi* ifaimici^, é' contenere il popolo, 
qufiCtai.db bene ay^sse inclipazi(?ne di tumultuata, perciò" ^ 
con incredibile sollecitudine soldava in niolti luogKi 

per questo iìi^et|o .rmnaU i re^ì , e perduti ^i stati. Cosi di «opra nel» 
Lib. VI ha ditto, che ijininistxi del re di Francia raharano le paghe , e i * 
denari da stipendiare i soldati , onde ne Bac<|He la rotta al GarìgUano , e la 
perdita dèi «egno di Napoli. Cosà il Qipt^iaitieae , che^arvenisse al re Fran*, 
Cesco sotto Pavia^ Onde VJriostp nel canto 33 disse di I«i. 

C«sì p6t oolpA dei ministri avari , ' 
E per bontà del r6 , che se ne fida , ec 



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quaattlà grandedi fenti.flla tardavano^a Vetìiré , più che 
non %vriebbe* voluto, le genti dei Vfeneiiairf; perchè 
aven^»a>nàotto per il Po in Mantovano * mplte barche 
per?gittare il ponte, il duca di Ferrara eòrr leggenti 
Pranzasi ^ assaltatele all' improvviso, le t<rtse loi'o. Prese 
anco in certi canaU*del i^plesine *iriolt© barche , e rfltri 
legni inside- col provveditore ^ene^ìano. Nel 'éjcml 
tempo essendo venuto -a 4ùce tin tcatteito, che*i Vene- 
ziani Uvevafto in Brucia per 'feria ribellare al-' re di 
Francia, vi fu decapitato il conteGiovanmaria da Mar- 
tinengo. » > • 4 • -, 

Ma.moUo piìi tardavano a venire le kn'cé ^agnuéle; 
le quali* condotte in sui confini del reg^o di fftipolì ri- 
cusavano ^ per eomarftlamentodel re Iopo, di passare il 
fiume d^l Tronto* se prima non si cobsegnava aH' am- 
basciatore suo la Jìolla deV inv^titura: conceduta; la 
quale il pefntefice, sospettando che ricevuta la bolla le 
genti promesse non arenisséro , faceva diffieultàìli con- 
ceder^ , se prima, non gingnevario a Bologna. E non* 
dimeno, ne per le ragioni allegate dai capitani , ne |)er 
queste difiicultà , din^lwiuhra deUa speranza dì^ ottenere 
con le Sue genti sole Feùraray attendendo ton inaràvi- 
glioso vigore a tujte r^piedirioni della' guerra, nonos- 
' tante che gli fosse SoppravvMuta nell' islesso tempo" 
grave infermità, la qual^, t«iggeiidosi#<;ontro al cofisi^ 

/ "Di queste barche contro al dnca Alfonso, dice il Bembo, che alcune 
dal daca nefnron prese, e altre dai Vftxle'ziatti arte, p^ché non venissero 
hi mano degl* inimici. ' . * . 

' Habno opinione alcnni , che il domandar la b(dla della investitara del 
i*egilo di Napoli, che facevano le genti del ne Cattolico , fosse per tratte- 
nersi di andare al servizio del pontefice contro a Franca, perciocché 
quando il re si oollegò col papa» dicono, <^e mai non s'intese, eh' ei si 
fosse collegato contro a Francia, di c}ie si vede I*efFetto<n«He cose di Ge- 
nova, e ora pare, che lo dimostrassero megli*. 



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CAPITOLO Tsm.zD. — i5io. rgi 

glie dei medici , non meno che le altre cose disprez^ 
zava; promettendosi la vittoria di quella^ come delta 
guerra, j5erch# affermava essere volontà divina x:hè 
per opérh sua Italia si riducesse in libertà. 

y Procurò simifmente «che i^ ma1"ches^ di Mantova, il 
quale cly^tnato a Bologna .d^ lui * era* stato onorato del 
titolo di gonfaloniere della chiesa, si conducesse con 
titolò di capitano generale a^i s|;ipendj dei Veneziani ; 
participando il pontefice in questa condotta con ^ehtd 
uomiifir di arme e con nulle dugento fanti , ma emi 
patto che questa -cosa si tenesse occulta ;^ricer«ando 
così il marchesa, sotto coloi^ di essere necessario che 
prima riordinasse e provvedesse il paesc/suo, accio^ohè 
i Francesi avessero mimjre facilità di offenderlo, ma 
in verità perchè, sottomettendosi a questo peso notì 
per volontà ma pen necessità delie promésse &tte , ' oei> 
cava d' interporre tenìpo alli esecuzione per potere cób 
qualche occasione, -che sopita vvenisse, Kberafafene. 

Mal' ardore , che aveva il pontefice di offeqdère altri , 
si convertì in ne«e^sità di difendere le cose propizie : la 
quale sarebbe stata ancora più presta e maggiore, se 
nuovi accidenti non aves^igo costretto Giamonte a dif* 
ferire -te sue delibeAzioni. Perchè, pcHchè l'esercito 
Veneziano si €ra4evato d' intpi^ a Verona , Ciamotìte , 
il quale era \^eni\to a Peschiera pen andare a soccor- 
rer^ qnella città, delib^ò voltarsi subitp con 1' esercito 



' Mario' Equicoia dice , che toniito il marchese Francesco a Mantova , 
gianse a lai Alessandro Glabioneta arcidiacono di Mantova, mandato dal 
papa al marchese a notificargli , cdme esso era ereato gonfaloniere della 
chiesa, e che poco ^p^esso venne la noova come eglt'era stato fòtto capi< 
lAio generale^ del Veneziani. 

* Per queste tante dilazioni, <^ il maroftese interponeva, viene egli 
gravemente biasimato dal Bemboi 



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i.x|f» LIBRO »cmo. 

atbi pìcupciàzìond di Modena, dofve ìe genti che erano 
a Hubiera/ avevano presa la terra di Formigme di 
assalto. Il che se avesse fatto avrebbe £si«ilmettte^come 
^ ci^e^ ottenutala ; perchè dentilo erano; pìccole forze, 
la tetra non forjjficatu , i|è tulli amatori dei dominio 
ioih. chiesa. Ma accadde, *qhe»qu£mdo era pfr muo- , 
versi ^ i fanti Tedeschi che erano in Verona, pep essere 
nnde pagati dlavCesare; tumultuarono, ondte Giamonte, 
pRBrch# non rimanesse abbandonata quella città, fu co* 
sti^tto a soprassedere, inaino a tanto a\^sse fermato gli 
animi. J<Ax>. Per la qual cosa pagò novemila ducati per 
lo stipendio presente , e promesse di pagargli medesi- 
mamente per il jnese seguente. Ma non rimediato prima 
a 'questo disordine, sopravvepae subito un altro acci- 
dente. Perchè essendosi le geliti dei Veneziani ritirate 
vi^so Padova, la Grotta, che in suo nome era gover* 
natore di Lignago,"papenddgli avere occasione di sac"- 
cKeggìare* la tetra di Montagnana, vi spinse tutte le 
lance, e qyattrohento fatiti; dai quali mentre bhe gli 
uòmini dell^ terra impauriti del si^co si difendono, 
sopravvennero molti cavalli leggieri dei*Vfen€ziani , e 
tliovandógU disordinati faci|A}eQte gli popperò con gra- 
vissimo danno, perctkè'^qra stata iìnpedìta la fuga per 
la rottura 'latta dagl' inin^j^^i ^ì ^^ poYite. Per il quale 
caso essendo Spogliato quasi lignago di^gente, non è 
dubbio 5 che * se vi si fissero '^te subito le genti Ve- 
nen^ne FshTrebbéro ]ireso : la^qualeopportuiiità passò > 
prfesto , perchè Ciamonte , inteso il caso , vi maùdò con 
grandissima celerità nuova g^nte. 

* ^I'^ttoi2aca>m recita, che dei Franasi aon'si salvò' jdtro, che un pag- 
gio , e che i Veneziani prese le insegn* degV inimici morti andarono vemo 
Lignago, ma scopeti, non poterono prenderlo; il quale strattagemma 
così hello non è ptinto accenmito dagUìslDrìci Veneziani. 



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CAPIVeiXk T]G|ZO. *— 4 5 IO. 193 

Md ìx3keto a hii qu«^ impedimenti la occasione di 
neiiperare Modattt, nctlla quale in questo sppizio^. di 
leiEtpo:ef ano entrati inoki &nd, e fatte sollecitameli te 
molte^i^aranom^ E nondiKieno, per la venuta sua «a 
ftu&iera , fu costretto, il pontefiee i.nÌRndare a, Mcklan» 
r^eserdta destinalo contro a Fervara; .dove essendo 
unite tutte le forze sue sotto il duca di/^rbino capita» 
generale, e il ordinai di Pam suo legato , e condot-* 
tìeri di autorità Gian.Pagolo Baglione, Marcantonio 
^lonna e Giovanni Vitelli , &ceva instanza che si com- 
baUesse con gt inimici; cosa motto detestata dai cajA- 
Cani/J^eri^ierano senza dubl^io maggiori le forze dei 
Franzett- e di mimerò e di irirtù; perchè la finteria 
eeclesiastica er&racf:plta sul^tamenle, e pelP esercito^ 
non .era ^è ubbidienza ; né ordine conveiìiehte , e tra il 
ducaili Urbino e il cardinal diPav4a discordia manifesta. 
La quale preeedette^tant' oltre, cdienl duca accusandolo 
d*" infedeltà appresso al pontefice , ojdi pr^pria,autorità, 
o per comandamento avuto da lui , lo condusse come 
prigione a Bologna^ ma purgate con la presenza sua 
tutte le oalunnie, rimase appresso a lui in maggior 
grado ed autorità che prima. Mentre chp queste genti 
stavano a fronte Tuna delf altra, Giamonte alloggiato 
con la cavalleria a Rubìera , i fanti a Marzaglia , gii 
ecclesiastici a Modana nel borgo verso Rubìera, facen- 
dosi tra loro spesse c(M*rerie ,e scaram uccie, il duca di 
Ferrara, il quale aveva prima senza resistenza ricupe-w 
rato il Polesine di Rovigo con Giattiglione, e con le" 
lance Franzesi, riprese senza ostacolo il Finale; e dipoi 
entrato nella terra di Cento, occupata prima dal ponte- 
fice, per la rocca, la quale si teneva per lui, la sac- 
cheggiò, ed abbruciò, è si preparava per andare a 
MI. , i3 



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mùttÀ coxkjG^^ouie/Ver il qual -tiaiore. le g^utì é^ila 
4diiesasi rìtìjrarofio in Modana, avendopiessouoapartQ^ 
delle iinterie nel borgp , d^ è vol];o alla n^mtagiifii. 

Ma e^seq^o il «duca appena ^Ifto^p f fu^ necessiuto^ 4i 
fermarsi a difend^e le cose proprie ; perchè le genti 
Vieneziane ,' iji nuoterò di tr^plitp . uomini . d' ar»B y 
m(^i calatili leggieri e quattromila faati , errino vetmtt 
per a€^sta;;e il passa del^ Po^ e dipoi unirsi coai^. 
genti del pontefice a campo a FJcheruolo*, €asteUo.ìtt 
sul PÒ, piocolo e debole, in^ celebrato qaodto adii» 
guerra che ebbero i Veneziani eoo Eooale duca dì 
Ferrara, p^r ladunga oppiT^^azìiaiiDe di^ftuberto da San- 
Severino , e per la difesa di Fe^^go daca dr Urbino , 
capitani famosissinji di .quella .e]tà.* ' L!Qtt!eiiiierovi Ye-- 
neziani per accordo*, avendolo prin^a, tiattóto con le 
aclìglierie, e dipoi pi^sero la. terra della Stdilata, eht 
è in stilla riva opposita ^ '^ avendo libero il p^sap del Pa 
non mancava à passare altro- che gettare il ponte ; il 
quaW Alfonsa,, che dopo la* perdita della Stellata, si era 
eon.r esercito ridcrtto al fiondino^ impediva si gettfi^p 
con le artiglierie piantate soprar ui» pulita , donde fa* 
cilmente si batteva qu^l liioga; e scorreva» olirei 
questo il fiume del Po con due gal^e, Ae qi^li ppoBto 
si ritìraronob^ perchè non potendo F ^lunata Veneziana, 
impedita da principio di entrare nel Po, percbjè le 
boccke del fiume erano guardate per ordine del duca^ 

' Di sopra nei Lib. yin, quando ha detto die Angelo Triviii&o g^ft^ 
jale dell' armata Veneziana entrò in Po', nominando T antère ilcastel di 
richeraolo , dice queste parole , che son simili alle notate in questo luogo , 
cioè : « Fidieruolo, palazzo più presto, che fortezza, famoso per la Itknga 
<« oppugnazion^ di Ruberto da San Severino capitano dei Veneziani contro 
« a Ercole padre d* Alfonso- » Vedi il SabeUico nel Lib. I della 4 Deca. 

^ V ottennero i Veneziani per accordo, dopo che prima con le artiglierie 
ebbero gettato a terra una porta. Bembo, t 



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CAPITOLO tl&ZQt -^ l5lO- lig5 

venuta per F Adice coiitr' acqua vi entrò, in modo clie 
dalle due armale dei Veneziani era infestato gravemente 
il paese di Ferrara. Ma cessò presto questa molestia; 
perche il duca uscito di Ferrara assaltò quella, che 
entrata per Prlmaro si era condotta ad Adria con due 
galee, due fuste e molte barche minori; e rottala senza 
difBcultà, SI voltò a ' quella, che non avendo se non 
foste e legni minori, entrata per le Fornaci ^ era venuta 
alla Pulisella* La quale volendo per un rivo vicino 
ridursi nell* Adice fu impedita di entrarvi per la bas- 
sezza delle acque; donde assaltata, e battuta dalle arti- 
glierie degl'inimici, la gente, che vi era, non potendo 
difenderla, F abbandonò, attendendo a salvar se e le 
artiglierie. 

In questi movimenti delle armi temporali comincia- 
vano a risentirsi da ogni parte le armi spirituali. Pfer- 
chè il pontefice aveva* sottoposti pubblicamente alle 
censure Alfonso da Estì, e insieme tutti quegli, che si 
erano mossi o movevano in aiuto suo, e nominatamente 
Ciamonte e tutti i principali dell' esercito Franzese : e* 
in Francia la congregazione dei prelati trasferita da 
Orliens a Torsi , aveva, benché piìi per non si opporre 
alla volontà del re, che molle volte intervenne con 
loro, che per propria volontà o giudizio, consentito^ a 
- . ■ W" *. ■ 

' Qne^t^ af mata era sotto MarcAntonto Con tari no. Mùcenigo. 

* Avanti che il papa scomnnìcjisse il daca Alfonso, scrive \\ Cìovioj che 
avendo esso dnca fatto sna $casa col papa, che non poterà (jartir^i dair 
amici^tta di Fiaocia} il pontefice adirato di^se : vOe cacciamogli d^ addosso I;i 
malattia di cosi iavccchiata setia, a cagione, che ei sia a g^m di pastzo 
aliato eoa le ragioiDe^oU medicine, ,mcorchc ci non voglia.» 

" * Di qaiai vede, qpanio s'ingannano quei legisti, che in tempo del le 
Francesco I di Franda scrissero ^ che la chicca GaUicana mai non avevià 
discordato dalla Romana , e che in qnel regno mai non erano stale eiiesic , 
o rìhelliooi contro ai poutefìd Komani, ^ .7 



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moki atììcfÀì proposit tmvtó »t pohtefiM, ^kklilicàto 
solamente, che, innafizi's^ gli levasse la ùbèidienz»,^i 
mainassero oratori- a fargli noti gli M*tNSbli , -che aveva 
determiifati il clero Gallicano, e ad amffloniHd che i» 
futuro gli ossei'va^se, e che, in caso che dipm eon- 
travvenisse y fù%^ citato ùi concHio,*a} quale Si fecessé 
tnstanza con gli altti prìàcipi, che concorressero tuHe 
le nazióni dèi cri^tìaiit^ CoBCOSS«ro ancora d re focuhà 
di. far graqde ilhposizione di danari' sopra le chiese di 
Francia, e poco poi in un'altra sessione , -che fb tenuta 
il vìgesimo setiiiiio giorno di .scttlembre , intimarono' il 
coiicUb pei^ il principio di n^^xb pros^bnò a -Lione; 
nel qual gioì*no totràf in Torsi il vescovo dì Gur&iac 
ciéevutb con sV ram^édt eccessi vdb sonore, <ìkè ^pavì 
quatiitxrla sua venuta fosse stata luhgamebte desiderata 
ed rispettata. ScH)fi|ri'^ «ncora .^ la divisione Mei 
cardinali contro al pontefice; {>erehè i cardinali di 
Santa Croce ie di Cosenza'Spàgnuoli,'^e i cardìhaK'di 
Baiosa e^San Malo Franzeàì , e FedeHgo cardinale- di 
^n Severino^ lasciato il pontefice, che per la Via^ 
Romagna* andò a Bologna, visitando per il cammino if 
tempio di Santa Maria di I^refó, nòbHistiinio per infr 
nìti miraòoli, andarono coli sua licenj^à per la Toscana. 
Ma condotti a Firenze , é ottenuto salvocTondottò-dai 
Fiorentini, non per aléun tempo 'deterìnìnato^, «ia per 
insino a tanto che tó* revocassero, e quindici di dapoi' 
che la revocazione fesse ultimata ,* soprasedevano crni 
varie scuse di andare piii i|inanzi. Del soprastar dei 
quali insospettito il pontefice , dopo molte ^ instanze 
fatte che andassero a BologUa, scrisse un breve al car- 
dinale di San Malo, e a quel dì Baiosa^e al cardinal 
di San Severino , che sotto pena della sua indegiiazione 



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CAMTpCO XBRZO, — l5lO. I97 

SÌ trasferÌ£^sero sdia ovnrte; et proc^iendp con pia umt- 
suetqdine col cardinal di Cosenza ^ e col cardinal di 
Santa Croce v ordinale chiaro per noMIlk, p^r lettere 
e per coturni, e per le kgadohi'fhe.in nome della 
Slidia apofOolic^ «aveva esercitate , gli conforl&^ou un 
breve a &Fe il tneà^isiiao. I qualindispostit a non i|bhi* 
dis^) avendo if vano tentato che i Fioreiitini conce- 
dessero non solo^ a loro, ma £t tutti i cardinal che^vi vo- 
lei»s^ro venire^ s^lvocdndbtto fetmo per lungo. tempo, 
se ne^andaronp-pe^la via di Lunt&iàna« Milano. 

Ciamont*,fi)attanto per ricuperar Carpi, che prima 
era stato occupato- dalle genti della ^chiesa, vi mandò 
Alberto Pio, e la Palissa con (^atjtrocento lance e quat* 
trbnula fanti; innanzi acquali essendosi messo Alberto 
con^ un trombetto e con pochi cavalli , la letra che 
mplto l'amava intesi^ la su» venuta ' cominciò a tumuU 
tuar^, Per.'il cpiàltimbre gir ecclesiastici, che in nu- 
nféQo lii 'ql|^ranta cavalli leggieri e cìjaquecente fanti 
vi ertno a guardia, si pafrtirono ,. dirizzandosi a Mo- 
dana* : ma seguitati dalle genti Franzesi , che erafio 
S9prayvenitte poco poi, furono al Prato del Cortile^ 
che è quasi in mezzo tra Carpi e Modana, messi in 
fuga, salvandosi i cavalli, ma perdendosi la più «parie . 
dei fiinti. Pareva utile a Ciamonte combattere con 
gì' inimici innanzi che arrivassero le lance Spagnuple 
(le quali il papa per sollecitare, aveva depositato in 
mano del cardinale Regino la bolla della* investitura), 

' Vedesi per Y esempio di Alberto Pio, che come ai presentò a Carpi, la 
terra cominciò a soUerarsi a faror sno, non esser sempre vero quanto dice 
^esto antere in questo medesimo libro, die le sperante dei fuorusciti 
rìescon quasi sempre vanissime. fl medesimo si conferma poche righe sotto 
con r esempio dei Bentivogll presentati a Bologna. Il Moeenigo scrive , che 
Carpi fu battuto con le artiglierie , preso , e saccheggiato dal soldati. 



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1^8 LIBRO^ Ktìaro; ■ 

^ itìitftnzi die le.geirti Yeneziatùe sì unissero bòn ^04 
fe quali, avendo faefcèi cj^ti rfjiari'cofttro alle artigliei^ie 
^ Mk-àm, spèfavano dì avere gittato firesto il ponte. 
Bérbiò si accostò a'^Mbdaila? dove essendosi soaramuc- 
ciato«a''ss^i tm i cavalli leggteri 'dell' uùa parte .e dell' 
altra , non vottérò mai gli eccleskstici , còtiosaei^osi 
inferiori, ùsoù*è oon tutte ie -forste ftic^Ta. Perduta cpiesta 
speiianza, delibeirò' di tnetterq a esecuzione queir ohe 
molti, e princJpalmeDfte ilfte^^tivogH , om^arie ^offerte 
la stimolavano, che e' iton fesse dà consumare tnutiU 
Nfieilte il teai{)o sintomo a cose piccoie (delle quali era 
niolto maggiore la difficultàr ohe la util^),-taa.daassal- 
tìrf^e all'improvviso la sè£{i della gudj^a^ ed il icapo 
prinòipalè , -dal quale prèced^^^o tattte ftiplestiet- e 
pe^if^li'^bssèré di questo moho opportuna -occasione, 
perùhè'ttì Bologna erano pochi soldati- £brestién^ W 
popòk>;molti fautori ^i.BentivogU, la maggior pafite 
sdegll^tti inclinata pìx prjesto ^^spettare.i'onto deUe 
cose, che a pigliare. le armi ^rsdltapom a penux4i^ 
<o contrarre inimicizie nuove : se'^om nonsiitenfeasse, 
pàèsafta 4à pFfesenté occasionte y ^sfere » ^?>ano , perchè 
sopravven(fendo"Me genti , che si aspeélaD^o , 'ò dèi 
Veneziani p degli Spagnuoli, non si potere sperare, 
quando bene Vi si andasse con potentissimo esercito, 
qbel che ora con foBze mtìlto minori èra feGiHssiino ad 
ottenere, . 

Raecoltofadunque insietne tytto l'esercito^ e segui- 
tandolo! Bentiyogli con' alcuni cavalli e con mille 
fanti pagati vda loro, preso il cammino tra il monte e 
la strada maestra, assaltò Spilimberto, casteHo dei 

* Ottocento cavalli, e tremila fanti scrive il Mocenigo , che avevano 
assoldato del suo i BentivQgli. , 



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CAPITOLQi TERZOvr .— 1 5 1 0. 1 99 

cooéi ' A^mgeni , ned <}i?ale>>ef*ano quattrocento £iinti 
mandali dal poateSce ; ma. poV^è. lo j^bbe batto tp 
alquanto, rottende il giorno tìi&desiinp adatti; e*arren- 
dul9(»aegli il^dì seguente Ca»teIfranco,. alloggiò a Cues- 
potano, castello dittante dieci, miglia da Bologna^ 
sòn intenzione di appresentarsi il >]>róssimo^gi0rao alle 
porte-:dì (|uella città. Ni^Ua quale divulgata la sua ve- 
Olita, e ch^^anp con esso iiSentivv^li, ogni-^fisa si 
i^SL piena.di >confusi(ane^ di tunyilta^ gr^'di^inii^ §ol- 
b^vasione afilla <nol>iltà4.e nel pòpolo, t^oijsndp uiid 
fiarte^ ' desi^ettand» l'raltra , la rit^^rnslta dei B^ti^^i. 
Ma maggk^Q confusione e xnéltQ mag^or terirpife 
occitpava gli ^inn;d^ prelati e dei òortigiani', aVve^^i 
iìon ai pericoli delle guer,pe;^ m^ all' ozio e, tAie é^yùCK- 
tjezze di'-Bloma. Ck>rrevai;i0 i*;cardrndi mestissimi v^l 
pontefice , -kknentandosi che avesse Gondot|o; -«e ; la 
sedia apos:tolicà, e lorp.i«.4:%àtp>per>eo|foy e ^s^gg^ayan- 
dolo -609 sonn^a .jnstaìiza V o cohe- filcésse .prov\&edi* 
menti bastanti a difeiv^ersi (il che ih tanta* brevità di 
tempo: stima v>9isp*tmpossilMlej, o che tdittasse<ii\cam- 
porre cqu condizi^im'eno gra^i 1^ cose c^ìi^rimn^ci, 
ì quali sii gij^dicava non doverne èssete àjie%i , ,a che 
ÌDsieme con- leroAsi. partisse da Bologna^ ct)nsiderando 

almeno , se purp il pericolo pj^pprio npn lo moveva , 

• 

* Coiì di *&pfa SI è veduto, che prcseoutidoai Aì beilo Vio a Carpi, qnd 
fleUa lena fecero fiollevazìone , onde ho conci oso , non tempie t-sru-r vero 
qaanto dice éì mtba, che k sperau7'C dfli iooiti^ici tjaasì sempre iiAscono 
vane Ma in quei lungo noterò aìui f^rticolad io questo proposito dei 
fuotmciij. Questa sDl]cvaz:ioiie jioudiiuttto deve intcnJcfii sotamentt negli 
animi, cìùè dje eo tramerò i« ^peran^a ili levarsi dal Joitiìoìo dclhi clitesa, 
il qnalc, dite il Mocer^^o, che ì Boìoguml odi» vano, percìat^c^i> con le 
armi non fa fatto alcun movim£ato;.siccome dice poco disotto che quando 
Ermes Beotivogli si presentò alle porte di Bologna, non si feoe dentro 
alcuna sollevaaione. 



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qotttto importasse^ ftUVsiiore iddk sedia apaaiiKio e 
di tutta la erigami' rdk^one^ se fidila persóna sud 
^tecàdesse smista filciiQo» Del' medesimo l&mip(]Afca-' 
vano tutti i pili intrinsedii e più grati roìUtstri e Me*-^ 
ykori siloi. Égli solo, in tanta eonfusìote e fn'ton«» 
disordiiie di ogni cos^, ii^eertc^ dell' an^Aodd popolò'v 
e mal satisfatto della tardità dei Men&aoku; n^esidteva 
pertinacemente a queste molestie, noit poibndo uè ad* 
che la in&rmità, che conqU^astova ^il corpo, piegaro 
fai fi>rtezza deli' animo. Aveva Itiel princifHO fiitto v^xàtn 
Marcantonio Cìolonna con una parte dei soblàli dv^ 
er^no a Moderna , e chiamato a $^ Girolaiiio Donato 
ambasciatore dei Veneziani* si erar con esclamazaoni 
ardentisiàme lamentato^ che per la tarditi degli aititi 
promessigli tante volte si era lo statole la^ persona *siUj|i 
condotta in tanto perieolo; non sòlamentt co^h^giUr 
tiUidine abominevole in quanto a lui (ch^e prinjcìpal-^ 
mente per salvargli aveva presa la guerra, '^tphe Coiì 
gravissime spese e 'pericoli, e eon l'aversi pcovÉiDati 
inimici r imperio e il re di Franlcia, «ra statte^^aaagicme, 
che la libertà loro si f(a(sse conservata inSinò a ^nèl 
giorno), ma oltre a questo eon imprudenza inesfimahile 

' Perciocché il papa alenili di^ scrìve il Bembo, ca^oncyole della per* 
sona era, per questo non dava tempo agM ambasciatori Veneziani Hi. Tisi- 
tarlo, e fare le provvisioni necessarie per difesa della città, ^ggiogne a 
questo, che Francesco Aljdosto cardinale di Pavia , èhe a nom^ del papa 
la città governava, e grandemente a favore dei Franzesi erai con 1* opera 
dei camerìerì 'di Ini , impediva che non gii si potesse parlare j talché ver- 
rebbero a essere ingiuste le querele, che in questo luogo sono descritte, 
che il papa h contro ai Veneziani. Ma dove qui dice, che ei chiamò a se 
Girolamo Qonato , il Mocenigo scrive , che il papa disse agli oratori Vene- 
ziani, Domenico Triviumo^ e Leonardo Mocenigo padre dell'autore, che 
se r esercito Veneziano per tutto il giorno seguente , che era ai 1 5 di otto> 
bre, non avesse passato il Po, e non fosse venuto a Bolognli , egli si sa- 
rebbe accordato eon i (•"ransesi. 



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CAPITOLO ,T»R^O. l5tb. %0^I 

in quanto a se stessi. Perchè da poi che egli o fosse 
vinto, o necessitato di cedere a qualche composizione, 
ili che speran2a di salute, in che grado rimarrebbe 
quella repubblica? protestando in ultimo con arden- 
tissime parole , che farebbe concordia con i Franxesi , 
se per tutto il giorno seguente non entrava iti Bologna 
il soccorso delle loro genti , che erano alla Stellata; 
avendo, per la difficultà di gìttare il ponte, passato iu 
su varie barche e legni il Po. Convocò ancora il reg- 
gimento, e i colleg] di Bologna; e con ' gravi parole 
gli confortò, che, ricordandosi dei mali della tirannide 
passata, e quanto più perniciosi ritornerebbero i ti- 
ranni stati scacciati, volessero conservare il dominio- 
delia chiesa, nella quale avevano trovato tanta beni- 
gnità; concedendo per fargli più pronti, oltre alle 
concedute prima, esenzioni della metà delle gabelle 
delle cose che si mettevano dentro per il vitto umano, 
e promettendo di concederne in futuro delle maggiori; 
notìficando le cose medesime per pubblico bando, nel 
quale invitò il popolo a pigliare le armi per la difesa 
dello stato ecclesiastico ; ma senza frutto , perchè 
ninno si moveva, niuno faceva in favore suo segno 
alcuno. 

// Perciò, conoscendo finalmente in quanto pericolo 
fosse ridotto, espugnato dall'importunità e lamenta- 
zioni di tanti, e instando oltre a ciò molto appresso a 
lui gii oratori di Cesare, del re Cattolico e de! re 
d'Inghilterra, pregato dai cardinah, consentì si man- 
dasse a domandare a Giamonle, che concedesse facultìi 
di andare a lui sicuramente, in nome del pontefice, a 

■ Con parole di questo Kftioi'* mi Je*iino oonforfa 1* ulejfio papa i mede- 
:iiml fiologneeù, dibatto iti questo meUctsImo Libro IX. 



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ij0« ' 1.ÌB90 mmo. 

GtoVanfràneesoo Prco «oonle deHa Muaindoki ; ^eipowhe 
otiie dipoi mandò egH medesitiio ima dei saoi cameiierì 
a ricercarlo che maiidasse a lui Alberto da GaFpi, bob 
sapendo che non Cosfse nell' esercito. £ nel tempo me^ 
desfflfio, acciocché in .ogni>caso si s^ly^serole oose 
più prezìosedel pontificato , nkandòXorensdiSttccì 9110 
ddtario col regno {chia^fuino così la mitria priws^ale)^ 
die era pieno di ^g^ìiienobiUssiiì^e, perchè si cuaisodisse 
npl famoso monastero delle murate di Firenze. Sperò 
Ciamonte per le richieste fattegU,; che il pontefioe in«- 
clinasse aUa conccu'dia; la qualeessp, perchè sapeva 
essere così la mente del re, molto desiderava; e,; pei' 
*non perturbare questa disposizk>ne, ritenne il giorno 
seguente ¥ esercito nel medesiiBo^llog^amento, beni- 
che permettesse che i Benttv<Kgli con 'polci cavalli di 
amigi e seguaci loro , seguitan^gli alquanto da lontano 
cinqt^BKita lance Franzesi', corressero insUio appresso 
allq miire 41' BQlogna e per la venata dei quali, .con<- 
tuttoché Herme# minore, ma il pia feroce dei fratalii, 
si apfNrosen tasse allato alla porta-, * non si fece dentro 
movimento alcuno^ , 

Udì Ciamonte benignamente Gioyanfrancesoo dalla 
Mirandola, e lo rimandò il dì medesimo^ a Botola .a 
significare le jeondìziOni, cptt le quali era contento di 
c^veteire : che il pontefice asaolvesse^lfonso da ^ti 
dalle censure, e tutti quegli, che per qualunque ca- 
gione si erano intermessi nella difesa sua, o nella offev^ 
dello stato ecclesiastico : liberasse medesimamente, i 

' Si verìfica la es|>osìzione , che ho data ^le parole poco sopra dette, 
che .facendosi sollevarÀonein BcJagtia per -Parmo à» Bentlv'ogU, npn 
s* i^itendesse altro cìj^e 4egH auioi^ e delle speranse, poiché con le avmi , 
come^qm dice;^ non fa fatto, presentandosi Ermes alle porte, sollevamento 
alcano. , 



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CAPITOLO TBRZO^ — l5lO. Ìo3 

BéntiTagli dalle oettsure, e daiìe taglie^ r^titìiéiKloi 
beni'ohe nramfestaneiitead essiapparteoevai^ : degli 
altri, posseduti iniiaii^i all' esilio si oonoseeese in giur 
dizio; e che. avessero facultà di abitare in qualunque" 
.^ogo piacesse lora/purcjiè non si appropinquassero 
ad'Ottanta miglia a Bologna : aoa sì alterasse nelle cos,e 
dei 'Veneziani quello che sì disponeva nclb confedera^ 
a^one-iatta a Gambrai : die tra il pontefice .e Alfonso 
da Esti si sospendessero le amù almeno, pei: sei mesi , 
rtt^n^do ciascuno cpiello possedeva, nel qual tempo 
le differenze loro si decidessero per giudici, che si 
dove^s^ro deputare concordemente, riservando a Ge- 
^r«:la cognÌBÌoiie delle cose di Slctdana , la quale 'città 
sì deponesse in<^ontinente in su£^ mano^Qojtignuola si 
resbtuiiss^ al re Cristianissimo : liberassesi* il c<'^inale 
di-<Mis : perdopassesi ài cardi^aU assenti; ,e le collazioni 
dei benefizi di ^utto Jl dominio ^^ re di Francia si fa- 
ceMSsero secondo la sua nominazione. Gon la. qu^e 
^ispi);sta essendo ritornato il. Mirandolano-, nia non 
senza speranza che Cìamoute non persisterebbe rigO'^ 
rasamente in tutte queste cS^dizioni^ udiva pazÌQ|ite- 
raei^ il pontefice: contro alla, sua qohsuetudine la 
relaziome , e insieme i .preghi dei;càrdipali , .ehe con 
ardoi^ inestimabile lo supplicavano, che quando non 
potesse ottener^ miegiio^ accettasse in questa maniera 
la composizione* IfHn da aljbra parte y lamentandosi es- 
sergli proposte cose troppo. esorbitanti, e mescolando 
in ogni parola doglianze grayi^sime dei Veneziani, e 
dimostrai^do di stare sospeso, consumava il eh senza 
esprin^ere- quale fosse la sua deliberazione. Alzò la spe- 
ranza sua , che * alla fine del dì entrò in Bologna Chiap- 

' Entrò Ghuppioo Vitelli in Bologna la sera dei 1 3 di ottobre di qaesto 



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io4 * LmtiQ^ nono, 

pino Vitelli^con^ seicento qavalli leggieri éA VcMziaWt 
^ una squadra di Turclii , che erano ai saldi loro ; il 
quale partito, la notte dalla Stellata. era yemito gal^r 
papdo per tntto il canunino, per la somQia prestezza 
impostagli dal govematoije Yenezi^uiio.^ lia mattina m^ 
guente alloggiò Giamonte con tutto l'esercito al. potiti 
a^ Reno vicino a. tre miglia a Bologna, dove andarono 
subito a lui i segrétarj^degli oratori dei re dei.&omdni, 
di Aragona e d'Inghilterra, epoca dippi gli aiiii)asQÌ«i- 
tori medesimi, i quali quel giorno, e con lorp Alberto 
Pio venuto da (^pi , ritornarono più ^oltfi al ponter' 
fice, e a Giamonte. • . 

Ma era nelF uno e nell' altr<^ variata non medioere^- 
mente la disposizione ; perchè Giamonte , mancandogli 
per la esperienza del giorno dinanzi la speranza di sol- 
levare per mezzo dei Bentivogli il popob Bolognese, e 
cominciando a sentire strettezza d'^ vettpvq|g}ie , la qual^ 
era. per diventare còntinpamente maggiore, diffidava 
della vittoria; e il pontefice inanimito* perchè il popc^o 
scoprendosi favorevole alla chiesa avevU finalmente il 
giórno medesimo prese l^armi, e perchè si> aspettava 
che innanzi al principio della notte entrasse in Bologna ^ 
oltre a dugatito altri stradiotti dei Veneziani, Fabbrizio 
Colonna con dugento cavalli leggieri, e una parte d^g^ 
uomini d' arme Spagnuoli , non solo conaBceva essere 
liberato dal pericolo , ma ritornato nella consuatà alte- 
rezza minacciava di «assaltare gli inimici, subito che 
fossero giunte tutte le genti Spagnuole ,>cbe erano vi- 
cine. Per la quale confidenza ' rispose sempre quel 

anno iSio, e con Ini (a Filippo. GonUurino ool soceorao dei seicento ca- 
valli, per il quale parve ^ che il papa ripigliasse ardire, aicoome scrive il 
Mocemgo, 

* Scrive il B^mho, che il papa, oltre a qneato socoorao, avato avviso, 



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CAPITOLO TERZO. — i5io. ao5 

gìonfro' nìiJn mezzo esservi di concordia, se il re 'di 
Francia nfon si ^bbligaya ad abbandonare totalmente 
la difesa di 'Ferrara. PropoSersi il dì* segumite nuove 
condizioni, per le quali ritornarono a Ciamonte i mede- 
simi ambàébiatori/ le quali si disturbarono per varie 
dlflScultà : di manierar che Cianionte , disperato di po- 
tere fare più o Colle arriri, o per i trattati della pace 
fruito alcuno, ed essere difficile a dimorare quivi, 
diminuendogli le vettovaglie ; e cominciando ad essere 
pet* il sopravvenire della 'vernata i tèmpi sinistri , ritornò 
il giotlQo medei^imo a Castelfranco, e il giorno pros^m^ 
a Rubie^a ; dimostrando di farlo ' mosSo dai 'preghi 
degli oratoli , e per dare al pontefice spazio di pensare 
sopra le 'cose proposte, e a se d'intendere la niente 
dtì re. * 

' Accusarono ili questo tempo molti la deliberazione 
ilt Ciamonte d' imprudenza ; la esecuzione di negli- 
gènza; conte se, noti avendo fbrze sufficienti a espu^ 
grfàre^logna; conciossiachè nell' esercito suo non fos- 
sero piti 'di tremila fanti, fosse stato inconsiderato 
consiglio il muòversi pfer i conforèi dei fuorusciti, "le 

eh» l^e^r«|to Vencsii^no aveva pasiaio il P^; e veduto, che era veniito a 
lui Fabbnsìo Colonna con 3oo cavalli mandati da Ferdinando re di Spa- 
gna, si alzò in tanta speranza, che partitagfi la febbre fece pobblicare, che 
eglKfcemnnictfv»}V^n vaestro di Francia, e tnttii Franzeti,* se da iìldi 
innanzi in p^te alcuna le oo6e del dnca Alfonso difendessero. '» 

' Per quel die si vede nell* istorie del Mocenigo convenne partirsi anche 
Ciamonte del'Bolognese, non per i preghi, ma per le minacce dell* oratore 
del re tTInf^ilterni, il qaiM bravando disse, che se i Franzesi non p^ti- 
v^o dal terreno del papa , la confederazione fra Inghilterra e Francia si 
sarebbe sciolta. 

*'lji spei^atize dei fbornsati ^ono misurate più col desiderio,^ che con 
la ragidne , é però spassò sono vane , il che quantunque' di sopra si sia 
veduto non essere totalmente vero , per l' esempio di Alberto Pio , nondi- 
meno perlò pikè veHtoimo) come si ha da Plàtano, da £«pfo, é dagli 



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200 LIBRO irOJTO. 

sperante dei qujfli , ttiisurate più col desiderio che oó» 
le ragioni, riescono quasi sempre vanissime : avere 
dovuto almeno, se pure deliberava di tentare questa 
imprese , ristorare con' la presteieza 'la debolezza delle 
forze : ma per contrario aver-e corrotta la opportunità' 
don la tai'dità; perchè, dopo l'indugio dei muoversi 'dtt> 
Peschiera, aveva perduti inutilmente tre o. quattro (tì^* 
mentre che considerando la impotenza del suo eserdtoy 
stava so]»pe^o o di tentare da se medesiaio , o di.aspet-» 
tiare le getoti del duca di Ferrara, e GiattigUone còn'le 
lance Franzesi. Potersi for«e questo difendere ; m^ com^ 
mai potersi scusare che , preso Gasielfiranco , non 'si fosse^ 
subito accostato alle porte di Bologna, ne data spazio 
di respirare a una città, dove non era ancora enCrato 
aliun soccorso, il popolo sospeso, e grandissima , cóme 
accade nelle code subite, la confusione ; e il terrore? 
mezzo unico, se alcuno ve n'era, a fargli ottenere'^ 
vittoria, o oneétà oom^osizioiie. * / 

Ma sarebbe per i^vventùra minore spesso l'^aiftorilàr 
di quegli , the riprendono le cose infelicemente siicce* 
dute , se nel tempo^ medesimo' si potesse -sapere quel 
che* sarebbe accaduto, se sì fosse proceduto diversa 
mente : perchè molte volte si conoscerebbe , che sa- 
rebbe quando, giudicando le t^ose incerte, affermano 
che se ^ fosse procedilo ih questa sforma , ò se si fosse 
proceduto altrimenti , sarebbe risultato l' effetto che si 
desiderava , o non avrebbe avuto luogo quel che ora è 
accaduto. 

Partito Giamotite^ il poateBce infiammato sopra modo 
contro al re si lamentò con tutti i prindpi cristiani, 

ahn per P estmpio di TemUfcòdfe At«iiiese a Damo , di Alessandro re di 
Epiro ai Lucani, e di altri. ' ' * . * ^ 



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CAPITOLO TRRZOi — *•. l5lO. ao^ 

éhe. U re <S Francia nsancfo ingiqstaniente^ e caiHro^ 
alla* verità dei &tti, il titolo e il nome Cristìanissiiao , 
aprezzando ancora la confederazione con tante solen-» 
nità "fatta aCambrai, mosso da amhisiocie di occupare 
UaUa, da sete scellerata del sangue del pontefice Rq- 
nmno^ aveva mandato l' esercito ad a8sediark> con. tutto 
il collegio dei cardinali, e con tatti i prelati. in Bologna. 
E ritornando con animo molto maggiorje ai pensieri 
della- guerra, negò agli ambasciatori, i quali ^ segui*- 
tcmdo i ragionamenti cominciati con Ciamonte, gli 
parkvano della concordia , volere udire più. cosa al- 
cuna, se prima non gli era data Ferrara. E .ccfntuttocbè 
per le fatiche sopportate in tanto accidente , e col corpo 
e coli' animo, fos«e molto aggravata la* sua infeiimità, 
cominciò di nuovo a soldare gente, e a stiTpolare i Ve^ 
neficiani^ che finalmente avevano gittato il ponte tra 
•Fic^eruolo e la Stellata , che mtodasèero. sotto il mar-? 
'éhese di Mantova parte delle loro genti, a Modana adr 
«mìpsi con le sue, e con l'altra parte molestassero Fer^ 
cara; affermando che in pochissimi dì acquieterebbe 
Reggio, Rubiera e Ferrara. Tapdarono le genti Yener 
ziane a passare il fiume, per il pericolo nel quale 
sarebbero incorse, .m, come si dubitava, fosse soprav- 
venuta la morte del pontefice; ina costretti finalmente 
a^ cedere/ alle sue voglie, lasdiAte le altre genti in siilU 
rive di là dal Po, mandarono verso Modana cinque- 
cento uomini di arme , mille seicento cavalli leggieri e 
cinque mila fanti , ma senza il marchese di Mantova , il 
quale, fermatosi ' a Sermidi a soldare cavalli, e fanti 

' Alla villa Felonica, dice il Moeenigo, pos^a tre miglia sopra Sermidi^ 
ma il Bendfo dice a Sermcme, viUjiggio posto sopra .1^ ripa del Po , con 
Fed^'go Cotttarino. \ 



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%é9 %ì9Bo.mmo. 

pgr aiìAire^' come ^^eva dipoi, aH^eseN^to, bènebè 
sospetta gfò atTam^fflatii la sua 4arditè^n cosdusse a 
san Felice, castello del Modanese; dove avuto avviso 
cke i Franzesi^ ohe erano in Verona, erano entrati a 
predare nel contado di Mantova, allegando la neces- 
sità di difendere lo Itato stoo, se ùe tornò cbn Koéllm 
del pontefice a Mantova ^ ma con querèla gr&ve dei 
Veneziani. Perchè , «ncom che avesse promesso di rì« 
tonnare prestò^ insospettiti della sun fede , crédevano ^ 
come similmente fu credito quasi per tutta Italia , ohe 
Giamonte, per dargli scusa di non andare all' eses^kó , 
avesse con sua consentimento isti» correre i soldati 
Franzesi nel Mentovano ;ia quale sospizione si i^ccreh- 
be , 'perìchè da JMantova, scrisse al pontefice essere per 
infermità sopravvenutagli* impedito a partirsi 

Unite che. furono tntoi'no a Modana le genti del- 
pontefice, leyénèziane, e le lance Spagnuote, non si 
dubita, ée senza induco si fossero mosse, che Già» 
mónte , il quale quando si parti del Bolognese aveva , 
per diminuire la spesa , lìeenziati i fanti ttaliani , afirrebbe 
abbandonata la città di Reggio, ritenendosi la citta- 
della : ma preso animo per la tardità del* moversi, co^ 
minctò di nuovo' a sgridare &nti con deliberazione di 
attendere solamente a ^uardare.Sassuolo , Rubiera, 
Reggio e Parma. Ma mentre «che quello esercito sog*. 
gioma intorno a Modana, incerto ancora se avei^se ad 
andare innanzi, o volgersi aFernura, correndo alcune 
squadre diqudle della cliiesi^ verso Reggio, messe in 
fiiga dai Franzesi, perderono cento eavalli, e fu fatto 
prigione il conte di Mateficai Nel quale tèmpo e^sfendp 
il duca di Ferrara , e con lui Cìattiglione con le genti 
Franzesi, alloggiati in sul fiume, del Po tra lo Speda- 



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CAPITOLO TERZO. l5lO. StOQ 

letto e il Bdndmo, opposito alle genti dei Veneziani > 
eke erana .di là dal Po^ Tannata loro volendo per i'às- 
I^IMia d^^empo. e per essere male provveduta da Ve- 
nezia, «ritirarsi, assaltata da molte barche di Ferrara^ 
che con l' artiglieria mess^o in fondo otto legni, si 
condusse con difBcultàa Gastelnuovo del Po, nell^ fossa 
€b» va nel Tan|u*o e neU' Ad^ce, e dipoi .si risolvè. 
Comandò poi il pontefice che l' esercii, il^ quale, .non 
vi essendo venuto il marchese .di-Maq^óva^ governava 
Fabbri^ Cioloni^a^ lasciato a guardia di Modana il 
4ueii di Urbino, andasse a dii^ittura a Fei9*ara , dando ai 
^pitasi^ che Unitamente dannavano questo cftn^glio, 
^[>eitan2a quasi perta , cl^àl.pqpolo tumulti^erehbe : ma 
il dì medesimo- ohe si ^i^O, mossi i*itoi;narono indietro 
per suo comandamento , no|l si ^^endo quel che lo 
avesse indotto ja sì subita mut^ione, e lasciati i primi 
disegni , andarono a campo allji terra di Sassuolo, ove 
CiamoQte aveva mandati ^ cinquecento fimtiGuasooni. 
La quale avendo battuta due giorni c^n giubUlo graride 
del pontefioe, che sent}yar dalla 'camera ipedesima il 
tuono dell^ -«artigUerie spe intocno a Sassuolo , dalla 
qMle aveva pqfihi«gionìi innanzi, sentito cop gravis- 
simo. dÌ3piacere il tuoi\o di ^elle d^gF inimici intorno 
a Spilimb^rto , gU dettero l'assalto» Il quale con picco- 
lis^a difficultà sjaecedette felicemente; perchè si dis-» 
ordinarono i fimti che vi erano dentro, e appresentate 
poi .siy^ito le artiglierie alla, fortezza, , doveri erano 
ritirati, e cominciata a bàtterla, si arrenderono quasi 
subito senza dlcun patto , con la medesima infamia ed 
infelicità di Giovanni da Gasale (che era loro capitano), 

' Quattrocento Franseti dice il Bembo che erano, a f^rdia di Sàa. 
anolo.' ' \' * . 

III. l4 

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a La LIBRO UOffO. 

e^e, aveva sentita quando il Valtntipo oeaupò la rocca 
di Furìì ; uomo di vilis^ma na^ney^ma pervenuto a 
qualche grado onorato j perchè nel fiore della età era 
stato grato a Lodovico Sforza.,. «e. dipoi limoso per 
r amore noto .di quella madonna.. .% 

Esgugiiato Sassuolo, pcese l'esercito Fornugine; e 
volendo il poiHefioe eh§i anda^N'o a pigliare Montei;* 
chio.y terra foi^e e importante , situata tra la strada 
maestra f la montagna, in sui condii dir Parma e di 
Reggio , e che era tenuta dal duca di Ferrara , ma parte 
del territorio. i^i Parma, ricusò Fabbrizìo Colonna, di** 
cendo essergli prcùbito dal suo re il molestare le giu**- 
risdizioni delllmperio* Non provvedeva a questi disor*-* 
4ini Cìamontè; il qual^ lasciato in Reggio * Obigm con 
cinquecento lance, e con duemila fanti Guasconi, sotto 
il capitano Molardo, s'era fermato a Parma, avendo 
ricevMte nuove comfiissioni dal re di astenersi dalle 
spese : perchè il re, perseverando nel preposi to'di tem-^ 
poreggiarsi insino.alla primavera, non faceva allora per 
le cosa di qua dai. monti provvedimento alcuno. Onde 
declinando in Italia la sua riputazione, e ^ventandone 
maggiore. l'animo dagl'inimici, il pionjffice impazì^ijle 
che le sue genti nop procedessero più oltre ) né animet» 
tendo le scuse ^ che della stagiohe del tempo, e deir 
altre difBcultà gli lavano i suoi capitanai, chiamatìgtt 
tutti a Bologna- propose si an(ksse a campo a Ferrara; 
approvando' il parer suo solamente gli ambasciatori 
VeneziaRi, o per non Io sdegnare contradicendogli, o 
perchè i soldati loro ritomassero^più vidini ai confini : 

' Qaest^ Obigi^ è qnell' Eberardo Obignino Scozzese , di cai tanto ha 
parlato di sopra* n^e guerre fatteì.fra, il ce di Francia, e di Spagna nel 
regno di Napoli , e fn governatore della Calabria. 



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CAPITOLO TMZO. -^ l5lO. 2Xt 

damumdolo tutti ^ altri , ma in vano; percRè lum con- 
sultava più, ma comandava. ^ - 

Fu adunque deliberato che si andasse col cainpo a 
Ferrara 9 ma con aggiunta, che per imp^ire ai Fran- 
zeai il soccorrerla , $i tentasse , in caso non apparisse 
molto- dtffieile, la Mirandola; la qual terra insieme con 
la Concardia, signoreggiata dai figiivoli del conte Lo- 
dovico Pico , e da Francesca madre e tutrìce kiro , si 
conservava sotto la divozione del re di Francia ; seguv 
tando l'autorità di Gìaniacopò da IViulzi suo padref 
naturalo, per la cui opera i piccoli figliuoli ^e avevano 
da Cesare ottenuta la investitura. Av^^a il pontefice 
molto prima ricevutigli , come appariva per un b^eve, 
nella sua protezione : ma $i scpsava che le condiitìpni dei 
tempi presenti lo costrignevano a procurare che queHe 
terre non fossero tenute da persone sospette a sé, ofTe- 
raodo, se volontariamente gli erano concedute v di res- 
tituirle jgpine prima avesse acquistato F^rraiia. Fu du- 
bitato insino allora (la quale dubitazione s} ampliò poi 
molto più) die i( - cardinale di Pavia , sospetto già di 
avere occulto intendimento còl re di Francia , fosse 
stato artificiosamente autore di questo consiglio per 
interrompere con la impresa della Mirandola l' andare 
a campo aF'errara : la qual città non era allora molto 
fortificala , né aveva presidio molto grande , e i soldati 
Franzem stracchi col corpo e con l' animo dalle fatiche, 
il duea impotènte f fi il re alieno dal farvi n^iggiori 
provvedimenti. 

Ma mentre che il pontefice attendeira con tanto ar- 
dore alla espedizione della guerra, il re di Francia, 



I aneo il B€mbo qa«4to ^rdìiuile di Pa^a, che grandemente fa- 
vorisse i Francesi. Il che ho notato poco di^sopra. 



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ita u^kQ w(ffSQ% 

intento pi!t atte pi^itohe ohe alle anni, cQ|itfiiu«ra*4i 
ti^attare col vescQsro di Gursia le cose oomtnciate.. Le 
quali dimostratesi tt principio inolto faciU procedet- 
tero in maggiore loiigliezza, per la tardità deUa m^^ 
poste di Cesare, e perchè dubitando del re -di Aragoas 
(il quale , olti*e alle altre azioni, avè^ di ntu>vo % sotto 
colore che verso Otranto si fosse «coperta V armato dei 
tirchi , rivocate nel regni» di NapoU le genti sue ebe 
erano a Verona), giudicarono Cesare e il re di Frai»- 
cia necessario di accertare della ixiajfUe sua, così circa 
la co]Btiiiu|izioQe della lega di Ganibrai, come in c[uetto 
che «i avesse a fare col pontefice , perseverando ^gli 
Bella congimzione con i Veneziani , e nella ;cupidùà 
di acqiiistare imm^iatameujte alla chiesa il^^ipaiiiio di 
Eerrara. Alle quali dimande rispose dopo spazio di 
qualche, giorno il re Cattolico , pipando in un temfpo 
medesifiu) occasione di purgare molte querele , cke da 
Cesai*e .e dar re di Francia si bevano di Jgk aver^ 
Gone^uto le treccilo lance al pontefice , perla obbli-^ 
gazioiie delta investitura, e ad effetto solamente di4ìff 
fendere lo stato della chiesa, e ricuperare le "cose ohe 
erano antico feudo di quella : avere rivocato le gpnti 
di arme da Verona, perchè era passato* il tannine, per 
il quale le aveva promesse, a Celare ; e ncmdim^io dhe 
non Tavrebbe rivocate, se non fb^se stato il sospetto 
dei Tivchi : essersi interposto l' onitece suo a Bologna 
con Ciamonte insieme con gli oratori air accordo, non 
per dare teinpo ai soccorsi del pontefice, ma per ri- 
muairere tanto incendio della cristianità, capendo nia&- 
siniamente essere al re molestissima la guerra cob~ kr 

' Erano Tenoti ver]iment« i Tarchi a Oùranto, e a Taranto , «ome scrive 
il Mt^eni^ t con qjDaUro galee^ ctnqae-foate, e dodici brigantini. 



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CAPITOLO ^I^ERZO» l5lO. . aiS 

ckièsa : issare statò senipi*e nel medesiiiio prò]posìk> 
dì adempii^ quél cHe era stato pi^omesso a Cambrai , 
e Toletlo fare ih ffattrro'moko.pm, aiutando Cesare 
eon cinquecento lànce é duemila fanti contro ai Vene- , 
flìani^: noa essere già sua intenzione di legarsi ahiuove 
obbKgazioni , né restrigtiersi a capitolazioni . nuove , . 
perchè non «e vedeva alóuna urgènte cagione; e per- 
dile, desideroso di conservarsi lib^o par poter-'&re 
la gueita cohtm agF4ofedipK di .A^^ica, non voleva 
accrescere i perìcoli e gli affanni della* cristianità, che 
avevli bisogno di riposo : piacergli il. concilio, e la ri- 
ft>rfiiazió]ie df^lfo chiesa, quando fosse universale,, è 
dkè i*tempi*Rén repn^^na^ro (e di quésta sua dispo- 
sizione ninno essère migliore testimonio dd Te di Fran< 
eia , per quello che insieme ne avevano ragionato a 
Savina); ma i tempi essere molto contràrj 5 perchè ik 
fondamento ^ cbncilj era la pace e la concordia ^ra;; 
i cristiani, non potendosi sènza la unione delle Volonlft 
convenire cosa alcuna in beneficio comune; né essere . 
degno, di làttie t;omlnciare il concilio in tc^npo, e hi-. 
iMEtiiera, che paresse cominciarsi pia per sdegno e. 
per i^ndetta, che per zelo.o dell'onore di Dio , o deHo 
stato 'salotifèt'o dlsHa repubblica cristiana. Diioeva, oltre' 
a questo separatamente agli oratori di Cesare, parergli 
ghive aiutarlo conservare le terre, percfifè dipoi per' 
dsmarì le concedesse al re di Francia»," unificando e^^^ 
pressai«0nte di V^onà, • ^ ^'' . ' * ' 

Intéisa adunque per questa rispQ^a la intenzione del 
re ^Cattolico , non ^tardarono più Gurgense * da. una 

' Discorre il Mocenigò sopra altri trattati atti pylma di aprire il oon- 
cIlÌQ^in Troa, eittà della Vrancta, contro il papa, di che furono auCi9ri \ 
canfinali roomaciti, di }>ei ch« in 1<ìoib« htofuo proposti largki partiti 



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ai4 LIBRO NONO. 

parte in nome di Cesare, e il re di Francia dall'altra 
di £)re nuova confeder»eione, risetbata fiicultà al papa 
di eiìtranriàn fra due mesi pro8$imi, e al re Cattolico e 
al re di Ungheria in fra quattro. Obbligossì il re di 
ìpiagare a Cesare ( fiondamento necessario alle conre»* 
^ni , che sì &ceiraq0 cob lui) ^^arte S& presente, patrte 
in tempi , centomila' ducati.' ;Promè8se*Gesare di pa»>» 
saie alia primavera in Italia con tremila cavalli, e die* 
cimila fanti contro ai Veneziani, nel qual caso il re 
fosse obbligato a« spese proprie mandargli mille da^ 
geqto lance e ottomila fanti, con provvedintento suffi-* 
cienté di artiglierie, e per mare due galee sottili e 
quattro bastarde : osservassero la lega fiiktta a Cambrai, 
è ricercassero in nome comune alla osservanza del me* 
desìino il pontefice e il re CattcJico; e se i( pcmtefice 
facesse difficultà per le cose di Ferrara , fosse il re to^ 
nulo a stare contento a quello che fosse consentaneo 
alla ragione ^ ma in caso dinegasse la'rìchiesta loro , si 
proseguisse il concilio, per it'^qu.alé Cesare dovesBe 
congregare i prelati dì Germania, oome aveva il re di 
Francia fatto dei preiati suoi, per procedere più' in^ 
nanzi secondo che fosse poLdelibevato da loro. Won si 
' trattò in questa convenzione dei danari prestati dal re 
e Oesare , he dell' obbh'gaztone acquistata sopra .Verona ; 
ma $i credeva il ré ne avesse* rimosso l'animo dall' 
appropriarsela^ sapendo quanto Cesare fbs^e desideroso 
di Hftmerla. 

Pubblicate le convenzioni, Gurgense molto onorato, 
e* ricevuti grandissimi doni , se ne ritornò al suo prin- 

contro al papa , e ai Veneziani , cioè di ciwieeilere al re éA Spagna, Cipro , 
Candia, Covfvt e Venezia; a Cesare, Vicenza, Trìvigi, il Frìoli e Padova; 
* al re ^ Fcancia > Lacca , Siena , ' Fiorenza e Mantovft, 



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CAPITOLO TERZO* — i5io. ai5 

hìpe; ed il Ire, eoi quale BQoysnafiente ì cinque càrdi- 
nMi cbe proeuravamo il concilio avevano convenuto , 
tìbe uè ^li senza contsefiso loro, né casi senza consenso 
suo concordertòbero col pontefice , dimostrandosi con 
le parole molto acceso a passare personalmente in Ita- 
lia con tale potet^a, die per molto teiispo assicu- 
rasse le cose sue, le quali perchè prima non cades- 
sero in tnaggiore* dedicazione', commesse a Ciamonte 
che non lasciasse perire il duca di Ferrara , il quale 
^«ggiunse oftècenlo i&nti Tedeschi alle duge'nto lance , 
che prima vi^eri^io con GattigKone< Da altra parte 
r esercito del pontefiot^ , peichè furono &tte benché 
l^ilamente le provvisioni necessarie, lardato alla guar* 
dia di Modana ^rcantonio Colonna c^n cento uomini 
di arme, quattrocento cavalli leggieri- e duemila cin- 
qiiecento fadti,^ndè'a campo alla Conìcordia, W quale 
pr^sà per forza il*hìedésimo giorno , che vi furono pian- 
tate le artiglierie, e poi ottenuta a patti la fortezza, 
» accostò alla Mirandola. , • 

Approssiinaivasi già U fine dd mese di decembre,e 
per sorte la stagione di queU'anqo era -anche molto 
pìh aspra ehe ordinariamente non suole essere; per il 
^he^ e per essere la terra forte ^ e perchè si credeva 
die i Franzesi non doveséerò lasciare perdere un luogo 
tanto opportuno , i capitani principalmente diffidavano 
di ottenerla. £ Dondìm^ò tanto* certami^iìté ^ pro- 
metteva il pontefice la vittoria ài tutta la guerra, che 
tnandando, per la discordia che era tra il duca dVTJr'* ' 
hìno e ilciatdinale di Pavia, legato nuovo neir eser-> 
cito il cardinale di Sinigaglia , gli commesse in presenza 
di molti , che soprattutto procurasse , quando V eser- . 
cito entrava in Ferrara, si conservasse quanto $ipo- 



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il6 UBROKÒNO/ 

teva quelta città. CoàimcimtHio a ' tktire cóntro 'adbe'' 
Mirandola lè artiglierie il quarto' ]giomo poi cheP eser- 
cito si- i\ì accostato^ ma piit^doniotd sinistri ed in- 
comodità dei tempi, è délle'vettovagfie, le quali ve- 
nivàiMi al campo ècarsàménte' del Modanese* perchè 
essendo state messe in Onastalla ttnqcianta bnce de' 
Franzesi, altrettante ìtì Coreggio, e in Carpi dugentx) 
cinquanta, e avendo rótto p«F tt^tto i ponti ,' e occu- 
pati i passi donde potevano venire del MaMovailó , fa- 
cevano impossibile il condurle pe^ àlfra vìa. Ma si al- 
largò prestamente alquanto questa strettezza; perchè 
quegli che eratoo ili Carpi, essendo pervenuto falso ro- 
more che i' esercito inimico andava per assaltargli, 
spaventati perijiè non* vi avevano artiglierie, se ne 
partirono. », ■ •/ ,. 

El)Ke nella fitte di questo anno qualche infamia' la 
persona del pontefice, come se foSsé sl;ato conscio e 
fautore che per 'mezzo del cardinale dei Medici sì ti-at- 
ta^de cSn Marcantonio Colonna eà alcuni giovani Fio- 
rentini, che' fosse ammazzzcto ìnFirenze Pì^co Sederini 
gonfaloniere ;^p«r opera del quale si diceva i Fiorentini 
sé^uifare le parli Ifranzesi. Perchè avendo A ponteficei 
proeur^o*con mólte persuasioni di con^ugnersi quella 
repubblica^ non gli era &ai potuto succedere; anzi 
non molto prima avevanàr a richiesta del re di Fi*ancii^ 
disdetta la* tregua ai Sàne^ con molestia grandissima 
del pontefice; benché avessero ricusato non muovere 
*ìè armi se non dopo a sei ihesi della disdetta, come il 
re desiderava, per méttere in sospètto il popolo : e 

* Età a difesa della Mirandola la moglie , òhe fii del conte Lodovieo ^ 
mono otte» mesi avanti , la qaale era figliuola di Gio. lacopt^ Trìulrio. 
Btinho. 



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CAPfTOLa quaeto. j-* i5ii. ai7 

ohre a questo avevano mimdato al re dagento uòmini 
^ arme , perdhè stessero a guardia àeì •ducato di Mila- 
se; cosa dbnandata dal re per virtù 4ella loro cooTe- 
deratatOBe, non tanto per la importanza 4i tale aiuto, 
quanto per de^derìo d' inimicargli col pontefice. 



CAPITOLO QUARTO. 

CÌMnonte offre nuore condizioni al pontefice. Alessandro Triuliio 
difende la Mirandola*. Papa Giulio la prende ; indi si ritira a Bologna. 
Orazione del Triulzio dissuadendo 1* andare ad assaltar gli eccle* 
aiasiiei nel. loro idloggiamento. Artifizj del marehaie di Manloya 
per tenersi neutrale. Modena è restituita a Cesare. Ciamonte muore* 
Il Triulzio è creato maresciallo di Francia. 

Finì in quésto stato delle cose l' anno mille cinque^ 
tsenlo dieci. Ma il principio dell' anno nuovo fece^molto 
«memorabile una* cosa inaspettata, e inaudita per ti^tti 
i secoli ; perchè parendo al pontefice , «be l^ oppugna^ 
sione della Mirandola procedesse lentamente , \ e altri» 
biiendo parte alla imperizia, parte al}a perita dei 
capitani, e speciahnei^te del nipote, ({uel che proce- 
deva ' maggionnente dà molte difficiiltà, deliberò jài 
accelerare le cose con la pv^enza sua^ anteponendo 
l'impeto e l'ardcwTo dell' animo a tutti gli altri rispetti; 
ne lo ritaiendo il considerare, quanto fosse indegno 
della maestà di tanto grado; che il pontefice Romano 
andasse personalmente negli eserciti contro alle terìre 
^ei cristiani; né quanto, fosse pericoloso, disprezzandò 
la fipna^ e il giudizio che appresso a tutta il mondo si 
£u*ebbe di lui, dare apparente colore, e quasi giusti- 

• Dice il Beinbo» che papa Giulio dal Cappello in fudta, tuta gli alui 
accusava , ma ehe di lui m>1o la fede , e l' animo sommamente lodò. 



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SI 8 xi]«H> nono. 

ficazUme a cdbro ^ die^ foijio titolo p rinoyaio upte iK 
«•sere pemioiaso alla ducsa; il reggimetkto suo, e.scaii- 
^óiofd e inoorreggibili i suoi difetti, procuratano di 
HX>tivocard il concilio^ e suscitare i priacipi contro ìi 
4ui. Risonavano queste parole per tutta la cortes cìab^ 
cuno si maravigliava, ciascuno grandemente biasimava) 
-né mena che gli altri gli ambasciatori dei Veneziani : 
supplicavanlo i cardinali con somma instanas^, che 
non andasse : ma vani erano i preghi di tutti , e aem- 
pre vane le persuasioni. 

Parti ' il secondo giorno di gennaio da Bologna ac- 
compagnato^ tre cardinali ; e giunto nel campo, allog- 
giò in una cadetta di un villano, sottoposta ai colpi 
delle artiglierìe degl'inimici, perchè non era più loo* 
'Ima dalle mura della Mirandola, che ttrì in due volte 
una balestia comune. Quivi affaiirandosi, edeaerc»*' 
-^uoidonon mto» il coffp0,che la mente, e che F ìnpe^ 
fio , cavalcava quasi coutinudm^ite ora qua , orali perii 
t^ampo, soUecttandó che ^ desse perfezione al piamwe 
delle Ailìglierìe , delle quali ìi^o a quel giorno era 
pÌMitata Ui umor parte, «inen^o 'impedite quasi tutte 
le. opere militari dai tempi asprissirai e dalla neve ^uasi 
continua, e perchè niua» diligema bastava a ritenere 
che i guastatori non st laggis^eiio; estsendo oltre alT 
acerbità dà tempo molto offesi dalie artiglierie di que^- 
gli di dentro. Però essendo neeesslvrìd Aire nei luoghi 
cbvc si avevano a piantare le artiglierie per sicurtà di 
coloro^ che vi si adoperavano, atoavi rìpaci, e fare 

' Avvicinossi il papa alla Mirandola , cosi, per dare riputazione alte cose 
so« , coaie per «likmare t «pprosdMàodtMi ft FetftM , il oardinal di Ferrara 
fratello del dnca a rftg|^>nan]eato seco, acciocché egli oon^tiUMe il fratello 
a por fine alla gnerra , per noa essere astretto a patire gli ultimi daoni « 
come scrive i! Bembo nel Lib. II 



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CAPITOLO QUARTO. ^^ l5vi. 219 

veiiire al onopo nuoti guastatori, il ponteBce , méntre 
^he queste cose si provvedevano^ andò, per ncm pa*^ 
^r^ in questo tempo, .delle incomodità dell' es^cfto, 
•aUa Gonooiidia. Nel qual luogo v^nsie a lui per com* 
nussione. di Giamonte Alberto Pio 5 proponendo var} 
partiti di composizione ) i quali ^ bej39hè più volte aii<^ 
dasse dall'uno all'altro, furono tentati vi^namente^ o 
per la solita durezza sua, o perchè Alberto , del qual 
sempre crescevano ì so^tti, non Jiegoziasse con k sin-»- 
cerità convemante. 

i^tte alk Concordia poebk gicurm, ribboducendolo 
all' eser(»to la med^ima impazienza ed ardocei, 41 
qinde noa raffi^ddò punto nel cammino la neve grpflh 
sissima, ^e tuttavia cadeva dal cielo, né i freddi con 
smisurati, cbe appena i soldati potevano tollerargli : 
ed alloggiato ia una cfateselta propinqui! alle àue arli« 
glierie, e più vipina alle mura ohe non ^a l' sdlpggia* 
inento primo, né gli satis^oendo cosa alcma di quelle 
che si etmano %tfe , e che si facevam)^ con im^uost»^ 
émd parole si lamentava di Mtti i capitani , eccetto ohe 
di Marcantonio Colonna , il quale di nuovo avea fattp 
venire da Modana* Né procedendo con minore^ii^peto 
per r esercito^ ora queati sgridando, ora quegli al^ 
confortando, e facendo con le parole e con i fatti 
l'ufBcio ad capitano^ pipmetteva, ohe se i soldati 
procedevano viri}m^:ite , che non accetterebbe la M^ 
randda con alcun patto, ma lascerebbe in potestàJo^ò 
il saccheggiarla. Ed era certamente cosa notabile^ e 
agli occhi degli uomini molto nuova, che il re d^ 
Francia principe secolare, di età ancora fresca, e allora 
di assai prospera disposizione, nutrito dalla giovanezza 
nelle armi, al presente riposandosi nelle camere amnù'« 



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t2ù ^jfiMo verno* 

v^tBuefev ef^tani una gueira iatta imaseipahiteÉle 
contro a Ini : e da altra 4>arte vedere che il soninH^ 
pontefice, vicario di Cristo in terra, vecchio ed in-^ 
fermo , e nutrìjfco sttUe comodità e nei piaceti , si fo^sso* 
condotto in personal; a una guerra suscitata da lui 
contro -ai cristiani a campo a una tena ignc^ile , dove 
aottopónendosi come capitano di eaeroit» alle fatiche 
ed ai pericoU, non ^riteneva di.po]«fie&;e attro* ebe 
r àbito ed il noi^e. Procedevano per la sollecitudine 
estrema, per le querele, per le promeste, per le mf- 
napcesue le cose con. Jiiaggiore carità, cìie altrimenti 
Opn avrebbero ùit» : e nondimeno; ripugnando molte 
dìj^ì^lthj procedevano lentsrmente per il pice(^ 
munero dei guastatori ; perchè nell' eserdt» non erano 
nìoUe artiglierie, nè^quelle dei Venesùani molto grosse; 
o-perchè pei: bt umidità del tempo le polveri facevamo 
con fkttcaL Y u£Szio consueto. 

Bifendevansi arditamente qaegli di dentro, ai quali 
ecsi proposto ^ Alessandro d|i Tririziovbon'^ quattro- 
cento fanti forestieri ^ sostenendo t^Qo maggiore vtrtii 
rjperioo}i per. Js| speranza del ^ccorso.^promessò da 
Ciamaiite«>II (piale avendo Avuto comandamento dal 
re di non la^iare occupare al po01$ficé quella terrà, 
aveva chiamati a se i fanti Spagnuoli, die erano in 
Verona, e raccog^endo da^ogni parte I0 genti sue, e 
s<^^ando ccmtinuamente'fanti, e. il medesimo &cendo 
faVe ,al duca di Ferrara, prcmietteva di assaltare in- 
nani^i, che passasse il ventesimo giorno di gennaio,- 
il campo inimico. Ma molte cose facevano difficile, e 

' AlessandiH) Trial%to, cke difendeva la Mirandola contro a papa Gialio» , 
era nipote di Ok>.- Iacopo «Tiiiikio, e cagino carnale della coutesaa della 
Mirandola. 



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CAPITOLO Q0AHXO. iSlI. ^ a4l 

p«Ftcioldso <pMtó .<K3ii9tglio; la sipelteiw ilei tempo 
breve a «oociHTe tanti provvedimenti; lo spazio dato 
agri9inwi di fortificare l' idloggiam^ila; la fatica cK 
condurre nella stagicme tanto fredda per vie pessipse ^ 
e per k nevi maggbri (die molti anni fossero state ^ le 
artii^ierie, le munizioni e le vettovaglie : ed aumenta 
Ie^difficuità colni> che doveva, ricompensAndo con la 
prestezza il.tisnpo perduto, diminnirie. Perchè'' Cia* 
monte- ^H'S0 aubìtimiente in- su' cavalli delle poste a 
Milam), a£Sni«nando* andarvi per provvedere piti soUe^ 
citaBnenti^ danari., e le altre cose che bisogifav^o; 
ma essendosi - divul^lo.^ e icredulo a;rerlo indotto a 
quest* r amore di una>gentiUonqa Milanese , rai&eddò 
moko l'andata sua, con tutto che presto ritornasse, 
gli animi dei soldati , e le sperante di quegli , che di£^n- 
dsvano 4a Mirandola* Ojode non oscuramei^te molti 
dicevano nuocere £arse non. meno, die la. negligenza o 
lavikà di Onmonte^ l'odio suo contro a Grianiacfopo 
da Trìulei ; e che pencià prepeniendo, come spesso >$i 
^, la passone propria aila^utililà dei rev gli f^^ giril6 
che i nipoti fossero privati di quello stato, fia altra 
parte il pontufr^e *aon p^dona^^ ascosa alcuna per 
ottenere ia vittoria; acceso in maggiore furore; perchè 
da un cflipa di.oaAnonè/ |ÌJ:^to da quegli di dentro 
erano stati,ammaazi^ nella emrina sua due uomini ; per 
il qual^ pericolo, partitosi di quello alloggiamento, e 
dipoi,. .perchè non poneva .temperare se medesimo,. il 
dì seguente ritornatovi^ era stato costret^ per nuovi 

' Fu tirati qoe^ta palla d'artlgUeB{a,, Bwofù^ il Giww s àa ma torre 
nel padiglione del papa^ ma fa or«doto,fjolie lòate .stata tirata a caso, e 
non fa egli menzione della, morte, d^i diie'ilQmÌDÌ, e del sue» litiffKnjii nell* 
alioggiamento del cardinal Regino. 



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^!22 . UBftO N090. 

perieoli ridnrM neìV alloggiamento elei eaniiiialeRegiiie^ 
dove cfueglì di dentro , saptnd^ per aWmtiira egli 
esservisi trasferito^ indirizzavano un- artiglieria |[ros$a 
non senza pericolo della stia vita.- 

Finalmente gli uomini detta terra, perduta intera» 
niente la speranza di essere soccorsile avendo le arti« 
gliene fatto progresso grande; essendo, ^tre a questo, 
così profondamente ' le acque dei fossi «congelate, 
che sostenevano i soldati; temendo di non poter resi- 
stere alia prima battaglia r<^b^ si ordinava di dare fra 
due giorni, mandarono in * quel medesimo' giorno^ 
nel quale Ciamonte aveva prcmeaso di accostarsi, san* 
basciatori al pontefi<te per arrendersi, con patto che 
fossero salve le))ersone e le robe di tutti. Il quale, 
benché éà principio rispondesse non voler obbligarsi 
a salvare la vita dei soldati ; pure alia fine vinto dai 
preghi di tutti i suoi g^i accettò con te condizioni pro- 
poste , 'eccettuato, che Alessandro da Trinlzi con alcuni 
capitani dei fanti rimanessero prigioni suoi, e che 
la terra per ricomperarsi dal sacco stato promesso 
ai soldati pagasse ^ certa quantità di danari. E nondi- 
meno parendo loro essergli debitif quoL che era statò 
promésso , non fìi piccola fatica al pontefice rimedkire 
non la saccheggiassero ; il quale, fattosi tirare in sulle 
mura^ perchè le porte erano atterrate, discese da 

' Qnesto incomodo delle acqne con dnrameiite congelate, dice il Giopio, 
eh^non etsetido «uto preredMo priipa da Aìe$»am3b^ Triabb, fli i»ottrò, 
ebat era al tallo necessinio V arrendersi. 

* Cioè ni ao di gennaio i5x i, come scrivono il Bembo, e il Buonaccorsi, 
nel qaaì giorno il papa ottenne la Mirandola. Ma dorè qxà sccfte, ^e S 
papa accettò la terra con le oondiaioni proposte, il Giono dise, che Mar* 
cantonio Colonna, diiamaio a parlamanto, ebbe la città dagli assediati con 
s^ranta dfrta disila clemenia, e con sidvamentQ..de11e persone. 

* Sessanta Jibbi^ d* oro , dice i) fiémbo. 



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CAPITOLO IJH^Amt».. « i- l5lT. T^i 

qVieUe ac^k Um. Arrendessi' kisieilie' la toii»*a , é^Èh 
^qnUà.aUa contessa di piyrtirsene con tutte le robe sue. 
VL^^tuì il pontefice la Miranddbt al ' coì^ Giovaisi* 
fi^anoeseo, e gli cedette^le rafani dei figliuoli del eonte 
lipdoYico, coine acquistate d^ se con guerta giusta, 
riceA^utadil lui obbligazìosie^ e per sicurtà della osser* 
y^pza la persona del figliuolo , di pagargli fra certo 
traipo per la restitusiotie delle spese fatte ventinifia 
dsioati; e vi lasciò , perchè partito che fosse Y esercito i 
Fiwxesi non la occupassero , cinquecento fanti Spa-** 
gnuoli, e trecento Italiani. Dalla Mirandola andò a 
Sermidi nel Mantovano, castetio posto ih sulla riva 
d^ Po, pieno di grandissima speranza dì acquistare 
seilta dilazione alcuna Ferrara : per il che il dì mede-* 
simo, che ottenne la Mirandola aveva molto rìsoluta^-^ 
m^Ate risposto ad Alberto Pio, non volere più porgere 
r.weccbio a ragionasnento alcuno di concordia, se inn 
na^zi, che si trattassero le altre condizioni della pace, 
non gli era conaegn^a Feirara^ 

Ma per nuova deliberazione dei Franzesi variarono 
i suoi pacieri. Perchè il re, considerando quaujK» per 
la perdita della Mirandola fosse diminuita la riputa^ 
' ziqne delle cose sue^ o disperando che 1' animo del 
papa si pot^se più ridurre spontaneamente a quieti 
consigli , comandò a Gìamonte non solamente aM:en«* 
desse a difendere F^^rara , ma che óltre a questo uon 
siasien^^se, presentandosegli occasione opportuna, da 
offendere lo stato della chiesa. Onde raccogliendo Cià-^ 
monte ^ ogni parte le genti, il pontefice per consiglio 
der Capitani si ritirò a 'Bologna, dove stato pochi dì; 

^' Perocché il padre lasciata gR^ avera in testamento. Bembo, 
* la Bologna, dice il Gìovio, per la vecchiaja, e peri disag] patiti ia 



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334 LtBMT; irono. 

pili vicino lap c^pugnazume df^Ua haaéa del Gemvolo, 
contro olla quale disegnd^a mandatre «Icmìi soldati c}i« 
avevn in Romagna, venne a Lugo, e .se ne andò finat^ 
mente a Ravenna, non gli parendo. si piccola espe&> 
zione degna della presenza sua. £rei|isi le genti Yme-' 
zìane^ non comportando la. propinquità degl'immiti 
assaltare Ferrara, fermate al fiondino ', e tra Cento*€'tI 
Finale T ecclesiastiche e le 4ipagnuole;^le quali, eon 
tutto che fosse passato il termine dei tre roesi^soprase^ 
de vano ai preghi del pontefice. 

Da altra -parte Giamonte, raccolto T esercito supé-^ 
rìor^ agF inimici di fanti ,.stiperiore ancora per la virtil 
deg^ nomini ^;da cavallo, ma. inferiore di num^o>, 
cojptsullava quello foase^ f^i^. Proponevano i capitani 
Fra^^esi, che congiunte all' esercito le genti del duca 
di F'i^rrara, si andasse a trovare gì'- inimici, i quali 
bébbhè' fossero* alloggiati^ in «kioghi fotti^ «et doverà 
sperare con la virtù delle i^mi, e con l'impeto d^Ue 
artiglierie,, avergli: &eilm^t^a costrignere a ritirarsi : 
e sHi^edplo qu^to, B0n solamente rimaner* Ferrea 
libera da ogni pericolo, nva si ricuperava intei^amepte 
|a riputazione perduta insino a quel dì. AUegavasi per 
la inedesima' opinione, «he neLpassigré eoa l' esercito 
per il Mantovano, si" riwttOYejrebbero le scuse 4@1 
n^chese e gì' impe4in^enti , «dai ^jualif afiennavà 
essere astato ritenuto^ a non pigliare le armi come 
f<^éatario di Cesare e soldato del re, e che hdiohia^ 
mzione sua era. molto utile alla sicurtà di Ferrala^ e 
molto notiva in ({uesta guerra agli inimici, perden- 

qaèira orrida WgìoOp, il papa fa sopraf^gionto da febbre , e da cèrti saoi 
mali jiiilicbi. * . , 



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CAPITOLO QUARTO. — l5ll. !ìa5 

done' contorta it«|i piccale, gli eserciti deiF*^Yeueziani 
di v^tOTaglie, di ponti , e di passi di fiumi ^ p pe<:cbè 
il marchese incontinente rivocl^rebbe i solda^ che 
jLve^ra nel cs^po delii^cbiesa. Ma in contrario consi- 
gliava il ^riiulzio, il quale nei dì mede^im che la 
Itlprandola si perdette em rìtomatb di Frància , dimos- 
trando essere pericoloso il cercare di v assaltare n)SÌ|)a 
fortezza dei suoi alloggiamenti l' esercito de|^' inimici'^ 
pernicioso il sottomettersi a necessità di procedere dì 
per dì secondo *i processi loro. Più utile^e più siciiro 
esserejlvoltarsf verso ,}Mo4^nia, o verso Bologna; perchè 
se gl'ininpci, temendo di non perdere , qualcuna di 
quelle citt^ si movessero, si conseguirebbe il fine ch^ 
si cercava di liberare Ferrara dalla guerra; non si 
movendo , si potava fa<;ilmente acquistare o V una , o 
^' altra; il che succedendo, maggior necessita gli.tire'^ 
rebbe a difendere le cose, proprie;- e forse che uscendo 
di sito sì forte, si avrebbe occasione di ottenere qualche 
preclara vittoria. 

, Questa erA la sentenza del Triulzio. Nondimeno 
p^ Ha inclinazione di Ciamónte , e degli altri capitani 
Franai a detrarre alla sua autorità., fu approvato 
l' altro consiglio , ^faticandosene oltre a questo i<»n- 
majpi^nte Alfonso da Estì; perchè sperava che gl'ini- 
n^i sarebbero necessitati a discostarsi dal suo stato; 
\ì quale- afflitto^ e consumato, diceva, essere imposàbile 
che sostenesse più lungamente sì grave peso; perchè 
temevasfhe-se i Franzc^i si allontanavano, non entras* 

* Con di sopra nel Lib. V essendo 4 ^raazeai alia GrigBoolji accampali 
contro agli Spagnooli, Ivo d'AHegrl, e il principe di Melfi, consigliavano, 
che si foggisse il disavvantaggio di assaltare gF inimici nel proprio allog* 
giamento, e nel Uh, Vili ha detto, che nei fatti d' krjp^t sono migliori le 
condizioni di chi è assaltato, che di ehi assalta. 

ni. . l5 



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5itì6 LIBRÒ NOiro. 

sere ie gegti inimichi nel i\>lesiiie di Férrar&; onde i» 
infermità' di quella città, privata di tutto lo spiritò che 
gli r^naneva^ irremediabilmente si aggravava. Andò 
adunque Y esercito Franzese per il canunino di Lucerà 
e di Gonzag i ad alloggiare a Razzuolo , e, alla IMpìa, 
ove soggiornò per T asprezza del tempo tre di ; rifiu- 
tando il consiglio di chi proponeva si assaltasse la 
Mirandola; perchè era impossibile alloggiare alla cam- 
pagna, e alla partita del ponteficei erano .^tati abbru* 
cititi i borghi, e tutte le case all' intòi^o^Non piacque 
similmente 1' assaltare la Concordia , lontana cinque 
miglia, per non perdere tempo in alcuna cosa* di pic- 
cola importanza. Però venne a Quistelli ; ^ passato il 
fiume della ' Secchia in su un ponte fetto con le barche, 
alloggiò il dì pn>ssimo a RoVere in sul fiume del Po. It 
qiiale alloggiamento fu cagione , cheflndrea Gritti , cha 
ricuperato prima il Polesine di Bovi^go, e lasciata una 
parte dei soi^jUi Veneziani sottè Bernardino da Montone 
a Montagnana, per resistere alle genti che guavdayano 
Verona, si era con trecento uomini di surme, miUe 
cavalli leggieri e mille fanti , accostato al fiume d^l Po 
per andare ad unirsi con Y esercito della chie^ , si 
ritirò a Montagnana, avendo prìj^ia saccheggiata la 
terra di Guastalla. « > 

Da Bovere andarono i Franzesi a Sermidi,. disten- 
dendosi , ma ordinatamente , per le ville circostanti : i 
quali come furono alloggiati , andò Giumente con^ alcuni 
dei capitani, ma senza il Triulzio, ' alla terra della Stel- 

* La Seochk finnfe amicamente, secood» il Giopioyja detta Gabello. 

• In questo Inò^, scrive il Mocenigo^ trovaDdosi i l^'ranzesi, venne 
ftiina , che il re dÌ*lFranda gravemente inferma V& ^ e che scendevano gli 
Svizzeri di iino^'o in Italia. 



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CAPITOLO QUARTO. l5ll. HIT] 

lata, nel quale luogo lo aape^ava Alfonso da Esti^ per 
cleliberare con qual modo si avesse a procedere contro 
agi' inimici, i quali tutti si erano ridotti ad alloggiare al 
Finale; e fu deliberato, che unite le genti di Alfonso 
con leFranzesi intorbo al fiondino, andassero ^tuttì ad 
alloggiare jm certe ville vicine à tre miglia «il Finale, 
per procedere dipoi secondo tannatura dei luoghi, <e 
quello the facessero gl'hiibùci. Ma a Giamonte, come 
fu tornata a Sermtdi, fu detto essere molto difficile il 
condursi a quelF alloggiamento , perdiè per T impedi*^ 
Inento delle acque, delle quali era pien^ il pa^se intorno 
al JPinale, non si poteva andarvi se non per la strada e 
per gli argini del canale, il quale gl^inimici avevano 
tagliato in più luoghi , e messevi le guardie per impe- 
dire non si passasse ; il che pareva dovesse rÌAis(^re 
molto difficile , a^iunta la opposizione loro ai tempi 
tanto sinistri. Onde stando Giamonte molto dubbio. 
Alfonso avendo apprèsso a sé alcuni ingegneri, e 
uomini periti d^ paese , e dimostrando il silb e la 
disposizione dei luoghi , s ingegnava di persfiadere 
il contrario, affermando che còti la^ forza deUe arti«> 
gliene sarebbero costretti quegli, che guardavano i 
jpassi tagliati, abbandonargli; e che perciò sai::ebbe 
molto facile gittare^ ove fosse necessario, i ponti per 
passare* 

Le. quali cose -essendo riferite da Giamofite, e dispu-^ 
tate nel consìglio , era approvato il parere di Alfonso, 
piuttosto non impugnando, che consentendo , il Triulr 
2Ìo ; e forse che la taciturnità sua mosse più^i uomini, 
che non àvvrebbe fatto la contradizione. Perchè consi- 
derandosi pii) da pre^ che le difficultà si dìmo^ra- 
vano maggiori , e che quel capitano vecchio ^ e di ^ 



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!1J|[8 ' LlB»a NONO. , 

lunga espei:i«nza , aveva sempre/ rìp{;ovata tale andata, 
e che se ne inéervenisse alcuno sinistiio^sareb]pe impu- 
tato dal re chi tontro al parere suo«ne fosse stato au- 
tore; Giamonte, rìchiamàto l'altro Si, sopra la med^^ 
sima deliberazione , il coB&iglio , pregò efficacemente il 
3i'FÌu1zio, che non con silenzio^ come aveva fatto il 
giorito precedente , i^ con. aperto parlare esprimesse 
la sua sentenza, figli incitato da questa istanza, e molto 
più dair essere deliberazione di tanto peso , s|ando tutti 
attentijssimi a udirlo, parlo così : . ^ , ^> 

alo tacetli jeri, perchè per esperienza molte volte 
^ ho ved|^ essere tenuto piccolo conto del consiglio 
et mia ; il quale se si fojsse seguitato da principio , jion 
ic saremmo al presente in quj^sti luoghi ; né avrenjino 
rt perduti invano tanti giorni , che si potevano spendere 
ce con più profuto; e sarei oggi nella medesima sentenza 
({. di tacere , ^ no^ mi spnonas^ la importanza della 
ce cosa, pèrche ^lamo in procinto di voler mettere sotto 
(( il punto itt<$^rtidsimo di un dado questo esercito , lo 
« ttat^del duca di I^errara, e il ducato di Milano, posta 
«troppo grande, sécùt^ ritenetsi niente in mano. E 
ce m' invita t>lti?é a questo a padare il parermi compren- 
(c deee^i^e Giamoute desidep che il primo a consigliare 
« sia io quello^ che già comincia ad andare a hii per 
« r animo ; cosa che non mi è nuova , perchè altre' volte 
« ho compreso «ssere meno disprezzati i consigli miei 
ce quando si tratta di ritirare qualche cosa 4brse non 
«t ifoppo maturamente deliberata, che quando si fanno 
«le primerdeliberazi(^i. • . ^ 

« Noi trattiamo di and^ire a cojrnbattere con gì' ini- 

' Percio9j;hè il sao, consiglio tfu, che si Vbljfiaaero vérai' Mpdana , ò reno 
Boiogqta. 



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CAPrtOLO QUA21TO. iSn.i^ 2^9 

(c isfict; ed io ho sempre veduto essere^ fon^Jamento im- 
a mobile dei. grandi Capitani , il c^a\e io medesimo ho 
« con la esperienza imparato, che mai debbe tentare fa 
« fortuna dejfei battaglia chi hòn è invitato da molto 
k vantaggi^ , ò ^trettrf da* urgente necessità : oltre che è 
« secondo la ragione della guerra, fche agl'inimici / ohe 
rf'sono gli attori , poiché si muovono per acquistare 
«Ferrara, tocchi B cercare "di assaltare not, e non 
« die a noi , ai quali basta 11 difi^dersi v tocchi cóntro 
«*tutte le regole delta disciplina militate, sfocarci di 
« assahareJoro. Ma vediamo quale sia u vantaggio-, o 
« la'necessità ^ che c'induce. A me pare, ed è*, se io 
« non m'inganno del tutto, cosa molto evidente, che 
« non si possa tentare quello che propone il duca di 
«Ferrara, se non' con grahdissimo disavvantaggiò 
«'nostro; oerchè non possiamo andare a quélPaìlpg- 
(i giamento se non per ut^ argine, e per uììa stretta e 
« pessima strsrda ,'dòèe non si possono .spiegare tutte* 
« le forze nostre, e dovfe loro possono con jJoche forze 
«resistere a numero ibólto maggiore. ^Bisognerà che 
« per r argine camminiamo cavallo per cavallo, che per 
« la ^trettezz^ delV argine cdndu<;iamo le artiglierie, i 
«< carriaggi, le carra e i ponti. E chi nonr sa, che nel 
« cammino strétto e cattivo ogni artiglieria , ogni carro, 
« che inciampi', fermerà almeno pei' un'ora tutto V éser- 
« cifb ? E che èssendo inviluppati in tante incomlb- 
«dità^ ojgni mediocre sinistro potrà facilménte disor'^ 
« dinarci ? * 

« Alloggiano gF inimici al coperto, provvisti ai vet- 
« tovaglie, e di strami ; noi alloggeremo quasi tutti allo 
«scoperto, e ci bisognerà portarci dietro gli strami, 
«né potrdSio, se non 'con grandissima fatica, con- 



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d^o ^ '' ' ÙBRO iroiiro. 

« dume la ipetà dèi bisogno. Ni^n abbi^ma a rappor-^ 
« taVci a quel che dicano gl'ingegifieri e i villàm^pràticf 
«e del paese, pert^hè le guerre si fanno con le armi dei 
« scadati, e col consiglio dei capitani : fannosi combat-* 
« tendo in sulla campagna^ n&n co'disegni\, che dagli 
« uomini Imperiti della guerra , si notano in sulte carte , 
ce o si dipingono col dito , o con una bacchetta ndta 
R pélverè.^on mi presuppongo io gl'itùmici si deboli, 
(T non lè cose loro in tal disordine , né che abbiano nel!' 
«alloggiarsi, e nel fortificarsi sapu^ sì poco valerci 
a della opportunità delle acque e dei siti ^.iche io mi 
«prometta, che subito che saremo giunti nell' allog- 
« giamento , che si disegna ; quando bene vi ci <;ondu- 
« cessimo agevolmente, abbia ad essere in potestà nostra 
« r assaltargli. Potranno molte diffiicuhà sforzarci a so- 
ie prasedervi due, o t]:ie dì; e, se non altra difficultà, 
« le neyi , e le piogge in sì ^iiistra , e sì rott&^gtone 
ce ci riterranno^ hi che grado sartlpo^elfe vettovaglie, 
a e ^egli ^ami se ci accaderà soprastarvl^? E quando 
« purp fosse in potestà nostra l' assaltargli, ch^4 quéHo, 
« che si prometta tanto fkcile la vittoria ?''chi è quello, 
« che non consideri , quadto sia pericoloso l' andare a 
« trovare gF' inimici alloggiai in luogo forte , e F avere 
« in uh, tempo medesimo a cómbattere'con loro , e con 
« le incomodità del sito del paese?' Se' «on gli costrir 
<(^iamo a levarsi subito di quello alloggiamento', sa* 
*<( remo necessitati a ritirarci : e questo con quante dif- 
« ficultà si farà pernii paese , che tutto ci è contrario , 
« e ove diventerebbe grandissimo ogni piccolo disfa- 
<cvore? Menò veggo la necessità di mettere tutto lo 
c< statò del re in questo precipizio , perchè c\ siamo 
«mossi principalmente non p«r altro, cbé>p^r soccor* 



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CAPITOLO QUARTO. — l5ll. 23! 

V v€^0 la città. di Ferraca^ natia quale se mettianip a 
a guardia più g^ti, possiamo starne sicurissyni quandp 
oc bene i^i dissolvessimo l' esercito ; e se si dicesse , che 
«è tant4^ <^onsumata , che rimanendogli addosso l'eser* 
« cito degl' inimici è impossibile , cbe in breve tempo 
« non^caggia per se atessa; non abbiamo noi il remedio 
tf della ' diversione i rimedip potentissimo nelle guerre , 
ce con la quale, senza mSltere pure un cavallo in peri- 
a colo ,'^U necessitiamo ad allargarsi da ì>*errara ? 

« lo ho sempre consigliato , e consiglio più che mai 
li che noi ci voltiamo o verso Modana, o verso Bologna , 
« pigliando il cammino largo, e lasciando Ferrara pef 
« questi pòchi giorni , ^e per più noii sarà Qecessario^ 
«bene provveduta. Piacèmi ora più l'andare a Mo- 
a*dana, alla qual cosa ci stimola il carditiale da Esti , 
.f( persona t^, e fthe afiermaavervi dentro intelligenza, 
a pt*op<Hiend0 l'acquisto mólto facile; e conquistando 
« un luogo sì impoi^tan^ , gì' iilimici sarebbero costretti 
fca ritirar^si subito verso Bologna; e quando bene noh 
a $i pigliasse Modàna, il timore di quella, e delle cose 
tf di Bologna gli costrigperà a fore il medesimo, come 
«e indubitatamente avrebbero fatt^già molti giorni , se • 
« da principio si tosse seguitato' questo parere. » 

Gonqhb^s^ tutti, per l'efficaci ragioni del savio ca* 
pttano, quando le difficultà erano già presenti, quello 
che egli, quaiftlo erano ancora lontane, aveva cono* 
sciato : però approvato da tutti il sup parere , Ciamonte 
lasciato al duca di Ferrara per sicurtà sua maggiore 

WDi aopra ikI Lib. I in persona del re Alfonso di Napoli lia detto « che 
con le prevenzioni, e diversioni si vincono le guerre, e l'ha testificato nel 
lab. rv, qiuiMb V hapso oflNo i V^nastai^ , e di ciò ne abbondano le istorie 
di esempj antichi, e moderni* 



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a3a LIBRO NONO. 

numero di gente , sr mos^ con reserckp per il éitnUnino 
medesimo -verso ^Garpi; nom avendo né an^e conse- 
guito che il marchese di Mantova si dichiarasse, che 
era stata una delle cagioni allegata principalmente da 
coloro^ che avevano consigliato contro alla opinione del 
Triulzto. Perchè il* marchese, desiderando conservarsi 
in queste turbolenze neutrale , come si approssimava 
il ^mpo , nel quale aveva data speranza dì dichiararsi, 
pregava con varie scuse che gli«f(^sse perraetbio'^il difle^ 
rire ancora qualche dì : al pontefice dimostrando iì pe- 
rìcolo evi'dente, che gli soprastava dall' esercito F^n- 
zese; a Ciamont^ supplicando, che non g)' interrompesse 
la speranza che aveva , che il p)pa in brevissimo spazio 
di tempo gli renderebbe il figliuolo. 

-Ma né anche* il dis^lgno di occupare Modana proce- 
dette felicemente, facendo maggiore impedimento 
l'astuzia, e i consìgli occulti del re di Aragona, ehe 
)e armi del pontefice. Era stato^molesto a Cesare che 
il pontefice avesse occupato Modana , città stata ripu- 
tata lunghissimo tempo di giurisdizione dell' imperio , 
e tenuta moltissimi anni dalla fiimiglia da Esti con pri- 
vilegi , e investitura dèi Òesari , e con tutto che eoa 
molte querele avesse fatta instanza ,• fAie la gli fos^e 
'conceduta, il pontefice, che ddle ragioni di quella 
città o sentiva o pretendeva altrimeiqti , era stai[> da 
principio renitente, massimamente mentre'' sperò do- 
vergli essere facile rocc)ipare Ferrara : ma scoprendosi 
poi manifestamente in favore da Esti le armi Fianzesi, 
né potendo sostftiere Modana se non con gravi spese, 
aveva cominciato a gustare il consiglio del re di Afa- 

* Il Moeenigo scrìve, che il marchese di Mantova apertameate si era 
apcofttato ai Fraazesi. 



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CAPITOLO <2UARTO. l5ll. ^33 

gona, il quale lo confinato, che per fuggire tante mo- 
lestia, miégare raniuio di Cesare, e tentst^e di fare 
nascere alterazione tra il re di Francia e lui f 4o con- 
ièntisse; atteso isasÉin^mente, che quando in un tempo 
più A>n)odo dpsiderA8se<:di riavlerla, gli sarebbe ^mpre 
facile, dando a Cesare quantità mbdiocre^li jianarì. Il 
quale ragionamene era stato prolungato molti di, 
perchè secondo laPTapazione detle^^p^ranze si i(iu*iava 
la deliberazione*^ de]i pontefice', ma sempre era stata 
ferma questa difficultà, che Cesare ricusava riceverla, 
se ni^lF insldmiento della consegnazione non*' si espri- 
meva chiaramente quella città essere: appartenente 
.dir imperio; il che al pontefice parava (i^risstmo con- 
sentire. Ma come occupata che ehbe la Mirandola, 
vedde Ciamonte uscito potente^alla «campagna ,'e^ che 
a lui ritornavano le medes^e difficultà e spese delia 
difesa di Modana, oitiessa la, dis|)^tazione delle parole, 
.'•onsefitì che nelF instfunl^nto si 'dicesse ^^estitttirsi 
Modana a Cesare, della pui,gj}irisdiziòne era : la\pos* 
sessione della quale come Vitfrusf, oratore di Cesare 
ap{»resso al papa, efa^e ricevuta, persuadendosi dovere 
essere sicuro per l'autoiltà Cesar^a, lii^enziò- Marcan- 
tonio Colonna, e le genti con le qu^li l'avena prima 
guardata in nome della diies^^ e a Ciamonte significò 
Modana noa«ppar|:enerepiù al pontefice, ma essere 
giustamente i^tomata sotto il dominio di Cesare.. 
Non erbette Ciamonte quesfb esstere vero; e p^rò 

stimolava il ' càrdmale da Esti alta esecuzione del 

«. 

' Restitoi papa ttalio Modaila all' ìmperatort , affinché^ come diets il ' 
Demb^ egli con qoesto esempio richiedesse Règgh> ai Fr«iize»i , e non glielo 
concedendo eglino, rifiatasse Cesare la loro amicizia, e con lai^i con- 
gingnesse. ^ , - • 

* U qnale affermava avere inteUigenu in Modena, come ha detto poca 
K^pra ndU saa orMionc il Trioliio. 



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^34 UBRo woiro. 

trattalo « olie diceva a vera in qiwUa cSttà : ^r ordine 
del quale j|«oldati franzesi, che Ciamoute aveva lascbrti 
alla guijglia di Rubiera , essendosi una notte accostali 
più tacitamente che potettero a un laigttò appresso a 
Madana^ si rittearono lajmotte ifiedesima aRubk^a^ non 
corrispuMendo gU'oi^m dati da quei ^ debt^, o 
per qualche difficultà sopravvenuta^ o perchè i 9fan- 
zesl 6Ì/os^ro mosèi Innanzi al temflo. Uscirono df poi 
i|n' altra notte di Rubiera per accostarsi purea Modapa^ 
ma dalla grossezza, e fòrore delle acque furono im^- 
diti di passare il fiume della Secchia, che tJorre innanzi 
a Rubiera* Dalle qtiali cose insospettita- Vitfirust^ avendo 
fotti incarcer£(i*e alcuni Modanesì incolpati che macchi-» 
nassero col cardinale da Esti, impetrò dal pontefice 
che Marcanfbnto/ Cotenna col medesimo preàdio vi 
ritornasse : il che non avrebbe ritenuto Ciamqinte , che 
era già venuto a Gypi, di andarvi a campo, se la 
qualità dCt tempo'non gltìavesse impedito il condurre 
le aotiglierie per quella via ^ non più 4unga di diecr 
miglia, che è tra Ruolo e Carpi, la quale è peggiore di 
tutte le strade di Lombardia , le quali nella invernata 
^sfondate dalle acquq e piene di fanghi sono pesame. 
Gertificqssi, òlti^ a questo, ogni dì più CìaÉnoate, 
Modana essere stata data veramente a Cesare, pèrdo 
convenne con Vitfrust dì non offendere Modana né il 
suo .contado , ricevuta alF incontro projoiessa d^ luì , 
ch^e nei movimenti tr^il pontefice e il re Ci^stianissimo 
non favo£J[sse nèTuna, ne l'altra parte. 

Sopravvenne pochi dì poi infermità grave a Cia- 
monte, il quale potatalo a Coreggio * finì dopo quìndici 

^ Il Giovio dice, che Carlo Ambrosio , detto Ciamonte, in moko aoctt' 
Mto di non avere soccorso la Mirandola, né ricuperato -Modana ad .Al- 
fonso , onde perciò dal re ne fa tenuto per poca valoroso. Per (e q«ali 



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#^ GAl«|^TOt.O QUAflXO* l5ll. 2%5l 

^òroi Ttikitno ^i -delia saa vitd^ av^ndo.iimaiiEi morisse 
dimostrato ft)ù divozione grande df pentirsi somma-^ 
ménte del|p oJFese^fatte alla chiesa, e sapplicato per 
inèti1i|^ento pul^licp al pontefice, <^ gli concedes&e 
Tàs^oluzioné*^ la quale^q^noeduta, clie aqcora Yiveya^ 
non potۏte%opravvciiendo la mcurte pervenire alla siui 
nòti£ia : capiXaHb mentre visse di autorità grande in 
Italia, |)er la sojiima pote|iza del carAintde di HoanQ^ 
e per T amministratone qaa|^^ assoluta Jlelduc^o di' 
Milabo, e di tutti- gli eserciti^. del jr^raa^di valore 
inferiore molto a tanto pesò. Perchè costituito in tanta 
gradóf non ss^evà da se stesso le arti della guerra /né 
predava fede ^* quégli , che le sapevano ; '^i maniei^a 
che, non 'essendo dopo la morte del zio ^ostei^tata più 
ia insufficienza dal favore, era negli ultimi tempi ve-*- 
nuto «inasi* in dispregio dei soldati, m* quali perchè 
non rip(Htassero iqiale di lui al re 'permetteva gran« 
dissima licenzsf: in modo**che^l Trìulsdo, capitano 
nufirtto rpell' antica* disciplina , afferma vìu spésso con 
sagramento non* volere mài più affidare negli eserciti 
Franzesi, se non vi fosse o il re proprio, o egli àupe<« 
riore a tutti. Aveva nondimeno, il r^ destinato prima 
^i dargli successore «monsignóre di Lunga villa, benché 
iHegitiimo der sangue i^^gì^? non seguitando tanto la 
virtù, quanto per la nobiltà,^ per le ricchezze Tau; 
torità e^la estimazione dè^Ia persona. 

Pe^ la morte di Ciamohte ricadde fecondo gF insti-» 
tuli di FVancia insino a nuova ordinazione del re il 
* ' t* ' ■ 

oalomùe ai accorò di maniera, Vshe se ne mori poco dopo.jii Coreggiow 
n Bembo aerive similmente cho egli elbé FasaokiatOfle dal papa avanti 
che tt morisse, è la sua morte fu, secondo il BuonaocorA, ai ii ietl- 
braio i5i£. ' ' ^ *^ 



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33& LiBB^ imno. • 

goVeptio deir^s^oitQ a Gianiacof^'cla Triulzi, lino dei 
({uatU*o marescialtì di quel reame v il quale Yion sapenda 
se in lui avesse A continuare, o |^o, non ardwa-^à 
tentare ^osa alcuna di n\oq|ento. Ritornò noni^ifreno 
C09 r esercii a Sermidi pei^ andare a soccorrer^ fa 
bastia del Gefiivolo, la quale il pontefice mftl^tava c&éi 
le genti' che er^no ia Romagna, avendo similni^Qte 
procurato, che^el tempo medesimo vi Si apprestasse 
Tarmata dei Veneziani'^i tredici galò& sottili, e molti 
legni minori, ni^ non fu necessitalo a.prQDadere più 
oltre. Perchè mentre che le genti fi 'tèrra vi staièK) 
Ritorno con piccola obbedienza e érdine, ecd^ che 
air ìtoproVviso sopravvengono il '^ducii^» di Fenpara e 
Ciattigli^me con i asoldati Franzèsi, i qnali^ usciti, ii 
Ferrara ijon * maggiore numero di gente, che ndn.ave- 
ymo gl'inimici, i fanti per il Po alla^ seconda, icapi- 
-ta^ co' cavalli caihminandò per terra in sulla riva del 
Po, arrivarono in sul»fium% del Santerho, in sul quale 
gittato il ponte, che avevano condotto «eco, furono in 
un momento adesso agl'inimici. ì quali disordinati ^ 
non facendo resistenza alcuna, altri che t^recento fanti 
Spagnuoli depi^^ti A guardare le artiglierie , si messero 
in fiiga, salvandoci con diflBcultà Guido Vaina, Bru-* 

' ' '" . ' » 

' Cupitani di queste gemi erano Gaido Guaìana, Mellagro da .Forlì e 
Verdeggio Spagnaolo, ma capo , e governatore sopra latte le cose dej^la 
guerra era Antonio' Orfeo vescovo ^ Carinola ^ H che scrive il (^jffvio netta 
viùi di Alfonso. ■ r*- . * 

* lì nftmero delle genti del papa era di 800 fanti e di 100 cavalli leg- 
gieri , ma quello degF inimici era di 5oo lance , 800 cavalli leggieri é tre- 
mila fanti, come scrive il Mocenigò- Ma il Gìovio più abbondantemente 
tratta di qi|^ta fazione, che alcun altM, dan4o la colpa di tutto al^res- 
covo Orfeo , come a.^orante della guerra , e tutto dato al banchettare, lì 
Bembo nond^eno nel numero ddle genti discorda, dicendo che quelle del 
papa erano ^po nomini d' arme, 5oo cavalli leggeri e 400D fanti. 



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cAwroLo QUARTO. — i5ii. à3>r 

nero da Furlì e Meleagré sub f^tello condottieri 4i 
cavalli , perdute le insegne e l' artiglierie : per il che 
r armata Yeneziaoa , discostatasi, per fuggire il peri- 
colo, si allargò nel Po. ,. * . -^-^ 



CAPITOLO QUIJfTO. ' 

M9neggi tra i principi cristiani per la pace. Gattone di Foix in Italia. 
Il vescovo Gurgense a Bologna col ponteOce. Alterezza di esso col 
pdpa. Dìfficultèr neir accordarsi. Gurgense parie da Bologna. La 
Concordia, èr presa dal Triulzio. L'esercito Franzese verso Bologna. 
Parole di papa Giulio ai Bolognesi, e loro risposta al pontefice. 
Incertezza dei Bolognesi. Il "cardinal di Pavia legato pontificio 
fbgge da Bologna. Il duca d^ Urbino lo seguita nella fuga. Il ves- 
covo tritello dà la rt>cc2i di B^ogna al popolo. M duca d' Urbino 
ammazza il cardinal di Pavia. Dolore del> papa , che parte, dà Ra^ 
venna. Gilè intimato con cedole di comparire al conciKo trasferito 
a Pistt. 

VARiAVAJfO in questa jnodo le cose delle armi^ non 
si vedendo, ancora indizio da potére . Iftidàtaipente 
giudicare quale dovesse essere 1' esito «f}ellà guern^ : 
ma non meno, né coi! minore incertitudiue variavano 
i pensieri. dei^ prìncipi, principalmente di Cesare,. il 
quale inaspettatamente deliberò di mandare il vescovo 
Gurgense a Mantova a trattare la paqg. Erasi, come è 
detto di sopra, stabifito per mezzo del veswvo prefato 
tra il re di Francia e Cesare di movere potentemente 
alla primUvera 111 guerra contro ai Veaeziani, e 'che, 
in caso icbe il pontefice non consentisse di osservare 
la lega di'Cainbrai, di convocare il concilio ^ al quale 
Cesare smolto inclinato, avevardopo il ritotno di Gur- 
gense chiamalo' i prelati degli stati suoi patrimoniali, 
perchè trattassero in qtiali modi, e in qual luogo si 



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338 LIBftO KOiro. 

dovesse oeieBraré. Ma dbin# naturaftnente era vaita e 
iitcostante, e ioimic<xdiel nome Franzese, aveva dipoi 
prestato le orecchie ai^e di Aragona* II: quale, consi* 
dei^ando che la unione di Cesare e del re di Francia , e 
la depressione con le armi comuni dei Veneziam, •me- 
desimamente la rovina» del pontefice per mezzo del 
concilio,- accrescerebbero immoderatament^ la gran- 
dezza del re 4i Francia, si era ingegnato persuadergli 
essere più a proposito suo la pace universale , purché 
con quella conseguisse, o in tutto, o in maggior parte 
quella che gli occupavano i Veneziani; confortandolo, 
che a questo effetto mandasse a Mantova una persona 
notabile con ampia autorità, che operasse che il re^ di 
Francia face^ il medesimq^, e che egli simigliante- 
mente vi manderebbe : onde il pontefice non potrebbe 
dinegare di fare ilsipile, uè finalmente, deviare dalla 
volontà di tanti principi : dalla cui deliberazione de- 
pendendo la deliberazione df^ Veneziani , perchè per 
non rimanere* soli erano necessitati seguitane la sua 
autorità, potersi verisimilmente sperare, che Cesare 
senza difficultà, senz'armi, senza accrescere la ripu- 
t^one , o la potenza del re di Francia , (atterrebbe con 
■a^mma laiule insieme con la pace universale lo stato 
suo*. E quando pure non succedesse quello . che ragio- 
nevolmente ne doveva succedere, non per questo ri- 
manere privato della facilità di muovere, al tempo 
determinato, e con le opportunità medesime Ik guerra^ 
anzi essendo egli capo di tutti i principi crtstianì, e 
avvocato della chiesa, aumentarsi molto' le giustifica- 
zioni , ed esaltassi assai da qviesto consiglio la gloria 
sua, perchè a tutto il monflo oianifestamente appari- 
rebbe avere principalmente desiderato la pace e. la 



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CAPITOLO QUINTO. l5ll. fkSt^ 

unìofìe dei cri^iam , ma averlo cbstretto alla gaerra 
la ostinazione, e ifpc^versi consigli degl^altri. 

Furono capaci a Cesare le ragioni addotte dal re 
Cattolico, e perciò nel tempo istesso scrisse al ponte- 
fice , e al re di Trancia. Al pontefice avere deliberato 
di mandare il ' vescovo Gurgense in Italia , perchè*, 
come conveniva a prinpipe re^giòso, e per la dignità 
imperiale avvocato della chiesa , e capo di tutti i prin- 
cipi cristiani, aveva statuito proourare quanto potesse 
la tranquillità della sedia apostolica e Ja pace delta 
cristianità, e confortare lui che, come apparteneva 
a vicario vero di Cristo , procedesse con la medesinta 
io^tenzione, acciocché non facendo quel chSb era ufficio 
del pontefice 5^ non fosse costretto egli a pensare ai ri- 
medj necessaij per 1$ quiete dei cristiani. Non appro- 
vare che' ei ^trattasse di privare i cardinali assenti delht 
dignità del cardinalati, perchè non si essendo assen- 
tati per maligni pensieri, né per odiè contro a lui, non 
merita vapo tal peoa ; né appartenere al papa solo la 
privazione dei cardinali^ Ricordargli , oltre a questo, 
essere cosa molto indegna ed inutile creare in tante . 
turbazioni cardinsili nuovi, come similmente ^ gli era 
proibito pep i capitoli fatti (lai cardinali ne) tempo della 
sua elezione a) pontificato, esortandolo a riservare tal 
cosa a tempo più tranquillo , nel q^ale non avrebbe o 
necessità, ò»cagibi|e di promuovere a tanta dignità, se 
non persone approvatissiine per prudenza, pet dottrina 
e per costumi. . ^ * 

Al re di Francia scrìsse , che ssqpeftdo la inclinazione,. 

' Il ve8C<yvo Gargep^e oratole Cesareo al {tapa,^ detto MatteòV^ngo ,. 
pome dicono il Giovio e il Bembo , e fa noiùo altiero, e arrogante, e la sa% 
ctn^eam dicono che fo cagione di rompere ogni trattamento di pace. 



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a4o LIBRO NONO. 

cllie sempre aveva avuto alla pace onest^e sicura , x^ìjf^ 
deliberato di mandare a Mantova ik vescovo Gurgense 
a trattare la pace universale, sjla cpaìe credeva, cpn 
fondamenti non leggieri che il pontefice, l'autorità àek 
quale. erano costretti a seguitare i Yenf^ani^ fosse in*» 
(Knato : il medesimo promettecebbevo gfì oratori, del 
re di Aragona; e che perciò lo ricercava, che egK 
similmente vi mandasse ambasciàti^ri con ampio man^ 
dato; i quali come fossero congregati, Gurgense ri- 
chiederebbe ^ pontefice che facesse il medesimo, e in 
caso lo dinegasse^ se gli denunzierebbe in nome di 
ttrfti il concilio, mandando, che per procedere con 
maggÌ9re giustificazione, e por fipe alle controversie 
universalir, Giurgense udirebbe le ragioiu di tutti; ma 
che in ^alunque ca^o tenesse per certo, che giammai 
con ir Veneziani nen sarebbe concordia alcuna , se nel 
tempo medesimo nbn si terminassero col pontefice le 
differenze sue. l 

Fu. grata questa i&osa al ponteffice non a fine di pace 
o di concordia; jpa perchè, j^rsuadendosi potere dis- 
pone il s^K^to Veneziano av comporsi con Cesare^ 
sperava che Cesare, liberto per questo mezzo dalla 
necessità di stare unito col re di Francia, si s^>are- 
rebbe da lui, onde agevolmente potrebbe contro al re 
nascere congiunzione dì molti principi. Ma questa im- 
provvisa deliberazione fu molestissim^tal rh di Francia; 
perchè , non avendo speranza che ne avesse a risultare 
la pace universale, giudicava >che ìji. piinor male, che 
ne potesse succedere, sarebbe iiHerporre lunghdaza 
alla esecuzione delle .cose liónv^ute da se eoa Cesare. 
Temeva che il pontefice, promettenio a Cesare- dì 
aiutarlo ad acquistare il ducato di Milano^ e a G^irgense 



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CAPINOLO, QUINTA,.. l5ll. ii^l 

la dignitìt.ddi cardinalato. ^ altre grazie ecctósiastiche, 
non r alienasse da lui; a almeno, essendo ihezzo che la 
composizione coi Veneziani non fosse più favorevole a 
Cesare, ìfneUesse lui in necessità di accettare la pace 
Qòn*4ni>nestissime''condizìoni. Accresce vagli il sospetto 
l' é§sersi Cesare confederato' di nuovo co' Svizzeri , 
benché* solamente a difesa : pérsuadevasi^il re- Cattolico 
essere stato autore a Cesare di questo nuovo consiglio, 
d^lla,,cui ja^en^ sospettava grandemente per molte 
cagioni*: sape Yji. che l'oratóre suo appresso a Cesare si 
èra^a^b^tò e si afì^itieava ^Copertamente per la con» 
^qf&ia "ti;^ Cesare e i Veneziani l'credeva che occulta» 
.niente desse animosa! pontefice, neir esercito del quale 
èr^o state le sue gj^nti molto più tempo che quello, 
che^per i patti della investitura, del regno di Napoli 
jBra^teiiuto : sapeva^che per impedire le azioni sue si 
o^goneva ^èacemente alm cony&cazione del concilio^ 
e sott^ specie di onestà dannava >pa(e.semen te, che 
wdeìi4o Italia «di guerra, e con la rèano armata si 
Va^tasse^di ^ba^un' opera , che senza* la concordia di 
•, tutti i prìncipi non poteva partorire altro che frutti 
velenosissimi : aveva notizia prepararsi da lui nuova- 
mente in marje ilniarmatamiolto' potente ; e con tutto 
^e pubbly&sse'di volere vp^ssare irf Affrica personal- 
fi^ente, non s^ poteva 'però sapere se ad altri fini si pre- 
parava. Facevanlo molto più sospettare le dolcissime 
parole s^, con* le quali pregava quasi fratemalmente 
il re, che ^facesse la pace còl pontefice, rimettendo 
^andio,quan(lo' altrimenti fare non si potesse, delle 
su,e tàgioni , per noti si dimostrare persecutore della 
chiesa V contro all'antica pietà "della casa di Francia, e 
per non interrompere a lui la guerisa destinata , per 
III* 16 



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24a LIBf a HONO. 

esalfaaione del nome di Cristo contro ai Mori'di Affrica, 
turbando in un tempo mecTesimo \utta la cristianità ^ 
soggiugnendo essere stata consuetudine dei principi 
cristiani, quando preparavano le armi contro agF infe- 
deli, domandare in causa tanto pia sussidio dagli altri; 
ma a lui bastare non esser impedito, né ricercarlo di 
altro aiuto se* non che consentisse che Italia stesse in 
pace. Le quali |)arole, benché porte al re dall* oAtore 
suo, e da lui proprio- dette all'oratore j^jil re risedente 
appresso 'a lui molto destramente, e con significazione 
grande di amore ,*pare^ perciò 'che contenessero^ tui 
tacito protesto di pigliare le armi in &vore del ponte- 
fice; il ebe al .re non pareva verisimile che ardisse ^i 
fare senza speranza d'indurre Ge^re al medesimo^ ' 
Angustiavano que^ cose non mediocremente 11 ani- 
mo del re, e l'empievano' di sospetto che il trattar^la 
pace per mezzo del Vescovo Gurgense sarebbe opefra o 
vana , o perniciosa a se : nondimeno per non dare causa 
d' indegnazione a Cesare si risolvè a mandare a Maàtofifi 
il vescovo di Parigi , prelato di grand^ujorit^, e dptlcf 
nella scienza delle leggi. In questo tempo medesimo* 
significò a Gianiacopo da Triulzi, il quale fermatosi a 
Sèrmidi, aveva per maggiore comqflità dell'alloggiare, 
e delle vettovaglie, distribuito in più teite circ(}staivti 
r esercito, essere la volontà sua», che da lui fosse ayn- 
ministrata la guerra, con limitazione che per l'espett^- 
zione della venuta di Gurgense ìion srssaltass^ .lo stato 
ecclesiastico; alla qual cosa repugnava anche l'asprezza 
inusitata del tempo , per la quale contuttoché fosse co- 
minciato 41 mese Idi marzo, era impossibile allqggijare 
allo scopèrto. Perciò il Triiilzio, poiché non si aveva 
occasione di tentare altro; e che era nei luoghi tanto 



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CAPITOLO gjjiwqjg. — i5ii. 24^ 

>rÌQÌf]^^ 4^li{)erQ di tentare se si poteva ofFeDderè i' eser- 
citi) inimica^ il iqualè allattatosi, -quand^Ciampn te ri- 
tQr^p da Sermidi a. Carpi, ^alloggia va al Bendino q^asi 
tutta la. fanteria, e la cavai lerìa^l j'inale e per^e ville' 
vicine. Però, ricevuta la conimìssione dcljre, andò il di 
seguente " alla Stellata , e 1* altro 'gioi*no alqilìinto piìi 
innanzi , ove distribuì al coperto per le ville circostanti 
T esercito y e facendo gittarc il fiotite cori le bajcche tra 
la Stellata e Ficheruolo in sul fiun^e del Poi avendo 
ordinato che il duca di Ferrara ne pittasse un altro un 
mìglio dì sotto, ove sì dice la ^unta, in su quel ramo 
del Po , che va a Ferrara, e con ]e artiglierie venisse 
allo Spedaletto, luogo ii^ sul Polesine di Ferfara , che è 
di riscontro al BoncUno- • « .V 
V^Ebbe in questo niezzo il Ttitlfkip notizia dalle isue 
spie , che mohì cavalli leggieri di qqella parte dell' esrcr- 
cito dei Veneziani , che era di là dal Po, doveva^^da 
UQtte próssimcii, venire appresso alla Mirandola a ordi- 
nare insìdie : -perciò vi ^andò occultamente molti ca- 
valli , i quali giunti a Be^ae^è, palagio del contado 
Mirandolano, vi trovarono * Fra Lionardo Napoletano , 
capitano dei cavalli legcieri^deiM^eneziani ^ uomo chiaro 
in queir esercito ; il qtiàlft non- temendo^ dovessero ve- 
nirvi gV inimici , smontato quivi cqn centocinquanta 
cavalli , ne aspettava molti' ^tri chelot dovevano segui- 
Uire j^ma (jppi^sso all' improvviso", volendosi difendere , 

* l'' ^ ."* * '* i •• ' 

L.Qni dKcei^U Mcièjiigo, che il JPrinlzio^ attese B- raccogliere le squadre di 
Verona, e C^Legnago; il cbe dice poco ^tto questo "àatore. . 
" ' Fja'Lionar&o t*^raU>*'da Iteece di terwi di Otranto ,^ cavaliere Gerosoli- 
mitano, non avèvar come cc^]i .dice, i5» ca^^Uiv n^a soli qoaranta, come 
scrive il Éfimbó. Là sua. morte fa molto molesta ai padri , i quali gli driz- 
zarono unar sta^ita a^a^^US i ch^ ancóra oggi ai vede nella chiesa dei i%^ti 
Gioyanni e Paolo. Bembo , MocenigQ, , Giustiniano , e Giot^to. 



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a44 ,• LIBEQ, IXOHO. 

fu ain^aaMS^to coti; inciti ^\ suoi. Veurm Alft>t$(y'da 
£Bti,.came e^a dentina to^ allò Spedaletlo, e la notte 
seguènte Comincio a tirai*ecoa i^ artiglierie contro a! 
fiondino ; § nel tenij^o m^^esimò il Tritilzio manoò 
Giistdhé jnonsigtiòtie di F<^, fi|;liuolo di Una soi^ellà 
del rfy ìrt^uale giovtajetto*era** r anno' iiifiianzi vtèkiuto 
air^i^emtò , a éoi^reriò doti dento uomikii di arme, quat^ 
trocento cavalli leggieri , e cinquecento fanti ìnsìno 
alle sbarre deir alloggiameuto degl' inimici, il quale 
messe in fuga cinquecento fanti destinali alla guardia 
di quella fronte ; onde gli altri tutti, lasciato guardato 
il fiondino , si ritirarono di là dal canale, nel sito forte. 
Ma noti succedette al Triulzioalcuna delle cose dés- 
tinate; perchè Tartiglieria piantata contro al fiondino^ 
essendoci in mezzo il Po^ faceva per la distanza del 
hiò§p piccolo progresso, e molto più, perchè cresciuto 
ilWime^ e tagliato l'argine da quegli che erano nel 
fiondino, allagò talmente II paese, che dalla fronte 
degli alloggiamenti Fianzesi al fiondino ^otì si poteva 
pili andare se non con le barche. Di maniera che il ca- 
pitano disperato di poter più condursi per quella via 
agli alloggiamiuti degl' inimici , chiamò da Verona due- 
mila fanti Tedeschi, e ordinò che si soldassero tremila 
Grigioni per accostarsi loro per la via di San Felice in 
caso che , per opera de! vescovo Gurgensc , non s' in- 
troj^ucfesse la pace : la cui venuta era, stata alquanto 
più tarda f perchè a Salò in^sul lago di Garda av^va 
aspettato più giorni invano la risposta del pontefice J il 

' Yeime aU' esercito Gàsìt>i| idi F<ns, quando gii STÌzzeri soeJf^vb per papa 
Ginlio Bei contado di Milano, cdes^fu ; seconda il|,GÌoM , òbe ifi. riimctò, 
etsyido giovane appena di prima barfta.Di^pkxstS Bj^veggono dr soito, grandi 
ìmpreae^ coilp fcf il 'sttcco di Ki^esctà , e |a rotm df RaVemBa.- 



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CAPiTòto Quiirro. ^-^ i5ii. 245 

quale ^v^va .per. lettière. ricerc^td^qjlg n\^n(la8se aipr 
basciatori a trattare. Venne finalmente a JlantpVa 4C- 
compagnaip (^ don Pietro (Ji Ur^ea^ il<(Mare-per il ìe 
di Aragoqa riséd^a prdinariaménte^^pjiréSsó a Cestire, 
ove pochi dì poi sopra venfieril vescovo ^, Parigi; pfer-^ 
suadendosì iL r^ di iFrancij^^il qy4k per 'essere piti 
vicino alle pratiphe della pace > e ;^i pfovvediiTìeiilji 
della guerra era venuto a Lione, 6h^ njedesirnàinent^ 
il pontefice dovesse mancldrvi* if quale dall' altra parte 
faceva in&tanza cheGurgense andasse ^à lui /qiQ'sso non 
tanto perchè gli paresse questo essere più secondo la 
dignità pontificale , quanto peichq sperava e con T ono- 
rarlo, e col caricarlo di promess^, e con la o^cacia ^ 
autorità della presenza ^ averlo a. indurre nella i^Ua vpr 
tonta f allenlssima più che inai daHa concordia ^ dalla 
pace ; il che per persuatlèrgli più faciln>ehte procurò 
che andasse a lui Girolamo Vich Va.lerizi^no , oratore 
del re Cattolico appresso a se. Non negava Gurgeps^ 
di volere andare al pontefice, ma* diceva esser richiesto 
dì fare prìnia quel che era conveoiente fare di ppj; 
affermando, che più facilmente, si rìmoverebbefo le 
difficultà, se sì trattasse prima a/Matitova, con inten- 
zione di andare poi al pontefice con le cose digerite, 
e quasi conchiuse ; astrignerlo a qìiestp me^esjpicio noj^ 
meno la necessità, che il rispetto, della facilità ; p^Vr- 
che, come era egli conveniente lasciare solo il vpspovo 
di Parigi, ipandato dal re di Fr^npia a Mantova, per 
r instanza fetta 4» Cesare? con che speranza potarsi 
trattale da lui fe^cos^- cjel .|u0*xe? pome qonv^piente 
rìéhìodi^Vlo che addasse insieme con^lpi al pontefice? 
PerchyB, né' secondo, la commissione, né secondo la 
dignità dpl te 7 pofeva'^andàre in caisfi 4ell' mimico, se 



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a46 . ^ LIBRÒ ifONo! ., 

prima non £3SSfro dbinposte, o'^uasi composte le dif- 
ferenze loco, ^ * ' * "' ' 

In contrario argoinetitaYòno iliu^ ambasciatori Ara- 
gonesi, dimostrando che tutta la speranza della pace 
dipendeva dal tompcà're *le cose ' di Ferrara ; perchè , 
campostè quelle, noii rii^ahendo al pontefice piìi causa 
alcuna di sostentare i Yenelltiiani , sarebbero essi del 
'tutto nece^sifati ^di cedere' alla 'pace con quelle léggi 
tchfe volesse Cesare" medesinlo. Pretender? il pontefice , 
che. la sedia apostolica avesse in sulla città di Ferrara 
potentissime ragioni ;' riputale 'okre^ a^ questo , ^alfonso 
da Esti avere ^ysato* seco graftde ingratitudine, avergli 
fatte molte ingiurie , e per inollificarel' animò suo *gran- 
demente sdegnato esser più convenìepte,^ più a pro- 
posito , che il. vassatlo dimandasse piuttosto clemenza 
al superiore, che disputasse della giustizia. Dunque, 
avendosi a impetrare clemenza, essere non solamente 
onesto, ma qu^si necessario il trasferiiisi aiui, U'che 
facendo non dubitg^vanò, ptie molto mitigato diminui- 
rebbe il rigore ; «è csài giudicare 'essere,, utile, che 
quella diUgenza, industria e autorità; che si'^aveva ad 
usare per disporre ilvpontefice' alla pace, si spendesse 
nel persuaderlo a.man(farp» So*ggiugnevanor con parole 
bellissime non si potere ne -disputare, né terminare le 
/differenze, se non intervenivano tutte le p^i, ipà in 
Mantova non essere altri che una , pecche Cesare , il 
re Cristianissimo e il re Cattolico erano in tanta con- 
giunzione di leghe, di parentadi, e di amore, che si 
dovevano riputare come frafelK, e che gl'interessi di 
ciascuno di loro fossero .comuni di tutti. Assentì final- 
mente Gurgense con intenzione che il vj^covo di Piuigi 
aspettasse a Parma quello che partorisse V andata sua. 



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CAPITOLÒ QUINTO. ^— l5ll. ^4? 

Non avQ'i^a in questo tempo il pontefice, per le cose 
che si trattavamo attenenti alla pace , deposti i pensieri 
d^Ua guerra; pftl'chè di nuovo tentava la espugnazione 
iella bastia del .Genivolo , avendo preposto a questa 
impi^esa Giovanni Vitelli : ma essendo per la strettezza 
dei pagamenti il numero dei fanti molto minore di quel 
che aveva disggnafo , ed essendo , per le pioggie grandi , 
e percl)è quegli chp^xanq nella bastia avevano rotto gli 
^gini del Po, inondato it^ paese alF intorno, non si fa- 
ceva progresso alcuno , e per acqua vi erano superiori 
le Cose di Alfonsb (Ja Esti. Perchè avendo con un' ar- 
mata ' di galee e ^di brigantini assaltata appresso a 
Santo Alberto l'armata dei Veneziani, quella spaventata, 
. pei^l^mentre combattevano si scoperse un' armata di 
legni minori, che veniva daComacchio, si rifuggì nel 
porto di^Rav^enn^ avendo perduto due fuste, tre bar- 
botte e più di quaranta legni minori : onde il papa per- 
duta ^c*^ speranza di pigliare la bastia, mandò quelle 
genti nel campo che alloggiava al Finale , diminuito 
mohb di féiti, perchè stréttissimamente erano pagati. 
Creo n^l medesimo tempo il papa otto cardinali, parte 
per conciliarsi gli animi dei principi , parte per armarsi, 
contro alle minacce del concilio, dì prelati dotti , espe- 
rirne tati, e di autorità nella corte Romana, e di per- 
sone confidenti a se, tra i quali fii l' arcivesco d' lorch 
(dicon},o i latini Eboracense), ambasciatore del re d'In- 
ghilterra , e il vescovo di Sion ; questo come uomo im- 
portante a muovere la nazione degli Svizzeri , quello , 

'* Qaest' armata dei Franzesi in Po a S. Alberto, dice il Mocenigo, che 
^a maggiore della Veneziana , ma dóve qui scrive , che i Veneziani per- 
derono dae foste, tre harhotte, e più di 40 legni minori, egli dice, che i 
Veneziani, vednto il perìcolo, si ritirarono in mare, e si salvarono nel 
porto di Ravenna , non facendo alcuna menzione di perdita. 



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248 LIBRO NONO.. 

perchà ne fu ricercato dal suo re^ il qiiale, aveva già, 
non piccola speranza di concitare cpnOra ai Fi^anz^si ; 
e per dai;e arra qdasi certsc d^la ine(|esinia dignità à 
Gurgense, e renderselo con questa speranza più, facile^ 
si riservo col consentimento del concistorjì facultà xK 
nominarne un altro ^ rìsei^vato lyA petto suo. 

Ma intèso che ebbe , Gurgense aver consentito di an- 
dare a lui, disposto a onorarlo soi^màmente, ej>aren- 
dogli nessun onore poter essere maggiore , che il pon*- 
tefice Romano farsegli incontro ; ed oltre *a ^esjo 
dargli maggiore comodità di onoreirlo, il riceverlq^rin 
una magnifica città, andò da Ravenna a Bologna, do Ve 
il terzo giorno dopo Y entrata suo entrò il vescovo Gur- 
gense ricevuto con tanto onore, che quasi con piag- . 
giore non sarebbe stato ricevuto re alcuno. Ne si di- 
mostrò da lui pompa e magnificenza minóre; perchè 
vi^nendo con titolo di luogotenènte di Cesare in Italia, 
aveva seco grandissima compagnia di signori g di gen- 
tiluomini tutti con le fami^ie loro vestiti ed ornati 
molto splendidamente. Alla porta della città* se gli -fece 
incontro con segni di grandissima sommissiQne T .am- 
basciatore, che il senato Veneziano teneva appresso al 
pontefice; contro al quale egli pieno di fasto inestima- 
bile si voltò con parole e gesti molto superbi , sdegnan- 
dosi che uno che rappresentava gF inimici di Cesare 
avesse avuto ardire di presentarsi al cospetto syo. Con 
questa pompa accompagnato insino al concistori pub* 
blico , ove con tutti i cardinali V aspettava il pontefice, 
propose, con breve ma superbissimo parlare, Cesare, 
averlo mandato in Italia, per il desiderio che aveya di 
conseguire le cose sue piuttosto per la via della pace , 
che della guerra, la quale non poteva aver'luogo, se i 



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CAPiTotQ QmNxa. — i5ii. j^9 

Veneziani npn j^. restUuivapo tutto quell<yjr elle 'i^ 
qiaalun^iqe modc^se gU appa#tei|pva.^I^I^ iJtj^o'^Jìl 
udienza.pubblic^ coI'poQtelìce.privjEUam^te ntUa pae- 
deiim» sentenza e^c^nja mede«imafi|lt«tem'; alle quaJK 
palmole, e dinoostrasBÌoni accompagup il gioltìd segoenté 
fatti tìoSi meno superbi. Perchè avendo il 'pontefice eon 
suo consentimento deputati a tàilitare seca tpe' ca(*dir^ 
nah,»,!^ Giorgio^ RegiuQ e quel dei JMjfdici,, r gtibU 
aspieUfàndolo alt ora ci» erano convenuti dicessero 
insieme^ egli, come se fc^se cosa jndegna A lui trat^ 
tare con altri che col poqtefiec, mandò a traUafe «oti 
io^o^re d^i suoligbfltilu^i^ìxù, scusandosi dijàét^ìfe too 
cupato in, altre^&ceejMÌe^ ^ q^sik indegirità ^diyor^va , 
insieme con molte- altre il pontefice., vincendo la i^ 
natura Podio incredibile contro ^^iVranaae^i, ' . - 

Ma n^Ua, Concordia tra Ce^^re e i Veneziani , della 
qOalexopmi^ciò a trat^rs^ prima f eq|n(^ àiol|p difficultàt 
perchè sebtenè'^GurgenseviLquale^ày^a ^mandato, 
primii tytte le.feixe;« <!dn6entis9^ al)a fijif che a loro 
rimanessero P^òva e*Trevigi*con-tutti i lord cont&di 
e appartenenze^ . vole^ta nendimeno* che in ricom- 
pense dessero a Cesare * quantità gr%ndissiAa^di da- 
nal:i ; cbe'^da Uiì in feyjjio le riconoscessero^ e le ragioni 
dcjle àhfb terre gli ^esu^ro^L^ quali cose .erano nel. 
senato ricusìtt;^ , ove tuttr unilaiftentèi conchiudQV9iU3i 
più utile essere ^aUarepu|)blic|r, poMiè aveiranor, tal- 
m^Qtelttrtìfic^e Padova e TrevigJ , <;jie nòivtfm^vangt 
di perderle, conservarci i'« danari ^erchè^se mai.pàsr 
sav^ qliesta tempesta , potrebbe otTerirsi-'qpalche toccar 

' DomanldavA i! yescovo Gvtrf^im^ ^ Veiièziayì dagentomil^ s(;pdi .pe^ la 
ìnvestitara ài Padova e ìài Trevigi , e ogni anno 5Ò mifo rff <iud<^, secondo 
ìHUffonaqporsh - i ' • ' * * * 



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2 5^ ^ LlBtlO HOfro. 

s^one, ehC' fòcìlmente-irtcìiperecebbero- iLJoro 4oììiÌt 
nito. D& altra parte il pontefice ardeva di de#<(^*io che 
conyenissei'o.t:oii Cesare, sperando che da questo avesse 
a, succedere che egU si alienasse»* ^al i*^ di Franca. 
Eero gli Stipfiolava , paA^ con pregai , parte con mi- 
méce, che accettassero le «ondìeioni proposte. «Ma er^^ 
minore, appresso ^ lorpl^ ^ua autorità'; non mollmente' 
perchè cocu^ervano da 5{uali fini procedos^ tanta' caV 
dezza ^ ma perchè , sa^^tedo- quanto gli fo^se necessa* 
ria }A còmpagi^^ Iqfù iji caso non si riconciliasse col 
Xe dr Francia, ten6va;no p^t certo che njai gK abban- 
doneF^l|!)j^ Pure da poi die fu disputato molti ^igmìf 
. rimettenclo Ìl vescovo Gurg^nse (|ualehe piarte ddta 
sua durezza, ^ i.yeneziani cedei^do pKi di quel che ave- 
vano destinato alla inì»tan;a ardehtissinia del pohte- 
fice, interponendosi medesimamente gli oratori dèì'xe 
di Aragona^, ghe a tutte ld,*|fatiche interveAÌVano \ 
|)areva elle fii|a|iuente fossero per convenire pagando 
i Yene^ani , |]|^r ritenersi cop cónsenìiAent^ jì Cesare 
Ps^ova e Trevìgi, ma in.J;empi lun^hi^ gran sonuna 
di danari. ' * ^ ^ ^ • # 

J^imtneva la causa della riconciliazione tradii ponte- 
fice q il re dF Francia, tra i.qtìsdi non appariva altra 
tontroairecsia, phe "per lotcose «deb^uca di FeVrara ; la 
quala Gurgens^ per* risolvere (per(;^è 6esai:e senza 
questa ^veva doMyeratojiQn convenire) ^ndò a pacare 
aX pontefice *al quale, rarf^simp yoltcv- ora stato y ^ersua- . 
dendosi per4e sperUnze avute ^al c^^rdinal di Pavia e 
4agli'' oratori del rè C^ttoKoo ^ dovere ^ssere ipaietia 
non difficile; perche da altBa parte sapeva il i^ di Fran- 
cia , avendo tninore f ispettd £flla'dignità che alla quiete, 
esser" disposto a cpnsentire molte 'cose di non pigpok> 



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. CAPITOLO QUINTO* l5ll. 25l 

pregiud&io al duca. Ma il pootefice, interrompendogli 
quasi V nel principio d«l palliare il ragionamento'* od-' 
minciò ()er co^itrario a confortarlo , che concordando 
con i Veneziani /lasciasse pendènti le cose*<K Ferrrara; 
l^meatandosi^che Cesare non* cdh<^esse fa occasione 
parattissitha 4i Irendiearsicorf Je altrtii forze 1? daiiaft 
di tante irfgiurie* ricevute dai Francesi f e -che aspet- 
tasse di essere pregato di quel che ragionevolmente 
doveva con somlina instanza supplicar?. AUe^<|^ali cose 
Qtu'gense, poiché con molte ragioni ebbe, replicato , 
né potendo rimuoverlo dall# senteQzSi sua, gli significò 
volersi partire, sènza* dare altrimenti perfezione ^Ik 
pace con i Veneziani : e baciatigli secondo il IcòsfUtire 
i 4 piedi, il dì mede^hno,, òhe fìi^il ^uiiitod^cimo dalla 
veduta sua a^Bologna , se ne andò a Modana ; avendo 
invailo il pontefice mafids^to a ric^amarlo subito "J che* 
fii uscito deila città. Onde Viifilirizzo versp'TffUano, 
lamentandosi In 'molte cosc/^del^p^nte^cfe^ e •special- 
mente che^ ftentre;phe perula venuta sua in Its^lià erario 
.q[uasi sospies^e le' aSrmi , avesse mtlndato seg#etamente 
p6r turbare lo stato di Genova il vescovo di Ventimi- 
glia figliuolo già àji VaxAo cardinale Fregoso. Dell* an- 
elata del quMe, essendo penetrato notizia aii Hranzesi, 
lo fecero, così .incògnite^ confe anda>^., pigliare'' nel 
*])Ionferctfto.; oiide condqjLto a Milano manifestò in^ra- 
menlie le cagioni e^i consigli della Sua andata. * 

Ricercò Gurgensé , quapdo parti da Bologna , gli 
ambasciatori Aragonesi* ( ì' quaK , essendosi ^ per quel 
che appariva vafTaticatf molto per la pfi6e comune , Ai- 

' * ■ •' ; • 

' Dice il Buonaccorsi, 3ke snbifo che il Onrgénse^ebbe coioinciato a 
parlare di Ferrara, ilpapatr&pos^di non' voler -^r^ altro, ma piattosto 
«iettavi it papato y e poi fa Viu, che ragionarne. 



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352 LIBRO NONO. - ^ 

mostravamo ess^e sdegnati delja durezza del goiite*- 
fica), che face^e^o ritornare nel', reame d^ Napoli le 
trecento lance Spagnuole ,)il ctie essi prontamente ac- 
consentirono. Donde ciascuno tanto sì m^ra^gKàva, 
che* nel tempo, che si trattava del concilio^ ejùìè ^i 
credeva dovere essere potenti in Italia cc^n la presenza 
di ameildue i re Ig armi Franzesi^e Tedesche, il pjonte^ 
fioe , oltre alla inimicizia del (^e di Francia , si. alii*- 
nasée Cesane, e^si privasse degli aiutkjdel re Cattolico. 
Djabitavano alcuni che in questo^ come in molte altre 
cose , fossero diversi i, cotisjigli dèi re di Aragona dalle 
dimostrazioni , é ^he altro avessero in pùbblico ope^^ 
rato gli ofatori suoi, altro- in^ segreto col pontefice; 
perchè , avendo provocato il re di Francia coai nùovej 
offese, e per quelle risuspitajA la nfemorìa delleìanti*- 
'che, pareva che dovesse- temerò,, che la pace ai'ti\M:i 
gli altri non producesse gravissimi pericoli . contro ^ 
se; riqian^ido^ ìnd^oliti ili stato , di' danari e di ripu^ 
tazìorie i^ Veneziani , pgpo potente ìt\ Italia il re dei 
Romani, fe vario, instabile e^ prodigo pia chet mai. Altri, 
discorrendo .^iù sottilmente^ inl^rpetcavano ^ p(ìtere 
per awemtura^esseiFe, che il pontefice"", qttan(^pnque il 
fé Cattolico ^gli protestasse di'^bband<yiaflft^ e; richia- 
masse le sue ,g^nti, confi^sse.ch^ égli, consic^ando 
qu^to ngcerébbe a sé pròjijrio la sua depressióne , 
avesse sèmpre nei Ì>Ì8Qgni m^ggior^a sostenerlo^ . 

Per la partita di Gur^eiise perturbate le speranze 
déya p^(^ , ancor^ che il pontefice^ gli avesse <|uatt(*o 
A poi mandate? dietro il Vescovo di Moravia; oratore 
apprèsso a se^ del re di -Scozia fer tfattsfre della'^ce 
col re di Francia^ si i;imossero Je^cagiq|>i che av^vajio 
ritardato Gianlacopo da Triufei"^ il qyale ardente di 



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CAPITOLO QUINTO. l5ll. 353 

onesta ambizione di fare qualche opera degna della * 
virtù ed antica gloria sua, e 4ondé al re si dimostrasse 
con quanto'daiino propria si commetta il governo delle 
guerre 5 cosa tra tutte le azioni umane la piti ardua e 
la più difficile , e che ricerca maggior prudenza ed 
esperienza , non ' a capitani veterani , ma a giovani 
inesperti, e della virtù dei quali niuna cosa fa testimo- 
nianza che il favore. Però continuando nelle prime de- 
liberazioni , ancora che non fossero arrivati i fanti 
Grigioni , perchè il generale di Normandia, dal quale 
dependevano respedizioni^ sperando nella pace, e cer- 
cando di farsi più grato al re con la parsimonia dello 
spendere 5 aveva differito il mandare a soldargli, pose 
al principio del mese di maggio con mille dugento 
lance e settemila fanti il campo alla Concordia; la quale 
ottenne il medesimo giorno : perchè avendo gli uomini 
della terra , impauriti perchè avevano già cominciato 
a tirare le artiglierie, mandato ambasciatori a lui per 
arrendersi , ed essendo perciò " allentata la diligenza 
delle guardie, i fanti dell' esercito saltati dentro la^sac- 
cheggiarono. 

Presa la Concordia, per non dare occasione agli emuli 
suoi di calunniarlo oKé attendesse più alla utilità pro- 
pria che a quella del re, lasciata indietro la Miran- 
dola, si dirizzò verso Buonporto, villa posta in sul 

y II cavatitele Aurelio^ Citum iiel LiL. I ddJa ttisciplìtia miìinfre, Ah^^t- 
ieddo intorno aììrtWessìone i^l gent-raje degli «sercUi, \& qnale sé ft, o'^per 
vera viriti ctvnoscìota , ù p*c fsivore di afreltnta incliiiazionje, condole ^ 
(.■0tiibriii« a «lUeslo passo, die \h ytra e oUitna ttsoJuiìone dtpJ pf'ìjirfpe è, 
quando eltgge cno illoalre p<:r conosciuta virtù nel J^ esercito inìlitare, 

* \\ Mottmf*o scrìve , die la Concordia fu presa al primo impeto , es- 
sendo Htótì i soldati caociatl dalle difese Ma il Hemòo^ slmxlù a^ qn^lo au- 
lorej iifl^ltribiiìsce la colpa alla neglige uKa delle gn atti ìé^. - - i- «É»-r ' 



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2$4 wXIBBO Jf9ffO. . 

^me del Pd4^ > per accostarsi tanto agli inimici , ohe 
cgn Vimpedice Iprò'lg vettovaglie gli costrì^le$se a 
dilpggiare, o a combattere fuora d^lla fortezza del loro 
^lloggiaqìento. Entrerò nel contado di Modana^ e allog- 
giato all^ villa ad Gavazzo , j^teso ohe a Massa pressp 
al Finfl^ alloggiava Gi|m Pagolo;|lfl[$nfrone con tre-» 
cento -cavalli l^gièri dei -Veneziani, yi mandò Gastone 
di Fois con trecento fonti e cinquecento cavalli; con- 
tro ai qu^li Gian P)agdlo sentito il T\mìové ti^messe so- 
pra un ponte in battagliar ; ma, non corrispondendo la 
virtù dei suoi alPiordire? e animosità sua, a&bando- 
nato d^ loro ,^restò con pochi compagni * prigióne. 
Accosto^si p6ì r'esercito a Buonporto, avendo inanima 
ilTriolzio gitfi^e il ponte dove il canale, B^ivato«di 
$opra a Madana dal^ume del Panaro, si unisce' col 
fiun)e: Maggia l' esercito inimico per impedirgli il passo 
del flvme era venuto ad alloggiare in luogo taiito vi- 
cino, che si offendevano con le artiglierie; da un colpo' 
delle quali ^^ ammazzato , passeggiando lungo l'argine 
del fiume , i| capitano Perault Spagnuolo soldato dell' 
esercito ecclesiastico. Sono, in quel luogo le ripe altig-^. 
sime, e perciò era agi' inimici facili&iHmo l' impedirlo: 
onde il Triutóo , preso lipovo q^nsiglip , gittò il ponte 
più alto^ un miglio solamenteTsopr^ 4I canale.*Passato t( 
canale, si diriz:^ò "^erso Modana, camminando lungo 
l'argine c(«l Panaro, cercando' lufcgò dove. fosSe più 
facile il gittare il ponte, e' avendo sepipre vista dei' 
cavalli e dei fanti degl' inimici, ì«quali erano alloggiati . 
vicini a Castelfranco in sidla strada Romoa, ma in uno 

' Giampaolo Manfrone, come scriTe il Gnuienigo^ Jvl fiittò ppìgione in 
andando daì(a Mirandola alla Concordia 'per soccorrerla . e con Ini fa preso 
anco il nio figlìn<4p. * '• • . ' ^ 



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CAPITOLO QUINTO. — l5ll. ^55 

|iiOT^o cinto di argini e di acq«é, entro' in sulla 
medesìinn stradar al ponte diFossalta due nriglia presso 
a Modana : e piegatosi a mano destra verso la monta- 
gna , passò sén^a contrasto il Panaro a guazzo , che in 
quel luogo ha il letto largo e senza ripa; il quale pas- 
sato, alloggio nel luogo , dove si dice la ghiara di Pa- 
naro, distante tre miglia dall'esercito ecclesiastico. 
Camminò il giorno seguente verso Piumaccio , accomo- 
dato di vettovaglie con consentimento di Yitfrust dai 
Modaiiesi; & il medesimo giorno l'esercito ecclesias- 
tico, non avendo ardire di opporsi alla campagna, e 
giudicando essere necessario l'accostarsi a Bologna, 
perchè in quella città non stfacesse movimento , attéso 
che i Bentivogli seguitava^ T esercito Franzese, andò 
ad alloggiare al ponte a Casalecchio tre miglia di sopra 
a Bologna , in quel luogo medesimo , nel quale nella età 
dei proavi nostri Giovan Galeazzo Visconte, potentis- 
simo duca di Milano, superiore molto di forze agi' ini- 
mici , ottenne contro ai Fiorentini, Bolognesi e altri 
confederati una grandissima vittoria; ma alloggiamento 
di sito molto sicuro tra il fiume del Reno e il canale, e 
clic }ia la montagna alle spalle, e per il quale s'impe- 
disce che Bologna non sia privata della comodità del 
canale, che derivato dal fiume passa per quella città, 

Arrendessi il giorno seguente al Triutzio Castel- 
franco , il quale soprastalo tre giorni nell' alloggiamento 
di Piumaccio per le piogge , e'f)er ordinarsi delle vet- 
tovaglie, delle quali non'avevano molta copla^ venne 
ad alloggiare in sulla strada maestra tra la Samoggia e 

' Pflrmì cbe a hmótì del Xi-Iiilsi ^ia cblftra la mctite dell' niitoic, per 
indicate elle atietido Aempifi n vialn glMDjmìcì, egli cajnminù, e (i^srò 
i| Hindi srUla loro tneileaima tii. 



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a56 LiBii^i iroivo. 

Gastelfrai^o, nel quale iuogo ^«tie sospeso queììo 
av.es5« a fare per molte difBcti|tìi f 1# quali iif qualunque 
deliberazione^ gli rappiìese^taya^p. Perchàjconos^va 
essere vano l'assaltare Bologna; se dentro' il pi^olt^ 
nqn tuomltuaya ; e, accostandosi "m suUe speranze ^ 
moti popolari , dubitava hoQ ^3ser^ costretto a ritirarsi 
presto, come ave^a f^tto GiaiMnte con la riputazione 
tlimipiiiita: più imprudente, e pericoioso.an^are a CQip* 
batt^e»can gt' iniiimci fermatisi in alloggiamento tanto 
forte ;^ F accollarsi a Bologna dalki parte. dì sotto non 
ivrere altrcr speran^ia , se non^ ehe-gl' inimici per timore 
cbe e' non ,^saltas^ la* Romagna -foips^ si movet*ebb#ro, 
onde potersi dalie pccasiieiÉ^ a lui di coipbattere, o ai 
'Bo^gnesi di f^re tumulto: «6re alla fym delibetemdo di 
4eit|aFo se glcui^a t^qsa parjtortsso o la ilisposizione u^ii- 
versale dell^ città ;, o le intelligenze particolari dei Ben«^ 
tivogli) condusse r esercito , la v^guardia del qnal^ 
guidava Teodoro da Triulzio , la biM:tagtia egli , -e il r^- 
tf gjguardo Gastone dì Foi$.^ ad alloggiar^ al «^poste ^ 
Laino , luDJ^ in sulla strada maestra distante cìjique 
iniglia.dfL Bologna 9 e famojip perJa loàb^rìa delfabboc- 
c^ento ttiX<epidO) Mare^ntouio e Ottaviano:, i .guali 
l|uivi, eoBÌ , affermano ^^ scrittori ^ sotto nome <Jèl 
triumvirato stabilirono la tirannide di Bjoma , e qu£i^ 
non itiai^ bastaq^ detestats( proscrji^iont. 

. fi(OQ ^%in questo tempo più il popt^eiice in Bologna^ 
il quale 4opo Isrpartita dj^urg^n^e, quandp 4^9Btrando 
^ppxóbia. audacia,. quandp timore, coipe inte§e essersi 
)nosso ilTriulzio^ OiMi tt^tto^ch^ npavi fossero piìi le 
I^nce, ^pgtgnuijilje/ si parjtì,^ Bologna per andj«:e all' 
esercito a finifle d' Indorrc'^coH la presènza sua i capitani 
a combattere con gP inimici ; alla qiial cosa nqn .gli 



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CAPITOLO QUINTO. l5ll. aS^J 

aveva potuti dispórre, tìè con lettere, né con amba* 
sciate. Parti con inteiisdone di.alloggiare il primo giorho 
a Cento ; ma fu necessitato ad alloggiare nella terra 
della Pieve, perchè mille fanti dei suoi entrati in Cento 
non volevano partirsele, se prima non ricevevano lo 
stipendio. Dalla qual cosa forse stomacato , o conside- ' 
ran^o più d' appresso il pericolo , mutata sentenza ri- 
leHrnò il dì seguente in Bologna , ove crescendogli per 
l'approssimarsi del Triulzio il timore, deliberato di 
andarsene a Ravenna , chiamato a se il magistrato dei 
quaranta, ricordò loro, che * per benefizio deUa sedia 
apostòlica , e per opera e fetica sua , usciti dal giogo di 
un'acerbissima tirannide , avevano conseguita la libertà , 
ottenuto molte esenzioni , ricevute da se in pubblico e 
in privato grandissime grazie, ed essere per conseguirne 
ogni dì più. Per le quali cose, dote prima oppressi da 
dura, servitù, e vilipesi e ^onculCiPiti da tiranni, non 
erano negli altri luoghi d'Italia in considerazione alcuna ; 
ora esaltati di onori, e di ricchezze , e piena di artificii 
e mercatanzie la città , e sollevati alcuni di loro ad am- 
plissime dignità,' erano in pregio ed In estimazione 
per tutto, liberi di se medesimi, padroni intieramente 
di Bologna e di tutto il suo contado : perchè loro erano 
i magistrati, loro gli onori; tra essi e nella loro città si 
distribuivano l'entrate pubbliche, non avendo la chiesa 
quasi altro che il nome , e tenendovi solo per segno 
della ^superiorità un legato , o governatore ; il quale 
senza ess^ non poteva deliberare delle cose importanti, 
e di quelle, che pure erano rimesse. ad arbitrio suo, si 

' Papa.Oiafio esorta i Bolognesi a mantenersi fermi nella divozione dellfi 
diiesa , e in cicf usa V istesso artificio , che ha nsato di sopra in qaesto 
► lihco. 



III. 



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aS6 LiBBo ifoup* * 

réetkva assai ai lofapareri ^ ed aHe ioro Vdl(>nti, E che 
6^ per cpiesti benQjfiq , e per il felice statò éhe averne, 
erano disposti a dilendere Impropria libertà, sarebbero 
da lui non altrimenti aiutati e difesi y^die sarebbe in 
caso simile aiutatale difesa Homa. NeoessifftrliD fai gra-v 
vita delle cose occorrenti ad andaie a Ravenna; ma 
non per questo essersi dimenticalo;, o per diméÌÉticarsi 
la salute di Bologna;- per la qoale avere ordinato , che 
le genti Veoestiane , che con Andrea Gritti erano- di là 
dal Po, e per questo pittavano il ponte a Seitnfdi, a4(- 
dasser<rad unirsi con l'esercito suo. Essere suiBcie»- 
tissimi questi proyvedim^iti a difendergli ; ma non quie- 
tarsi r animo' suo y se aacfae non gK liberava dalla mo^ 
lestia della guerra ; e peroiò , per necessitare i Franzesi 
a tdrnare a difendere le cose proprie, erano già prep^ 
rati diecimila Svizzeri per iscend^:e nello slato di Mi- 
lano, i quali perchè si movessero subìtaméiite, erano 
stati mandati 4^ lui.a Venezia ventimila dut^tr, e ven- 
timila altri averne ordinati i Veneziani. E nondimeno , 
quando a loro fosse più grato tornare sotto la sefSritù 
dei Bentivogli, che di godere la dolcézze^ diella libertà 
ecclesiastica, pregargli che gliapriss^o liberamente la 
toro intenzione , perchè sarebbe seguitata da lui ; ma 
ricordare bene , che quancjp si lìsol vesserò ^ difenderai 
era venuto il temp^^ oppo'ituno* a dimostrare ia Iotq gè» 
nerosità,e obbligarsi in eterno la sedia apostolica^ se^ 
e tutti i pontefici futuri. 

Alla quale proposta fatta , secondo il costatile stio , 
con maggiore efficacia , che eloquenza , poiché ebbero 
consultato tra loro medesimi, rispose in nome dì, tutti 
con la magniloquenza Bolognese il priorie! reggimento, 
magnificando la fede loro, la gratitùdine dei benefi^ 



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riavuti , la divQi^e ìnfiafta ^l'^tìi^ suo ; owés«f re 
il felice stato che <if^i^no,€;^ùi^to p^Ui^^q^lar 
dii tiranni fossero amplifiipite 1^ ricéheaz^Vlo s^n- 

A&v^ dr quella città i è dbve prìriht^indo lliffe^ e I^ 
facultà sottoposte air arbitrio di a!fri\ ora sicuri da 
ciascuno godere quielamentt; la patria, partecipi del 
governo , partecipi delF entrate : uè essere alcuno di 
loro , che privatamente non avesse, ricévuto dà lui 
molte grazie , ed onori. Vedere nella città loro rinno- 
vata la dignità del cardinalato ; vedere nelle persone 
dei suoi cittadini molte prelature, molti uffizj dei prin- 
cipali della corte Romana : per la quali grazie in nume- * 
rabili , e singolarissimi benefizj essere disposti prima 
consumare tutte le facultà , prima mettere in pericolo 
l'onore, e la salute delle mogli e del figliuoli^ prima ^ 
perdere la vita propria, che partirsi dalla divozione sua 
e della sedia apostolica. Andasse pure lieto e felice 
Sfenza timore, o scrupolo alcuno delle cose di Bologna, 
perchè prima intenderebbe essere corso il canale tutto 
di sangue del popolo Bolognese , che qiiella città chia- 

* mare altro nome , o ubbidire altro signore che papa 
Giulio. Dettero queste parole maggiore speranza ^'chc 
non conveniva al pontefice; il quale , lasciatovi il cai'^ 
dinaie di Pavia , se* ne andò a Ravenna non per il cani- 

«mino diritto, con tutto che accompagnato dalle lance 

^ Spagnuole^ che se ne tornavauo a Napoli , ma pigliando 
per paura del duca di Ferrara la stradaci li lunga, di 

^Furii. ,.;^L\ -%' .^■f,^^ y V Sr 

yeuiUo il Triulzio al^i^onte a^ Lauiq^, si dimri^trava * 
grandissiiQii solle«à^ione nàia cUtMi^ Bologna, euipieii- 
do$i gli apìiàt ,degli^ò^i«i di 'niolti e diyersi peusi^ri. 
Pj9rcl#è m#lfr^ssGefatti al viverejiceìiziòso della tir^an- 

■ ^ 

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jiìde , e ad essene i^t^tati con ^a roba e con^ danari 
c&àkri, aprendo in odio le stalsa eccleai^tico « desidera-. 
vaAo ardeRiemente il ritorno dei Beùtivogli ; altri per 
i* danni rrcevuti , actìe lemevano di ricevere,.Yedenifo- 
condottila sulte^ lorp possessione i^^nèl tempo propin- 
i|uo alle ricòlte due' tali ^erc^ti, lad^tti in grave difi|^e- 
Azione , desideravano^ ogni cosa, che fo^s§é per liberar- 
gli da qCfesti mati ;^altrÌ4 sospetéajad^ che per qualche 
tumulto cìie nascesse' ne^a città ,jP per i prosperi sue-* 
ce^si, dei Franzesi, la mpioo#iji àeW impeto dei qiimK,. 
quandpu vennero solt(^Ciamon|e la prima volta a Bolo- 
gna, era ancora lor^innatizi agli'ogbhi, non andasse 

^a città a^ sacco / proponevano la liberazione da queSto 
pericolo a qualunque gov^rnj) o dominio potessero 

^ tvere : pochi, dimostratisi. prima inimici dei Bentiyo- 
gli^ favorivano, ma quarsi più co^'la volontà che con le 
^P^e? il domini^ della chiesa. Ed essendo tutto il po- 
polo , chi per desiderio di^co^ nuoive», ij^per sicurtà 
e salute sua , messo|i in-sulle armi, o^nicosa era- piena 
di timore, e di spavento : e n^l cardiiMe di^avia legato 
di Bolpgna non era animo, o consiglio J|^astan te àtaqtb ' 
pericolo?-. ^ ^ '^ *• . '* 

Perchè , noQk avendo in quella città sì graivle e*si 
popolósa più^che diigento ca;V4l|^ leggieri, e mille fanti, 
e perseverando più che n^ ncUa discordia col duc^ di 
Urbino, ch^ era con rese|fci|D a^Casaleèchìo, aveva, 
menato o dal gaso o dallato, soldati del numerc^ dei 

«cittadini quindici Capitani, ai/^uaR insieme/;on.lecom-<' 

* pagnie loro e cpl popolo av^va dato cui;a •della.guarxlia 
della terra e delle porte. Dei quali, non avendo egli 
avuto prudenza nell' eleggergli, efa la maggior parte 
di quegli, che erano» afiTeziopa^ ai B€ntivogli,^ie*twi 



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t^àPlTOÉiO ' QITOTO. ~ t*5ll. 261 

questi* Lorenzo^ ^^^^ Arjpstì? il, qaa}e priipa h^arc€- 
rato, *e* tormentata in Rotìfa-pef^sòèpetYoiohe' avesse* 
còrrg^urato con 1 Benti:i|5gli , eijà p^ot'^ato lungamente* 
guaMato" in caslé! Sint' Asigeìò.l ^Ii,-^ome 'ebbercy. 
ìe*arnii in mano , cominciando'' a fare- accultf ragictnai» 
nienti ,^ coiWienticoli , e semmanSo nel pofìóldfecaii- 
Bolose novelle , cominciò il legato àct accorgersi f^roi 
della- -propria impf udàiza ,* e • per/fiiggite iWp^ico]l>^ 
net quale d»>se medesimo sr'ers^òsto,' Atta finzione, 
che coS riceróasse^ duc^^d^Urbiiiò* e aìV^hn Ssifif-* 
tanr^ vòlléiche andassero c^nje compaenie Ic^Q^nellì^ 
^si^rcito. Ma rispóndendo es^non volene^afibaiiidonare 
la guardia dellar ffcrht» tentò di mettere diiìtro con- 
mille fanti Rkmaztotio'f ma^ gli fU Cai pQpolo\ie?ato 
l'entrarvi. ©Sde invffilo ùiiravigliosamentÈ ilc^dinale^^ 
^ riccrrdandosi c;3sere inr^sommo odio del popq{oil go- 
verno sik), e aveVe nella nobiltà ì»olti inimici, per-, 
che non molto ihrianzi ajreva ,"fbencbè ^efcondo. qisse 
per ' comandamento ^^el poftteficé, &tto, proit^endo 
con la ^ihano" regima , 'decajntàre^'e ^nor^ •ckfaffini^, 
jcoi&e^fu ilotté , licito o'écultamenté in^abito^ incognita» 
per*un uscio segreto» del palagio* si ritirò' néna citta-* 
(3elIa,'*e"conJanta precipì^zÌGj|ie , che si dinMiticas|e 
tS portarne 4e sue gioiose i'suoi danari^Le qu^li cose-, 
. avendo poi "subitamente ^mandato a figliare', cpmeiegli 
ebbe ricflfvyt^j^se ne 'andò pe.i^ la* pof ta del sóccorsp 
verso Imola , accpmp^fgnato oón^cén|o cavalli da Guido 
VaìKa marito della sorella , capitano dei cavalli .depu- 

•«♦'.-- *•' * ** ». •/ 

• ' Anzi non aveva avata commÌMÌone alcuna dal pa{>a di fargli morire, 
come dice il Giovio, ma i cittadini decapitati furono 4, non i-, cioè Alberto 
dt Castello , Innocenzìo dalla Ringhiera , Salostio Goidottl» e Barloloouneo 
Magnano, nomini innocentissimi. « 



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20** ' ■ ,UBBO.»isrb«iO- *• ' • 

t.illi attg^sua gaar^iaj;e jjfeo dé^ja. lut>sd dMJa^Éfftaf-- 

cMlh^O(tai^o Fjréjg(^njfyf|on altrar {jjC^mpagiiia che^At 

tihag^da. "''.•'•''*'' * '- 

Intesa la fuga del legalo, si cominciò per tutta la 
città a ehiamafe' con tumiiìti grandissimi il nome del. . 
popolò; la quale occasione non volendo perdere Lo- 
renzo degli Ariostì, e Francesco Rinucci , anche egli, 
uno del numero dei quindici capitani e seguace dei». 
Bentivogli, seguitandogli molti della medesima fazione^ 
corsi alle porte , che %\ chiamano di San Felice , e dellt? 
Lame,. più comode 3I c^mpo dei Franzesì , le roppero^ 
con le accette?, e occupatele, mandarono senza iodugio' 
a chiamare i Bentivogli, 1 quali, avuti dal Triulzio molti 
cavalli Franzesi, per fuggire il cammino diritto del 
s ponte a Renò , alla cui custodia era Raffaello dei Pazzi ^ 
uno dei condottieri tìccle^iastlci , passato il fiume pitt 
hasso, e accostatisi alla porta delle Lame^ furono subi- 
tamente introdotti, ^ ^ 

^ A%^beIliohe^di BoFcNspa fu congiunta la &ga de^ir 

e8erci|0;^TOipc^è^la*tefz^ ora Sella ndlte JFiltica di 

tJrbitto^Jfe gQnt* del quale dali ponte da Casaiecchioitói- 

*dÌ9tendé^anó*insino alla pcfrja dett!à dìStragoza, siVeùdo, 

temevi iKrede, intesa la/ug£|.del legato, e4i movir|feiìto • 

€el popolo ,>sì le^jò tumilltùds^metite, lavando .l^pm 

par^ dipi *paaiglìpni distesi , «con tutto i* esercii^ 

^eccetto quegli , che deputati alla ^liardfk,- del campa 

erano dalla f]|prtejdel Hume ver^ iTranzesi,'ai quaK 

non dette avviso alcuno d^lhi partita.^ Ma sentita là 

mossa sua i BentivogUT^che èrano già dentro ,*nirvisa- 

< f one subitamente il Triulzio , mandarono fuora della 

terra parte del popolo a danneggiargli : dai quali ^ e dai 

vill^ini , ^?he già calavano da ogiih parte con isìnisurati 



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g^idi è runiioci, assetato il cai&po , che^ passava Ituigo 
1e miira^farqno tol^ ItTro le artiglierìe.^ e le muimiooi 
coti quantità grandi^ 4& carriaggi; benché x60{>ravve- 
^enio i- Francési tolsero al popolo ,^%i villani delle 
co$^ -guadag^^ la maggior parte. £ già era arrivato ai 
pgnta a Reno con la vangm^rdìa %reodoro da Trinlzl, 
dov^ Baf&ello .dei Pazzi, «combattendo valorosamente 
gH sostenne per alquanto spazio di tempo; me^,, non, 
pq^ndp finalmente resisitereal numero tanta maggiore, 
rimasse. prigione, av^do,'«$ome confessava ciascuno, 
coirla resistenza sua dato iKomodttàiiott piccola ai siol- 
dati della chc^sa^ s^dvansi. M%rle genti dei Veneztam , 
e con loro ^maz^ttò, che alloggiava in sul medile 
«più enjiinìente di San Luca, non avendo se non tardi 
avuta not^jcia d^la fuga del>duca di Urbinov presero 
per salvarsi la via dei monti, per la quale, ancora 
d)e;TÌpevesserq danno gravissimo, si condussero in 
ftobiagniar. j ./. 

Furono in (Questa vittòria , acquistata senza combat* 
tere, tolti quindici pezzi di «irtiglieria grossa, e molti 
minori tra^deKjIbntefice e dei Veneziani, lo stendardo 
del duca proprio con più altre balidiere, gi^an parte 
dei carriàggi degli ecclesiastici, e quasi tutti quegli dei 
Veneziani , svaÙgìjkti qualcuno degli uomini di arme 
della chiesa 3 ma dei Yeneziani più di centocinquanta, 
e dell' uno e dell' altro esercito dissipati quasi tutti i 
fa|iti ripreso Orsino da Mugnano, Giulio Manfrone, e 
molti condottieri di minor ^^(HìdizìxNde. In Bologna noi» 
furono commessi omicidj,.nè fatto violenza ad alcuno, 
né detta nobiltà, né del popolo; solamente fatti prigioni 
il vescovo <Ji Chiusi, e molti altri prelati, segretarj e 
altri uffiziali, che assistevano al cardinale, rimasti nel 



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264 LIBRO woiro. ' ^ 

palazzo della residenza deMegato, perdSè^|utti aveva 
celata la sua partita. ' -^ 

liisiiltò il popolo Bolognese la notte medemna e il 
dì* seguente, a^una ' statua di brohzò'del pont^ce, 
tirandola per la piazza coà*^ molti scherni e deii^oni, 
o perchè ne fossero autori i satelliti dei Bentivog^^^o 
pure perchè lì popolo infastidito dai travagli e daiìni 
della guerra^ come è per sua n^ura iitgrato, e cupido 
di cose nuòve , avesse in odio il nome ^ e la memòri|f di 
chi era stato cagione della liberazióne , e d|iella feKckà 
della loro patria. Soprastette il dì i^eguente , che fu il 
vigesimo secondo di maggio , il 'f riul2Ì9 tiel medesin^ 
alloggiamento , e l' altro dì , lasciatasi indietro Bologna , 
andò in sul fiume Lidice, e pòi si fermo a caistel San- 
Piero , terra posta in sulla fremita del^ territorio 
Bolognese 9 per aspettare, innanzi passasse più oltre, 
quale fosse^la intenzione del re di Francia , o di pro- 
cedere avanti contro allo stato àe\ ponteficeVo se pure 
bastandogli avere assicurato Ferrara, e l^va^ alla 
chiesa Bologna, che per opera sua aveva acquistata, 
volesse fermare il corso delki vittoria. Però avendogli 
Giovanni da Sassatello, solido ttiere del pontefice, e 
che, cacciata d' Jbnola la parte Ghibellina, quasi^ domi- 
Mva,come capo dei Guelfi, quella città,. offèrto occul- 
tamente di dargli Imola, non volle insino alla risposta 
del re accettarla. Restava la cittadella di Bologna , nella 
quale ei*a il ' vescovo Vitello, cittadella ampia e, forte, 
ma provveduta secondo V uso delle fortease ' della 

' Qaesta sUtaa di bronzo di papa Oiolio II era posta ideila fiusdata prin- 
cipale del duomo di San ì^etronio , e gaardava in piazza. 

* Questo vescovo, che aveva la cittadella di Bologna' in custodia, si 
chiamò Giulio Vitelli, come scrìTe il Giovio nella vita di Alfonso. 



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' pAPiyOLO QUIHTO. <-*-r l5ll. i65 

chiesa; pefchè vi érano*{^oohi fanti v pochQi^ttovaglie, 
e €[uasi niuna mumzicme. Nella .cpale^ melare clie 
eja asseiliata, udito il c'asoldi Qo^gna, Qrsnreiiuto la 
JfjDite da Modàaa Yitfrust ^ «.persuadere al vescovo, 
don '.prome$s^-.^r»Adi, che la «^ desse a .Cesare : ma il 
vescovo pattuito, il quinto giorno ^ofi i J^lognesi, che' 
*. fissero salv% ìe^p^sbne, e la roba ,di quegli ^q^^y»' 
^ erano , e ricevata obj^igazione^che a ké m certo^ tempo 
fossero pagati* ti^mila dti|ati , la dette k>n> : la quale* 
. avuta , cQrsero- siibitd popìolarmente af i(p vinaria , inci- • 
tandogli af medesimo i Benti vegli, non tai)|ìp .per farsi 
hénQvoli i cittadini, quanto pej sospetto ^ c|je il re di 
dF'ralìci^ non la volesse in'^òtestàT^ua , cpme eca ^ato 
1^ parete di qualdunic dei capitaiu ii domandarci : ma 
''ilIViulzioJ* giudicando essere alieno dalla utilità del.. 
,re il credQ]fsi\ch^ égli -volesse insignorirsi* di Bologna, 
* r aveva* contraiJetto. , V . , 

^ Bicìapei^ con te òcpasioneixH' questa vittori^ li (j^'pa 
- di Ferrara , oWi'e a Cento e^la Pieve , Cutignuota ,- Lugo , 
^^e le altre tewe'dt iomàgna"*, efiel tempo medesimo 
' cacoiò Al^rto Pio^i Carpi, ilquale 1^ possedeva con 
' ,)ui. comunemente. Ricevette della perdit^fdi Bologna 
^ grandissima mol^^ta , conje era conveniente y il pon- 
.teficQ , a(](ligfgendolo non solan[^nt^ 1' essere alienata 
; da sé la 'principale *e più importante città, 'eccettuata 
*Rom^, di tutelo ^to ecct^siat^co, e il parergli èssere 
'ptivato di quella gloria, che grande appresso agli 
uomini, e nel concetto'*«uo massimamente gli aveva 
dat9 r acquistarla; ma, oltre a questo, per il timore 
che r esercito vincitore non seguitasse "la vittoria.^ Al * 
quale Conoscendo non poter i^istere, e desideróso di 
rimuovere lexoceasioni^ òhe lo invitassero a passare 



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^66 LIBRO 'ìscaifh ' 

piì| innaiiKÌ^* soUécitatra cKe^è réfiquW tl<^ s^^diCt 
Veneziitiii, rh^numite già dal' senato, s'ii^barcasiero 
al pòrto Cesenatico; ^'P^ la medesima cagione com* 
Ùk^h^ ^i fossero restituiti i ventimila due^^ti y i q^aìij 
mandati jpr^^a y^:^jes^ per far muovale gli Svisceri , 
sì ritrovavano ancora in quella ci ttà^ Ordinò ancpni 
cì^ i)^ cardinal di Nantes, di ,^^ìpiielBi'etto&e ii|¥Ìtt|lse^ 
come da se, il.l^ìul^o alla pace^, (JinM^ando ess^^e^ 
^d" presente ì! tempo oppcMnno a tFattaida.Jl quaie 

. rispose Qon convenire il pi^ocedere^cott quésta gen^^ 
ralità, ma ^sser necessario venire espressamente ajia 
particolarità : avere il ^^e, ^quando desiderava la pade, 
proposto le condìziSni : dovere ofa il pontefice farcii»/ 
medesimo, poiché talg era lo stalo deUe cò§,e , che a Ini^ 
apparteneva ji) ^e^l^rarla. . ' ' ' 

Procedeva in questo *m'òdo ilp^ntòfioe jÀii pèi*fì|;ig-^ 

' gii^ ililìierÌ4;[oìo gresenj^e , che jper^hè ja v^sse'' ver^dn^te » 
dts{t08fto del tutto 4^ kifmo aUìi p^^ce^ cojpabatt^l^ò'^ 
insieme nel petto suo«là paty;»/; hi pertinacia, 1' odio^^ 
e^ lo sdegna Mei qual ten^ me^esijiffo sopravvenne vXi^ 
altro a^idénte^ che. gli raddoppici il dcAor^. Accusa- 
vano appresso a lyì molti il cardinale di Pavia , alqupj» 
d" infedeltà,^ altri ' di timidjt,à,^alt^i J^ imprudenzsT. if 
quale, per scusarci d^ se stesso yen^^ a,]^av(nna, 
mandò, come prima arrivò, a'^sighifij^ì'gli la sua ve-;^ 
nuta,*^ ^v dimandargli xJ' QjjfV<delfe j»di^^. Della, qfiak^ 
cosa il pontefice,^ che f amava sommamente, >moho^ 
fftdlegratosi , gli Hspose che landasse'' a: désinsùre seco. ^ 
Dove apdando accompagnato dk Guido Yaina , e c^la 

* guardia dei sudi ca;|ralli , il duca (fi Urbino^ per l' antica' 
inimicizia ch^ aveva cofiiilui, ed ^cceso dallo sdegno^, 
che per colpa sua (così diceva) fosse proceduta la ri- 



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CAPITOLO ^iirrm — i5ri. 367 

bilione di 3<A^li, « per quella là fagS d/slP iwercito, 
fattosegli incAitib ifCi^inpagnato^tta pochi, ed entrato 
trai eàvalK delta sua guardia, che' per** riverenza gli 
davano^ luogo ^^amitiazzò' di dua ii$ano~propVia.con un 
pugnale il cardinale, degno forse per tanta 'dignità ^^ 
noti ^ser Violata, ifia degÉteisK), per i suoi Vi^j 
enormi ed iiìfihiti^ ^ qualun^R acerbissimo ^supplizio. 
Ilrdmore della morte del quale penrenuto subitamente; 
al papa , còuM^nbiò hqti gridi insìno af cielo , e urli mi- 
ser^ili^aìamentarsi^ riìòvetìdòlo sopra modo ia perdita 
di uh cat^dinale, t^é gli era tafrto caro ^^ mdlto piìt 
Tessere sugli occhi suoi, e dal proprio nipete, con 
esempio insolito, violatala digita del cardinalato^ cosa 
tanto più molesta a fui, quanto più ^cevà groÌessìo||e 
di conservare ié4 esalùre l'^utlìrità eccTesiastica» Il qual 
dolore npni'^otendò JoUerare, n8 temperare-^l furore, - 
|>a^4;ì fij^ medesimo i]| Ravenna per ritornarsene a 
Roma : pe giunto a fatica a Bimini , acciocché 'da o^^itì / 
parte in un tempo ui^defsimo lo ci^co^asde|k]r infinite ^ 
e Cavissime calamità^ eW>e notizia , che in Modana ; 
in Bologna,*^ in^;nolte''>ltre qjttà erano^ appiccate nei 
luoghi |)^blici te c^ole, per le quali^e gì' intima vaA 
la convocazione deK (^ncilio , con* la citazione che vi 
andasse pei^sonalmente* Perchè il vescovo,Gtft*gcnse,' 
bencKqt, partito, che iu da Modana, avesse cammin^^ 
alquanti gi<}rm (Yentameiite , aspettando risposta dalli 
oratore del rè di Scozia, ritornato da lui a Bolo^a, 
sopra le jjQjposte, che ilipontefice medesimo gli aveva 
fat^; lìbndimèRo, essendo venuto ccJ^ji risposte molto 
incerte , mandò sS^ijto t^fe^ procuratori ^n nome di 
Cesare a MilaiJb , i quali congiunti con i cardinali , e 
con i procuratori del rfe di Francia, indissero il colicilio 



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26& LIBRO NONO. 

V T 

per il ppìmo giórno di settembre prossimo nella citt^ 
di fisa. ' * ' ■ , ' 

Voltarono) i j^rdlnalj l'animo a Pisa, come luògo 
comodo p^ la vicinila del mare a molti, che avevano 
a^'veiiire al conciliò, e sicuro' ^per la confidenza, %h*e 
if re »di Francia aveva'Mà Fiorentini, e per^è^ molti 
altri luoghi, che ne sa^Kherò stali capai», erano o^ 
'incpm(bdi, o sospettf a loro, o da potere essere *cqii 
colore giusto' ricusati dal pontefice.^n Francia non pa- 
reva onestò^ il chiamarle^, o in alòun luogo sottoposto 
al re : Cfbstai^^ una delle terre ii-aSche di Gérmanja, 
proposta da Ce&are, beùchè illustre* per la memòria di 
cpiél famoso ' concila ^ nel qu^e: 'privati tre, che 
precedevano coiije* pontefici ,,4ìi^è^irpato*. lo scisma 
continuato nella chiesa "ciuca quaràiit' anni", 'pareva 
.molto incomodo; e sospeso all'. una parte ed all' altra. 
Turino, per la vicitìtà* degli Svizzeri, e degli stali del 
r^ ^i F^ncia : Bologna innanzi si alienasse dallia chiesa 
non era sicura per i cardinali', di pp^ era il medesimo 
pernii pontefice. , I - ^- . 

t E f]^ ancora nella elezioriè di Pisa seguitatarin 
qualche parte la felicità d^U' au^rio , per« la memoriir 
di due cbncilj , che. vi erano stati celebrati prospera- 
mont^erFuno, quando quasi tutti incardinali, abban- 
donati Gregorio duodecimo e Benedetto tredecittiò , che 
contendevano ^el pontificato^ celebrando ilcondilio in 
quella città, elessero i]\ pontefice^ Alessandro qumto; 
r altro pili anticamente fu c^Febràto quivi circa Y anno 

* ' n concilio di Co8tanz;i si cominciò 1* anno i4M» e darò tre anjpi. I 
tre papi deposH^fìiroDO Giovanni XXI, tiettd'prìma Baldl^are Coacia, 
Gregorio Xll; e. poi Benedetto -XIII, detto j^rima Pietro^ Lnna, dopo i 
qaalt fn create Martino V. Vedi il Piékina nella vita di Giovanni da lai 
detto tLXni. ,♦ 



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CAPITOLO QUDITO. . l5ll. 269 

mille cento e trentàseì^da Innooefnzio se(;ondo, ^quando 
fu dannato Piero di Leone Romano^ antipapa ,. il qualé^ 
facendosi chiamare Anacleto secondo aveva con^sma 
tale dato molto travaglio non solo ad Innocenzio, ro^ 
a tutto i} cristianesimo. 

Avevano prilla i Fiorentini consentitolo al re di Fran« 
eia; il quale gli aveva ricercati, proponendo.^ssere-au-' 
tore della convocazione del concìlio Qon iiieno Cesiare* 
che egli , e consentirvi il re di Aragona; dpg^ji di ess^^ 
lodati forse più del silenzio, che*dej||a prudenza, oà 
della fortezza dell' animo. Pepchè , o Vo^^vendó. ardita 
di dinegare al re«[uel che era loro molesto, o non con- 
siderando qviante difficultàv e quanti pericoli potesse 
p^torire ^n concilio, ch# si celebrava coj^itro alla* 
volpntà del pontefice, tenero tanto . segreta questa 
deliberazione ^tta in un consiglio di più :^ cento \ 
ciifiquanta cittadini ^ che fosse nncerto.^a\ cardinali, ai 
4C|ualip.il . ra di Francia ne dava sperai^za, ma non cer-- 
tezza^ se r avessero conceduto ; ed al pontefice non ne 
^rvenisse notizia alcuna. \'i 

^ Pretendevano i- cardinali potersi giuridicamente con- 
vocare da. loro il concilio senza 'l' autprìtà d^ ponter 
fice, per la necessita evidjenti^ima,'che aveva la chiesa 
di es$er« riformata, come diq^vano, non solamente* 
neHelneiq^ra, ma eziandio nel càaa 9 cioè neil^ persona 
del pontefice: il quale, secondo che affermavano, ^- 
v^terato nSlta. simonia , e nei costumi infami e j}«r(j[uti , 
ne idoneo a reggere iì pontificato , e autor^ di tante 
guerre , era notoriamente incorrigibile , con universale 
sca^dolo della cristianità, alla^/^ui salute niun altra, 
medicina bastava, che la convo^Js^óne del concilo. 
Alla qual cosa essendo stalo il pontefice negligente,. 



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^s^ersi Jegjfaimamente devoluta, a loro la potestà del 
^'convocarb^aggiugaeudovisi massìmaioente l'a^itorità 
dell' elètto imperatore, e il oon^entimento del re Cris* 
tianissimo, col concorso deji clero della Germ;uiia e 
della Francia. Soggiugneyano Y usare fre<|ueiìtein€iale 
questa medicina essere non solamente utile , ma neces- 
S05O al corpo infermissimo dells^ chiesa, per estirpar 

♦ gli errori vecchi 5 per provvedere a quegli che nuova^ 
mente pullulavano , per dichiarare e interpetrare le du* 
l>itazioni , che alla giornata nascevano , e perraiendare 
le cose, che da pHncipio ordinate per bene sì diroos* 
travjino^ talvolta perja esperienza fierniciose. Perciò 
avere i padri antichi nel jcèncilio di Gostanza saltitife- 
rameift^ statuito ^ che per T avvenire di dieci anni in 
dieci ^nhi" si celebrasse il concilio. E che altro fcpuQ 
phe questo avere i ponteQci di non jiscire della via 
retta ? E come altrimenti f>òtergi in tanta '.fragilità degli 

' uomini, in tanti iifcitamèiiti, che aveva la vita nostra 
al male , star sicuri , se chi aveva somma licenza sapesse 
|ìqn*aver mài a rènder conto di se medesimo? * . ' 
Da altra parte molti. im|)UgnandQ«queste ra^oni, è 
^diarendo più alla dottrina dei teologi clje dei caiiq- 
nisti , asserivano Y autorità del convocare i coaeil j ' ri- 
dere solamente fWila^ persona dei pontefice, quando 
bene fosse njlacchi^ di tutti i ^izj , purcliè non fo^se 
sf^petto di farcia, e. che altrimenti interpéErkndo sa- 

' ' riella contesa, che fa tra \fi chiesa Romans, a ìn. CostaDtinopplìtatut^ 
cblli&vorìta^Icnilie volte dai malvagi principi si vì>U'vjì jUtribaire H priiuo 
luogo di dignità , avendo Fòca imperatore ctmcesso a papn fionirazin ITI . 
che la Romana, come se^ia' di San Pietro apostolo, precedesse, viene 
. ca|ins«80Ghe molti principi, e Vnaasimaniente Gostiintino coficessero ^ifbi.al 
pontefice Romano aoìqxltà di convocare il concilio, oMi scioglierlo, e di 
affécmare, o di rifiataròft)ùanto vi fosse stato trattato, e risolato; il che si 

* legge nel Plarina nella vita df Bonifazio III.' 



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CAPITOLO QDÌMTO. — l5ll. 371 

rebbe in potestà ài pochi' ( che in modo Qiuno si Af^ 
ve va consentire), o per ambizione, o per oc^ particolari^ 
palliando la intenzione corrotta "con colori' falsi, l'alte- 
rarje ogni giorno lo stato quièto della chiesa :le,n)edi- 
cine tutte, per sua natura, essér^e^salutifere, ma hoh 
date con le proporzioni debite, né ai tempi^ conve- 
nienti, esser piuttosto^ veleno, che medicine. E però, 
condannando coloro che sentivano diversamente , phia- 
mavano questa . congregazione tion concilio, ma ma- 
teria di divisione della unità della sedia apostolica, 
principio di scisma nella chiesa di Dio^ e diabolico 
conciliabolo. / , > i. i^ *^ * * 






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2'J2 LIBRO DìIgIMO. 



%<%<fc%i"V»»'%<<*V^fcV»'^ip^'^<W^<^^^*»*'^'*'*^*^^»*^»^^^'*^<^"*'^^**'*^'* ^Wf * «* **^^^^^^^^''*^'*'^^^ 



LIBRO DECIMO. 



SOMMARIO. 

In questo Ubrtf Jnr contiene la- pratica delia pace tra ilporOefice e 

^ il re di Francia; il concilio Lateraneme intimato a Roma da 

papa Giulio ^ la restituzione di Monte Falciano a' Fiorentini; 

i pregressi dei Tedeschi contro i Veneziani; un accidente 

venuto a*papa QkilHoy per c\dju giudicato morto; V interdetto 

di Fireflpe e di Pii^, per avere acconsentito al conciliabolo; la 

confederazione deì papa, del re. Cattolico e de* Veneziani corOro 

a* Franzesi; i discorsi 'Sopra la guerra^ ch^voleva farcii papa 

ai Fio^fntim; la dissqluzione del concilio di Pisa^ trasfisrito a 

^^ Milano ; Vinutil venuta ^degU Svizzeri in Italia; la guerra 

* ilcir esercito della lega contro Ferrara e Bologna; i progressi 

de* Veneziani e del Fois in Lombardi^ ; la rotta di Ravenna , 

e il c^àinciament$ della declinazione dell' imperio dei Franzesi 

ut Itali^ ir 

CAPITOLO PRIMO. 

Condizioni di pace offerte al re ,di Francia dal pontefice. Dlisegni di 
^ '^ Massimiliano. Il papa intima a Homa mi concilio. Montepulciano è 

restituito ai Fiorentini. Fatti d* anbe nel Friuli. Il papa è giudicato 
. morto. Il Colonna e il SaTello*solleT4Uìo il popolo Romanoilllpapa 

respira dall' accidente, *t assoly/e il nipote dall' omicidio del cardinal 

cR Pavia. Pietro NavAbra in Italia. 

A^ETTAYASi con grandissima sospensione degli animi 
di tutta-italia^ e della maggior plrté d^e pròvincie 
^ei cristiani quel che il re di Francia, ottenuta che.ebbe 
la. vittoria 9 deliberasse disfare. Perchè a tutti manifes- 



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CAPITOLO PR^M^)). -ri-, l5ll. , i-J^ 

tamente appariva essere iir sua. potestà VficcupRte Rogia, 
e tiitto lo sli|o«4eUa^iesa^ essendo le genti del pon« 
tefice quasi tu(t^ disperse e^ dissipale, e oiolto pih 
quelle dei Veneziaiil , rfe' es^^ndo^^ft, Italia altre armi 
che potessero ritenere V impeto del vincitore , e parendo 
che il ponlefiee, di^so solainente dalla maestà^el pon- 
tificalp, ri^nanesse'per^ognì altro rispetto alla discre- 
zione delb^ fortuna. E, nondimeno il r^ di Fn^ncia, o 
raffrenandolo la riverenza dellft> religione, o .temendo 
di non. aoncitare pont^o a se^- $è procedeva pfi oltre , 
r a«imo di tutti i principi ; deliberalo di non u^àre la 
oocasione della vittoHai^ comandò C6n consiglio pei: 
avventura più pietoso cl\e ùtile a Giauiaft^opo daTriulzi, 
che , lasciata Bologha.in pptestà àei Bentivogli, e^res- 
tituito sejaltro Jlvess^ occuc^to apgaMenente alla chiesa, 
rìduce«^$.. subitamente T'es^cito nel ducato di Milano^^ 
Aggiu^;xa6 ai fetti mansueti umanissime dimostrazioni^ e 
parole. Vietò che 4iel, suo reame alcun ségno di' pub- 
blica allegrezza non si facete : 'ed afibrmò più volte 
alla presenza dimiolti, che cpn tutto non avesse errato 
ne confro alla^dia apostolica , ne contro al pontefice, 
né fatto cosa alcuna^ se non provocato e necessitato, 
nondimeno che per riverenza di qictella sedia voleva, 
umiliai^i, e dimandargli' pedono, persuadendosi, cer- 
tificato.' pyer la <^erienza delle difficultà che avevano^i 
suoi concetti ,''^e ^sicurato del sospetto avuto vana- 
m^te ^di lui ,' avesse a de^derare la pa'òe con tutto 
r animo. Il trattato della' quaJe^ non si era mai inter- 
messp totalmente ;: perchè il pontefice insino jnnanzi si* 
pa^rtisse (Ja Bologna aveva per questa cagione mandato 
al re l'ambasciatore del re di .$cozia, cQntinuando'di 
trattare qufil che p^r il medésimo vescovo si era comin- 
' HI, • i8 



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^74 Ì4BBO iBfCIKO. 

ci'a^ a trattare cpl vf s^ov^ Cargensf . L' autorità dei re 
seguitando i Beati vc^li ^ signiftcaiPiina^ ponlefida non 
volere essere confinaci, o rìbelU>dell%ichtasa, ma per- 
severare in quellaj^gg6zk>ne,'^nella quale» aveva ^Okh 
anni continuato il padre loro i in s^gno di ebe^ restia 
tuito il vescovo di Chiusi alfa libertà, l' av^ano^ fe- 
condo l'uso antico^ collocato i^} palagio , ^me apos- 
tolico luogotenente. 

Partì adunque '^ Triulz^o cqiì l'esercito , ^ $i aoo#fitò 
alla Mirandola per ricuperarla, cpntu|tochè per Ì4>reghi 
di Gioys^nfirancescp Pi<;o vi fosse^entrato Vitfrust «otto 
«olore di tenerla in tiopie di 'Ces^i*e , e protestato al 
Triulzio che, é!ssendo giurisdizione dell' imperio , si 
astenesse di offenderla. irc[uale alla fine, conoscendo 
che r.autorità vana- non bastava, sp ne partì ^ ricevute 
da lui cèrte promesse piuttosto apparenti per V onooè 
di Cesare, che, sostanziali; e iPmedesimo fece Giov^an*- 
franeesco { Ibipetrato the ebh|^. salvocondotto per 
l'avere, e le persone) e- ilTriulzjo, non avendo da 
fare altra spedizione, mandate cinquècejito fónce, e 
mille trecento fant'i Tedeschi, sottp H capitanò lacQb 
alla custodia di Verona, e licenziati altri /antr,^ tipetto 
duemila cinquecento Guascóni sotto Molardo e BJongi- 
rone, i quali, e Iq^genti^d'armO' distribuì per le terre 
d^r ducato di Milano. Ma al desiderio, e alk speranza 
del re non corrispondeva ia dìsposizìbne, del pontefice ; 
il quale ripreso animo per Ja ri vocazione dell' e^rcito, 
' rendendolo più duro . quel die parevcL verisimile lo 
/dovesse mollificare; e perciò essendo ancora #Rimifii 
oppr^s$ato dalla pp^jiagra, e in mezzo di. tante ^^ustie, 

' SjoA ba detto nel Li*b. I(, parl^ndq^pnr di papfkGialiQ che gli accre- 
sceva roDÌino qitelche avrebbe dovuto mitigarlo^., 



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CAPITOLO • PRIMO. -^ l5ll. ^76 

proponeva piuttosto come vincitcn*e che vinìo per 
mezzo del medesiino Scozzese, che per l'avvetrire fosse 
per il ducato di Ferrara pagato il ' censo consueto in? 
Danzi alla diminuzione £itta per il pontefice Alessandro^ 
che la chiesa tenesse un visdomino in Ferrara, coi^e 
prima tenevano i Veneziani, e se gli cede^sei^oLugo, 4 
le altre terre, che Alfonso da Èsti possedeva nella Ro*^ 
magna* Le quali condizioni ancora che paressero tholto 
gravi al re, nondimeno tanto era il desidèrio della paée 
col pontefice, ch^ fece léspon^re essere contente di 
consentire a quasi tutte questlRnman#e, purché v' klt'^ 
tervenisse il consentimento di Cesare. 

Ma già il pontefice ritornato a Roma aveva mutata 
sentenza, dandogli ardire, oltre a quello che si dav^ 
da se stesso,! conforti del redi Aragona; il qual#, en- 
trato per la vittoria del re di Francia in maggior sos* 
pezione, aveva subito intermesso tutti gli apj^rafi^po- 
tentissimi , che avev^ fatti per passare per^sonalmerile 
in Aflfrica, ove cònlitiuamente gueiTeggiava con i Afoni; 
e revocatone Pietro NaVarra con trèftnila fanti Spa^, 
gnuoli, lo fBandò nel reame di Napoli, asshmrando in 
tempo medesimo le cose proprie, e al pontefice dando 
animo di alienarsi tanto pili dalla concordia. Rispose 
adunque non volere la pac^ se insieme non si compost 
ne vano con Cesare i Veneziani :.se Alfonso daEsti , oitrtì 
alle prime dimande,non gli restituiva Te spese fette nella 
guerra ; e se il re non si obbligai va a np» gHimpedfte la 
recuperaziòne di Bologna : la qual città, còme ribellata 
dalla chiesa, aveva già sottoposto all^interdetto ecWe- 
siastico, e per dare/d guasto alle biafe del donCado 

' Cioè S quattromila cRicati, che da Alessandro VI, nel maritar la 
figlinola al doca Alfonso , è stalo K^idotto a cento , come ìia ^etto di sopra. 



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a']6 LIBRO DECIMO. 

loro, mandato nella Romagna Marcantonio Colonnare 
]|amazzotto; benché questi, a ^tica entrati nel Bolo- 
gnese, fqrono facilmente scacciati dal popolo. Aveva 
nondimeno il pontefice , vinto dai preghi dei cardinali 
cmandq.'^ri tornò a Roma , consentito alla liberazione del 
cardinale di Aus , il quale era stato insino a queldì' 
ciisitodilo in caste! Sant'Angelo, ma con condizione^ 
che non uscisse del palagio di Vaticano insino a tanto 
non fossero liberati tutti ì prelati ed ufficiali, che erano 
stati presi in Bolo^na^e che dipoi non potesse, sotto 
pena di quaranta niila^P^n ti, per lis^ quale desse idonee 
sicurtà, piutrrsi di Romft : benché non molto pof gli 
consentì il ritornarsoue in Francia, sotto, la medesima 
pena di non intervenire al coacilio,^ 

Coramosse la risposta del ponteGce tanto più l'animo 
del l'è, quanto più ^i era persuaso che egli dovesstì 
connìentire alle condizioni, che esso medesimo aveva 
ppoposte; onde, deli belando impedire che non rècu* 
parasse Bologmi , vi mandò quattrocento lance, e pochi 
giorni poi prese in proftezrone quella città, e i Benti- 
vógli^ senza ricevere' da loro obbligaizione alcuna di 
dargli o gente, o danari. E conoscendo eésergh più 
necessaria che mai la congiunzione con Cesare, ^ove 
pnnDa, Wicliè per aspettare Ì progressi suoi fòsse ve- 
nuTo nella provincia del Delfinato, aveva qualche in- 
clinazione di non gli dare le genti promesse nella 
camtolazione fatta con Gurgense se e^i non passava 
personalmente in Italia^ perchè sotto questaxpndizione 
av^va |;onvenuto4Ìi. dargliene, comandò che dello stato 
di Mikno vi aàidasse il numero delle genti convenuto, 
sotto>il governo ddlaPalissà, perchè il Triulzio, il 
quale Cesare aveva domandato, ricusava di andarvi. 



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CAPITOLO PRI^ro. — l5lT. ' H-j^ 

j Era Cesare venuto a Spruch ardente da lina paVte 
olla guerra eontro ai Veneziani , dall' altra comba|Cuto 
nell'animo suo da diversi pensieri, fercliè conside- 
rando, che tutti i progressi che egli facesse riuscirei)- 
bero alla fine di poco momento, se noil" si espugnava 
Padova, e che a questo bisognavano tante forze e tanti 
apparati, che era quasi impossibile il mettergli insièmie; 
ora si volgeva al desiderio di concordare con i Vene- 
ziani (alla qual cosa molto lo cbnforfava il te Catto* 
Kco), ora, traportato dai suoi conlfettì va»i, pensava 
di andare personalmente con i' esercito a Roma per 
occupare, come a% suo antico desiderio , tutto lo stato 
ddla chiesa; ptomettendosi , oltre all^ genti dei 'Fran- 
zesi, di condurre seco di Germania potente eseixito. 
Ma non corrispondendo poi per la im^tenza, e disorr 
dini suoi l'esecuzioni alle immaginazioni; prom^tendo* 
om di venire di giorno in giorno in persona, ora di 
Riandar gente ^ consuma va il tèmpo senza mettere in 
atto impresa afcuna. È perciò al' re di Francia pareva 
molto grave di avere solo a fiostenere tvAX^ il tfeso ; la 
qual ragione ^.conforme alla sua tenacità, poteva spesso' 
più in lui, che quello che gli enuda molti ^mpstrato 
in contrario , che ©esare , ^e da lui' ijon fosse aiutato 
potenten^ente, si congitfgiterebbéPfinaJmente con gl'ini- 
mici suoi : ds^Ia qual cosa, oltre al sostenere per neces- 
sità spesa molto maggiore, gli stati suold'ftalia cade- 
rebJ)éro in gravissimi 'pericoli. 

Raffreddavtmsi yi ijuf lle'^ambiguita'^ difficullè i tu- 
multi delle arjpii temporali ; ma andavano riscaldando 
quegli delle. armi spiri tdali,jf osi dalla farte ^i car-» 
dinslH autgri del coitciBo, come dalla parte del pon- 
tefice, intento tutto a opprimere questo male, innanzi 



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^fj 8 UBRO * DSCIMO. 

fa(]bsse maggiore progi'esso. £ra9Ì, 9m%e è detto di 
so{)ra, ' inditto ed intimato il concilia, oin l'autorità 
del ro^dei RomàVii e del re di Francia, intervenuti alla 
inthnazioiie i cardinali di Santa Croce, di San Malò^ 
dì- Briosa e di Cosenza, e consentendovi manifesta^ 
ipente il cardinale di. San Severino. E^ successi vanente 
alle consulte e.ddiberazioni ^e si facevatm, interve«' 
Bivansoei procuratori d^lUuao e dell'altro re; ma 2Lvm 
vano i cinque cardinali, autori di questa pi^te, aggiunto 
nella intimazione ^€^ dare maggiore autori^ 41 nome 
di altri cardinali; dei quali Alibret cardinali» Fmnzese^ 
benché ipal volentieri vi consentisse, non poteva dfs*- 
obbedire ai com^damenti d^ suo re*; e degli arltai 
nqmìnilti da loro, il cardinale Adriano, e il cardkiale 
del 'Finale apertamente afFermavano non essere stato 
fatto con loro mandato^ né di loro contentimento. 
Però ilom si«ii)aaifd9lando in questa cosa più di sei 
cardinali, il pontefioe operando potergli &re volontà^ 
riamente d^istere àk questa inèaisia, trs^tftva con^M. 
imamente con loro, offerendo venia della. cose cani«t 
messe, e 'con tale sicurtà, che non avessimo da temene 
& essere pflesi; cod^ebe fottrdin^li udivano simulata*^ 
mente. Ma non per questo cessava" dai rimedj più poì^ 
tenti ; anzi per consiflie , séfcijll^o si disse, ^proposto 
da ^Antonio deF Monte éSS^n Sovino, uno. dei cardinali 
creati ukiiShamente et Ravenna , volendo purgare la 
negligenza, 'intimò il concilio^niversale per il primo 

• ' dcriv;}; il, Bembo ^ die la intimasiotie del cdnciHa al papa fa ^fàm^ 
nelle porte ideile chiese^ Parma, di Vhc^t^, e di Arimibo, non si^tro- 
van^o alqpno tand> ardito, che yer qualnnqné prezzo, si óbluligasse di 
portargliela.' *, - ' '* 

' Fa terminata la bolla della intimazione deli concilio l^ater^baiiae in- 



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CAPITOLA PBIMO. — l5ll. 279 

giorno di maggio prosiìmo ^^lat città di Rollar, «nella 
chièsivdi San Giovanni Latrano: P^r la quale convo- 
ca jùope. pretende va avere d^soldtcuil ctjncilio Convo- 
INito dagli avversar] , e che nel concilio inditto jda . lui 
si foia^ trasferita giuridicamente 1^ potestà, e Tauto- 
rità^i iv^ù; nonostanlie che^i pai*dinali allegassero, che 
stbbeii^ questo fosse stata vera da pcincipu) , nondi- 
meno / poiché essi avevano prevenuto", dovere avere 
lipogo il coQcilio convocato ed intimato da loro. Pi|b- 
Wicato il C011CÌK4» confidando già più delle ragioni sue, 
e disperandosi ^ài potere* ricoopiiiarsi il q^rdinale 'di 
Santa Croce ^ il quale per àmbiziótiedi, essere pontefice 
era *stato in jffs^n parte autore di questo n^oto, e il 
niedesimok|uello di San Malò^ e qujella di .Cosenza , 
perchè degli altri tion aveva alìcora perduta l^spéran^^a 
di ridargli sotto la ubbidienza sua,* puhblicò contro a 
quci'tpe un jnoiii torio, .sotto pena di privazione dcUa 
dignità del cardinalato; e di tutti i henefiz} ecclesias- 
tioL sc^ infra sessanta^ cinque giorni non si presentas- 
se^ finanzi a lui : alla qual cosa, ^perchè più facilmente 
Ridisponessero, il collegio dhi cardinali m^ndo^q^ lord 
un auditore di Ruota ad incitargli, e piegargli che, 
deposte le private cotUenziqni , ritornassero alla unione 
della chiesa, aderendo di fare concedere qualunque 
sicurtà desidonissero.. - • 

Mei qual tempo' medesimo, o' essendo ambiguo e ir- 
resoluto nelFanimOy o tnovendqlo altra cagione, udiva 
continuamente la pratica della pace col re di Francia ; 
la quale appresso a lui trattavano gli oratori del re^ e 
appresso al re il medesimo ambasciatore del re di Sco- 

torncf all' nitìmo di loglio di qaesto anno i5ii , e poco dopo fti pubblicata 
e intimata ai principi cristiani , il che scrìve il Buona4xorsi, 



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;28o UIBRO DECIMÒ. 

zia /«4L vescovo di Rivoli nunzia apost]9lk30:£ da' altra 
parte> trattavi di4ire col* re di Aragona e coff i^Vene- 
ziaAì nuova dllhifederazione^òntro aiPi'ajiJKe^.'ftvMmro 
nel tempo 'medesimo , else ai Fioreijtóoi fc^^ pestitaiito 
"Monti^pylciano , no|i'per benevolwzti in verso loro, ma 
per. sospetto, che es«fti\do spirata k tregiMi,' che aH^ 
Vano cp'Sanesì, noù ^ìam^ssero, fer essere più pa- 
tenti a recuperare quèHa terrai in Tosc£u<i genti Rrten- 
ze^i. ]^ contutfe»chè al pontefice 'fesse 'molesto, che i 
Fiorelitini recaperasserp Moiftepulciano , e che per im- 
pedirgli, a jesse, già ^mandato *a Sieàa- Giovanni Vitelli 
^condotto con cento uomini di arme dai Sanesi ^ da lui, 
e &uido Vaina con cento cavalK leggferi ; nondimeno 
considerand(\ poi i^ieglio , che quanto più In dìlficuUà 
diveltava maggiore , taitto più s^ incitei?ebb6ro i Fior 
rentini a qhiamarle^ deliberà^Ajcèip^cctfè ìItc non avesse 
occasione di mandare ^en ti* in lupgtf vi<^o a Roqia, 
provve3ère con modo contràrio a qi^^^stc^pericolo ; alla 
qual cosa consentiva Pandolfo Petrucci, che éra^.nel^e- 
desimo sospetto, nutjAtovi ai^ffBziosamente daiSiorw^ 
tini.^i;attossi la cosa molii dì; p^chè^ome spesso le 
cose piccole ;non hanno i][(jinori difficultà^ né meno diffi- 
cili a esplicarsi, che le grajjdissiflpBe, Pandolfa, per ndn 
incorrere nel!' odio del popolo Salsese, *yoleva»si proce^ 
desse in -modo, che; pan»ss^ riìtigti aitilo rimedio essere 
ad assicurarsi ^délla guerra y e^ a«nOn si aliefiare l'ani- 
mo d.el pontefice. Vòl^vano^ olirei a questo ^1 ppnte- 
fice ed egli ch^ nel tempo medesimo si facesse ti'a i 
Fiorentini e i Sanesi confederazione ^ difesa degli stati ; 
e da altra parte temevano che i Montepulciai^esi accor- 
gendosi di quel che si trattava, non preocc^a^erp 
con l' arrendiJTsi da loro medesimi la grazia dei Fioren- 



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CAPITOLO PRIMO. ^- i5ii. ;*8-r 

.lbi,'i quali eooi^guìto l' intento Ipio fossyeio poi j:eiM- 
lenti a £^e la confederazione : però fu mandalo ad 
ftUoggiaBe in MoMepuletano Giovaoiiì Vitelli ; e,i^pon- 
tefice^imancfò Iacopo Simonetta auditare di Ruota, il 
quale.mpn .molti anni p^i fu promosso al caurdinalato, 
per<^ per m^sao suo si accomodassero le cose di Mon- 
tepulciano : ta«^ che finalmente in un. tempo mede- 
#iii^, fii fatta confederazione per venticiDqiia anm.trn i 
Fiorentini Ce tJSanesi; e MoQtepulciano, interpónénéosi 
il SìmcMietta p^r la yenia, e «^nfermazionei d^air esen- 
zioni e privilegi antichi, ixitorncir' in mwof^dei Fio- 
rentini. ^ . ■ * .%'.•>". 
En^no state jper qualche mese pia quiete che il stiUto 
le co3e tra il re dei B.oma«i e-i Y^nezianr; -pcrcbè i Te- 
deschi n&h abbondanti dl^gentì, chisogiiosvdi danari, 
non notavano fare poco , se coiteer*72tvaii« Vero^. 
li'eserciter dei Veneziaip, non essendo moWo poteijt^ 
ad espugnare queSìa città ^ stava Alloggiato ti:»S0aye ^ 
liunigo; donde«una notte abbmoiarone di qn^ e di là 
.dall' Adice-'^gran parte delle ricette del^ Veronese, ben^ 
c^a«saltati nel.rìtiiacsi perdessi»Q *4rec«nto fanti* Ma 
alla „fama ..dell' apjMTossimarsi aVeroiia U ?aHssa cpn 
jmille dugenta lance , e ottomila fanti , si4:id^:^sse F eser- 
cito loro y^rso ArUcenza e Lignago in Juogo fert^, e^ 
qu^si.come in..isoJ[a, per cert^ acque, e, per alcunéf {^ 
glia te f^e avevano, fatte* Nel quale alIo^^aBiìantoiion 

. ' Si odfaiiiiad la piratica della l^stita/àdbe di Montcpalcllho a tnexto 
agosto^ e durò fino ai* tre di setteqpihre ,^ nit qnal gjc^no i Fiorentini vi 
entrarono dentro , e poi sì <;bbe la fortezza obbligandosi i Fiorentini «U 
mantenere Pandblfo Pellicci, e f'jfigl^Qoli fk statò ^ con al|pie condizioni , 
secondp che narra il Buonaocorsi, ^ ,. 

^ Di tKcento pedoni dei Veneziani , scrive il Moctnigb^ elke dagento n« 
farono presi ^ e molti nel finme si ai^negarono. Il Bemèo similmente dice, 
the molti ne farono nccisì , e atoo presi. 



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28^ LIBRO DlÈCìMO. 

sri Stette fermo molti giorni , perchè , essendo In Paliàsa 
arrivato con parte delle genti a Verona , e uscito subito 
9enzk aspettarle tiffte insieme con i Tedeschi in cam-^ 
pa^a , si ritirò quaàì come fuggendo a Lunigo ; e dipoi 
col medesimo terrore abbandonate Vicenza e tutte le 
altre terre ^ e il Polesine di Rovigo, preda ora dei Ve- 
fieiiani, ora -del duca di' Ferrara, sì ' di^ribùirono in 
Padova, e itr TreVigi : alla difesa dèlie quali città ven- 
uto da Venezia nel modo medesimo , che prima ave- 
vano fatto A Padova , molti giovani della nobikà Vene- 
ziana« Saccheggio V esercito Franzese e Tedesco Lunigo : 
e si arrenile' JAN) Vicenza diventata preda miserabile 
dei più potenti in campagna, ^ ^ 

Ma ogni sforzo, ed ogni acquisto era di piccolo mo- 
niento alla somma delle cose, meniré che i Veneziani 
conservavano Padova e Trevìgì; perchè con kt oppor^ 
(unità di quelle città, subito che gli aiuti R'anzesi ^ 
partivano dai Tedeschi, ricuperavano senia diilicultà 
le cose perdute, PtTo T esercito dopo questi progressi 
stette fermo più di al ponte a Barbei^no, aspettando 
o h venuta, o la determinazioiie di Cesare; il qtialé, 
Xenuto trsr Trento e RoVferè , intento in un tempo me- 
desimo a cacciare, secdndò it costume sito, le fiere, e 
. a mandare fanti aU' esercito , prometteva jdi v^iré* a 
SIpfktÉgnana , proponendo di fare, orh ìg, impresa di 
Pacfeva ; (Jra quella di Trevigi ^ oragli atidarè ad oòteu- 
pare Roma fé in tutte per hinsiabilftà dil^ variando y 
e per la estrema povertà trovando difficuttà, i^ meno 

** Pyie il Mocemgo, che T esercito Veneziano*, veduto di non potere 
«esistere ai nemici, dispose di «opdnrsi in luogo sicuro, e mandati 2 ca- 
riaggi , e le afti^ie^ie verso JPadov^ , liei tramontare del sole ri andò tutta 
r esercito in ordinanza, cioè la fanteria in mezzo agli nomini d*arme, e 
in ultimo gii stradiotti. 



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CàFITOLO PRIMO.. — i5ii. a83 

che nelle altre nell' and^tfi dì Boma. Perchè l'andarvi 
C09 tante forae dei Pranzasi, parava cosa molto alien» 
dalla sicurtà e digita sua ; e il pericojo, che assen* 
tardasi quello esercito i Veneziant non assaltassero Va* 
rona, lo c^stri^èva a lasQÌarla .guardata con p9tente 
presidio; 9' il re di Frae£ia face^va difficuUa di allonta- 
nare per tanto spazio di paese le genti sue dal ducato 
di Milano , perchè pochissima speranza gli restavi della 
concorcUa^oon gli Svizzgrk I quali, oltre al dipóstrarsi 
inclinati ai 'i[fesider} del .pontefice , dicevamo aperta-^^ 
mente .«ir pletore del ne di Francia estere molestLssiijkà 
a quella nazione k ròvinfà dei Veneziani, p^r la coa^e- 
nìenza che hanno insieme le repubbliche. 
. Bisolveronsi fioalmentè i qpnoetti, e discorsi grandi 
di Cesare, secondo l'antica conwetudine, in effetti 
n€inxlegni del nome.^o»; perobè accrèscìuti air-aeer- 
cito trecento uomini di arme Tedeschi, e uditi da altra 
pqfte^gli oi^atoH dei Veneziani, con i quali continua* 
mente tmtta va, e^fatto venire la Palis^aJprima a Lupgara 
presso a. Vicenza, e poi a Santa Croce , lo cicercò», che 
andasse a pj^ie^i^ Qastelnào\^, passo di sotto alla Scala 
verso il Friuli, e vicino a venti miglia di Feitro, per 
dare a lui fecihtà di scendere da quella parte. Però la 
l^aliBsa ah<fò a Mont^bellona distante dieci Jiìiglia ^a 
Trevigt4 onde mandati. cinquecento cavalli e duemila 
fanti ad aprire il passo di Castelnuovo, ap^to che lo 
ebbero^ se ne andarono stila Scala. Nel qual tempo i 
cavalli leggieri dei Veneziani , i quali correvano senza 
ostacolo alcuno per tliil^ il paese , romperò presso a Ma- 
fpstico cifica settecento fanti ,. e mdjti cavalli Franzesi 
e Itafiani, i quali per potere passare sicuramente all' 
esercito aitavano da Verona a Soave , per unirsi con 



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aÓ4 LIBRO DECIMO. 

trecento' lance Franzési, le quali, essendo venule àie- 
^rcr'aila Palissa, aspettavano in quel luogo il suo co-* 
inàhdamentQ, P benché nel ' priòoipio , succedendo le 
<?ose 'ptespere per i Franzesi e Tedeschi', fosse pVeso 
il conte (jtiido Rangone , c&ridottiéte^dei VAieziani , 
nonditmello * c&làndlb in" favore dei Venezìarii molti vil^ 
larii , restarono ' vittoriosi , morti circa quattrocento 
fahti Frafizesi , e jDresl Mongirone e Riccimar loro ca- 
, pitaniA 
^ 'Ma già 'continuamente raffreddavano, le cose ordi- 
n|te : perchjè e il re di J^rancia (vedendo non corri- 
spoudeVe gli apparati di Cesare alle offerte) si era, di- 
scostapdosi da' Italia, ritornato dal Delfinato, dove era 
sòprast^tto molti giorni, a Bles ; a Cesare f ritiratosi a 
Trento òon delibemzione di non andare più aireser- 
rfto personalmente) in luogo di occupai'e tuttp quello, 
che i Veneziani possedevajpo in terra ferma , o vera-, 
mlMe Roma con tutrt) lo stato^ecMesiastico, 'propp- 
ùeva che i Tedeschi entrassero p^rFjSuli e nel Trivi- 
sano , non tanto pefr vessare i Veneziani , quanto per 
costrigiiere le terre del p^se a pagaje danari per ricoin- 
perarsi dalle pi;;ed!e e d^i sacchi ; e che i Franzesi ( per- ' 
pbè i suqì non fossero impedifi), si facessercf Innanzi , 
inéttpndo.ìn Verona, ove era la pestilenza ^'grande', 
dugento larice; perchè dei suoi ,. Volendo assaltare, il 
Friuli, non vi potevano rimanere altri che i deputati 
glia custodia delle fortezze. Acconsentì a tutte queste 
cose la Palissa; ed essendoci unito con lui Obignì, 

/• « . . "' . # 

' • Non per la cenata dei villani hi favore^ dei Veneziani , ma per^Jiè 
fiopraggiansero Giovanniaria Fregoso, e Federigo Con tarino con i cavalli 
leggieri da ogni parte , scrive il S^enigo , che tutti i pedoni dei nemici 
fiirono nocisi , e molti cavalieri fatti prigioni. ^ 



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CAPITOLO PKIMO. -— l5ll. 285 

captaoo delle tr^neento. lance che era^o fi S^av^,/^«i 
fermò in sul fìilme .della Piave. l4sciarono^ .<^^ ?v 
questo i Tedègchi, perlnà^iore sjcuità, dL Veroria:; 
- 4^gento cavalli a Soave, i quali standovi co^i grandi^j- 
sima negligenza, e senza scolte, o^ardicj furonq up^ 
notte quasi tutti morti, o presi da quattrocento , ca- 
valli leggieri e Quattrocento %nti dei Veneziaij|. 
-■ Erasi tutto quest'anno nel Friuli^, in Istri§,,^ e nelle^ 
parti di Trieste e di Fiume tr4Vagliato secqjido il scilk^ 
divereamente per teiTa, ed^^ziaridiò pq* m^re con^c- 
coli legni , essendo cpegj' infoi jqi J^m^j ora ^\t una 
parte, ora dall'altra depredati*. Entaò^ poi nel Friuli 
1- esercito TedQsqp, ed^essei*iostpresepta|oti XJdiije ,^ 
luogo principale della provincia, e do ve^- rileggono gli 
ufficiali dei Venpzianij, essendosene quegli fugai ti yil- 
rpente, la terra si acrendè ^ibko.; e dipoi col.ièede- 
simo corso della vitjtoria.je^e il medesimo tutto il Friulj , 
pagando ciascuna terra danari, secondo la loro possi-, 
bilità. Restava Gradisca situata in^suì fium/s I^isonzig, 
4ove era Xurgi Mocejiigo provveditore def Friuli con 
trecento cavalli e molti fan|^^. la quale battuta dalle 
artiglierie, e difesasi*' dar primo assajjto, smarrendo per 
la instala dei soldati, restando^ prigionie il. provve- 
ditore. DalJFriuli ritor»arono i Tedqfchi jid unirsi con 
la Palissa, alloggiato vicino^^yiqué mfglia df Trevigi; 
alla quale città si accontarono .unitamente , perchè 
jCesai'e faceva fnstanza grande che ^i tentale di espu- 
gnarla. Ma aTendola trovata da. tutte le p^rti molto for- 

' Xi'ecentò cavalli, dice il Mocenigo, che erano iu Soave, i qDal^ven- 
nei'O tutti in potere dei VeDeziani. 

^ Non fanno «Ionia n^enzione li Deii^o , il Moc^ìgo , il Gradinico , né 
l\ Giustiniano f che- Luigi Mocenigo limanesse a Gradisca prigione. 



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286 LIBRO DKfMO. 

tificata ^ e aveado tnMcamenlo di guastatori , di mtt^ 
nizicmì , e di altri provvedimenti riecessarj , perduta 
interamente la speranza di btte.neme fa vittoria, si 
t^iscostar(^o. Partì pochi giorni poi hi Palissa per ri- 
tornarsene nel dacato di Milano per comandamento del 
re H perchè oòntinuamente cresceva il titnore di naòve 
confederazioni, -e di mqirimenti de' Svizzeri. I^urotigR 
jiempre a)le spalle nel ritirarsi gK stradiotti dei Vene- 
ziani , spertipdo ifli danné|^arlo almeno al transito dei 
fium della Brenta e deli' Adice ; nondimeno passe per 
tutto sifnramente*, avendo innanzi passasse la Brente 
svaligiarti dugento cavalli dei Veneziani , alloggiati ^ 
fuQra di Pa4ova , « pfeso Vieirq da Lunghera loro' con* 
dottiere. - » 

Lasciò la sua partita molto confusi i Tedeschi ; per», 
che non avendo potuto ottenere, che alla guardia di 
Verona rimanessero trecento altre lance Franzcsi, fu* 
rono necessitati ritirarvisi, lasciate in preda agl'ini* 
mici tutte le cose acquistate (quella state. Però le gènti 
dei Veneziani, delle quali per la ^ morte di Lucio Ma)* 
vezzo era governatore ^ifin Pagolo Baglione', ricupe* 
raròno subitp Vicenza ; e dipoi entrate n«t Triuli , 
spiantata Cr^nonsa, ricuper^ono da Gradisca in fuora 
(la quale cqjpiba%terono vanamente) tuttli il paese; 
benché pbdii di pcK ce^ti fanti coniandati del contado 
di Tiruolo espugnarono C^dyro , e saccheggiarono 
Bellona. In* questo *moda con effetti leggieri , e pofc0 
durabili , si téltmina^onp la state presente i movimenti 
delle armi senza t^ilftà, m^ non senza tgnomiuia del 
nome di Cesare; e con accrescimento della riputazfdne 

' Morì Itocio Malvezzi , seeondo il M^enigo ai 4 > <^ secondo il Grade^ 
nigo, ai 3 di settembre i5ir. * 



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CAPITOLO PAIAfO. l5ll. 287 

dei Vigneziani , che, assaltati ^à due anni dagli «eser-* 
citi di Cesare e del re di Francia , ritenessero alla, fine 
le medesime forze e il medesimo dominio. 

La quali cose 9 benché tendessero direttamente con- 
tro a Celare , nocevano molto più al re di Francia ; 
perchè mentre che (o temendo forse troppo le prospe- 
rità e r aumento di Cesare, p che consigliandosi con 
fondamenti falsi, ^ i^on cpnpscendo i pericoli già pro- 
pinqui «o cbf soffocata ^prudepaa ^all' avarizia) npn 
dà:a Cesare aiuti Jali, che potesse sperare di ottenere 
la vittoria desiderata, gli d^tte occasione e quasi neces- 
sità d' inclinare le orecchie a coloro, che mai cessavano 
di persuaderlo che si alienasse da lui; conservi^ndc) in 
un tempo medesimo in tale stato i Veneziani , che e' 
potessero con maggiori forze unirsi a quegli, i quali 
desideravano di abbassare la sua potenza. Onde già 
cominciava ad apparire qualche^ indizio^ che nella meiUe 
di Cesare, e specialmente nella causa del concilio, 
germinassero njiovipenj^ieri; nella f|ua]e pareva raffred- 
dato, massimamente dopo la intimazione del concìlio 
liateranense , concio^iachè non \'ì iìì andasse, seeondo 
lo promesse più volte fatte, alcuni prelati Tedeschi in 
nome della Germania,, uè procuratori, che vi assistes- 
sero in ,suo aiome; no» lo movendo T. esempio. del re 
di Francia , il quale aveva ordinato che in nome foj- 
mune della chiesa gallicana vi andassero ventiquattro 
vescovi, che tiitji gU aly^i prelati del^suo regno, o 
vi andassero persoualinenEe , o^i mandassero procu- 
ratori» E nondimeno, o per scusare questa dilazione, 
o pei che tale fosse vt^ramente il suo desiderio, comin- 
ciò in questo tempo a fare instanza, che per maggiore 
comodità dei prelati della Oerms^nia, e p^chè affer- 



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aftS LIBRO DfiCIKO. 

niav» indiarvi intervenire personalmente, il concilio 
inditto a Pisa si trasfierisse a lAan|ova, p a Verona, ó 
a. Trento. La quale dimamld, molesta per varie cagioni 
a tutti gH altri , era solamente grata al ' i^ardinale di 
Santa Croce, il quale, ardente di cupidità di ascendere 
d.|)ontificaio (al qual. fine aveva seminato queste dis- 
cordie) sperava col fevoqie di Cesare, nella beneV4»lenza 
del quale inverso se molto ppnfidava, potervi facilmente 
pervenire. Nondimeno rinpianendo debilitata , e quasi 
inanca senza l' autori^ di Cesar^ la causa del concilio, 
mandarono di comune consentimento a lui il cardinal 
di San Severino a supplicarlo , che. facesse muovere i 
{^elfiti^ i procuratori tiuite volte promessi, e ad obbli* 
gargU ia fede, che, pring^>iato che fosse il concilio a 
PìàBLj lo trasferirebbero in quel luogo medesimo, che 
^i stesso determinasse, dimostrandogli che il trasfe* 
rirlo prima sarebbe molto pragiudvciale alla c;iusa co- 
mune; e specialmente perchè ecadi sompia importanza 
ri pervenire a quello , che era sJt^to intimat;o dal ponte- 
fice. Col cardinAJie andò a- fare .la ii)stanza medesima, 
in nome, del re di Francia , Galeazzo suo fratello , il 
q^ale , con felÙDÌtà dissinùle aUa infelicità di Lodovioo 
SJ^rza pymo padrone, e^. statila onorato da lui doU' 
i^cio di. grande scudiere. Ma principalmente lo mandò 
ij^ ì^p peu. confermare con ^arie offerte , e partiti nuovi 
r apimo di Cesare , per la iiistabilità del quale stava in 
grandissima^ ^pspensiotie e. sospetta;, contuttoché nel 
tqmpa medesimo non ^s$^ senza sper'anza di conohiu- 

' Ert il cardinale idi Santa C^t>«e detto Beroardiao Cangiale, «d èsaMfld 
per sua natara pMuto nell* ambiàone^ vi era astata^p^n^e anche maAte^ 
nirto dal cardmule Sansevtriao, che adulando gìi aveva promesso il papato 
gonfiandolo con k .dolccauea <ìl sperare* la gloria, e la dignità «prèma. 
Giovio nella vìumÌì ^eornm X^- • • . 



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CAPITOLCJ PftlWO. l5lj. 289 

dere la pade cb) pontefiéfl* La^'qyalQ, trattata a Roma 
dal cardinale di Nantes e d&l cardinale dMStrigonra, e 
in Francia dal veseovo Scozzese e* dal vescovo di Ti- 
voli, 'era ridotta, a ter miai tali, che eonòòrdate quasi 
tntte le coiMlizioni, il pontefice aveva' mandato al 
vescovo di Tivoli V autorità Hi' dargli perfeziono; 'ben- 
ché inserite nel mandato certe Ifmitazroni, che davano 
ombfa ilon mediocre che la volontà sua tipn^fosse tale 
quale sonavano lo ffttt^ole;^ ^pendosi massimaìnente , 
che nel tempo jnedesiAo troJtìshrA con pipiti potentati 
cme interamente c^ntr^arle. , ' ' ^ • 

Nella qual dubbietà *mancò poco che: non (roncasse 
tutte le prafcifche i e i princi^j dei mali che si apparec- 
chiavatìo, l'accidéiite improvviso del pontefice; il quale, 
infermatosi ^ ir -decimosettimo^ giorno di agosto, fu il 
quarto dì della infermità óppressato talmente da un 
potentissimo "sAhimentp, che •.stette per alquante .ore 
ri{Aitàto dai circostanti ^^er morto. Onde ""corsa la fama 
per tutto, avere terminato i syol giofni, si mossero 
per venire' a Roma molti cardinjiR «ssènti,^eUra gli 
altri qtiegli che avevano convocato il concilio. Ne a 
Roma fii minor ^sollevazione , che soglia -essere nella 
* morte dei pontefici 5 anzi af!^parit*ono semi di m^giori 
tunjulti^ perchè Pompe<^ Colonna vescovo di Rieti, e 
Antimo Savello , giovsuii sediziosi della nobiltà Romà- 
na, chiamata nel campidoglio il popolo di Roma, 
cetcafono d'ihfiabunar^ ' con sediziosissime parole a 
Vendicarsi in libertà. Astsà essere stéta oppressa la gè- 
nerosità Romsma : assai avere servito quegli spiriti do- 
matori già di tutto il móndo. Potérsi per. avventura in 
qualche parte scusare i tempi passati per la i:iverenza 
della religione, per il cui noinè accompagnato da san- 
ili. 19 



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>()0 LJBRÒr «Mfjvfo. 

tissìmi cosfùmi e t\|ira!pòlì , noh cpstfeltrdaarine,' 'odbr- 
violenza^alctina, avere ee3hto'''l' maggiori loro airim- 
perìo dei chéribi, sottomessa VoIbrfWriaineiitcitéoHo 
al giogo tanfo soave ^élta pietà crbtiand : ma or^ quale 
necessita,' qùal Virtù, cfiial dignilir c^Yire iii* parte 
alcuDaJainfamia della servitù ? La inlegrità forse della 
vita ? gli esempli santi dei sacerdoti ? i miracoli fntti 
da loro? B quale getierazione essere al mondo più cor- 
rotta, piiiinquhiatn, e di costumi pih lirutti e più per- 
duti? e nellj^ quale paia solamente miracoloso, cW 
Iddio, Fonte, del la giustizia, comporti cosi lungamente 
tante acéllerattizze ? Sostenersi forse qud^ta tirannide 
per la virtù delle armi , per la Industria deyli uomini , 
o per i pensieri assidui' della cons^nKa^Que delia maestà 
del pontificato? E quale^genarazilMVe ésseil^ più; aliena 
dagli studj,* e dalle fatiche intlitart? più'dedìta airo2Ì<y 
e al piaceri ? e più ]1e^igènte..alla dignità,* e ai co-« 
modi dei sucòessbri? Avere in^ultoHttiipnde 3)mil)tu-' 
dine due principati, quello dei pontefici Romani, 6 
quello dei* soldan^ de] Cairo ; perchè nè^la dignità dot 
sòldano, ne i gradi dei Mammalucebi séno ereditar]^ 
ma passando di giunte in gente si coQcedonp ai fbres*^ 
tieri ;^e' nondimeno essere più vituperosa, la s^erviCù 
dei Rpmaiìi , che quella dei tìopoli dell' Egitlp e deU^ 
Sòria, perchè la infamia dvcqlo^^o riouopre: in qualche 
parte l'essere i Mammalucchi uoììiini belii«o$i e feroci,, 
assuefatti alle, fatiche, ;é a vita aliena da tntte le deli* 
catezze. Ma a chif servire i Romani ? A' persone oziose 
ed ignave,'tbrestieri e, spesso ignohyiasimi ùon meno 
dì sangue ch^ di òostumi. Tempo essere di sveg^arsi 
oramai d^ sonnolenza si gravfe, di ricordardr c*he l'es- 
sere (ornano è nome gloqiosissimo , quando* è accom^ 



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iptgii^Hi ^jtìjiifìrt^j ma che, ijacjdqppiajyi vitupero ^Ja 
infamia a chi ha me^so m dìs^tìeaii^a ónq^rata. glo- 
ria (iei ,si»pi inaggioj?i.-Appre«^^l^m IfeciU^^^^^ 
castone , poic^hè in sulla 'mo^te, del pontéfice c^moc-- 
i^va la discordia tra Iq«^ ined^pji^dìéilnite te- volontà 
d#i re gwndi : iM^a piena jfi.ar^^ cji tumuttiVe di<^ 
venuta più chq méé in^ t^wflipQ ^Jcu^o a tutti a ptÌBCÌ^ 
odiosa 1^ tirannide sacerdote^ -' - • <> \* 

* Ee^pirò da qUeU'pcQideHte t^ntp; p^icc^oso il poun 
lofice^ daLqijale alquaftlQ solle vajfeo^Haes^en^ò ancora 
molto maggioi'^ iUiiQore j ^he-la t^pértì^Éà^^H^ spa v^|a > 
ass«olvè ii dì seguente, presenti i cìirdfn^li^.C^ngC^gati 
in foripa àjk eoncislofQit '* il dìpottì da^'-opai^idiò ^.com^ 
liiesso d^l cardinale di ^avia-^ pòn^per via di giustiai^*^ ' 
coipe prio^^ $i ^a tmtWlto, repugn^ndp* questo la 
brevità del tempo/ nia- come penitonte^, ^pBìc-gra^a e. 
indulgenza {^o$tolicar E- nel;^ med^imo eoActstoro 
$0Ìlecttò ehe:la elezione die! sucijessore «ai^pni^jp^jpn^^ 
ài fecesaè*; e v^f^ndo prcAbire agji altri di ascendereia 
tanto grado jier quel misz^o, ^ qu^W ^i^ra asceso 
e^ , fece pubbliea)ce una, boila piena 4? p^né orribili 
ceptfo.a qu^E, i'qi^ili.'procuraissero ó con 4apa»^ o 
Mu altri pnem} di ésàeine' eletti pontefici , annullando la 
elezio»ey dw, si faees^er per^ simonia , ^ dando F adito 
mòltotfacile;X qualunque joa^di^^ed'iiijpagnarla. Eà 
qus^e ed»tituztbn^ avjsa prouMnsial^ insino «quando :era 

' I^Q nive at»Qlvè.p«pa Giulio i} Vp^ ^^^* omioMio^ conuq^ssQ.uella 
persona del cardinale c^i ^via, come qui scrive-, m# e^ .ordinò, come 
s^i^H (i<rradtn^ti^^f^ allori 1^ flièift^-ohe in e^Nito,.cIie cflKfesse morto, 
1« sfi^ ^^i^plogna, e éi^F^rrara iosserp «rate libèipe dalloro iiHerdeui ^ 
s^omaniche* e matediztiiQi , e cHe ei lasciarft a saa figliaola 'V'elice, moglie 
di GioA Gtordano Orsiììo, fa,Qbo dhòa'ti di ' curi tanti , e ftlti«tAnti a suo 



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119^, ' LIBRO -DECIMO. 

in Bologna, sdegnato allora contro ^d alcuni cardmali , 
i quali procuravano ì^M^tamente di ottenere promésse 
.dà olt/i ^airdinafì , {>ar essere dòpo la morte sua assunti 
al pontificato. Dopo il qval* giorno seguitò migliora* 
me^to molto evidente, procedendo o dalla comples- 
sione sua molto robpsla, o. dall'essere riservato dai 
fati x^gpde» astore e cagione principale di più lunghe e 
mag|^ipci calamità d'Italia ;'percfaà né alla virtù, ne ai 
rimedj .dei .mèéfei si poteva attribuire la sua salute, ai 
qiiali I {n|ngiandó nel maggiove. ardore della infermità 
pomi crudi ,;e 'cose contrarie al precetti loro, in parte 
alcuna npn ohheàivsL. 

' Sollevato che fu dal pericolo ,della morte , ritornò 
ajlfe consuete fatiche,' e 'pensieri; continuando di trat- 
tare in u^ ten^pa medesimo ,la^ pace eòi re .Si Francia; 
e coLre di Aragona e col senato Veneziano confedera* 
zipne a offigsa dei Franzesi ; e benché bon la volontà 
«ipSo*^ pia- «inclinata alla guerra , che «alla pace, pur 
talvolta distraendolp mqlte ragioni ora in que^ , ora in 
quella sentenza. Inclinavanlo alla guerra^ oltre aU'/)dio 
inteterato contro al r^ di ]^ancia , e il^on potere otte- 
nei*e nella paoe tutte le condizioni desiderava , le per^ 
sna$io«i contrarie dd re di Aragona , insospettito più 
che mai ch^ il re di Fraqcia'. pacificato col pontefice 
non assaltasse-, Q»me pri^a.n^, avesse^ ^ca^one, il 
regno ^i Napoli; e perché questi consig^ avessero mag- 
giore autorità avev«^ oUr^ alla prima^ armata passata 
sotto ^Pbtr9 Navarrci di Affrica in Italia , mandata di 
nuovo un' altra arnuata di Spagna , in sulla quale si eli- 
cevano ^eré cinquecento uomini di arme, seicento 
giannfi^^rj , e^^ tremila fatiti ; forze, che aggiunta agli 
altri non ^'^no e'pej:^l npyaero, e pernii valore degli 



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CAPITOLO 'PÉilÈlO. — ^ i5ri. 2q3 

uomini , di pifccola considerazióne. ET nondimeno il 
medésimo re, procedendo con le soliti&arti , dimoslrava 
desiderare piii la guerra Contro ai Mori yrfè fimùòVérlò 
da quella utilità o comodo proprio , né altro' càie Ta di- 
vozione avuta sempre alla siedià apostolica*: nia che, 
non potendo solo sostentare i soldati sàoi , gli era ne- 
cessario l'aiuto del pot^féfipe-j^ del senato Veueziano: 
arile quali cose perchè più facilmente coscèìidessero , le 
genti sue,' che tutte erano discese jiep' isola* di. Ca^rt 
vicina a 'Napoli, dimostravano di'appareccfearsi per 
passare in Affrica. Onde spaventìivàno il pontefice le 
dimande immoderate , infastidivank)' queste arti, é lo 
insospettiva F essergli noto che qu«l re vpn cessava df 
dare speranze contrarie al re di Praticia. Sapteva éh#i 
Veneziani non decKnetebberó dalla sua volSiità; ma 
sapeva medesimamente, che per la gden'agravìssiiifa 
era indebolita la facoltà deHo ^etìdere ^ e che il senato 
per se stesso era piuttosto desideroso di atteridel'e per 
aììórat a difendere le dose proprie* che a pifendefe di 
hiiovo una guerra, la quale' non si potrebbe sostentare 
sen^a spesef gr^dls^ime e quasi hìtòUerabili. Sperava 
che gli Svizzeri ,^ pei* là incMnazioVie più comuiie deUa 
moltitudine J si dichiarerebbero contro al re di Franfcia ; 
ma , non ne avendo certezza , nbn pareva doversi per 
ques& speranza incerta^sbttòmcttcré a tanti pericoli , 
essendogli doto, che' mai avevamo troncate le pratiche 
toYfe di Francia, e che molti d^i principali, ai quali * 
dàir*amicizia Franzese risultava utilità grandis«ma , si 
affaticavamo qtianto potavano , aòqiocchè nella dieta*, 
la qu^le.'di prossimo d(Arevà éongregarsi , la confede- 
razione col re si rinnovasse. Dell'animo di Cesare , l?en- 
chè stimolate inslantcmente dal re Cattolico , e nàtural- 



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2?\94 ' ' LIBRO MClMOl 

menle inììnìcìssiitiò tA notne Franzese , hveva itiitlof^ 
speranza che 'tknoré l sapendo le offerte grandi , che 
3i nuovo gjireiE*&no iatte 'cohtfro ai Véheidani e coìftro 
a àe, e «hVif re'di Francia ^eva possibilità di* ihetterfe 
in«^tto*m«ggiori di'quellcj éhe gli potessero essere tàtte 
da qualunque fifltro : e*quando Ce^re ^i unisse a qMl 
re §i Vendeva per' rautori^ sua «tnòlto formidabile il 
coneìlio, e congiùnte fcon1?uoria fedele armi sUe con 
tè fyvi^ e ctìn i panari del re di Fràtieta, e con la oppor- 
tunità de^ì stati di ambedue, ninna speranza poteva il 
pont^ce avere della* vittoria, la quale era molto diffii» 
cilé ottenere contro al re di Frància solo. ' ** 

Sollevava ^ animò suo la spei^atlZa che it re d'inghil- 
tÉrra avel^se a liiuov^e la gtierrà cftntrb al reame di 
t^rancia , indótto dai consìgli e persùaàioni del rè Catt6« 
Ifco suo suocero, e^ per ratrtorilàSdelia 'sedia apostb- 
Kca, grande allora nell'isola* d'Inghilterra , e in cut 
nome*avòva ct>n arden^ìssimi prèghi supplìeato*r'aluta 

, suo contrft al re di.Francia, coitìe contro ad oppressore , 
©d usurpatore della cliiesa. Ma mrfvevanft mpltb piti 
quel re ' l'odio naturale ' de' rfe e dèi {y>poU d'Inghil- 
terrò cotitro al nope^dei Vì^aiiièsì^ 4a età gioveiiile, e 
r abbondanzsk grande dei danari lasciatigTt dal ^pàdre,' i 
quali era fama, liàtà da àutort non leggieri , che* ascen- 
dessero a quantità quasi inesftimabile : le quali cose 
accendevano l'animo del giovane , nuovo nelregno, e 

* che nella casa sua n^n aveva mai «veduto altro che 
' ' • *• ■'■••" *.- "' 

' Scrive Polidoro tirgiRo i^p\ IJiff, XXIH dell' Isior. dUtif l»1terra ^ 
esser più facil cosa, che tm Moro divénti bianco, che. far che iFranzesì 
amino molto gl'Inglesi, o, perii contrario, chi è nato in InghU^i-}'* ami 
chi è nato in Francia , il qnalé <^dio, nato per la (ontesa dell' in&perio , e 
della' possanza*,^ con ncci^ionì, e stragi delFuna parte, e dell* altra r sÀ 
accrebbe; il che dice egli in dne Inoghi dèi medesimo Libro. 



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pqn^eta.fortiitia^ la. cupfdUà di rinnovare Ja ^rìa 
dei suoi antece69i?|'i : » q^U.' intitolatisi re^di Fr^da^ 
«avendo in dii^r^.^t^ vQjSsatq vittoctosi con grandisy 
$ìme gu^i^ ({U€tt*V^^i)^>J^^^ioj^^^^^X^ lungameiU^ 
jiosaeduta la. Ghienn» ^ e laf ìf Qroiapdia^ ricche è po» 
'.lenti provì^ie^e prfso.in uxia battaglia fatta appresso 
*a Pottìeri "" Giovaiini*re d^ Fiiancla^con due fiì^tiuoli , e 
co|i^molti*dei prtiunpali signori ^ ma eziandio occupata, 
insieme epa la lu^ggi^r^parte^.^el i^gpo, la città di 
iParìgi,.m^9poli ^i <;ptta^ la Fi:|iQcia ; è con tale» suc- 
cesso ^ e terrore y che ^ ebstauite^op'inionè , che se En- 
rico, quinto lor^ i:e jifui fo^e, nel fiore della età e. nel 
CfQfso delle YÌt,tqrìe « p^sato^^di morte naturale alF altra * 
vita, avreh|)e^ConquistìM:o t]U|t((0 il reame di Francia. 
-JUi moipom 4c^e. quali vittorie r^o^gendosi. il nuovo 
r^ nell' anijOi^ 4 si coti^moy jva incredibilmente , con- 
4|UttQohè dal padite\ qiiando n^oci^a, gii. foss^ stato 
pcordatc^éspressan^ente.che conseryassep sopra tutte le 
cose la pace ^eì rmdì Francia , ^6(^ la quale sola pote- 
vano i re d' loghilterra ^egoara sicuramente e felice- 
mente* E chel^ gfierra'fittta da^ringlesi M re di Fran- 
«da , infestato raa^iin{iinente ^nel Xei(p{^ medesimo, da 
aitre paifti , foss^ di momei^tograndisstmpnon.era dub<- 
bia alcuno ; perchè e.percbteva nelle visq^re il regno 
suo,«:p^chè per. la-ricoodazione. delle cose passate 
era^ipmom^nte t,en[|Uto dai Franzesi il ncmie Inglese : 
'C^noruUmeno il p<yit^fifee pisr la inc^rtitudine della fede 
• ■'■-,.. 

! La. cagione^ clie i re d' Inghilterra s' intitolassero re di Francia , è 
scritta al {^neipio 'del Lib. XIX della Istoria d' lùglìiUerra di Polidoro 
FirgiUo^ . ; » « , 

' Giovani^ re di Francia fu fatto pngioBe in battaglia da Kdoardo terzo 
re d^Inghihecra ai 19 di settembre deM'anno i556. Vedi Polidoro Virgilio 
nel Lib. XIX deU' Istoria d'taghihirni. 



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^96 LjBno imavo* 

barbaKa^^e per e8s.ere i paesi tanto n^otiy non poteva 

ripo3^re in questo fayor^ ^iirainente i consigli suoi. 

Queste , e con* tali condizioni , erano Je speranze del 
pontefice. Da alfr^ parte*^ il re di Fràh^ia abborrìva k 
guerra con la chj^a, de^idera^a la^pace^ mediante Ja 
quale oltr^ il rimuoversi la inimicizia «del pontefice, si 
liberava dalle dimande impprtuné , e dalle necessità di 
servire a Cesare; né faceva difficultà nell'annullazione 
del concilio Pisano , Jntrodojtto solamente da lui per 
piegare con questo tifnore F*a]\imo del pontefice alla 
pace, purché si perddrna^se ài x£trdinali , ed agli altri, 
che vi avevano o consentito ^ o aderito.^a in eontrario 
Ip temeva soppesa la dimanda della restituzione di Bo- 
logna; essendo qu^ll^ città par i^ sito -suo opportunis- 
sinm a molesfado, perchè dubitava che la pace^noif 
fosse, accettata dal p^ot^tefi^e sinceramente ^ né con^aai^ 
mo disposto,^ selepcc^sionigli^j^itórnassero, ad osser*' 
varia, ma per liberarsi di presente dal'pericolo del con- 
cilio, e delle armi» Iterava pure aiRere a confermare 
r animo di Cesare, eoa la g^ncìezza delle offerte ^ e 
perché insii;io ad ora, ''non cernie aliejiato^ ma comB 
confederato tritava seco delle, occorrenze cqmuni*; 
confortandolo, tratje altre oose^a npn' consentire che 
Bologna, città di tanta infportanzà, ritornasse nella 
potestà del pontefice. Del 1^ di Aragona , ^ del re d' In- 
ghilterra non diffidava interamente ; non ostante il {pro- 
cedere già quasi manifesto dell'uno^ e i romori che «i 
spargevano della mente dell'altro; e contuttoché ♦gli 
ambasciatori loro congiunti insieme l' avessero p^ima 
con modeste parole , e sotto specie di amichevole uffi* 
ciò, e dipoi con parole più efficaci, confortato che 
operasse che i cardinaU e i prelati del suo regno con- 



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CAPITOLO WMMO. -^ l5ll. 297 

corressero al conciliò Lateranense, e cfaé permettesse 
la chiesa fos^ reintegrata della città 'sua di Bologna: 
perchè da altra parte , simulando V Inglese di Volere 
perseverare nella confederazione, che aveva seco, e 
facendogli fede del medesimo molti dèi suoi, credeVa 
non avesse^a tentare. di offenderlo: e le arti, e le simi>- 
lazioni dell'Aragonese erano tali, cine ilYe prestando 
minore fe^ ai fatti, che alle parote, con le quali affer- 
mava, die mai piglierebbe le armi contro a lui, si las- 
ciava in qualche parte persuadere che quel re non 
sarebbe cosi congiunto con le armi manifeste a^! ini- 
mici .suoi ,-. come era congiùnto con i consigli occliUi* 
Nelle quali vane, opinibm s'ingannava tahfto, che 
essendogli data speranza da coloro, cbe^ appresso ai 
Svizzeri seguitavano le parti suo, di* potersi riconcr" 
liare quella siazione, se consentiva alla dimanda di au- 
gtimentmre. le pensioni, pertinacemente di nuovo lo 
dinegò, -«allegando non volere essere taglieggiato ;^a(fi , 
nswdo i.rimedj aspri, ove erano n^cessarj i benigifi*, 
v^tò che non potessero trarre vMtovaglielSei' ducato di 
Milano»^ delle quali patendo per la sterilità del paese 
grandissima incomodità, sperava ^ Ivessero^a piegare 
a rinnovare coji' 1^ Condizioni antiche* la cdnfedera- 
zìònp. t . ♦' ^ ' 



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'ai^fB fiIBBO l>ECrHb. 

■ • . ^•> • - ' ■" * ■* * '* Il 

• CAPITOLO. SECONDO. 



Firenze, t Pisa v^nQ interdette. Discordie in Firenze. Simiilazione del 

cardinal de' licdìci co' Fiorentini. CQnfederazione del pontefice, 

' ' dfei re CattAlco /e de*'Véncrìani. t caràiottlidel conoilio'lKsluio 

^ .son |»mAti del cappello. QraEÌotta> del gonfàlowerr^^d^rìivu lincea 

scomunicata ^)er aver ricevuto ^ji ^ardiaali Franzesi. Il concilio è 

trasferito a Milano, l Milanesi insultano i cardinali del concilio. ' 

' • ' ^ ♦ . *^ • * ' ' 

* ^SòPBAVVE]?n!m in cpiest& mezzo il primo giorno di set- 
"tembre , giorno determinato a dare principio al concilio 
PJStino ; nel qual giorno ' i procuratori dei cardinali 
venuti a Pisa celebrarono in nome loro gli atti appar- 
tenenti ad aprirlo. Perii che il pontefice, sdegnato ma- 
ravigliosamente con i Fiorentini, che avessero conscn- 
'1»fo che h^PdoiÀimo h>rò i^. cominciarsi^ ilctmciliatKilò 
"( il (|uale boti «[uesta nome sémpi^ òhianiaya)^dMiiarì> 
éésere sottoposte a^^'inteiHletto ecolesiaSkti<3a)e feittà'di 
IFir^Azè e di'Bkfei* pfc^vSgofè della bolla del^ònCSfe 
Vittimato da. Iut,4^a, «piale sì ian%eney^ ^ che ffoa^ 
kinquè fàv^nhisse il 'Céìiciliabolo F^ano' fosse ^covm^ 
ìbaflo ed mtt^irfettp,*é*^Krttoposto4a tutte le pi5i>eórdi- 
nktjp^s^ei'eHiient^ dldle aleggi cowtrov^igfi ^ismaiìci eti 
eretÌGÌ<£ taiha<!ciahdo di assaltargli céiulera^rmi, eWse 
il càfdiiialé dèi Mediei l«g^t(5*ài Perugia ;«e ppchi gvMm 
pòi essendo itiorto il cardinale' Rigido legati di Bolo-, 
gna ; Io IrsfSferì a quella leg^ione, adcìocoliQ, essendo 
coA 4:àle autorità iicihoai^cdnfkìilbrp l^eiùulo dì quello 

' I fÀr^niUi nemici. del papa mafidarono tre procaratori in Pisa per non 
cader dalle loro ragìofni j'esseni^ s|ato ixitioito il concnió per doversi cele- 
brare pi qpella citta , dicendo essi^, che era necessario farvi dne , o' trfe ses- 
sióni. Cosi i proturatori vi 'fecero àlcani 'i^ti spettanti alla 'prevenzione , e 
corroborazione delle loro ragioni , ma non passarono più .mnanzi , perche 
ì Fioren|ini lo vietarono , cénatì scrive il Buonaccorsi. 



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CAPITOl^O ^]5<90NDO. — I 5 1 1 . ^^ 

Slato > entraddera tra se medissimi' in 6o$pétni 6 iti ctm.- 
fusione; dandogli speranza^ eKe tal co^ potesse fàcik 
niente succedere le condizioni , ndle .quali era allom 
quella dttà'; » • ; .. * ' 

< Perchè^ oltreali' essere ii\ alcutti ii desiderio del n* 
tomo della famigKa^dei Me^oi; r^gn^vano tra gli altri 
cittadini di Wggiore momeilto le $^ordie e le divi- 
sioni , antìea inìPermità di quella città, causate in questi 
tempo 'dalla grandezza ^.mitòrità ^elf ^Inialoniere ; là 
quale alcmii per^ambiidone^'ed eiqi^zio^e non^polìe^ 
vano tollerare; altri eraiio nii()'coi9|enti che egli, attrit 
buendosi nella delibers^^one delb.cose ^r^ piti cbe 
noìi.si coàveniva di suo grada, non Uscisisse quella 
parte agli altij^ che meritavano* le loro condizioni; dó^ 
l^[i^6i, che il goverko d^la città ordinato nei due 
tetremi^ (!!ioè nd capo pubblico e nel cOiBÌg)io pop^ 
breVii^mGa^<S«S(^oondo* la retta in^ituziònie ddl^ re^ 
pubbliche, di un sel^to debitamente ordinato ,- per- il 
^uale,<oltre.ad<essere come tempet*amQnto ìtA l'uno^'e 
Talti'o lestremo, i fittadim pi^ìiicipali.^ meglio quali- 
ficati ottenessero niella repubblica grado .più' onorato : 
f che il gonfaloniere, eletto principaltneate" per ordi« 
laare questo , o per ambisiòii^ cf per ^spetto^vano^, fa- 
cesse il contrario^ Il 4^ua\e desiderio, sebbene ragione^- 
vole, nonqperò di tanta.fbipovtanza che dovesse .vpltare 
gli atiìiii loro alle, divisioni,' perchè ^andip senz^ 
questovottenevana onesto luogo , né aUa fine senza loro 
si disponevano le cose pubbliche, fu. orrgine e cagione 
principale dei mali gravissimi di quella citti. 

' Vedi il Oioffio ndla- vita di Leone X» dove |)àrla dì creste discese di 
Firenste, e deHe 'ammonizioni , cbe dal papa furono fkite al gonfaloniere 
Soderini , il qnale nondimeno , ^ppoggiaté a Francia , mostrava di tenerne 
poco conto. 



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30O LIBRO 0SCIVQ*. 

Da questi fondaménti essendo na(a là dirisìòne tra i 
cittadini, e parendo agli emuli del gon&ioniere, che 
egli e il cardinale di Yolterti^ suo fratello avessero de- 
pendenza dal s^ di Francia , e . confidassero in guell' 
amficizia , si oppone^tano quanto potevano a quelle deli- 
berazioni , che si avevano a fare im favore di quél re ,• 
desidero^ die il pontefice prevalesse. I^a". questo era 
ancora nato, che ii nome della famiglia dei^ Medici eo^ 
Hìinciava ad essere meno esoso nella eittà^ perchè quei 
cittadini grandi , che nonnlesideravano il ritorno loro , 
parlai' emulazione col gbofaloniere non concorrevano 
più a perseguitargliene ad impedire, còme altre volte 
si eca fatto , la conversazione degli jaltri ^cittadini coif 
loro ranzi dlniostranj^o , per battere il goiirfaloniete, di 
non . essere alienati dall' amicizia loro , facevano 'quasi 
Ombi^a*agli akrt di dc;3HJ^rare*la loro grand&za. Ddìlà. 
qyal cosa nasceva,* cl;le"n<m solo quegli-^ ^he veramente 
eranoc amici loro (che non erand di molto momento) 
entravano )n speranza di cose nuove ; ma ancora molti 
giovani, nobili stimolati*, o^d»lie ^oppe spese, o dai 
sdegni' particolari , o da cupi(tttà di sbprafiTare gli aìltri^^J 
appèftiyanb la i^utazione dtello stato per mezzo tìel ri- 
torao lòri). Ed aveva * cóp "g»stnde astuzia nutrito, e*, 
augumentato "piìi anni questa di^osizione il cardidale 
dei Medici; perchè dopo la mdrtetdi Piero siio fratello, 
il cui nome era. temuto, e 'odiato, simulando dif nfon* si 
volere intromettere nelle cose di Firenie, né di 'aSf^i- 
rare alla grandezza antica dei «suoi; 'aveva sempre con 



i Loda assai il Giavio nella viyk di Leone anco Lncrezia moglie d* Iacono 
SaWiati, e sorella di esso cardinale, dei Medici, la qaale non p^rdè mai 
alcuna occasione , 'qaale paresse «tche potesse sollevare la reputazione della 
famiglia , e accendere le antiche benetolenze degli nomini. 



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CAPITOLO SECONDO. l5ll. 3oi 

gi^ndissime carenze ricevuto tutti i Fiorentini, che am-^ 
davano a: Roma y e -affaficatosi prontamente nelle fac- 
cende di tutti; e , non meno^degli altri, di quegli che 
si erana sopperii contro al fratello ; trasferendo di tutto 
Ift colpa in lui, .come se P- odio e le offese fossero ter- 
n^ajte con la «uà morte. Nel qùal modo di procedere» 
essendo continuato più anni , e accompagnato dalla 
fama, che aveva, neUa-'corte di Roma, *di esser pel^ 
natura liberala, ps9equio§o e benigno- a ciascuno, era 
diventa^ in Firenze g^ata a mdlti; e pei^ Giulio, desi- 
deroso A alterare^quel governo , non imprudentemente 
lo pcopose a quella legazione. 

. Appellarona i Fiorentini dall' interdetto , non nomi- 
nando , p^ offendere mono^ell' appellazione ,^iljCOnciIio 
Pisano, ma sojamipte il sacro concilio della chiesa uni- 
vei|sale:e, come s|e per l'appellazióne fosse sospeso 
Teftetto dell' inlerdAto, furono per comandamento del 
supremo magistrato astrettii siK^erdoti di quatttjo chiese 
prmcipalj a celebrare pubblicametìte nelle l^o. chiese 
g^ u^cj divini : per'il che* si scop^iva>più la divisione 
éei cittadini; ^endo ' rimesso fieli* arbitrio di cias- 
cuno , o osservare ^ o sprezzare V interdiettp. Onde kli 
nuovo' fecero instanza gir ambasciatori del te di Ài'a- 
gona e d' Inghikesfjàt ài' re di^ì'ràtiora ,, offerendogli 4«i 
pdce col pontefice $- in caae si rèstitui&e Bologna alla 
chiesa, ^ che i^cardinalifi^onvenissero al coneilio Late- 
-ranense^ ^ quali offerivano che il papà perdonerebbe. 
]^a ritenenoolo di consentite il, rispetto di Bologna, 
rispose, che non difendeva una città contumace, e 
ribelle f della chiesa; sotto il cui*clominio e' ubbidienza 
si'teggeva,'' cóme per moltissimi anni* aveva folto in-" 
nanzi al pcAitifìoato di Giulio; il quale* non dovrebbe 



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3da UBRO tnwko. ' 

ricercate più - 4fiÌI' ajrtortft , tjòn In ' ^^i»lé F^fveiAM 
teìfiuta i suoi' antecessori lAc^desimafneiite il concilio 
Pisano essffl:^ statt) <tnt»octotto eoo obestissimo e san- 
tidsimo proposito di r%Minat& i di^ordtìii noterj e in- 
tbUerabttiy che 'erano- nella chiesa*; alla quale, seti^a 
pericolo di scisma o divisione » facHmenÉe si i'eslitfii^- 
rebbe 1' antico splendore, se^U - pontefice, bome em 
giusto e conveniente , conveniésea quel^cònèilié : tóg- 
giugnendo, che la inquieLudèae sua, e f animo ateesd 
alle guerre, e agli scaiidoK*,*"ìsn^eVa costretlo lui a ob- 
bligarsi alla protezione di Bologna; esperò per ròhór 
suo non voler mancare nltpimenli A difenderlj^ cb6 
mancherebbe al difendere la citlà di Parigi. * - ' - 

Dunque il pontefice, rimossi tiìtfi i pensieri dalb 
pace per gli odj , e appetiti antichi, per la cupidità di- 
Bologna, per io sdegno e timore del ceiocilio, e final- 
rfiente per sospetto, 'se «' differisce 'pSi'^ a, 40libòrairfe,' 
di. essere abbàndoRato* da t^tti , pèrdiè già i soldarti 
Spagnpoli 'dimostratido di . averle a passare "isy AffiifiS , 
cotifH?iciavafiò à^Capri ad^mbarcarsi; deliberò di fare 
la cotife^érazix)ite ttatt^ wl -re Cattòlico, ^ <?òl 
senato Y^fie^ianb; la qqalè )u *^il quhito ^ròo di 
ottobre pubblicatasof^ctnèmeilte, presente il potiteOéc 
^•Ai^fi i cairdifìaK, iìéflk chie^;di Santa' Maria ^el 
popolo. ' l * • ' , ' ^ . : >r 

.; Contenne, uh* si oonfòctéravano per. conservare 
printipalmente' là' unióne v^della òhiesa, ed « estiipà'^ 
zione, per difeuderid 'Aétta sei«mà imminente ^ 4^1 

• * i V •< . ., . , •. 

'. Xa'leg\ frinii papii , iFre*di S^agaa , ^npl d' Ii^ÉSUerca » e i "j^eneziaiii » 
(^e fa pnl^blicaU in Rpmu ai ^ di*otto)>re 'i5i i , fo ]K>i in Venezia'^ab- 
blicata al ao di detto mese, come scrive il Graaenigo, ma dei, trattati di 
Dssa è da vedere 11 Móceni^o, nel Lib IV. ' » '^ . * 



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CAPITOLO SEOeiVDQ. «p-^ i5iI. ^3^ 

o0ncilÌ£ibDla Pisano, e pec la ricupef à^cma^lettli. cifeià 
di jRelQgq^ appitrleni^nie . immediaUméntl^ alla atedi^ 
afwyfttc^cai e dijtutte le ^Itre terre e luoghi» die m^ 
dÌ9^a|iiente y o; ii^inediataintiiite'se gti^j^act^aegaeco^i 
s^Éoiliepiais^n^ s^i^coippreiideva Ferrara : e qhe contro 
a i]|ieg)i.> ohe ad alcuna di queste cose si oppones- 
seitti^ o che d' impedirle lentassero (significavano 
c||}este pTarv^le il re di Francia) , a cacciargli totatmente 
d' ItaUg pop potente esercito si procedesse; nel cjuaki it 
poi^tefice tenesse quattrocento uomini di arme, cinque- 
cento isainralU leggieri e seimila fanti; tenesse il senato .^ 
VH^éziiMlO ottocento uomini di arme, milie cairaUi 
l^ìggieri e ottomila fanti; ed il re di Aragona mille 
dlM|||to* uoiptni di arme, mille cavalli leggieri e dieci* 
mUa foiiii Spagnuoli; per sostentazione dei quali pa-- 
gj||9e*il pontefice, durante la guerra, ciascun me^e^ 
>l|entìiRÌhi ijucati, ed altrettanti ne pagasele il senato 
Venezlptito^ numerando dì presente lo stipendio per due 
mesi*,. ti» i quali dovessero esser venuti in Romagna, o 
dAV0 .QOfrve^isse^o i confederati. ' Arma&se if i^ di; 
Arag9fit dodici galee sottili; quattordici ne armassero' 
i Teofez^ni^, i quali nel tempo medesimo movessero b, 
^erra nella Lombardia al re di Francia : fosse capitan 
gieneiiiie d^lf esercito don Ramondo di Gardena di pa-. 
trìd 'GiCtelano , e allora viceré del reame di Napoli; 
che'aÓcpiista'ndói^i terra alcuna in Lombardia, che fosse 
al^ta 'dei Teneziiini , se ne osservasse la dichiarazione 
del ponte^ie , , il (fimte inpohtinipilftei,^ ^pen . sdrittur» 
fatta "Separatamente ', dichitirò si* restittiisse ai Vené- 

'• 17 armata del re di Aragona, dfce il* Moèenig^o^' che in questi giorni' 
era vénntH a Napori con 5oo noiiiiDld^anif^ OKi^e tfà^alleggieri^' e ot|oiiì3^ 



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3q4 ubro dmmo. 

mm* A €te0ftre fb itterv«ta acuità <K entrare neik 
confederazione , # «edeshnameale al re d' Inghilterra ; 
a 'quella «con inceri^ sf^nmsi di averlo finalmente 
a seiparare. dal re di Francia; a questo con esfifeiao 
GOns^i^iiB^Bto del cardinale Eboracense intenr^mte 
contìatuamente ai trattamentr^della lega. La quale oame 
fu -contratta , morì ' Girolamo Donato oratore Yeneio , 
^r la pjnidenza e destrezza $ua molto.grato al p^fr« 
tefice, e perciò stato molto, utile alla pa&àa nella sua 
lezione. .-.,.' 

. Pestò questir,«ponfederaxt<me fetta dal pMitefita, 
sótto nome di liberare Italia :4ai barbari , diverge int«^ 
petrazioni^negli -animi' degli uomipi^ secondo ladiver* 
sita delle pa^fóioni, e ^egl' ingegni^ Perchè molti ,<||||||fti 
dajUaimagmfioeiiza, e giocondità del nóme, e^avano 
co$ somm^ laudi insino al ^i^io epsì alto propositi), 
ebiam^indola professione v^amente degna della maeeti 
pontificale,!^ potere la grandezza àtÀV animo : dì 
Giulio averf assunto ili|presa più generosa y^ meno 
fiiena di priulenza, ^edi magnanimità^ avendo ^ooa 
}{^ industria sua commQSsci le armi dei barbarie coUtfo 
ili bàrbari .\oade spaccandosi contro ai^Franze^i già il 
sangù^degli stranieri che degl' italiani, non sd^en^je 
sì perdoneiC^bbe al, sangue 'nostro,^ ma; cacqiàt^. una 
delle ^arti; san^bbe i;^ito facile, cacoìare con le armi 
Italiane-r^ltr^ già 4ndeì)oUta ed, enerva^ * . ^ ' , 
« *A}ìA^ ^oftsic^ando fì^e più .inlrinsèScameKyte^^^ 

. *. * jr '• ^ / ' ' *'. *:,..' 

^ ' Gifòlanfo Donato yenjp/t^ tHQrtniin Eotti^ nd biese di olftftm, fi tà 

«i^oho in S. Hal-Qellmoy siocoiiie ècrìve il Gradmi^o, col ^nale tutti gli 
altri Istorici veneziani si accordano, dicendo, che con Ini morirono ie let- 
tere greche*^ e latine tn o^i 8cien2a.*^oridi nii(ldi fianco, e if< ^aqjao^ 
fu creato F^anj^escb Foscaiù , che era stato -pi^stà.a ^adova, ^em^p. 



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CA.PITOLO 6B0ONOO; ^— l5ll. 3o5 

sostanza dtUeaose, tiè si lasciando abbagHlu^e gli occhi 
dallo spl^idore del nome , temevano che le gnerre, 
che si comìiiciaTano con tatmizìone di liberare Itidia 
dai barbari , nocerehbero molto più agli sfiiriti vitah 
di<piestO;Corpo^:che non avevano nociuto le .coinin«- 
ciate con manifesta pi^ofesstone e certissima intensione 
di soggi|3§arla. Ed esser cosa più temeraria, che pru«- 
cknte, lo spi^rare che le armi Italiane prive di virtù, di 
disciplina^ <ti rìputitzione , di capitani di autorità, né 
conformi le volontà dei princìpi suoi, fossero. suiB- 
cì&Ektì a c^ceiare d' Italia il vincitore, al quale quando 
mmoassero tutti gli . altri riraedj , non mancherebbe 
mai la faeultà di riunirsi con i vinti a rovina comune 
di tutti gì' Italiani : ed essere molto più da temere 
<?he questi nuovi movimenti dessero occasione di de«- 
predare Italia a nuove nasoni, die da sperare che, 
per la unione del pontefice e dei Veneziani, si ayes*- 
s^ro at domajre i Franse^ e gli Spagnuoli. Avere da 
d^iderare Italia, che la discordia, e i consigli malsani 
• dei nostri principi non avessero aperta la via di en* 
trarvi alle atmic forestiere, ma, che poiché per la sua 
infelicità due^dei membri piùnolóli erano stati occu^ 
pati dal re di Francia, e dal re di Spagna, dovei^ 
riputare minore calamità^ che amendue vi rimanessero 
sino a tanto, che la pietà divina, o la benignità della 
fortuna conducessero più fondate occasioni, perché dal 
fare contrapeso Y un re all' altro si difendeva 1^ libertà 
di quegli , che ancora non servivano , che il venire tra 
loro medesimi alle armi^ per le quali ^ mentre durava la 
guerra si lacererebbero con depredazioni, con incendj , 
con sangue, e con accidenti miserabili le parti ancora 
intiere; e finalmente quel di loro, che rimanesse vin- 
ili. -iO 



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3ci6 LIBRO ]>eciMo. 

«liofe> l' afMg^ebbe tutta ton più acerba te più atro» 

servitù. 

Ma il poMefiee, U «piak semiva attrimenli , divettuti 
per 4a nuoiva canfederaskme gtt spìriti iduoi mci]ggiòri , 
•e più ardenti^ subito che passò il termine pfi^fiéso nel 
flionitorio fatto prima ai caniitiali autori del coneiKo, 
eofiYocato oon solennità pavide il concistoro pub^ 
Uioo, sedendo neH' ;abito pontificale tt^lk sak delta 
dei re, dichiarò i «cardinlBili di Santa Croce ' , di San 
Malo , di Cosenifli , e tpeì di Baiosa , esser Caduti dàlia 
dignità del cardinalato, e incorsi in tutte h pene, 
alle quali sono sottoposti gli eretici , e gli sctsvuatici. 
Pubblicò oltre a questo un monitorto sotto la Forma 
medeeima al cardinale <M San Severino , il quale infino 
a quel giorno non aveva molestato* E procedendo col 
medesimo ardore ai pensieri delie armi, sollecitava 
continuamente la venuta degli Spagnuoli, avendo 
neir animo che ìnnan^ ad ogni altra cosa si movesse 
la guerra contro ai Fiorentini ; per indurre ai voti 
dei confederati quella repubblica, rimettendo al go^* 
verno Ja &miglia dei Medici; né meno per saziare 
l'odio smisurato concejMito contro a Piero Soderini 
gonfaloniere , come se dall' antontà sua fosse piv>ceduto 
due i Fiorentini non si fossero mai voluti separare 
dal re di Francia, e che dipoi avessero consentito 
che in Pisa si celebrasse il concilio. Della qual delibe- 
razione penetrando molti indizj a Firenze, e facendosi 
per poter' sostenere la guerra di^verse preparazioni , 
fii tra ìe altiie cose proposto essere molto conveniente , 

' Convocò psqpH Ciucio il concistoro, óoie intervennero i8 cardinali, 
al 24 di otiobre i5ii, ove privò del qappello, e dei benefizj i cardinali 
nomlnaif in qof $»a tstoi'fa. ffncmoccersi. 



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CAPITOLO SECONDO. l5ll. 3o'] ' 

die aUa guerra mossa ingiustanieiite dalla chiesa si 
resistesse con T entrate dei beni delle chiese; e perciò si 
aftlrignessero gli ecclesiastici a pagar quantità grandis- 
$bna di danari , ma con condizione , che deponendosi 
in luogo sicuro , non si spendessero , se non in caso 
fosse mossa la guerra, e che cessato il timore che la 
dovesse esser mossa , si restituissero a chi gli afvesse 
pagati. Alla qual cosa contradicevano molti cittadini ; 
alciuii temendo di nan incorrere nelle censure, e nelle 
pene imposte dalle leggi canoniche contro ai violatori 
della libertà ecclesiastica ; ma la maggior parte di loro 
per impugnare le cose proposte dal gonfaloniere, dall' 
Mitorità del quale era manifesto procedere principal- 
mente questo consiglio. Ma essendo per diUgenza del 
g^faloniere , e per la inclinazione di molti altri , deli- 
berata già nei consigli più stiletti la nuova legge jordi- 
nata sopra questo , né mancando altro , che T approva- 
zione del consiglio maggiore, il quale ei*a convocato 
per questo effetto, il gonfabniere parlò per la legge in 
questa sentenza : 

« Ninno è, che possa, prestantissimi cittadini, gius- 
te tamente dubitare qual sia stata sempre contro alla 
ce vostra libertà la mente del pontefice; non solo per 
(c quel che ne apparisce di presente di averci tanto pre- 
ce cipitasamente sottoposti all' interdetto, senza udire 
<c molte Yo&tre verissime giustificazioni, e la speranza, 
<c che se gli dava di operare di maniera che dopo pochi 
« giorni si rimovesse il concilio da Pisa; lAa molto più 
« per il discorso delle azioni continuate da lui in tutto 
ce il tempo del suo pontificato; delle quali raccontando 
<K brevemente una parte, perchè ridurle tutte alla 
(c memoria sarebbe cosa molto lunga, chi è, che non 



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3o8 LIBRO DECIMO. 

«sappia, che n^ guerra coatro ai Pia^Bi noa si 
« potette ottmi«:^.da lui, bencliè molte volte ne Io 
« supplicassimo, favore alcuno né palese , né occulto, 
<c contuttoché, e la giustizia deHa caus^ lo meritasse, 
te e che lo spitgnor quel fìipco, che molti^ anni prima 
« era stato materia di cavissime pertuf^bazioni , appar- 
« tenesse e alla sicurtà dello stato deUa chiesa, e ^ 
V quiete S&. tutta Italia ? ^zi , come insino allo^t si 
te soletto , e fii dopo la vittoria nostra più eerto sem-* 
c( pre, quante volte ricorrevano a lur uomini jd^ Pisani, 
(c gli udiva benignamente <, e gli nutriva nella pertinacia 
(fioro con varie, speranze; ÌD<<linazione in lui non 
«e nuova, 43fia cominciata ìxfsìiìi^ n^ cardinalato. Perchè 
« coinè é noto^a ciascuno di noi;, levg&o ohe fu da Pisa 
« il campo dei Franzesì ^ procurò quanto potate ap- 
« presso al re di Frsyaàa, e al caraimil di Roano, per- 
le che, escludi noi, ricevessero in protezione ^Bisaui; 
a pontefice non concedette mai^ alla repubblica nostra 
fc alcuna di quelle grazie , deUe quali è sol^ta^ad essere 
«spesso liberale, la sedia apostolica, perchè in taate 
« difBcultà e bisogni iptostri, non consentì mai che una 
« volta sola ci aiutassimo 'dell' entrate degli ecclesijistici , 
«come più volte aveva consentito Alessandro VI, 
«benché inimico tanto grande di qu^ta repuUiKca, 
«ma dimostrando nelle oese roinc^i 1' anipo iftesso, 
« che aveva nelle maggiori, ci negò ancora il trarre àrì 
«clero i danari per sostentare lo studio pubblico, 
« benché fosse piccola quantità, e ^continuata j^Dvp la 
« licenza di tanti pontefici, e ehe si convertivai^ in causa 
« pietosa della dottrina e dielle lettere. 

« Quel che per Bartolommeo d' Alviano fu trattato 
« col cardinale Ascanio in Roma, non fu brattato -senza 



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CAPITOLO SECONDO. — 1 5 1 1 . Sogi 

^a consentimenti) del pontefice \ come allora ne appa- 
rtrirono molti iiidizj , e tosto ne sarebbero appariti 
eceffettf manifesti , se gli altri di maggior potenza, che 
a v'intervenivano, non si fossero ritirati per la morte 
« improvvisa del cardinale : ma, beiichè cessati i fon- 
<c dahfienti primi , non volle mai consentire ai giusti pre- 
« glii nostri di proibire all' Alviano che non adunasse , 
« b intrattenesse soldatF nel territorio di Roma ; ma 
«proifcì bene ai Colqnnesi e ai Savelli , per mezzo dei 
«TquaiV avremmo con piccola spesa divertiti i nostri 
« pericoli , chenon assaltassefo le terre di quegli , che 
a SI preparavano per offenderci. Nelle cose di Siena, 
ce difendendo sfempre Pandolfo Petrucci contro a noi, 
« ci astrinse con minàcce a prólui^are la tregua ; ne 
«s' interpose poi per altro, perchè noi recuperasi 
c( simo ^ont^uI<^iano , per la difesa del quale aveva 
<( mandato gènte à Sieiia, se non per paura che l' eser- 
cì cito del re di Fr^cia non fosse da noi chiamata in 
a Toscana. 

«e Da lioi pel contrs^rio non gli era mai stata fatta 
« offesa alcuna^ ma proceduti sempre con la divozione 
« conveniente verso la chiesa , gratificato lui partico- 
le larmente in tutte le dimande che sono state in po- 
cc testa nostra, concedutegli senza alcuna obbligazione , 
<t anzi contro i^a propria utilità , le genti di arme alla 
ce impresa di Bologna. Ma niuno officio, nìuno osse- 
le quio è bastato a placare la mente sua ; della quale 
(c sono molt' altri segni, ma il più potente quello , che 
« per non parere traportato dallo sdegno^ e perchè so 
« essere nella memoria di ciascuno, voglio tacitamente 
(c passare, di aver prestato orecchie (voglio che le pa- 
« rote siano moderate) a quegh, che gli offersero la 



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3lO LIBRO DECIMO. 

a morte mia , non per odio contro a tne , dal quale 
a mai non aveva ricevuta ingiuria alcuna, e che quando 
«era cardinale mi aveva sempre onoratamente rac- 
« colto, ma pel desiderio ardente, che ha di privare voi 
« della vostra libertà. Perchè , avendo sempre cercato 
« che questa repubblica aderisse alle sue immoderate 
a ed ingiuste volontà , fosse partecipe delle sue spese , 
« e dei suoi pericoli ; né sperando dalla moderazioiie 
« e maturità dei consigli vostri poter nascere impru* 
a denti e precipitose deliberazioni , ha diretto il fin suo 
« a procurare d' introdurre in questa città una tiran- 
« ni de , che dependa da lui ; che non si consigli , e go- 
« verni secondo le vostre utilità, ma secondo l'impeto 
(( delle sue cupidità ; con le quali , tirato da fini smi- 
a surati, non pensa ad altro che a seminar guerre di 
« guerre , ed a nutrire continuamente il fuoco ndlla 
« cristianità. - 

<c E chi è quello , che possa dubitare che ora , ohe 
« seco si dimostrano congiunte sì potenti armi , che 
«ora, che signoreggia la Romagna, che gli ubbidis- 
« cono i Sanesi , donde ha Y adito a penetrai^e insino 
« nelle viscere nostre , che non abbia intenzione di 
« assaltarci? che e' non sia per ingegnarsi apertamente 
« di ottenere con le forze quel che già ha tentato occul- 
« tamente con le insidie , e che con tanto ardore ha 
« bramato si lungamente , e tanto più quanto più fos^ 
« simo mal preparati a difenderci ? Ma quando niun' 
« altra cosa il dimostrasse , non dimostra egli i pensieri 
« suoi abbastanza avere deputato nuovamente legato di 
« Bologna il cardinale dei Medici , con intenzione di 
« preporio alF esercito, cardinale non mai onorato, o 
« beneficato da lui, e nel quale non dimostrò mai alcuna 



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CAPITOLO SÌSGOI^DO. l5ll. 3l I 

(c confidenza ? Che sigoigca <)i:ie$|Q , altro che , damlo 
« autorità, accostando ai yqs^ì cpatìpi, auzi meii^j^do 
c( qua$i in sul qoIIq vo$tro con tAl^ta dignità^ oppripiM^ 
« tazione, e qpn firirii qu^^ che aspira ad e^^ere vostro 
«tirando, dare animo ai cittadini (§e alcuni ne sono 
({.tanto pravi), che aminq più la ùramiide, ohe la li- 
ce h^rtà » ed a sollevare^ i sudditi vostjri a qi^siQ nomi?? 
a Per le quali cos^ qu^ti m^\ owir^voli cplleghi , e 
« molti altri buoni e sav] cittadini hanno giudicalo 
« essere riepessario , che , p^r difendere que^t^ libertà % 
« si facpianQ i «ledeskimi prow^ii^n^j^ti ^ ^he sii avre|)- 
« bero a fare» ^ la guerra fosse cqrta : e se hw« ^ia ve?> 
« risin^ile ch^ il re di Francia , almeno per l' interesse 
« proprio , ci aiuterà potente?nen,t^ , noii dobbiamo 
a per questa sp^r^n^a omettere i rime^ , ghe sono in 
^nostra potestà, uè diinenti<?arci che facihi^ente moli' 
« impedimenti potrebbero sopraweiiire , c\\^ ci prive- 
<jc rebberp ip qqaU^he parte d^gU aiuti ^uoi* 

« Non crediamo , che a)cu^o neghi che questo ^ia 
i,i salutifero e necessario consiglio ; e phi pflre negasise 
« potrebbe essere che altro lo mpyesse , che il ^lo^ 
« del bene comune. Ma sono bene alcuni che allegano, 
« che essendo noi incerti se il pontefice ha wW a^iimo 
« di muoverci la guerra, è inutile deliberazione, offouT 
« dendo l'autorità sua, e gravando i beni ecclesiafitici^ 
a dargli giusta cagione di sdegnarsi , e provocarlo a 
« farei quasi necessariamente la guerra ; qome ?e , per 
tt tanti e (lo;^ evidente segni e argomenti, non si m\v^ 
« prendesse manifestajnente quale sia ^ mente sua ; o 
« con^e se appartenesse ai prudenti governatori delle 
a repubbliche tai'dare a prepararsi dopp il principio dell' 
«e assalto } volere prifna ricevere dall' inimico il c^plpo 



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3i2 uBRo Dsomo. 

« mortale , cfat vestirsi delle armi neeessarìe a óUtn" 
cederei. Altri' dicono , che pernon'^ggìugnere aH'hra 
(c del pontefice r ira divina^ si debbe provvedere alla 
«salute nostra con*^ altro modo; pm^diè non è- in noi 
«quella necessità, senza la quale è sempre proiMto 
oc con pene gravissime dalle leggi canoniche ai secolari 
« imporre gravezze ai beni , o alle persone eccleàta- 
a stiche. È stata considerata questa ragione sìmilmeme 
« da noi , e dagli altri , che hanno consiglflito che si 
«e faccia questa legge ; ma non bastando ; come voi sa- 
c( pete, r entrate pubbliche alle spesie cheoccorrearaaoy 
<c ed essendo state sì lungamente e sì- gravemente aliar 
a ticate le borse vostre , ed essendo manifesto , òhe 
a nella guerra avranno ad ogni ora di nuovo ad essere 
« afiBiticate , chi è quello , che non vegga essere molto 
ce conveniente, e necessario che le spese, che si faranno 
« per difenderci dalla guerra mossa dalle persone eccle- 
« siastiche, si sostengano in qualche parte con i danari 
« delie persone ecclesiastiche ? , cosa molte altre volte 
(c usata nella nòstra città, e molto più da tutti gli altri 
«principi e repubbliche; ma non giammai, né qui 
« né altrove , con maggior moderazione e circospe- 
« zione, poiché non si hanno a spendere in altro uso, 
« anzi si hanno a depositare in luogo sicuro per resti- 
« tuirgh , se il timore nostro sarà stato vano , ai reli- 
« giosi medesimi, 

' « Se adunque il pontefice non ci muoverà la guerra, 
« non spenderemo i danari degli ecclesiastici , né quanto 
« air effetto avremo imposto loro gravezza alcuna. Se 
« ce la moverà , chi si potrà lamentare che con tutti i 
c( modi a noi possibili et difendiamo da una guerra 
« tanto ingiusta? Che cagione gli dà questa repubblica^ 



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CAPITOU) «E€QI»]Xy» -"^ l5ll. 3l3 

et d^;pfer neoemità, nbn per voloiità, c^me 91 luì à no- 
ce tissimo, ba. tollerato che a IMsa si (dùami il coiìciiiò; 
a per la fusde si po^ dire ohe l'^^atno proYO(^l&^ 
a o irritato ? «e già non si dice provocAte, o ìifrìtai*e 
a chi snpn poi^ il coHo^ o il • petto aperto all' assfttta- 
<c tore; bttfehè itmK lo pro^voca, io^ irribf chi si prepara 
« a. ^ifefLdersi-, chi si' métte in ordine per resistere alla 
«rstia ii^iusta violensa. Bsike lo- pcóvoc^eremmo, o 
« imfeorenHno, st ndmeì pi^w^issÌMM) ; perchè , per 
uÀSL^emtiZSL délk &ci|}tà'dtrila imprese, CiventeNbbe 
(c maggiore l'imptfto e Favdore^ cte4ia di dt&higS<^i^ 
<c dai' fondamenti ^W vostra JiÌ3ìertà. ^ - ^ 

te Né vi riteòga lì liiàore di dffeti^re il nomee davinor; 
cc{M^<?h& U* pericolone A grave e sì iMd^nte ,*:ib sono 
ce isiliÀ })isbg^ e le necessità itostr^ (nè^^i pn^ iti pre- 
ce giudizio vostro trattare iK)^a Hli/nràffgtor peSb), che è 
<r permesso non sélo l'aiutarsi con qudtt parte di ^uest? 
« entrate , %he non" si converte itìvm pii:^ anzi irebbe 
« lecito metter nìaiìo alle co$è S(igre, perdìè la difesa 
ce è , secondo la le^ge dèUa nqi^ra , xfomune a tutti gli 
ce uomini, e appriiVata dal sommò 'lt)BTo, e4}al coiisen* 
ce timeh^ di tutte le nas^Aif nata insieme col mondo, 
ce e duratura quanto il niondo; e alla quale.non possono 
ce derogare né le leggi civili, né le canoniche fondate 
ce in sulla volontà degli uomini, e le quali scritte in 
« sulle carte non possono derogare a utìSL legge, non 
ce fetta dagli uomini, ma dalla istessà natura scritta, 
ce scolpita, o in6ssa nei petti e negli animi di tutta la 
«generazione umana. Né si ha aspettare, che siamo 
«ridotti a estrema necesisità; perchè condotti 'in tale 
ce stato , e circondati , e quasi oppressi dagl' inimici , 
ce tardi ricorreremmo ai remedj, tardi sarebbero gli 



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3l4 UBRO UBCIHO, 

<£ antìdoti, iocaroato che fosse nel corpo nostro il 
a veleno. 

« Ma oltre a questo , come si può negare, che nei 
« privati non sia gravissima necessità ? quando le gra-- 
a veaa&e, che si pongono, ne costringono una grandis* 
a sima parte a, e$tremare di quelle spe^, senza le qu$li 
a non possono vivere 9 se non con grandissima incon^^ 
«dita, e con diminuire assai delle cose necessarie , al 
((grado loro? Questa è la necessità considerata dalle 
« leggi , le quali non vogliono che si aspetti che i vostri 
«cittadini siano ridotti al perìcolo della fame, e in 
a termine che non possano sostentare più ne se, ne le 
te sue &miglie : e dn altra parte con questa imposis^ione 
«non si dà agli ecclesiastici alcuna incomodità» anzi 
« si disagiano di quella parte dell' entrate , la quale, o 
« coii3erverebbero inutilmente nella cassa, consume^ 
« rebbero in sp^a superflue, forse molti di loro (^ami 
« perdonata questa pa,rola ) spenderebbero in piaceri 
« non convenienti , e non onesti» 

« È conclusione cpmuue di tutti i savj , che a Dio 
a piacciano sommamente le libertà delle città, perchè 
« in quelle più cbeJn altra specie di governi si conserva 
^ il bene comune, amminisi.rasi più sen^ distinzione 
« la giusti^ , accendonsi più gli animi dei cittadini 
« alle opere virtuose e onorate , e si ha più rispetto , 
fi e osservanza alla religione ; e vpi credete, ohe gli 
« abbia a dispiacere, che per difender cosa si preziosa, 
« per la quale chi sparge il proprio sangue è laudato 
i< sommamente , vi vagliate di una piccola parte di 
« frutti , e di entrate di cojse temporali? le quali , benché 
« dedicate alle chiese, sono perà pervenute tutte in 
(c quelle dall' elemosine , dalle donazioni, e dai la^ci dei 



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CAPITOLO »tCO«DO. **- l5ll. 3l5 

« nostri maggiori; e le quali si spenderaniio non meno 
<c in conservazione, e per salule delle chiese, sottoposte^ 
ce neUe guerre , non altrimenti che le cose seooiarì ^ 
«alla crudeltà ed avarizia dei* soldati, e che non sa-- 
a ranno più riguardate in una guei^ra &tta dal ponte- 
ce fice , che sarebbero in una guerra £itta da qualunque 
a empio tiranno, o dai Turchi. 

<t Aiutate, mentre che voi potete, cittadini^ la vostrai 
« patria, e la vostra libertà; e vi persuadete, non poter 
«far cosa alcuna più grata, e più accetta ^al sommo 
ce Iddio; e che a rimuovere la guerra daUe case, didle 
« possessioni , dai templi , e dai monasterj vostri , non 
« è miglior rimedio, che far conoscere a chi pensa di 
«offendervi, che voi siate determinati di non preter-* 
« mettere cosa alcuna per difendervi, n 

Udito il parlare del gonfaloniere, noda fa dlfBcultà 
alcuna che la legge proposta non fesse approvata dal 
consiglio maggiore. Dalla qual cosa, benché più 
crescesse sopra modo la indegnazione del pontefice , 
e si concitasse tanto più al disporre i confederati a 
rompere la guerra ai Fiorentini : nondimeno rimossero 
da questa sentenza e lui, e quegli, che in Italia tratta*- 
vano per il re di Aragona, le persuasioni di Pandolfo 
Petrucci, il quale, confortando si assaltasse Bologna^ 
' detestava il muovere la guerra in Toscana, allegando ^ 
che Bologna impotente per se me^lesima a difendersi , 

' Detestala Pandolfo Petrucci il movere la guerra in Toscaqa , più, r>ar 
gnardando all'interesae proprio, che alla utilità dei Fiorentini, perciocché 
non poteva essere , che a lai non intervenisse qaalehe male per il male dei 
vicini, dicendo Orazio, che ai tratta del nostro particolare, quando la eata 
del vicino arde , e che gli incendj trascqrati sogliono pigliare forza. Nam 
tua res a^ìtur, paries cum proximus ardete Etnegìecta solent incendia su' 
mere liires. Nel « dall' Epiatole. 



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3l6 LIBRO BBC^a. 

sarebbe soknnénte tlifesa daH« forze del te"^ Fràneià ; 
ma perd FioiiMittni resìsterebbe e la {lòtmza <K loro 
meeksltnì, e, per la titilijtà propria non meno che per 
Bobgvia, ìl'isiedesimo'f^. I Fioi^ntini, sebbene incli** 
ntfti courammo' al ^e di Francia, nondimeiio prudenti, 
e'g^tèidellifeonséifTasnone^dloistatcJ lóro, non ave>è 
in 4anti moti ad instanza suìi o£Beso àlcuiio con le 'armi , 
uè esserg^ stati utiK in ÌÉtro , cdie in apcomodarfe,' per 
difesa dello stato di Lambiirdia^ di dugento uomini di 
arme, pittagli obbKgbi*'della eapitcrfazione fatta oomu* 
ncbiente' col re Cattòlico e con lui. Non potersi fate 
09sa più gr^taf, tiè j|Hti utile al re di Francia, che 
necesfiitace i Fiorendiii a partirsi dàllaneutral^à, e 
fior diventai^ la causa loro commié cori la càusa sua : 
essere grande imprudenza, avello invano il pe astret- 
tigli con molti pr^ghi^ e promesse, che si dichi§iino 
per lui, che gl'inimici fuoi asiano cagione "di mrgli 
conseguire quello , che l' autorità sua non avesse po- 
tuto ottenere : comprendersi da ciascurio per molti 
segni , ma averne egli certissima notizia, che ai Fioren- 
tini era molestissimo .che ir concilio si celebrasse in 
Pisa; né averlo consentito per altro, che per non avere 
avuto ardire di repugnare alle dimande del re di Fran- 
cia, fatte subito dopo la ribellione di Bologna, e quando 
non si vedevano armi opposite a lui in Italia, e cl^e 
era certo concorrere al concilio V autorità di Cesare ; 
e si credeva che anco vi fosse il consentimento del Ire 
Cattolico : sapere egli medesimamente che i Fiorentini 
non erano per tollerare, che nel dominio loro si fer- 
massero soldati Franzesi , ed esser cosa molto perni- 
. ciosa il minacciargli, o T aspreggiargli , anzi pel con- 
traria essere utilissimo il trattare con mansuetudine , e 



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CAPITOLO SSOONDO. l5ll. 5i7 

Qoa dimostrazione di amm^tere le loro sop^ ; perchè 
eosì ppocedendo si otterrebbe da loro o^ tempo, o 
oon qualche jicca^one, q^\ che ora aon si potai^a 
sperare; o* almeno non gli còstrignendtD a Ime pet 
timore jauQve deliberazioni ^ ^i addormenterebbero in 
modo, che nei tempi pericolosi 9on nocerebbero, e 
ottenendosi la ykioria sarebbe in^otestà dm <^nfed^ 
raiti dare quella formaci governo 4^ Fiorentini che 
più giudicassero espedienitoi ^ ' ■ ^ 

Du9àinuiiEa4n ^pesta cauaa l' autorità dif Pandolfo il 
conosoerii , che per la utilità propria^ desiderava che 
nella Toacaqa non s' incominciasse^ una gueriA tanto 
grave;, per la quale, o dagli esèrciti amici, ^ dagl^ini- 
naci "Sarebbero |WHnment^distrutti i paesi di tutti, fila 
parvero tanto efficaci le suen^ag^oni , che fecilmente si 
deUbeti^di non assaltare i Fiorentini : il qual consiglio 
fe^ reputai*e migliore la contenzione , che non molti 
giotni poi comincyb tpa i Fiorentini escardinali, 'itfeca 
erano , come è detto di sopra", intervenuti i cardinali 
fu primi atti del concilio, perchè si eralio fermatila al 
borgo» a Saa Donnino, o per aspettare i pi^lati«che ve<* 
nivano di Francia ,*o quegli, che aveva premesso di 
mandare ti re dei Romani, a per altre cagioni : onde 
essendo partiti per diveirse vie, si sparse fama die i 
due Spagnuoli , i quali avevano preso il cammino di 

' Di sopra, In questo libro, si è detto, e notato, che i cardinali scis- 
matict atevàào mandato lor^. procnratorLal concio di Pisa ,'per non pre- 
giodipaTe alk ìiia^iQMÌPni fatte per il priirio di iMtteinbve , p?reipo9kè tmi 
col prerenire il concilio Lateranense pensarono di corroborare le loro ra- 
gioni, n Gradendo scrive, ohe erano a questo concilio venuti cento ves- 
oofi, altrettanti abati, e numero grandissitno di dottori taologf , secondo 
che^sra fiifDa,^a dò non fu vero, A per altri particolari eontraij, che ei 
soggiunge , si perchè il Giovio dice che ▼* erano a questo concilio 7 cardinali, 
e certi pochi tescori. 



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3l8 LIBRO DECIMO. 

fi<>lof[Ba^ Ili rioonciUerehb^t) «ppl.puntflfioe. Il sapersi 
che continuamente tmtUtìnuv» con l' ambasciatore del 
re di Aragona, che dimorara appresso al pontefice; e 
perchè avevano dimandato ed ottenuto dai Fiorentini 
la fede pubUica di potere sicuramente fermarsi in 
Firenie, accresceva questa opinione. Ma arrivati nel 
paese di Mugello, si voltarcmo improvvisamente verso 
Lucca per congiugnersi con gli altri, o perchè vera-* 
mente avessero avuto sempre cosi nell'animo; o perdiè 
nel cardinale di Santa Croce potesse piii finalmente 
l'antica ambizione^ che il nuovo timore; o perchè, 
avendo ricevuto in quel luogo T avviso di essere stali 
privati, si disperassero di potere essere più concordi 
col pontefice* Passavano nel -tempo medesimo l' Apei^ 
nino i tre cardinali Franzesi, San Sfalò, Alibret e 
Baiosa per la via di Pontremoli, e con loro i prelati di 
Francia; dietro ai quali partivano di Lombardia per 
richiesta &tta da loro trecento lance Franzesi^ sotto il 
governo di Odetto di Fois, signore di Lautrech, depu* 
tato dai cardinali custode del concilio; o perchè .giu- 
dicassero pericoloso lo stare in Pisa senza presidio tale; 
o perchè il concilio^ accompagnato dalle armi del re 
di Francia, pDOcedesse con maggiore autorità; a yen-r 
mente, come dicevano, per avere possanza di raffre- 
nare qualunque ardisse di contra£&re, o di non ublH- 
dire^ai decreti loro. 

Ma ì Fiorentini, come intesero questa deliberazione, 
ia quale insino che le genti cominciarono a muoversi 
era stata loro celata , deliberarono non ricevere in 
quella città tanto importante tal numero di soldati ; 
considerando la mala disposizione dei Pisani; ricordan- 
dosi che la ribellione passata era proceduta alla pre- 



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CAPITOLO SKCOIMPO. — l5ll. ^^19 

senta, e permettendala ii re Carlo^ e della mcKfiaziòne 
che al tìome Pisano avevano avuta i soldati Frafizesi ^ e 
-dubitando, oltre a <|uesto, ohe per la inscienza militare 
potesse nascere qualche an^cidente pericoloso; ma molto 
più temendo 9 che se le armi del re di Francia venivano 
a Pisa , non ne nascesse , e forse secondo il desiderio 
occulto del re, ohe la Toscana diventasse la sedia della 
guerra. Perciò sìgnìficarcmo neil' i^esso tempo al re 
essere difficile l' alloggiare tante genti per la strettezza 
e sterilità del paes», incomodo non che altro a pascere 
la m«^titudine^ die conveniva al concilio; né essere 
necessario, perchè Pisa era talmente retta, e custodita 
da Icnv), che i cardinali potevano senza pericolo od' in*- 
sulti forestieri, o «di opposizione di quegli di dentro, 
-sicurissimamente dimorarvi : e al cardinale di San Malo, 
<M>n la cui volontà si reggevano in* queste cose i Fran-^ 
-zesi , ohe avevano deliberato di non ammettere in Pisa 
soldati : il quale , dimostrando con le parole di consen- 
te, ordiimva da altra parte che le genti separata- 
mente ^ e con minore dimostrazione che si poteva , prò** 
-oedessero innanzi ; persuadendosi che approssimate a 
Pisa , vi entrerebbero o con la violenza , o con arti , o 
perchè i Fiorendni non ardirebbero con tanta ingiuria 
del re di proibitio. AKa avendo il re risposto apertamente 
essere contento non vi venissero , i Fiorentini manda- 
rono al cardinale di San Mala, con ambasciata pari alla 
Sina superbia) Francesco Vettori a certificarlo, che se i 
cardinali entravano con le armi nel dominio loro , non 
solo non gli ammetterebbero in Pisa , ma gli persegui- 
terebbero come inimici : il medesimo se le genti di 
arme passavano l'Apennino verso Toscana, perchè 
presumerebbero non passassero per altfo, che per en«-< 



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!ì%ù UBftO DMIMGU 

traire pcfi occilltfmeiite^ o con qu£dcke*ffairàe iot^sa. 
J)0illa <plale proposta commosso il cardinale ordiiiò che 
le genti ' nlarnasser«^ di là dall' Apenniiio , eonsetitett^ 
dogli i Fiorentini che con Ini rim&uésB&eo, oltre aUe 
piDrsoiie di Lantrech e di CtattisgHone, cento dncpìaiita 
«Alfieri. 

' Gonveimonsi tutti i cardinaK a Lticca^ la qual città 
ft pontefice per questa cagione diefaiarò intorssrjadR' 
interdetto, ove lasmto infermo il Gosentino, ohe 
podù giorni poi vidde Tuhimo sflto dì , ' andan^Eio gK 
altrJL quattro a Pisa^, non. ricevuti né con lieti antvii dei 
mja^stralì, né con riverenza o dìvociome della molti- 
tudine y perchè .ai Fiorentini^ era molestissima la Jóro 
venuta, nè>accetta, a. di estimazione alcuna appf^^sso 
aii popoli d^stiani la cau^ del concilio. P^ctò, con- 
tuttoché il titolo del rifonmore la ^:^sa frsse onestis- 
simo, e di grandissimi utilttà,van^ a:tutta la^riatìftr 
nttà lìon meno necessario «he grato ; joondimeno a 
ciascuno appariva gli autori muoversi da; fini ambi*- 
ziosi , e invoki nette cupidità- delle cose temporali, e 
sotto ^Im^e del bene univèrsa!^ contendersi degl' iìl^ 
ressitparticol^rì; e che fa qualunque d^ essi pervenisse 
il pontificato., non 'avrebbero nrinòre biso^o dì èssere 
riformati, che avessero coloro, i quali $i trattava di 
riformare : e che, oltre ^1' ambizione, dei sacerdoti, 
avevano suscitato , e nutrivano il concilio le questioni 
dei principi e degli stati. Queste avere mosso il redi 
Franca a p^rocurario , queste il rei dei Romàni a còn- 

* Piacque al pa})a , c^ i Fiorentini facessero tornare indietro le genti 
fWnsesi, e per.6 sospese T interdetto pnbblieato a Pisa, e a FioreD£a sino 
a Àeszo novemhve. Buonaccorsi. 

* Arrivarono i cardinali a Pisa Tahirao di ottobre i5ii, ove forano 
alloggiati al meglio iht à potè, còme dice BucnaccorsL 



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CAPITOLO SECONDO. — =-i5ii. 3ai 

sentirlo, queste il re Ài Aragona a desiderarlo. Dun- 
que comprendendosi chi£u:amehte, che con la causa del 
concilio era congiunta principalmente la causa delle 
armi, e degli imperj, avevano i popoli in orrore che, 
sótto pietosi ,titoli di cose spirituali , si procurassero 
per ifiezzo delle' guerre e degli scandoli le cose tempo- 
rali. Però non piamente nell' entrare in Pisa i cardinali 
appdirì manifestamente l' o^io , e il dispregio comun^ 
ma più manifestamente negli atti conciliari. Perchè 
avendo convocato' il clero a intervenire nella chiesa 
cattedrale alla prima sessione, niun religioso volle in- 
tervenirvi ; e i sacerdoti proprj di quella chiesa, volendo 
essi, secondo il rito dei concilj^ celebrare la messa per 
la quale s'implora il lume dello spirito santo, ricusa- 
rono di prestare loro i paramenti; e procedendo poi a 
maggiore audacia , serrata le* porte del tempio y si op- 
posero perchè non vi entrassero. 
« Delle quali cose essendosi, querelati i cardinali a Fi^;^ 
renze , fu comandato che non si negassero loro né le 
chiese, né gì' ihstrumenti ordinati a celebrare gli uflficj 
divini, macche non si costrignesse il clero ad interve- 
nirvi; propedenido queste deliberazioni, quasi repu- 
gnanti a se stesse, dalle divisioni dei cittadini, per le 
quali ricettando da una pai\te nelle terre loro il concilio , 
dall' altra 'lasciandolo vilipendere, si o^||pdeva in Ufi 
tempo medesimo il pontefice,, e $i dispiaceva al re di 
Francia. Però i cardinali, giudicando lo stare in Pisa 
senz'airi non essm*e senza qualche pericolo, e cono- 
scendo diminuirsi in una città, che non ubbidiva ai de- 
creti loro, l'aiitorità del concilio, inclinavano a partir- 
sene, come prima avessero indirizzate le cose; ma gli 
costrinse ad accelers^re un «caso, il quale, benché fosse 

HI. 21 



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3aa ^ LIBRO DECIMO. 

fortuito , ebbe perciò .il fondamento dalla mala di^si-^ 
4Ìone^ degli uomini. Perchè, avendo un soldato ' Fi*an« 
ze$e fatto ad una meretrice certa insolenza nel luogo 
pubblico , e avendo i circoustaqti cominciato ad escla- 
mare, codcorsero al romore con le armi molti Franzesi , 
così soldati I come familiari dei cardinali e deglf altri 
prelati, e vi concorsero da altra parte similmente molti 
4?1 popolo Pisano, e deT soldati dei Fiorentinf. E gri- 
dandosi per quegli il nome di Francia, per (juesti quello 
di Marzocco , segno della repubblica Fiorentina^ co- 
minciò tra loro un furioso assalto; ma concorrendovi i 
capitani Franzesi ; e ì capitai dei Piprenti{ii , fu a|la fine 
sedato il tumulto, essendo già feriti molti di amendue 
le parti, e tra gli altri Qiattìglione , corso nel principio 
senz' armi per ovviare allo scandolo , e similmente Lau- 
trech concorsovi pw la medesima cagicme; benché Y uno 
e r altro ferito leggiermente Mia questo accidetìteet^piò^ 
di. tanto spavehto i cardinali, congregati per sorte air 
ora medesima nella chiesa quivi vicina di San Michele^ 
che fatta il giorno seguente la seconda sessione, nella 
quale statuirono che il concilio si trasferisse a Milano , 
si partirono con grandissima celerilà, iiuianzi^al decimo- 
quinto gi^no della venuta loro , con soiqmajetizia dei 
Fiorentini , e dei Pisani, ma non n^no essendone lieti 
i prelati , ch^(Jeguitavano il concilio^ ai quali era mo- 
lesto essere venuti \p luoga, che per la mala qualità 

' Il Gradenigo nel suo di«rio acrivc, che fa ano della fumigliii M Cttidi- 
naie Santa Croce, U quale fa colto in casa di nna gentUdonna , e che perciò 
la terra si lerò in arme, nondimeno conclude, che i prudenti discorsero, 
che ciò fosse una fiitta por coprire la vergogna Icm^o, non potendo essère 
d' accordo a partirsi, e non essendo onore lo stare in Pisa al concilio con 
cosi pochi prelati, e con tanto dispreteo. Il Giovio dice, che il tumulto 
naeqne in sol ponte di Amo , non ti «a se a caso , o a «tiydio. ^ 



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CAPITOtX> SECOITDO. — ^ l5ll. 3l3 

degli ediflc] , e per molte altre incomodità procediate 
dalla lunga guerra, non era atto alla vita ^delicata e 
copiosa dei ^cerdoti, e dei Franzesi j e molto più per- 
chè, essendo venuti per coipandamento dei re .contro 
alla propria volontà , desideravano mutazione di luogo, 
e (Qualunque accidente per difBcultàre , allungare , o 
dissolvere il concilio. • * \ 

Ma a Milapó i cardinali ,* seguitando per tutto il dis- 
pregio e Todio dei popoli, avrebli^ro a\ute le mede- 
sime, o jnaggiorkdifficultà : perchè il clero Milanese , 
collie se in quella città fossero entrati non cardinaH 
dìélla chiesa Romana soliti a essere ónoi^ti , e c|uasi 
adorali per tutta, ma persone pro&ne ed esecrabili , 
si astenne subitantente da se stesso dal celebrare gli 
ufficj divini , e la moltitudine quando apparivano in 
pubblico gU malediceva, gK scherniva' palesemente 
eon palmole e gesti obbi^obriosi , e sopora gli altri il car- 
dinale di Santa Croce riputato aurore di questa cosa 9 
e che era più negli occht degU uomini, perchè neir 
ultima sessione Tisana l'avevano eiettò presidente del 
concilio : senti vansi per tutte le strade i. mormorii 
della pldie, solere i coÀcilj addurre benedizioni, paòe, 
concordia; questo, addurre maledizioni, guerre, dis- 
cordie : solarsi Congregare «gli altri concilj per riu- 
nire la chìeBa disunita ; questo essere congregato p^ 
disuiiirla^ quaftdo era unita f divulgarsi la coxifagione 
di questa peste in tutti quegli, che gli ricevevano, che 
gli obbedivano, che gli favorivano, che in qualunque 
modo con essi;coav^rsavano, che gli udivano, o che 
gli guardavano^: né si potere dalla venuta loro aspet- 
tare altro che sangue , che fame , che pestilenza , che 
finalmente |>erdizioiie dei còrpi e delie anime. Raffrenò 



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3^4 LIBRO DECIMO. 

qu^ta voci già quasi tumultuose Gastone dì J'ois, il 
quale pochi mési innanzi alla partirà di Longayilla era 
stato preposto al ducato di Milano, e alV esercito; per- 
chè con, gravissimi comandamenti costrinse il clero 
a riassumere la celebrazione degli jifBcj , e il popolo a 
parlane in futuro modestamente* 

Procede vanoiCJofl queste, difficùltà poco felicemente 
i principj del concilio ; ma, turbava molt^ più le spe- 
ranze dei cardinali ^he Cesare differendo, di giorno in 
giorno non mandava né prelati, né procuratori^ con- 
tuttoché , oltre a tfinte promesse fatte prima ,* avesse 
affermato af cardinale di San Severino, e"continim<^ 
mente affermasse al' ve di Francja ^lergli m^d^re. 
Anzrnel .tempo medesimo, ó allegai)da j)er scusa, e 
essendone fatto capace da altri ,^non en&ete fecondo la 
sua, dignità ifiandare al concilio Pisano i prelati d^gli 
stati praprj, se. il medesimo "non si faceva in nome di 
tutta la nazjone Gqrtnatfica*, avevd convocati in Au- 
gusta i prelati, di Germania '|)er deliberare', come nelle 
cose di quel concilio si doviesse comunemente proce- 
dere; affermando però ai Franzesi che con questo 
mézzo gli condurrebbe tutti a mancarvi. Tormentava 
anche -l' animo del re con la varietà del suo procedere ; 
pérQhe .oltre alla freddézza dimostrata nelle cose djsl 
concilio, p^estavti. apertamente le orécchie^ alla con- 
cordia c^n i Veneziani, trattata* con mólte offerte dal 
pontefice e dal re di Aragona. Da altra parte, lamei;i- 
tandosi del re Gatliolico , che non si fosse ver^gn^to 
di contravvenire sì apertamente alla lega di -Cambrai , 
e che in questa nuova non confederazione, ma prodi- 
zione , r avesse nominato come accessorio , proponeva 
a Galeazzo di San Severino l'andare a Rioraa per^o* 



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CAPITOLO SECONDO. — l5ll. 3^5 

iiqlmente, come inimico^del pontefice , ma soniyiiinis- 
traiìdogli il re 'parte del siuo ^ercito, e qaatìtità gran- 
di^sinaa di danari : e nondimeno non proponendo q[ue§te 
cose con tale fermozza , che non fosse- dubbio quel 
che, satisfatto eziandio in tutte le sue domande, avesse 
finalmente a" deliberare. Duaque nel .petto del re com- 
battevano ìe (consuete sQspensiojii , che ^Cesare abban- 
donato da lui si unirebbe con gr inimici : a sosten- 
tarlo si comperava la sua ifongiunzione gon pfezzo snii- 
si:|rato, il quale non sì sapeva, che frutto avesse a par- 
torire, conóscendosi per l'esperiènza del passato, che 
spesso gli nuocevano più i {)roprj disordini , che gio- 
vassero, le forze J ne sapendo il re i» se medesimo 'He- 
terniinarsi quale gli avessero più a nuocere in questo , 
o i successi prosperi, o gli avversi di Cesare. 
* Aiutava quanto poteva la sua sospensione il re Cat- 
tolico ; dandb speranza , per farlo .procedere più len- 
tamente, ai provveflimenìi della guerra, che le armi 
non si moverebbero : e simile uffizio , e' per simili ca- 
gÌQni, faceva il re d'Inghilterra, il quale aveva' rispos- 
tt) lall' oratore del re di Francia^ non essere vero. che 
avesse consentito alla lega fatta a Roma, e che era dis- 
posto di conservare la confederazione fatta con lui! 
E nel tempo medesimo il vescovo di Tivoli proponeva, 
in nome d|l pontefice la pace , purché il re non favo- 
risse più ij concilio, e si rimoyesse dalla protezione 
di Bologna , offerendo di assicurarlo che il pontefice 
noti tenterebbe poi cose nuove contro a lui'. Dispia- 
ceva meno a1 re la pace , eziandio con* inique ^condi- 
ztoJii, che il-^ottomettersi^ai pericoli della guerra, ed 
alle spese, che, avendo a resistere agl'lnii^ici, e'<a 
sostentare Cesare , si dimostravano quasi infinite. Non- 



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32*6 LIBAO DBGIMO. ' 

dimeno Io moveva lo àlegno di essere quasi sforzato 
dal re di Aragona col terrore delle armi a fare questo : 
il potecsl molto difficilmente assicurai:e che il paf^, 
'ricuperata Bologna, e liberato dat timore del concilio^ 
osservasse la p^ce; e il dubbio, che, quando pure si 
dimostrasse apparecclyato a consentire alfe condizioni 
proposte I il pontefice, non se ne ritraesse ^*come altre 
volte aveva fatto ; onde offesa la sua dign^ , e la i*epu- 
tazione diipinuita, Cesare M reputasse iqsiuriato' che 
lasciato lui nella guerra con i Veneziani avesse voluto 
conchìudere la pace per se solo. Però rispose precisa- 
mente al veicovo di Tivoli non volere consentire che 
BoTogna^ stesse so^to la chiesa, se noh nel modo, che 
^antica%[ien te solava stare; e nel tempo medesimo per 
fare ferma d^tèrminiausione con Cesare, che era a Bi*u- 
nech, terra non molto distante da Trento , mandò a lid 
con ampie offerte , e coh celerilà grandissima Andrea 
di Burgo Cremonese , oratore Cesareo apprèsso a se : 
nel qual tempo* alcuni dei suoi sudditi de{ contado di 
Tiruolo occupai-ono* Bati^ten, castello molto forte ^1' 
entrata di Yaldic^dora. ^ * * * , * 

* ' '^é!C Istoria del Mocenigo si l^ge nel IJb. tV in qaestó tnodo : Batte 
alia Tirolenses Germani vi capto Cadi^rió, et«direpta dvitate Beltumni , 
victricia signa reportarunt in Oermaniam, il ehe vuole dire : AIT incontro 
{ Tedeschi di Timolo, preso Cadoco, e saccheggiato Bdlono^ riportarono 
le vittoriose insegne in Lamagna. Onde io per queste piiroie W induco a 
credere, che qni sia errore di stampa, e dote dice litisten, se non vtK^e 
dire Belluno, voglia almeno dire Bottistagno, c^^t^Uo di cut ho parlato di 
sqpra nel Lib. VII e Vili, e «feve qui dice Valdicaldora , vogUa dire \fil di 
Cadoro, tanto pin^ che il Bembo nel Lib. XII scrive, che le genti di Mas- 
similiano avevano preso, e arso Cadoro, e qu^di partiti ,»i Cadorini man- 
darono al senato a domandare chi reggesse, promettendo il rifare la rocca 
da se soli. Mi conferma poi più in questa opinione il Gradenigo , il «{Dale 
seg^e chiaramente, che nel mese di ottóbre i5ii, r imperatore In per 
^Ona battè, i prese Bottistagnd , e poi andato in Cadoro, battè il castella, 
ove èra Filippo Salamont, ma dicc„ die non potè averlo, anai con poca 



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CAPITOLO TERSJO. — l5ll. 3^7 

f 

CAPITOLO TERZO. 

61i Svizseri si^^appirecchiano^a pusiare m Italia la faTor dd papa. 
Sfidano il^ois a ccmibattere. Ritornano improTTisamente idle £aa^ 
loro, n re di Francia cerca il soccorso dei fiorentini contro il 
pontefice. EWrdto della lega a Bologna. Copsiglio del Na^arra 
per espngiiuda. Effetto à* una mina. L* esercito si lera da qnejila 
città. 

In7£BROTTE del tutto le pratiche della pace, furono 
i primi pensieri deK*e, che , come la Palissa, il quale 
lasciati in Yerons^ tremik fanti per mitigare Cesare 
sdegnato della partita sua, avesse ricondotto il resto 
(felle g^nti nel ducato di Milano , che soldati nuovi 
fanti /"e raccolto insieme tutto l' esercito si assaltasse la 
Romagna ; sperando ,. innanzi che gli Spagnuoli vi si 
fossero approssimati ,^opcuparla o in tutto, o in parte ; 
dipoi, o procedere più oltre secondo le occasioni ^ p 
sostenere la guerra nel tecritorio di altri insino alla 
primavera : al qua! tempo, passando in Italia personal- 
mente con tutte le forze del suo regno , sperava do- 
-^re essere per tutto superiore agi' inimici^ Le quali 
cose mentre che disegna, procedendo piìi lente le d«-* 
liberazioni , che. per avventura pon comportavano le 
'occasioni, e ritraendo il re da molti provvedimenti, e 
specialmente da soldare di nuovo fanti Tessere per na- 
tiira alienissìmo dallo spendere, sopra vvenùe sospetta, 
che i Svizzeri nqn si movessero. Della qual nazione , 
perchè sparsamente in molti luoghi si'è fatta meoi-^ 

fipMtasione dieonveone tornare a Bottktagno /perdiè il Vitello era 
ghmHko con»sooook«o a Civitale. nondimeno poi lo^pceie, essendovi 
tornato. 



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3:^8 LIBRO\DEGIMq. 

zione, pare molto a proposito, e quasi necessario par-* 
•ticolarmente trattarne. * ' ^ 

Sono gli Svizzeri quegli •medesimi che dagli antichi , 
si chìamayano Elvezj , generazione qhe \bita nelFe 
montagne più alte di Giura, dette di San Claudio, in 
quelle di Briga , e di San Gottardo , uomini per natura 
feroci, rusticani, e, per la sterilità del paese, piut- 
tosto pastori che agricoltori. Furono già dominati dai 
duchi di Austria, dai quali ribellatisi, già è grandissimo 
tempo, si reggono per loro medesimi, non facendo 
segno alcuno di ricognizione né agi' imperatori , né 
ad- altri principi. Sono divisi in tredici popolazioni r 
essi le cijiamano cantini : ciascuno 4i questi si regg|3 
con magistrati, leggi, ed ordini proprj. Fanno ogni 
anno, o*più spesso», secondo che accader di bisogno, 
consulta delle^còse universali , congregandosi nel luogo, 
il quale ora uno, ora un altro eleggono, i deputati 
da ciascuno cantone. Chiamano secondo Y uso di 
Germania queste congregazioni diete , nelle quali si 
delibera sopra le guerre, le paci, le confederazioni, 
soprale dimande di chi fa instanza che gli sia conce- 
duto per "decreto pubblico soldati , o permesso ai vo- 
lontarj <ji andarvi, e sopra le cose attenenti alF inte- 
resse di tutti. Quando* per pubblico decreto concedono 
soldati, eleggono i cantoni medesimi tra loro; un capi- 
tano generale di tutti, 'al quale con le insegne ed in 
nome pubblico si dà la 'bandiera. Ha fatto grande il 
nome di quesl;^ gente tanto orrida ed inculta la uiiiòne ,- 
e la gloria delle armi,' con le quali- per, la ferocia 

' Cbì Taole piò diffìuameiite , essere ii^ormato dei oostami di questa 
naEÌQne, leggA Benedetto Giovìo, Leandro Muzio, il Glkreano^ Franéeieo 
Negro f e Giovanni Stumpsio nei suoi commentaij degli Svizzeri. 



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naturale, e per lèi discipiina delle ordiimnse^ non so 
kmente hanno sempre valorosamente dìTeso il paese, 
lorp, ma esér^itat^ . fuori del paese la imilizia con 
somma lai/de; la. quale sarebbe stata senza compara- 
ziope maggiore, se l'avessero ^ercitata per Y imperio 
proj)rio, e non àgli stipendi , e |)er*propàgafr'e l' imperi^ 
di altri , e se più generosi fiiai avessero amxto innanzi 
agU^ occhi ,, che lo studio della pecunia, dall'amóre 
della qualet corr<^tti hanno perduta la occasione di 
essere formidabili a tutta Italte. Perchè , n%n usceig^dò 
del paese se non come soldati ];n0i*cen'&v^ , nqp hapno 
Importato fruttò pubblicp delle vittorie , assttefiittisl péj: 
la cupidità del guadagno* ad essere negli eserciti con 
taglie ingorde , e con nuove dìmande quasi intoH^ra- 
bili; e oftre a qijesto nel conservare , .e peli' obbedire 
à ch^gli paga, molto. fastidiosi, e contumaci. In casa.i 
priiKipali non* si astengofio *da ricevere dopi ,* e peit-: 
sioniflai principi per fav^ire e seguitare nelle consulte 
Is parti loro; per ti che riferendoii le cose pubbliche 
alle utilità private, e fattisi v€fn(fibili, e corruttibjli , 
sono tra loro medesimi so1n;entvate le discordie; donde ^ 
comindàhdosi a non essere segni tato, da tutti quel che 
nelle diete approvava la m'ftgg;^òr parte dei cantotii^ ' 
sodct ultimamente poghi anni innanzi a questo tempo 
veniirti a manifeìsta guerni, con èomma diminuzione 
dell' autorità, che avevano per tutto. * 

Più basse di c|ueste *sono alcune terre e villaggi, 
dove abitatilo popoli chidtnati * Vallesi, perchè abitano 

"^Questi Vallesi sono sudditi ilei vescovo di Sion, e si reggono in^setje 
comuni , chiamati da loro le corli', il che ha scritto di sopra qfiesto mede- 
•suno antere al principio del Lib. IX, qnatfdo ha detto, che essi, cor> 
rotti ^ don^ti^i f e da promeste di pensioni > si erano ,eonfederati con 
Francia. 



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33^ i;iBii0 Biblico. ' ^ 

nblle vrili / inferiori molto dì numero ,v« di autorità 
pubblica ) e ^i virtù, perchè a giudizio di tutti , non 
sono ferociicomep U Svizieri. È pfl' altra generazione 
più bassa di ({uedte due : chiamansi ' Grigioni, che si 
reggono per tre cantoni, e però detti signori delle tre 
feghe : la tetra* {frincipale del paese si dice Coirà.: sono 
spesso coi^der^ti de' Svizzeri , e con loro insieme 
Tanno alla guerra, e si reggono quasi con i mede^mi 
ordini, e costumi, anteposti nelle armi ai ¥allesif ma 
non leguali^i Svizzeri , ftè \}i numero, ne 4i virtù* 

Oli S^i^erv adunque in questo tempo , non degené«* 
ijsiti ancora' tanto, nS .corrotti come poi, sono sta^ 
essendo stimolati dal pontefice si preparavano per scen- 
dere nel^ ducato di Milano^, dissimi^landò che (^esto 
movimento "procedeste dalla tótijvefsità dei cantoni; 
ma dando VQce ne Ibssero autori il cantone diSi^t, e 
quello diTrìborgò; il primo, perchè si querelava cHe 
un «suo corriere passando per lo stato di Milan# era 
stato ammazzato dai -fidati Franzèsi; questo ^perchè 
pretendeva avere ricevuto altre ingium particolari. I 
ccmsigli dei quali, e pubblicifmente di tutta la nasone, 
benché pripiaf fossero pervenuti alle orecchiesiel re, 
ndh l' avevapò però n^sso a convenire con loro, come 
isuoi assiduameAttf'lo confortavano, e come gli adiici 
die aveva* tra lorcf gli damano speranza potersi otte»- 
n^re; ritenendolo la solita difficultà di non accrescere 
ventimila franchi (sono questi poco più^ o meno -di 
diecimila ducati) alle * pensioni anticKe; e cosi, ricu* 

* I Grigioni «raso anticamente oetti &heu. 

* Le pastoni antiche pacate «gli Stìracci, e comindate fin astio Lodli»- 
Weo XI, re di Francia, hi detto nel luogo di aopra citalo, xhe dt^^po di 
sletoàntamila franclù V anno. * 



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CA-PITOCO TBRZp. — l5ll. S3t 

saìicb per minittu) fvefzo quell' amicizia, ohe pòi molte 
votto cpn tesoro ine|timalMle avrebbe comperata; per- 
suadendosi <<he, o non sr moverebbero, o che moven* 
dosi potrebbero poco nuocergli : perdiè soliti a eser- 
citare la milizia a piedi, non avevano^ca valli, e. perchè 
nùxk avevano ^igli^ie : essere oltre a questo in quella 
stagne (già era entrato^ il mesa di novembre) i fiumi 
grossi; mancare ad essi i ponti, e le navi; le vettovaglie 
del ducato di Mtìlano ridotte per 'c6mand#mento 4i 
Gastorife di Fois nei luoghi forti; bene custodite le 
terre vicina; e potersi opporre loro alla pianura le 
genti d' arme : per i quali impedimefiti essere neces- 
sario, che mavendpsi sarebbero necessitati in spazio di 
pochi^dì a ritornarsene. • 

E riondimenp gli Svizzeri , non gli spaventai^jTo 
queàte difficultà, erano ijominciati a * scendere à V|- 
re§e, nel qual luogo continuamente arugumeot^vano , 
aveiftlo seco sètte pezzi di artìgli^ria da oai^pa^a , e 
molti arcbibusi grossi portati dai cavalU, e ifiedcsfiha-^ 
mente non al tutto senza ^apparecchio di vettov«gl\f . 
La venuta dei quali &ceva molto piii timorosa, che^ 
essendo! saldati F|anzeM divenuti piìi licenziosi che it 
solito , «omiricijsivar ad esse^ ai popotì non i?>ediocr§- 
mente grave T imperio loro; perchè il re astretto dall' 
avarìzia^ non ayea consentito che ji'fedfesse^prQwedi- 
ménto di %nti; né \p g^iilf d' arme, ohe allora erano 
m Italia, secondo il num^o vero ^ mille trecento là^e, 

' ÀTanti «kte gli Sviueri coMuncUMero a aoéhdere a Varese, dice^il 
Bembo, cbe mandarono né loro ini]iisft|>, detto Agostino Motownì Sviz- 
sevo a^enesia a fare {ntendm^^ebe tm erano rffcolnti di caedate i Fran- 
seti-d* UaHa, edlbsien^in soccotio dai Veneziani', e però 'dimandavano ret- 
toTaglie , artiglierìe ^ e cinquecento eav^alli , il che fa lor rolentieri premesso- 



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■332 LfBRq DKCIMOI 

e dugenfo gentiluomiQi, potevyw tutte opporsi agK * 
Svìzzeri, essendone una parte ail| guardia di Verona e 
ài Brescia , e avendo Pois nupidato di nuoTQ a Bologna 
dugento lance, per la venuta del cardinale dei Medici e 
di Marcantonio ^olopna a Faenza ; ove sebbene' non 
avessero fanti paga);i , nondimeno per )è divisioni della 
città, IQ,' perchè in quei dì il^castellano della rocca di 
Sassiglione, castello della montagna di Bologna, l' aveva 
spontaneamente «d&to al legato, era paruto opcessario 
mandarvi questo presidio., ' * 

Da Varese mandarono gli Svizzeri per un trombetto 
a disfidare il luogotenente regio , il quale , avendo 
seco poca gente d' ahhe perchè non aveva avuto tempo 
a raecorle, né più che* duemila fanti, ne si risolvendo 
ahcora, per non dispiacere al re, a soldame di nuovo, 
era venuto ad As^on , téri^ distafite tredici miglia 
da Mijano, npn con intenzione di combattere, ma di 
andargli posteggiando per impedire loro le vettovaglie: 
neli& qua) cosa rimaneva^ la speranza' del ritenergli , 
nyn .essjBndo tra Varese^e Milano né fiumr diffidili a 
passare, né terre 4itte aU essere difese. Da Varese ven- 
nerp. i^i Svizzeri a Galera, essèbdij già augumentati 
insinp al nunvei*a.di diecimila; e Gafltooe', iL quale se- 
guitava Gianiacopo daTnulzi, si pose àLignago distante 
quattro miglia* da Galera., Dalle quali qose impauriti i' 
Milanesi soldavano fanti a.^pese pròprie per guardia' 
della città ; e Teodoro da Triulzi faceva fortifica^re i *^* 
bastioni, e, come se V esercito avesse a ritirarci in 
" Milano, fare le spianate d^lla parte di dentt-o intorno ai 
ripari 9 che cingono^ i bórghi , porcile i cavalli pote$saro 
aìloperarsi. Presen tossi nondimeno Gastone di Fois , 
con cui erano trecento lance e dugento gentiluomini 



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CAPITOLO TERZd. — l5ll. 333 

del re^e con molìst artiglieria innai^si i^a terra di 
Galera; all'apparire dei quali gli ^Svi&serj uscirono* 
ordinati in battaglia : nojidiipendb non voTéniJo , perchè 
^non erano in maggiore numeit) ^ combattere in luogo 
aperto, ritornarono presto dentro. ^ ' 

Cresceva intajlto contiiiuameiite;^l numero loro,-p^r 
ri. quali, deliberati di non ricusare più di combattere^ 
vennero a Busti ; nella qual terra erano allogginte cento 
lance, eoe ^ fatica salvarono se, perduti i carriaggi 
con parte dei cavalli. Alla fine i Franzesi ritirandpsi, 
senitpre.ch^ eSisi procedevano innanzi, si ridussero nei 
borghi. di Milano, essendo ipc^rti^li^ uomini se* voles- 
sero fermare a difendergli;* perchè altfo donavano le 
lor5 paroljB, altro dimostrava il fornire. sollecitamente 
il castello di yettovagtief. Àpprpssimaronsi dipoi ^gli 
^viizzeri ai sobborghi a .due miglia; ma vi era gi^ 
mplto allentato il . timore, perchè contiiiuiimente so- 
pravvenivano le gf nti d'arme richiamate a Milano, e 
similmente mòljti fanti, i;he si soldavanò; e di era in 
ora si aspettavamo! Mqlardp kjoq, i fanti Guasconi , fe 
lacob con i fap ti Tedeschi riqhiai^ati l' uno da Verona, • 
l'altro da Carpi : e in questo tempo furono iiftercelte 
lettcfrje dei' Svizzeri ai loro signori^ ohe significavano 
essere debole. la opposizione dei f]^anzesi^ maraviglia^ 
van^i non avere .ricevuto : dal ipontefice messo alcuno, 
nè'saperc quello che facesse l'esercito dei Veneziani ; 
e nondiméno che procedevano secondo che si era 
destinato'. ^ ^ ^ 

Erano già in' nuroèrip sedicimila, e si voltarono verso 
Moncia ; là quale non. tentato di occupare^ ma standosi 
piìr v^rso iliìume dell' Adda, davano timore ^ai Franzesi' 
di volere, tentare di passarlo; però gittavano il pontfc a 



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334 UBRÓ DBdlMO. 

Gasciano p^r impedire loro il transito con la opportu- 
nità della terra, e del4^onte. Dove .«mentre stanno, 
ve«ne, impetrato prima salvocondotto , uh capitano 
dei Svizzeri a Milano, il quale dimandò Io stipendio di 
yn^fiese per tutti i fanti , offerendo di ritornarsene al 
paese loro ; ma pactito senza conclusione , per essergli 
offerta somma molto minore, tornò il seguente dì con 
dimandd^più alte; e ancora che gli fossero fat^ offerte 
maggiori che il dì dinanzi ^ nondimeno ritornato ai suoi , 
rimandò subito indietro un trombetto a significare cfie 
non volevano più K concordia. E F attro^dì poi , inossi 
contvO alla espetta^one di tutti versa Como ' se ne 
tornarono alla patria, lasciando liberi i« giudizi degli 
uomini, se fossero scesi per assaltare lo stato digi- 
tano , o per passare in altro luogo; \>er quale cagione, 
non sopraffatti ancora da alcuna evidente difficultà 9 
fossero tornati indietro ; o perchè volendo ritornarsene 
non avessero accettato i danari, arel!idone màssima- 
mente dimandati. Come ^ sil^ è manifesto che mentre 
si ritiravano, sopravvenil^ro <iue n^ssi del papa e dei 
-yeneziani, i quali si -divulgò che, se fossero arrivati 
prima , non si sarebbero gli Svìzzeri partiti. Né si dubi- 
tava che se nell^isftesso tempo, che entrai^ono nel du- 
cato^ di Milano, forssero stati gli j^agnuoli vicini a 
Bologna, che le cose deiFranzesi, non' potendo resis- 

[ Vengono grandemente biasimati gli Svizzeri di qaesta seconda tornata 
a casa , senza avere fatto cosa degna "«li tanto nome, massimamente |ven- 
dosi eglino saperbamei^fe vafttato di volere oaodare i FrànMsT: d'Italia, e 
perciò avevano tratto fnora la pnbhlica bandiera dal crocifisso / cbe era 
«tata spiegata ^vittoriosamente contro Carl<^ dnca di Borgogna a Mansi , e 
<f alloca m poi sempre era stata riposta , onde quando la t«*assef^9 laom , 
«ssenik) prima tempo npbtloso. c4X>b pioggia, sùbito rasserenò, e venbe 
bello, il che presera per felice segno. Co^ scrivono il 'Bembo, e il G/a- 
dcnigo. 



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CAPITOLO TERZO. — « l5ll. 535 

tere dft .fante "^arti, sarebbero andate senza indugio in 
manifesta perdizione. U qual penòolo gustando il re 
{ter la esperienza, cW prima non l' aveva antiveduto 
con la ragione, commosse, innanzi sapesse la ritira^, 
a Fois, che per concordargli non perdonasse a quantità 
^Iquna di danari^ ne dubi&ndo più,- quando bene i 
Svi^eri ^mpones^o, di i\^n avere a^ essere assaltalo 
potentemente, comanj^ò à t^ttè le ^enti di arme, che 
s^yeva in Francia, che ))assassero i monti,. eccetto du-» 
geitfo lance, le quali si riservò nella Pìccardìa; e yì 
mandò; oltre a questo, nuovo supplemei^to di^Janti 
Guasconi; e a Fois comandò che riempiesse l'esercito 
di fanti^'ltaliani e Tedeschi. ^ 

Ricercò ancora con istanza grande ì Fiorentini, gli 
unti dei quaU erano di momento grande per F aversi a 
fere la guerra nei luoghi vicini, e per la opportimità 
di turbare dai confini loro lo stato ecdbsiastico, ed in* 
t^rrompere le vettovaglie, e le altre comodità aU' eser* 
cito degl'inimici, se si accostavano ^a^'Qologiia, che 
scopertamente , e con tutte ìe forze loro concorressero 
jBeoo alla guerra^ ricercando la necessità delle cose pre- 
senti altro, che aiuti piccoli, o Unii tati, o che si con- 
tenessero dentice ai termini delie confederazioni , h]^ 
potere mai averetoia^giore occasione* disobbligarsi se, 
né fare mai benefizio piih preclaro, e del quale si dis- 
tendesse piùìa memoria in perpetuo ai» suoi successori. 
Senza che, se bene consideratvano , difendendo e aiu- 
tando lui, difendex^no ed aiulavan|^ la causa propria; 
perchè pbtevaiio essere certi quanto fosse'grande l' odio 
del pap^ contro a loro , quanta fosse la cupidità del re 
Cattolico (h fermare in quella città uno stato depen- 
dente interamente da se. 



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33C * Lino DEGIBfO. 

Ma i Firenze sentivono diversamente i molti aececati 
dalla dolcezza del non spendere di présente , non con- 
sideravanQ quel che potesse portare seco il tempo fa- 
tm^o ; in alfri poleva la ttemoHa che mai' dal re , né da 
QfirÌQ suo predecessore , fosse stata riconosciuta la fede 
e Ip opere df quella rppubljlica,*e l^avere con pre^izo 
grande vendlàta^lgro il n^ impeiliq^ che ricuperassero 
Pisa : col quale eseihpio ^non ]}òter«i (confidare delle 
promesse ed offerte- sue ; ne dite per qualunque béne- 
pzife^ gli fate^ssero , non si troverejbbe in lui gratitudine 
alcuna. £ perciò tessere non piccola temerità fere deli- 
bìqiazione dì' entrare in una guerra ; la quale succe- 
dendo avversa, ^articiperebbero più che per rata parte 
fli tutti i ihali ;» succedendo prospera, non ^v^ehbero 
parjte alctma, béncìiè minima, dei beni. Ma erano di 
maggior momento qjiegli , che ,^o per odio , ò per anr*- 
hizione , o per desiderio di altra fprma di governo , si 
opponpvjand al gonfaloniere, ihagnificajadp le ragioni 
già dette ^ .e^ adducélbdone di nuovo; e specialmente 
che, stando neutrali, noif conciterebbero contro À se 
F odio dì alcuna *deHe parti., né dstejjbei'o.ad alcuno 
dei due i^e giusta Gigione di lamentarsi. Perché né al 
re^ Fraftoià erano tenuti di aftri aiuti, che di trecento 
uomini^di atnie »per la difesa^ d^gli<»stati proprj, dei 
quali già r avevano acc^òmódato : né. questo poter esser 
molesto al re di Aragona, il quale riputerebbe gua- 
. dagno non piccolo , cHe altrimenti in questa guerra 
non s'intromettessero, anziesslgre sempre lodati, e te- 
nuti più cari» quegli che osservano la fede;^ special- 
mente perchè per quésto esempio spererebbe, che a 
lui medesimai;n^nt^rquandOkgli sopravvenisse bisogno , 
si osserverebbe quello , che per la capitolazione fatta a 



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CAPITOLO TjmZO. r^ l5ll. 337 

comune col re di Fr^pGJae con li^i era. sitato pro^p^esso. 
Procedendo così, se tra i : principi nascesse pace, la 
città sarebbe nomina^ta , e cpn^^rvata. da ai^endue ; se 
uno ottenesse la. vittoria, non si rep^1;an^o^r^so,.nè 
avi^pdo cai^a^di odio particolajfé, non sateboe difficile 
comperaie T amicìzia suax;pn quei ipedesi^i danari, e 
fo|^e^ con minore quantità di quella.^ che avrebbero 
spesa nella guerra; modo col quale più che con le armi 
avevano molte volt^ salvata la libertà i maggiori Joro, 
Procedendo altrimenti, sosterrebbero, mentre .durasse 
la guerra, per altri e senza necessità spese gravissime ; 
e, ottenendo la parte inimica la vittoria, rimarrebbe 
in manifestissimo perìcolo la ly^ertà e la sajute della 
patria. r 

Contrario a questi era il parere del gonfaloniere , 
giudicando esser più salutifero alla repubblica, ohe si 
prendessero le armi ' per il re di Francia; e perciò 
prima aveva favorito il concilio, e suggerito al ponte- 
fice materia di sdegnarsi, acciocché la città provocata 
da luì , o qomlncÌAta ad insospettirne , fosse quasi neces- 
sitata a far questa deliberazione. E in questo tempo 
dimgstrava non poter essere se non perniciosissimo con- 
siglio lo stare oziosi ad aspettare l' evento della guerra, 
la quale si faceva^n luoghi vicini, e tra princìpi tanto 
più potenti di loro ; perchè la neutralità nelle guerre 
degli altri essere co$a laudabile, e per la, quale si fug- 
gono molte molestie e spese , quando non siono sì de- 
boli le forze, che ,tu abbia da temere la vittoria di 

*' Volentieri- il Soderìni favoriva la parte Francese, perciocdié egli àven^ 
dosi, per il aao perpetao magistrato , acquistato nella repabblica grandis* 
sima invidia presso i nobili, non jpoteva reggersi altrimenti, ne sostentarsi, 
che con V amicizia dei Francesi, e con le lor fòrze piesenti. Giofio, Lib. l 
della vita d'Alfonso. 

III. 22 



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338 LIBRO DIECIMO. 

ciascvnia delle parti, perchè allorarii arreca sicutj^, e 
bene spesso la stracchezza lof o facultà di accrescere il 
tuo dtafo. Né éssél* sicuro fondamento il non avere 
offeso al^Mio^ il non aver data giusta cagione di que- 
relatisi; perchè rarissime volte, e ferse^ non maiysi 
raffnena dalla giustìzia, o dalle discrete «consiAéiazioiii 
la insolenza del vincitore^ né riputarsi per queste; v^a^ 
gmui theiid ìiigiurìati i principi griandi, quando è lìe^ 
gato lòto quel die desiderano^ ab» sdegnarsi éonti*o a 
cÙKumno cl^ non seguita la volontà loro, e che con la 
fortuna di essi ndn accompagna la fortuna propria. Gre^ 
dersi stoltamtote che il te di Francia non si abbia a 
tenere offeso , quando -3i vedrà abbandonato in tanti 
pericoli, quando vedrà non corrispondere gli effetti 
aHa fede che aveva nei Fiorentini, a quiél clvè indubi- 
tatamente si prometteva di biro, a quel che tante volte 
gli era statò da loro medesimi affermato , e predicato. 
Più stolto esserle Credere che, rimanendo vincitori il 
pontefice e il re di Aragona , non esercitassero |f ontro 
a quella repubblica immòderatamenteMa vittori^; T uno 
per l'odiò insaziabile, amendue per là cupidità A fer- 
mare un governo, che si reggesse ^d ai*bitrio lóro, 
persuadendosi che la città libek>a avrebbis seìnpre mag^ 
giore incKnazione ai Franzesi, che •a lóro. E questo nqtì 
si ♦eder egti apertamente avehdò il papa , ^ón àpp^i^ò- 
vaifione del re Cattolico, destinato legato all'eserèito 
il C4rdinai^ dèi Medici? Dunque lo star neutrale nòti 
^portare altro, che voler diventare preda della vitto- 
ria di c«ascuBO% Aderendosi ad uno xli essi, almeno dalla 
vittoria? *Stia ri^lfalfné la sicurtà, t la loro /conserva- 
zione; premio,, poicliè le cose erano ridotte in tanti 
pericoli, di grandissimo momento; e se si fkctì^se isi 



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CAPITOLO TBIWO. l5ll. 339 

pà!ce dovervi aver migliori condiziiHii. Ed essere super-* 
fluo disptiti9S*e a iquài parte si dovessero pih aderire ^ 
perchè niuno dubit^ebbe doversi seguitare piuttosto 
l'antica amiciza, e dalla quale^ se la repubblica nofii 
el^st^ta rimunerata o premiata, era almeno stata più 
vottQidifesa ^ conservata , ohe amicizie nuove, che sa- 
rd»bero sempte infedeli ^ tempre sospette. 

IHcevn invano il gonfaloniere queste parole, imne- 
d(g!idosi il voto suo sopra tutto per là t)pposìzio4pdi 
coloro, ai quali erti molesto che il re di Francia rico- 
aoscesse dalle sue opere l'essergli congiunti i Fiòren^ 
tini. Nelli^ quali contenzioni interrompendo l' una parte 
il parere del^ altra ^ né si deliberava il dichiararsi, né 
totalmente lo stare neutrali; onde spesso nascevano 
consigli incerti , e deliberazioni repugnanti a se mede-^ 
nme^* senza riportarne griKÀa, o merito appresso ad 
alcuno. Anzi 5 procedendo con queste incertitudini, 
mandarono, con dispiacere grande del re di Francia:» 
al re di Aragona ambasciatore Francesco Guicciardini, 
qkiello-che scrisse questa Istoria , dottore di leggi, an^ 
coca* tanto giovane^ vhe per la età era^ secondo le 
leggi della patria, inabile a* esercitare qualunque ma- 
^[tstrato : e nondimeno non gli dettero commissioni 
tali, che alleggerissero in parte alcuna la mala volontà 
dei confederati. 

Ma non molto dipoi che i Svizzeri furono ritornati 
alle case loro, òominciarono i soldati Spagnuoli e que- 
gli del ponteBce ad entrare nella Romagna. Alja venuta 

* Fran^eseo Goiociardini , autore della presente istoria , qoando fh man- 
dato dilla toa repubblica ambasciatore al re d» Aragona , non aveva V^à 
che 09 anni , e non era memoria , che in quella città alcuno mal tanto gio- 
vane ave^ avuto eoe. bel càrico. Andò a questa legasione Tanno i5ta 
del mese di gennaio. 



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3Ao LIBRO REGIMO. 

dei quali tutte le. terre, che teneva il duca di Ferrara 
di qua dal Po, eccetto la bastia del fossato jlel Genivolo, 
si arrenderono alla semplice richiesta di un trombetto. 
Ma perchè non erano ancora condotte in Romagna 
tutte le genti, e le artiglierie, le quali il viceré aspet- 
tando si era fermata ad Imola, parve che per non^con- 
sumare quel tempo oziosamente Pietro Navarra capi- 
tan generale. dei fanti Spagnuoli andasse alla espugna- 
zione della bastia. Il quale, avendo cominciato a batterla 
coli tre pezzi di artiglieria, e trovando maggiore diffi- 
cultà ad espugnarla, .che non aveva creduto , perchè 
era bene munita , e valorosainent« difesa da cento cin- 
quanta fanti che vi erano dentro, per il che attese a 
far fabbricare due ponti di legname per dare maggiore 
cotnodità ai soldati di. passare le fosse piene di. acqua; 
i ^quali due ponti , come furono finiti , il terzo giorno 
che vi si era accostato, che fu l'ultimo giorno dell' 
anno mille cinquecento undici, dette ferocemente l'as- 
salto, in modo che, dopo lungo e bravo combattere, i 
fanti saliti in sulle mura con le scale' finalm^te la 
ottennero, ammazzati quasi tutti i fanti, e Vcstit^Uo 
loro capitano. Lasciò Pietro Navarra aHà bastia dùgenfo 
fanti, contradicendo Giovanni Vitelli, il quale affer-* 
ma va essere tante indebolita dai colpi delle artiglierie, 
che senza nuova reparazione non si poteva più difen- 
dere. Ma a fatica era ritornato ad unirsi col viceré, che 
il duca di Ferrara andatovi con nove pezzi grossi di 

' Il Bembo nel Lib. XII particolarmente des^crive la presa della bastia 
per gli ecclesiastici, ed è da avvertire, che hanno errato alcani sopra U 
Farioso dell' Ariosto^ qn^do hanno detto-, che Vestitello Pagano si sal- 
vasse, e si arrendesse, perciocché tatti gP istorici consentono a qQantoqoi 
scrive. Cosi VArìosto disse nel cinto III del suo Farioso alla stanx^ 54. La 
^^Hia tolta, e mprto il castellano. 



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CAPITOLO TERZO. -— l5ll. 34 1 

artiglieria r assaltò con tal furore, che squarciato quel 
luo£0 piccolo in molte parti, vi entrò per forza ' il dì 
nT^oesimo amtnazzati parte nel combattere , parte per 
vendicare la ìnorte dei suoi , il capitano con tutti i 
fanti, ed egli percolo da un sasso in sulla testa, ben- 
ché per la difesa della celata non gli facesse nocu'^ 
mento. 

Erànsi tra tanto raccolte a Imola tutte le ^nti così 
ecclesiastiche,.' come Spagnuole, potenti di numero, e 
di virtù di soldati, e di valore di qjipitani , perchè per 
il re di Aragona vi erano (così divulgava fe fama) inille 
uomini d'arme, ottocento giannetta^, e ottomiU fanti 
S|i?ignuoli, e oltre alla persona del viceré molti baróni 
del reame di Napoli, dei quali il piii chiaro per fama, 
e per perizia d' arme , era Fabbrizio Colonna , ohe 
aveva il titolo di governatore generale, perchè Prospero 
Colonna, sdegnandosi di avere a stare sottoposto nella 
guerra ai comandamenti del viceré, aveva ricusato di 
andarvi. Del pontéfice vi erano ottocento uomini di 
arme, ottocento cavalli leggieri,. e ottomila fanti Ita- 
liani ÈottO: Afarcantonio Colonna, Giovanni Vitelli, 
Malatest|i Bagliowe figliuolo di Gian Pagolo, Raffnello 
dei Pazzi, ed altri condottieri sottoposti'tutti alla obbe- 
dienza, del ' cardinale dei Medici legato : né avevano 
capitano generale, perché il duca di Termini eletto 
dal pontefice, come confidente al re d'Aragona, èra, 

' Che fa a mezzo febbraio, come scrive il Bembo ^ U quiile prima ba 
detto, che il terzo giorno innanzi al fine dell* anno la bastia fa presa dagli 
SpagnaoU. « 

' Erano ancora in caropo col cardinale, Alessandro Pepoli, Ercole Maris- 
cotto ^ e Cammillo Gozadino nobili Bolognesi, i quali fuomsciti, e neqaici 
dei Bentivogli, esortavano gli amici, e i parenti a levarsi dalla signoria di 
^astlro tiranoi , cbe tanti erano i figU del. Benti voglio. Giovìo, 



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34lK LIBRO DSCIlffO. 

venendo àlP esercito, morto a Civita Castellana; e il 
duoa di Urbino, solito a ottenei*e questo grado, non 
veniva, o perchè così fosse piaciuto al pontefice, o 
peròhè noi^ reputasse esser» cosa degn^ di lui T obbe- 
dire, massimamente nelle terre della chiesa, al viceré 
capitano generale di tutto F esercito dei confederati. 

Con queste genti , provvedute abbondantemente di 
artiglierie condotte quasi tutte de) regno di Napoli, si 
deliberò di porre il campo a Bologna, non perchè nan 
si conoscesse ìmpr^a molto difficile per la facilità che 
avevano i Frtazesi di soccorrerla, ma perchè nìun' altra 
"impresa si poteva fare,, che non avesse maggiori diffi- 
cultà ed impedimenti. Starsi con tanto esercito oziosi 
arguiva troppo manifesta timidità; e la instanza del 
pontefice era tale, che chiunque avesse messo in conr 
siderazione le difficultà, gli avrebbe dato cagione di 
credere, e di lamentarsi, che già cominciassero ad 
apparire gli artifizj e le fraudi degli Spagnooli/Però il 
viceré, mosso Y esercito^ si fermò tra il fiume del Lidice 
e Bologna , ove ordinate le cose necessarie alla oppu- 
gnazione della città, e dirivati i canali, che dai fiumi 
^ì Reno e di Savana entrano in Bologna , si accostò 
poi alle mura distendendo la maggior parte delf eser-* 
cito tra il monte, e la strada, che va da Bologna in 
Romagna , perchè dà quella parte aveva la comodità 
delle vettovaglie. Tra il ponte a Reno, posto in sulla 
strada Romea che va in Lombardia , e la porta di San 
Felice posta in sulla medesima strada ,«andò ad alloga 
giare Fabbrizio Colonna con raivanguardia;^la quale 
conteneva settecento uomini di ai*me, cinquecento 
cavalli leggieri, e seimila fanti, per potere più facil- 
mente vietare se i Fraqzesi vi mandassero soccorso;, e 



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CAPITOLO W-n?;o. — - i5ia. 343 

perqbè i moptl fossero in pQt,esi^à (ot^, me^s^vo uoa 
p(irt€^ d^Ue geqti nel n^m^^^o di $an Hichele \n 
Bo^cO) i9oUp vicino aljia città, «da pesilo JQ l^go^- 
n€»)te,^^ che la sppragiudica ; ed occup^ropo simjU 
mente la chiesa più alta^ cb^ ^ dice di $a|it£^ A|^ri;a 
del MoQtt* 

I9 Bologna) oltre al popolo ariniigera, benché i^rse 
più per consuetudine che per lplat^^a^ e alpun^ cavalli , 
e fanti soldati da^ Bentivogli, avev^s^ Fois m^u^d^to 
duemila faiHi Tedeschr, e dPg^Ptp lance ^otto Odetto 
di Fois, e Ivo di Allegri phiari capitanili questo per la 
lunga esperien;^ della guerra « quello per la nobiltà 
della famiglia sua, e percbè si vedevano in lui fip^ 
segni di virtù, e di ferocia : e vi erapo due alt?-i capi- 
tani Faietta*^ Vincenzo,, cc^non^inato il 6randiavo)o. 
E nondimeno collocavano più la speranza del dif^i?^ 
dersi nel soccorso promesso da Fois, cbe nelle forale 
proprie ; jitteso il circuito grande d^Ia città , il i^itp 
dalla parte del moute mplto iiicomodo; né vi.es^re 
altre fortificazioni che quelle cb^ per il pericolo pre- 
sente erano state fatte tumul^liariamentp; sospetti niplti 
della nobiltà e del popolo ai Bentivogli ; e per essere 
antica laude dei &uti Spagouoli, confermata nuova- 
mente intorno alla bastia del Genivolo , che nelle 
oppugnazioni delle terre fossero per agilità e destrezza 
b>ro di gran valore. 

Ma confermò non poco gli animi loro il procedere 
lentissimo degP inimici, i quali stettero ' nove dì oziosi 

. ' Il Buonofieorsi dice , che si accamparono a Bologna ai a6 d^ gen- 
naio i5ia dalla banda della porta, che yà verso Firenze, e ai aS comin- 
cinrono a liatterla f^it» con le artiglierìe, e a strigsecla con cave, e con 
bastioni. 



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344 LIBUO DECIMO. 

intorno alle mura innanzi tentassero cosa alcana ^ 
eccetto, che cominciarono con due sagri e due cola- 
britae piantate al monastero di San Michele a tirare a 
caso , e senza >nira certa nella città per offendere gli 
uomini, e le case; ma presto se ne astennero, cono- 
scendo per la esperienza non ^i offendere con questi 
colpi gr inimici, uè farsi altro .effetto,' che consumare 
le munizioni inutilmente. Cagione di tanta tardità fu 
r avere,' il giorno che si accampa9>no, avuta notizia 
che Fois venuto * al Finale raccoglieva da ogni parte 
le gènti : e pareva verisimile quéfi che divulgava la 
fama, che per considerare quanto nocesse aHe cose 
del re, e quanta riputazione gli diminuisse il lasciar 
perdere una città tanto opportuna ^ avesse a esporsi 
ad ogni pericolo per conservarla ; onde Veniva quasi 
necessariamente in discussione, non solamente da quaà 
parte si potessero più facilmente e con maggiore spe- 
ranza di espugnarla piantare le artiglierie, ma ancora 
come si potesse vietare che nob vi entrasse il soccorso 
dei Pranzesi. Perciò fit nelfa prima consulta deliberato 
che Fabbrizio Colonna, provveduto prima di vettovà- 
glie, passando dall'altra parte della terra alloggiasse 
in sul poggio situato sotto Santa Maria del Mónte (<Ìal 
qual luogo potrebbe facilmente opporsi a quegli , che 
venissero per entrare in Bologna, ne ess^^ tanto 
distante dal resto dell' esercito, che sopravvenendogK 
pericolo alcuno non potesse a tempo essere soccorso), 
e <jhe nel tempo medesimo si cóminòiasse dalla parte, 
dove erano alloggiati , o in luogo poco distante , a bat- 
tere là terra; allegando gli autori di questo parere non 

' Era monsig. di Fois venato al Finale con 200. lance, e con diecimila 
fitìitt. BuonaccorsL 



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CAPITOLO TERZO. — l5l2. 345 

essere da ci*èdere chèV^ep^endendo la coBsev^mùónéf- 
di tutto quello* ch^'Franzesi tenevano iti Italia dalla 
conservazione dell' esercito ,, Fois tentasse^ cosa , nella 
esecuzione della quale fos^e potuto esse^re cost^etjto a 
combattere; ne medesimanifiile che avesse in animo, 
quando bene conoscesse poterlo fare sicuranietìte , 
d'impiegarsi con tutto l'esercito in^^Bologoa^ e così 
privarsi della facultà di soccorrere^ se fosse di bisogno, 
lo stata di Milano, non sicuro intei^ìnenti^ dai movi- 
menti "degli Svizzeri , ma còla maggiore sosp^to di 
essere assaltato dall'esercito Veneziano, il quale ve- 
nuto ai^coiij^i del Veronese minacciava di a'ssaltare 
Brescia. ' . - 

Ma il dì seguente fu quasi da tutti i medesimi, che 
l'avevaho consentito, riprovato questo parere;* consi- 
derando non essere certo che l'esercito Frans^ese non 
avesse i venire; è sé pure yenisse, non essere potente 
l'avanguardia sola a resistere ; né potérsi lodare quella 
deliberazione sostentata da un fondamento tale, che * 
in potestà degl' inimiéi fosse variarlo , o mutarlo. Però 
fu approvato dal viceré il parere di Pietro Navarra, non 
comunicato ad altri cfie a lui, il quale consiglio che*, 
fatta provvisione di vettovaglie per cinque dì, e la- 
sciata solamente guardia nella chieda di San Michele^ 
tutto r esercito passasse alla parte oppositadella citta, 
onde potrebbe impedire che l'esercito inimico non 
vi entrasse, e non essendo la terra riparata da quella 
parte, perchè non avevano liìai temuto dovervi es- 
sere assaltati, indubitatamente infra cinque dì si pi- 
glierebbe. Ma come questa delibcirazione fu nota àgli 
altri , ninno fu che apertamente non cotitradicesse 
l'andare con l'esercito ad alloggiare in luogo privato 



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346 uBfto w^Mo* 

Ramaio, con )e qqajiì «ole, 31- ^^t^Uta^A ; ^ «Mueoa 
che $^Qm dièbim si di$^vey9 , Q di«tri|^e^^^ ^ i«§a 
cinque dì PQa ottener la vUtpiTÌd* £ q^^e è qudtb, 
dtt^ya Fahbri^ìo C<^wav, eb« «o^l^ p^a prois^felwe 
dflaoltttniMate ìa temifi^ tsAto sQ^to ? E come ^i 
d€Ì3he 3Qljto uuii^aperftAM fattaoìs^Uni^ p^r sua naUirsi, 
e $ottopoata a moilUiccìidenti ^ «letteirsi ii& tanto po^T 
colo? E oh^ non v^e , che ma^eandocì le ore misu* 
rate, e avendo iiUa froitte fiolagnft, ove è Upopok> 
grande e molti soldati , alle apaUe i Fr^uiae^ ^ ^ il 
paese inimico, nod potremo^ senza la diafistzfòne nos- 
tra ritirarci con le genti af&mate , disordinata , e 
impanate? 

Proponevano alcuni altri che ,^ aggiunto all' avanr 
guardili, maggior numero di £inti , si fermasse di là da 
fiobgna quasi aU« r^ci del moptd tra le porte di &* 
ragoza, e di San Felice, fiortifieando T alloggìi«ieato 
• con tagliati^, ed altpi rìpuri, a ishala .t#rra si haftt^se 
da qudla pairti^, dalla quale no» sole) era dabolisainaa 
di muraglie > e: di r^ari, iManoora pisAtando^qui^be 
pe»%o di artiglieria in sui moiit^ si pffend^v^no per 
fianco, mentre si d«^% la battaglia ^ quagli che dentro 
difendessero la psute già>haltuta. li qu4 consiglia ora 
làedesimamente ripi^vfttp, (mm non sufficiente a w- 
picdire la venuta dfà Franuw , ex^ome pericoloso; per- 
chè, se &ssm!Q assaUtti» mcm poteva l' esercito, contutto- 
ché in potestà sua fossero Lnmoli , condursi al socisorso 
lof in miniMre ^azio di tne^ ore. 

Nelle quali ambiguità essendo più facàte riprovile , 
e meritamente , i consigli proposti dagli altiì, ohe pro- 
pone di quegli che meritassero di essere approvati , 



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GAPITQlJO TBUZO. — l5ia. 34? 

inolmaroBó finalmente i oapHimi , ehe (a terra si assal*^ 
taB$e da quella parte , dalla quale alloggiava l'e^ereko, 
mossi , tra ^le altre cagioni , dal diminuire già la opi- 
nion^ cheFdis ^ poiché tanto tardava y avesse a ventre 
innanzi. Perciò, e comindiaroiio a fare le spianate^per 
accostare klle mura la artiglierie , e fu richiaiBata l' avan- 
guardia ad alloggiar insieme con gli altri. Bla poco dis- 
pai , es^en^o. venuti molti avvisi ehe le genti Franzesi 
continuamente moltìplicavaiiD al Finale , e però ritor- 
nando il sospetto primo della venuta loro, oomitteìò 
di nuovo a pullulai*e la varietà delle opinioni; perchè^ 
consentendo tutti che se Fois si approssimava ^ doveva 
procurare di assaltarlo innanzi entrasse in Bblogna, 
molti ricordavano, cho l'averjp in tal caso a ritirare 
dalle «aura le artiglierie piantate , darebbe molte diffi* 
cultà'ed impedimenti all' esercito ; 'il che, quando le 
cose erano ridotte a termini tanto stiletti, non poteva 
ensere né più pericolóso t» né più pernicioso. Altri ricor- 
davano esaere cosa non meno vituperosa che dannosa 
slare oziosamente tanti di intorao a quelle mura , c«fi- 
feriìiando in un tempo medésimo gli animi degV inimici 
che ^rano dentro, e dando spazia di soccorrerla a que- 
gli che erano fnorai perà non essere più da differire il 
piantare delle artiglierie , ma in luogo ^ che' si potessero 
comodamente ritirare , facendo per andare a opporu ai 
Franzesi le spianate tanto larghe , che insieme si potesse 
muovere le artiglierie , e l' esereito. 

Alla opinione di quegli, che confortfivano il dare 

principio al combattere la terra aderiva cupidissima-^ 

"mente if legato, infastidito di tante ^lamoni, né già 

senza sospetto che questo £>sse , per ordinazione del re 

loro , Un procedere artifizioso degU Spagnuoli ; dolenr 



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348 XIBRO DECIMO. 

dosi, che se avessero subito, quando si accostarono , 
ceihinciato a battere la città , forse a quel!' ora 1^ atf eb- 
bero espugnata ; non doversi più moltip4icare negK 
errori, non stare come inimici intorno a una città, e 
da filtra' parte far segni di non avere' ardire di assal- 
tarla : stimolarlo ogni dì con corrieri e con me^i il 
pontefice :' non sapere più cbé si rispondere, né che 
allegare ; né potere più nutrirlo con promesse , e spe-* 
ranze vane. Dalle ^uali parole commosso il viceré si 
lanrontò gravemente , che non essendo *egU nutrito 
lielle armi, e negli eserciq della guerra, volesse esser 
cagione , col tanto sollecitare , di deliberazioni precipi- 
tose : trattarsi in questi consigli dell' interesse di tutto 
il mondo ; né potersi procedere con tanta niaturità , che 
hori^ convenisse usarla maggiore-: essere costpraÌB dei 
pontefici, e delle repubbliche pigliare volonterosa- 
mente le guerre , ma prese , cominciando presto a rin- 
crescere lo spendere , e le molestie , desiderare di 
finirle troppo presto : lasciasse deliberare ai capitani,' 
che avevario la medesima intenzione 6he egli , ma avfe-^ 
vano di più fa sperienza della guerra. In ultimo pi^'tro 
BTa varrà, al quale molto si riferiva il viceré, ricordò 
che in una deliberazione di tanto momento non dove- 
vano essere in Considerazione due , o tre giorni più , e 
però che si continuassero i provvedimenti necessarj , e 
per la -espugnazione di Bologna, e per la giornata con 
gl'inimici; per seguitare quello, che consigliasse- il 
procedere dei Franzesi. 

Non apparì per il corso de' due dì lume alcuno della 
migliore risoluzione; perché Fois , a cui si erano arren- 
dute Cento, la Pieve, e molte castella del Bolognese, 
soggiornava ancora al Finale , attendendo a raccorrò 



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CAPITOLO TERZO. — l5l2. 34(9 

le genti, le quali per essere divise in yarj luoghi, Qè 
^enendo^ così presto i fanti che aveva soldati , non 
senza tardità si raccoglievano : perà non apparendo 
più cagione * alcuna di differire, furono finalmente 
piantjsite le artiglierie contro alla muraglia ,* distante 
circa ^trenta braccia dalla p<^rta detta di Santo Stefano , 
donde si va a Firenze , ove il muro , volgendosi verso 
ia porti^ detta di Castiglipne volta alla pontagn^, fa un 
>^ angolo. E nel medesimo tempo si dava opera per Pie- 
tro Na varrà a fare una cava sotterranea più verso la 
porta di strada Castiglione a quella parte, del muro, 
nel quale era dalla p^e di dentro fabbricata una pic- 
cola cappella detta del Barbicane, acciocché dandosi la 
battaglia insieme potessero più difEcilmente resistere 
essendo .divisi , che se uniti avessero a difendere un 
luogo solo. £ oltre a questo , non abbandonando i pen- 
"sieri dell' opporsi ai Franzesi, vollero che l'avanguar- 
dia ritornasse all' alloggiamento dove era prima. Rovi^ 
naronsi in un dì con le artiglierie poco meno di cento 
braccia di muraglia, e si conquassò talmente la torre 
della porta, che più non si potendo difendere, fu 
abbandonata ; di maniera che da quella parte si poteva 
cpmodamenté dare la battaglia , ma si aspettava che 
prinià avesse p^*fezione la mina cominciata ; benché 
per la temerità della moltìirudìne mancò poco, che il 
giorno medesimo disordinatamente non si combattesse. 
Pptjcbé ' alcuni fanti Spagnuoli , saliti, per una scala ad 

' jQaesìI fanti Spagnuoli/ essendo 'spianata una parte del mnro verso il 
bastione, in modo clie facilmente vi si poteva inonlare, si consigliarono, 
come dice il Giovio , fra loro , senza sapnta dei capitani. Cosi passando la 
fossa entrarono neMnogo, e salirono in snl bastione, piakiti^idovi la inse- 
gna , e non dice il Giovio, che i capitani gli ritenessero, ma ben che dentro 
gli nomini d^ arme fecero resistenza , e che V All'egri voltò a tempo contro 
gli SpagnQoli on' artiglieria grossa , che gli precipitò nelle fosse. ' 



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35o LIBRO DBCtMO. 

im for6 fiitto netlà tmfe, scesero di quivi in una casetta 
ctnigiunta .<5òii le mura di dentro , ove non era guardi^ 
alcuna ; il che veduto dagli ahri fanti , quasi tutti tu-* 
. nmltuosamenU^ *vi si volgevano , se i capitani cor^ al 
rumore non gli avessero ritenuti. Ma avendo quegli di' 
dentro^ con un cannone voltato alia casetta^ «nmazza*» 
tadenna par^, gli altri (ìiggironadal luogo ^ nel quale 
inconsideratamente erano entratié 

E mentre che alla mina si lavorava , si attendeva pev^ 
Y esercito a fare ponti di legname , e a riempire le jbsse 
di fiiscine per potere, andando quasi a piano , aeco-^ 
stare i fanti al muro rotto, e tirap in sulla rovina quat* 
che pezao di artiglieria , acciocché quegli di dentro , 
quando si dava l'assalto, non potessero ferma&*si aUa 
difem. Le quali preparazioni vedendo i capitani Fran-" 
e^^ e intendendo che già il popolo oQminciava a es* 
sere sopraffatta» dal timore, mandarono subito a dì:^ 
mandare aoocorso a Pois; il quale il giorno medesimo 
mandò mille fanti, e il giorno prossimo cent' ottanta 
bmcé ! la qual cosa generò credenza ferma negl' inì^ 
mici esso avere deliberato di non venire più innanzi, 
p^chè non pai^eva verisimile, che se altrimenti av^se 
tu animò, ne separasse da se una parte. E tale era ve* 
rimette la sua inteniiìone; perchè, stimando questi 
sussidj essere sufficienti a Afendere Bologna, non vo* 
le\a setisa necessità tentare la fortuna del com-^ 
battere^ # 

Finita in ultimo la mina, e stando Tesercitd armato 
per dare incontinente la battaglia, la quale ,, perchè si 
desse con «maggiori forze, era stata richiamata Tanti-* 
guardia , fece il Na varrà dare il fuoco alia mina ; la 
quale con ^grandissimo impeto e rumore gittò talmente 



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CAPITOLO «R20. — i5ia. 35 1 

ih allo la capp^Da, che pef Quello spàifciò, che rimase 
tra il terreno e il muro gittato iti Alto, fu da quégli 
cheéraiìo fedina veduta apertàmignte la città dentro, e 
i soldati che stavano preparati per difenderla : tna su- 
bito scetidbndo iti ^, ritdi^hò il muro intéro nel luogo 
Medesimo ónde là violeUa^ del fuòco T aveva fibarratq, 
é si rìcòngiuns^. insieme come sé m^i kion^ ib^se'^stato 
mosso; onde, non^i potendo assattaV^ da tjUcDa parte, 
i capitai)^ giudicaroho non ^i dovere dare solamente 
dall'altra. Attrtbuhrono questo caso i Bolognesi a mji^ 
racòlo; riputando imposiiibile, che sén^^ l'aiutorro 
diVjpo fosse potuto ricoi9giUgtièti9Ì còsi appuntò nei 
n^edesimi fondamenti; onde fu dipoi ampliata quella 
éappelja , e fretcjttentalta con non picéola divozione del 
popolò. 

Inclinò questo sucéessò Foi^, eome sé f»iù non fosse 
da temere di Bologna^ ad andat*e Versò Brescia , per- . 
che av0VanotMÌa che l'esèrcito Veneziano si moveva 
verso qtielhi città, della quale, pet avervi per il peri-» 
colo di Bologtia lasciati i ptòVVedimenti deboli, e per- 
chè dubitava, che dekitro |b6sero oceulte fraudi, non 
mediòcreiìnente temev^a» Ma i preghi dei capitani, che 
erano in Bologna, ora dimostrando continuale il peri^ 
tòio maggiore che prìma, sé si partiva ; óra dandogli 
speranza ^e vi entK*ava di rùtnpère il campo degl' ini- 
lynici , lo aUebarono dà qtiestb propòsito. Péro, ancoi^a 
che ne] consiglio avessero contradetto quasi tutti^ i 
capitani , mossosi ^ inclinando già il giorno alla notte ^ 
dal Finale, la> mattina seguente, non essendo più che 
due ore di giorno, camminando con tutto 1* esercito 
ordinato a combattere ccm neve e venti asprissimi , 
entrò per la porta di San Felice in Bologna, avéttdo 



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352 LIBRO 0KOIMO. ^ 

seco ' mille trecento lance , s|iniila fanti Tedesp^i* i 
qyali tutti aveva dbllocati nell' antiguardia , e ottomila 
tra Fi*anzes( ed Italiani. Entrato Fois in Bologna tfattò 
di as^tare la ioattina seguente il campo degl' inimici, 
uscerido fuora i soldati per tre porte, e il popolo per la 
via dei monte ; i quali avrebbe trovati semea pensiero 
alcuno della venuta sua, della quale è qlanifesto che i 
capitani* non ebbero né quel dì, né per. la maggior 
p^rte del giorno prossimo , notizia. Ma Ivo di Allégri 
consigliò che per un dì ancora riposasse la gente stracca 
per la difficultà del cammino, non pensando né egli, 
né alcun altro potere essere, che senza saputa loro 
fosse entrato di .dì e per la strada Romana un esercito 
sì grande in una città, alla quale erano accampati. La 
quale ignoranza continuafva medesimamente insino all' 
altro dì, se per sorte non fosse stato preso uno stra- 
diotto Greco, uscito insieme con altri cavalli a scara- 
mucciare ; il qnale dimandato quel che $i facesse in Bo- 
logna , rispose che da se ne riceverebbero piccolo lume, 
perchè vi era venuto il dì innanzi con l'esercito Fran- 
zese. Sopra le quali parole interrogato con maraviglia 
grande diligentemente dai capitani, e trovatolo co- 
stante nelle risposte, prestandogli fedq, deUberarono le- 
vare il campo, giudicando, che per essere vessati i sol- 
dati dall'asprezza della stagione , e per la vicinità à^ìsi 
città, nella quale era entrato ^n tale esercito, fosse pe- 

' Il Bembo dice, che quando FoIs entrò io Bologna aveva seco 700 
lance Franzesi, e einqoeinHa fiinti, la qaal somma discorda molto da questa. 
Il Gioffìo dice seimila cayalli, e più di venti insegne di fanterìa , e ciò fui^ 
quattro di febbraio i5ia, secondo il Buonaccòrsi. 

* Dice il Giovio , che ai tempi nostri non avvenne cosa per ventura più 
maravigliosa di questa, che Bologna fosse soccorsa dai Franaesi^ senza di« 
gli Spagnnoli vigilantissimi ne avessero notizia. 



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CHVPITOliO TBazo. — •- l5l2i. 353 

ricalo|io ^opra^arvi. P^ la notte seguente, che fu il 
cbcimo nono giorno da) dì, che si erano accampati, 
tatte ritirare tacitamente le artiglierie, l'esercito a 
grande ora à mosse verso Imola , camminando por le 
spianata, per le qua^ era venuto , che mettevano in 
mezzo te strada maestra , e le artiglierie , e avendo posto 
n^ Terrp|[Ufi^do il fiore <leir esercito ,. si discostarono 
sicuramente, perchè non uscirono di Bologna altri, 
che alcuni cavalli dei Franzesì, i quali avendo sacebeg^ 
giata parte delle muniiioni , e delle vettovagHe , e per- 
ciò essendosi cominciati a disordinare, fut^ono noip 
^enza damio' rimessi denteo da Malatesta Baglione ,' U 
quale andava- nella ultima parte dell'esercito. 



CAPITOLO QUARTO. 

Brescia & Bergamo Bon prese dai Veneziani. Rotta, di essi al Magna* 
nino. Brescia è ripresa, e posta a sacco dal Fois. Sue gloriose 
azioni. Massimiliano si querela del re di Francia. Il cardinal di San 
Seyerino ali* esercito Franose. Pois va con l' esercito a Rayénna, 

■ e 1' assalta. Ordinanza deU' esercito Franzese per far giornata. 
Parole del Fois alì' esercito prima della battaglia. Ordinanza dell* 
esercito della lega. Battaglia di Ravenna. Errore e morte del Foir, 
li carcKtaàl de' Mèdici è fìitto prigione. Bèlla ritirata degli S{)agniio}f. 
Marcantonio Colonna dà la rocca di Ravenna ai^Fra^zesi. 

Levato il campo , * Fois lasciati alla custodia di Éo- 
logna trecento lance, e quattromila fanti, parli subito 
per andare con grandissima celerità a soccorrere il 

' Cesare Anselnii in nna sna lettera scritta a Marcantonio Micheli , nella 
qoale descrive il sacco di Brescia , la tetta di Ravijrina , e altre simìH Istorie 
di (fatato tempo, dice, cke il Fob, risolato di aoocorrere Brosda* mandò 
a domandare fregna al Cardona per quindici di , pagandogli mille scadi 
il <Uh e che il Cardona con so^ grande iafaiuìa gliela concesse, ed ebhe i 
danari. , ^ 

III. 23 



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354 LIBBO ÌUEGIH0. ■ , 

castello di BresoNi:, pesche la città ^ca, jil^i<A!ì|o«|lvec^- 
dente1a quello, nel quale enttò in Bologna , pervenute 
in potestà dei Veneziani. Perchè Andrea ^-Qrittì per 
comandamento -del- senato , stimolsfto dal * cOntei'Iiqtgi 
Avogaro gentiluomo Bitescianp,:e dagli u<|^mtài quasi 
di tutto il paese, e dalla spera^z«-H&he dentro iS 6ij^sise 
movimento per lui, adendo con trecènto, tMipai»!^ di 
arme, mille trecento cavalli leggieri^ e tremila fa^ti 
passato il fiume dell' Adice ad Alberè ^ luogb^rcpiiiquo 
a Lignago, e guadato dip*i .il ^uAi^ del Mìncip al 
Diulino della Volt» tra Goìto eValleggio, e successiva- 
mente venuto a Móntechiarò , si era fermato la notte 
a Gastagnetolo , villa distante cinque ifìigUaHla Bresieia; 
déncle fece subito correre i cavsdli leggieri in^no alle 
porte, E nel tempo medesimo, risonando per tt^o il 
pae^e il nome di San Marco^ il c^nte L^igi si accostò 
alla porta con ottocento uomini delle valli Eutrojìia 
e Sabia, le quali aveva sollevate, avendo man^à*!) dall' 
altra parte della città insina s^lle porte il figHu^o qop 
altri fanti. Ma Andrea Gritti^ non ricevendo gli iavvi^i 
che aspettava àa quegli di dentro, n^ gli emendo fatto 
alcuno dei segni convenuti, an^ intendendo la cktà 
«ssere per tutto diligentemei^te custodita, giudicò non 
doversi procedere più oltre; nel qual movimento -il 
fidinolo Avogaro assaltato da quegli di. dentro, rimase 
prigione/ Ri tirossi il Gritti appresso a JVIoutagnana, 
onde prima- era partito ; lasciato sijilHci^te presidio al 
ponte fatto in sulF ^dice. Ma di nuovo chiam«t|o pochi 
giorni poi ripassò Y Adice mix due cannoni fì quattro 
falconetti, e si fermò a Gastagnetolo, essendosi nel 
tempo medesimo approssimatoci un miglio a Brescia il 
conte Luigi con numero grandissimo di uotiiìini di 



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quiE^le v^Hlf: e c^ónl^ttoehe delljv^ittà non si sentìss§ 
€osa aleuta iìa^l^e?^ole^«ir Gritti, invìlaW^aJ èOi)ic«)i>(> 
nviggì^re\«h^J'^aljtrk^òlfe, deliberò tentare fe fiirza^ 
j)erò accostandosi* con tfltfi i-^ paesani ^si co&SictoHÌir 
tr§ parila da^e4'*ass^toJilìgquale tentato infelicementle 
ajja porta dfella torre f succedette prosperamet|te* alla 
poi;^a delle* Pile, ^ ove (jpmbatt^va l?."Avogaro V e alla 
pfìì^ffk della, 6ai^}4^,;atve i so]4^i guidaci da Baidass^e 
4i;ìl$ipi()p^eiitrarofio y seqpn^ò ohe alcumi di^^nov per ^ 
Uk ferr^t^t^, perS^ quaJèJl fiupie, che, ha il medesimo 
tìòtP9^(^ eatra .nella città;inyatfd resistendo i rj;anzesi. 
S qiialis 'j^dutqfjj^gìrinimi'éi en^ivjàré nella città, e che 
in favòisf loro «i jftDvevano 4 Bresciani,! quali prinKk 
proibiti da loro^di prendei^eìe.atmi erftifo sfeti qaietr, 
siritirai*ono*Hnsieme»9pn4j)onsig)QQ|}evdi Luda gover-' 
n.atofe nella for.te^a",> perduti t cavalli e i càrri'ajj^i : 
oiel^àal tumuteo quella parte, (^é si dipe la cittadella, 
sparata dat restò ij^lla- ^tà ,^ abitazione di quasi 
iufti f'^ilil^ffi^i^ fti^^afcqheggiata, m le case 

dèi UrUdfi. i^ y vV .Jf , ' " • ' » * 

*.L' acquisto di Brescia seguitò subito W dedizione di 
Bergamo, che eccetto le due castella, l'uno posfcòifi 
aiezxo alla ciltÌL, r altro distante un mez^o migliò, si 
arrendè pigr opera di alcuni cittadini j'eil medesimo 
fecercj Orciveccki, Orcimiovi , PontjQvico, e molte al|re 
tèrre circostanti, E si sarebbe fors? fette maggiore 
pr(fg||esso , 2> ,altaenè*coftfériij^fe meglio la vitlpria, se 
» Vei^ezia^QYè^ fu I^tidli in^redii»ile, fosse stat^ tanta 

' Ilf- éicAjo^ tieUe qqfi^ta ^niòne , cioè che i Ten^iam entrassero i» 
ÉteÀcià |»ej'la fogtaa^def finq;^ 0arze^^ e dòsi il Gradenigo\ ima il j^embo, 
^ ^ JMfycerùgo naa. ne p|fUno. Cesare Ansglmi dìge, che i "Veneziani rop- 
perain un loogo pm debole il muro, e m più altri vi salirono con'lesca^, 
ttco^'présel'o ladttà, . -» - * ^ . - • ** ^ - 



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356 LrBlto piNH^Q* ' 

sollecitadine a mai^d^re soldati , ^ artigliede^ le quali 
errino nec^ssarìeper la espugoazione à^ c^telld, che 
t)con era molto potente a resister^, quanta fiijpiel Ci^ear^, 
é mandare ì roagis>irati,iDhe avessere a reggere le ^rq 
ricuperate. La quale fleglig^oza Sa taq|o più dani^sa, 
qUaAtii fu maggiore la diligenza , e la celerità* di Fojs* 
Il quale^ avendo^.pass^to il figme del Po alla Stelifta , 
da|.^ual luogo y'mands^ alla guardÌ4i diTerrara ceptQ 
cìnquunta lance e cinqi^^to filnti Eranz^si^ fjissò 
il Mincio per «Fontemulino , iavend^^ quasi i^el tem|y> 
medeeimo che passava t|||indato a^dima^^arè la acuità 
de4 passare al marctes; di: MaqlovaVo ^er r^n hsciare 
luogo con Li dimanda tm|cu:*ovvis|i ai eon^igji suoi , 
o perchè tanto '^iii tdrda«ie ad and^pt U notizia d^ 
venuta atta alla genCi Yenaziaia^y di qlyvì tttbggiò 
il dì seguente a Nugairafr in V^nése, e Y. altro di a 
PcHitepesere e aTreviìle, tre miglia appresso allafieala* 
P va V avendo avuta sicura notigjia, ^che Giampagolo 
Baglione^il quale aveva jEittsf la scpAsÈ ad alcune 
genti ed artiglierìe dei Vefteziagfti andate a Bréscra, 
era con * treftanto uaminv di arme, ^oattrocentq ca- 
valli leggieri, e tìnille aumento f?Kiti, ^a Castelfranco 
venuto ad aleggiare alla i^W deUa Scaja^ corse svAntq 
per assaltarlo eon treceiito lance, e settecento arcieri, 
se^itandolo il resjadell^eseroib, pearcMnoirpoteva 
pareggiare tanta prestezza : mìa*, trqvato ckci già er^ 
partito uri' ora innanzi*, si messe, a se^iyt^rlo cqif la 
medesima celerità. ;. t. '' * *5 



' Gran divario « nel numetor delle genti , .die turéatuii BacUone^"^ fra gU 
scrittori. Il Buonaccorsi àkà 4oo nolbini di arti^e^jC miilÉ^ fanti, 11 ^occ^ 
nigo 5b noìnini di rfrme^ 5o cavalli léggien» e laoo fanti. ÌÌ Òiint^miano- 
non pon^ ì 5o%a«alIi leggieri , ma t^ì i|;sto si accorda dòl Mopen^a, , 



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CAPITtì^X) QUARTO. -^ l5ia» S57 

AVèta Gìasnpagblo Bagliotie' saputo cKe B€rnai*3fho 
dabMontooe /sotto ia cui custodia era li pònte^ fritto ^tT 
Albera, sentito raj^rossiraarslaefFrànzeisi, Ip aveva 
^ssolnèo"' per timore' di nòi\ essere rtechiusd^- da* loro , 
é dai Teijes^hi che Cfaio in Verona*^ dVè Cesare alleg- 
gerito della cnstodia del FtnuK, ^ercbè da tradisca 
in fuora tutto^ era rìtorqato in potestà dèi Veneziani , 
aveva poco ihnanzi mandato'^tretnila fanti, i quali prima 
aVeva in queliti >fregiofle. Però' Giampagolo ssl^ebbe 
and|ito a Èrescìa*, se* non .^ fosse stjfftrjmostrafo che «• 
poco sotto, V,#bna si fjot^èva* guadgre il ^uÉìe;*ove-. 
Sfidando per"* pacare ^cofj^rse da Fùngi foiÌ, ^a cui 
prestezza incredìbile , perchè aveva avanzata fa fam^\ 
^nsi^'non po'te$sej8ssere altro, èlle parte 'dei ^tdafi * 
che eranoi in yfei$>na; perd rimessi i suoi in battaglia . 
l'aspettò cori forte ai^iiipO'.aUa torre d^l IVÌaghànino 
pr^òpinqùa alf Advce, e poco di^Tinte dalla torre della 
iScala. Fu *moft(i feroce dà^ ciascuna delle parli Fin- 
confro disile larice, ' e si combat^ poi valorosamente 
cop 1^ altp^ armi per jiiìi dì tfh' c^a. Ma peggioravano 
continuàmepte* le condizioni dei lAarcheschi , nerohè ♦ 
tuttavia^opjra^ velavano ** i soldati dell' esercitò nmgsoj^ 
indietro;, e ^Andiibeno urtati ritornarono più volte 
negli )t>rdini^ef6 : ^^Iméntéltton potend$^ più resistere 
al numero maggióre,' i^ofti ^i^m'essero m fu^ , seguitati . 
dagriitirnlcr, già comhicistpdo la notte, insino al fluide, 

' Gk). Pdblo Aglio^i'.^ questo cà^ìtto, dice il Gr^kmgÓ , che roppe 
il pntii9 , e Adbtxlo squadrone de^ j^mici. Mji gli altri vaanQ ilstretti , 
fuor die i) Afótfeii^o^ il qaale^ice (^nfbrme 'a questo, amore. ^ 

^ Questa tf* lalnterìa ,*la f^Tt oon essendo stata vetrata djil BagGoiie, 
né d^alccmo dei suof, facf^Jùto .vhe i Fraazesi Coirla soia cavalleria' fov 
se^u vengati ad asudtAgli/ed era guidata da Imolardo , .come scrive Ctif^re 
Arnesi. • •; * * ^ 



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358 LIBtfa DÈCIMO.' 

il quale fu da (jiafnpagolo gassato n salvamento, ^a^ 
'vi atinegaixjno molli dei sutì.' Furono deif» Vélièaani 
parte iDorti, parte presi circa novanta uomini d'arme; 
trar 1 ^irnli rimasero prigioni Guido Raugone, eBalda^- 
sare Signorellù da Perugia, dissipati i fanti, e perduti 
due fakonettryclie soli avevano con loro; ne quasi 
sanguinosa ta vittoria per i Franzesi- 

Riscontrarono il di seguente Melcagro daFufli con 
alcutfi cavalli leggieri dei Veneziani; i quali facilmente 
furono messi ia*tuga^ rirrirniendo Meleagro prigione: 
né perdendo un* ora sola di tempo, il nono di, poiché 
erario partiti da Bologna, nlloggiò Fois con Panh- 
guardia nel borgo di Brescia lontano due balesttale 
dalla porta di Torrelunga ; il l'im'àneiité dell' esercito 
piti indietro lungo la strada, che conduce a Peschiera, 
Allot^gialo subitamente, non dando spazio alcuno a ^e 
medesimo a respirarfe ^ matidò una ^rle derfanfi^^ 
'assaltare il monastero di San lfiridian(f, J)Ost*o a mezzo 
il monte, sotto il^quale era r.alloggiatnento sti!b^-|fUar- 
3ato da molti villanfMi ifelcfitr^pia : i qualf j^nti ^ajito 
^ ildoonte dà più paf ti , favorendogli ancora 4iriajpioggia 
] gi:^nde , che. i^pjédì non si tiwisser^ le jyi'lìgfeteFip pian- 
tate nel monastero^ ^U«roppero,^ né t&mmazzjlèoiio 
ùi^ p^^'te.tIl4^dl seguente, avèn&^^ màfidato un ^ijbm- 
" bettOf nella^» citt^ a dimandare -'gif -fii&fe dat^f^Ja* terra 
, sar^e le robe, e le "perso tle, di 1:iftti,*'e*ccfeèt4?ji:;he dei 
'^ Veneziani, ed essend[pg1[|'*sfalp'H*Ì3p'ostt> inp^J^eienzà di 
Aiidrèà» Gritti ferocemejite , girato f esercilp all'atra 
pafrtXì della .cittì péf essV? prdpinqdó "ai castella, 
ADoggiòjael -borgo Ìe]^SL porta"", che si.dic^i San'6Ì£^ni : 
, UcMide'la iriattina seguente, quaifdò; c^mciava afl Skp- 
^affre 3 giorno', el^Ui di tutto Y esercito ptu m qual- 



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CAf*ITOLO QUARTO. l5l2. SSq 

rtnx^nto uòmini di arme armati tutti di armi bianche^ 
e seimila fanti parte Guascom^ e parte Tedeschi, «gli 
ooia tutti a piede salendo dalla parte di verso la porta 
delle Pile entrò, non «i opponendo alcuna, nel primo 
procinto del casteUo..]>ovexjpo«itigU, e rinfrescatigli 
alquanto, gli con£»rtc) con brevi parole , vche scendes- 
sero animosamente in qtieUa ricchissima ed opulentis- 
sima città, ove la gloria ,^ e la prèda rsarebbe senza comi 
parazione mollò -maggiore, chela fatica, e il pericolo' 
avendo a xomb^tere con soldati Veneziani manifestar 
mente' inferiori di nymaro,.e di virtù; perchè della 
moltitudine del popolo inesperta alla guerra, e che g^ 
pensava più .alla fuga, che alla battaglia, non .era da 
tenete - conto alcuno. Anzi si poteva sperare , ch« 
cominciandosi per la vilt^ a disordinare , sarebbero . 
cantone che tutti gli altri si mettessero in disordine; 
supplicandogli in ultimo che, avendogli scelti per i più 
valorosi di così fiorito esercito^ non facessero vergogna 
a se stessi, né al giudizio suo, e ^cbe .ppnsiderassero 
ifuanto sarebbero infami e disonorati , se facendo pro^ 
fissione di entrare per forza nelle città mimiche contro 
ai soldati, contro alle artiglierie , contro all^ muraglie , 
e contro ai ripari^ non ottienéssero al pres^te, avendo 
la . entrata sì patente , ne altra opposizione che di 
uomini soli, il desiderio loco. 

' Dette queste parole; cominciò, preced^do.i /fanti 
agli uomini d'arme, ad uscire del castello. Alla uscita 
del quale avendo trovati alcuni fanti , ch^ con arti'* 
glierie t6i)jtarono d' inipedirgli l'andare innanzi,, ma 
avendogli fatti» facilmente ritirare , scese fer/Tcemenj^ 
per la costa ii], ^tla piazza del palagio del capitano^ 
detto il Burtetto , n^ <|ual luogo le genti Veneziane ■ 



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36o LIBRO DECIMO. 

ristrette inneme ferocemente l'aspettavano. Ove venuti 
alle mani, fu per lungo ^^izio molto feroce, e spaven- 
tosa la battaglia, combattendo Tuna delle parti per la 
propria salute , V altra non «olo per la gloria, nuf ezian- 
dio per la cupidità di saccheggiare una città piena di 
tante ricchezze; né meno feroeemeate i capituii, che 
i soldati privati , tra i qnali appariva molto illustre la 
virtti , e la fierezza di Fois. Finalmente furono cacciati 
dalla piazza i soldati Veneziani^ avendo fetto maravi- 
gliosa difesa. Entrarono dipoi i vincitori, divisi in due 
parti , r una per la città , Y altra per la cittadella ; ai 
quali quasi in su ogni canto , e in ogni contrada era 
fetta egregia resistenza dai soldati , e dal popolo : ma 
sempre vittoriosi spuntarono gl'inimici per tutto, non 
mai attendendo a rubare insino non occuparono tutta 
la terra. Così aveva innanzi scendessero comandato il 
capitano : anzi se niuno preteriva quest'ordine era 
subitamente ammazsato dagli altri. • 

Morirono in queste battaglie dalla parte dei Fran«* 
zesi molti fanti, né pochi uomini di arme; ma degl'ini'* 
mici circa otto mila uomini, parte del popolo, paefie 
dei soldati Veneziani, che erano cinquecento uiMaini 
di arme, ottocento cavalli leggieri e ottomila fanti, e 
tra questi Federigo Contareno provveditore degli Stra* 
diotti ; il quale combattendo in sulla piazza fu morto 
di un colpo di scoppietto. Tutti gli altri furono presi , 
eccetto dugento Stradiotti, i quali fuggirono per un 
piccolo portello, che é alla porta di San Nazzaro, ma 
con fortuna poco migliore, perdié riscojntiiando in 
quella parte dei Franzes» ' che era rimasta fìiora della 

' Solfo monaigoore d'Allegri , com^ dice VJnselmL Ma il conte Luigi 



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CAPITOLO QUARTO. — iSlU. 36 1 

terra ^.fiirono qinisi Idilli o morti, o*p?e$i : i quali en*-. 
tra ti poi dentro senzii faftica per^la^ooftedlfeiina porta ^ 
.cominciarono easi^ ancora, godendo l^^tiche e i^pe* . 
ricoU degli altri,, a saccheggiare.- Rimasero piigioyi 
iindl^ea Gritti e A^tonio 6iu$tinianp*iiiandatp*dal sef^ 
•nato per potestà di t{uib\lè. ottò, 6i%n {^S|gda A(fonfrone 
ie il figliuolo, il camiliere della Go{|)e, B&ldf^sfare <^ 
St)^one,uni. figliuola dì Ànttcffiio' 4^'P^ il ,€onÌB 
Lmgi Avo^^o e unr' altto^sìio fSglifo|q ,^a Oo'meniso 
Buseccq. capitano dé^ Stradidttìs ^u ne4^àccheg''giar^ 
$àl,valo f&r eomandamento di Foia^/'l'oiKèstà deiimo^ . 
joas^érj , delle ^oniie; ma là roba»^ e gli uomìnf riliig' 
«gitivi finroiA) preda doi q^^itani.^ Fvù^t conte Lttigi 
-insul||i piazza pubblica «decapitato, saziimdó "^ois gli 
• occh^piiét)rj dfel stio.suppHeio : i di«a %liiioli, benché 
ìalèùra^ si offerisse ,' patirono non molto-poi If pena 
medesima. > ' ''-*'' ^^ ,^ 

Còsji per ]p mani dei %ahzesi,,4ai quali %«ig1oria-^' 
-vano i Bresciani essere diftcd^^-cadde^'in tantp sterminio 
quella "bitta , j|0n infevìx:^* di.itobikà,ìg di digiHtà ad» : 
doun' ahia^di LooAiardia^ nyi di i^itftfaesr^, eocettoato 
Milano^ superiore à tutte rle^altt^; b quale^ essendo 
in pred$ le cos^ «acre'e le prf^ne , ì{p nfenq^ W *ita. e 
r onore <}éltp .pecione i^Ré^l^ roB^, st^te sette ,gipflpni ,. 
continuiCe^K^sta airavarìziar,til^ìibidìnp ad alla orq^ * 
dekà nùlitar^. Fu^ oelebnato V>ar qi^ste opse p6r tutla 

per la, mblta calca non pdtè àa§ìre faora|^i|^e fhJallo {irìgCo^e da dae 
soldati di G^o. lac^o Trìq|zi, ^e lo «onobbjcro , e presentarono a Fois. 

'11 Bembo y- %^ Ataélmt taììXT%^% questo, dlpoao cbe i afona^ter) , e 

*ogidl sacro hipgliftì ft^nato, WÌliq dai T^èadbj., ohe dagli altri. "Ed è 

da avT^ire^ che ^pcondg, 11 Ì/^>na0Oom9 VJmehiH, i^ì\ G^idet^o, fu 

presa Brescia, e , saccheggiata dai Fraif^si ai^9 di FebU^ai^ i5ia, il gip' 

vcii gr»890 di oanwTale. ** ~ # ♦ ' » 



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3651 ' LIBRO DECIMO. 

Ia^c5k*istianità còB^lioimna glorfii^ il^nóÉse dì FoìSi, che 
* conia fà'ocfe, e^èéleÉità sua avesse in tempo diquin»^ 
*^iéi di^ costretti? r^serjcito ecclesiastico e Spagnublo ra 
pgr tir s^* dalle iliura^di Belogha, rollio alla campagha 
Gian Pagolo BngHonc con parte delle genti dei Yeue- 
zianl , recuperata Brescia con tan La strage dei soldati e 
del popolo; di maniera che per universale giudizio sì 
confermava non avere già parecchi secoli veduta ItaJin 
nelle opere militari una cosa simìgllante. •>f'^^ 

Kicuperala Brescia, e le altre terre perdute, de Ite"" 
,. quali Bergamo, ribellatasi per opera di pochi, aveva 
innanzi che Fois entrasse in Brescia richiamati popo- 
larmente iFraiìzesi, Fois, poiché ebbe dato fórma alle ì 
cose, e riposato, e riordinato l'esercito stracco per si 
lunghi, e gravi travagli, e disordinato parte nelcon- 
servare , parte nel dispensare la preda fatta, deliherò 
per comandamento ric^yuto dal re di andare contro 
air esercito dei collegati, il quale partendosi dalle inui^ 
di Bologna si era fermato nel Bolognese : astrigncndo 
t il re a questo molti urgentissimi accidenti, i quali lo • 
^ necessitavano a prendere nuovi consigli per la salute 
d^le^cosS ^e. Qnniiicia\|i?^à nuaniB^tjymei^e s^ appsi^ 
' rire IS^^U^rta^de^r^^ d' In|bilter]^ , pepcb%ii se béie cjuel 
^ * r^ V^^va primà^ con^aper^&^p^«9le éegdk^^'G. p<|i^Con 
^ dpbbie^dis^n^ukto ; i^ntìitnèrio: noh si potf\bàó. più 
coprirai ^t|^ iftoltp,di>ftei^i/Perchg^a'Bp^ fiVintèn- 
^deva tìl|^;r^ finatàentCf arfi^iffktjs» 1 instrufnfciJ(p dilla 
ratiikazipnè' allaiiegafflf^i^a ;. sap^vasi c^e ^ Inghdterra 
si prépaK»Va|id ^0nti , é nsHjpgR, «4nÌ6p^fta navi per 
, pasàarj^ In Inghilterra; ed^sere gli àfhÌQufdi-tutl» i'^ 
popoli accesì^ai Bftovere lÉ^gJ»e]^iifcFratféia.*j|jd oppor- 
tunì^ut^nte et^^^dpf avwe^utiHa^galéazza ddf papa tarila 



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CAMTOL© QUARTO, -rr l5l2. 363 

.df vìqì Gì'eii, dWormaggi, e di sommate; i qualwloiiati 
in suo nome al ré ; e a moI|^ ^^^^^91*^ ^ preiaiì, eram) 
rìcosf^l^i da tutti con*festa maraviglfosa : e •onoprreva 
tutta- la 4>kbe ,4a^ quate spesso oioit meno mt^ovo^^ le 
cose yalfe, che^le gravi ^ cpn a^iiAna dilettazfbne s^ve-* 
derW, ^òrìàndosjhch*^ njai'piìi A fosse ^dutoin qilella* 
isola ùgho/alcurib'ébn le Ì^^Oiàij^re pontificàli/Vinal- 
ijj,erite avènfl<> il vescovo di* Moravia, *cheiaiibva tanto 

^trattato' tra *fl pontefice e iì re diFraftcia,'^4nossò^ o 
daHa cosciQffejr^ o dal desid^ip ^''che ave'^a del^ardi- 
.BJlat^, riferito, v^ì un parkiìiento coSiVQcafo^di'tiilta 
i'4501% m^lto* fàvcri>evdlnente e ìcon 3mplaM:èstinjio- 

^niaiilkt della giu^izàL del pontel^e, fyi nel pscrlaii^nto 

'*dtliberat#^ che^i mandasseroi^i preh^ti-iin niftne d^ 
rqgup al concyk) JLatét^nense. É jl re, fàcendójie 
ihst^zà gli^ambascisrtbVi dA papj^, comani|ò àiri»r|toiìp 
\ delire di™ah(^a chef si partisse, per8h# ifert cjja con- - 

4 veniente- chjl appr^oad un^e,^iil un xi^avm d^o|i«- 

' Simo ilella éSiiesa, fos^e veduto chi rappresentava un'jie, 

che tanto apertaniente là sedia jjpostolicrf^erseguitava. 

E ^ià j/oni^raVa i\ segreto ,' eàsere occultaipentè 

' convenuta ,*^che il jpe d'Iilghilterfa molestasse con 
rìani3^a?*lnarittimaJtji costa di Normaìidfa, e 3i Br^t- 
tagrtia^e ehé iti^nda^m in Rpagn» ©ttomila fanti, per 
.[ <muovere'unj^tamen|e"con le^rmi àM^ re di^À^ag^nala 
guéFr^ neldlicaio di*G^ierina; il quàl sospetto afflig- 
geva maravigliosamente ìL uè di Francia. Perchè, es- 
s&ido^per la memoria AAÌÈ antiche guerre spaventoso 

. aVpopoli suoi il-iiome €egl'l9jlést, conosceva il p^«- 
A>lo ifiaggiore^ essendo ^copgiyn te con Joro' le^ sfrmi 

^pagntìple; e ta«to,fiiìr avend^, dtf dugentò Jance^ in 
fuora , maridatettóiy* le genti d' armj^ iq Italia ; le quali 



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364 IIBRO AEGllCU ' ' 

rìchiam^do o tutte, o parte, rimaneva in diànifesto 
pericoloiìl duc^to^ tanto iinato da «lui ^Milano. E* 9e 
bene, per iCìOD rìman/eré taoto sprovveduto, ''accrescesse 
aIla*ordiriun2a vecchia^ ottoceMo laàc;^; i||ii^iineno , 
cbe^ con&ienza époie^a. avérè« in 'tanti pericoli ^negli 
uoifini vie^pejpti , cìi^ ^i ndofo #enìirand aUaiinniziai 
Àggiu^UBvasi il sospettd^che ogÈrdi più br^feva, 
dell' alieii^ione* di Cesare, pei^faè era ritoHiato "^An- 
drea di Qùrgot stato spedito Oùù tanfà «speftaziope;^ 
il quale conftittochè riferisse Cesare essale disposto a 
p^sevefafe n%ll| cdnfediai:£ftione, i}pndinien& pfopb- 
neya mollo diif e coedizioni , Mescolandovi varit qije* 
relè.*: perchè diipand^M^a driessere Wicurato^^ clte gli* 
fosse ritfuper^to quello, £he gli appasteneita per i q^* 
p^U d^^Cambral^faiferiifandO no|i' p^^tetsi più fidare 
4elle* sémplici pfome^, per avere, e da principiò, e 
■ poi sempre^ ci^asfiiuto essei^e molesto**aL le^^^he legli 
aq}uistai|e Padova, ^ che per ^^^jOriBOmafla, e tenerlo r 
ii^ continui travagli, avev]a speso volentieri ogni anM* 
dugentomila ducati, sbendo &lie a^ui premeva più 15. 
spenderne cinquantamila : avere ricusato .l' anno pas- 
sato xoncedergli 111 persona ''del Triulzio ,^ perchè era 
capitano, e per v<^ontà, e per scii^iza' militare , Aaf^tor*- 
nun<ire pretto la.^gii^erra : d!im^:^ava'* che 1§ lH|^uok 
seconda idei re, minore jj^i due'apni, si sposasse td. 
nipote, assegnandogli in dote la' Borgogna, e cm la 
figliuola gli fosse consegnpt^a ^i pres&)t6,^e ohe^n^à 
determinazione sua si riiàetteiseno le ^use di FerjnEurft , 
di Bologtla , é del concilo , eentt^dicendo che^l' esèrcito 
Franzesé^andasse verso^It^oma.^ e protestando noif essei^ 
per comportare ehm il refraccresctf^se in parte akuna in^ 
Italia lo stato suo, ♦ • -i . ' 



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CAPITOLO .QUARTO. «»— l5l?. , 3fl6 

..Ii€ «quali condiziom g/\'ivìs;sin^, e quasi intollerabili 
ner se stpsse ^ faceo^a molto più gravi il conoscere tioir 
potere stare* sicuro, che ^ coiic!edut^li tarile cose; non 
vjirlasse'poi, ó secondo le.ijccasioniV ò fecondo la suar 
cónsuetU(]iné/An2Ì la iniqiiitMelie condizioni proposte 
Sfaceva qua^ ipanifesto ai^gosiento, cl^e ^à deliberato 
di^alienarsi d«il re di Francia carc^$se^c^sioné di met-* 
terlo ad effetto ^on qualche calore, nmssinjamépte che'' 
non solo nelle :parole, ma esiandto nelle opere* si ^òr^»^ 
gevkno molti s^gni d[i cattilo ani^o^ Pe^ch^ né coi 
Burgps erano venuti i procuratori tante volte prémei^si 
per aqdare al conciKo' Pisano, ABzi la oop^egasipne 
dèi prelati fatta in Augusta aveva finalmen|e risposto^ 
con pubblico decreto ìhoonoilio Pisapo essere' scisma- 
tico e detestabile ,^ benchà ton questa moderazione , ' 
essere apparecehiati» mutare sentenza, se in con^ario 
fodero dimostrate più efficaci ragioni : e^tionduiieno il 
re, nel teiìipo che pi^ gli sarebbe^ bisognato'^ife le 
forze ^e^^^ra necessitato tenere a requisizióne df Ce- 
sare dugento lance , e trenft'la fanti in Verona,^ mille 
alla*cu§^todià 41 Lìgnjigo. ^ ^ 

l\)rmentava oltjre a questo inolio V animo del re il 
tiiÉore dei Svizzeri ; perchè contuttoché àv^sA>ttenMto 
di ma^d^re alle;^*^^^^'^*'^*^' baglrdi Apiìenj y;al quale 
aveva ^ato at^pjjssime f ommissioB^, risoluto coft più- 
dj^nte consigli^, «e prudenti si possono chiamare quelle 
deliberazionti ch^si fanno, passdft^ già la opportunità 
del ^ov^e, '*dj spendere qualunque quantità di danari 
per riduiigH alla sua amicizia : noQ^imeno , ^evaleiic^o 
» •' * # 

- ' Si verìfica in questo loogo quanto ha dettb in queeto-me^simo Lib« X, 
chè*tl ré* Lodovico rìoasò per minimo prezzo 1' amicizia degli Svizzerì , ohe 
poi con t^o^ tiiestimaliile avrebbe òoropratà. 



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3^ ^ ., , Ubro decijJo.* 

r.ocUo ardt^misshna- d^a»plel^e, ^ le pemiasioi^ , 
taci detoetrdmale Sedtyieiìse tilF autorità ^i (lu^gUj, che 
aveVImp"^ di flieta i^ Hie^ivin^dito che /ifln««i facesse 
deliberazìò<ie*'cémlraria a lui , si sentt^ eraBO^ncIiA^i 
a conèéd^re seiftiila fiwitìragli stip^Hdj dbic^feder^ti, 
i qHali gli dimandavano ptr potei^U'oppOrre aglKs^a-^" 
droni^o!^ina?r -e |^bìIitLdei fittiti Tedeschi: Tròv*vlpi 
inohr^ il rg privato Inlfeiamente delle speranze della 
%on^ordiaf la quale , benché net fervore ^elle armi, non 
avevano mai oH^sso'di trattore il cardioAlc^i Nantil , e " 
il ciréiijiale it Strigonia, parlato politissimo del reame 
di JJngherì^^-iPerchè il ponttfice^tèva ultii6aipente'jd>- 
^posto procurasleà?, se volgano eli udisse più, effe 
pAm^'fBsse alAMilIato il conciliabolo' Pisano^ e che àl}a 
'chiesa fossero^ rendute ìe^'iUÌ^ mie ^ologna, e-FerfJifa/ 
Nè^ Giostrando àei fatti minor%^spr^za^ afteva di 
nuovo private molti dei prelati Franzesi intervenuti ^ 
quei coA^ilio^ e .Filippo Decio , jjuno dei piJ eccellenti 
giuftconAilti di quella I5là , perchè aveva scjpittp^ e dis- 
pùtato^.er la giustizia di qthdlàxjàhsa , q seguitata i^r- 
di^li per indirizzar^ le cose^/;he.si avevaito ^ spe(|ire 
giuridicamente. * *. ^ ,<, ' ,'' ♦ 

Nèa\Bkr^il*Ve belle difiLpultà eispericfili, che so^lfli'- 
'pidBtravvip da tanff làoghj^ piede aJounQj^feQno, o 
Cetjfo in parte %IccÌibì 4' Italia :/pefchàg|l^stati di Fék*- 
rsft*^, e di Bologna gU "tirano stati ed^r^mo di*n^lestia 
e di- spesa; e aai Fio»cn lini,. con i q^jali faceva nuova , 
instanza che in comp^^tiia sua rompessero la gueìraiu 
Sotnagna ,vnon potè y^trarrc aiftro , ch^ risposte gene- 
rali ;^n5^ aveva àelF animo loro qualche sospetto, pe{- 
<fliè in Firf ij2fe ^isedeva continuamente un oratpjjc del^ 
vietrè di Napoli; e molto -più e pej?%« avere mandata 



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r oratore ' jpil r^^Qè^tolico ; e perchè hQjfi osÀ^àfiicavao^ 
più sefo le cose loro, come solevano; e molto più, 
perchè avendogli ricercati che prorogassero la lega, 
«he.tifinj^a fra pochi mesi, senza dmiaiid^re danari, o 
^ti:e**gra\r obbligazioni, andavano differendo, per 
essere Uberi a pigliare ì partiti, che a quel tempo fos-. 
4^ro gijadirali migliori. La quale disposizione volendo 
qjdgum^tare il pontefice, ne dare causa che 1^ troppa 
adprezssavsua gf ludLicesse a seguitare con le armi la 
fortuna^el re di Francia, concedette loro, «fenxa eìm 
in ii.Qjme;;|pubbltco la dimandassero, l'assoluzione dalle 
ceipijPA, e mandò nunzio a Firenze eoo umane condi- 
zioni |^i«dTanni Gozzadini Bolognese, uno dei cherici 
della camera apostolica , sforzandosi di alleggerire il 
tsòspettò" elle avevano conceputo di lui. Vedendosi a^dun* 
qufe'^iUre^.solo contro a tanti o dichiarati inimici, o clic 
erano per dìchia^jarsi ^ n^CQiio§cei^pjp^eijgy#e'hiqft 
moilto difficibnente^iresisiere/^e^lBi lihrt^pc^edesiftiiji r 
^ondorrfessero lante inoiolQ^ti^, j^mandà^ Jfoin qj^ó'^* 
con qti|inta più celei:^tà pote^stó, ^(ìissé*t;onltét.m^ 
ese^ìlp degli iq^mici, !tdeji q^^l^, ^pei^ eSseife ^Mtat^ 
m^pp potenti deirese^2piio^U0,..§i promatte vftjawil(4||^ 
ria : e che vincendo , afssaluts^ se/fiaw?ispéttò Rema erf^ 
il pontefice, il che qu#(Jo sl\ecedes§e^,^lj[^J)^re^g:*i- 
^ìanere liberala dà tapti pericoli : e ^clj|^ qu^sfia«iifi-> 
pres^ ,.#cdiewhè si dinjji^jiisse la invidiaVifdi^ugun^enit 
ta§sihsi lei;giustifìc3zioTii y skf^^se in nonre dctl concio 
Pisano, il quale deputasse tìn leggalo , che andasse. jiell'* 
eg^rcitp, e ricevesse in sup nome j€^ l;^{5i*e\ cj»ft si ac- 
quistassero. . . , \^ ^ ^ ^ 

•'^aest' oratore m FraiM^co Gnicclardìoi « aa Idre della pirei^Ce i^orìa,*^ 
di atà di ag anni, dottore di leggi. ^ ^ . :. , ^ ^. 



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., nftesdsi t^hqne ibi^ da Bresoqi,^^niie al Finale, 
oine.jKHcbè.per. e!^iS^n\ ^ioroi fu $oggi6cDato ^per far 
iftassa di» yettava'glie^ le quali si 6oiidu<^vano di Lom- 
bardia, é p^i: racC(^r|b fMtte le gcfH tinche il re ftTeva 
ki kalia^ecc^tto quelle cK^ per 9ee!sssit& rìmanevano 
«al)»'guardia delle tecre^ Impedito ancorar dai tempi 
tfiolk) piot^os'^^f enne ' f Ss^ji Gjo^g^o qet;Bolo^^e;nel 
^ (fusai* l&Oigo ^li aot)i^vyeiinero, maiulali Hi |iuoyo di 
Fmncia, tremija f^^jati 6i^a$fcon^^ mille venturieri,* esimile 
Pìl^c^d(*,. 6Jl^Ri fanti, a ^ppre^so ai-Fl'suizesi di nome 
granale , di mailiera ch<^ * in tutto , seoonc^^ìl mopero 
vero, erano? &«0e eid^^mila fenili TedeteIii,.GÌii(}ue» 
Q^lla t^ua^n^i , e ottoi^i|a parte Italiani e *p^te del 
resane di Francifi^ e' mille, seicento l^ceu, compitando 
. in- <n:ie8tó lAiiij^, i ^Hgento gentiluomini. A' questa 
'esèr^io sLdovtf{;)4ceng<ugnere il duca di Feniir^con 
Cenfb iM^ipiÀi di arme, dug^nto cavalli leggiera, e con 
''a^àrata feopidi^ di qkùiae ^tigli^rie , perchè Fois im*- 
- pie^^td' a Qoi^urre Je^sne .p^ terra dalla difficultà delle 
^ti^ade^ le*^xtveya iasciate al Finale. Veniva medesima- 
^meojEi^ nett' esercito il cardinale di San 36verino l^ato 
^ Bologna, deput^fto d^l. ooncilio, cardinale ferQbe, e 
. più inclinato alle? armi,, che agli eseix:izj o pensieri 
sftc^dotal^. Oi'dinate ii^ questo modo le cose, s'uddi*- 
ri'zzp^'COQtro |igF inimici , ardente di deatdaciio di oom*- 

^ ' n Moceid^o poDtk«^che essendo venato Tois in sol Bolognese, non 
milto InngL Hall* «seroìto $p«gnq|^os* e arénslo i Francesi Tolnto asafUiv 
di,notte%l' ihìftifchaU* iinpn>vf,iso, |;li Sj^agpiipli avvisati daUe insidie, che 
quattromila Pranzesi avevano gassato il inim^ì diedero loro addosso, e gli 
n^lifaenarcÀo : la <}nale«z!^ne^on è^os|a da altri. 

* n Bnonacctrtsi «cri ve, ohe l'esercito FranE^me era in tatto di 1800 
nomJQfrdi armjB , e qnindididUa fant^ Il Mo^n^o dice t5oo nomini d'arme, 
e qn^tordìjpimihi filati, 'c ohfttgU Spagna^K avemmo r8oo nomini d'aatne , 
e dodìMmila pedoti^. * ^ ' 



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CAPITOLO QCTARTO. — l5l2. SGq 

kattare, Cb^ per i comandamenti del re, che ogni 
g«)rno più io stimolava , come per la ferocia naturale 
del suo spirito, e per la cupidità della gloria, accesa 
più per la felicità dei successi passati; non perciò tra- 
portato tanto da questo ardore , che avesse nelF animo 
di assaltargli temerariamente , ma avvicinandosi ai loro 
alloggiamenti tentare se spontaneamente venissero alla 
battaglia in luogo, dove la qualità del sito non facesse 
inferiori le sue condizioni , o veramente con impedire 
le vettovaglie ridurgli a necessità di coml^ftere. 

Ma molto differente era la intenzione degli inimici; 
neir esercito dei quali , poiché sotto scusa di certa 
questione se n'era partita la compagnia del duca di 
Urbino, isssendo, secondo si diceva, mille quattrocento 
uo^iini d' arme, mille cavalli leggieri, e settemila fanti 
Spagnuoli, e tremila Italiani soldati nuovamente, e ri- 
putandosi che i Franzesi , oltre V eccedergli di numero, 
avessero più valorosa cavallerìa, non pareva loro sicuro 
il combattere in luogo pari , almeno insino a tanto non 
sopravvenissero seimila Svizzeri : i quali avendo di 
nuovo consentito i cantoni di concedere, si trattava a 
Venezia, dove per questo erano andati il cardinale Se- 
dunense, e dodici ambasciatori di quella nazione, di 
soldargli a spese comuni del pontefice e dei Veneziani. 
' Aggiugnevasi la volontà del re di Aragona ; il quale 
per lettere , e per uòmini proprj aveva comandato , che 
quanto fosse in potestà loro si astenessero dal combat- 
tere. Perchè, sperando principalmente in quello, di 
che il re di Francia temeva principalmente , cioè che 

' Scrìre qcicito medesiino il Grademigo jid suo Diario, cioè che il re di 
Spagaa aveva commcMO alle ine genti, ^e non covbattessero, all'oppo- 
sito , dice egli , dì quello, die aveva ordinato alle aoe il re di Francia. 

Ilf. 24 



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370 LIBRO DECIMO. 

differendosi insino a tanto che dal re d'Inghiherì^a e da 
lui si cominciasse la guerra in Francia , sarebbe quel 
re necessitato a richiamare o tutte , o la maggior parte 
deUe genti di là dai monti, e conseguentemente si vin- 
cerebbe la guerra in Italia senza sangue , e senza perì- 
colo. Per la qual ragione avrebbe inaino da princìpio , 
se non Y avessei*o commosso la instanza , e le querele 
gravi del pontefice, proibito che si tentasse la espugna- 
zione di Bologna. Dunque il viceré di Napoli , e gli 
altri csq[>itani avevano deliberato di alloggiare sempre 
propinqui all'esercito Franzese, perchè non gli rima-r 
* nessero in preda le città di Romagna , e aperto il cam- 
mino di andare a Roma ; ma porsi continuamente in 
luoghi sì forti, o per i siti, o per avere qualche terrà 
grossa alle spalle , che i Franzesi non potessero assal- 
targli senza grandissimo disavvantaggio : e perciò non 
tener conto 9 né fare difficultà di ritirarsi tante yolte , 
quanto fosse di bisogno; giudicando, come uomini 
militari, non doversi attendere alle dimostrazioni, e 
romori, ma principalmente ad ottenere la vittoria; 
dietro alla quale seguita incontinente la riputazione, 
la gloria , e le laudi degli uomini. 

Per la qual delìb^ra:|ione, il di, che l'esercito Fran^ 
zese alloggiò a Castelguelfo 9 e a Medicina, essi che 
erano alloggiati appresso ai detti luoghi ' si ritirarono 
alle mura d'Imola, Passarono il dì seguente i Franzesi 

' Fa In ritirata delF esercito ecplcnastico , e SpagnQoIo a ImoU ai a8 di 
marzo iSii. Buonaccorsi. Ed è da notare, che Cesare Anseìmi in qna soa 
lettera aerive che Fo2i partito da Breacia renne a Reggio, già tornato al 
daca di Ferrara , ove stette alcuni di ai piaceri. Indi di terra in terra per- 
venne a Ferrara , fingendo sempre di dispensare il tempo in feste , e in 
banchetti, ma in effetto attendando a mettere insieme oon ogni prestessa 
tntte le genti , che gli paressero opportone. 



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CAPITOIX) QUARTO» — l5ia. 87 1 

ììtì mi^io.e mc^o appresso a Imola ^ stando gP inimici 
in ordinanza nal luogo loro ; ma non volendo assakor- 
gli con tanto disavvantaggio, passati piti ìnnanu^ 
alloggiò la vanguardia a Bubano , castello distante da 
Imola qiiattro miglia , le altr$ parti dell' esercito a Mor* 
dano e a Bagnara^ terre vicine l' una all'altra poco più 
di un miglio, eleggendo di alloggiare sotto la strada 
maestra , per la coimodità delle vettovaglie , le quali si 
conducevano dal fiume del Po sicuramente , perchè 
Lugo^ B^gnacavallo.e le terre circostanti, abbandonate 
dagli Spagnuoli come Fois entrò nel Bolognese ^ erano 
ritornate alla divozione del duca di Ferrara. Andarono 
l'altro giornQ gli Spagnuoli a Castel Bolognese, lasciatq 
nella rocca d' Imola presidio sufficiente , e nella terra 
sessanta uomini d' arme , sotto Giovanni Sassatello , 
alloggiando in sulla strada maestra , e distendendosi 
verso il monte ; e il di mede^mo i Franzesi presero 
per forza il castello di Solarolo , e si arrenderono Goti** 
gnuola, e Granarolo, ove stettero il giorno seguente , 
e gl'inimici si fermarono nel luogo detto il campo alle 
Mosche. Nelle quali piccole mutazioni, e luoghi tanto 
vicini, procedeva l'uno e l'altro esercito in ordinanza 
con l' artiglieria innanzi , e con la faccia volta agi' ini«^ 
mici y come se ad ogni ora dovesse cominciare la bat- 
taglia ; e nondimeno , procedendo amendue con gran- 
dissima circospezione ed ordine, l' uno per non si lasciare 
stringere a far giornata, se non in luogo, dove il van- 
taggio del sito ricompensasse il disavvantaggio del nu- 
mero e delle forze; l'altro per condurre in necessità 
di combattere gì' inimici ; ma in modo che in un tempo 
medesimo non avessero la repugnanza delle armi , e del 
sito. 



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$79 riBRo mctuo. 

Ebbe Fok in questo alloggìameiifo nuove commis^ 
sioni dal re che accelerasse il fare la.gigrnata^, augu- 
mentatido lei^medesime cagioni, che l'avevano indotto 
a fere il primo comandamento. Perchè avendo, i Vepa- 
ziani, benché indeboliti per il daso di Brescia «' é astretti 
prima dai preghi , e poi dai protesti e minacce del pon- 
tefice e del re di Aragona , ricusato pertinace/nente la 
pace con Cesare, se non ^i consentiva ehe ritenessero 
Vicenza, sr era finalmente fetto tregua tra lóro per-? 
otto mesi innanzi al pontefice, con patto che ciascuno 
ritenesse quello possedeva, e che passassero a Cesare 
cinquantamila fiorini di Reùo : onde, non dubitando 
più il re della sua alienazione , fu ndl' istesso tempo 
certificato di avere a ricevere la-guerra di là dai monti , 
perchè Geronimo Cabaviglia oràtorc^del re di' Aragona 
appresso a lui, fatta instanza di parlargli presente il 
consiglio , aveva significato aver comandamento dai 
suo re di partirsi ; e confortatolo in aome suo che de-« 
sistesse dal favorire contro alla chiesa i tiranni di Bolo- 
gna , e da turbare per una causa si ingiusta una pace 
di tanta importanza, e tanto utile alla repubblica cris- 
tiana , offerendo , che se per la restituzione di Bologna 
temeva di ricevere qualche danno , ^i assicurarlo con 
tutti i modi , i quali esso medesimo desiderasse : e in 
ultimo soggiugnendo , «he non poteva mancajce, còme 
era debito in ciascun prìncipe cristiano, alla difesa della 
chiesa. ' * T 

Perciò Fois, già certo non essere a proposito V acco- 

' Per dieci mesi, Scrivono tutti gli scrittori Veneziimj, che formata 
la tregoa ixuuinsi ai papa fra MasMiniiiano , e i Veiv»iani, i quali lDQ(tfiti> 
nente pagarono cinquanjtaniiJa ducati, benché il Gr^enigo die«i.4o tiiila , 
e il Bembo 5oo libbre d* oro. in due rate, il che è conforme agU alui, fuor 
<;he al Gradenigo. 



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CAPITOLO QUARTO. l5ia. 3'j3 

starsi agrinìtnici, perqhè per la comodità^ che ave- 
vano defle'terre di Romagna , non si potevano , se non 
con molta difficultà ,• interromper loro le vettovaglie, 
né sfotzargli senza disavvantaggio grande alla gioi?nata, 
indotto anche perchè nei luoghi , dpve era l' esercito 
suo, pativa di Vettovaglie, deliberà con consiglio dei 
suoi capitani di andare a campe a Ravenna ; sperando 
che gV inimici, per non -diminuir tanto di riputazione, 
non volessero lasciar 'perdere sugli occhi loro<)ina tal 
cit{à ; e cosV avere oo^asioné di co^hattere in luo^o 
eguale.- K p«r impedire che V esercito inimico , pre- 
sentendo questo, non si accostasse a Ravenna, si pose 
tra Cotignuola e Granarolo, lontano sette mìgli£( da 
loro , dove %tette»fermo quattro giorni , aspettatido da 
Ferrara dodici cannoni e dodici pezzi minori di arti- 
glieria. La deliberazione del quale congetturando qV 
mimici, maiidarono a Ravenna Marcantonio Colonna; 
il quale, innanzi consentisse di andarvi, bisognò clic 
il legata, il viceré, Fabbriziò, Pietro Navarra, e tutti 
gli altri clapitani gli pbDlì gasserò ciascuno la fede sua 
di anelare con tutto l' esercito , se i Franzesi vi si 
accampavano,* a soccorrerlo; e con Marcantònio an- 
darono sessanta uomini di arme*della sua coippagnia, 
Pietro da Castro con cento cavalli leggieri, e SaHazart 
e PaiUdes ccm seicento fanti Spagnuoli : il resto dell' 
esercito ^8Ì fermò alle mura di Faenza dalla porta", per 
la quale si va' a. Ravenna, ove mentre stcìvano fecero 
con gl'inimici una. grossa scaramuccia. E in questo 
tempo Fois mandò cento lance , e mille cinquecento 
&nti a pigliare il castello di Russi guardato solamente 
dagli uomini proprj ; i quali benché da principio, se- 
condo r uso della moltitudine , dimostrassero audacia ; 



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374 LIBRO DECIMO. 

nondimeno , succedendo quasi subito in luogo di quella 
il timore , cominciarono il dì medesimo a trattare di 
arrendersi* Per i quali ragionamenti i Franzesi , ve- 
dendo allentata la diligenza del guardare, entrativi 
impetuosamente, messero la terra a sacco ^ nella quale 
ammazzarono più di dùgento uomini , gli altri fecero 
prigioni. Da Russi si accostò Fois a Ravenna; e il dì 
seguente alloggiò appresso alle mura tra i due fiumi, in 
mezzo dei quali è situata quella città. 

Nascono nei monti Appennini , ove partono la Ro-> 
magna dalla Toscana, if fiume del Ronco, detto dagli 
antichi Vitis , e il fiume del Montone , celebrato ,' per- 
chè, eccettuato il Po, è il primo dei fiumi, che na- 
scono dalla costa sinistra dell' Appennino, che entrila 
mare per proprio corso. Questi, mettendo in mezzo la 
città di Furlì , il Montone dalla mano sinistra , quasi 
congiunto alle mura, il Ronco dalla destra, ma distante 
. da due miglia , si ristringono in sì breve spàzio presso 
a Ravenna, che l'uno dall'una parte, l'altro dall'altra 
passano congiunti alle sue mura ; sótto le quali mesco- 
late insieme le acque entrano nel mare lontano ora 
tre miglia, ma che già, come è fama, bagnava le mura. 
Occupava lo spazio tra l'uno e l'altro di questi due 
fiumi l'esercito di Fois, avendo la fi'onte del campo a 
porta Adriana quasi contigua alla ripa del Montone. 
Piantarono la notte ^prossima l'artiglierie, parte con^ 
tro alla torre detta Roncona, situata tra la porta 
Adriana e il Ronco, parte di là dal Montone, dove per 
un ponte gittato in sul fiume era passata una parte 
dell'esercito; accelerando quanto potevano di battere, 
per prevenire a dar la battaglia innanzi che gl'inimici^ 
ì quali sapevano già esser mossi , si accostasseix> ; né ^ 



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CAPITOLO QUARTO. **^ l5l2. 37$ 

meno perchè erano ridotti in grandissima difficuità di 
vettovaglie, atteso che le genti Veneziane, che si 
erano fermate a Ficheruolo, con legni armati impe- 
divano quelle che si conducevano di Lombardia : e 
avendo affondate certe barche alla bocca del canale', 
che entra in Po dodici miglia appresso a Ravenna , e si 
conduce a due miglia appresso a Ravenna, impedi vatYo 
r entrarvi quelle che venivano da Ferrara in sui legni 
Ferraresi, le quali condurre per terra in sulle carra 
era difficile , e pericoloso. Era oltre a questo molto 
incomodo e con pericolo l'andare a saccomanno, per- 
chè erano necessitati discostarsi sette e otto miglia dal 
campo* 

Dalle quali cagioni astretti, Fois deliberò dare il 
' giorno medesimo la battaglia , ancora che conoscesse 
che era molto difficile l'entraf vi, perchè del muro bat- 
tuto non era rovinata più che la lunghezza di trenta 
braccia , né per quello si poteva entrare , se non con 
le scale, conciossiachè fosse rimasta l'altezza da terra 
poco meno di tre braccia. Le quali difficuità per supe- 
rare con la virtù , e con Y ordine , e per accendergli 
con la emulazione tra loro medesimi , partì in tre squa- 
droni distinti Tuno dall'altro i fanti Tedeschi, Ita- 
liani e Franzesi; ed eletti di ciascuna compagnia di 
gente di arme dieci dei più valorosi, impose loro, che 
coperti dalle medesime armi , con le quali combattono 
a cavallo, andassero a piede innanzi ai fanti; i quali ac- 
costatisi al muro dettero P assalto molto terribile, di- 



' Qaesto giorno, che si diede la battaglia alle mora di Ra?eona fu , 
secondo il BuwiaccQrsi, ai 9 di apviU i5ia. ItAnsdnU dice, cbe i Fiìmsesi 
diedero ben tre battaglia a Ravwnna, la quale fa sempre difesa valorosa- 
mente dal Colonna. 



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376 LIBRO DECIMO. 

fendendosi e^iegiamente ' quei di denteo con laude 
grande di Marcantonio Colonna , il quale non perdo- 
nando né a fatica, né a pericolo, soccorrevsr ot* qua, 
or là , secondo che più era di bisogno. Fìnidmente i 
Franzesi, peinluta la speranza di spuntare gì' inimici , 
e percossi con grave danno da una colubrina piantata 
sopra un bastione, avendo combattuto per spazio di 
tre ore, si ritirarono agli alloggiamenti, perduti circa 
trecento fanti , e alcuni uomini di arme , e feritine 
quantità non minore, e tra gli altri Ciattiglione, e Spi- 
nosa capitano delle artiglierie , i quali percossi dalle 
artiglieria di dentro , pochi giorni di poi morirono. Fu 
ancora ferito Federigo da Bozzole , ma leggiermente. 

Convertironsi dipoi il giorno seguente i pensieri del 
combattere le mura al combattere con gl'inimici; i 
quali alla mossa dell' esereito Franzese, volendo osser- 
var la fede data a Marcantonio , entrati a Furlì tra i 
fiumi medesimi, e dopo alquante miglia passato il fiume 
del Ronco , venivano verso Ravenna. Nel qual tempo 
i cittadini della terra , impauriti per la battaglia data il 
giorno precedente, mandarono senza saputa di Mar- 
cantonio un di loro a " trattare di arrendersi ; irquale 
mentre va innanzi e indietro con le risposte, ecco sco- 
prirsi l'esercito inimico, che camminava lungo il fiume. 
Alla vista del quale si levò subito con grandissimo ro- 

* Dice il Rossi, che la gioventù di Ravenna vedoto Venire gP inimici a 
dar r assalto , domandò al' Colonna di esser la prima a difender la patri» , 
e cacciare gì' inimici, il che gli fa concesso, e fo l' assalto dato presso la 
porta di San Mamma, del che è da esser letta la bella istoria di questo 
giudizioso , ed elegante istorico nel Lib. Vili. 

* Non per arrendersi Veramente, come dice Girolamo Rossi, ma por 
trattenere i Franzesi con arte , finché l' esensito della lega si fosse avvici- 
nato : e introduce egli una orazioncelia fatta al cardinal San Severino da 
nno degli ambasciatori Ravignani. 



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CAPITOLO QUARTO, — l5l2. 877 

more in arme T esercito Franzeae f fiMBftd tutti entra- 
rofìo nei loro s(|uadroni ; levanqàsi t\im^Ituosameiite 
d)|lii^mura le artigliere, e levale si.yoltamno mgrm gì' 
inimici, consultando;^ tra.tanto S(ùs con gU altri t^- 
pitafii se fosse 4^ |l!K$jsar4^^1t^ra..tnedesima U fiume 
|f^r opporsi che npn enlrasse^;'i|i Ravenna^ il che o 
non avrebbero iJelihìerato # hféi^ iO*ieilipeno era impos- 
sii^ll^ con l'ordine conveniente, e con la prestezza 
n^e^arìa;;dove^9i'lorb fu é|cile Tegtrtire quel dì in 
SRtti^nna per il bpscd^ «MW^Pineài^ l;he è ^i U^jape e 
la ctt^ : Ì0, qual -eosa^^c^strign^ya i Franzesi a partirà 
per l%p^^uria d^Ue vèjttpvaglìe disonoratamente, della 
JKolpagqal Ma essi., o non conoscendo la occasione , e 
tem#iuj^ di non essere isferzali,*mentre oayiminavanp , 
a^con^battere in campagna aperta; o giudicando per 
r^pra$simarsi lòro^ssere^aUiastànza soccorsa Ravenna 
(perchè Fois non* frdiret^be» di darvi la battaglia) si 
fem^arono, coiitro ialla esffettazion^Mi tutti, appresso 
il'trc; ijEni^lia a R^tnna^ (le>Ye.*si dice il Mulìnaccio ; e 
ferinati atteseno'tùttp il festp di qi^l dì, p la notte se- 
guente a far la^^^GS^e um fosso tasnào lai^o, e tanto pro- 
fondo, '^anto 4)atì la- b]% vita* del tempo, innanzi alla 
fronte del loro iiUoggiamento... * . 

Nel(.^p;Uil,tQinpo si consìgl^^^, non senza diversità 
di psM^eri, tra i capitani Francesi*; perchè daredi nuovo 
F assalii .alla città era giudicato di molto perieolo , 
avendo itmanzi- a se pOjC^ apertura dfl muro , e alle 
spaHe gF inimici : inutile il soprasedere^senza speranza 
di far più effetto alcuno*, anzi' impossibile per la cares- 
stia dptle vettovaglie ; ,e il ritirarsi rendere, agli Spa- 
gnuoli maggior riputazione di quel che essi, col farsi 
innanzi , avevano i giorni precede^^i guadagnata : pe- 



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378 • LiBRO 0£G1MO. 

ricolosissimo e OMitro alle deliberazioni sempre iàiie 
l'assaltargli nel loro alloggiamento, il quale si pensava 
avessero fortificalo : e tra tutti i pericoli (jtpversi piii 
fiiggir quello , dal quale ne potevano succedere mag- 
giori mali; né potersi disordine , o male alcuno pareg- 
giare all'esser rotti. Nelle quali difficultà fu alla fine 
deliberato (confortando massimamente Fois questa de- 
liberazione) come cosa più gloriosa, e più sicura andare , 
come prima apparisse il dì^ ad assaltare gl'inimici. 

Secondo la qual deliberazione, gìttato la notte il 
ponte in sul Ronco , e spianati per fecilitare il passare 
gli argini delle ripe da ogni parte, la mattina all'au- 
rora, che fii l'undecimo giorno di aprile, dk solennis- 
sìmo per la memoria della santissima ;*esurrezione , 
' passarono per il ponte i fanti Tedeschi, ma quasi tutti 
quegli dell'avanguardia, e della battaglia passarono a 
guazzo il fiume. Il retroguardo guidato da Ivo di Alle- 
gri, nel quale erano quattroceiito lance, rimase in sulla 
riva del fiume verso Ravenna, perchè secondo il biso- 
gno potesse soccorrere l'esercito, ed opporsi se i sol- 
dati, o il popolo uscissero di Ravenna : ed alla guar- 
dia del ponte gittate prima in sul Montone fu lasciato 
Parijs Scoto con mille fanti. 

Prepararonsi con quest'ordine i Franze^ alla batta- 
glia. L' avanguardia con le artiglierìe innanzi , guidata 
dal duca di Ferrara , con settecento lance e co' fanti 

' Dice VJnseimi, che Fabbrìzio Colonna, vedato che i Franzesi passa- 
vano Il fiàme, conaigliÒ il Gardena» che gli assidlasse oome la metà di effi 
era passata; ma^ che egli rispose di aver promesso di lasciargli passare, e 
che così voleva, di che venne il viceré imputato; e il Colonna disse, che 
t>oco innanzi per consìglio del Navarro avevano potnto éon vantaggio assa- 
lire i nemici, e il viceré non volle; ora similmente gli potevano vincere ^ 
ed ei non lo consente, il che tarbò molto F animo di chi Tndi, essendo il 
Colonna nomo di tanl' autorità , il che 1* autore dice poco di sotto. 



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CAPITOLO QUARTO. -^ i5ia. 379 

Tedeschi, fu collocata il sulla riva del fiume, die era 
loro a mano destra, stando i fanti alla sinistra della ca- 
valleria : a Iato all' antiguardia pure per fianco furono 
posti i fanti della battaglia, ottomila, parte Guasconi, 
parte Piccardi; e dipoi, allargandosi pur sempre tanto 
più dalla riva del fiume , fii posto l' ultimo squadrone 
dei fanti Italiani guidati da Federigo da fiozzole, nel 
quale non erano più che cinquemila fanti (perchè con- 
tuttoché Fois, passando innanzi a Bologna, avesse rao* 
colti quegli , che vi erano a guardia , molti si erano 
fuggiti per la strettezza dei pagamenti); e a lato a 
questo squadrone tutti gli arcieri e cavalli leggieri, ohe 
passavano il numero di tremila. Dietro a tutti questi 
squadroni , i quali , non distendendosi per linea retta 
ma piegandosi , facevano quasi forma di mezza luna , 
in sulla riva del fiume , erano collocate le seicento 
lance della battaglia guidate dalla Palissa, e insieme dal 
cardinale di San Severino legato del conciUo : il quale 
grandissimo di corpo, e di vasto animo, coperto dal 
capo insino ai piedi di armi lucentissime, faceva molto 
più l'ufficio di capitano, che di cardinale o di legato. 

Non si reservò Fois luogo, o cura alcuna particolare; 
ma , eletti di tutto l' esercito trenta valorosissimi gen* 
tiluomini , volle èssere libero a provvedere , e soccor-* 
rere per tutto; facendolo manifestamente riconoscere 
dagli altri lo splendore e la bellezza delle armi , e la 
soprawesta; e allegrissimo nel volto, con gli occhi 
pieni di vigore , e quasi per la letizia sfavillanti. Come 
l'esercito fìi ordinato, salito in sull'argine del fiume, 
con facondia (così divulgò la fama) più che militare 
parlò , «iccendendo gli animi dell' esercito , in questo 
modo : 



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38o LIBRO DECIMO. 

"«Quello che, soldati miei, nói abbiamo tanto 
rt desiderato di potere nel campo aperto coiSbatlere 
d con gì' inimici , ecto* che questo di ìa. foftuna, stataci 
crin taifte vittorie benigna madref, ci ha largamente 
«conceduto; dandoci la occasione di accpistare con 
« infinita gloria la più nSlagnifica vittòi4a, c^e^mai alla 
a memoria degli uomini acquisjliassé esèpcitÓ alcuno." 
« Perchè fton sdlòHa[yènna, non solo tutte le ^rre dì 
(c Romagna resteranno esposte alla vostra discrezuSne , 
<r ma saranno parte'faiinima dei premj del vostro valore ; 
« cbnciossiatchè, non rimanendo più ih Italia chi possa 
« opporsi alle anni vostre, correremo senza' resistenza 
« alcuna insino a'Roma, aVe le ricchézze smisurate di 
« quella scellerata corte, éstratte per tanti secoli dalle 
« viscere 3et crilStiani , saranno saccheggiate da "^oi r 
ce tifiti ornamenti superbissimi , tanto atgentò , tant' 
« oro, tali té* gioi^, tanti ricchissimi p^igioàf, che tìkto 
a il inondo avrà invidia alla' ^rte vostra. DcTRonifa con 
ce là medesima facilità correremo insino a Nap^oli, Ven- 
c( dicandoci di tante ingiurie ricevute. La quale felicità 
ceto non so immaginarmi cosa alcuna, che sia per 
«f impedircela, quando io 'considero la mostra virtù, la 
ce vostra fortuna , le onorate vittoriie, che avete s^vute 
« in pochi giorni ; quando io riguardo i voHi vostri , 
« quando io mi ricordo che pochissimi sono (ìi voi, che 
a innanzi agli occhi miei non abbiano con ^^aTche 
ce egregio fatto data testimonianza del siio valore. Sono 
ce gì' inimici nostri quei medesimi Spagnuoli , che per 
cela giunta nostra si fuggirono vituperosamente di 
a notte da Bologna : sono quelli medesimi , che pochi 

* VJmelmi mtrodaoe parimente dae orazioni , una fatta prima dal tar- 
dona , e r altra poi dal Foia al loro eaereito. 



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CAPITOLO QUABTO. — l5ia, 38 1 

<c. giorni 46Qpo, non altrìipienti^ che col fuggirsi ^le 
« if um d' Imola e di Fagwa , o nei luoghi montuosi e, 
«difficili, si salvarono 4^- noi. ' • .. • 

«Non combattè mai^quesl^ nazione, nel reg^ di 
« Napoli co]>, gli eserciti nostri» iti' luogo apei*to ed 
« eguale , m^ con ^ant^ggio sempre o> dì, ripari ,^ o di 
« fiumi, o di fo$6Ì; non confidatisi ipai sell^' virtù, ^a, 
ce nella fi:*aude e ideile insidie : beii.phè qufsti non sono 
« quegli Spagnuoti inveterati nelle guerre Napoletane, 
<c ma gente nuQva.éd inesperta^ te chQ nqn combattè 
« mai contro ad altre armi, che t^ontro agli archi e le 
« frecce, e le lance spuntate ^pi ^ri^ E nondimeno 
«rotti con tanta infami^ da quella gente debole di 
a corpo, timida di anima, disarmata, e ignara di tutte 
«le arti della guerra^, l'aniif^ passato ^U' isola delle 
«Gerbe, dove fuggendo questo medesimo Pietro ^fa- 
ce varip, capitano appresso a loro di tantd &ma, fu 
« esempio memorabile a tutto il fiondo che differenza 
«sia a far* battere le mura con l' impeto dejla polvere, 
« e con le i^aye fatte naseosamente sotto terra, a com- 
« battere ^n la vera animosità e fortezza. Stando ora 
«rinchiusi dietro a im fosso, fatto con grandissima 
« paura questa notte, coperti i fanti dall' argine , e con- 
« fidatisi li^le carrette armate, come se^ \% battaglia si 
« avesse .a«&re con quest' istruménti puerili, le non con 
« la virtù dcir an^o , e con Ja forala dei petti e dello^ 
« braccia. Gavej^nnogli, prestatemi fede^, di queste lorq 
«caverne le nostre ^trtiglierie; condurrannogli alla 
« campagna scoperta e piana, dove apparirà quello, che 
« r impeto Franzese , la ferocia Tedesjca , e la geneipsità 
« degl'italiani vaglia più che 1' astuzia e gì' inganni 
« Spagnuoli. Non può cosa alcuna diminuire la gloria 



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3dd LIBRO OBCIMO. 

« no^rtra , se non Y esser noi tanto ' superiori di numero, 
« e quasi il doppio di loro : e nondimeno l' usar questo 
« vantaggio, poiché ce lo ha dato la fortuna, non sarà 
ce attribuito a viltà nostra, ma a imprudenza e temerità 
«loro; i quali non conduce a combattere il cuore, 
(c ola virtù, ma 1' autorità di Fabbrizio Colonna per le 
« promesse fette inconsideratamente a Marcantonio j 
« anzi la giustizia divina, per gastigare con giustissime 
« pene la superbia, ed enormi vizj di Giulio falso pcm* 
a tefioe, e tante fraudi e tradimenti usati alla bontà del 
« nostro re dal perfido re di Aragona. 

« Ma perchè mi distendo io piii in parole ? Perchè 
a con superflui conforti appresso a soldati di tanta 
a virtù differisco io tanto la vittoria , quanto di tempo 
m si consuma a parlar con voi ? Fatevi innanzi vaio» 
(c rosamente secondo V ordine dato, certi che questo 
« giorno darà al mio re la signoria , a voi le ricchezze 
a d' Italia. Io vostro capitano sarà sempre in ogni luogo 
« con voi , ed esporrò, come son solito, la vita mia ad 
ce ogni pericolo; felicissimo più che mai fosse alcun 
« capitano , poiché ho a fare con la vittoria di questo 
« dì più gloriosi e più ricchi i miei soldati , che mai 
a da trecento anni in qua fossero soldati, o esercito 
« alcuno. » 

Da queste parole risonando V aria di suoni di tixHube 
e di tamburi , e di allegrissimi gridi di tutto V esercito , 
cominciarono a muoversi verso l' alloggiamento degF 
inimici distante dal luogo, dove avevano passato il 
fiume, manco di due miglia. I quali alloggiati distesi in 

' VAnsetmi in quella sna lettera, ove descrive questo fatto di anne dì 
Ravenna, fa paragone fra questi due eserciti, e dice, cbe erano qaa^ pari 
di genti. 



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CAPITOIX) QUARTO* — l5l2. 383 

sulla riva del fiume , che era loro da mano sinistra , e 

fatto innanzi a se un fosso tanto profondo , quanto la 

brevità del tempo aveva permesso , che girando da 

man destra cìgneva tutto V alloggiamento, lasciato 

aperto per poter uscire con i cavalli a scaramucciare 

in sulla fronte del fosso uno spazio di più di venti 

braccia, dentro al quale alloggiamento, come sentirono 

i Franzesi cominciare a passare il fiun^, si erano 

messi in battaglia con quest' ordine : l'avanguardia di 

ottocento uomini d' arme guidata da Fabbrizio Colonna 

fu collocata lungo la riva del fiume, e congiunto a 

quella a mano destra uno squadrone di seimila fanti : 

dietra air avanguardia , pure lungo il fium^, era la 

battaglia di seicento lance, e a lato uno squadrone di 

qMattroinila fanti, condotta dal viceré, e con lui il 

marchese della Palude : ed in questa veniva il cardinale 

dei Medici, privo per natura in gran parte dellume 

degli occhi, mansueto di costumi, e in abito dì pace, 

e nelle dimostrazioni e negli effetti molto dissimile 

al cardinale idi San Severino. Seguitava dietro alla 

battaglia pure in sulla riva del fiume il retroguardo di 

quattrocento uomini di arme, condotto da Garvagiat 

capitano Spagnuolo , con lo squadrone a lato di quat«> 

tremila fanti, e i cavalli leggieri, dei quali era capitan 

generale Ferrando Da vaio marchese di Pescara , ancor 

giovanetto, ma di rarissima espettazione , erano posti 

a mano destra alle spalle dei fanti per soccorrere quella 

parte che inclinasse. Le artiglierie erano poste alla 

testa delle genti d' arme ; e Pietro Navarra , che con 

cinquecento fanti eletti non si era obbligato a luogo 

alcuno, aveva in sul fosso alla fronte della fanteria 



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3>84 Ll!9RO MGIMO. 

colbòsite treiilà«^-€àri*ette,'élie avevano similitQdine di 
carrì.iìAfiati degli mtk^f, èarìche di artiglierìe minute, 
con uiat)^ spiade 4dn^hissimo sópra esse, per sostener 
più facilmente P'asiiftltX) dei f^ninze$i« Col quale ordine 
stavano fermi Centra aUa fc^rteiza dei -fòsso , aspettando 
ohe i^ e»er«it»*-iniiAÌ09 venisse ad assaltargli. -La qual 
dieliberazioite V ^mè non riuscì util^ nella ffhe, à^arì 
similmente molto nocivi» lleL principio , perchè era 
stato con^gliìo di : Falifcrizio Colcmna che si peròotes^ 
negl' inimici, quando domkiciarono- a passare'ii fiume ^ 
giudicaiido maggiore vantaggio il combattere Con osa 
parte sola, che qùe^lc^ ohe dava ¥ aver fatto, innanzi a 
se unt -piccolo fosso : nftìEK^ontradicendo Pietro Navart*a , 
i' cui consi^ erano accettati, quasi come- oracoli^ 
dal vioerè^fu d^Ufererato poco prudentemente lasciargli 
passare. ^ 

Però fettisd itfnanzi i Franzesi, e già vicini circa 
dugento- braccia jrl*fosso, coinè veddero stare fermi gì* 
inimici, né volere uscire dell'/alloggiamento, si ferma- 
rono pen non* dare quel vantaggio , che essi cercavsino 
di a ver^: 'Così stette immobile l'uno esercito e l'altro 
par spazio ^ più di due ore, tirando in questo tempo 
da ogni parte* infiniti colpi di artiglierìe; dalle quali 
pativano non poco i fanti dei Franzesi, per avere il 
Navarra piantata l' artigUerìa in luogo, che molto gli 

■ Queste carrette, éSceVJnselmi, che avevano nella fronte alcani spfedi 
lan^4 G0me,nna4afi«i«, acotissiini, oò^ alcipii gHgl!iird|"«rcliibiigi, in- 
chiodati «opra per &re ostacolo agli aoniini di arm^, simili ai carri falcati 
di ÌDario contro ad Alessandro Magno che sono descrìtti da Curzio nel 
lib. V. B Giono ne parla, ma stfocintamente. 

* Leggi-quanto io ho notato di sopra y^e è scritto da Cesare jimekmi 
in nna saa lettera , dove egli dà la colpa di totto al viceré | e non al Na- 
varra , di coi in questo caso non fa menzione. 



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^Q(lfai(}év^. B|& )t^ucà di Fegrai^\irata*jai^tco aJJ' esa--' 
' c)l<)ruiia ^rtédpUe'ahìglUà4e^T€;pi|ndussec*a celerità 

grande àjkir pui^i^ ^i^^ranz^si^nèl Juogò^ proprio dov|^ 

aisano j^llq^a^j *gU arci^ri^ la qual pun|a*, per avere 
l'esercitò foj^a cqrVa^ et^ ^ùasl^Qe spalle dagK ini- 

miei^ dpbdé ^tmiihciò a. ^àtter^H |^r".fiaiipo feroce- 
^ injeitfé , je*. con grmÙss^^o dàgnp 9 nijissiinainente della 
-^ySlljj^riVvper^ i fanti , 

. HiL4uog6*ba9^Xjp^iiV>'aj[J' argine d^l ^ume^ e giuntisi ' 
« |iér rào cpngtandkm^V^^listesi in terca^^non pote^no 
. esf^re^percòssi. .^ ^ v . • % 
« Gi^/dàv^ con alta voce Fabbrlzio , e con sp^ssissìipe ' 

..aiq^cmte importunava il viceré, che sen2a aspettare ' 
• \*^ ea^fré ocvQsumati dai colpi delle artiglierie , si uscisse 

alla battaglia ; ma ripugnava il Na varrà ^ messo da pei^ 
^ versa aih&izionej perchè presupponendosi dovere per 




. pìiéìr\ es^icitOv Sfa ^à tale rovina àyeva fatta nella gente 
•d' jitttìe, epigei c4Y£dl^Jeggferi l'artiglieria, che più non 

- ^ pdt^a^^èfftenere; e^ si vedevano con miserabile spetta^ 

- , ' cqjò iìi^^làtò coa'^gridt orribili^ ora cadere per terra» 
\ «mprtia^ sbrd^ti^e'i patalli,''oim balzare per l' aria le teste, 

«^eJ5ltocipia9pic(!ate3al fes^o^del corpo. Però Fabbrìzio* 

esclamando, c^ Ablìiamo^m (utti vitupefosaipente a mo- 

4r rire per la ostinazione^ e per 1^ Hfalignità (fi amnarranó? 

'. ^mHa: d^^ essere disti'ùtto tutto questo esercito , senza 



*» ^ . 



1» ' A( questo pifedfliimo «cmscptono* il**<6/ofrio nei lib. II della viu. 4i 

Leone f^^^(^rolamo BQfst^Tiéi,ÌÀh.*yill delle sae Utorie di RaTenna, « 

^ JP^Hselmì n^^HtiìetietBt àumàndo la orazione, é T ambinone dd 

■^ : Navaira. <( * . •* . "^ ^ ." ' .* t . • 

. • % Digitizedby VjOOQIC 



« €be feccÌMno;BiorìrV jin ^o deal «miiirid^ Dòye sono* 
« le ii<&yre tante vi^d^ie j^ntro^at FnKii^f fti ? Ha I^ogpre ^ 
f /di 3ipQigna e^d' Italia a perdersi, p^ vm 'KàVad^?»r 
gpùife fuqrà dei fotod la aua' j^ter d'arnie ^nys^asiti^ 
tare o ìffieuia^ o i^aiidaiiieiita del Wiie^. Ofetro^P 
linaio seguitando, tutta la cavalleHa;^^! ^stretto l^et^ 
Navaita dare* il segno ai^ syoi T^nti^;' i «quali* riz^tisvcOn' 
£Eiìroeìa gràiide'^i attaccarono ^ \1agti^'tede^d||i'^ ^i^* 
' già si erano afffrosÀmati ^ loro*' • , * * > ''*"-* 
Gott mescolata tutte le sgué^rc^^ coiìiiiicà^ una ^^^ , 
.dis^ina batta^ia, è aqiza «^di^l^io c^l]e tbAggio^ji, che 
1^ ntcdti anni Kves&e Veduto f taira:; 'p^nehè e Ia«giw- - 
] iiata ^ Taro er^ stata piKxx ^Itpqjiìù ptie un^gi^liaglo 
sim^itro di lance; e iibtti di.arineiae}.cegi^fll ^jEftp<4Ìt * 
^|II30b6 più presto disordini y o teine/*ità ,^ ct^ baAa|^; ' 
e nella Ghiai^adiMtdti non avtevà dell^eseratò dirVeiMi** 
liiaiii. combattdto altrof^che la minor parjte;jna qur 
inescpiatì -tutti neUa -baAta^, iche jn.^^eeva in^imd^. 
iNigim luadoa, senza JmpedÌ9»énto 'di àc^ue^ o^ri^|n , 
covnhattevand due eserciti di animo* oitiniao^afia.yk*i'^ 
tortai o «ila morte, infiamiftat) n^ s'Qlo'|i]d'pàrÌQB|o^ 
dalla gloria 9 e dalla .sper^n^y iQn&>Doorà<^^3p^*£^ 
.naaione «ontro a nazione. É fu jitemoraCìfe 6pifttaob|o,« 
che nelle scontrarsi) i iantiiTédc^^oóifv ^i$pjG^||y}uqU^ 
pMsaìsi itinapù agli scfufkkpni dtìe e^^itai^t invilir ^ir^ 
fiati ^ laeofto Ebipaer Ted^ sqo^ e Zamudio SiMigniio^^ 
combatterono quiksi tene per provooaaipiie , ddVÌ^, anp^ 
maRxato Y inuntco, restò lo Spagnuolo vincito^. Ifoa. 
era per V ordiiiàrio pari U eavàllerisrdeir^e^ei^^ito della 
Jega alla cavalleria dei Ptahecsv; e 1* avevaifia jl;dì con* 
quas^sata è .lacerata, in modo le- artiglierie , • cfie er^ 
diventata molto inferiqj^e. Vero ppi^^^è^ebba soetenitata 



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,•■ -■. •• ,• 






iì£ido,addQ>s&o,a kjrò per %iìep Ivo d j. ^^ri òo|^ véittH 

. gtiaf qp,* ^ òQnHmll^ fì^ti. l^scmtl |d Blcjntone , ciiinmatcf . 

■jdalla Paiissa; «f pre«o ^ìà 49Ìf»^)diiti'del duca di ^eis 

rar4\FabI>jrìzib Collina , 'm^rfe /he, valorosamente ' 

' 4iqonìb9tteLta;'^0n pòtenSowpm resistere , yokò. le wallei 

* lliutat»aiìM dall' esempio dei capitan» jjperdhè il vioerè 

e C^agia^, non &f^a là^t^ma esperienza della vu^à 

. «lei Suoi ,' si inesserò i^^ugai , cónpuc^Idóne*qUa^ilinterp \ 

il terzo squadf'Qpe :e con lorot^ggì Antp)^o ds^lJeVà ^ » '^ 
' ^oi]eu>'altoi^;;^i'pteeok'cond!zioi^^^ nia«,c^e poi, "esér-^ 
{ i;%t(t per ikiolfi s^itni In tutti i gF^di d$41a inilizia, dir/' . 
Wtitò clnaris^iinoeapi&nol ^ •'*.•* i >* • 

•' • ;^failo gia,.$ta]i tòt* tutiji'i ca^lile^eri , e,» preso* 
' il njarcbese (li Peéoar^'l^fò capitanò ^ pìédà dì sangue 
- ^^1 fetité, cp^e anche i^ njafblme ^teljà Palude, il*- • 

quale per,«n jcain^ p^fì^.dé fbsde é di^grànif aveva 
. • -'^n]^ tto afl» ^{^ttà^ili oQrt dj^t^ihe* grund^ il secondo^ , 
' ' squadrone,, coperto -iU terreno. di ^val^i e ài uomiai ^ 
«^orfi;j^'e no^diinenoja J^mJtefia Sp^giQioIa. abbandf-^'; ^ 
^taxhi èairaUi; òotnb^eVa'con incredìbile fei^^cià. E 
•s^ bem^, ji^^.^^rìpq «cdntró con i fenti 'J'0aeschi ; era ' 
- iSik)^ ffcplSiitòAurta^ dalla ordinanza 'fénqjsi dell^ pie^ « 
;cne^ at;coi6tat2»n pfi ^Joro^ati^/un^hem dell^^pade^ 
» « mol^ de^ l^gnilofi, g(}|^ti« dagli scudi entrati» con 



Ùpi^palr tra ie g^iq^bè -deùTcdéschi , ^ranp con^^grìin'* ' 
disama uce^yoqe^perv^uti già quasi a jm^zzo lo squa* ' 




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388' uBROj,M|;:m0/ * * . 

4ronevPiWo)ir'qtiatfri fàtitr Guasconi', occul3Sita*Ia vì^ . 
irft il ^ume e Vargine^^ avevano «saltato i iàntt It^ 
liapi; Squali ^ ''If'^P^.^ avess^^ó /^tlt^ nyoltoT dall' art^-^ 
|;Kerie ^ nondimeno gb riinet\$iy^o , con egnaT^Ta Uudé ^ 
se coq tina compagnia di ga valli non fosse entrato tra*^ 
Wò Ivo di A^ti^^i^ còn^ maggior, virtù ^ che lortm^a*'; 
pcrch^,- essendogli qua$}^ subito -uccnsó im^anzi agli»* 

^ occhi prpprj Vivèrroè suo figliuola,' «gli »ion Abolendo ' 
sopravvivere" a tapto dolòr/è^ 'git|atosi-òol cavallo pella 
turbabili stretta' degl' inimici , combàttenSTo^ cpmè si 

" « tenv^iv^ a fortissimo .(^gpitano , e^avendone gia,ii|(qr{i - 
aletira di loro, fu -ammazzato. .''•■* j^ :. 

^ .Pictgava.no i fenti.ltahani , non potando r^is\fr?» £ 

* 'taYT^a moltitudine; lìia* una^ parte^ dei fanti Spagnugli , 
^rsa ,al soccofso^ loro \ g1^ fermò' nella battàglia^ e ij, 

fanti Tedéschi, bpprè^i dall'altra garte dagli Spaglinoli^ 

. * a fatkja'potevanq j)iù resistbre. Ma essendo è'^'^lé^il^ 

' tutta ^a. ca^Heria^ *si -vo^tp^ forp^ad^ssi;^ Fois cpn 

'grande me^ltitiidine di cavalli; perii che gli Spagfa^tolil 

^piuttosto ritra^nd^osi, che s6acQJati dalla^baitagU^. iipn 

* ^ pertdrt)ati in pafte alcUna gli oglini'lòro, entrati V\^(i * 

via, ch^é fra il fiume e l'argine, camtpinanaò ^fpi^so,' 

* e coti la fronte stretta^ e pfer^er J<vfortè$za di^ùc|&, 
\ rìl^iittandoà Fratizesi^ ceminciàponò a^isC^^ta^^^iieK 

•qual t^po il Navàrn*, ^èsiderosO|.piìi di tìiòrfre dne 

►^ .di salyarsl-^ e però tion»si gafitendo dalla batfegli^^ ri^ 

'maf^C'prigiq^t Ma ncTn potendo copiportare Fojs^c^Jip 

^ * quelki fanteria Spa^nliola se^e and^ss^ q'uàsrcptivé 

. V Senve^*Jh^mi% ch^e -il FQÌ«4à moko dh^lif&r tato dai 'W)i <|^pitftm[ 

.A penegokarHa iantoia, <ftioiin»6rdinaiiBa se ^e '«ndava^^^tan^aaifti 

• r essere rimf^sto "signore"^ eadtyo^senza^pià'tentv'e ìa f(>rfii^9^ nR egli 

4jra{6 darsno^esUno di^e, cÉt la stt^' non safe'hb£ aÌfhimBnti^taUi*v»t- 
••■t^ria, ^ èok^rcMaWi m ordinanza coliqro capilAno fbssercv^TMtalr.- 



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byGòogle 



,. CAl^lTÓIiO otjAJlTC). ^-r Ì*5l2. 38q 

vinfcijM'iee ^ salva* nella ordinadzsl «uà , e cònp^penSó noii . 
esserjDerfettSìa jittooa, s^ questir comfe gy'*af[ri.nap 
sr rompevano ,' andò furiòsamentiB ad'assaltargU con/ 
^ùna sqVsi^m*a di cavalli/ percoteqt^^ lijpgli 'ultimi.^ Dai ^ *" 
* «^uali £^tòri|iptp , Q gittato^Sa cs^illo, o comè.dlcuift * ^* 
^iconoi^ssendogii caduto^, mefatre combsitteva^ il cja- '« 
VJHlo addòsso, fèV^o df una pjcca inup fianco i fu 
étnmazzato e (se,c^nie*si*credQ è deside1ral)ilè il moriva? _ 
a chiB Ti^^olmo* dejl% maggiore pros^lr^^ mo^'té 
, certo^ felicissima ^ mprerido^ a^^q^ristata^ gtà sr^loriosa 
vittòria. Morì 'di eia* iboUo giòv^e, e'con-&ma <?Jfigo- 
'Jai?e per tutto 'il ntondo ,' avendo in meno ^i tfe^niesW, ^ 
f ' *e jprima* quasi ^capitano *cHe* soldato , con fncrèdibile 'u 
^^ . '^icelerttà e* feroce óltenifte' fanfè fifetorie. kigiase* in * 

* terfe appressò 'a lui con venti ferite Lautrecli quasi • 
pel nadrto, clie poi condottòajFerrara, per la»diligeritè, 
jpura dei n^eqici àafvS ]a vita, v * '' - * , 

,. \ Per "la morte -di FCjis Turono'lascjati andare s^nza 

molestia alcuna i' fanti ^Spagnuoli : ij ' rihianen te tìeU' 

esercito era già dissipato, e messo- m ruga, presi i^car- 

lia^gi, prese le bandiere^ e letartiglierie,- presoci! le- 

j'gato del pontefice/ ihqdale^ dalle manide^U 5tradìotti 

-Venuto in potestà (It^Fe4iBrigo da Bozzoli , ,fu da Jiii 

, '^•p^sentato al legato- del 'cj^ncilio ) , ^"^ presi Fabbrizio» 

• ' . GòLonns^ ,* ]^etro * Na varrà ,t il tnjyrcliesè d^Uà Palude , 

' quella di Bitonto, il march^e df Pescara, e molti altri 

mignon e.barpni eKxi6)ratl^gentiruo|QÌni^pagniioli e del . 

«gtìif di,* Napoli. Ninna còsa èj'^iù- inóeiTka , che il ntt- 

* meroiieì^irfórli nelle^attaglìe ; nondim^no^nella varietà 

. ,^ ' *'* ""^ ti * * ' < ■ , ., * ' 

• , ^_*0&dnrono'i\^Gihvi6,pì^nselmi;che^on^gapTe di to\§t reàeA^o%i 

dagU^p^Buoli ferito , gridò più volte il ilome apo , dicendo che era Pois , 
^fratello della i^egìqa d^ Spagn**, il die però non gli giovò punto. 



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\ 



3qo tlBItO 6ÈC)mD« *^ ' ' . 

. ili mólti»» affeiinà j>iù* cbmuneifndìite*, ché*Hi»a ifUfho 
esercita é^l' altro o^korirono alméno ^ìedilmla uittntnì ^ 
il terzo dcf I^Mnzesi;. i due' teraì^defli^Hiiici: Alfri 
elicono di inoiti|>iìi^ jp^,sen2adu6Kio quasi tutti i^pl^ 
Calorosi e più eletti ,lLra i Squali de^i*6cote§ìas^i K&f«^ 
' fidilo 'dei Pàz^i^, condottlèf 6^3i^eliiarf qoiA&,* e^^tis^ 
4Ufx4 feriti. Ma in- questa^ partfe iu ^hza eómpara^k>$ì 
libito niaggioi% il ^anpo del*viflcitpré per la molte di 
Fois , d'* Ija di Allegri ,' e* di mpl^i ubmoii déHfi. in>bi{ta * 
PranÉe^e : il. capitano* lacob^ % p4ii SSitn valóVosi^capi* ^ 
tanì jjdla fentécia Tedésca , alla ' yirtù • deHa " quale sa 
riferiw; nfa ^o» piazzo gt^kiide del 'sattgui^Jbra^^ ^l^ 
fecola •Darle la Vitìòriat mdki capitai ^iiìsfelAe éoii ' 
Molar^p,' dei^Gua^cdt^ é^dfei Picca'rdi\;le Vjdali nMioJi^ 
perde rónb quel 3ì «appressc) ai J'^aiizesi tiìtta'^l{t*glbria 
' idro^ ma tfktto il danui^ tmpassò la ritòrte di Fbìs j^toI 
<juàlè.niaiica,dd.tùtìto'41 feervoy-é*6f fer^c;* diqaeJ|J 
esercitò.' Dèi vinti ^ phe si salvaiionò nella -bw^glfiv', 
fileggi la-maggiòt pftr^è versò-Gèsena, o^lè mggtVapo 
nei kiòghi più Ristanti] ne il yiòeré si* fermò' ^rfna^ ithe 
in Ancona, ove pervenne Meoihpà^ato da'pochi^sìiJl^ 
cavaTlì. ifulfenne Svaligiati f e iriòrtr-inplti. nella fucalp. 
pérckè i ^paesani correvano ^pérf tutto alla.stràde j eìfl 
«duca di^tTrtóno/il (^u^le^'^andàl^ molti, ^i prìnMt Bm*- 
dassàre da.dasVglio,ne*2tl*i:e (Jì FAnci^'^fe^^^hdo 
uomini proprj appresso d* Fois , si credeva €be4ì^cui»f ' 
^ temente avesse convenuto ^iontfo ''a| ^^;nojQ. sofo 
suscitò^ coniroa quagli cnef fuggivano," gj^iionfini'^fsl 
ttàese; m«-i iftandò soldati a fare il medesiitifò nati tern-' 
tono di Pesaro. S^li quegli, iJierfuggiroijo {)èi>le terre 
*de*i Fiòréntiiii ^^ per coiiiandanf^nflb degli ufficiali* é*pm 
della repubblica ^ssardiiQ illesi. ; ., ^ • * * * . * 

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• ftrtern^tQ i' esercito viriqjfbre^^gU alloggtamenti , i 

iR^nnktì ^mandarono* sjjibito j^\ an{;|ei|M)ersì ? ma^ o 

*nieÌi*ret;Tie CQaverfgono, o -clip* -già convenuto , àtteii- 

. *flbno àr orditjare vettovaglie ^per mandarle nel campjo, 

Uiteftnessa 4a «'fliligehza del guardarq^^e mura ^ i £anti 

Tedeschi «e Guasconi , enti*^ti ''perla rottura del muro 

baituip n^tQÌ!ra, '^crudelissimamente la saqolieggia- 

ron(^^2^^Bce]id<§ndo|^ a *ma^gip«a. crudeltà, oltre alT 

» odio nat^l0 contro al njpme* Italiano , lo sedgilo de) 

^nnoi H^eyutd ìiell|i giornata. Jiasciò inquarto giorno 

>dipcN Marcantoni Colonna la cittadella, nella quale 

* 4 éta riliigghb^. ^Ite le'^persone , e là ròb^; ma prò* 

m^tt^ndo alV iojcontro insieme po^ gli altri capitktu' 

^ di i\on pr^clefe'piu^inì ,,nò»coiitro al renli Francia, 

•- B^ c6ntrQ'al,<;ondlìo Pisano sing alla festività prossima 

'diMajrià Maàdaleiia.'tn^'maiti di poi il orescovo' Vi- 

teìÌQ.^epo^ con oeiAb. òinquaiitaifiBinti alb rocca , ^ 

édkfcedi^t^^i^Ur Q^M^ina fiicultà , consenti di darla. • 

^^[uitarodQ* la fortuna della vittoria tutte le città 

^ XlmBla.^ Jfurlji^ dì Qe^Tìà^ e ^i Rimini^ e tutte le 

rocche^ni^RQmstgiia^, e<lie^tlo queUe di Furlì e d*^ Imola, 

Ig quali tuttét^^coifo i^icevute d»l legato in nome del 

coneilio. i^isanó. V * , . '^ ■'* 

'^- ■ ■ ■^-'' ':•■■:. • •.•■'■.■• • 

' «^Dic* V4n^€lmi j ctie di nascosto roppero il maro di noovo, fidandoti 
i I^avignani 4«lla fede deLdqca Alfonso, ^a il Rossi dice, che entrarono 
per il iptto di prima, 4à è ^gno da essare letla hi qnell' astore qiyesto 
* miaerabile'aaodo ttir&aVentia. * ** « 

. .-^ Chilina?a>i Oialio Vitelli, edera*vescoTO dlCìttà di Castello. . 



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59^ * / LIBRO sEciya': '** 



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CA^PIJQLO QUtNTO.^;; f/ 

. • . * • •' '■ ' t ■*•** «A *^ 

Novella della rotta di Raveima 'recida, a tloma. I^ éÌr4ìnal»^ejortanQ. il - 
papa alla ^cfi. Gli iindiasciatori Aragonesi «^YenetL lo persnadoua 
a coiitìiiiiave la'gqerra. 'Bfan^gi diversi per l^pac^. Apertarj^ dei 
concilio Lflteraifeiisei U cardinal de' Bfedici prigioiie ^^Milano, di 
Svizzeri in Italia al soldo del pontefice, ^avia battuta dai«colle§ati. 

« Bologna ritoma sotto la chiesa. ^ , » - ' , * * 

'' '.♦■ . '^ " 

TAa resercìto Franze^ ^ ripSasto p^r k morte ni Foìs , 
' e per tanto c^pno riceVutb ,. come stupido, «cUkuoraya 
oziosamente quaftro miglia appresso a Ravedùa, e*iìi- 
certi il legato, -e la Palissa, ne'i qUaj^ ^jnt pervenulb if 
•goyemoy perchè Alfoifto da £sti se n^era'gtà'^tornsltò' 
a Ferrara, €|ifiil fosse la«voló;ìtà delire ,' aspetta vaijp le 
sue commissioni, non^ èssendo anche apjorfiÉi^o ai'éolv- - 
dati di tanta autorità^ t)he fo^e|)àstante a farefmuoV 
vere.r esercito i^ipUeatq» tiel dispensaro*,^o mJ^|f|ftre 
. in luoghi sicuri le robe Vagheggiate., e indebojiti tllftò 
di forze, e di ànimo p^r la yiàória acquistirtà con tanto 
. sangue^ che parevano più simili a vjypti ^dt^^a^jviijtci- ' 
tori : onde tutti i soldati coii laménti jfi cfon lacrime 
chiamavanail noqie di F^js, ti <{dale,.nón inipedi^*^ 
uè spaventati da còsa alcuna, ^vrebberb^se^it&to«per 
tutto. Né si dubitava,' .che tirato dall'inipeto^dellsr sua - 
ferocia, e dalle promesse, fattegli,* secondo si^diceya, 
' dal re , che a lui sf acc^ùistasse il, reame di Kapj^U , sap- 
rebbe subito dopo la. vittoria», con la co];isùèta ci^rità ' 
corso a Rgraa; e che il pontéfice e gii aferi -, non avendo 
alcun' altra speranza di salvarti , si sar^h^ro pi^ecipito^ 
samente messi in fuga. "»-*'.• ^ ^ ^ , «^ ^ 

Pervenne la nuova della rotta a Roma H t^odeciino 
dì di aprile , potatala da Ottaviano FregosQ , che cotse 



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cói/i^cfSV^li àelfe póstela FoWòl^ v 

. ♦grandissima paura, ^tuinulto^da^ttittà 'fa corte.^Itei'o i* 
. caj:4P^ì c<mcorpi subitamente 'al papa 1<> strignevaóo 
t^ Jjimaii pfeghf 5Jje, ^c^ett^ndo la'^acè*, la^ual^, * ; 
nonlul^v2in(/^otér3Ì^Ott^)|eì;e. as&ah 4^1 re cfi 

Ifrai^aj.sidisp^^aesse^ CberàrgiJ^jtól la ^(fia ^^ostp- > ' 
licà , elà'personlC^ua^da thnii pericoli : ayére jIRaticato* 

• assai Jp€f^ la^saltazione della chièsa*, e pfcr la' liberta • 
jtfltalia , Q acqùist^o-gjqjia ^^^e 3elfe*sua saxfGi mw ^ 
Mhzip^e ; ^érgli staj^n òcBÌ |)1etossfefaip»esà^avverka', 

* ff^^e si fra vedutcj pa? Canti, seg^i , ìa*yoi6nl2f di JSft(>, 
^lla^Juàle ^krsi opporre «Ofi.èsséré aUA*, ohe, m$f- * 

^ nére .^itìL% chieSai in^iiltimà rpyina. ^ppartentcre Jnu 
•^ l^i^^x^he^hiì , l^vcui*a* della sua sposa.; però rììnei^*^ 
tergene a)la volontà sua, ed ab1^CGÌAQ^'l^*p£u:^^9'se- 
5ond^* il precetto -^elj? B vgiigelio , i tfaess^? ^i , tafiiU * 
,a£fanai Ja sua veeòhies^za ,' lo stato-^^I^'éhieàa', ^ lofta 
V la "^ua:' cortei, che nofCbr^|rva, nè,«gri<l^^ altra che* 
f^e. Essere dS credere, che gJà«f vfticitori;^si»fd|sei:o 

.' joaossi per Ve^re^ JlòmaV<;oi^ i quah sàreUbe congii^o * 
iLs.e^ n^gote, (^oi;^gittgQére&herst mdsJte^hiìà^S&te Ru- 

* : befrtq Orsjpo, Pompeo Colpima, Antimo Sa veKp'^tfietrp 
Jf ar^anp J^e Itenzq ManèiHp] ( ^e$ti ^ sapeva che pice* - 

' ^ Vùti danari dal ré di t^rancià, si prepara vanp*Ì9Sfti.o 
innanzi alla ^iop^^^^à pejftiidlestàre "Roma), ai quali'peij- ^ 
coli cte^tro rimediò essere, ^^kl^gace'? " 

» ' • "^ {^ altra parte all'ambàsce tori d^l re di Aragona ,*e 

'*^ /del senato T^neifano fa^ceyano in^ contrario* g^an<H&- 

* sitila mstanzaif; sforzandoci' pVsuad^*gli. non èssej^e le 

eòse tallio afflitte , uh *^dt>Ue ^ tairtq esterminio , né • 

cdfiì dissipato'!' escfrcito, che nop*si potesse in brevis- 

sijno t^mpò^ ^. con gcave spesai riordinare : ^sapersi 



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304 * 'k'iwo ìyMCiug^J' . ^ .* 

pure il yi&orè' esse^^ salvato otmlà a^^giou^'InSS (|ei 
^eavaìli; essersi partita dal fattoci aron^ ristnetta ìosieine^ 
in ordinaiizft la fanteria S^l^^ignu^olaj; Ja quale -sè'^s^ . 

' salvd^, come erS Terisvnile ^ ogai^alf ra p^i)itare^ì|^i^(ft 
ptDpoIo momeiUip. T(è ^v^i da temere c^^ i Fraiy^e^l - 

. pjDTte^ero Vràiiìe -^ersc) Roma 'CqsK prestò, ^^henop.' 
-ifv.ésse tQm|)p ajprovved^rsi , yer^chè |hi Aeces^rio che» . 

• {lUa |norte,dQl capifono fosseiH) accoApto^i£ttì-.]3[)|plti' 
dkofdini ^-e inoltr dan^; edi^s^e'per tbnèi^li sospèsii 
il' sospetto degli/Svìzzeri, i' qugli^ non .essei;ie :p^ 8a 
dnbjtare che si-diehiai'erobB^rcrpet;k lega, ip,«c#ode4 
fé^A^a in tk^mbaìràift ; n^ si potere spe^^ di |i|U^. 
néfe là pace dal ^^ di^Francia , ^ -iibn'coQ tonàm^^ 

^^ii^tmtistime^ e pi^e*à^ infefnia^e ay^|^ a fJÉlliPf^^ 

• jGindhe le ieg^ dalla sap^fbia*di Berniiplino Carvagjal , 

• é 'daUa, in$olen^di j^ed^rigo^da'^w* §eY^rin(3u^Pgrò 
o^i*dl|!r4 cosa e^re^tì>igKore,ch'e-^^cm^ tanta indcf-. 

^ ^nitià e coi) t^nta infamia ^btté^sl sotto ^ni>fne cK pjice 
i^ acerb^ima ed'^iijfèlii^ssìma «efvifù, perchè itgn 
cesserebbero^ mai quegli scisnjat^ci ;dt persegùf|:arè hr * 
dì^kà^ e \sL vita 3iia. l^seremol^ rai/Vjf malé^ quipdo 
^ure*Efoim pbteàse ìbte altrimenti , abbandoq^eB,j)ida , 
* e ridursi cQn* tu(ta )a éorte 6 nel r^nd di !^{ap<>lì , a 
a Vepftajli ,' dòvè^'stkrebbé qcm Fa mèdesiinà sicui;tà'è|((^ 

^qnore,*e con la medesima^ gr^deì:^.^ perchè coli. ta 
perdita di'.RonMj^non^i^pèrdeva ih ponfiScator^amiesso 
sèmpre in ^ùalunjGpie luogo fflia persbnit del pontefice; * 
Sàtoae^sé pure la salita oo^fiutza ^.e^magnànimità ,- per**^ 
«hè.I^dto , scrutitfiore dèi tilori degli^uomwi nim^ 

• nanefaerebbe di aiiil^r^il sdnfissiino pilropositò suo, nà 
abbahdonsore la navit^Ua di 'l^ietro/ solita à essere ^* 
adta' dalle <»ide del mare, ma^aon giaaiinai ^ ^mm^r^. 



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ceVli ; -6*1 princmr cristiani ^concitati' daÌT zelo èeìh ve-* * .^ 
Tigione, é dal ^sfioce deìEs/ troppa ^v^nde^fèNi^l rei di * / 
'^ Fra'hcia. pìgliei ebbero contai tèlo^for^p, e <^ ^ ,', 

sone proprie 1a,$ua difesa. ^. ^ * ^- -^ * ^; * ^ « 
* liOr qual| ocfóe tìdiva iI"poatènca con^mmaaihbi^'*" * 
^uità*>e'sosp^isiòne^ è ixf-inbHò che sj potesse "fecìl- 
«Tinente oomprénderè ^ comHattei'e in lui/^a'^una parte- 
*V odio^ lo sd^gno^ è la%* pertinacia insolita xrd- (^sse(6 ^ *« 
$inta, tf •** piegarsi ;/d^iralGra il pencòIo\eil ti&ore* * 
S'si com^ende^a aiJfe&e'Per le risposte faeeva aglr\to-, * " " '. , 
bas^iaj^ri^'nòn gli ej^sere |anfo*ìnole%to l' abbandonare^ « ■ 
. RodSt, guanto il tibp: potefei'iQursiHii luogo alcuno*^ 
• dovè non fosse ^n p>teslà jdi^aitri. B«ro ti$pdndeva«HÌt' 
cardìn2Ui*VH>tei:e*la p^cei Coi^nJtendo^si ric^ • , *^ 

•yiòreiìtini x^hasé ne-intèrpiJnesséto^CQl ré di Prl(ncia : 
, e.n6l!dimfeno*^non*ne Visriondeva cdn tal risoluaione, * 

^ nè*con parole 'tanto aderte, che fa<?Bss!Sro* pifena fede • 
^ 4^Ila'^sua»\atcijrione : "aveva fatto * veniror^' da Civita»^.' 
' viecchìA irBiascìa.Genctvese, carAtsto© ;wlte^si;^ kstle^i. ' 
oncn^ ^' interpe!r<v4 6he pensasse a j)artirsi diJRaina^ 
e^- Dpdo^^ipoM' avwa 'lìcenari^tó : ragionava di soldare^ . 
quei barèni; Róiìirfni,.che*?ion érancf nella^conjjifUi'dP ^On 
p fflialtó : udi>a^ volentieri i"cf)nforti' dèi ^ue ambasciai - . 
^ri^a rispondendo ìì più delle volte paro|e pontuine» .^ ' # 
^ liose/e piene' di ^d^gnb.vNeJ gual;teinpt) sd'praweijiiii ; 
.. * ^iulm dei MeAci cavalìer di*AoJf^, cKe^fA ^oi papat/- 
il' quBÌM. il cm^dinalé dei Jtfedici , ottenuta licenza da} 
' ^cardiùalè San'Se verino, giandàva dair eser9Ìt% in- noim ^ ' 
"per raccomandar^égli in 'tanta ' calkniità ,^ nin ,in fatto 






' Giulio dei, Medici , cb«- fn poi*f>apA» Clemente VII, «ra fuggito (làlU 
battaglia , a 'CeseiM con Àmouio dar Leva^ e avuto , poi salvocondotio dì 
aii4jif tt {vo^fire il titrdio&f Bt9 cogino l d»lbi fo-^pedUtoTal ipapn. Ghmo* * • 



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3q6» •^ % ' LIBRO DECIMÒ* ^ ' * " > , 

^ per riferirglf lo sbKo^elle oose.JDa ci^ avendo intese^ 

- * pienamente«qtiauto fossero indeboliti^ Fraij^esi ,' c^ 

diiattti capitagli. fo^s^ro' privai^ quanta. v^I^osa ^e^ite 

^vessefo p^rduUli) ^^g^ti fossero qy^gjì -che pecwolti 

gjprhi ^rano jputilifper le fe;Hto^^asti inSy^ti i^f^alìì , 

- dissipsttj parte »dell es^rc|(p yi^varj It^oghi p^.ibsac^ 

^ gì Ravenna /i capitani sospesi p incerti d^J|i\Volon^à> 

• del re, né fnolto concordi tra. lor<^(pe(chè'la^Pal^ìs^ 
' ricusava di òompprtare la inso|ej)%a di San Seì^j^no, 

ichje voleva fere T uflS^o di legato e di capitajio^ se» 

• /tirsi occjiUi mormorii-delia, venuta dei ^'Svìfezfn: nà 
vedersi segno a/cdno, che. quell'esercito fo^eifer niuo« 
Versi presto (daUa quale rc^asSone; confortato mptìo.), 

. \ il po/iteP^^ inti^pdottplo^jiel concìstot^o^ jgll*fece ri{^ 
jire ai cardinali le'cose^ medesime. E^si aggiunge ,• <jhe** 
.il 4^uca di yrbino-,' quel che lo movesse^* niutato^oDiir 
■ ¥gli<^*> glij»aridò,^ offerire dugento.uombii oTanùe^e 
* quattromila; faffti. *, ... -. . • , «i*^ *" . ^' - 

. * Perseveravano rfoiidimeno V càrdiiialr^ a stimolarlo 
^Ua pa^e; d^JIa qyale banche con Je parole fon ^^i'- 
-.jl|p[pstiia$s^ alieno, avf va nòndinienorrisoltrto nqlh l'ac- 
cettare, se non^p^^kimo e disnerato' rimedio. Anzi 
< quando beni? al male presènte np9 si ^i|i)o^tra]^s^,tìje- 
^^. ^iqina preynte, q^^riv^i piuttosto al* fliagfretdi fTom^ 
purché non rimanesse aj tutto disperato jjhe dalle ar^^i 
dei princìpi wessl ad essere aiutata la caùsa^us^, e 
sp^ialmeqt^ che i Svizzeri si movessero.' I. quali, 5jv 
' ^ mostrandosi inclinati ai ' suoi «^desideg l àvevan^' mpltT 
dì innana^-vietaio* ^li ambasciatóry del re 4li Fi;ancia! 
dì^ andore* al luog^ , ud quale , per ^elierminare*so|u*a lè^ 
dimande del pontefice, (Son venivano i. deputati da ttUti 
i' cantóni.. Lampeggiò fti questo statb alquna^sperànzà 



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^ della fif^e^igerctiè ilre di rr^ciar^ iri^siriz'r.si^ ^cesse 
la giérns^^tsf^ com^os^oda tà^ti T^eS-icóli che gli sSpra-- ' 
stavano ^da tante parti, e ldlgriiito^dalla\vìii^etS jli* 

- Cesare% e dalle dtiré l&gi gli'ptoponev'aV e pefciò* 




toai liei tuttct3vèVari(J^abbafndona|i i ragidftamènti ^ella -^ 
^concordia ,*^rd^t)nèticfi) é^scB^' cemento ^e Bolpgqa si^ 
reftdesse *al Donfefìce ;^ji?!^e Alfonso * da ]^stì, gii • dess^ 
-'tùgò, e .tatt^'ìé ferf% te^Kpva tiella.tlomagiMi :* opbli;^ 
^ |assesì*al pfepsò'aiittcor, e che pih'noq Si facessero sali . - 
bielle sue'l^i'Yf^^^ésì èstingpess^il cópcuid ;^hpn dii- ^ 
hinn^^do dal paggT aHrò ^' che^ là pace solamente cbh: 
» lui*: cHe.'Ajfoiisoida Erti' f/jsse aVsota^p^^He daasure," • 
^ % rehitègrato nelle ^jmtilcl|€? ragioni , f privilegi 3iioi ì 




haìi,i^pr^àti^'^l:^avfv|^^ a^^tbial cònCìtiotSfe qi] 
coudiziijiii^^henchè i di^e parcRiiali temessa'ò'i/èhè es- "^ 
Jentlo dipt)i^«ucdedtftà 1^ vil|:bVm jjoh*fpg5ero j^ù, còò- 
•gèìi^te daT^T^, non A»dtrong' proporlei^in alti;a^ma- 
niella : qf iPpont^fidl*, essendo 'J§yt] ónorktie'.perlui, 
ne 'Vòlendt)' ancfoi:j^ mantf^'afeqtieila occulta*(ìelibera*' 
^iblaa 0hp *ave^ tìfeirs^ìtftilo ' giq(|ic,o*4)otere riciréarlé; 
♦ anzi-forà^essrf^iùufil^hgegljaTsì di ^off questi 

■agÌQà^èfUi 4è*fn:ini ^ fé ,' pejr. ^ver, iriiaggxpre spc'izih 

^ '^ Qaesto'Pabbrìzior.3erGarrelì|o, fratello jli Carlo Domeni^ caifliinl 
4el Fiòàlef di cai/M parlato d^ sopra; fa per if ano gran ^lol^ elcifo 
^ran' ibae4tij>^ della Veìigione j&. Rodi r^ann^t iSiS, e <y>9 tanta diligenza , 
'^«vigilanza /fcAlfì^ ,te jgastodi^aei li^^go^ che i 'Tntctiì iipi:^ardIro^ffip4 ' 
'aifaare-ampìataVfe': • '•l'^ ,^ • * . •' v' o 



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Gòogle 



diteqipÒA vedere i progressi 4IÌ coloro'^c^t^àllrjsì 

' . coUóf aviuio le r^iqtiie ddte »péranze.suQ. P^rò ,.^een4p 

del m^esìmo in6taii2a fu^tì t capoiDali^ ^so^^ricaif^l 

Bonò giorhp da^a. giornata Questi «òpf;adaetty;apitoIi; ' 

' *agg}3ggiendo ai caniinaltla Fede!^ acceuargtr, se* il ^c 

(gli c(9nferniava ; e al eardiB^ile ^ì Fitud^, c)fe.d)i|^aya 

in Francia (afta SslenCe 4 per i^op oiffendere il pohte&e*^ 

dalla corte) e aV vescovo di Tivoli, il quale tai9vÌ ia 

' ^* Avignone il lUogo d^ Jegato, coihmèsserper lettei»e>JÌ 

\ tfasfcrissero^/il r^ p^'^trattstrè quaste«c(isfe; ma nonr 

' '' ' ^pedì1oÌ*o'iiè mandato-, né possanza di con^j&iuderel 

^ . . Insino a' queste tennine^i^rdqófletterQ j mati^^^erpon^ 

. tefice ^ in^inp $t questo d'i fti il ccrtnìo ^élle.stie calamità^, 

* ^ e dei suoi peritoli^ -ma dopoVquel dì\(9nÌDCiaroiiq a 

;dipiof trarsi còntinuamfìrtta tó $péti^fe maggiofìt^ e a 

• volgere alla,. grandezza ^ua senaa alcun* fre^ò. jq^ rftola 

/ , . della fprtupa'. Dètt;e prinpipi(^ a 'taYiyta muta^ion^ Jà par- 

' . "^ita'snjjfta ■4€ll^Pi^li8SÉ^di ^iìiagVa',11 qu^e'^ri^iai^a^ 

dal general di Norraand^iatppr fl romore, che", tì*e5cfeva 




è s^hnila fanrti condotta. ^ipzfci grossi, di». artiglierie.^ 
rendevamaggiói^ -il Uiriore^.i^'si aveva' qeLSvizzeri, 

'.ch§ il fpcdeslmo generale, pfens^aa più'à,fersi grato 
(à re di^ 4 fergU*l«nfefi;KÌo^ a>^éya;coi»tro'a <pl^iQo cte 

.rtcarcav^no i le cose prasenti', nic.enziati ^i^iprudenta- * 

», -'' BiCé % bemhb ; che p^a Qmftpy- a^ndo .mandàto^VVe^^pittìl ùx*- 

' èktM dèUa^pece, chiamò pt>cp«ap(NrelsO gli ambiseiatòrì ilei fé ^rjiDaJldb • 

e dei ^neziani, e' didB^loro, '<;lle*no^^8i• turUaséerd'pef ^oe^^'cp^vgli 

aveva fatto,- pe^i^cchè eg^« no^.mtitatoj^Dta dalla stia volontà contai» 

Jaii l&i;pu^8i,#vevli cosìftftto paf adf^rmentare li ly^ ' ^ /, • i* ' 

' Quat noceto latice ;e senuila fan«i, dice il Bùonaccorà. -' ' , j 



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lù^ te /subita 'clfc fd àqgQ^st^ta-lav^vitróriapf i ^1ti-j(t§^, 
J^ioì: eduna gàrte dei f ranxefSLtLa partita^ delfa-P^lissa» 

• sissicurò il^pdhfefidfe da quél tuj(]m*4e, che.^iùigU pre-^ * 
o\èva ,' ijonfótWjllo ne^a ^rtinadaf , e ìgK ^Vf" f^^sàft^l* .. ** 

* di fermare ^p* cosfedfR-Qpaj^p^? Jd^quaHiaVfe va -soldati *. 
aIcunf^b'aroiil'.àiTB66«<jà coh^ * 
tt%|tiva di -far d^mtkdb ^^if^le jP'rosper9 Còìùina^ 
l^rchè * indebolii^ gìji mam 4i chi • ientkvat C(^e nyióyff^ 
Pòitipeo È!))loifl]fà^ Q^f si*^)'eparà'ia a *ÌlontefordirOu| 

' cflq^sentiySnteiyoneridoSene ft-j^jiefò^ mnìépori^e per* . ». 
sicurt|i4elpoflteffid^itìjd5na cl?M * 

* «Moi^j;for^ti»t^ ' rij:eiie^dt>si b^uttala[)^ììte i, danari ayftti. 
•dA^feH^i FraUt^à. àtad^,'e»IhAè]cto Orano; ctib prittta^' 

4"* yèi^ <la Kttgl&iio nejfe tesrre dei Cqlónnesi jpeì- 

* -Muoiter le arM(t|^ TitìgtìeiidasL'mede^amentte i dShaià % 
avuti dataci c^ctJi^.pi^co joi-per ihezzp di JGiulk)| , 
'Orsino, rfcevutaà^tì parifeficefii*^prfetMa della sitti p^ , * 
i^ta l'f^^cìvesèqvttàoidì Reg£*9 hdk Cal^ ' 

, jPietito*Ma|lgafiQ!^ ver^ogiìc) d£.fttènefe i dan^i pervè- * 
- ifU!ls% lui ^ eòa <|Sil^io^?h onorevole e»pHÌ fortunato ;: ^ 
pièrijlìè troiTnjoko 1qi^|p dipoi*, *pt»e$o-iiella guerra daì^ 
• Sjuceessòré /lei pres*ente -re , avrebbe cjol jstfj^pliziy d^Sito ^ 
* Dogala Ik pina d^g ti^auda^ 




* Pietro M^g^o^sò consigli più l^rt;inaU><B>eStiUiiréi^^a«ari ^ìj^« 
perciocché di sotto è «crit'to, cWqtia^d^P^psperb jColonna fu fat^prì-* 
.g^ottA^del* re^ aocor e^tvi rknasè'. ]^so*,' ond^ avDirkb| potato- Jiorta|r 14 * ^ 
pei|» 4(11^ sa» avanza. ' ••'^ *• - ^ *. *V ' * 'i* Z - ' ' 

^^ Ai j;^qoe idi. taagglo* djDe ^1 BWh^o , c^, d'foliiiiteió a oelehT^tre 'if- 



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hclla.xhi.esa di. San Qìc^anDÌ;dì Ziatevano^, già^c^tQ^* 
(iie Qon|so,lo^vi eooqppref^bbe la maggiof .pSrte^JUla-' 
. tila, ma laJSpagnfi, Tlngl^ìU^A^ ^ l' Ungheria^ ài'qiràjp 
4»*iticipÌo intervenne eglì.persQpaJm'entQ ììiAl4t<> pO)»7 
mii^le acQc^npggkiato «^sd coQ^gi^ det (JÌAit^ifh. da 
moltitudine grande ulì veS:l>vi,*03^' celebra t^» p!^^. 
molte^aHi^^ pc^ei ^(condpH co^uQi^jbiftico, l^.n^ss^i 
l^elfo spirit/)' santo, e4 ^sqrUU ^n 'pHJ^ica^ orazióne 
; ì padri a intendcSre cò^ tutto il'vci^£^«al Ben ^uUblipc^ 

* é alla (^gniffl dellk.cristian^ rfJigic^iey fu.dichìai:atp> 
^r %e fofi(toetientp allè^ altreVco$e^/olie^ jnJ^Ujjiife^^ ^ ► 
avevano a^tatuire^ fl^conciUo i^ngregatò essere «^9^, • 
legìuimof e santo cqnoilio^^e ip: quello rì^dere ìndiibi{% 

4|;|(9ineate'tuUa T autori tà^ e 'potata iletfat^chìesaju^^* 

^ iprgrsakk: ^eerimpi^' beD^sim^ a, santissime j ^-^{B^ 

% iìq(;i]are insìpo nelle vfs^ei*a^i g^orì dégfi^ujOE^iJfe^ 

J^li si credesse che fbss^o i,^nsi^i e i tìni d^gli^ut^ri 

di jguéste cose^ quali sùànano le pajrola ^ * * ^ * - • * 

' '-Go^ì dopolabattadìa^diltatenna pifocè^e^a ii|iOB- 

^egce. Ma il re di.Fraìiciav co^u]ttocbè;^Iec{É$a;d|^ 

. " VvtltsriajiQrtuAas^-alqpafrtp la* tfut)rte.dr*F<^^ jtn^Atisr' 

Bfmo^ajui, cpnKtndò, 6ubttou:I\e il.Ie^Q jb^^Palis^ 

V^"^9^^^^V^ l'esercita quanto .^iìC pre^^ si p^ev|U|^ 

Aonia : hbodltn^po .raflri^d^ato il^primo ardore^ In^ 

' <»mi|iciò a litoi^àf^ coi} ii^tto l'imimo al jtt^deBh*jifS^ 

piwe,^ J^rjipidogli ohie» t^pps gravi^ t^topestj^Igp* -ii 

' ti*oppe.parti'm>pt:i^ venisse alle cose 'sue; .^eycbè)^ scb- 

J^ena Cesare ' contmuass^ nel prometter di m>lere«^st^r^ 

• coiigi|*nto,;cofl;i }«][,.. affetinAnHo^la tregua fatta-^n ì 
'.Veneii^ìrin^uotipnfie è^^re stata (atta se^j sucTcon- 

seuti^efìtp f e cb^ non. la ratifi^er^bBe ; nondimeno al 



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CAPITOLO QUINTO. l5l2. 4^^ 

re /oltre al timore della sua incostanza, e il non esser 
certo che queste cose non fossero dette simulatamente, 
pareva avere, per le condizioni dimandava^ compagno 
grave alla guerra, e dannoso alla pace; perchè credeva 
che la interposizione sua T avesse a necessitare acon« 
Sentire a più indegne condizioni. E oltre a questo, non 
dubif&va più gK Svizzeri avere ad essere congiunti con 
gli avvisar] , e dal re d' Inghilterra aspettava la guerra 
certa; perchè quel re aveva mandato un araldo ad 
intimargli, che pretendeva esser finite tutte le confe- 
derazioni, e convenzioni, che erano tra loro, perchè 
in tutte si comprendeva la eccezione, ' purché egli non 
facesse guerra né con la chiesa, ne col re Cattolico suo 
suocero. Perciò il re inteso con piacer grande essere 
stati ricercati i Fiorentini , che s' interponessero alla 
pa^ce, mandò subitamente a. Firenze con amplissimo 
mandato il presidente di Granopoli, perchè trattasse 
di luogo più propinquo, e acciocché, se così fosse 
spediente, potesse andare a Roma. E dipoi intesa per 
la sottoscrizione dei capitoli la inclinazione, come pa- 
reva, più pronta del pontefice, s'inclinò interamente 
alla pace; benché temendo, per la partita dell' esercito, 
non ritornasse alla pertinacia consueta, commesse alla 
Patissa,^he già era pervenuto a Parma, che con parte 
delle genti ritornasse subito in Romagna, e che spar- 
gesse voci di- avere a procedere più oltre. Parevagli 
grave il conceder Bologna, non tanto per la instanza, 
che in nome di Cesare gU era fatta in contrario, quanto 

' Co«i poco sopra in questo madesùno Libro il re d* Inghilterra lioencia 
r orator Francese, dicendo non essere co&Teniente , che presso un re , e 
in nn reame divotissimo della chiesa fosse sedato chi rappresentava on re , 
che apertamente persegoitayala elodia apostolica. 

HI. 26 



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4oa LIBIVQ DECIMO. 

perchè temendo che , eziandio fatta la pace , non rima- 
n^se il medesimo minimo nel pontefice contro a lui; e 
però essergli dannoso il privarsi di Bologna, la quale 
difendeva come bastione e propugnacolo del ducato 
di Milano. E oltre a questo , essendo venuti il cardinale 
del Finale , e il vescovo di Tivoli senza mandato a con- 
chiudere , come circondato allora il papa da tanle an- 
gustie e perìcoli y pareva conveniente segno, che simu- 
latamente avesse consentito. Nondimeno finalmente' 
deliberò accettare i capitoli pi^etti con alcune limi- 
tazioni, ma non tali, che turbassero le cose sostanziali. 
Con la qual risposta andò a Roma il segretario ilei ves- 
covo di Tivoli , ricercando in nome del re che il pon»- 
tefice o mandasse il mandato per conchiudere bl vedovo 
pi*edetto , e al cardinale, o che chiamasse da Firenze 
il presidente di Granopoli, il qual^ aveva l'autorità 
amplissima di fare il medesimo. 

Ma nel pontefice augumentavano ogni dì le Spe- 
ranze; e per conseguente diminuiva, se inclinazione 
alcuna aveva avuta alla pace. Era arrivato il mandato 
del re d' Inghilterra, per il quale, spedito insino di no^ 
veiiìbre, dava facultà ài cardinale Eboracense d! entrar 
nella lega, tardato tanto a venire per il lungo circuito 
marittimo , perchè prìma era stato in Spagna ; e Cesare 
di nuovo, dopo lunghe dubitazioni , aveva ratificata ^ la 
tregua fatta con i Veneziani ^ accendendolo sopra tutti 
a questo le speranze dategli dal re Cattolico e da] re 
d'Inghilterra sopra il ducato di Milano, e la Borgognl^. 

Confermarono medesimamente non mediocremente la 

• 

speranza del pontefice le speraìnzé grandissime dategli 

' La quale fu fermata per dieci mefti innanil al pupa ià Roma, csùùke ho 
notato poco sopra in questo medesimo Libro. 



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CAPITOLO QUIKTO. **• l5x2. 4^3 

dal re di Aragona , il quale avendo avuta la prima no» 
tizia dèlia rotta per lettere del re di Francia scritte alla 
regina, per le quali gli lignificava Gastone di Fois suo 
fratello esser morto con somma gloria in una vittoria 
avula contro agl'inimici, edipoi^pvù p^rtitamenteper 
gli avvisi dei ;suot medesimi, i quali per le difBcultà 
del mare pervenivano tardamente ; e parendqgli che il 
reame di Napoli ne rimanesse in g^àve perìcolo , aveva 
deliberato di mandare in Italia con supplemento di 
nuove genti il Grian Capitano ; al qual rimedio ricor- 
reva per la scai^sità degli altri rimedj , perchè, benché 
estrinsecamente Y onorasse , gli era per le cose passate 
nel regno Napoletano poco accetto , e per la grandezza 
e autorità sua sospetto. Adunque , quando al ponte^ 
fice confermato da tante cose pervenne il segretario del 
vescovo' di Tivoli con i capitoli trattati , e dandogli 
speranze , che anche le limitazioni, aggiunte dal re per 
nio'derare la infamia dell' abbandonare la protezione di 
Bologna, si ridurrebbero alla sua volontà, deliberata 
al tutto non gli accettare, ma rispetto alla sottoscri- 
zione sua, e alla fede data al collegio simulando il 
contrario, come contro alla fama della sua veracità 
usava qualche volta di fare, gli fece leggere nel con- 
cistoro, dimandando consiglio dai cardinali. Dopo le 
quali parole il cardinale Arboi*ense Spagnuolo , e il 
cardinale Eboracense (avevano così prima occultamente 
convenuto con lui) parlando 1' uno in nome del re di. 
Aragona , l' altro in nome del re d' Inghilterra , confor- 
tarono il pontefice a perseverare nella constanza j^ ne 
abbandonare la cauàa della chiesa , che con tanta di- 
gnità aveva abbracciata , essendo già cessate le neces- 
sità che lo avevano mosso a prestare le orecchie a quri 



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\ 



4o4 LIBRO DECIMO. 

ragionamenti, e vedendosi manifostamenle , che Dio^ 
che per qualche f^né, incognita noi, ayeva peuftesso 
che la n^icelta sua fosse travagliata dal mare^ non Vo- 
leva che la pensee; né essere^on veniente, ne giusto 
fare pace perjB^ai;ticolarmente, ed Rivendo a essere 
cdniune , trattarla senza participazione degli altri con- 
federati :^ria>rdandogK inliltimo, che dihgentemente 
considerasse quanto pregiudizio -potesse essjere alla 
sedia apostolica ie a se T alienarsi dagli amici veri^ e 
fedeli , per aderire agF inimici riqonciliati,. Bai quali 
consigli dimostrando il pontefice essere mosso, ricusò 
apertamente la &ncordia ; e pochi dì. poi , procedeiido 
con l'impeto sUo, pronunziò nel concistoro un moni- 
torio al re di Francia che 'rilasciasse, sotto le pene or- 
dinate dai sacri canoni, il cairdinalje dei Mediai ; benché 
consentì che si soprasedesse a pubblicarlo, ^,erchè il 
collegio dei cardinali, pregandolo differisse quanto po- 
teva i rimedj severissimi, offerse con lettere scritte ìb 
nome dltuèti fare l'effetto medesimo, confortandhlo , 
e supplicandolo, che com^ principe cristianissimo lo 
liberasse. . , 

Era H cardinale dei Medici stato menato a Milano , 
dov« era * onestamente custodito. E nondimeno, con- 
tuttoché fosse in potestà di altri , riluceva nella per- 
sona sua l'autorità della sedia apostolica, e la riverenza 
della religione , e nel tempo medesimo il dispregio del 
concilio Pisano , la' causa del quale abbandonavano cpii 
la divozione e con la fedfé nx>n §olo gii, altri , ma coloro 

' Il Gioyio dice, che il cardiual dei Medici legalo, alloggiando in casa 
del cardinale San Severino", era talmente onorato d^ Visconti , dai Palla* 
vicini,, e dai Triulzi, che appena vincitore, e in aftissima fi5rtnna, ayrehbe 
,]|^otnio esser trattato pia liberahnente. , 



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CAPITOLO ^QUINTO. l5l2. 4^5 

ancora che T avevano apcompagnata, e' favorita coii le 
armi; perchè avendo il potftefice'^ mandatogli facultà 
di assolvere dalle censure i soldati, che promettessero 
di noif andare con le armi più cohtro alla chiesa, t di 
concedere a tutti ì InocU, J)er,i quali fosse dimandata, 
la sepoTtura .ecclesiastica, era' incredibile il .concorso, e 
maValiglipsa la. divozione, coii la quale queste cose si 
dimandavano, e pron^ettevano; non feóntradicendo i 
ministri del re, ma con gravissima indìgnai^Ejpe dei 
cardinali , che innanzi agli occhi loro nel 'luogo pro- 
prio, ò^e efe Ja sedia del concilio, i sud(Jitie i soldati 
del re, contto^' onore ed utihtà sua, e nelle sue terre, 
^'JH^esa totalmente Y autorità 'del concilio, aderissero 
alla chiesa'Romana , riconoscendo con somma riverenza 
il caf^inale prigione come apostolico l^ato. 

Per la tregtia ratificata da! Cesare^, Jncora che gli 
agenti suoi che erano in Verona là negassero , rivotójl 
re di Francia parte delle genti che aveva alla guardia di 
quella città, cóme se^iù non vi fossero necessarie; e 
perchè avendo richiamato di là dai monti, per le mi- 
nacce del re d' Inghilterra , i dugej;ito gentiluomini , gli 
arcieri della sua guardia, e diigento altre lance, cono- 
sceva, 'per, il sospetto che aìigumentavà dei Svizzeri, 
avere bisogno di maggior presidio nel ducato di Mi- 
lano. E per la medesiilia cagióne aveva astretti i Fio- 
rentini 'a mandargli in Lombardia trecènto jjomini di 
arme , come per la^ difesa d^gji stati suoi d' ItaKa erano 
tenuti per'àròAtti ^Ilajconfèderateiòne; la"" quale, T)cr- 

' Per Giallo 'deùMedf<^,:dKe a Roma gli aye^a <jAt« 'r^ggaaglio dei suc- 
cessi a Ravenna. ypàl^V Gj^i^^ j)-'»qaale sjp-ive/ch^ajppena i càncelUqrì 
potevano sapptire^ a 4^ f* patenti deÙe ì|ssolazio]||^ pone le ^glianzc 
ilei cafdiidSi %cisìnatici. 



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4o6 LIBRO DECÀIO. 

che finiva fra due mesi, gli costrinse, èssendo ancora 
fresca la riputazione delti vittoria, a confederarsi di 
nuovo seco per cinque anni , obbligandosi nlU difesa 
delk) stato loro con seicento lance, e i Fiorentini pro- 
mettendogli air incontro quattrocetito uomini d' arme 
per la difesa diìutto quello possedeva in Italia ; "benché 
per fuggire ogni occasione d' implicarsi in gueiffb coi 
papa , eccettuarono dalla -obhligazfone generale della 
difesa Jbt Aerra di Cotignuol^, come se la chiesa vi po- 
tesse pretendere ragione. 

Ma già sopraggiugnevano apertamente Me bose del 
re gravissimi pericoli; perchè i Svizzeri ?ivèvapo final-< 
mente deliberato di concedere seimila fanti agli stipendj 
del pontefice , che gli aveva dimandati , sotto nome di 
usare la opera loro t^ontrò ai Ferrara; non avendo que- 
gli, che sosteifc^no le parti del re^i Fi^noa, potuto 
ottanere al^ro che ritardare la deUberazione insino a 
quel giorno. Contro ai quali con ftirore grande esclar^ 
mava nelle diete la moltitudine , accesa di odio marar- 
vigiioso contro al nome del ré di Francia, affermando 
non essere bastato a quel re. la ingratitudine di aver 
negato di accrescere * piccola quantità all^ pensioni di 
coloro, con la virtù e col sangue dei quali aveva ao 
quistata tanta riputazione, e tanto stato, che oltre a 
questo avesse con parole contumeliosissime dispregiata 
la loro ignobilità^ come se al principio non avessero 
tutti gli uomini una orìgine ed un nascimento mede- 
sinfìo, e còme se alcuno fosse al p^esQjite nòbile e grande, 
che in qualclie^einpo i suoi progenitori non fossero 

' Cioè TentiinUa franchi, come ha detto di sopra al piincipio del Lib. IX, 
ove sì Teggono le paiole contomeliose dette dal r^ coiitao agU STÌu«ri 
cfaiamandogli ▼iUani nati nelle montagne. • 



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CAPITOLO QUIKTO. -r- l5l2. 4^7 

stati poveri 9 ìgnohili ed umili : aver cominciatola sol- 
dare i (^t\ laiQzchenech per dimostrare di non gli 
ess^i'e neoesgatla più nella guerra la opera loro , per- 
suadendosi,* oh^ essi privati del soldo suo avessero 
Odiosamente a tollerare di essere consumati dalla fame 
hk qu0lle montagne. Perc^ doversi dimostrare a tutto il 
monclp vani essere stati i suoi pensieri, false le persua-* 
•si6i)i, nociva solamente a lui la ingratitudine, ne po-r 
tere alcuna difBcultà ritenere gli uomini militari , che 
non dimostrassero il suo Valore, e che finalmente l'oro 
e i danari servivano a ohi aveva il ferro e le armi; ed 
essere ne^ssarip fare i^^ndere una volta a tutto il 

»mondp,' quanto imprudentemente discorreva chi alla 
nazipne degli/Elvezj preponeva i fanti Tedeschi. Tra- 
poftsfvagli lanle qtiesto ardore, che, trattando la causa 
cdnnir'propria si partivano da casa, ricevuto solamente 
un fiorino di reno per ciasicuno ; ove prima non move- 

«Vano ai soldi del r^, se ai fanti non erano promesse 
ino}(e pa^e^ e ai capitani fatti molti doni. Congrega- 
van^i a Coirà*, terra principale dei Grigioni; i quali 
CQi^fed^ati del re di Francia, da cui ricevevano ordi* 
nariamenté pensioni , avevano mandato a scusarsi , che, 
per le antiche leghe che avevano con i cantoni pih alti 
dei Svizzeri^ non potevano ricusar di mandare con loro 

. cériòSiùmerQ di fanti. 
^ .P^turbgkva molto ^li ajg^i dei Franaegi questo moto, 
1^ forze dèi quali ei%io molto diminuite ; perchè poi 
cl;i€^iT gei\éjAl^ di Normandia ebbe cassato i fanti Ita- 
liani 4 non avevano oltre a diecimila t^ti : ed essendo 
passate di là dai monti le genti di arme, che aveva ri- 

■' chiamate il re, ritm rimanevano* loro^^in Italia più che 
mille trecento lance , del)e«guaU trecento, erano a Par- 



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4o8 LIBRO DECIMO. 

ma. E nondimeno il generale di Normandia , facendo 
più l'uffizio di tesoriere, che di uomo dì guerra, noTi 
consentiva si soldassero nuovi fanti senza la oommì^ 
sione del re; ma aveva fatto ritornare a Milano "le 
genti , che per passare sotto la Palissa in Romagna , 
erano già pervenute al Finale , e ordinato che il car^ 
dinaie di San Severino facesse il medesimo con quelle, 
che erano in Romagna^ Per la [Kirtita delle quali.^i- 
mini e Cesena con le loro rocche, e insieme Ravenna 
tornarono senza diflìcultà alla obbedienza del pontefice : 
né volendo i Franzesi sprovvedere il ducato' di Milano , 
Bologna (per sostentazione d^lla quale, si erano ri qevute 
tante molestie) rimaneva comeàbbandofiata in perìcolo. 

Vennero' i Svizzeri, cóme Turono ociingregarèi,;da 
Coirà a Trento, avendo conceduto Idro-^sare ^fc^S jgaV 
sassero per il suo stato; il quale ingegnandosi^ ^co- 
jmre al re di Francia, quanto poteva, qu^^ che già 
aveva deUberato , affermava non gptere per la coa|^ - 
derazione, che aveva con W*o,'»viéT^àre-iJ paisQ.^^Jà 
Trento vennero nel Verpnese, dovergli aspettavU'P-é&er-, 
cito dei Veneziani , «r quali concorrevano insjemè. 'opl 
pontefice agli stipendj Iqro; e con tutto non- vì^rosé 
tanta quantità di danari, che bastasse a pjigargli tutti, 
perchè erano oltre al ntimerq dimandato piìiidi^-. 
mila<^ ' era tanto ardente l'odio deJla inoltiludiné eon- f 
tro al re di Fi:^ncia, che, contro alla loro cohsutla- »; 
dine, tollerayaub pazientemente tutte le difficiiltfu 

Dall'altra parte la Palisi era venuto prima iuu 

' S^ mess«rt> insieme gli jSvizzerì alta Éne iji maggio i5ri, e coniti 
daroao a scendere^ avato il ^àsso dall' imperatore , com& did« ^Wa^ 
naccorsL ^ . ♦ > , »' 4 .>^ 

* Di matucra che iti tmd'^i'^i^ci veittilkiiìa' Svisveri , iA quali i 'Venezia i^ 
diedero per il sOprà pia %S miki dacal^. Mocenigo J^iBàonaecorsi. 



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CAPITOtO QtriNTJp. l5l2. 409 

r-tìsercìto.lst^Bènlji^lio per impedire il p^oV credendo 
Vole$serosceud^rQ;^Itàlia'4a qiIeHà^pàrte : dipoi, ve- 
duto aljra^^sd^ Igi lóro- intenzione ^ sigerà fermato a 
Cs^^tigliome .«dèlio Stfiviere, teiT^ vicinasi a sei miglia a 
Pesc^erav iàtìterto quali fossero i pensieri dei Sviza^i, 
o. dì*and|fre*, còàie si«4^wiì|^;^à« versy' Ferrara^ o di 
i^altare if, ducato di Milano* jLa' quale incerti tuduie 
aocelefò. forse v'ma^t. òhe sopravvennero; perchè non 
si dubita che avrebbero seguitato il cammino verso il 
Fèrràrt^è , se noli gli avesse fatto mutare consigli una 
Jètter%|intercétta , pe^ la mala ^orte dei Franzesi , da- 
^ig0ustradiotti tlei« Veneziani, per la quale *la Palissà , 
àignificiandfi lo St^to dèlie ctTse al generale di Norman- 
t^ia rìVQirstò*a'iMilano ^dfmostrava, essere molto*difficìle 
il l'è^isWe Iqt^^, se si vergessero a quello siato. Sépra 
la qual lettera tlbnsul tato insie/ne^ il cardinale , Sedu- 
nense, che era venute^ da Venezia, e. i capitaci, dèli^ 
b^a[j|[ono con ragione, chorare volte è fallace, volgersi 
à* qH^lla 4(ppresa , la qus^cómprendévano ;À^^re più 
'molesta àgi' inimici : peno ariìd^fpn^^ da Verona a Villa- 
freiTiìca^ dove^ si\uriironq-.cotì. r#sereito ^Veneziano, nel 
qiial^soitoilgovqtiio di pian 't^^^olo,ÌBa^ltone erano ' 
<giattróce^to;i^mijgtt cTi Ìf^ Cavalli' leg^ 

gieri J § Belintfa ^ fentì , còn'.molti- pezzi di . artiglitria 
^%ì\ ^Jla- espugfaailone d^llè- terre , e ajla campag^ja. 
JPutfire^to causa, ijhe la^alissa, àbbandtoato Val^gio, 
.percltè .era luo^' debole, si ritiri) a Ganabara con 
iiitetizione di fermarsi a Pdnftevito;'*^^ atendo nell*- 
esercito più che ^ sei\o^setteijina fàjj^ti , perchè gK 

,\ v :t- ', . ■ ■> -i . :■.• ♦-..■ '■ •■ 

\ :y U-^émixoFsi iRcc ^^00 uùuiLiii'd' SL\aie, e sel^utt fanti s<|M« 

^ TI MoCfiii^o sur IV ti. che i f raj^zesì j^kseuàcf a VaÌe^§ìo, erano in lutto 
«<K> tiomiai tT arriie , Hi iìlj^i afflili ^ggierì, e-jiOTeniiià fanti. 



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[\ I O UBRQ^ DBqiMO. 

nitri 0rapp^istril>uitì tra Brescia , P^s^iéljfa-^l^igpago^ 
né più ohe m^Ue l^iu^, p^rpbè ebbene fos^ st^^^a 
inclinatp a richiamare le treOeoto, che frano ^ ^arm^i, 
Tay^y^ il periopló mapifestisrfkqo (Il Bo}QgnaQps,tretto, 
dopo graQdissiii^5'i iii^ta^za dei BentivogH^i^ad.qrdinàrS 
che entrassero ' \t\ qi^ella cjit|^ rést?lt£t <{u^si sepza 
]Mre$ìdÌQ. Quivi,' s^ccòrgeùdosi t^rdi ^^i pericoli loro, 
e della vanità delle speranze dàl)^ quali eraut> stati 
ingaqnati, e sppra tutto lacerando V avs^rìzia e i estuivi 
consigli del generale di Normandia , fb costfinsero' 
a consentire che Federigo dfit fiozzole e certì altri . 
capitani It^lifipi soldass^ro con più prestezza potessgtp^ 
seiipila fanti ; rimedio che nop si poteva ^^mett^^lt 
atto, sei. non dopo il corso ^fitl^no di dieci di* Einde-^ 
bolina r e^rcito Frai^ese , oltre al piccolo nhmero 
dei soldati , la discordia t^a i capitinF;* perchè gli altn 
quasi si sdegn^ivaiio di obbedii'e alla Palissa, e la 
gente di arme , stracca da tante fatiche e così lunghi 
tra v.! gli ,,3esid*erava più pres||tche si perdesse il d^patp 
di Mils^no per ritornarsene in Frfiiftia, che difenderlo 
con tanto disagia, e Jiericofo. , 

Partito In PaNssia daTaleggio, vi entrarono le %^t^\ 
dei ^(e^eziapi, ed i Svizzeri, è passate^di poi il Mincio 
allqiggiarona nel Afautovano, ove il niari^l^iie, scqsaiw 
dosi* per 1^ impotenza sua, conpedeya il plesso a* cias- 
cuna In ques^^ff difficultàf fu la deliberazioqe dèi capi- 
tani , abbandonata di^l tutto la camo^igna , .attèifdere 
-all^ guardia d§llè terre più il^ipor tanti, sperando, e 
non ^113,2^ cagione*,' che col temporeggiare si avesse a 
fisolv-ere ta^onum^^.dLJBviizerif perchè il pontefice, 
non maneo freddo «Ilo Spendere,. che caldo alla gticrra, 
diffidandosi anch<iLdi potere "Supplire a' pagamenti di 



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CAPITOLO QUIWTO. «^ l5l3. 4^i 

numero tanto grapde, nifandava moItQ l^nf^n^epte 
danari. F^erp mess^ro in Broscia ^^emi^ fwlU pento 
cinquanta l^nce e cento Uomini d' arme ^\ f'iqreptwì 
e in Crema cinquanta lan^e ^ piille fa^ti; in Qerg^o^o 
ìnille fanti e cento uomini di arm^ 4^i Fipr^tini : i\ 
rèsto dell'esercito, nel quale erano ^ettep^to lance ^ 
duemila fanti Franzesi e quattr<?imi|a T^d^cW, si ritiro 
a Pontevioo* sito forte, ed oppiortuno a Milai^o, CJr^'» 
mona , Brescia e Bergamo , dove facilmei^te ^p^ravano 
potersi sostenere. Ma il segueq|e dì sopravveunerq 
lettera) e comandamenti di Cesare ai fanti 'l'edeachi, 
che aubitamcQte ' partissero dagli stipepdj "del re di 
Francia; ì quali essendo quasi tutti d^l contado dj 
1riruolo,lEiè volendo essere contumaci al signore pro*^ 
prio , partirono il giorno medesimo : per la partita d^i 
quali perdano la Palissa* e gli altri capitani o^i 
speranza di potére più difendere U ducato diA(ilauQ. 
Però da Pontevico si pHirjrono subito tuniuUnpsaiueu|e 
a Pizzichittone : per la-^qi^l cosa i Cremonesi 4fj tutto 
abbandonati si a|rendei?ono all' e^er^itq d^i collegati, 
che già si approssimava, obbligandoli^ a pagare ai 
Svizzeri^^ quarantamila ducati : i quali'^avendo dispu- 
tato ih cui nome si avesse ,a ricevere, sfoirzai|4p9Ì i 
Veneziani che foj^ Idrfv restituita^ fu fipalmeutP rice- 
vuta (ritenendosi p^cio la fortezza per i Fran^^) in 
nome. della lega , e di l^aasiiniliano figliuplo di If»d^yi^ 
Sforza ;^er il quale iji poii|efice e gli Svi^z^ri p^et^nde- 
Tano che si acquistasse il dui)at^ di MilaUQ- ]£ra venuta, 

' Non 8(d)imeiite ^niandò , dice H Oiovio^ T imperatore M aasrmiKano 
ai 99ldati Tf ^leMhl, die n l^v^fserft dal se^yj^ dì Fff i|cia , mf ^U ai f r< 
anc^e apertamente levato dal compio di Pisa.' 

* Qinquantamila scrive il Buonaccorsi^ e dice , ohe Cremona ti arrese^ 
ai 5 di giagBO i5i2, e altMtUnto pagò la oUt^ di BscfUOQ* 



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4ia LIBRO I>£C1mO. 

nei giorni medesimi^ alienata dai Fraiizesi, in potestà 
dei collegati la città di Bergamo, perchè, avendo la 
Palissa richiamate ie genl^ che vi erano, per umrle' 
air esercito, entratici subito che quelle furono partite 
alouni fuorusciti, furono causa si ribellasse. 

, Da Pizzichi ttone passò la Palissa il fiume dell' Adda ^ 
nel qual luogo si unirono seco le trecento lance desti- 
nate alla difesa dj^ Bologna, le quaK, crescendo il peri* 
colo, aveva riclnamate; e sperava ^uivi potere vietare 
agi' inimici il passo del fiume, sé fossero sopravvenirti 
i fanti, che si iera deliberato di soldare. Ma questo 
pensiero appariva, come gli^^rttri, vano^ per^Uh^ man- 
cavano i denari da soldargli, non,avendo il genefole 
di Normandia pèéunia numerata , ne mòdo , essendo in 
tanti pericoli perduto iiiteramejite il credito , a tro- 
varne come soleva, obbligando T entrate r^e, in pre-^ 
stanza. Però, poiché vi fu dimorato quattro'dì, subito 
che gF inimici si accostarono. al^fiume tre miglia sotto 
Pizzicliittone, si ritirò a San t', Angelo^ j)er andarsene 
il giorno seguente a Pavia: per la-qual cosa essendo 
del tutto dispecatt) il potersi -xlifendQreMl ducati di 
Milano , e già tutto il paese in grand^ssiina soI^VSTzione 
e tumulti, -si partirono» da "^jyjilano, per , salvarsi nel 
Piemonte ,'Gianiacopo da Trittjzi, fiijge'nerale di Nor- 
mandia., Antonmaria Palavisinó, Galìgazzo Visconte, e 
molti aj^ri gentiluomini, e tutti gli ufficiali,' e. Hjinistri^ 
del fé: e alquanti dì ^nn(m, .^m^ndo rioij meno, 
dei pòpoli che degl' inimici ,' si erano foggiti i car- 
dinali , contuttoché , *più fei'oci nel- decreti -che nelle 
altre oppile, avessero quasi TieljTetì^pjt medesimo , come 
preambulo alla privazione , sospeso il pontefice da'tatta 
r amministrazione spirituale, elierapòrale della chiesa. 



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CAPITOLO QUINTO. ^* — l5l2. ^\3 

Giocarono questi tumulti a^a salute del earduiale 
dei Medici, ri$lu:vato dal cielo a grandiMÙma f<^licità. 
Per<^.è essendo menato in Frauda, ({Uando mitrava 
la mat1;ina nella barca al passo del Po, che è di contro 
a Bassig^ana, ;detta dagli antichi Augusta Bactie- 
norunif leva|:o il rdmore da certi paesani della villa, 
che si>dice la Preve del Cairo, dei «[uali fu capo ' Ri^ 
naldé Zallo, con cui alcuni familiari del cardinale, 
che vi èra alloggiato la notte, si erano convenuti, fu 
tolto di mano ai sdldati Franze^, che lo guardavano; 
che spaventati e timorosi di ogni accidente^ sentito il 
romore,, attesero più a fug'gire che a resistere. Ma la 
Palissa entrato in Pavia deliberava di fermarvisi ; e 
perciò ricercava il TriiiLf^ e il generale di Normandia 
che vi andassero; al quale mandato il Triulzio gli 
dimostrò, così gli avevano commesso il generale, e gli 
altri principali, la vanità del suo consiglio : non essere 
possibile filmare tanta rovina , essendo l' esercito 
senza fanti ; non comportare U brevità del t€|mpp di 
soldarne di nuovo; non si potare più trarne se non 
di luoghi molto distanti, e <t>n sommA: difBcultà; e 
quando quest'impedimenti non fpssero, mancare i 
danari da pagargli , la reputazioiie essere perduta per 
tutto, gU amici pieni di spavento, i popoU pieni di 
odio , per la licenza usata già tanto tempo immoderata^ 
mente dai soldati. 

* Kinalda Zattk gentUaomo Pavese 16 Ghiama il Giovio; il quale deferire 
tatto questo trattato di liberare ilc^^HUnale dei Medici, fatto per mezzo 
deir abate Bongallo, e del Vi^boldo, e mette, che il cardinale, che era, 
o s^nfióse ammalato, per mettere tempo in mezzo, acdocchè il trattato 
riascisse, come appanto fece in quello, che la mala cavalcata dal cardinale 
aveva di già to<;cato con l piedi dinanzi la sponda del naviglio. Il Betnbo 
dice, che.il cardinale dei Medici ^per opra di Biagio Crivello amico sao 
faggi di Milano, e se tie andò a Mantova. ^ •% ^'- . 



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4l4 LIBRO DECIMO. 

Détte queste tose il Trtulzio antlò^ per dare cornai 
dita alle getftì di passare il Po, a fafe gittare il ponte 
dove il fiume* lontano da Valenea Verso Asti più si 
ristrigne. Ma già l'eserèito dei collegati, a cui si era 
aiTcnduta, quando i Franzesi si ritirarono dà Adda, la 
città di Lodi Coi! k ròcóa, si èra da Santo Angelo ac- 
costato a PàviéT; dóve subito che giunsero doìniàciarono 
i càpitatli dei Veneiiiatìi a percuotere con Ife àrti^ierie 
il castello; e * una parte degli Svizzeri passo fcon le 
barche il fiume, che è cótigiunto alla città. Ma te- 
mendo i FraUzesi hón impedissei*o il passare il ponte 
di pietra , che è in sul fiume del Tesino , pec il quale 
solò potevailo tòlvàrsi, si mossero verso il ponte per 
uscirsi di Pavia ! ma tnii^dii fòsse U&dtò il retro- 
guardo, nel quale per guardia dei cavalli eraAO stati 
messi gli ultimi ' ianti Tedeschi , che non si erano 
partiti insieme còU gli altri, i Svizzeri, uscendo di 
versò Portànuova , e dal caìstelio già làbbandonato , 
andarono combattehdb còU lóro per tutta la lun- 
ghezza di Pavia, e del ponte, resistendo egregiàfnente 
sopra tutti gll\altri i fShti Tedeschi. Ma passando al 
poUtè dei Gravatone , che èra di legname , rótte le assi 
per il peso dèi èà valli , restarotìo presi , o mòrti tutti 
quégli dèi Frànzesi è dei Tedéschi, che lìòti erano 
ancora passati. Obbligossi Pavia a pagare .quantità 
grande di danari : il medesimo aveva già fatto Milano, 
coitìpotiendosi in somma molto maggiore; e facevano , 
da Brèsèia e Crema in ftiòrà , tutte le altre città a gara 
Il medesimo* Gridavasi per tutto il paese il nome 
déir imperio; lo stato si riceveva, e governava in 

^ tàttb (^tieslo saccesso di Pavia è%>^ appdiito descritto aticfae dal 
ÌÌÌ09Ì0 nel Life. H della vita di Leone X. 



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CAPITOLO QWIWÒ. ■- — l5l2. 4^5 

ndttie 4^1a sàiJta legt (così concopileinenté la chiàhia- 
vano) dispòttentìòsi là soipnia delle cose boti T autorità 
<kl òardmàle Sedunènse, deputato legato dal pon- 
tefice ; ma i danari , «e tutte le taglie Si pagavano ai 
Svizzeri; loro eratìO tutte le utilità, tutti i guadagni. 
Alla fama delle (|Uall cose coiiimossa tutta lisi nazione , 
subito che JfU finità la dieta chiamata a Zurich per 
c][uesto effetto, Venne ad unirai bòn gli altri grandissima 
quantità. • . • v 

In tànta^ mutazione dellp Cose, le città di Piacenza 
e di Parma si d-ettfei'o Vblòntat^iamente ài pontefice , il 
quale pretendeva appartenersegli come membrì dell' 
esarcato * di Ravenna. Occuparono gli Svizzeri Lucarna, 
e i Grigioni la Valvoltolina , 'e Ghiavenna luoghi molto 
opportuni alle cose, loro; e lanus Fregoso condottiere 
dei Veneziani, andato a Genova con cavalli e fanti 
ottenuti da loro; fu causa che, fuggendosene il gover- 
natore Franzese, quella città si ribellasse, ed egli * fu 
creato doge, la qual dignità aveva già avuta il padre' 
suo. Ritornarono col medesimo impeto Ideila fortuna af 
pontefice tutte le terre e le fortezze della Romagna, e 
accostandosi a Bologna il duca di Urbino con le genti 
ecclesiastiche , i Bentivogli privi di ogni speranza 
r abbandonarono : i quali il pontefice asprissimamente 
perseguitando , interdisse tutti i luoghi , che in futuro 
gli ricettassero. Né dimostrava minore odio contro 

' In che tempo comiiuftnfte V esarcato di Raverina , Io descrìve il Biondo 
nel Lib. Vili deU* istoria , benché è diversità neir anno fra lai, il Folter- 
rano, e altri. Che cosa poi fosse questo esarcato, quanti ne fossero, e 
qnando cominciasse in Ravenna , oltre qnanto se ne, legge nel Platina nella 
▼ita di Stefano II , è da essere letto il principio del lib. IV delle Istorie di 
Ravenna di Qjirol. Rossi, e altrove. 

* Giano Fregoso fa creato doge di Genova ai 29 di gingno i5ia come 
scrìve il vescovo di Nebio. 



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alia città; sdegnati^, che dimenticata A tanti bene%j 
si fosse così ingratamente rU^ellata, che alla sua stàtua 
fosse. stato insultato con molti pbbrobrj , e schermo 
con molte contamelie il $yuo nQhie, oi^de non creò 
loro di nuoW i màgistrafi, 13^ gli an|messe più in 
paivìe alcuna al, govèrno, estorqyendo, per mezzo ^ 
ministri aspri, danari alj^i da molti cittadini, come 
aderenti dei Bentivògli. Per le quali, cose, o vero,o 
falso che fosse, si dìl|i%ò, che se i pensieri suoi non 
fossero stati interrotti dalla, morte, avei:e avut^nell' 
animo, distrutta quella città, di trasferire a Cento gli 
abitatori. 






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GAPITOU) PiUMO. l5l2. 417 



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LIBRO UNDECIMO. 



SOMMARIO. 

In questo Libro si contiene la finta rieondUazione del duca di 
Ferrara col papa; la disunione della lega del re d^ Aragona, 
de* Veneziani e di papa Giulio; la dieta di Mantova e le sue 
determinazioni; la guerra mossa dal viceré d'Aragona a' Fio-' 
rentini, per la restituzione de' Medici in Firenze; il sacco di 
Prato; la cacciata di Pier Soderini; la ritornata de' Medici 
in Firenze; la creazione eH Massimiliano Sforza, fatto duca 
di Milano; la memorabile rotta de' Franzesi a Novara, avuta 
dai Svizzeri; la morte di Giulio II; la creazione di Leone X; 
la passata de' Franzesi in Italia, per V acquisto di Milano; 
le guerre fatte tra l' imperatore e i Feneziani; i progressi di 
dette guerre; e la rotta che ebbero i Veneziani nel Vicentino, 

CAPITOLO PRIMO. 

U marchese di Mantora intercede pel duca di Feirara appresco al 
papa. Alfonso a Roma in rìschio d'esser arrestato dal papa si salva 
per mezzo del Colonna. Enrico Vili re di Inghilterra fa guerra 
alla Francia. Ginlio II fayorisce la famiglia de* Medici. La lega 
counncia a dùunirsi. Dieta di Mantova. GiMrra coatro i Fiofentim. 

Rimaneva ai pontefice poiché nelle maggiori sue 
avversità e pericoli ebbe con successo non sperato otte* 
nuta la vittoria degl' inimici , e ricuperato , e ampliato 
il dominio della chiesa , T antica cupidità della città di 
Ferrara, la quale era stata la prima materia di tar\|o 
incendio. Contro alla quale benché ardentemente de- 
III. 27 



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4l8 LIBRO UHOTCIMO. 

sìderasse di volgere le armi, nondimeno, o parendogli 
piti facile la via ^ella concordia che della guerra, o 
sperando più nelle arti occulte che nelle opere aperte , 
prestò le orecchie prima ài nidrcliédé di Mantova , che 
lo supplicava a concedere ad Alfonso da Esti che an- 
dasse a dimandargli venia a Roma, per riceverlo con 
qualche onesta condizione nella sua grazia; dipoi air 
oratore del re di Aragona , che pregava per lui , come 
per parente del suo re (era Alfonso nato di una ' 
figliuola di Fei»dinAtido ire<?chiò re di Napoli), e perchè 
alle tose del re efa più a proposito l' obbligarcelo con 
tanto beneficio, che permettere che alla grandezza 
della chiesa si aggiugiiesse anche quello stato. Affatica- 
vansi medesimamente i Coloaneai , divenati amicissimi 
di Alfonso , perchè kvendo il i^ di Frs^cia dòpo la 
gioi^tìatà di RàVetìiid ditnandatogli Fabbrizto Colónna 
suo prigione, iavevà, prima tiegandò, dipoi interpo- 
nendo Varie scuse , differito tanto a concederlo , che 
per la mutazione succeduta delle cose era st?ito in 
potestà sua rendergli gratissimamente e senza alcun 
peso la libertà. 

. Andò adunque Alfonso a Roma, ottenuto itfilvooon-*^ 
dotto dal pontefice, e per tnagglbt sicurtà là fede, da- 
tagli col consentimento del pontefice in nome del re 
di, Aiòagana dal suo oratore, di andare, e ritoàMaare 
sicuramente : dove poiché fu pervenuto, avendo il 
pontefice sospese le cfen&txrej hmmeàsolo nel eédcift-^ 
toro, dimatidià^tìttiilmettte perdonatila, suppKcahdo con 

' Qatesta fd Leonora , la qnalé èssendo stata maritata prima k Sforza 
Maria figUabìo tU Frioéèfecb Sfdi^ dMàa di mtAMós kubrto ^ |yitìltMl'MiiHtò^ 
fa d^ta per moglie a Ercole Estense, padre di Alfcmsb ai 3 di gingno 1473. 
Càhìoy Giraldineì Commentprj, e il Pigna nel Lib. VII fc Vili dell* Istoria 
dei prinot|>i •Aì Eslfc. 



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CAPITOLO PRIMO. — l5l2. 419 

la medesima sommissione di essere reintegrato nella 
sua grazia, e della sedia apostolica, e offerendo voleire 
continuamente fare tutte quelle opere, che appartane* 
vano n. fed^issimo feudatario e vassallo della chiesa. 
Udillo assai benignamente il pontefice; e deputò sei 
calcinali a trattare seco- le condizioni della concordia : 
i quali , poiché più giorni fu disputato , gli apersero 
che • non intendeva il papa in modo alcuno privare la 
chie^ della città di Ferrara , poiché legittimamente gli 
era ricaduta, ma che in ricompenso gli darebbe la città 
di Asti , la quale ricevuta per la partita dei ^i^nzesi in 
potestà della lega, il pontefice , pretendendo apparte- 
nersi alla chiesa tutto il di qua da Po , aveva mandato , 
benché invano , il vescovo Agrigentino a prenderne il 
possesso. La qual cosa negando Alfonso costantemente, 
cominciò per iquesta dimanda tanto diversa dalle spe- 
ranze dategli, né meno per quello che di nuovo era 
succeduto a Reggio , a temere che il pontefice; non lo 
intrattenesse artificiosamente in Roma, per assaltare 
nel tempo medesimo Ferrara. Aveva il pontefice invi- 
tati i Reggiani, i quali in tanta confusione delle cose 
non mediocremente temevano , che seguitando l' esem- 
pio dei Parmigiani e dei Piacentini si dessero alla chiesa, 
e ordinato, perchè fossero. più efficaci i conforti suoi, 
che il duca di Urbino con le genti venisse nel Modanese. 
Tentava il medesimo per Cesare Vitfrust andato per- 

' i^tribalsce il Giovio tolta la colpa della dareua di papa Gialio contro 
al daca A\fonso ad Alberto Pio da Carpi, consigliere di riputazione, e di 
antontà, il qnale neig^o di Alfonso perla contesa del castel di Carpi, 
jàiwtt pel oonaigHo atgreto, th» Alfidaso* come empio , <s ribelle, ^on.meri- 
tfli^ pèHiace , n^^i^rdono , e confortò il papa a non tener conto deUa fede 
di ì^abbrìfio , per tuìo poi prigione. Consente a qaesto ancora frio. Battisia 
Giraidi nei snoi Commentari*. 



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420 LIBRO Uff DECIMO. 

sonalmente in Reggio : e il cardinale da Esti , il quale 
assènte il fratello aveva la cura del suo stato, cono- 
scendo non poter conservare quella città, e giudicando 
esser meno pernicioso allo stato loro che venisse in 
potestà di Cesare, il quale noii pretendeva a Ferrara, 
e nelle cui cose si poteva sperare maggior varietà, con- 
fortava i Reggiani a riconoscere più presto il nome delT 
imperio : ma essi rispondendo voler seguitare l'esempio 
del duca, che era andato al pontefice, non a Cesare, 
introdussero nella terra le genti della chiesa; le quali 
con artf occuparono ancora la cittadella, contutto- 
ché Vitfrust vì»avesse già messi alcuni dei suoi &nti. 
Arrendessi finalmente al duca di Urbino la Garfagnana; 
il quale dipoi ritornato a Bologna licenziò tutti ì &nti, 
perchè essendo stato molestissimo ai collegati che il 
pontefice avesse occupata Parma e Piacenza , fece il 
cardinale Sedunense intendere al duca non essere ne- 
cessario, che, poiché era ottenuta la vittoria contro ai 
comuni inimici , passasse più innanzi. Ma dalla durezza 
del pontefice , e dalla occupazione di Reggio , insospet- 
tito non mediocremente il duca di Ferrara, dimandò al 
papa per mezzo dell' oratore Spagnuolo , e di Fabbrizio 
Colonna , il quale era stato con lui in Roma continua- 
mente, di tornarsene a Ferrara, Alla qual dimanda egli 
mostrandosi renitente, e affermando non rwocare il 
salvocondotto , conceduto per la differenza che aveva 
con la chiesa, ài creditòri particolari, dei quali molti 
lo ricercavano, che amministrasse loro giustizia,'* ris- 

' Tiene il Gìokìo, che il papa «segretamente tramasse di far prìgione 
Alfonso, ma che non si potesse dò tanto tenere segreti),' che nop venisse 
per yìa del cardinale di Aragona , parente . di Alfonso , agli ^recchL dei 
Colonnesi. . ^ 



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CAPITOLO PRIMO. l5l2. /|2I 

posero apertamente Y oratore e Fabbrizio , che non si 
persuadesse che al duca, e a loro avesse a essere vio- 
lata la fede. E la mattina seguente, per prevenire se 
il papa volesse fai'e nuove provvisioni , Fabbrizio mon- 
tato a cavallo andò verso il portone di San Giovanni 
in Laterano, seguitandolo non molto da lontano il 
duca, 9 Marcantonio Colonna; trovato il portone guar- 
dato da molti più, che non era consueto, i quali con- 
tradicendogli che non passasse, egli più potente di loro, 
aspettato il duca in sulla porta, lo condusse sieuro a 
Marino; ricompensato, come comunemente si credeva, 
il benefizio della libertà ricevuta da lui ; perchè ninno 
dubitò che il pontefice, se non fosse stato impedito chii 
Golonnesi, lo avrebbe incarcerato : donde, essendogli 
impedito il cammino per terra , ritornò non molto poi ' 
per mare a Ferrara. ^ 

Aveva anche, mentre che queste cose sì iacevano, 
procurato con Sedunense il pontefice, acceso come 
prima dall' odio contro alla libertà dei Fioreptini, che 
leggenti, che avevano concedute al re di Francis^fos- 
sero svaligiate. Delle quali quelle, che sotto Luca Sa- 
vello erano con Y esercito in numero di cento venti 
uomini di arme , e sessanta cavalli leggieri , perchè 
Francesco Torello con le altre era rimasto alla custodia 
di Brescia, avevano, innanzi che i Franzesi passassero 
il fiume del Po , ottenuto il salvocondotto da Sedunense, 
e la fede da Gian Pigolo Baglione e da quasi tutti i 

* Non per mare, dice il Giotno , ma fb trafngato Alfonso di castello in 
castello, e per opera di Prospero Colonna travestito, or da bagaglione, 
or da cacciatore , e or da frate, lo condusse in Inogo sicuro. A che consente 
il araldi, ma il Bembo scrive, che passò in Paglia, sapendo, che il cam- 
min di terra non era acaro , e poi in Schiavonia , e quindi alle foci del Po , 
e a casa. 



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4^2 LIBRO UNDBCIMO. 

condottieri Vemszidni di potere ritornarsene in Tos- 
cana ; ma esseddo , seoondo la norma ricevuta da essi , 
alloggiati vicino a Cremona, i soldati Veneziani con 
consentimento di Sedunense gli svaligiarono ; il quale 
secondo che alctini affermano, vi mandò, perchè più 
sicuramente potessero &rto, duemila fanti, atteso che 
insieme con essi alloggiavano le compagtiie del Triulzio , 
^ del grande scudiere , le quali , per essere quasi tutte 
di soldati Italiani, avevano medesimamente ottenuto 
salvocondotto di passare. Svaligiate che furono, mandò 
subito Sedunense a dimandare ' a Cristofano Moro, e 
a Polo Cappello provveditori del senato, la preda fatta , 
eóme appartenente ai Svizzei'i; i quali non la conce- 
dendo, e andando un dì poi nel campo dei Svizzeri per 
parlare a Sedunense, fui'ono quasi come prigioni me- 
nati a Iacopo Stafflier loro capitano; e da lui condotti 
al cardinale furono costi^etti promettere in ricompenso 
della preda seimila ducati ; non parendo conveniente , 
che di altrì fo^e il premio della sua perfìdia, con la 
quair cercò anche che Nicolò Capponi, oratore Fioren- 
tino, il quale ritiratosi a Casal Cervagio aveva ottenuto 
salvocondotto da lui, gli fosse dato prigione dal mar* 
chese di Monferrato. 

Stimolava in questo mezzo il senato , desideroso di 
attendere alla recuperazione di Brescia e di Cre,ma, che 
le sue genti ritornassero, le quali il cardinale intratte- 
neva sotto colore che andassero insieme coi Svizzeri 
nel Piemonte contro al duca di Savoia e il marchese 
di Saluzzo , che avevano seguitato le parti del re di 
Francia : ma essendo dipoi cessata questa cagione per 

* A questi il Mocenigo aggitigae Andrea Mooenigo protonotarìo , efaf 
con i provveditori fu condotto allo Stafflier, e al Sedonense. 



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CAPITpJjp WIMO. — l5l2. 4^3 

la m^iplicaxionfi gi*ande de) numero.de Svizzeri, e 
perchè iyianìfe$t$^iiiettte si sapeva cha i soldati Franzesi 
passavano di là dai monti, hqq consentiva, né dinegava 
$i partissero; il K?ba si dubitava procedesse per instanza 
fatta da C^aret acciocché essi non ricuperass€»x> quelle 
terre* Finalmente, essendo i Svizzeri in AlesMndria, i 
Veneziani , partitici dal Bosco all^ improvviso, passai 
ronò* senza ostacolo alcuno il Po alla Cava nel Gre* 
mopese, dÌ3simuIanda,<)onHii6 si credette, n requisi- 
zione del pontefice, il cardinale^ il quale è certo gli 
avrebbe potati impedire* Passato il Po, si divisero parte 
contro a Brei^oia, parte contro a Crema custodite per 
il re di Francia; e avendo i Franze», ohe erano in 
Brescia , assaltatigli alla villa di Paterna , perduti piti 
di * trecent' uomini , fiirono costretti a ritirarsi dentro; 
e i Svizzeri, rimai&ti soli ne) ducato di Milano e nel 
Piemonte, attet^devano a taglieggiare tutto il paese , 
sicuri interamente dei Fran^^esi. Perchè sebbene il re 
di Francia, per IWezione intensa, che aveva alla ducea 
di Milano, mal vplentieri si disponesse a lardare del 
tutto le cose d'ItaHa abbandonate : nondimeno la ne- 
cessità lo costrinse a prestar fede al consiglio di oolora, 
che lo confortarono ohe , differito ad aUco tempo qa^tQ 
pensiero, attendesse per quella state a difendere il regno 
di Francia; conciossiacfaè il re d'Inghilterra, secondo le 
convenzioni fatte col re Cattolico ^ aveva 'mandato per 
mare seimila fanti Inglesi a Fonte Bahia (term del 
regno di Spagna posta in sul mare Oceano ) acciocché 

' PigUaiidp i^ ]|«r(;b<B per fovz^, e faioen^o jl pp^t« , Mce TlHqcwigQ- 
* Dic9 U JHocenigOt che a Pademo foronQ nccUi aoo Franzesi, e presi 

i5o, i quali dai contadini per vendetta delle inglniìe ricevate farono anch* 

«gtino oooiaS. 



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4^4 LIBRO ÙVDfiCmO. 

congiunti con le genti di quel re assaltassero il ducato 
di Ghienna : e oltre a questo , cominciava a infestare 
con armata di mare le coste di Nmrnandia e di Bret- 
tagna, con spavento grande dei popoli. Né di ritirare 
più Cesare all' amicizia sua restava speranza alcuna , 
perchè per relazione del vescovo di Marsilia, stato a 
lui suo ambasciatore, intendeva avere l'animo alienisi 
simo da lui, né per altro avergli dato molte speranze, 
e trattate seco tante cose con somma simulazione , che 
per avere occasione di opprimerlo incauto , o almeno 
percuoterlo con un colpo quasi mortale , come nella 
revocazione dei fanti Tedeschi si gloriava di avere fatto. 
AsMCurata adunque per questo anno Italia dalle armi 
del re di Francia, dalle cui genti ancora si guardavano 
Brescia, Crema e Lignago, il castelletto e la lanterna 
di Genova, il castello di Milano, quello di Cremona, 
e alcune altre fortezze di quello stato, apparivano segni 
dì differenze e disunione tra i collegati , essendo molto 
varie le volontà e i fini loro. Desideravano i Veneziani 
recuperare Brescia e Crema, dovute loro per le capito- 
lazioni, e per l'avere tanto sopportato dei pericoli, e 
delle molestie della guerra, il che medesimamente de- 
siderava per loro il pontefice. Cesare da altra parte, 
dalla cui volontà non poteva finalmente separarsi U re 
di Aragona, pensava di attribuirle a se ; e oltre a questo 
a spogliare i Veneziani di tutto queHo , che gli era stato 
aggiudicato per la lega di CamK'ai. Trattavano Cesare 
e il medesimo re, ma con occulti consigli, che il du- 
cato di Milano pervenisse in uno dei nipoti comuni. In 
contrario si affaticavano scopertamente il pontefice e 
i Svizzeri, perchè nel grado paterno fosse restituito, 
come sempre si era ragionato da principio, Massimi- 



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^ CAPITOLO PBIMO. — i5ia. 4^5 

liane figliuolo di Lodovico Sforza, il quale dopo la 
rovina del padre era dimorato continuamente nella 
Germania; mossoli pontefice, perchè ftalia non cadesse 
interamente in servitù Tedesca e Spagnuola; gli- Svizzeri, 
perchè per la utilità propria desideravano , che quello 
stato non fosse dominato da principi tanto potenti, ma 
da chi non potesse reggersi senza gli aiuti loro. La qual 
cosa dependendo quasi del tutto da loro, in potestà dei 
quali era quello stato , e per il terrore delle loro armi , 
il pontefice per confermargli in questa volontà , e per 
avere in tutte le cose parato questo freno, col quale 
potesse moderare l'ambizione di Cesare e del re Catto- 
lico^ U3ava pgn' industria^ arte per farsegU benevoli. 
Perciò, oltre all' esaltare {)ubblicamente il valore della 
nazione Elvezia infino aUe stelle, e magnificare le opere 
fatte per la salute della sedia apostolica, aveva per 
onorargli donate loro le bandiere 'della chiesa, e inti- 
tolatigli con nome molto glorioso, ausiliatori e difen- 
sori della libertà ecclesiastica. 

Aggiugnevasi agli altri dispareri, ch^ avendo il vi- 
ceré rimesse in ordine le genti Spagnuole, che dopo la 
rotta si erano insieme con Ini ritirate tutte nel reame 
di Napoli, e movendosi per passare con esse in Lom- 
bardia, negavano il pontefice e i Veneziani di riassu- , 
mere il pagamento dei quarantamila ducati il mese, 
intermesso dopo la rotta, allegando, che per avere 
r esercito Franzese passato di là dai monti, non erano 
pili sottoposti a quella obbligazione, la quale terminava, 
secondo i capitoli della confederazione, ogni volta che 
i Franzesir fossero cacciati d'Italia; e a questo si re- 
plicava in nome del re di Aragona non si poter dire 
cacciato il re d'Italia, mentre che erano in podestà sua 



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4^6 LIBRO uiroiciMa. 

Brescia, Crema, e tante fortezze. Querelava^! oltre a 
questo insieme Qon Ce^re , phe il pontefice a se proprio 
i pri^mj della vittoria comune attribuendo , e quel che 
ad altri mauife^tameute apparteneva usurpando, avesse 
CPU ragioni o finte , o consumate dalla vecchiezza, oc- 
cupate Parma e Piacenza, città possedute lunghissimo 
t^mpo da quegli, che avevano dominato Mil^o, come 
feudataij dell' imperio. 

Appariva similmente diversità di animi nelle cosq del 
duca di Ferrara ; ardendo il pontefice della medesima 
cupidità, e da altra parte desiderando il re 4f Aragona 
di salvarlo, sdegnato ancora che, come si credeva, 
fosse stato tentato di ritenevo in Roma contro la fi^de 
data. Onde il pontefice soprasedeva dal molestare Fer- 
rara , appettando per avventura che prima si compo- 
nessero le cose maggiori. Nella determinazione delle 
quali volendo Cesare intervenire, mandava in Italia il 
vescovo Gurgense, destinato a venirvi insino quando 
dopo la giornata di Ravenna si trattava la pape tra il 
pontefice e il^re di Francia, perchè temeva non si 
&ce$se tra loro convenzione , senza avere in considera- 
zione gì' interessi suoi : ma succeduta poi la m\x\^ziom 
delle cose , continuò nella deliberazione di mancarlo. 
Venivano similmente in considerazione le cOse dei Fio- 
rentini; i quali pieni di sospettò cominciavano a sentire 
i frutti della, neutralità usata improvidamente, e a co- 
noscere non essere sufficieQte presidio T abbracciare la 
giustizia della causa, dove era mancata la prudenza. 
Perchè nella presente guerra non avevano offeso i col- 
legati, né prestato al re di Francia aiuto alcuno, se 
npn quanto erano tenuti alla difesa del ducato di Mi- 
lano , per la confederazione fatta comunemente col re 



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CAPlTOliO PRIMO. -^ — l5l2. 427 

Qittolicò è con lui : nou avevano pefmes^ fossero 
molestati nel donlinio loro i soldati SpagnuoU fuggiti 
della battaglisi di Ravenna , d^Ua. qual cosa il r^ di Ara- 
gona proprio av0v^ rendute grazie nU' ambasciatore 
Fiorentino, anzi avevano interamente adempiuto cori 
i fatti ìib due dimande; per ohe, poi che partì il concilio 
da Pisa, e i ministri suoi in Italia od il re medesimo 
avevano offerto all' ambasciatore di obbligarsi ftdifétì- 
dere la loro repubblica contro a ciascuno , Durohè §i 
promettesse non difendere Bologna, n<>n muovere le 
armi contro alla chiesa, né dare fevore sJ oontiiliabolo 
Pisano. Ma essi impediti dàlie discordie civili ad eleg^ 
gere la parte migliore , non si a^ìcom^agnaropo cbl re 
di Francia ne con altri; e la neutralità di giorno in 
giorno, e con consigli ambigui e interrotti, osservando, 
ma non mai unitamente debbiando , né di volerla os- 
servare dichiarando, ofifesero non mediocremente 1' 
animo del re di Francia, il quale da princìpio si pro^ 
mettevia molto di loro ; Y odio del poriteBce non raiti-f 
garono; e |tl re di Aragona lasQÌaix)no, senza averne 
alcun ricompenso, godere il frutto della loro neutralità, 
il quale per ottenere , avrebbe cupidamente convenuto 
con loro. 

Adunque il pontefice , stimolato dall' odio contro al 
gonfaloniere , e dal desiderio antico di tutti i poBtefici 
di avere autorità in quella repubblica, faceva instanza 
perchè si tentas3e di restituire nella pristina grandezza 
la (amiglia dei Medici : alla qual còsa, benché con 
r ambasciatore Fiorentino usasse parole diverse dai 
fatti , inclinava medesimamente , ma non già con tanto 
ardore , il re di Aragona ; per sospetto che in qualun- 
que movimento non inclinassero per T autorità del 



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4^8 LIBRO ITNDECIMO. 

gonfaloniere al fiiTore del re 4k Francia : anzi si sospet-' 
tava, che eziandio rimosso il gonfisiloniere, la repub- 
blica governata liberamente avesse per le dependenze 
fresche ed antiche la medesima affezione : ma la deli- 
berazione di questa cosa si riservava insieme con le 
altre alla venuta di Gurgense , con cui era deliberato 
convenissero in Mantova il viceré, e i ministri degli 
altri collegati. Il quale mentre veniva, mandò il pon- 
tefice ajirenze * Lorenzo Pucci Fiorentino suo data- 
no , quello che poi eletto al cardinalato si chiamò 
cardinale di Santi Quattro, a ricercare insieme con 
Foratore, che vi teneva il viceré, che sì aderissero 
alla lega , contribuendo alle spese contro ai Franzesì. 
Questo era il colore della sua venuta ; ma veramente lo 
mandava per esplorare gli animi dei cittadini. Sopra la 
qual dimanda trattata molti giorni non si faceva alcuna 
conclusione , offerendo 4 Fiorentini di pagare ai confe- 
derati certa quantità di danari , ma rispondendo dub-^ 
blamente sopra la dimanda dell' entrare nella lega , e 
dichiararsi contro al re. Della quale ambi^^uità era in 
parte cagione il credere , come era vero , che queste 
cose si proponessero artificiosamente, ma molto più 
la risposta fatta a Trento dal vescovo Gurgense all' 
oratore loro, il quale avevano mandato a rincontrarlo. 
Perchè, mostrando non tenere conto di quello gli era 
ricordato , Cesare , per la capitolazione fatta a Vicenza 

' Lorenzo di Antonio Paoci con nna Innga orazione raccontò in senato 
di Firenze tntti i benefiiq, che papa Giolio aveva fatti a qneUa repubblica, 
dalla qoale ne aveva riportato sempre ingratitadine » ma che esso, come 
buon pastore, perdonava ogni fiedlo commesso nel passato, e voleva inten- 
dere la mente di quella città per V avvenire , cioè se voleva contriboire 
alla espugnazione delle fortezze di Lombardia , tenute dai Franzesi , e al 
mantenergli fnora d' Italia , a cui fu risposto In generale , secondo che scrìve 
il Buonaccorsì, 



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CAPITOLO tttlMO. -r- ^5l2. 4^-9 

per mano sua, essere tenuto alla loro difesa, affer* 
mava il pontefice avere in animo di molestargli ; e che, 
pagando a Cesare * quarantamila ducati, gli libere-r 
rebbe da questo pericolo. Aggiugneva dxu'are ancora 
la confederaadone tra Cesare e il ré di Francia ; però 
gli confortava a non entrare nella lega insino a tanto 
non vi entrava Cesare. 

Non sarebbero stati i Fiorentini alieni da ricompi-* 
rare con danari la loro quiete ; ma dubitando che il 
nome solo di Cesare , ancorché Gurgense affermasse 
che la volontà sua seguiterebbero gli Spagnuoli , non 
bastasse a rimuovere la mala intenzione degli altri 9 
stavano sospesi per potere con consiglio più maturo 
porgere gli unguenti a chi potesse giovare alla loro 
infermità. Era forse questo considerato prudentemente; 
ma procedeva bene, o da imprudenza, o dalle mede- 
sime contenzioni, o da confidare più che noQ si do- 
veva nella ordinanza dei fanti del suo domìnio , il non 
sì provvedere di soldati esercitati , i quali sarebbero 
stati utili a potersi più agevohnente difendere da un 
assalto subito , o a facilitare almeno il convenire con i 
collegati, quando avessero conosciuto essere^ «J^ffi^ile 
lo sforzargli. Le quali cose mentre che si trattavano, 
era già il. viceré pervenuto con i fanti Spagpuoli ne\ 
Bolognese ; nel quale luogo mancandogli la facultà di 
pagare i danari promessi ai fanti , corsero con tanto tu- 
multo all'alloggiamento suo, minacciando di ammaz- 
;z;arIo , che a fatica ebbe tempo di fuggirsene occulta- 
mente , a^idando verso Modana : una parte dei fanti si 

' Dice 11 Buonaccorsi , che il Gurgense disperato di potere avere danari 
éi^ Fiorentini, pensò di convenire con la famiglia dei Medici, la qaa)e 
gliene prométteya maggiore somma , qnando fosse rimessa in stato. 



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/|3o LIBRO UNI>ECIMO. 

vollò verso il paese dei Fiorentini ; gli altri non mula* 
rono alloggiamento , ma stando senza legge , senza or- 
dine, senza imperio. Pure dopo tre, o qualtix) giorni 
quietati , con una parte dei danari promessi , gli anirai 
loro, e ritornati.il viceré e tutti i fanti all' esercito, 
promessero aspettarlo nel luogo medesimo insiao a 
tanto ritornasse da Mantova , ove già era pervenuto 
Gurgense ; al quale , quando passava per il Veipotiese, 
ì Franzesi che guardavano Lignago , rifiutate molte 
offerte d^ Veneziani , avevano data quella terra , che 
da loro non si poteva più tenere , per comandamento , 
secondo che si crede , fatto prima dalla Palissa , così a 
loro , dome a tutti quegh che guardavano le altjje terre, 
a fine di nutrire la discordia tra Cesare e i Veneziani; 
benché questo ai soldati succedette infelicemente. Per- 
ché usciti dr Lignago furono , non avuto rispetto al 
salvocondotto ottenuto da Gurgense , depredati dall' 
esercito Venetiano , che era intorno a Brescia , ove 
quando ritornarono dal Bosco , ricuperato senza fetica 
Bergamo, si era fermato; ma non combattevano la 
città , perché^ secondo si diceva, era stato proibito loro 
dal cardinale Sedunènse. 

Nella congregajioile di Mantova si determinò , che 
nel ducato di Milano venisse Massimiliano Sforzrdesi* 
derato ardentemente dai popoli , concedendolo Cesare 
e il re di Aragona , per la volontà costantissima del 
pontefice , e dei Svizzeri ; e che il tempo e il modo si 
stabilisse da Gurgense col pòiitefice, al quale doveva 
andare per stabiUre amicizia tra Cesare e lui , e per 
trattare la concordia con i Veneziani ; e per iSiezzo deh 
unipne comune confermare la sicurtà d'Italia dal redi 
Francia. Trattossi nella medesima dieta di assaHare i 



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CAPITOLO I^RIMO. — l5li. 4^1 

Fl<>réiit5tìi , facendotie iìistanza , in nome suo e del car- 
ditìàle, OitiKàno dei Medici; e proponendo facile la 
mutazione di quello stato per le divisioni dei cittadini , 
perchè ttiólti desideravano il ritorno loro, e per occulto 
intendiménto , che , secondò afFermava , vi avevano 
cóB kìmtié persóne ^lòtabili e potenti ; e perchè i Fio^ 
rentini , dissipata una parte dei loro uòmini di arme 
in Lombardia, un'altra parte rinehiusa in Brescia, non 
avevano forze sufficienti a dlfeViderri contro a un assaltò 
tanto repentino. Dimostrava il fruttò, che oltre ai da- 
nari offeriva, risulterebbe della lói*o restituzione; per- 
chè h potenza di quella eittà levata di mano di wno, 
thè dependeva intéramente dal re di Francia , perver- 
rebbe in mano di persone , che offese e ingiuriate dà 
qUel re, Aon riconòscerebbei^o altra dependenza, e 
cottgiuhziotje , che quella dei collegati. Del medesimo 
in nóme del pontefice si affaticava Bernardo da Bib* 
biena , che fu poi cardinale , mandatt> dal pontefice per 
questa cagione , ma nutrito insieme con i fratelli insino 
da puerizia nella caèa dei Mediei. 

Era ambasciatóre dèi Fiorentini appresso a Gurgense 
Ciovanvettoriò Sòderini giureconsulto; frutellò del 
gonfaloniere, al quale, né dal viceré, né in nome della 
leg^ èra detta, « dimandata eosa alcuna 5 ma il vescovo 
(ìurgènse^ dimostrando questi perìeoli, lo persuadeva 
tì eotìvtìiireetm Cesare seeondo le dimande fotte pri- 
ma, • offerendo che Cesare e il re di Aragona gli rice- 
verebbero in protezione ; ma P ambasciatore , non 
avendo autcfrità dì convenire, ndà poteva se non si|^ni- 
ficat^ alla -Repubblica, e aspettare le risposte. Né p^ 
lui ^ né per altri si faceva instanza "Col vicettve , ne dili- 
genza é' interrompere le pro^ste dei Medici : e non- 



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432 LIBAO liiKOSClMa 

dimeno la cosa in se medesima opn mancava dì molte 
difficultà. Perchè il viceré non aveva esercito tanto 
potente, che se non fosse necessitato dovesse volei||^eri 
esperimentare le forze sue; e Gurgense, per impedire 
che i Veneziani non ricuperassero Brescia, o facessero 
maggiori progressi , desideravja che gli Spagnuoli pas- 
sassero quanto più presto si poteva in Lombardia. Però 
si crede, che se i Fiorentini, ponendo da parte il ne^ 
goziare con vantaggi e con risparmio ; come ricerca- 
vano gì' imminènti pericoli, avessero consentito di dare 
a Cesare ' i danari dimandati , ed aiutato con qualche 
somma di danari il viceré costituito in somma neces- 
sità, avrebbero facilmente schifata questa tempesta; e 
ehe Gurgense e il viceré avrebbero per avyentura con- 
venuto più volentieri con la repubblica (la quale erano 
certi che attenderebbe le cose promesse) che ccm i 
Medici, i quali non potevano dare cosa alcuna , se prima 
non ritornavano cpn le ^mi in Firenze* 

Ma essendo o per negligenza, o per malignità degli* 
uomini , abbandonata quasi del tutto la causa di quella 
città , fh deliberato che l' esercitò Spagnuolo, col quale 
andassero il cardinale e Giuliano dei Medici, si vol- 
gesse verso Firenze; chiamasse il cardinale (il quale 
il pontefice dichiarava in questa espedizione legato 
della Toscana) i soldati della chiesa, eqjuegli, che più 
gli paressero a proposito delle terre vioine. Espedite le 

' Cioè, (|iiaraiitamila ducati , comeLba detto poco sopra, benché ìlBuo- 
naccorsi scrive centomila. Ma il Gic^io nel Lib. H della vita di LeiH&e X 
dice , che Gio. Vittorio scn^^^ì Fiorentini , che non avessero rotu la lega 
antica col re Ferrando, addncendo F esempio , che nella gaarra di Komagna 
.avvivano egualmente dato passo, e vettovaglie a tutti, né importarlrse ave- 
vano soccorso t'' rancia nelle "^cose di Milano, perchè sinj^ accordo avevaiMi 
<:pn Spkgna per le cose d! Napoli». 



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CAPtrouo pmmy. — iSrir. 433 

cose della dieta , il viceré tornato nel Bolognese mosse 
subito l6 genti conbx) al ]^ÌQre«itim% ek quali il non 
avere prima saputo quel che a Mantova «i fosse deli- 
berato ^ livera hs^iaito hr^vi^iimi^ s^qzìo di tempo a 
fare i provvedimenti necessarj : congiunsesi con lui già 
vicino ai pódfim il càt«diilala , il quale , nm avendo gli 
Spagnuoli artiglierie da battere le muraglie, aveva fatto 
muovere da Bologna due cannoni ; ed a hii erano ve- 
nuti Franciotto Orsino, e il Vitelli, condottieri della 
chiesa , ma senza le compagnie loro , perchè e a loro 
e a gli altri soldati della chiesa l'aveva vietato il duca 
di Urbino; il quale, contuttoché nella corte sua fosse 
stato natrìt<^ qualche anno Oititiano dèi Medici, e ehe 
sempre avesse &tto professione di desiderare la gran- 
dezza loro, aveva negato, ' quale si fosse la cagione, 
di accomodargli d'artiglierie e di fiiuto alcuno dei sol- 
dati e sudditi suoi; e non ostante che \\ po^ff 6ce n ii^i, 
e ai sudditi delle terre vicine della chiesa, atedse con 
ampli brevi cotnandato il contrario. 

' n Giovio 8Hiiiliii6i»te dice, per alenile segrete cagiottt il dvoa di Urèiao 
non aver TokHo eoD€e4«rt «rti{;Uene, tiè caralli a qaeHa Impteaa. 



irr. 28 



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INDICE CRONOLOGICO 

DE' PIÙ NOTABILI AVVENIMENTI 

DESCRITTI IN QUESTE ISTORIE, 

E RIPORTATI IN QUESTO VOLUME. 



5o8. 



Veneziani autori delia guerra contro di loro. .... Pag, . 2 

Giulio sdegnato contro i Veneziani per nuove cagioni. . . 4 

Veneziani perchè fossero odiati da papa Giulio ivi, 

Matteo Lango segretario dell' imperatore in Cambral. ... 5 

Dieta di Cambrai per far guerra ai Veneziani 6 

Confederazione tra V imperatore, e il papa 7 

Capitoli della lega contro a' Veneziani. ipì. 

Vescovo di Parigi , e Alberto Pio da Carpi , al re di 

Francia g 

Giulio dubbioso di entrare nella lega io 

Kimini, e Faenza son richieste dal papa ai Veneziani. . . ivi. 
Domenico Trivisano dissuade il senato Veneto a restituir 

Rimini al papa 11 

Milizia ecclesiastica riputata infame i a 

Parole di Domenico Trivisano , dissuadendo la restitu- 
zione delle terre al papa zVz. 

1509. 

Pisani ridotti quasi in ultima disperazione. . ; 16 

Genovesi, e Lucchesi si sforzano vettovagliar Pisa.« .... ivi. 

Confederazione tra i Fiorentini, e i Lucchesi 17 

Bardella, uomo del re di Francia, si parte dai soldi dei 

Fiorentini , iS 



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INDICE CRONOLOGICO. 4^^ 

Re Cattolico Tende Pisa > ig 

Giampiero Stella segretario Veneto all' imperatore 22 

Portenti contro ai Veneziani ìvL 

.Arsenale di Venezia arde 23 

Giulio, e Renzo Orsini iV/. 

Eseyito Veneto al fiume Oglio *. 24 

Giorgio Comaro, e Andrea Gritti provveditori ivi. 

Consulte dei Veneziani intomo alla guerra. ivi, 

Mongioia, araldo del re di Francia ^ intima la guerra ai 

Veneziani • • • • • . . . . 26 

Esercito Franzese passa T Adda. 27 

Giustiniano Morosino e ivi, 

Vincenzio di Naldo iV/. 

Giustiniano Morosino prigione '. 28 

Luijgi Bono prigione ivi. 

Roccalbertino ,' . ivi. 

Marchese di Mantova abbandona Casal Maggiore.» 29 

Monitorio del papa a Venezia ivi. 

Libello dei Veneziani contro il monitorio apostolico, 

appiccato in Roma ' • • • • ^ 3o 

Mongioia a Venezia » . . . . ^ ivi. 

Esercito Veneto a Ponte Vico 3 1 

Rivolta occupata dai Veneziani 32 

Imbalt y Frontaglia , e il cavalier Bianco a guardia di 

Trevi ivi. 

Consigli deir esercito Franzese intorno all' assaltare quello 

dei Veneziani. , 3i3 

Rivolta presa dal re di Francia 34 

Esercito Franzese all' Adda , e suo numero 35 

Alviano in necessità di combattere all'Adda. . • 36 

Fatto d'arme dell'Adda fV/. 

Rotta dei Veneziani all'Adda 33 

Pier dal Monte Santa Maria morto ivi, 

Bartolommeo d' Alviano prigione 3q 

Caravaggio preso dai Franzesi 40 

Bergamo si arrende al re di Francia ivi. 

Marino Giorgio Veneto , prigione , iV/, 



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436 INDICA CttOWOLOGICO. 

Gian Francesco da Gambara /iO 

Gioirlo Cornaro a Brescia 41 

Andrea Grilli in Brescia , iVA 

Angelo Trivisano capitan dell* armata Veneta 43 

Zaccaria Contaretio. ivi. 

Peschiera pre^à dai Fradze^i • ivi, 

Francesco dà Castel del Rio 44 

Giulio pontefice assalta la ftoniagna ivi. 

Manfrone rotto in Valdilamone 45 

Giovanbi Greco, rotto da Giovanni Vitelli.. ivi. 

Russi preso. 4^ 

Visdòmihò, magistrato Veneto , è cacciato di Ferrara. . . <W. 

Alfonso diicà di Ferrara si'sctiopre nemico del Veneziani, ivi. 
Veneziani delib'eMrtó di eédere all'imperlo dì terra 

feriiià. ....••.. 47 

Padova, é Veroim abbandonate dai Veneziani . 48 

OraziòAé dt Antonio Giustiniano a Massimiliano impera- 
tore, cbiédeìido la paee con t Veneziani 49 

Fortézza di Ravenna si arrende al pontefice 54 

Oratoti Veneti àmmesi|^ir udienza del pontefice 56 

Ambaseiàtori Veròtiè^i presentano le chiavi a Massimi» 

liaìio imperaiòté 57 

Treviso solò si itiàfiliètie in divozione del Veneziani tn 

terra ferma ivi. 

Lionaìrdo Dresslna Vicentino iV/. 

Marco Calzolaio Trivisano. 58^ 

Costantino di Macedonia ali' imperatore a nome del pon- 
tefice »... S9 

Librò nel quale erano scritte le ingiurie ftitte da Francia 

all'imperio, è abbrucialo da Massimiliano. . (io 

Massimiliano a Trento ivi. 

Massimiliaho notaio d^ instabilità , • . 61 

Matteo Lango • fcf. 

Pisani trattengono i contadini sollevati con speranza dell' 

accordo 6'a 

Wlcolò Machiavelli segretario Fiorentino a Piombino. . . ivi. 

Pisa assediata dai Fiorentini « ii»i. 



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INDICE CRONOLOGICO. 43? 

PitaDÌ fiagono dt voler dar una pprU ai Fiorentini. 6'\ 

Canaccio dn Pratavecchio » 64 

Pagolo da Parraoa morto «.*»....,..••,. ^ . • ivù 

AUimanno Saiviaii commissario Fiorentino ivi. 

Pisani si sotlometlono ai Fiorentini. ..,.., 65 

Veneziani disegnano di r«cqui$Ur Padova ......•.'... 66 

Andrea Gritti ^ e Cristofano Bforo all' impreca di Padova. 67 
Ciivalier della Volpe, Zitolo da Perugia» e Lqtlarizio da 

Bergamo entrano in Padova 9 nome dei Veneziani. ... 68 

Giprno di santa Marina celebrato in Venezia per l'acquisto 

fli Padova. ............... i. ..,»*. m^ 

Costantino di Macedonia in Vicenza. , , » » ^ . . . . . 69 

Murche^ana, torre, soccorsa dal cardinale da Este.. .... ivi, 

Confederazione nuova tra il pontefice, e il re di Frfincia! ivi. 

H^ di Francia si parte d'Italia. .4 70 

Re di Francia in travaglio per la vittoria avuta contro i 

Veneziani ^ ivi. 

errore del marchese di Mantova nello star poco guardato. 79 
Strattagemma di LuctQ Malvezzo , e dei soldati Veneziani 

per assaltar il marchese di Mantova, ...» ^ « . • • 7.^ 

Bpisi Franzese prigione .«•*,«,,.. 1, ^ . . . ivL 

Marchese di Manila in prigione a Venezia • . . . . ^ . « . • . 7 ^ 

Massimiliano n^l Vicentina* < . • « • • « « ivi- 

Anault nel Friuli molesta quel paese • 7$ 

Valdisera , e Bellona presa dai Veneziani »..,..» 7^ 

Federigo Contarini a guardia di Cividale 4el Friuli. , . . . ivL 

Gian Pagolo (ìradeiùgo provveditore nel FmUt ....... /W, 

Cristofano Frangipane . • • » • • 77 

angelo Trivisano ivi. 

Oratori Veneti in Roma di notte. . . . • r 7$ 

Orazione di Lionardo Loredano doge di Venezia | intorno 
allo stato della guerra, nel qnsLÌe si ritrovava il do- 
minio. ,...,.., 80 

Opinione dei Gentili intorno all'anima di quegli ,^ che 

, muoiono per la pairia ...»«..,. ....>... 81 

Veneziani mandarono i loro giovani Rubili al soccor^p di 

Padova , 87 



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* 



438 IlfDICE CRONOLOGICO. 

MassimiliaBO a ponte di Brenta 7 . SS 

Filippo Rosso y e Federigo Gonzaga rotti dai Veneziani. . m. 

Este e Monselice castelli presi dall* imperatore M, 

Padova assediata dall' imperatore 89^ 

Padova lodata di antichità go 

Esercito dell' imperatore contro i Veneziani 92 

Condottieri dei Veneziani 93 

Saccoccio da Spoleto m. 

Fortificazioni di Padova come stavano 94 

Padovani giurano fedeltà ai Veneziani g5 

Conte di Pitigliano a difesa di Padova fV/. 

Lncio Malvezzo conduce danari in Padova 97 

Padoya assaltata dagl'imperiali ;..... ivi, 

Zttolo da Perugia ferito , 9^ 

Massimiliano si ritira da Padova iW. 

Piero Guicciardini ambasciatore dei Fiorentini a Massi- 
miliano .....'.•• 100 

Ciamonte in ragionamento con V imperatore lor 

Marchese di Brandiburgo a guardia di Verona ivi. 

Palissa si ritira a Milano ivi. 

Veneziani negano la tregua a Cesare zo3 

Cagione delia discordia tra il papa, e il r^ni Francia. . . ivi. 
Veneziani y perchè non ottenessero l'assoluzione delle 

censure 1 o5 

Veneziani nel foro spirituale difesi dal pontefice ivi. 

Antonio Giustiniano ambasciatore al papa 106 

Giulio^ con che condizioni vuole assolvere i Veneziani 

dalle censure ivi. 

Esercito Veneziano a Vicenza 108 

Vicenza racqnistata dai Veneziani ìpì, 

Obigni in Verona ivi, 

Basciano occupato dai Veneziani 109 

Castelnuovo preso dai Veneziani ivi. 

Veneziani contro il duca dì Ferrara no 

Angelo Trivisano capitano dell' armata Veneziana in 

Armata Veneziana alla Puliscila ivi. 

Ercole Cantelmo decapitato ii3 



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INDICE CRONOLOGICO* 439 

CiattigUone in. soccorso di Ferrara 1 13 

Giulio pontefice , e Ciaiponte in soccorso dei Ferraresi . . ivi, 

Valeggio y passo del Blincki. , ^ » . . ii 4 

Polesine acquistato dai Veneziani <W. 

Comacchio preso ; . i »6 

Lodovico conte, della Mirandola ammazzato <ViV 

Rotta dei Veneziani in Po ricevuta dai Ferraresi iW. 

Angelo Trivisano si salva con lo stendardo di San Marco. 1 17 

Scala , Cocollo e^sciana presi dai Veneziani 118 

Verona , e suo sito 119 

Massimiliano cerca di trattare accordo con i Veneziani. . 120 

Aeliille dei Grassi vescovo di Pesaro. iW. 

Giovanni Còmaro, e Luigi Mo^migo oratori Veneti. . . . ivi. 

Concordia tra il re dei Romani, e.Ll.re. di Castiglia. ... ; 121 

Giuliano dei Medici ritenuto in Bologna. 1221 

Conte di Pitigliano muore. ..'..... iViV 

l5io. 

Eotta degr imperiali a Verona. 123 

Carlo Baglion^, Federigo da Bozzole, e «Sacromoro Vis- . 

conte prigioni, . , ^ • • ^ . • ivi. 

Cagione, dello sdegno di Cesare col pontefice. » • • . ivi. 

Consulta di lasciare la impresa di Padova al re di Francia. 1 34 

Vescovo di Sion alla nazione Svìzzera.» . . • . ^ lafi 

Giulio stimola il re d' Inghilteira a muovere guerra al re 

di Francia ; • ivi. 

Alberto Pio conte di Carpi a Roma^ « 127 

Veneziani assoluti dall'interdetto, e con che condizioni. . ivi. 

Qirolamo Donato oratore Veneto appresso al pontefice. . 1 2.9 

Gian Pagolo Baglione generale dei Veneziani ^ i3i 

Gianluigi, e Gio. Vitelli. ivi. 

Renzo da Ceri capitano delle fanterie Venete ivi. 

Vescovo di Sion . . . , 1 32 

Re di Francia sdegnato con gli Svizzeri. i33 

Giorgio Soprassasso * / ivi. 

Vallesi e Grigioni confederati *di Francia ivi. 



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44o leiBlOE GROHOLCK&TGO. 

Sirizzeri £in lega col papa .*% *. i34 

Orìgine della guerra del papa contro al duca di Ferrara. M, 
Re di Francia , e l' imperatore ti uk|wo1io eOnti» ai Vc^ 

neiiai|i ; «.i4....i«éi..*. i%B 

Canginra in Verona fatta in Cavore dei Veneaiaaiéi • ^ . • « %Z*j 

Qoerele del papa eontvo al dueà di Fettarà* % . i i » . . * . . ISA 

Eaercito Franaese nel Poleaite. i .»..,. 4 ^ ...... i ... . Hù 

Paiesim aM>asdo*el)è dèi VenateiMii.» *.«.«< é » . « àfié 

Vicentini chiedono niaedcèrtìià ai FraasttaL. 1 < ^ • . < . . . i^t 
Orazione dei Vicentini ai capitani Franzeai^ «hiadanda 

perdono deèla ribelHoée ^ ,4* , 4* ,* <.*.itiit& évL 

Gunzagay Carrara e Scala > ÌMWtdfj&e diaoata dai GèiìMinifc H% 
Bispoftta èei pé^inoipe di Ana«tl alk braziosa dei Vìh 

centini. . 1 •;;;.;.,.%...*,,% ^ ^ •...».; ^ .. « % . « é . » 146 

Giamonte interceda per i Vii^ntlni» > . . ^ . « . w ^ ^ . i % w. . ii8 

Grotta di Maiaoo presa dai TedeuM» . . ^ . ^ . «. ^ ^ « t40 

Ciamonte alla espugnazione di Lignago i5o 

Molardo capitano dei Guasconi : • « 1 5a 

Lignago preso dai Franzesi ••...••. ivù 

eliminale di Roano muore. ... ^ ....•...• «... 1S3 

GittadèllÉi ie Mttro»tl«Ki si ammèoild. . . . .....»•...,... i54 

Villani Vicentini «Ifecìonati ai Veneziani» ..•.»... ivi, 

Monselice oppugtirato dai fVanaeii,. &.....;,. iM 

Duca di Téf^tbi a ifoiiMMìle. , ........ • m. 

Ponzino Renzon^ appietltO ....••/.. ^ iW. 

MonMiice preaè dai Ted«»èfai.. ; ì!^ 

Martino dal borgo a S> Sepolcro.% ....»».. tW. 

ClMnontc ritorna a Milano. a. tS$ 

Persi MMa ài goyet^no delle geiktl Ft^ttzèfsi d^. 

Giulio tittdta pioDò gH èttmuié^tftiii M. 

Alberto Pio da Carpi ^ itiimied dèi dtt«i di F^HMrà. . i . . ttà 

Giberto Pio dofia la metà di Carpi al èutìà di^^et*^rà. . . ili, 

Giulio non accetta il eetiàO d«l dtfék di Fe#tui^ 1(^3 

Cardinale d' Aus fatto prigione dal papa .4 ìpL 

R« Cattolico investito àtei i^gno 4i Napoli dal ptìUtéàét . . 16I 

Origine della rovina dei Franzesi.'. , . » * x . : i6i 

Giulio disegna di abbad9ày>1à {ió^iSfirzà PraM^*^ òiì t^atià. iW. 



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Ofillo Cootarenog^erale d^i Veneziani coiHirp Genova.. 166 

Ottavtaiia Fr^òm». « • . « » < • « « 4 • . 4 » ^ « . . « • . ^ . « * . , « , . ivi. 

Girolamo Ooria* »#••»*•*»* « • f •••• ; »»««*., m. 

Esercii pfipal^ yv^9^ Genova. 4,5.^,7, .««...«.. tW, 

Prftianni ammiraglio del re di Francia ,»•* i^ 

Francesco Qollanp muore , ^ . ^ .....»• . iW. 

Marcantonia Colonna si salva, abbandonato l'esercito. . 168 

Armata Veneta con poca riputazione parte da Genova . . ivi. 

Duca di Urbino si ritira a Imola ..*...., , • • • 'f'* 

Gherardo Rangoni 169 

Modana è presa dal papa ivi. 

Duca di Savoia nega il passo agli Svizzeri 170 

Fwccherì mercatanti fede^cbi • ". . . ìpì. 

Svizzeri al pòhte a Ti^slt i ìfi 

Tritilzio contro gli Svizzeri ivi. 

Ordinanza degli Svizzeri nel lti«rtiiare ad unitsi col papa. 17» 

Ciamonte ad AiStron l'^^ 

Sv^erì si ritirano a casa .r .•.«..;...... .. M* 

Vetteziani fan progresso contro ai FrauiiflU , j , a 174 

Lucio Malveuo notato di pù^ utdtàÈ». w i^S 

Eseh^ifo Véti«Élafto a V«tma.. iW/. 

Lattanzio da Bergamo muore. . « •• ^ « •••• ^ •<•««•••.» . 176 

Zttolo da Perugia nioHo. • . • • ^ m . . • . . 4 « • ^ • • w ^ « • » « < tf^ 

Dionigi di N aldo ricupaitt le afiigli«t>id VefMsMmti . . ^ . . hi, 

Bsercito Veneto si leva da Verdaai. w « 4 . • • • • i^ù 

Aasilio preso dai Veneziani. ,,,,. ,.4» « • , i < , i ^ i tf^ 

Friuli in dislruziofte pei^ la partii «..;.«...«..«.».. 4 . ivi* 

Marchese di Mantova liberato di prigione i . < . . « wi^ 

Cagione della ltb«l>amo»# dallo earoère del mamabeae di 

Mantova .•,,,.,•.,..**,»;..;;. ^ ., ivi. 

Giulio dèlib«ra di àssakai^e Genova di ntioVo t^it 

Federigo Fregose* »..».» «... ; . . iV/\ 

Giovanni Sasséièlio, è Riideri ééìm SaM^tta. i9^ 

Giovanni Fregoso nal porto dì G^fnova. ivi. 

Naufragio dell' armata Veneziana al faro di Messina» ... l^ 

Panano si arrendi^ alle genti d<^l papa iW. 

Gofitanlino di Macedonia escluso dal te dei Romafti 164 



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44^ INDICE CROKOLOGICO. 

Vescovo Gfirgense : • . iS& 

Condizioni offerte dal re di Francia al pontefice per far 

lega con esso • • ««• 

Giulio tormenta un uomo del duca di Savoia , 3>ercliè 

gliparlò di pace - «*• 

Re di Francia disegna di far guerra a papa Giulio. .... 18^ 
Re di Francia cerca di fare un concilio , e levar 1* obbe- 
dienza alla chiesa , 187 

Entrata di papa Giulio in Bologna 1B8 

Marcantonio Colonna , e Giovanni Vitelli alla guardia di 

Modana 189 

Fabbrizio Colonna capitano del re di Aragona in Italia. • ivi. 
Duca di Ferrara piglia i legni , e il provveditore dei 

Veneziani. ^ #• • 190 

GiovaB^iaria Martinengo decapitato ivi. 

Harcbete di Mantova gonfaloniere della, cbieta 191 

Cìamonte a Pescliiera ivi, 

Montagnana saccheggiata : 191 

Rolta dei Franzesi a Montagnana < . . . • ivi. 

Discordia nei capitani ecclesiastici 9 circa il con^batter co' < 

Franzesi* • • . . . . 19) 

Cardinale di Pavia condotto prigione a Bologna. ivi» 

Cento 9 saccheggiato dal duca di Ferrara .*».•. ivi. 

Eaercko Veneziano a Ficheruolo. 194 

Stellata presa dai Veneziani ivi. 

Rotta. dei Veneziani all'Adria, e alla Poliscila.. 19$ 

AJ£onso da Este , e Ciamonte scomunicati • iW. 

Concilio intimato dalla chiesa Gallicana in Lione 196 

Vescovo Gurgense in Torsi. » ivi. 

Cardinali di Santa Croce , di San Malo , ed altri si allon- 
tanano dalla corte del pontefice. • ivi. 

Inobbedienza di alcuni cardinali verso il pontefice 197 

Alberto Pio , e la Palissa a Carpi ivi. 

Cardinal Regino m. 

Franzesi presentan la giornata agli ecclesiastici» • ^ . . .^ . . . 198 

Esercito Franzese v^so Bologna ....... i iW. 



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INDICE cronologico: 443 

Parole dei cardioali a papa (^ialio/ esortandolo a termi* 

nare t pericoli della guerra 199 

Girolamo Donato oratore dei Veneziani 200 

Giulio si lamenta dei Veneziani. . ^ m. 

Parole del papa ai Bolognesi 201 

Giovanni Francesco Pico della Mirandola a Ciamonte ^ivi. 

Lorenzo Pucci datario del pontefice porta la mitria pon- 
tificale ai Fiorentini. ••.«.... 2oa 

Ciamonte , che condizioni offerisse a papa Giulio • ivi. 

Chiappino Vitelli in Bologna 2o3 

Ciamonte si ritira da Bologna a Castelfranco. ao5 

Errore di Ciamonte nel fondarsi nei fuorusciti 2W# 

Esercito Veneziano verso Modana 207 

Marchese di Mantova in sospetto ai Veneziani iW. 

Conte di Matelica prigione. 208 

Armata dei Veneziani percossa in Po dai Ferraresi 209 

Duca di Urbino a guardia di Modana. . • ivi. 

Ecclesiastici a campo a Sassuolo m. 

Giovanni da Casale ivi» 

Sassuolo preso 2 io 

Obigni in Reggio « . . ivi* 

Mirandola oppugnata da papa Giulio 211 

Re Cattolico si purga della querela datagli dal re di Fran> 

eia , e dair imperatore. ^ 212 

Confederazione nuova tra 1* imperatore, e il re di Francia. 21 3 

Papa Giulio a campo alla Concordia 2i5 

Mirandola battuta da papa Giulio 216 

Piero Soderini in pericolo di essere ammazasfto ivi, 

l5lf. 

Giulio verso la Mirandola in persona 217 

Ciamonte offerisce nuove condizioni al pontefice 219 

Alessandro Triulzio difende la Mirandola contro a papa 

Giulio 220 

Error ili Ciamonte nel soccorrer la Mirandola ivi. 

Mirandola presa dal pontefice 222 



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444 IHOIOE CllOHOLOGIOO. 

Giulio^ prctA ki Mirandola , ti rillm « BalogM . . ^ 2a3 

CoMsigfio del Trìolzio di atsalur Nodaia* • . • %^^ 

AudrM Grkti « ritira m lloiilig9«ui« » $a8«l»«ggì«ta 

Guastalla .«••.•«....«•«••..•f.... aa6 

Orazione del Triulzio, di»«qacleoda l'aiifbire fd aoaltare 

gli ecckmattei nel loro aUogf^iimieiitp, aaft 

MarclitM di Hfantova , che modi Baa per t^neni neutrale. a3a 
Modana rettitnita a CeMre , come iipparteoen^Q all' im- 
perio k » i • « 4 « , a . » » » a33 

VHfrost oratore Cesareo al papa, » . « • « ^,. . t : . . iV/« 

Ciamonte muore in Goteggio^ .>«»..*»»«•.«• ^ 234 

Gianiacopo Triulmio macesci^Uo di Fnai^a . . • , ^36 

Ctattiglione alla Bastia. ...» ,.•«••.,•,.••... /W. 

Rotta degli ecclesìatlici «ilA Bastia^ ft ni fiume Santerno. i^«« 
Guido Yaina, Brunoro da Fnrli» e N^leagrq ^nqpitani di 

eavalli perdoso Ip indegne* » « » «*........» ivL 

Re Cattolico persuade V impwitorq i^d abbracciafe la 

pace nniversale. ...,.,,,••» ^ ^ « ••• » ,.,•••• s38 

Lettere di Cesare al papa , e al re di Francia « • • a39 

Giulio , percbè avesse cara la pace tra' principi pfiftìani. , ivi. 

Re di Francia in sospetto circg il maneggio de|la pace. . , 240 

Triolzio alla Stellata.^ . ^ .»•«..».».. t * . 1 1 • .*.,..... a^l 

Fra Ltonirdo NapoktcM imipre* ,». t. ».«*•« .^# ^ , ., ««. 

Gastone di Foia in Italia. ..•.....••,«•• ^ * * ^^ ^ ...... • ^44 

I^Ni Pietro di Urroa a Mm^owm, * « * . * ^ ^ a45 

Girolamo Vich oratore del GaU^lioo» • • « « 4 4 * • ^ « « -^ • ^ • ^Vi* 

¥eacoTo di Parigi a Mantovjt » « « ^ . . . o> ^ « < • • • ^ • à«. 

Otovannl Vitelli %tata TeapvgiMizioiie d^lJ^ B^iitif^ a^t 

Armata dei Veneziani fìigge a Ravenna quasi rotta. « • . . . ivi. 

Cardinali creati da papa Giulio }I ivi. 

Giulio pontefice, e il tcscoyo Gui^ense in Bologna. . . . a4H 
Alterezza di Gurgense moairaia in Bl»lbgMi il pjspa 1. « f^i 

. Veneziani * •••..i^»««« •»««.èi.(>bb.*hèfc«»b*^»* 4W» 

Diffiimilà tt>ell'4ocordt> Itm Celare , a t Vaneeìtafit . . « « ^ . « ^49 

Gurgense si parte da Bologna per andare a. Modana^ . «. ^ ^ ^5 1 

Vescovo di Ventilnlgiia ]M*igione dei Franaeaii w .>.•.•.»» k. f¥i* 

Vescovo di Moravia oratore del re di &Bpiìà' ai papi,» ^ » ^a 



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ìKìììtsÈ cnoiroLooiGo. 44? 

Tt4ukio « campo alla Concordia ;...... aS^ 

Concordia presa dal Trìuizio ; , » iW. 

Gian Pàolo ManlWintt prigmia é»i Franaeai 61 Flnak. . 4 . %^i 

Perauìt Spagnolo espirano onorato , muore* .•,.,.««. iW. 
Casalec^k) fìnnoiO per la Thioria di Giocali GaleaiiB6 

Visconte. • • ^ •• ^ *•••••• . a&S 

Esercito Fi^atité^ vttrso Bologna. ^ . . a56 

Latno memorabile per il triumvirato • 4 . ivi. 

Parola di papn Giulio ai 9oìogatù per tenerli fermi nella 

sua divozione .^57 

Risposta dei Bolognesi 6 papa Giulio ^5B 

Triulsio a ponte é Laltto. • . • ^ ^ . • • • i 4 , aS^ 

Bolognesi a chi dovevano obbedire. ••••••••• m\ 

Duca di Urbino a Casalecchio ...••••..« a6o 

Lorenzo Ariosto disegna di dare Bologna ai Bentivogli. • adi 

Cardinale di Pavia fugge di Bologna* , * . . iW. 

Guido Yaina e Ottaviano Fregoso escono di Bologna. . . /m. 

Beiitivogli entrano in Bologna. « . « ó6a 

Duca di Urbino fogge da Bologna ivi, 

Raffael dei Paazi prigione, « ...•..• a63 

Romanzetto si salva in Romagna. ,.«•••••. iV/. 

Orsino da Mugnano^ e Giulio Manfrone prigione. • iV/. 

Giovanni Sassatello offerisce Imola al Triuhio. * • «64 

Vescovo Vitèllo dà la rocca di Bologna al pQf)olo iW. 

Duca di Perniila ricupera molte terre. ..«...« 36S 

Alberto Pio cacciato di Carpi» . « . • •.,....« > ivi. 

Cardinale di Nantes Brettone tratta la pace con Fnmcia 

perii pontefice. . •^•^. « « . ... . ...é • . . • %66 

Cardinale di Pavia aoc«sato di «ssert tlatD causa della 

ribellione di Bologna ..•.•..•...«. ivi. 

Duca di Urbino ammazza i) cardinale di Pavia. .....*.. iui. 

Papa Giulio dta(» al concilio di Pisa . • . . fi^Srj 

Piéa percbè fu eletti lède del concilio. 066 

Fiorentini lodati di molto siienaio :.«..... %6g 

Cardinali diversi ^ ^le fagipni pretendevano per conto del 

concilio fc * ' f., ivi, * 

Re di Francia richiama l'esercito a Milano 272 



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446 INDICE GAONOLOGICO. 

Yilfrust «ntra nella Mirandola 274 

Mongirone capitano dei Guasconi. ivi. 

Pace offerta da Giulio al re dì Francia, e sne condizioni, ivi, 
Ramazotto mandato a dar il guasto ai Bolognesi. ...... 275 

Massimiliano che disegni avesse per ritornare in Italia. • 276 

Concilio intimato da Giulio II in Roma 278 

Giulio pontefice .delibera di rendere Mont^ulciano ai 

Fiorentini a8o 

Giovanni Vitelli , e Iacopo Simonetta in Montepulciano . aSi 

Montepulciano restituito ai Fiorentini.. • ivi. 

Pallssa a Verona fa ritirare i Veneziani ivi, 

Lunigo saccheggiato dai Franzesi e Tedeschi aSa 

Palissa a Lungara a83 

Rotta dei Franzesi alla Scala ivi. 

Guido Rangone prigione v •• • 284 

Mongirone, e Ricimar prigione. — ^ • ivi, 

Obigni alla Piave ivi» 

Udine si arrende ai Tedeschi 285 

Luigi Mocenigo prigione. ivi, 

Palissa ritorna a Milano 286 

Pietro da Lunghera prigione. iW. 

Lucio Malvezzo muore. ivi. 

Cremonsa presa dai Veneziani. ivi, 

Massimiliano in pensiero di alienarsi- dal re di Francia. . , 287 
Galeazzo Sforza grande scudiere del re ali' imperatore . . 288 

Giulio pontefice giudicato morto 289 

Pompeo Colonna, e Antimo Savelli sollevano il popolo 

Romano ivi. 

Duca di Urbino assoluto, dall' omicidio del cardinale di 

Pavia &91 

Bolla papale contro chi cercasse il pontificato per simonia ^ ivi, 

Pietro Navarra in Italia con l'armata di Aragona « 292 

Giulio , che sospetti avesse del re di Aragona 298 

Inglesi nemici naturali dei Franzesi 294 

Re d' Inghilterra in pensiero di fare guerra al re di Francia, ivi* 

Re di.)Prancia che pensieri facesse intorno alla pace col 

' papa r t •••••..••..«.•• 296 



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INDICE CaONOLOGICO. 44? 

Re di Francia è pertinace contro agli Svizzeri .» 397 

Firenze, e Pisa interdette per avere acconsentito al con- . 

ciliabolo .* • 998 

Firenze in discordia civile per cagione della dignità del 

gonfaloniere 299 

Cardinale dei Medici con che modi si tratteneva i Fio- 
rentini • ^ . 3oo 

•Fiorentini sforzano i sacerdoti a celebrare la messa nell' , 

interdetto • « . . 3oi 

Confederazione del pontefice, del ice Cattolico, e dei 

Veneziani * 3oa 

'Ramondo Cardona , generale dell' esercito ddla lega. . • , 3oB 

Girolamo Donato, oratore Veneto muore. f, 3o4 

Cardinali, che avevano chiamato il concilio a Pisa, sono 

privi della dignità del cardinalato 3o6 

Orazione di Piero Soderini gonfaloniere al senato Fio- 
rentino, esortandolo a difendersi dalla diiesa con i 

danari della chiesa 807 

Pandolfo PetrOcci dissuade la gnerra contro ai Fiorentini. 3i5 

Odetto di Fois in Italia •-.... • . . ^. 3 18 

•Fiorentini non vogliono alloggiare i Franzesi, che anda-** 

vano al concilio di Pisa m. 

Francesco Vettori oratore Fiorentino ai cardinali Fran- 

zesi in Pisa 819 

Lucca scomunicata per avere ricevuti i cardinali Franzesi. 320 

Concilio di Pisa si dissolve per tumulto. 322 

Concilio di Pisa trasferito a Milano r. m. 

Milanesi fuggono i cardinali Franzesi come scoi^unicati. 3x3 

Fois fa rispettare i cardinali dispregiati in Milano ivi. 

Re di Francia ha in sospetto T imperatore. . ^ 824 

Andrea di Burgo Cremonese , oratore Cesareo 326 

Svizzeri , che nazione siano 327 

Vallesi donde detti. 3519 

Origioni signori delle tre leghe 33o 

Svizzeri s' apparecchiano di passare in Italia in favore del 

papa ivi, 

Fois disfidato dagli Svizzeri , 332 



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448 IBrOfCE CilOffOLOOIOO. 

Gastone di Fom ài èppresMU a Galera 33s 

lacob , capitano di fiinti Tedeschi 333 

Svizzeri si rìtiMmano alla patria, senza ayere fatta opera 

buona pel pontefice • « . . • . 334 

Fiorentini ricercati di soccorso dal re di Francia contro 

ai pontefice 335 

Fiorentini in dubbio di dar soccorso al re di Francia « o 

no , contro al pontefice : « 336 

Francesco Guicciardini antor di questa Istoria , orator 

dei Fiorentini al re di Aragona , 339 

Esercito Spagnuolo in Romagna . . . . . r . . . ^ * . • <<'<* 

Pietro Navarra alla Bastia 34o 

yestiltllo «Imitano di ÙLmtìf morte. ..... .^ iV/. 

Bastia presa dal Navarra é • < ^ w> 

Bastia ripresa dal duca di Ferrara, e rovinata 'W. 

Fabbriaio Colonna goveraatofe dell' eaaroito ftpagnuolo 

in Italia S<i 

Duca di Termini moore. <V^ 

Esercito della lega a Bologna. ! • 34^ 

Odetto di Foia e Ivo d'Allegri in Bologna. . * » 34^ 

Faìetta , e Vincenzio Grandiavolo in Bologna # 'W. 

Consiglio del Navarra per espugnare Borgna 345 

Assedio di Bologna messovi dallii lega 34^ 

Consulte diverse intorno aU' asaedio di Bologna ^'* 

Legato dal papa ha sospetto del Cardona. ............ 347 

Bologna soccorsa dai Fmiize^ 35o 

Mina lavorata dal Navarrii per lire cadere le mura di 

Bologna. *...... , «««• 

Mina del Navarra a Bologna, che el^to fece. ......... ^* 

Fois entra in Bologna senza saputa degl' inimici 35i 

Esercito della lega si leva da Bolpgna 3Sa 

Brescia presa dai Yeneiiani, , S53 

Il Gritti si ritira a Montagnana . 354 

Baldassar Scipione entra in Brescia 355 



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INDICA CRONOLOGICO. 449 

Monstg. di Luda gOYematore di Brescia per Francia. . . • 355 

Bergamo con altri luoghi preso dai Veneziani • . . iW\ 

Bernardino dal Montone si parte da Alberè>. 357 

Rotta dei Teneziani al Magnanino .................. <Vi. 

Guido Rangone, e Baldassare Signorello prigioni. • . . . . 358 

Meleàgro dà Furia condottiere dei Veneziani ^ . m. 

Parole del Fois ai suoi soldati. 3^'^ 

Veneziani pèrdono la piazza di Brescia.. 36o 

Federigo Contariniprpv veditore Veneto, morto. . ..... iVi. 

Andrea Gritti /e Antonio Giustiniano prigioi^i . • 36 1 

Luigi Avogaro decapitato.; • <W. 

Fois , quando cominciasse a diventare glorioso in Italia . tpi\ 

Re d' Inghilterra si prepara a muovere guerra a Francia . 36ii 

Galeazza del pontefice arriva in Inghilterra iW. 

Vescovo di Moravia fa venire i prelati Inglesi al concilio 

di Roma 363 

Oratore Franzese licenziato d' Inghilterra. ìpì, 

Andrea di Burgos ...•••.. 364 

Massimiliano si querela del re di Francia. ..... ^ ^ ivi. 

Bagli d*Amiens agli Svizzeri ^ 365 

Filippo Decio privato del dottorato dal pontefice , per 

avere scritto in materia del concilio P^ano. 366 

Giovanni Crozzadini a Firenze in nome del papa • . 367 

Fois al Finale con /luovo soccorso di Franzesi. . • 368 

Cardinale San. Severino legato del concilio Pisano nell' 

esercito Franzese • • v ivi. 

Esercito Spagnuolo , e Franzese fan via^o per la Ro- 
magna • 370 

Geronimo Od)aviglia oratore ddl re d' Aragona in Francia. 372 

Marcantonio Colonna in Ravenna 373*-' 

Russi 9 castello saccheggiato da Fois ivi. 

Fois con Tesercito a Ravenna 374 

Ravenna assaltata dai Franzesi • iW. 

Ciattiglione ferito. * ......•,. ., 376 

Spinosa capitano delle art%lierie. m. 

Paris Scoto capitano di Canti. 378 

HI. '^9 



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45o INDICE CilO]fOI.OGI0O. 
Ordinanza deìV esercito FranziSse nella giomala di Ra- 
venna* 378 

Federigo da Bozsole generale degl' Italiani a RaTenna. . . 879 
Legato del concilio in che abito comparisse sei fitta 

d' arme di Ravenna* *..•... ^ ..••• . m* 

Orazione di Gastone di Fois aU' esercito « prima ohe si 

cominciasse la giornata di Rarenna. 38o 

Ordinanza dell'esercito ecclesiastico^ e Spagnoolo nella 

giornaù ài Ravenna ..« • • • . S81 

Parole di Fabbrizio Colonna al viceré contro al Navarra. 385 
Iacopo Empser Tedesco , e Zamandio Spagnnolo capitani 386 

Fabbrizio Colonna prigione ■ 887 

Antonio da Leva quando era di piccol^t condizione ivL 

Rotta dell'esercito ecclesiastico , e Ispano a Ravenna. ••. ivi. 

Yivcrroe figUuolo d'Ivo di Allegri ^ morto. . » 388 

Ivo di Allegri morto « ivi, 

Pietro Navarra prigione. . • • ivi. 

Errore, del Fois nel volere stravincere ivi» 

Gastone di Fois ucciso 389 

Laatrech ferito ....•.....•• ivi. 

Legato de] papa prigione* . . • • 1 « . • ivi. 

Raffaello dei Pazzi morto ^ . • 890 

Baldassare da Castiglione al re di Francia ••...•. ivi. 

Ravenna saccheggiata dai Tedeschi, e Guasconi. Spi 

Marcantonio Colonna dà la rocca di Ravenna ai FranzesL. ivi. 

Vittoria sanguinosa dei Franzesi a Ravenna 392 

Ottaviano Fregoso pqrta hi nuova della rotta di Ravenna 

al pontefice. ... * ivi. 

Cardinali esortano il papa a far pace col re dì Francia. . 898 
Ambasciatori Yeneti e Aragonesi persuadono il papa a 

. continuare la guerra con Francia. . , , ivi. 

biascia Genovese capitano delle galere del papa a Roma. 895 

Giulio dei Medici cavaliere di Rodi a Roma « . . ivL 

Fabbrizio Carretta in nome del re di Francia a Roma. . • 897 
Cardinali privati della dignità , per avere aderito al 
concilio , ivi. 



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IKDICfi GRON OLOGIGO. 4^ < 

PaUssa parte di Romagna per Milano 3^8 

Pompeo Colonna si ritiene le paghe del re di Franeif.. . igg 
Ruberto Ortino "ritiene i danari del ^e , e si fb soldato del 

papa. ..«««... 4 ..«.•••«. «« . tW. 

Pietro Margano « tW. 

Concilio Lateranense qnando comiiieiò. ^zW. 

Presidente di Granopoli a Firenze per concbiuder la pace. 4oi 

Tregua tra Cesare , e i Veneziani • . • . • ^. . 4oft 

Giallo esortato a non £Eir pace con Francia. ..... ^ ... . 4o3 

Cardinale dei Medici prigione in Milano , e sua autorità 

nello spirituale 404 

Svizzeri sdegnati contro al re di Francia. • 4^^ 

Coirà città dei Grigioni. • , «.......• 407 

Svizzeri in Italia al soldo del pontefice contro i Franzesi. 408 

Esercito della lega verso Milano •••••• 409 

Generale di Normandia a Milano ivi. 

Esercito Franzese si ritira nei luoghi forti. • 410 

Massimiliano comanda ai Tedeschi, che si partano dal 

soldo di Francia 411 

Bergamo si ribella dai Franzesi ..••..« iiià 

Generale di Normandia si parte di Milano per andare a 

Pavia ••...♦ ;. * ivi. 

Uffiziali del re di Francia partono fugg^ido di Milano. . ivi. 

Rinaldo Zallo libera il cardinale dei Medici da' Franzesi. 4i3 

Triulzio a Pavia , , i' . . . • ivi. 

Pavia battuta dai collegati 4i4 

Parma » e Piacenza si danno alla chiesa 41 5 

Janus Fregoso fa ribellare Genova dal re di Francia ivi. 

Bologna ritoma sotto 4a chiesa • ivi. 

Marchese di Mantova intercede per il duca di Ferrara 

^appresso al papa. . ^i ••••.. • » . . 417 

Alfonso duca di Ferrara a Roma ^ .,...• 418 

Reggiani tentati di darsi al papa 419 

Vitfrust in Reggio a nome di Cesare .• ivi. 

Fab^rizio Colonna caVa il duca «di Ferrara di Roma 4ao 

Luca Savello con le sue genti svaligiato 4ai 



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45a rKD|C£ CRONOLOGICO. 

Cristofano Moro, Polo Cappello provveditori Veneziani. ^*k2 

Iacopo. Sl^ffti^^ capitano degli SvizzerL ivi. 

Nicolò Cappoiùi oratore Fiorentino a Casal Cervagio . . . ivi. 

Rotta d#i Franzesi a Patema •«..,,... 4a3 

£nrico Vili re d' Inghilterra fa guerra 9I re di Francia : • m. 
. Leg^ tra l' imperatore ^ i T;enezianl e il papa comincia a 

disunirsi 424 

Svizzera onorati dal pontefice 4a5 

Giulio pontefice favorisce la famiglik dei Medici per ri- 
metterla in Firenze 4^7 

Lorenzo Pucci a Firenze a nome del papa , ricercando i 

Fiorentini a entrare nella lega. . . • ^^S 

Ugo Cardona«fugge l'impeto dei suoi soldati. 429 

Lignago dato dai Franzesi all' iiliperatore. • 43o 

Dieta di Mantova ^ che .conchiudesse. , , • . ivi. 

Giuliano dei Medici esorta il pontefice^ e l'imperatore a 

muover guen^a ai Fiorentini. ivi. 

Bernardo Bibbiena 4^' 

Giovanvettorio Soderini oratore Fiorentino appivesso a 

Gurgense ^ .......... • ivi. 

Guerra contro ai Fiorentini , per rimettere i Medici in 

Firenze .............;,... 482 

Franciotto Orsjno condottiere della chiesa. 433 



FIWE DEL TOMO TERZO. 



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